Proposizione finale
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[7.3] Caesari cum id nuntiatum esset, eos per provinciam nostram iter facere conari, maturat ab urbe<br />
proficisci et quam maximis potest itineribus in Galliam ulteriorem contendit et ad Genavam<br />
pervenit. Provinciae toti quam maximum potest militum numerum imperat (erat omnino in Gallia<br />
ulteriore legio una), pontem, qui erat ad Genavam, iubet rescindi. Ubi de eius adventu Helvetii<br />
certiores facti sunt, legatos ad eum mittunt nobilissimos civitatis, cuius legationis Nammeius et<br />
Verucloetius principem locum obtinebant, qui dicerent sibi esse in animo sine ullo maleficio iter per<br />
provinciam facere, propterea quod aliud iter haberent nullum: rogare ut eius voluntate id sibi facere<br />
liceat. Caesar, quod memoria tenebat L. Cassium consulem occisum exercitumque eius ab Helvetiis<br />
pulsum et sub iugum missum, concedendum non putabat; neque homines inimico animo, data<br />
facultate per provinciam itineris faciundi, temperaturos ab iniuria et maleficio existimabat. Tamen,<br />
ut spatium intercedere posset dum milites quos imperaverat convenirent, legatis respondit diem se<br />
ad deliberandum sumpturum: si quid vellent, ad Id. April. reverterentur.<br />
Cesare, appena informato che gli Elvezi si proponevano di attraversare la nostra provincia, affretta<br />
la sua partenza da Roma, si dirige a marce forzate, con la massima rapidità, verso la Gallia<br />
transalpina e giunge a Ginevra. Ordina che tutta la provincia fornisca il maggior numero possibile di<br />
soldati (in Gallia transalpina c'era una sola e unica legione) e dà disposizione di distruggere il ponte<br />
che sorgeva nei pressi della città. Gli Elvezi, conosciuto il suo arrivo, gli inviano come ambasciatori<br />
i cittadini più nobili, con in testa Nammeio e Veruclezio, incaricati di dirgli che, poichè non esisteva<br />
altro cammino, erano intenzionati ad attraversare la provincia senza arrecare danni e gliene<br />
chiedevano licenza. Cesare, memore che gli Elvezi avevano ucciso il console L. Cassio e costretto<br />
l'esercito romano, dopo averlo sconfitto, a subire l'onta del giogo, non riteneva giusto concedere il<br />
permesso; inoltre, era convinto che questa gente dall'animo ostile non si sarebbe astenuta da offese<br />
e danni, una volta concessa la facoltà di attraversare la provincia. Tuttavia, per guadagnare tempo<br />
fino all'arrivo dei soldati da lui richiesti, risponde agli ambasciatori che si riservava qualche giorno<br />
di tempo per decidere: se a loro andava bene, ritornassero alle idi di aprile.<br />
[7.4] Simili ratione ibi Vercingetorix, Celtilli filius, Arvernus, summae potentiae adulescens, cuius<br />
pater principatum Galliae totius obtinuerat et ob eam causam, quod regnum appetebat, ab civitate<br />
erat interfectus, convocatis suis clientibus facile incendit. Cognito eius consilio ad arma concurritur.<br />
Prohibetur ab Gobannitione, patruo suo, reliquisque principibus, qui hanc temptandam fortunam<br />
non existimabant; expellitur ex oppido Gergovia; non destitit tamen atque in agris habet dilectum<br />
egentium ac perditorum. Hac coacta manu, quoscumque adit ex civitate ad suam sententiam<br />
perducit; hortatur ut communis libertatis causa arma capiant, magnisque coactis copiis adversarios<br />
suos a quibus paulo ante erat eiectus expellit ex civitate. Rex ab suis appellatur. Dimittit quoque<br />
versus legationes; obtestatur ut in fide maneant. Celeriter sibi Senones, Parisios, Pictones,<br />
Cadurcos, Turonos, Aulercos, Lemovices, Andos reliquosque omnes qui Oceanum attingunt<br />
adiungit: omnium consensu ad eum defertur imperium. Qua oblata potestate omnibus his civitatibus<br />
obsides imperat, certum numerum militum ad se celeriter adduci iubet, armorum quantum quaeque<br />
civitas domi quodque ante tempus efficiat constituit; in primis equitatui studet. Summae diligentiae<br />
summam imperi severitatem addit; magnitudine supplici dubitantes cogit. Nam maiore commisso<br />
delicto igni atque omnibus tormentis necat, leviore de causa auribus desectis aut singulis effossis<br />
oculis domum remittit, ut sint reliquis documento et magnitudine poenae perterreant alios.<br />
Allo stesso modo Vercingetorige convoca i suoi clienti e con facilità li infiamma. Vercingetorige,<br />
arverno, era un giovane di grandissima potenza, figlio di Celtillo, che aveva ottenuto il principato su<br />
tutta la Gallia e, reo di aspirare al trono, era stato ucciso dal suo popolo. Non appena vengono<br />
conosciute le intenzioni del giovane, si corre alle armi. Gli si oppongono suo zio Gobannizione e gli<br />
altri capi, che non erano dell'avviso di tentare l'impresa: viene cacciato dalla città di Gergovia; ma<br />
non desiste e assolda, nelle campagne, i poveri e i delinquenti. Raccolto un pugno d'uomini,
guadagna alla sua causa tutti i concittadini che riesce ad avvicinare, li incita a prendere le armi per<br />
la libertà comune. Raduna ingenti forze ed espelle dalla città quegli stessi avversari che, poco<br />
prima, avevano bandito lui. I suoi lo proclamano re. Invia ambascerie in tutte le direzioni, esorta<br />
alla lealtà. In breve tempo unisce a sè i Senoni, i Parisi, i Pictoni, i Cadurci, i Turoni, gli Aulerci, i<br />
Lemovici, gli Andi e tutti gli altri popoli che si affacciano sull'Oceano. Per consenso generale, gli<br />
viene conferito il comando supremo. Assunto il potere, esige ostaggi da tutti i popoli suddetti,<br />
ordina la rapida consegna di un determinato contingente di soldati, stabilisce la quantità di armi che<br />
ciascun popolo, nei propri territori, doveva fabbricare ed entro quale termine. Si preoccupa in<br />
particolare della cavalleria. Accompagna lo straordinario zelo con un'assoluta inflessibilità nel<br />
comando; grazie alla severità dei provvedimenti tiene a freno chi ? titubante. Infatti, per un delitto<br />
piuttosto grave condanna alla morte tra le fiamme e tormenti d'ogni genere, mentre per una colpa di<br />
minor entità punisce tagliando le orecchie o cavando un occhio, e rimanda il reo in patria, che sia di<br />
monito, per atterrire gli altri con l'atrocità delle pene.