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NUCLI ANTIC La recuperació de la Vilanova Vella - Ajuntament de ...

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<strong>La</strong> Gibson mo<strong>de</strong>llo SG, <strong>de</strong>ttaanche comunemente Diavoletto,è <strong>la</strong> prima chitarra veramente seriache ho potuto permettermi e, guardacaso, è successo subito dopo il Festivaldi Sanremo e i Delirium nel ’72.<strong>La</strong> trovai in un negozio vicinoa Losanna, è una chitarra moltoaggressiva come suono, facilmentericollegabile agli AC/DC, potentequindi teoricamente poco adattaa me. È prettamente rock e per questol’ho amata per molti anni e l’houtilizzata non a caso con un poco diironia in <strong>La</strong> mia banda suona il rock(per esempio, <strong>la</strong> linea melodica in“Il cane d’argento”). L’avevo portatacon me a Miami e l’ho suonata inquasi tutto il disco. Poi si trova inPanama e dintorni, tanto è vero chenel<strong>la</strong> copertina c’è una fotografia in cui<strong>la</strong> sto addirittura abbracciando.Ci ho registrato anche “Vo<strong>la</strong>” per MiaMartini. Negli anni successivi l’houtilizzata un po’ meno perché anche glistrumenti come gli esseri umani hannoil loro periodo, però in ogni caso resta<strong>la</strong> prima. È <strong>la</strong> numero uno <strong>de</strong>lle miechitarre, come <strong>la</strong> famosa monetina diPaperon <strong>de</strong>’ Paperoni.I MIEI STRUMENTIGIBSON SGSì, mi sono sempre <strong>de</strong>finito così perché dai quattordici aivent’anni, fino ai Delirium e oltre, non ho avuto altre passioniné altri interessi. Gli adolescenti come me non aspettavanoaltro che avere diciotto anni per pren<strong>de</strong>re <strong>la</strong> patente e avere <strong>la</strong>macchina, <strong>la</strong> moto, <strong>la</strong> Vespa. Io al<strong>la</strong> patente ci sono arrivato aventicinque anni perché me ne ero dimenticato. Non è una battuta,è vero. Ero talmente immerso nel voler imparare <strong>la</strong> musica,nel voler suonare, che mi interessavo solo a quello. Il restomi toccava poco o niente. Quindi certi <strong>de</strong>si<strong>de</strong>ri mi sono passaticompletamente davanti agli occhi. Molto più tardi, un giorno,ho pensato: forse anch’io potrei pren<strong>de</strong>re <strong>la</strong> patente come glialtri, e l’ho presa.E per corteggiare le ragazze? A piedi o con l’autobus. C’erauna giovane impiegata che <strong>la</strong>vorava in un ufficio in via Cesareae abitava oltre Marassi, a Quezzi o ancora più su, sulle alture diGenova. Era inverno e l’aspettavo tutte le sere al portone. Poipren<strong>de</strong>vamo l’autobus per accompagnar<strong>la</strong> a casa e, quando arrivavamoal capolinea, ancora a piedi su per quelle salite sfiancanti.E questo per un inverno intero, freddissimo. Una sera miricordo che andai a pren<strong>de</strong>r<strong>la</strong> e avevo con me <strong>la</strong> mia prima chitarraelettrica, molto economica. L’avevo con me perché doposarei andato a provare. Accompagno questa ragazza, <strong>la</strong> <strong>la</strong>scio alsuo portone – allora si facevano quelle cose un po’ ottocenteschee molto garbate – e nello scen<strong>de</strong>re di fretta durante il ritornoscivolo perché c’era neve e ghiaccio. E cado sul<strong>la</strong> chitarra.Dal<strong>la</strong> rabbia non mi sono mai più presentato all’appuntamento,perché in qualche modo ho collegato <strong>la</strong> povera ragazza incolpevolea quello che era accaduto. D’altra parte nemmeno lei mi hapiù cercato.Al<strong>la</strong> chitarra è andata anche peggio. Mi ci sono praticamenteseduto sopra e si è spezzata in due. Era una chitarra o<strong>la</strong>n<strong>de</strong>seeconomicissima, una Egmond. Mia madre me l’aveva comprataperché non ne poteva più di sentire le mie continue richieste. Misono sempre accontentato di questa chitarra, perché per permettersiquelle “vere” ci volevano sacrifici. Quindi mi andava benecosì. Quando si è rotta in due mi è dispiaciuto, però l’ho sempreconsi<strong>de</strong>rata una chitarra da poco <strong>de</strong>l<strong>la</strong> quale non ho mai par<strong>la</strong>to,finché ho scoperto, leggendo qualcosa a proposito <strong>de</strong>i Beatles,che quel mo<strong>de</strong>llo era lo stesso che i genitori avevano rega<strong>la</strong>to aGeorge Harrison e sul quale aveva cominciato a muovere le dita.Da quel momento l’ho rivalutata e che si fosse rotta in quel modomi è dispiaciuto ancora di più.Una <strong>de</strong>lle foto che mi sono più care è quel<strong>la</strong> <strong>de</strong>l secondo complessinoin cui ho suonato, I Poeti. C’è da dire che a Genova dicomplessi che si chiamavano I Poeti ce n’erano almeno tre, questoera uno, ed eravamo tutti amici. Il mio sogno già allora eraquello di mettere in piedi una formazione a tre, in assoluto <strong>la</strong>più difficile da reggere musicalmente. Con uno di questi ragazzi,Pino Marinaro, che allora era il bassista <strong>de</strong>l gruppo, sono rimastoin gran<strong>de</strong> amicizia. Un fratello. Lo vedo spesso. Partecipavamoa tanti concorsi che si tenevano in tutte le periferie, nellesale da ballo, ovunque. Un po’ in centro oppure nel ponente, aSampierdarena. Con questa formazione al<strong>la</strong> peggio arrivavamosecondi. Ci piaceva molto, ci riempiva di orgoglio, facevamoun baccano d’inferno. Tutti e tre eravamo molto disinibiti perquei tempi, mentre gli altri ragazzini che suonavano avevano unmodo un po’ più educato di stare sul palco, per bene, timido, maera comprensibile. Per qualche motivo insondabile invece, noiavevamo un atteggiamento molto più aggressivo. Al<strong>la</strong> fine nonso come suonassimo, credo malissimo, ma il fatto di essere cosìdirompenti e sfacciati funzionava sempre. È durata un anno opoco più. Prima suonavo in un altro gruppo, The Winners, maallora avevamo quattordici anni, ed eravamo talmente inespertiche a ma<strong>la</strong>pena riuscivamo ad accordare le chitarre.Forse l’origine <strong>de</strong>l<strong>la</strong> passione musicale che ha attraversato <strong>la</strong>mia famiglia nasce con Elio, cugino di mia madre. Questo ragazzosarebbe diventato direttore d’orchestra sulle grandi navi dacrociera, quando <strong>la</strong> Compagnia Italia, negli anni ’50, non ingaggiavacomplessini ma vere orchestre. Cominciò a quindici anni,studiando <strong>la</strong> fisarmonica, poi per molti anni ha fatto avanti eindietro dagli Stati Uniti. Elio aveva un gran<strong>de</strong> talento musicale.Oltre al<strong>la</strong> fisarmonica suonava il pianoforte, si era diplomato0050.capitolo1.indd 32 31/08/11 09.35

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