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Il tesoro degli intoccabili

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| Sud&credito |<br />

ANDREA BAROLINI<br />

<strong>Il</strong> <strong>tesoro</strong><br />

<strong>degli</strong><br />

<strong>intoccabili</strong><br />

Esiste una Sicilia liberata dalla mafia. È quella che emerge dalla relazione del ministero della Giustizia<br />

al parlamento sulla situazione dei beni confiscati a Cosa Nostra. Ecco la prima mappa delle proprietà<br />

che furono di boss e picciotti: dove sono, quanto valgono e come sono state utilizzate.<br />

A<br />

di Andrea Barolini<br />

VETE PRESENTE IL SORRISO BEFFARDO, TEATRALE, quasi compiaciuto,<br />

stampato sul volto di Bernardo Provenzano – il capo indiscusso<br />

della mafia – l’11 aprile del 2006, pochi minuti<br />

dopo il suo arresto? Probabilmente nessuno saprà mai cosa<br />

gli stesse passando per la mente in quel momento, mentre<br />

veniva immortalato dagli agenti che lo avevano catturato.<br />

Proviamo, però, ad immaginarlo. Lui - un mafioso e<br />

al contempo uno <strong>degli</strong> uomini più ricchi e potenti del pianeta<br />

- dopo 43 anni di latitanza stava per finire, per sempre,<br />

in carcere. Era stato arrestato in una masseria che de-<br />

| VIII | valori | ANNO 7 N.55 | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 |<br />

finire spartana è un eufemismo: viveva in povertà totale.<br />

Perché per lui, come per chiunque è mafioso da una vita,<br />

il denaro è di certo uno strumento di potere. Ma è anche<br />

– e soprattutto – un fine. Allora forse Provenzano, nel giorno<br />

del capolinea della sua carriera criminale, stava pensando<br />

alle montagne di denaro accumulate e sparse per<br />

l’intero pianeta. Stava facendo un bilancio della sua vita.<br />

Un bilancio economico. Un bilancio da fargli scappare un<br />

sorriso nonostante le manette ai polsi.<br />

I tesori di Provenzano, come quelli di Cosa Nostra so-<br />

I tribunali<br />

comunicano<br />

ancora i dati<br />

su sequestri<br />

e confische<br />

via posta<br />

o fax.<br />

Su moduli<br />

compilati<br />

a mano.<br />

E da una<br />

procura<br />

su quattro<br />

non arriva<br />

nulla<br />

Un terreno confiscato<br />

alla mafia e assegnato<br />

alla Cooperativa<br />

“Lavoro e non solo”<br />

di Palermo<br />

I BENI CONFISCATI IN SICILIA<br />

1709 beni confiscati<br />

1806 sequestri<br />

<strong>Il</strong> boss più potente<br />

è stato Salvatore<br />

Lo Piccolo, fino<br />

al suo arresto<br />

il 5 novembre scorso.<br />

Parte di Palermo<br />

è controllata anche<br />

da Giovanni Motisi<br />

102 beni confiscati<br />

7 sequestri<br />

Èla provincia di<br />

Matteo Messina<br />

Denaro, dai più<br />

considerato l’erede<br />

di Bernardo<br />

Provenzano<br />

TRAPANI<br />

24 comuni<br />

PALERMO<br />

82 comuni<br />

159 beni confiscati<br />

6 sequestri<br />

Presenti il boss Maurizio Di Gati e<br />

il reggente di Campobello di<br />

Mazara, Giuseppe Falsone<br />

no, ad oggi, solo stimabili. Recentemente uno studio di<br />

Sos Impresa ha valutato in 90 miliardi di euro all’anno il<br />

“fatturato” della mafia: roba da far impallidire i conti di<br />

una nazione intera. Neppure i mafiosi stessi conoscono<br />

completamente il loro impero, con le sue mille ramificazioni<br />

internazionali. Tuttavia c’è una legge (una buona<br />

legge, una volta tanto), la 109 del ’96, che ha disciplinato<br />

le procedure di sequestro, confisca e (soprattutto)<br />

di riutilizzo dei beni avocati allo Stato in quanto di proprietà<br />

di uomini legati alla mafia. Non si tratta solo di riprendersi<br />

il maltolto. Quello che conta, oggi, è che lo Stato<br />

lanci segnali. E che lo faccia direttamente nei territori<br />

“della mafia”. Un vigneto, una fattoria, un trattore, un<br />

appartamento confiscati ad un mafioso a Corleone, a<br />

Lentini o a Barcellona Pozzo di Gotto valgono molto più<br />

del loro equivalente in euro. Valgono il riscatto della parte<br />

sana della Sicilia. Ma quanti sono, quanto valgono e<br />

dove si trovano i beni fino ad ora confiscati?<br />

La fotografia (parziale) del ministero<br />

Per scoprirlo bisogna analizzare i dati resi noti lo scorso<br />

agosto dal ministero della Giustizia. Bisogna farlo con attenzione,<br />

però. Perché la relazione presentata al Parlamento<br />

(secondo quanto previsto proprio dalla 109 del 96),<br />

32 beni confiscati 329 sequestri<br />

La provincia è contesa dai clan<br />

legati a Provenzano e le cosche<br />

vicine alla famiglia La Rocca<br />

AGRIGENTO<br />

43 comuni<br />

184 beni confiscati 168 sequestri<br />

Le cosche dell’entroterra contendono la provincia ai clan<br />

della mafia del Vallone, fedeli ai corleonesi<br />

è condizionata da due fattori. Innanzitutto, dalla lentezza<br />

e dalla difficoltà con cui i dati giungono allo stesso ministero.<br />

Nonostante la legge abbia disposto, infatti, un monitoraggio<br />

permanente e sistematico dei beni sequestrati e<br />

confiscati, buona parte del lavoro dipende dall’Amministrazione<br />

della Giustizia. I moduli, si legge infatti nella relazione,<br />

“vengono compilati manualmente dagli uffici periferici”<br />

e trasmessi al dicastero via posta o fax.<br />

Solo recentemente si è cominciato ad usare l’e-mail. <strong>Il</strong><br />

risultato è che, negli ultimi cinque anni, il “tasso di risposta”<br />

al ministero da parte dei tribunale è oscillato intorno<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

PERCENTUALE DI BENI SOTTOPOSTI A PROVVEDIMENTO PATRIMONIALE<br />

7,9<br />

2002<br />

ENNA<br />

20 comuni<br />

CALTANISSETTA<br />

22 comuni<br />

RAGUSA<br />

12 comuni<br />

34 beni confiscati 15 sequestri<br />

Nell’area continua ad essere forte la presenza<br />

della cosca dei Dominante di Vittoria<br />

16,2<br />

2003<br />

CATANIA<br />

58 comuni<br />

5<br />

2004<br />

SIRACUSA<br />

21 comuni<br />

257 beni confiscati<br />

36 sequestri<br />

Presenti la famiglia di<br />

Mistretta, i clan<br />

MESSINA barcellonesi<br />

108 comuni e tortoriciani,<br />

insieme a pezzi<br />

di ‘ndrangheta<br />

61 beni confiscati 9 sequestri<br />

Operano le famiglie Ercolano, Laudani,<br />

Savasta, Di Mauro e Sciuto,<br />

fedelissime di Nitto Santapaola<br />

13,3<br />

2005<br />

68 beni confiscati<br />

82 sequestri<br />

Siracusa è sempre<br />

più in mano al clan<br />

Bottaro. Da Lentini<br />

comanda la<br />

famiglia Nardo<br />

Dominante<br />

9,5<br />

2006<br />

2007<br />

| Sud&credito |<br />

| ANNO 7 N.55 | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 | valori | IX |<br />

1,5<br />

FONTE: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA – DIREZIONE GENERALE<br />

DELLA GIUSTIZIA PENALE. DATI AGGIORNATI AL 31 LUGLIO 2007


| Sud&credito |<br />

BENI SEQUESTRATI O CONFISCATI ALLA MAFIA NELLE PROVINCE SICILIANE DAL 2002 AL 2007<br />

BENI IMMOBILI BENI MOBILI BENI IN TITOLI TOTALE<br />

PROVINCIA SEQUESTRI CONFISCHE SEQUESTRI CONFISCHE SEQUESTRI CONFISCHE SEQUESTRI CONFISCHE<br />

Agrigento Numero di beni 4 80 0 49 2 30 6 159<br />

Valore provv.* n.d. 467.792 - n.d. n.d. 34.344 n.d. 502.136<br />

Caltanissetta Numero di beni 53 122 55 27 60 35 168 184<br />

Valore provv.* n.d. 139.150 n.d. n.d. 277.063 101.644 277.063 240.794<br />

Catania Numero di beni 7 33 1 14 1 14 9 61<br />

Valore provv.* n.d. 125.300 n.d. 1.859.266 n.d. 170.431 n.d. 2.042.277<br />

Enna Numero di beni 247 22 40 12 42 0 329 32<br />

Valore provv.* n.d. 263.500 n.d. n.d. 130.002 - 130.002 263.500<br />

Messina Numero di beni 7 134 15 63 14 60 36 257<br />

Valore provv.* n.d. 104.100 n.d. n.d. n.d. 431.920 n.d. 536.020<br />

Palermo Numero di beni 1.027 982 239 225 540 502 1.806 1.709<br />

Valore provv.* n.d. 1.948.636 n.d. 304.257 n.d. 12.380.758 n.d. 14.633.651<br />

Ragusa Numero di beni 7 16 6 7 2 11 15 34<br />

Valore provv.* n.d. 67.569 n.d. n.d. 20.848 n.d. 20.848 67.569<br />

Siracusa Numero di beni 45 9 26 51 11 8 82 68<br />

Valore provv.* 10.288.165 n.d. 125.000 n.d. 45.365 n.d. 10.458.530 n.d.<br />

Trapani Numero di beni 4 70 2 18 1 14 7 102<br />

Valore provv.* n.d. 1.510.454 n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. 1.510.454<br />

* Dati in Euro relativi alla sola parte di beni di cui lo Stato conosce il valore - N.d.: non disponibile<br />

al 75%. <strong>Il</strong> che, tradotto, vuol dire che una procura su quattro<br />

non fornisce i documenti al ministero. In secondo luogo,<br />

i dati (proprio a causa della loro parzialità) non forniscono<br />

una vera e propria “fotografia” dei beni confiscati –<br />

sebbene aiutino di certo a capire il fenomeno – soprattutto<br />

per quanto riguarda il valore dei beni stessi. La percentuale<br />

di beni di cui è stato quantificato un valore, infatti,<br />

è oscillata da un massimo del 16,2% (nel 2003) ad un mi-<br />

Conosciamo solo una piccola parte<br />

del valore delle proprietà immobili<br />

e mobili confiscate. Più facile<br />

quantificare i beni in titoli:<br />

finora valgono 13 milioni di euro<br />

nimo del 5% (nel 2004). <strong>Il</strong> che significa che i “valori provvisori”<br />

attualmente in possesso del ministero della Giustizia<br />

sono significativamente inferiori rispetto a quelli reali.<br />

Secondo l’ultima relazione la provincia siciliana con<br />

il maggior numero di beni confiscati (dal 2002 ad oggi) è<br />

– nettamente – quella di Palermo, con oltre 1.700 confische<br />

(valore provvisorio: oltre 14 milioni e mezzo di euro).<br />

Rispetto al totale dei beni confiscati nella regione negli<br />

ultimi cinque anni – 2.606, per un valore provvisorio<br />

di oltre 202 milioni di euro – si tratta di oltre il 65%. Anche<br />

se raffrontati al totale complessivo dei beni confiscati<br />

alla mafia in Sicilia dal 1968 ad oggi (3.471, secondo<br />

l’Agenzia del demanio), il dato rimane significativo.<br />

Di tale “primato”, che certamente evoca una realtà<br />

“di frontiera” (basti pensare che nella provincia di Palermo<br />

sono presenti comuni come Corleone, San Giuseppe<br />

Jato, Cinisi o Monreale), si può tuttavia dare una lettura<br />

perfino positiva. <strong>Il</strong> grande quantitativo di confische, infatti,<br />

se da un lato è sintomo di un territorio in cui anche<br />

i muri delle case o le automobili parcheggiate “parlano”<br />

la lingua della mafia, dall’altro è il risultato dell’impegno<br />

di cooperative, consorzi, associazioni e cittadini onesti<br />

che con coraggio si sono impegnati per regalare una vita<br />

legale ai propri paesi. A partire proprio dalle confische dei<br />

patrimoni di Cosa nostra.<br />

Nella provincia di Messina, risultano confiscati 257<br />

beni per oltre mezzo milione di euro. Con oltre 100 beni<br />

sottratti al portafoglio della mafia negli ultimi cinque anni<br />

ci sono anche le province di Agrigento, Caltanissetta e<br />

Trapani. Solo alcune decine di beni confiscati, invece, per<br />

le province di Catania, Enna, Ragusa e Siracusa. Lascia<br />

perplessi soprattutto il dato relativo al territorio catanese:<br />

dal 2002 risultano eseguite solo 61 confische e 9 sequestri.<br />

Un po’ poco per una provincia in cui un certo Nitto<br />

Santapaola ha fatto affari miliardari per decenni, e che<br />

oggi è regno incontrastato delle famiglie Ercolano, Laudani,<br />

Savasta, Di Mauro e Sciuto.<br />

Case, barche, conti confiscati:<br />

che fine fanno?<br />

I dati pubblicati dal ministero della Giustizia si riferiscono<br />

a tre diverse tipologie di beni: immobili (case, terreni,<br />

FONTE: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA – DIREZIONE GENERALE DELLA GIUSTIZIA PENALE. DATI AGGIORNATI AL 31 LUGLIO 2007<br />

fabbricati, alberghi, cantieri, aziende), mobili (principalmente<br />

denaro contante, mezzi di trasporto e macchinari)<br />

e titoli (conti correnti, depositi, quote societarie, titoli<br />

di Stato, assegni o azioni). Nella provincia di Palermo, ad<br />

esempio, su 1.709 beni confiscati, in 982 casi si tratta di<br />

patrimoni immobiliari, 225 sono beni mobili e 502 sono<br />

stati classificati come titoli. In generale, il 56% dei beni<br />

sottoposti a confisca in Sicilia sono immobili, contro un<br />

26% di beni in titoli e un 18% di beni mobili.<br />

Ma quanto valgono, in media, gli immobili confiscati<br />

alla mafia? <strong>Il</strong> dato, stavolta, si può ricavare con ragionevole<br />

sicurezza. <strong>Il</strong> valore medio dei beni assegnati ai<br />

Comuni, calcolato per ciascun anno dal 2002 ad oggi,<br />

oscilla tra un minimo di 128 mila euro (nel 2004) e un<br />

massimo 284 mila euro (quest’anno). Quello <strong>degli</strong> immobili<br />

assegnati allo Stato, invece, è compreso tra i 105 mila<br />

euro del 2002 e i 613 mila euro del 2005. Questi numeri<br />

confermano come l’importanza delle confische non stia<br />

tanto nel valore in denaro dei beni, irrisorio a confronto<br />

<strong>degli</strong> imperi controllati dai boss, quanto piuttosto nel garantire<br />

un lavoro a persone che, altrimenti, avrebbero dovuto<br />

scegliere tra la disoccupazione e l’emigrazione.<br />

Più difficile, invece, assegnare a cooperative di lavoratori<br />

o ad enti locali i beni mobili confiscati alla mafia. Non<br />

è sempre facile, infatti, trovare chi ha bisogno ad esempio<br />

di un elicottero, di un quadro d’autore o di uno yacht per<br />

finalità sociali. Per questo tali beni sono solitamente trasformati<br />

in denaro contante e versati in un fondo prefettizio,<br />

al cui interno è presente anche il fondo per l’aiuto alle<br />

vittime del racket. Stessa destinazione per conti correnti,<br />

quote societarie o pacchetti azionari. Si tratta di beni il cui<br />

valore provvisorio è già di oltre 13 milioni di euro.<br />

BENI SEQUESTRATI O CONFISCATI ALLA MAFIA NELLE PROVINCE SICILIANE DAL 2002 AL 2007<br />

Comuni e Stato<br />

“convertono” gli immobili<br />

I beni confiscati possono essere assegnati allo Stato<br />

(principalmente per essere utilizzati per finalità istituzionali<br />

quali caserme, strutture di polizia o di amministrazione<br />

giudiziaria) o ai Comuni, che possono<br />

scegliere di mantenerne l’uso oppure destinarli in<br />

concessione gratuita a enti, associazioni o cooperative.<br />

Negli ultimi cinque anni oltre l’80% dei beni (il<br />

dato è riferito all’intero territorio nazionale) è stato<br />

assegnato ai Comuni. Di questi, uno su cinque è stato<br />

utilizzato per infrastrutture istituzionali, il 44%<br />

per “aree destinate a fini sociali” (parchi, strutture<br />

sportive) e il restante 35% per “centri destinati a finalità<br />

sociali” (luoghi di sostegno per anziani, extracomunitari<br />

o tossicodipendenti, sedi di associazioni<br />

o cooperative).<br />

Per molti piccoli centri siciliani si tratta di esperienze<br />

vitali. Ottime per rifugiarsi dalla strada, dalla<br />

disoccupazione, dal degrado sociale. Dai luoghi del<br />

reclutamento mafioso. L’attacco al patrimonio di Cosa<br />

Nostra può essere una carta vincente. A patto che<br />

la si giochi fino in fondo. A patto che lo Stato non abbassi<br />

la guardia. .<br />

| Sud&credito |<br />

Una legge efficace<br />

e moderna. Ma perfettibile<br />

La 109/96 è considerata un eccellente strumento di lotta alla mafia.In molti, però, ne chiedono un aggiornamento.<br />

ALEGGECHEHAINTRODOTTOINITALIA, PER LA PRIMA VOLTA, UNA<br />

disciplina organica delle procedure di confisca dei beni<br />

appartenenti alla criminalità organizzata risale al 1982.<br />

La cosiddetta “Rognoni – La Torre”<br />

di Andrea Barolini (la stessa che introduceva il “416<br />

bis”, l’articolo del codice penale che<br />

definisce con precisione il reato di associazione mafiosa) prevedeva<br />

infatti la nomina di un amministratore con il compito di provvedere<br />

alla custodia, alla conservazione e alla destinazione dei beni confiscati.<br />

<strong>Il</strong> “limite” della disposizione fu quello di non aver disciplinato<br />

accuratamente proprio le procedure di concessione dei beni.<br />

Per questo don Luigi Ciotti raccolse, a metà <strong>degli</strong> anni 90, oltre<br />

un milione di firme insieme all’associazione Libera (di cui è pre-<br />

sidente). Spinto anche dall’onda di quell’esperienza, il 7 marzo del<br />

’96 il parlamento licenziò la legge n. 109, accolta con grande favore<br />

da tutto il mondo cooperativo e delle associazioni. Secondo<br />

lo stesso Ciotti, la normativa - tuttora in vigore - «ha disturbato notevolmente<br />

i mafiosi perché li ha toccati nel portafoglio, che per<br />

loro rappresenta potere e forza». <strong>Il</strong> sacerdote aggiunge che, tuttavia,<br />

non mancano elementi di preoccupazione: «Lo Stato non<br />

sembra più in grado di scovare i beni dei mafiosi». Per questo Libera<br />

chiede ormai da tempo un aggiornamento della legge criticando,<br />

tra l’altro, la «scelta discutibile di affidare all’Agenzia del<br />

Demanio l’intera gestione dei beni». Libera chiede infatti<br />

l’istituzione di un’agenzia ad hoc, che si occupi cioè solamente di<br />

beni confiscati e sequestrati, «con personale e mezzi adeguati alla<br />

| X | valori | ANNO 7 N.55 | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 | | ANNO 7 N.55 | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 | valori | XI |<br />

L<br />

SICILIA ITALIA<br />

QUANTITÀ VALORE PROVV.* TOT. VALORE PROVV.* VALORE PROVV.* TOT. VALORE PROVV.*<br />

Tot. sequestri 2.458 10.886.443<br />

30.424.697<br />

30.682.844<br />

Tot. confische 2.606 19.796.401 202.196.602<br />

* Dati in Euro relativi alla sola parte di beni di cui lo Stato conosce il valore<br />

232.621.299<br />

FONTE: MINIST. GIUSTIZIA – DIR. GEN.<br />

GIUSTIZIA PENALE. DATI 31/07/07


| Sud&credito |<br />

Lo Stato dispone l’affitto, la<br />

vendita o la liquidazione dei beni<br />

“in titoli”. L’ultima parola spetta<br />

all’Agenzia del Demanio.<br />

Ma tra tribunali e burocrazia<br />

possono passare anni<br />

| XII | valori | ANNO 7 N.55 | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 |<br />

complessità della sfida lanciata dalla legge 109», sottolinea Ciotti.<br />

A Libera fa eco il Cnel, chiedendo la costituzione di un organismo<br />

dedicato agli ex patrimoni dei boss.<br />

La procedura di assegnazione:<br />

dai tribunali alle cooperative<br />

Lo Stato dispone l’affitto, la vendita o la liquidazione dei beni “in titoli”<br />

e “mobili”: il ricavato, poi, viene versato in un apposito fondo<br />

prefettizio. Per i beni immobili, invece, è previsto l’“uso sociale”. In<br />

tal senso, case o terreni posso essere conservati dallo Stato oppure<br />

A cento passi<br />

da Corleone<br />

La coop “Lavoro e non solo” lavora in luoghi in cui ancora si vive in trincea. Ma dove qualcosa sta cambiando.<br />

E<br />

NTRANDO A CORLEONE SI RESPIRA UN’ARIA DIVERSA. Rispetto<br />

agli anni 80 e alla stagione delle stragi, la nuova strategia<br />

della mafia è palpabile. Oggi, quella sorta di pacificazione<br />

sociale di facciata voluta dal<br />

da Corleone Andrea Barolini boss dei boss Bernardo Provenzano dopo<br />

gli omicidi di Falcone e Borsellino è il<br />

maquillage di questo paese. Un trucco. Eppure quella<br />

stessa strategia ha costretto Cosa Nostra ad allentare la<br />

morsa. Almeno un po’. Liberando spazi (fisicamente,<br />

ma soprattutto simbolicamente) che la parte sana della<br />

comunità di abitanti ha potuto finalmente occupare.<br />

È il caso della cooperativa sociale “Lavoro e non solo”,<br />

che dal 2000 gestisce (anche grazie al credito<br />

offerto da Banca Etica) un’azienda agricola su terreni<br />

confiscati alla mafia nei comuni di Corleone e Monreale.<br />

Dodici ragazzi. Tra cui un agronomo, un commercialista,<br />

operai, operatori sociali. I terreni sono sta-<br />

ASSOCIAZIONI<br />

DI STAMPO VIRTUOSO<br />

LA COOPERATIVA PLACIDO RIZZOTTO produce da anni prodotti biologici su terreni<br />

confiscati alla mafia. Pasta, legumi, olio, miele e il famoso, omonimo vino bianco<br />

sono ormai esportati in tutta Italia (a Roma sono in vendita alla bottega “I sapori<br />

della legalità”, in via dei Fori 82). <strong>Il</strong> Centro Sociale Laboratorio Zen Insieme di<br />

Palermo, invece, promuove “la lotta alla mentalità mafiosa”, attraverso l’aiuto diretto<br />

a minori e famiglie disagiate. <strong>Il</strong> tutto nei quartieri Zen e Zen 2 del capoluogo<br />

siciliano, tra le aree più degradate dell’intero territorio nazionale. Banca Etica ha<br />

contribuito alle iniziative del laboratorio offrendo un credito di 15 mila euro. Ancora,<br />

fondata nel 2003, la coop L’Arcolaio si occupa del reinserimento sociale dei detenuti<br />

nel carcere di Siracusa. Attualmente gestisce il panificio del carcere, 600 mq<br />

attrezzati per la produzione di biscotti da agricoltura biologica. Banca Etica, finora,<br />

ha finanziato i progetti de L’arcolaio con 55 mila euro.<br />

ti affidati loro dal consorzio Sviluppo e Legalità, il primo<br />

nato in Sicilia, costituito da otto comuni tra i più<br />

colpiti dalla mafia. Cento ettari di terra ripristinata alla<br />

legalità dai quali solo nel 2006 sono stati ricavati<br />

450 quintali di grano, uva, vino, ceci, lenticchie e pomodori.<br />

E, soprattutto, che hanno significato un lavoro,<br />

un reddito e una nuova speranza.<br />

Intimidazioni, vigneti distrutti<br />

e un vicinato “scomodo”<br />

Ma per vivere nell’entroterra palermitano, per quanto<br />

“pacificato”, ci vogliono comunque pazienza e coraggio.<br />

Ogni giorno, i ragazzi di “Lavoro e non solo” per<br />

raggiungere uno dei propri campi devono passare (letteralmente)<br />

per le proprietà di un presunto mafioso,<br />

con il quale condividono anche il bacino di acqua piovana<br />

per irrigare le coltivazioni. Un quinto alla cooperativa,<br />

quattro quinti al presunto mafioso: qui le distanze<br />

non esistono. Dal vigneto confiscato alle<br />

costruzioni del “vicino di casa” ci sono un centinaio<br />

di metri di strada sterrata. «Secondo il tribunale abbiamo<br />

diritto anche a parte dei capannoni – spiega Calogero<br />

Parisi, presidente della coop –. Ma a noi interessa<br />

la terra: per questo abbiamo chiesto di poter<br />

rinunciare alle costruzioni in cambio di un vigneto<br />

più grande». Alla stessa cooperativa, racconta ancora<br />

Parisi, è stato assegnato anche un terreno confiscato ai<br />

nipoti di Totò Riina, a pochi chilometri da Corleone.<br />

Una presenza virtuosa, quella di “Lavoro e non solo”.<br />

Ma che dà fastidio. Ad aprile scorso qualcuno (in<br />

pieno giorno, secondo i rilevamenti dei carabinieri)<br />

ha danneggiato il 70% del vigneto della cooperativa,<br />

strappando le gemme e compromettendo così l’intero<br />

raccolto. Un avvertimento. Che però non ha scoraggiato<br />

i ragazzi, ai quali in quell’occasione erano arri-<br />

trasferiti al patrimonio del Comune nel quale si trovano. Quest’ultimo,<br />

poi, ha un anno di tempo per decidere se amministrarlo direttamente<br />

oppure assegnarlo, in concessione, a titolo gratuito. A<br />

deliberare l’assegnazione è l’Agenzia del Demanio, dopo aver ricevuto<br />

(insieme alla Prefettura e al ministero dell’Interno) la comunicazione<br />

dei provvedimenti di confisca direttamente dagli uffici giudiziari.<br />

Particolare, quest’ultimo, da non sottovalutare: «Spesso è<br />

proprio nell’amministrazione giudiziaria che il meccanismo si inceppa<br />

– spiega Carola Parano, direttore dell’Osservatorio permanente<br />

sulla criminalità –. E se i tribunali non comunicano con il De-<br />

vate «solidarietà e indignazione per l’accaduto» anche<br />

del presidente del Consiglio Romano Prodi.<br />

“Lavoro e non solo” ha organizzato, nel corso <strong>degli</strong><br />

anni, numerose iniziative. Ha aderito al progetto<br />

di Arci Sicilia “Adotta un albero di vite”, rivolto a<br />

chiunque voglia contribuire a far tornare produttivo<br />

un vigneto gestito dalla cooperativa, finanziando una<br />

pianta che porterà una targa con il proprio nome. “I<br />

semi della legalità”, invece, è un’iniziativa culturale,<br />

fatta di seminari, convegni e incon-<br />

tri finalizzati a far conoscere in Sicilia<br />

l’esperienza di “Lavoro e non solo”.<br />

Ancora, i “Campi di lavoro”,<br />

organizzati insieme a Libera e alla<br />

Fondazione Culturale Banca Etica,<br />

in collaborazione con la Regione Toscana.<br />

Un progetto rivolto a giovani<br />

SITI UTILI<br />

www.lavoroenonsolo.it<br />

www.liberaterra.it<br />

www.webmatic.it/home/libera.php<br />

www.arcisicilia.it<br />

www.cantinacentopassi.it<br />

| Sud&credito |<br />

manio, i beni rimangono abbandonati o, peggio, in mano agli ex<br />

proprietari». Ovvero ai mafiosi.<br />

Se invece l’informazione giunge a destinazione, il Demanio –<br />

sentiti tra gli altri il prefetto e il sindaco del comune interessato –<br />

entro 90 giorni propone un’assegnazione del bene. A quel punto<br />

il direttore centrale dello stesso Demanio (presso il ministero delle<br />

Finanze) ha 30 giorni di tempo per emettere un provvedimento<br />

definitivo di assegnazione. Insomma, una procedura che in alcuni<br />

casi, tra aule di tribunale e passaggi burocratici, comporta<br />

attese di anni....<br />

A sinistra, il vigneto<br />

gestito dalla coop<br />

“Lavoro e non solo”,<br />

danneggiato<br />

ad aprile. Sopra,<br />

la casa confiscata<br />

alla famiglia<br />

Provenzano<br />

(a destra, il boss<br />

appena arrestato),<br />

dalla quale oggi<br />

sventola la bandiera<br />

dell’Arci.<br />

toscani tra i 18 e i 30 anni che per ogni estate lavorano<br />

a fianco dei ragazzi della cooperativa sui terreni<br />

confiscati nelle zone di Corleone, Monreale e Canicattì.<br />

Quest’anno, 170 volontari hanno partecipato<br />

alla raccolta di pomodori e al completamento dell’impianto<br />

di un nuovo vigneto. Ogni giorno, dopo il<br />

lavoro, seminari e incontri (ai quali hanno partecipato,<br />

tra gli altri, Rita Borsellino, Giovanni Impastato,<br />

Salvo Vitale e Pippo Cipriani) e visite a luoghi storici<br />

come Rocca Busambra e Portella della<br />

Ginestra.<br />

ANDREA BAROLINI<br />

La notte, poi, i ragazzi sono stati<br />

ospitati in una casa di tre piani, in piena<br />

Corleone. Un bene confiscato alla<br />

mafia. Abitato, fino al 2005, dal fratello<br />

di Bernardo Provenzano. Una vera<br />

e propria rivincita della legalità. .<br />

| ANNO 7 N.55 | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 | valori | XIII |<br />

ANDREA BAROLINI


| Sud&credito |<br />

Mai più<br />

i nostri soldi<br />

alla mafia<br />

La storia di AddioPizzo: nata tre anni fa dalla mente di 7 ragazzi, coinvolge oggi 200 negozi e 92 scuole.<br />

LE CIFRE DEL “FENOMENO-PIZZO”…<br />

È<br />

di Emanuele Isonio<br />

80% Commercianti siciliani che pagano il pizzo<br />

160.000 Commercianti vittime di estorsioni in Italia<br />

10 miliardi di euro Guadagni della mafia per il racket secondo Eurispes<br />

16% Introiti della mafia frutto di estorsioni<br />

457 euro Pizzo mensile pagato dai commercianti siciliani<br />

… E I NUMERI DI “ADDIOPIZZO”<br />

LINK UTILI<br />

Sopra, Addiopizzo<br />

con Grasso e Lucarelli.<br />

A destra, nelle scuole.<br />

209 imprenditori e commercianti pizzo-free<br />

52 “attacchini” del comitato Addio Pizzo<br />

9105 consumatori che li sostengono con i loro acquisti<br />

92 scuole coinvolte nella formazione antiracket<br />

41 associazioni siciliane anti-racket<br />

Campagna Addio Pizzo www.addiopizzo.org<br />

Associazione SOS Impresa - Confesercenti www.sosimpresa.it<br />

Libera, Associazione contro le mafie www.libera.it<br />

FAI, Federazione delle associazioni antiracket e antiusura www.antiracket.it<br />

Associazione Contracamorra www.contracamorra.it<br />

“Ammazzateci tutti”, movimento anti-‘ndrangheta dei giovani di Locri<br />

| XIV | valori | ANNO 7 N.55 | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 |<br />

L’ALTRA FACCIA DELLA SICILIA. Meno conosciuta ma più testarda. Che<br />

sfida lo status quo per un futuro più limpido. Ha il volto di una<br />

cinquantina di ragazzi e di centinaia di imprenditori. Con un sogno<br />

molto concreto: liberarsi del “fenomeno pizzo”. Era la notte<br />

tra il 28 e il 29 maggio 2004. Migliaia di adesivi listati a lutto invasero<br />

il centro di Palermo: «Un popolo<br />

che paga il pizzo è un popolo senza dignità».<br />

Un pugno nello stomaco di chi ha<br />

una coscienza. E uno schiaffo a chi l’ha<br />

smarrita. Si pensò a un iniziativa dei commercianti.<br />

Erano invece sette ragazzi. Sette<br />

“attacchini”, poco meno che trentenni.<br />

Studenti e lavoratori precari. Con le idee molto chiare: «Se i panifici,<br />

i bar, le carnezzerie, le pescherie, le librerie, i cinema pagano<br />

il pizzo, una percentuale dei nostri soldi va alla mafia».<br />

L’iniziativa fu ripetuta e coinvolse Alcamo, Bagheria, Capaci, Vibo<br />

Valentia. A marzo 2005 prese il via la pars construens: una campagna<br />

di consumo critico, per premiare i commercianti che si ribellano.<br />

«Vogliamo creare un circuito di economia “pulita” – spiega<br />

Marco Siino di AddioPizzo – e spingere a denunce collettive, l’unico<br />

modo per non farsi ammazzare». In un anno, cento aziende hanno<br />

aderito all’iniziativa. E quest’anno sono già raddoppiate.<br />

Certo le difficoltà non mancano. Ma l’entusiasmo può rompere<br />

il muro del (colpevole) scetticismo. 92 incontri nelle scuole,<br />

convegni all’università di Palermo (che dall’anno scorso esenta<br />

dalle rette i figli di chi denuncia il racket) e ogni 5 maggio una fiera<br />

annuale con le imprese “pizzo-free”.<br />

È l’altra faccia della Sicilia. Per ora. Sta all’impegno della maggioranza<br />

dei siciliani farla diventare il vero volto dell’isola. .<br />

www.ammazzatecitutti.org<br />

Osservatorio sulla camorra e l’illegalità www.osservatoriocamorra.org<br />

Centro studi e ricerche sulla legalità e criminalità economica “TEMI”<br />

www.temiricerche.it<br />

Rete <strong>degli</strong> Enti locali per la formazione contro le mafie www.avvisopubblico.it<br />

“Progetto Legalità” organizzato dall’ANM di Palermo www.progettolegalita.it<br />

P<br />

BANCA<br />

ETICA


P FIBA<br />

CISL

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