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Antologia 2007 - Cerda nuova compagnia

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I poeti lavorano di notte<br />

Quando il tempo non urge su di loro,<br />

quando tace il rumore della folla<br />

e termina il linciaggio delle ore.<br />

I poeti lavorano nel buio<br />

Come falchi notturni od usignuooli<br />

Dal dolcissimo canto<br />

E temono di offendere Iddio.<br />

Ma i poeti, nel loro silenzio<br />

conFanno ben più rumore<br />

Di una dorata cupola di stelle<br />

Alda Merini<br />

1


ANTOLOGIA<br />

III° CONCORSO LETTERARIO<br />

“MAESTRO RASA CALOGERO”<br />

A CURA DI<br />

SALVATORE IMBURGIA<br />

ANTONIO LEONE<br />

<strong>2007</strong><br />

3


UN ILLUSTRE E SAGGIO POETA POPOLARE<br />

MAESTRO RASA CALOGERO<br />

Nacque l’8 ottobre 1918 a S. Cristina Gela (PA), una delle cinque colonie<br />

albanesi di Sicilia. Perse il padre in tenera età e frequentò nel suo paese le<br />

scuole elementari. Notato dal Parroco per la sua vivace intelligenza, fu<br />

mandato a continuare gli studi presso il seminario “S.Maria dei Padri<br />

Brasiliani” a Mezzojuso (PA). Scoppiata la seconda guerra mondiale venne<br />

destinato a Rodi, nell’Egeo. Quando le sorti della guerra volsero a sfavore<br />

dell’alleata Germania, fu prigioniero dei tedeschi per due anni e dopo<br />

molteplici avversità riusci a ritornare in patria. Nel 1947 inizio a lavorare a<br />

<strong>Cerda</strong> dove conobbe e sposò Vincenza Anzalone dalla quale ebbe 4 figli.<br />

Nel febbraio 1948 vinse il concorso magistrale e iniziò il suo lavoro di<br />

maestro a <strong>Cerda</strong>.<br />

Diede inizio alla sua produzione poetica in dialetto<br />

con l’intento di salvaguardare dall’oblio i proverbi,<br />

espressioni di saggezza popolare. I suoi primi<br />

scritti(“L’Onorevuli mancanti”, e “Li cumizi di<br />

chiusura”) sono costituiti su di essi.<br />

I temi ricorrenti nela sua poesia sono: l’amore per<br />

il lavoro che svolgeva (Lu maestru , Addiu a la<br />

scola,); il ricordo accorato del terribile periodo di<br />

prigionia(Ricordu di la prigionia, Pani spartutu), il<br />

rifiuto di ogni forma di totalitarismo ed il rispetto<br />

per la democrazia (Li dui Napuliuna, lu guvernu<br />

semu nui, ); e ancora: L’attenzione verso i semplici oggetti della vita<br />

quotidiana (Lu chiovu, La zappa, La Pignata); la descrizione affettuosa ed<br />

attenta di quello che egli considerava il “suo paese” (Ministoria di <strong>Cerda</strong>, La<br />

chiazza, Malluta, Casteddazzu); cantò inoltre le glorie cerdesi: La Targa<br />

Florio Picchì l’ann’a livari ?, A cacocciula)<br />

Il maestro Rasa definì le sue poesie “spigolature umilissime” ma, in effetti,<br />

egli riusci non solo a parlare con cori di profonda umanità ed interiorità, ma<br />

anche di autentica poesia.<br />

4


ZAPPA E FAUCI<br />

ZAPPA: sugnu jttata intra st’agnuni,<br />

Nuddu mi cerca, nudddu mi viri:<br />

l’omu mudernu e superbuni<br />

a chiddu chi voli travagghiari<br />

ci dici: unni vai cu ‘ssu zappuni?<br />

Chi-si pazzu? O di pocu vidiri?<br />

La machina fatti, oh zuccuni!<br />

Chidda ora ci voli: un c’è chi fari!<br />

FAUCI: E l’aiu a diri iu cummari?<br />

Li terri tutti abbannunati!<br />

Finiu lu metiri e pisari!<br />

Finiu la festa di l’estati!<br />

Tutti ora si nni vannu amari<br />

Pi farisi viriri e guardari,<br />

trebbi, metitrebi e tratturi,<br />

né zappa, né fauci: un ’nni parrari!<br />

RASA CALOGERO<br />

Per gentile concessione della famiglia Rasa<br />

5


Associazione culturale<br />

“La Nuova Compagnia CITTA’ DI CERDA”<br />

GRUPPO FOLK I CARRITTIERI<br />

Aderente Federazione Italiana Tradizioni Popolari<br />

ENTE DI IV° CLASSE ACCREDITITATO PRESSO LA<br />

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI<br />

UFFICIO NAZIONALE SERVIZIO CIVILE<br />

BREVE STORIA E CURRICULUM<br />

DELL’ ASS. CULTURALE<br />

“LA NUOVA COMPAGNIA CITTA’ DI CERDA”<br />

& GRUPPO FOLK “I CARRITTIERI”<br />

L’associazione Culturale folkloristica “LA NUOVA COMPAGNIA<br />

CITTA’ DI CERDA” ha una costituzione abbastanza recente essendo<br />

nata ufficialmente nel 1998 , anche se fino a quella data gli stessi soci<br />

fondatori si erano presi l’impegno dello studio folcloristico della<br />

nostra società cerdese, partecipando con successo a varie<br />

manifestazioni cittadine siciliane e internazionali.<br />

Ripropone nei suoi costumi, il vestiario festivo dei popolani fine<br />

settecento primi ottocento, risalendo fino alla dominazione spagnola<br />

di cui la società cerdese ne ha subito l’influsso. <strong>Cerda</strong> è nata<br />

direttamente dalla dominazione spagnola da cui ne prende il nome,<br />

essendo un marchesato del dominio spagnolo del XVI secolo.<br />

Le loro performances consistono in balli e tarantelle popolari che<br />

riproducono il lavoro dei campi e della primaria attività locale che fin<br />

dai primi secoli di vita della comunità cerdese è stata quella di<br />

viaggiatori o di “carrettieri”<br />

<strong>Cerda</strong> originariamente era denominata “FONDACO NUOVO” o<br />

“TAVERNA NUOVA”, perché era il punto d’incontro di tutti i<br />

carrettieri che viaggiavano verso Palermo o l’entroterra siciliano.<br />

Per questo motivo il gruppo Folk della Nuova Compagnia si chiama<br />

“I CARRITTIERI”<br />

Un ballo tipico del gruppo folk, è il ballo della cordella che è<br />

originario delle Madonie e viene riproposto dai soci in svariate figure.<br />

Esso rappresenta nella sua esibizione, il continuo evolversi della vita<br />

con le sue vicissitudini. nell’arco dell’anno; infatti vi sono 24 cordelle<br />

tenute da dodici coppie di ballerini a simboleggiare i dodici mesi<br />

dell’anno.<br />

Anticamente veniva rappresentato nelle cerimonie nuziali come rito<br />

propiziatorio, dove i ballerini, a ritmo della tarantella intrecciavano<br />

una cordella legata ad un palo, che poi con la stessa abilità dovevano<br />

sciogliere<br />

6


L’associazione ha animato diverse manifestazioni della rinomata<br />

sagra del carciofo di <strong>Cerda</strong>, che ogni anno viene festeggiata il 25<br />

aprile, organizzando per tale occasione un festival di gruppi<br />

folcloristici che ogni anno riscuote sempre maggiore successo e<br />

prestigio, In questa manifestazione si sono avvicendati diversi gruppi<br />

folcloristici di rilievo, diventando una tappa importante per ogni<br />

gruppo folk.<br />

Mensilmente pubblica un giornalino “L’OPINIONE” che tratta le<br />

cronache di <strong>Cerda</strong> e delle Basse Madonie, e articoli vari di cultura e<br />

vita dell’associazione.<br />

MANIFESTAZIONI DI MAGGIOR RILIEVO<br />

98 Bivona: raduno folk “Sagra della Pesca”<br />

Maggio 98 e 99 <strong>Cerda</strong>: festa di San Giuseppe sagra della Sfincia.<br />

99-2002: Ideazione e Realizzazione del Museo etno-storico del<br />

Comune di <strong>Cerda</strong>. .<br />

Il progetto realizzato con fondi comunali è stato interamente elaborato<br />

ed eseguito dall’associazione. Suo obbiettivo principale era fornire una<br />

testimonianza viva dei costumi, dell’artigianato e dei modi di vita dello<br />

scorso secolo. Il museo, inserito all’interno di una palazzina di tre piani<br />

lungo la via principale del paese, è stato strutturato prevedendo la<br />

realizzazione di tre spazi diversi ma ideologicamente collegati. Si sono<br />

ricostruiti all’interno dell’edificio le abitazioni di una famiglia borghese<br />

dell’ottocento, curando la struttura degli appartamenti, dalle pareti<br />

all’arredamento, al vestiario. Sono state ricostruite interamente una<br />

camera da letto, un salone. La seconda sezione dell’edificio è stata<br />

destinata a contenere tutti gli attrezzi da lavoro del secolo scorso,<br />

secondo precise coordinate: attrezzi da cucina, da lavoro nei campi,<br />

attrezzatura dei mestieri. L’ultimo piano dell’edificio e’ stato diviso: da<br />

un lato si e’ pensato di allestire mostre temporanee a ciclo continuato di<br />

arte contemporanea e artigianato artistico, cercando in tal modo di dare<br />

possibilità ai giovani artisti di avere uno spazio a loro disposizione e che<br />

permettesse loro la fruizione dei propri lavori.<br />

Parte dell’area dell’ultimo piano è stata dedicata alle mostre<br />

storiche.<br />

Sono state realizzate le seguenti mostre:<br />

- <strong>Cerda</strong>: la sua storia attraverso le foto.<br />

- I Florio: Storia di una famiglia.<br />

- La targa Florio. Le emozioni, i ricordi, e la ricchezza di un mondo che<br />

fu…<br />

Info: http://www.comune.cerda.pa.it/ museo etno-storico.<br />

25 aprile 98-99-00,01-02 <strong>Cerda</strong>: Organizzazione della “SAGRA DEL<br />

CARCIOFO”.<br />

1999: Organizzazione corsi di tradizioni popolari alle scuole<br />

elementari di <strong>Cerda</strong> .<br />

23.05.99 Trabia: “Sagra del Nespolo”.<br />

29.05.99 <strong>Cerda</strong>: festa della Legalità<br />

7


Agosto 99 <strong>Cerda</strong>: Realizzazione della commedia “L’Aria del<br />

Continente” di Martoglio, inserita all’interno del programma “Estate<br />

Cerdese”<br />

27.08.99 Naso: Festival internazionale del folk<br />

08.12.99 <strong>Cerda</strong>: festa dell’Immacolata<br />

25.04.00: intervento alla trasmissione televisiva di RAI 2 “LA VITA<br />

IN DIRETTA” in occasione della XIX sagra del carciofo<br />

28.07.00 Caltabellotta (AG): Festa di San Lorenzo<br />

21 08.00 <strong>Cerda</strong>: Organizzazione “Estate Cerdese”<br />

22.08.00 <strong>Cerda</strong>: Ideazione e Realizzazione dello Spettacolo “50 anni di<br />

musica italiana” I° edizione, inserito nella programmazione “Estate<br />

Cerdese”.<br />

26.08.00 <strong>Cerda</strong>: Sagra della salsiccia<br />

07.09.00 <strong>Cerda</strong>: Festa della Madonna dei Miracoli<br />

16-17. 09.00 Monaco di Baviera (Germania): Partecipazione in qualità<br />

di rappresentanti dell’ Italia all’ “OCTOBER FEST” , sfilata per le vie<br />

del centro di Monaco ed esibizione ufficiale all’interno del “Circo<br />

Krone”<br />

21.09.00 Termini Imerese: Estate degli anziani<br />

Settembre-Ottobre 2000: Festa della Provincia nei comuni di<br />

Sclafani Bagni – Borgetto – Campofelice di Roccella .- <strong>Cerda</strong>-<br />

Roccapalumba<br />

“La Nuova Compagnia” viene inserita fra gli 8 gruppi del circuito<br />

dell’ A.A.P.I.T. di Palermo<br />

Agosto 2001<strong>Cerda</strong>: Ideazione e Realizzazione dello spettacolo “Polvere<br />

di Stelle” inserito nella programmazione “Estate Cerdese”<br />

20.agosto 2001 fino al 30.agosto 2001 Polonia: Tournèe<br />

05.11.2001 -Finale di Pollina: Sagra dell’olio<br />

Agosto 03: ideazione e realizzazione della I° “Fiera Mercato” del<br />

Comune di <strong>Cerda</strong>: la manifestazione, articolatasi in tre giornate, ha<br />

previsto la realizzazione di 50 stand occupati da artigiani provenienti da<br />

tutta la Sicilia. La fiera si è articolata in diverse sezione: Artigianato in<br />

ferro -legno- vetro ; Artigianato- artistico; eno-gastronomia- Arte e<br />

arredamento.<br />

Le giornate sono state scandite con la programmazione di tre serate musicali<br />

di tema diverso: jazz; afro-brasiliane con la partecipazione del gruppo di<br />

capoiera “Zumbì” di Palermo; musica leggera con il gruppo<br />

“Sturmuntruppen” di Palermo.<br />

Agosto 03: Organizzazione del I° Gemellaggio del Comune di <strong>Cerda</strong><br />

con il gruppo folk portoghese della città di Lamego<br />

19 -30 Agosto 2002 Portogallo: tournèe a Lamego<br />

Ottobre 2002 Piedimonte Etneo: Partecipazione al “GALA’<br />

INTERNAZIONALE” di Piedimonte Etneo (CT)<br />

2003-2005: Ideazione e Realizzazione del giornale “L’Opinione”,<br />

periodico di attualità, cultura e informazione. Registrato presso il<br />

tribunale di Termini Imerese n° 04/05 R.Per.: mensile culturale<br />

curato e finanziato interamente dall’associazione. Tiratura 5.000 copie.<br />

Il circuito entro cui avviene la diffusione gratuita e’ quello dei comuni<br />

aderenti all’ “Unione dei Comuni della Bassa Valle del Torto”<br />

8


27 Maggio 2003 Collesano: Festa Maria SS. Dei Miracoli<br />

03. Agosto 2003 Atina (Fr): partecipazione al XXV° festival<br />

internazionale del folklore.<br />

04 – 12 Agosto. 2003 Romania: torunèe a Cluj Napoca<br />

19. Agosto 2003: gemellaggio con il gruppo folk Katerinca di<br />

BRNO (rep. CEKA) con progetto finanziato dalla Comunità<br />

Europea sul tema: “Delinquenza. Cerchiamo di Capire”.<br />

19 – 24 Agosto .2003: Ideazione e Realizzazione del 1° Festival<br />

Internazionale del folklore “BASSA VALLE DEL TORTO”<br />

08.02.2004 Agrigento: Partecipazione alla 59° edizione della sagra del<br />

“Mandorlo in fiore”, in collaborazione con l’istituto Goethe di Palermo,<br />

nell’ambito del progetto “I CAVALIERI VIRTUALI”<br />

25 APRILE 2004 <strong>Cerda</strong>: Partecipazione alla XXIII sagra del carciofo<br />

29 MAGGIO - 01 GIUGNO 2004 Lussemburgo: Partecipazione alla<br />

manifestazione “I CAVALIERI VIRTUALI” in collaborazione con il<br />

“GOETHE INSTITUT” di Palermo Diretto dal Prof. Paul Eubel,<br />

tenutasi presso Wiltz (Lux).<br />

Aprile - Settembre 2004 : Collaborazione con l’ agenzia<br />

“Aereoviaggi” di Palermo per la realizzazione di una serie di spettacoli<br />

folk presso diverse strutture alberghiere.<br />

08.10.04: Collaborazione con il museo “Pro Targa Florio” di <strong>Cerda</strong>,<br />

diretto da Antonio Catanzaro, per il 10° raduno del “Bugatti Club Italia”<br />

26.DIC.2004: Ideazione e realizzazione del 1° Concorso Letterario<br />

nazionale “MAESTRO RASA CALOGERO” con il patrocinio, della<br />

Presidenza dell’A.R.S., dell’AAPIT e del C.N.A<br />

Dicembre 2004: Ideazione e Realizzazione del Libretto “<strong>Cerda</strong>, la sua<br />

Storia per le vie” a cura di Ermelinda Imburgia.<br />

Dicembre 2004: Ideazione e realizzazione del libretto “Storie, due anni<br />

di Opinione” in allegato al numero di Dicembre del periodico<br />

L’Opinione, a cura di Antonio Leone e Daniela Cappadonia.<br />

2004: Accreditamento al Servizio Civile Nazionale come classe quarta<br />

per la realizzazione di attività culturali.<br />

06.02.05 Agrigento: Partecipazione alla LX Sagra del “Mandorlo in<br />

Fiore”<br />

Aprile 2005: Ideazione e realizzazione del libretto “Carciofostory” in<br />

allegato al numero di Aprile del periodico l’Opinione, a cura di Antonio<br />

Leone e Daniela Cappadonia.<br />

19.04.05- 23.04.05 : Stoccarda: realizzazione spettacolo folk in<br />

occasione dei festeggiamenti per i sessant’anni dell’azienda Wurth,<br />

incontro con Reinhold Wurth. Direzione del Goethe Institut di<br />

Palermo.<br />

18.DICEMBRE.2005: Realizzazione II° CONCORSO LETTERARIO<br />

Maestro Rasa Calogero, con il patrocinio del Presidente A.R.S.<br />

dell’A.A.P.I.T. PALERMO E CGIL DI PALERMO<br />

07.MAGGIO.2006 realizzazione del progetto “PRIMAVERA<br />

SICILIANA. TRA AUTO E FOLK” finanziato dall'assessorato al<br />

Turismo della Regione Sicilia, in occasione del centenario della<br />

TARGA FLORIO.<br />

9


01.08.2006 viaggio in Francia nei paesi Baschi “ LA BASTIDE<br />

CLARENCE” per festival internazionale folkloristico.<br />

20.agosto 2006 ospitalità e scambio culturale con gruppo basco della<br />

Francia ESPERANZA<br />

22.agosto 2006 Aliminusa realizzazione festival folk internazionale<br />

10 12.2006 partecipazione e realizzazione del progetto VIAGGIO<br />

NEL MONDO DELLA FANTASIA del comune di<br />

ROCCAPALUMBA finanziato dalla Regione Sicilia<br />

18.12.2006 realizzazione III° concorso letterario MAESTRO RASA<br />

CALOGERO finanziato dall'Assessorato alla cultura della Regione<br />

Sicilia.<br />

25.APRILE <strong>2007</strong> Realizzazione raduno folk ed esibizione nella<br />

XXVI sagra del carciofo di <strong>Cerda</strong><br />

25 APRILE 2008 GESTIONE GENERALE DELLA XXVII<br />

SAGRA DEL CARCIOFO<br />

***********************<br />

ASSOCIAZIONE CULTURALE “LA NUOVA COMPAGNIA”<br />

&<br />

GRUPPO FOLK “I CARRITTIERI”<br />

10


PRESENTAZIONE<br />

Il premio letterario dedicato al Maestro Rasa Calogero, giunto<br />

alla sua IV edizione, anche quest’anno, ha fatto scrivere una<br />

pagina indimenticabile e significativa per <strong>Cerda</strong> e la sua storia,<br />

conferendo alla nostra cittadina prestigio, credibilità e visibilità<br />

esterna, per il richiamo che ha suscitato non solo dalla Sicilia,<br />

ma da tutta l’Italia, e anche dall’estero.<br />

L’ Associazione Culturale, unica nel suo genere a <strong>Cerda</strong>, è<br />

soddisfatta dell’evento, riuscito anche grazie alle importanti<br />

sponsorizzazioni, come il patrocinio dell’Assessorato ai beni<br />

culturali dell’ARS e della Provincia di Palermo –<br />

Ci dispiace non potere mensionare tra i patrocini quello del<br />

comune di <strong>Cerda</strong>, quello a cui teniamo di più, ma per svariati<br />

motivi in nessuna edizione, è stato possibile apporre il logo del<br />

comune. Spero nella sensibilità delle future amministrazioni<br />

affinchè prendano in considerazione questo evento culturale,<br />

dando il giusto inquadramento tra le cose più importanti.<br />

Al 1° bando, nessuna credeva alla buona riuscita del concorso,<br />

in seguito, grazie all’impegno di alcuni soci a cui si deve dare<br />

merito, il concorso prendeva una piega di rilevanza nazionale.<br />

Tra i partecipanti vi sono stati numerosi personaggi di spicco<br />

nel mondo della cultura e non nuovi a questo tipo di concorso.<br />

Altrettanto importante è la pubblicazione di questa antologia<br />

che racchiude le opere dei partecipanti dell’edizione precedente<br />

che testimonia l’enorme successo ottenuto e la risonanza<br />

dell’evento.<br />

Un vivo ringraziamento va a tutti i partecipanti al concorso, e<br />

un arrivederci alla V° edizione.<br />

IL PRESIDENTE<br />

SALVATORE IMBURGIA<br />

11


NARRATIVA<br />

12


IL VIAGGIATORE<br />

di FRANCESCO TROCCOLI<br />

1°classificato<br />

Camminando lungo la spiaggia guardava il mare.<br />

Non riusciva a staccare lo sguardo da quella massa grigia increspata da sottili vene<br />

verdi che sembravano pulsare ad ogni incedere delle stanche onde dell’alba.<br />

Nei rari momenti in cui le resistenze della sua mente di navigatore galattico non<br />

erano sconfitte dall’ipnotica potenza dell’immagine di quel mondo, si chiedeva se<br />

sarebbe mai riuscito a tornare a casa.<br />

Quasi dubitava ormai di averla, una casa; nei dieci secoli terrestri di viaggi attraverso<br />

lo spazio non aveva trascorso in essa più che una minima frazione di quel tempo che<br />

aveva speso per la sua ricerca.<br />

E comunque di quella casa a milioni di anni luce da lì, non gli importava ormai più<br />

niente; da quel mondo solitario e pulito non se ne sarebbe andato mai, se solo avesse<br />

potuto decidere del proprio futuro senza doverne rendere conto al Comando di<br />

Viaggio.<br />

Ma il richiamo vocale automatico che gli risuonava internamente non aveva pietà:<br />

“Viaggiatore, la tua ricerca sarà fruttuosa. Abbiamo bisogno di nuovi mondi”.<br />

Né sarebbe servito implorare pietà a un trasmettitore iper-luce conficcato nella<br />

coscienza, che ogni giorno gli ricordava d’essere una delle infinite appendici di una<br />

centrale di comando collocata nella moribonda zona dell’Universo da cui proveniva,<br />

e il cui unico scopo era l’individuazione di pianeti da rendere idonei per la<br />

colonizzazione.<br />

Erdun partecipava così alla selezione di nuovi mondi abitabili, su cui trasferire i<br />

miliardi di suoi simili che vivevano nella massa di stelle morenti e pianeti congelati<br />

delle galassie più esterne dell’Universo.<br />

Era la prima volta dall’inizio dell’esplorazione del cosmo che non desiderava tornare<br />

indietro e fare rapporto al Signore Superiore.<br />

Era la prima volta che desiderava dimenticare la sua natura di essere plasmatico e<br />

rimanere per sempre nella dolce prigione di quel corpo solido di carne, sangue ed<br />

ossa, esemplare tipico di una in particolare tra le mille specie senzienti solide della<br />

galassia, la specie umana.<br />

Stava ancora guardando il mare e decise in un istante, all’improvviso, di infrangere le<br />

regole e muoversi in modo non razionale e non utile alla missione; si diresse in fretta<br />

verso l’acqua, il cui odore salmastro invadeva già da alcuni minuti le cavità nasali di<br />

quel corpo straordinariamente complesso e sensibile.<br />

Non poteva sottrarsi, non era in grado e non voleva resistere all’infinita gamma di<br />

impulsi che aggredivano quel fragile involucro di pelle e inebriavano la sua perfetta<br />

mente aliena fino a stordirla, drogandola di desiderio.<br />

13


Sensazioni, emozioni, segnali elettrici intensissimi, cui non era in grado a quel tempo<br />

di dare un nome.<br />

Seguì un incerto sentiero erboso tra le dune verdi e scese fino alla riva; la raggiunse,<br />

si inchinò e toccò l’acqua.<br />

Per la prima volta prestò così attenzione al numero di estremità che si diramavano da<br />

una delle due lunghe appendici di cui era dotato il corpo che abitava da pochi minuti;<br />

erano cinque, e un indigeno di quel mondo, cui aveva chiesto dell’energia, gli aveva<br />

insegnato a produrre il suono con cui chiamare questa e quelle: “cibo” e “dita”.<br />

Erdun aveva sentito un segnale interno strano di fronte allo sguardo amichevole<br />

dell’indigeno disposto ad aiutarlo senza chiedere nulla in cambio, e gli era piaciuto.<br />

A dirla tutta, si era anche vergognato di non sapere rispondergli, di non sapere usare<br />

quella primitiva funzione materiale che produceva vibrazioni percepibili dell’etere,<br />

utilizzate per comunicare.<br />

Infilò quelle “dita” nell’acqua, e le portò poi verso l’orifizio centrale, mobile e<br />

sinuoso, della parte alta pensante di quel corpo, la parte in cui sentiva più potente la<br />

capacità di interagire con l’ambiente esterno, e in cui avvertiva di essere più presente<br />

in quell’involucro.<br />

Avvertì un altro segnale, una sensazione <strong>nuova</strong>, che all’inizio lo terrorizzò.<br />

Aveva già collaudato molti organismi solidi nei pianeti che aveva avuto occasione di<br />

conoscere, ma quello umano si rivelava senza ombra di dubbio il più incomprensibile<br />

e affascinante.<br />

Il contatto con l’acqua irruppe nel patrimonio delle sue conoscenze fisiche di essere<br />

etereo privo di sensi per natura, ma ai sensi adattato per necessità, ora sulla terra<br />

come in passato su decine di altri pianeti.<br />

Fu preso da convulsioni: sentì quelle che riconosceva come le parti interne di quel<br />

corpo contrarsi e poi dilatarsi, e poi ancora contrarsi, e distendersi <strong>nuova</strong>mente, e così<br />

ancora molte volte, fino a provare infine un senso di sollievo che gli era ignoto fino a<br />

quel momento.<br />

Il sapore, l’odore.<br />

Non poteva dare un nome a quelle sensazioni umane, tra le migliaia che aveva<br />

provato girovagando per il cosmo, ma iniziava ad avere ben chiara la differenza tra di<br />

esse.<br />

Imparava in fretta, come nelle precedenti missioni.<br />

Ma questa volta tutto era diverso; questa volta l’intensità dei segnali percepiti era<br />

straordinaria, e soprattutto, quei segnali sembravano sempre originarne altri.<br />

Si trasformavano.<br />

Come nel sistema di Aldebaran la luce dei pianeti più lontani dai due soli cessa<br />

d’esser rossa e diventa blu nell’arco dello stesso giorno, sulla terra le sensazioni<br />

dell’essere vivente umano cessavano di essere quel che erano state e cedevano il<br />

posto ad altri segnali, molto più complessi, ed apparentemente privi di una causa<br />

riconoscibile.<br />

14


Fu quel che accadde anche in quel momento; al sapore, dell’acqua, subentrò un senso<br />

di euforia incontrollata, mai provato in precedenza su nessuno dei pianeti esplorati.<br />

Questo mondo è incomprensibile. Cammino da ore e so di essere diverso, ad ogni<br />

passo. Cambio di continuo. Questo corpo solido si trasforma, sempre, anche quando<br />

è fermo. Non sono io a imporre all’esterno la mia volontà; è invece l’ambiente che<br />

influenza questo organismo. Sono come impotente. Sento di avere bisogno di ogni<br />

parte dell’immagine che vedo fuori di me. O meglio, sento di desiderarla. Nonostante<br />

questo corpo sia solido, sembra che la sua sensibilità alla luce sia persino superiore<br />

a quella che ho nella mia forma plasmatica, cui ho dovuto rinunciare ancora una<br />

volta, su questo mondo di pietra. Ogni parte di questo involucro di pelle è sensibile,<br />

comunica con l’aria che lo sfiora, la sente, e poi la rifiuta, o la prende. E per quanto<br />

io mi sforzi, su questi fenomeni non ho facoltà di controllo alcuno.<br />

Conosceva già le emozioni più elementari, le aveva apprese nei suoi viaggi ed anche<br />

in forma plasmatica, nel suo mondo.<br />

Ma sulla terra era diverso; lì, e in quell’organismo, esse nascevano all’improvviso, ed<br />

erano sconvolgenti.<br />

Sul suo pianeta non si usava parlare; la comunicazione tra individui avveniva solo in<br />

un modo, attraverso veloci onde elettromagnetiche di pensiero.<br />

Il suo pianeta, il nostro pianeta.<br />

Non sarebbe possibile dire di più, in questo testo scritto. La scrittura stessa è un nonsenso,<br />

nel nostro mondo, ed è solo grazie all’amicizia che ho instaurato con un<br />

umano nostro prigioniero, che mi ha insegnato ad usare questi segni che io non posso<br />

vedere, che riesco a permettere che tu, umano, possa leggere quanto sto ora<br />

scrivendo, con il suo aiuto, per raccontare la breve storia di mio fratello Erdun sul tuo<br />

pianeta, la Terra.<br />

Sento forte questa energia che mi assale; entra in me attraverso due vie parallele.<br />

“Occhi” li chiamano qui. Il suono che descrive questa parola si realizza con la<br />

stessa cavità che mi ha consentito questa particolare conoscenza dell’acqua.<br />

Conosco l’acqua, ne abbiamo sul mio pianeta, ma non ho mai avuto modo prima di<br />

toccarla con questi potenti organi sensoriali, né di percepire un immagine esterna<br />

come fosse dentro di me.<br />

Mio fratello Erdun continuò a camminare.<br />

A quei tempi la conoscenza del pianeta terra non era sviluppata come lo è oggi; ma<br />

lui, in preda all’euforia incontenibile che le sensazioni permesse da quel corpo gli<br />

regalavano, si illuse per un sol momento di essere ormai esperto del vostro mondo ed<br />

entrò in quella grande massa d’acqua.<br />

Ad un tratto capì.<br />

15


Capì che l’aria espulsa dall’acqua che violentemente penetrava e invadeva i suoi<br />

polmoni era indispensabile per i processi vitali terrestri; capì che l’interazione tra<br />

viventi sul vostro pianeta è molto complessa, quando, dopo che lo avevano tirato<br />

fuori di lì, vide, poco prima di chiudere gli occhi, il volto di un essere diverso ma<br />

appartenente alla stessa specie che lo toccava e gridava, implorandolo di rimanere in<br />

vita.<br />

Forse un giorno, quando la pace sarà stata fatta, potremo permetterci di rivelare ai<br />

terrestri che il corpo di Erdun, che essi seppellirono nella sabbia di quel tratto di<br />

costa, fu per lui solo un veicolo, e che mio fratello è vivo e vegeto.<br />

Ma io non capisco più mio fratello.<br />

Erdun mi ha appena comunicato di voler tornare sulla terra ed io lo giudico un folle<br />

per questa decisione.<br />

Sostiene di voler tornare laggiù per cercare quell’essere diverso che gridava al suo<br />

corpo umano esanime… quella “donna”, è così che l’ha chiamato.<br />

16


INLEIS<br />

di FRANCESCO DONATO<br />

II° classificato<br />

Logorati dall’inesorabile trascorrere del tempo, dei miei<br />

ricordi non restano che precarie visioni sospese, che non<br />

hanno né il coraggio di emergere limpidamente, né la<br />

disperazione di lasciarsi cadere irrimediabilmente<br />

nell’oblio.<br />

Ogni tanto la mia memoria ne lascia riaffiorare qualcuno,<br />

così come questa austera scogliera che si insinua nel mio<br />

mare, permette che un piccolo fiore delicato dai colori<br />

vivaci ogni tanto possa farsi breccia tra la scompiglio<br />

selvaggio della vegetazione che la riveste.<br />

Tanti uomini rischierebbero di cadere in acqua pur di<br />

raccoglierlo, ma per me non è così. So che è meglio<br />

lasciarlo lì dove sta, anche a non darsi pace. Tanto<br />

prima o poi arriverà l’inverno e se lo porterà via.<br />

E i miei ricordi restano lì, proprio come il piccolo<br />

fiore.<br />

Ma accolgo comunque con intensa commozione queste fugaci<br />

visioni che si liberano eteree dalla mia antica memoria.<br />

Perché, a parte quel giorno, esse sono le uniche cose che<br />

mi legano ancora al mio passato.<br />

Eppure, di esso, solo un sentimento ha sfidato e vinto<br />

l’avvicendarsi frenetico del giorno e della notte.<br />

E con immutata percezione ancora oggi consente a qualche<br />

malinconica lacrima che si sgancia dai miei occhi di<br />

confondersi con le acque che hanno saputo accogliermi.<br />

Non so più cosa significhi provare odio, amore, rabbia,<br />

felicità. Conosco solo il rimpianto.<br />

Rimpianto perché quel giorno oltre a perdere il senso<br />

della vita, persi la vita stessa.<br />

Perché poco importa che oggi sia una Sirena, un essere<br />

puro e maestoso, ricoperto di fascino e mistero quanto di<br />

delicate squame brillanti, questa non era la mia vita. E<br />

forse era meglio morire.<br />

Ma non seppi dire no.<br />

Rivivo quel giorno nella mia mente da quasi due secoli<br />

ormai. Il sole assalito da enormi nuvoloni neri, il mare<br />

di Chianalea che va in collera come un cane al quale<br />

viene pestata la coda, e quella barca che non vuole<br />

proprio saperne di spuntare all’orizzonte.<br />

Tutto è vivo e nitido dentro me.<br />

I bambini che correvano verso casa, i vecchi pescatori ai<br />

quali supplicavo parole di conforto, il sole scialbo<br />

dell’alba seguente.<br />

La barca fu ritrovata abbandonata nelle acque di Bagnara.<br />

17


Così mi dissero e così persi il senso della vita. Proprio<br />

sul più bello.<br />

Non l’avrei più rivisto.<br />

In preda alla disperazione cercai aiuto, ma ero sola,sola<br />

più che mai e soprattutto non ero vista di buon occhio.<br />

Aspettavo un bambino dal mio uomo, ma non ero ancora<br />

sposata, e questo costituiva un peso troppo grande per la<br />

mia famiglia, per la sua famiglia, per il prete che non<br />

volle nemmeno aprirmi quando bussai a pugni chiusi contro<br />

la sua porta.<br />

Una sola via, quella estrema mi si aprì travolgendomi con<br />

impetuosa determinazione.<br />

Pensai al mio bambino, l’avrei fatto nascere in quei<br />

pochi passi che mi separavano dal baratro, se solo avessi<br />

potuto.<br />

Poi l’impatto violento con l’acqua.<br />

Il buio.<br />

Sentivo la morte sopraggiungere, ma era tutto<br />

estremamente dolce.<br />

Provai l’ineluttabile necessità di abbandonarmi. Compresi<br />

che qualcosa stava accadendo.<br />

Non so ancora oggi cosa di preciso, ma accadde e niente<br />

fu più lo stesso.<br />

Nel solenne silenzio dei fondali, percepii delle voci<br />

armoniose pronunciare il mio nome e il soave intercedere<br />

di centinaia di luccichii mi accompagnò verso quello che<br />

era un mondo del tutto fantastico.<br />

Di fronte a me danzavano, disegnando ammalianti figure<br />

nelle acque abissali, un numero imprecisato di sirene. La<br />

loro pelle era bianca come la neve, i loro capelli lisci<br />

e biondi come antiche divinità ed i loro seni rotondi<br />

come il sole d’agosto.<br />

Tra di esse, spiccava una per la particolare bellezza e<br />

per i lunghi capelli neri che arrivavano a sfiorare le<br />

squame dorate della sua coda. Mi si avvicinò mentre le<br />

altre continuavano a nuotarmi intorno e mi rivelò di<br />

chiamarsi Inleis.<br />

Mi implorò di non aver timore, perché anche se nessuno le<br />

aveva mai viste, loro abitavano quelle acque da molto<br />

tempo, ancor prima che le navi dei Calcidesi dell’isola<br />

di Eubea le solcassero.<br />

Mi disse che il mio uomo non era morto e che presto<br />

sarebbe tornato, ma che non mi avrebbe potuto più<br />

rivedere.<br />

Forse solo di un sogno si trattava, ma credetti alle sue<br />

parole e fui presa dallo sconforto. Mi chiese se io<br />

volessi ancora rivederlo, ed io risposi si. Fortemente<br />

si.<br />

Allora lo rivedrai mi disse, anche se lui non dovrà mai<br />

rivedere te.<br />

18


Il mio cuore si riempì comunque di gioia ed il mio<br />

pensiero corse al bambino che portavo in grembo e del<br />

quale non sentivo più la presenza. Inleis mi lesse dentro<br />

e mi disse che per rivedere il mio bambino mi sarebbe<br />

bastato tirar fuori la testa dall’acqua, e lanciare uno<br />

sguardo a quel fiore delicato che germoglia ogni tanto<br />

tra le erbacce.<br />

Inleis sparì e da allora non la rividi più. Il silenzio<br />

degli abissi divenne da allora la mia unica <strong>compagnia</strong> e<br />

lo scintillio delle mie squame argentate l’unica fonte<br />

lucente che accompagna ancora oggi le mie notti.<br />

Qualche giorno dopo, mentre cominciavo a prendere<br />

coscienza della mia <strong>nuova</strong> condizione, da una delle barche<br />

che tagliavano la superficie, giunse una voce che<br />

riconobbi subito.<br />

Risalii velocemente a pochi metri dall’imbarcazione e,<br />

restando a pelo d’acqua, lo rividi.<br />

La sua espressione affranta e la consapevolezza di non<br />

poter far nulla fecero si che le mie lacrime silenziose<br />

tornassero a nutrire le acque del mio mare.<br />

Avrei voluto chiamarlo, saltargli tra le braccia, ma ero<br />

solo una Sirena, e il posto di una Sirena è tra le<br />

profonde acque del mare.<br />

Lo rividi per giorni e giorni, la sua visione valeva<br />

molto più di quell’assurdo compromesso al quale ero<br />

scesa.<br />

Il suo viso tornava a risplendere sotto il sole di<br />

primavera e non appariva più crucciato, ma io ne restavo<br />

rallegrata, perché così l’avrei sempre voluto vedere.<br />

Finchè sarebbe stato possibile.<br />

Ben presto mi sfuggì la percezione del tempo che scorreva<br />

spietato, ma presumo fossero passati una decina di anni<br />

quando il mio cuore fu ad un passo dallo spezzarsi<br />

definitivamente.<br />

Lo vidi <strong>nuova</strong>mente mentre sistemava le reti, come aveva<br />

sempre fatto, ma stavolta sulla barca non era solo, ma<br />

con un bambino. Un bambino con due occhi troppo azzurri<br />

per non essere suo figlio. Scoppiai a piangere ed il<br />

bimbo sembrò notare qualcosa dal momento che guardava<br />

fisso con la bocca aperta verso me e ad un certo punto<br />

alzò la manina per indicare qualcosa al papà. Fuggii via.<br />

Via per sempre.<br />

Avevo perso il senso della vita per la seconda volta, ma<br />

continuai a desiderare fortemente la sua visione, anche<br />

se sapevo che al di fuori di queste acque vi erano gli<br />

occhi di un’altra donna che sospiravano per lui.<br />

Ma lui era un pescatore, ed io avevo la fortuna di<br />

vederlo e di amarlo mentre faceva ciò per cui era nato.<br />

Poi cominciai a non vedere più la sua barca. Pensai<br />

stesse male, il mio animo si logorava lentamente. Avrei<br />

19


pagato non so cosa per sapere, ma non fu difficile<br />

materializzare quell’orribile presentimento.<br />

E infatti non lo rividi mai più.<br />

Se proprio doveva morire, avrei preferito fosse successo<br />

in mare.<br />

Nel mio mare, nel suo mare. E anche lui forse lo avrebbe<br />

desiderato.<br />

L’ultima volta che versai lacrime di gioia, fu un mattino<br />

nel quale il sole era particolarmente lento a spuntare e<br />

un ragazzo dagli occhi immensamente azzurri remava sulla<br />

barca che portava il mio nome inciso sulle fiancate.<br />

Ho accompagnato con il mio canto il lavoro di suo figlio,<br />

dei suoi nipoti, dei nipoti dei suoi nipoti. Adesso la<br />

“Chiara” non solca più le mie acque.<br />

Ne resta solo lo scheletro abbandonato sotto la<br />

scogliera.<br />

Non è altro che un mucchio di legna ammuffita logorata<br />

dal tempo e dal sole, ma ogni tanto a guardarla mi si<br />

apre uno squarcio nella memoria, pressappoco come quando<br />

alzo gli occhi e sulla scogliera vedo il solito<br />

fiorellino delicato che trova sempre la forza di emergere<br />

tra gli arbusti.<br />

20


III° classificato<br />

PUFF! E L’ONOMATOPEA.<br />

STORIA DI UN UOMO CHE DISPARVE<br />

di ANTONIO GIUSEPPE VALENTI<br />

Giuseppe Maria Messina, 46 anni, è scomparso.<br />

«Esattamente, dottor Profundi: svanito. Ora, sebbene le cronache<br />

si siano notevolmente interessate al caso Messina, è vero,<br />

dedicando qua e là occhielli e cornici e commenti, io credo» (a<br />

questo punto l’inflessione di Marzia Amoroso in Messina facendosi<br />

sottilmente insinuante), «egregio dottore, credo che la questione<br />

esiga un approfondimento, una più attenta analisi, ecco.»<br />

«Vale a dire, signora?» trasalì il luminare, scostando dalle labbra la<br />

tazza fumante.<br />

«Vede, dottore, e mi perdoni se trascuro i preamboli, io sono<br />

convinta che... insomma, saprà cos’è successo; cos’è successo<br />

realmente, intendo. Dico io: ha seguito mio marito per oltre sei<br />

mesi, no? Com’è possibile che proprio lei non sappia?»<br />

«In effetti, signora, qualcosa io so.»<br />

«E allora, perché ha taciuto?» Da qui, l’anziano oncologo trascinò il<br />

tempo nella pausa di silenzio più lunga mai intervenuta nella storia<br />

universale dei dialoghi. Durante l’inestimabile lasso, Marzia<br />

Amoroso, con le bellissime dita incrociate al bordo d’un tavolino del<br />

Caffè Consorti, regredì nei percorsi della propria adolescenza, tutti<br />

tappezzati di girasoli torpidi e pennichelle fra le campanule,<br />

all’ombra dei gelsi; pensò a Giuseppe Maria e al primo suo profilo, il<br />

loro matrimonio, d’autunno. Ecco, ecco ora una bambola senz’occhi<br />

posseduta chissà quando, e chissà poi dove, gli occhi; e i colori<br />

primari forse, un poco. Ricordi. (Durante quella stessa pausa,<br />

donne dalla bellezza disarmante, che a vederle vestite per strada<br />

coi cani al guinzaglio t’ispirano distanze impercorribili, nude stanno<br />

facendo l’amore in camere d’albergo. In Via Margutta un pittore<br />

vende il quadro. Parcheggiata da qualche parte, lontano, una<br />

vecchia “500” perde olio dalla coppa: plic!). Plic! <strong>nuova</strong>mente, e<br />

Profundi parlò.<br />

«Il governo.»<br />

«Come?» sobbalzò la donna (altrove, intanto, orgasmi, l’affare,<br />

plic!).<br />

«Il bene comune, la pace pubblica. Roma fermenta al solo sentir<br />

pronunciare “Messina”, signora mia. Pochi, pochissimi sanno che<br />

cosa è veramente accaduto a vostro marito il quale – mi consenta –<br />

non esito a definire naïf. Un mio sottosegretario ed altri tre<br />

fidatissimi collaboratori conoscono la verità: soltanto noi cinque,<br />

dunque. Oggi, lei capisce, è fin troppo semplice sparire: la malattia,<br />

il suicidio, l’incidente, il sequestro, la fine naturale; in un modo o<br />

21


nell’altro così noi svaniamo, più o meno immediatamente, a causa<br />

di un processo decisionale, o attendendo comodamente che il corso<br />

si compia. » (Plic! Dissanguate cavità meccaniche. Gli occhi<br />

sgranati, un gatto che passa di là si volta di scatto). « Più o meno<br />

immediatamente, dico, ma quando il fatto ultimo avviene, perdio,<br />

avviene e basta; voglio dire, tutto in unica soluzione, senza<br />

dilazioni. E no, troppo comune! Giuseppe Messina ha dovuto per<br />

forza sbalordire. Lei sa perfettamente a cosa mi riferisco, vero?<br />

Altrimenti non avrebbe insistito tanto per quest’incontro.»<br />

«Mi ha tenuto nascosto il primo stadio, fin quando ha potuto. Una<br />

mattina, poi, mi accorsi che gli mancava il naso: allora m’ha detto<br />

tutto.»<br />

«Le ha parlato di come ha avuto inizio? Il medio, le ha raccontato<br />

del dito medio, di quando si accorse della prima sparizione?»<br />

«Sì. È successo di notte.»<br />

«Ecco. A detta di vostro marito, quella notte ha avvertito una sorta<br />

di pulsazione solleticante, lieve ma insistente, al medio della mano<br />

sinistra. Nulla di strano, avrà pensato, ma la mattina il dito non<br />

c’era più: assorbito, dissolto, imploso senza sporcare. Io le<br />

confesso che ho stentato a crederci, sebbene avessi<br />

immediatamente notato la atipicità della cicatrice, sa com’è, noi<br />

vecchi si pensa alle nuove tecniche... Va bene. Ora, il dato<br />

controverso consiste nella soddisfazione crescente che ha<br />

accompagnato le mutilazioni: piacere, l’ha definito lui, un piacere<br />

vorticoso, entusiasmante, come se ne valesse veramente la pena,<br />

in fin dei conti, assistere alla propria macellazione pezzo dopo<br />

pezzo. Lei ben intende quali ripercussioni potrebbe avere la<br />

vicenda, se diffusa, sugli equilibri sociali; se la chiave dell’orgasmo<br />

di sparire lentamente divenisse di pubblico dominio…<br />

destabilizzazione, mia cara, vorrebbe dire solo questo.<br />

Destabilizzazione.»<br />

«Guardi là» l’interruppe la donna. Sull’opposto marciapiede, proprio<br />

davanti la drogheria, Salvatore Violo, Giosuè Temerio e Maurizio<br />

Vita scendono da una vecchia Fiat. Tre cari amici dello scomparso,<br />

quelli che come lui sapevano quanto ne è passato e quanto ne<br />

resta, di tempo, a pochi giorni dal fatto portano in giro tra i palazzi<br />

le loro facce sorridenti e vive (durante il tragitto, ai semafori, tre<br />

zingari in un traffico di mille moti di gambe nude sforbicianti siamo,<br />

e guarda che bella la vita che corre sulle vetrine e noi qua che<br />

passiamo a tremila fumandocela tutta, bevendocela tutta, neanche<br />

una parola per Giuseppe Maria che manco oggi è venuto, a romper<br />

le palle con l’effe-emme, i finestrini, le sigarette, le bestemmie e le<br />

censure).<br />

«Li vede quelli là? Erano amici di Giuseppe. Li guardi: come se<br />

nulla fosse.»<br />

«Va bene, signora, ma non per questo…»<br />

22


«No, no… è che anch’io mi sento strana. La prego, non mi<br />

fraintenda, è solo che… non so, è come se certe volte, per<br />

ricordare, io debba sforzarmi… un dovere, dottore, un dovere.»<br />

«Ah, cara mia, lo vede che non è poi così complicato far finta di<br />

niente? Piano piano…»<br />

«Ma non avrà sofferto? Sì, voglio dire, dottore, macellato…»<br />

(mamma mia che bell’espressione hanno ora gli occhi di Marzia: le<br />

sopracciglia s’inarcano a disegnare la faccia pubescente del vizio.<br />

Se non fosse così vecchio… ma quale vecchio! Si potrebbe andare<br />

su e giù fischiettando come sta facendo qualcuno là fuori, al sole<br />

che squaglia i palazzi. Si potrebbe ancora tanto peccare, caro mio).<br />

«Sofferto! Via, non esageriamo. Gliel’ho detto che gli è piaciuto.<br />

L’ha voluto, Marzia: l’ha voluto lui. Pensi che strana, la vita, uno<br />

che si vede dissolvere giorno dopo giorno, senza neppure sapere a<br />

quale brano di sé domani dovrà dire adieu, e non si fa problemi.<br />

Gode, pure.»<br />

«Dottore…»<br />

«No, è che se ci penso… ma dico io, si può essere così egoisti? Non<br />

ha pensato a lei suo marito? Che l’avrebbe lasciata sola?» (i tre<br />

amici risalgono in macchina, parlando tra loro, e coi finestrini<br />

abbassati se ne vanno fischiettando. Al tavolo, sei sette mozziconi<br />

nel portacenere, le palpebre di Marzia distesissime, morbide: oltre i<br />

peccaminosi lembi, l’invito? La fortuna? L’olocausto?). «Glielo dico<br />

io – continuò l’incalzante vecchietto – non ci ha pensato<br />

minimamente. Diceva, ma pensi che roba, diceva che aveva perfino<br />

imparato a “sentire” l’implosione, il solletico che s’avvicinava<br />

s’avvicinava fino a quando puff! via un altro pezzo. E le teorie che<br />

s’inventava! Era come se, quando una ulteriore porzione del suo<br />

corpo svaniva – mettiamo un piede fino alla caviglia – la<br />

percentuale di se stesso che in quel piede risiedeva si trasferisse,<br />

su per la gamba, nel corpo residuo. Osmosi misteriosa, e così per<br />

tutti gli annullamenti che l’hanno poi ridotto… oh be’, lo sa…»<br />

«Sì, un sedere.»<br />

«Ma diamine, quale modello per tanta stravaganza? Il sedere, solo<br />

il sedere è rimasto, e proprio nel mio studio, poi. Non avremmo<br />

certo potuto immaginare che dalla vita in su, per quello che ormai<br />

ne rimaneva, sì, insomma, il tronco e la testa, sarebbe svanito<br />

tutto in un colpo. Mediamente i pezzi erano sempre stati piccoli, e<br />

invece puff! solo il culo! Oh, perdoni…»<br />

Silenzio. La donna sbadigliò, soltanto<br />

«Quindi vostro marito era alfine tutto là concentrato, nei tessuti del<br />

suo stesso sedere tondo tondo seduto per terra. Se è vero ciò che<br />

ha detto, che aveva scoperto il meccanismo al punto da prevederne<br />

il decorso, allora avrà senz’altro sentito arrivare l’ultima sparizione:<br />

non è stato un caso che il sedere abbia defecato sul mio pavimento,<br />

23


prima di assorbirsi definitivamente sotto i miei occhi. E sarà stato<br />

forse a causa della suggestione che certi fatti producono negli<br />

uomini di scienza, ma le assicuro che quei cento centocinquanta<br />

grammi di vostro marito là per terra, è come se anche in quella<br />

massa estrema lui si fosse trasferito nella sua interezza, avendo<br />

poco prima avvertito che il sedere stava per andarsene. E ho avuto<br />

la sensazione pazzesca che non fosse mai stato bene come in quel<br />

momento, là, sul pavimento. Lei capisce certamente come tutta<br />

questa faccenda sia priva di senso. È surrealismo, questo, non fa<br />

per noi. Le dirò di più: sono convinto che non sia nemmeno<br />

accaduto. È troppo sconclusionato, via, come una storia che finisce<br />

con la virgola, le pare?»<br />

Abbassando lentamente le palpebre, Marzia fece segno di sì.<br />

«Anzi – scattò in piedi Profundi con le articolazioni d’un ventenne –<br />

sa cosa le dico? Andiamocene, usciamo da qui. Guardi che<br />

splendido pomeriggio. Una passeggiata, ecco quel che ci vuole: una<br />

bella passeggiata»,<br />

24


IN ORDINE ALFABETICO<br />

AVANZATO AMBROGIO<br />

IL CAPPELLO<br />

«Porca miseria! Elvira, guarda cosa hai combinato al mio cappello!»<br />

Giovanni si era voltato per sistemare la valigia sopra il portapacchi, e la<br />

moglie sbadatamente, si era seduta sul suo cappello nuovo, conciandolo<br />

malamente.<br />

Erano appena saliti sul treno popolare che doveva portarli a Roma in viaggio<br />

di nozze, e la sposina aveva già fatto infuriare il marito. Lei scoppiò in<br />

lacrime, mentre Giovanni cercava di ridare una forma accettabile al suo<br />

Borsalino, prezioso regalo di nozze.<br />

Giovanni pareva veramente uno scapolo impenitente, ma quando si prese<br />

una cotta per la bella figlia del farmacista, non ci mise molto ad approdare<br />

all’altare; anche se agli amici raccontò poi, di averlo fatto per risparmiare i<br />

soldi dell’imposta sul celibato.<br />

Per non fare troppo spatuss (fasto), dato che il padre dello sposo era<br />

ammalato, i due decisero di sposarsi durante la messa prima di un giovedì<br />

mattina. Nonostante la mancanza di festeggiamenti, i parenti più prossimi si<br />

frugarono in tasca per il regalo di prammatica, che in molti casi si risolse in<br />

una busta con una piccola somma. Fece eccezione il padrino di Giovanni,<br />

che fu anche chiamato a fare il testimone, il quale regalò al figlioccio un<br />

bellissimo cappello Borsalino, con la raccomandazione di “tenerlo da conto”.<br />

Il motivo della scelta di un giovedì per la celebrazione del matrimonio, non<br />

era casuale, ma era legata al fatto che in quel giorno partiva dal capoluogo il<br />

treno popolare, che il regime aveva istituito per portare gli sposi in viaggio di<br />

nozze nella capitale. Giovanni ne avrebbe anche fatto a meno, però Elvira<br />

non voleva perdere un’occasione così a buon mercato, per andare a Roma e<br />

vedere il Papa. Il mattino del matrimonio un parente portò in chiesa la valigia<br />

dei due sposi che, terminata la cerimonia e salutato i pochi presenti,<br />

andarono alla stazione con gli abiti usati per le nozze che tuttavia non<br />

sfiguravano anche per il viaggio.<br />

Dopo la manipolazione di Giovanni, il cappello che era di buona qualità,<br />

divenne di nuovo un capo elegante, sì che l’uomo dimenticò la sfuriata.<br />

Anche Elvira, passata la nube del primo rimbrotto, si rasserenò, e non portò il<br />

broncio al marito, forse anche pensando alla prossima prima notte di nozze.<br />

Giovanni aveva pensato all’organizzazione del soggiorno romano,<br />

appoggiandosi ad Attilio, un vicino di casa che nella capitale svolgeva il<br />

servizio militare nei carabinieri.<br />

Il carabiniere aveva predisposto tutto per bene; li aveva sistemati in un<br />

albergo vicino alla stazione, inoltre aveva stilato l’itinerario per i tre giorni di<br />

permanenza, il cui punto centrale era l’udienza papale del sabato, riservata<br />

25


agli sposi. Attilio, come promesso, li attendeva alla stazione, e li accompagnò<br />

al vicino albergo, lasciandoli poi soli con l’accordo che si sarebbero visti<br />

l’indomani mattina.<br />

Alle nove Attilio era già in attesa che gli sposini scendessero; erano in ritardo<br />

perché Giovanni non trovava il cappello, poi Elvira si ricordò che l’aveva<br />

lasciato appeso all’attaccapanni del locale dove aveva consumato la<br />

colazione. Finalmente i tre si avviarono per la programmata visita alla città.<br />

La prima tappa la fecero alla basilica di Santa Maria maggiore, poi al<br />

Colosseo, ed infine a palazzo Venezia. Verso le due, Attilio li portò in una<br />

trattoria, dove gli sposi fecero onore ad un ottimo pranzo, anche perché la<br />

sera precedente avevano solo consumato un frugale spuntino al sacco,<br />

prima di scendere dal treno.<br />

Nel pomeriggio, sempre scortati da Attilio, visitarono il Pantheon e, alla fine,<br />

ormai stanchi, ritornarono all’albergo. Il mattino successivo Attilio, che era<br />

puntuale come un orologio svizzero, dovette <strong>nuova</strong>mente attendere un bel<br />

po’ prima che gli sposini scendessero. Poi li fece salire su una carrozzella,<br />

ordinando al vetturino di portarli a San Pietro per l’udienza papale riservata<br />

agli sposi; lui sarebbe andato a recuperarli per l’ora di pranzo. Dopo qualche<br />

minuto di andatura al passo, il vetturino spronò il cavallo, che cambiò<br />

andatura in un piccolo trotto; la modesta variazione di velocità, forse abbinata<br />

ad un leggero colpo di vento, il cappello di Giovanni volò fuori dalla vettura.<br />

Dopo un attimo di smarrimento, Giovanni chiamò l’uomo a cassetta,<br />

dicendogli di fermarsi.<br />

Il vetturino lì per lì non capì, poi finalmente arrestò la carrozzella. Giovanni<br />

scese, e di corsa andò verso il cappello che era adagiato a tesa in su, proprio<br />

al centro della via.<br />

Recuperatolo, senza che avesse subito danni, lo scosse dalla polvere e con<br />

calma tornò alla carrozzella. Finalmente arrivarono nella piazza della basilica,<br />

il vetturino fermò il cavallo, e voltandosi spiegò che più avanti non poteva<br />

andare così, dopo aver pagato il trasporto, scesero senza sapere bene verso<br />

che parte muoversi. Elvira notò che più avanti, verso la gradinata che portava<br />

alla chiesa, c’era un bel gruppo di persone; fece notare al marito che<br />

sembravano sposini, si avviarono verso il crocchio, e quando furono vicini<br />

videro un prete che spiegava come comportarsi al cospetto del Santo Padre.<br />

Finita la breve predica, il prete li fece mettere in fila accoppiati, poi li invitò a<br />

seguirlo nella basilica. Giovanni ed Elvira erano gli ultimi del gruppo, e come<br />

furono nel pronao, un giovane prete sbarrò loro il passo, dicendo che non si<br />

poteva entrare col cappello. Elvira, che si era già messa un velo nero sul<br />

capo, rimproverò benevolmente il marito: «sei il solito sbadato, Giovanni, lo<br />

sai che in chiesa gli uomini devono entrare a capo scoperto!» Giovanni<br />

arrossì, si tolse il cappello e, balbettando una scusa, cercò di andare avanti; il<br />

prete però non accennava a dargli l’accesso in chiesa. «Per entrare, il<br />

cappello dovete posarlo nel guardaroba», sentenziò il prete indicando un<br />

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tavolo sulla sinistra sul quale erano posti alcuni copricapo, e dietro cui stava<br />

un vecchietto. «Va bene, acconsentì Giovanni, se c’è quel signore che lo<br />

guarda, sono tranquillo», e si voltò verso il tavolo per posare il cappello.<br />

«Si, però per la custodia si deve fare un’offerta di cinque lire, da versare in<br />

anticipo», disse il vecchietto.<br />

«Cinque lire?» Chiese con voce adirata Giovanni, aggiungendo. «Cinque lire<br />

le ho pagate ieri sera per la cena, ed ho mangiato da Papa.»<br />

Il vecchietto non parve per niente impressionato dalla reazione di Giovanni,<br />

ed insisté: «se non versate cinque lire io non posso tenervi il cappello, e voi<br />

non potete entrare.»<br />

Prese per mano Elvira, facendo il gesto di tornare sui suoi passi, ma la donna<br />

pur con le lacrime agli occhi, lo implorò: «dagli le cinque lire, quando<br />

torniamo in albergo te le do io.»<br />

«Ma neanche per sogno, piuttosto di farmi spennare, non vado a vedere il<br />

Papa», rispose alterato Giovanni. Intanto il prete che li aveva fermati era<br />

entrato in chiesa, e dietro di loro non c’erano altre coppie, così Giovanni<br />

pensò di poter entrare col suo cappello in mano.<br />

Non aveva ancora attraversato la soglia del portone, che due guardie<br />

gigantesche gli si pararono davanti. Elvira, vista la mala parata, era quasi sul<br />

punto di rinunciare quando Giovanni mise la mano sinistra nel risvolto della<br />

giacca ed estrasse il portafoglio, mettendo così fine alla discussione.<br />

Terminata la cerimonia, e recuperato il cappello, Giovanni disse<br />

scherzosamente alla moglie: «questo cappello mi ha già dato più problemi di<br />

tutti quelli che ho indossato finora, deve essere maledetto, se almeno lo<br />

avessi avuto quando il Papa ci ha benedetto, chissà…..»<br />

Dopo un po’ che aspettavano, arrivò Attilio che propose la visita al vicino<br />

Castel Sant’Angelo. Stavano percorrendo un tratto del lungotevere, quando<br />

Elvira fu attratta dal canto di un barcaiolo che remava lento sul fiume. Si<br />

avvicinarono alla balaustra per ammirarlo meglio, ed un colpo di vento fece<br />

volare il cappello in acqua. Dapprima Giovanni rimase ammutolito, poi<br />

incominciò a ridere a crepapelle, mentre Attilio guardava stupito non<br />

capendone il motivo. Ci pensò Elvira a spiegare all’amico: «lo so io perché<br />

ride, Giovanni è convinto che quel cappello sia maledetto. Da quando l’ha<br />

ricevuto in regalo non gli ha procurato che guai, ora finalmente se ne è<br />

liberato.» E quando Giovanni alfine smise di ridere, confermò quanto detto<br />

dalla moglie, aggiungendo il particolare delle cinque lire sborsate al<br />

guardarobiere del Vaticano. Questa volta fu Attilio a scoppiare in un riso<br />

irrefrenabile, poi sibillino gli disse: «se le cinque lire ti sembravano troppe,<br />

potevi dirlo direttamente al Papa, un’occasione così non ti capiterà più nella<br />

vita.»<br />

«Di questo puoi starne certo», rispose convinto Giovanni: «non andrò mai più<br />

ad una udienza Papale; cinque lire preferisco usarle per mangiare un<br />

desinare da Papa.»<br />

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SI FA SERA….<br />

dI BONATO ALDO<br />

Benvenuto mato turista,tu,che sali con spirito naturalistico alla ricerca<br />

diarti & mestieri di una volta; alle prese con obiettivi e cineprese,<br />

intento ad immortalare angoli ameni tra cime svettanti ancora innevate,<br />

coi suoi ultimi ghiacciai ridotti a brandelli dal sostenuto fuoco nemico<br />

da quel distruttivo obice da 75/mm, e piu’… Dio,quante bombe,<br />

proiettili di morte simili a siluri: montagna contesa è tutt’ora, una<br />

gruviera di buche profonde a testimonianza di cruenta battaglia.<br />

Qui’ la “Dentona” con la falce, ha brindato a lungo col sangue di quei poveri<br />

cristi:umili alpini poco piu’ che svezzati, partiti e mai piu’ ritornati.Ancora ha<br />

sete e continua a seminare odio e morte!Cristo pietà…perdona se puoi._Io,_<br />

vecchio alpino, Ti chiedo una prece,per quelle vedove, per quelle mamme;<br />

manco la forza hanno di piangere: ancora pregano in ilenzio e fanno Altare<br />

Sacro,il dolore per quello suo unico figlio della vita… Era un fiore di bondà!<br />

Ora è della Patria e, per una libertà negata ancora da raggiungere. Domani,<br />

forse… si vedrà|.<br />

Grandi occhi azzurri che nascondono il segreto di vita vissuta,sembrano di<br />

ghiaccio e, scrutano oltre quel martoriato colle –ahimè-, che dolore per quel<br />

canuto e vecchio fante Alpino… e, commosso, trema.Lui, un miracolato.<br />

E’sopravvissuto| Vive ora di ricordi, dignitosamente ma, senza il sorriso della<br />

vita. Era presente….<br />

Osserva con una fitta al cuore quelle vecchie fortezze di guerra;ruderi di<br />

misere vestigia di una guerra già dimenticata.Là ,oltre quella cresta desolata di<br />

ardite cime innevate, ancora baciate dal sole che come vedette e, gridano al<br />

vento un eterno lamento e il tuo perdono, guarda:il Pasubio, l’Adamello, il<br />

possente Grappa conteso,-ultimo atto finale-, piange come un bambino…Sono<br />

le “sue” montagne, i fantasmi della ragione tra amore e odio con la sua storia<br />

di ordini e controordini, di Signorsi’…”Siortenente”, e, i suoi vent’anni andati<br />

in malora anno dopo anno ,combattendo in prima linea con topi da fogna nelle<br />

trincee fangose e umide: l’anticamera della tomba…Dice da sempre.<br />

E’ vivo per miracolo, ha una ferita alla spalla trapassata da una pallottola<br />

nemica ma, ancora dolorante di quando cambia il tempo e umidità, sopporta e<br />

basta: è come avere una spina conficcata da sempre. Lui è un “vecio Alpin”.<br />

Ci tiene a dirlo…E’ salito quassù per testimoniare la vita e la morte e, tutti<br />

quegli atiti eroici mai iscritti nelle pagine dorate della ‘vera’ storia vissuta<br />

umanamente in prima linea con abnegazione e odore d’incenso…rassegnato a<br />

morire. Ubbidire e morire.non ubbidire o morire, sembra una sottigliezza ma,<br />

queegli ordini dall”Alto Cmando”…Ho ancora il veleno addosso pieno di<br />

rabbia nel codificare questo giro di parole:una gran beffa a tutti i Militi in<br />

armi, Eroi compresi|-Pax Domini|.<br />

Lui, la guerra, più di una , l’ha combattuta con anima e corpo e sacrificio:altro<br />

che sentire dire stronzate nel dire che la guerra non fa storia… questo<br />

parafrasare è pura follia.-No-,lui non ci sta a questo gioco di parole blasfeme e,<br />

zac, ben ti maledice con una bestemmia secca. A piena ragione|.- Anzi-, in<br />

dialetto per essere recepita meglio…<br />

28


Tutto attorno, cime sacre alla Patria, vette tempestose ed insanguinate,<br />

insignite d’Onore.-A chi la gloria?- A quale prezzo la libertà?-Dio-, che<br />

tristezza.-<br />

Una guerra infinita, snervante , un immane olocausto e odio senza fine: guerra<br />

di nemici e guerra fratricida tra potere e menzogne…<br />

A quando il ritorno della bianca colomba della pace?.<br />

-Non trova risposta, quell’alpino: né gloria né onore.-<br />

Uomo schivo ed incompreso,ancora ferito nel suo orgoglio.<br />

Chi erano quei fanti Alpini venuti da lontano? Ragazzi di solo 20 anni|.<br />

Decisamente ,giovani umili e forti;sicuramente di Milano ma, anche Siciliani:<br />

il paese del Gattopardo, delle profumate arance e dal sole d’oro e venti alisei<br />

ad increspare quel mare blu cosi’ romantico…-Poveri ragazzi quasi analfabeti<br />

dai cento ,mille dialetti;cosi’ di lontano.-<br />

Chi erano quei prodi marinai:ora improvvisati alpini, dal dialetto confuso?<br />

Erano i figli della terra baciata dal sole e mare amico ove smemora sulla<br />

battaglia in ricordi infantili o della “morosa”|.<br />

Decisamente Vicentini,Veronesi,Torinesi e Friulani:gente veneta insomma e<br />

,gente di mare.E ancora:Triestini, Livornesi, Genovesi, e di Napoli,paese del<br />

sole e del bel canto ai piedi di un Vesuvio romantico e distruttivo ai capricci<br />

dei suoi bollenti a riflettere del presente e credere nel destino. Per questo è<br />

amato e odiato. Tutti ragazzi di vent’anni che tingevano la neve di sangue; non<br />

erano fortunati turisti allora, ma, ignoti soldati che combattevano con onore<br />

oltre la ragione e, per quale libertà?... Forse, per un futuro di pace, di scambio<br />

culturale, di fede…forse!.<br />

Intanto gli aerei continuavano a bombardare a tappeto con accanimento<br />

e,seminare la morte: non erano quelle “ bombe amiche” e tanto meno fiori di<br />

pace. Erano i nostri migliori ragazzi appena “svezzati”, mandati in prima linea<br />

ancora tremanti e impauriti in quelle trincee da fogna; uno sporco gioco di<br />

morte con ancora il profumo del latte materno addosso e con la benedizione di<br />

un padre accorato…-Dio, che tristezza.-<br />

Giovani baldanzosi e un po’ poeti arruolati in fretta e furia, partiti con lo zaino<br />

affardellato di soli ideali, fede e preghiere con il rosario in tasca, e<br />

nient’altro!.| La storia sia ora testimone di tanti “atti” eroici di combattere oltre<br />

l’impossibile tra la vita e la morte…Quanti ideali spezzati all’istante da una<br />

pallottola “assassina” di un cecchino invisibile…<br />

Vale una medaglia d’oro? Cento , mille?...-Oh, si!.- Loro,sono ancora li’, nei<br />

bochi di Vezzena e dell’Altopiano, campo di battaglia e testimoni di orrori e<br />

silenzi…Ecco, un nome sbiadito da un certosino lavoro ancora inciso in quel<br />

rosso marmo grezzo di Asiago, in Sacelli dimenticati.-Si-, sono ancora<br />

presenti: vivi nello spirito e, per voce del vento, gridano pietà “Basta<br />

guerre”!.-<br />

Già l’eco di ritorno si è spento nel bosco da larici sventrati; un cumulo di terra<br />

sassosa e, quel che resta di un reticolato arrugginito a mò di croce… una<br />

“pietas” di misera tomba per quel ragazzo di soli 18 anni.Era di napoli, la bella<br />

Margellina “bene”, col sole mediterraneo nel cuore e, quel generoso sorriso di<br />

vita sulle labbra…colpito a morte tra i frddi ghiacci del nord lontano, coperto<br />

di rosso sangue, ancora col sorriso socchiuso di bontà: forse invocava sua<br />

madre, forese, chiedeva un po’ di tepore, di baci; occhi tristi cercavano la “<br />

sua” terra, il suo mare azzurro screziato di tremoli riverberi al tramonto:<br />

29


idilliaco abbraccio col cielo, una poesia infinita… Forse, è stato il destino<br />

fatale , non la guerra.<br />

Povero eroe dimenticato…Lontano , una mamma accorata ha lasciato l’uscio<br />

di cas aperto… aspetta e prega “San Gennaro, non piange però. La sua fede è<br />

piu’ grande del dolore.- Già sapeva…-<br />

Se hai un po’ di cuore raccogli un fiore, -ti prego-, che sia bianco però-, quel<br />

giovane eroe senza nome è senza peccato, aveva solo 18 anni; amava la vita e<br />

sognava il ‘suo’ mare blù, invece, la tormenta gelida della montagna se l’è<br />

preso come un suo figlio: il migliore, col ventre squarciato d’improvviso, una<br />

bastarda granata nemica oltre il reticolato; un dono per la libertà si dice, - si- ,<br />

di una Italia arrogante e zoppicante, stramaledettamente ferita e povera che<br />

mai… anni bui ma, per “Lui” non c’è più un oncia d’oro: offerto alla patria e,<br />

manco per coniare una misera medaglia d’Onore… Manco di bronzo –<br />

Amen!.-<br />

-Ecco -, questi onesti eroi sconosciuti sono il vile prezzo della libertà. La<br />

VOSTRA LIBERTA’ e , per quelli che verranno, dopo scritta la storia: quella<br />

vera! . - Quella di tuo figlio mai tornato a casa. – Che sia un monito il tuo<br />

grido di dolere e rabbia, tu, baldo e fiero milite alpino, che ti aggrappia al<br />

bastone per un cedere incerto tra le tue montagne amiche – nemiche: “ Mai più<br />

guerre… Mai più” !.- Solo i tuoi ricordi sono la “vera” storia!.- Povero alpino,<br />

non hai più il fiato vigoroso d’ un tempo ma, il tuo silenzio è ancora un atto<br />

d’amore, di perdono a tali atrocità vissute… Perdonare? Si, certo: dimenticare<br />

mai però! Perché arrossire ora? Quelle umide lacrime sono perle di saggezza;<br />

il tuo è un pinto umano, liberatorio, di un milte vissuto e d’Onore, per<br />

testimoniare gli orrori e nefandezze di una guerra brutale, fratricida e ben oltre<br />

la ragione dell’uomo. – Tu, sopravvissuto, hai visto bee in faccia la morte e il<br />

nemico con gli occhi dilatati di terrore più volte: non cercavi la gloria, la<br />

libertà di ideali cristiani, per i figli dei figli e, portare a casa la “ghirba” per<br />

sentire <strong>nuova</strong>mente il calore di uomo e padre insieme alla tua famiglia, alla tua<br />

sposa, fin troppo amata oltre la ragione di una fede cristiana… con amore<br />

vero!. Ci sei riuscito ma, è stata pura fortuna tra la follia di tanto odio, troppo,<br />

oltre la sofferenza umana… Quanto basta per vergognarsi. –Ora, bella<br />

immagine!.- un’Italia pavesata dal tricolore, ridente e oasi felice con vento di<br />

libertà e, col sorriso sulle labbre come quel ragazzo napoletano: aveva 18 anni,<br />

ma chi era in realtà?... fante alpino N.N., un Milite Ignoto; manco il piastrino<br />

hanno trovato, quel giorno è stata una carneficina.- Amici e nemici: ultimo atto<br />

finale di terra bruciata simile ad paesaggio lunare.<br />

Tonezza è ancora incantata o forse stregata: l’aria mi accarezza fresca e pulita,<br />

è la brezza della sera, mi avvolge come seta; mi riporta alla ragione, gente<br />

curiosa mi sorride, l’orologio fa tic-tac, è una “cipolla” d’argento con catenella<br />

fine ottocento: il tempo dei ricordi è scaduto; attonito guardo in basso, sul nero<br />

asfalto il lungo serpentone del rientro. Macchine, moto, macchine…<br />

- Dio mio…. Che confusione!.-<br />

Vedo laggiù la signora animata da fantasmi, è una vita frenetica: oh si, vedo<br />

pure indifferenza, quale senso dare alla vita?- non trovo la risposta!.- un<br />

formicaio umano confus, un patto col diavolo: “Tutti matti par i schei. Serto<br />

non ghe xe più ragjonameno ne religion!?.”<br />

- Dove sono i tuoi ideali e desideri?.-<br />

- 8 settembre 1943…. Armistizio, è finita!-<br />

30


Sono qui, tra silenzio e pace,ove spazia senza confini l’occhio e la mente<br />

confusa in un paese amico: una Tonezza viva e ricostruita, intrisa di colori,<br />

profumi silvestri di ciclamini e pini mughi, di turisti solitari e brava gente<br />

locale che “Vi” accoglie a braccia aperta. Gente alla buona, loquace e<br />

paziente.- Un tempo era un campo di battaglia conteso-, oggi, un ridente<br />

centro turistico di storia e folclore tutto da visitare. Senza fretta però!.<br />

Troppe sono le emozioni per voce narrante degli ultimi vecchi rimasti. Tale è<br />

la loro fierezza da sembrare ‘Saggi o Filosofi’!!. Così schivi e taciturni feriti<br />

dentro e mutilati fuori dalle cicatrici saturate maldestramente….. ah, la<br />

guerra….. ancora testimone!.- ovunque.-<br />

E’ gente di montagna, fiera, che ama raccontare la “sua “ storia infinita; è<br />

come la voce del vento di fuoco e passione: ti entra dentro al cuore come<br />

scheggia impazzita e, pregusti il fascino del passato cosi intrigante di storie<br />

vere. Tristi o belle che siano, non le puoi dimenticare: sono vere e tali restano-<br />

anzi-, ti lasciano un dolce-amaro nel cupore e, la mente confusa ti riporta alla<br />

ragione.<br />

-E’ il generoso prezzo della LIBERTA’!.-<br />

-Finalmente la Pace!!.-<br />

Ama il cuore amico turista,ama con amore baldo Alpino queste Sacre<br />

montagne, -qui-, in ogni pietra c’è un ricordo umano del passato e presente, in<br />

ogni fiore c’è il profumo della vita, in ogni buca c’era iltuo destino e la<br />

morte…<br />

Solo l’aria pura qui è rimasta libera, senza reticolati, senza piu’ frontiere, è<br />

decisamente solo per te: il passato è già presente ,il presente ora è già il futuro;<br />

ove verdeggianti oasi e candide montagne,tra terra Benedetta e cielo ora si<br />

baciano abbacciati con la natura in un amplesso amoroso,idilliaco in emozioni<br />

e ricordi!.<br />

Anche i tuoi ,baldo Alpino, forestiero o turista chiunque tu sia!.<br />

Qui hai trovato la serenita’ che cercavi-peccato-, il tempo è volato così di<br />

fretta e, già si fa sera ma… tante sono ancora le emozioni da vivere e<br />

scoprire.-Sarà un sicuro ritorno!.-<br />

Vorresti cogliere un ciclamino: lascialo vivere anora, non è la solitudine che<br />

cercavi, è la voce del Creato, il tuo destino, cogli invece l’ultimo tiepido<br />

raggio di sole e sorridi alla vita; mentre tu scendi, sogni e desideri salgono fino<br />

alle stelle, è la voce soffusa delle tue preghiere,-oh sì-, quella vera di un uomo<br />

fortunato. Piu’ che fortunato! Sei felice… non è stato un sogno,hai solo<br />

visitato un paese amico che ama raccontare poco di sé, ma, offre pace e<br />

tranquillità a quel turista esigente che ama essere “coccolato” e, scoprire ampi<br />

panorami mozzafiato.- Già!...- Qui’ c’è un po’ di tutto: il resto è solo vanità!.<br />

Tonezza è tutto questo: un giardino di grandi emozioni e aria frizzante di<br />

genuina cortesia!.Tante casette in fila come un rosario in sasso biancastro<br />

calcareo, dai tetti rossi con gerani variopinti alle finestre che offrono un<br />

delicato profumo e bòn-tòn di eleganza raffinata! Seduti in quel muretto<br />

appatrtato sul finire della via, due giovani dall’aria sognatrice, si baciano<br />

teneramente, incuranti da sguardi curiosi e allibiti perché sorpresi dall’ultima<br />

zitella del paesello che passa e và abbassando la testa e si fa il segno della<br />

croce allungando il passo e, diventa paonazza dalla vergogna, piu’ rossa di un<br />

papavero… Peccato mortale sussurra… Mon amour, riesce a sentire…<br />

sorride!!<br />

31


Una rara terra del Vicentino!.-Sofferta e combattuta. E’ una terra generosa,<br />

come una famiglia patriarcale amica, che ama ascoltare e poco raccontare di<br />

sé.- Troppi sono stati gli orrori e i fantasmi del passato; troppe sono le croci<br />

arrugginite in fondo al bosco di quel cimitero di guerra quasi abbandonato<br />

dall’oblio della civiltà ricca e peccaminosa di troppa libertà.- La LIBERTA’ di<br />

quei giovani EROI senza nomi di soli vent’anni mandati al macello e, mai più<br />

ritornati!.<br />

E quando si dice-guarda il caso-: è a un “tiro di schioppo” da casa… A volte,<br />

così presi dal consumismo e benessere, manco ce ne rendiamo conto di queste<br />

oasi felici della porta accanto.<br />

-Sei un po’ depresso?!- Non lasciarti andare andare: accendi quel vecchio<br />

motore, fai salire moglie e bambini; basta un cesto in vimini con due-tre<br />

panini, un’aranciata e del vino se c’è, un buon bicchiere non fa male neanche a<br />

te e, vai…vai… sarà una giornata speciale tra amici, vai…vai tranquillo!!.<br />

Siamo in tempi di pace-oggi-, quel che più vale è la salute con un po’ di<br />

tranquillità… tutto al resto ci pensa Iddio.- Vai tranquillo ,amico mio!.-<br />

-Come si chiama il paese?-<br />

“Tonezza” – certo-, non lo dimenticare…<br />

-Grazie , sei un vero amico…Grande amico!-<br />

Le prime luci si accndono, ecco, già si fa sera… Una magnifica luna piena e<br />

rossastra mi indica la via del ritorno.<br />

-Dio mio ,quante emozioni oggi!-<br />

E domani?... Si vedrà!.<br />

Forse, pregherò umilmente in quel Sacello in fondo al bosco, vicino al<br />

cimitero di quel Fante Alpino e Milite Ignoto ove riposano insieme gli Italiani<br />

e Tedeschi: prima nemici –ora-, amici di pace e LIBERTA!<br />

Con lei, cala il sipario degli affanni, per dare ascolto ai consigli della notte:-sì-,<br />

domani sarà un altro felice giorno . Buonanotte, anzi,arrivederci misteriosa<br />

Tonezza. Terra di EROI!.<br />

-Ah, dimenticavo il pensierino della notte…*-<br />

*”Italiani brava xénte però, non solo de Santi e Poeti ma, vera xente de bon<br />

còre ,de Onore; par ricordare la so storia e la giusta verità alla pòra xènte dei<br />

sacrifici dei so véci; come fosse ‘nà storia infinita coi so difetti ma, piena de<br />

umiltà…Italiani – da sempre-, brava xénte de civiltà e de bon còre”<br />

32


IL PIU’ PURO DEI PECCATI<br />

DI BRUNO LAURA<br />

Le mani affondano piano nel fango, gli occhi troppo azzurri, troppo occupati a<br />

liberarsi delle lacrime per notare lo spettacolo che gli si prospetta davanti:<br />

un’aurora diluita dalla pioggia.<br />

Inestimabilmente fragile e bionda, nuda sotto quel vestito,nebioso, bianco,<br />

bagnato, dissolto nelle gocce celesti, piante dal cielo appena nato. Elegante,<br />

anche se spogliata, anche se immobile e misera, circondata dagli steli d’erba<br />

più verdi e zuccherati che la natura abbia mai saputo nutrire. Bella. E lo<br />

sguardo tanto triste, e le labbra tanto piccole, il viso tanto antico. Punita,<br />

tradita da un’innata perfezione che molesta e sacra irrora ogni ignoto atomo<br />

della sua essenza pallida. Disumanamente incantevole in ogni nota del suo<br />

profilo. I capelli lisci e colorati della più candida luce, raggruppati dall’acqua<br />

in ciocche, alcuni incolati al viso. Irrilevantemente donna o bambina o viva.<br />

Inscindibile tra incandescenza fredda o ghiaccio caldo. Il viso, ovale e morbito<br />

si alza, forse pensa, ma il pensiero immortale è irraggiungibile dalle umane<br />

brame, e scruta l’orizzonte interpretando trascurabile e consueta quell’alba di<br />

paradisiaco colore. Troppo poca divina, troppo poca terena, ignora il primo<br />

mattino in cui i suoi iridi azzurri assaggiano il cielo guardandolo da<br />

prospettive invertite, e non ha sapore perché forse non è importante. Solleva<br />

gli arti superiori dal fango, dai polsis’intravedono blu le vene, ancora cinta da<br />

un’aura d’argento che è cosciente di dover perdere da un momento all’altro,<br />

ma le sue dita sono protette, le unghie immacolate restano dieci mezzelune<br />

impeccabili. Il suo peccato è impresso su di lei, perché possiede un corpo e la<br />

pelle bianchissima è pur sempre tangibile. La sua condanna: perdita totale di<br />

una evanescenza sempre avuta, perché mai generata, né creata, né morta. E<br />

non sa se è estate o inverno, perché viene dall’eterna primavera. Non è<br />

evidente alcun segno: il suo precipitare è stato latente. Un immediato<br />

incondiscendente tribunale salvifico di grazia, ha condannato la sua colpa.<br />

Amare un uomo, fondersi insieme ad un mortale, amare al di la degli schemi<br />

dettati dalla suprema gerarchia raziale e…. precipitare. Un corpo: punizione ad<br />

uno sgarro non concesso all’intelligenza della sua razza. E la terra, sconosciuta<br />

alla personale esperienza tattile, era una sfera verde e bluastra da osservare e<br />

visitare come inadatta e soprannaturale ospite. Ma un letto, un desiderio, forti<br />

braccia, occhi verdi, e un familiare e traditore cielo stellato l’hanno<br />

condannata. Si alza, convinta di aver commesso il più puro e<br />

ingiustificatamente dolce peccato, che ricommetterebbe mille e mille altre<br />

volte ancora. Cessa la pioggia. Nuda, essenza corporea, cammina ed ha ancora<br />

le sue ali, l’angelo sporco, scalza ma senza paura, senza pudore. Cammina, e<br />

stagliato contro l’azzurro di quel cielo appoggiato sulla collina erbosa,<br />

riconosce il suo carnefice e lo ama, come ama la sua colpa, e lo abbraccia,<br />

perché si accorge di un dettaglio che il buio della notte le aveva celato: nota<br />

che non è la sola a possedere un paio di bianchissime, splendide, candide ali.<br />

33


CONDANNA D’AFFETTO<br />

di CANETTO ALBERTO<br />

L’angusta e dispersiva periferia di una grande città, dove molti dei più giovani<br />

trascorrono i pomeriggi liberi da impegni scolastici giocando per la strada<br />

senza il controllo dei familiari mentre i più grandi si rifugiano nei bar<br />

sfogando, sempre, le loro frustrazioni tra qualche spinello e bicchieri di<br />

alcolici è il teatro dove Giuliano, figlio di un operario e di una madre<br />

casalinga, trascorre la sua adolescenza. Il dialogo con i genitori è pressoché<br />

inesistente e questo vuoto contribuisce a formare nel carattere del giovane una<br />

smania di protagonismo. Egli è infatti, il punto di riferimento della co mpagnia<br />

formata da amici e amiche. Giuliano nelle lunghe giornate passate al bar con<br />

loro, tra qualche avventura sentimentale con le ragazze, comprende presto le<br />

difficoltà che nascono da una mancata indipendenza economica. Così come è<br />

assente, completamente, la voglia di impegnarsi alla ricerca di un lavoro,<br />

crescono in lui, forti ambizioni incentivate, spesso dalle notizie dei massmedia,<br />

di alti gradimenti di popolarità raggiunti da personaggi, da un momento<br />

all’altro, riconducibili a circostanze per lo più tanto fortunate quanto effimere.<br />

I classici miti dai quali molte, confuse, menti vengono abbagliate. Anche lo<br />

scorazzare su auto di grossa cilindrata, la frequentazione di locali alla moda, e<br />

altre ostentazione di dolce vita da parte di qualche coetaneo più “fortunato”,<br />

dovuti dall’avere alle spalle una famiglia facoltosa, contribuiscono a far<br />

maturare nella mente di Giuliano la voglia di emulare se non superare questi<br />

traguardi. Così tra un boccale di birra e l’altro il giovane, architetta, insieme<br />

agli amici più fidati e succubi, di iniziare a fare alla sua maniera fondando una<br />

banda. I giovani dei quali qualcuno è ancora minorenne iniziano con piccoli<br />

furti ai supermercati, specializzandosi poi in scippi e quando iniziano ad<br />

ottenere più sostanze economiche riescono a procurarsi anche la cocaina, la<br />

quale fornisce loro una carica mentale talmente devastante da portarli anche ad<br />

architettare un primo colpo in banca. Così rubata un’autovettura, il comando<br />

capitanato da Giuliano, dopo aver sniffato un po’ di polvere bianca, svaliggia<br />

la prima banca e diventa, tremendamente, intraprendente con altre rapine, furti<br />

in appartamenti e numerosi metodi di estorsione di denaro al punto che<br />

Giuliano, al settimo cielo ed osannato non solo dai suoi complici ma anche da<br />

molte donne che identificano in lui un giovane di bello aspetto con il<br />

portafoglio pieno di denaro, si sente super realizzato nella vita. Ma con il<br />

passare del tempo non si accontenta, spostando la sua attenzione anche sui<br />

sequestri di persona a scopo di richiedere sempre più alte cifre di denaro. Il<br />

giovane è diventato un pericoloso boss che ha anche la pistola facile ed,<br />

ovviamente, il suo cambio di marcia di tenore di vita non rimane inosservato<br />

nel suo quartiere. La sua spavalderia lo porta anche ad essere conosciuto nei<br />

ritrovi socialmente elevati nei quali la sua fama di playboy cresce a dismisura.<br />

Una fredda mattina di novembre però viene fermato dai carabinieri per un<br />

controllo all’imbocco dell’autostrada ed il giovane, che aveva un cospicuo<br />

carico di cocaina e molto denaro sporco, quando si imbatte faccia a faccia con<br />

l’agente estrae una pistola e dal finistrino fa fuoco sul militare ferendolo<br />

gravemente. Inizia la sua fuga ma i carabinieri riescono a rintracciare la targa<br />

da cui desumono le generalità di Giuliano che diventa, da quel momento, un<br />

pericoloso latitante ed inoltre da un identikit, si risale anche all’immagine del<br />

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suo volto presto associato ai tanti fatti malavitosi di cui è stato protagonista.<br />

Ma questo nella mente del giovane invece che essere un campanello d’allarme<br />

lo carica ancora di più infatti, l’idea di essere diventato un inafferrabile<br />

gangster gli fa guadagnare ancora di più la stima dei suoi complici e le<br />

scorribande della gang si moltiplicano tra atti di sempre maggiore efferatezza<br />

nei quali rimangono ferite anche altre innocenti persone colpevole solo di<br />

trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Il caso inizia a diventare di<br />

rilevanza nazionale mentre Giuliano, sempre attorniato da bellisime donne ne<br />

frequenta una in particolare con la quale si sente più a suo agio, Luana è il suo<br />

nomo. La giovane è a conoscenza dell’attività criminale di Giuliano ma è<br />

accecata dal lusso sfrenato in cui il boss la fa vivere. Tuttavia, resasi conto che<br />

le cose non avrebbero potuto andare sempre così cercò, in atnte circostanze, di<br />

farlo riflettere consigliandogli di smettere con quel tipo di vita ma egli<br />

rispondeva che era l’unica cosa che sapeva fare incolpando i propri genitori di<br />

non averlo mai capito, negandogli ogni tipo di dialogo e considerazione.<br />

Luana era però in fondo, una giovane molto matura e passato quel momento di<br />

abbaglio mise Giuliano alle strette chiedendogli di fare una scelta precisa: o lei<br />

o la delinquenza. Ci fu una lite furiosa scatenata dallo stesso che le impose di<br />

rimanere al suo fianco in ogni caso, al che Luana fece finta di acconsentire<br />

ma nel corso della notte fuggi facendo perdere le sue tracce nell’immediato<br />

futuro. Giuliano ci rimase male e sfogò il suo nervosismo intensificando la sua<br />

attività criminale fino a quando, un giorno durante una rapina in una giolleria,<br />

venne distratto dal particolare improvviso rumore di un incidente tra due auto<br />

fuori del negozio e fu a quel punto che il titolare del negozio ne approfittò per<br />

ferirlo gravemente con un colpo di pistola allo stomaco. Giuliano si salvò per<br />

miracolo, dopo un lungo intervento chirugico, ma la sua carriera criminale si<br />

concluse infatti fu condannato, per tutte el sue malefatte a quindici anni di<br />

carcere e con lui anche i suoi complici. Nel primo periodo di carcerazione egli<br />

già progettava l’evasione ma un giorno, appresa la notizia della sua cattura,<br />

Luana chiese un colloquio con lo stesso il quale fu molto aspro nei suoi<br />

confronti addossandole la colpa di averlo lasciato. Passò qualche settimana e<br />

Luana si ripresentò al suo cospetto in presenza però anche della madre di lui.<br />

La reazione di Giuliano alla vista delle due fu durissima al che Luana gli urlò:<br />

“Ma non vedi niente di strano in me?” Giuliano non diede peso alla domanda<br />

ed a questo punto sua madre gli disse, per la prima volta, con voce molto<br />

pacata e affettuosa: “ figlio mio, Luana aspetta un figlio da te”. Il boss<br />

impallidì e rimase senza parole, d’un tratto la sua grande spavalderia sembrava<br />

essersi dissolta ma senza proferire alcuna parola fece un cenno alla guardia di<br />

accompagnarlo in cella. Qualche settimana dopo mandò a chiamare le due<br />

donne per un colloquio e con aria fredda e distaccata disse: “ Non fategli<br />

mancare niente pagherò io tutte le spese per la sua crescita”. Al che la madre<br />

gli rispose: “Giuliano, senza quel dialogo che io e tuo padre non ti abbiamo<br />

saputo dare tuo figlio non se ne farà niente di buono dei tuoi soldi”. Il grande<br />

boss fu colpito più da quella frase che non dal colpo d’arma da fuoco che lo<br />

aveva reso morente e dai suoi occhi colò una piccola lacrima. Quella frase<br />

proferita ancora una volta con un tono affettuoso fu una sferzata talmente<br />

potente per il suo animo che nei giorni seguenti chiese al direttore del carcere<br />

di poter continuare gli studi da dove aveva smesso e quando nacque Alba,<br />

quasi a ricordare l’avvento di un nuovo stile di vita, fece in modo di vederla il<br />

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più possibile incominciando con gli anni a dialogare e scriverle lettere<br />

cercando con gli anni a dialogare e scriverle lettere cercando di non farle mai<br />

mancare l’affetto ed il calore paterno. Giuliano si diplomò poi si laureò in<br />

giurisprudenza, in seguito, quando mancvano ancora pochi mesi all’uscita dal<br />

penitenziario, manifestò la voglia di iscriversi al concorso in Magistratura.<br />

Mentre con sua moglie Luana ed un’ormai adolescente Alba, già ben avviata<br />

al liceo, i rapporti erano improntati nella massima serenità e affetto, arrivò il<br />

giorno della scarcerazione. Quell’istituto aveva restituito alla società non un<br />

relitto ma un uomo nuovo che divenne un apprezzaro giudice. Ma Giuliano, in<br />

molti frangenti, quando si trovò a giudicare casi in cui capiva che nel profondo<br />

esisteva un forte problema umano, non assolveva di certo gli imputati che<br />

erano colpevoli del reato ma sempre, anche in casa di non condanna, chiamava<br />

insieme a loro i più vicini familiari ed amici e dopo la lettura della sentenza<br />

diceva, con lo stesso ultimo tono di sua madre ma fermo e deciso dall’alto del<br />

suo scranno: “Vi obbligo entrambi a dialogare tra voi, soprattutto quando non<br />

ne avete voglia”.<br />

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LA LIANA E IL MELOGRANO<br />

dI LEGGIO GIUSEPPE<br />

C’era un quadro sospeso nel muro della stanza da letto di mia nonna.<br />

Una giovane donna indio seminuda, i capelli neri, la frangetta alta, i seni<br />

piccoli e raccolti, tiene in mano una melagrana, pare ascoltare assorta<br />

un uomo che, di fronte a lei, sta leggendo.<br />

Lui ha tratti mediterranei, strette ma vigorose le narici, forse uno<br />

spagnolo, indossa una camicia bianca e sul comodino poggia una colt.<br />

“... eppure, tenebroso, il mio cuore ti cerca;<br />

amo il tuo corpo gaio, la tua voce svelta e lieve.<br />

Farfalla bruna, dolce e definitiva<br />

come il frumento e il sole, il papavero e l’acqua.”<br />

Ramìro chiuse il libro e i suoi occhi scuri si disciolsero <strong>nuova</strong>mente in<br />

quelli di Morìra, non sapeva perchè le aveva letto quella poesia, gliela<br />

aveva letta e basta. O forse no. Gli piaceva quello sguardo selvatico,<br />

l’odore di foresta misto alla delicata fragranza di calendula che il suo<br />

corpo emanava, e per il momento la ragazza lo distoglieva da quella<br />

strana malinconia che da tempo ormai era sua compagna di viaggio.<br />

“Ho preso questo libro da un vecchio venditore a Madrid quasi dieci anni<br />

fa, ho fatto la guerra con i franchisti e me ne son pentito, ma mi è<br />

rimasto questo ricordo ed oggi i miei pensieri sono anche i tuoi”.<br />

Morìra sentì freddo e una nuvola nera eran i tratti dello spagnolo, posò il<br />

frutto accanto alla pistola e baciò profondamente, avida quasi, l’uomo.<br />

Poi staccatasi da lui prese: “ Mio padre mi diceva sempre che la vita<br />

delle persone è uguale a quella delle liane, da piccole si legano al tronco<br />

di un albero forte e vigoroso in cerca di nutrimento, la linfa che,<br />

benevola, trovano in abbondanza.<br />

Ma similmente sono estranee ad esso e crescendo diventano pesanti per<br />

l’albero, quasi lo soffocano e sono costrette dunque a staccarsi per<br />

cercare nuove piante giovani e robuste. Rimangono però in parte legate<br />

a colui che le ha generate e nutrite per così tanto tempo.”<br />

“E tu ti senti una liana?” chiese ridendo Ramìro, esalando una nuvoletta<br />

di fumo biancastro dalla bocca .<br />

“Non saprei dire” rispose timida lei “sento di essere, ecco, sempre senza<br />

appiglio, sempre affamata.”<br />

Il tramonto di Bogotà era freddo e stranamente vitreo, passeggiarono<br />

tutta la sera, tra i mercati delle spezie dove si erano incontrati qualche<br />

ora prima e dove aveva ricevuto in dono quello strano frutto dallo<br />

straniero, fin dentro le viscere della città, videro vecchi, giovani donne,<br />

bambini, mendicanti e disperati e i masticatori di coca, operai delle<br />

miniere storditi o grottescamente sorridenti per effetto della droga.<br />

Fecero all’amore, ancora, ancora, fino allo sfinimento e la notte passò tra<br />

i sospiri. Ora anche lei aveva il suo albero.<br />

La pistola sul comodino scomparsa, sussultò allo scoppio, ebbe paura.<br />

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Steso sul pianerottolo Ramìro dormiva, un rivoletto di sangue si<br />

allungava per la scala di marmo rosa, fino alla strada, piangeva ora con<br />

lei tutto il cuore malato di Bogotà.<br />

C’era un quadro sospeso nel muro della stanza da letto di mia nonna...<br />

...e un alberello di melograno, il ricordo di Ramìro.<br />

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RACCONTO DI GIACOMINO<br />

di LO DATO FRANCESCA<br />

Giacomino trovandosi a passeggio con papà<br />

Vide in fiera tanti acquari.<br />

Dice a papà:<br />

-voglio comprato un acquario- e papà lo comprò.<br />

Arrivò a casa contento e disse alla mamma:<br />

- Vedi papi mi ha comprato un acquario.<br />

Un giorno Giacomino vedendo freddo, pensò di<br />

Mettere l’acqua calda nell’acquario, dicendo:<br />

- Poverini, i pesci sentono freddo!<br />

E i pesci li trovò morti.<br />

Così disse alla mamma:<br />

- Mamma c’è freddo e i pesci erano morti di freddo poverini,<br />

io per farli riscaldare ci ho messo l’acqua calda<br />

ma loro invece sono morti lo stesso.<br />

La mamma rispose:<br />

- Allora sei stato tu a farli morire!<br />

E Giacomino si dispiaceva.<br />

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STANZA 106<br />

DI LILIANO MAMO RENZINO<br />

Il pensieo umano, per prima cosa, vola ad una bella accogliente, allegra stanza in un<br />

luogo di svago, forse di un luminoso lbergo. Ad una stanza dove non si vede l’ora di<br />

entrare per potere mettere in atto quello che può essere il più bel gesto d’amore.<br />

Niente di tutto questo, la stanza n. 106 di cui parlo è una piccola squallida, triste sala<br />

d’attesa del S.E.R.T., dove giorno dopo giorno si alternano sempre più numerosi i<br />

tossicodipendenti che hanno deciso di uscire dal tunnel della droga. E’ una sala<br />

d’attesa triste dove non sipensa lontanamente di entrare e soprattutto di attendere. C’è<br />

purtroppo una madre che attende, ma cosa attende? Non è capace di dare lacuna<br />

risposta a quella che è stata una continua e frenetica attesa durata anni. Un’ attesa<br />

piena di ansia, di tormento, di angoscia, di speranza, di preghiera. Si, perché in<br />

momenti così tribolanti soltanto la preghiera è l’unico vero rifugio per non impazzire;<br />

è l’unica ancora di salvezza a cui aggrapparsi per sé e per gli altri, specie, quando per<br />

gli altri si intende il proprio figlio. Momenti di silenzio, di silenzio che piange, che<br />

grida, che prega, che spera, che anela al miracolo: al miracolo della rinascita, del<br />

ritorno alla vita e a quel sorriso radioso che illuminava quel giovane viso.<br />

Speranzosa nella divina misericordia di Dio, quel sorriso illuminerà ancora quel<br />

giovane viso. La preghiera di una madre suffragata da una profonda Fede deve essere<br />

rivolta a Dio sia per il proprio figlio, che per tutti i giovani che tanto hanno sofferto e<br />

continuano a soffrire. Affinché possano ricevere la grazia di uscire da quel terribile<br />

tunnel che spietatamente li distrugge e li annienta.Meraviglioso è pregare e sperare<br />

per il ritorno al prezioso dono della vita.<br />

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LA PRINCIPESSA TRISTE<br />

dI CRISTIAN SEPPI<br />

In una contrada lontana, quando ancora esistevano i reami e i castelli dalle spesse mura e<br />

dalle torri slanciate, viveva una bella principessa dai folti capelli color del rame e gli occhi verdi<br />

come due smeraldi, ricchi di riflessi d’oro. Ogni sera, non appena il re Teodolindo VIII riteneva<br />

che fosse ora di andare a dormire, la bella Roslinda non faceva mai i capricci: salutava con<br />

affetto l’anziano genitore e si ritirava nelle sue stanze, infilandosi subito a letto. Quello, per lei,<br />

era il momento migliore della giornata perché i suoi sogni erano sempre bellissimi: prati<br />

sconfinati, dove l’erba, dello stesso colore intenso dei suoi occhi, danzava pigra e mossa da<br />

un lieve venticello, migliaia di fiori profumati e dalle tonalità così intense che molte volte<br />

neanche Roslinda riusciva a dare un nome al colore che vedeva, migliaia di farfalle che<br />

danzavano leggere nell’aria solo per lei e, proprio al centro di quel prato, un castello di cristallo<br />

alto e slanciato verso il cielo e con torri leggere come soffi d’aria.<br />

Quello era il suo regno segreto, lì Roslinda si sentiva veramente viva; quando era sveglia,<br />

invece, le spesse mura di pietra della fortezza di suo padre la facevano soffocare e sentire in<br />

gabbia. Per questo motivo durante la giornata la giovane ragazza vagava triste e solitaria per il<br />

palazzo e a nulla serviva che suo padre la circondasse di sontuose feste, di giocolieri e<br />

menestrelli o di vivaci damigelle; ogni sera la principessa andava a dormire e tornava a<br />

rifugiarsi nel suo mondo incantato.<br />

Il giorno che il suo vecchio padre morì, Roslinda si ritrovò costretta a succedergli al trono,<br />

impreparata ad affrontare i problemi di un regno vasto e florido. Governare non era facile:<br />

c’erano leggi da elaborare e far rispettare, ponti e strade da costruire o riparare e questioni di<br />

ogni tipo da risolvere, come le dispute terriere o i tribunali e, peggio di tutto, doveva<br />

continuamente suggellare alleanza o rapporti di scambio con altri regni. La principessa sedeva<br />

con occhi spenti sul trono lasciando che la giornata le scivolasse addosso con tutti i suoi<br />

problemi in attesa che arrivasse la sera per poter finalmente tornare a rifugiarsi nei suoi sogni.<br />

Alla fine, il suo ciambellano di corte, dopo che per alcuni mesi dovette subire questo<br />

atteggiamento, esasperato dall’apatia della principessa, si chiuse nel suo studio e iniziò a<br />

consultare vecchi libroni e antiche pergamene alla ricerca di una soluzione. Dopo alcuni giorni<br />

di estenuante ricerca, si presentò a Roslinda e le chiese di trovare marito. Magari questo<br />

l’avrebbe riportata in sé e i problemi si sarebbero risolti, ma la principessa si oppose con tutte<br />

le forze: pianse, urlò e picchiò i pugni, ruppe anche alcuni vasi, ma il ciambellano rimase<br />

fermo nella sua posizione, forte anche dell’editto che aveva scovato in una polverosa<br />

pergamena che obbligava i reggenti a sposarsi entro il primo anno di regno.<br />

Quella sera la principessa si addormentò sfinita dopo un lungo pianto. Nel sogno cavalcò uno<br />

splendido unicorno bianco fin dentro i cortili del suo palazzo di cristallo, salì le scale fino alla<br />

sala del trono e si sedette sul suo scranno intagliato in un prisma che scomponeva la luce in<br />

mille colori su tutte le pareti; era pronta a ricevere i suoi fedeli sudditi per una festa in<br />

maschera e una cena ricca di prelibatezze.<br />

Al mattino Roslinda si risvegliò riposata e felice: nel sogno aveva trovato la risposta ai suoi<br />

problemi. Per la prima colta dopo molti anni si alzò dal letto con il sorriso sulle labbra, chiamò<br />

le serve e si fece portare il suo abito più bello e i gioielli più preziosi; si acconciò con cura i<br />

capelli e danzò dentro una nuvola di profumo, poi fece convocare il ciambellano brontolone e<br />

tutta la corte nella sala del trono per il primo pomeriggio.<br />

Quando si sedette sul trono, Roslinda osservò in silenzio tutte le persone che aspettavano<br />

nella stanza con un sorriso. Erano tutte lì per lei; aspettavano solo di sapere perché erano<br />

state chiamate a corte. Lei lasciò che il silenzio si facesse sentire nel cuore di tutti e poi, con<br />

un filo di voce, prese la parola.<br />

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- ieri notte ho sognato che cavalcavo felice in un prato a dorso di un unicorno. Mi ha condotto<br />

in un castello di cristallo dalle guglie esili e slanciate verso il cielo, nel fossato scorreva un<br />

torrente di miele che zampillava da una sorgene sulle montagne dietro il castello.<br />

A questo punto Roslinda interruppe il racconto e fissò tutti negli occhi, uno ad uno, con<br />

espressione severa; poi, ad un tratto, riprese a parlare con voce talmente alta che rimbombò<br />

minacciosa sulle alte volte della sala.<br />

- Ho deciso che sposerò il principe che riuscirà a progettare il castello dei miei sogni entro un<br />

mese; a lui donerò la mia mano e lo farò mio consorte nella conduzione del regno appena mi<br />

avrà condotta nel nuovo palazzo dove ci uniremo in matrimonio. – E detto questo lasciò la sala<br />

in uno svolazzare di seta rosa, inseguita dall’eco del ticchettio dei suoi tacchi.<br />

Tutti i principi presenti nella sala rimasero ammutoliti, poi, digerita la notizia, si affrettarono a<br />

lasciare la sala e a correre ai rispettivi castelli dove interpellarono i più famosi architetti per<br />

farsi aiutare a realizzare quell’opera.<br />

Esattamente un mese dopo la principessa riunì di nuovo la corte e si presentò per visionare i<br />

progetti. Dopo aver visto cento modellini in scala non era per nulla soddisfatta: il palazzo non<br />

era di cristallo, le torri non erano leggere o slanciate, l’erba non era della tonalità giusta e il<br />

fossato non aveva miele.<br />

Alla fine, quando tutti i principi ebbero presentato i loro lavori (o per meglio dire i lavori dei loro<br />

architetti, visto che come tutti i principi non capivano nulla di costruzioni), dal fondo della sala<br />

si fece avanti un giovane alto e magro, dal viso pallido come la luna e con gli occhi di un blu<br />

intenso come il cielo di notte. Era vestito di nero fino ai piedi, e dai polsini e dal colletto<br />

spuntava un pizzo raffinato e candido come la neve. Chiese alla principessa con un filo di<br />

voce se avesse potuto presentare anche lui il suo progetto.<br />

- Chi sei?- domandò il ciambellano che presiedeva alla presentazione.<br />

- Sono un principe mio signore, vengo da molto lontano, da un regno che è di tutti ma non è di<br />

nessuno: sono il principe dei sogni e ogni notte, a cavallo del mio asinello, spargo sul vostro<br />

letto la polvere dei desideri in modo che ognuno possa avere un dolce riposo cullato da<br />

pensieri e immagini da favola.<br />

E detto questo scoprì il suo plastico. Roslinda ebbe un sussulto e rimase senza parole:<br />

davanti a lei, in miniatura, si trovava il luogo dove per anni aveva vagato nei suoi sogni.<br />

- Per te, mia signora, ho preparato una polvere speciale. – Riprese il giovane principe con lo<br />

sguardo fisso a terra. – Ho catturato la luce delle stelle e ho estratto la purezza dei diamanti,<br />

ho sciolto i colori dell’arcobaleno e ho aggiunto l’amore del mio cuore per donarti il mondo più<br />

bello che una persona avesse mai visto.<br />

Roslinda era senza parole. - Perché? – riuscì a chiedere con un filo di voce, mentre una<br />

lacrima nera di mascara le segnava la guancia candida di cipria.<br />

- Perché ti amo! Ti ho sempre amata fin dalla prima volta che ti ho vista. So che posso farti<br />

felice e donarti ogni cosa tu mi chiederai.<br />

- Per anni mi hai fatto vivere in un mando falso! – riprese la principessa piangendo a dirotto e<br />

con la voce spezzata da continui singhiozzi. – Non sono mai riuscita a sentirmi bene nella mia<br />

casa a ho fatto soffrire mio padre non riuscendo ad apprezzare i piaceri di una vita normale e<br />

sentendomi sempre un’esclusa. Perché dovrei ringraziarti? – La principessa si alzò dal trono<br />

di scatto e fulminò il principe con occhi di fuoco. – Vattene, sparisci per sempre dalla mia vita<br />

e dal mio regno!<br />

Detto questo, scappò nelle sue stanze piangendo a dirotto e coprendosi il viso.<br />

Roslinda passò i mesi seguenti ad abituarsi a vivere nel mondo reale: organizzò feste e fiere<br />

per il suo popolo, cercò di instaurare rapporti commerciali con i regni vicini. Iniziò a costruire il<br />

palazzo dei suoi sogni dirigendo di persona i lavori e, appena fu finito, edificò tutto attorno un<br />

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paese con case si madreperla e tegole di giada per il suo popolo. Tutti i sudditi erano felici,<br />

ognuno ebbe un lavoro e la povertà scomparve dal suo regno.<br />

All’età di quarant’anni i sogni di Roslinda erano finalmente realtà: andò ad abitare nel suo<br />

nuovo palazzo e si sposò, ebbe tre eredi, un maschietto e due femminucce e regnò per altri<br />

quarant’anni ancora, diventando la regina più amata di tutti i tempi.<br />

43<br />

Giovedì, 15 settembre 2005


VOLA, FARFALLA<br />

dI LENIO VALLATI<br />

Sono qui,nella mia cella, e ascolto il lento trascorrere del tempo. D’un tratto, nella<br />

grata in alto, vedo entrare una farfalla. Non me ne intendo molto, per me sono tutti<br />

uguali, ma questa ha le ali grandi e colori meravigliosi. La osservo con ammirazione.<br />

Come sei elegante! Vieni, farfalla, posati sulla mia mano. Parlami del mondo di<br />

fuori, che ho lasciato da ben otto anni, e dell’aria oltre le sbarre. Parlami del vento,<br />

che accarezza i capelli, e della libertà che ho perduto. Ero solo un ragazzo. Era<br />

difficile, allora, nel paesino del sud dove abitavo, trovare un lavoro. C’era solo una<br />

persona che poteva dartelo, e ti pagava anche bene. Bastava consegnare al tale un<br />

pacchetto, nient’altro, ma senza fare domande. Quello che c’era dentro non ti doveva<br />

interessare. Poi altre richieste, dovevi intimidire una persona, pestare il tale che non<br />

pagava il pizzo. Ogni volta una prova sempre pù difficile da superare per la mia<br />

coscienza, ma non potevo tornare indietro. Avevo i soldi per portare al cinema la mia<br />

ragazza, i soldi per pagare la moto <strong>nuova</strong>, i soldi da portare a casa dove non<br />

bastavano mai. Perché, padre, non mi hai avvertito allora di quanto sbagliata fosse<br />

quella strada che stava percorrendo? Perché, madre, anche tu non mi hai avvisato?<br />

Prendevi i soldi che ti davo senza fare domande. Eppure tu sapevi di quanto sangue<br />

grondavano! Io solo ero ignaro di tutto. Ero una vela in balia del vento. Un aquilone<br />

appeso al filo della giovinezza. In un giorno ho perso tutto, l’innocenza di chi non ha<br />

le mani ancora sporche di sangue, la mia ragazza ,la libertà. Ho lasciato dietro di me<br />

il profumo inconfondibile dei fichi d’india, delle zagare, delle arance. Il sole caldo<br />

della mia terra.L’azzurro del suo mare. Oltre le sbarre la mia vita si è dipanata lenta<br />

in questi otto anni, tra rimpianti e vane attese. I miei anni piu’ belli sono ormai<br />

passati. Ancora otto ne debbono trascorrere perché possa tornare libero. Ce la farò,<br />

farfalla? Riuscirò a resistere alla tentazione di lasciarmi andare, di rinunciare a<br />

lottare?E’ facile, sai, arrendersi al tempo, non contare più i giorni, gli anni,<br />

dimendicando chi sei.Qui dentro non esiste primavera,estate,inverno,c’è solo<br />

l’autunno con le sue monotone gradazioni dal bianco al grigio che ogni giorno ci<br />

annega l’anima. Scappa farfalla, scappa,vola via oltre le sbarre tu che ancora lo puoi,<br />

tu che sei libera e innocente come l’aria.Non lasciare che il grigio di questa stanza<br />

assorba i tuoi colori e la tua voglia di vita.Quando uscirò da qui non sarò piu’ un<br />

ragazzo. Sarò un uomo fatto.E sarò solo,solo come un cane,enza quella famiglia che<br />

da anni non viene piu’ a trovarmi e senza la ragazza che da qella tragica sera non ho<br />

piu’ rivisto.Riuscirò a tovare un lavoro,oppure mi rinfacceranno tutti di essere un<br />

assassino? Eppure fra otto anni avrò pagato tutti i miei conti fino all’ultimo, non avrò<br />

più debiti con la giustizia. Potrò affermare di non essere più la stessa persona che ero<br />

sedici anni prima. “Sono cambiato”, potrò urlare in faccia a chiunque. Ma nessuno mi<br />

darà fiducia. Nessuno mi aiuterà. Se hai sbagliato una volta puoi sbagliare altre cento<br />

volte, perché fidarsi di un ex carcerato? Tutte le porte si chiuderanno ai miei pugni<br />

vuoti, sarò costretto a rubare o a raccomandarmi di nuovo a quella gente. No, non ce<br />

la farò mai, farfalla mia. Vola, vola oltre le sbarre, tu che ancora lo puoi, lasciami<br />

solo al mio destino. Ma tu continua a volare per questa angusta stanza come se niente<br />

di qui dentro ti possa nuocere. I tuoi colori sono più vivi che mai. Forse tu sei la mia<br />

44


speranza, forse sei il segno che si può sopravvivere al griggiore di questa vita che ti<br />

consuma ogni giorno. Forse sei venuta per portarmi fuori di qui. Grazie, farfalla mia.<br />

Non mi arrenderò. Conterò ogni minuto, ogni secondo che mi separa dalla libertà. Ce<br />

la farò a tornare di nuovo libero. Tu, intanto vola, vola di nuovo oltre la grata, tu che<br />

già da adesso lo puoi e aspettami al di là di quel grigio metallo. Non respirare l’aria<br />

chiusa di questo luogo di espiazione, tu che sei innocente come l’aria. Potresti<br />

assuefarti ad essa e non avere più la forza di volare via. Potresti perderti tra queste<br />

grigie mura. Stà tranquilla, un giorno ti raggiungerò. Mancano solo otto anni, che<br />

cosa sono in fondo otto anni rispetto alla vita che ancora mi resta? La farfalla intanto<br />

si è adagiata nel palmo della mia mano. Sembra che dorma. Il rosso e il giallo<br />

spiccano nel griggiore della stanza. Macchie scure sulle ali le donano eleganza. Mi<br />

guarda con quei suoi occhietti neri posti alle estremità delle antenne. Sembra fatichi a<br />

respirare. Vola, farfalla, vola, vola oltre quella grata, tu che ancora lo puoi, tu che sei<br />

innocente come l’aria. Ti raggiungerò un giorno, te lo prometto. Non mi arrenderò a<br />

questa vita grigia che mi consuma ogni giorno. Apro le mani e la lancio verso l’alto,<br />

come per darle la spinta per volare, vola, farfalla, vola mia sola speranza di libertà,<br />

ma l’insetto ricade mollemente a terra. La raccolgo e la riadagio nel palmo della mia<br />

mano. E’ morta.<br />

45


POESIE<br />

IN ITALIANO<br />

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MONTELEONE CARLO<br />

SI LEVA UN AQUILONE<br />

Si leva un aquilone<br />

Sulle tegole, a balzi,<br />

verso l’azzurro.<br />

Stupita l’osserva<br />

una lucertola al sole.<br />

Tubano rumorosi<br />

sotto il tetto<br />

i colombi<br />

e le lnzuola stese<br />

un alito di vento gonfia.<br />

sulla porta di casa<br />

nel vicoletto seduti,<br />

due anziani<br />

prendono un po’ d’aria.<br />

Stacca due foglie di menta<br />

la donna<br />

dà, poi , l’acqua al geranio.<br />

Racconta una vecchia favola<br />

al bimbo<br />

il nonno,<br />

ricorda di sé,<br />

quando piccolo era<br />

ed insieme,felici,<br />

guardano il cielo di maggio.<br />

1° CLASSIFICATO<br />

47


INCUDINE ADA<br />

LA DOVE SCNDE IL FIUME<br />

2° CLASSIFICATO<br />

Là dove scende il fiume<br />

e la valle si apre nel fulgore del sole che sbatte al cielo come<br />

un uccello in gabbia<br />

Là fra erbe selvatiche salici e felci e sassi verso il greto del fiume<br />

Là nel bacile di pietra scavato dall’acqua<br />

mio padre si radeva specchiandosi narciso<br />

La vita ruvida guizzante nei muscoli nella canottiera nei pantaloni di lana anche<br />

d’estate<br />

nella cintura di cuoio tirata stretta stretta e nelle scarpe con le suole alte un dito che<br />

duravano una vita<br />

la giovinezza l’ardore e la forza,<br />

una manciata di secondi.<br />

La pelle dorata il sapore di maschio sudore la mano a ravviare i capelli<br />

corvini e quel sorriso del sud così bianco da sbaragliare la notte<br />

tutta la vita<br />

nella barba che cresce rapida come l’ombra nei vicoli stretti<br />

ma<br />

così stretti che passa a stento l’asino e la fila delle donne con la cesta in equilibrio<br />

sulla testa<br />

Là in quella vita di pomodori seccati al sole di muretti bassi l’odore vivo<br />

del pane a legna e la ricotta tiepida nel vimini<br />

Là nelle corse polverose e nelle scazzottate dei giovanotti<br />

alle prese con i baffetti e la scoppola<br />

Là fra i pergolati d’uva fragola e le mani sotto le prime sottane<br />

Là nel bacile di pietra ti guardo e tu guardi<br />

la figlia che sarò<br />

Là nell’acqua fresca dove cade la luce<br />

ti vengo a cercare.<br />

48


MAGI SIMONE<br />

DISTACCO<br />

3° CLASSIFICATO<br />

Calato è un oscuro sipario<br />

Su ciò che era candore.<br />

Sfumati sono ormai gli ardori,<br />

seppur corrotti dai ricordi,<br />

di ciò che era<br />

ed ora è sepolto nella indifferenza.<br />

Soprattutto le pagine non ancor scritte<br />

rappresentano un dolente rogo<br />

che non si estingue.<br />

Frantumata è ora la mia stabilità.<br />

Si è riaperta l’originale ferita,<br />

marciti sono i frutti ed avvizziti i fiori,<br />

in deperimento i miei sentimenti.<br />

Ma il mio spirito è ancora riarso di …infinito…<br />

Seppur<br />

colmo di tristezza<br />

per l’indifferenza che si annida nella tua coscienza.<br />

Svanito è l’incanto,<br />

che ora scorre assai arido.<br />

Funesta è stata questa passione.<br />

Vorrei ancora credere nella tua tenerezza,<br />

dimenticare il tuo esiziale addio,<br />

ostile, ribelle alla mia adorazione.<br />

Ignoravo i segreti latenti fra le tue spire,<br />

pensavo anzi di aver raggiunto la profondità dei tuoi abissi,<br />

credevo di sapere chi eri<br />

eppurer mi hai strppatoda te.<br />

Sono esiliato a nascondermi nella mia solitudine<br />

e costretto a nutrirmi di essa.<br />

Non mi resta che circondarmi<br />

di effimere fantasie,<br />

di sbiaditi sogni rincorsi,<br />

di immagini evanescenti.<br />

Spero un giorno di poter <strong>nuova</strong>mente raccogliere<br />

i brividi<br />

del tuo sguardo.<br />

49


BELLANCA GIUSEPPE<br />

SERA<br />

Sera,<br />

come sei nera.<br />

Sera di primavera,<br />

profumo di viole.<br />

Sera.<br />

Bisogno di solitudine.<br />

Mi siedo<br />

Col desiderio di imparare:<br />

lo sguardo cerca le righe,<br />

ma il pensiero vola<br />

nei ricordi del passato,<br />

E mi accorgo che il tempo<br />

È corso velocemente.<br />

Come avrei voluto<br />

Che tu fossi andato<br />

Piu’ lentamente,<br />

ma sordo<br />

non ti curavi di me.<br />

Ma anche adesso<br />

Sei rapido:<br />

è già notte,<br />

le mie palpebre si chiudono.<br />

Reclino il capo,<br />

Ed è già domani.<br />

E IN ORDINE ALFABETICO<br />

50


CARDILLO ANNA MARIA<br />

COME UN AQUILONE<br />

T’ho insegnato da subito<br />

quant'è bello volare da soli,<br />

ma, di nascosto,<br />

come un grande aquilone,<br />

ho legato te con un filo<br />

al mio polso:<br />

un filo che sparisse nell’aria<br />

ma che sapesse dirmi dov’eri,<br />

capace di far vibrare le dita<br />

al tuo solo tremare lontano.<br />

Un filo robusto e tenace<br />

ma docile al vento,<br />

sicura di poterti venire a cercare<br />

se ti perdi nel buio e nel tempo,<br />

per ovunque segnarti un ritorno,<br />

per parlare comunque al tuo orecchio<br />

con tocchi discreti e lontani.<br />

Un filo assai lungo<br />

che la vita dipana<br />

ogni giorno di un tratto<br />

e che io, di quel tratto,<br />

la notte riavvolgo…<br />

si chè il tuo aquilone<br />

mi appaia di nuovo<br />

volare nel cielo<br />

aprendo ogni giorno<br />

occhi e cuore di madre.<br />

51


CATALANO PIETRO<br />

IL MONDO SCONOSCIUTO<br />

Che giorno è mai questo,<br />

quando vedi suonatori<br />

di flauto fra strade affollate<br />

e nomadi che chiedono qualcosa<br />

a passanti frettolosi<br />

che guardano l’orologio della vita<br />

correre piu’ veloce dei loro piedi?<br />

Dove andranno la sera questi uomini,<br />

quale casa li inghiottirà<br />

e chi li aspetterà ansioso<br />

di trovarli ancora vivi, nell’anima<br />

ciascuno consuma la giornata<br />

pensando a quella successiva,<br />

ma il tempo presente<br />

rintocca lo scorrere della vita.<br />

Chi saranno mai quegli uomini<br />

che incontri la mattina,<br />

quali problemi, quali sentimenti, quali speranze<br />

abitano nei loro cuori?<br />

Ognuno è solo dentro abiti<br />

fabbricati da altri sconosciuti,<br />

eppure siamo tutti così vicini,<br />

stretti negli aliti<br />

dei vetri appanati la mattina,<br />

ma così lontani<br />

come mondi sconosciuti.<br />

52


CARLA CAVALLO<br />

CONFRONTI<br />

Gioia:<br />

di grida e schiamazzi,<br />

Dolore:<br />

tonfo sordo<br />

di ginocchia cadute al suolo,<br />

di lacrime salate,<br />

nel silenzio maledetto.<br />

53


CERBONE GIUSEPPE<br />

XXVI . III<br />

Contorto e rannicchiato<br />

su di una sedia scomoda<br />

fra la violenta voce<br />

delle retoriche insulse.<br />

Lo specchio dorato<br />

Velato da un candido lenzuolo<br />

Il viso fra le mani<br />

Gli abbracci di persone dimenticate.<br />

Dall’eleganza del tuo letto<br />

Mi ascolti silenziosa<br />

Con l’ingenuo sorriso<br />

Dipinto cupo sul tuo volto.<br />

Tra le braccia composte<br />

Non hai piu’ caramelle<br />

Ma un rosario amaro<br />

Che non puoi regalare.<br />

Col capo chino<br />

Ti accompagno nel lento supplizio<br />

Fra lacrime aride.<br />

Né croci né incensi<br />

Risvegliano respiri<br />

Soltanto sinistri rintocchi<br />

Ti abbracciano indicandoti la via.<br />

Nel buio del legno<br />

Sommersa da pianti di terra<br />

Io vedo i tuoi occhi.<br />

Con le mani raccolte<br />

Nascondo il profumo<br />

Che hai appena indossato.<br />

Mi sorprendo a tenderti la mano<br />

Mentre cammini con fatica<br />

Per donarmi una carezza.<br />

54


GIORDANO ANTONINO<br />

STOLIDANZA<br />

Ma sono io,rugoso e incanutito?<br />

Io sono riso,ardore e giventu’.<br />

Ma il tempo m’ ha corroso e sbalordito<br />

Mi guardo e non mi riconosco piu’.<br />

Ieri guidavo in macchina e impettito<br />

Stavo al volante e m’hai guardato tu.<br />

Poi m’hai detto:”Che fai,rincoglionito?”.<br />

Bella fanciulla, fiore di virtu’,<br />

m’illudevo d’averti il cuore infranto,<br />

credevo di piacerti ancor financo,<br />

della tua attenzione farmi un vanto.<br />

Volevo ancora un poco strti accanto,<br />

chiedevo stare ancora un po’al tuo fianco,<br />

cosi’ ho sbattuto al muro, Cristo santo!<br />

55


GUGLIUZZA SALVATORE<br />

SENZA QUELLA POESIA…<br />

Io,uomo senza piu’ attese né speranze,<br />

senza quell’amore che nell’anima ha<br />

il colore dei tuoi occhi e la forma del<br />

tuo viso,senza quella poesia nel cuore<br />

che regala solo inganni e nostalgia,<br />

aspetto la notte ch non mi regala piu’<br />

né sogni né sorrisi e la mia solitudine<br />

si perde fra il buio delle illusioni mentre<br />

la luna si immerge lentamente nelle<br />

mie lacrime tra polvere d’amore e<br />

stelle quasi spente.<br />

56


INSERAUTO SALVO<br />

IO E TE<br />

Io e te<br />

E tutti i nostri anni,<br />

i palpiti,le vibrazioni,<br />

i trascendenti momenti<br />

dentro le emozioni.<br />

Io e te<br />

E i giorni tristi<br />

Quelle delle gioie spente<br />

Che si consegnano al dolore.<br />

Io e te<br />

Sempre li’,pronti a ripartire,<br />

a volare senza ali,<br />

ad accorciar distanze<br />

fra il vivere e il sognare.<br />

Io e te<br />

Contraccettivi dialoganti<br />

Fra i problemi degli umani,<br />

ombreggiati di vergogna<br />

per quella gente d’Africa<br />

morente o malandata,<br />

impotenti alla politica omicida<br />

senza alcun viagra.<br />

Io e te<br />

Nelle lunghe notti<br />

del silenzio d’oro,<br />

in quei concerti intensi<br />

pausati da latranti crome,<br />

distesi sull’accattivante pentagramma<br />

dove voluttuose note<br />

porgono fianco<br />

al partorir delle parole.<br />

Io e te<br />

Affascinanti e affascinati<br />

In quel goder mentale<br />

Così avvinghiati, con dolcezza,<br />

senza stuprare.<br />

Io e te<br />

E la nostra storia,<br />

innamorati e amanti<br />

verso il futuro,<br />

mia fedele poesia.<br />

57


LAZZARA ANDREA<br />

COME UN FIUME<br />

Alle tue amate sponde,<br />

o argenteo fiume<br />

ove allora si specchiava il firmamento,<br />

affidai,<br />

turbato,<br />

ricordi e sensazioni<br />

della mia primavera di vita.<br />

Troppo siete rimaste nell’oblio,<br />

soli senza essere ricordati,<br />

consolati dallo scorrere<br />

instancabile e pacifico<br />

delle perenni acque.<br />

Sono tornato,<br />

ma non vi ho ritrovati.<br />

Quelle stesse acque in piena,<br />

tra vortici e correnti,<br />

come un turbine di vento,<br />

vi aveva trascinati,<br />

verso il mare,<br />

nel grande mare.<br />

Vi ho cercati,<br />

ma eravate lontani,<br />

vivevate confusi ad altri ricordi.<br />

Ricordi che non mi appartengono.<br />

Avevate solcato gli oceani,<br />

toccato terre lontane,<br />

senza trovare padroni,<br />

finchè siete approdati<br />

alle spiagge della mia vita.<br />

Vi ho riconosciuti tra tanti,<br />

avete saziato la mia nostalgia,<br />

dalla quale mi credevo libero<br />

in giovane età,<br />

ma che ha contagiato la mia mente<br />

negli anni della saggezza.<br />

58


LEGGIO GIUSEPPE<br />

CHIQUITA<br />

La figlia di Paulo<br />

ha indosso un vestito turchese<br />

la pelle bianca, rosa il sorriso<br />

tenue, ed il nero, le trecce e scarpette<br />

pulite, profuma, piano, senza rumore<br />

ora conta, fino a dieci<br />

e il suo nome scrive sui muri,<br />

piange pure e mangia le more<br />

la figlia di Paulo<br />

ti guarda, ma sente freddo<br />

tra i morti di Rjo.<br />

59


LILIANA MAMO RANZINO<br />

QUELLE DUE VUOTE BARCHETTE<br />

I verdi anni, gli amori,le gioie,<br />

le rosee terrne speranze<br />

sono svanite nel tempo,<br />

ma non naufragate<br />

nel tempestoso mare della vita.<br />

Sono rimasti,infatti, ricordi<br />

Che i permettono ai nostri i cuori solitari<br />

Di affrontare,imperterriti, marosi.<br />

Siamo come quelle due barchette vuote<br />

Che mute,silenziose,<br />

si lasciano cullare,<br />

ma non tavolgere<br />

dalle onde tempestose del mare.<br />

La nostra vita non resterà<br />

Del tutto vuota e priva di senso<br />

Perché piena di eterna,<br />

misericordiosa speranza.<br />

60


LONARDO ANTONIO<br />

AUTSIDER<br />

Policromia dell’esistenza,<br />

incrollabile empireo<br />

di una vita vissuta<br />

a coniugare costantemente<br />

la forza delle idee<br />

con il turbinìo dei tempi…<br />

Caleidoscopica luce,<br />

venuta dall’Oriente,<br />

ha attraversato i deserti<br />

dei cuori induriti,<br />

scavalcando i muri,<br />

caduti con le ideologie.<br />

Desideroso di vita,<br />

ha baciato, estatico,<br />

le orchidee trasparenti,<br />

fecondate dall’amore<br />

e protese nel tempo<br />

a raggiungere il cielo.<br />

Strabilianti coincidenze,<br />

profeticamente scatenate,<br />

di pericolosi attacchi<br />

miracolosamente superati:<br />

eroismo decretato<br />

dalle masse festanti<br />

Coraggiosa volontà<br />

d’inginocchiarsi alla storia<br />

e chiedere perdono<br />

di macroscopici errori:<br />

costante paradosso<br />

di tempi ormai superati.<br />

Universale visione,<br />

ha valicato confini contratti,<br />

inchinandosi a qualsiasi terra,<br />

per avvicinare l’umanità<br />

alla radice comune<br />

di un’unica origine.<br />

61


Incessante torre orante<br />

di visione geo-trascendente<br />

per disincantare i temuti silenzi<br />

di un Dio certamente offeso<br />

da insensati conflitti<br />

scatenati da supposti moventi.<br />

Dolorosa esistenza<br />

del corpo e dello spirito:<br />

assurda miopia di gruppi,<br />

provvidenzialmente sconfitti<br />

da miracolosa resistenza<br />

decantata dalla storia.<br />

62


LO DATO FRANCESCA<br />

BELLEZZA IN CUCINA<br />

Oh che bellezza in cucina,<br />

con cipolla e cipollina,<br />

che sono le regine della cucina;<br />

l’aglio ha l’alito cattivino,ma il gusto carino<br />

la melenzana cheè un bel pranzetto<br />

la mangiamo volentieri che è gustosa e fina,<br />

la zucchina è leggerina nel nostro corpo tanto effetto fa<br />

carote e prezzemolo sa fare un bel piatto,<br />

chi li può mangiare si diverte e questo il fatto,<br />

patate,prosciutto,riempi il tuo piatto dappertutto,<br />

le carciofe pungono davvero ma è un frutto che<br />

non perderemo,<br />

e oggi tutti a tavola li porteremo,<br />

e quando non c’è né li li cerchiamo ma perché?<br />

Perché è il frutto piu’ gustoso che c’è.<br />

63


MORTILLARO DANIELA<br />

I SEGRETI DEL’ANIMA<br />

I segreti dell’anima si inabissano nel nostro io<br />

e rendono questa vita altalenante tra il cielo e la terra.<br />

Trema sotto i piedi il cuore mentre un grido muore in gola…<br />

e trema, trema tutto il tuo corpo.<br />

I traditori sono qui, sono accanto a me<br />

e respirano la mia aria…<br />

la stessa aria inquinata dal loro dire<br />

e dalle gocce di sangue traboccanti da ogni fessura.<br />

Brandelli di carne e di vita ci abbandonano<br />

Settanta anni prima dell’ultimo respiro.<br />

64


NOTO ALBERTO<br />

DEMETRIA E LA FALCE SMARRITA<br />

Partì subito Demetra,<br />

Dea della fertil terra,<br />

con uno sguardo mest<br />

ed una faccia tetra,<br />

alla ricerca della figlia tanto amata,<br />

rapita a sua insaputa,<br />

mentre sul suo trono era seduta.<br />

Con la falce tra le mani,<br />

simbol delle vestigia sue regali,<br />

il suo viaggio iniziò<br />

e in lungo e in largo<br />

la vergin figlia cercò.<br />

In Sicilia ormai era giunta<br />

stanca spossata e affranta,<br />

che la mente sua vacillava,<br />

mangiar e ber da tanto le mancava,<br />

e se chiudersi gli occhi suoi pur si sentiva,<br />

di quel dì<br />

d’esser partita mai si pentì!<br />

Presto le sue mani allentarono le prese<br />

ed attonita vide cader giù il regio arnese:<br />

“addio falce, scettro regnante”!<br />

il mio destino<br />

mi perseguita ogni istante!<br />

Questa è la storia<br />

che la leggenda ci tramandò<br />

che dove la falce,<br />

simbol delle messi si posò<br />

Trapani nacque ed ivi si fondò.<br />

65


PASSAFIUME CLELIA<br />

SGUARDI RUBATI AL TEMPO<br />

Incroci di sguardi,<br />

rubati al tempo,<br />

si confondono, si alternano,<br />

come linguaggio<br />

espresso da un desiderio<br />

che incita al ravvicinamento,<br />

fuori dal divieto.<br />

Sguardi che si cercano,<br />

si scrutano, si eccitano, si provocano;<br />

gli stessi sguardi<br />

che si perdono,<br />

quando l’anima<br />

utilizza altro<br />

per esternarsi escludendo il silenzio.<br />

Sguardi che erano felici,<br />

di credere nella vittoria,<br />

di illudersi reciprocamente<br />

di volare a alta quota<br />

sopra ogni problematica dimora,<br />

alla vista di una evoluzione relazionale<br />

di una meta che le aspettative ha consumato.<br />

66


PERCIACCANTE ALFREDO<br />

VITA….. NON VISSUTA<br />

Andare verso il mare…<br />

come un poeta<br />

alla ricerca della sua Musa ispiratrice<br />

nel ricordo di un passato non lontano…<br />

di una musica che si disperde nel vento,<br />

simile ad un gabbiano nell’immenso.<br />

Sedersi sulla riva…<br />

davanti al silenzio<br />

ascoltando il dolce sciabordio dell’acqua,<br />

che lambisce i piedi ormai nudi.<br />

L’attimo d’un ricordo…<br />

fa ritornare il panico,<br />

poi tutto passa…<br />

rimane solo il rammarico<br />

per una vita… non vissuta.<br />

E’ la mia vita!<br />

67


RUNFOLA CRUCIANO<br />

LA PRINCIPESSA DI VIA MERLO<br />

E cosi’ te sei andata ,amore mio<br />

Mia principessa,mia regina,mio angelo<br />

Di fronte ad un destino crudele,<br />

Ad tremenda malattia niente<br />

È possibile.<br />

Ti ricordo rinchiusa nella stanza<br />

Piu’ remota, nella casa piu’ alta<br />

Di via Merlo, ed io Shrek<br />

Ti liberavo al suono di un campanello<br />

E nella notte fuggivamo<br />

Col cuore colmo di gioia.<br />

Infine con la Birilulmina a mille<br />

Superate hai le spondine del talamo ultimo<br />

E mentre ti trattenevo ho sentito<br />

Il bacio piu’ dolce della mia vita<br />

Come se Diostesso si fosse<br />

Su di me chinato.<br />

Mi laci i tuoi geni scorazzanti<br />

Che vivono nel tuo amore,Mamma,<br />

Ed un cuore colmo della tua assenza<br />

Mentremi attardo fissando<br />

Dal piazzale della scuola<br />

La mia montagna e il cielo<br />

Sperando di vedrti,amore mio<br />

Cosi’ come tu certamente vedi me.<br />

68


SANCES SALVATORE<br />

TERRA<br />

Notte!<br />

Notte come tante!<br />

Non solo in una notte,<br />

ma in tutte quelle andate,<br />

tu terra, hai rivisto sempre la luce!<br />

Polvere e gas, ruotavi attorno a stella<br />

mirando ad una unione<br />

che volge a progetto<br />

di uomini oggi.<br />

Una molecola<br />

nata chissà come<br />

venuta chissà da dove<br />

ha riprodotto finalmente, se stessa!<br />

E’ Vita!<br />

Ma Vita brevissima<br />

E contorta nel cammino!<br />

Che sei Vita al cospetto del tempo?<br />

Pari a staffetta, tu, Vita,<br />

mentre in uno lasci in altro compari.<br />

E così, sempre!<br />

E con intervalli cortissimi!<br />

Ho visto un ficus,<br />

campa mille anni!<br />

Perché io, uomo,<br />

ho un passaggio più breve?<br />

Ha una pianta<br />

Un pensiero, una morale<br />

Ed un compito cui assolvere<br />

Più nobile o complesso del mio?<br />

Se nulla ci crea, nulla si distrugge,<br />

tutto è e si trasforma<br />

cosa sarà stato di me?<br />

Cosa sarò?<br />

69


E tu terra che ti muovi attorno al sole<br />

E con il sole nella galassia<br />

E con la galassia nell’universo<br />

Sfidando le leggi del tempo cosa sarà di te?<br />

E della VITA dancerina, beffarda e puttana,<br />

quando tu, sole, non darai alimento<br />

quando anche tu, sole, cadrai nell’eterno riposo,<br />

cosa sarà di Lei?<br />

Lui sa!<br />

70


SANGERVASIO ANTONIO<br />

COME BLOCCATI<br />

Siamo inganni<br />

Metamorfosi di immagini<br />

Intaglite nei ricordi,<br />

ferite non chiuse<br />

di un amore oscurato dall’autunno,<br />

chiodi in un muro maestro,<br />

fermi immagine del sempre continuo incessante sperare,<br />

l’ingresso vietato<br />

per chi non sa desinare<br />

vizi e virtu’ scomposta in tasselli,<br />

bloccati dal vento<br />

nelle eclissi di ogni<br />

promessa sfumata.<br />

71


VALLATI LENIO<br />

ALBA E TRAMONTO<br />

Tu sei l’alba<br />

I vestiti<br />

Ancora aspersi di rugiada<br />

Nel cuore i misteri della notte<br />

E negli occhi luccichii di stelle<br />

Io sono il tramonto<br />

Foglie secche nell’anima<br />

E negli occhi<br />

Rosastri bagliori<br />

Di un sole cadente<br />

Ma dentro sento<br />

Tanta voglia d’amare<br />

Com se io e te<br />

No fossimo poi<br />

Cosi’ diversi<br />

In fondo<br />

Soltanto il giorno ci divide.<br />

72


73<br />

POESIA<br />

IN DIALETTO SICILIANO


GIORDANO ANTONINO<br />

BALLATA DI LIBERO GRASSO<br />

Iu vi cuntu la storia di chistu<br />

E di tutta a so povera genti<br />

Ca si misi, stu poveru cristu,<br />

n’testa di non pavari tangenti.<br />

Viria fimmini senza manciari,<br />

iddu avia n’anticchia di sordi<br />

e vuliva li fari fruttari<br />

senza fari cu l’autri accordi.<br />

Una fabbrica sennza pritisi,<br />

cu na pocu di bravi operai<br />

che facianu beddi cammisi<br />

ca speranza di un chiuriri mai.<br />

Li negozzi accattavano a robba,<br />

iddu buonu pagava la genti,<br />

la famigghia cu i picciuli addobba<br />

ed aviva i so boni clienti.<br />

Ma ‘un si pò travagghiari in Palermo,<br />

un ti po’ sulu rumpiri i rini;<br />

si un vò stari immobili e fermo<br />

a’ trattari cu li malandrini.<br />

E l’industria e u commerciu? Minchiati!<br />

Ci su tanti persuni sfriggiusi<br />

Ca proteggiunu essendo pavati<br />

E s’un paghi ti fannu i pirtusi.<br />

Si nun paghi, si si abbutatizzu,<br />

ti rialano i testi i craprettu.<br />

Ca vordiri”si un paghi lu pizzu<br />

Ti sparamu n’to mezzu du pettu”.<br />

“Sugnu onestu, picchi’ ma scantari?<br />

Iu non l’aiu vagnatu u carbuni<br />

Sugnu libero ed a’travagghiari,<br />

senza aviri cavigghi e patruni”.<br />

1° CLASSIFICATO<br />

74


Ma la notti lu cori si schianta,<br />

l’arma sua ridiva e chianciva,<br />

ca ddu jornu a nu pezzu i novanta<br />

ci avia fattu una gran negativa.<br />

L’omi giustu s’avà ribelari<br />

E lu scantu nun movi giustizia<br />

Cu si scanta si fa supraffari<br />

Ci av’a esseri unu ca inizia.<br />

Puvireddu, st santu cristianu<br />

Ca cririva di smuoveri l’armi<br />

Ca rifiuta cu appara la manu<br />

Cu risorvi li casi cu l’armi.<br />

Sona a sbegghia e si susi du lettu,<br />

accussi scinni prestu a matina.<br />

Un curnutu ci spara n’to pettu.<br />

Iddu soffri, però si trascina<br />

Nuddu viri e poi nuddu s’affaccia.<br />

Li curnuti ci sparanu n’testa.<br />

N’to cimentu iddu sbatti la faccia.<br />

Lettu i morti a cu fici protesta.<br />

Tuttu chianci ma fabrica chiui,<br />

iddu puru si nchiui n’to tabutu.<br />

Nienti cancia s’un vulemu nui;<br />

puru tu caru miu si futtutu.<br />

Lu cantavi, facennu un duviri<br />

D’omu apertu ca parra n’ta chiazza<br />

E cu vuli mi da dà centu liri,<br />

pi la storia d’un omu di razza.<br />

75


BARONE NINO<br />

ALLURA SCAPPU<br />

Lu dicu a tutti beddu chiaru e forti,<br />

chi ‘nta sta vita cchiù nun si fatica.<br />

Li gnuni chini avemu darrè li porti,<br />

nun manca nudda cosa, granni o nica.<br />

Ni lamintamu poi d’a malasorti,<br />

chiancemu sempri comu li nuddica.<br />

La virità?- Di dintra semu morti,<br />

nun semu degni di la storia antica.<br />

Chi ‘nzignamentu damu e nostri figghi,<br />

chi sunnu sazzi, nun fannu preu a nenti.<br />

E cchiù ci duni, cchiù ti li cattigghi,<br />

mi pari a mia c’arrestanu scuntenti.<br />

Quantu sprecu chi c’è ‘nta li famigghi,<br />

ci pinzamu a cu pati veramenti?<br />

Avemu ‘n tàula, si, li megghiu trigghi,<br />

avemu tuttu, ma un canuscemu stenti.<br />

Persi gustu, la vita, ‘u sò valuri,<br />

di sti tempi è facili campari.<br />

Ma nun senti cchiù l’aroma, lu sapuri,<br />

paremu pupi senza li pupari.<br />

Allura scappu, sta vita mi distruri,<br />

‘nta dda vanedda mi vaiu a cunzulari.<br />

Dunni li petri ni parìanu ciuri,<br />

dunni virìa li strummali firriari.<br />

2° CLASSIFICATO<br />

76


AIELLO VINCENZO<br />

CARRETTU SICILIANU<br />

Chiddu ca pi mè nannu Petru era<br />

prima nicissità p’ù sò travagghiu<br />

addivintò pi nuatri ‘na bannera<br />

e opira d’arti ‘n’ ogni sò dittagghiu.<br />

La rota ‘un scrusci cchiù nta la pirrera<br />

ma musica li canti ‘i carrittera.<br />

Li vidinu sfilari ammàarati<br />

li furasteri e tutti ‘i paisani<br />

comu giuielli rari sù ammirati<br />

p’ì festi d’ì citati Siciliani.<br />

Supra ‘i barruna li testi ‘ntagghiati<br />

e nto sidduni giumma culurati.<br />

Li masciddara sunnu quatri fini<br />

pittati d’ì Ducatu ‘i Bagarioti<br />

Orlannu cu Rinaldu spadaccini<br />

si movinu ch’i mossi di li roti.<br />

Di sita svintulìanu li nastrini<br />

specchi e giummidda ‘i lana a pallini.<br />

C’è lu rituni misu a pinnuliari<br />

sutta d’ù tavulazzu di davanti<br />

pi mantinìri all’ummira ‘u manciari<br />

l’alivi e un vastidduni p’ì viaggianti.<br />

Vacìli pi l’armalu abbivirari<br />

bùmmulu e varrileddu pi tummàri.<br />

A pinnuluni sutta d’’u casciuni<br />

p’ì notti ca nun c’er’a luna china<br />

ncucciat’on croccu c’era lu lampiuni<br />

e p’attaccari ‘u cani la catina.<br />

Splenni lu giallu d’’u nostru lumiuni<br />

e di li sangunelli l’aranciuni.<br />

L’asti sunnu du vrazza d’alligria<br />

c’abballanu ‘na bella tarantella<br />

cu musica ‘i cianciani c’arricrìa<br />

e lu cavaddu abbrazzanu d’à bella.<br />

E ogni tantu all’aria si sintìa<br />

lu scrùsciu di la zotta chi scattìa.<br />

3° CLASSIFICATO<br />

77


Comu na cosa di granni valuri<br />

cu nn’avi unu strittu si lu teni<br />

si lu mmizzigghia e ‘allustra a tutti l’uri<br />

com’a nu figghiu ad’iddu voli beni.<br />

E di li nostri nanni lu suduri<br />

scinni e abbivìr’ad’iddu com’un çiuri.<br />

78


E, in ordine alfabeto, tutti gli altri che hanno partecipato a questa sezione del<br />

concorso.<br />

GIUSEPPE BELLANCA<br />

LU MO PAISI<br />

Stasira ti staju taliannu.<br />

Vistu di cca mi pari u presepi<br />

O paisiddu mi.<br />

Terra di viddani e di miniatura<br />

Ca lu duru pani sanu scuttatu.<br />

Sangu nustru a datu<br />

A li paisi frusteri.<br />

Lacrimi e dulura ppi sti dipartiti.<br />

Ma stasira ti vju biddu.<br />

Ci joca anchi a luna.<br />

E lu me cori batti forti.<br />

79


DI GAETANO ENZO<br />

SIGNURI PENSACI TU<br />

Ringraziu u Signuri e la Maronna<br />

Si la me penna ancora scurri linna<br />

Quannu nta menti cosa bbona abbunna.<br />

Ma su sempri cchiù picca sti mumenti<br />

Sintennu a comu si cumporta a genti.<br />

Ma su tutti mpazzuti?<br />

U ranni ca t’ammazza u picciriddu,<br />

e u pedofilu ca s’approfitta di iddu,<br />

u Kamikazi ca si fa satari,<br />

purtannu luttu e morti tra la genti<br />

ca sunnu da e un centrinu pi nenti,<br />

a fimmina ca mbagnu partorisci,<br />

possibili ca chista nun capisci<br />

ca cu è chi nasci si lav’addivari?<br />

E invece nzoccu fa? Lu va a ghittari.<br />

Tant’anni ziti si vannu a spusari<br />

E dopu pocu tempu si vonnu divorziari.<br />

Ma è a fini ru munnu?<br />

Oh Signuruzzu misericurdiusu ca tu sti cosi<br />

Certu li po’ fari,<br />

v’acchiappali pa manu a tutti chisti<br />

e portali a to casa a meditari,<br />

picchì si si cuntinua cu sti cosi,<br />

cugghiemu tanti spini e picca rrosi,<br />

na grazia l’addumannu a tutti i santi,<br />

pi la me testa fari addurmentari,<br />

ettu la penna e mi vaiu a ripusari.<br />

80


GAGLIANO MICHELE<br />

L’EMIGRANTI<br />

Lassava tutti li so cosi a lu paisi:<br />

la casa cu la famigghia;<br />

l’abbitudini e tuttu lu munnu so.<br />

Era siddiatu assai,<br />

si taliava ‘ntunnu ‘ntunnu<br />

caminannu dintra ddà stazione,<br />

si sinteva nicu nicu,<br />

si macinava di dintra e dintra<br />

dumannannusi pirchì?,<br />

Pirchì sta pinitenza?<br />

Si sinteva comu ‘n’arvulu<br />

stradicatu di la so terra,<br />

avia l’occhi lustri e nun si fidava<br />

mancu a diri ‘na parola.<br />

Attaccatu cu ‘nu pezzu di rumaneddu,<br />

avia ‘nu cartuni pi valigia,<br />

partia pi nautru munnu<br />

chiù riccu, chiù modernu.<br />

Acchianava supra ‘nu trenu<br />

ca centu voti ‘nta li so sonni<br />

avia incutu di spiranzi.<br />

Di ‘nu finistrinu di lu trenu, ora vidia<br />

l’occhi di cu già aspittava lu so ritornu:<br />

mugghieri, matri e picciriddi so.<br />

Partennu si purtava li so spiranzi,<br />

lassava lu cori e l’anima so.<br />

81


GATTO CONCETTA<br />

U MARITU LAMINTUSU<br />

Mi susu a matina<br />

E mi fazzu la cruci<br />

Spirannu ca jurnata<br />

Passari duci duci.<br />

Pinsannu a me maritu<br />

Mi mettu lu falaru<br />

E cu tanta pazienza<br />

Mi mettu a travagliari.<br />

Ci lavu a cammisa<br />

Ci stiru u pantaluni<br />

Pi fallu caminari<br />

Pulitu comu un baruni.<br />

A menzujornu poi<br />

Priparu lu manciari<br />

Arriva u mariteddu<br />

E si po’ sazziari.<br />

S’assetta o tavulinu<br />

E si metti a manciari<br />

E poi adagiu adagiu<br />

Si metti a lamintari.<br />

Mi dici ca è salatu<br />

Cu assai pipareddu<br />

Ma giuru ca c’occhi journu<br />

Ci tiru lu tianeddu.<br />

Tra murmuri e lamenti<br />

Finisci la jurnata<br />

Ma prima di durmiri<br />

Mi duna ‘na vasata.<br />

82


IMBURGIA SALVATORE<br />

ONOREVULI<br />

Onorevuli illustre si tu,<br />

ca li me voti iavi circannu<br />

chiancennu comu vanniannu<br />

p’acchianari ‘nto Parlamentu.<br />

Ora ca puru acchianari facisti ,<br />

po diri sempri a li to parenti,<br />

ca surari facisti e grannhi stenti<br />

p’aiutu dari a cu tu prumittisti.<br />

Ma na vota ca ‘dda t’assittasti<br />

Nun pensi a chiddi ca pi ttia vutaru.<br />

Ma sempri iu sugnu chi votu e parru:<br />

susiri t’hai unni u culu affunnasti<br />

83


SALVO INSERAUTO<br />

ALIVOTI<br />

Era di sabaturia, di prima sira<br />

avia scinnutu p’accattari ‘u pani,<br />

quannu vitti a punta ‘i cantunera<br />

du’ picciuttazzi ca, sutta li me’ occhi,<br />

s’abbiavanu a scippari n’anzianedda;<br />

d’istintu, fici n’tempu<br />

a tirarimilla a mia versu lu muru,<br />

jttò vuci la fimmina scantata<br />

e li scagnuttazzi supra li muturi<br />

accilliraru e nun li vitti chiù.<br />

Grazii!Dissi abbrazzannumi ‘ vicchiaredda,<br />

lu Signuruzzu t’avi a binidiri,<br />

e vidennu ca s’avia arripigghiatu<br />

l’accumpagnai ansina a la sò casa.<br />

Fici pi riturnariminni dintra<br />

Quannu ‘n facci a mia,<br />

vitti arreri li malacarni ‘ i primaù<br />

cu autri beddi ‘ mpigni di cumpari<br />

puntari drittu versu di mia;<br />

lestu lestu, cu li peri n’culu,<br />

scappaiu currennu a tuttu ciatu<br />

assicutatu d’iddi, semri darreri,<br />

io cu lu me cori ‘ mmucca mi vutava<br />

e chisti sempri chiu vicini,quasi a tuccari,<br />

finu a quannu ‘tisi ddi manazzi ‘i supra;<br />

era già n’terra, m’avaianu pigghiatu.<br />

Cuminciaru a fetiri ‘i lignati,<br />

quantu cavuci scippava mentri dicianu:<br />

“accussì t’insigni a ‘un t’ammiscari”<br />

E cafuddavanu comu m’pazzuti.<br />

Iu, cu li me vrazza circava di pararimi,<br />

a mè cammisa rea ‘nchiappata ‘i sanguùe iddi, sempri ‘na frasi:<br />

“accussì t’insigni a ‘un t’ammiscari”.<br />

Nun si vidia nuddu e nuddu s’ammiscava,<br />

li vrazza chiù nun li putia isari<br />

e quannu ormai p’arennimi mi stava,<br />

‘ntisi un gran rumuri, mi taliau ‘ntornu<br />

Ed era sulu, comu un allallatu.<br />

Ma ci criditi vuatri?<br />

M’avia sulu ‘nsunnatu!<br />

Viditi? Alivoti campari<br />

È chiù bellu di sunnari.<br />

84


LEGGIO GIUSEPPE<br />

VI CUNTU LA PACI CU L’OCCHI APERTI<br />

Un gniornu di frivaru furturusu<br />

bianca na palumma circava lu riparu<br />

puvuredda, un truvannu a destra e a mancusa<br />

ne cornici e finistruna, ne purtusa nta lu muru.<br />

Di luntanu, mmenzu la bufera<br />

s’addunau d’un nidazzu di sparveri<br />

autu, spinusu supra n’ilici quartara<br />

“comu purtarisi o cippu” pinsò “megliu un ci iri”.<br />

Ma a lu stremu di li forzi ormai arrivata<br />

cu putittu puru ora scummiglienti<br />

turnari appi, arreri pi dda strata<br />

e tuppiannu addumannau di questanti.<br />

“Sugnu palummedda già spirduta,<br />

e ora preu a vossia, d’ascutari<br />

appizzu lu me secutu e vi sugnu ubbligata<br />

di quattru muddichi m’accuntentu vulinteri”.<br />

“Cummari palumma” rispunniu lu sparveri<br />

“Ata a sapiri ca lu munnu eni tirchiu a lu dari<br />

e di chiddu chi duna voli sempri n’arreri,<br />

a porta iò va rapu ma du restu a vinìri”.<br />

Misirazza, capennu la sunata,<br />

misi avanti lu stentu a la so vita<br />

e di lena misa e curaggiu armata<br />

furriau li spaddi a ddu nimicu senza pìeta.<br />

Furtunata fui pirò ntà la svintura<br />

attruvannu, vidi i cosi, dda vicinu<br />

na littiglia pi li cani cummigliata<br />

e dda dintra pot’aviri un pocu ì leviu.<br />

Ora senti senti, ddu vintuni pirmintiru<br />

purmunaru accurrenti a mala annata<br />

allivanca lu furtinu du carnaru<br />

di l’agiu o disìu tutta ntà na vota!<br />

Si truvau ‘ccussi alla limosina<br />

lu superbu sparveri rucculiatu<br />

di nuddu però, puru iddu appi lesina<br />

e a dda arripizzata chesi l’aiutu.<br />

“Pi mia m’abbasta solu n’agnuni”<br />

85


dissi ‘ccuglienti a puvuredda<br />

“se vossia s’accuntenta, megliu un c’eni”.<br />

“Vabbeni, vabbeni” s’accoffa lu sbruffanti.<br />

Ma si sapi, cu fa beni mali aspetta<br />

chista fu la sorti di dda criatura<br />

ca lu sparveru niannucci la porta<br />

si l’ammucca allampatu nnò un muccuni.<br />

Povira fini, chistu u ringraziu?<br />

Di tantu, macari troppu, benvuliri<br />

di la paci bedda stidda a palummedda<br />

simulacru distinatu a un s’avverari.<br />

Picchì li così s’arripetunu jennu jennu<br />

lu sparveri sbintricatu da lu cani<br />

natura e lotta ‘nsemmula vannu<br />

lordi di sangu, dirigiunu lu munnu.<br />

86


LILIANA MAMO RANZINO<br />

L’OMU E L’ARMALI<br />

Sem una lu dumila<br />

E l’omu sfida li stiddi<br />

E li profunnità di lu mari<br />

Ma, ancora avi tantu d’apprenniri<br />

Speci da l’armali.<br />

E’ tuttu scienziatu<br />

È tuttu sapienti,<br />

ma chiddu ca un navi<br />

su li sentimenti<br />

si senti cristianu e bonu<br />

ma,sulu iddu sapi fari lu mali<br />

a nautru omu.<br />

L’armali puru sivastuni<br />

E li calpesti<br />

Ti vennu incontru<br />

E ti fannu li festi.<br />

Li so nicareddi criscinu cu cura<br />

E li protegginu senza paura<br />

Sulu lìomu è capaci<br />

Di fari lu mali chiù ranni ca c’è<br />

Ammazzanu pi nienti,<br />

lu simili a se.<br />

87


LO DATO FRANCESCA<br />

OH, CHE BEDDU STU MUNNU!<br />

Oh, che beddu stu munnu!<br />

E? veru beddu e popolatu.<br />

Li so biddizzi sunnu infiniti,<br />

oh, si fussi na palumma,<br />

lu visitassi e vidissi tanti cosi<br />

chi fannu istruiri la me menti.<br />

Eppoi quantu genti chi ci sunnu,<br />

di tanti facci e lunghizzi<br />

di tanti razzi.<br />

Su cosi veru beddi di pinsaricci.<br />

E quantu armali chi ci su<br />

Di tanti razzi<br />

Ca nun si ponnu cuntari<br />

E ognunu cu lu so nomu su chiamati.<br />

Ma chi scienza chi ci fù,<br />

vulennucci pinsari,<br />

chi fu criatu beddu stu munnu,<br />

cu tanta terra e tantu mari<br />

ca pi davveru cu un sapi natari<br />

si ni va a lu funnu;<br />

e chi cummirità chi c’è,<br />

ce u suli pi scaldari<br />

a nuatri criautura<br />

e pi nutririni cu li cosi di la terra;<br />

li stiddi e la luna<br />

pi fari luci a tuttu lu munnu;<br />

l’acqua di lu cielu pi fari saziari tutti li essiri di la terra;<br />

li valinci, li vadduna e li sciumi<br />

chi n’aiutanu tantu pi abbrivi rari terra e frutti,<br />

e a mari l’acqua si ni và e si nutriscinu li pisci<br />

chi criau la natura!<br />

Pi daveru bonu fu criatu lu munnu<br />

88


NERI MARGHERITA<br />

LU RITRATTU<br />

L’autru jornu arrizzittannu<br />

Mi va capita ppi manu<br />

Lu ritrattu di me nanna,<br />

du culuri di l’argentu li capiddi ccu la scrima<br />

‘ntornu o coddu la trinetta<br />

E a chiusura du bustinu na gran fila da pumetta.<br />

Lu so sguardu accattivanti<br />

E la vucca risulenti,<br />

li so vrazza prutittivi mi facianu di riparu<br />

quannu quarchi sgridatedda<br />

di me matri m’accanzava.<br />

Taliannu du ritrattu<br />

Tanti cosi ‘nta la menti<br />

D’improvvisu mi turnaru:<br />

mi rivitti carusedda<br />

‘nta la stratac a iucava<br />

Ccu la palla e ammucciaredda.<br />

Vitti i manu di me matri ca ‘mpastavanu lu pani<br />

E ppi farimi cuntenta mi facia la cudduredda,<br />

e ogni sira ‘ mmernu està<br />

prima ca calava u suli ‘nta la nanna mi purtava<br />

e aspittavumu ‘ncuppagnia lu ritornu du papà.<br />

Vitti ancora taliannu comu a vita scinnicava,<br />

mentri matri addivintava<br />

era nanna già me matri,<br />

e da nanna mi ristava<br />

sul una fotografia chiusa dintra na curnici,<br />

nu ritrattu senza tempu ammucciatu ‘nton casciuni<br />

sculurutu e tacchiatu ca cuntava ‘ndifferenti<br />

lu passatu e leu presenti.<br />

89


NOTO ALBERTO<br />

VENTU FAI PRESTU<br />

Ventu,<br />

a tia cercu!<br />

Ciucia paroli<br />

Nta st’anima sicca<br />

China di duluri e di patimenti.<br />

Ventu,<br />

dunami forza,<br />

dunami ciatu,<br />

fammi vulari<br />

sempre chiu autu!<br />

Ventu,<br />

scunvorgi cu la tò putenza<br />

l’animo di stù munnu accussì afflittu,<br />

chi da li guerri marvagi<br />

nesci scunfittu.<br />

Ventu!<br />

Tu chi giri pi tuttu lu munnu<br />

E chi viri qyanta genti soffri e mori,<br />

curi e cuntaci tutti sti cosi<br />

a lu Diu ‘nvinturi di lu lunnu<br />

chi beddu assai lu fici,<br />

dicci chi veni ‘nterra n’autra vota<br />

quannu ni pirduna e binirici.<br />

Ventu,<br />

fai prestu però!<br />

Chi d’aspittari<br />

Nun cè chiù tempu!<br />

90


PICIONE MARFINO GIUSEPPE<br />

LU TRAGUARDU<br />

Semu ancora prisenti<br />

Fermi a lu traguardu;<br />

friddu è lu surrisu<br />

e lu sguardu dila genti.<br />

Dintra sti camma runa<br />

Camminamu a quattru peri,<br />

facemu passi di cufuruna.<br />

Fermi a lu traguardu<br />

Paremu liama sicchi caliati,<br />

misi di latu comu<br />

cutedda azzannati.<br />

Luntanu di li figghioli<br />

Si stringi lu cori,<br />

màncanu li paroli.<br />

Scavamu lu passatu<br />

Cu l’occhi pintuti<br />

Spersi comu negghia<br />

E pi sustegnu attruvamu<br />

Vastuna di pagghia.<br />

91


SEZIONE “G” ITALIANI ALL’ESTERO<br />

LA MEMORIA. RICORDI DELLA MIA TERRA<br />

ZAPPERI ZUCKER ADA<br />

LA MANTENUTA<br />

1° CLASSIFICATO<br />

Un pomeriggio d’estate, quando il tempo sembra essersi fermato e tutto resta in attesa<br />

di qualcosa che poi non accade, e questo qualcosa potrebbe essere anche solo un filo<br />

di aria fresca, mia madre prese l’eroica decisione di andare a fare quattro chiacchiere<br />

con una sua vecchia amica d’infanzia. Io ero costretta ad accompagnare mia madre:<br />

nella Sicilia degli anni cinquanta non era ancora lecito per una donna perbene uscire<br />

da sola! Una legge cui si sottomettevano quasi tutti per un abitudine ormai secolare:<br />

credo nessuna si fosse mai posta domande. L’accettavano supinamente, come un dato<br />

di fatto.<br />

Già dalle scale sentimmo l’aria surriscaldata, la solita agitazione, lo stesso strepito<br />

cui ormai eravamo abituate, con la sola differenza che questa volta si trattava solo di<br />

voci femminili. Ma non litigavano, anzi qualche risata stridente risuonava qua e là:<br />

che si festeggiasse qualcosa? Non eravamo neanche entrate che subito mia madre<br />

venne circondata dalle donne, figlie, nuore e chissà quali altre parenti o vicine di<br />

casa, più una quantità di bambini che sgusciavano da tutte le parti: sembrava si<br />

fossero date appuntamento per discutere su un argomento scottante, di grandissima<br />

attualità.<br />

Si stava commentando il fatto del giorno:una”malafemmina” era venuta ad abitare un<br />

basso proprio di fronte alla loro casa! Io non potei fare a meno di drizzare le<br />

orecchie. Una parola, della quale non potevo afferrare il significato, mi incuriosì. La<br />

parola che passava di bocca in bocca, l’intersse smisurato, morboso per la persona<br />

cui si riferiva, il modo di pronunciare” quella” parola, il disprezzo, la meraviglia, lo<br />

stupore e anche l’invidia che in una confusione di sentimenti contrastanti traspariva,<br />

era “mantenuta”. Ma stranamente si alternava a un'altra, a me nota per via di una<br />

canzone napoletana, “Malafemmina…” conoscevo il significato del verbo mantenere,<br />

ma il suo participio acquistava ora un qualcosa di ecquivico, di oscuro: si trattava<br />

forse di un nuovo uso di questa parola, oppure nascondeva un doppio senso… un<br />

oscenità? E che relazione poteva avere una mantenuta con una malafemmina? Da<br />

pezzi di frase, esclamazioni, parole sconnesse che si sovrapponevano in una<br />

atmosfera sempre più eccitata, riuscì a cucire insieme la storia, del tutto romanzesca,<br />

della così detta mantenuta.<br />

Trasalendo, dalla descrizione che riuscii ad afferrare di volata, mi sembrò di<br />

riconoscere una persona che già da tempo aveva attirato la mia curiosità per il suo<br />

essere diversa dalle altre: la vedevo passare sotto i balconi di casa mia, sempre sola,<br />

fermarsi un momento per scambiare qualche parola frizzante con un giovane<br />

cocchiere, anch’esso una mia vecchia conoscenza dato che parcheggiava la sua<br />

carrozzella proprio accanto al marciapiede di fronte, per proseguire poi in direzione<br />

centro città. Notavo sempre che al suo avvicinarsi, gli altri cocchieri, ridacchiando fra<br />

di loro, si scostavano per lasciarli soli. Il giovane cocchiere, un bell’uomo dai capelli<br />

neri ricci, sovraccarichi di brillantina, due bafetti alla Clarke Cable, borioso e<br />

92


attaccabrighe, aveva il fascino tipico del maschio prepotente che allora mi turbava.<br />

Più di una volta lo avevo visto coinvolto in duello rusticano e spesso ripeteva una<br />

frase con la fierezza che lo distingueva: “u ggiaccu mi scuddai,’ncacciri…”.<br />

Io la vedevo scendere dal fondo della Via del Velo, allora quasi sempre deserta, e la<br />

riconoscevo subito da lontano: al contrario di ogni donna perbene, infatti, camminava<br />

in mezzo alla strada, ancheggiando con spavalderia come una che non ha più niente<br />

da perdere. Forse voleva soltanto imitare l’andatura di Rita Hayworth, alias Gilda,<br />

film che in quel periodo furoreggiava all’Arena Grande, un cinema rionale dove la<br />

sera si riuniva un pubblico misto di gente “onorata” e no. Lei però non aveva i capelli<br />

rossi sciolti sulle spalle, e tanto meno le forme prorompenti tipiche delle dive del<br />

dopoguerra: eccettuato il suo modo di camminare, il suo aspetto sobrio, la severità<br />

che emanava da tutta la persona mai avrebbe lasciato supporre in lei quello che,<br />

secondo l’opinione comune, caratterizza una donna disonorata. Di media statura,<br />

magra ma ben costruita, sempre vestita di nero, evidentemente in lutto, i capelli scuri,<br />

lucidi, tirati in un nodo dietro la nuca, non era truccata. Neanche un filo di rossetto.<br />

Le sopracciglia del tutto depilate ridotte a un segno sottilissimo di matita nera. Una<br />

grande cicatrice attraversava per lungo tutta la guancia sinistra; una linea rossa che<br />

sfregiava il viso scavato, divorato come da una febbre antica. Teneva la testa alta, in<br />

segno di sfida e guardava dritto davanti a se… anche questo aveva notato, dato che<br />

mia madre non si stancava di predicare che una donna perbene deve tenere sempre gli<br />

occhi bassi, soprattutto per strada. Non era una belezza, ma c’era in lei qualcosa di<br />

inquietante, di sprezzante, come di chi sta al disopra. Al di sopra di che? Delle<br />

convenzioni sociali? Della morale bigotta? Delle stupide donne curiose? Io<br />

consideravo quell’atteggiamento come una affermazione di libertà e di superiorità: lei<br />

aveva tagliato i ponti con quelle tradizioni ammuffite cui tutte le donne, senza<br />

protestare, si sottomettevano; lei camminava in mezzo alla strada e sola e a testa alta,<br />

e io, nella mia estrema ingenuità, l’ammiravo.<br />

E ora venivo a sapere che era una ….. cosa? Una mantenuta… una malafemmina. A<br />

quanto potei capire, quel cocchiere la manteneva, nonostante non fossero sposati. E<br />

questo è disonorevole, vociavano le donne all’unisono. Lei non voleva impegnarsi<br />

legalmente, non voleva nello stato di donna maritata. Con tutto ciò viveva con lui,<br />

nella stessa casa e si faceva mantenere da lui: uno scandalo!<br />

Non potei non fare delle riflessioni sul valore di certi legami, sulla loro onorabilità,<br />

sul significato del matrimonio che permetteva ad una donna di farsi “mantenere” da<br />

un uomo senza alcuna riserva morale o sociale solo per un diritto di contratto… in<br />

cambio di che cosa? Dovetti concludere che anche mia madre era una mantenuta,<br />

così pure tutte le donne sposate che conoscevo. Questa sì che fu una scoperta!<br />

Intanto che le donne continuavano a strapparsi le parole di bocca, cercando di<br />

soverchiare le altre con espressioni sempre più concitate, io prendevo una decisione<br />

molto importante: mai avrei permesso a un uomo di mantenermi. Mai mi sarei<br />

sposata.<br />

La cosiddetta “mantenuta” era vedova, e secondo l’opinione generale, non superava i<br />

trent’anni. Portava il lutto, un ultima concessione agli usi della società nella quale<br />

viveva, per il marito morto ammazzato in circostanze misteriose. Nessun testimone<br />

né prove sufficienti erano state trovate per incolpare qualcuno: ma c’era chi<br />

sosteneva che lei o l’amante, il cocchiere imbrillantinato, ne erano gli autori.<br />

Si chiamava Santina Uggeri o Uzzeri, (in quella confusione non riuscii ad afferrare il<br />

nome), e alcuni anni prima la sua fotografia era apparsa sulla cronaca nera dei<br />

giornali cittadini per un fatto di sangue, rimasto non chiarito, si diceva, per la<br />

93


caparbietà della donna. A ogni domanda rispondeva solo: “sono affari miei. Non<br />

devo rendere conto a nessuno”. Non servirono le minacce né qualche mese di<br />

prigione. L’amico del marito, appunto il cocchiere di mia conoscenza, ammise di<br />

essersi trovato per caso in <strong>compagnia</strong> di Santina: era venuto solo a salutarla,<br />

trovandosi da quelle parti. Il marito, sopraggiunto in ora insolita, in un attacco di<br />

gelosia, secondo lui del tutto ingiustificata, si era slanciato contro la moglie con<br />

l’intenzione di ucciderla: solo la pronta reazione dell’amico aveva evitato il peggio. Il<br />

giorno dopo fu trovato il suo cadavere vicino casa. Non si seppe mai altro. Da un<br />

incjiesta della polizia, che del resto lo conosceva molto bene, vennero alla luce altri<br />

precedenti dell’ucciso, storie di violenze e affari loschi in cui era stato coinvolto più<br />

di una volta.<br />

Si conobbero anche alcuni particolari sulla vita di Santina: dagli atti della polizia<br />

risultò che la ragazza, non ancora tredicenne, aveva denunciato il padre per violenza<br />

carnale. Si è mai sentita una simile enormità? Protestavano le donne. Una figlia che<br />

denuncia il padre! (io non sapendo cosa fosse la violenza carnale, trovai la storia del<br />

tutto incomprensibile). Affidata a una vecchia zia, essendo orfana di madre, era<br />

andata al servizio per una decina d’anni presso una signora che viveva da sola. Che<br />

donna sarà mai stata e… sapeva dei suoi precedenti? Tutte domande cui solo lei<br />

avrebbe potuto dare una risposta. La sera, dopo il lavoro, tornava a casa, dalla zia, a<br />

quanto pare una megera, alla quale doveva consegnare tutto il suo magro salario fino<br />

all’ultimo centesimo. Una sera, tornando dal lavoro, fu afferrata da un braccio<br />

d’uomo apparso come dal nulla, che con violenza l’attirò dentro un androne.<br />

Paralizzata dalla sorpresa e dal terrore non seppe reagire: due mani la brancicarono<br />

tutta, mentre col corpo la premeva contro il muro, impedendole di scappare. Dopo<br />

brevissima lotta gli riuscì di “infilare la lingua nella bocca, quello schifoso.” (inutile<br />

dire che non capì un bel niente di quella storia della lingua. Solo che era un atto<br />

schifoso e che era bene stare in guardia dagli androni bui). A forza di pugni, morsi e<br />

calci riuscì a liberarsi. A casa non osò raccontare nulla alla zia, tanto non le avrebbe<br />

creduto. Semmai avrebbe detto che era stata lei a provocarlo. Qualche settimana<br />

dopo la zia le annunciò la prossima visita del suo futuro sposo. Santina vide davanti a<br />

se l’uomo che l’aveva offesa dentro quel portone buio e che da allora la seguiva ogni<br />

sera fino a casa…. Sembrava proprio una storia da romanzo a fumetti, tipo “Grand<br />

Hotel”, una rivista che in quel periodo appassionava un vasto pubblico femminile.<br />

Che le donne stessero inventando una storia, così come avrebbero voluto che fosse<br />

stata, non potei mai appurarlo: era chiaro che la vicinanza di quella donna accendeva<br />

la loro fantasia. Senza contare che si sentivano minacciate più o meno da vicino: i<br />

loro uomini reagivano già al fascino di quella malafemmina. Ne erano attratti e<br />

perchè no, stimolati.<br />

Mi sembrava di aver sentito abbastanza e approfittando di un momento di particolare<br />

confusione uscì sulla strada. Vidi subito il basso di fronte, la porta spalancata: una<br />

quartara e un secchio pieni d’acqua erano stati lasciati lì davanti. Mi sembrò un buon<br />

segno, forse la padrona era uscita. Decisa attraversai correndo il breve tratto di strada<br />

polverosa e di slancio salii sull’unico scalino che introduceva nella casa. Qui mi<br />

fermai di colpo, col cuore in tumulto, spaventata dalla mia improvvisa audacia:<br />

abbagliata dalla estrema lucidità del sole, nonostante il pomeriggio inoltrato, rimasi<br />

un momento istupidita, non sapendo io stessa cosa volevo. Man mano i miei occhi si<br />

abituarono all’oscurità di quella casa. In mezzo alla stamza vidi un tavolo quadrato,<br />

coperto da una tovaglia scura. Quattro sedie lo circondavano. Lungo la parete di<br />

destra troneggiava un gran letto matrimoniale, alto, severo, anch’esso ricoperto di<br />

94


damasco a fiori scuri, uguale alla tovaglia del tavolo. Una grande bambola, vestita di<br />

rosa confetto, se ne stava seduta nel bel mezzo del letto. Il pavimento a mattonelle,<br />

scuro, era pulitissimo: tutta la casa brillava di pulizia. Un ordine meticoloso<br />

denunciava la cura e l’amore per quelle piccole cose. I colori scuri dei mobili, un<br />

armadio e un alto comò, le coperte, e il pavimento, evocavano un’atmosfera di<br />

rispettabilità, una severità di costumi, e anche una sorta di drammaticità che in ogn<br />

caso rispecchiavano il carattere della padrona di casa. Devo aggiungere che tutte le<br />

case siciliane, almeno quelle di mia conoscenza, avevano le stesse caratteristiche:<br />

mobili scuri, tappeti scuri, quadri scuri. In quel basso si respirava un’aria densa di<br />

significati: la dimostrazione che nonostante l’apparente rifiuto per la morale vigente,<br />

restava in lei un fondo di perbenismo, anche di rispetto per certe convenzioni sociali.<br />

Forse col tempo le sarebbe riuscito di reinserirsi in quella stessa società che ora, a<br />

motivo di uno sfreggio, ma anche di una certa libertà di costumi, la emarginava,<br />

considerandola una donna perduta.<br />

Ne rimasi assai colpita.<br />

95


CATEGORIA BAMBINI<br />

E RAGAZZI<br />

96


SEZ F POESIA DIALETTALE<br />

1° CLASSIFICATO SEZ F POESIA DIALETTALE<br />

PASSAFIUME DEMETRIO<br />

U PAPA POLACCU<br />

U Signuri Dio<br />

pi lu tronu di San Pietro,<br />

‘nta li sacri palazzi Vaticani<br />

Distino ‘pi’chiossà<br />

Di cinqu lustri<br />

N’apuostulu speciali<br />

Ca’arrivò di un paisi<br />

Tantu luntanu:Karol Woytila.<br />

Tuttu lu munnu<br />

Ti cunusciu,ti circò,<br />

t’ammirò e ti chianciu.<br />

Fusti un Papa eccezionali,<br />

truoppu acculturatu e tantu viaggiaturi,<br />

cu li to granni sofferenzi<br />

isti a purtari a to paruola u to cunfuortu,<br />

a to priera,<br />

a tua santa binirizioni<br />

a tuttu lu munni speci,<br />

a li tani puoviri,<br />

a li malati<br />

a cchiddi abbannunati<br />

all’affamati e a tutti chiddi discriminati.<br />

A tutti predicasti u pirduni,<br />

l’amuri e carità,<br />

accussi facisti puru<br />

cu lu to scelleratu attentaturi.<br />

Caru papa nuddu ,<br />

si scorderù mai di tia,<br />

fusti, sii e sarai<br />

pi siempri ne nuostri cuori:<br />

KAROL MAGNO<br />

97


SEZ E “POESIA IN ITALIANO ”<br />

1° CLASSIFICATA SEZ E POESIA IN ITALIANO<br />

MARIA GUZZO<br />

SOGNO…. AMORE<br />

Cos’è<br />

Quel tenue tepore<br />

Che solo il tacito zefiro<br />

Può darmi,<br />

quell’impeto<br />

che con il cedere del tempo<br />

diviene solo ardente dolcezza<br />

perché io possa ricevere<br />

misericordia divina.<br />

Sostanza desiderabile<br />

E sfuggentee dei vivi<br />

Degli eterni<br />

Dell’anima che di essa arde.<br />

Quando rosa e lillà<br />

Sono uno<br />

Perché entrambi<br />

Bramano le tiepidi ali del sole.<br />

Quando negli uomini<br />

Il suo messaggio interiore<br />

Non ne annuncia l’arrivo.<br />

Quando sognando<br />

E poetando<br />

Scopro di amare.<br />

98


SCIORTINO GIUSY<br />

L’AMORE<br />

L’amore,<br />

sentimento d’onore,<br />

timidezza, passione<br />

che come in un leone<br />

fa batter forte il cuore.<br />

Ti senti contento<br />

Non è un dubbio<br />

Si, me lo sento!<br />

Il bacio<br />

Eccolo,<br />

il mezzo con cui l’amore si rivela<br />

con cui il sussurro<br />

della timidezza<br />

balza fuori dal cuore,<br />

lasciando la freddezza<br />

fuori dalla finestra.<br />

99


PASSAFIUME AMEDEO<br />

FURTO DI SOGNI<br />

Oh spensierata gioventù illusa!<br />

Attenta e fedele seguace<br />

Del dio pallone,<br />

ormai catapultata<br />

nell’anno zero<br />

del nostro calcio<br />

così marcio e tanto malato,<br />

dove sono i tuoi sogni<br />

inocenti, speranzosi e genuini?<br />

La tua buona fede<br />

Umiliata e ingannata<br />

Il tuo vergineo entusiasmo<br />

Calpestato e scioccato,<br />

le tue lunghe e appassionate domeniche<br />

di trepidante tifo<br />

e di sincero affetto,<br />

stravolte da una piovra,<br />

che coi suoi tentacoli,<br />

ha distrutto e derubato<br />

ogni onesta e giovane speranza.<br />

O mondo dorato del pallone,<br />

la nostra rabbia,<br />

la nostra amarezza<br />

il nostro sconcerto<br />

ti diano forza e coraggio<br />

in nome della coppa<br />

che ci ha fatto diventare<br />

campioni del mondo.<br />

100


SEZ D “NARRATIVA”<br />

1° CLASSIFICATA ALLA SEZ D “NARRATIVA BAMBINI”<br />

MARIA GUZZO:<br />

LA VERITA’ DEL CUORE<br />

Nella luce che declina, un ultimo raggio di sole sfiora le rocce affilate e nere in primo<br />

piano; più in lontananza l’immobilità del tempo attinto di un alone rossastro quella<br />

superficie indistinta che continuiamo a chiamare mare, e adesso che tutto appare<br />

nella chiarezza delle cose: sia pace per coloro che ne bramano la benevolenza ma per<br />

chi è come me, sia solo il tormento, quest’effimero istante, che tanto percuote le<br />

immortali sembianze. Mi chiedo da quando ho perso il colore nel corpo, nell’anima,<br />

nelle parole che credevo mie; da quando amor più mi giova, ne il prodigio che a me<br />

sia lieto e caro. Ah! Che possa la gioia ahimè quando è gioia, indugiare dinnanzi alla<br />

sorte, affinchè almeno il cuore non si imbastardisca, come il mio ibrido essere<br />

inaridito dal dissesto. In questo tempo… In questo luogo… Non ha importanza quale<br />

sia, le cose non cambierebbero in ogni caso; io che ho sempre atteso l’inizio adesso<br />

non attendo altro che la fine; che abbiano il medesimo valore? Si questa volta è<br />

diverso. Invoco la pioggia (so bene quanto ne siete infastiditi voi intorno) e maledico<br />

me stessa a quando colsi la voce in petto, a quando strinsi l’elsa del mio orgoglio<br />

ferito perche questi fosse la prima e vera forza a bruciare i miei muscoli, a gonfiare i<br />

polmoni; quella stessa che mi fece credere in una meta in un senno. E ancora una<br />

volta il fuoco è desto, quel desiderio istintivo e violento, come il bisogno di sangue<br />

ma infinitamente più dolce; una necessita un urgenza muove le mie gambe<br />

indolenzite nel dì ormai che cessa, tale è il suo corso, tale è il mio e l’imbrunir della<br />

sera quasi a cancellare i miei contorni sinuosi di predatore, nel vento che sa di gelo,<br />

nitido contro il mio fuoco. Sono e non sono: la lacuna ha preso il sopravvento. Con la<br />

sola certezza di aver abbandonato tutto per l’incertezza, con al solitudine mia unica<br />

compagna, l’indifferenza mia unica saggezza, continua ad avanzare tra le rovine di<br />

antichi idoli e miti, tra le macerie di un palcoscenico dalle tende rosse e dei suoi<br />

racconti di vita umana. Oh Dio! Quanto mai è dolce il tuo nome sulle mie labbra<br />

screpolate; unica melodia che affabile sfonda il marcio fino all’anima, quasi a far<br />

male e così sanguinante di vergogna mi ritraggo. E adesso che ho cominciato a vivere<br />

quella mia stessa indifferenza sa or di disprezzo: qui per me non vi è ove placare la<br />

rabbia, sottrarmi per un solo istante alla mia bestia, alla ricerca del vano, dell’ ade.<br />

Possibile che voi uomini (che trovate conforto in quel fantasma che è l’amore) tutto<br />

abbiate imparato ciò che veramente meritava di essere?!<br />

Tuttavia non desidero tanto più tornare alle mie valle native, quanto poter vivere.<br />

Era da tanto che la luna piena non splendeva in quel modo attraente come un<br />

miraggio, distante e irraggiungibile. Mi fermo di colpo, piantando più che posso<br />

gambe a terra. Lasciando che per un istante gli occhi si perdano nel bagliore della<br />

luna; poi prostrato il viso al cielo, le chiedo: - è il paradiso…? – con voce mozzata<br />

dal pianto (ora poteva osare) e attendo con riverenza.<br />

Lei mi “risponde” come una voce interiore: - il Paradiso… sicuramente non esiste in<br />

nessun posto. Ai confini del mondo, non c’è nulla… e per quanto si cammini non si<br />

fa che proseguire sulla stessa strada. –<br />

101


- Ma allora perché… un così forte impeto mi pervade?!- sento risuonare le mie<br />

parole come cantate, un canto di malinconia e fierezza che trafigge l’aria gelida.<br />

Ancora quella voce: - non hai paura?-. In cuor mio l’ho sempre saputa la<br />

risposta fin dall’inizio: - sia vivere che morire, sono entrambe cose naturali, e<br />

più innaturale vivere senza uno scopo!- Mi stacco <strong>nuova</strong>mente da terra prima<br />

che la nostalgia giunga, e continuo a correre in questa fuga piatta tra cielo e<br />

terra che è mia vita.<br />

102


INDICE DEGLI AUTORI<br />

AIELLO VINCENZO Nasce a Bagheria il 24 Marzo del 1957 da padre bracciante e madre<br />

casalinga. Sin da giovane si dedica all’apprendimento dell’ebanisteria, che coltiva fino all’età di<br />

ventuno anni, allorché è assunto dalle Ferrovie dello Stato. Dal felice matrimonio con Mariella<br />

Buglisi nascono Salvatore, Fabio e Federico. Attualmente in servizio, dedica il proprio tempo libero<br />

alla famiglia e alla poesia. Dal 2004, desideroso di far conoscere i propri componimenti poetici ad<br />

una più vasta e qualificata critica, inizia a partecipare a concorsi nazionali ed internazionali di poesia,<br />

ottenendo soddisfacenti risultati:<br />

1° posto assoluto alla 3^ edizione del premio nazionale “Giacomo Giardina” città di Bagheria anno 2004.<br />

Premio speciale della giuria al “Concorso nazionale di Poesia Circolo Empedocleo anno 2004”di<br />

Agrigento.<br />

1° posto assoluto al “II° Premio Nazionale L’Anima in Versi”anno 2005 Lazzate (MI).<br />

2° posto al Premio Nazionale “La notte delle Muse” città di Balestrate anno 2005.<br />

Diploma d’onore alla VII^ edizione del premio internazionale di poesia “L’Acaljpha” anno 2005.<br />

3° posto al premio ”Poesia prosa e arti figurative” Accademia internazionale de Il Convivio,Giardini<br />

Naxos 2005.<br />

3° posto alla XIII^ edizione del premio nazionale di poesia “Elvezio Petix”città di Casteldaccia anno<br />

2005.<br />

1° posto alla II^ edizione del premio di poesia”Calogero Rasa” città di <strong>Cerda</strong> anno 2005.<br />

2° posto alla IV^ edizione del premio “S. Valentino” in Calatabiano anno 2006.<br />

4° posto al XVI° Trofeo “Turiddu Bella” città di Siracusa anno 2006.<br />

2° posto alla IX^ edizione del Premio” Giovanni Meli” città di Palermo anno 2006.<br />

Menzione di merito alla XII^ ed. del premio Internazionale di poesia “Poseidonia Paestum”Città di<br />

Paestum 2006.<br />

1° posto alla III^ ed. del Premio “Alimena sotto le stelle della letteratura” anno 2006.<br />

3° posto alla 1^ ed. Premio nazionale di Poesia “LiberArte” Mattinata (FG) anno 2006.<br />

3° posto al Premio Maria S.S. di Custonaci Trappeto di Fraginesi anno 2006<br />

2° posto alla 5^ ed. Premio Nazionale di Poesia “Giulio Palumbo” Ficarazzi (PA) anno 2006.<br />

Le sue liriche sono presenti in diverse antologie letterarie come:<br />

“Fiorivano girasoli alla finestra” Centro Culturale Giacomo Giardina edizione 2004.<br />

“Sikania 2005” 8° Raduno poetico.<br />

“La costanza dei grilli” Federico editore 2005.<br />

“L’orchestra colorata dei panni” Centro Culturale Giacomo Giardina edizione 2005.<br />

“Poetilando nel web”antologia del premio omonimo edizione 2005..<br />

“Premio Empedocleo”Studio Media edizioni 2005.<br />

“L’Anima in versi “ Informazona edizioni 2005.<br />

<strong>Antologia</strong> poetica accademica“Il Convivio 2005”.<br />

“Alimena sotto le stelle della letteratura”antologia della II^ ed. del premio omonimo.<br />

“Momenti” (1996-2006) antologia del decennale del Circolo Culturale Giacomo Giardina.<br />

Segretario del “Circolo Culturale Giacomo Giardina” di Bagheria. Testo a pag. 77 -<br />

AVANZATO AMBROGIO è nato a Chivasso (TO) nel 1938, dove tutt’ora vive. Ha iniziato a<br />

lavorare giovanissimo, con lo studio, riuscì poi a crescere professionalmente, ottenendo una<br />

posizione soddisfacente. Ad un certo punto qualcuno gli fece osservare che tendeva a<br />

romanzare le relazioni tecniche che redigeva; si era ammalato di grafomania. Quando lasciò il<br />

lavoro, diede sfogo alla sua mania, privilegiando nei racconti i ricordi dell’infanzia e<br />

dell’adolescenza. Testo pag. 25<br />

BARONE NINO NASCE AD ERICE CASA SANTA IL 21 AGOSTO 1972 E SIN DA PICCOLO<br />

MOSTRA UNA SPICCATA PREDISPOSIZIONE ALLA POESIA SOPRATTUTTO QUELLA IN<br />

RIMA. ATTRATTO DA OGNI FORMA DI ESIBIZIONE TEATRALE, SCRIVE POESIE DA<br />

QUANDO AVEVA DIECI ANNI. SPOSATO CON RITA DAL 1998, VIVE ATRAPANI , HA UN<br />

103


FIGLIO, MARIO DI 6 ANNI. E’ PRESENTE IN DIVERSE ANTOLOGIE ED HA OTTENUTO<br />

PREMI E RICONOSCIMENTI , ANCHE DI PRESTIGIO, IN VARIE ZONE DELLA SICILIA. IL<br />

SUO SOGNO ATTUALE E’ QUELLO DI PUBBLICARE UNA RACCOLTA CON TUTTE LE SUE<br />

POESIE. Testo pag.76<br />

BELLANCA GIUSEPPE nato a S.Cataldo (CL) dove risiede Testo a pag. 50 -79<br />

BONATO ALDO nato a Marostica e risiede Novi Testo a pag. 28<br />

BRUNO LAURA . Nata a eggio Calabria. Ha frequentato il Liceo a Palmi dove vive con la sua famiglia.<br />

Scrive poesie dall’età di sette anni, infatti ha scritto la sua prima poesia quando frequentava la seconda<br />

elementare. Nel 2003 si è classificata seconda al Trofeo Nazionale di Poesia e narrativa del ragazzo, sez.<br />

poesia, a Scafati (SA).Nel 2004 è stata prima al Premio Nazionale Ruba un raggio di sole per l’inverno<br />

indetto dall’Associazione ARTEA a città di Castello(PG) ed al premio Nazionale Cavallari di Pizzoli<br />

(AQ) Tra il 2003 e il 2005 ha partecipato a svariati premi nazionale (Olindo Dini a Volando, Verona<br />

concorso Romeo e Giulietta, Quadrifoglio di Pontecorvo, premio Giuseppe Sunseri) Nel 2004 ha<br />

partecipato al Premio Nazionale Giuseppe Bertelli a Pontedera, nel 2005 al Premio Nazionale di Ischia<br />

L’isola dei sogni dove ha conseguito il trofeo d’argento classificandosi seconda. Pubblicazioni: L’isola<br />

dei sogni, Attimi e didascalie lunari. Ha partecipato alla giornata europea del patrimonio dal titolo: “Il<br />

patrimonio. Una cultura da vivere” Pesia, compagna di vita in ogni tempo. 2006: 1° classificata al<br />

premio internazionale “il molinello” (Rapolano Terme SI) Argento per la narrativa. E’ stata finalista al<br />

premio Citta’ di Poggioomarino; segnalata al concorso Amelia Earthart “Quando le donne osano”.<br />

Recentemente le è stata riconosciuta una menzione di merito per contenuto e originalità al 2° concorso in<br />

lingua italiana e sarda “Poesie di Solidarietà… per ricordare Tiziana.”Testi pag. 33<br />

CANETTO ALBERTO. Laureato in Sociologia esercita l’attività di imprenditore. E’ stato Assessore<br />

alla cultura alla pubblica istruzione del comune di Massafiscaglia ed ha promosso svariate<br />

manifestazioni culturali tra cui il concorso letterario “BRUNO PASINI” E’ stato Vice Presidente del<br />

comitato Provinciale di Ferrara della F.I Tennis in qualità di istruttore. Nel 2000 e 2001 ha vinto il<br />

premio giornalistico “Il personaggio dell’Anno” promosso dal quotidiano locale “la <strong>nuova</strong> Ferrara”.<br />

Seganalato nel 2006 al concorso letterario Nazionale “San Maurelio” di Malborghetto (FE) con l’opera<br />

La droga”. Sempre nel 2006 riceve il diploma d’onore del concorso letterario Internazionale “Amico<br />

Rom” di Lanciano (CH) con l’opera “Intimo Tesoro” Testo a pag. 34<br />

CARDILLO ANNA MARIA. Anna Maria CARDILLO, nata a Roma il 20 maggio 1947. Donna serena<br />

e realizzata nella famiglia, nel lavoro e nell'attività di volontariato ospedaliero, ottimista e positiva. Scrive<br />

versi dai tempi ormai lontani dell'adolescenza, ma i suoi testi sono sempre rimasti chiusi nel cassetto.<br />

Solo da poco li ha resi disponibili alla lettura e ne ha avuto apprezzamenti e numerosi riconoscimenti in<br />

concorsi nazionali e internazionali con liriche singole e sillogi, classificandosi spesso ai primi tre posti.<br />

Molti suoi componimenti sono stati pubblicati in volumi antologici. Testo a pag. 51<br />

CAVALLA CARLA nata a Modica dove vive con la sua famiglia, si dedica alla Poesia partecipando a<br />

svariati concorsi.Testo a pag. 53<br />

CATALANO PIETRO Nato a Palermo risiede a Roma. Testi pag. 52<br />

CERBONE GIUSEPPE nato a Napoli risiede a Palermo.testo pag. 54<br />

DI GAETANO ENZO Nativo di Termini Imerese nel 1942 ove risiede. Pensionato della Fiat, da<br />

qualche anno si dedica alla poesia Testi pag.. 22 – 80<br />

DONATO FRANCESCO nato e abita a Reggio Calabria. testo pag. 17<br />

GATTO CONCETTA Nata Roccapalumba e risiede a Altofonte. Testo a pag. 82<br />

104


GIORDANO PROF. ANTONINO detto Antonio, Vincitore del III° concorso letterario “Maestro Rasa<br />

Calogero” nel 2006 per la sez poesie dialettali con il brano “LA BALLATA DI LIBERO GRASSO”.<br />

nato a Palermo dove risiede. Laureato in Giurisprudenza . E’ stato dirigente scolastico presso il liceo<br />

Galilei di Palermo. Docente di Drmmaturgia applicata presso l’università U.E.t.l. di PalermoPreidente<br />

dell’Ass. Culturale “scene Aperte” di Palermo. Scrittore, Drammaturgo, giornalista e critico teatrale,<br />

socio onorario SIAE. Diploma di benemerito di 1° classe e medaglio d’oro per la scuola, per la cultura e<br />

per l’arte, conferita dal Presidente della Repubblica. In qualità di drammaturgo, ha scritto diverse come:<br />

La Pace e la Guerra, Morte a Palermo viva, Theomafia, e altre opere di particolare interesse culturale.<br />

Come attività di attore ha avuto parecchi ruoli principali in commedie teatrali in Italia e all’estero (in<br />

lingua francesce), vincendo “ Maschera di legno” come attore emergente nel 1961. Attualmente è<br />

impegnato nell’opera “Il borghese gentiluomo” di Moliere.<br />

Pubblicazioni: Occhi nella notte nel 1978, l’Assurdo in teatro del 1973, Puro spirito nel 1984,<br />

L’insegnamento del teatro 1987, Anche noi facemmo la guerra – 1999, teatro informazione –<br />

2001(presentazione di Glauco Mauri). Premi vinti: 2005: poesia “il Declamautore” , premio letterario<br />

“Angelo Perugini” città di Macerata, premio drammaturgia storica “Palcoscenico per la storia”. Nel 2006<br />

finalista Premio “Penna d’Autore” Torino; Premio letterario “Spicchi” Monza; Premio Lett. “Città di<br />

Misilmeri”¸ premio lett. “AVIS” Pisa: Premio “M. Kolbe” Svigliano; premio “città di Potenza”; premio<br />

“città di Turi” Bari; premio intern. “Cava de’ Tirreni”; premio “Città di Eboli”; Premio “ Il Convivio”<br />

Viareggio 2006; premio teatrale “Ischia 2006”. Ha organizzato a parecchi convegni con grandi nomi (<br />

Costa, Jacobbi, Camilleri, Salerno, Mauri, Musati, etc…). I più recenti: “Le avanguardie a Palermo 40<br />

anni dopo” – Samule Beckett e Antonio Giordano, 2001. “Palermo : Teatro si Teatro no” nel 2003.<br />

“Palermo e il teatro sperimentale” – 2004. “Il teatro Siciliano nel XX secolo” – 2005. Inoltre ha ottenuto<br />

la Benemerenza Civica per meriti culturali e artistici, conferita dalla Regione Sicilia di Palermo, inoltre è<br />

socio onorario ed osponente di chiara fama dell’Unione Nazionale Scrittori ed Artisti. Scrittore,<br />

drammaturgo-esponente Ass. Naz. Critici di Teatro e Ass Internazionale des Critiques de Théatre.<br />

opere Testo pag. 55 -74<br />

GAGLIANO MICHELE di anni 45, risiedo da sempre a Bagheria, il mio titolo di studio é di licenza<br />

media inferiore, come attività lavorativa sono impiegato. Sono sposato è ho due figlie. Da circa quindici<br />

anni mi diletto a scrivere poesia sia in lingua italiana, che in dialetto siciliano. Da un paio di mesi ho<br />

incominciato a partecipare a qualche concorso di poesie. Testo pag. 81<br />

GUGLIUZZA SALVATORE, nato a Cefalù dove risiede. testo pag. 56<br />

GUZZO MARIA testo pag.98 – 101<br />

IMBURGIA SALVATORE Nato a <strong>Cerda</strong> nel 1946 vi abita fin dalla nascita. Occupa la carica di vice<br />

comandante la Polizia Municipale. E’ Presidente dell’associazione La Nuova Compagnia città di <strong>Cerda</strong><br />

gruppo folk i Carrettieri con il quale ha girato quasi tutta l’Europa. Testo pag. 83<br />

INZERAUTO SALVO Nato a Palermo nel 1949, risiede a Santa Flavia (PA). Testi pag 57 -84<br />

INCUDINE ADA nata a Roma nel 1951, laureata in Sociologia, ha lavorato come assistente presso la<br />

Cattedra di Antropologia Culturale Iª dell'Università “La Sapienza” di Roma, occupandosi<br />

prevalentemente di Antropologia Economica, in particolare delle società africane e del colonialismo, con<br />

pubblicazioni nel settore. Attualmente insegna la disciplina dello Yoga, praticata fin dall'età di venti anni.<br />

Si dedica da sempre alla poesia ma, solo a partire dal 2004, partecipa a dei Concorsi Letterari, ottenendo<br />

vari riconoscimenti : (Menzione e segnalazione - Premio Internazionale di Poesia “Nosside” , Reggio<br />

Calabria (RC), XXIIª Edizione 2006 ed XXIª Edizione 2005 (Centro Studi Bosio) vincendo numerosi<br />

premi, tra i quali: Premio Internazionale di Poesia e Letteratura “Nuove Lettere”, Napoli XIVª Edizione<br />

2004 (Istituto Italiano di Cultura di Napoli) - 1º Premio Speciale della Giuria , Sezione silloge inedita,<br />

con “Segni di Sogni ”; Premio Letterario “Alberto Tallone”, Alpignano Torino IVª Edizione 2005,<br />

(Comitato Cittadino per il Centro Storico di Alpignano) 1º Premio, Sezione poesia in lingua italiana, con<br />

“Ti guardo di spalle”;<br />

Premio “Circe - Una donna tante culture”, Monterotondo Roma Iª Edizione 2005 (Associazione Opera<br />

105


dei Pupi) - 1º Premio, Sezione poesia inedita con “Passaggio in tre tempi ”; Premio Internazionale di<br />

Poesia e Letteratura “Nuove Lettere”, Napoli XVIª Edizione 2005 (Istituto Italiano di Cultura di Napoli) -<br />

1º Premio, Sezione poesia singola inedita, con “Androide”; Premio Biennale di Poesia “Ugo Carreca”,<br />

Chiavari (GE), 5ª Edizione 2006 (Associazione Il Mosaico), Premio Speciale della Giuria per<br />

l'Originalità Tematica ("Il Secolo XIX") con “Danzante suggestione. Premio Letterario Internazionale<br />

“Mondolibro”, Roma VIIIª Edizione 2006 (Agenzia Letteraria Mondolibro) - 1º Premio, Sezione silloge<br />

inedita, con “Pescatore di Stelle”;Concorso Letterario Nazionale, Grosseto 1º Edizione 2006 (Ente<br />

Nazionale Protezione Animali) - 1º Premio, Sezione Poesia inedita a tema “Gli Animali” con “Randagio ,<br />

un Angelo”; Premio Nazionale di Poesia e Letteratura “Il Litorale” , Ronchi - Massa VIIIª Edizione 2006<br />

(Associazione Culturale “Ronchi Apuana” ) - 1º Premio, Sezione silloge inedita con “Pescatore di Stelle ;<br />

Premio Letterario Nazionale “Mario Luzi” , San Cipriano d'Aversa (Na) IªEdizione 2006 (Accademia<br />

Nazionale d'Arte e Cultura “Il Rombo”) – Premio Speciale della Giuria , Sezione Poesia Edita con “Segni<br />

di Sogni”; Premio Nazionale Ennepilibri “Poesie in Notes” a tema “L'uomo e il Mare” Imperia, 1ª<br />

Edizione 2006 ( Ennepilibri ) - 1º Premio ex aequo con “Musica liquida”, “Acqua sapiente”, “Brezza”;<br />

Concorso Letterario Multiculturale “Lune di Primavera”, Perugia 10ª Edizione 2005 (Comitato<br />

Internazionale Multietnico 8 Marzo di Perugia) - 2º Premio ex aequo , Sezione poesia inedita, con “A<br />

mio padre” e “Pescatore di Stelle” ; Concorso Letterario Multiculturale “Lune di Primavera”, Perugia 11ª<br />

Edizione 2006 (Comitato Internazionale Multietnico 8 Marzo di Perugia) - 2º Premio ex aequo , Sezione<br />

poesia inedita, con “Tutta la vita in uno sguardo”, “Onirica”; Certamen di Poesia Latina, “Premio<br />

Catullo”, Acerra (Na), IVª Edizione 2006 (Centro Studi Agorà) 2º Premio, - Poesia in Lingua Latina –<br />

con “De vitae nostrae sensu”, “Ad Lucem”, “Fortuna coniucti”; Premio Letterario di Poesia “Arte<strong>nuova</strong>”,<br />

Propata (GE), 3ª Edizione 2006 (Associazione d'Arte & Cultura ARTENUOVA) 2° Premio, - Sezione<br />

Poesia edita – con “Segni di Sogni”; Concorso Letterario “Decathlon della Letteratura” 2006, Torino<br />

(Associazione Culturale Carta e Penna), 2° Premio, - Sezione Silloge poetica, con “Pescatore di Stelle”.<br />

Concorso Nazionale di Poesia, Narrativa, Critica Musicale e Letteratura “Premio Pegasus” , Busto<br />

Arstizio (Va), 1ª Edizione 2006 (Associazione Pegasus Musica Arte Cultura) 2º Premio, Sezione Poesia<br />

cat. C - con “Umida Rovente Rumba”. Premio di Poesia “Ercole Labrone – Yorick” , Reggio Emilia<br />

,(RE) VIIª Edizione 2005 (Rivista Yorick ed Associazione Ercole Labrone), sezione poesia inedita - 2º<br />

Premio, con “Che bella sei”. Concorso Letterario Internazionale “Le parole dell'anima”, Quartu<br />

Sant'Elena (CA), 2ª Edizione 2006 (Centro Teatrale Il Teatro dell'Anima), 2º Premio, Sezione poesia<br />

inedita - con “Alle sette della sera”. Concorso Letterario “Prof. Calogero Rasa”, <strong>Cerda</strong> (PA), 3ª Edizione<br />

2006 (La <strong>nuova</strong> Compagnia di <strong>Cerda</strong> e il Gruppo Folk “I Carrettieri”), - 2ºPremio Sezione B poesia<br />

inedita, con “Là dove scende il fiume”. Premio Nazionale di Poesia Teramo 2005 “Gino Recchiuti”,<br />

Teramo IIª Edizione 2005 (Associazione Culturale “La Luna”), - 3º Premio, Sezione poesia edita, con<br />

“Viandanti senza patria”. Concorso Letterario “Decathlon della Letteratura” 2006, Torino (Associazione<br />

Culturale Carta e Penna), 3° Premio – Sezione poesia a tema libero, con “Passaggio in tre tempi”.<br />

Concorso Internazionale di Poesia “Premio Vittorio Bodini”, Vitruvio (LE) 1ª Edizione 2006<br />

(Associazione Culturale Salentina), 3º Premio, Categoria A, Libro Edito di Poesia con “Segni di Sogni”.<br />

1º Premio di Poesia “Albigaunum” dedicato alla memoria di “Eugenia Botto”, Albenga (SV),<br />

(Dopolavoro Ferroviario di Albenga), 1ª Edizione 2006, 3ºPremio , Sezione A poesia in lingua – con<br />

“Memorie di sassi”. Premio Letterario “Letizia Isaia”, Concorso Nazionale di Narrativa, Saggistica<br />

Poesia e Poesia Napoletana per autori ed editori Italiani, Napoli (Na) 4ª Edizione 2006 (Associazione<br />

Pianeta Donna) , sezione poesia italiana 3º Premio ex aequo – con “Là dove scende il fiume”. Concorso<br />

Nazionale di Poesia e Narrativa “Guido Gozzano” , Terzo (AL), VIIª Edizione 2006 (Biblioteca Civica di<br />

Terzo), 4º Premio, Sezione B poesia inedita, con “Non c'è”. Poesie singole in varie antologie.<br />

Libri :“Segni di Sogni” , Edizioni Istituto Italiano di Cultura, Napoli, 2005.<br />

“Ritratti di Parole”, Edizioni Istituto Italiano di Cultura, Napoli, 2006. Testo pag. 48<br />

LAZZARA ANDREA nato a Pisa risiede a Marsala (TP). testo pag. 58<br />

LEGGIO GIUSEPPE è un giovane autore siciliano, formatosi poeticamente presso la grande scuola<br />

delle tradizioni popolari di cui da sempre è un grande appassionato. Da queste frequentazioni è nata la<br />

voglia di metter su carta le proprie emozioni, le sensazioni di un mondo lontano eppur presente. Ha<br />

esordito nell’2005 alla seconda edizione del concorso letterario “Calogero Rasa” classificandosi secondo<br />

nella sezione poesie in dialetto con “U teatru di lu tempu”. Ha partecipato inoltre alla terza edizione del<br />

106


premio letterario “Alimena sotto le stelle della letteratura” classificandosi terzo nella sezione poesie a<br />

tema libero in dialetto. Nella vita studia all’Università di Palermo, ama le letture “impegnate”, la musica<br />

e lo sport. Testi a pag. 59<br />

LILIANA MAMO RANZINO è nata a Nardò (LE) il 04.09.1934. Risiede a Cefalù dove ha insegnato<br />

alle scuole elementari, ora in pensione. Ha pubblicato diversi libri tra i quali: QUEL CHE RESTA, ed<br />

ETERNA CONTEMPLAZIONE. Ha vinto innumerevoli concorsi di poesie. Testi pag. 40 – 60 -87<br />

LO DATO FRANCESCA nata a Montemaggiore Belsito, è residente a <strong>Cerda</strong>. Ama la musica, la<br />

poesia, il teatro, e si diletta nel partecipare a svariati cocorsi letterali.Testi a pag. 39 -63- 88<br />

LONARDO ANTONIO nato a Taurasi (AV) e residente a Modica (RG). Laureato in Pedagogia presso<br />

l’università di Salermo, insegna materie letterarie nell’ITCS “Archimede” di Modica. In seguito ad un<br />

lutto, nel febbraio del 1997, inizia a scrivere poesie, partecipando a svariati concorsi, e avendo successi<br />

importanti come: secondo premio per il concorso organizzato dal centro culturale “A. Kuliscioff”<br />

chiamato poi “Cultura e Società di Torino”. 2003 segnalazione di merito ad Alcamo (TP). Primo premio<br />

nazionale “Pensieri Vivi” a Bitetto (BA) nel 2005; Nel 2006 3° premio per la lirica “Invano” a Viterbo;<br />

sempre nel 2006 riceve due premi per il libro edito “desiderio di luce” a Forlì e a San Marco In Lamis;<br />

ancora nel 2006, due secondi premi per la lirica “Sussurro” a San Pietro Vernotico e a Monte Rosso<br />

Almo (RG); Secondo premio a Castel Morrone (CE) per la poesia amici. Classificato settimo posto a<br />

piedi luco (Terni) con la poesia “Shalom!”; Ottava posto ad Albissola Superiore (SV) per il libro<br />

“Desiderio di Luce”, per lo stesso libro ha conseguito il settimo posto a Bardineto (SV); secondo posto a<br />

Luino (VA) per il concorso internazionale per la pace. Come docente ha preparato i suoi studenti alla<br />

partecipazione a vari concorsi letterali, con ottimi risultati. Alcune sue liriche hanno fatto di varie<br />

pubblicazione. E’ stata pubblicata un opera prima, una silloge, di 56 liriche intitolata “Desiderio di Luce”<br />

Testo pag. 61<br />

MAGI SIMONE nato ad Amelia e residente ad Amelia Fornole.Testo a pag. 49<br />

MONTELEONE CARLO Vincitore del premio “Maestro rasa Calogero” del 2006 nella sez. in lingua<br />

italiana con il testo “Si leva un aquilone, è nato a Palmi ove risiede. testo pag 48<br />

MORTILLARO DANIELA ,Vincitrice I° Premio di Poesia “Le Mond Club” di Padova 2005 con le<br />

poesie: “ Io e il mio cuore” e “ Il burattino”. Selezionata per l’<strong>Antologia</strong> al concorso “ San Valentino” di<br />

Quartu Sant’Elena. Classificata nei primi dieci del concorso letterario Maestro Rasa Calogero 2005 (Pa)<br />

Premiata al 4° posto nel 1° Premio Letterario di Poesia e Narrativa AVIS di Capannoli ( Pisa ).<br />

Selezionata per l’<strong>Antologia</strong> di 2 concorsi letterari organizzati dal Club degli Autori. Presente<br />

nell’edizione 2006 dell’<strong>Antologia</strong> “Poeti in Galleria”.<br />

Pubblica nell’Agosto 2006 la sua prima raccolta di poesie dal titolo “Fili invisibili” per la casa editrice Il<br />

Filo. Testo pag. 64<br />

NERI MARGHERITA nata a Ganci e residente a Cefalù.Testo pa. 15- 89<br />

NOTO ALBERTO nato e residente a Trapani. testo pag. 65 -90<br />

PASSAFIUME AMEDEO nato a Palermo, risiede a <strong>Cerda</strong> con la famiglia. Studente. testo pag.100<br />

PASSAFIUME CLELIA nata a Palermo é residente a <strong>Cerda</strong>. Stundentessa universitaria. Partecpa a<br />

diversi concorsi letterali e collabra con giornali e riviste scrivendo articoli di attualità sul giornale<br />

ESPERO. testo pag. 66<br />

PASSAFIUME DEMETRIO natoa Palermo é residente a <strong>Cerda</strong>. Studente. testo pag.97<br />

PICCIONE MARFINO GIUSEPPE nato e residente a Custonaci (TP).testo pag.91<br />

107


PERCIACCANTE ALFREDO nato a Cassano Ionio (CS) il 13/08/1946, diplomato all’età di 17 anni in<br />

Ragioneria presso l’Istituto Tecnico Commerciale “Pitagora” di Castrovillari (CS); ha conseguito le<br />

lauree in:Economia e Commercio presso l’Università Statale di Napoli; Scienze economiche e sociali<br />

presso la Libera Università Internazionale di Studi Superiori “PRO DEO” in Roma; Philosophy Political<br />

Science Sociali presso la Kensington University; Ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della<br />

professione di Dottore Commercialista presso la Università Statale di Salerno;Ha ricoperto l’incarico di<br />

assistente volontario, prima e di cultore della materia, poi presso le cattedre di Diritto del Lavoro e della<br />

Previdenza Sociale delle Università Statali di Napoli e di Catanzaro; Ha militato nell’Azione Cattolica<br />

Italiana ricoprendo vari incarichi a livello Diocesano (Presidente del Consiglio Diocesano), Regionale<br />

(Responsabile del settore Seniores), Nazionale (Membro del Consiglio Nazionale); E’ stato eletto,<br />

ininterrottamente, dal 1969 al 1992 Consigliere Comunale nel proprio Comune di residenza (Cassano<br />

all’Ionio) ricoprendo più volte la carica di Assessore alla Cultura e di altri settori operativi, nonchè quella<br />

di Sindaco; E’ stato direttore del periodico Gioventù Nuova edito dalla Diocesi di Cassano all’Ionio,<br />

membro della redazione del Bollettino Diocesano e collaboratore di RadioTeleDonBosco negli anni dal<br />

1970 al 1980; E’ stato Dirigente presso un Ente Previdenziale; Dal 1992, a seguito di alcune traversie<br />

causategli da “personaggi” della sua zona, ha trovato nella poesia, oltre che nell’Amore in Dio, l’ancora<br />

di salvezza per la sua esistenza, riuscendo, così, a riprendere una vita di normalità, sempre segnata, però,<br />

dalla “rabbia” per ciò che incolpevolmente gli era capitato. “Rabbia”, traspirante quasi sempre dalle sue<br />

modeste opere, che si trasforma alla fine in perdono e speranza. Recentemente è stato premiato con diploma di<br />

merito e targa del Parlamento Europeo al 46° Concorso letterario – settore poesie – “Arnaldo DI<br />

MATTEO” in Salerno. Alcune sue poesie sono state premiate segnalate: con diploma e targa nel premio<br />

letterario “Il Fuoco” patrocinato dal Comune di Roma ed indetto dall’Associazione Culturale “I Giardini<br />

dell’anima” con Sede in Roma; con menzione d’onore, diploma e targa nel premio letterario Città di<br />

Cerchiara di Calabria patrocinato dal Comune di Cerchiara, dalla Comunità Montana dell’Alto Ionio, dalla<br />

Provincia di Cosenza ed indetto dalla Pro-loco di Cerchiara di Calabria. Testo pag. 67<br />

RUNFOLA LUCIANO E’ nato ad Aliminusa il 22.04.1967 Vive a <strong>Cerda</strong> dove insegna Lettere alla<br />

scuola Media di <strong>Cerda</strong> .Vincitore del Concorso Maestro Rasa Calogero sez “B” della prima edizione.<br />

Testo a pag. 68<br />

SANCES SALVATORE nato a Palermo e residente a Palermo.testo pag. 69<br />

SANGERVASIO ANTONIO è nato a Roma il 10 Settembre 1970. Lavora come tecnico<br />

di laboratorio presso la Galileo Avionica, ma da sempre scrive poesie per passione.<br />

Ha iniziato scrivendo rime per gli amici, per gioco; si diletta a comporre piccole<br />

rime per Radio Italia Network prima e per Play Radio adesso con Stefano<br />

Gallarini. Le sue poesie hanno una musicalità che si richiama al ritmo incisivo della<br />

musica con un sapiente e particolare uso dell’allitterazione per creare il suono<br />

ossessivo e incessante di un fiume in piena.. La necessità di scrivere ciò che sente<br />

dentro gli nasce spontanea dall’animo, “soprattutto quando sono solo”, come lui<br />

stesso dichiara. “In quei momenti la mia mano diventa un fiume in piena e scrivo,<br />

perché ne sento il bisogno. Gli stati d’animo appaiono e scompaiono, con<br />

improvvisa velocità, e lì avverto la necessità di scrivere. E so che questa voglia non<br />

mi abbandonerà mai”..(concorso Mentana rivista nomentanum). Poesie pubblicate<br />

sul mensile Amicizia di Roma e su diversi siti internet. Partecipa alla trasmissione<br />

POETI E POESIA sulla emittente laziale TELEVITA come ospite di poesia. Da<br />

sempre attratto dalla poesia partecipa grazie ad una amica ad un concorso<br />

nazionale di poesia inedita nel 2005 a febbraio e vince il primo premio assoluto.<br />

Premi e riconoscimenti: primo posto assoluto poesia inedita OMNES ARTES<br />

Mentana 2005;menzione speciale premio Romano di Lombardia (pubblicazione<br />

antologia La citta') 2005; finale premio Il Faro Brindisi 2005;<br />

menzione speciale concorso IL FUOCO di Roma (antologia il fuoco)2005;<br />

menzione speciale concorso I COLORI di Cesena(antologia i colori)2005;<br />

vincitore concorso HABERE ARTEM 2005(antologia habere artem vol.7)2005;<br />

108


selezionato per antologia i poeti del lazio 2005; 0ttava posizione concorso Calogero<br />

Rasa di Palermo (ottiene anche la 17a posizione) 2006; Ottava posizione concorso<br />

S.Vincenzo in Tivoli 2006; Seconda posizione assoluta poesia inedita concorso i fiori<br />

di campo 2005 Landriano Pavia 2006; vincitore ex-equo poesia inedita a tema<br />

l'uomo e il mare concorso poesia in notes 2006; quinta posizione assoluta poesia<br />

inedita concorso LE NUVOLE Peter Russell di Napoli 2006. Presente nelle<br />

antologie: La città (ed 47), itinerario poesia 2 (accademia barbanera), internauti<br />

(ed aletti), il fuoco (ed giardini), i colori (ed farnedi), poesie per ricordare (ed<br />

aletti), emozioni (ed pagine), tra un fiore colto e l'altro donato (ed aletti), habere<br />

artem (ed aletti), i poeti del lazio (ed aletti), panza nel mondo 2005, io scrivo<br />

poesia 2005 (ed giulio perrone), cuorediafano 2006 (ed.emma), club degli autori<br />

2006 (ed. Montedit), poesie per la vita (ed.Universum), gran premio d'autore 2006<br />

(ed.Universum), i fiori di campo 2005 (ed.fiori di campo), paroleinfuga2 (ed.Aletti),<br />

verrà il mattino ed avrà un tuo verso III 2006 (ed.Aletti), poesie italiane 2006 ( ).<br />

Nel maggio 2005 pubblica una sua raccolta di poesia con la casa editrice IL FILO<br />

intitolata BATTITI PRIMORDIALI. Testo pag. 71<br />

SEPPI CHRISTIAN nato e residente a Bellusco (MI) testo pag. 41<br />

SCIORTINO GIUSY testo pag.99<br />

VALLATI LENIO è nato a Gavorrano (GR) il 21/09/53 e risiede a Sesto Fiorentino.<br />

Esordisce nel 2003 con il libro di narrativa Soggiorno a Bip-Bop, Aut. Libri Firenze.<br />

Del 2004 è Un criceto al computer, tre racconti, edito dalla Ibiskos Ed. con il quale<br />

ha conseguito nel 2005 il 1° posto al Premio Internaz. Mondolibro e al premio A. da<br />

Pontedera. Del 2006 Desiderio di volare, ed. Bastogi, che riunisce ventitre racconti<br />

molti dei quali vincitori di diciotto primi premi per la narrativa. Numerosi e di<br />

prestigio sono i riconoscimenti anche per la poesia. E' stato finalista nel 2005 al<br />

Rhegium Julii e al Domenico Rea. E'stato eletto, al Belmoro di Reggio C. poetascrittore<br />

dell'anno 2005. E' presente in numerose antologie tra le quali Poesie<br />

d'amore per il 3° millennio e Letteratura Italiana - Poesia e narrativa dal 2°<br />

Novecento ad oggi <strong>2007</strong> ed. Bastogi. Nel corrente anno <strong>2007</strong> ha ottenuto il 1°<br />

premio al Molinello per la narrativa inedita. Di recente pubblicazione il volume di<br />

poesie Alba e tramonto ed. Bastogi. Testo a pag. 44 – 72<br />

TROCCOLI FRANCESCO nato e residente a Roma. E’ stato segnalato nel 2005 come finalista al<br />

concorso Narrativa di Fantascienza “Tabula Fati” e nella raccolta “I racconti del Prione” con il racconto<br />

“Il Pianeta dei Giganti”; ancora come finalista nel concorso “ Nuovi autori di fantascienza” con il<br />

racconto “Viaggio su Marte”; Finalista al concorso “ Interrete Shorts” con il racconto “Alka Seltzer”;<br />

Sesto classificato al concorso “Citta di Melegnao” del 2005 con lo stesso racconto; Nel 2006 ancora con<br />

il racconto “Viaggio su Marte” è stato segnalato al concorso “Racconti in viaggio”; Nel marzo 2006<br />

finalista con “Essere Umano” al concorso “Apuliacon 2006”; Giugno 2006 con il racconto “Viaggio su<br />

Marte” si è classificato al settimo posto al concorso “Racconti dall’oltrecoscmo; Giugno 2006 con il<br />

racconto “ La Teoria” si è classificato terzo al mconcorso “Red Pill”; Vincitore del concorso letterario<br />

“Marco Majella con la raccolta di racconti “Fantasie di mondi possibili” Nell’agosto 2006 si è<br />

classificato 4° al conorso “insieme nel Mondo” con la medesima raccolta. Vincitore del concorso<br />

letterario del 2006 “Maestro Rasa Calogero con il Racconto “Il Viaggiatore. Testo a pag. 13<br />

ZAPPERI ZUCKER ADA è nata a Catania ma vive da molti anni in Germania. Dopo<br />

aver studiato pianoforte con il maestro Sergio Perticaroli e canto con Alice<br />

Jmmelen, si è diplomata e laureata alla “Musikhochschule” di Vienna. Ha<br />

collaborato al Dizionario Biografico degli Italiani dell’Istituto Treccani,<br />

all’Enciclopedia dello Spettacolo e all’Enciclopedia Universo della De Agostini.<br />

109


Cantante lirica molto affermata soprattutto in campo internazionale, ha studiato<br />

anche pittura con Gotthard Bonell, allestendo diverse mostre. Nel 2006 ha vinto il<br />

concorso “Calogero Rasa” di <strong>Cerda</strong> e nel <strong>2007</strong> il premio “Gaetano Cingari” di Reggio<br />

Calabria. Attualmente insegna canto in Germania e Sudtirolo. La scuola delle<br />

catacombe è la sua prima pubblicazione. Testo pag. 92<br />

110


Un ringraziamento particolare va alla commissione giudicatrice che per<br />

diversi giorni si è impegnata nella lettura delle opere e poterle giudicare<br />

e alle ragazze che hanno coadiuvato i giudici nelle operazioni per la<br />

buona riuscita del lavoro.<br />

LA COMMISSIONE GIUDICATRICE<br />

PROF. FAUSTO CLEMENTE PRESIDENTE<br />

PROF. MOSCATO AGOSTINO GIURATO<br />

PROF. CIRO CARDINALE GIURATO<br />

DOTT.SSA RASA STEFANIA GIURATO<br />

PROF.SSA NINA CARDACI GIURATO<br />

SEGRETARIA DELLA COMMISSIONE<br />

GIUSY MUSCARELLA<br />

COLLABORATRICE<br />

FRANCESCA IMBURGIA – CICERO ROSITA<br />

111


Un ringraziamento particolare all Assessore ai beni culturali<br />

dell’A.R.S. che ha voluto onorarci del Patrocino<br />

Un ringraziamento alla Provincia Regionale di Palermo. che ha fornito<br />

le coppe.<br />

A tutte le ragazze e ragazzi che si sono impegnati per la buona riuscita<br />

della manifestazione di premiazione.<br />

Per la realizzazione di questo volume hanno collaborato:<br />

Francesca Castagna<br />

Maria Assunta D’Avolio<br />

Francesco Dioguardi<br />

Ermelinda Imburgia<br />

112


Indice<br />

Un illustre saggio poeta pag. 4<br />

Zappa e fauci di Rasa Calogero pag. 5<br />

Breve storia e curriculum pag. 6<br />

Presentazione pag. 11<br />

Narrativa pag. 13<br />

Poesia in italiano pag. 47<br />

Poesia dialettale pag. 73<br />

Cat. “G” italiani all’estero pag. 91<br />

Categoria bambini pag. 97<br />

Indice degli autori pag. 103<br />

Commissione pag. 111<br />

Ringraziamenti pag. 112<br />

113

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