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Burnout<br />

La sindrome del fuoco spento<br />

Chiara Consiglio, Laura Borgogni<br />

Achi non è capitato di sentire le proprie energie<br />

completamente consumate e assorbite dagli impegni<br />

di lavoro? Di cominciare una nuova giornata lavorativa<br />

sentendosi già stanchi e senza risorse? Di avvertire<br />

l’inutilità del proprio operato di fronte alle difficoltà<br />

quotidiane, all’indifferenza dei propri colleghi<br />

e alle richieste pressanti dell’organizzazione? Di sentirsi<br />

totalmente insensibili di fronte al disagio e alle richieste<br />

di aiuto degli altri?<br />

Quando questa condizione non è più temporanea<br />

e occasionale ma diventa prevalente e si cronicizza nel<br />

tempo, parliamo di burnout, una vera e propria sindrome<br />

lavorativa che causa uno stato di malessere intenso<br />

al lavoratore e al tempo stesso gli impedisce di<br />

essere professionalmente efficace.<br />

Il termine stesso mette in evidenza alcuni tratti salienti<br />

della sindrome: burnout infatti rimanda a ciò che<br />

è bruciato, logorato, fuso, scoppiato. Non è un caso<br />

che una delle metafore a cui spesso fanno riferimento<br />

gli stessi lavoratori colpiti dalla sindrome sia quella di<br />

un fuoco che, un tempo acceso e bruciante di energia,<br />

si è ora spento, lasciando il posto a delle fredde ceneri.<br />

Il burnout è dunque un fenomeno caratterizzato dal<br />

completo esaurimento emotivo e psicofisico del lavoratore,<br />

accompagnato dal distacco, o da una vera e propria<br />

avversione verso il lavoro, i colleghi, i superiori,<br />

i clienti o gli utenti, ecc. Quali sono i segnali che permettono<br />

di riconoscere il burnout e in che modo si può<br />

intervenire?<br />

I sintomi del burnout<br />

Parlando di burnout, alcuni decenni fa si faceva riferimento<br />

esclusivamente ad alcune categorie di lavoratori:<br />

i medici, gli infermieri, gli insegnanti e, più in<br />

generale, gli operatori sociali. Infatti la forma più classica<br />

della sindrome si manifesta nelle professioni cosiddette<br />

“di aiuto”, quelle che si svolgono all’interno<br />

dei contesti sociosanitari e scolastici, in cui l’obiettivo<br />

dell’attività lavorativa è la cura, l’aiuto, l’educazione<br />

o la riabilitazione.<br />

Christina Maslach è la studiosa che più si è occu-<br />

pata di burnout ed è a lei che dobbiamo la sistematizzazione<br />

teorica più nota della sintomatologia del fenomeno.<br />

Questa si caratterizza per tre segni distintivi,<br />

contemporaneamente presenti:<br />

1) Esaurimento emotivo: la persona avverte di aver<br />

“bruciato” tutte le sue energie; si sente stan ca, svuotata,<br />

senza più risorse fisiche ed emozionali per affrontare<br />

l’attività lavorativa.<br />

2) Depersonalizzazione: la persona manifesta un<br />

atteggiamento freddo e cinico nelle relazioni con gli<br />

altri, che sono sempre più caratterizzate da indifferenza<br />

e annullamento delle emozioni. Al concetto di<br />

depersonalizzazione si è venuto progressivamente a<br />

sostituire quello di disaf fezione. La differenza è notevole:<br />

mentre con il concetto di depersonalizzazione<br />

si poneva l’accento su una risposta disfunzionale a gli<br />

uten ti, con il concetto di disaffezione si pone l’accento<br />

su una risposta disfunzionale al lavoro in sé e per sé.<br />

3) Riduzione dell’efficacia professionale: la persona<br />

avverte un crescente senso di inadeguatezza, una<br />

diminuzione, o perdita, della propria competenza professionale<br />

e una mancanza di fiducia nelle proprie possibilità.<br />

Vi possono poi essere numerosi altri sintomi, come<br />

umore depresso, ansia, instabilità emotiva, senso di<br />

colpa, bassa tolleranza alle frustrazioni, disturbi psicosomatici<br />

ed anche aumento dei comportamenti rischiosi.<br />

Secondo i primi studi i soggetti più esposti al burnout<br />

sarebbero quelli più empatici, idealisti e tendenti<br />

ad identificarsi con gli altri, ma anche quelli più introversi,<br />

ansiosi, ossessivi e altamente entusiasti.<br />

Spesso sono proprio questi tratti di personalità ad<br />

orientare la scelta di intraprendere una professione di<br />

aiuto, con una passione e un entusiasmo inizialmente<br />

notevoli, che poi però non trovano sufficiente riscontro<br />

nella realtà lavorativa.<br />

Non tutte le persone sono u gualmente esposte al<br />

burnout; può capitare che su due colleghi che lavorano<br />

nello stesso reparto per uno stesso periodo di tempo,<br />

affrontando quotidianamente le medesime difficoltà<br />

lavorative, uno sia colpito da burnout e l’altro no. In<br />

casi del genere spes so è l’efficacia personale, ossia la<br />

1 <strong>BURNOUT</strong> PSICOLOGIA CONTEMPORANEA N. 200 - MAR.-APR. 2007


convinzione della persona di riu scire a gestire con successo<br />

le situazioni, anche quelle complesse, a rappresentare<br />

il fattore determinante. Il lavoratore con<br />

un’elevata efficacia personale vedrà le difficoltà lavorative<br />

come delle sfide davanti alle quali insistere e aumentare<br />

l’impegno e i fallimenti come occasioni di apprendimento<br />

e stimoli a migliorare. Il lavoratore con<br />

bassa efficacia personale sarà invece portato a vedere<br />

le difficoltà come ostacoli insormontabili e tenderà ad<br />

arrendersi, a vedersi già sconfitto in partenza, ed anche<br />

davanti alle situazioni incerte sarà portato a mettere<br />

me no impegno e ad avere sempre meno fiducia in sé.<br />

In breve: un basso livello di efficacia personale è un<br />

fattore predisponente alla manifestazione della sindro -<br />

me del burnout, laddove un alto livello costituisce un<br />

fattore particolarmente protettivo.<br />

Osservando lo Schema 1, vediamo che negli ultimi<br />

tempi, oltre al passaggio dal concetto di depersonalizzazione<br />

a quello di disaffezione, si sono anche estesi<br />

i contesti di osservazione del burnout. Con il tempo<br />

ci si è infatti resi conto che il fenomeno poteva riguardare<br />

non solo gli operatori sanitari ed educativi, ma<br />

anche molti altri lavoratori sottoposti a forte e costante<br />

stress quotidiano. Specialmente oggi, in un contesto di<br />

mercato globale e competitivo, caratterizzato da<br />

estrema precarietà e instabilità del lavoro e dell’economia<br />

stessa, e al tempo stesso da forte velocità, in<br />

un mon do in cui non ci sono più certezze, tranne il<br />

fatto che occorre costantemente adattarsi ai cambiamenti<br />

e correre per battere la concorrenza, tutte le professioni<br />

possono essere espo ste al burnout.<br />

Consideriamo anche il fatto che il lavoro nella nostra<br />

società è sempre più centrale per l’identità personale,<br />

tanto nei suoi risvolti affettivi quanto in quelli relazionali<br />

e sociali. In esso vengono investite molte<br />

delle proprie risorse in termini di energie, tempo, motivazioni<br />

e capacità.<br />

Le conseguenze del burnout non sono solo individuali<br />

(depressione, disturbi psicosomatici, abuso di sostanze,<br />

insoddisfazione, ecc.), ma anche organizzative:<br />

assenteismo, calo delle performance e della qualità del<br />

servizio, abbandono. Appare dun que importante e<br />

quanto mai attuale che le organizzazioni si preoccupino<br />

di tutelare le proprie risorse umane, sostenendole<br />

nel fronteggiare lo stress, che può ripercuotersi nella<br />

qualità della vita personale, ma anche nella prestazione<br />

lavorativa, nel rapporto con i colleghi, i clienti<br />

e gli utenti. Diventa allora fondamentale pianificare e<br />

realizzare strategie di prevenzione del disa gio lavorativo,<br />

intervenendo su ciò che può essere fonte di benessere<br />

e di coinvolgimento.<br />

L’organizzazione<br />

Studi recenti evidenziano che il burnout può essere<br />

compreso e affrontato solo se lo si considera come un<br />

problema che coinvolge l’intera organizzazione in cui<br />

si manifesta. Le disfunzioni organizzative possono<br />

avere un peso molto rilevante nell’insorgenza della<br />

sindrome. L’organizzazione, infatti, definisce i vincoli<br />

e le risorse che le persone hanno a disposizione ed è<br />

nel contesto lavorativo che si strutturano i rapporti con<br />

gli altri e si definiscono le regole che li sostengono. Vi<br />

sono dunque svariati aspetti – strutturali, culturali, relazionali<br />

e di ruolo – che hanno un forte impatto sull’incidenza<br />

e sul grado di burnout che può manifestarsi<br />

in un’organizzazione.<br />

A questo proposito Maslach e Leiter (1997) hanno<br />

approntato uno strumento di analisi della vita lavorativa.<br />

Si tratta del Maslach Burnout Inventory, di cui è<br />

oggi disponibile anche l’adattamento italiano (Questionario<br />

di Check-up Organizzativo: Borgogni et al.,<br />

2005). Tale strumento esplora: a) la relazione personale<br />

con il lavoro, b) le principali aree della vita lavorativa<br />

e c) i processi di gestione.<br />

a) La relazione con il lavoro riguarda il livello di<br />

“job engagement”. Con tale espressione ci si riferisce<br />

a tre dimensioni antitetiche a quelle caratterizzanti il<br />

burnout:<br />

1) ener gia (vs esaurimen to),<br />

2) coinvolgimento (vs disaffezione),<br />

3) efficacia (vs inefficacia).<br />

La persona “engaged” (ossia impegnata, coinvolta)<br />

svol ge il proprio lavoro con grande ener gia, si sente<br />

coinvolta a livello emozionale e affettivo in quello che<br />

fa e contemporaneamente percepisce di riuscire nel<br />

proprio lavoro e di dare con esso un contributo importante<br />

all’organizzazione.<br />

b) Le aree della vita lavorativa riguardano:<br />

1) il carico di lavoro,<br />

2) il controllo sulla propria attività lavorativa,<br />

3) il riconoscimento (economico e psicologico),<br />

4) l’integrazione sociale,<br />

5) l’equità dell’organizzazione,<br />

6) la congruenza tra valori personali e organizzativi.<br />

Se la persona avverte una mancanza di sintonia tra sé<br />

ed una o più di queste aree, può incappare nel burnout.<br />

c) I processi di gestione riguardano più specificamente<br />

le aree dell’intervento. Esse sono:<br />

1) il cambiamento,<br />

2) la leadership,<br />

3) lo sviluppo delle competenze,<br />

4) la coesione di gruppo.<br />

2 <strong>BURNOUT</strong> PSICOLOGIA CONTEMPORANEA N. 200 - MAR.-APR. 2007


La Figura 1 mostra il check-up di un’azienda realizzato<br />

mediante la somministrazione del Questionario<br />

di Check-up Organizzativo. Osservando il grafico, balzano<br />

agli occhi i molti elementi negativi (barre rosse)<br />

che caratterizzano quell’organizzazione, fra i quali<br />

spiccano gli alti livelli di esaurimento del personale,<br />

la bassa congruenza tra valori personali e organizzativi<br />

e il basso riconoscimento.<br />

Burnout ed engagement non dipendono dunque<br />

solo dalle persone e neppure solo dalle organizzazioni,<br />

ma sono l’effetto combinato di caratteristiche individuali,<br />

fattori relazionali, ambientali e sociali che interagiscono<br />

tra loro. Sono senza dub bio rilevanti sia le<br />

motivazioni e le aspettative della persona circa l’attività<br />

lavorativa, sia il tipo di ambiente più o meno favorevole<br />

in cui essa viene a trovarsi, non ché la compatibilità<br />

tra l’organizzazione e le caratteristiche individuali.<br />

Al tempo stesso diviene centrale la capacità<br />

della persona di affrontare le situazioni frustranti, di<br />

reagire positivamente alle difficoltà, di contribuire al<br />

cambiamento proprio e dell’ambiente lavorativo.<br />

Il sovraccarico relazionale<br />

Come si vede, il grande merito del nuovo approccio<br />

al burnout è quello di aver proficuamente allargato<br />

l’interesse tanto ai lavoratori quanto al contesto organizzativo<br />

nel suo insieme, e quindi anche alla possibilità<br />

di prevenire e curare la sindrome a più livelli. C’è<br />

però da dire che tale approccio rischia di offuscare<br />

quella relazione dell’operatore con l’utente di cui parlavamo<br />

prima e che in origine caratterizzava ampiamente<br />

l’analisi del burnout. Del resto basta dare ancora<br />

un’occhiata alla Figura 1 per constatare come<br />

que sto elemen to sfug ga al monitoraggio di quello che<br />

è attualmente uno degli strumenti d’indagine più apprezzati<br />

e diffusi.<br />

Eppure bisogna tenere presente che gli aspetti relazionali<br />

costituiscono un elemento mol to importante<br />

nei contesti organizzativi attuali, perché le persone<br />

sono continuamente espo ste a situazioni interpersonali<br />

difficili, se non proprio conflittuali, ad esempio sono<br />

obbligate al confronto con persone provenienti da culture<br />

diverse e portatrici di valori nuovi, situazioni che<br />

tendono ad incrementare la diffidenza e la complessità<br />

dei rapporti. Inoltre, mai come oggi nelle organizzazioni<br />

appare indispensabile il lavoro in partner ship con<br />

il cliente, del quale in ogni settore viene costantemente<br />

monitorato il livello di soddisfazione. Siamo passati<br />

da organizzazioni fondate sul prodotto tecnico a organizzazioni<br />

fondate sull’orientamento al cliente, per -<br />

ché si è visto che in definitiva è quest’ultimo a premiare<br />

e garantire la sopravvivenza dell’organizzazione.<br />

Per questo il nostro gruppo di ricerca sta introducendo<br />

nello studio del burnout una nuova dimensione,<br />

che abbiamo definito “sovraccarico relazionale” (Borgogni<br />

et al., 2006). Lo scopo è quello di recuperare la<br />

sostanza di quel concetto di depersonalizzazione che<br />

si è venuto negli ultimi tempi dissolvendo. Il concetto<br />

di sovraccarico relazionale orienta il monitoraggio<br />

delle pressioni degli altri, clienti o utenti che siano, sui<br />

lavoratori e dei loro conseguenti sentimenti di fastidio<br />

e di indifferenza. Il sovraccarico relazionale può emergere<br />

in tutti i contesti in cui sia rilevante, per il conseguimento<br />

degli obiettivi organizzativi, la relazione<br />

interpersonale e può riguardare non solo il rapporto<br />

con il cliente o l’utente, ma anche quello con i superiori,<br />

i colleghi e i collaboratori.<br />

L’intervento<br />

Che fare? Quali possono essere gli interventi per<br />

uscire dal burnout e promuovere l’engagement? Se<br />

tutta l’organizzazione è coinvolta e motivata a prevenire<br />

o ridurre il burnout, si può pensare ad un’azione<br />

globale che, attraverso il potenziamento della capacità<br />

delle persone di far fronte agli stressor negativi, si<br />

ponga l’obiettivo di incrementare la propensione dell’individuo<br />

a lavorare con energia, ad essere emotivamente<br />

coinvolto e a sentirsi efficace nel proprio lavoro.<br />

Lavorando per il potenziamento dell’efficacia personale<br />

e per lo sviluppo del job engagement è infatti possibile<br />

creare le condizioni per stimolare il coinvolgimento<br />

nel lavoro e migliorare la prestazione del personale,<br />

contribuendo contemporaneamente a migliorare<br />

la vita lavorativa delle persone. Ma come si può<br />

articolare un vero e proprio intervento di questo tipo?<br />

Intanto si può lavorare su più fronti, sia nell’ambito<br />

della prevenzione che della riduzione del fenomeno.<br />

A livello organizzativo è importante conoscere la condizione<br />

attuale attraverso un’analisi del contesto. Il<br />

check-up dell’organizzazione individua le variabili significativamente<br />

intrecciate con il burnout. Queste costituiscono<br />

gli elementi da cui partire per “proteggersi”<br />

dalla sindrome. Può trattarsi, ad esem pio, delle relazioni<br />

con colleghi e superiori, del carico di lavoro,<br />

della percezione del management, ecc. In tal caso gli<br />

interventi possono prevedere cambiamenti strutturali,<br />

come ad esempio la ridefinizione dei ruoli e dei carichi<br />

di lavoro, o programmi di formazione rivolti ai responsabili<br />

per lo sviluppo delle capacità gestionali.<br />

3 <strong>BURNOUT</strong> PSICOLOGIA CONTEMPORANEA N. 200 - MAR.-APR. 2007


A livello individuale è possibile prevedere programmi<br />

di sviluppo dell’efficacia personale, data la<br />

sua rilevanza come fattore di protezione. Si tratta soprattutto<br />

di interventi di coach ing e counseling individuale<br />

volti a rafforzare la capacità di gestione delle<br />

emozioni e dello stress, delle relazioni interpersonali<br />

e il time management. Altre azioni possono interessare<br />

lo sviluppo dell’interdipendenza, del sostegno reciproco<br />

e della gestione del conflitto attraverso la formazione<br />

al lavoro di gruppo.<br />

Nei contesti sociosanitari sono risultati efficaci interventi<br />

di formazione per medici e infermieri, orientati<br />

allo sviluppo della relazione con il paziente e in<br />

particolare di specifiche competenze psicologiche per<br />

la gestione della comunicazione e della relazione con<br />

il paziente e con i familiari, nonché gruppi di self-help<br />

guidati per condividere tra gli operatori le criticità vissute<br />

ed individuare possibili azioni per fronteggiarle.<br />

Complessivamente, alla luce delle ricerche e dei diversi<br />

filoni d’intervento prospettati, sembra raccomandabile<br />

considerare il burnout come un fenomeno complesso<br />

e multideterminato, in cui gioca un ruolo significativo<br />

il peso congiunto dei diversi fattori (individuali,<br />

relazionali e organizzativi), più che di ogni singolo<br />

aspetto preso da solo. Ancor più utile è intervenire<br />

prima che il fenomeno insorga e in questo la ricerca<br />

condotta negli ultimi anni ci aiuta molto. Si possono<br />

infatti creare le condizioni individuali e di contesto<br />

per prevenire il burnout o, meglio ancora, per rafforzare<br />

l’impegno e il coinvolgimento nel lavoro e nell’organizzazione.<br />

Riferimenti bibliografici<br />

Borgogni L., Armandi F., Amaducci M., Consiglio<br />

C. (in corso di stampa), Integrazione alla misura del<br />

In passato Attualmente<br />

Sintomi<br />

Esaurimento Esaurimento<br />

emotivo emotivo<br />

Depersonalizza- Disaffezione<br />

zione lavorativa<br />

Riduzione del- Riduzione dell’efficacia<br />

profes- l’efficacia professionale<br />

sionale<br />

Soprattutto<br />

Contesti<br />

Tutte le organizsocio-sanitari<br />

zazioni produttied<br />

educativi ve e no<br />

Schema 1 – Il burnout ieri e oggi.<br />

job burnout: la Scala di Sovraccarico Relazionale,<br />

«Giornale Italiano di <strong>Psicologia</strong>».<br />

Borgogni L., Armandi F., Consiglio C., Petitta L.<br />

(2005), Job burnout ed efficacia personale, «Bollettino<br />

di <strong>Psicologia</strong> Applicata», 245, 31-44.<br />

Borgogni L., Consiglio C. (2005), Job burnout:<br />

evoluzione di un costrutto, «Giornale Italiano di <strong>Psicologia</strong>»,<br />

1, 23-58.<br />

Borgogni L., Galati D., Petitta L., Centro<br />

Schweitzer (2005), Questionario di Check-up Organizzativo.<br />

Manuale, Firenze, Organizzazioni Speciali.<br />

Maslach C. (1982), Burnout: The cost of caring,<br />

New York, Prentice Hall (trad. it. Burnout: il prezzo<br />

dell’aiuto agli altri, Assisi, Cittadella Editrice,1992).<br />

Maslach C., Jackson S. E. (1981), MBI: Maslach<br />

Burnout Inventory, Palo Alto, Consulting Psychologists<br />

Press.<br />

Maslach C., Leiter M. P. (1997), The truth about<br />

burnout, San Francisco, Jossey Bass (trad. it. Burnout<br />

e organizzazione, Trento, Erickson, 2000).<br />

Chiara Consiglio, Psicologa clinica e del lavoro,<br />

collabora con la Cattedra di <strong>Psicologia</strong> delle organizzazioni<br />

dell’Università di Roma “La Sapienza” per<br />

progetti di ricerca-intervento su burnout, analisi del<br />

clima aziendale e sviluppo dell’efficacia personale.<br />

Laura Borgogni è Professore Associato di <strong>Psicologia</strong><br />

del lavoro e delle organizzazioni nella Facoltà di<br />

<strong>Psicologia</strong> 2 dell’Università di Roma “La Sapienza”.<br />

Ha pubblicato, tra l’altro, Valutazione e motivazione<br />

delle risorse umane nelle organizzazioni (Angeli,<br />

1996), Efficacia organizzativa (Guerini, 2001), Lo sviluppo<br />

delle persone nelle organizzazioni (Carocci,<br />

20<strong>03</strong>).<br />

4 <strong>BURNOUT</strong> PSICOLOGIA CONTEMPORANEA N. 200 - MAR.-APR. 2007


BOX - Le professioni d’aiuto<br />

Gli operatori sanitari, medici e<br />

infermieri, e gli insegnanti sono le<br />

figure più tipicamente colpite da<br />

burnout. Chi non ha avuto modo di<br />

osservare, almeno una volta,<br />

qualche infermiere o qualche medico<br />

che si comportava in modo<br />

scorbutico e insensibile nei confronti<br />

dei pazienti, come se questi fossero<br />

degli oggetti piuttosto che delle persone?<br />

Oppure<br />

qualche insegnante che non credeva<br />

più nel suo lavoro, che non prestava<br />

attenzione ai suoi studenti, dai<br />

quali era anzi quasi infastidito, che<br />

si limitava a ripetere in modo routinario<br />

e stereotipato il pro gram ma,<br />

senza alcun coinvolgimento o interesse?<br />

Il fatto è che queste professioni<br />

richiedono un notevole dispendio<br />

di energia fisica e psicologica,<br />

perché comportano grande disponibilità<br />

e pazienza verso gli altri,<br />

comprensione del le loro difficoltà<br />

e capacità di offrire supporto in qualsiasi<br />

momento. Tutto ciò può essere<br />

particolarmen te faticoso nei contesti<br />

ospedalieri,<br />

quando ci si confronta con<br />

pazienti difficilmente recuperabili,<br />

portatori di malattie che mettono a<br />

nudo i limiti della scienza e delle<br />

buo ne intenzioni, oppure quando il<br />

carico di lavoro è particolarmente<br />

elevato. In queste situazioni l’operatore<br />

avverte un senso di frustrazione<br />

per l’incapacità di portare a<br />

termine l’obiettivo fondamentale<br />

del suo lavoro, ossia la cura e la guarigione<br />

del paziente.<br />

Quando le richieste diventano<br />

particolarmente pesanti o eccessive,<br />

il lavoratore è costretto ad investire<br />

quantità crescenti di energia, pur ricevendo<br />

ben poco in cambio, tanto<br />

sul piano relazionale (gratitudine da<br />

parte degli utenti, sostegno da parte<br />

dei colleghi, gratificazioni da parte<br />

dei superiori) quanto su quello organizzativo<br />

(remunerazione, crescita<br />

professionale, ecc.). Man mano<br />

che passa il tem po l’operatore può<br />

non farcela più a sostenere le richieste<br />

e può cercare di proteggersi<br />

sviluppando un graduale distacco,<br />

che può tramutarsi progressivamente<br />

in insofferenza verso il lavoro<br />

e l’utenza. Pessimismo e disillusione<br />

possono facilmente diventare modi<br />

di fronteggiare il vissuto di fallimento.<br />

Molti studi hanno dimostrato che<br />

nei contesti ospedalieri le figure<br />

maggiormente a rischio di burnout<br />

sono gli infermieri. Questi operatori<br />

trascorrono più tempo dei medici<br />

con i pazienti, per cui si confrontano<br />

di più con la sofferenza e<br />

il disa gio. Rispetto ai medici, probabilmente,<br />

può esserci anche una<br />

minore identificazione nel lavoro.<br />

Va detto che non tutti i reparti sono<br />

ugua li: particolarmente esposti sono<br />

gli operatori del pronto soccorso,<br />

dei reparti di neurochirurgia, cardiologia<br />

e oncologia, dove l’impatto<br />

con la sofferenza è maggiore e dove<br />

la possibilità di riu scita è talvolta indipendente<br />

dal proprio operare.<br />

Nella scuola gli insegnanti più a<br />

rischio sono quelli che si trovano a<br />

gestire classi molto numerose, di<br />

sedi collocate in periferia o in luoghi<br />

svantaggiati, o che devono confrontarsi<br />

con alunni portatori di problematiche<br />

specifiche (bullismo, iperattività,<br />

handicap fisici e mentali)<br />

che possono avere ripercussioni su<br />

tutto il sistema classe.<br />

Ma dalle ricerche è emerso che<br />

sono in gioco anche altri fattori. I<br />

rapporti con i colleghi e i superiori,<br />

ad esempio, costituiscono due elementi<br />

cruciali, capaci di favorire<br />

l’insorgenza e modulare l’intensità<br />

della sindrome: un rapporto di collaborazione,<br />

sostegno reciproco e<br />

confronto costruttivo con i colleghi<br />

e la dirigenza, può aiutare a vivere<br />

più serenamente il disagio lavorativo<br />

e a trovare, anche attraverso il<br />

confronto, strategie appropriate per<br />

fronteggiare il proprio malessere.<br />

Può essere anche il solo ascolto reciproco<br />

a ridurre il rischio di burnout,<br />

perché in tal modo si acquista<br />

una maggiore forza e fiducia in se<br />

stessi, ritrovando nell’altro uno<br />

specchio su cui riflettere le proprie<br />

incertezze, paure, intolleranze.<br />

5 <strong>BURNOUT</strong> PSICOLOGIA CONTEMPORANEA N. 200 - MAR.-APR. 2007


RELAZIONE CON IL LAVORO<br />

Esaurimento Energia | | | | | | | | | | |<br />

Disaffezione Coinvolgimento | | | | | | | | | | |<br />

Inefficacia Efficacia | | | | | | | | | | |<br />

AREE DELLA VITA LAVORATIVA<br />

Discrepanza Sintonia<br />

Carico di lavoro | | | | | | | | | | |<br />

Controllo sulla propria attività lavorativa | | | | | | | | | | |<br />

Riconoscimento (economico, psicologico) | | | | | | | | | | |<br />

Integrazione sociale | | | | | | | | | | |<br />

Equità dell’organizzazione | | | | | | | | | | |<br />

Congruenza valori personali/organizzativi | | | | | | | | | | |<br />

PROCESSI DI GESTIONE<br />

Burnout Impegno<br />

Negativo Positivo<br />

Cambiamento | | | | | | | | | | |<br />

Leadership | | | | | | | | | | |<br />

Sviluppo delle competenze | | | | | | | | | | |<br />

Coesione di gruppo | | | | | | | | | | |<br />

| | | | | | | | | | |<br />

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100<br />

Figura 1 – Check-up di un’azienda realizzato somministrando al personale il Questionario di Check-up Organizzativo (Borgogni<br />

et al., 2005). Nel grafico sono riportate le medie delle risposte. Le barre rosse, indicanti valori inferiori a quelli medi,<br />

indicano le aree problematiche presenti all’interno dell’organizzazione. Le barre blu sono aree non problematiche.<br />

6 <strong>BURNOUT</strong> PSICOLOGIA CONTEMPORANEA N. 200 - MAR.-APR. 2007

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