Antologia 2007 - Cerda nuova compagnia
Antologia 2007 - Cerda nuova compagnia
Antologia 2007 - Cerda nuova compagnia
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
I poeti lavorano di notte<br />
Quando il tempo non urge su di loro,<br />
quando tace il rumore della folla<br />
e termina il linciaggio delle ore.<br />
I poeti lavorano nel buio<br />
Come falchi notturni od usignuooli<br />
Dal dolcissimo canto<br />
E temono di offendere Iddio.<br />
Ma i poeti, nel loro silenzio<br />
conFanno ben più rumore<br />
Di una dorata cupola di stelle<br />
Alda Merini<br />
1
ANTOLOGIA<br />
III° CONCORSO LETTERARIO<br />
“MAESTRO RASA CALOGERO”<br />
A CURA DI<br />
SALVATORE IMBURGIA<br />
ANTONIO LEONE<br />
<strong>2007</strong><br />
3
UN ILLUSTRE E SAGGIO POETA POPOLARE<br />
MAESTRO RASA CALOGERO<br />
Nacque l’8 ottobre 1918 a S. Cristina Gela (PA), una delle cinque colonie<br />
albanesi di Sicilia. Perse il padre in tenera età e frequentò nel suo paese le<br />
scuole elementari. Notato dal Parroco per la sua vivace intelligenza, fu<br />
mandato a continuare gli studi presso il seminario “S.Maria dei Padri<br />
Brasiliani” a Mezzojuso (PA). Scoppiata la seconda guerra mondiale venne<br />
destinato a Rodi, nell’Egeo. Quando le sorti della guerra volsero a sfavore<br />
dell’alleata Germania, fu prigioniero dei tedeschi per due anni e dopo<br />
molteplici avversità riusci a ritornare in patria. Nel 1947 inizio a lavorare a<br />
<strong>Cerda</strong> dove conobbe e sposò Vincenza Anzalone dalla quale ebbe 4 figli.<br />
Nel febbraio 1948 vinse il concorso magistrale e iniziò il suo lavoro di<br />
maestro a <strong>Cerda</strong>.<br />
Diede inizio alla sua produzione poetica in dialetto<br />
con l’intento di salvaguardare dall’oblio i proverbi,<br />
espressioni di saggezza popolare. I suoi primi<br />
scritti(“L’Onorevuli mancanti”, e “Li cumizi di<br />
chiusura”) sono costituiti su di essi.<br />
I temi ricorrenti nela sua poesia sono: l’amore per<br />
il lavoro che svolgeva (Lu maestru , Addiu a la<br />
scola,); il ricordo accorato del terribile periodo di<br />
prigionia(Ricordu di la prigionia, Pani spartutu), il<br />
rifiuto di ogni forma di totalitarismo ed il rispetto<br />
per la democrazia (Li dui Napuliuna, lu guvernu<br />
semu nui, ); e ancora: L’attenzione verso i semplici oggetti della vita<br />
quotidiana (Lu chiovu, La zappa, La Pignata); la descrizione affettuosa ed<br />
attenta di quello che egli considerava il “suo paese” (Ministoria di <strong>Cerda</strong>, La<br />
chiazza, Malluta, Casteddazzu); cantò inoltre le glorie cerdesi: La Targa<br />
Florio Picchì l’ann’a livari ?, A cacocciula)<br />
Il maestro Rasa definì le sue poesie “spigolature umilissime” ma, in effetti,<br />
egli riusci non solo a parlare con cori di profonda umanità ed interiorità, ma<br />
anche di autentica poesia.<br />
4
ZAPPA E FAUCI<br />
ZAPPA: sugnu jttata intra st’agnuni,<br />
Nuddu mi cerca, nudddu mi viri:<br />
l’omu mudernu e superbuni<br />
a chiddu chi voli travagghiari<br />
ci dici: unni vai cu ‘ssu zappuni?<br />
Chi-si pazzu? O di pocu vidiri?<br />
La machina fatti, oh zuccuni!<br />
Chidda ora ci voli: un c’è chi fari!<br />
FAUCI: E l’aiu a diri iu cummari?<br />
Li terri tutti abbannunati!<br />
Finiu lu metiri e pisari!<br />
Finiu la festa di l’estati!<br />
Tutti ora si nni vannu amari<br />
Pi farisi viriri e guardari,<br />
trebbi, metitrebi e tratturi,<br />
né zappa, né fauci: un ’nni parrari!<br />
RASA CALOGERO<br />
Per gentile concessione della famiglia Rasa<br />
5
Associazione culturale<br />
“La Nuova Compagnia CITTA’ DI CERDA”<br />
GRUPPO FOLK I CARRITTIERI<br />
Aderente Federazione Italiana Tradizioni Popolari<br />
ENTE DI IV° CLASSE ACCREDITITATO PRESSO LA<br />
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI<br />
UFFICIO NAZIONALE SERVIZIO CIVILE<br />
BREVE STORIA E CURRICULUM<br />
DELL’ ASS. CULTURALE<br />
“LA NUOVA COMPAGNIA CITTA’ DI CERDA”<br />
& GRUPPO FOLK “I CARRITTIERI”<br />
L’associazione Culturale folkloristica “LA NUOVA COMPAGNIA<br />
CITTA’ DI CERDA” ha una costituzione abbastanza recente essendo<br />
nata ufficialmente nel 1998 , anche se fino a quella data gli stessi soci<br />
fondatori si erano presi l’impegno dello studio folcloristico della<br />
nostra società cerdese, partecipando con successo a varie<br />
manifestazioni cittadine siciliane e internazionali.<br />
Ripropone nei suoi costumi, il vestiario festivo dei popolani fine<br />
settecento primi ottocento, risalendo fino alla dominazione spagnola<br />
di cui la società cerdese ne ha subito l’influsso. <strong>Cerda</strong> è nata<br />
direttamente dalla dominazione spagnola da cui ne prende il nome,<br />
essendo un marchesato del dominio spagnolo del XVI secolo.<br />
Le loro performances consistono in balli e tarantelle popolari che<br />
riproducono il lavoro dei campi e della primaria attività locale che fin<br />
dai primi secoli di vita della comunità cerdese è stata quella di<br />
viaggiatori o di “carrettieri”<br />
<strong>Cerda</strong> originariamente era denominata “FONDACO NUOVO” o<br />
“TAVERNA NUOVA”, perché era il punto d’incontro di tutti i<br />
carrettieri che viaggiavano verso Palermo o l’entroterra siciliano.<br />
Per questo motivo il gruppo Folk della Nuova Compagnia si chiama<br />
“I CARRITTIERI”<br />
Un ballo tipico del gruppo folk, è il ballo della cordella che è<br />
originario delle Madonie e viene riproposto dai soci in svariate figure.<br />
Esso rappresenta nella sua esibizione, il continuo evolversi della vita<br />
con le sue vicissitudini. nell’arco dell’anno; infatti vi sono 24 cordelle<br />
tenute da dodici coppie di ballerini a simboleggiare i dodici mesi<br />
dell’anno.<br />
Anticamente veniva rappresentato nelle cerimonie nuziali come rito<br />
propiziatorio, dove i ballerini, a ritmo della tarantella intrecciavano<br />
una cordella legata ad un palo, che poi con la stessa abilità dovevano<br />
sciogliere<br />
6
L’associazione ha animato diverse manifestazioni della rinomata<br />
sagra del carciofo di <strong>Cerda</strong>, che ogni anno viene festeggiata il 25<br />
aprile, organizzando per tale occasione un festival di gruppi<br />
folcloristici che ogni anno riscuote sempre maggiore successo e<br />
prestigio, In questa manifestazione si sono avvicendati diversi gruppi<br />
folcloristici di rilievo, diventando una tappa importante per ogni<br />
gruppo folk.<br />
Mensilmente pubblica un giornalino “L’OPINIONE” che tratta le<br />
cronache di <strong>Cerda</strong> e delle Basse Madonie, e articoli vari di cultura e<br />
vita dell’associazione.<br />
MANIFESTAZIONI DI MAGGIOR RILIEVO<br />
98 Bivona: raduno folk “Sagra della Pesca”<br />
Maggio 98 e 99 <strong>Cerda</strong>: festa di San Giuseppe sagra della Sfincia.<br />
99-2002: Ideazione e Realizzazione del Museo etno-storico del<br />
Comune di <strong>Cerda</strong>. .<br />
Il progetto realizzato con fondi comunali è stato interamente elaborato<br />
ed eseguito dall’associazione. Suo obbiettivo principale era fornire una<br />
testimonianza viva dei costumi, dell’artigianato e dei modi di vita dello<br />
scorso secolo. Il museo, inserito all’interno di una palazzina di tre piani<br />
lungo la via principale del paese, è stato strutturato prevedendo la<br />
realizzazione di tre spazi diversi ma ideologicamente collegati. Si sono<br />
ricostruiti all’interno dell’edificio le abitazioni di una famiglia borghese<br />
dell’ottocento, curando la struttura degli appartamenti, dalle pareti<br />
all’arredamento, al vestiario. Sono state ricostruite interamente una<br />
camera da letto, un salone. La seconda sezione dell’edificio è stata<br />
destinata a contenere tutti gli attrezzi da lavoro del secolo scorso,<br />
secondo precise coordinate: attrezzi da cucina, da lavoro nei campi,<br />
attrezzatura dei mestieri. L’ultimo piano dell’edificio e’ stato diviso: da<br />
un lato si e’ pensato di allestire mostre temporanee a ciclo continuato di<br />
arte contemporanea e artigianato artistico, cercando in tal modo di dare<br />
possibilità ai giovani artisti di avere uno spazio a loro disposizione e che<br />
permettesse loro la fruizione dei propri lavori.<br />
Parte dell’area dell’ultimo piano è stata dedicata alle mostre<br />
storiche.<br />
Sono state realizzate le seguenti mostre:<br />
- <strong>Cerda</strong>: la sua storia attraverso le foto.<br />
- I Florio: Storia di una famiglia.<br />
- La targa Florio. Le emozioni, i ricordi, e la ricchezza di un mondo che<br />
fu…<br />
Info: http://www.comune.cerda.pa.it/ museo etno-storico.<br />
25 aprile 98-99-00,01-02 <strong>Cerda</strong>: Organizzazione della “SAGRA DEL<br />
CARCIOFO”.<br />
1999: Organizzazione corsi di tradizioni popolari alle scuole<br />
elementari di <strong>Cerda</strong> .<br />
23.05.99 Trabia: “Sagra del Nespolo”.<br />
29.05.99 <strong>Cerda</strong>: festa della Legalità<br />
7
Agosto 99 <strong>Cerda</strong>: Realizzazione della commedia “L’Aria del<br />
Continente” di Martoglio, inserita all’interno del programma “Estate<br />
Cerdese”<br />
27.08.99 Naso: Festival internazionale del folk<br />
08.12.99 <strong>Cerda</strong>: festa dell’Immacolata<br />
25.04.00: intervento alla trasmissione televisiva di RAI 2 “LA VITA<br />
IN DIRETTA” in occasione della XIX sagra del carciofo<br />
28.07.00 Caltabellotta (AG): Festa di San Lorenzo<br />
21 08.00 <strong>Cerda</strong>: Organizzazione “Estate Cerdese”<br />
22.08.00 <strong>Cerda</strong>: Ideazione e Realizzazione dello Spettacolo “50 anni di<br />
musica italiana” I° edizione, inserito nella programmazione “Estate<br />
Cerdese”.<br />
26.08.00 <strong>Cerda</strong>: Sagra della salsiccia<br />
07.09.00 <strong>Cerda</strong>: Festa della Madonna dei Miracoli<br />
16-17. 09.00 Monaco di Baviera (Germania): Partecipazione in qualità<br />
di rappresentanti dell’ Italia all’ “OCTOBER FEST” , sfilata per le vie<br />
del centro di Monaco ed esibizione ufficiale all’interno del “Circo<br />
Krone”<br />
21.09.00 Termini Imerese: Estate degli anziani<br />
Settembre-Ottobre 2000: Festa della Provincia nei comuni di<br />
Sclafani Bagni – Borgetto – Campofelice di Roccella .- <strong>Cerda</strong>-<br />
Roccapalumba<br />
“La Nuova Compagnia” viene inserita fra gli 8 gruppi del circuito<br />
dell’ A.A.P.I.T. di Palermo<br />
Agosto 2001<strong>Cerda</strong>: Ideazione e Realizzazione dello spettacolo “Polvere<br />
di Stelle” inserito nella programmazione “Estate Cerdese”<br />
20.agosto 2001 fino al 30.agosto 2001 Polonia: Tournèe<br />
05.11.2001 -Finale di Pollina: Sagra dell’olio<br />
Agosto 03: ideazione e realizzazione della I° “Fiera Mercato” del<br />
Comune di <strong>Cerda</strong>: la manifestazione, articolatasi in tre giornate, ha<br />
previsto la realizzazione di 50 stand occupati da artigiani provenienti da<br />
tutta la Sicilia. La fiera si è articolata in diverse sezione: Artigianato in<br />
ferro -legno- vetro ; Artigianato- artistico; eno-gastronomia- Arte e<br />
arredamento.<br />
Le giornate sono state scandite con la programmazione di tre serate musicali<br />
di tema diverso: jazz; afro-brasiliane con la partecipazione del gruppo di<br />
capoiera “Zumbì” di Palermo; musica leggera con il gruppo<br />
“Sturmuntruppen” di Palermo.<br />
Agosto 03: Organizzazione del I° Gemellaggio del Comune di <strong>Cerda</strong><br />
con il gruppo folk portoghese della città di Lamego<br />
19 -30 Agosto 2002 Portogallo: tournèe a Lamego<br />
Ottobre 2002 Piedimonte Etneo: Partecipazione al “GALA’<br />
INTERNAZIONALE” di Piedimonte Etneo (CT)<br />
2003-2005: Ideazione e Realizzazione del giornale “L’Opinione”,<br />
periodico di attualità, cultura e informazione. Registrato presso il<br />
tribunale di Termini Imerese n° 04/05 R.Per.: mensile culturale<br />
curato e finanziato interamente dall’associazione. Tiratura 5.000 copie.<br />
Il circuito entro cui avviene la diffusione gratuita e’ quello dei comuni<br />
aderenti all’ “Unione dei Comuni della Bassa Valle del Torto”<br />
8
27 Maggio 2003 Collesano: Festa Maria SS. Dei Miracoli<br />
03. Agosto 2003 Atina (Fr): partecipazione al XXV° festival<br />
internazionale del folklore.<br />
04 – 12 Agosto. 2003 Romania: torunèe a Cluj Napoca<br />
19. Agosto 2003: gemellaggio con il gruppo folk Katerinca di<br />
BRNO (rep. CEKA) con progetto finanziato dalla Comunità<br />
Europea sul tema: “Delinquenza. Cerchiamo di Capire”.<br />
19 – 24 Agosto .2003: Ideazione e Realizzazione del 1° Festival<br />
Internazionale del folklore “BASSA VALLE DEL TORTO”<br />
08.02.2004 Agrigento: Partecipazione alla 59° edizione della sagra del<br />
“Mandorlo in fiore”, in collaborazione con l’istituto Goethe di Palermo,<br />
nell’ambito del progetto “I CAVALIERI VIRTUALI”<br />
25 APRILE 2004 <strong>Cerda</strong>: Partecipazione alla XXIII sagra del carciofo<br />
29 MAGGIO - 01 GIUGNO 2004 Lussemburgo: Partecipazione alla<br />
manifestazione “I CAVALIERI VIRTUALI” in collaborazione con il<br />
“GOETHE INSTITUT” di Palermo Diretto dal Prof. Paul Eubel,<br />
tenutasi presso Wiltz (Lux).<br />
Aprile - Settembre 2004 : Collaborazione con l’ agenzia<br />
“Aereoviaggi” di Palermo per la realizzazione di una serie di spettacoli<br />
folk presso diverse strutture alberghiere.<br />
08.10.04: Collaborazione con il museo “Pro Targa Florio” di <strong>Cerda</strong>,<br />
diretto da Antonio Catanzaro, per il 10° raduno del “Bugatti Club Italia”<br />
26.DIC.2004: Ideazione e realizzazione del 1° Concorso Letterario<br />
nazionale “MAESTRO RASA CALOGERO” con il patrocinio, della<br />
Presidenza dell’A.R.S., dell’AAPIT e del C.N.A<br />
Dicembre 2004: Ideazione e Realizzazione del Libretto “<strong>Cerda</strong>, la sua<br />
Storia per le vie” a cura di Ermelinda Imburgia.<br />
Dicembre 2004: Ideazione e realizzazione del libretto “Storie, due anni<br />
di Opinione” in allegato al numero di Dicembre del periodico<br />
L’Opinione, a cura di Antonio Leone e Daniela Cappadonia.<br />
2004: Accreditamento al Servizio Civile Nazionale come classe quarta<br />
per la realizzazione di attività culturali.<br />
06.02.05 Agrigento: Partecipazione alla LX Sagra del “Mandorlo in<br />
Fiore”<br />
Aprile 2005: Ideazione e realizzazione del libretto “Carciofostory” in<br />
allegato al numero di Aprile del periodico l’Opinione, a cura di Antonio<br />
Leone e Daniela Cappadonia.<br />
19.04.05- 23.04.05 : Stoccarda: realizzazione spettacolo folk in<br />
occasione dei festeggiamenti per i sessant’anni dell’azienda Wurth,<br />
incontro con Reinhold Wurth. Direzione del Goethe Institut di<br />
Palermo.<br />
18.DICEMBRE.2005: Realizzazione II° CONCORSO LETTERARIO<br />
Maestro Rasa Calogero, con il patrocinio del Presidente A.R.S.<br />
dell’A.A.P.I.T. PALERMO E CGIL DI PALERMO<br />
07.MAGGIO.2006 realizzazione del progetto “PRIMAVERA<br />
SICILIANA. TRA AUTO E FOLK” finanziato dall'assessorato al<br />
Turismo della Regione Sicilia, in occasione del centenario della<br />
TARGA FLORIO.<br />
9
01.08.2006 viaggio in Francia nei paesi Baschi “ LA BASTIDE<br />
CLARENCE” per festival internazionale folkloristico.<br />
20.agosto 2006 ospitalità e scambio culturale con gruppo basco della<br />
Francia ESPERANZA<br />
22.agosto 2006 Aliminusa realizzazione festival folk internazionale<br />
10 12.2006 partecipazione e realizzazione del progetto VIAGGIO<br />
NEL MONDO DELLA FANTASIA del comune di<br />
ROCCAPALUMBA finanziato dalla Regione Sicilia<br />
18.12.2006 realizzazione III° concorso letterario MAESTRO RASA<br />
CALOGERO finanziato dall'Assessorato alla cultura della Regione<br />
Sicilia.<br />
25.APRILE <strong>2007</strong> Realizzazione raduno folk ed esibizione nella<br />
XXVI sagra del carciofo di <strong>Cerda</strong><br />
25 APRILE 2008 GESTIONE GENERALE DELLA XXVII<br />
SAGRA DEL CARCIOFO<br />
***********************<br />
ASSOCIAZIONE CULTURALE “LA NUOVA COMPAGNIA”<br />
&<br />
GRUPPO FOLK “I CARRITTIERI”<br />
10
PRESENTAZIONE<br />
Il premio letterario dedicato al Maestro Rasa Calogero, giunto<br />
alla sua IV edizione, anche quest’anno, ha fatto scrivere una<br />
pagina indimenticabile e significativa per <strong>Cerda</strong> e la sua storia,<br />
conferendo alla nostra cittadina prestigio, credibilità e visibilità<br />
esterna, per il richiamo che ha suscitato non solo dalla Sicilia,<br />
ma da tutta l’Italia, e anche dall’estero.<br />
L’ Associazione Culturale, unica nel suo genere a <strong>Cerda</strong>, è<br />
soddisfatta dell’evento, riuscito anche grazie alle importanti<br />
sponsorizzazioni, come il patrocinio dell’Assessorato ai beni<br />
culturali dell’ARS e della Provincia di Palermo –<br />
Ci dispiace non potere mensionare tra i patrocini quello del<br />
comune di <strong>Cerda</strong>, quello a cui teniamo di più, ma per svariati<br />
motivi in nessuna edizione, è stato possibile apporre il logo del<br />
comune. Spero nella sensibilità delle future amministrazioni<br />
affinchè prendano in considerazione questo evento culturale,<br />
dando il giusto inquadramento tra le cose più importanti.<br />
Al 1° bando, nessuna credeva alla buona riuscita del concorso,<br />
in seguito, grazie all’impegno di alcuni soci a cui si deve dare<br />
merito, il concorso prendeva una piega di rilevanza nazionale.<br />
Tra i partecipanti vi sono stati numerosi personaggi di spicco<br />
nel mondo della cultura e non nuovi a questo tipo di concorso.<br />
Altrettanto importante è la pubblicazione di questa antologia<br />
che racchiude le opere dei partecipanti dell’edizione precedente<br />
che testimonia l’enorme successo ottenuto e la risonanza<br />
dell’evento.<br />
Un vivo ringraziamento va a tutti i partecipanti al concorso, e<br />
un arrivederci alla V° edizione.<br />
IL PRESIDENTE<br />
SALVATORE IMBURGIA<br />
11
NARRATIVA<br />
12
IL VIAGGIATORE<br />
di FRANCESCO TROCCOLI<br />
1°classificato<br />
Camminando lungo la spiaggia guardava il mare.<br />
Non riusciva a staccare lo sguardo da quella massa grigia increspata da sottili vene<br />
verdi che sembravano pulsare ad ogni incedere delle stanche onde dell’alba.<br />
Nei rari momenti in cui le resistenze della sua mente di navigatore galattico non<br />
erano sconfitte dall’ipnotica potenza dell’immagine di quel mondo, si chiedeva se<br />
sarebbe mai riuscito a tornare a casa.<br />
Quasi dubitava ormai di averla, una casa; nei dieci secoli terrestri di viaggi attraverso<br />
lo spazio non aveva trascorso in essa più che una minima frazione di quel tempo che<br />
aveva speso per la sua ricerca.<br />
E comunque di quella casa a milioni di anni luce da lì, non gli importava ormai più<br />
niente; da quel mondo solitario e pulito non se ne sarebbe andato mai, se solo avesse<br />
potuto decidere del proprio futuro senza doverne rendere conto al Comando di<br />
Viaggio.<br />
Ma il richiamo vocale automatico che gli risuonava internamente non aveva pietà:<br />
“Viaggiatore, la tua ricerca sarà fruttuosa. Abbiamo bisogno di nuovi mondi”.<br />
Né sarebbe servito implorare pietà a un trasmettitore iper-luce conficcato nella<br />
coscienza, che ogni giorno gli ricordava d’essere una delle infinite appendici di una<br />
centrale di comando collocata nella moribonda zona dell’Universo da cui proveniva,<br />
e il cui unico scopo era l’individuazione di pianeti da rendere idonei per la<br />
colonizzazione.<br />
Erdun partecipava così alla selezione di nuovi mondi abitabili, su cui trasferire i<br />
miliardi di suoi simili che vivevano nella massa di stelle morenti e pianeti congelati<br />
delle galassie più esterne dell’Universo.<br />
Era la prima volta dall’inizio dell’esplorazione del cosmo che non desiderava tornare<br />
indietro e fare rapporto al Signore Superiore.<br />
Era la prima volta che desiderava dimenticare la sua natura di essere plasmatico e<br />
rimanere per sempre nella dolce prigione di quel corpo solido di carne, sangue ed<br />
ossa, esemplare tipico di una in particolare tra le mille specie senzienti solide della<br />
galassia, la specie umana.<br />
Stava ancora guardando il mare e decise in un istante, all’improvviso, di infrangere le<br />
regole e muoversi in modo non razionale e non utile alla missione; si diresse in fretta<br />
verso l’acqua, il cui odore salmastro invadeva già da alcuni minuti le cavità nasali di<br />
quel corpo straordinariamente complesso e sensibile.<br />
Non poteva sottrarsi, non era in grado e non voleva resistere all’infinita gamma di<br />
impulsi che aggredivano quel fragile involucro di pelle e inebriavano la sua perfetta<br />
mente aliena fino a stordirla, drogandola di desiderio.<br />
13
Sensazioni, emozioni, segnali elettrici intensissimi, cui non era in grado a quel tempo<br />
di dare un nome.<br />
Seguì un incerto sentiero erboso tra le dune verdi e scese fino alla riva; la raggiunse,<br />
si inchinò e toccò l’acqua.<br />
Per la prima volta prestò così attenzione al numero di estremità che si diramavano da<br />
una delle due lunghe appendici di cui era dotato il corpo che abitava da pochi minuti;<br />
erano cinque, e un indigeno di quel mondo, cui aveva chiesto dell’energia, gli aveva<br />
insegnato a produrre il suono con cui chiamare questa e quelle: “cibo” e “dita”.<br />
Erdun aveva sentito un segnale interno strano di fronte allo sguardo amichevole<br />
dell’indigeno disposto ad aiutarlo senza chiedere nulla in cambio, e gli era piaciuto.<br />
A dirla tutta, si era anche vergognato di non sapere rispondergli, di non sapere usare<br />
quella primitiva funzione materiale che produceva vibrazioni percepibili dell’etere,<br />
utilizzate per comunicare.<br />
Infilò quelle “dita” nell’acqua, e le portò poi verso l’orifizio centrale, mobile e<br />
sinuoso, della parte alta pensante di quel corpo, la parte in cui sentiva più potente la<br />
capacità di interagire con l’ambiente esterno, e in cui avvertiva di essere più presente<br />
in quell’involucro.<br />
Avvertì un altro segnale, una sensazione <strong>nuova</strong>, che all’inizio lo terrorizzò.<br />
Aveva già collaudato molti organismi solidi nei pianeti che aveva avuto occasione di<br />
conoscere, ma quello umano si rivelava senza ombra di dubbio il più incomprensibile<br />
e affascinante.<br />
Il contatto con l’acqua irruppe nel patrimonio delle sue conoscenze fisiche di essere<br />
etereo privo di sensi per natura, ma ai sensi adattato per necessità, ora sulla terra<br />
come in passato su decine di altri pianeti.<br />
Fu preso da convulsioni: sentì quelle che riconosceva come le parti interne di quel<br />
corpo contrarsi e poi dilatarsi, e poi ancora contrarsi, e distendersi <strong>nuova</strong>mente, e così<br />
ancora molte volte, fino a provare infine un senso di sollievo che gli era ignoto fino a<br />
quel momento.<br />
Il sapore, l’odore.<br />
Non poteva dare un nome a quelle sensazioni umane, tra le migliaia che aveva<br />
provato girovagando per il cosmo, ma iniziava ad avere ben chiara la differenza tra di<br />
esse.<br />
Imparava in fretta, come nelle precedenti missioni.<br />
Ma questa volta tutto era diverso; questa volta l’intensità dei segnali percepiti era<br />
straordinaria, e soprattutto, quei segnali sembravano sempre originarne altri.<br />
Si trasformavano.<br />
Come nel sistema di Aldebaran la luce dei pianeti più lontani dai due soli cessa<br />
d’esser rossa e diventa blu nell’arco dello stesso giorno, sulla terra le sensazioni<br />
dell’essere vivente umano cessavano di essere quel che erano state e cedevano il<br />
posto ad altri segnali, molto più complessi, ed apparentemente privi di una causa<br />
riconoscibile.<br />
14
Fu quel che accadde anche in quel momento; al sapore, dell’acqua, subentrò un senso<br />
di euforia incontrollata, mai provato in precedenza su nessuno dei pianeti esplorati.<br />
Questo mondo è incomprensibile. Cammino da ore e so di essere diverso, ad ogni<br />
passo. Cambio di continuo. Questo corpo solido si trasforma, sempre, anche quando<br />
è fermo. Non sono io a imporre all’esterno la mia volontà; è invece l’ambiente che<br />
influenza questo organismo. Sono come impotente. Sento di avere bisogno di ogni<br />
parte dell’immagine che vedo fuori di me. O meglio, sento di desiderarla. Nonostante<br />
questo corpo sia solido, sembra che la sua sensibilità alla luce sia persino superiore<br />
a quella che ho nella mia forma plasmatica, cui ho dovuto rinunciare ancora una<br />
volta, su questo mondo di pietra. Ogni parte di questo involucro di pelle è sensibile,<br />
comunica con l’aria che lo sfiora, la sente, e poi la rifiuta, o la prende. E per quanto<br />
io mi sforzi, su questi fenomeni non ho facoltà di controllo alcuno.<br />
Conosceva già le emozioni più elementari, le aveva apprese nei suoi viaggi ed anche<br />
in forma plasmatica, nel suo mondo.<br />
Ma sulla terra era diverso; lì, e in quell’organismo, esse nascevano all’improvviso, ed<br />
erano sconvolgenti.<br />
Sul suo pianeta non si usava parlare; la comunicazione tra individui avveniva solo in<br />
un modo, attraverso veloci onde elettromagnetiche di pensiero.<br />
Il suo pianeta, il nostro pianeta.<br />
Non sarebbe possibile dire di più, in questo testo scritto. La scrittura stessa è un nonsenso,<br />
nel nostro mondo, ed è solo grazie all’amicizia che ho instaurato con un<br />
umano nostro prigioniero, che mi ha insegnato ad usare questi segni che io non posso<br />
vedere, che riesco a permettere che tu, umano, possa leggere quanto sto ora<br />
scrivendo, con il suo aiuto, per raccontare la breve storia di mio fratello Erdun sul tuo<br />
pianeta, la Terra.<br />
Sento forte questa energia che mi assale; entra in me attraverso due vie parallele.<br />
“Occhi” li chiamano qui. Il suono che descrive questa parola si realizza con la<br />
stessa cavità che mi ha consentito questa particolare conoscenza dell’acqua.<br />
Conosco l’acqua, ne abbiamo sul mio pianeta, ma non ho mai avuto modo prima di<br />
toccarla con questi potenti organi sensoriali, né di percepire un immagine esterna<br />
come fosse dentro di me.<br />
Mio fratello Erdun continuò a camminare.<br />
A quei tempi la conoscenza del pianeta terra non era sviluppata come lo è oggi; ma<br />
lui, in preda all’euforia incontenibile che le sensazioni permesse da quel corpo gli<br />
regalavano, si illuse per un sol momento di essere ormai esperto del vostro mondo ed<br />
entrò in quella grande massa d’acqua.<br />
Ad un tratto capì.<br />
15
Capì che l’aria espulsa dall’acqua che violentemente penetrava e invadeva i suoi<br />
polmoni era indispensabile per i processi vitali terrestri; capì che l’interazione tra<br />
viventi sul vostro pianeta è molto complessa, quando, dopo che lo avevano tirato<br />
fuori di lì, vide, poco prima di chiudere gli occhi, il volto di un essere diverso ma<br />
appartenente alla stessa specie che lo toccava e gridava, implorandolo di rimanere in<br />
vita.<br />
Forse un giorno, quando la pace sarà stata fatta, potremo permetterci di rivelare ai<br />
terrestri che il corpo di Erdun, che essi seppellirono nella sabbia di quel tratto di<br />
costa, fu per lui solo un veicolo, e che mio fratello è vivo e vegeto.<br />
Ma io non capisco più mio fratello.<br />
Erdun mi ha appena comunicato di voler tornare sulla terra ed io lo giudico un folle<br />
per questa decisione.<br />
Sostiene di voler tornare laggiù per cercare quell’essere diverso che gridava al suo<br />
corpo umano esanime… quella “donna”, è così che l’ha chiamato.<br />
16
INLEIS<br />
di FRANCESCO DONATO<br />
II° classificato<br />
Logorati dall’inesorabile trascorrere del tempo, dei miei<br />
ricordi non restano che precarie visioni sospese, che non<br />
hanno né il coraggio di emergere limpidamente, né la<br />
disperazione di lasciarsi cadere irrimediabilmente<br />
nell’oblio.<br />
Ogni tanto la mia memoria ne lascia riaffiorare qualcuno,<br />
così come questa austera scogliera che si insinua nel mio<br />
mare, permette che un piccolo fiore delicato dai colori<br />
vivaci ogni tanto possa farsi breccia tra la scompiglio<br />
selvaggio della vegetazione che la riveste.<br />
Tanti uomini rischierebbero di cadere in acqua pur di<br />
raccoglierlo, ma per me non è così. So che è meglio<br />
lasciarlo lì dove sta, anche a non darsi pace. Tanto<br />
prima o poi arriverà l’inverno e se lo porterà via.<br />
E i miei ricordi restano lì, proprio come il piccolo<br />
fiore.<br />
Ma accolgo comunque con intensa commozione queste fugaci<br />
visioni che si liberano eteree dalla mia antica memoria.<br />
Perché, a parte quel giorno, esse sono le uniche cose che<br />
mi legano ancora al mio passato.<br />
Eppure, di esso, solo un sentimento ha sfidato e vinto<br />
l’avvicendarsi frenetico del giorno e della notte.<br />
E con immutata percezione ancora oggi consente a qualche<br />
malinconica lacrima che si sgancia dai miei occhi di<br />
confondersi con le acque che hanno saputo accogliermi.<br />
Non so più cosa significhi provare odio, amore, rabbia,<br />
felicità. Conosco solo il rimpianto.<br />
Rimpianto perché quel giorno oltre a perdere il senso<br />
della vita, persi la vita stessa.<br />
Perché poco importa che oggi sia una Sirena, un essere<br />
puro e maestoso, ricoperto di fascino e mistero quanto di<br />
delicate squame brillanti, questa non era la mia vita. E<br />
forse era meglio morire.<br />
Ma non seppi dire no.<br />
Rivivo quel giorno nella mia mente da quasi due secoli<br />
ormai. Il sole assalito da enormi nuvoloni neri, il mare<br />
di Chianalea che va in collera come un cane al quale<br />
viene pestata la coda, e quella barca che non vuole<br />
proprio saperne di spuntare all’orizzonte.<br />
Tutto è vivo e nitido dentro me.<br />
I bambini che correvano verso casa, i vecchi pescatori ai<br />
quali supplicavo parole di conforto, il sole scialbo<br />
dell’alba seguente.<br />
La barca fu ritrovata abbandonata nelle acque di Bagnara.<br />
17
Così mi dissero e così persi il senso della vita. Proprio<br />
sul più bello.<br />
Non l’avrei più rivisto.<br />
In preda alla disperazione cercai aiuto, ma ero sola,sola<br />
più che mai e soprattutto non ero vista di buon occhio.<br />
Aspettavo un bambino dal mio uomo, ma non ero ancora<br />
sposata, e questo costituiva un peso troppo grande per la<br />
mia famiglia, per la sua famiglia, per il prete che non<br />
volle nemmeno aprirmi quando bussai a pugni chiusi contro<br />
la sua porta.<br />
Una sola via, quella estrema mi si aprì travolgendomi con<br />
impetuosa determinazione.<br />
Pensai al mio bambino, l’avrei fatto nascere in quei<br />
pochi passi che mi separavano dal baratro, se solo avessi<br />
potuto.<br />
Poi l’impatto violento con l’acqua.<br />
Il buio.<br />
Sentivo la morte sopraggiungere, ma era tutto<br />
estremamente dolce.<br />
Provai l’ineluttabile necessità di abbandonarmi. Compresi<br />
che qualcosa stava accadendo.<br />
Non so ancora oggi cosa di preciso, ma accadde e niente<br />
fu più lo stesso.<br />
Nel solenne silenzio dei fondali, percepii delle voci<br />
armoniose pronunciare il mio nome e il soave intercedere<br />
di centinaia di luccichii mi accompagnò verso quello che<br />
era un mondo del tutto fantastico.<br />
Di fronte a me danzavano, disegnando ammalianti figure<br />
nelle acque abissali, un numero imprecisato di sirene. La<br />
loro pelle era bianca come la neve, i loro capelli lisci<br />
e biondi come antiche divinità ed i loro seni rotondi<br />
come il sole d’agosto.<br />
Tra di esse, spiccava una per la particolare bellezza e<br />
per i lunghi capelli neri che arrivavano a sfiorare le<br />
squame dorate della sua coda. Mi si avvicinò mentre le<br />
altre continuavano a nuotarmi intorno e mi rivelò di<br />
chiamarsi Inleis.<br />
Mi implorò di non aver timore, perché anche se nessuno le<br />
aveva mai viste, loro abitavano quelle acque da molto<br />
tempo, ancor prima che le navi dei Calcidesi dell’isola<br />
di Eubea le solcassero.<br />
Mi disse che il mio uomo non era morto e che presto<br />
sarebbe tornato, ma che non mi avrebbe potuto più<br />
rivedere.<br />
Forse solo di un sogno si trattava, ma credetti alle sue<br />
parole e fui presa dallo sconforto. Mi chiese se io<br />
volessi ancora rivederlo, ed io risposi si. Fortemente<br />
si.<br />
Allora lo rivedrai mi disse, anche se lui non dovrà mai<br />
rivedere te.<br />
18
Il mio cuore si riempì comunque di gioia ed il mio<br />
pensiero corse al bambino che portavo in grembo e del<br />
quale non sentivo più la presenza. Inleis mi lesse dentro<br />
e mi disse che per rivedere il mio bambino mi sarebbe<br />
bastato tirar fuori la testa dall’acqua, e lanciare uno<br />
sguardo a quel fiore delicato che germoglia ogni tanto<br />
tra le erbacce.<br />
Inleis sparì e da allora non la rividi più. Il silenzio<br />
degli abissi divenne da allora la mia unica <strong>compagnia</strong> e<br />
lo scintillio delle mie squame argentate l’unica fonte<br />
lucente che accompagna ancora oggi le mie notti.<br />
Qualche giorno dopo, mentre cominciavo a prendere<br />
coscienza della mia <strong>nuova</strong> condizione, da una delle barche<br />
che tagliavano la superficie, giunse una voce che<br />
riconobbi subito.<br />
Risalii velocemente a pochi metri dall’imbarcazione e,<br />
restando a pelo d’acqua, lo rividi.<br />
La sua espressione affranta e la consapevolezza di non<br />
poter far nulla fecero si che le mie lacrime silenziose<br />
tornassero a nutrire le acque del mio mare.<br />
Avrei voluto chiamarlo, saltargli tra le braccia, ma ero<br />
solo una Sirena, e il posto di una Sirena è tra le<br />
profonde acque del mare.<br />
Lo rividi per giorni e giorni, la sua visione valeva<br />
molto più di quell’assurdo compromesso al quale ero<br />
scesa.<br />
Il suo viso tornava a risplendere sotto il sole di<br />
primavera e non appariva più crucciato, ma io ne restavo<br />
rallegrata, perché così l’avrei sempre voluto vedere.<br />
Finchè sarebbe stato possibile.<br />
Ben presto mi sfuggì la percezione del tempo che scorreva<br />
spietato, ma presumo fossero passati una decina di anni<br />
quando il mio cuore fu ad un passo dallo spezzarsi<br />
definitivamente.<br />
Lo vidi <strong>nuova</strong>mente mentre sistemava le reti, come aveva<br />
sempre fatto, ma stavolta sulla barca non era solo, ma<br />
con un bambino. Un bambino con due occhi troppo azzurri<br />
per non essere suo figlio. Scoppiai a piangere ed il<br />
bimbo sembrò notare qualcosa dal momento che guardava<br />
fisso con la bocca aperta verso me e ad un certo punto<br />
alzò la manina per indicare qualcosa al papà. Fuggii via.<br />
Via per sempre.<br />
Avevo perso il senso della vita per la seconda volta, ma<br />
continuai a desiderare fortemente la sua visione, anche<br />
se sapevo che al di fuori di queste acque vi erano gli<br />
occhi di un’altra donna che sospiravano per lui.<br />
Ma lui era un pescatore, ed io avevo la fortuna di<br />
vederlo e di amarlo mentre faceva ciò per cui era nato.<br />
Poi cominciai a non vedere più la sua barca. Pensai<br />
stesse male, il mio animo si logorava lentamente. Avrei<br />
19
pagato non so cosa per sapere, ma non fu difficile<br />
materializzare quell’orribile presentimento.<br />
E infatti non lo rividi mai più.<br />
Se proprio doveva morire, avrei preferito fosse successo<br />
in mare.<br />
Nel mio mare, nel suo mare. E anche lui forse lo avrebbe<br />
desiderato.<br />
L’ultima volta che versai lacrime di gioia, fu un mattino<br />
nel quale il sole era particolarmente lento a spuntare e<br />
un ragazzo dagli occhi immensamente azzurri remava sulla<br />
barca che portava il mio nome inciso sulle fiancate.<br />
Ho accompagnato con il mio canto il lavoro di suo figlio,<br />
dei suoi nipoti, dei nipoti dei suoi nipoti. Adesso la<br />
“Chiara” non solca più le mie acque.<br />
Ne resta solo lo scheletro abbandonato sotto la<br />
scogliera.<br />
Non è altro che un mucchio di legna ammuffita logorata<br />
dal tempo e dal sole, ma ogni tanto a guardarla mi si<br />
apre uno squarcio nella memoria, pressappoco come quando<br />
alzo gli occhi e sulla scogliera vedo il solito<br />
fiorellino delicato che trova sempre la forza di emergere<br />
tra gli arbusti.<br />
20
III° classificato<br />
PUFF! E L’ONOMATOPEA.<br />
STORIA DI UN UOMO CHE DISPARVE<br />
di ANTONIO GIUSEPPE VALENTI<br />
Giuseppe Maria Messina, 46 anni, è scomparso.<br />
«Esattamente, dottor Profundi: svanito. Ora, sebbene le cronache<br />
si siano notevolmente interessate al caso Messina, è vero,<br />
dedicando qua e là occhielli e cornici e commenti, io credo» (a<br />
questo punto l’inflessione di Marzia Amoroso in Messina facendosi<br />
sottilmente insinuante), «egregio dottore, credo che la questione<br />
esiga un approfondimento, una più attenta analisi, ecco.»<br />
«Vale a dire, signora?» trasalì il luminare, scostando dalle labbra la<br />
tazza fumante.<br />
«Vede, dottore, e mi perdoni se trascuro i preamboli, io sono<br />
convinta che... insomma, saprà cos’è successo; cos’è successo<br />
realmente, intendo. Dico io: ha seguito mio marito per oltre sei<br />
mesi, no? Com’è possibile che proprio lei non sappia?»<br />
«In effetti, signora, qualcosa io so.»<br />
«E allora, perché ha taciuto?» Da qui, l’anziano oncologo trascinò il<br />
tempo nella pausa di silenzio più lunga mai intervenuta nella storia<br />
universale dei dialoghi. Durante l’inestimabile lasso, Marzia<br />
Amoroso, con le bellissime dita incrociate al bordo d’un tavolino del<br />
Caffè Consorti, regredì nei percorsi della propria adolescenza, tutti<br />
tappezzati di girasoli torpidi e pennichelle fra le campanule,<br />
all’ombra dei gelsi; pensò a Giuseppe Maria e al primo suo profilo, il<br />
loro matrimonio, d’autunno. Ecco, ecco ora una bambola senz’occhi<br />
posseduta chissà quando, e chissà poi dove, gli occhi; e i colori<br />
primari forse, un poco. Ricordi. (Durante quella stessa pausa,<br />
donne dalla bellezza disarmante, che a vederle vestite per strada<br />
coi cani al guinzaglio t’ispirano distanze impercorribili, nude stanno<br />
facendo l’amore in camere d’albergo. In Via Margutta un pittore<br />
vende il quadro. Parcheggiata da qualche parte, lontano, una<br />
vecchia “500” perde olio dalla coppa: plic!). Plic! <strong>nuova</strong>mente, e<br />
Profundi parlò.<br />
«Il governo.»<br />
«Come?» sobbalzò la donna (altrove, intanto, orgasmi, l’affare,<br />
plic!).<br />
«Il bene comune, la pace pubblica. Roma fermenta al solo sentir<br />
pronunciare “Messina”, signora mia. Pochi, pochissimi sanno che<br />
cosa è veramente accaduto a vostro marito il quale – mi consenta –<br />
non esito a definire naïf. Un mio sottosegretario ed altri tre<br />
fidatissimi collaboratori conoscono la verità: soltanto noi cinque,<br />
dunque. Oggi, lei capisce, è fin troppo semplice sparire: la malattia,<br />
il suicidio, l’incidente, il sequestro, la fine naturale; in un modo o<br />
21
nell’altro così noi svaniamo, più o meno immediatamente, a causa<br />
di un processo decisionale, o attendendo comodamente che il corso<br />
si compia. » (Plic! Dissanguate cavità meccaniche. Gli occhi<br />
sgranati, un gatto che passa di là si volta di scatto). « Più o meno<br />
immediatamente, dico, ma quando il fatto ultimo avviene, perdio,<br />
avviene e basta; voglio dire, tutto in unica soluzione, senza<br />
dilazioni. E no, troppo comune! Giuseppe Messina ha dovuto per<br />
forza sbalordire. Lei sa perfettamente a cosa mi riferisco, vero?<br />
Altrimenti non avrebbe insistito tanto per quest’incontro.»<br />
«Mi ha tenuto nascosto il primo stadio, fin quando ha potuto. Una<br />
mattina, poi, mi accorsi che gli mancava il naso: allora m’ha detto<br />
tutto.»<br />
«Le ha parlato di come ha avuto inizio? Il medio, le ha raccontato<br />
del dito medio, di quando si accorse della prima sparizione?»<br />
«Sì. È successo di notte.»<br />
«Ecco. A detta di vostro marito, quella notte ha avvertito una sorta<br />
di pulsazione solleticante, lieve ma insistente, al medio della mano<br />
sinistra. Nulla di strano, avrà pensato, ma la mattina il dito non<br />
c’era più: assorbito, dissolto, imploso senza sporcare. Io le<br />
confesso che ho stentato a crederci, sebbene avessi<br />
immediatamente notato la atipicità della cicatrice, sa com’è, noi<br />
vecchi si pensa alle nuove tecniche... Va bene. Ora, il dato<br />
controverso consiste nella soddisfazione crescente che ha<br />
accompagnato le mutilazioni: piacere, l’ha definito lui, un piacere<br />
vorticoso, entusiasmante, come se ne valesse veramente la pena,<br />
in fin dei conti, assistere alla propria macellazione pezzo dopo<br />
pezzo. Lei ben intende quali ripercussioni potrebbe avere la<br />
vicenda, se diffusa, sugli equilibri sociali; se la chiave dell’orgasmo<br />
di sparire lentamente divenisse di pubblico dominio…<br />
destabilizzazione, mia cara, vorrebbe dire solo questo.<br />
Destabilizzazione.»<br />
«Guardi là» l’interruppe la donna. Sull’opposto marciapiede, proprio<br />
davanti la drogheria, Salvatore Violo, Giosuè Temerio e Maurizio<br />
Vita scendono da una vecchia Fiat. Tre cari amici dello scomparso,<br />
quelli che come lui sapevano quanto ne è passato e quanto ne<br />
resta, di tempo, a pochi giorni dal fatto portano in giro tra i palazzi<br />
le loro facce sorridenti e vive (durante il tragitto, ai semafori, tre<br />
zingari in un traffico di mille moti di gambe nude sforbicianti siamo,<br />
e guarda che bella la vita che corre sulle vetrine e noi qua che<br />
passiamo a tremila fumandocela tutta, bevendocela tutta, neanche<br />
una parola per Giuseppe Maria che manco oggi è venuto, a romper<br />
le palle con l’effe-emme, i finestrini, le sigarette, le bestemmie e le<br />
censure).<br />
«Li vede quelli là? Erano amici di Giuseppe. Li guardi: come se<br />
nulla fosse.»<br />
«Va bene, signora, ma non per questo…»<br />
22
«No, no… è che anch’io mi sento strana. La prego, non mi<br />
fraintenda, è solo che… non so, è come se certe volte, per<br />
ricordare, io debba sforzarmi… un dovere, dottore, un dovere.»<br />
«Ah, cara mia, lo vede che non è poi così complicato far finta di<br />
niente? Piano piano…»<br />
«Ma non avrà sofferto? Sì, voglio dire, dottore, macellato…»<br />
(mamma mia che bell’espressione hanno ora gli occhi di Marzia: le<br />
sopracciglia s’inarcano a disegnare la faccia pubescente del vizio.<br />
Se non fosse così vecchio… ma quale vecchio! Si potrebbe andare<br />
su e giù fischiettando come sta facendo qualcuno là fuori, al sole<br />
che squaglia i palazzi. Si potrebbe ancora tanto peccare, caro mio).<br />
«Sofferto! Via, non esageriamo. Gliel’ho detto che gli è piaciuto.<br />
L’ha voluto, Marzia: l’ha voluto lui. Pensi che strana, la vita, uno<br />
che si vede dissolvere giorno dopo giorno, senza neppure sapere a<br />
quale brano di sé domani dovrà dire adieu, e non si fa problemi.<br />
Gode, pure.»<br />
«Dottore…»<br />
«No, è che se ci penso… ma dico io, si può essere così egoisti? Non<br />
ha pensato a lei suo marito? Che l’avrebbe lasciata sola?» (i tre<br />
amici risalgono in macchina, parlando tra loro, e coi finestrini<br />
abbassati se ne vanno fischiettando. Al tavolo, sei sette mozziconi<br />
nel portacenere, le palpebre di Marzia distesissime, morbide: oltre i<br />
peccaminosi lembi, l’invito? La fortuna? L’olocausto?). «Glielo dico<br />
io – continuò l’incalzante vecchietto – non ci ha pensato<br />
minimamente. Diceva, ma pensi che roba, diceva che aveva perfino<br />
imparato a “sentire” l’implosione, il solletico che s’avvicinava<br />
s’avvicinava fino a quando puff! via un altro pezzo. E le teorie che<br />
s’inventava! Era come se, quando una ulteriore porzione del suo<br />
corpo svaniva – mettiamo un piede fino alla caviglia – la<br />
percentuale di se stesso che in quel piede risiedeva si trasferisse,<br />
su per la gamba, nel corpo residuo. Osmosi misteriosa, e così per<br />
tutti gli annullamenti che l’hanno poi ridotto… oh be’, lo sa…»<br />
«Sì, un sedere.»<br />
«Ma diamine, quale modello per tanta stravaganza? Il sedere, solo<br />
il sedere è rimasto, e proprio nel mio studio, poi. Non avremmo<br />
certo potuto immaginare che dalla vita in su, per quello che ormai<br />
ne rimaneva, sì, insomma, il tronco e la testa, sarebbe svanito<br />
tutto in un colpo. Mediamente i pezzi erano sempre stati piccoli, e<br />
invece puff! solo il culo! Oh, perdoni…»<br />
Silenzio. La donna sbadigliò, soltanto<br />
«Quindi vostro marito era alfine tutto là concentrato, nei tessuti del<br />
suo stesso sedere tondo tondo seduto per terra. Se è vero ciò che<br />
ha detto, che aveva scoperto il meccanismo al punto da prevederne<br />
il decorso, allora avrà senz’altro sentito arrivare l’ultima sparizione:<br />
non è stato un caso che il sedere abbia defecato sul mio pavimento,<br />
23
prima di assorbirsi definitivamente sotto i miei occhi. E sarà stato<br />
forse a causa della suggestione che certi fatti producono negli<br />
uomini di scienza, ma le assicuro che quei cento centocinquanta<br />
grammi di vostro marito là per terra, è come se anche in quella<br />
massa estrema lui si fosse trasferito nella sua interezza, avendo<br />
poco prima avvertito che il sedere stava per andarsene. E ho avuto<br />
la sensazione pazzesca che non fosse mai stato bene come in quel<br />
momento, là, sul pavimento. Lei capisce certamente come tutta<br />
questa faccenda sia priva di senso. È surrealismo, questo, non fa<br />
per noi. Le dirò di più: sono convinto che non sia nemmeno<br />
accaduto. È troppo sconclusionato, via, come una storia che finisce<br />
con la virgola, le pare?»<br />
Abbassando lentamente le palpebre, Marzia fece segno di sì.<br />
«Anzi – scattò in piedi Profundi con le articolazioni d’un ventenne –<br />
sa cosa le dico? Andiamocene, usciamo da qui. Guardi che<br />
splendido pomeriggio. Una passeggiata, ecco quel che ci vuole: una<br />
bella passeggiata»,<br />
24
IN ORDINE ALFABETICO<br />
AVANZATO AMBROGIO<br />
IL CAPPELLO<br />
«Porca miseria! Elvira, guarda cosa hai combinato al mio cappello!»<br />
Giovanni si era voltato per sistemare la valigia sopra il portapacchi, e la<br />
moglie sbadatamente, si era seduta sul suo cappello nuovo, conciandolo<br />
malamente.<br />
Erano appena saliti sul treno popolare che doveva portarli a Roma in viaggio<br />
di nozze, e la sposina aveva già fatto infuriare il marito. Lei scoppiò in<br />
lacrime, mentre Giovanni cercava di ridare una forma accettabile al suo<br />
Borsalino, prezioso regalo di nozze.<br />
Giovanni pareva veramente uno scapolo impenitente, ma quando si prese<br />
una cotta per la bella figlia del farmacista, non ci mise molto ad approdare<br />
all’altare; anche se agli amici raccontò poi, di averlo fatto per risparmiare i<br />
soldi dell’imposta sul celibato.<br />
Per non fare troppo spatuss (fasto), dato che il padre dello sposo era<br />
ammalato, i due decisero di sposarsi durante la messa prima di un giovedì<br />
mattina. Nonostante la mancanza di festeggiamenti, i parenti più prossimi si<br />
frugarono in tasca per il regalo di prammatica, che in molti casi si risolse in<br />
una busta con una piccola somma. Fece eccezione il padrino di Giovanni,<br />
che fu anche chiamato a fare il testimone, il quale regalò al figlioccio un<br />
bellissimo cappello Borsalino, con la raccomandazione di “tenerlo da conto”.<br />
Il motivo della scelta di un giovedì per la celebrazione del matrimonio, non<br />
era casuale, ma era legata al fatto che in quel giorno partiva dal capoluogo il<br />
treno popolare, che il regime aveva istituito per portare gli sposi in viaggio di<br />
nozze nella capitale. Giovanni ne avrebbe anche fatto a meno, però Elvira<br />
non voleva perdere un’occasione così a buon mercato, per andare a Roma e<br />
vedere il Papa. Il mattino del matrimonio un parente portò in chiesa la valigia<br />
dei due sposi che, terminata la cerimonia e salutato i pochi presenti,<br />
andarono alla stazione con gli abiti usati per le nozze che tuttavia non<br />
sfiguravano anche per il viaggio.<br />
Dopo la manipolazione di Giovanni, il cappello che era di buona qualità,<br />
divenne di nuovo un capo elegante, sì che l’uomo dimenticò la sfuriata.<br />
Anche Elvira, passata la nube del primo rimbrotto, si rasserenò, e non portò il<br />
broncio al marito, forse anche pensando alla prossima prima notte di nozze.<br />
Giovanni aveva pensato all’organizzazione del soggiorno romano,<br />
appoggiandosi ad Attilio, un vicino di casa che nella capitale svolgeva il<br />
servizio militare nei carabinieri.<br />
Il carabiniere aveva predisposto tutto per bene; li aveva sistemati in un<br />
albergo vicino alla stazione, inoltre aveva stilato l’itinerario per i tre giorni di<br />
permanenza, il cui punto centrale era l’udienza papale del sabato, riservata<br />
25
agli sposi. Attilio, come promesso, li attendeva alla stazione, e li accompagnò<br />
al vicino albergo, lasciandoli poi soli con l’accordo che si sarebbero visti<br />
l’indomani mattina.<br />
Alle nove Attilio era già in attesa che gli sposini scendessero; erano in ritardo<br />
perché Giovanni non trovava il cappello, poi Elvira si ricordò che l’aveva<br />
lasciato appeso all’attaccapanni del locale dove aveva consumato la<br />
colazione. Finalmente i tre si avviarono per la programmata visita alla città.<br />
La prima tappa la fecero alla basilica di Santa Maria maggiore, poi al<br />
Colosseo, ed infine a palazzo Venezia. Verso le due, Attilio li portò in una<br />
trattoria, dove gli sposi fecero onore ad un ottimo pranzo, anche perché la<br />
sera precedente avevano solo consumato un frugale spuntino al sacco,<br />
prima di scendere dal treno.<br />
Nel pomeriggio, sempre scortati da Attilio, visitarono il Pantheon e, alla fine,<br />
ormai stanchi, ritornarono all’albergo. Il mattino successivo Attilio, che era<br />
puntuale come un orologio svizzero, dovette <strong>nuova</strong>mente attendere un bel<br />
po’ prima che gli sposini scendessero. Poi li fece salire su una carrozzella,<br />
ordinando al vetturino di portarli a San Pietro per l’udienza papale riservata<br />
agli sposi; lui sarebbe andato a recuperarli per l’ora di pranzo. Dopo qualche<br />
minuto di andatura al passo, il vetturino spronò il cavallo, che cambiò<br />
andatura in un piccolo trotto; la modesta variazione di velocità, forse abbinata<br />
ad un leggero colpo di vento, il cappello di Giovanni volò fuori dalla vettura.<br />
Dopo un attimo di smarrimento, Giovanni chiamò l’uomo a cassetta,<br />
dicendogli di fermarsi.<br />
Il vetturino lì per lì non capì, poi finalmente arrestò la carrozzella. Giovanni<br />
scese, e di corsa andò verso il cappello che era adagiato a tesa in su, proprio<br />
al centro della via.<br />
Recuperatolo, senza che avesse subito danni, lo scosse dalla polvere e con<br />
calma tornò alla carrozzella. Finalmente arrivarono nella piazza della basilica,<br />
il vetturino fermò il cavallo, e voltandosi spiegò che più avanti non poteva<br />
andare così, dopo aver pagato il trasporto, scesero senza sapere bene verso<br />
che parte muoversi. Elvira notò che più avanti, verso la gradinata che portava<br />
alla chiesa, c’era un bel gruppo di persone; fece notare al marito che<br />
sembravano sposini, si avviarono verso il crocchio, e quando furono vicini<br />
videro un prete che spiegava come comportarsi al cospetto del Santo Padre.<br />
Finita la breve predica, il prete li fece mettere in fila accoppiati, poi li invitò a<br />
seguirlo nella basilica. Giovanni ed Elvira erano gli ultimi del gruppo, e come<br />
furono nel pronao, un giovane prete sbarrò loro il passo, dicendo che non si<br />
poteva entrare col cappello. Elvira, che si era già messa un velo nero sul<br />
capo, rimproverò benevolmente il marito: «sei il solito sbadato, Giovanni, lo<br />
sai che in chiesa gli uomini devono entrare a capo scoperto!» Giovanni<br />
arrossì, si tolse il cappello e, balbettando una scusa, cercò di andare avanti; il<br />
prete però non accennava a dargli l’accesso in chiesa. «Per entrare, il<br />
cappello dovete posarlo nel guardaroba», sentenziò il prete indicando un<br />
26
tavolo sulla sinistra sul quale erano posti alcuni copricapo, e dietro cui stava<br />
un vecchietto. «Va bene, acconsentì Giovanni, se c’è quel signore che lo<br />
guarda, sono tranquillo», e si voltò verso il tavolo per posare il cappello.<br />
«Si, però per la custodia si deve fare un’offerta di cinque lire, da versare in<br />
anticipo», disse il vecchietto.<br />
«Cinque lire?» Chiese con voce adirata Giovanni, aggiungendo. «Cinque lire<br />
le ho pagate ieri sera per la cena, ed ho mangiato da Papa.»<br />
Il vecchietto non parve per niente impressionato dalla reazione di Giovanni,<br />
ed insisté: «se non versate cinque lire io non posso tenervi il cappello, e voi<br />
non potete entrare.»<br />
Prese per mano Elvira, facendo il gesto di tornare sui suoi passi, ma la donna<br />
pur con le lacrime agli occhi, lo implorò: «dagli le cinque lire, quando<br />
torniamo in albergo te le do io.»<br />
«Ma neanche per sogno, piuttosto di farmi spennare, non vado a vedere il<br />
Papa», rispose alterato Giovanni. Intanto il prete che li aveva fermati era<br />
entrato in chiesa, e dietro di loro non c’erano altre coppie, così Giovanni<br />
pensò di poter entrare col suo cappello in mano.<br />
Non aveva ancora attraversato la soglia del portone, che due guardie<br />
gigantesche gli si pararono davanti. Elvira, vista la mala parata, era quasi sul<br />
punto di rinunciare quando Giovanni mise la mano sinistra nel risvolto della<br />
giacca ed estrasse il portafoglio, mettendo così fine alla discussione.<br />
Terminata la cerimonia, e recuperato il cappello, Giovanni disse<br />
scherzosamente alla moglie: «questo cappello mi ha già dato più problemi di<br />
tutti quelli che ho indossato finora, deve essere maledetto, se almeno lo<br />
avessi avuto quando il Papa ci ha benedetto, chissà…..»<br />
Dopo un po’ che aspettavano, arrivò Attilio che propose la visita al vicino<br />
Castel Sant’Angelo. Stavano percorrendo un tratto del lungotevere, quando<br />
Elvira fu attratta dal canto di un barcaiolo che remava lento sul fiume. Si<br />
avvicinarono alla balaustra per ammirarlo meglio, ed un colpo di vento fece<br />
volare il cappello in acqua. Dapprima Giovanni rimase ammutolito, poi<br />
incominciò a ridere a crepapelle, mentre Attilio guardava stupito non<br />
capendone il motivo. Ci pensò Elvira a spiegare all’amico: «lo so io perché<br />
ride, Giovanni è convinto che quel cappello sia maledetto. Da quando l’ha<br />
ricevuto in regalo non gli ha procurato che guai, ora finalmente se ne è<br />
liberato.» E quando Giovanni alfine smise di ridere, confermò quanto detto<br />
dalla moglie, aggiungendo il particolare delle cinque lire sborsate al<br />
guardarobiere del Vaticano. Questa volta fu Attilio a scoppiare in un riso<br />
irrefrenabile, poi sibillino gli disse: «se le cinque lire ti sembravano troppe,<br />
potevi dirlo direttamente al Papa, un’occasione così non ti capiterà più nella<br />
vita.»<br />
«Di questo puoi starne certo», rispose convinto Giovanni: «non andrò mai più<br />
ad una udienza Papale; cinque lire preferisco usarle per mangiare un<br />
desinare da Papa.»<br />
27
SI FA SERA….<br />
dI BONATO ALDO<br />
Benvenuto mato turista,tu,che sali con spirito naturalistico alla ricerca<br />
diarti & mestieri di una volta; alle prese con obiettivi e cineprese,<br />
intento ad immortalare angoli ameni tra cime svettanti ancora innevate,<br />
coi suoi ultimi ghiacciai ridotti a brandelli dal sostenuto fuoco nemico<br />
da quel distruttivo obice da 75/mm, e piu’… Dio,quante bombe,<br />
proiettili di morte simili a siluri: montagna contesa è tutt’ora, una<br />
gruviera di buche profonde a testimonianza di cruenta battaglia.<br />
Qui’ la “Dentona” con la falce, ha brindato a lungo col sangue di quei poveri<br />
cristi:umili alpini poco piu’ che svezzati, partiti e mai piu’ ritornati.Ancora ha<br />
sete e continua a seminare odio e morte!Cristo pietà…perdona se puoi._Io,_<br />
vecchio alpino, Ti chiedo una prece,per quelle vedove, per quelle mamme;<br />
manco la forza hanno di piangere: ancora pregano in ilenzio e fanno Altare<br />
Sacro,il dolore per quello suo unico figlio della vita… Era un fiore di bondà!<br />
Ora è della Patria e, per una libertà negata ancora da raggiungere. Domani,<br />
forse… si vedrà|.<br />
Grandi occhi azzurri che nascondono il segreto di vita vissuta,sembrano di<br />
ghiaccio e, scrutano oltre quel martoriato colle –ahimè-, che dolore per quel<br />
canuto e vecchio fante Alpino… e, commosso, trema.Lui, un miracolato.<br />
E’sopravvissuto| Vive ora di ricordi, dignitosamente ma, senza il sorriso della<br />
vita. Era presente….<br />
Osserva con una fitta al cuore quelle vecchie fortezze di guerra;ruderi di<br />
misere vestigia di una guerra già dimenticata.Là ,oltre quella cresta desolata di<br />
ardite cime innevate, ancora baciate dal sole che come vedette e, gridano al<br />
vento un eterno lamento e il tuo perdono, guarda:il Pasubio, l’Adamello, il<br />
possente Grappa conteso,-ultimo atto finale-, piange come un bambino…Sono<br />
le “sue” montagne, i fantasmi della ragione tra amore e odio con la sua storia<br />
di ordini e controordini, di Signorsi’…”Siortenente”, e, i suoi vent’anni andati<br />
in malora anno dopo anno ,combattendo in prima linea con topi da fogna nelle<br />
trincee fangose e umide: l’anticamera della tomba…Dice da sempre.<br />
E’ vivo per miracolo, ha una ferita alla spalla trapassata da una pallottola<br />
nemica ma, ancora dolorante di quando cambia il tempo e umidità, sopporta e<br />
basta: è come avere una spina conficcata da sempre. Lui è un “vecio Alpin”.<br />
Ci tiene a dirlo…E’ salito quassù per testimoniare la vita e la morte e, tutti<br />
quegli atiti eroici mai iscritti nelle pagine dorate della ‘vera’ storia vissuta<br />
umanamente in prima linea con abnegazione e odore d’incenso…rassegnato a<br />
morire. Ubbidire e morire.non ubbidire o morire, sembra una sottigliezza ma,<br />
queegli ordini dall”Alto Cmando”…Ho ancora il veleno addosso pieno di<br />
rabbia nel codificare questo giro di parole:una gran beffa a tutti i Militi in<br />
armi, Eroi compresi|-Pax Domini|.<br />
Lui, la guerra, più di una , l’ha combattuta con anima e corpo e sacrificio:altro<br />
che sentire dire stronzate nel dire che la guerra non fa storia… questo<br />
parafrasare è pura follia.-No-,lui non ci sta a questo gioco di parole blasfeme e,<br />
zac, ben ti maledice con una bestemmia secca. A piena ragione|.- Anzi-, in<br />
dialetto per essere recepita meglio…<br />
28
Tutto attorno, cime sacre alla Patria, vette tempestose ed insanguinate,<br />
insignite d’Onore.-A chi la gloria?- A quale prezzo la libertà?-Dio-, che<br />
tristezza.-<br />
Una guerra infinita, snervante , un immane olocausto e odio senza fine: guerra<br />
di nemici e guerra fratricida tra potere e menzogne…<br />
A quando il ritorno della bianca colomba della pace?.<br />
-Non trova risposta, quell’alpino: né gloria né onore.-<br />
Uomo schivo ed incompreso,ancora ferito nel suo orgoglio.<br />
Chi erano quei fanti Alpini venuti da lontano? Ragazzi di solo 20 anni|.<br />
Decisamente ,giovani umili e forti;sicuramente di Milano ma, anche Siciliani:<br />
il paese del Gattopardo, delle profumate arance e dal sole d’oro e venti alisei<br />
ad increspare quel mare blu cosi’ romantico…-Poveri ragazzi quasi analfabeti<br />
dai cento ,mille dialetti;cosi’ di lontano.-<br />
Chi erano quei prodi marinai:ora improvvisati alpini, dal dialetto confuso?<br />
Erano i figli della terra baciata dal sole e mare amico ove smemora sulla<br />
battaglia in ricordi infantili o della “morosa”|.<br />
Decisamente Vicentini,Veronesi,Torinesi e Friulani:gente veneta insomma e<br />
,gente di mare.E ancora:Triestini, Livornesi, Genovesi, e di Napoli,paese del<br />
sole e del bel canto ai piedi di un Vesuvio romantico e distruttivo ai capricci<br />
dei suoi bollenti a riflettere del presente e credere nel destino. Per questo è<br />
amato e odiato. Tutti ragazzi di vent’anni che tingevano la neve di sangue; non<br />
erano fortunati turisti allora, ma, ignoti soldati che combattevano con onore<br />
oltre la ragione e, per quale libertà?... Forse, per un futuro di pace, di scambio<br />
culturale, di fede…forse!.<br />
Intanto gli aerei continuavano a bombardare a tappeto con accanimento<br />
e,seminare la morte: non erano quelle “ bombe amiche” e tanto meno fiori di<br />
pace. Erano i nostri migliori ragazzi appena “svezzati”, mandati in prima linea<br />
ancora tremanti e impauriti in quelle trincee da fogna; uno sporco gioco di<br />
morte con ancora il profumo del latte materno addosso e con la benedizione di<br />
un padre accorato…-Dio, che tristezza.-<br />
Giovani baldanzosi e un po’ poeti arruolati in fretta e furia, partiti con lo zaino<br />
affardellato di soli ideali, fede e preghiere con il rosario in tasca, e<br />
nient’altro!.| La storia sia ora testimone di tanti “atti” eroici di combattere oltre<br />
l’impossibile tra la vita e la morte…Quanti ideali spezzati all’istante da una<br />
pallottola “assassina” di un cecchino invisibile…<br />
Vale una medaglia d’oro? Cento , mille?...-Oh, si!.- Loro,sono ancora li’, nei<br />
bochi di Vezzena e dell’Altopiano, campo di battaglia e testimoni di orrori e<br />
silenzi…Ecco, un nome sbiadito da un certosino lavoro ancora inciso in quel<br />
rosso marmo grezzo di Asiago, in Sacelli dimenticati.-Si-, sono ancora<br />
presenti: vivi nello spirito e, per voce del vento, gridano pietà “Basta<br />
guerre”!.-<br />
Già l’eco di ritorno si è spento nel bosco da larici sventrati; un cumulo di terra<br />
sassosa e, quel che resta di un reticolato arrugginito a mò di croce… una<br />
“pietas” di misera tomba per quel ragazzo di soli 18 anni.Era di napoli, la bella<br />
Margellina “bene”, col sole mediterraneo nel cuore e, quel generoso sorriso di<br />
vita sulle labbra…colpito a morte tra i frddi ghiacci del nord lontano, coperto<br />
di rosso sangue, ancora col sorriso socchiuso di bontà: forse invocava sua<br />
madre, forese, chiedeva un po’ di tepore, di baci; occhi tristi cercavano la “<br />
sua” terra, il suo mare azzurro screziato di tremoli riverberi al tramonto:<br />
29
idilliaco abbraccio col cielo, una poesia infinita… Forse, è stato il destino<br />
fatale , non la guerra.<br />
Povero eroe dimenticato…Lontano , una mamma accorata ha lasciato l’uscio<br />
di cas aperto… aspetta e prega “San Gennaro, non piange però. La sua fede è<br />
piu’ grande del dolore.- Già sapeva…-<br />
Se hai un po’ di cuore raccogli un fiore, -ti prego-, che sia bianco però-, quel<br />
giovane eroe senza nome è senza peccato, aveva solo 18 anni; amava la vita e<br />
sognava il ‘suo’ mare blù, invece, la tormenta gelida della montagna se l’è<br />
preso come un suo figlio: il migliore, col ventre squarciato d’improvviso, una<br />
bastarda granata nemica oltre il reticolato; un dono per la libertà si dice, - si- ,<br />
di una Italia arrogante e zoppicante, stramaledettamente ferita e povera che<br />
mai… anni bui ma, per “Lui” non c’è più un oncia d’oro: offerto alla patria e,<br />
manco per coniare una misera medaglia d’Onore… Manco di bronzo –<br />
Amen!.-<br />
-Ecco -, questi onesti eroi sconosciuti sono il vile prezzo della libertà. La<br />
VOSTRA LIBERTA’ e , per quelli che verranno, dopo scritta la storia: quella<br />
vera! . - Quella di tuo figlio mai tornato a casa. – Che sia un monito il tuo<br />
grido di dolere e rabbia, tu, baldo e fiero milite alpino, che ti aggrappia al<br />
bastone per un cedere incerto tra le tue montagne amiche – nemiche: “ Mai più<br />
guerre… Mai più” !.- Solo i tuoi ricordi sono la “vera” storia!.- Povero alpino,<br />
non hai più il fiato vigoroso d’ un tempo ma, il tuo silenzio è ancora un atto<br />
d’amore, di perdono a tali atrocità vissute… Perdonare? Si, certo: dimenticare<br />
mai però! Perché arrossire ora? Quelle umide lacrime sono perle di saggezza;<br />
il tuo è un pinto umano, liberatorio, di un milte vissuto e d’Onore, per<br />
testimoniare gli orrori e nefandezze di una guerra brutale, fratricida e ben oltre<br />
la ragione dell’uomo. – Tu, sopravvissuto, hai visto bee in faccia la morte e il<br />
nemico con gli occhi dilatati di terrore più volte: non cercavi la gloria, la<br />
libertà di ideali cristiani, per i figli dei figli e, portare a casa la “ghirba” per<br />
sentire <strong>nuova</strong>mente il calore di uomo e padre insieme alla tua famiglia, alla tua<br />
sposa, fin troppo amata oltre la ragione di una fede cristiana… con amore<br />
vero!. Ci sei riuscito ma, è stata pura fortuna tra la follia di tanto odio, troppo,<br />
oltre la sofferenza umana… Quanto basta per vergognarsi. –Ora, bella<br />
immagine!.- un’Italia pavesata dal tricolore, ridente e oasi felice con vento di<br />
libertà e, col sorriso sulle labbre come quel ragazzo napoletano: aveva 18 anni,<br />
ma chi era in realtà?... fante alpino N.N., un Milite Ignoto; manco il piastrino<br />
hanno trovato, quel giorno è stata una carneficina.- Amici e nemici: ultimo atto<br />
finale di terra bruciata simile ad paesaggio lunare.<br />
Tonezza è ancora incantata o forse stregata: l’aria mi accarezza fresca e pulita,<br />
è la brezza della sera, mi avvolge come seta; mi riporta alla ragione, gente<br />
curiosa mi sorride, l’orologio fa tic-tac, è una “cipolla” d’argento con catenella<br />
fine ottocento: il tempo dei ricordi è scaduto; attonito guardo in basso, sul nero<br />
asfalto il lungo serpentone del rientro. Macchine, moto, macchine…<br />
- Dio mio…. Che confusione!.-<br />
Vedo laggiù la signora animata da fantasmi, è una vita frenetica: oh si, vedo<br />
pure indifferenza, quale senso dare alla vita?- non trovo la risposta!.- un<br />
formicaio umano confus, un patto col diavolo: “Tutti matti par i schei. Serto<br />
non ghe xe più ragjonameno ne religion!?.”<br />
- Dove sono i tuoi ideali e desideri?.-<br />
- 8 settembre 1943…. Armistizio, è finita!-<br />
30
Sono qui, tra silenzio e pace,ove spazia senza confini l’occhio e la mente<br />
confusa in un paese amico: una Tonezza viva e ricostruita, intrisa di colori,<br />
profumi silvestri di ciclamini e pini mughi, di turisti solitari e brava gente<br />
locale che “Vi” accoglie a braccia aperta. Gente alla buona, loquace e<br />
paziente.- Un tempo era un campo di battaglia conteso-, oggi, un ridente<br />
centro turistico di storia e folclore tutto da visitare. Senza fretta però!.<br />
Troppe sono le emozioni per voce narrante degli ultimi vecchi rimasti. Tale è<br />
la loro fierezza da sembrare ‘Saggi o Filosofi’!!. Così schivi e taciturni feriti<br />
dentro e mutilati fuori dalle cicatrici saturate maldestramente….. ah, la<br />
guerra….. ancora testimone!.- ovunque.-<br />
E’ gente di montagna, fiera, che ama raccontare la “sua “ storia infinita; è<br />
come la voce del vento di fuoco e passione: ti entra dentro al cuore come<br />
scheggia impazzita e, pregusti il fascino del passato cosi intrigante di storie<br />
vere. Tristi o belle che siano, non le puoi dimenticare: sono vere e tali restano-<br />
anzi-, ti lasciano un dolce-amaro nel cupore e, la mente confusa ti riporta alla<br />
ragione.<br />
-E’ il generoso prezzo della LIBERTA’!.-<br />
-Finalmente la Pace!!.-<br />
Ama il cuore amico turista,ama con amore baldo Alpino queste Sacre<br />
montagne, -qui-, in ogni pietra c’è un ricordo umano del passato e presente, in<br />
ogni fiore c’è il profumo della vita, in ogni buca c’era iltuo destino e la<br />
morte…<br />
Solo l’aria pura qui è rimasta libera, senza reticolati, senza piu’ frontiere, è<br />
decisamente solo per te: il passato è già presente ,il presente ora è già il futuro;<br />
ove verdeggianti oasi e candide montagne,tra terra Benedetta e cielo ora si<br />
baciano abbacciati con la natura in un amplesso amoroso,idilliaco in emozioni<br />
e ricordi!.<br />
Anche i tuoi ,baldo Alpino, forestiero o turista chiunque tu sia!.<br />
Qui hai trovato la serenita’ che cercavi-peccato-, il tempo è volato così di<br />
fretta e, già si fa sera ma… tante sono ancora le emozioni da vivere e<br />
scoprire.-Sarà un sicuro ritorno!.-<br />
Vorresti cogliere un ciclamino: lascialo vivere anora, non è la solitudine che<br />
cercavi, è la voce del Creato, il tuo destino, cogli invece l’ultimo tiepido<br />
raggio di sole e sorridi alla vita; mentre tu scendi, sogni e desideri salgono fino<br />
alle stelle, è la voce soffusa delle tue preghiere,-oh sì-, quella vera di un uomo<br />
fortunato. Piu’ che fortunato! Sei felice… non è stato un sogno,hai solo<br />
visitato un paese amico che ama raccontare poco di sé, ma, offre pace e<br />
tranquillità a quel turista esigente che ama essere “coccolato” e, scoprire ampi<br />
panorami mozzafiato.- Già!...- Qui’ c’è un po’ di tutto: il resto è solo vanità!.<br />
Tonezza è tutto questo: un giardino di grandi emozioni e aria frizzante di<br />
genuina cortesia!.Tante casette in fila come un rosario in sasso biancastro<br />
calcareo, dai tetti rossi con gerani variopinti alle finestre che offrono un<br />
delicato profumo e bòn-tòn di eleganza raffinata! Seduti in quel muretto<br />
appatrtato sul finire della via, due giovani dall’aria sognatrice, si baciano<br />
teneramente, incuranti da sguardi curiosi e allibiti perché sorpresi dall’ultima<br />
zitella del paesello che passa e và abbassando la testa e si fa il segno della<br />
croce allungando il passo e, diventa paonazza dalla vergogna, piu’ rossa di un<br />
papavero… Peccato mortale sussurra… Mon amour, riesce a sentire…<br />
sorride!!<br />
31
Una rara terra del Vicentino!.-Sofferta e combattuta. E’ una terra generosa,<br />
come una famiglia patriarcale amica, che ama ascoltare e poco raccontare di<br />
sé.- Troppi sono stati gli orrori e i fantasmi del passato; troppe sono le croci<br />
arrugginite in fondo al bosco di quel cimitero di guerra quasi abbandonato<br />
dall’oblio della civiltà ricca e peccaminosa di troppa libertà.- La LIBERTA’ di<br />
quei giovani EROI senza nomi di soli vent’anni mandati al macello e, mai più<br />
ritornati!.<br />
E quando si dice-guarda il caso-: è a un “tiro di schioppo” da casa… A volte,<br />
così presi dal consumismo e benessere, manco ce ne rendiamo conto di queste<br />
oasi felici della porta accanto.<br />
-Sei un po’ depresso?!- Non lasciarti andare andare: accendi quel vecchio<br />
motore, fai salire moglie e bambini; basta un cesto in vimini con due-tre<br />
panini, un’aranciata e del vino se c’è, un buon bicchiere non fa male neanche a<br />
te e, vai…vai… sarà una giornata speciale tra amici, vai…vai tranquillo!!.<br />
Siamo in tempi di pace-oggi-, quel che più vale è la salute con un po’ di<br />
tranquillità… tutto al resto ci pensa Iddio.- Vai tranquillo ,amico mio!.-<br />
-Come si chiama il paese?-<br />
“Tonezza” – certo-, non lo dimenticare…<br />
-Grazie , sei un vero amico…Grande amico!-<br />
Le prime luci si accndono, ecco, già si fa sera… Una magnifica luna piena e<br />
rossastra mi indica la via del ritorno.<br />
-Dio mio ,quante emozioni oggi!-<br />
E domani?... Si vedrà!.<br />
Forse, pregherò umilmente in quel Sacello in fondo al bosco, vicino al<br />
cimitero di quel Fante Alpino e Milite Ignoto ove riposano insieme gli Italiani<br />
e Tedeschi: prima nemici –ora-, amici di pace e LIBERTA!<br />
Con lei, cala il sipario degli affanni, per dare ascolto ai consigli della notte:-sì-,<br />
domani sarà un altro felice giorno . Buonanotte, anzi,arrivederci misteriosa<br />
Tonezza. Terra di EROI!.<br />
-Ah, dimenticavo il pensierino della notte…*-<br />
*”Italiani brava xénte però, non solo de Santi e Poeti ma, vera xente de bon<br />
còre ,de Onore; par ricordare la so storia e la giusta verità alla pòra xènte dei<br />
sacrifici dei so véci; come fosse ‘nà storia infinita coi so difetti ma, piena de<br />
umiltà…Italiani – da sempre-, brava xénte de civiltà e de bon còre”<br />
32
IL PIU’ PURO DEI PECCATI<br />
DI BRUNO LAURA<br />
Le mani affondano piano nel fango, gli occhi troppo azzurri, troppo occupati a<br />
liberarsi delle lacrime per notare lo spettacolo che gli si prospetta davanti:<br />
un’aurora diluita dalla pioggia.<br />
Inestimabilmente fragile e bionda, nuda sotto quel vestito,nebioso, bianco,<br />
bagnato, dissolto nelle gocce celesti, piante dal cielo appena nato. Elegante,<br />
anche se spogliata, anche se immobile e misera, circondata dagli steli d’erba<br />
più verdi e zuccherati che la natura abbia mai saputo nutrire. Bella. E lo<br />
sguardo tanto triste, e le labbra tanto piccole, il viso tanto antico. Punita,<br />
tradita da un’innata perfezione che molesta e sacra irrora ogni ignoto atomo<br />
della sua essenza pallida. Disumanamente incantevole in ogni nota del suo<br />
profilo. I capelli lisci e colorati della più candida luce, raggruppati dall’acqua<br />
in ciocche, alcuni incolati al viso. Irrilevantemente donna o bambina o viva.<br />
Inscindibile tra incandescenza fredda o ghiaccio caldo. Il viso, ovale e morbito<br />
si alza, forse pensa, ma il pensiero immortale è irraggiungibile dalle umane<br />
brame, e scruta l’orizzonte interpretando trascurabile e consueta quell’alba di<br />
paradisiaco colore. Troppo poca divina, troppo poca terena, ignora il primo<br />
mattino in cui i suoi iridi azzurri assaggiano il cielo guardandolo da<br />
prospettive invertite, e non ha sapore perché forse non è importante. Solleva<br />
gli arti superiori dal fango, dai polsis’intravedono blu le vene, ancora cinta da<br />
un’aura d’argento che è cosciente di dover perdere da un momento all’altro,<br />
ma le sue dita sono protette, le unghie immacolate restano dieci mezzelune<br />
impeccabili. Il suo peccato è impresso su di lei, perché possiede un corpo e la<br />
pelle bianchissima è pur sempre tangibile. La sua condanna: perdita totale di<br />
una evanescenza sempre avuta, perché mai generata, né creata, né morta. E<br />
non sa se è estate o inverno, perché viene dall’eterna primavera. Non è<br />
evidente alcun segno: il suo precipitare è stato latente. Un immediato<br />
incondiscendente tribunale salvifico di grazia, ha condannato la sua colpa.<br />
Amare un uomo, fondersi insieme ad un mortale, amare al di la degli schemi<br />
dettati dalla suprema gerarchia raziale e…. precipitare. Un corpo: punizione ad<br />
uno sgarro non concesso all’intelligenza della sua razza. E la terra, sconosciuta<br />
alla personale esperienza tattile, era una sfera verde e bluastra da osservare e<br />
visitare come inadatta e soprannaturale ospite. Ma un letto, un desiderio, forti<br />
braccia, occhi verdi, e un familiare e traditore cielo stellato l’hanno<br />
condannata. Si alza, convinta di aver commesso il più puro e<br />
ingiustificatamente dolce peccato, che ricommetterebbe mille e mille altre<br />
volte ancora. Cessa la pioggia. Nuda, essenza corporea, cammina ed ha ancora<br />
le sue ali, l’angelo sporco, scalza ma senza paura, senza pudore. Cammina, e<br />
stagliato contro l’azzurro di quel cielo appoggiato sulla collina erbosa,<br />
riconosce il suo carnefice e lo ama, come ama la sua colpa, e lo abbraccia,<br />
perché si accorge di un dettaglio che il buio della notte le aveva celato: nota<br />
che non è la sola a possedere un paio di bianchissime, splendide, candide ali.<br />
33
CONDANNA D’AFFETTO<br />
di CANETTO ALBERTO<br />
L’angusta e dispersiva periferia di una grande città, dove molti dei più giovani<br />
trascorrono i pomeriggi liberi da impegni scolastici giocando per la strada<br />
senza il controllo dei familiari mentre i più grandi si rifugiano nei bar<br />
sfogando, sempre, le loro frustrazioni tra qualche spinello e bicchieri di<br />
alcolici è il teatro dove Giuliano, figlio di un operario e di una madre<br />
casalinga, trascorre la sua adolescenza. Il dialogo con i genitori è pressoché<br />
inesistente e questo vuoto contribuisce a formare nel carattere del giovane una<br />
smania di protagonismo. Egli è infatti, il punto di riferimento della co mpagnia<br />
formata da amici e amiche. Giuliano nelle lunghe giornate passate al bar con<br />
loro, tra qualche avventura sentimentale con le ragazze, comprende presto le<br />
difficoltà che nascono da una mancata indipendenza economica. Così come è<br />
assente, completamente, la voglia di impegnarsi alla ricerca di un lavoro,<br />
crescono in lui, forti ambizioni incentivate, spesso dalle notizie dei massmedia,<br />
di alti gradimenti di popolarità raggiunti da personaggi, da un momento<br />
all’altro, riconducibili a circostanze per lo più tanto fortunate quanto effimere.<br />
I classici miti dai quali molte, confuse, menti vengono abbagliate. Anche lo<br />
scorazzare su auto di grossa cilindrata, la frequentazione di locali alla moda, e<br />
altre ostentazione di dolce vita da parte di qualche coetaneo più “fortunato”,<br />
dovuti dall’avere alle spalle una famiglia facoltosa, contribuiscono a far<br />
maturare nella mente di Giuliano la voglia di emulare se non superare questi<br />
traguardi. Così tra un boccale di birra e l’altro il giovane, architetta, insieme<br />
agli amici più fidati e succubi, di iniziare a fare alla sua maniera fondando una<br />
banda. I giovani dei quali qualcuno è ancora minorenne iniziano con piccoli<br />
furti ai supermercati, specializzandosi poi in scippi e quando iniziano ad<br />
ottenere più sostanze economiche riescono a procurarsi anche la cocaina, la<br />
quale fornisce loro una carica mentale talmente devastante da portarli anche ad<br />
architettare un primo colpo in banca. Così rubata un’autovettura, il comando<br />
capitanato da Giuliano, dopo aver sniffato un po’ di polvere bianca, svaliggia<br />
la prima banca e diventa, tremendamente, intraprendente con altre rapine, furti<br />
in appartamenti e numerosi metodi di estorsione di denaro al punto che<br />
Giuliano, al settimo cielo ed osannato non solo dai suoi complici ma anche da<br />
molte donne che identificano in lui un giovane di bello aspetto con il<br />
portafoglio pieno di denaro, si sente super realizzato nella vita. Ma con il<br />
passare del tempo non si accontenta, spostando la sua attenzione anche sui<br />
sequestri di persona a scopo di richiedere sempre più alte cifre di denaro. Il<br />
giovane è diventato un pericoloso boss che ha anche la pistola facile ed,<br />
ovviamente, il suo cambio di marcia di tenore di vita non rimane inosservato<br />
nel suo quartiere. La sua spavalderia lo porta anche ad essere conosciuto nei<br />
ritrovi socialmente elevati nei quali la sua fama di playboy cresce a dismisura.<br />
Una fredda mattina di novembre però viene fermato dai carabinieri per un<br />
controllo all’imbocco dell’autostrada ed il giovane, che aveva un cospicuo<br />
carico di cocaina e molto denaro sporco, quando si imbatte faccia a faccia con<br />
l’agente estrae una pistola e dal finistrino fa fuoco sul militare ferendolo<br />
gravemente. Inizia la sua fuga ma i carabinieri riescono a rintracciare la targa<br />
da cui desumono le generalità di Giuliano che diventa, da quel momento, un<br />
pericoloso latitante ed inoltre da un identikit, si risale anche all’immagine del<br />
34
suo volto presto associato ai tanti fatti malavitosi di cui è stato protagonista.<br />
Ma questo nella mente del giovane invece che essere un campanello d’allarme<br />
lo carica ancora di più infatti, l’idea di essere diventato un inafferrabile<br />
gangster gli fa guadagnare ancora di più la stima dei suoi complici e le<br />
scorribande della gang si moltiplicano tra atti di sempre maggiore efferatezza<br />
nei quali rimangono ferite anche altre innocenti persone colpevole solo di<br />
trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Il caso inizia a diventare di<br />
rilevanza nazionale mentre Giuliano, sempre attorniato da bellisime donne ne<br />
frequenta una in particolare con la quale si sente più a suo agio, Luana è il suo<br />
nomo. La giovane è a conoscenza dell’attività criminale di Giuliano ma è<br />
accecata dal lusso sfrenato in cui il boss la fa vivere. Tuttavia, resasi conto che<br />
le cose non avrebbero potuto andare sempre così cercò, in atnte circostanze, di<br />
farlo riflettere consigliandogli di smettere con quel tipo di vita ma egli<br />
rispondeva che era l’unica cosa che sapeva fare incolpando i propri genitori di<br />
non averlo mai capito, negandogli ogni tipo di dialogo e considerazione.<br />
Luana era però in fondo, una giovane molto matura e passato quel momento di<br />
abbaglio mise Giuliano alle strette chiedendogli di fare una scelta precisa: o lei<br />
o la delinquenza. Ci fu una lite furiosa scatenata dallo stesso che le impose di<br />
rimanere al suo fianco in ogni caso, al che Luana fece finta di acconsentire<br />
ma nel corso della notte fuggi facendo perdere le sue tracce nell’immediato<br />
futuro. Giuliano ci rimase male e sfogò il suo nervosismo intensificando la sua<br />
attività criminale fino a quando, un giorno durante una rapina in una giolleria,<br />
venne distratto dal particolare improvviso rumore di un incidente tra due auto<br />
fuori del negozio e fu a quel punto che il titolare del negozio ne approfittò per<br />
ferirlo gravemente con un colpo di pistola allo stomaco. Giuliano si salvò per<br />
miracolo, dopo un lungo intervento chirugico, ma la sua carriera criminale si<br />
concluse infatti fu condannato, per tutte el sue malefatte a quindici anni di<br />
carcere e con lui anche i suoi complici. Nel primo periodo di carcerazione egli<br />
già progettava l’evasione ma un giorno, appresa la notizia della sua cattura,<br />
Luana chiese un colloquio con lo stesso il quale fu molto aspro nei suoi<br />
confronti addossandole la colpa di averlo lasciato. Passò qualche settimana e<br />
Luana si ripresentò al suo cospetto in presenza però anche della madre di lui.<br />
La reazione di Giuliano alla vista delle due fu durissima al che Luana gli urlò:<br />
“Ma non vedi niente di strano in me?” Giuliano non diede peso alla domanda<br />
ed a questo punto sua madre gli disse, per la prima volta, con voce molto<br />
pacata e affettuosa: “ figlio mio, Luana aspetta un figlio da te”. Il boss<br />
impallidì e rimase senza parole, d’un tratto la sua grande spavalderia sembrava<br />
essersi dissolta ma senza proferire alcuna parola fece un cenno alla guardia di<br />
accompagnarlo in cella. Qualche settimana dopo mandò a chiamare le due<br />
donne per un colloquio e con aria fredda e distaccata disse: “ Non fategli<br />
mancare niente pagherò io tutte le spese per la sua crescita”. Al che la madre<br />
gli rispose: “Giuliano, senza quel dialogo che io e tuo padre non ti abbiamo<br />
saputo dare tuo figlio non se ne farà niente di buono dei tuoi soldi”. Il grande<br />
boss fu colpito più da quella frase che non dal colpo d’arma da fuoco che lo<br />
aveva reso morente e dai suoi occhi colò una piccola lacrima. Quella frase<br />
proferita ancora una volta con un tono affettuoso fu una sferzata talmente<br />
potente per il suo animo che nei giorni seguenti chiese al direttore del carcere<br />
di poter continuare gli studi da dove aveva smesso e quando nacque Alba,<br />
quasi a ricordare l’avvento di un nuovo stile di vita, fece in modo di vederla il<br />
35
più possibile incominciando con gli anni a dialogare e scriverle lettere<br />
cercando con gli anni a dialogare e scriverle lettere cercando di non farle mai<br />
mancare l’affetto ed il calore paterno. Giuliano si diplomò poi si laureò in<br />
giurisprudenza, in seguito, quando mancvano ancora pochi mesi all’uscita dal<br />
penitenziario, manifestò la voglia di iscriversi al concorso in Magistratura.<br />
Mentre con sua moglie Luana ed un’ormai adolescente Alba, già ben avviata<br />
al liceo, i rapporti erano improntati nella massima serenità e affetto, arrivò il<br />
giorno della scarcerazione. Quell’istituto aveva restituito alla società non un<br />
relitto ma un uomo nuovo che divenne un apprezzaro giudice. Ma Giuliano, in<br />
molti frangenti, quando si trovò a giudicare casi in cui capiva che nel profondo<br />
esisteva un forte problema umano, non assolveva di certo gli imputati che<br />
erano colpevoli del reato ma sempre, anche in casa di non condanna, chiamava<br />
insieme a loro i più vicini familiari ed amici e dopo la lettura della sentenza<br />
diceva, con lo stesso ultimo tono di sua madre ma fermo e deciso dall’alto del<br />
suo scranno: “Vi obbligo entrambi a dialogare tra voi, soprattutto quando non<br />
ne avete voglia”.<br />
36
LA LIANA E IL MELOGRANO<br />
dI LEGGIO GIUSEPPE<br />
C’era un quadro sospeso nel muro della stanza da letto di mia nonna.<br />
Una giovane donna indio seminuda, i capelli neri, la frangetta alta, i seni<br />
piccoli e raccolti, tiene in mano una melagrana, pare ascoltare assorta<br />
un uomo che, di fronte a lei, sta leggendo.<br />
Lui ha tratti mediterranei, strette ma vigorose le narici, forse uno<br />
spagnolo, indossa una camicia bianca e sul comodino poggia una colt.<br />
“... eppure, tenebroso, il mio cuore ti cerca;<br />
amo il tuo corpo gaio, la tua voce svelta e lieve.<br />
Farfalla bruna, dolce e definitiva<br />
come il frumento e il sole, il papavero e l’acqua.”<br />
Ramìro chiuse il libro e i suoi occhi scuri si disciolsero <strong>nuova</strong>mente in<br />
quelli di Morìra, non sapeva perchè le aveva letto quella poesia, gliela<br />
aveva letta e basta. O forse no. Gli piaceva quello sguardo selvatico,<br />
l’odore di foresta misto alla delicata fragranza di calendula che il suo<br />
corpo emanava, e per il momento la ragazza lo distoglieva da quella<br />
strana malinconia che da tempo ormai era sua compagna di viaggio.<br />
“Ho preso questo libro da un vecchio venditore a Madrid quasi dieci anni<br />
fa, ho fatto la guerra con i franchisti e me ne son pentito, ma mi è<br />
rimasto questo ricordo ed oggi i miei pensieri sono anche i tuoi”.<br />
Morìra sentì freddo e una nuvola nera eran i tratti dello spagnolo, posò il<br />
frutto accanto alla pistola e baciò profondamente, avida quasi, l’uomo.<br />
Poi staccatasi da lui prese: “ Mio padre mi diceva sempre che la vita<br />
delle persone è uguale a quella delle liane, da piccole si legano al tronco<br />
di un albero forte e vigoroso in cerca di nutrimento, la linfa che,<br />
benevola, trovano in abbondanza.<br />
Ma similmente sono estranee ad esso e crescendo diventano pesanti per<br />
l’albero, quasi lo soffocano e sono costrette dunque a staccarsi per<br />
cercare nuove piante giovani e robuste. Rimangono però in parte legate<br />
a colui che le ha generate e nutrite per così tanto tempo.”<br />
“E tu ti senti una liana?” chiese ridendo Ramìro, esalando una nuvoletta<br />
di fumo biancastro dalla bocca .<br />
“Non saprei dire” rispose timida lei “sento di essere, ecco, sempre senza<br />
appiglio, sempre affamata.”<br />
Il tramonto di Bogotà era freddo e stranamente vitreo, passeggiarono<br />
tutta la sera, tra i mercati delle spezie dove si erano incontrati qualche<br />
ora prima e dove aveva ricevuto in dono quello strano frutto dallo<br />
straniero, fin dentro le viscere della città, videro vecchi, giovani donne,<br />
bambini, mendicanti e disperati e i masticatori di coca, operai delle<br />
miniere storditi o grottescamente sorridenti per effetto della droga.<br />
Fecero all’amore, ancora, ancora, fino allo sfinimento e la notte passò tra<br />
i sospiri. Ora anche lei aveva il suo albero.<br />
La pistola sul comodino scomparsa, sussultò allo scoppio, ebbe paura.<br />
37
Steso sul pianerottolo Ramìro dormiva, un rivoletto di sangue si<br />
allungava per la scala di marmo rosa, fino alla strada, piangeva ora con<br />
lei tutto il cuore malato di Bogotà.<br />
C’era un quadro sospeso nel muro della stanza da letto di mia nonna...<br />
...e un alberello di melograno, il ricordo di Ramìro.<br />
38
RACCONTO DI GIACOMINO<br />
di LO DATO FRANCESCA<br />
Giacomino trovandosi a passeggio con papà<br />
Vide in fiera tanti acquari.<br />
Dice a papà:<br />
-voglio comprato un acquario- e papà lo comprò.<br />
Arrivò a casa contento e disse alla mamma:<br />
- Vedi papi mi ha comprato un acquario.<br />
Un giorno Giacomino vedendo freddo, pensò di<br />
Mettere l’acqua calda nell’acquario, dicendo:<br />
- Poverini, i pesci sentono freddo!<br />
E i pesci li trovò morti.<br />
Così disse alla mamma:<br />
- Mamma c’è freddo e i pesci erano morti di freddo poverini,<br />
io per farli riscaldare ci ho messo l’acqua calda<br />
ma loro invece sono morti lo stesso.<br />
La mamma rispose:<br />
- Allora sei stato tu a farli morire!<br />
E Giacomino si dispiaceva.<br />
39
STANZA 106<br />
DI LILIANO MAMO RENZINO<br />
Il pensieo umano, per prima cosa, vola ad una bella accogliente, allegra stanza in un<br />
luogo di svago, forse di un luminoso lbergo. Ad una stanza dove non si vede l’ora di<br />
entrare per potere mettere in atto quello che può essere il più bel gesto d’amore.<br />
Niente di tutto questo, la stanza n. 106 di cui parlo è una piccola squallida, triste sala<br />
d’attesa del S.E.R.T., dove giorno dopo giorno si alternano sempre più numerosi i<br />
tossicodipendenti che hanno deciso di uscire dal tunnel della droga. E’ una sala<br />
d’attesa triste dove non sipensa lontanamente di entrare e soprattutto di attendere. C’è<br />
purtroppo una madre che attende, ma cosa attende? Non è capace di dare lacuna<br />
risposta a quella che è stata una continua e frenetica attesa durata anni. Un’ attesa<br />
piena di ansia, di tormento, di angoscia, di speranza, di preghiera. Si, perché in<br />
momenti così tribolanti soltanto la preghiera è l’unico vero rifugio per non impazzire;<br />
è l’unica ancora di salvezza a cui aggrapparsi per sé e per gli altri, specie, quando per<br />
gli altri si intende il proprio figlio. Momenti di silenzio, di silenzio che piange, che<br />
grida, che prega, che spera, che anela al miracolo: al miracolo della rinascita, del<br />
ritorno alla vita e a quel sorriso radioso che illuminava quel giovane viso.<br />
Speranzosa nella divina misericordia di Dio, quel sorriso illuminerà ancora quel<br />
giovane viso. La preghiera di una madre suffragata da una profonda Fede deve essere<br />
rivolta a Dio sia per il proprio figlio, che per tutti i giovani che tanto hanno sofferto e<br />
continuano a soffrire. Affinché possano ricevere la grazia di uscire da quel terribile<br />
tunnel che spietatamente li distrugge e li annienta.Meraviglioso è pregare e sperare<br />
per il ritorno al prezioso dono della vita.<br />
40
LA PRINCIPESSA TRISTE<br />
dI CRISTIAN SEPPI<br />
In una contrada lontana, quando ancora esistevano i reami e i castelli dalle spesse mura e<br />
dalle torri slanciate, viveva una bella principessa dai folti capelli color del rame e gli occhi verdi<br />
come due smeraldi, ricchi di riflessi d’oro. Ogni sera, non appena il re Teodolindo VIII riteneva<br />
che fosse ora di andare a dormire, la bella Roslinda non faceva mai i capricci: salutava con<br />
affetto l’anziano genitore e si ritirava nelle sue stanze, infilandosi subito a letto. Quello, per lei,<br />
era il momento migliore della giornata perché i suoi sogni erano sempre bellissimi: prati<br />
sconfinati, dove l’erba, dello stesso colore intenso dei suoi occhi, danzava pigra e mossa da<br />
un lieve venticello, migliaia di fiori profumati e dalle tonalità così intense che molte volte<br />
neanche Roslinda riusciva a dare un nome al colore che vedeva, migliaia di farfalle che<br />
danzavano leggere nell’aria solo per lei e, proprio al centro di quel prato, un castello di cristallo<br />
alto e slanciato verso il cielo e con torri leggere come soffi d’aria.<br />
Quello era il suo regno segreto, lì Roslinda si sentiva veramente viva; quando era sveglia,<br />
invece, le spesse mura di pietra della fortezza di suo padre la facevano soffocare e sentire in<br />
gabbia. Per questo motivo durante la giornata la giovane ragazza vagava triste e solitaria per il<br />
palazzo e a nulla serviva che suo padre la circondasse di sontuose feste, di giocolieri e<br />
menestrelli o di vivaci damigelle; ogni sera la principessa andava a dormire e tornava a<br />
rifugiarsi nel suo mondo incantato.<br />
Il giorno che il suo vecchio padre morì, Roslinda si ritrovò costretta a succedergli al trono,<br />
impreparata ad affrontare i problemi di un regno vasto e florido. Governare non era facile:<br />
c’erano leggi da elaborare e far rispettare, ponti e strade da costruire o riparare e questioni di<br />
ogni tipo da risolvere, come le dispute terriere o i tribunali e, peggio di tutto, doveva<br />
continuamente suggellare alleanza o rapporti di scambio con altri regni. La principessa sedeva<br />
con occhi spenti sul trono lasciando che la giornata le scivolasse addosso con tutti i suoi<br />
problemi in attesa che arrivasse la sera per poter finalmente tornare a rifugiarsi nei suoi sogni.<br />
Alla fine, il suo ciambellano di corte, dopo che per alcuni mesi dovette subire questo<br />
atteggiamento, esasperato dall’apatia della principessa, si chiuse nel suo studio e iniziò a<br />
consultare vecchi libroni e antiche pergamene alla ricerca di una soluzione. Dopo alcuni giorni<br />
di estenuante ricerca, si presentò a Roslinda e le chiese di trovare marito. Magari questo<br />
l’avrebbe riportata in sé e i problemi si sarebbero risolti, ma la principessa si oppose con tutte<br />
le forze: pianse, urlò e picchiò i pugni, ruppe anche alcuni vasi, ma il ciambellano rimase<br />
fermo nella sua posizione, forte anche dell’editto che aveva scovato in una polverosa<br />
pergamena che obbligava i reggenti a sposarsi entro il primo anno di regno.<br />
Quella sera la principessa si addormentò sfinita dopo un lungo pianto. Nel sogno cavalcò uno<br />
splendido unicorno bianco fin dentro i cortili del suo palazzo di cristallo, salì le scale fino alla<br />
sala del trono e si sedette sul suo scranno intagliato in un prisma che scomponeva la luce in<br />
mille colori su tutte le pareti; era pronta a ricevere i suoi fedeli sudditi per una festa in<br />
maschera e una cena ricca di prelibatezze.<br />
Al mattino Roslinda si risvegliò riposata e felice: nel sogno aveva trovato la risposta ai suoi<br />
problemi. Per la prima colta dopo molti anni si alzò dal letto con il sorriso sulle labbra, chiamò<br />
le serve e si fece portare il suo abito più bello e i gioielli più preziosi; si acconciò con cura i<br />
capelli e danzò dentro una nuvola di profumo, poi fece convocare il ciambellano brontolone e<br />
tutta la corte nella sala del trono per il primo pomeriggio.<br />
Quando si sedette sul trono, Roslinda osservò in silenzio tutte le persone che aspettavano<br />
nella stanza con un sorriso. Erano tutte lì per lei; aspettavano solo di sapere perché erano<br />
state chiamate a corte. Lei lasciò che il silenzio si facesse sentire nel cuore di tutti e poi, con<br />
un filo di voce, prese la parola.<br />
41
- ieri notte ho sognato che cavalcavo felice in un prato a dorso di un unicorno. Mi ha condotto<br />
in un castello di cristallo dalle guglie esili e slanciate verso il cielo, nel fossato scorreva un<br />
torrente di miele che zampillava da una sorgene sulle montagne dietro il castello.<br />
A questo punto Roslinda interruppe il racconto e fissò tutti negli occhi, uno ad uno, con<br />
espressione severa; poi, ad un tratto, riprese a parlare con voce talmente alta che rimbombò<br />
minacciosa sulle alte volte della sala.<br />
- Ho deciso che sposerò il principe che riuscirà a progettare il castello dei miei sogni entro un<br />
mese; a lui donerò la mia mano e lo farò mio consorte nella conduzione del regno appena mi<br />
avrà condotta nel nuovo palazzo dove ci uniremo in matrimonio. – E detto questo lasciò la sala<br />
in uno svolazzare di seta rosa, inseguita dall’eco del ticchettio dei suoi tacchi.<br />
Tutti i principi presenti nella sala rimasero ammutoliti, poi, digerita la notizia, si affrettarono a<br />
lasciare la sala e a correre ai rispettivi castelli dove interpellarono i più famosi architetti per<br />
farsi aiutare a realizzare quell’opera.<br />
Esattamente un mese dopo la principessa riunì di nuovo la corte e si presentò per visionare i<br />
progetti. Dopo aver visto cento modellini in scala non era per nulla soddisfatta: il palazzo non<br />
era di cristallo, le torri non erano leggere o slanciate, l’erba non era della tonalità giusta e il<br />
fossato non aveva miele.<br />
Alla fine, quando tutti i principi ebbero presentato i loro lavori (o per meglio dire i lavori dei loro<br />
architetti, visto che come tutti i principi non capivano nulla di costruzioni), dal fondo della sala<br />
si fece avanti un giovane alto e magro, dal viso pallido come la luna e con gli occhi di un blu<br />
intenso come il cielo di notte. Era vestito di nero fino ai piedi, e dai polsini e dal colletto<br />
spuntava un pizzo raffinato e candido come la neve. Chiese alla principessa con un filo di<br />
voce se avesse potuto presentare anche lui il suo progetto.<br />
- Chi sei?- domandò il ciambellano che presiedeva alla presentazione.<br />
- Sono un principe mio signore, vengo da molto lontano, da un regno che è di tutti ma non è di<br />
nessuno: sono il principe dei sogni e ogni notte, a cavallo del mio asinello, spargo sul vostro<br />
letto la polvere dei desideri in modo che ognuno possa avere un dolce riposo cullato da<br />
pensieri e immagini da favola.<br />
E detto questo scoprì il suo plastico. Roslinda ebbe un sussulto e rimase senza parole:<br />
davanti a lei, in miniatura, si trovava il luogo dove per anni aveva vagato nei suoi sogni.<br />
- Per te, mia signora, ho preparato una polvere speciale. – Riprese il giovane principe con lo<br />
sguardo fisso a terra. – Ho catturato la luce delle stelle e ho estratto la purezza dei diamanti,<br />
ho sciolto i colori dell’arcobaleno e ho aggiunto l’amore del mio cuore per donarti il mondo più<br />
bello che una persona avesse mai visto.<br />
Roslinda era senza parole. - Perché? – riuscì a chiedere con un filo di voce, mentre una<br />
lacrima nera di mascara le segnava la guancia candida di cipria.<br />
- Perché ti amo! Ti ho sempre amata fin dalla prima volta che ti ho vista. So che posso farti<br />
felice e donarti ogni cosa tu mi chiederai.<br />
- Per anni mi hai fatto vivere in un mando falso! – riprese la principessa piangendo a dirotto e<br />
con la voce spezzata da continui singhiozzi. – Non sono mai riuscita a sentirmi bene nella mia<br />
casa a ho fatto soffrire mio padre non riuscendo ad apprezzare i piaceri di una vita normale e<br />
sentendomi sempre un’esclusa. Perché dovrei ringraziarti? – La principessa si alzò dal trono<br />
di scatto e fulminò il principe con occhi di fuoco. – Vattene, sparisci per sempre dalla mia vita<br />
e dal mio regno!<br />
Detto questo, scappò nelle sue stanze piangendo a dirotto e coprendosi il viso.<br />
Roslinda passò i mesi seguenti ad abituarsi a vivere nel mondo reale: organizzò feste e fiere<br />
per il suo popolo, cercò di instaurare rapporti commerciali con i regni vicini. Iniziò a costruire il<br />
palazzo dei suoi sogni dirigendo di persona i lavori e, appena fu finito, edificò tutto attorno un<br />
42
paese con case si madreperla e tegole di giada per il suo popolo. Tutti i sudditi erano felici,<br />
ognuno ebbe un lavoro e la povertà scomparve dal suo regno.<br />
All’età di quarant’anni i sogni di Roslinda erano finalmente realtà: andò ad abitare nel suo<br />
nuovo palazzo e si sposò, ebbe tre eredi, un maschietto e due femminucce e regnò per altri<br />
quarant’anni ancora, diventando la regina più amata di tutti i tempi.<br />
43<br />
Giovedì, 15 settembre 2005
VOLA, FARFALLA<br />
dI LENIO VALLATI<br />
Sono qui,nella mia cella, e ascolto il lento trascorrere del tempo. D’un tratto, nella<br />
grata in alto, vedo entrare una farfalla. Non me ne intendo molto, per me sono tutti<br />
uguali, ma questa ha le ali grandi e colori meravigliosi. La osservo con ammirazione.<br />
Come sei elegante! Vieni, farfalla, posati sulla mia mano. Parlami del mondo di<br />
fuori, che ho lasciato da ben otto anni, e dell’aria oltre le sbarre. Parlami del vento,<br />
che accarezza i capelli, e della libertà che ho perduto. Ero solo un ragazzo. Era<br />
difficile, allora, nel paesino del sud dove abitavo, trovare un lavoro. C’era solo una<br />
persona che poteva dartelo, e ti pagava anche bene. Bastava consegnare al tale un<br />
pacchetto, nient’altro, ma senza fare domande. Quello che c’era dentro non ti doveva<br />
interessare. Poi altre richieste, dovevi intimidire una persona, pestare il tale che non<br />
pagava il pizzo. Ogni volta una prova sempre pù difficile da superare per la mia<br />
coscienza, ma non potevo tornare indietro. Avevo i soldi per portare al cinema la mia<br />
ragazza, i soldi per pagare la moto <strong>nuova</strong>, i soldi da portare a casa dove non<br />
bastavano mai. Perché, padre, non mi hai avvertito allora di quanto sbagliata fosse<br />
quella strada che stava percorrendo? Perché, madre, anche tu non mi hai avvisato?<br />
Prendevi i soldi che ti davo senza fare domande. Eppure tu sapevi di quanto sangue<br />
grondavano! Io solo ero ignaro di tutto. Ero una vela in balia del vento. Un aquilone<br />
appeso al filo della giovinezza. In un giorno ho perso tutto, l’innocenza di chi non ha<br />
le mani ancora sporche di sangue, la mia ragazza ,la libertà. Ho lasciato dietro di me<br />
il profumo inconfondibile dei fichi d’india, delle zagare, delle arance. Il sole caldo<br />
della mia terra.L’azzurro del suo mare. Oltre le sbarre la mia vita si è dipanata lenta<br />
in questi otto anni, tra rimpianti e vane attese. I miei anni piu’ belli sono ormai<br />
passati. Ancora otto ne debbono trascorrere perché possa tornare libero. Ce la farò,<br />
farfalla? Riuscirò a resistere alla tentazione di lasciarmi andare, di rinunciare a<br />
lottare?E’ facile, sai, arrendersi al tempo, non contare più i giorni, gli anni,<br />
dimendicando chi sei.Qui dentro non esiste primavera,estate,inverno,c’è solo<br />
l’autunno con le sue monotone gradazioni dal bianco al grigio che ogni giorno ci<br />
annega l’anima. Scappa farfalla, scappa,vola via oltre le sbarre tu che ancora lo puoi,<br />
tu che sei libera e innocente come l’aria.Non lasciare che il grigio di questa stanza<br />
assorba i tuoi colori e la tua voglia di vita.Quando uscirò da qui non sarò piu’ un<br />
ragazzo. Sarò un uomo fatto.E sarò solo,solo come un cane,enza quella famiglia che<br />
da anni non viene piu’ a trovarmi e senza la ragazza che da qella tragica sera non ho<br />
piu’ rivisto.Riuscirò a tovare un lavoro,oppure mi rinfacceranno tutti di essere un<br />
assassino? Eppure fra otto anni avrò pagato tutti i miei conti fino all’ultimo, non avrò<br />
più debiti con la giustizia. Potrò affermare di non essere più la stessa persona che ero<br />
sedici anni prima. “Sono cambiato”, potrò urlare in faccia a chiunque. Ma nessuno mi<br />
darà fiducia. Nessuno mi aiuterà. Se hai sbagliato una volta puoi sbagliare altre cento<br />
volte, perché fidarsi di un ex carcerato? Tutte le porte si chiuderanno ai miei pugni<br />
vuoti, sarò costretto a rubare o a raccomandarmi di nuovo a quella gente. No, non ce<br />
la farò mai, farfalla mia. Vola, vola oltre le sbarre, tu che ancora lo puoi, lasciami<br />
solo al mio destino. Ma tu continua a volare per questa angusta stanza come se niente<br />
di qui dentro ti possa nuocere. I tuoi colori sono più vivi che mai. Forse tu sei la mia<br />
44
speranza, forse sei il segno che si può sopravvivere al griggiore di questa vita che ti<br />
consuma ogni giorno. Forse sei venuta per portarmi fuori di qui. Grazie, farfalla mia.<br />
Non mi arrenderò. Conterò ogni minuto, ogni secondo che mi separa dalla libertà. Ce<br />
la farò a tornare di nuovo libero. Tu, intanto vola, vola di nuovo oltre la grata, tu che<br />
già da adesso lo puoi e aspettami al di là di quel grigio metallo. Non respirare l’aria<br />
chiusa di questo luogo di espiazione, tu che sei innocente come l’aria. Potresti<br />
assuefarti ad essa e non avere più la forza di volare via. Potresti perderti tra queste<br />
grigie mura. Stà tranquilla, un giorno ti raggiungerò. Mancano solo otto anni, che<br />
cosa sono in fondo otto anni rispetto alla vita che ancora mi resta? La farfalla intanto<br />
si è adagiata nel palmo della mia mano. Sembra che dorma. Il rosso e il giallo<br />
spiccano nel griggiore della stanza. Macchie scure sulle ali le donano eleganza. Mi<br />
guarda con quei suoi occhietti neri posti alle estremità delle antenne. Sembra fatichi a<br />
respirare. Vola, farfalla, vola, vola oltre quella grata, tu che ancora lo puoi, tu che sei<br />
innocente come l’aria. Ti raggiungerò un giorno, te lo prometto. Non mi arrenderò a<br />
questa vita grigia che mi consuma ogni giorno. Apro le mani e la lancio verso l’alto,<br />
come per darle la spinta per volare, vola, farfalla, vola mia sola speranza di libertà,<br />
ma l’insetto ricade mollemente a terra. La raccolgo e la riadagio nel palmo della mia<br />
mano. E’ morta.<br />
45
POESIE<br />
IN ITALIANO<br />
46
MONTELEONE CARLO<br />
SI LEVA UN AQUILONE<br />
Si leva un aquilone<br />
Sulle tegole, a balzi,<br />
verso l’azzurro.<br />
Stupita l’osserva<br />
una lucertola al sole.<br />
Tubano rumorosi<br />
sotto il tetto<br />
i colombi<br />
e le lnzuola stese<br />
un alito di vento gonfia.<br />
sulla porta di casa<br />
nel vicoletto seduti,<br />
due anziani<br />
prendono un po’ d’aria.<br />
Stacca due foglie di menta<br />
la donna<br />
dà, poi , l’acqua al geranio.<br />
Racconta una vecchia favola<br />
al bimbo<br />
il nonno,<br />
ricorda di sé,<br />
quando piccolo era<br />
ed insieme,felici,<br />
guardano il cielo di maggio.<br />
1° CLASSIFICATO<br />
47
INCUDINE ADA<br />
LA DOVE SCNDE IL FIUME<br />
2° CLASSIFICATO<br />
Là dove scende il fiume<br />
e la valle si apre nel fulgore del sole che sbatte al cielo come<br />
un uccello in gabbia<br />
Là fra erbe selvatiche salici e felci e sassi verso il greto del fiume<br />
Là nel bacile di pietra scavato dall’acqua<br />
mio padre si radeva specchiandosi narciso<br />
La vita ruvida guizzante nei muscoli nella canottiera nei pantaloni di lana anche<br />
d’estate<br />
nella cintura di cuoio tirata stretta stretta e nelle scarpe con le suole alte un dito che<br />
duravano una vita<br />
la giovinezza l’ardore e la forza,<br />
una manciata di secondi.<br />
La pelle dorata il sapore di maschio sudore la mano a ravviare i capelli<br />
corvini e quel sorriso del sud così bianco da sbaragliare la notte<br />
tutta la vita<br />
nella barba che cresce rapida come l’ombra nei vicoli stretti<br />
ma<br />
così stretti che passa a stento l’asino e la fila delle donne con la cesta in equilibrio<br />
sulla testa<br />
Là in quella vita di pomodori seccati al sole di muretti bassi l’odore vivo<br />
del pane a legna e la ricotta tiepida nel vimini<br />
Là nelle corse polverose e nelle scazzottate dei giovanotti<br />
alle prese con i baffetti e la scoppola<br />
Là fra i pergolati d’uva fragola e le mani sotto le prime sottane<br />
Là nel bacile di pietra ti guardo e tu guardi<br />
la figlia che sarò<br />
Là nell’acqua fresca dove cade la luce<br />
ti vengo a cercare.<br />
48
MAGI SIMONE<br />
DISTACCO<br />
3° CLASSIFICATO<br />
Calato è un oscuro sipario<br />
Su ciò che era candore.<br />
Sfumati sono ormai gli ardori,<br />
seppur corrotti dai ricordi,<br />
di ciò che era<br />
ed ora è sepolto nella indifferenza.<br />
Soprattutto le pagine non ancor scritte<br />
rappresentano un dolente rogo<br />
che non si estingue.<br />
Frantumata è ora la mia stabilità.<br />
Si è riaperta l’originale ferita,<br />
marciti sono i frutti ed avvizziti i fiori,<br />
in deperimento i miei sentimenti.<br />
Ma il mio spirito è ancora riarso di …infinito…<br />
Seppur<br />
colmo di tristezza<br />
per l’indifferenza che si annida nella tua coscienza.<br />
Svanito è l’incanto,<br />
che ora scorre assai arido.<br />
Funesta è stata questa passione.<br />
Vorrei ancora credere nella tua tenerezza,<br />
dimenticare il tuo esiziale addio,<br />
ostile, ribelle alla mia adorazione.<br />
Ignoravo i segreti latenti fra le tue spire,<br />
pensavo anzi di aver raggiunto la profondità dei tuoi abissi,<br />
credevo di sapere chi eri<br />
eppurer mi hai strppatoda te.<br />
Sono esiliato a nascondermi nella mia solitudine<br />
e costretto a nutrirmi di essa.<br />
Non mi resta che circondarmi<br />
di effimere fantasie,<br />
di sbiaditi sogni rincorsi,<br />
di immagini evanescenti.<br />
Spero un giorno di poter <strong>nuova</strong>mente raccogliere<br />
i brividi<br />
del tuo sguardo.<br />
49
BELLANCA GIUSEPPE<br />
SERA<br />
Sera,<br />
come sei nera.<br />
Sera di primavera,<br />
profumo di viole.<br />
Sera.<br />
Bisogno di solitudine.<br />
Mi siedo<br />
Col desiderio di imparare:<br />
lo sguardo cerca le righe,<br />
ma il pensiero vola<br />
nei ricordi del passato,<br />
E mi accorgo che il tempo<br />
È corso velocemente.<br />
Come avrei voluto<br />
Che tu fossi andato<br />
Piu’ lentamente,<br />
ma sordo<br />
non ti curavi di me.<br />
Ma anche adesso<br />
Sei rapido:<br />
è già notte,<br />
le mie palpebre si chiudono.<br />
Reclino il capo,<br />
Ed è già domani.<br />
E IN ORDINE ALFABETICO<br />
50
CARDILLO ANNA MARIA<br />
COME UN AQUILONE<br />
T’ho insegnato da subito<br />
quant'è bello volare da soli,<br />
ma, di nascosto,<br />
come un grande aquilone,<br />
ho legato te con un filo<br />
al mio polso:<br />
un filo che sparisse nell’aria<br />
ma che sapesse dirmi dov’eri,<br />
capace di far vibrare le dita<br />
al tuo solo tremare lontano.<br />
Un filo robusto e tenace<br />
ma docile al vento,<br />
sicura di poterti venire a cercare<br />
se ti perdi nel buio e nel tempo,<br />
per ovunque segnarti un ritorno,<br />
per parlare comunque al tuo orecchio<br />
con tocchi discreti e lontani.<br />
Un filo assai lungo<br />
che la vita dipana<br />
ogni giorno di un tratto<br />
e che io, di quel tratto,<br />
la notte riavvolgo…<br />
si chè il tuo aquilone<br />
mi appaia di nuovo<br />
volare nel cielo<br />
aprendo ogni giorno<br />
occhi e cuore di madre.<br />
51
CATALANO PIETRO<br />
IL MONDO SCONOSCIUTO<br />
Che giorno è mai questo,<br />
quando vedi suonatori<br />
di flauto fra strade affollate<br />
e nomadi che chiedono qualcosa<br />
a passanti frettolosi<br />
che guardano l’orologio della vita<br />
correre piu’ veloce dei loro piedi?<br />
Dove andranno la sera questi uomini,<br />
quale casa li inghiottirà<br />
e chi li aspetterà ansioso<br />
di trovarli ancora vivi, nell’anima<br />
ciascuno consuma la giornata<br />
pensando a quella successiva,<br />
ma il tempo presente<br />
rintocca lo scorrere della vita.<br />
Chi saranno mai quegli uomini<br />
che incontri la mattina,<br />
quali problemi, quali sentimenti, quali speranze<br />
abitano nei loro cuori?<br />
Ognuno è solo dentro abiti<br />
fabbricati da altri sconosciuti,<br />
eppure siamo tutti così vicini,<br />
stretti negli aliti<br />
dei vetri appanati la mattina,<br />
ma così lontani<br />
come mondi sconosciuti.<br />
52
CARLA CAVALLO<br />
CONFRONTI<br />
Gioia:<br />
di grida e schiamazzi,<br />
Dolore:<br />
tonfo sordo<br />
di ginocchia cadute al suolo,<br />
di lacrime salate,<br />
nel silenzio maledetto.<br />
53
CERBONE GIUSEPPE<br />
XXVI . III<br />
Contorto e rannicchiato<br />
su di una sedia scomoda<br />
fra la violenta voce<br />
delle retoriche insulse.<br />
Lo specchio dorato<br />
Velato da un candido lenzuolo<br />
Il viso fra le mani<br />
Gli abbracci di persone dimenticate.<br />
Dall’eleganza del tuo letto<br />
Mi ascolti silenziosa<br />
Con l’ingenuo sorriso<br />
Dipinto cupo sul tuo volto.<br />
Tra le braccia composte<br />
Non hai piu’ caramelle<br />
Ma un rosario amaro<br />
Che non puoi regalare.<br />
Col capo chino<br />
Ti accompagno nel lento supplizio<br />
Fra lacrime aride.<br />
Né croci né incensi<br />
Risvegliano respiri<br />
Soltanto sinistri rintocchi<br />
Ti abbracciano indicandoti la via.<br />
Nel buio del legno<br />
Sommersa da pianti di terra<br />
Io vedo i tuoi occhi.<br />
Con le mani raccolte<br />
Nascondo il profumo<br />
Che hai appena indossato.<br />
Mi sorprendo a tenderti la mano<br />
Mentre cammini con fatica<br />
Per donarmi una carezza.<br />
54
GIORDANO ANTONINO<br />
STOLIDANZA<br />
Ma sono io,rugoso e incanutito?<br />
Io sono riso,ardore e giventu’.<br />
Ma il tempo m’ ha corroso e sbalordito<br />
Mi guardo e non mi riconosco piu’.<br />
Ieri guidavo in macchina e impettito<br />
Stavo al volante e m’hai guardato tu.<br />
Poi m’hai detto:”Che fai,rincoglionito?”.<br />
Bella fanciulla, fiore di virtu’,<br />
m’illudevo d’averti il cuore infranto,<br />
credevo di piacerti ancor financo,<br />
della tua attenzione farmi un vanto.<br />
Volevo ancora un poco strti accanto,<br />
chiedevo stare ancora un po’al tuo fianco,<br />
cosi’ ho sbattuto al muro, Cristo santo!<br />
55
GUGLIUZZA SALVATORE<br />
SENZA QUELLA POESIA…<br />
Io,uomo senza piu’ attese né speranze,<br />
senza quell’amore che nell’anima ha<br />
il colore dei tuoi occhi e la forma del<br />
tuo viso,senza quella poesia nel cuore<br />
che regala solo inganni e nostalgia,<br />
aspetto la notte ch non mi regala piu’<br />
né sogni né sorrisi e la mia solitudine<br />
si perde fra il buio delle illusioni mentre<br />
la luna si immerge lentamente nelle<br />
mie lacrime tra polvere d’amore e<br />
stelle quasi spente.<br />
56
INSERAUTO SALVO<br />
IO E TE<br />
Io e te<br />
E tutti i nostri anni,<br />
i palpiti,le vibrazioni,<br />
i trascendenti momenti<br />
dentro le emozioni.<br />
Io e te<br />
E i giorni tristi<br />
Quelle delle gioie spente<br />
Che si consegnano al dolore.<br />
Io e te<br />
Sempre li’,pronti a ripartire,<br />
a volare senza ali,<br />
ad accorciar distanze<br />
fra il vivere e il sognare.<br />
Io e te<br />
Contraccettivi dialoganti<br />
Fra i problemi degli umani,<br />
ombreggiati di vergogna<br />
per quella gente d’Africa<br />
morente o malandata,<br />
impotenti alla politica omicida<br />
senza alcun viagra.<br />
Io e te<br />
Nelle lunghe notti<br />
del silenzio d’oro,<br />
in quei concerti intensi<br />
pausati da latranti crome,<br />
distesi sull’accattivante pentagramma<br />
dove voluttuose note<br />
porgono fianco<br />
al partorir delle parole.<br />
Io e te<br />
Affascinanti e affascinati<br />
In quel goder mentale<br />
Così avvinghiati, con dolcezza,<br />
senza stuprare.<br />
Io e te<br />
E la nostra storia,<br />
innamorati e amanti<br />
verso il futuro,<br />
mia fedele poesia.<br />
57
LAZZARA ANDREA<br />
COME UN FIUME<br />
Alle tue amate sponde,<br />
o argenteo fiume<br />
ove allora si specchiava il firmamento,<br />
affidai,<br />
turbato,<br />
ricordi e sensazioni<br />
della mia primavera di vita.<br />
Troppo siete rimaste nell’oblio,<br />
soli senza essere ricordati,<br />
consolati dallo scorrere<br />
instancabile e pacifico<br />
delle perenni acque.<br />
Sono tornato,<br />
ma non vi ho ritrovati.<br />
Quelle stesse acque in piena,<br />
tra vortici e correnti,<br />
come un turbine di vento,<br />
vi aveva trascinati,<br />
verso il mare,<br />
nel grande mare.<br />
Vi ho cercati,<br />
ma eravate lontani,<br />
vivevate confusi ad altri ricordi.<br />
Ricordi che non mi appartengono.<br />
Avevate solcato gli oceani,<br />
toccato terre lontane,<br />
senza trovare padroni,<br />
finchè siete approdati<br />
alle spiagge della mia vita.<br />
Vi ho riconosciuti tra tanti,<br />
avete saziato la mia nostalgia,<br />
dalla quale mi credevo libero<br />
in giovane età,<br />
ma che ha contagiato la mia mente<br />
negli anni della saggezza.<br />
58
LEGGIO GIUSEPPE<br />
CHIQUITA<br />
La figlia di Paulo<br />
ha indosso un vestito turchese<br />
la pelle bianca, rosa il sorriso<br />
tenue, ed il nero, le trecce e scarpette<br />
pulite, profuma, piano, senza rumore<br />
ora conta, fino a dieci<br />
e il suo nome scrive sui muri,<br />
piange pure e mangia le more<br />
la figlia di Paulo<br />
ti guarda, ma sente freddo<br />
tra i morti di Rjo.<br />
59
LILIANA MAMO RANZINO<br />
QUELLE DUE VUOTE BARCHETTE<br />
I verdi anni, gli amori,le gioie,<br />
le rosee terrne speranze<br />
sono svanite nel tempo,<br />
ma non naufragate<br />
nel tempestoso mare della vita.<br />
Sono rimasti,infatti, ricordi<br />
Che i permettono ai nostri i cuori solitari<br />
Di affrontare,imperterriti, marosi.<br />
Siamo come quelle due barchette vuote<br />
Che mute,silenziose,<br />
si lasciano cullare,<br />
ma non tavolgere<br />
dalle onde tempestose del mare.<br />
La nostra vita non resterà<br />
Del tutto vuota e priva di senso<br />
Perché piena di eterna,<br />
misericordiosa speranza.<br />
60
LONARDO ANTONIO<br />
AUTSIDER<br />
Policromia dell’esistenza,<br />
incrollabile empireo<br />
di una vita vissuta<br />
a coniugare costantemente<br />
la forza delle idee<br />
con il turbinìo dei tempi…<br />
Caleidoscopica luce,<br />
venuta dall’Oriente,<br />
ha attraversato i deserti<br />
dei cuori induriti,<br />
scavalcando i muri,<br />
caduti con le ideologie.<br />
Desideroso di vita,<br />
ha baciato, estatico,<br />
le orchidee trasparenti,<br />
fecondate dall’amore<br />
e protese nel tempo<br />
a raggiungere il cielo.<br />
Strabilianti coincidenze,<br />
profeticamente scatenate,<br />
di pericolosi attacchi<br />
miracolosamente superati:<br />
eroismo decretato<br />
dalle masse festanti<br />
Coraggiosa volontà<br />
d’inginocchiarsi alla storia<br />
e chiedere perdono<br />
di macroscopici errori:<br />
costante paradosso<br />
di tempi ormai superati.<br />
Universale visione,<br />
ha valicato confini contratti,<br />
inchinandosi a qualsiasi terra,<br />
per avvicinare l’umanità<br />
alla radice comune<br />
di un’unica origine.<br />
61
Incessante torre orante<br />
di visione geo-trascendente<br />
per disincantare i temuti silenzi<br />
di un Dio certamente offeso<br />
da insensati conflitti<br />
scatenati da supposti moventi.<br />
Dolorosa esistenza<br />
del corpo e dello spirito:<br />
assurda miopia di gruppi,<br />
provvidenzialmente sconfitti<br />
da miracolosa resistenza<br />
decantata dalla storia.<br />
62
LO DATO FRANCESCA<br />
BELLEZZA IN CUCINA<br />
Oh che bellezza in cucina,<br />
con cipolla e cipollina,<br />
che sono le regine della cucina;<br />
l’aglio ha l’alito cattivino,ma il gusto carino<br />
la melenzana cheè un bel pranzetto<br />
la mangiamo volentieri che è gustosa e fina,<br />
la zucchina è leggerina nel nostro corpo tanto effetto fa<br />
carote e prezzemolo sa fare un bel piatto,<br />
chi li può mangiare si diverte e questo il fatto,<br />
patate,prosciutto,riempi il tuo piatto dappertutto,<br />
le carciofe pungono davvero ma è un frutto che<br />
non perderemo,<br />
e oggi tutti a tavola li porteremo,<br />
e quando non c’è né li li cerchiamo ma perché?<br />
Perché è il frutto piu’ gustoso che c’è.<br />
63
MORTILLARO DANIELA<br />
I SEGRETI DEL’ANIMA<br />
I segreti dell’anima si inabissano nel nostro io<br />
e rendono questa vita altalenante tra il cielo e la terra.<br />
Trema sotto i piedi il cuore mentre un grido muore in gola…<br />
e trema, trema tutto il tuo corpo.<br />
I traditori sono qui, sono accanto a me<br />
e respirano la mia aria…<br />
la stessa aria inquinata dal loro dire<br />
e dalle gocce di sangue traboccanti da ogni fessura.<br />
Brandelli di carne e di vita ci abbandonano<br />
Settanta anni prima dell’ultimo respiro.<br />
64
NOTO ALBERTO<br />
DEMETRIA E LA FALCE SMARRITA<br />
Partì subito Demetra,<br />
Dea della fertil terra,<br />
con uno sguardo mest<br />
ed una faccia tetra,<br />
alla ricerca della figlia tanto amata,<br />
rapita a sua insaputa,<br />
mentre sul suo trono era seduta.<br />
Con la falce tra le mani,<br />
simbol delle vestigia sue regali,<br />
il suo viaggio iniziò<br />
e in lungo e in largo<br />
la vergin figlia cercò.<br />
In Sicilia ormai era giunta<br />
stanca spossata e affranta,<br />
che la mente sua vacillava,<br />
mangiar e ber da tanto le mancava,<br />
e se chiudersi gli occhi suoi pur si sentiva,<br />
di quel dì<br />
d’esser partita mai si pentì!<br />
Presto le sue mani allentarono le prese<br />
ed attonita vide cader giù il regio arnese:<br />
“addio falce, scettro regnante”!<br />
il mio destino<br />
mi perseguita ogni istante!<br />
Questa è la storia<br />
che la leggenda ci tramandò<br />
che dove la falce,<br />
simbol delle messi si posò<br />
Trapani nacque ed ivi si fondò.<br />
65
PASSAFIUME CLELIA<br />
SGUARDI RUBATI AL TEMPO<br />
Incroci di sguardi,<br />
rubati al tempo,<br />
si confondono, si alternano,<br />
come linguaggio<br />
espresso da un desiderio<br />
che incita al ravvicinamento,<br />
fuori dal divieto.<br />
Sguardi che si cercano,<br />
si scrutano, si eccitano, si provocano;<br />
gli stessi sguardi<br />
che si perdono,<br />
quando l’anima<br />
utilizza altro<br />
per esternarsi escludendo il silenzio.<br />
Sguardi che erano felici,<br />
di credere nella vittoria,<br />
di illudersi reciprocamente<br />
di volare a alta quota<br />
sopra ogni problematica dimora,<br />
alla vista di una evoluzione relazionale<br />
di una meta che le aspettative ha consumato.<br />
66
PERCIACCANTE ALFREDO<br />
VITA….. NON VISSUTA<br />
Andare verso il mare…<br />
come un poeta<br />
alla ricerca della sua Musa ispiratrice<br />
nel ricordo di un passato non lontano…<br />
di una musica che si disperde nel vento,<br />
simile ad un gabbiano nell’immenso.<br />
Sedersi sulla riva…<br />
davanti al silenzio<br />
ascoltando il dolce sciabordio dell’acqua,<br />
che lambisce i piedi ormai nudi.<br />
L’attimo d’un ricordo…<br />
fa ritornare il panico,<br />
poi tutto passa…<br />
rimane solo il rammarico<br />
per una vita… non vissuta.<br />
E’ la mia vita!<br />
67
RUNFOLA CRUCIANO<br />
LA PRINCIPESSA DI VIA MERLO<br />
E cosi’ te sei andata ,amore mio<br />
Mia principessa,mia regina,mio angelo<br />
Di fronte ad un destino crudele,<br />
Ad tremenda malattia niente<br />
È possibile.<br />
Ti ricordo rinchiusa nella stanza<br />
Piu’ remota, nella casa piu’ alta<br />
Di via Merlo, ed io Shrek<br />
Ti liberavo al suono di un campanello<br />
E nella notte fuggivamo<br />
Col cuore colmo di gioia.<br />
Infine con la Birilulmina a mille<br />
Superate hai le spondine del talamo ultimo<br />
E mentre ti trattenevo ho sentito<br />
Il bacio piu’ dolce della mia vita<br />
Come se Diostesso si fosse<br />
Su di me chinato.<br />
Mi laci i tuoi geni scorazzanti<br />
Che vivono nel tuo amore,Mamma,<br />
Ed un cuore colmo della tua assenza<br />
Mentremi attardo fissando<br />
Dal piazzale della scuola<br />
La mia montagna e il cielo<br />
Sperando di vedrti,amore mio<br />
Cosi’ come tu certamente vedi me.<br />
68
SANCES SALVATORE<br />
TERRA<br />
Notte!<br />
Notte come tante!<br />
Non solo in una notte,<br />
ma in tutte quelle andate,<br />
tu terra, hai rivisto sempre la luce!<br />
Polvere e gas, ruotavi attorno a stella<br />
mirando ad una unione<br />
che volge a progetto<br />
di uomini oggi.<br />
Una molecola<br />
nata chissà come<br />
venuta chissà da dove<br />
ha riprodotto finalmente, se stessa!<br />
E’ Vita!<br />
Ma Vita brevissima<br />
E contorta nel cammino!<br />
Che sei Vita al cospetto del tempo?<br />
Pari a staffetta, tu, Vita,<br />
mentre in uno lasci in altro compari.<br />
E così, sempre!<br />
E con intervalli cortissimi!<br />
Ho visto un ficus,<br />
campa mille anni!<br />
Perché io, uomo,<br />
ho un passaggio più breve?<br />
Ha una pianta<br />
Un pensiero, una morale<br />
Ed un compito cui assolvere<br />
Più nobile o complesso del mio?<br />
Se nulla ci crea, nulla si distrugge,<br />
tutto è e si trasforma<br />
cosa sarà stato di me?<br />
Cosa sarò?<br />
69
E tu terra che ti muovi attorno al sole<br />
E con il sole nella galassia<br />
E con la galassia nell’universo<br />
Sfidando le leggi del tempo cosa sarà di te?<br />
E della VITA dancerina, beffarda e puttana,<br />
quando tu, sole, non darai alimento<br />
quando anche tu, sole, cadrai nell’eterno riposo,<br />
cosa sarà di Lei?<br />
Lui sa!<br />
70
SANGERVASIO ANTONIO<br />
COME BLOCCATI<br />
Siamo inganni<br />
Metamorfosi di immagini<br />
Intaglite nei ricordi,<br />
ferite non chiuse<br />
di un amore oscurato dall’autunno,<br />
chiodi in un muro maestro,<br />
fermi immagine del sempre continuo incessante sperare,<br />
l’ingresso vietato<br />
per chi non sa desinare<br />
vizi e virtu’ scomposta in tasselli,<br />
bloccati dal vento<br />
nelle eclissi di ogni<br />
promessa sfumata.<br />
71
VALLATI LENIO<br />
ALBA E TRAMONTO<br />
Tu sei l’alba<br />
I vestiti<br />
Ancora aspersi di rugiada<br />
Nel cuore i misteri della notte<br />
E negli occhi luccichii di stelle<br />
Io sono il tramonto<br />
Foglie secche nell’anima<br />
E negli occhi<br />
Rosastri bagliori<br />
Di un sole cadente<br />
Ma dentro sento<br />
Tanta voglia d’amare<br />
Com se io e te<br />
No fossimo poi<br />
Cosi’ diversi<br />
In fondo<br />
Soltanto il giorno ci divide.<br />
72
73<br />
POESIA<br />
IN DIALETTO SICILIANO
GIORDANO ANTONINO<br />
BALLATA DI LIBERO GRASSO<br />
Iu vi cuntu la storia di chistu<br />
E di tutta a so povera genti<br />
Ca si misi, stu poveru cristu,<br />
n’testa di non pavari tangenti.<br />
Viria fimmini senza manciari,<br />
iddu avia n’anticchia di sordi<br />
e vuliva li fari fruttari<br />
senza fari cu l’autri accordi.<br />
Una fabbrica sennza pritisi,<br />
cu na pocu di bravi operai<br />
che facianu beddi cammisi<br />
ca speranza di un chiuriri mai.<br />
Li negozzi accattavano a robba,<br />
iddu buonu pagava la genti,<br />
la famigghia cu i picciuli addobba<br />
ed aviva i so boni clienti.<br />
Ma ‘un si pò travagghiari in Palermo,<br />
un ti po’ sulu rumpiri i rini;<br />
si un vò stari immobili e fermo<br />
a’ trattari cu li malandrini.<br />
E l’industria e u commerciu? Minchiati!<br />
Ci su tanti persuni sfriggiusi<br />
Ca proteggiunu essendo pavati<br />
E s’un paghi ti fannu i pirtusi.<br />
Si nun paghi, si si abbutatizzu,<br />
ti rialano i testi i craprettu.<br />
Ca vordiri”si un paghi lu pizzu<br />
Ti sparamu n’to mezzu du pettu”.<br />
“Sugnu onestu, picchi’ ma scantari?<br />
Iu non l’aiu vagnatu u carbuni<br />
Sugnu libero ed a’travagghiari,<br />
senza aviri cavigghi e patruni”.<br />
1° CLASSIFICATO<br />
74
Ma la notti lu cori si schianta,<br />
l’arma sua ridiva e chianciva,<br />
ca ddu jornu a nu pezzu i novanta<br />
ci avia fattu una gran negativa.<br />
L’omi giustu s’avà ribelari<br />
E lu scantu nun movi giustizia<br />
Cu si scanta si fa supraffari<br />
Ci av’a esseri unu ca inizia.<br />
Puvireddu, st santu cristianu<br />
Ca cririva di smuoveri l’armi<br />
Ca rifiuta cu appara la manu<br />
Cu risorvi li casi cu l’armi.<br />
Sona a sbegghia e si susi du lettu,<br />
accussi scinni prestu a matina.<br />
Un curnutu ci spara n’to pettu.<br />
Iddu soffri, però si trascina<br />
Nuddu viri e poi nuddu s’affaccia.<br />
Li curnuti ci sparanu n’testa.<br />
N’to cimentu iddu sbatti la faccia.<br />
Lettu i morti a cu fici protesta.<br />
Tuttu chianci ma fabrica chiui,<br />
iddu puru si nchiui n’to tabutu.<br />
Nienti cancia s’un vulemu nui;<br />
puru tu caru miu si futtutu.<br />
Lu cantavi, facennu un duviri<br />
D’omu apertu ca parra n’ta chiazza<br />
E cu vuli mi da dà centu liri,<br />
pi la storia d’un omu di razza.<br />
75
BARONE NINO<br />
ALLURA SCAPPU<br />
Lu dicu a tutti beddu chiaru e forti,<br />
chi ‘nta sta vita cchiù nun si fatica.<br />
Li gnuni chini avemu darrè li porti,<br />
nun manca nudda cosa, granni o nica.<br />
Ni lamintamu poi d’a malasorti,<br />
chiancemu sempri comu li nuddica.<br />
La virità?- Di dintra semu morti,<br />
nun semu degni di la storia antica.<br />
Chi ‘nzignamentu damu e nostri figghi,<br />
chi sunnu sazzi, nun fannu preu a nenti.<br />
E cchiù ci duni, cchiù ti li cattigghi,<br />
mi pari a mia c’arrestanu scuntenti.<br />
Quantu sprecu chi c’è ‘nta li famigghi,<br />
ci pinzamu a cu pati veramenti?<br />
Avemu ‘n tàula, si, li megghiu trigghi,<br />
avemu tuttu, ma un canuscemu stenti.<br />
Persi gustu, la vita, ‘u sò valuri,<br />
di sti tempi è facili campari.<br />
Ma nun senti cchiù l’aroma, lu sapuri,<br />
paremu pupi senza li pupari.<br />
Allura scappu, sta vita mi distruri,<br />
‘nta dda vanedda mi vaiu a cunzulari.<br />
Dunni li petri ni parìanu ciuri,<br />
dunni virìa li strummali firriari.<br />
2° CLASSIFICATO<br />
76
AIELLO VINCENZO<br />
CARRETTU SICILIANU<br />
Chiddu ca pi mè nannu Petru era<br />
prima nicissità p’ù sò travagghiu<br />
addivintò pi nuatri ‘na bannera<br />
e opira d’arti ‘n’ ogni sò dittagghiu.<br />
La rota ‘un scrusci cchiù nta la pirrera<br />
ma musica li canti ‘i carrittera.<br />
Li vidinu sfilari ammàarati<br />
li furasteri e tutti ‘i paisani<br />
comu giuielli rari sù ammirati<br />
p’ì festi d’ì citati Siciliani.<br />
Supra ‘i barruna li testi ‘ntagghiati<br />
e nto sidduni giumma culurati.<br />
Li masciddara sunnu quatri fini<br />
pittati d’ì Ducatu ‘i Bagarioti<br />
Orlannu cu Rinaldu spadaccini<br />
si movinu ch’i mossi di li roti.<br />
Di sita svintulìanu li nastrini<br />
specchi e giummidda ‘i lana a pallini.<br />
C’è lu rituni misu a pinnuliari<br />
sutta d’ù tavulazzu di davanti<br />
pi mantinìri all’ummira ‘u manciari<br />
l’alivi e un vastidduni p’ì viaggianti.<br />
Vacìli pi l’armalu abbivirari<br />
bùmmulu e varrileddu pi tummàri.<br />
A pinnuluni sutta d’’u casciuni<br />
p’ì notti ca nun c’er’a luna china<br />
ncucciat’on croccu c’era lu lampiuni<br />
e p’attaccari ‘u cani la catina.<br />
Splenni lu giallu d’’u nostru lumiuni<br />
e di li sangunelli l’aranciuni.<br />
L’asti sunnu du vrazza d’alligria<br />
c’abballanu ‘na bella tarantella<br />
cu musica ‘i cianciani c’arricrìa<br />
e lu cavaddu abbrazzanu d’à bella.<br />
E ogni tantu all’aria si sintìa<br />
lu scrùsciu di la zotta chi scattìa.<br />
3° CLASSIFICATO<br />
77
Comu na cosa di granni valuri<br />
cu nn’avi unu strittu si lu teni<br />
si lu mmizzigghia e ‘allustra a tutti l’uri<br />
com’a nu figghiu ad’iddu voli beni.<br />
E di li nostri nanni lu suduri<br />
scinni e abbivìr’ad’iddu com’un çiuri.<br />
78
E, in ordine alfabeto, tutti gli altri che hanno partecipato a questa sezione del<br />
concorso.<br />
GIUSEPPE BELLANCA<br />
LU MO PAISI<br />
Stasira ti staju taliannu.<br />
Vistu di cca mi pari u presepi<br />
O paisiddu mi.<br />
Terra di viddani e di miniatura<br />
Ca lu duru pani sanu scuttatu.<br />
Sangu nustru a datu<br />
A li paisi frusteri.<br />
Lacrimi e dulura ppi sti dipartiti.<br />
Ma stasira ti vju biddu.<br />
Ci joca anchi a luna.<br />
E lu me cori batti forti.<br />
79
DI GAETANO ENZO<br />
SIGNURI PENSACI TU<br />
Ringraziu u Signuri e la Maronna<br />
Si la me penna ancora scurri linna<br />
Quannu nta menti cosa bbona abbunna.<br />
Ma su sempri cchiù picca sti mumenti<br />
Sintennu a comu si cumporta a genti.<br />
Ma su tutti mpazzuti?<br />
U ranni ca t’ammazza u picciriddu,<br />
e u pedofilu ca s’approfitta di iddu,<br />
u Kamikazi ca si fa satari,<br />
purtannu luttu e morti tra la genti<br />
ca sunnu da e un centrinu pi nenti,<br />
a fimmina ca mbagnu partorisci,<br />
possibili ca chista nun capisci<br />
ca cu è chi nasci si lav’addivari?<br />
E invece nzoccu fa? Lu va a ghittari.<br />
Tant’anni ziti si vannu a spusari<br />
E dopu pocu tempu si vonnu divorziari.<br />
Ma è a fini ru munnu?<br />
Oh Signuruzzu misericurdiusu ca tu sti cosi<br />
Certu li po’ fari,<br />
v’acchiappali pa manu a tutti chisti<br />
e portali a to casa a meditari,<br />
picchì si si cuntinua cu sti cosi,<br />
cugghiemu tanti spini e picca rrosi,<br />
na grazia l’addumannu a tutti i santi,<br />
pi la me testa fari addurmentari,<br />
ettu la penna e mi vaiu a ripusari.<br />
80
GAGLIANO MICHELE<br />
L’EMIGRANTI<br />
Lassava tutti li so cosi a lu paisi:<br />
la casa cu la famigghia;<br />
l’abbitudini e tuttu lu munnu so.<br />
Era siddiatu assai,<br />
si taliava ‘ntunnu ‘ntunnu<br />
caminannu dintra ddà stazione,<br />
si sinteva nicu nicu,<br />
si macinava di dintra e dintra<br />
dumannannusi pirchì?,<br />
Pirchì sta pinitenza?<br />
Si sinteva comu ‘n’arvulu<br />
stradicatu di la so terra,<br />
avia l’occhi lustri e nun si fidava<br />
mancu a diri ‘na parola.<br />
Attaccatu cu ‘nu pezzu di rumaneddu,<br />
avia ‘nu cartuni pi valigia,<br />
partia pi nautru munnu<br />
chiù riccu, chiù modernu.<br />
Acchianava supra ‘nu trenu<br />
ca centu voti ‘nta li so sonni<br />
avia incutu di spiranzi.<br />
Di ‘nu finistrinu di lu trenu, ora vidia<br />
l’occhi di cu già aspittava lu so ritornu:<br />
mugghieri, matri e picciriddi so.<br />
Partennu si purtava li so spiranzi,<br />
lassava lu cori e l’anima so.<br />
81
GATTO CONCETTA<br />
U MARITU LAMINTUSU<br />
Mi susu a matina<br />
E mi fazzu la cruci<br />
Spirannu ca jurnata<br />
Passari duci duci.<br />
Pinsannu a me maritu<br />
Mi mettu lu falaru<br />
E cu tanta pazienza<br />
Mi mettu a travagliari.<br />
Ci lavu a cammisa<br />
Ci stiru u pantaluni<br />
Pi fallu caminari<br />
Pulitu comu un baruni.<br />
A menzujornu poi<br />
Priparu lu manciari<br />
Arriva u mariteddu<br />
E si po’ sazziari.<br />
S’assetta o tavulinu<br />
E si metti a manciari<br />
E poi adagiu adagiu<br />
Si metti a lamintari.<br />
Mi dici ca è salatu<br />
Cu assai pipareddu<br />
Ma giuru ca c’occhi journu<br />
Ci tiru lu tianeddu.<br />
Tra murmuri e lamenti<br />
Finisci la jurnata<br />
Ma prima di durmiri<br />
Mi duna ‘na vasata.<br />
82
IMBURGIA SALVATORE<br />
ONOREVULI<br />
Onorevuli illustre si tu,<br />
ca li me voti iavi circannu<br />
chiancennu comu vanniannu<br />
p’acchianari ‘nto Parlamentu.<br />
Ora ca puru acchianari facisti ,<br />
po diri sempri a li to parenti,<br />
ca surari facisti e grannhi stenti<br />
p’aiutu dari a cu tu prumittisti.<br />
Ma na vota ca ‘dda t’assittasti<br />
Nun pensi a chiddi ca pi ttia vutaru.<br />
Ma sempri iu sugnu chi votu e parru:<br />
susiri t’hai unni u culu affunnasti<br />
83
SALVO INSERAUTO<br />
ALIVOTI<br />
Era di sabaturia, di prima sira<br />
avia scinnutu p’accattari ‘u pani,<br />
quannu vitti a punta ‘i cantunera<br />
du’ picciuttazzi ca, sutta li me’ occhi,<br />
s’abbiavanu a scippari n’anzianedda;<br />
d’istintu, fici n’tempu<br />
a tirarimilla a mia versu lu muru,<br />
jttò vuci la fimmina scantata<br />
e li scagnuttazzi supra li muturi<br />
accilliraru e nun li vitti chiù.<br />
Grazii!Dissi abbrazzannumi ‘ vicchiaredda,<br />
lu Signuruzzu t’avi a binidiri,<br />
e vidennu ca s’avia arripigghiatu<br />
l’accumpagnai ansina a la sò casa.<br />
Fici pi riturnariminni dintra<br />
Quannu ‘n facci a mia,<br />
vitti arreri li malacarni ‘ i primaù<br />
cu autri beddi ‘ mpigni di cumpari<br />
puntari drittu versu di mia;<br />
lestu lestu, cu li peri n’culu,<br />
scappaiu currennu a tuttu ciatu<br />
assicutatu d’iddi, semri darreri,<br />
io cu lu me cori ‘ mmucca mi vutava<br />
e chisti sempri chiu vicini,quasi a tuccari,<br />
finu a quannu ‘tisi ddi manazzi ‘i supra;<br />
era già n’terra, m’avaianu pigghiatu.<br />
Cuminciaru a fetiri ‘i lignati,<br />
quantu cavuci scippava mentri dicianu:<br />
“accussì t’insigni a ‘un t’ammiscari”<br />
E cafuddavanu comu m’pazzuti.<br />
Iu, cu li me vrazza circava di pararimi,<br />
a mè cammisa rea ‘nchiappata ‘i sanguùe iddi, sempri ‘na frasi:<br />
“accussì t’insigni a ‘un t’ammiscari”.<br />
Nun si vidia nuddu e nuddu s’ammiscava,<br />
li vrazza chiù nun li putia isari<br />
e quannu ormai p’arennimi mi stava,<br />
‘ntisi un gran rumuri, mi taliau ‘ntornu<br />
Ed era sulu, comu un allallatu.<br />
Ma ci criditi vuatri?<br />
M’avia sulu ‘nsunnatu!<br />
Viditi? Alivoti campari<br />
È chiù bellu di sunnari.<br />
84
LEGGIO GIUSEPPE<br />
VI CUNTU LA PACI CU L’OCCHI APERTI<br />
Un gniornu di frivaru furturusu<br />
bianca na palumma circava lu riparu<br />
puvuredda, un truvannu a destra e a mancusa<br />
ne cornici e finistruna, ne purtusa nta lu muru.<br />
Di luntanu, mmenzu la bufera<br />
s’addunau d’un nidazzu di sparveri<br />
autu, spinusu supra n’ilici quartara<br />
“comu purtarisi o cippu” pinsò “megliu un ci iri”.<br />
Ma a lu stremu di li forzi ormai arrivata<br />
cu putittu puru ora scummiglienti<br />
turnari appi, arreri pi dda strata<br />
e tuppiannu addumannau di questanti.<br />
“Sugnu palummedda già spirduta,<br />
e ora preu a vossia, d’ascutari<br />
appizzu lu me secutu e vi sugnu ubbligata<br />
di quattru muddichi m’accuntentu vulinteri”.<br />
“Cummari palumma” rispunniu lu sparveri<br />
“Ata a sapiri ca lu munnu eni tirchiu a lu dari<br />
e di chiddu chi duna voli sempri n’arreri,<br />
a porta iò va rapu ma du restu a vinìri”.<br />
Misirazza, capennu la sunata,<br />
misi avanti lu stentu a la so vita<br />
e di lena misa e curaggiu armata<br />
furriau li spaddi a ddu nimicu senza pìeta.<br />
Furtunata fui pirò ntà la svintura<br />
attruvannu, vidi i cosi, dda vicinu<br />
na littiglia pi li cani cummigliata<br />
e dda dintra pot’aviri un pocu ì leviu.<br />
Ora senti senti, ddu vintuni pirmintiru<br />
purmunaru accurrenti a mala annata<br />
allivanca lu furtinu du carnaru<br />
di l’agiu o disìu tutta ntà na vota!<br />
Si truvau ‘ccussi alla limosina<br />
lu superbu sparveri rucculiatu<br />
di nuddu però, puru iddu appi lesina<br />
e a dda arripizzata chesi l’aiutu.<br />
“Pi mia m’abbasta solu n’agnuni”<br />
85
dissi ‘ccuglienti a puvuredda<br />
“se vossia s’accuntenta, megliu un c’eni”.<br />
“Vabbeni, vabbeni” s’accoffa lu sbruffanti.<br />
Ma si sapi, cu fa beni mali aspetta<br />
chista fu la sorti di dda criatura<br />
ca lu sparveru niannucci la porta<br />
si l’ammucca allampatu nnò un muccuni.<br />
Povira fini, chistu u ringraziu?<br />
Di tantu, macari troppu, benvuliri<br />
di la paci bedda stidda a palummedda<br />
simulacru distinatu a un s’avverari.<br />
Picchì li così s’arripetunu jennu jennu<br />
lu sparveri sbintricatu da lu cani<br />
natura e lotta ‘nsemmula vannu<br />
lordi di sangu, dirigiunu lu munnu.<br />
86
LILIANA MAMO RANZINO<br />
L’OMU E L’ARMALI<br />
Sem una lu dumila<br />
E l’omu sfida li stiddi<br />
E li profunnità di lu mari<br />
Ma, ancora avi tantu d’apprenniri<br />
Speci da l’armali.<br />
E’ tuttu scienziatu<br />
È tuttu sapienti,<br />
ma chiddu ca un navi<br />
su li sentimenti<br />
si senti cristianu e bonu<br />
ma,sulu iddu sapi fari lu mali<br />
a nautru omu.<br />
L’armali puru sivastuni<br />
E li calpesti<br />
Ti vennu incontru<br />
E ti fannu li festi.<br />
Li so nicareddi criscinu cu cura<br />
E li protegginu senza paura<br />
Sulu lìomu è capaci<br />
Di fari lu mali chiù ranni ca c’è<br />
Ammazzanu pi nienti,<br />
lu simili a se.<br />
87
LO DATO FRANCESCA<br />
OH, CHE BEDDU STU MUNNU!<br />
Oh, che beddu stu munnu!<br />
E? veru beddu e popolatu.<br />
Li so biddizzi sunnu infiniti,<br />
oh, si fussi na palumma,<br />
lu visitassi e vidissi tanti cosi<br />
chi fannu istruiri la me menti.<br />
Eppoi quantu genti chi ci sunnu,<br />
di tanti facci e lunghizzi<br />
di tanti razzi.<br />
Su cosi veru beddi di pinsaricci.<br />
E quantu armali chi ci su<br />
Di tanti razzi<br />
Ca nun si ponnu cuntari<br />
E ognunu cu lu so nomu su chiamati.<br />
Ma chi scienza chi ci fù,<br />
vulennucci pinsari,<br />
chi fu criatu beddu stu munnu,<br />
cu tanta terra e tantu mari<br />
ca pi davveru cu un sapi natari<br />
si ni va a lu funnu;<br />
e chi cummirità chi c’è,<br />
ce u suli pi scaldari<br />
a nuatri criautura<br />
e pi nutririni cu li cosi di la terra;<br />
li stiddi e la luna<br />
pi fari luci a tuttu lu munnu;<br />
l’acqua di lu cielu pi fari saziari tutti li essiri di la terra;<br />
li valinci, li vadduna e li sciumi<br />
chi n’aiutanu tantu pi abbrivi rari terra e frutti,<br />
e a mari l’acqua si ni và e si nutriscinu li pisci<br />
chi criau la natura!<br />
Pi daveru bonu fu criatu lu munnu<br />
88
NERI MARGHERITA<br />
LU RITRATTU<br />
L’autru jornu arrizzittannu<br />
Mi va capita ppi manu<br />
Lu ritrattu di me nanna,<br />
du culuri di l’argentu li capiddi ccu la scrima<br />
‘ntornu o coddu la trinetta<br />
E a chiusura du bustinu na gran fila da pumetta.<br />
Lu so sguardu accattivanti<br />
E la vucca risulenti,<br />
li so vrazza prutittivi mi facianu di riparu<br />
quannu quarchi sgridatedda<br />
di me matri m’accanzava.<br />
Taliannu du ritrattu<br />
Tanti cosi ‘nta la menti<br />
D’improvvisu mi turnaru:<br />
mi rivitti carusedda<br />
‘nta la stratac a iucava<br />
Ccu la palla e ammucciaredda.<br />
Vitti i manu di me matri ca ‘mpastavanu lu pani<br />
E ppi farimi cuntenta mi facia la cudduredda,<br />
e ogni sira ‘ mmernu està<br />
prima ca calava u suli ‘nta la nanna mi purtava<br />
e aspittavumu ‘ncuppagnia lu ritornu du papà.<br />
Vitti ancora taliannu comu a vita scinnicava,<br />
mentri matri addivintava<br />
era nanna già me matri,<br />
e da nanna mi ristava<br />
sul una fotografia chiusa dintra na curnici,<br />
nu ritrattu senza tempu ammucciatu ‘nton casciuni<br />
sculurutu e tacchiatu ca cuntava ‘ndifferenti<br />
lu passatu e leu presenti.<br />
89
NOTO ALBERTO<br />
VENTU FAI PRESTU<br />
Ventu,<br />
a tia cercu!<br />
Ciucia paroli<br />
Nta st’anima sicca<br />
China di duluri e di patimenti.<br />
Ventu,<br />
dunami forza,<br />
dunami ciatu,<br />
fammi vulari<br />
sempre chiu autu!<br />
Ventu,<br />
scunvorgi cu la tò putenza<br />
l’animo di stù munnu accussì afflittu,<br />
chi da li guerri marvagi<br />
nesci scunfittu.<br />
Ventu!<br />
Tu chi giri pi tuttu lu munnu<br />
E chi viri qyanta genti soffri e mori,<br />
curi e cuntaci tutti sti cosi<br />
a lu Diu ‘nvinturi di lu lunnu<br />
chi beddu assai lu fici,<br />
dicci chi veni ‘nterra n’autra vota<br />
quannu ni pirduna e binirici.<br />
Ventu,<br />
fai prestu però!<br />
Chi d’aspittari<br />
Nun cè chiù tempu!<br />
90
PICIONE MARFINO GIUSEPPE<br />
LU TRAGUARDU<br />
Semu ancora prisenti<br />
Fermi a lu traguardu;<br />
friddu è lu surrisu<br />
e lu sguardu dila genti.<br />
Dintra sti camma runa<br />
Camminamu a quattru peri,<br />
facemu passi di cufuruna.<br />
Fermi a lu traguardu<br />
Paremu liama sicchi caliati,<br />
misi di latu comu<br />
cutedda azzannati.<br />
Luntanu di li figghioli<br />
Si stringi lu cori,<br />
màncanu li paroli.<br />
Scavamu lu passatu<br />
Cu l’occhi pintuti<br />
Spersi comu negghia<br />
E pi sustegnu attruvamu<br />
Vastuna di pagghia.<br />
91
SEZIONE “G” ITALIANI ALL’ESTERO<br />
LA MEMORIA. RICORDI DELLA MIA TERRA<br />
ZAPPERI ZUCKER ADA<br />
LA MANTENUTA<br />
1° CLASSIFICATO<br />
Un pomeriggio d’estate, quando il tempo sembra essersi fermato e tutto resta in attesa<br />
di qualcosa che poi non accade, e questo qualcosa potrebbe essere anche solo un filo<br />
di aria fresca, mia madre prese l’eroica decisione di andare a fare quattro chiacchiere<br />
con una sua vecchia amica d’infanzia. Io ero costretta ad accompagnare mia madre:<br />
nella Sicilia degli anni cinquanta non era ancora lecito per una donna perbene uscire<br />
da sola! Una legge cui si sottomettevano quasi tutti per un abitudine ormai secolare:<br />
credo nessuna si fosse mai posta domande. L’accettavano supinamente, come un dato<br />
di fatto.<br />
Già dalle scale sentimmo l’aria surriscaldata, la solita agitazione, lo stesso strepito<br />
cui ormai eravamo abituate, con la sola differenza che questa volta si trattava solo di<br />
voci femminili. Ma non litigavano, anzi qualche risata stridente risuonava qua e là:<br />
che si festeggiasse qualcosa? Non eravamo neanche entrate che subito mia madre<br />
venne circondata dalle donne, figlie, nuore e chissà quali altre parenti o vicine di<br />
casa, più una quantità di bambini che sgusciavano da tutte le parti: sembrava si<br />
fossero date appuntamento per discutere su un argomento scottante, di grandissima<br />
attualità.<br />
Si stava commentando il fatto del giorno:una”malafemmina” era venuta ad abitare un<br />
basso proprio di fronte alla loro casa! Io non potei fare a meno di drizzare le<br />
orecchie. Una parola, della quale non potevo afferrare il significato, mi incuriosì. La<br />
parola che passava di bocca in bocca, l’intersse smisurato, morboso per la persona<br />
cui si riferiva, il modo di pronunciare” quella” parola, il disprezzo, la meraviglia, lo<br />
stupore e anche l’invidia che in una confusione di sentimenti contrastanti traspariva,<br />
era “mantenuta”. Ma stranamente si alternava a un'altra, a me nota per via di una<br />
canzone napoletana, “Malafemmina…” conoscevo il significato del verbo mantenere,<br />
ma il suo participio acquistava ora un qualcosa di ecquivico, di oscuro: si trattava<br />
forse di un nuovo uso di questa parola, oppure nascondeva un doppio senso… un<br />
oscenità? E che relazione poteva avere una mantenuta con una malafemmina? Da<br />
pezzi di frase, esclamazioni, parole sconnesse che si sovrapponevano in una<br />
atmosfera sempre più eccitata, riuscì a cucire insieme la storia, del tutto romanzesca,<br />
della così detta mantenuta.<br />
Trasalendo, dalla descrizione che riuscii ad afferrare di volata, mi sembrò di<br />
riconoscere una persona che già da tempo aveva attirato la mia curiosità per il suo<br />
essere diversa dalle altre: la vedevo passare sotto i balconi di casa mia, sempre sola,<br />
fermarsi un momento per scambiare qualche parola frizzante con un giovane<br />
cocchiere, anch’esso una mia vecchia conoscenza dato che parcheggiava la sua<br />
carrozzella proprio accanto al marciapiede di fronte, per proseguire poi in direzione<br />
centro città. Notavo sempre che al suo avvicinarsi, gli altri cocchieri, ridacchiando fra<br />
di loro, si scostavano per lasciarli soli. Il giovane cocchiere, un bell’uomo dai capelli<br />
neri ricci, sovraccarichi di brillantina, due bafetti alla Clarke Cable, borioso e<br />
92
attaccabrighe, aveva il fascino tipico del maschio prepotente che allora mi turbava.<br />
Più di una volta lo avevo visto coinvolto in duello rusticano e spesso ripeteva una<br />
frase con la fierezza che lo distingueva: “u ggiaccu mi scuddai,’ncacciri…”.<br />
Io la vedevo scendere dal fondo della Via del Velo, allora quasi sempre deserta, e la<br />
riconoscevo subito da lontano: al contrario di ogni donna perbene, infatti, camminava<br />
in mezzo alla strada, ancheggiando con spavalderia come una che non ha più niente<br />
da perdere. Forse voleva soltanto imitare l’andatura di Rita Hayworth, alias Gilda,<br />
film che in quel periodo furoreggiava all’Arena Grande, un cinema rionale dove la<br />
sera si riuniva un pubblico misto di gente “onorata” e no. Lei però non aveva i capelli<br />
rossi sciolti sulle spalle, e tanto meno le forme prorompenti tipiche delle dive del<br />
dopoguerra: eccettuato il suo modo di camminare, il suo aspetto sobrio, la severità<br />
che emanava da tutta la persona mai avrebbe lasciato supporre in lei quello che,<br />
secondo l’opinione comune, caratterizza una donna disonorata. Di media statura,<br />
magra ma ben costruita, sempre vestita di nero, evidentemente in lutto, i capelli scuri,<br />
lucidi, tirati in un nodo dietro la nuca, non era truccata. Neanche un filo di rossetto.<br />
Le sopracciglia del tutto depilate ridotte a un segno sottilissimo di matita nera. Una<br />
grande cicatrice attraversava per lungo tutta la guancia sinistra; una linea rossa che<br />
sfregiava il viso scavato, divorato come da una febbre antica. Teneva la testa alta, in<br />
segno di sfida e guardava dritto davanti a se… anche questo aveva notato, dato che<br />
mia madre non si stancava di predicare che una donna perbene deve tenere sempre gli<br />
occhi bassi, soprattutto per strada. Non era una belezza, ma c’era in lei qualcosa di<br />
inquietante, di sprezzante, come di chi sta al disopra. Al di sopra di che? Delle<br />
convenzioni sociali? Della morale bigotta? Delle stupide donne curiose? Io<br />
consideravo quell’atteggiamento come una affermazione di libertà e di superiorità: lei<br />
aveva tagliato i ponti con quelle tradizioni ammuffite cui tutte le donne, senza<br />
protestare, si sottomettevano; lei camminava in mezzo alla strada e sola e a testa alta,<br />
e io, nella mia estrema ingenuità, l’ammiravo.<br />
E ora venivo a sapere che era una ….. cosa? Una mantenuta… una malafemmina. A<br />
quanto potei capire, quel cocchiere la manteneva, nonostante non fossero sposati. E<br />
questo è disonorevole, vociavano le donne all’unisono. Lei non voleva impegnarsi<br />
legalmente, non voleva nello stato di donna maritata. Con tutto ciò viveva con lui,<br />
nella stessa casa e si faceva mantenere da lui: uno scandalo!<br />
Non potei non fare delle riflessioni sul valore di certi legami, sulla loro onorabilità,<br />
sul significato del matrimonio che permetteva ad una donna di farsi “mantenere” da<br />
un uomo senza alcuna riserva morale o sociale solo per un diritto di contratto… in<br />
cambio di che cosa? Dovetti concludere che anche mia madre era una mantenuta,<br />
così pure tutte le donne sposate che conoscevo. Questa sì che fu una scoperta!<br />
Intanto che le donne continuavano a strapparsi le parole di bocca, cercando di<br />
soverchiare le altre con espressioni sempre più concitate, io prendevo una decisione<br />
molto importante: mai avrei permesso a un uomo di mantenermi. Mai mi sarei<br />
sposata.<br />
La cosiddetta “mantenuta” era vedova, e secondo l’opinione generale, non superava i<br />
trent’anni. Portava il lutto, un ultima concessione agli usi della società nella quale<br />
viveva, per il marito morto ammazzato in circostanze misteriose. Nessun testimone<br />
né prove sufficienti erano state trovate per incolpare qualcuno: ma c’era chi<br />
sosteneva che lei o l’amante, il cocchiere imbrillantinato, ne erano gli autori.<br />
Si chiamava Santina Uggeri o Uzzeri, (in quella confusione non riuscii ad afferrare il<br />
nome), e alcuni anni prima la sua fotografia era apparsa sulla cronaca nera dei<br />
giornali cittadini per un fatto di sangue, rimasto non chiarito, si diceva, per la<br />
93
caparbietà della donna. A ogni domanda rispondeva solo: “sono affari miei. Non<br />
devo rendere conto a nessuno”. Non servirono le minacce né qualche mese di<br />
prigione. L’amico del marito, appunto il cocchiere di mia conoscenza, ammise di<br />
essersi trovato per caso in <strong>compagnia</strong> di Santina: era venuto solo a salutarla,<br />
trovandosi da quelle parti. Il marito, sopraggiunto in ora insolita, in un attacco di<br />
gelosia, secondo lui del tutto ingiustificata, si era slanciato contro la moglie con<br />
l’intenzione di ucciderla: solo la pronta reazione dell’amico aveva evitato il peggio. Il<br />
giorno dopo fu trovato il suo cadavere vicino casa. Non si seppe mai altro. Da un<br />
incjiesta della polizia, che del resto lo conosceva molto bene, vennero alla luce altri<br />
precedenti dell’ucciso, storie di violenze e affari loschi in cui era stato coinvolto più<br />
di una volta.<br />
Si conobbero anche alcuni particolari sulla vita di Santina: dagli atti della polizia<br />
risultò che la ragazza, non ancora tredicenne, aveva denunciato il padre per violenza<br />
carnale. Si è mai sentita una simile enormità? Protestavano le donne. Una figlia che<br />
denuncia il padre! (io non sapendo cosa fosse la violenza carnale, trovai la storia del<br />
tutto incomprensibile). Affidata a una vecchia zia, essendo orfana di madre, era<br />
andata al servizio per una decina d’anni presso una signora che viveva da sola. Che<br />
donna sarà mai stata e… sapeva dei suoi precedenti? Tutte domande cui solo lei<br />
avrebbe potuto dare una risposta. La sera, dopo il lavoro, tornava a casa, dalla zia, a<br />
quanto pare una megera, alla quale doveva consegnare tutto il suo magro salario fino<br />
all’ultimo centesimo. Una sera, tornando dal lavoro, fu afferrata da un braccio<br />
d’uomo apparso come dal nulla, che con violenza l’attirò dentro un androne.<br />
Paralizzata dalla sorpresa e dal terrore non seppe reagire: due mani la brancicarono<br />
tutta, mentre col corpo la premeva contro il muro, impedendole di scappare. Dopo<br />
brevissima lotta gli riuscì di “infilare la lingua nella bocca, quello schifoso.” (inutile<br />
dire che non capì un bel niente di quella storia della lingua. Solo che era un atto<br />
schifoso e che era bene stare in guardia dagli androni bui). A forza di pugni, morsi e<br />
calci riuscì a liberarsi. A casa non osò raccontare nulla alla zia, tanto non le avrebbe<br />
creduto. Semmai avrebbe detto che era stata lei a provocarlo. Qualche settimana<br />
dopo la zia le annunciò la prossima visita del suo futuro sposo. Santina vide davanti a<br />
se l’uomo che l’aveva offesa dentro quel portone buio e che da allora la seguiva ogni<br />
sera fino a casa…. Sembrava proprio una storia da romanzo a fumetti, tipo “Grand<br />
Hotel”, una rivista che in quel periodo appassionava un vasto pubblico femminile.<br />
Che le donne stessero inventando una storia, così come avrebbero voluto che fosse<br />
stata, non potei mai appurarlo: era chiaro che la vicinanza di quella donna accendeva<br />
la loro fantasia. Senza contare che si sentivano minacciate più o meno da vicino: i<br />
loro uomini reagivano già al fascino di quella malafemmina. Ne erano attratti e<br />
perchè no, stimolati.<br />
Mi sembrava di aver sentito abbastanza e approfittando di un momento di particolare<br />
confusione uscì sulla strada. Vidi subito il basso di fronte, la porta spalancata: una<br />
quartara e un secchio pieni d’acqua erano stati lasciati lì davanti. Mi sembrò un buon<br />
segno, forse la padrona era uscita. Decisa attraversai correndo il breve tratto di strada<br />
polverosa e di slancio salii sull’unico scalino che introduceva nella casa. Qui mi<br />
fermai di colpo, col cuore in tumulto, spaventata dalla mia improvvisa audacia:<br />
abbagliata dalla estrema lucidità del sole, nonostante il pomeriggio inoltrato, rimasi<br />
un momento istupidita, non sapendo io stessa cosa volevo. Man mano i miei occhi si<br />
abituarono all’oscurità di quella casa. In mezzo alla stamza vidi un tavolo quadrato,<br />
coperto da una tovaglia scura. Quattro sedie lo circondavano. Lungo la parete di<br />
destra troneggiava un gran letto matrimoniale, alto, severo, anch’esso ricoperto di<br />
94
damasco a fiori scuri, uguale alla tovaglia del tavolo. Una grande bambola, vestita di<br />
rosa confetto, se ne stava seduta nel bel mezzo del letto. Il pavimento a mattonelle,<br />
scuro, era pulitissimo: tutta la casa brillava di pulizia. Un ordine meticoloso<br />
denunciava la cura e l’amore per quelle piccole cose. I colori scuri dei mobili, un<br />
armadio e un alto comò, le coperte, e il pavimento, evocavano un’atmosfera di<br />
rispettabilità, una severità di costumi, e anche una sorta di drammaticità che in ogn<br />
caso rispecchiavano il carattere della padrona di casa. Devo aggiungere che tutte le<br />
case siciliane, almeno quelle di mia conoscenza, avevano le stesse caratteristiche:<br />
mobili scuri, tappeti scuri, quadri scuri. In quel basso si respirava un’aria densa di<br />
significati: la dimostrazione che nonostante l’apparente rifiuto per la morale vigente,<br />
restava in lei un fondo di perbenismo, anche di rispetto per certe convenzioni sociali.<br />
Forse col tempo le sarebbe riuscito di reinserirsi in quella stessa società che ora, a<br />
motivo di uno sfreggio, ma anche di una certa libertà di costumi, la emarginava,<br />
considerandola una donna perduta.<br />
Ne rimasi assai colpita.<br />
95
CATEGORIA BAMBINI<br />
E RAGAZZI<br />
96
SEZ F POESIA DIALETTALE<br />
1° CLASSIFICATO SEZ F POESIA DIALETTALE<br />
PASSAFIUME DEMETRIO<br />
U PAPA POLACCU<br />
U Signuri Dio<br />
pi lu tronu di San Pietro,<br />
‘nta li sacri palazzi Vaticani<br />
Distino ‘pi’chiossà<br />
Di cinqu lustri<br />
N’apuostulu speciali<br />
Ca’arrivò di un paisi<br />
Tantu luntanu:Karol Woytila.<br />
Tuttu lu munnu<br />
Ti cunusciu,ti circò,<br />
t’ammirò e ti chianciu.<br />
Fusti un Papa eccezionali,<br />
truoppu acculturatu e tantu viaggiaturi,<br />
cu li to granni sofferenzi<br />
isti a purtari a to paruola u to cunfuortu,<br />
a to priera,<br />
a tua santa binirizioni<br />
a tuttu lu munni speci,<br />
a li tani puoviri,<br />
a li malati<br />
a cchiddi abbannunati<br />
all’affamati e a tutti chiddi discriminati.<br />
A tutti predicasti u pirduni,<br />
l’amuri e carità,<br />
accussi facisti puru<br />
cu lu to scelleratu attentaturi.<br />
Caru papa nuddu ,<br />
si scorderù mai di tia,<br />
fusti, sii e sarai<br />
pi siempri ne nuostri cuori:<br />
KAROL MAGNO<br />
97
SEZ E “POESIA IN ITALIANO ”<br />
1° CLASSIFICATA SEZ E POESIA IN ITALIANO<br />
MARIA GUZZO<br />
SOGNO…. AMORE<br />
Cos’è<br />
Quel tenue tepore<br />
Che solo il tacito zefiro<br />
Può darmi,<br />
quell’impeto<br />
che con il cedere del tempo<br />
diviene solo ardente dolcezza<br />
perché io possa ricevere<br />
misericordia divina.<br />
Sostanza desiderabile<br />
E sfuggentee dei vivi<br />
Degli eterni<br />
Dell’anima che di essa arde.<br />
Quando rosa e lillà<br />
Sono uno<br />
Perché entrambi<br />
Bramano le tiepidi ali del sole.<br />
Quando negli uomini<br />
Il suo messaggio interiore<br />
Non ne annuncia l’arrivo.<br />
Quando sognando<br />
E poetando<br />
Scopro di amare.<br />
98
SCIORTINO GIUSY<br />
L’AMORE<br />
L’amore,<br />
sentimento d’onore,<br />
timidezza, passione<br />
che come in un leone<br />
fa batter forte il cuore.<br />
Ti senti contento<br />
Non è un dubbio<br />
Si, me lo sento!<br />
Il bacio<br />
Eccolo,<br />
il mezzo con cui l’amore si rivela<br />
con cui il sussurro<br />
della timidezza<br />
balza fuori dal cuore,<br />
lasciando la freddezza<br />
fuori dalla finestra.<br />
99
PASSAFIUME AMEDEO<br />
FURTO DI SOGNI<br />
Oh spensierata gioventù illusa!<br />
Attenta e fedele seguace<br />
Del dio pallone,<br />
ormai catapultata<br />
nell’anno zero<br />
del nostro calcio<br />
così marcio e tanto malato,<br />
dove sono i tuoi sogni<br />
inocenti, speranzosi e genuini?<br />
La tua buona fede<br />
Umiliata e ingannata<br />
Il tuo vergineo entusiasmo<br />
Calpestato e scioccato,<br />
le tue lunghe e appassionate domeniche<br />
di trepidante tifo<br />
e di sincero affetto,<br />
stravolte da una piovra,<br />
che coi suoi tentacoli,<br />
ha distrutto e derubato<br />
ogni onesta e giovane speranza.<br />
O mondo dorato del pallone,<br />
la nostra rabbia,<br />
la nostra amarezza<br />
il nostro sconcerto<br />
ti diano forza e coraggio<br />
in nome della coppa<br />
che ci ha fatto diventare<br />
campioni del mondo.<br />
100
SEZ D “NARRATIVA”<br />
1° CLASSIFICATA ALLA SEZ D “NARRATIVA BAMBINI”<br />
MARIA GUZZO:<br />
LA VERITA’ DEL CUORE<br />
Nella luce che declina, un ultimo raggio di sole sfiora le rocce affilate e nere in primo<br />
piano; più in lontananza l’immobilità del tempo attinto di un alone rossastro quella<br />
superficie indistinta che continuiamo a chiamare mare, e adesso che tutto appare<br />
nella chiarezza delle cose: sia pace per coloro che ne bramano la benevolenza ma per<br />
chi è come me, sia solo il tormento, quest’effimero istante, che tanto percuote le<br />
immortali sembianze. Mi chiedo da quando ho perso il colore nel corpo, nell’anima,<br />
nelle parole che credevo mie; da quando amor più mi giova, ne il prodigio che a me<br />
sia lieto e caro. Ah! Che possa la gioia ahimè quando è gioia, indugiare dinnanzi alla<br />
sorte, affinchè almeno il cuore non si imbastardisca, come il mio ibrido essere<br />
inaridito dal dissesto. In questo tempo… In questo luogo… Non ha importanza quale<br />
sia, le cose non cambierebbero in ogni caso; io che ho sempre atteso l’inizio adesso<br />
non attendo altro che la fine; che abbiano il medesimo valore? Si questa volta è<br />
diverso. Invoco la pioggia (so bene quanto ne siete infastiditi voi intorno) e maledico<br />
me stessa a quando colsi la voce in petto, a quando strinsi l’elsa del mio orgoglio<br />
ferito perche questi fosse la prima e vera forza a bruciare i miei muscoli, a gonfiare i<br />
polmoni; quella stessa che mi fece credere in una meta in un senno. E ancora una<br />
volta il fuoco è desto, quel desiderio istintivo e violento, come il bisogno di sangue<br />
ma infinitamente più dolce; una necessita un urgenza muove le mie gambe<br />
indolenzite nel dì ormai che cessa, tale è il suo corso, tale è il mio e l’imbrunir della<br />
sera quasi a cancellare i miei contorni sinuosi di predatore, nel vento che sa di gelo,<br />
nitido contro il mio fuoco. Sono e non sono: la lacuna ha preso il sopravvento. Con la<br />
sola certezza di aver abbandonato tutto per l’incertezza, con al solitudine mia unica<br />
compagna, l’indifferenza mia unica saggezza, continua ad avanzare tra le rovine di<br />
antichi idoli e miti, tra le macerie di un palcoscenico dalle tende rosse e dei suoi<br />
racconti di vita umana. Oh Dio! Quanto mai è dolce il tuo nome sulle mie labbra<br />
screpolate; unica melodia che affabile sfonda il marcio fino all’anima, quasi a far<br />
male e così sanguinante di vergogna mi ritraggo. E adesso che ho cominciato a vivere<br />
quella mia stessa indifferenza sa or di disprezzo: qui per me non vi è ove placare la<br />
rabbia, sottrarmi per un solo istante alla mia bestia, alla ricerca del vano, dell’ ade.<br />
Possibile che voi uomini (che trovate conforto in quel fantasma che è l’amore) tutto<br />
abbiate imparato ciò che veramente meritava di essere?!<br />
Tuttavia non desidero tanto più tornare alle mie valle native, quanto poter vivere.<br />
Era da tanto che la luna piena non splendeva in quel modo attraente come un<br />
miraggio, distante e irraggiungibile. Mi fermo di colpo, piantando più che posso<br />
gambe a terra. Lasciando che per un istante gli occhi si perdano nel bagliore della<br />
luna; poi prostrato il viso al cielo, le chiedo: - è il paradiso…? – con voce mozzata<br />
dal pianto (ora poteva osare) e attendo con riverenza.<br />
Lei mi “risponde” come una voce interiore: - il Paradiso… sicuramente non esiste in<br />
nessun posto. Ai confini del mondo, non c’è nulla… e per quanto si cammini non si<br />
fa che proseguire sulla stessa strada. –<br />
101
- Ma allora perché… un così forte impeto mi pervade?!- sento risuonare le mie<br />
parole come cantate, un canto di malinconia e fierezza che trafigge l’aria gelida.<br />
Ancora quella voce: - non hai paura?-. In cuor mio l’ho sempre saputa la<br />
risposta fin dall’inizio: - sia vivere che morire, sono entrambe cose naturali, e<br />
più innaturale vivere senza uno scopo!- Mi stacco <strong>nuova</strong>mente da terra prima<br />
che la nostalgia giunga, e continuo a correre in questa fuga piatta tra cielo e<br />
terra che è mia vita.<br />
102
INDICE DEGLI AUTORI<br />
AIELLO VINCENZO Nasce a Bagheria il 24 Marzo del 1957 da padre bracciante e madre<br />
casalinga. Sin da giovane si dedica all’apprendimento dell’ebanisteria, che coltiva fino all’età di<br />
ventuno anni, allorché è assunto dalle Ferrovie dello Stato. Dal felice matrimonio con Mariella<br />
Buglisi nascono Salvatore, Fabio e Federico. Attualmente in servizio, dedica il proprio tempo libero<br />
alla famiglia e alla poesia. Dal 2004, desideroso di far conoscere i propri componimenti poetici ad<br />
una più vasta e qualificata critica, inizia a partecipare a concorsi nazionali ed internazionali di poesia,<br />
ottenendo soddisfacenti risultati:<br />
1° posto assoluto alla 3^ edizione del premio nazionale “Giacomo Giardina” città di Bagheria anno 2004.<br />
Premio speciale della giuria al “Concorso nazionale di Poesia Circolo Empedocleo anno 2004”di<br />
Agrigento.<br />
1° posto assoluto al “II° Premio Nazionale L’Anima in Versi”anno 2005 Lazzate (MI).<br />
2° posto al Premio Nazionale “La notte delle Muse” città di Balestrate anno 2005.<br />
Diploma d’onore alla VII^ edizione del premio internazionale di poesia “L’Acaljpha” anno 2005.<br />
3° posto al premio ”Poesia prosa e arti figurative” Accademia internazionale de Il Convivio,Giardini<br />
Naxos 2005.<br />
3° posto alla XIII^ edizione del premio nazionale di poesia “Elvezio Petix”città di Casteldaccia anno<br />
2005.<br />
1° posto alla II^ edizione del premio di poesia”Calogero Rasa” città di <strong>Cerda</strong> anno 2005.<br />
2° posto alla IV^ edizione del premio “S. Valentino” in Calatabiano anno 2006.<br />
4° posto al XVI° Trofeo “Turiddu Bella” città di Siracusa anno 2006.<br />
2° posto alla IX^ edizione del Premio” Giovanni Meli” città di Palermo anno 2006.<br />
Menzione di merito alla XII^ ed. del premio Internazionale di poesia “Poseidonia Paestum”Città di<br />
Paestum 2006.<br />
1° posto alla III^ ed. del Premio “Alimena sotto le stelle della letteratura” anno 2006.<br />
3° posto alla 1^ ed. Premio nazionale di Poesia “LiberArte” Mattinata (FG) anno 2006.<br />
3° posto al Premio Maria S.S. di Custonaci Trappeto di Fraginesi anno 2006<br />
2° posto alla 5^ ed. Premio Nazionale di Poesia “Giulio Palumbo” Ficarazzi (PA) anno 2006.<br />
Le sue liriche sono presenti in diverse antologie letterarie come:<br />
“Fiorivano girasoli alla finestra” Centro Culturale Giacomo Giardina edizione 2004.<br />
“Sikania 2005” 8° Raduno poetico.<br />
“La costanza dei grilli” Federico editore 2005.<br />
“L’orchestra colorata dei panni” Centro Culturale Giacomo Giardina edizione 2005.<br />
“Poetilando nel web”antologia del premio omonimo edizione 2005..<br />
“Premio Empedocleo”Studio Media edizioni 2005.<br />
“L’Anima in versi “ Informazona edizioni 2005.<br />
<strong>Antologia</strong> poetica accademica“Il Convivio 2005”.<br />
“Alimena sotto le stelle della letteratura”antologia della II^ ed. del premio omonimo.<br />
“Momenti” (1996-2006) antologia del decennale del Circolo Culturale Giacomo Giardina.<br />
Segretario del “Circolo Culturale Giacomo Giardina” di Bagheria. Testo a pag. 77 -<br />
AVANZATO AMBROGIO è nato a Chivasso (TO) nel 1938, dove tutt’ora vive. Ha iniziato a<br />
lavorare giovanissimo, con lo studio, riuscì poi a crescere professionalmente, ottenendo una<br />
posizione soddisfacente. Ad un certo punto qualcuno gli fece osservare che tendeva a<br />
romanzare le relazioni tecniche che redigeva; si era ammalato di grafomania. Quando lasciò il<br />
lavoro, diede sfogo alla sua mania, privilegiando nei racconti i ricordi dell’infanzia e<br />
dell’adolescenza. Testo pag. 25<br />
BARONE NINO NASCE AD ERICE CASA SANTA IL 21 AGOSTO 1972 E SIN DA PICCOLO<br />
MOSTRA UNA SPICCATA PREDISPOSIZIONE ALLA POESIA SOPRATTUTTO QUELLA IN<br />
RIMA. ATTRATTO DA OGNI FORMA DI ESIBIZIONE TEATRALE, SCRIVE POESIE DA<br />
QUANDO AVEVA DIECI ANNI. SPOSATO CON RITA DAL 1998, VIVE ATRAPANI , HA UN<br />
103
FIGLIO, MARIO DI 6 ANNI. E’ PRESENTE IN DIVERSE ANTOLOGIE ED HA OTTENUTO<br />
PREMI E RICONOSCIMENTI , ANCHE DI PRESTIGIO, IN VARIE ZONE DELLA SICILIA. IL<br />
SUO SOGNO ATTUALE E’ QUELLO DI PUBBLICARE UNA RACCOLTA CON TUTTE LE SUE<br />
POESIE. Testo pag.76<br />
BELLANCA GIUSEPPE nato a S.Cataldo (CL) dove risiede Testo a pag. 50 -79<br />
BONATO ALDO nato a Marostica e risiede Novi Testo a pag. 28<br />
BRUNO LAURA . Nata a eggio Calabria. Ha frequentato il Liceo a Palmi dove vive con la sua famiglia.<br />
Scrive poesie dall’età di sette anni, infatti ha scritto la sua prima poesia quando frequentava la seconda<br />
elementare. Nel 2003 si è classificata seconda al Trofeo Nazionale di Poesia e narrativa del ragazzo, sez.<br />
poesia, a Scafati (SA).Nel 2004 è stata prima al Premio Nazionale Ruba un raggio di sole per l’inverno<br />
indetto dall’Associazione ARTEA a città di Castello(PG) ed al premio Nazionale Cavallari di Pizzoli<br />
(AQ) Tra il 2003 e il 2005 ha partecipato a svariati premi nazionale (Olindo Dini a Volando, Verona<br />
concorso Romeo e Giulietta, Quadrifoglio di Pontecorvo, premio Giuseppe Sunseri) Nel 2004 ha<br />
partecipato al Premio Nazionale Giuseppe Bertelli a Pontedera, nel 2005 al Premio Nazionale di Ischia<br />
L’isola dei sogni dove ha conseguito il trofeo d’argento classificandosi seconda. Pubblicazioni: L’isola<br />
dei sogni, Attimi e didascalie lunari. Ha partecipato alla giornata europea del patrimonio dal titolo: “Il<br />
patrimonio. Una cultura da vivere” Pesia, compagna di vita in ogni tempo. 2006: 1° classificata al<br />
premio internazionale “il molinello” (Rapolano Terme SI) Argento per la narrativa. E’ stata finalista al<br />
premio Citta’ di Poggioomarino; segnalata al concorso Amelia Earthart “Quando le donne osano”.<br />
Recentemente le è stata riconosciuta una menzione di merito per contenuto e originalità al 2° concorso in<br />
lingua italiana e sarda “Poesie di Solidarietà… per ricordare Tiziana.”Testi pag. 33<br />
CANETTO ALBERTO. Laureato in Sociologia esercita l’attività di imprenditore. E’ stato Assessore<br />
alla cultura alla pubblica istruzione del comune di Massafiscaglia ed ha promosso svariate<br />
manifestazioni culturali tra cui il concorso letterario “BRUNO PASINI” E’ stato Vice Presidente del<br />
comitato Provinciale di Ferrara della F.I Tennis in qualità di istruttore. Nel 2000 e 2001 ha vinto il<br />
premio giornalistico “Il personaggio dell’Anno” promosso dal quotidiano locale “la <strong>nuova</strong> Ferrara”.<br />
Seganalato nel 2006 al concorso letterario Nazionale “San Maurelio” di Malborghetto (FE) con l’opera<br />
La droga”. Sempre nel 2006 riceve il diploma d’onore del concorso letterario Internazionale “Amico<br />
Rom” di Lanciano (CH) con l’opera “Intimo Tesoro” Testo a pag. 34<br />
CARDILLO ANNA MARIA. Anna Maria CARDILLO, nata a Roma il 20 maggio 1947. Donna serena<br />
e realizzata nella famiglia, nel lavoro e nell'attività di volontariato ospedaliero, ottimista e positiva. Scrive<br />
versi dai tempi ormai lontani dell'adolescenza, ma i suoi testi sono sempre rimasti chiusi nel cassetto.<br />
Solo da poco li ha resi disponibili alla lettura e ne ha avuto apprezzamenti e numerosi riconoscimenti in<br />
concorsi nazionali e internazionali con liriche singole e sillogi, classificandosi spesso ai primi tre posti.<br />
Molti suoi componimenti sono stati pubblicati in volumi antologici. Testo a pag. 51<br />
CAVALLA CARLA nata a Modica dove vive con la sua famiglia, si dedica alla Poesia partecipando a<br />
svariati concorsi.Testo a pag. 53<br />
CATALANO PIETRO Nato a Palermo risiede a Roma. Testi pag. 52<br />
CERBONE GIUSEPPE nato a Napoli risiede a Palermo.testo pag. 54<br />
DI GAETANO ENZO Nativo di Termini Imerese nel 1942 ove risiede. Pensionato della Fiat, da<br />
qualche anno si dedica alla poesia Testi pag.. 22 – 80<br />
DONATO FRANCESCO nato e abita a Reggio Calabria. testo pag. 17<br />
GATTO CONCETTA Nata Roccapalumba e risiede a Altofonte. Testo a pag. 82<br />
104
GIORDANO PROF. ANTONINO detto Antonio, Vincitore del III° concorso letterario “Maestro Rasa<br />
Calogero” nel 2006 per la sez poesie dialettali con il brano “LA BALLATA DI LIBERO GRASSO”.<br />
nato a Palermo dove risiede. Laureato in Giurisprudenza . E’ stato dirigente scolastico presso il liceo<br />
Galilei di Palermo. Docente di Drmmaturgia applicata presso l’università U.E.t.l. di PalermoPreidente<br />
dell’Ass. Culturale “scene Aperte” di Palermo. Scrittore, Drammaturgo, giornalista e critico teatrale,<br />
socio onorario SIAE. Diploma di benemerito di 1° classe e medaglio d’oro per la scuola, per la cultura e<br />
per l’arte, conferita dal Presidente della Repubblica. In qualità di drammaturgo, ha scritto diverse come:<br />
La Pace e la Guerra, Morte a Palermo viva, Theomafia, e altre opere di particolare interesse culturale.<br />
Come attività di attore ha avuto parecchi ruoli principali in commedie teatrali in Italia e all’estero (in<br />
lingua francesce), vincendo “ Maschera di legno” come attore emergente nel 1961. Attualmente è<br />
impegnato nell’opera “Il borghese gentiluomo” di Moliere.<br />
Pubblicazioni: Occhi nella notte nel 1978, l’Assurdo in teatro del 1973, Puro spirito nel 1984,<br />
L’insegnamento del teatro 1987, Anche noi facemmo la guerra – 1999, teatro informazione –<br />
2001(presentazione di Glauco Mauri). Premi vinti: 2005: poesia “il Declamautore” , premio letterario<br />
“Angelo Perugini” città di Macerata, premio drammaturgia storica “Palcoscenico per la storia”. Nel 2006<br />
finalista Premio “Penna d’Autore” Torino; Premio letterario “Spicchi” Monza; Premio Lett. “Città di<br />
Misilmeri”¸ premio lett. “AVIS” Pisa: Premio “M. Kolbe” Svigliano; premio “città di Potenza”; premio<br />
“città di Turi” Bari; premio intern. “Cava de’ Tirreni”; premio “Città di Eboli”; Premio “ Il Convivio”<br />
Viareggio 2006; premio teatrale “Ischia 2006”. Ha organizzato a parecchi convegni con grandi nomi (<br />
Costa, Jacobbi, Camilleri, Salerno, Mauri, Musati, etc…). I più recenti: “Le avanguardie a Palermo 40<br />
anni dopo” – Samule Beckett e Antonio Giordano, 2001. “Palermo : Teatro si Teatro no” nel 2003.<br />
“Palermo e il teatro sperimentale” – 2004. “Il teatro Siciliano nel XX secolo” – 2005. Inoltre ha ottenuto<br />
la Benemerenza Civica per meriti culturali e artistici, conferita dalla Regione Sicilia di Palermo, inoltre è<br />
socio onorario ed osponente di chiara fama dell’Unione Nazionale Scrittori ed Artisti. Scrittore,<br />
drammaturgo-esponente Ass. Naz. Critici di Teatro e Ass Internazionale des Critiques de Théatre.<br />
opere Testo pag. 55 -74<br />
GAGLIANO MICHELE di anni 45, risiedo da sempre a Bagheria, il mio titolo di studio é di licenza<br />
media inferiore, come attività lavorativa sono impiegato. Sono sposato è ho due figlie. Da circa quindici<br />
anni mi diletto a scrivere poesia sia in lingua italiana, che in dialetto siciliano. Da un paio di mesi ho<br />
incominciato a partecipare a qualche concorso di poesie. Testo pag. 81<br />
GUGLIUZZA SALVATORE, nato a Cefalù dove risiede. testo pag. 56<br />
GUZZO MARIA testo pag.98 – 101<br />
IMBURGIA SALVATORE Nato a <strong>Cerda</strong> nel 1946 vi abita fin dalla nascita. Occupa la carica di vice<br />
comandante la Polizia Municipale. E’ Presidente dell’associazione La Nuova Compagnia città di <strong>Cerda</strong><br />
gruppo folk i Carrettieri con il quale ha girato quasi tutta l’Europa. Testo pag. 83<br />
INZERAUTO SALVO Nato a Palermo nel 1949, risiede a Santa Flavia (PA). Testi pag 57 -84<br />
INCUDINE ADA nata a Roma nel 1951, laureata in Sociologia, ha lavorato come assistente presso la<br />
Cattedra di Antropologia Culturale Iª dell'Università “La Sapienza” di Roma, occupandosi<br />
prevalentemente di Antropologia Economica, in particolare delle società africane e del colonialismo, con<br />
pubblicazioni nel settore. Attualmente insegna la disciplina dello Yoga, praticata fin dall'età di venti anni.<br />
Si dedica da sempre alla poesia ma, solo a partire dal 2004, partecipa a dei Concorsi Letterari, ottenendo<br />
vari riconoscimenti : (Menzione e segnalazione - Premio Internazionale di Poesia “Nosside” , Reggio<br />
Calabria (RC), XXIIª Edizione 2006 ed XXIª Edizione 2005 (Centro Studi Bosio) vincendo numerosi<br />
premi, tra i quali: Premio Internazionale di Poesia e Letteratura “Nuove Lettere”, Napoli XIVª Edizione<br />
2004 (Istituto Italiano di Cultura di Napoli) - 1º Premio Speciale della Giuria , Sezione silloge inedita,<br />
con “Segni di Sogni ”; Premio Letterario “Alberto Tallone”, Alpignano Torino IVª Edizione 2005,<br />
(Comitato Cittadino per il Centro Storico di Alpignano) 1º Premio, Sezione poesia in lingua italiana, con<br />
“Ti guardo di spalle”;<br />
Premio “Circe - Una donna tante culture”, Monterotondo Roma Iª Edizione 2005 (Associazione Opera<br />
105
dei Pupi) - 1º Premio, Sezione poesia inedita con “Passaggio in tre tempi ”; Premio Internazionale di<br />
Poesia e Letteratura “Nuove Lettere”, Napoli XVIª Edizione 2005 (Istituto Italiano di Cultura di Napoli) -<br />
1º Premio, Sezione poesia singola inedita, con “Androide”; Premio Biennale di Poesia “Ugo Carreca”,<br />
Chiavari (GE), 5ª Edizione 2006 (Associazione Il Mosaico), Premio Speciale della Giuria per<br />
l'Originalità Tematica ("Il Secolo XIX") con “Danzante suggestione. Premio Letterario Internazionale<br />
“Mondolibro”, Roma VIIIª Edizione 2006 (Agenzia Letteraria Mondolibro) - 1º Premio, Sezione silloge<br />
inedita, con “Pescatore di Stelle”;Concorso Letterario Nazionale, Grosseto 1º Edizione 2006 (Ente<br />
Nazionale Protezione Animali) - 1º Premio, Sezione Poesia inedita a tema “Gli Animali” con “Randagio ,<br />
un Angelo”; Premio Nazionale di Poesia e Letteratura “Il Litorale” , Ronchi - Massa VIIIª Edizione 2006<br />
(Associazione Culturale “Ronchi Apuana” ) - 1º Premio, Sezione silloge inedita con “Pescatore di Stelle ;<br />
Premio Letterario Nazionale “Mario Luzi” , San Cipriano d'Aversa (Na) IªEdizione 2006 (Accademia<br />
Nazionale d'Arte e Cultura “Il Rombo”) – Premio Speciale della Giuria , Sezione Poesia Edita con “Segni<br />
di Sogni”; Premio Nazionale Ennepilibri “Poesie in Notes” a tema “L'uomo e il Mare” Imperia, 1ª<br />
Edizione 2006 ( Ennepilibri ) - 1º Premio ex aequo con “Musica liquida”, “Acqua sapiente”, “Brezza”;<br />
Concorso Letterario Multiculturale “Lune di Primavera”, Perugia 10ª Edizione 2005 (Comitato<br />
Internazionale Multietnico 8 Marzo di Perugia) - 2º Premio ex aequo , Sezione poesia inedita, con “A<br />
mio padre” e “Pescatore di Stelle” ; Concorso Letterario Multiculturale “Lune di Primavera”, Perugia 11ª<br />
Edizione 2006 (Comitato Internazionale Multietnico 8 Marzo di Perugia) - 2º Premio ex aequo , Sezione<br />
poesia inedita, con “Tutta la vita in uno sguardo”, “Onirica”; Certamen di Poesia Latina, “Premio<br />
Catullo”, Acerra (Na), IVª Edizione 2006 (Centro Studi Agorà) 2º Premio, - Poesia in Lingua Latina –<br />
con “De vitae nostrae sensu”, “Ad Lucem”, “Fortuna coniucti”; Premio Letterario di Poesia “Arte<strong>nuova</strong>”,<br />
Propata (GE), 3ª Edizione 2006 (Associazione d'Arte & Cultura ARTENUOVA) 2° Premio, - Sezione<br />
Poesia edita – con “Segni di Sogni”; Concorso Letterario “Decathlon della Letteratura” 2006, Torino<br />
(Associazione Culturale Carta e Penna), 2° Premio, - Sezione Silloge poetica, con “Pescatore di Stelle”.<br />
Concorso Nazionale di Poesia, Narrativa, Critica Musicale e Letteratura “Premio Pegasus” , Busto<br />
Arstizio (Va), 1ª Edizione 2006 (Associazione Pegasus Musica Arte Cultura) 2º Premio, Sezione Poesia<br />
cat. C - con “Umida Rovente Rumba”. Premio di Poesia “Ercole Labrone – Yorick” , Reggio Emilia<br />
,(RE) VIIª Edizione 2005 (Rivista Yorick ed Associazione Ercole Labrone), sezione poesia inedita - 2º<br />
Premio, con “Che bella sei”. Concorso Letterario Internazionale “Le parole dell'anima”, Quartu<br />
Sant'Elena (CA), 2ª Edizione 2006 (Centro Teatrale Il Teatro dell'Anima), 2º Premio, Sezione poesia<br />
inedita - con “Alle sette della sera”. Concorso Letterario “Prof. Calogero Rasa”, <strong>Cerda</strong> (PA), 3ª Edizione<br />
2006 (La <strong>nuova</strong> Compagnia di <strong>Cerda</strong> e il Gruppo Folk “I Carrettieri”), - 2ºPremio Sezione B poesia<br />
inedita, con “Là dove scende il fiume”. Premio Nazionale di Poesia Teramo 2005 “Gino Recchiuti”,<br />
Teramo IIª Edizione 2005 (Associazione Culturale “La Luna”), - 3º Premio, Sezione poesia edita, con<br />
“Viandanti senza patria”. Concorso Letterario “Decathlon della Letteratura” 2006, Torino (Associazione<br />
Culturale Carta e Penna), 3° Premio – Sezione poesia a tema libero, con “Passaggio in tre tempi”.<br />
Concorso Internazionale di Poesia “Premio Vittorio Bodini”, Vitruvio (LE) 1ª Edizione 2006<br />
(Associazione Culturale Salentina), 3º Premio, Categoria A, Libro Edito di Poesia con “Segni di Sogni”.<br />
1º Premio di Poesia “Albigaunum” dedicato alla memoria di “Eugenia Botto”, Albenga (SV),<br />
(Dopolavoro Ferroviario di Albenga), 1ª Edizione 2006, 3ºPremio , Sezione A poesia in lingua – con<br />
“Memorie di sassi”. Premio Letterario “Letizia Isaia”, Concorso Nazionale di Narrativa, Saggistica<br />
Poesia e Poesia Napoletana per autori ed editori Italiani, Napoli (Na) 4ª Edizione 2006 (Associazione<br />
Pianeta Donna) , sezione poesia italiana 3º Premio ex aequo – con “Là dove scende il fiume”. Concorso<br />
Nazionale di Poesia e Narrativa “Guido Gozzano” , Terzo (AL), VIIª Edizione 2006 (Biblioteca Civica di<br />
Terzo), 4º Premio, Sezione B poesia inedita, con “Non c'è”. Poesie singole in varie antologie.<br />
Libri :“Segni di Sogni” , Edizioni Istituto Italiano di Cultura, Napoli, 2005.<br />
“Ritratti di Parole”, Edizioni Istituto Italiano di Cultura, Napoli, 2006. Testo pag. 48<br />
LAZZARA ANDREA nato a Pisa risiede a Marsala (TP). testo pag. 58<br />
LEGGIO GIUSEPPE è un giovane autore siciliano, formatosi poeticamente presso la grande scuola<br />
delle tradizioni popolari di cui da sempre è un grande appassionato. Da queste frequentazioni è nata la<br />
voglia di metter su carta le proprie emozioni, le sensazioni di un mondo lontano eppur presente. Ha<br />
esordito nell’2005 alla seconda edizione del concorso letterario “Calogero Rasa” classificandosi secondo<br />
nella sezione poesie in dialetto con “U teatru di lu tempu”. Ha partecipato inoltre alla terza edizione del<br />
106
premio letterario “Alimena sotto le stelle della letteratura” classificandosi terzo nella sezione poesie a<br />
tema libero in dialetto. Nella vita studia all’Università di Palermo, ama le letture “impegnate”, la musica<br />
e lo sport. Testi a pag. 59<br />
LILIANA MAMO RANZINO è nata a Nardò (LE) il 04.09.1934. Risiede a Cefalù dove ha insegnato<br />
alle scuole elementari, ora in pensione. Ha pubblicato diversi libri tra i quali: QUEL CHE RESTA, ed<br />
ETERNA CONTEMPLAZIONE. Ha vinto innumerevoli concorsi di poesie. Testi pag. 40 – 60 -87<br />
LO DATO FRANCESCA nata a Montemaggiore Belsito, è residente a <strong>Cerda</strong>. Ama la musica, la<br />
poesia, il teatro, e si diletta nel partecipare a svariati cocorsi letterali.Testi a pag. 39 -63- 88<br />
LONARDO ANTONIO nato a Taurasi (AV) e residente a Modica (RG). Laureato in Pedagogia presso<br />
l’università di Salermo, insegna materie letterarie nell’ITCS “Archimede” di Modica. In seguito ad un<br />
lutto, nel febbraio del 1997, inizia a scrivere poesie, partecipando a svariati concorsi, e avendo successi<br />
importanti come: secondo premio per il concorso organizzato dal centro culturale “A. Kuliscioff”<br />
chiamato poi “Cultura e Società di Torino”. 2003 segnalazione di merito ad Alcamo (TP). Primo premio<br />
nazionale “Pensieri Vivi” a Bitetto (BA) nel 2005; Nel 2006 3° premio per la lirica “Invano” a Viterbo;<br />
sempre nel 2006 riceve due premi per il libro edito “desiderio di luce” a Forlì e a San Marco In Lamis;<br />
ancora nel 2006, due secondi premi per la lirica “Sussurro” a San Pietro Vernotico e a Monte Rosso<br />
Almo (RG); Secondo premio a Castel Morrone (CE) per la poesia amici. Classificato settimo posto a<br />
piedi luco (Terni) con la poesia “Shalom!”; Ottava posto ad Albissola Superiore (SV) per il libro<br />
“Desiderio di Luce”, per lo stesso libro ha conseguito il settimo posto a Bardineto (SV); secondo posto a<br />
Luino (VA) per il concorso internazionale per la pace. Come docente ha preparato i suoi studenti alla<br />
partecipazione a vari concorsi letterali, con ottimi risultati. Alcune sue liriche hanno fatto di varie<br />
pubblicazione. E’ stata pubblicata un opera prima, una silloge, di 56 liriche intitolata “Desiderio di Luce”<br />
Testo pag. 61<br />
MAGI SIMONE nato ad Amelia e residente ad Amelia Fornole.Testo a pag. 49<br />
MONTELEONE CARLO Vincitore del premio “Maestro rasa Calogero” del 2006 nella sez. in lingua<br />
italiana con il testo “Si leva un aquilone, è nato a Palmi ove risiede. testo pag 48<br />
MORTILLARO DANIELA ,Vincitrice I° Premio di Poesia “Le Mond Club” di Padova 2005 con le<br />
poesie: “ Io e il mio cuore” e “ Il burattino”. Selezionata per l’<strong>Antologia</strong> al concorso “ San Valentino” di<br />
Quartu Sant’Elena. Classificata nei primi dieci del concorso letterario Maestro Rasa Calogero 2005 (Pa)<br />
Premiata al 4° posto nel 1° Premio Letterario di Poesia e Narrativa AVIS di Capannoli ( Pisa ).<br />
Selezionata per l’<strong>Antologia</strong> di 2 concorsi letterari organizzati dal Club degli Autori. Presente<br />
nell’edizione 2006 dell’<strong>Antologia</strong> “Poeti in Galleria”.<br />
Pubblica nell’Agosto 2006 la sua prima raccolta di poesie dal titolo “Fili invisibili” per la casa editrice Il<br />
Filo. Testo pag. 64<br />
NERI MARGHERITA nata a Ganci e residente a Cefalù.Testo pa. 15- 89<br />
NOTO ALBERTO nato e residente a Trapani. testo pag. 65 -90<br />
PASSAFIUME AMEDEO nato a Palermo, risiede a <strong>Cerda</strong> con la famiglia. Studente. testo pag.100<br />
PASSAFIUME CLELIA nata a Palermo é residente a <strong>Cerda</strong>. Stundentessa universitaria. Partecpa a<br />
diversi concorsi letterali e collabra con giornali e riviste scrivendo articoli di attualità sul giornale<br />
ESPERO. testo pag. 66<br />
PASSAFIUME DEMETRIO natoa Palermo é residente a <strong>Cerda</strong>. Studente. testo pag.97<br />
PICCIONE MARFINO GIUSEPPE nato e residente a Custonaci (TP).testo pag.91<br />
107
PERCIACCANTE ALFREDO nato a Cassano Ionio (CS) il 13/08/1946, diplomato all’età di 17 anni in<br />
Ragioneria presso l’Istituto Tecnico Commerciale “Pitagora” di Castrovillari (CS); ha conseguito le<br />
lauree in:Economia e Commercio presso l’Università Statale di Napoli; Scienze economiche e sociali<br />
presso la Libera Università Internazionale di Studi Superiori “PRO DEO” in Roma; Philosophy Political<br />
Science Sociali presso la Kensington University; Ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della<br />
professione di Dottore Commercialista presso la Università Statale di Salerno;Ha ricoperto l’incarico di<br />
assistente volontario, prima e di cultore della materia, poi presso le cattedre di Diritto del Lavoro e della<br />
Previdenza Sociale delle Università Statali di Napoli e di Catanzaro; Ha militato nell’Azione Cattolica<br />
Italiana ricoprendo vari incarichi a livello Diocesano (Presidente del Consiglio Diocesano), Regionale<br />
(Responsabile del settore Seniores), Nazionale (Membro del Consiglio Nazionale); E’ stato eletto,<br />
ininterrottamente, dal 1969 al 1992 Consigliere Comunale nel proprio Comune di residenza (Cassano<br />
all’Ionio) ricoprendo più volte la carica di Assessore alla Cultura e di altri settori operativi, nonchè quella<br />
di Sindaco; E’ stato direttore del periodico Gioventù Nuova edito dalla Diocesi di Cassano all’Ionio,<br />
membro della redazione del Bollettino Diocesano e collaboratore di RadioTeleDonBosco negli anni dal<br />
1970 al 1980; E’ stato Dirigente presso un Ente Previdenziale; Dal 1992, a seguito di alcune traversie<br />
causategli da “personaggi” della sua zona, ha trovato nella poesia, oltre che nell’Amore in Dio, l’ancora<br />
di salvezza per la sua esistenza, riuscendo, così, a riprendere una vita di normalità, sempre segnata, però,<br />
dalla “rabbia” per ciò che incolpevolmente gli era capitato. “Rabbia”, traspirante quasi sempre dalle sue<br />
modeste opere, che si trasforma alla fine in perdono e speranza. Recentemente è stato premiato con diploma di<br />
merito e targa del Parlamento Europeo al 46° Concorso letterario – settore poesie – “Arnaldo DI<br />
MATTEO” in Salerno. Alcune sue poesie sono state premiate segnalate: con diploma e targa nel premio<br />
letterario “Il Fuoco” patrocinato dal Comune di Roma ed indetto dall’Associazione Culturale “I Giardini<br />
dell’anima” con Sede in Roma; con menzione d’onore, diploma e targa nel premio letterario Città di<br />
Cerchiara di Calabria patrocinato dal Comune di Cerchiara, dalla Comunità Montana dell’Alto Ionio, dalla<br />
Provincia di Cosenza ed indetto dalla Pro-loco di Cerchiara di Calabria. Testo pag. 67<br />
RUNFOLA LUCIANO E’ nato ad Aliminusa il 22.04.1967 Vive a <strong>Cerda</strong> dove insegna Lettere alla<br />
scuola Media di <strong>Cerda</strong> .Vincitore del Concorso Maestro Rasa Calogero sez “B” della prima edizione.<br />
Testo a pag. 68<br />
SANCES SALVATORE nato a Palermo e residente a Palermo.testo pag. 69<br />
SANGERVASIO ANTONIO è nato a Roma il 10 Settembre 1970. Lavora come tecnico<br />
di laboratorio presso la Galileo Avionica, ma da sempre scrive poesie per passione.<br />
Ha iniziato scrivendo rime per gli amici, per gioco; si diletta a comporre piccole<br />
rime per Radio Italia Network prima e per Play Radio adesso con Stefano<br />
Gallarini. Le sue poesie hanno una musicalità che si richiama al ritmo incisivo della<br />
musica con un sapiente e particolare uso dell’allitterazione per creare il suono<br />
ossessivo e incessante di un fiume in piena.. La necessità di scrivere ciò che sente<br />
dentro gli nasce spontanea dall’animo, “soprattutto quando sono solo”, come lui<br />
stesso dichiara. “In quei momenti la mia mano diventa un fiume in piena e scrivo,<br />
perché ne sento il bisogno. Gli stati d’animo appaiono e scompaiono, con<br />
improvvisa velocità, e lì avverto la necessità di scrivere. E so che questa voglia non<br />
mi abbandonerà mai”..(concorso Mentana rivista nomentanum). Poesie pubblicate<br />
sul mensile Amicizia di Roma e su diversi siti internet. Partecipa alla trasmissione<br />
POETI E POESIA sulla emittente laziale TELEVITA come ospite di poesia. Da<br />
sempre attratto dalla poesia partecipa grazie ad una amica ad un concorso<br />
nazionale di poesia inedita nel 2005 a febbraio e vince il primo premio assoluto.<br />
Premi e riconoscimenti: primo posto assoluto poesia inedita OMNES ARTES<br />
Mentana 2005;menzione speciale premio Romano di Lombardia (pubblicazione<br />
antologia La citta') 2005; finale premio Il Faro Brindisi 2005;<br />
menzione speciale concorso IL FUOCO di Roma (antologia il fuoco)2005;<br />
menzione speciale concorso I COLORI di Cesena(antologia i colori)2005;<br />
vincitore concorso HABERE ARTEM 2005(antologia habere artem vol.7)2005;<br />
108
selezionato per antologia i poeti del lazio 2005; 0ttava posizione concorso Calogero<br />
Rasa di Palermo (ottiene anche la 17a posizione) 2006; Ottava posizione concorso<br />
S.Vincenzo in Tivoli 2006; Seconda posizione assoluta poesia inedita concorso i fiori<br />
di campo 2005 Landriano Pavia 2006; vincitore ex-equo poesia inedita a tema<br />
l'uomo e il mare concorso poesia in notes 2006; quinta posizione assoluta poesia<br />
inedita concorso LE NUVOLE Peter Russell di Napoli 2006. Presente nelle<br />
antologie: La città (ed 47), itinerario poesia 2 (accademia barbanera), internauti<br />
(ed aletti), il fuoco (ed giardini), i colori (ed farnedi), poesie per ricordare (ed<br />
aletti), emozioni (ed pagine), tra un fiore colto e l'altro donato (ed aletti), habere<br />
artem (ed aletti), i poeti del lazio (ed aletti), panza nel mondo 2005, io scrivo<br />
poesia 2005 (ed giulio perrone), cuorediafano 2006 (ed.emma), club degli autori<br />
2006 (ed. Montedit), poesie per la vita (ed.Universum), gran premio d'autore 2006<br />
(ed.Universum), i fiori di campo 2005 (ed.fiori di campo), paroleinfuga2 (ed.Aletti),<br />
verrà il mattino ed avrà un tuo verso III 2006 (ed.Aletti), poesie italiane 2006 ( ).<br />
Nel maggio 2005 pubblica una sua raccolta di poesia con la casa editrice IL FILO<br />
intitolata BATTITI PRIMORDIALI. Testo pag. 71<br />
SEPPI CHRISTIAN nato e residente a Bellusco (MI) testo pag. 41<br />
SCIORTINO GIUSY testo pag.99<br />
VALLATI LENIO è nato a Gavorrano (GR) il 21/09/53 e risiede a Sesto Fiorentino.<br />
Esordisce nel 2003 con il libro di narrativa Soggiorno a Bip-Bop, Aut. Libri Firenze.<br />
Del 2004 è Un criceto al computer, tre racconti, edito dalla Ibiskos Ed. con il quale<br />
ha conseguito nel 2005 il 1° posto al Premio Internaz. Mondolibro e al premio A. da<br />
Pontedera. Del 2006 Desiderio di volare, ed. Bastogi, che riunisce ventitre racconti<br />
molti dei quali vincitori di diciotto primi premi per la narrativa. Numerosi e di<br />
prestigio sono i riconoscimenti anche per la poesia. E' stato finalista nel 2005 al<br />
Rhegium Julii e al Domenico Rea. E'stato eletto, al Belmoro di Reggio C. poetascrittore<br />
dell'anno 2005. E' presente in numerose antologie tra le quali Poesie<br />
d'amore per il 3° millennio e Letteratura Italiana - Poesia e narrativa dal 2°<br />
Novecento ad oggi <strong>2007</strong> ed. Bastogi. Nel corrente anno <strong>2007</strong> ha ottenuto il 1°<br />
premio al Molinello per la narrativa inedita. Di recente pubblicazione il volume di<br />
poesie Alba e tramonto ed. Bastogi. Testo a pag. 44 – 72<br />
TROCCOLI FRANCESCO nato e residente a Roma. E’ stato segnalato nel 2005 come finalista al<br />
concorso Narrativa di Fantascienza “Tabula Fati” e nella raccolta “I racconti del Prione” con il racconto<br />
“Il Pianeta dei Giganti”; ancora come finalista nel concorso “ Nuovi autori di fantascienza” con il<br />
racconto “Viaggio su Marte”; Finalista al concorso “ Interrete Shorts” con il racconto “Alka Seltzer”;<br />
Sesto classificato al concorso “Citta di Melegnao” del 2005 con lo stesso racconto; Nel 2006 ancora con<br />
il racconto “Viaggio su Marte” è stato segnalato al concorso “Racconti in viaggio”; Nel marzo 2006<br />
finalista con “Essere Umano” al concorso “Apuliacon 2006”; Giugno 2006 con il racconto “Viaggio su<br />
Marte” si è classificato al settimo posto al concorso “Racconti dall’oltrecoscmo; Giugno 2006 con il<br />
racconto “ La Teoria” si è classificato terzo al mconcorso “Red Pill”; Vincitore del concorso letterario<br />
“Marco Majella con la raccolta di racconti “Fantasie di mondi possibili” Nell’agosto 2006 si è<br />
classificato 4° al conorso “insieme nel Mondo” con la medesima raccolta. Vincitore del concorso<br />
letterario del 2006 “Maestro Rasa Calogero con il Racconto “Il Viaggiatore. Testo a pag. 13<br />
ZAPPERI ZUCKER ADA è nata a Catania ma vive da molti anni in Germania. Dopo<br />
aver studiato pianoforte con il maestro Sergio Perticaroli e canto con Alice<br />
Jmmelen, si è diplomata e laureata alla “Musikhochschule” di Vienna. Ha<br />
collaborato al Dizionario Biografico degli Italiani dell’Istituto Treccani,<br />
all’Enciclopedia dello Spettacolo e all’Enciclopedia Universo della De Agostini.<br />
109
Cantante lirica molto affermata soprattutto in campo internazionale, ha studiato<br />
anche pittura con Gotthard Bonell, allestendo diverse mostre. Nel 2006 ha vinto il<br />
concorso “Calogero Rasa” di <strong>Cerda</strong> e nel <strong>2007</strong> il premio “Gaetano Cingari” di Reggio<br />
Calabria. Attualmente insegna canto in Germania e Sudtirolo. La scuola delle<br />
catacombe è la sua prima pubblicazione. Testo pag. 92<br />
110
Un ringraziamento particolare va alla commissione giudicatrice che per<br />
diversi giorni si è impegnata nella lettura delle opere e poterle giudicare<br />
e alle ragazze che hanno coadiuvato i giudici nelle operazioni per la<br />
buona riuscita del lavoro.<br />
LA COMMISSIONE GIUDICATRICE<br />
PROF. FAUSTO CLEMENTE PRESIDENTE<br />
PROF. MOSCATO AGOSTINO GIURATO<br />
PROF. CIRO CARDINALE GIURATO<br />
DOTT.SSA RASA STEFANIA GIURATO<br />
PROF.SSA NINA CARDACI GIURATO<br />
SEGRETARIA DELLA COMMISSIONE<br />
GIUSY MUSCARELLA<br />
COLLABORATRICE<br />
FRANCESCA IMBURGIA – CICERO ROSITA<br />
111
Un ringraziamento particolare all Assessore ai beni culturali<br />
dell’A.R.S. che ha voluto onorarci del Patrocino<br />
Un ringraziamento alla Provincia Regionale di Palermo. che ha fornito<br />
le coppe.<br />
A tutte le ragazze e ragazzi che si sono impegnati per la buona riuscita<br />
della manifestazione di premiazione.<br />
Per la realizzazione di questo volume hanno collaborato:<br />
Francesca Castagna<br />
Maria Assunta D’Avolio<br />
Francesco Dioguardi<br />
Ermelinda Imburgia<br />
112
Indice<br />
Un illustre saggio poeta pag. 4<br />
Zappa e fauci di Rasa Calogero pag. 5<br />
Breve storia e curriculum pag. 6<br />
Presentazione pag. 11<br />
Narrativa pag. 13<br />
Poesia in italiano pag. 47<br />
Poesia dialettale pag. 73<br />
Cat. “G” italiani all’estero pag. 91<br />
Categoria bambini pag. 97<br />
Indice degli autori pag. 103<br />
Commissione pag. 111<br />
Ringraziamenti pag. 112<br />
113