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Rosalba Carriera - a lume di candela

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svolazzante e quasi impalpabile merletto che si sprigiona con grande sapienza dallo scollo nero<br />

della giacca, vivifica il <strong>di</strong>pinto con eleganza impressionante e vi si propone come centro visivo -<br />

la foggia dell'abito contribuisce perfettamente a confermare la datazione proposta -, esplode in<br />

una gamma <strong>di</strong> bianchi che si esaltano nei grumi can<strong>di</strong><strong>di</strong> <strong>di</strong> luce sul fondo grigio della camicia in<br />

ombra. Lo sfondo è uniforme, salvo che per due <strong>di</strong>agonali parallele che servono a creare un<br />

senso <strong>di</strong> movimento, leggero al fine <strong>di</strong> non <strong>di</strong>stogliere troppo l'attenzione.<br />

Il tutto denota una scelta <strong>di</strong> colori e una tecnica tipica <strong>di</strong> chi è abituato a lavorare il pastello con<br />

grande abilità, congiunta a superbe qualità pittoriche.<br />

Caratteristiche che possono appartenere solo a <strong>Rosalba</strong> <strong>Carriera</strong>, correttamente in un periodo<br />

posteriore al suo viaggio a Parigi.<br />

Mi corre l'obbligo <strong>di</strong> richiamare l'attenzione sulle ipotetiche alternative "locali" a <strong>Rosalba</strong>. Attorno<br />

al nostro anno 1726, operano a Venezia e possono essere considerati, chi più chi meno,<br />

ritrattisti: Lazzarini, Sebastiano Ricci, Piazzetta, Amigoni, Nogari, Grassi, Rotari, oltre a<br />

Giannantonio Pellegrini, cognato della stessa <strong>Rosalba</strong> e con lei a Parigi nel corso del suo viaggio,<br />

nel 1720-21. Della ritrattistica <strong>di</strong> tutti questi abbiamo una conoscenza sufficiente per poterne<br />

escludere ogni coinvolgimento. Rimarrebbe ancora <strong>di</strong> <strong>di</strong>re <strong>di</strong> Bartolomeo Nazzari, bergamasco,<br />

attivo a Venezia fra il 1716 e il '36, <strong>di</strong> cui sappiamo dai documenti che eseguì i ritratti <strong>di</strong> vari<br />

pittori. Fra questi avrebbe <strong>di</strong>pinto, a pastello, per il console Smith anche quello <strong>di</strong> Tiepolo dal<br />

quale potrebbe derivare l'incisione <strong>di</strong> Giovanni Cattini; ma gli altri ritratti che si conoscono,<br />

come, per esempio, quello del Carlevarijs dell'Ashmolean Museum <strong>di</strong> Oxford o il Sebastiano Ricci<br />

già <strong>di</strong> proprietà privata in Germania, per loro stessa natura escludono qualsiasi possibilità nel<br />

senso ipotizzato.<br />

So <strong>di</strong> lanciare il proverbiale sasso nello stagno. In anni lontani, fui tra i pochissimi a oppormi<br />

decisamente all'idea sostenuta da molti, fra quelli che erano i più accre<strong>di</strong>tati stu<strong>di</strong>osi, <strong>di</strong> <strong>di</strong>pinti a<br />

olio della <strong>Rosalba</strong>, operazione che, in quei casi - lo confermo tuttora - ubbi<strong>di</strong>va forse più a<br />

logiche <strong>di</strong> mercato che a in<strong>di</strong>cazioni culturali. Lo stesso cosiddetto Ritratto <strong>di</strong> Augusto III <strong>di</strong><br />

Polonia, per verità assai modesto, del Kunsthistorisches Museum che la Sani mantiene a titolo <strong>di</strong><br />

ipotesi nel catalogo della pittrice, più che altro per esterne ragioni storiche come ben si evince<br />

dal testo, non ha nessuna caratteristica che possa far pensare all'opera a olio <strong>di</strong> un'abituale

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