Anno I - n. 1 LugLio 2009 - Studio Lambertini & Associati
Anno I - n. 1 LugLio 2009 - Studio Lambertini & Associati
Anno I - n. 1 LugLio 2009 - Studio Lambertini & Associati
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
<strong>Anno</strong> I - n. 1<br />
<strong>LugLio</strong> <strong>2009</strong><br />
Finanziario Commerciale Amministrativo Societario<br />
Acquisizioni Industriale<br />
Immobiliare Concorsuale Contenzioso Arbitrale
Rivista semestrale, n. 1, anno <strong>2009</strong><br />
Direttore Marianna Brugnoli<br />
Redazione <strong>Studio</strong> Legale <strong>Lambertini</strong> & <strong>Associati</strong><br />
Hanno collaborato<br />
Giovanni Aquaro <strong>Studio</strong> legale <strong>Lambertini</strong> & <strong>Associati</strong>, Dottore di ricerca in diritto privato europeo<br />
Alessia Barbalace <strong>Studio</strong> legale <strong>Lambertini</strong> & <strong>Associati</strong><br />
Federico Cena <strong>Studio</strong> legale <strong>Lambertini</strong> & <strong>Associati</strong><br />
Massimo Fontana Ros <strong>Studio</strong> professionale Fontana Ros<br />
Nicola Grigoletto <strong>Studio</strong> legale <strong>Lambertini</strong> & <strong>Associati</strong><br />
Alberto Grigolo <strong>Studio</strong> legale <strong>Lambertini</strong> & <strong>Associati</strong><br />
Lamberto <strong>Lambertini</strong> <strong>Studio</strong> legale <strong>Lambertini</strong> & <strong>Associati</strong><br />
Daniele Maccarrone <strong>Studio</strong> legale <strong>Lambertini</strong> & <strong>Associati</strong><br />
Marzia Meneghello <strong>Studio</strong> legale <strong>Lambertini</strong> & <strong>Associati</strong><br />
Tommaso Milella Avvocato in Acquaviva delle Fonti e Cassano delle Murge<br />
Alberto M. Musy <strong>Studio</strong> legale Musy e <strong>Associati</strong>, Professore ordinario di Diritto Privato Comparato<br />
dell’Università del Piemonte Orientale, visiting professor di European Law<br />
alla Cardozo Law School di New York<br />
Chiara Pigozzi <strong>Studio</strong> legale <strong>Lambertini</strong> & <strong>Associati</strong><br />
Stampa Cierre Grafica<br />
via Ciro Ferrari, 5 Caselle di Sommacampagna (Verona)<br />
tel. 045 8580900 - fax 045 858090 - www.cierrenet.it
marianna brugnoli<br />
Editoriale<br />
Cari amici<br />
Chi tra voi avrà pensato, ricevendo LAmbaradan “eccoli,<br />
ancora loro”, avrà già capito il senso di tutto ciò,<br />
ben conoscendo tutti od alcuni tra noi.<br />
Conoscerà la nostra voglia di fare un mestiere serio<br />
in modo possibilmente mai serioso, la nostra voglia di<br />
alzare, ogni tanto, la testa dal libro per guardarci attorno;<br />
ma soprattutto la nostra malcelata ambizione<br />
ad essere un po’ noi, appunto.<br />
Noi che siamo i <strong>Lambertini</strong> e <strong>Associati</strong>, quelli che si<br />
riuniscono, con catulliani sentimenti, attorno a Lamberto,<br />
al quale è dedicato ed ispirato il titolo LAmbaradan.<br />
Noi che veniamo da diverse esperienze, diverse latitudini,<br />
diverse storie, ma che andiamo oggi nella stessa<br />
direzione, pur con qualche divagazione, seguendo solo<br />
il cielo stellato sopra di noi.<br />
Eccoci dunque qui, a raccontarvi una storia di diritto<br />
e talvolta giustizia, cercando quale filo conduttore del<br />
nostro raccontare la vita nelle nostre stanze e nelle<br />
aule, qualche ricordo antico capace di non farci sentire<br />
oggi così soli o solo così diversi, qualche sorriso.<br />
E perché siamo ottimisti, e crediamo che l’avventura<br />
sia solo al numero primo, abbiamo voluto dare ai nostri<br />
argomenti dei titoli musicali ma durevoli.<br />
Cercheremo quindi gli Orizzonti perduti (Franco Battiato,<br />
1983) nei vecchi brani letterari che descrivono<br />
il nostro mestiere, tra stereotipi antichi e confermati<br />
vizi e virtù.<br />
Proveremo ad intonare Il mio canto libero (Lucio Battisti,<br />
1972), annotando pronunce giudiziali su terreni a<br />
noi cari: il diritto societario, il diritto amministrativo,<br />
il diritto civile anche nelle sue espressioni di fallimentare<br />
ed industriale.<br />
Sorrideremo di noi stessi, tra le accese ed ironiche discussioni<br />
di Zirichiltaggia (Fabrizio de Andrè, 1978),<br />
con chi ci sa disegnare e dipingere.<br />
Ripenseremo a Quando (Pino Daniele, 1991) i grandi<br />
autori del diritto avevano voce il cui eco non si può<br />
dimenticare.<br />
Ci accorgeremo che non c’è proprio Niente da capi-<br />
sommArIo<br />
edItorIAle<br />
‡ Editoriale<br />
di Marianna Brugnoli 1<br />
‡ orizzonti perduti<br />
Il colonnello Chabert<br />
di Honorè de Balzac 3<br />
‡ il mio canto libero<br />
tribunale di Vicenza, 27.03.<strong>2009</strong> (ord.)<br />
a cura di Chiara Pigozzi e Federico Cena 4<br />
tribunale di Verona, 07.01.<strong>2009</strong><br />
a cura di Marzia Meneghello 7<br />
tribunale di Verona, 08.04.<strong>2009</strong> (decr.)<br />
a cura di Alberto Grigolo 10<br />
t.A.r. Veneto, 19.06.<strong>2009</strong> n. 639 (decr.)<br />
a cura di Daniele Maccarrone 14<br />
‡ Zirichiltaggia<br />
Peppe di Furia - Avvocato<br />
di Tommaso Milella 17<br />
‡ Quando<br />
scritti quasi-giuridici in onore di me stesso<br />
compiendosi il mio cinquantesimo anno<br />
di Walter Bigiavi 18<br />
‡ Niente da capire<br />
Vendita a scopo di garanzia, patto<br />
di riscatto e divieto di patto commissorio<br />
di Giovanni Aquaro 21<br />
‡ Siamo solo noi<br />
l’insostenibile pesantezza della clausola<br />
di esecutorietà provvisoria delle sentenze<br />
di primo grado<br />
di Lamberto <strong>Lambertini</strong> 23<br />
‡ Brothers in arms<br />
la normativa tedesca sul Contratto di Agenzia<br />
di Massimo Fontana Ross 25<br />
l’avvocatura italiana nell’età<br />
della globalizzazione<br />
di Alberto M. Musy 28<br />
‡ una città per cantare<br />
Qui roma<br />
di Nicola Grigoletto 30<br />
‡ Lo scopriremo solo leggendo<br />
la parola, la politica e il potere<br />
ai tempi di Cesare<br />
di Lamberto <strong>Lambertini</strong> 32<br />
‡ Ciao mamma guarda come mi diverto<br />
rassegna fotografica<br />
a cura di Alessia Barbalace 34<br />
1
2<br />
edItorIAle<br />
re (Francesco De Gregori, 1990) quando cerchiamo di<br />
scrivere di cose serie.<br />
Fino ad accorgerci che forse Siamo solo noi (Vasco<br />
Rossi, 1981) a voler mettere ordine negli orientamenti<br />
giurisprudenziali.<br />
Ma gli intenditori del senso di quest’avventura sanno<br />
anche che <strong>Lambertini</strong> e <strong>Associati</strong> è per vocazione<br />
aperta a nuovi legami e custode di vecchie amicizie, e<br />
vanta quindi autorevoli Brothers in Arms (Dire Straits,<br />
1985) che ci accompagnano nel cammino.<br />
“E se ti fermi, convinto che ti si può ricordare hai davanti<br />
un altro viaggio” e Una città per cantare (Ron,<br />
1980), anzi allo stato quattro, ma chissà.<br />
Quello che ci manca, infine, Lo scopriremo solo leggendo<br />
(licenza poetica, Lucio Battisti, 1980).<br />
Non vergogniamoci allora, alla fine di questa prima avventura,<br />
di dire Ciao mamma guarda come mi diverto<br />
(Jovannotti, 1991) e farci vedere nei nostri lati migliori.<br />
E se il nostro modo di fare questo mestiere sarà quello<br />
di un’avvocatura sostenibile, che sappia coniugare<br />
la professionalità con la passione, che non sacrifichi<br />
il fine allo strumento, che porti con leggerezza i pesanti<br />
fardelli, non avremo semplicemente buttato i<br />
nostri semi.<br />
Marianna Brugnoli
Verso l’una di notte, il sedicente colonnello Chabert<br />
venne a bussare alla porta di Derville, avvocato presso<br />
il Tribunale di prima istanza del dipartimento della<br />
Senna.<br />
Alla risposta del portiere, che il signore non era ancora<br />
rientrato, il vecchio gli fece presente che aveva fissato<br />
un appuntamento, e salì dal celebre avvocato, il<br />
quale, nonostante la sua ancor giovane età, passava<br />
per uno dei cervelli più fini di tutto il Tribunale. Dopo<br />
aver suonato, il diffidente postulante fu non poco<br />
meravigliato di vedere l’impiegato capo occupato a disporre<br />
sulla tavola della sala da pranzo del principale,<br />
in ordine conveniente, i numerosi incartamenti degli<br />
affari che venivano il giorno dopo. L’impiegato, non<br />
meno meravigliato, salutò il colonnello, pregandolo di<br />
sedersi; ciò che il postulante fece.<br />
- In verità, signore, ho creduto che ieri scherzasse indicandomi<br />
per un consulto un’ora così mattutina, –<br />
disse il vegliardo, con la falsa allegria di un uomo<br />
rovinato che si sforzi di sorridere.<br />
- Gl’impiegati scherzavano e dicevano nello stesso<br />
tempo la verità, – rispose Boucard continuando il<br />
suo lavoro. – Il Signor Derville ha scelto quest’ora<br />
per esaminare le cause, riassumere gli argomenti,<br />
ordinare la condotta e disporne le difese. La sua<br />
prodigiosa intelligenza è più libera in queste ore,<br />
poiché solo allora riesce a trovare il silenzio e la<br />
tranquillità necessari al concepimento delle buone<br />
idee. Da quando l’avvocato Derville esercita la<br />
professione, lei è il terzo esempio di un consulto<br />
dato a quest’ora notturna. Dopo essere rincasato,<br />
il principale ripenserà ogni causa, leggerà ogni cosa,<br />
passerà forse quattro o cinque ore a lavorare;<br />
poi, chiamatomi, mi spiegherà le sue intenzioni. Il<br />
mattino, dalle dieci alle quattordici, ascolta i clienti,<br />
il resto della giornata lo passa da un appuntamento<br />
all’altro; la sera, va in società per conservarvi<br />
le sue relazioni: quindi non ha che la notte per<br />
sviscerare i processi, frugare gli arsenali del Codice<br />
e fare i suoi piani di battaglia. Non vuol perdere<br />
una sola causa, tanto è l’amore che ha per la sua<br />
HonorÈ De Balzac<br />
Il colonnello Chabert<br />
orIzzontI PerdutI<br />
arte; ed è per questo che non si prende sulle spalle,<br />
come fanno i suoi colleghi, ogni qualsiasi incarico.<br />
Ecco la sua vita, singolarmente attiva; e ne farà<br />
di soldi, lui.<br />
Sentendo questa spiegazione, il vecchio rimase silenzioso,<br />
e il suo volto bizzarro prese un’espressione così<br />
priva d’intelligenza, che l’impiegato dopo averlo guardato,<br />
non si occupò più di lui.<br />
3
4<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
Tribunale di Vicenza<br />
Sez. i ciVile<br />
NOmINA dI NUOvI AmmINIStrAtOrI<br />
e SOSpeNSIONe deL prOCedImeNtO<br />
omissis<br />
Va preliminarmente revocata la nomina del curatore<br />
speciale nominato alla società C. S.p.A. a seguito del<br />
ricorso ex art. 2409 c.c. (…) in quanto detta società<br />
ha provveduto alla sostituzione dell’intero consiglio di<br />
amministrazione, i cui componenti sono stati denunciati<br />
di aver tenuto comportamenti irregolari, con nuovi<br />
amministratori, che non si trovano, pertanto, in conflitto<br />
di interesse con la società.<br />
La nomina dei nuovi amministratori pone in primo<br />
piano altra preliminare questione costituita dalla richiesta<br />
fatta da C. S.p.A., con i nuovi legali rappresentati,<br />
cui si sono associati anche gli amministratori<br />
sostituiti, di sospendere il procedimento a norma del<br />
terzo comma dell’art 2409 c.c.<br />
Non osta a tale richiesta la mancata sostituzione dei<br />
componenti del collegio sindacale, dal momento che<br />
questi non sono stati fatti oggetto di critiche non essendo<br />
in carica all’epoca cui si riferiscono i fatti contestati<br />
all’organo gestorio, ad essi viene imputato soltanto<br />
di non aver risposto adeguatamente alla denuncia<br />
ad essi rivolta ex art 2409 c.c., i cui esiti non vengono<br />
ritenuti soddisfacenti dai ricorrenti, ma non sono<br />
indicati tra i resistenti nell’intestazione del ricorso<br />
né viene chiesta la loro revoca, come, invece per<br />
gli amministratori, né alcun altro provvedimento. Ovviamente<br />
sono stati convenuti in giudizio perché anche<br />
i sindaci devono essere sentiti dal tribunale a norma<br />
del secondo comma dell’art. 2409 c.c., ma, poiché<br />
il procedimento ex art. 2409 c.c. è concretamente diretto<br />
al fine di eliminare e rimuovere, con l’intervento<br />
dell’autorità giudiziaria, gravi irregolarità dipendenti<br />
dall’inosservanza dei propri doveri da parte degli amministratori<br />
e dei sindaci (nonostante nel primo comma<br />
della norma si parli soltanto di amministratori), se<br />
ne deve dedurre che, lì dove nulla si chiede nei confronti<br />
dei sindaci e nulla espressamente loro si imputa,<br />
la sostituzione di costoro ai fini che qui interessano<br />
dell’accertamento della fattispecie di cui al terzo comma<br />
dell’art. 2409 c.c. non sia indispensabile, nonostante<br />
la dizione letterale della norma.<br />
ordinanza 27.03.<strong>2009</strong> -<br />
Pres. rel. Bozza<br />
Ben sa questo tribunale che parte dalla dottrina è nel<br />
senso che la fattispecie di cui al terzo comma dello<br />
norma in esame presuppone la sostituzione dei sindaci,<br />
ma i sostenitori di questa interpretazione non riescono<br />
a dare una giustificazione convincente che vada<br />
al di là del dato letterale, poco significativo per i motivi<br />
detti, come sottolineato da altri autori (cfr. Nazzicone,<br />
in La riforma del diritto societario, a cura di G.<br />
Lo Cascio, vol. 5, Milano, 2003, 314). A parere del Collegio,<br />
invero, non trova una razionale spiegazione una<br />
interpretazione letterale del terzo comma, dato che<br />
questo è l’unica parte della norma che sembra porre<br />
una affinità di sorta tra l’organo gestorio e quello<br />
di controllo, basta, infatti, considerare che nel primo<br />
comma si parla soltanto di irregolarità degli amministratori<br />
e nel quarto comma si prevede che il tribunale,<br />
nei casi più gravi “può revocare gli amministratori<br />
ed eventualmente anche sindaci”, espressione che sottolinea<br />
appunto la possibile diversa sorte che i due organi<br />
possono subire in relazione ai comportamenti tenuti<br />
e alle richieste formulate.<br />
Diversamente la rigidità del sistema dovrebbe spingersi<br />
(ed infatti vi è chi lo sostiene) fino ad imporre<br />
la sostituzione dei sindaci anche quando stano stati<br />
proprio loro (che ora hanno la legittimazione attiva) a<br />
denunciare le irregolarità compiute dall’organo di gestione;<br />
il che equivale a scoraggiare iniziative di denunce<br />
giudiziarie da parte dei sindaci che, pur avendo<br />
raggiunto lo scopo voluto di far sostituire dall’assemblea<br />
gli amministratori che a loro dire hanno tenuto<br />
comportamento irregolare, non possono ottenere<br />
la sospensione del procedimento per verificare il<br />
comportamento del nuovo organo gestorio perché la<br />
sospensione sarebbe condizionata alla loro stessa sostituzione.<br />
Ritiene il tribunale necessaria una lettura meno rigorosa<br />
della norma nel senso che la sostituzione del collegio<br />
sindacale diventa necessaria quando viene chiesta<br />
la revoca dai suoi componenti, nel mentre quando<br />
una tale domanda, come nella fattispecie in esame,<br />
non è state formulata, la necessità di sentire i sindaci<br />
posta dal secondo comma dell’art. 2409 c.c., più che<br />
diretta alla instaurazione del contraddittorio, si spiega<br />
per il suo carattere istruttorio di interrogatorio li-
ero, per una migliore comprensione dei fatti di causa<br />
da parte dell’organo giudicante; ed, infatti, nella presente<br />
procedura, i sindaci non si sono costituiti, ma sono<br />
stati presenti all’udienza all’uopo fissata.<br />
Superato questo ostacolo, si tratta di vedere se i nuovi<br />
amministratori che hanno sostituito quelli “incriminati”<br />
abbiano le caratteristiche indicate dal terzo<br />
comma dell’art 2409 c.c., per il quale, l’ispezione non<br />
può essere disposta e il procedimento di controllo va<br />
sospeso se l’assemblea sostituisce gli amministratori<br />
con soggetti di adeguata professionalità che si attivano<br />
senza indugio per accertare se le violazioni denunciate<br />
sussistono e, in caso positivo, per eliminarle, riferendo<br />
al tribunale sugli accertamenti e le attività<br />
compiute.<br />
La sostituzione degli<br />
amministratori costituisce,<br />
quindi, motivo<br />
non solo per non<br />
disporre l’ispezione,<br />
ma anche per sospendere<br />
il procedimento,<br />
a patto che i soggetti<br />
nominati abbiano<br />
adeguata professionalità<br />
e si attivino<br />
per eliminare le irregolarità<br />
denunciate;<br />
orbene, ove la sostituzione<br />
sia avvenuta<br />
da un tempo tale<br />
che abbia consentito al nuovo organo di attuare misure<br />
idonee ad eliminare le irregolarità o i loro effetti,<br />
è chiaro che la valutazione del tribunale potrebbe basarsi<br />
sull’effettivo operato posto in essere. Quando, invece,<br />
come nella specie, la nomina del nuovo consiglio<br />
di amministrazione è avvenuta (…) nell’imminenza<br />
dell’udienza fissata a seguito del ricorso ex art. 2409<br />
c.c. (…) non possono esservi iniziative già intraprese<br />
da esaminare e la valutazione della adeguata professionalità<br />
– che coinvolge non tanto le capacità professionali<br />
dei soggetti (nel caso sicuramente esistenti e<br />
riconosciute all’udienza dagli stessi ricorrenti) quanto<br />
quella di indagare efficacemente, sia per le competenze<br />
professionali che per la indipendenza e autonomia<br />
dai vecchi amministratori denunciati, e per essi<br />
dalla maggioranza di cui sono espressione – può essere<br />
valutata soltanto sulla base di un programma dettagliato<br />
di come i nuovi gestori intendono agire, che,<br />
al di là del generico impegno già dichiarato in udienza<br />
di verificare la sussistenza delle irregolarità denun-<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
ciate, definisca analiticamente le modalità e i tempi<br />
della loro azione ai quali attenersi; un piano di azione,<br />
cioè, che indichi tanto le scelte strategiche quanto le<br />
scelte operative, prefigurando le iniziative da prendere<br />
a seconda dei risultati del loro operato. Solo in tal<br />
modo si garantiscono i denuncianti della serietà e utilità<br />
della sospensione – che costituisce la strada prioritaria<br />
da tentare ove ne ricorrano i requisiti essendo<br />
sicuramente più traumatica per le sorti della società<br />
una ispezione etero-societaria – in quanto un programma<br />
caratterizzato da analiticità e completezza consente,<br />
oltre che una valutazione in prospettiva sulla adeguatezza<br />
professionale, anche un controllo successivo<br />
del lavoro svolto, raffrontando i risultati con quanto<br />
programmato.<br />
Nella specie il nuovo<br />
organo gestorio non<br />
ha predisposto un tale<br />
programma, ma tale<br />
omissione ben può<br />
giustificarsi con la ristrettezza<br />
dei tempi<br />
già accennata tra<br />
l’epoca della nomina<br />
e la data di udienza,<br />
per cui ritiene il tribunale<br />
che, prima di<br />
ogni decisione sulla<br />
richiesta sospensione<br />
del procedimento,<br />
sia utile acquisire un<br />
programma del genere di quello indicato, concedendo<br />
allo scopo all’organo amministrativo un breve termine<br />
entro cui provvedervi, e termini brevissimi alle altre<br />
parti per eventuali considerazioni, riservata alla scadenza<br />
ogni decisione qui non affrontata.<br />
omissis<br />
I L C O m m e N t O<br />
Come noto, a seguito della riforma della disciplina delle<br />
società di capitali, sole le società per azioni (e le<br />
s.a.p.a.) sono oggi sottoposte al controllo dell’autorità<br />
giudiziaria, che può intervenire in presenza di una denuncia<br />
avente ad oggetto il fondato sospetto che gli amministratori<br />
abbiano compiuto irregolarità gestionali<br />
tali da arrecare un pregiudizio in capo alla società.<br />
Legittimati a dare impulso al procedimento per il controllo<br />
di legalità sono: i soci (ove la loro partecipazione<br />
raggiunga, anche congiuntamente, la soglia del<br />
5
6<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
10% del capitale) e l’organo di controllo nelle società<br />
c.d. “chiuse”, il pubblico ministero nelle c.d. società<br />
“aperte” (ossia quelle che si rivolgono al mercato del<br />
capitale di rischio) e la Consob per le società quotate<br />
in Italia (art. 152 T.U.F.).<br />
Depositato il ricorso, la norma prevede la convocazione,<br />
necessaria, di amministratori e sindaci avanti al<br />
tribunale in composizione collegiale (in un procedimento<br />
cui si applica il rito camerale) e la possibilità di<br />
disporre l’ispezione della società nel caso in cui sia necessario<br />
acquisire elementi utili alla verifica dell’effettiva<br />
sussistenza delle irregolarità denunciate.<br />
A mente del terzo comma, il procedimento può essere<br />
“paralizzato” dall’intervento dell’assemblea dei soci:<br />
la disposizione prevede espressamente la facoltà, da<br />
parte del tribunale, di sospendere quanto in atto se interviene<br />
la nomina, come nuovi amministratori e sindaci,<br />
di soggetti dotati dei requisiti di adeguata professionalità<br />
(ed indipendenza) che si attivino immediatamente<br />
per “accertare se le violazioni sussistono, e<br />
in caso positivo per eliminarle”.<br />
Proprio su tale questione interviene, con l’ordinanza<br />
in esame, il Tribunale di Vicenza, il cui provvedimento<br />
è, a quanto consta, il primo ad aver preso posizione<br />
sulla norma introdotta dal legislatore della riforma<br />
sulla scorta di un noto precedente del tribunale<br />
ambrosiano (Trib. Milano, 11.07.1996, in Foro it., 1996,<br />
I, c. 2243).<br />
La soluzione adottata, che richiama espressamente<br />
un’autorevole orientamento dottrinale (Nazzicone, in<br />
La riforma del diritto societario, a cura di G. Lo Cascio,<br />
vol. 5, Milano, 2003, 314 e, successivamente, anche in Il<br />
controllo giudiziario sulle irregolarità di gestione. Fattispecie<br />
e rito dopo la riforma societaria, Milano, 2005), si distingue<br />
per chiarezza ed esaustività della motivazione.<br />
Rifiutando un’interpretazione letterale della norma –<br />
che risulterebbe, peraltro, penalizzante in sede di applicazione<br />
– il collegio, ricorrendo all’argomento sistematico,<br />
assume una posizione in linea con quella che<br />
pare essere la ratio effettiva della disposizione: consentire<br />
alla compagine sociale di intervenire con soluzioni<br />
endo-societarie (e, dunque, meno invasive e dannose<br />
sotto il profilo dell’immagine aziendale) qualora<br />
esse non costituiscano un espediente finalizzato ad<br />
eludere il controllo di legalità.<br />
In questo senso, i giudici vicentini contribuiscono poi,<br />
da un lato, ad individuare quei criteri che, a mente<br />
dell’art. 2409 c.c., debbono essere adottati nella verifica<br />
della sussistenza, in capo ai professionisti nominati<br />
dall’assemblea, dei requisiti di professionalità ed indipendenza<br />
richiesti dal terzo comma; dall’altro, a precisare<br />
come essi debbano altresì predisporre un piano<br />
che, in termini analitici ed esaustivi, illustri all’autorità<br />
giudiziaria – incaricata di vagliarne adeguatezza e<br />
fattibilità – con quali tempi e modalità agiranno.<br />
Ciò determina il notevole interesse pratico, prima ancora<br />
che scientifico, della pronuncia in esame.<br />
Chiara Pigozzi<br />
Federico Cena
Tribunale di Verona<br />
Sez. iii CiVile<br />
L’eSprOprIAZIONe per pUBBLICA UtILItà.<br />
L’AppLICABILItà deLL’Art. 26, QUINtO<br />
COmmA, t.U.e. AL fIttAvOLO<br />
Con ricorso depositato il 26.02.2007 nella cancelleria<br />
del Tribunale di Verona, il sig. T.M. chiedeva e otteneva<br />
da quel Giudice ingiunzione di pagamento immediatamente<br />
esecutiva nei confronti della società A.<br />
S.p.A. per l’importo di euro 477.148,57, oltre agli interessi<br />
legali decorrenti dal 12.11.2006, alle spese, diritti<br />
ed onorari di causa, liquidati in euro 2.600,00 oltre<br />
al rimborso spese generali del 12,5% CPA ed IVA,<br />
somma asseritamente a lui dovuto quale riconosciuta<br />
indennità di esproprio di un appezzamento di terreno<br />
dal sig. T.M. stesso coltivato a vivaio, siccome titolare<br />
di un contratto d’affitto agrario stipulato con i proprietari<br />
del fondo.<br />
Avverso la ingiunzione, con citazione notificata il<br />
14.05.2007, proponeva opposizione la società A. S.p.A.<br />
svolgendo vari motivi di censura all’impugnato decreto<br />
e domandandone la revoca.<br />
Si costituiva ritualmente il sig. T.M. resistendo al gravame,<br />
domandando il rigetto della opposizione, la conferma<br />
del decreto opposto e la condanna della opponente<br />
alle ulteriori spese di lite.<br />
All’esito della trattazione, sospesa ex art. 649 c.p.c. la<br />
provvisoria esecuzione del decreto opposto, la causa<br />
era posta in decisione sulle conclusioni riportate in<br />
epigrafe.<br />
La pretesa dell’ingiungente è radicalmente destituita<br />
di ogni fondamento.<br />
Osserva invero il Tribunale che l’ingiungente sembra<br />
partire dal presupposto, del tutto errato, per cui esso<br />
sig. T.M. sarebbe in tutto e per tutto equiparabile alla<br />
figura del proprietario, di talché, lo stesso sig. T.M. invoca<br />
in proprio favore il disposto dell’art. 26 del D.P.R.<br />
n. 327/2001.<br />
La considerazione è manifestamente arbitraria.<br />
In proposito basti considerare che è pacifica la circostanza<br />
per cui il sig. T.M. è solo l’affittuario coltivatore<br />
diretto del fondo, di talché la norma direttamente<br />
applicabile non è l’art. 26 sopra citato, bensì il successivo<br />
art. 42, il quale, così, recita: “Spetta una indennità<br />
aggiuntiva al fìttavolo, al mezzadro o al compartecipan-<br />
sentenza 07.01.<strong>2009</strong> -<br />
est. Macca<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
te che, per effetto della procedura espropriativa o della<br />
cessione volontaria, sia costretto ad abbandonare in tutto<br />
o in parte l’area direttamente coltivata da almeno un<br />
anno prima della data in cui vi è stata la dichiarazione<br />
di pubblica utilità. L’indennità aggiuntiva è determinata<br />
ai sensi dell’art. 40, comma 4, ed è corrisposta a seguito<br />
di una dichiarazione dell’interessato e di un riscontro della<br />
effettiva sussistenza dei relativi presupposti”.<br />
D’altro canto l’art. 26, quinto comma, così dispone:<br />
“Qualora manchino diritti dei terzi sul bene, il proprietario<br />
può in qualunque momento percepire la somma depositata,<br />
con riserva di chiedere in sede giurisdizionale l’importo<br />
effettivamente spettante”.<br />
Orbene, se è vero, come è vero, che al fittavolo spetta<br />
una indennità aggiuntiva, appare evidente che la indennità<br />
regolata dal quinto comma dell’art. sopra citato<br />
riguarda l’altra e diversa indennità spettante al<br />
proprietario espropriato che, nella fattispecie, non è<br />
certo il sig. T.M.<br />
All’evidenza il tentativo dell’ingiungente di chiedere<br />
la attribuzione diretta della indennità offerta, ma da<br />
lui non accettata, con riserva di chiedere in sede giurisdizionale<br />
l’importo effettivamente spettante, parte<br />
dall’errato presupposto per cui la posizione del fittavolo<br />
ex art. 42 e quella del proprietario ex art. 26, quinto<br />
comma siano del tutto assimilabili, senza tenere in<br />
considerazione la circostanza che la norma di cui il sig.<br />
T.M. sembra chiedere la applicazione analogica è norma<br />
di stretta interpretazione e non suscettibile di applicazione<br />
analogica, atteso che i presupposti di operatività<br />
sono del tutto diversi, come, per esempio, la<br />
diversa natura economica del bene sacrificato (mera<br />
proprietà, da un lato, attività di impresa, dall’altro), la<br />
diversa quantificazione della indennità, la circostanza<br />
per cui il proprietario si assume la responsabilità diretta<br />
e immediata per quanto riguarda i diritti dei terzi,<br />
etc. Di nessun rilievo, inoltre, è l’art. 13 del c.d. Accordo<br />
relativo ai titolari di affittanza agraria, non potendo<br />
detto accordo (di cui peraltro non risulta che il<br />
sig. T.M. sia fra i sottoscrittori) derogare alla norma<br />
di legge.<br />
Ne consegue, pertanto, che appare ora ozioso discutere<br />
in ordine alla efficacia o meno liberatoria del deposito<br />
effettuato dalla società opponente presso la Cas-<br />
7
8<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
sa Depositi e Prestiti della indennità aggiuntiva in favore<br />
del sig. T.M., indennità, si ripete, non accettata<br />
da questi, volta che, come si è visto non esiste nel sistema<br />
delineato dal D.P.R. n. 327/2001 un meccanismo<br />
analogo all’art. 26, quinto comma, previsto per il proprietario.<br />
Il che è a dire che il sig. T.M. non ha e non aveva (non<br />
avendo accettato la indennità aggiuntiva ex art. 42) titolo<br />
alcuno per pretendere la anticipazione della somma<br />
non contestata, di talché il sig. T.M. stesso non poteva<br />
certo agire in via monitoria, mancando, per quella<br />
tipica fattispecie, la certezza, liquidità ed esigibilità<br />
del credito.<br />
Passando ora ad esaminare la domanda di condanna al<br />
risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. svolta dalla opponente,<br />
osserva il Tribunale che la pretesa non può<br />
essere accolta, atteso che manca la possibilità di configurare<br />
alcuna ipotesi di colpa grave e/o malafede.<br />
Se pure, infatti, la domanda del sig. T.M. partiva dal<br />
presupposto del tutto errato di una equiparazione incondizionata<br />
della figura del fittavolo a quella del proprietario,<br />
con conseguente affermazione (altrettanto<br />
errata) del diritto a richiedere la applicazione dell’art.<br />
26, quinto comma, è anche vero che fra le due figure<br />
sussiste una evidente disparità di trattamento, disparità<br />
che, allo stato, questo Tribunale non considera<br />
né irragionevole né ingiustificata per le considerazioni<br />
sopra svolte, ma che, tuttavia, ben legittimava il<br />
tentativo del sig. T.M. di ottenere una pronunzia che<br />
affermasse la applicabilità anche alla propria posizione<br />
del beneficio sopra citato.<br />
omissis<br />
I L C O m m e N t O<br />
La sentenza in commento offre un prezioso spunto<br />
di riflessione in tema di espropriazione per pubblica<br />
utilità.<br />
Prima di esporre le questioni giuridiche affrontate<br />
dalla sopra riportata pronuncia, merita d’esser fatta<br />
una breve premessa in punto di fatto.<br />
Una primaria concessionaria autostradale (d’ora in<br />
avanti “autorità espropriante”) ha avviato, nell’ambito<br />
dei lavori di realizzazione d’un tratto autostradale,<br />
una procedura espropriativa sui terreni interessati<br />
dall’opera, tra i quali quelli condotti in affitto dalla<br />
ditta T.M. (d’ora in avanti “ditta fittavola”).<br />
La procedura espropriativa si è svolta nel rigoroso rispetto<br />
del Testo Unico Espropriazioni, approvato con<br />
D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, e si è conclusa, stante<br />
l’opposizione della ditta fittavola all’indennità individuata<br />
dall’autorità espropriante, con il deposito della<br />
somma presso la Cassa Depositi e Prestiti, a disposizione,<br />
previa dimostrazione della sussistenza dei presupposti<br />
soggettivi, della ditta fittavola.<br />
Quest’ultima tuttavia, non soddisfatta dell’indennità<br />
riconosciuta, anziché contestarla giudizialmente con<br />
il procedimento di opposizione alla stima innanzi alla<br />
Corte d’Appello, previsto dall’art. 54 del citato T.U.,<br />
ha preferito agire in via monitoria avverso l’autorità<br />
espropriante.<br />
La ditta fittavola ha pertanto, chiesto al Tribunale di<br />
Verona la pronuncia di un decreto ingiuntivo per il pagamento<br />
della somma, a suo dire, dovutale.<br />
Il Tribunale di Verona, tratto in inganno dalla ricostruzione<br />
svolta dalla ditta fittavola avversaria, ha concesso<br />
il provvedimento monitorio, poi opposto e revocato<br />
con la sentenza che oggi si commenta.<br />
Il Giudice dell’opposizione è stato chiamato a decidere<br />
più d’una questione giuridica, ciascuna della massima<br />
importanza, tra cui quella che impegnerà il presente<br />
scritto: l’applicabilità anche al fittavolo dell’art.<br />
26, quinto comma, del T.U.E.<br />
L’autorità espropriante, che come detto aveva depositato<br />
la somma riconosciuta a titolo di indennità presso<br />
la Cassa Depositi e Prestiti, non aveva acconsentito<br />
allo svincolo di tale somma per due ragioni: (i) anzitutto<br />
perché la ditta fittavola non aveva accettato ta-
le indennità ed altresì (ii) perché, ai sensi dell’art. 42<br />
T.U.E., la ditta fittavola aveva omesso di dimostrare il<br />
possesso dei requisiti soggettivi per la qualità di fittavolo<br />
coltivatore diretto.<br />
Si difendeva quest’ultima sostenendo che la somma<br />
dovesse esserle comunque pagata senza necessità di<br />
dimostrare la propria qualità di fittavolo e ciò in virtù<br />
di quanto disposto dal citato art. 26, quinto comma,<br />
T.U.E.<br />
Il Tribunale di Verona, aderendo alla tesi dell’autorità<br />
espropriante, ha escluso l’applicazione di tale norma<br />
alla ditta fittavola, sostenendo in sostanza che si debba<br />
applicare solo al proprietario.<br />
Il citato art. 26, quinto comma, del T.U.E., è invero<br />
chiarissimo nel prevedere che il proprietario (e solo<br />
questo) “qualora manchino diritti dei terzi sul bene (…)<br />
può in qualunque momento percepire la somma depositata,<br />
con riserva di chiedere in sede giurisdizionale l’importo<br />
effettivamente spettante”.<br />
La circostanza che la stessa non possa trovare applicazione<br />
per soggetti diversi dal proprietario è dimostrato<br />
oltreché dalla lettera della norma, anche dalla ovvia<br />
circostanza che la mancanza di diritti di terzi (presupposto<br />
richiesto dalla norma quale condizione essenziale)<br />
non potrà verificarsi per quei soggetti che<br />
sfruttano l’area agricola in base a contratti di affitto,<br />
mezzadria ed altro.<br />
In altre parole, il fittavolo non potrà mai escludere<br />
diritti di terzi sul bene, non foss’altro perché esiste<br />
il diritto di proprietà di chi gli ha concesso in affitto<br />
il bene.<br />
È soltanto il proprietario allora che si potrà trovare<br />
nella condizione prevista dall’art. 26, quinto comma,<br />
e che – come correttamente osservato dal Tribunale –<br />
potrà escludere la presenza di diritti di terzi ed assumersi<br />
la responsabilità diretta di ciò.<br />
A ciò si aggiunga che l’art. 26, come si ricava dalla rubrica<br />
della norma, si applica all’indennità provvisoria<br />
spettante al proprietario, mentre l’indennità quantificata<br />
dalla società espropriante per il fittavolo è definitiva,<br />
nel senso che non è soggetta al procedimento di<br />
determinazione finale regolato dall’art. 27 del medesimo<br />
T.U. (che giustifica in quel caso la previsione del<br />
precedente art. 26).<br />
Nel caso del fittavolo dunque, la norma di riferimento<br />
non è l’art. 26, comma 5, del T.U. Espropriazioni, bensì<br />
gli articoli 28 e ss.<br />
L’art. 28 del T.U.E, che disciplina “il pagamento definitivo<br />
della indennità”, dispone che “…l’autorità espropriante<br />
autorizza il pagamento della somma depositata al<br />
proprietario od agli aventi diritto, qualora sia divenuta<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
definitiva rispetto a tutti la determinazione dell’indennità<br />
di espropriazione, ovvero non sia stata tempestivamente<br />
notificata l’opposizione al pagamento o sia stato concluso<br />
tra tutte le parti interessate l’accordo per la distribuzione<br />
dell’indennità. 2. L’autorizzazione è disposta su istanza<br />
delle parti interessate, su proposta del responsabile del procedimento<br />
successiva alla audizione delle parti, da cui risulti<br />
anche la mancata notifica di opposizioni di terzi. 3.<br />
Unitamente all’istanza, vanno depositati: a) un certificato<br />
dei registri immobiliari, da cui risulta che non vi sono trascrizioni<br />
o iscrizioni di diritti o di azioni di terzi; b) un attestato<br />
del promotore dell’espropriazione, da cui risulti che<br />
non gli sono state notificate opposizioni di terzi”.<br />
È bene evidenziare che mentre l’art. 26 fa riferimento<br />
soltanto al proprietario, l’art. 28 si riferisce in maniera<br />
assai eloquente al proprietario o agli altri aventi diritto,<br />
a dimostrazione che qualora il Legislatore ha voluto<br />
riferirsi a soggetti diversi dal proprietario lo ha fatto<br />
espressamente.<br />
Il successivo art. 29 del medesimo T.U., in tema di “pagamento<br />
dell’indennità a seguito di procedimento giurisdizionale”,<br />
a sua volta, precisa che “qualora esistano<br />
diritti reali sul fondo espropriato o vi siano opposizioni<br />
al pagamento, ovvero le parti non si siano accordate sulla<br />
distribuzione, il pagamento delle indennità agli aventi<br />
diritto è disposto dall’autorità giudiziaria, su domanda<br />
di chi ne abbia interesse”.<br />
Il successivo art. 42 dispone, al comma 2, che l’indennità<br />
aggiuntiva spettante al fittavolo “è corrisposta a seguito<br />
di una dichiarazione dell’interessato e di un riscontro<br />
della effettiva sussistenza dei relativi presupposti”.<br />
Il fittavolo espropriato quindi, se intende riscuotere<br />
l’indennità dovuta per l’espropriazione e quindi incassare<br />
la somma che l’Autorità espropriante ha depositato,<br />
con efficacia liberatoria, presso la Cassa Depositi<br />
e Prestiti deve: (i) accettare la somma quantificata<br />
da quest’ultima o comunque non opporsi alla stessa;<br />
(ii) dimostrare il possesso dei requisiti soggettivi per<br />
la qualità di fittavolo.<br />
In alternativa, qualora ritenesse di aver diritto ad una<br />
somma maggiore, potrà rimettere tutte le questioni tecniche<br />
e giuridiche alla “corte d’appello, nel cui distretto<br />
si trova il bene espropriato”, ai sensi dell’art. 54 T.U.E.<br />
Certamente non può, come ha fatto nel caso in esame<br />
la ditta fittavola, agire in via monitoria, senza curarsi<br />
peraltro di dimostrare il possesso dei penetranti requisiti<br />
soggettivi richiesti dall’art. 42 del T.U.E., per<br />
ottenere il pagamento di una somma in realtà già versata<br />
dall’autorità espropriante.<br />
Marzia Meneghello<br />
9
10<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
Tribunale di verona<br />
Sez. ii Civile<br />
LA revOCA deL vOtO NeL CONCOrdAtO<br />
preveNtIvO e LA determINABILItà<br />
deLLA prOpOStA CONCOrdAtArIA<br />
Rilevata la intervenuta pubblicazione ai sensi dell’art.<br />
17 l.f. e la rituale notifica al commissario giudiziale e<br />
ai creditori dissenzienti del decreto 23.12.2008 con il<br />
quale si fissava l’udienza camerale del 20.02.<strong>2009</strong> per<br />
l’omologa del concordato;<br />
rilevato che, in esito all’udienza avanti il giudice delegato<br />
(18.11.2008) e alla scadenza del termine di giorni<br />
20 di cui all’art. 178, ultimo comma, l.f., sono state<br />
raggiunte le prescritte maggioranze (euro 905.937,80<br />
su euro 1.670.904,49);<br />
rilevata l’assenza di classi di creditori;<br />
lette le relazioni e relative integrazioni depositate dal<br />
commissario giudiziale nelle seguenti date: 04.10.2008,<br />
17.11.2008, 12.02.<strong>2009</strong>;<br />
rilevato che il piano concordatario – a contenuto liquidatorio<br />
– prevede la cessione ai creditori di tutti i beni<br />
della società ricorrente con soddisfacimento integrale<br />
dei creditori privilegiati e quello tra il 10% e il 16%<br />
ovvero nella minore percentuale che sarebbe risultata<br />
all’esito della liquidazione dei beni;<br />
rilevato che il creditore dissenziente ditta C.L. di B<br />
ha depositato in data 10.02.<strong>2009</strong> atto di costituzione<br />
contenente formale opposizione all’omologa del concordato;<br />
risulta la infondatezza delle ragioni poste a fondamento<br />
della proposta opposizione per le seguenti considerazioni.<br />
L’eccepita inattendibilità dei bilanci presentati dalla<br />
società che ha richiesto il concordato non costituisce<br />
valido motivo di opposizione: la relazione del professionista,<br />
allegata al ricorso per concordato, ha specificamente<br />
attestato la veridicità dei dati aziendali sottoposti<br />
al suo esame; la indicata relazione del professionista<br />
di cui all’art. 161, terzo comma, l.f. preclude<br />
a questo Tribunale una qualsivoglia valutazione differente<br />
della questione concernente la fattibilità del<br />
piano concordatario.<br />
Quanto alla pretesa sopravvenuta invalidità o inefficacia<br />
del voto espresso per posta dai creditori chirografari<br />
prima dell’adunanza avanti al giudice delega-<br />
decreto 08.04.<strong>2009</strong> -<br />
est. dott. francesco fontana<br />
to del 07.10.2008 (udienza rinvita al 18.11.2008), il Tribunale<br />
osserva e dispone quanto segue.<br />
Nella originaria proposta di concordato veniva indicata<br />
– quale percentuale stimata di soddisfacimento del<br />
ceto creditorio chirografario – quella del 10%-16% ovvero<br />
quella minore che avesse dovuto risultare all’esito<br />
della liquidazione dei beni; i creditori che hanno<br />
espresso quindi il loro voto per posta prima dell’adunanza<br />
dei creditori del 07.10.2008 lo hanno fatto consapevolmente,<br />
sulla base di una prudenziale rappresentazione<br />
da parte della società ricorrente che comprendeva<br />
appunto anche l’eventualità di un soddisfacimento<br />
inferiore alla soglia del 10%; per tal motivo<br />
si deve ritenere che i creditori esprimenti il voto<br />
prima dell’adunanza dei creditori abbiano definitivamente<br />
esaurito il loro potere, con conseguente inammissibilità<br />
di qualsivoglia revoca della manifestazione<br />
già espressa.<br />
I creditori G. Srl, Comune di S., e C.A. hanno espresso<br />
parere favorevole alla proposta di concordato formulata<br />
da C.M. che, come detto, prevedeva un soddisfacimento<br />
dei creditori chirografari nella misura del 10%-16%<br />
ovvero in quella minore che avesse dovuto risultare all’esito<br />
della liquidazione dei beni; come risulta dalle dichiarazioni<br />
di revoca dei predetti creditori (09.10.<strong>2009</strong><br />
G. Srl e Comune di S.; 02.10.2008 C.A.) il motivo di tale<br />
manifestazione di volontà contraria a quella precedentemente<br />
espressa con la dichiarazione di voto è stata<br />
giustificata sulla base di asserito “errore” nell’espressione<br />
del voto stesso; ciò basta per ritenere totalmente<br />
infondate sia le pretese revoche dei creditori indicati<br />
sia le considerazioni svolte dall’opponente.<br />
Quanto alla eventuale convenienza – per la massa dei<br />
creditori – di una procedura fallimentare rispetto a<br />
quella concordataria attivata, si richiamano le considerazioni<br />
svolte dal Commissario nella relazione del<br />
17.11.2008 in relazione in particolare al venir meno<br />
dell’impegno di acquisto – da parte della Z. Srl – dei<br />
tre marchi di proprietà della società ricorrente per euro<br />
25.000,00 al (venir meno) dell’acquisto del magazzino<br />
e dei beni mobili – attrezzature ed automezzi da<br />
parte di F.G. e F.S. per euro 75.000,00, alla perdita della<br />
postergazione del credito di euro 60.000,00 formulata<br />
dalla società proprietaria per i canoni non pagati
e da pagare, al venir meno delle rinunce ai crediti formulate<br />
da alcuni professionisti.<br />
Gli elementi che – a dire dell’opponente – dovrebbero<br />
far optare per il fallimento si riducono sostanzialmente<br />
alla esperibilità di azioni risarcitorie nei confronti<br />
degli amministratori F.D., F.G. e F.S. (nonché nei confronti<br />
di altri non meglio specificati soggetti): la oggettiva<br />
incertezza dell’esito delle superiori iniziative<br />
giudiziarie, la possibile in capienza dei patrimoni dei<br />
soggetti che dovrebbero essere citati, il sicuro costo<br />
connesso alla necessità di munirsi di una difesa legale,<br />
la tempistica dell’eventuale conclusione degli accertamenti<br />
giudiziari sopra esposti non rappresentano<br />
– ad avviso di questo Tribunale – positivi elementi di<br />
convincimento circa la preferibilità del fallimento.<br />
Ritenuto, quanto alla fattibilità del piano, che – a seguito<br />
del pagamento da parte dell’assicurazione A. della<br />
somma di euro 6.674,64 come da polizza, dell’intervenuto<br />
pagamento di alcuni creditori, dell’operato declassamento<br />
a creditori chirografari di alcuni creditori<br />
privilegiati (G. Srl, Comune di S., e C.A.) che hanno<br />
espresso il loro voto – è stata ipotizzata dal Commissario<br />
una percentuale di soddisfacimento del ceto chirografario<br />
del 7,3% (cfr. relazione conclusiva 12.02.<strong>2009</strong>,<br />
pag. 5), aderente a quella esposta in ricorso;<br />
letto il parere favorevole espresso dal commissario giudiziale<br />
(pag. 8 della relazione conclusiva 12.02.<strong>2009</strong>);<br />
ritenuto pertanto che le esposte considerazioni, sviluppate<br />
anche a confutazione dei rilievi svolti dall’unico<br />
opponente ditta C.L., inducono questo Tribunale<br />
ad esprimere un giudizio di positiva fattibilità<br />
del piano concordatario;<br />
ritenuto che, per quanto riguarda le modalità di liquidazione,<br />
la vendita dei beni dovrà essere autorizzata<br />
dal comitato dei creditori ed i riparti ai creditori del<br />
giudice delegato e che tutti i pagamenti saranno eseguiti<br />
– previa autorizzazione del giudice delegato – dal<br />
liquidatore come sotto nominato;<br />
rimettendosi le ulteriori, eventuali modalità al GD<br />
medesimo;<br />
visti gli artt. 177 e 180 l.f.;<br />
rigetta l’opposizione proposta dalla ditta C.L. di B.;<br />
omologa il concordato come proposto da C.M. S.r.l. con<br />
ricorso depositato il 27.06.2008;<br />
(omissis)<br />
I L C O m m e N t O<br />
Le riflessioni che seguono traggono spunto da un decreto<br />
di omologa di concordato preventivo con cessio-<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
ne dei beni emesso dal Tribunale di Verona nell’aprile<br />
di quest’anno.<br />
La decisione presa dal collegio della sezione fallimentare<br />
riveste interesse principalmente per la determinazione<br />
assunta con riguardo alla revoca da parte di<br />
alcuni creditori del voto favorevole precedentemente<br />
espresso per posta.<br />
Revoca pervenuta nei venti giorni successivi all’adunanza<br />
dei creditori e relativa a voti che erano stati manifestati<br />
per lettera antecedentemente al deposito<br />
della relazione ex art. 172 l.f. da parte del commissario<br />
giudiziale e, quindi, anteriormente all’udienza in<br />
cui si è dato inizio alle operazioni di voto.<br />
Questo gruppo di creditori, mosso da ripensamento<br />
dopo aver letto la relazione del commissario, il quale<br />
aveva calcolato una percentuale di soddisfacimento<br />
inferiore a quella prospettata dalla società ricorrente,<br />
ha fatto pervenire dichiarazione di revoca del voto favorevole<br />
precedentemente espresso.<br />
Il Tribunale non ha ritenuto ammissibile la revoca poiché<br />
la domanda di concordato era stata prudenzialmente<br />
formulata in modo tale da comprendere anche<br />
l’eventualità di un trattamento inferiore alla soglia<br />
minima indicata dalla società proponente.<br />
Quest’ultima aveva infatti previsto il “soddisfacimento<br />
parziale dei diritti dei creditori chirografari in misura<br />
variabile in un “range” di valori compreso tra il 10 % ed<br />
il 16 %, ovvero per la minore o maggiore percentuale che<br />
dovesse risultare dall’esito della liquidazione dei beni”.<br />
Il Tribunale di Verona, verificato quindi il raggiungimento,<br />
nei venti giorni successivi all’udienza avanti il<br />
Giudice Delegato, della maggioranza prescritta ai fini<br />
dell’approvazione della proposta concordataria, ha<br />
omologato il concordato dichiarando inammissibile la<br />
revoca dei voti favorevoli già espressi.<br />
In particolare il collegio veronese ha rilevato che, dal<br />
momento che nell’originaria proposta di concordato<br />
veniva indicata, oltre alla percentuale minima stimata,<br />
anche quella minore che fosse risultata all’esito<br />
della liquidazione dei beni “i creditori che hanno<br />
espresso quindi il loro voto per posta prima dell’adunanza<br />
dei creditori del 01.10.2008 lo hanno fatto consapevolmente,<br />
sulla base di una prudenziale rappresentazione<br />
da parte della società ricorrente che comprendeva appunto<br />
anche l’eventualità di un soddisfacimento inferiore<br />
alla soglia del 10%”.<br />
Per tale motivo il Tribunale di Verona ha ritenuto che<br />
i creditori esprimenti il voto prima dell’adunanza dei<br />
creditori avessero definitivamente esaurito il loro potere,<br />
con conseguente inammissibilità di qualsivoglia<br />
revoca della manifestazione già espressa.<br />
11
12<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
La decisione è interessante sia sotto l’aspetto dell’analisi<br />
della manifestazione di voto come adesione ad una<br />
proposta contrattuale, sia con riguardo al profilo della<br />
determinazione dell’oggetto della proposta.<br />
In primo luogo il decreto del Tribunale di Verona conferma<br />
il pressoché unanime orientamento giurisprudenziale<br />
e dottrinale che nega la possibilità di mutare<br />
il voto favorevolmente espresso, in quanto l’accettazione<br />
della proposta concordataria presentata dal debitore<br />
rappresenta la consacrazione del vincolo contrattuale<br />
sotteso alla natura di concordato preventivo<br />
(si veda ampiamente Cass. Civ., sez. I, 22.09.1990, n.<br />
9651, Giust. civ. mass., 1990, fasc. 9).<br />
La stessa legge fallimentare all’art. 178 l.f., che disciplina<br />
la possibilità di far pervenire il voto “per telegramma,<br />
o per lettera, o per telefax o per posta elettronica<br />
nei venti giorni successivi<br />
alla chiusura del verbale<br />
dell’adunanza”, contempla<br />
solo l’ipotesi di<br />
voti favorevoli, ovvero,<br />
citando il dato normativo,<br />
di “adesioni”, nulla<br />
prevedendo per l’ipotesi<br />
di un dissenso tardivo.<br />
La formulazione di questa<br />
norma, rimasta di fatto<br />
immutata anche dopo<br />
la novellazione degli<br />
anni scorsi, trovava una<br />
sua logica spiegazione,<br />
nel passato sistema, nel<br />
fatto che il dissenso tardivo<br />
andava ad incidere<br />
anche sulla maggioranza<br />
numerica, il cui raggiungimento<br />
all’adunanza<br />
costituiva il presupposto<br />
che consentiva di far pervenire i voti nei venti giorni<br />
successivi e di computare quelli favorevoli. Ricordiamo<br />
infatti che il “vecchio concordato” prevedeva un<br />
doppio criterio di approvazione, ovvero la maggioranza<br />
dei creditori aventi diritto al voto unitamente al superamento<br />
dei due terzi dei crediti ammessi al voto.<br />
Nonostante nel nuovo concordato sia richiesta la sola<br />
maggioranza quantitativa dei crediti ammessi al voto,<br />
il legislatore ha preferito mantenere l’originaria impostazione,<br />
consentendo solo di far pervenire adesioni<br />
nei venti giorni successivi.<br />
Ciò è del resto in linea, riprendendo ancora una volta i<br />
principi fondamentali in tema di contratti, con il mec-<br />
canismo della proposta e della accettazione, per cui sino<br />
a quando la proposta è efficace nei confronti dell’altra<br />
parte questa può accettarla.<br />
Nell’ambito concordatario, infatti, il momento di scadenza<br />
della validità della proposta coincide con il<br />
ventesimo giorno successivo all’adunanza dei creditori<br />
per cui sino allo spirare di tale termine è possibile<br />
aderire al negozio concordatario.<br />
In quest’ottica, peraltro – pur dovendosi registrare una<br />
posizione ondivaga nella giurisprudenza di legittimità<br />
(per la soluzione affermativa si veda Cass. civ., sez. I,<br />
07.08.1989, n. 3618, in Foro it., 1990, I, c. 1312; per quella<br />
di segno opposto si confronti invece Cass. Civ., sez. I,<br />
22.09.1990, n. 9651, cit.) – non è azzardato ritenere precluso<br />
al creditore che abbia originariamente espresso<br />
un orientamento negativo di modificare il proprio voto<br />
contrario con successiva<br />
adesione tardiva inviata<br />
nei 20 giorni seguenti all’adunanza<br />
dei creditori<br />
(V. Vitalone, L’adunanza<br />
dei creditori, in Fallimento<br />
e altre procedure concorsuali,<br />
a cura di L. Panzani<br />
e G. Fauceglia, Torino,<br />
<strong>2009</strong>, 1714-1715).<br />
Se l’offerta del debitore<br />
concordatario deve intendersi<br />
– come effettivamente<br />
è – una proposta<br />
ferma, fintantoché<br />
essa conserva validità<br />
o non venga revocata è<br />
possibile aderirvi.<br />
Va comunque precisato<br />
che l’irretrattabilità di<br />
un voto positivamente<br />
espresso può ammettersi<br />
purchè, come è stato giustamente osservato, “la proposta<br />
concordataria non venga modificata in una delle<br />
sue componenti essenziali, venendo di certo meno, in tale<br />
evenienza, la necessaria coincidenza tra proposta ed accettazione”<br />
(T. Manferoce, sub art. 178, in Codice Commentato<br />
del Fallimento, a cura di G. Lo Cascio, 2008,<br />
1564 ss.).<br />
Ed infatti nel caso di specie, pur essendosi verificata<br />
di fatto una prospettazione peggiorativa da parte del<br />
commissario, successivamente all’espressione del voto<br />
da parte di alcuni creditori, il Tribunale di Verona<br />
ha ritenuto non sussistere una divergenza tra la proposta<br />
e l’accettazione dei creditori poiché l’offerta con-
cordataria contemplava una “clausola di salvaguardia”<br />
attraverso la previsione di soddisfacimento, qualora<br />
non si fosse raggiunto il range indicato, secondo la<br />
minore o maggiore percentuale che dovesse risultare<br />
dall’esito della liquidazione dei beni.<br />
Il Tribunale ha pertanto riconosciuto valida la proposta<br />
concordataria avente ad oggetto una percentuale<br />
di soddisfacimento che, nell’ipotesi in cui non dovesse<br />
raggiungere il minimo indicato dalla ricorrente, fosse<br />
almeno determinabile secondo criteri contenuti all’interno<br />
della stessa proposta.<br />
Questi parametri sono stati collegati proprio al risultato<br />
della liquidazione.<br />
Conformemente alla regola di cui all’art. 1346 c.c. sulla<br />
determinabilità dell’oggetto ed all’interpretazione<br />
che di essa ne ha fatto la giurisprudenza (si veda<br />
per tutte Cass. Civ., sez. I, 19.03.2007, n. 6519 in Giur.<br />
it., 2007, 2174), infatti, i criteri per la determinazione<br />
dell’ oggetto contrattuale devono essere desumibili<br />
nella dichiarazione di volontà, ossia, per quanto riguarda<br />
il caso in esame, nella proposta concordataria.<br />
La logica sottesa all’art. 1346 c.c. è infatti quella di<br />
salvaguardare la volontà dell’autore della dichiarazione<br />
individuando un criterio idoneo all’individuazione<br />
dell’oggetto.<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
Sotto questo profilo la scelta del debitore concordatario<br />
di parametrare la percentuale di soddisfacimento<br />
alla realizzabilità dell’attivo attraverso la clausola<br />
“ovvero quella minore che avesse dovuto risultare all’esito<br />
della liquidazione dei beni”, seppur in via subordinata<br />
al mancato raggiungimento della soglia prospettata<br />
nel range indicato, è stata riconosciuta dal Tribunale<br />
di Verona come valido criterio per garantire la determinabilità<br />
del piano concordatario.<br />
La decisione del collegio veronese, ponendosi in contrasto<br />
con alcune pronunce giurisprudenziali di segno<br />
opposto (cfr. Cass. Civ., sez. I, 09.05. 2007, n. 10634 in<br />
Fall., 2007, 1293 con nota critica di Costanza, Determinatezza<br />
e determinabilità della percentuale nella proposta<br />
di concordato fallimentare), va quindi accolta con<br />
favore in quanto conferma la possibilità di non subordinare<br />
la proposta concordataria a precisi e rigidi criteri<br />
di calcolo, abbracciando invece una concezione<br />
prettamente privatistica del negozio concordatario e<br />
garantendo validità e rilevanza all’accordo con cui le<br />
parti accettino un piano di ristrutturazione della crisi<br />
addossando al creditore anche un certo margine di<br />
aleatorietà nel soddisfacimento delle sue ragioni.<br />
Alberto Grigolo<br />
13
14<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
T.A.R. VENETO - VENEZIA<br />
I SEZIONE<br />
CONtrAttI pUBBLICI: IL SUB prOCedImeNtO<br />
dI verIfICA deLL’ANOmALIA deLL’OffertA<br />
Decreto 19.06.<strong>2009</strong><br />
Ritenuto, in questa preliminare e sommaria fase di delibazione,<br />
che un breve arresto della procedura in attesa<br />
di un più attento esame della complessa fattispecie<br />
da parte del collegio prima che venga sottoscritto<br />
il contratto valga a mantenere intatte le garanzie di<br />
tutela giurisdizionale della ricorrente senza per contro<br />
provocare alcun pregiudizio all’interesse pubblico,<br />
libera essendo la P.A. di assicurare comunque, ove ritenuto<br />
indispensabile, in tutto o in parte, di fatto e in<br />
via interinale, eventualmente avvalendosi della controinteressata<br />
ovvero se diverso o esistente, del precedente<br />
gestore, lo svolgimento dei servizi inclusi nell’appalto<br />
de quo;<br />
P.Q.M.<br />
Accoglie nei limiti suddetti la proposta domanda di<br />
misure cautelari urgenti fino alla camera di consiglio<br />
che verrà fissata non appena depositata la prova delle<br />
avvenute notifiche<br />
Ordinanza 02.07.<strong>2009</strong><br />
Ritenuto, nella presente fase di sommaria valutazione<br />
della fattispecie, che la domanda cautelare in epigrafe<br />
può trovare accoglimento, avuto preminente riguardo<br />
sia all’apparente incongruità dell’offerta della controinteressata<br />
per quanto attiene ai dati di assenteismo<br />
della manodopera da essa forniti, sia – più in generale<br />
– alla circostanza che il riscontro dell’anomalia<br />
dell’offerta deve avvenire avendo riguardo alle concrete<br />
condizioni di mercato che contraddistinguono<br />
le prestazioni rese oggetto di gara da parte della stazione<br />
appaltante, non essendo consentito alle imprese<br />
concorrenti di acquisire l’affidamento in condizioni di<br />
palese diseconomia nel presupposto di compensare le<br />
proprie perdite mediante posizioni di vantaggio concomitantemente<br />
detenute per effetto di altri rapporti<br />
da esse aliunde intrattenuti.<br />
Ritenuto – altresì – di fissare sin d’ora la trattazione<br />
del merito di causa alla pubblica udienza del 5 novem-<br />
DECRETO 19.06.<strong>2009</strong> N. 639<br />
PRES. EST. VINCENZO A. BOREA<br />
ORDINANZA 02.07.<strong>2009</strong> N. 676<br />
EST. FULVIO ROCCO<br />
bre <strong>2009</strong> e di disporre il deposito agli atti di causa, da<br />
parte della Amministrazione, entro la data del 31 luglio<br />
<strong>2009</strong>, di copia conforme all’originale dell’offerta<br />
presentata dalla ricorrente e di tutta la documentazione<br />
posta a corredo della stessa.<br />
P.Q.M.<br />
Accoglie la domanda cautelare in epigrafe e fissa la<br />
trattazione del merito di causa alla pubblica udienza<br />
del 5 novembre <strong>2009</strong>.<br />
Ordina – altresì - alla Amministrazione di depositare<br />
agli atti di causa entro la data del 31 luglio <strong>2009</strong>, copia<br />
conforme all’originale dell’offerta presentata dalla<br />
ricorrente e di tutta la documentazione posta a corredo<br />
della stessa.<br />
I L C O m m e N t O<br />
Il secondo dei due provvedimenti annotati, pur nella<br />
brevità della sua motivazione propria dei provvedimenti<br />
cautelari del Giudice amministrativo, ha il merito<br />
di delineare alcuni precisi paletti cui ancorare la<br />
verifica dell’anomalia dell’offerta. Il sistema degli appalti,<br />
con particolare riguardo a quelli di lavori (che<br />
tuttavia hanno assunto da sempre una funzione paradigmatica<br />
per i servizi e le forniture), è passato in tema<br />
d’anomalia da un eccesso all’altro. Esaminando la<br />
storia dell’ultimo ventennio e tralasciando i tentativi<br />
della fine degli anni 90 di giungere all’esclusione automatica<br />
dell’offerta presunta anonala quantomeno per<br />
gli appalti sotto soglia, è noto che prima del 2001 la verifica<br />
d’anomalia veniva compiuta soltanto sulla base<br />
delle giustificazioni preventive che le imprese partecipanti<br />
alla gara erano tenute a presentare unitamente<br />
all’offerta, senza così realizzare un vero e proprio contraddittorio<br />
con l’impresa presunta anomala (con il disappunto<br />
di una parte della giurisprudenza: Tar Sicilia,<br />
Catania, I sezione, 29 marzo 2001 n° 711; Tar Puglia,<br />
Lecce, 25 gennaio 2000 n° 439; Tar Calabria, Reggio, 31<br />
luglio 1999 n° 1023; Tar Lazio III, 13 marzo 1998 n° 613;<br />
Tar Piemonte II, 13 giugno 1997 n° 331).<br />
La sentenza della Corte di Giustizia del 27 novembre
2001 resa nelle cause riunite C-285/99 e C-286/99 ha<br />
chiarito che il giudizio di anomalia necessitava di un<br />
contraddittorio effettivo con l’impresa la cui offerta<br />
era sospettata d’anomalia e che detto contraddittorio<br />
doveva riguardare tutte le componenti dell’offerta.<br />
Le conclusioni della Corte di Giustizia sono state riprese<br />
dalla giurisprudenza nazionale (che in alcuni<br />
casi, le aveva preannunciate), applicate dalle singole<br />
Amministrazioni e trasfuse, da ultimo, negli articoli<br />
86, 87 e 88 del Codice dei Contratti pubblici, che si applicano<br />
agli appalti di lavori, servizi e forniture.<br />
La regola scritta dunque, vuole oggi che le offerte siano<br />
corredate, sin dalla presentazione, delle giustificazioni<br />
relative alle voci di prezzo che concorrono a formare<br />
l’importo complessivo posto a base di gara. Quando<br />
un’offerta appaia anormalmente bassa, la stazione appaltante<br />
richiede all’offerente le giustificazioni, eventualmente<br />
necessarie in aggiunta a quelle già presentate<br />
a corredo dell’offerta, ritenute pertinenti in merito<br />
agli elementi costitutivi dell’offerta medesima.<br />
Le giustificazioni possono riguardare, a titolo esemplificativo:<br />
a) l’economia del procedimento di costruzione,<br />
del processo di fabbricazione, del metodo di prestazione<br />
del servizio; b) le soluzioni tecniche adottate;<br />
c) le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui<br />
dispone l’offerente per eseguire i lavori, per fornire<br />
i prodotti, o per prestare i servizi; d) l’originalità del<br />
progetto, dei lavori, delle forniture, dei servizi offerti;[<br />
e) il rispetto delle norme vigenti in tema di sicurezza<br />
e condizioni di lavoro ] (lettera abrogata con art. 1,<br />
comma 909, lett. B, della legge 296/06); f) l’eventualità<br />
che l’offerente ottenga un aiuto di Stato; g) il costo del<br />
lavoro come determinato periodicamente in apposite<br />
tabelle dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali,<br />
sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione<br />
collettiva stipulata dai sindacati comparativamente<br />
più rappresentativi, delle norme in materia<br />
previdenziale e assistenziale, dei diversi settori merceologici<br />
e delle differenti aree territoriali; in mancanza<br />
di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro<br />
è determinato in relazione al contratto collettivo<br />
del settore merceologico più vicino a quello preso in<br />
considerazione. Non sono ammesse giustificazioni in<br />
relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili<br />
stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge<br />
Il sub procedimento di verifica dell’anomalia si svolge<br />
in tre distinti momenti: (i) la stazione appaltante, anche<br />
tramite apposita Commissione, assegna al concorrente<br />
ritenuto presunto anomalo un termine non inferiore<br />
a 10 giorni per presentare, per iscritto, le giustificazioni<br />
richieste; (ii) la stazione appaltante, esaminati<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
gli elementi costitutivi dell’offerta tenendo conto delle<br />
giustificazioni fornite, può chiedere per iscritto ulteriori<br />
chiarimenti, assegnando un termine non inferiore<br />
a 5 giorni lavorativi; (iii) prima di escludere l’offerta<br />
ritenuta eccessivamente bassa, la stazione appaltante<br />
convoca l’offerente con un anticipo non inferiore<br />
a 5 giorni lavorativi e lo invita ad indicare ogni elemento<br />
che ritenga utile (c.d. contraddittorio orale).<br />
All’esito di queste tre fasi, la Commissione conclude<br />
il sub procedimento di verifica di anomalia, con l’ammissione<br />
o l’esclusione dell’impresa verificata.<br />
Senonchè, venendo all’eccesso opposto cui sopra si è<br />
fatto cenno, la verifica d’anomalia tende oggi all’infinito.<br />
Assistiamo spesso ad un continuo botta e risposta<br />
tra stazione appaltante e impresa fuori dagli ambiti<br />
procedimentali dell’articolo 88 del Codice dei Contratti<br />
pubblici, ad una modifica degli elementi costituenti<br />
l’offerta economica, ad una allocazione dei costi<br />
diversa rispetto a quella originariamente enunciata,<br />
ad “una postuma trasmigrazione dei costi da una voce<br />
all’altra” (come ritiene il Consiglio di Stato, V sezione,<br />
12 marzo <strong>2009</strong> n°1451).<br />
Nel caso concreto è accaduto che nell’ambito d’una<br />
procedura ad evidenza pubblica indetta da una Pubblica<br />
Amministrazione veronese per l’affidamento<br />
dell’appalto del servizio di pulizia, secondo il criterio<br />
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’offerta<br />
dell’impresa prima classificata è stata sottoposta a<br />
verifica d’anomalia.<br />
Detta verifica, nonostante i penetranti sospetti di anomalia<br />
prospettati a più riprese dalla Commissione di<br />
gara a ciò preposta, all’esito di un estenuante procedimento<br />
è stata ritenuta non anomala ed ha conseguito<br />
l’aggiudicazione del servizio.<br />
Il giudizio di non anomalia si è in sostanza fondato sulla<br />
circostanza che l’impresa aggiudicataria, nel corso<br />
del procedimento di anomalia, avesse sostenuto di godere<br />
di un tasso di assenteismo del proprio personale<br />
più favorevole rispetto a quello medio indicato nelle<br />
tabelle ministeriali relative al costo del lavoro. Ciò le<br />
avrebbe consentito di risparmiare sul costo complessivo<br />
del personale e conseguentemente di coprire con<br />
detta riserva (definita dall’impresa “utile nascosto”)<br />
gli altri costi che la stazione appaltante non aveva ritenuto<br />
pienamente giustificati.<br />
Avverso il provvedimento di aggiudicazione e gli atti<br />
del sub procedimento di verifica, è insorta con ricorso<br />
al Tar Veneto la seconda classificata, la quale ha censurato<br />
– sotto svariati profili – l’illegittimità del giudizio<br />
di non anomalia espresso dalla stazione appaltante.<br />
15
16<br />
Il mIo CAnto lIbero<br />
La ricorrente, per evitare che nelle more della fissazione<br />
della camera di consiglio - nella quale il Collegio<br />
avrebbe dovuto decidere dell’istanza di sospensione<br />
dei provvedimenti impugnati - l’Amministrazione e<br />
l’aggiudicataria stipulassero il contratto (precludendole<br />
così sia l’accesso alla tutela cautelare, sia – successivamente<br />
– l’accesso alla tutela in forma specifica,<br />
in considerazione della posizione, ora univoca, assunta<br />
dalla Cassazione e dal Consiglio di Stato in ordine al<br />
rapporto tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte<br />
del contratto ed ai limiti che incontra sul punto la giurisdizione<br />
del giudice amministrativo; cfr. sul punto<br />
Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 23 aprile<br />
2008 n. 10443 e Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria,<br />
sentenza 30 luglio 2008 n. 9), ha chiesto al Presidente<br />
del Tribunale di adottare la misura cautelare mediante<br />
decreto, ai sensi dell’articolo ai sensi dell’articolo 3<br />
della legge 21 luglio 2000, n. 205.<br />
Il Tribunale amministrativo, in accoglimento della predetta<br />
istanza, con il decreto sopra riportato<br />
ha sospeso immediatamente l’aggiudicazione, ritenendo<br />
che un breve arresto della procedura in attesa<br />
di un più attento esame della complessa fattispecie<br />
da parte del collegio prima della sottoscrizione<br />
del contratto d’un canto, valesse a mantenere intatte<br />
le garanzie di tutela giurisdizionale della ricorrente.<br />
E d’altro canto, non determinasse alcun pregiudizio<br />
all’interesse pubblico, essendo libera l’Ammini-<br />
strazione di assicurare comunque, il servizio in via<br />
interinale.<br />
Il Tribunale, successivamente, all’esito della camera<br />
di consiglio fissata per la conferma della predetta misura<br />
cautelare, ha accolto la domanda di sospensione,<br />
ritenendo per un primo aspetto, che il più favorevole<br />
tasso di assenteismo rispetto alla tabelle ministeriali<br />
asseritamente goduto dall’impresa non fosse idoneo<br />
a giustificare l’offerta presentata e, per un secondo<br />
aspetto, che la verifica dell’anomalia dell’offerta<br />
dovesse avvenire avendo riguardo alle concrete condizioni<br />
di mercato che contraddistinguono le prestazioni<br />
rese oggetto di gara da parte della stazione appaltante,<br />
non essendo consentito alle imprese concorrenti<br />
di acquisire l’affidamento in condizioni di palese diseconomia<br />
nel presupposto di compensare le proprie<br />
perdite mediante posizioni di vantaggio concomitantemente<br />
detenute per effetto di altri rapporti da esse<br />
aliunde intrattenuti.<br />
La successiva fase di merito e la assai probabile fase<br />
d’appello ci diranno se i provvedimenti annotati rappresentino<br />
o meno l’inizio di un percorso giurisprudenziale<br />
che tenda a dare equilibrio al sub procedimento<br />
di verifica dell’anomalia, affinchè lo stesso riesca nell’obiettivo<br />
minimo di tutelare ad un tempo il concorrente<br />
presunto anomalo, ma anche chi non lo è affatto.<br />
Daniele Maccarrone
il primo numero di Zirichiltaggia apre su Peppe di Furia,<br />
per gentile concessione del suo autore, il collega Tommaso Milella<br />
zIrIChIltAggIA<br />
Tommaso Milella, classe 1965, avvocato, è autore di numerosi fumetti di cui cura testi e disegni.<br />
Inizia a pubblicare nel 1991 sulle pagine della rivista “Frigidaire” con i personaggi di “The Washer” e “Il<br />
Tenente O’Hara”; su “mondo Mongo” con “Don Vincenzo” e “James Tont”; prosegue su “Made in USA”, su<br />
“Star Magazine”, “Cyborg”, “Mongolfiera”, “Isaac Azimov Science Fiction Magazine”, “Comic”, “P.E.P.”, “Italia<br />
XXII Secolo”, “Totem”, “Tomb Raider Magazine”.<br />
Numerose le mostre (personali ed antologiche) che hanno esposto i suoi lavori in giro per l’Italia: “Eroi in celluloide”<br />
(Bologna), “Rassegna del Fumetto e del Fantastico” (Prato), “Progetto Con-Tatto” (itinerante), “Zip!<br />
Zoing! Tud! Boing!.<br />
Nel 2001 crea l’“Avvocato Peppe di Furia”, personaggio le cui avventure a fumetti vengono pubblicate sul sito<br />
web dell’associazione degli avvocati e praticanti di Acquaviva delle Fonti e Cassano delle Murge.<br />
17
18<br />
QuAndo<br />
ImItazIonI<br />
ovverosia<br />
«Fernet BranchIa»<br />
Come appare dal titolo e dal sottotitolo, quanto sto<br />
per scrivere può farsi rientrare, con un po’ di buona<br />
volontà, nel c.d. diritto industriale. Mi spiego meglio,<br />
prendendola un po’ alla larga:<br />
allorché si fondò questa nostra Trimestrale, ritenni opportuno<br />
– contro il parere di molti – dar vita a quella<br />
rubricella che va sotto il nome di «Cose lette». Naturalmente<br />
non avevo scoperto l’America, ché non ero<br />
stato davvero il primo a cercare spunti giuridici in<br />
opere letterarie; ma, se non erro, il modo della presentazione<br />
era nuovo. Non già ampie raccolte, bensì piccoli<br />
squarci, spesso soltanto poche righe che parlavano<br />
da sole. L’opera mia consisteva, oltre che nella selezione,<br />
negli accostamenti, nei rapidissimi commenti,<br />
nella scelta dei titoli… dei titoli che spesso parlavano<br />
più dei commenti stessi. E poi, ogni tanto – anzi,<br />
molto spesso – un pizzico di sale e pepe, un po’ di ginger,<br />
un po’ di quella verve, che è come il coraggio secondo<br />
il nostro don Abbondio: chi non ce l’ha, non se<br />
la può dare.<br />
Credo proprio di non sbagliare quando scrivo che la<br />
rubrica ha avuto molto successo, confermando le mie<br />
previsioni. Io ho sempre sostenuto che uno studioso serio<br />
può permettersi il lusso di ridere e di fare ridere;<br />
che coloro i quali rifuggono dalla gaiezza e temono di<br />
passar per buffoni sono, generalmente, proprio i buffoni<br />
autentici: quelli la cui opera c.d. scientifica susciterebbe<br />
ilarità se, invece, non movesse a compassione.<br />
Appunto perché sono sicuro (sono sicuro io e sono sicuri<br />
gli altri) della mia fondamentale e assoluta serietà,<br />
non rifuggo dalla battuta scherzosa; e non ho esitato<br />
e non esito a inserire in questa rivista – che più seria<br />
di così non potrebbe essere (ed è seria senz’esse-<br />
walter bigiavi<br />
Scritti quasi-giuridici in onore<br />
di me stesso compiendosi<br />
il mio cinquantesimo anno<br />
re pesante) – anche le «Cose lette», che poi – come ho<br />
spiegato altra volta – hanno una loro piccola filosofia.<br />
Insomma i pessimisti hanno avuto torto; e hanno avuto<br />
torto anche quando dicevano che la rubrica sarebbe<br />
morta prestissimo per esaurimento (giacché io non sarei<br />
stato capace di reggerla a lungo). Invece le cose sono<br />
andate ben diversamente: da sette anni ogni fascicolo<br />
della Trimestrale (con l’eccezione di uno solo, se<br />
non erro) termina con le «Cose lette», che continuano<br />
ad incontrare il favore del pubblico.<br />
* * *<br />
Era naturale che qualcuno cercasse di imitarmi, sottovalutando<br />
forse le molte difficoltà della rubrica. Infatti<br />
essa presuppone, in chi la regge, molte, moltissime<br />
letture – recenti e remote; essa non può esaurirsi in<br />
una semplice raccolta, perché riesce ad interessare solo<br />
in quanto le pillole giuridiche da cui è formata vengono<br />
presentate e propinate in una certa maniera. Almeno<br />
da questo ultimo punto di vista non direi che le<br />
imitazioni siano state felici (è la solita storia della verve,<br />
che chi non ce l’ha non se la può dare); e non direi<br />
nemmeno che le letture da altri messe a partito siano<br />
sufficienti o adatte per alimentare una rubrica del genere.<br />
Prova ne sia il fatto che qualcuno, dopo aver tentato,<br />
ha smesso o ha dovuto smettere assai presto.<br />
* * *<br />
Questo qualcuno è il mio buon amico Remo Franceschelli,<br />
oggi ord. di diritto ind. nll’Università di Milano;<br />
al tempo in cui avvenne l’episodio che sto per riferire,<br />
ord. di dir. comm. nell’Università di Parma.<br />
Franceschelli è davvero una brava persona ed io – mi<br />
creda o non creda, poco importa – gli sono legato da<br />
sincero affetto; ma, ciò premesso, devo pur dire che è<br />
difficile trovar uomo più ombroso di lui. Il lettore giudicherà:<br />
allorché, nel 1952, Remo Franceschelli decise
di fondare quella Rivista di diritto industriale, che egli<br />
– come direttore effettivo – tiene già assai bene quasi<br />
da solo, pensò di condirla con una rubrica intitolata<br />
«Intermezzo», che arieggiava le mie «Cose lette».<br />
L’imitazione saltava agli occhi, ed io mi permisi di rilevarla<br />
con parole di compiacimento nella Riv. trim., 1952,<br />
p. 1005. «(…..) Voglio scrivere che le ‘Cose lette’ figliano»,<br />
io dicevo in quel trafiletto. «Quale scandalo nel<br />
nostro timorato e pudibondo ambiente accademico, allorché,<br />
nell’ormai lontano 1947, diedi inizio a questa<br />
rubrica, leggera per i lettori, pesante per me! Ma poi,<br />
dalla Rivista del notariato alla nuovissima Rivista di<br />
diritto industriale (….), gli imitatori non sono mancati,<br />
e hanno preso il posto dei denigratori. Meglio così!<br />
QuAndo<br />
Quando c’è l’imitazione vuol dire che il modello è buono;<br />
e, per vero, la Trimestrale ha servito da modello o<br />
da calco a non so più quante riviste ormai, e non certo<br />
solo per le Cose lette. Del che siamo lietissimi».<br />
Avevo detto forse qualcosa di male? A me par proprio<br />
di no: mi felicitavo, mi rallegravo d’essere stato seguito,<br />
e nulla più.<br />
Ben diverso era stato invece l’apprezzamento dell’Asquini,<br />
che, annunciando la nascita della Rivista di<br />
diritto industriale, scriveva (in Riv. dir. comm., 1952, I,<br />
p. 340) che «le [sue] rubriche sono varie ed agili, anche<br />
se taluna, in concorrenza (di famiglia) con l’altra<br />
Rivista trimestrale di Giuffré, avrebbe potuto senza<br />
danno essere economizzata».<br />
19
20<br />
QuAndo<br />
Dunque è chiaro: anche se Asquini constatava l’imitazione;<br />
ma, mentre io la elogiavo, egli la criticava.<br />
(Una parentesi: la cosa si spiega facilmente. Asquini –<br />
uomo di ingegno elevatissimo, che avrebbe dato contributi<br />
preziosi alla nostra scienza se avesse avuto al<br />
suo attivo anziché il solo studio del trasporto, un po’<br />
di trasporto per lo studio – non può permettersi il lusso<br />
di scherzare appunto perché la sua scarsissima produzione<br />
scientifica non lo pone al riparo da un’eventuale<br />
ritorsione<br />
A me nessuno può dire: «Invece di scherzare, lavora».<br />
A lui si, invece; ed ecco perché Asquini, il quale non<br />
lavora … non scherza e non ama gli scherzi. Comunque,<br />
anche prescindendo da ciò, si può esclamare, con<br />
Antonio Baldini, Buoni incontri d’Italia [1935] [ne Il libro<br />
dei buoni incontri di guerra e di pace, Sansoni, Firenze,<br />
s.a., ma 1953, p. 441]: «che paura di divertirsi, alle<br />
volte hanno le persone serie!»).<br />
* * *<br />
Questi i precedenti: l’imitazione c’è e la constatano<br />
tutti (niente di male, s’intende). Io la elogio e me ne<br />
rallegro: Asquini la critica…. Ebbene il caro Franceschelli<br />
(Remo anche lui) ringrazia Asquini, gu tirc sa<br />
reverence, mentre si adonta e si adira per quel che<br />
avevo scritto io (cfr. Riv. dir. ind., 1952, I, pp. 286-8).<br />
Il mistero sarebbe proprio insolubile se non si risalisse<br />
ancor più addietro. Molti anni fa, recensendo sulla<br />
Giur. it., 1946, IV, c. 144, un libro, d’altronde pregevole,<br />
del mio amico Franceschelli (il quale nel 1940 mi era<br />
succeduto, con mio grande piacere, sulla cattedra parmense),<br />
avevo fatto osservare che per ben due volte<br />
egli aveva definito il diritto commerciale una «branchia»<br />
(anziché una «branca») del diritto privato. Naturalmente<br />
– poiché ho il torto di essere uno spirito<br />
caustico – su questo errore (che non era un errore di<br />
stampa) avevo ricamato qualche divertente variazione.<br />
Orbene il nostro caro Remo (perché Remo è), anziché<br />
incassare la bottarella e fare bonne mine à mauvais<br />
jeu, non me l’ha mia perdonata (da quando Franceschelli<br />
si occupa di diritto industriale io attendo ansioso<br />
che egli, fedele alle sue nobili tradizioni, parli<br />
non già di Fernet Branca, bensì di Fernet Branchia);<br />
ed ecco perché egli è saltato addosso a chi gli dedicava<br />
parole di compiacimento mentre ha scodinzolato –<br />
grande e grosso com’è – intorno ad Asquini piccirillo.<br />
Ma forse questa non è la sola ragione del risentimento.<br />
Forse il mio buon amico si è seccato perché, nominando<br />
la Rivista di diritto industriale, io ho fatto seguire<br />
alla menzione qualche puntino chiuso tra parentesi,<br />
così: (….).<br />
Che cosa mai volevano dire quei puntini? e, qualunque<br />
cosa volessero dire, era mai possibile far la polemica<br />
per … dei puntini? Ecco perché F. è esploso, dimostrandosi,<br />
ancora una volta, polemista scarsamente<br />
dotato: perché la prima arte del polemista – lo dico e<br />
lo ripeterò – consiste nel sapere scegliere bene il terreno<br />
della disputa.<br />
Comunque, desidero tranquillizzare il mio buon collega:<br />
quei puntini non vogliono affatto significare che «la Rivista<br />
di diritto industriale è la rivista di chi si industria di<br />
salire su di una cattedra di diritto industriale» (e ce la<br />
fa). Ci vuol altro per conquistare una cattedra! Ci vuol<br />
molto di più (o molto di meno, a seconda dei punti di vista).<br />
Nel suo caso, Franceschelli è stato avvantaggiato<br />
non già dalla sua opera di cultore del diritto industriale<br />
e di fondatore della relativa rivista, bensì da una serie<br />
di coincidenze e di colpi di fortuna indiretti.<br />
Prima fortuna: Mario Ghidini, parmigiano, pubblica<br />
un pessimo libro con il quale vince un concorso di diritto<br />
commerciale. Seconda fortuna: sebbene il Cons.<br />
Sup. dell’Istr. pubbl. avesse proposto l’annullamento<br />
di quel concorso, il Ministro non accoglie la prposta<br />
dell’alto consenso e approva gli atti del concorso. Terza<br />
fortuna: Ghidini desidera sistemarsi a Parma e questo<br />
suo desiderio è condiviso da altri (da chi? da chi?).<br />
Così Franceschelli ottiene il desiato (e, a mio parere,<br />
meritato) trasferimento (promoveatur ut amoveatur);<br />
ma, nonostante tutti i suoi meriti e nonostante la rivista<br />
(del cui comitato direttivo faceva parte, opportunamente,<br />
mezza facoltà giuridica milanese), io non<br />
so davvero se il mio amico sarebbe riuscito nell’intento<br />
che egli perseguiva da anni, se non ci fossero stati<br />
quei colpi di fortuna e quelle coincidenze. Così va l’Università,<br />
bimbo mio!<br />
* * *<br />
E adesso la botta finale: per mettere in ridicolo me,<br />
che avevo parlato di imitazioni, Franceschelli credette<br />
di far bene riproducendo la testata de «La settimana<br />
enigmistica», il giornale che vanta ben 172 tentativi<br />
d’imitazione.<br />
Povero Remo! Tu credevi e magari credi ancora di aver<br />
avuto un’alzata d’ingegno. Ma come non ha pensato<br />
che, se tu dai al lettore una testata, qualcuno potrebbe<br />
farti rilevare che si tratta invece di una … zuccata!<br />
Senza rancore… e buona fortuna, nell’Università e<br />
fuori di lì.<br />
Walter Bigiavi<br />
Scritti quasi-giuridici in onore di me stesso compiendosi<br />
il mio cinquantesimo anno in Riv. trim. 1954 186
Partendo, da un lato, dal dato normativo della illiceità<br />
del patto commissorio – meglio: della nullità per illiceità<br />
della causa del contratto che integri un patto commissorio<br />
- e, dall’altro, dal dato normativo della generale<br />
liceità della vendita con patto di riscatto e con riserva<br />
di proprietà, il quesito che ora si pone – in estrema<br />
sintesi – è se sia lecita – e, se del caso: entro quali<br />
limiti – la c.d. vendita a scopo di garanzia (ovvero: sino<br />
a che punto sia, se del caso, lecito altro contratto, tipico<br />
o atipico, a quest’ultima direttamente o indirettamente<br />
assimilabile per presupposti ed effetti).<br />
Ebbene. Il patto commissorio - come noto – espressamente<br />
vieta tutte le pattuizioni (cfr. in questo senso,<br />
anche l’art. 11 d.p.c.c.) in forza delle quali, in caso di<br />
inadempimento del credito garantito, espressamente<br />
si convenga tra le parti che la cosa data in pegno o in<br />
ipoteca passi automaticamente in proprietà del creditore<br />
(art. 2744 c.c.). Il principio espresso da questa<br />
disposizione, tutt’altro che isolato, è poi ribadito dall’art.<br />
1963 c.c. che - come pure noto - prevede il divieto<br />
del patto che sancisca, in caso di inadempimento di un<br />
debito, il passaggio della proprietà dell’immobile del<br />
debitore, o del terzo, al creditore quando tale immobile<br />
sia stato consegnato affinché il creditore ne percepisca<br />
i frutti imputandoli agli interessi e al capitale<br />
(c.d. patto di anticresi).<br />
Secondo l’impostazione più risalente, ratio del divieto<br />
di patto commissorio sarebbe quella di tutelare l’interesse<br />
di quella che, tradizionalmente, viene considerata<br />
la parte debole del rapporto contrattuale; e vale a<br />
dire: il debitore cedente. Più precisamente, scopo della<br />
norma in parola sarebbe quello di evitare che il de-<br />
giovanni aquaro<br />
Vendita a scopo di garanzia,<br />
patto di riscatto e divieto<br />
di patto commissorio<br />
nIente dA CAPIre<br />
Ovvero, brevi note a margine d’un (tormentato) ménage à trois<br />
pericolosamente in bilico tra tutela del debitore e tutela dei creditori<br />
bitore, che spesso si trova in una condizione di sudditanza<br />
psicologica nei confronti del creditore, finisca<br />
per accettare supinamente il trasferimento in capo a<br />
quest’ultimo della proprietà del bene ipotecato o dato<br />
in pegno per il caso in cui si verifichi il mancato adempimento<br />
del debito (cfr. per tutti, C.M. Bianca, in Nov.<br />
Dig. It., Passim).<br />
A tale ricostruzione si deve tuttavia obiettare che, stando<br />
così le cose, il patto commissorio dovrebbe essere lecito<br />
in tutti i casi in cui la costituzione della garanzia<br />
reale fosse precedente al sorgere del debito, non essendo<br />
in tale evenienza virtualmente possibile alcuna forma<br />
di approfittamento, da parte del creditore, dello stato<br />
di sudditanza psicologica del debitore. Con l’ulteriore,<br />
inevitabile conseguenza che, così ragionando, la ratio<br />
poc’anzi prospettata finirebbe per essere in chiaro<br />
contrasto con il dettato della stessa norma la quale, al<br />
contrario, prevede sempre ed in ogni caso la nullità del<br />
patto, senza peraltro concedere alcun distinguo in ordine<br />
al momento della stipula dello stesso. E non solo.<br />
Se si ritenesse che ratio del divieto sia la (sola) tutela<br />
del debitore cedente il bene in garanzia, si dovrebbe<br />
pure giungere a dover ritenere nulla sia la vendita<br />
con patto di riscatto o di retrovendita (artt. 1500<br />
ss. c.c.) sia la vendita con riserva di proprietà (artt.<br />
1523 ss. c.c.) - entrambi modelli contrattuali (leciti ed)<br />
espressamente previsti dal codice - tutte le volte in cui<br />
il cedente si rivelasse essere (comunque) debitore dell’acquirente:<br />
e, questo, per la semplice ragione che anche<br />
in tali casi si potrebbe verificare una forma di approfittamento<br />
da parte del creditore cessionario, che<br />
verrebbe automaticamente ad appropriarsi della cosa<br />
venduta in caso di inadempimento del cedente.<br />
21
22<br />
nIente dA CAPIre<br />
E se così è, partendo da questo primo ordine di considerazioni<br />
– che, cioè, il patto commissorio è (sempre)<br />
illecito e (sempre) leciti sono invece due istituti<br />
come la vendita con patto di riscatto e con riserva di<br />
proprietà, anche quando vi sia un rapporto di debito<br />
tra le parti e questo possa comportare, in caso di inadempimento,<br />
che la cosa che costituisce oggetto di tali<br />
pattuizioni passi in proprietà al creditore – si dovrà<br />
allora indagare su quale sia (per esclusione) la vera (e<br />
differente) ratio del divieto. Ché – per quanto detto -<br />
non può certo essere la (sola) tutela del singolo debitore<br />
cedente.<br />
E la risposta al quesito, così impostato, parrebbe allora<br />
essere - in estrema sintesi - la seguente: che, in vero,<br />
la ratio del divieto di patto commissorio sia quella di<br />
tutelare la par condicio creditorum (art. 2740 c.c.) dal<br />
momento che solo il patto commissorio – e non invece<br />
la vendita con patto di riscatto o con riserva di proprietà<br />
– sarebbe di per se stesso in grado di contravvenire<br />
a tale generale, e inderogabile, principio. Ed infatti:<br />
solo nel caso di patto commissorio (cfr. a riprova<br />
l’art. 2911 c.c.) si potrebbe verificare il cumulo della<br />
garanzia generica ex art. 2740 c.c. con quella specifica<br />
derivante dalla vendita, dal momento che nulla impedirebbe<br />
al creditore, già fortemente tutelato, di aggredire,<br />
dopo essersi appropriato della res, il restante patrimonio<br />
del debitore (così, L. Barbiera, in La responsabilità<br />
patrimoniale, CS, 1991, p. 206-269); al contrario,<br />
in caso di vendita con patto di riscatto o con riserva<br />
di proprietà, in caso di inadempimento, il creditore<br />
cessionario diverrebbe esclusivamente proprietario<br />
del bene oggetto di contratto, nulla potendo pretendere<br />
ex art. 2740 c.c. (e salvo la considerazione del differente<br />
profilo rappresentato dai casi di c.d. patto marciano;<br />
cfr. Cass. 736/1977 e, ancora, L. Barbiera, cit.).<br />
Secondo l’impostazione in esame, pertanto, la validità<br />
delle alienazioni c.d. in garanzia non dovrebbe essere<br />
esclusa in principio sulla (sola) base di quanto disposto<br />
dell’art. 2744 c.c., se del caso anche attraverso il richiamo<br />
dell’art. 1344 c.c.: essa, al contrario, potrebbe<br />
ritenersi perfettamente lecita nei (limitati) casi in cui<br />
dall’accordo di vendita venisse espressamente esclusa<br />
la possibilità di cumulare la garanzia specifica, che la<br />
vendita stessa rappresenta, con quella generale, prevista<br />
dall’art. 2740 c.c. (cfr. Cass. 736/1977 e 13708/1999).<br />
In altre parole: seguendo l’impostazione ora delineata,<br />
parrebbe essere valida la vendita sottoposta a condizione<br />
risolutiva (semplice) nella quale si prevedesse<br />
che, in caso di inadempimento, la garanzia sia rappresentata<br />
dal solo bene (di valore pari a quanto corrisposto:<br />
cfr., infatti, l’ulteriore divieto di patto c.d. marciano)<br />
con esclusione di qualsiasi altra pretesa risarcitoria,<br />
a diverso titolo, sui beni del debitore cedente<br />
(che rimarrebbero, quindi, nella piena disponibilità<br />
dei creditori terzi).<br />
Ed in quest’ottica, non pare superfluo ricordare che,<br />
in giurisprudenza, è stato ritenuto valido lo strumento<br />
del mandato irrevocabile a vendere un bene conferito<br />
al creditore a garanzia dell’adempimento dell’obbligazione,<br />
così come, anche (e seppure con ulteriori<br />
precisazioni), è stato ritenuto perfettamente valido il<br />
contratto di lease and lease back (Cass. 4095/1998). Ed<br />
infatti, con particolare riferimento al mandato, la giurisprudenza<br />
ha coerentemente ritenuto di escludere<br />
l’applicabilità dell’art. 2744 c.c. ogni qual volta lo stesso<br />
abbia lo specifico scopo di soddisfare, con quanto ricavato<br />
dalla vendita, i creditori in genere del debitore<br />
(Cass. 13708/1999).<br />
Giovanni Aquaro - Vicenza
Sosteneva Bigiavi, con buone ragioni, che: “L’importanza<br />
dell’esperienza forense per gli studi è grande, ma<br />
non va esagerata” 1 .<br />
Affermazione su cui concordiamo, ma che ci piace sottoporre<br />
al vaglio di un’analisi critica, per capire se però<br />
la pratica forense consenta una miglior comprensione<br />
delle tendenze giurisprudenziali applicative ed<br />
interpretative di norme cruciali nell’amministrazione<br />
della giustizia.<br />
Prendiamo questa volta spunto dall’esame di tre provvedimenti<br />
inediti, resi ai sensi dell’art. 283 cpc, nei<br />
quali si è disposta la sospensione dell’esecuzione della<br />
sentenza impugnata. In due casi senza cauzione, in<br />
un caso imponendo una cauzione inferiore a quella offerta<br />
da parte appellante.<br />
Afferma la Corte di Appello di Milano (20 gennaio<br />
<strong>2009</strong> Presidente Patrone, Estensore Filippo Lamanna):<br />
“Ritenuto che non si rinvenga, nella specie, alcuna<br />
abnormità o incongruità palese dell’impugnata sentenza<br />
risultante “prima facie”, ma che, alla stregua delle circostanze<br />
del caso e del contenuto della pronuncia condannatoria,<br />
effettivamente emerga la serietà del rischio derivante<br />
da un’immediata esecuzione del provvedimento,<br />
che – portando condanna per un assai rilevante importo<br />
(Euro 413.165,53 oltre ad interessi) – inciderebbe verosimilmente<br />
in senso assai negativo e pregiudizievole sulle<br />
condizioni economiche degli appellanti di talchè, nella<br />
valutazione comparativa tra l’interesse dell’appellato<br />
ed un’immediata esecuzione, il cui pregiudizio grave (difficilmente<br />
emendabile) che potrebbero subire gli appellati<br />
per effetto di una provvisoria esecutorietà della pronuncia,<br />
debba darsi comunque prevalente rilievo e tutela<br />
a quest’ultima”.<br />
In una seconda decisione, la stessa Corte di Appello<br />
(8.1.<strong>2009</strong>, Presidente di Leo, Est. Roggero) ha ritenuto<br />
sussistere “gravi ragioni” insite nella peculiarità della<br />
fattispecie.<br />
lamberto lambertini<br />
sIAmo solo noI<br />
L’insostenibile pesantezza<br />
della clausola di esecutorietà provvisoria<br />
delle sentenze di primo grado<br />
Dovendo infatti decidere sulla provvisoria esecutorietà<br />
di una sentenza di primo grado emessa a favore di<br />
un fallimento, che chiedeva di revocarsi i pagamenti<br />
effettuati ad una società di trasporti, l’esecutorietà<br />
non veniva concessa, in considerazione del particolare<br />
momento economico e, più precisamente del fatto che<br />
il prezzo dei carburanti aveva determinato gravi danni<br />
alle società operanti trasporto su gomma. Di talchè<br />
l’esecuzione provvisoria avrebbe inciso sulla capacità<br />
economica del soccombente e sulla sua solvibilità.<br />
Infine, la Corte di Appello di Venezia, chiamata a decidere<br />
sulla nullità di un lodo, reso in materia societaria,<br />
disponeva, con provvedimento del 4 ottobre 2008<br />
(Presidente Greco, Relatore Bazzo) la sospensione della<br />
provvisoria esecutorietà affermando: “Considerata<br />
la rilevante entità dell’obbligazione riconosciuta dal lodo<br />
a carico della società istante (e totalmente contestata<br />
nell’an, oltre che nel quantum) tale da comportare, ove<br />
la condanna fosse di tale portata e immediata esecuzione,<br />
un gravissimo pregiudizio per lo stesso equilibrio economico<br />
dell’impresa ed opportunamente ponderati i contrapposti<br />
interessi, sono ravvisabili gravi motivi per disporre<br />
la sospensione, la quale tuttavia deve esser condizionata<br />
a congrua fideiussione bancari (da fissarsi in Euro<br />
3 milioni…)”.<br />
Le diverse pronunce sembrano tutte basarsi sulla “possibilità<br />
di insolvenza di una delle parti” (come prescritto<br />
dall’art. 283 cpc), ma in realtà manifestano anche<br />
una certa insofferenza per l’esecuzione generalizzata<br />
della sentenza di primo grado.<br />
Infatti, la Corte veneziana opera un bilanciamento dei<br />
diversi interessi, facendo prevalere lo squilibrio economico<br />
della società ricorrente, dimenticandosi però<br />
che quello squilibrio è insito nella legge. Quando gli<br />
art. 2437 e segg. c.c. regolano il recesso del socio, imponendo<br />
alla società di offrire l’acquisto delle quote<br />
23
24<br />
sIAmo solo noI<br />
del receduto agli altri soci (circostanza nel caso di specie<br />
non integrata) o a terzi dispongono poi la liquidazione<br />
della società ove non vi siano i mezzi per compensare<br />
il socio receduto.<br />
Dunque l’esecuzione del lodo avrebbe inciso sulla società,<br />
determinandone la liquidazione, che non sembra<br />
costituire “un gravissimo pregiudizio”, ma la conseguenza<br />
dell’inesperienza nel governo di quella società<br />
da parte dei suoi amministratori.<br />
In sostanza la Corte di Venezia vuole rifare il processo<br />
di primo grado, per accertare se effettivamente il diritto<br />
di recesso determini la liquidazione della società<br />
appellante, non sopportando che tale giudizio sia operato<br />
soltanto da un Collegio arbitrale, per quanto prestigioso<br />
(Presidente P. Rescigno, arbitri G. De Nova e<br />
R. Costi), ma pur sempre giudice di primo grado e per<br />
di più giudice non togato.<br />
Così il provvedimento della Corte ambrosiana dell’8<br />
gennaio fonda i gravi motivi su di un elemento economico<br />
esterno, incontrovertibile come l’aumento del<br />
prezzo del carburante, nella sua incidenza, sul costo<br />
per la società di trasporti.<br />
Ma anche qui non sembra essere in gioco la “possibilità<br />
di insolvenza di una delle parti”.<br />
Infine, il provvedimento della Corte milanese del 20<br />
gennaio non concede all’appellante alcuna speranza<br />
di revisione della sentenza di primo grado, ma gli regala<br />
qualche anno per ritardare il pagamento.<br />
Dunque la norma di cui all’art. 283 c.p.c. 2 sembra mal<br />
tollerato, come se il Giudice di Appello provasse fastidio<br />
a celebrare un procedimento, i cui effetti si stanno<br />
già producendo all’esito della decisione di primo<br />
grado.<br />
Evidentemente questa tendenza non è teorizzata, né<br />
tantomeno dichiarata tutte le volte in cui si procede<br />
alla sospensione della provvisoria esecutorietà di una<br />
sentenza di primo grado.<br />
Ma sembra essere però un filo conduttore che unisce<br />
diversi provvedimenti di sospensione che non sembrano<br />
trovare diversa motivazione.<br />
In realtà, i commentatori della norma insistono molto<br />
sul fatto che i motivi a favore della sospensione devono<br />
essere talmente gravi da invertire il generalizzato<br />
favore del legislatore per il giudice di prime cure.<br />
Chiunque abbia approfondito la materia (Consolo 3 ,<br />
Luiso, Converso, Monteleone, Tarzia, Arieta) ritiene<br />
che l’inibitoria sia atteggi quale strumento cautelare<br />
volto a rovesciare solo eccezionalmente il regime ordinario<br />
di esecutività proprio della prima sentenza.<br />
NOTE<br />
1. Walter Bigiavi, “Scritti quasi–giuridici in onore di me<br />
stesso compiendosi il mio 50° anno”, Rivista trimestrale<br />
di diritto procedura civile, 1955, 190. Il pezzo merita<br />
di essere letto per esteso, come merita una lettura<br />
l’intero articolo: “L’importanza dell’esperienza forense<br />
per gli studi è grande, ma non va esagerata. Essa non<br />
potrebbe mai sostituire l’esperienza che più conta pel teorico:<br />
l’esperienza delle questioni e delle dottrine scientifiche.<br />
Già dissi come anche questa esperienza sia vita: vita<br />
dell’intelletto. Il lavoro dell’avvocato, per intenso che<br />
sia, non gli farà mai conoscere che una piccola parte delle<br />
possibili controversie.<br />
L’ampia diffusione oggi data alle decisioni giurisprudenziali<br />
consente un’esperienza più condensata che non<br />
sia quella del patrocinio, e non meno illuminante per la<br />
mente che sia perspicace e che sappia immedesimarsi nelle<br />
situazione in un vissuto.<br />
Certo la vita del foro sottrae agli studi dottrinali due elementi<br />
preziosi: tempo e serenità”.<br />
Ma, senza esagerare l’importanza dell’esperienza forense,<br />
secondo l’insegnamento di Bigiavi, come pratici<br />
del diritto abbiamo l’impressione che sia in atto<br />
una vera e propria revisione silenziosa della riforma,<br />
per consentire al giudice di appello di vagliare di<br />
nuovo la fondatezza della decisione di primo grado,<br />
anche in ordine agli effetti che la stessa può nel frattempo<br />
produrre.<br />
Con il che probabilmente stiamo perdendo un ulteriore<br />
elemento che conferiva una qualche certezza al diritto,<br />
quando avesse ottenuto il primo riconoscimento<br />
giudiziale.<br />
2. La generalizzata esecutività per legge della sentenza<br />
di primo grado ha eliminato un elemento discrezionale,<br />
contemporaneamente togliendo al giudice di appello<br />
la facoltà di concedere la clausola di provvisoria<br />
esecutorietà negata o non pronunciata dal giudice che<br />
ha definito il primo grado di giudizio.<br />
La nuova norma introdotta con legge n. 163/05 prevede<br />
il vaglio sulla fondatezza dei gravi motivi che la<br />
legittimano; la valutazione della possibile insolvenza<br />
di una delle parti; l’eventuale concessione di una<br />
cauzione.<br />
3. In particolare si segnala C. Consolo, Le impugnazioni<br />
delle sentenze e dei lodi”, Cedam, 2008, che parla di un<br />
appello che deve essere “serio e minaccioso” pag. 169.<br />
Lamberto <strong>Lambertini</strong>
L’obiettivo di questo mio breve scritto mira a fornire<br />
all’operatore una breve riflessione sulla disciplina<br />
tedesca del contratto di agenzia paragonandola in alcuni<br />
aspetti importanti con la normativa italiana in<br />
materia.<br />
La prima legislazione al mondo ad occuparsi degli<br />
agenti di commercio è stata propria quella tedesca.<br />
Nel Codice del Commercio del 1897 si parlava di<br />
“Handlungsagenten”, ovverosia, di commercianti indipendenti<br />
con eguali diritti di fronte al preponente.<br />
Oggi la disciplina del contratto di agenzia in Germania,<br />
che coincide in gran parte con le disposizioni del<br />
codice civile italiano, è radicata nel Handelsgesetzbuch<br />
(codice del commercio tedesco, HGB) agli articoli<br />
84 – 92 lett. c).<br />
In base all’art. 84, comma 1 del HGB è “agente di commercio<br />
chi assume stabilmente l’incarico di promuovere<br />
affari per un altro imprenditore o di concluderli in<br />
suo nome quale operatore commerciale indipendente”.<br />
Il concetto di “indipendenza” è inteso dalla legge<br />
tedesca come una possibilità per l’agente di organizzare<br />
in modo libero la propria attività ed il proprio<br />
orario di lavoro.<br />
Questa è già una prima differenza tra le due normative<br />
visto che il legislatore italiano preferisce fornire<br />
una definizione del contratto di agenzia e non della figura<br />
dell’agente di commercio.<br />
In merito alla forma del contratto di agenzia la legge<br />
tedesca non richiede la forma scritta (art. 85 HGB). La<br />
prova dell’esistenza del contratto e del suo contenuto<br />
può essere fornita anche sulla base di comportamenti<br />
tenuti dalle parti durante in rapporto di agenzia anche<br />
se la forma scritta del contratto è sempre preferibile<br />
specialmente al momento della cessazione del<br />
rapporto contrattuale.<br />
massimo fontana ross<br />
La normativa tedesca<br />
sul Contratto di Agenzia<br />
brothers In Arms<br />
Il “Handelsvertretervertrag” secondo il Codice di Commercio Tedesco (HGB)<br />
Un altro aspetto che contraddistingue i due sistemi<br />
giuridici (italiano e tedesco) risiede nei poteri dell’agente.<br />
Per la legge tedesca, l’agente, in mancanza di<br />
limiti specifici, ha poteri di rappresentanza; ciò significa<br />
che l’agente tedesco ha il diritto di concludere affari<br />
per conto del preponente. L’agente viene considerato<br />
come una specie di procuratore. In Italia, per concludere<br />
affari all’agente deve essere conferito espresso<br />
mandato dal preponente.<br />
Per quanto riguarda la durata anche in Germania come<br />
in Italia il contratto di agenzia può essere concluso<br />
sia a tempo determinato che indeterminato (nel rapporto<br />
indeterminato devono essere rispettati i termini<br />
di preavviso di cui all’art. 89 HGB). L’art. 89 lett. a)<br />
HGB prevede inoltre la possibilità di risolvere il contratto<br />
di agenzia per giusta causa precisando che tale<br />
diritto non potrà in alcun modo essere escluso o limitato.<br />
Una differenza significativa è rappresentata dagli elementi<br />
della “zona” e della “clientela” che in Italia sono<br />
elementi naturali del contratto mentre in Germania<br />
sono considerati come elementi eventuali che necessitano<br />
pertanto di uno specifico accordo tra le parti.<br />
Occorre aggiungere che il sistema tedesco conosce<br />
la figura dell’”agente di zona” (che si differenzia dalla<br />
figura dell’agente semplice) il quale ha il compitoobbligo<br />
di seguire i clienti nell’ambito a lui assegnato<br />
dietro corresponsione di una provvigione per tutti gli<br />
affari conclusi nella zona, a prescindere dall’intervento<br />
dell’agente stesso.<br />
In Germania, a differenza dell’Italia (cfr. art. 1743 c.c.)<br />
non è previsto e disciplinato l’istituto dell’esclusiva.<br />
Per ovviare a questo problema è opportuno inserire<br />
nel contratto di agenzia una apposita clausola contrat-<br />
25
26<br />
brothers In Arms<br />
tuale (c.d. “patto di non concorrenza convenzionale” che<br />
ha forza solo in vigenza di rapporto e da non confondere<br />
con il patto di non concorrenza post-contrattuale<br />
introdotto in Germania nel 1998). In caso di violazione<br />
del predetto patto da parte dell’agente il preponente<br />
può intentare un’azione inibitoria per far cessare<br />
l’attività concorrenziale dell’agente, oppure, chiedere<br />
la risoluzione del contratto di agenzia per giusta<br />
causa, oppure, intentare un’azione di risarcimento<br />
dei danni, sia quelli subiti dall’opera di concorrenza,<br />
sia quelli subiti a causa della repentina risoluzione<br />
del contratto.<br />
Il diritto alla provvigione sorge quando il contratto<br />
viene eseguito (art. 87 lett. a) c. 1 HGB), ovverosia, se<br />
e nella misura in cui il terzo ha dato esecuzione all’affare.<br />
Nel codice tedesco è prevista inoltre la possibilità<br />
per l’agente di chiedere un “adeguato anticipo” (angemessener<br />
Vorschuss) all’atto di esecuzione dell’affare<br />
da parte del preponente. Il diritto diviene esigibile<br />
al più tardi entro l’ultimo giorno del mese successivo<br />
all’esecuzione.<br />
L’art. 87 lett. a) HGB statuisce, inoltre, che nell’ipotesi<br />
in cui il terzo non esegua la prestazione l’agente<br />
non abbia diritto alla provvigione con relativo obbligo<br />
di restituzione di quanto percepito. Infine, l’agente<br />
ha diritto alla provvigione anche nel caso in cui il<br />
preponente non esegua in tutto o in parte la prestazione<br />
o non la esegua come contrattualmente conclusa.<br />
L’agente ha diritto di esigere un estratto dei libri contabili<br />
e di avere tutte le informazioni necessarie per<br />
verificare l’importo delle provvigioni liquidate. Nel<br />
caso in cui all’agente venga negata la richiesta di esibizione<br />
dei libri contabili o vi siano forti dubbi sulla<br />
veridicità o completezza dei conteggi, questi può incaricare<br />
un proprio consulente (revisore) affinché esamini<br />
i libri contabili o altri documenti del preponente<br />
utili ai fini di una corretta determinazione e corresponsione<br />
delle provvigioni.<br />
L’aspetto giuridico più complesso, complicato e a causa<br />
del quale nasce la maggior parte del contenzioso<br />
in Germania (come del resto in Italia), è sicuramente<br />
l’indennità di cessazione del rapporto di agenzia.<br />
Nel diritto tedesco l’indennità di fine rapporto è disciplinata<br />
nell’art. 89 lett. b) del Codice di Commercio<br />
tedesco (Handelsgesetzbuch), dal quale, lo ricordiamo,<br />
ha trovato ispirazione l’art. 17, § 2 a) della Direttiva<br />
Comunitaria CEE 86/653. L’agente commerciale ha<br />
diritto, dopo la cessazione del rapporto contrattuale,<br />
ad una congrua indennità, se e nella misura in cui: 1)<br />
il preponente continua, anche dopo la cessazione del<br />
rapporto contrattuale, a trarre considerevoli vantaggi<br />
dai rapporti d’affari con nuovi clienti acquisiti dall’agente;<br />
2) l’agente, in seguito alla cessazione del rapporto<br />
contrattuale, perde pretese alla provvigione che<br />
egli invece avrebbe in caso di continuazione della relazione<br />
relativamente agli affari (Geschaefte) già conclusi<br />
oppure che verranno ad esistenza in futuro con<br />
clienti procurati dall’agente; 3) il pagamento dell’indennità<br />
sia equo in considerazione di tutte le circostanze<br />
del caso.<br />
Il criterio di equità, previsto anche nel nostro codice<br />
civile all’art. 1751, costituisce nel sistema tedesco un<br />
correttivo che serve per verificare se sia giustificato<br />
riconoscere all’agente l’intero importo risultante dall’applicazione<br />
dei criteri di cui sopra. Il criterio equitativo<br />
consente di correggere al ribasso il risultato matematico<br />
che deriva da un confronto tra i vantaggi per<br />
il preponente e gli svantaggi per l’agente. Una circostanza<br />
che può certamente concorrere a ridurre l’ammontare<br />
dell’indennità di fine rapporto spettante all’agente<br />
può essere ad esempio l’effetto marca; la notorietà<br />
di un marchio può influenzare in modo significativo<br />
la decisone all’acquisto. Altra circostanza potrebbe<br />
essere l’ingente attività pubblicitaria posta in<br />
essere dal preponente.<br />
Riassumendo si può quindi affermare che l’indennità<br />
è dovuta all’agente qualora (i) il rapporto contrattuale<br />
è cessato; (ii) il preponente continua a trarne vantaggio;<br />
(iii) l’agente ne subisce un danno perché perde<br />
provvigioni; (iv) il pagamento è equo.<br />
È opportuno rammentare che i predetti presupposti<br />
sono richiesti in via cumulativa, ovverosia, non sarà<br />
possibile riconoscere l’indennità all’agente nell’ipotesi<br />
in cui sussistono solo alcuni di essi.<br />
Per quanto riguarda i criteri di determinazione dell’indennità<br />
si può notare che anche il diritto tedesco<br />
non ha ritenuto opportuno indicare un preciso criterio<br />
di calcolo dell’indennità, limitandosi a stabilire che<br />
essa spetti “se e nella misura in cui” sussistono certi requisiti<br />
che vengono ad assumere anche il ruolo di criteri<br />
per determinare l’ammontare dell’indennità.<br />
Infine, vale la pena di ricordare che in Germania si segue<br />
un sistema di calcolo analitico (a differenza dell’Italia<br />
in cui si segue più un sistema di calcolo sintetico)<br />
che impone nella fase di determinazione dell’indennità<br />
di fine rapporto di riferirsi alle provvigioni<br />
dell’ultimo anno di contratto relative ai clienti sviluppati<br />
dall’agente.
In conclusione, sulla base delle osservazioni sopra<br />
esposte possiamo facilmente affermare che il contratto<br />
di agenzia in Germania coincide in gran parte con<br />
le disposizioni del codice civile italiano. Basti pensare<br />
che l’Italia si è ispirata e ha optato per il modello tedesco<br />
(e non francese) nella predisposizione del testo<br />
di legge in materia di agenzia.<br />
Però, nonostante questa “somiglianza giuridica” con<br />
brothers In Arms<br />
il nostro sistema bisogna comunque prestare molta attenzione<br />
quando si stipula un contratto di agenzia con<br />
un agente tedesco, dal momento che alcuni concetti<br />
e principi di diritto tedesco non sempre sono in linea<br />
con quelli del diritto italiano.<br />
Massimo Fontana Ross - Bolzano<br />
27
28<br />
brothers In Arms<br />
Quello che un tempo era al centro del sistema giuridico:<br />
le corti con i loro giudici ed i loro avvocati sembra<br />
la periferia, mentre la periferia: le imprese, i mercati<br />
ed i consulenti e tra questi le società di revisione, le<br />
banche d’affari ed i grandi studi legali internazionali,<br />
sono divenuti il centro della scena giuridica occidentale.<br />
La ragione di questa rivoluzione risiede nel successo<br />
economico delle imprese multinazionali e nel<br />
conseguente ruolo degli studi legali transnazionali.<br />
Essi, infatti, costituiscono lo strumento attraverso il<br />
quale le corporations possono operare a livello globale,<br />
volta a volta, esportando o imponendo i tipi contrattuali,<br />
i modelli di risoluzione delle controversie,<br />
gli strumenti societari, le strutture patrimoniali e le<br />
regole di gestione delle procedure concorsuali che meglio<br />
si attagliano alle loro esigenze.<br />
La pratica legale in Italia, invece, si è sempre basata<br />
su una conduzione di tipo familiare, piccoli uffici dove<br />
gli avvocati lavoravano in stretto rapporto con il cliente,<br />
padrone ed amico al medesimo tempo. Le fortune<br />
dell’avvocato sono spesso collegate a quelle imprenditoriali<br />
dei clienti di riferimento. È stato stimato (www.<br />
legal500.com) che, ancor oggi, il 97% degli studi italiani<br />
non conta più di tre soci 1 e che i professionisti che<br />
operano da soli continuano ad occupare una parte importante<br />
del panorama legale del nostro Paese.<br />
L’apertura ai mercati internazionali ha portato sempre<br />
più di frequente i legali italiani a doversi conformare<br />
agli standard internazionali. Vi è, purtroppo, più<br />
di una remora alla creazione di grandi studi, oltre a<br />
quella che Fukuyama chiamerebbe un’antropologica<br />
indisponibilità alla coordinazione in gruppi non basati<br />
su rapporti familiari. Si è assistito, così, ad un massiccio<br />
fenomeno di acquisizione dei grandi studi italiani<br />
o dei loro soci più importanti da parte di studi stranieri,<br />
si è verificato un fenomeno di take over di una gran<br />
parte dei professionisti più qualificati del settore.<br />
In virtù del ricorso a politiche non lungimiranti nella<br />
Alberto M. Musy<br />
L’avvocatura italiana<br />
nell’età della globalizzazione<br />
ripartizione degli utili di studio si osserva l’attitudine<br />
italiana alla scissione ogni volta che un socio ritiene di<br />
poter sottrarre per sé un cliente importante, opposta<br />
a quella anglo-americana di ripartire gli utili in modo<br />
più magnanimo e concorrere all’edificazione di studi<br />
con centinaia di avvocati ed in grado di fornire una copertura<br />
planetaria ai propri clienti 2 .<br />
Dal punto di vista del monopolio della conoscenza e<br />
delle prassi si potrebbe dire che, più che di globalizzazione<br />
della professione forense, si debba constatare la<br />
realizzazione di un oligopolio anglo-americano dei “livelli<br />
alti” della consulenza legale e della scientia juris.<br />
Il lavoro svolto dai grandi studi e dalle multinazionali<br />
per affermare la superiorità culturale e professionale<br />
delle proprie prassi ha determinato, nel tempo, l’implementazione<br />
di regole di governo societario, di finanza<br />
d’impresa e di gestione delle procedure concorsuali<br />
nuove, mettendo in crisi il monopolio culturale<br />
dell’élite dei professionisti locali su materie cruciali.<br />
A quest’ultimi, così, non rimane che il monopolio delle<br />
procedure giudiziali, ma paradossalmente in campo<br />
processuale, in Italia, si trovano ad essere vittime<br />
di una paralisi del sistema dovuta ad un eccessivo numero<br />
di legali non specializzati e poco preparati, per i<br />
quali la durata del processo ed il ricorso ad innumerevoli<br />
meccanismi dilatori è divenuto garanzia di sostentamento,<br />
ma la cui voce è ancora forte presso gli organismi<br />
di autogoverno dell’avvocatura.<br />
In realtà gli studi di media dimensione sarebbero i<br />
più adatti a fornire un prodotto di qualità alle piccole-medie<br />
imprese e costituirebbero i migliori interlocutori<br />
per gran parte del tessuto industriale nazionale.<br />
Le PMI a differenza delle multinazionali non sono<br />
così spesso alle prese con operazioni straordinarie<br />
(quotazioni in borsa, fusioni e acquisizioni, operazioni<br />
di leva finanziaria), hanno, al contrario, necessità<br />
di una costante e specializzata consulenza nella<br />
gestione ordinaria dell’attività di impresa (contrat-
ti commerciali, governance societaria, relazioni industriali).<br />
Uno studio di medie dimensioni (30-70 professionisti),<br />
specializzato in un singolo campo oppure organizzato<br />
in dipartimenti capaci di offrire un servizio specialistico<br />
e pronto ad accompagnare il cliente presso le<br />
realtà transnazionali quando sia il caso, può offrire alle<br />
PMI servizi legali che per flessibilità, personalizzazione<br />
e tariffe, saranno fortemente competitivi con le<br />
mega law firms.<br />
Confindustria attraverso le pagine del Sole 24 Ore,<br />
conduce una campagna a sostegno dell’idea che le<br />
professioni cosiddette liberali debbano essere a tutti i<br />
costi equiparate alle imprese, anche attraverso l’introduzione<br />
di soci di capitali nelle compagini associative;<br />
il Consiglio Nazionale Forense ed il professor Guido<br />
Alpa che lo governa, al contrario, difendono la ineluttabilità<br />
del sistema degli ordini professionali e la centralità<br />
della figura dell’avvocato nella battaglia per i<br />
diritti fondamentali, collegando a questi principi una<br />
difficilmente delimitabile esclusiva degli avvocati sulla<br />
consulenza legale.<br />
Entrambe le posizioni sembrano estreme: gli industriali<br />
dovrebbero osservare con maggiore attenzione<br />
alle sacche di protezionismo presenti nel tessuto nazionale<br />
delle imprese prima di farsi profeti dell’apertura<br />
al mercato delle professioni ad ogni costo senza<br />
curarsi dei problemi di conflitto d’interessi che essa<br />
potrebbe comportare; dal canto loro le professioni e<br />
le associazioni che le governano dovrebbero rendersi<br />
conto che difficilmente si impedisce l’affermazione<br />
di assetti istituzionali più competitivi 3 e che resister-<br />
brothers In Arms<br />
vi ciecamente porta più facilmente al rallentamento<br />
dell’evoluzione e dell’affermazione degli studi italiani<br />
piuttosto che alla loro sopravvivenza.<br />
La sindrome dei “barbari alle porte” così come quella<br />
dell’“è tutto da rifare” hanno senso solo per coloro<br />
che sono rimasti ancorati a una visione datata del ruolo<br />
svolto dagli avvocati.<br />
Oggi l’avvocato ha assunto nuovi ruoli accanto a quelli<br />
tradizionali: in particolare nella produzione delle regole<br />
giuridiche che interessano l’economia. Il chapter<br />
11 della legge fallimentare americana - complesso di<br />
norme per il recupero dell’impresa in crisi, che è stato<br />
importato da moltissimi paesi, Italia inclusa - è il risultato<br />
dell’attività di un settore dell’avvocatura americana.<br />
Per questo la colonizzazione del mercato legale<br />
italiano non è solo un problema di mercato delle<br />
professioni, ma anche di sviluppo del nostro sistema<br />
giuridico.<br />
NOTE<br />
1. I dati sono tratti dal sito www.legal500.com si veda<br />
anche A. M. MUSY, La comparazione giuridica nell’età<br />
della globalizzazione. Riflessioni metodologiche e dati<br />
empirici sulla circolazione del modello nordamericano in<br />
Italia, Milano, 2004, p. 43.<br />
2. Su tali temi cfr. S. M. LINOWITZ – M. MAYER, The<br />
Betrayed Profession: Lawyering at the End of the Twentieth<br />
Century (Johns Hopkins University Press, 1996).<br />
3. Il termine “istituzionali” è utilizzato nell’accezione<br />
di D. C. NORTH, Institutions, Institutional change and<br />
economic performance, Cambridge, 1990.<br />
Alberto M. Musy - Torino<br />
29
30<br />
unA CIttà Per CAntAre<br />
In tempo di crisi ognuno deve fare la sua parte. E se lo<br />
Stato non ha i soldi ci deve pensare qualche parente<br />
prossimo meglio dotato finanziariamente. Questo devono<br />
avere pensato al Ministero dell’Economia quando<br />
hanno attribuito alla Cassa Depositi e Prestiti ulteriori<br />
compiti di vero e proprio sostegno allo sviluppo<br />
e di supporto al mondo delle imprese. E di questo<br />
è utile ragionare, visto che proprio nelle prossime<br />
settimane la Cassa approverà il piano industriale<br />
per il 2010.<br />
Cosa fa oggi la Cassa?<br />
La Cassa (CDP) è una<br />
Società per azioni a controllo<br />
pubblico: lo Stato<br />
possiede il 70% del capitale,<br />
le fondazioni bancarie<br />
il restante 30%. Ed<br />
è un ente ricco.<br />
Funziona così. La Cassa<br />
emette i prodotti del risparmio<br />
postale (libretti<br />
di risparmio e buoni fruttiferi<br />
postali, entrambi<br />
garantiti dallo Stato, come<br />
i Bot, i Btp e i Cct).<br />
Poste Italiane attraverso<br />
i suoi 14 mila sportelli<br />
colloca i prodotti. La Cassa<br />
impiega il risparmio<br />
raccolto. Il risparmio postale<br />
raccolto è una montagna<br />
di soldi: nel solo<br />
2008 ha superato i 14 miliardi,<br />
e a questo vanno<br />
aggiunti anche altri canali<br />
di finanziamento.<br />
Nicola GriGoletto<br />
Qui Roma<br />
La Cassa Depositi e Prestiti: un’opportunità per le imprese<br />
CDP, fino a ieri, utilizzava queste risorse essenzialmente<br />
per finanziare regioni, enti locali, e altri enti pubblici<br />
non territoriali. Oggi, in virtù dei recenti interventi<br />
del Governo, può fare anche molto altro.<br />
1. Sostegno alle PMI<br />
Recentemente, la CDP ha messo a disposizione fino a<br />
8 miliardi di euro per il supporto alle PMI. Il canale di<br />
distribuzione delle risorse è quello creditizio: per accedere<br />
ai finanziamenti le aziende dovranno rivolgersi<br />
a una banca tra quelle<br />
aderenti all’iniziativa.<br />
Il rapporto tra CDP<br />
e gli istituti di credito<br />
è regolato da una Convenzione<br />
firmata da Cassa<br />
e ABI. I finanziamenti<br />
agli istituti di credito<br />
hanno scadenza quinquennale:<br />
vanno quindi<br />
a coprire le esigenze di<br />
un mercato che - a fronte<br />
di un’abbondanza di<br />
liquidità a breve termine<br />
- ha invece bisogno di<br />
poter contare sulla provvista<br />
a più lunga scadenza<br />
che un vero operatore<br />
di medio e lungo termine<br />
come CDP può garantire.<br />
I finanziamenti<br />
dovranno essere utilizzati<br />
dagli istituti di credito<br />
in via prioritaria per<br />
nuove esposizioni verso<br />
le imprese e dovranno<br />
esplicitare nel contratto<br />
sia l’avvenuto ricorso<br />
alla provvista CDP, sia il
costo di raccolta sostenuto dall’istituto di credito. Le<br />
PMI possono dunque richiedere alla propria banca di<br />
accedere a questa particolare forma di finanziamento.<br />
Da Roma, la Cassa Depositi e Prestiti ha fatto un primo<br />
passo. Ora tocca alle imprese sul territorio utilizzare<br />
questi canali.<br />
2. Social Housing<br />
Il ministro Tremonti aveva annunciato a inizio anno un<br />
ambizioso piano per la costruzione di nuove case destinate<br />
alle fasce meno abbienti della popolazione. Il<br />
piano, definito di “social housing”, prevedeva la realizzazione<br />
di 20.000 alloggi per il <strong>2009</strong>. I 200 milioni<br />
assegnati fino ad ora alle Regioni rendono però possibile<br />
la costruzione di appena 5-6.000 abitazioni. Eppure<br />
le stime di Palazzo Chigi quantificano in 207.519 le<br />
sole case necessarie per i nuclei familiari a basso reddito,<br />
71.462 quelle per i giovani tra 29 e 35 anni che vivono<br />
ancora in famiglia, 7.187 gli alloggi per gli studenti<br />
fuori sede. Insomma, quella del “social housing”<br />
è una opportunità per far ripartire l’economia, che va<br />
colta. Ma come fare?<br />
unA CIttà Per CAntAre<br />
La via a cui ha pensato il Governo è quella del mix tra<br />
capitali pubblici e privati.<br />
E alla Cassa è stato affidato un ruolo importante di<br />
coordinamento e di volano.<br />
In concreto, i comuni e le province, ma anche le imprese<br />
e le fondazioni bancarie, dovrebbero farsi promotori<br />
della costituzione di fondi immobiliari misti pubblico-privati.<br />
La Cassa, ad esempio tramite la neo-costituita<br />
Cdp Investimenti Sgr, guidata da Matteo del Fante,<br />
partecipa al capitale del fondo con un importo che<br />
può arrivare fino al 40% della dotazione iniziale, il resto<br />
del capitale lo mettono i privati.<br />
Cassa Depositi e Prestiti ha fatto sapere che la propria<br />
dotazione per iniziative di questo tipo a regime supererà<br />
il miliardo di euro (e comunque la quota già stanziata,<br />
utilizzabile per avviare progetti da subito, è attualmente<br />
pari a 150 milioni).<br />
Anche in questo caso, adesso tocca a imprese, fondazioni,<br />
enti locali farsi avanti e promuovere la costituzione<br />
dei fondi. La Cassa, a Roma, aspetta.<br />
Nicola Grigoletto - Roma<br />
31
32<br />
lo sCoPrIremo solo leggendo<br />
Se l’arte della guerra è condivisa da Alessandro, Cesare<br />
e Napoleone (e da nessun altro), e se l’arte della<br />
memoria appartiene a Pico della Mirandola (e a lui<br />
solo), l’arte della parola appartiene esclusivamente a<br />
Marco Tullio Cicerone.<br />
La forza di questo mito è inossidabile, anche se diversi<br />
grandi oratori lo hanno preceduto (Demostene e Lisia,<br />
per tutti), altri sono vissuti nel suo tempo, quei suoi<br />
maestri e rivali (Antonio, Ortensio), che lo hanno spesso<br />
battuto nelle cause giudiziarie, ed altri lo hanno seguito.<br />
Si conoscono purtroppo anche le grandi capacità<br />
di persuasione di Hitler (una nazione non un uomo,<br />
secondo l’analisi filologica di Jung), Mussolini e Stalin,<br />
che hanno mostrato come la parola possa eccitare<br />
gli animi sino allo sterminio.<br />
Costoro e grandi oratori come Kennedy, Clinton ed<br />
Obama (la cui capacità dialettica è una delle componenti<br />
essenziali della sua vittoria nella campagna<br />
elettorale americana del 2008), non entreranno di certo<br />
nella storia per le loro capacità di eloquio.<br />
C’è da scommetterci.<br />
Perché proprio Cicerone?<br />
Forse perché ha parlato molto, ma ha soprattutto ha<br />
scritto molto. E bene.<br />
Ha scritto anche per abbellire quello che aveva già<br />
detto: nella Pro Milone per correggere una difesa, che<br />
era stata così modesta da non impedire la condanna<br />
all’esilio del suo cliente, lo scritto successivo aveva<br />
fatto dire allo stesso Milone, riparato a Marsiglia, che<br />
se il suo avvocato avesse parlato come aveva scritto,<br />
lui non avrebbe avuto il privilegio di gustare lo squisito<br />
pesce di quella città costiera.<br />
Cicerone ha scritto molto, anche perché vi era allora<br />
un’industria vera e propria, che affidava la parola scritta<br />
ai liberti e agli schiavi colti, i quali leggevano a voce<br />
alta per i loro padroni, patrizi o cavalieri romani.<br />
Cicerone ha scritto molto perché voleva che lo si sapesse<br />
filosofo, storico, politico, prima ancora (o invece)<br />
che avvocato.<br />
LAMBERTO LAMBERTINI<br />
La parola, la politica e il potere<br />
ai tempi di Cesare<br />
Cicerone ha così forgiato da solo il bronzo, con cui è<br />
stata eretta la sua statua, ed il piedistallo su cui appoggiarla.<br />
Nell’uomo però la forza della parola confliggeva con<br />
molti aspetti del suo carattere, che forte non era, ma<br />
soltanto molto ambizioso e molto tenace.<br />
La sua forza oratoria confligge (o si è nutrita) innanzitutto<br />
con l’incoerenza assunta a sistema: l’uomo ambiva<br />
a scalare le classi sociali e si voleva vicino agli aristocratici,<br />
raramente in sintonia con la classe dei cavalieri.<br />
Ma quando si è trattato di guadagnarsi il consolato,<br />
non ha esitato a dare fondo a tutte le sue possibilità<br />
economiche e di convincimento per ottenere il voto<br />
delle classi inferiori.<br />
Sulla tecnica della sua campagna elettorale, ci informa<br />
un interessante libretto: Il commentariolum petitionis,<br />
dovuto al fratello di Cicerone, Quinto.<br />
Si tratta di un libello di propaganda a favore della candidatura<br />
di Marco Tullio Cicerone, con annotazioni curiose<br />
(e quanto mai attuali) di come si manipola e si<br />
seduce, per conquistare il consenso.<br />
Al candidato (petitor) si chiedeva un elevato grado di<br />
astuzia, di simulazione, di lusinga e di adulazione. Costui<br />
doveva avere capacità mimetica, atteggiare il volto<br />
e le parole in base alle aspettative di occasionali interlocutori,<br />
distribuendo, se era il caso, promesse, che<br />
non sempre sarà in grado di mantenere.<br />
Questo per conquistare la città che dominava il<br />
mondo:<br />
“Si tratta di Roma, una città nata dall’amalgama di popoli<br />
diversi, piena di insidie, di inganni, di vizi di ogni genere;<br />
dove bisogna sopportare l’arroganza, l’alterigia, la<br />
malevolenza, la superbia, l’avversione e il fastidio di molti.<br />
Ben vedo che occorrono molta saggezza e molta perizia,<br />
vivendo in mezzo a tanti e tali vizi di gente di ogni<br />
tipo, per evitare il discredito, le calunnie, i tranelli, e perché<br />
un sol uomo possa rendersi adatto ad una così grande<br />
varietà di atteggiamenti, di discorsi, di volontà” (Quinto<br />
Cicerone, Commentariolum petitionis, 54; 42)
L’incoerenza diviene dunque una virtù, pur di conquistare<br />
il potere. E mantenerlo.<br />
La forza di carattere di Cicerone era poi contraddetta<br />
da una sua fondamentale mancanza di coraggio, al<br />
punto da rasentare la viltà.<br />
Alla fine della sua vita, quando sa che ormai tutto<br />
è perduto, vaga tra le sue diverse ville e si rifiuta di<br />
prendere il mare che lo avrebbe liberato dalla morte,<br />
pur condannandolo all’esilio, perché teme il naufragio.<br />
E finirà, qualche ora dopo, sgozzato sulla sua lettiga.<br />
Persino il suo modo di proporsi sembrava contraddire<br />
l’efficacia delle sue orazioni: quando cominciava a<br />
parlare era sempre agitato, spesso percorso da tremori.<br />
A volte, quando il clima in Tribunale era troppo acceso<br />
come nel processo contro Milone, sembrava quasi<br />
vinto dalla sua stessa debolezza e, tremebondo, non<br />
riusciva neppure a controllare la voce.<br />
Eppure questo uomo incarna ancora il potere della<br />
parola di convincere i giudici ed il pubblico, anche<br />
di ciò che è contrario al vero e di trascinare un uditorio,<br />
facendolo sorridere, ridere, soffrire, piangere.<br />
Il potere della parola di trasformare l’avvocato in uomo<br />
politico.<br />
Ma se si fosse limitato alla parola, la sua fama ci sarebbe<br />
forse giunta, ma non quale sinonimo dell’oratore<br />
perfetto.<br />
Come si è detto, sono i suoi scritti, spesso autoelogiativi,<br />
a tramandare il mito di se stesso, scritti nei quali<br />
prevale la riflessione sull’oratoria e la retorica, inquadrati<br />
nella storia dell’eloquenza.<br />
Nel Brutus Cicerone delinea le proprie preferenze stilistiche,<br />
collocando lo sviluppo della propria eloquenza<br />
in una dimensione storica, rendendo omaggio a tutti<br />
coloro dai quali ha tratto insegnamenti. Ovviamente<br />
si tratta di una storia che tende a dimostrare come lui<br />
ne sia il perfezionamento, almeno momentaneo.<br />
Verso la fine del ’46 A.C. Cicerone scrive l’Orator, in<br />
cui delinea il perfetto oratore, padrone di almeno tre<br />
qualità: il sapere informare il suo pubblico in maniera<br />
attendibile (docere), il saperlo allettare con sviluppi<br />
narrativi gradevoli o con una giocosa scherzosità<br />
(delectari) ed il saperne accendere le diverse passioni<br />
(flectere).<br />
lo sCoPrIremo solo leggendo<br />
Tutto a beneficio dell’uditorio ed in ciò sta la differenza<br />
tra l’eloquenza ed altre forme espressive, come la<br />
poesia, la filosofia e la storiografia.<br />
Quella dell’avvocato però resta pericolosamente un’arte<br />
simile a quella dell’attore, di cui Cicerone temeva di<br />
copiare il clichè o con cui temeva di essere confuso.<br />
D’altra parte il suo amico Roscio, probabilmente il più<br />
grande attore dell’epoca, molto gli aveva insegnato e<br />
lui l’aveva remunerato difendendolo efficacemente<br />
dall’accusa di parricidio.<br />
Consapevole del potere della parola (e non della recitazione),<br />
Cicerone ama la politica e vi si immerge;<br />
per questo scrive; per questo ragiona in termini filosofici.<br />
La parola sembra infatti più nobile quando non<br />
è diretta ad un convincimento strumentale, come lo è<br />
quando la si usa in Tribunale.<br />
Questo l’uomo e il pensatore (la sua riflessione filosofica<br />
ha pervaso la dottrina cristiana nel Medioevo)<br />
che, forte delle sue vittorie nei processi più clamorosi<br />
della sua epoca, scala le vette del potere politico.<br />
Male gliene incoglierà. La sua villa sul Palatino viene<br />
rasa al suolo; dalla moglie è costretto a divorziare<br />
e dalla seconda moglie si tiene lontano; verso la fine<br />
della sua vita i debiti sono divenuti ingenti (non poteva<br />
certo bastare il palmario - il cesto di frutta nascosto<br />
sotto una palma-, che costituiva tradizionalmente<br />
l’unico compenso dell’avvocato).<br />
Una vita comunque pienamente vissuta, su cui la riedizione<br />
del prezioso volume di Emanuele Narducci,<br />
per i tipi di Laterza (Narducci, Cicerone, La parola e la<br />
politica, prefazione di M. Citroni, p. 1-425, Euro 30,00)<br />
intesse uno splendido arazzo, in cui tutti i protagonisti<br />
di un’epoca tragica per la Repubblica romana ormai<br />
agonizzante, hanno un loro ruolo, esaurientemente e<br />
sapientemente rappresentato.<br />
Cicerone non è il migliore della sua epoca. Anzi. Ma la<br />
sua epoca, così travagliata, finisce per assurgere a paradigma<br />
di un periodo storico non dissimile da quello<br />
che stiamo vivendo oggi.<br />
Si parva licet componere magnis.<br />
Lamberto <strong>Lambertini</strong><br />
33
34<br />
CIAo mAmmA guArdA Come mI dIVerto<br />
“L’innovazione finanziaria tra necessità e pericoli”, 26 ottobre 2007<br />
“L’innovazione finanziaria tra necessità e pericoli”, 26 ottobre 2007
“L’innovazione finanziaria tra necessità e pericoli”, 26 ottobre 2007<br />
“Quarto capitalismo: la risposta italiana alla crisi”, 29 maggio <strong>2009</strong><br />
CIAo mAmmA guArdA Come mI dIVerto<br />
35
36<br />
CIAo mAmmA guArdA Come mI dIVerto<br />
“Quarto capitalismo: la risposta italiana alla crisi”, 29 maggio <strong>2009</strong><br />
“Quarto capitalismo: la risposta italiana alla crisi”, 29 maggio <strong>2009</strong>
L A M B E R T I N I & A S S O C I AT I<br />
<strong>Studio</strong> Legale<br />
VeronA<br />
Palazzo Canossa<br />
Corso Cavour, 44, 37121<br />
Tel. 045.8036115 - Fax. 045.8034080<br />
VICenzA<br />
Palazzo Franceschini Piovene<br />
Contrà Porti, 24, 36100<br />
Tel. 0444.547898 - Fax. 0444.320600<br />
mIlAno<br />
Via borgogna, 5, 20122<br />
Tel. 02.76316831 - Fax. 02.76398627<br />
romA<br />
Palazzo delle Assicurazioni generali di Venezia<br />
Piazza Venezia 11, 00187<br />
Tel. 06.6991603 - Fax. 06.6991726<br />
www.studiolambertini.it
CONTROLLI NUOVI<br />
PER UNA FINANZA RESPONSABILE<br />
Sabato 12 settembre <strong>2009</strong><br />
ore 10:30<br />
Palazzo delle assIcurazIonI GeneralI dI VenezIa<br />
PIazza VenezIa, 11<br />
roma<br />
Presiede i lavori<br />
ProF. PIetro rescIGno<br />
Università di Roma La Sapienza<br />
Interventi di<br />
ProF. GIoVannI GaBrIellI<br />
Università di Trieste<br />
ProF. andrea zoPPInI<br />
Università di Roma Tre<br />
ProF. edoardo reVIGlIo<br />
International University College of Turin<br />
ProF. Franco BassanInI<br />
Presidente Cassa Depositi e Prestiti