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Ariosto (Lettura critica di Bologna su OF).pdf - ZyXEL NSA210

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C. <strong>Bologna</strong>, La macchina del "Furioso". <strong>Lettura</strong> dell' "Orlando" e delle "Satire", Torino,<br />

Einau<strong>di</strong>, 1998, pp. 110-124.<br />

2.3. Il poema del movimento: dello spazio in movimento<br />

L’Orlando Innamorato intendeva narrare «tutte le cose sotto della luna» che «son sottopost[e] a<br />

voglia <strong>di</strong> Fortuna», in primo luogo la tremen<strong>di</strong>ssima Guerra, «instabile, voltante e roïnosa, / e<br />

più fallace che alcuna altra cosa» 45 . L'Orlando Furioso, anche in questo ironica ed autoironica<br />

«giunta» all'Innamorato, ripensa la bellicosa tra<strong>di</strong>zione cavalleresca fondendola con quella<br />

dell'avventura dei viaggi iperuranî, lunari e celesti, Luciano in primo luogo 46 , ed estende la<br />

narrazione a ciò che si conserva e si svolge «nel cerchio de la luna». Il sintagma è ripreso a XXXIV,<br />

67, 3, ove si spiega che «la me<strong>di</strong>cina che può saggio / rendere Orlando, là dentro si serra» (ibid., 5-<br />

6); <strong>di</strong>viene il «regno de la luna» all'ottava 70 («luna» conserva esattamente l'area semantica in 67, 7<br />

e 68, 4, mentre a 73, 7 in rima e a 74, 4 echeggia «Fortuna», con la <strong>su</strong>a «ruota» a 74, 2) 47 . Riemerge<br />

infine, costituendo una forte liaison lessicale, semantica e <strong>di</strong>egetica fra canto e canto, all'inizio del<br />

XXXV, in una straor<strong>di</strong>naria coppia <strong>di</strong> ottave in cui <strong>Ariosto</strong> stesso sì maschera per leggero<br />

autosarcasmo da secondo Orlando folle per amore: riuscendo così, insieme, ad accennare al<br />

racconto del recupero del senno d'Orlando e a sorridere <strong>su</strong>lla tra<strong>di</strong>zione lirica petrarchistica. Tant'è<br />

vero che riprende, <strong>di</strong> fatto negandone però le originarie implicazioni semantiche, la serie <strong>di</strong> rimanti<br />

(altrove anche più ampia) viso: para<strong>di</strong>so <strong>di</strong> lentiniana, dantesca, derossiana 48 e petrarchesca<br />

ascendenza 49 , già più volte impiegata e comunque emersa nella scena della follia <strong>di</strong> Orlando (XXII,<br />

128, I e 5), alternandola con l'aequivocatio <strong>su</strong> poggi, rimante petrarchesco. Quin<strong>di</strong> sorride anche <strong>su</strong><br />

se stesso, <strong>su</strong>lle proprie Rime petrarchistiche, riconducendo il senno (<strong>di</strong>venuto «ingegno»!) dal<br />

«cerchio de la luna» alla più terrestre, carnale cartografia del corpo dell'amata:<br />

Chi salirà per me, madonna, in cielo<br />

a riportarne il mio perduto ingegno?<br />

che, poi ch'uscì da' bei vostri occhi il telo<br />

che 'l cor mi fisse, ognior perdendo vegno.<br />

Né <strong>di</strong> tanta iattura mi querelo,<br />

pur che non cresca, ma stia a questo segno:<br />

ch'io dubito, se più si va sciemando,<br />

<strong>di</strong> venir tal, qual ho descritto Orlando.<br />

Per rïaver l'ingegno mio m'è aviso<br />

che non bisogna che per l'aria io poggi<br />

nel cerchio de la luna o in para<strong>di</strong>so:<br />

che 'l mio non credo che tanto alto alloggi.<br />

Ne' bei vostri occhi e nel sereno viso,<br />

45 M. M. BOIARDO, Orlando Innamorato cit., I, XVI, I, vv. I, 3 e 7-8.<br />

46 Cfr. C. SEGRE, Fuori del mondo cit., pp. 11-66; per Luciano in <strong>Ariosto</strong>, pp. 103 e 107.<br />

47 Sul nesso tra le figure <strong>di</strong> Fortuna e le icone della Ruota, della Luna, dell'Instabilità, rinvio alla documentazione<br />

raccolta in C. BOLOGNA, Immagini <strong>di</strong> Fortuna. Pensiero, arte e letteratura fra antico e moderno, Firenze 1995.<br />

48 Cfr. F. BRUGNOLO, Il canzoniere <strong>di</strong> Nicolò de' Rossi, I, Introduzione, testo e glossario, Padova 1974, p. 16, sonetto<br />

n. 26 (Toluto m' ài lo core e conquiso), vv. 5-7, e p. 52, sonetto n. 97 (Balsemo, crisma, geme o fin oro), vv. 9-1l.<br />

49 Cfr. R. ANTONELLI, Metrica e testo, in «Metrica», IV (1986), pp. 37-66, specialmente le pp. 65-66: «serie rimiche,<br />

tra<strong>di</strong>zioni rimiche complessive e particolari [..] sono in realtà la <strong>di</strong>mostrazione non solo del peso della tra<strong>di</strong>zione e della<br />

storia, ma anche una delle caratterizzazioni massime dello specifico del linguaggio poetico: il rapporto del tutto<br />

arbitrario e soggettivo che stabilisce le relazioni fra i rimanti <strong>di</strong>viene nel tempo rapporto storicamente necessario a<br />

connotare una con<strong>di</strong>zione e un impegno». Cfr. poi p. 172.<br />

1


nel sen d'avorio e alabastrini poggi<br />

se ne va errando; et io con queste labbia<br />

lo corrò, se vi par ch'io lo rïabbia. (XXXV, 1 e 2).<br />

L'identificazione <strong>di</strong> <strong>Ariosto</strong> con Orlando, per giocosa e autoironica che sia (e varrà, più<br />

largamente, come identificazione con la straor<strong>di</strong>naria coppia che, con un bell'endecasilabo in prosa<br />

ricalcato con gusto paro<strong>di</strong>co <strong>su</strong>l celebre v. 1093 della Chanson de Roland, «Rollant est proz e<br />

Oliver est sage», Giulio Antonio Borgese definì «Astolfo savio e Orlando savio e matto») 50 , era già<br />

stata anticipata al canto XXX, nell'ottava 1 e poi nella 4ª («Non men son fuor <strong>di</strong> me, che fosse<br />

Orlando; / e non son men <strong>di</strong> lui <strong>di</strong> scusa degno [...]»: vv. 1-2); e nella 3ª, interme<strong>di</strong>a:<br />

Ben spero, donne, in vostra cortesia<br />

aver da voi perdon, poi ch'io vel chieggio.<br />

Voi scusarete, che per frenesia,<br />

vinto da l'aspra passion, vaneggio.<br />

Date la colpa alla nimica mia. (XXX, 3, 1-5).<br />

In quel caso l'altissimo rilievo che essa as<strong>su</strong>me è sottolineato dal fatto che costituisce la chiave<br />

per realizzare — attraverso l'accostamento in rima <strong>di</strong> cortesia e frenesia, ed un gioco ironico <strong>su</strong><br />

lemmi <strong>di</strong> stampo petrarchesco («nimica mia») — la «ripresa tematica» del livello <strong>di</strong>egetico-pazzia<br />

d'Orlando.<br />

La pazzia è strettamente legata, in tutto questo libro che è fatto <strong>di</strong> movimento, alla scrittura, al<br />

<strong>su</strong>o essere salto, equivoco, ambiguità, <strong>di</strong>gressione, scarto dalla norma e dalla strada. Orlando<br />

impazzisce perché legge i messaggi <strong>di</strong> reciprocità d'amore scambiati da Angelica e Medoro; li legge<br />

in arabo, la lingua dell'Altro (XXII, 110, 1-2). Così va cercando col pensiero lontano dalla retta via<br />

(ibid., 103, 5 sgg.), e quin<strong>di</strong> va procacciandosi «ne la speranza il mal contento» (ibid., 104, 7-8);<br />

erra «pel bosco [...] tutta la notte» (ibid., 129, 1), e quando vede «l'ingiuria <strong>su</strong>a scritta nel monte»<br />

(ibid., 129, 5) fa «a volo alzar» le schegge dei sassi e della scrittura (ibid., 130, 1-2). Ed è ancora<br />

<strong>Ariosto</strong>, un Orlando sdoppiato, che rovesciando l'antica formula negativa del clericus Thomas 51 ,<br />

<strong>di</strong>chiara: «Credete a chi n'ha fatto esperimento, / che questo è 'l duol che tutti gli altri passa» (ibid.,<br />

112, 3-4). Impazzito, Orlando «esce» fuori <strong>di</strong> sé. Il verbo è iterato più volte, giacché nella follia i<br />

sentieri spesso si biforcano (ibid., 1; 113, 2, 6 e 8). Poi ritorna in sé alquanto» (ibid., 114, 1); infine<br />

«va» (ibid., 115, 5), seguendo nuovi tracciati. Con identico moto spiraliforme Bradamante si<br />

arrotola <strong>su</strong> se stessa, perdendosi («[...] né seppe mai trovar la strada. / Or per valle or per monte<br />

s'avvolgea [...]»: XXII, 98, 2-3). Così farà, secoli più tar<strong>di</strong>, Odradek, l'ultimo avatar occidentale del<br />

trickster, l'uomo-trottola-gomitolo eternamente prillante, sognato da Franz Kafka.<br />

La pazzia è un movimento a zig-zag («Di qua, <strong>di</strong> là, <strong>di</strong> <strong>su</strong>, <strong>di</strong> giù <strong>di</strong>scorre»: XXIV, 14, 1).<br />

un'uscita dal sentiero («prima che pigli il conte altri sentieri [...]»: XXIII, 99, 5). una <strong>di</strong>gressione:<br />

appunto, una <strong>di</strong>varicazione del cammino 52 . La pazzia moltiplicata nel numero dei percorsi genera il<br />

50 Così G. A. BORGESE, L'<strong>Ariosto</strong> nel mondo degli invisibili (1923), in ID., Da Dante a Thomas Mann, a cura <strong>di</strong> G.<br />

Vallese, Milano 1958, pp. 152-90 (a p. 180). Sull'idea del "movimento" come "mutamento" dell'immaginario ed anche<br />

testuale si legga anche il sottile saggio <strong>di</strong> F. FORTINI, I silenzi dell'<strong>Ariosto</strong> (1975), in ID., Nuovi saggi italiani, 2 voll.,<br />

Milano 1987, II, pp. 13-18.<br />

51 È il v. 147 del frammento Torino 1 del Roman de Tristan <strong>di</strong> Thomas, ed. Wind cit., p. 75. Cfr. A. RONCAGLIA, Il<br />

trovatore Bernart de Ventadorn. Materiali e appunti per il Corso <strong>di</strong> Filologia romanza […] Anno accademico 1984-85,<br />

Roma 1985, pp. 50 sgg.<br />

52 L'allusione è, chiaramente, a J. L. BORGES, Il giar<strong>di</strong>no dei sentieri che si biforcano (1941), testo riproposto nel 1944<br />

quale prima parte <strong>di</strong> Ficciones (trad. it. Finzioni. La biblioteca <strong>di</strong> Babele Torino 1955; alle pp. 79-91, il racconto dallo<br />

stesso titolo, senza dubbio ispirato dal Furioso). A Borges, e nel contempo all'<strong>Ariosto</strong> ed al gioco dei tarocchi, pensò I.<br />

CALVINO, Il castello dei destini incrociati, Torino 1973 (cfr. la Nota, pp. 123-28, in particolare p. 125) esso «vuol<br />

2


labirinto dalle infinite <strong>di</strong>gressioni. Impazzendo Orlando non fa che replicare il gesto fondativo del<br />

libro: cioè proprio la <strong>di</strong>gressione, il cambiamento <strong>di</strong> strada. <strong>Ariosto</strong> riba<strong>di</strong>sce così la propria<br />

identificazione con Orlando, cavaliere dalla rotta impazzita, ogni volta che parla del cammino <strong>di</strong> lui,<br />

o del proprio: «Bisogna, prima ch'io vi narri il caso, / ch'un poco dal sentier dritto mi torca» (VIII,<br />

51, 1-2). E <strong>su</strong>bito dopo, al verso 8, introduce Proteo nella storia. Poco prima, ottava 50, 1, a<br />

proposito <strong>di</strong> Angelica, ha detto, allitterando con un verso scan<strong>di</strong>to quasi dall'ambio equino: «Tutte<br />

le vie, tutti li mo<strong>di</strong> tenta». Il Testo-Cavallo, guidato dal Cavaliere-<strong>Ariosto</strong>, imbocca sentieri sempre<br />

<strong>di</strong>versi, e <strong>di</strong> quando in quando «si torce» da quello «dritto» — come dalla «dritta via» l'archetipico<br />

pellegrino, in altra selva dai molti sentieri — per inseguire venture e casi nuovi. Questo alternarsi <strong>di</strong><br />

«senno» e «follia», <strong>di</strong> «dritto sentiero» e <strong>di</strong> «sentiero torto» è il ritmo del Furioso, poema scritto (e<br />

da leggersi) secondo il «passo del Cavallo» (tema tanto caro, anche <strong>su</strong>l piano teorico, a Sklovskij e<br />

al formalismo sovietico).<br />

La narrazione degli innumerevoli «casi» richiede il movimento zigzagante della <strong>di</strong>gressione,<br />

che è il movimento <strong>di</strong> Proteo, il solo in grado d'afferrare la «materia prima» e incatenarla alla<br />

lingua, come Angelica allo scoglio: «Nascono casi, e non saprei <strong>di</strong>r quanti» (XIII, 39, 1). Volendo<br />

seguirli (inseguirli) tutti <strong>Ariosto</strong>/Orlando impazzisce. Cioè, etimologicamente, delira, esce dal<br />

«solco», dalla strada, fa <strong>di</strong>gressioni per «scegliere» una via «opportuna» (verso il «porto»), e così<br />

«uscire», a <strong>su</strong>a volta, dalla pazzia:<br />

Pazzia sarà, se le pazzie d'Orlando<br />

prometto raccontarvi ad una ad una;<br />

che tante e tante fur, ch'io non so quando<br />

finir: ma ve n'andrò scegliendo alcuna<br />

solenne et atta da narrar cantando,<br />

e ch'all'istoria mi parrà opportuna. (XXIX, 50, 1-6).<br />

Volere/dovere scegliere impone il moto ondulatorio dell'«entrare»/«uscire» dalla «pazzia» alla<br />

ragionevole argomentazione, dalla foresta alla radura ove l'orizzonte è chiaro e torna univoco,<br />

lasciando intravedere la «fine» (il fine) del Libro. Come <strong>Ariosto</strong>, come Orlando, come Angelica,<br />

come Ruggiero e gli altri protagonisti, anche noi Lettori ci per<strong>di</strong>amo spesso, non ritroviamo il<br />

sentiero giusto. Sempre, comunque, il nostro camminare nel Testo è quête <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> partenza,<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong>rezione e possibilmente d'un punto <strong>di</strong> arrivo. La per<strong>di</strong>ta del senso d'orientamento<br />

nell'intreccio dei Testi-cavalli e dei Cammini-trame coincide con lo smarrimento che è per<strong>di</strong>ta del<br />

sentiero, della «dritta via», per noi come per l'Autore e per i personaggi, tanto che le ramificazioni<br />

dei sentieri e quelle degli alberi coincidono, e nel delirio la Selva è il Labirinto dei sentieri interrotti.<br />

«Ruggier riman confuso e in pensier grande, / e non sa ritrovar capo né via» (XXXV, 64, 1-2).<br />

Zerbino segue «invan <strong>di</strong> Bradamante i passi, / perché trovò il sentier che si torcea / in molti rami<br />

ch'ivano alti e bassi» (XXIII, 43, 2-4); il Labirinto è per lui, come sarà per Borges, la forma<br />

imaginale della Perplessità. Per questo egli resta immobile, perplesso, incastrato (anche<br />

sintatticamente) tra il «forse che sí» e il «forse che no», proprio come se si trovasse <strong>di</strong> colpo<br />

proiettato dalla Selva al Labirinto inscritto <strong>su</strong>l soffitto a cassettoni <strong>di</strong> una sala del Palazzo Ducale <strong>di</strong><br />

Mantova: «tra il sí Zerbino e il no resta confuso» (XXIV, 34, 2). Solo la Fortuna — che decide del<br />

destino terrestre, come la Luna <strong>su</strong> cui volano il senno e le cose perdute in Terra — può aiutare a<br />

ritrovarsi, a riprendere il movimento rettilineo: « Fortuna mi tirò fuor del camino / in mezzo un<br />

bosco d'intricati rami» (XXV, 60, 1-2).<br />

essere una specie <strong>di</strong> macchina per moltiplicare le narrazioni partendo da elementi figurali dai molti significati possibili<br />

come un mazzo <strong>di</strong> tarocchi» (ID., Lezioni americane cit. (Molteplicità), p. 117; in Saggi 1945-1985 cit., I, p. 730). Non<br />

è senza interesse che anche il Boiardo avesse composto, sia pur come mero gioco poetico d'intrattenimento sociale, dei<br />

capitoli intitolati Tarocchi: se ne veda ora l'e<strong>di</strong>zione a cura <strong>di</strong> S. Foà, Roma 1993 (con Introduzione, pp. 7-25).<br />

3


Fin dall'inizio il Furioso si annuncia come il poema del movimento, o meglio, annuncia il particolare tipo <strong>di</strong><br />

movimento che lo percorrerà da cima a fondo, movimento a linee spezzate, a zig zag. Potremmo tracciare il <strong>di</strong>segno<br />

generale del poema seguendo il continuo intersecarsi e <strong>di</strong>vergere <strong>di</strong> queste linee <strong>su</strong> una mappa d'Europa e d'Africa, ma<br />

già basterebbe a definirlo il primo canto [...], una sarabanda tutta smarrimenti, fortuiti incontri, <strong>di</strong>sgui<strong>di</strong>, cambiamenti <strong>di</strong><br />

programma. E con questo zig zag tracciato dai cavalli al galoppo e dalle intermittenze del cuore umano che veniamo<br />

introdotti nello spirito del poema. [...] Il procedere svagato non è solo degli inseguitori d'Angelica ma pure d'<strong>Ariosto</strong>:<br />

[...] il movimento «errante» della poesia d'<strong>Ariosto</strong> 53 .<br />

Se l'immagine dello spazio mobile induce quella <strong>di</strong> una scrittura <strong>di</strong>namica e oscillante, il<br />

dérèglement spaziale causa anche quello temporale: àltera i tempi della narrazione, oltre che il<br />

tempo narrato. E allora potremo accogliere in una simile prospettiva ermeneutica più ampia<br />

l'intelligente boutade <strong>di</strong> Giulio Antonio Borgese:<br />

Si vorrebbe poter scrivere, con la stessa legittimità della parola spaziare, la parola stemporare: cioè trascendere<br />

i tempi, travalicare le epoche. Anche quest’effetto è raggiunto alcune volte dall'Orlando Furioso. [...] Signori dello<br />

spazio e del tempo, forniti <strong>di</strong> potestà meravigliose, <strong>di</strong> animali volanti, <strong>di</strong> armi fatate, <strong>di</strong> azioni a <strong>di</strong>stanza, gli eroi del<br />

Furioso si servono <strong>di</strong> queste loro virtù per ritrovare e attuare, nella gran selva delle apparenze, un loro ideale <strong>di</strong><br />

perfezione e bontà 54 .<br />

Identificandosi nei pala<strong>di</strong>ni dalle straor<strong>di</strong>narie virtù <strong>di</strong> fiaba, il poeta conquista così il<br />

mirabile potere <strong>di</strong> rovesciare la macchina del tempo, <strong>di</strong>ventando dominatore "delle <strong>su</strong>e storie":<br />

quin<strong>di</strong> "della Storia". In un senso tutto sommato affine il Wilkins poté definire Petrarca «il signore<br />

poetico della <strong>su</strong>a cronologia, e non lo schiavo», con riferimento all'immagine dell'autore che smonta<br />

e rimonta ripetutamente la macchina testuale, costituita da una sommatoria <strong>di</strong> liriche or<strong>di</strong>nate in<br />

<strong>di</strong>mensione velatamente «<strong>di</strong>egetica», al fine <strong>di</strong> cancellare la temporalità naturale della sequenza<br />

compositiva sostituendo ad essa la temporalità artificiale della riorganizzazione nell'organismo<br />

lirico-<strong>di</strong>egetico del Canzoniere 55 . Assorbendo in sé e <strong>su</strong>perando «la libertà <strong>di</strong> accumulo, <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>gressione e <strong>di</strong> moltiplicazione» tipica della cultura cavalleresco-canterina, <strong>Ariosto</strong> riesce a passare<br />

ben oltre il Boiardo e il <strong>su</strong>o Innamorato, e attua me<strong>di</strong>ante un vero e proprio dominio cosmogonico<br />

del Tempo-Spazio «la trasformazione <strong>di</strong> quella macchina dai sobbalzi irregolari ed estemporanei in<br />

un telaio <strong>di</strong> trame coniugate e infine ricomposte»: tappa assolutamente decisiva per la fondazione<br />

matura e consapevole <strong>di</strong> «una scienza dell'organismo narrativo che sarà decisiva, per le <strong>su</strong>e fortune<br />

in età moderna» 56 .<br />

La quéte <strong>di</strong> percorsi sempre nuovi e sempre <strong>di</strong>gre<strong>di</strong>enti spinge l'<strong>Ariosto</strong> (lo hanno intuito<br />

Sanguineti e Ronconi, mettendo in scena il Furioso come sistema complesso <strong>di</strong> eventi teatrali in<br />

movimento, <strong>di</strong> «assoluta contemporaneità e simultaneità reciproca») a «tradurre in simultaneità <strong>di</strong><br />

tempo quel <strong>su</strong>o romper le fila e riprenderle», portando in primo piano <strong>su</strong>l palcoscenico della<br />

narrazione, e ponendolo in assoluta evidenza, «l'artificio tecnico <strong>su</strong> cui il poema è costruito», e che<br />

il lettore è invitato a cogliere ed apprendere imme<strong>di</strong>atamente, recuperando <strong>di</strong> continuo i piani<br />

multipli della storia 57 .<br />

53 I .CALVINO, La struttura dell’Orlando cit., pp. 81-82.<br />

54 G. A. BORGESE, L’<strong>Ariosto</strong> nel mondo degli invisibili cit., p. 181.<br />

55 Cfr. E. H. WILKINS, Vita del Petrarca e La formazione del «Canzoniere», a cura <strong>di</strong> R. Ceserani, Milano 1964, p.<br />

345 (all'interno del saggio — pp. 335-84 — che rappresenta la traduzione del cap. IX <strong>di</strong> The Making of the<br />

"Canzoniere" and Other Petrarchan Stu<strong>di</strong>es, Roma 1951).<br />

56 G. MAZZACURATI, Varietà e <strong>di</strong>gressione. Il laboratorio ariostesco nella trasmissione dei «generi», ora in ID.,<br />

Rinascimenti in transito, Roma 1996, pp. 59-77 (a p. 68). Altre notevoli pagine ariostesche dello stesso autore si<br />

leggono in: Il Rinascimento dei moderni. La crisi culturale del XVI secolo e la negazione delle origini, <strong>Bologna</strong> 1985;<br />

All'ombra <strong>di</strong> Dioneo. Tipologie e percorsi della novella da Boccaccio a Bandello, a cura <strong>di</strong> M. Palumbo, Firenze 1996<br />

(specie pp. 127 sgg. e 297 sgg.).<br />

57 Cfr. Orlando Furioso <strong>di</strong> Ludovico <strong>Ariosto</strong> cit., p. 17 (la prima frase è in un intervento <strong>di</strong> Ronconi, la seconda in uno<br />

<strong>di</strong> Sanguineti). Si veda ora anche Orlando Furioso. Un travestimento ariostesco cit.<br />

4


L'an<strong>di</strong>rivieni della fabula corrispondente <strong>su</strong>l piano del contenuto a quello del lascia-epren<strong>di</strong>,<br />

tecnica della progressione per fratture e "<strong>su</strong>ture" <strong>di</strong>egetiche 58 , è il movimento labirintico <strong>di</strong><br />

<strong>Ariosto</strong>/Orlando, e con lui degli altri cavalieri (movimento del ragno che tesse la tela, <strong>di</strong> Dedalo che<br />

imitando l'animale mitico e<strong>di</strong>ficò il Labirinto, <strong>di</strong> Petrarca «buon testor de gli amorosi detti») 59 :<br />

Ma perché varie fila a varie tele<br />

uopo mi son, che tutte or<strong>di</strong>re intendo,<br />

lascio Rinaldo e l'agitata prua,<br />

e torno a <strong>di</strong>r <strong>di</strong> Bradamante <strong>su</strong>a. (II, 30, 5-8);<br />

Di molte fila esser bisogno parme<br />

a condur la gran tela ch'io lavoro. (XIII, 81, 1-2).<br />

Non solo Orlando, ma ogni cavaliere, «avvolgendosi <strong>su</strong> <strong>di</strong> sé come in un gomitolo,<br />

ripercorre il tracciato del proprio inseguimento, ma, ad un certo punto, gli si erge <strong>di</strong> fronte il muro<br />

del castello, ostacolo invalicabile ed impe<strong>di</strong>mento alla prosecuzione della ricerca» 60 . Il Castello è un<br />

Labirinto. E cosi come avviene in un celebre film <strong>di</strong> Luis Buñuel, L'angelo sterminatore, una volta<br />

entrati non si esce più, nonostante nulla <strong>di</strong> reale paralizzi il movimento e precluda la fuga:<br />

«ciascuno vi rimane murato dal proprio desiderio insod<strong>di</strong>sfatto, incapace <strong>di</strong> desistere<br />

dall'inseguimento, in una tragica tensione. Il movimento della vita appare così cristallizzato, ridotto<br />

a semplice meccanismo ossessivo». Ma in realtà non c'è mai trage<strong>di</strong>a nel Furioso, e si armonizzano<br />

anche le paralisi, le per<strong>di</strong>te, le morti, come quella <strong>di</strong> Isabella. Ciò che avviene è una <strong>di</strong>lazione del<br />

desiderio, che, <strong>su</strong>l piano onirico, fa pendant a quella che, <strong>su</strong>l piano espressivo, si può definire<br />

poetica della preterizione e della <strong>di</strong>gressione.<br />

Questa poetica si fonda <strong>su</strong>l «segreto <strong>di</strong> ritmo, una cattura del tempo che possiamo<br />

riconoscere dalle origini: nell'epica per effetto della metrica del verso, nella narrazione in prosa per<br />

gli effetti che tengono vivo il desiderio d'ascoltare il seguito» 61 . E mi pare <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario rilievo<br />

che proprio la stessa metafora ariostesca, per cui il Testo è associato ad un cavallo in movimento, ed<br />

il ritmo narrativo è il vario passo dell'animale, fosse già stata esibita in forma <strong>di</strong> racconto, ancor più<br />

esplicitamente, dallo scrittore che rappresenta il modello prosastico <strong>di</strong> <strong>Ariosto</strong>, ossia il Boccaccio<br />

del Decameron: in quella geniale novella (VI, 1) <strong>su</strong>lla quale il più acuto interprete artiste del<br />

Furioso, fra i moderni, Italo Calvino, ha fermato l'attenzione:<br />

58 Su questo punto <strong>di</strong> grande rilievo cfr. almeno: L. BLASUCCI, Osservazioni <strong>su</strong>lla struttura metrica del «Furioso»<br />

(1962), in ID., Stu<strong>di</strong> <strong>su</strong> Dante e <strong>Ariosto</strong>, Milano-Napoli 1969, pp. 73-112 (in particolare pp. 99 sgg.); G. BRONZINI,<br />

Tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> stile ae<strong>di</strong>co dai cantari al «Furioso», Firenze 1966; A. M. CIRESE, Note per una nuova indagine <strong>su</strong>gli<br />

strambotti delle origini romanze, delle società quattro-cinquecentesca e della tra<strong>di</strong>zione orale moderna, in « Giornale<br />

storico della letteratura italiana», CXLIV (1967), pp. 1-54 e 491-564, in particolare pp. 540 sgg.; A. LIMENTANI,<br />

L'«Entrée d'Espagne» e i Signori d'italia cit., cap. V. La lingua e il metro, pp. 203-89; R. ALHAIQUE PETTINELLI,<br />

L'immaginario cavalleresco cit., pp. 77-151; M. C. CABANI, Le forme del cantare epico-cavalleresco cit., pp. 157-217<br />

(La regia della narrazione); ID., Costanti ariostesche. Tecniche <strong>di</strong> ripresa e memoria interna nell' Orlando Furioso»,<br />

Pisa 1990, cap. I. La tecnica della ripresa nell' ottava ariostesca, pp. 9-60, cap. II. Le riprese interstrofiche, pp. 61-114,<br />

cap. III. Riprese a <strong>di</strong>stanza e "memoria interna", pp. 115-259. Per i precedenti boiardeschi e canterini: M. PRALORAN<br />

e M. TIZI, Narrare in ottave. Metrica e stile dell' «Innamorato», Pisa 1988, specie M. PRALORAN, Per una<br />

fenomenologia delle strutture formali dell’«Innamorato», ibid., pp. 121-211.<br />

59 Sul tema cfr. G. GORNI, La metafora <strong>di</strong> testo, in «Strumenti critici», XIII (1979), 38, pp. 18-32, e C. SEGRE,<br />

Avviamento all'analisi del testo letterario, Torino 1985, pp. 28 sgg. Mi permetto ora <strong>di</strong> rinviare anche a quanto ho<br />

scritto a proposito della metafora "tessile" come allegoria profonda della costruzione testuale in Manzoni e Gadda: C.<br />

BOLOGNA, Il filo della storia, in corso <strong>di</strong> stampa in «Critica del testo», I (1998), 1.<br />

60 G. BARLUSCONI, L'«Orlando furioso» poema dello spazio cit., p. 62 (da qui anche la frase virgolettata che segue).<br />

61 I. CALVINO, Lezioni americane cit. (Rapi<strong>di</strong>tà), p. 39 (in Saggi 1945-1985 cit., I, p. 662).<br />

5


«Madonna Oretta, quando voi vogliate, io vi porterò gran parte della via che a andare abbiamo, a cavallo con una delle<br />

belle novelle del mondo». [...] Di che […] madonna Oretta, udendolo, […] più sofferir non poté […], [e] piacevolmente<br />

<strong>di</strong>sse: «Messer, questo vostro cavallo ha troppo duro trotto, per che io vi priego che vi piaccia <strong>di</strong> pormi a piè» 62 .<br />

«La novella — commenta Calvino - è un cavallo: un mezzo <strong>di</strong> trasporto, con una <strong>su</strong>a<br />

andatura, trotto o galoppo, secondo il percorso che deve compiere, ma la velocità <strong>di</strong> cui si parla è<br />

una velocità mentale. [...] Il cavallo come emblema della velocità anche mentale marca tutta la<br />

storia della letteratura, preannunciando tutta la problematica propria del nostro orizzonte<br />

tecnologico» 63 . E a questa metafora, sorridente e irridente (Guglielmo IX, primo poeta volgare, già<br />

<strong>di</strong>chiarava <strong>di</strong> aver composto una lirica «en durmen <strong>su</strong>s un chivau» 64 , dormendo mentre il cavallo<br />

camminava da solo: e lo <strong>di</strong>chiarava nella medesima poesia cosi composta!), si lega con misteriosa<br />

tenacia la capacità <strong>di</strong> certi scrittori geometrici e sognanti d'«inseguire il fulmineo percorso dei<br />

circuiti mentali che catturano e collegano punti lontani dello spazio e del tempo» 65 .<br />

A dominare il tempo mira anche la <strong>di</strong>gressione: «è una strategia per rinviare la conclusione,<br />

una moltiplicazione del tempo all'interno dell'opera, una fuga perpetua; fuga da che cosa? Dalla<br />

morte, certamente [...]» 66 . E d'altra parte, è proprio <strong>Ariosto</strong> a sottolineare il valore della tecnica<br />

<strong>di</strong>gressiva, in qualche mi<strong>su</strong>ra autorizzandola come prassi autoparo<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> relazione con il Testo, nel<br />

momento in cui fa brevi rias<strong>su</strong>nti della trama, e più ancora allorché approva l'ano<strong>di</strong>na eliminazione,<br />

ad opera del lettore, <strong>di</strong> una parte del testo, cioè <strong>di</strong> un percorso "marginale", che ha voluto a forza<br />

inserire la fonte per antonomasia, il «Turpino» spesso citato (cfr. per esempio XXIV, 44, 7-8: «Non<br />

si legge in Turpin che n'avvenisse; / ma vi<strong>di</strong> già un autor che più ne scrisse»; e ibid., 45, 1: «Scrive<br />

l'autore [...]»; «Turpino», che altrove — cfr. XXXIII, 85, 4-5, confrontato con il contenuto<br />

dell'ottava 84 — ri<strong>su</strong>lta identificabile con il Mambriano). Un esempio soltanto: «Lasciate questo<br />

canto, che senza esso / può star l'istoria, e non sarà men chiara. / Mettendolo Turpino, anch'io l'ho<br />

messo, / non per malivolenzia né per gara. [...] // Passi, chi vuol, tre carte o quattro, senza / leggerne<br />

verso, e chi pur legger vuole, / gli <strong>di</strong>a quella medesima credenza / che si <strong>su</strong>ol dare a finzïoni e a<br />

fole» (XXVIII, 2, 1-4 e 3, 1-4).<br />

Il Furioso è una cavalcata infinita, un'equitatio che non ha limiti. Come Rinaldo, anch'esso<br />

«cavalca e quando annotta e quando aggiorna, / alla fresca alba e all'ardente ora estiva, / e fa al lume<br />

del sole e de la luna / dugento volte questa via, non ch'una» (XXVII, 12, 5-8).<br />

Ma se il testo è un cavallo che corre, sempre spezzando il proprio cammino e tornando<br />

in<strong>di</strong>etro e cercando altrove la propria meta, nel Furioso è detto con chiarezza che la stessa pazzia è<br />

la «selva», la Foresta misteriosa in cui il Testo-cavallo s'inoltra:<br />

E quale è <strong>di</strong> pazzia segno più espresso<br />

che, per altri voler, perder se stesso?<br />

Varii gli effetti son, ma la pazzia<br />

è tutt'una però, che li fa uscire.<br />

Gli è come una gran selva, ove la via<br />

conviene a forza, a chi vi va, fallire:<br />

chi <strong>su</strong> chi giù, chi qua, chi là travia. (XXIV, 1, 7-8 e 2, 1-5).<br />

62 G. BOCCACCIO, Decameron, a cura <strong>di</strong> V. Branca, Torino 1980, pp. 718-19. Di notevole interesse, per un<br />

apprezzamento del ruolo ispirativo che le forme della narrazione boccacciana possono aver esercitato <strong>su</strong>lla<br />

strutturazione del Furioso, è la constatazione <strong>di</strong> una <strong>su</strong>a «presenza» profonda nell'immaginario ariostesco, proprio in<br />

qualità <strong>di</strong> «fonte», e comunque <strong>di</strong> «modello» <strong>di</strong>egetico: cfr. G. SANGIRARDI, La presenza del «Decameron»<br />

nell'«Orlando Furioso», in «Rivista <strong>di</strong> letteratura italiana», X (1992), 5-2, pp. 25-67.<br />

63 I. CALVINO, Lezioni americane cit., p. 40 (in Saggi 1945-1985 cit., I, p. 663).<br />

64 Cfr. GUGLIELMO IX D'AQUITANIA, Poesie, a cura <strong>di</strong> N. Pasero, Modena 1973, p. 92; cfr. il mio saggio <strong>di</strong><br />

imminente pubblicazione in «Critica del testo», 1 (1998), n. 3.<br />

65 I. CALVINO, Lezioni americane cit., p. 47 (in Saggi 1945-1985 cit., I, p. 670).<br />

66 Ibid., p. 46 (in Saggi 1945-1985 cit., I, p. 669).<br />

6


Orlando impazzisce «così come» esce <strong>di</strong> strada, perdendo la rotta nel labirinto boscoso della <strong>su</strong>a<br />

quéte:<br />

Il <strong>su</strong>o camin (<strong>di</strong> lei chiedendo spesso)<br />

or per li campi or per le selve tenne:<br />

e sì come era uscito <strong>di</strong> se stesso,<br />

uscì <strong>di</strong> strada; [...] (XII, 86, 1-4).<br />

Ciò conferma che, al pari degli altri personaggi che corrono, si muovono, si cercano, aprono,<br />

chiudono, intrecciano sentieri e cammini, Orlando è la propria strada follemente <strong>di</strong>gressiva 67 ,<br />

"consiste" nel movimento introdotto nel Libro dal <strong>su</strong>o nome e dalla <strong>su</strong>a figura. Ed è, non sfugga, il<br />

movimento ondoso dell'Oceano. Ma soprattutto è quello a zig-zag che <strong>su</strong>lla Scacchiera compie il<br />

Cavallo. Direi che è il passo dell'ironia, della presa <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, del sogno.<br />

La struttura erratica, priva <strong>di</strong> sviluppo longitu<strong>di</strong>nale, policentrica, polifonica e multispaziale<br />

del Furioso, con vicende che attraverso l'entrelacement «si <strong>di</strong>ramano in ogni <strong>di</strong>rezione e<br />

s'intersecano e biforcano <strong>di</strong> continuo» 68 , è un corrispettivo strutturale-funzionale del modello<br />

genetico, che è quello illustrato qui nella sezione I. L'autore l'ha generata per «giunte» <strong>su</strong>ccessive,<br />

per <strong>di</strong>latazioni dall'interno, a scatole cinesi, con proliferazione <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> l'uno dall'altro, creando<br />

«nuove simmetrie e nuovi contrasti»: dunque progressivamente e ininterrottamente armonizzando.<br />

Se il Furioso è il romanzo-poema non del Luogo (la corte), né del Non-Luogo utopico (la<br />

corte ideale), bensì del Movimento-fuori-del-Luogo, nello Spazio puro, il <strong>su</strong>o ritmo non sarà quello<br />

della logica (e quin<strong>di</strong> della sintassi) fondata <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>bor<strong>di</strong>nazione, della progressione rettilinea e<br />

dell'avanzamento cronologico lineare. Al contrario, la <strong>su</strong>a lingua si adattta, cedevole e<br />

sensibilissima, al «movimento <strong>di</strong> "aggiramento avvolgente" dei nuclei semantici del poema, che<br />

trasferisce a livello <strong>di</strong> organizzazione fantastica della materia l'accostamento percettivo della realtà,<br />

nel quale la <strong>su</strong>ccessione delle manifestazioni accentua la presenza degli oggetti, che si mostrano in<br />

tutte le loro facce. [...] Ecco perché si è parlato dei punti focali del poema come <strong>di</strong> "vortici <strong>di</strong><br />

energia", da cui i movimenti aggiranti delle vicende si irra<strong>di</strong>ano per richiudersi <strong>su</strong> <strong>di</strong> essi in spirali<br />

dalle volute concentriche» 69 .<br />

Non conta, in realtà, se il moto sia a zig-zag o a spirale: comunque si tratta <strong>di</strong> uno scarto che<br />

con Benjamin potremmo ancora una volta definire salto. Ed è nel salto che il testo urge al risveglio,<br />

attraverso l'immagine <strong>di</strong>alettica <strong>di</strong> se stesso come proiezione "al futuro" del proprio sogno. Ma è<br />

proprio <strong>Ariosto</strong>, allo snodo <strong>di</strong> una fra le più ardue e <strong>di</strong>varicanti <strong>di</strong>gressioni, ad usare in senso<br />

figurato il sostantivo (in rima inclusiva doppia — poiché al v. 6 fa eco assalto — con alto), secondo<br />

il <strong>su</strong>premo modello <strong>di</strong> Dante (Par., XXIII 61-63), nel momento in cui propone implicitamente la<br />

propria identificazione con Astolfo (<strong>di</strong> fatto a parlare è il Testo, salito appunto "in alto" con<br />

<strong>Ariosto</strong>/Astolfo):<br />

67 Mi paiono interessanti, a questo proposito, le ricerche condotte, <strong>su</strong> un piano storico-letterario <strong>di</strong>versissimo e certo<br />

incommen<strong>su</strong>rabile con quello ariostesco, da E. Manzotti intorno alla «<strong>di</strong>gressione» come «insensibile declinare tematico<br />

in <strong>di</strong>rezioni nuove, [...] declinare che si fa pervasivo soprattutto al livello, narrativamente microscopico, del paragrafo e<br />

del periodo», e che si trasforma in un «fondamentale strumento euristico, […] veicolo insostituibile <strong>di</strong> progressione e<br />

scandaglio nella molteplicità dei significanti e dei significati» nella costruzione del romanzo <strong>di</strong> Gadda (E. MANZOTTI,<br />

Introduzione alla <strong>su</strong>a e<strong>di</strong>zione <strong>critica</strong> commentata <strong>di</strong> C. E. GADDA, La cognizione del dolore, Torino 1987, pp. VII-LI,<br />

alle pp. XXVII-XVIII). Me<strong>di</strong>ante quella che Gadda medesimo definiva «consecuzione ciclica», o se si vuol <strong>di</strong>re<br />

altrimenti «elicoidale» (non troppo <strong>di</strong>ssimile dalla ripresa a <strong>di</strong>stanza che illustrerò fra poco per l'<strong>Ariosto</strong>, anche per<br />

l'insistenza mnemonico-evocativa <strong>su</strong> elementi fonico-simbolici) il Romanzo si impianta <strong>su</strong> strutture sintattiche e<br />

semantiche che «vengono [...] a costituire un omologo formale della confusione degli spazi» nella descrizione anche<br />

minuziosa (ibid., pp. XXX-XXXI).<br />

68 I. CALVINO, La struttura dell'«Orlando» cit., pp. 78-79. Cfr. G. BARLUSCONI, L'«Orlando furioso» poema dello<br />

spazio cit., pp. 46 sgg., e per l'entrelacement D. DELCORNO BRANCA, L'Orlando Furioso e il romanzo cavalleresco<br />

me<strong>di</strong>evale cit., pp. 15-56.<br />

69 G. BARLUSCONI, L'«Orlando furioso» poema dello spazio cit., p. 101.<br />

7


Resti con lo scrittor de l'evangelo<br />

Astolfo ormai, ch'io voglio far un salto,<br />

quanto sia in terra a venir fin dal cielo<br />

ch'io non posso più star <strong>su</strong> l'ali in alto. (XXXV, 31, 1-4).<br />

Si tratta <strong>di</strong> un <strong>di</strong>stanziamento del testo da se stesso grazie al quale esso si autorappresenta,<br />

costituendo una serie multipla <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista e <strong>di</strong> narrazione. Ad essi la lingua aderisce con<br />

esattezza, ri<strong>su</strong>onando per alludere, per ri-chiamare i <strong>su</strong>oi personaggi ad azioni che iterano altre<br />

azioni già da sempre avvenute.<br />

Dico "ri-chiamare" anche in senso letterale, perché, come cercherò <strong>di</strong> mostrare, la lingua del<br />

Furioso <strong>su</strong>ona, musicalmente, a ondate <strong>su</strong>ccessive, quasi sviluppasse armonie e "temi" orchestrati<br />

per sinuoso an<strong>di</strong>rivieni, alla maniera in cui sono strutturate certe opere liriche moderne (penso a<br />

Wagner, ma anche a Puccini, e in parte a Ver<strong>di</strong>), nelle quali l'orchestra spesso, all'uscita dal fondale<br />

<strong>di</strong> un determinato personaggio, "richiama" la "<strong>su</strong>a" aria: quella, cioè, che lo connota perché è il <strong>su</strong>o<br />

"pezzo forte", il <strong>su</strong>o Leitmotiv, la <strong>su</strong>a aria-base, ri<strong>su</strong>onata alla <strong>su</strong>a prima apparizione in scena; e ad<br />

ogni nuova emersione timbrico-tematica rievoca dunque proprio quella comparsa archetipica,<br />

sempre riplasmando, con esattezza, rapi<strong>di</strong>tà, molteplicità <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista, l"'ora" <strong>su</strong>l "prima", il<br />

"qui" <strong>su</strong>ll' "altrove".<br />

In questo senso ripeto che il Furioso è un libro strutturato e narrato come un sogno. Come<br />

un sogno si struttura me<strong>di</strong>ante tempi (<strong>di</strong>egetici ed extra<strong>di</strong>egetici) 70 accavallati, inclusi l'uno<br />

nell'altro, anche contrad<strong>di</strong>ttori, giacché il <strong>su</strong>o tempo è un non-tempo, ri<strong>su</strong>ltante dalla fusione <strong>di</strong><br />

realtà-mito-utopia. Me<strong>di</strong>ante piani incentrati <strong>su</strong> perni multipli, organizzati dalla pluralità<br />

prospettica, come un sogno il Furioso si <strong>di</strong>pana, si allarga, tendendo all'infinito, con velocità vicina<br />

alla simultaneità 71 , connettendo spazi, tempi, rapporti, personaggi, racconti incongrui, <strong>su</strong>lla base <strong>di</strong><br />

assonanze e consonanze, <strong>di</strong> affinità armoniche, <strong>di</strong> giochi anagrammatici, <strong>di</strong> implicazioni foniche<br />

tran<strong>su</strong>stanziate in collegamenti semantici nella scelta delle rime (specie <strong>di</strong> quelle tecniche,<br />

impiegate con razionale e sofisticata strategia) e dei rimanti.<br />

Come un sogno, il Furioso <strong>di</strong>stanzia se stesso dal reale per affondare nella memoria. Il<br />

<strong>di</strong>gre<strong>di</strong>re, il <strong>di</strong>vagare, mirano a «<strong>di</strong>stanziare nello spazio il "luogo della memoria", per poterlo<br />

ritrovare sempre nuovo e sempre <strong>di</strong>verso ad ogni "ripresa". Lo spazio dell'<strong>Ariosto</strong>, in questo senso,<br />

è veramente una memoria che si è calata nelle cose, che si è connaturata con i luoghi, facendosi<br />

<strong>di</strong>mensione percorribile» 72 . E come un sogno, traduce anzitutto in immagini, grafico-fonetiche e poi<br />

iconiche, le "idee" e i "personaggi".<br />

Se il Theatro camilliano è la Mente dell'Uomo che, deificato grazie ad un iter iniziatico,<br />

pensa l'Universo nelle <strong>su</strong>e Idee ra<strong>di</strong>cali e nelle loro infinite possibili relazioni, e lo domina e lo<br />

trasforma trasformando al contempo se stesso, il Furioso, scaturito entro la medesima sensibilità<br />

intrisa <strong>di</strong> neoplatonismo e d'ermetismo, e insomma <strong>di</strong> cultura "spirituale" 73 , è il grande «theatro»<br />

70 Sul rapporto fra i due livelli sono fondamentali: H. WEINRICH, Tempus. Besprochene und erzählte Welt, 1964 (trad.<br />

it. Tempus. Le funzioni dei tempi nei testi, <strong>Bologna</strong> 1978); P. RICŒUR, Temps et récit, 3 voll., 1983-85 (trad. it. Tempo<br />

e racconto, 3 voll., Milano 1986-88).<br />

71 La simultaneità percettiva-descrittiva annulla lo sviluppo <strong>di</strong>acronico, come appunto nel sogno, e sostituisce i rapporti<br />

gerarchici, sintagmatici, con rapporti para<strong>di</strong>gmatici, <strong>di</strong> affinità per somiglianza-contiguità: cfr. S. FREUD, Die<br />

Traumdeutung, 1900 (trad. it. L'interpretazione dei sogni, in ID., Opere, III, Torino 1967, pp. 286 sgg.). E la<br />

simultaneità situazionale è parte costitutiva dell'universo ariostesco molteplice, in espansione. Si veda, anche in<br />

rapporto a quanto s'è detto nella nota 67, I. CALVINO, Lezioni americane cit. (Molteplicità), p. 105 (in Saggi 1945-<br />

1985 cit., I, p. 758): «Nei testi brevi come in ogni episo<strong>di</strong>o dei romanzi <strong>di</strong> Gadda, ogni minimo oggetto è visto come il<br />

centro d'una rete <strong>di</strong> relazioni che lo scrittore non sa trattenersi dal seguire, moltiplicando i dettagli in modo che le <strong>su</strong>e<br />

descrizioni e <strong>di</strong>vagazioni <strong>di</strong>ventino infinite. Da qualsiasi punto <strong>di</strong> partenza il <strong>di</strong>scorso s'allarga a comprendere orizzonti<br />

sempre più vasti, e se potesse continuare a svilupparsi in ogni <strong>di</strong>rezione arriverebbe ad abbracciare l'intero universo».<br />

72 G. BARLUSCONI, L'«Orlando furioso» poema dello spazio cit., p. 102.<br />

73 Un'importante apertura <strong>di</strong> questo fronte originale <strong>di</strong> ricerca ha permesso per ora <strong>di</strong> riconoscere la presenza <strong>di</strong> letture<br />

erasmiane nella filigrana del Furioso: G. FRAGNITO, Intorno alla "religione" dell'<strong>Ariosto</strong>: i dubbi del Bembo e le<br />

credenze ereticali del fratello Galasso, in «Lettere italiane», XLIV (1992), pp. 208-39.<br />

8


ariostesco, ove, vi<strong>su</strong>alizzando il linguaggio nella forma del labirinto testuale e verbalizzando la<br />

stessa iconicità del significato (la vita, come questo poema, è un labirinto da attraversare<br />

sognando, per trasformarlo), la Memoria dell'Autore impara a "giocare" tutte le possibili<br />

opportunità <strong>di</strong> mutazione e <strong>di</strong> connessione delle "storie", domandole e guidandole come altrettanti<br />

cavalli. O come figure <strong>di</strong> un ideale teatro dei pupi, che un burattinaio elegante e sagace sa far<br />

muovere, combattere, incontrarsi e scontrarsi, senza che mai i fili, pur intrecciandosi, s'aggroviglino<br />

incon<strong>su</strong>ltamente. O come altrettanti pezzi degli scacchi, che impongono ferree regole <strong>di</strong> gioco, ma<br />

richiedono insieme fantasia e coraggio, capacità d'inventare e <strong>di</strong> rischiare, senso della strategia e<br />

dell'avventura, memoria sterminata e rapi<strong>di</strong>ssimo oblio che permetta <strong>di</strong> selezionare e conservare<br />

solo i dati e le mosse essenziali allo sviluppo dell'intreccio-gioco. Al pari <strong>di</strong> ciò che avviene nella<br />

ricostruzione della tra<strong>di</strong>tio culturale, anche nella lettura (e quin<strong>di</strong>, a monte, nella scrittura) <strong>di</strong> un<br />

libro quale il Furioso, che è anche un vivente Archivio, un theatron ove si interpreta<br />

linguisticamente la tra<strong>di</strong>zione letteraria italiana, «occorre saper <strong>di</strong>menticare molte cose, se si vuole<br />

custo<strong>di</strong>re ciò che è essenziale» 74 .<br />

Il funzionamento linguistico-<strong>di</strong>egetico profondo del Furioso — al <strong>di</strong> sotto della<br />

razionalizzazione garantita dall'emergenza dell'Autore-Testo che, <strong>di</strong> tanto in tanto, "rientra in sé"<br />

dal proprio delirio (ma è proprio allora che, <strong>di</strong> fatto, "esce" dal Testo-sentiero, abbandonando un<br />

testo-cavallo) — è dunque quello del movimento e dell'intreccio mnemonico-armonico-onirico:<br />

della memoria attivata dal/nel ritmo, <strong>su</strong> pure basi associativo-musicali. Così funzionano i "teatri<br />

della memoria" del primo Cinquecento, destinati a render fruibile in termini <strong>di</strong> eloquenza il sapere<br />

universale, le ra<strong>di</strong>ci profonde delle Idee sottostanti al reale e all'irreale. Così funziona il Theatro<br />

della Sapientia <strong>di</strong> Giulio Camillo.<br />

L'or<strong>di</strong>tura del <strong>di</strong>scorso me<strong>di</strong>ante «varie fila e varie tele» si traduce allora nell'or<strong>di</strong>tura<br />

dell'armonia, <strong>di</strong> quella «perpetua catarsi armonica» 75 , o, se si allegorizza, <strong>di</strong> quell'Armonia in cui<br />

Benedetto Croce intuì, velatamente, l'occulto, profondo centro del Furioso: ed anche la metafora del<br />

testo as<strong>su</strong>me, così, l'immagine della performance musicale, anch'esso interrotto, franto, <strong>di</strong>gressivo,<br />

autogenerantesi per affinità mnemonica:<br />

Signor, far mi convien come fa il buono<br />

sonator sopra il <strong>su</strong>o instrumento arguto,<br />

che spesso muta corda, e varia <strong>su</strong>ono,<br />

ricercando ora il grave, ora l'acuto.<br />

Mentre a <strong>di</strong>r <strong>di</strong> Rinaldo attento sono,<br />

d'Angelica gentil m'è sovenuto,<br />

<strong>di</strong> che lasciai ch'era da lui fuggita,<br />

e ch'avea riscontrato uno eremita. (VIII, 29);<br />

[…] prima che le corde rallentate<br />

al canto <strong>di</strong><strong>su</strong>gual rendano il <strong>su</strong>ono,<br />

fia meglio <strong>di</strong>fferirlo a un'altra volta,<br />

acciò men sia noioso a chi l'ascolta. (XXIX, 74, 5-8)<br />

74 E. R. CURTIUS, Europäïsche Literatur und lateinisches Mittelalter, 1948 (trad. it. Letteratura europea e Me<strong>di</strong>o Evo<br />

latino, a cura <strong>di</strong> R. Antonelli, Firenze 1992, p. 439).<br />

75 B. CROCE, <strong>Ariosto</strong> cit., p. 90.<br />

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