Polverini 1..1 - Historia Antigua

L. POLVERINI
L’estensione del nome Italia fino alle Alpi
e la provincia Gallia Cisalpina
estratto da
«Geographia Antiqua»
XIX, 2010
# LEO S. OLSCHKI

GEOGRAPHIA ANTIQUA
rivista di geografia storica
del mondo antico
e di storia della geografia
GEOGRAFIA E POLITICA IN GRECIA E A ROMA
B. VIRGILIO, La corrispondenza del re ellenistico............................................................. 5
A. LARONDE, Les Ptolémées et la Méditerranée .............................................................. 19
P. F. MITTAG, Das Indienbild des Ptolemaios ................................................................
D. MARCOTTE, La mer Érythrée et le Sud de l’œkoumène, thème politique dans l’ethnographie
25
hellénistique ............................................................................................................
F. K. MAIER, ,,... zu vertrauten Vorstellungen führen‘‘. Die Funktion der Geographie im
39
didaktischen Geschichtskonzept des Polybios................................................................ 47
S. PANICHI, Lo spazio geografico nella storia dei diadochi (Diodoro XVIII-XX) ................. 65
G. AUJAC, L’urbanisme entre géographie et politique........................................................
B. DREYER, ‘L’asilo territoriale’ dal periodo tardo-classico fino al dominio degli imperatori
77
romani ...................................................................................................................
E. MIGLIARIO, Anticipi di romanizzazione: pianificare, dividere, delimitare gli spazi nel mondo
91
veneto .................................................................................................................... 99
L. POLVERINI, L’estensione del nome Italia fino alle Alpi e la provincia Gallia Cisalpina...... 115
O. DALLY, Die Grenzen Roms .................................................................................... 123
F. CADIOU, Géographie et pompa triumphalis à Rome .................................................
Saggi
141
D. MARCOTTE, Le commentaire de Leto à Denys le Périégète retrouvé .............................
P. ARNAUD, Notes sur le StadiasmedelaGrandeMer(2): rose des vents, systèmes
151
d’orientation et Quellenforschung ...........................................................................
F. J. GÓMEZ ESPELOSÍN, El problema de la credibilidad de los relatos de viaje en la literatura
157
griega ..................................................................................................................... 163
Note e discussioni
P. JANNI, Ne sappiamo più degli Antichi? Considerazioni su una ‘notizia’ della stampa
quotidiana............................................................................................................... 183
Recensioni e notizie ...................................................................................................... 185
Pubblicazioni ricevute .................................................................................................... 209
Lista dei collaboratori ..................................................................................................... 211
XIX
2010

GEOGRAPHIA ANTIQUA
rivista di geografia storica
del mondo antico
e di storia della geografia
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LEANDRO POLVERINI
L’estensione del nome Italia fino alle Alpi
e la provincia Gallia Cisalpina
Prima della storia d’Italia, c’è la storia del nome Italia: la storia della progressiva espansione
geografica del nome nel corso di vari secoli. 1 All’inizio, Italia è solo la parte meridionale
dell’odierna Calabria (antico Bruzio), dallo stretto di Messina ai golfi di S. Eufemia (sul
Tirreno) e di Squillace (sullo Ionio), là dove la distanza fra Tirreno e Ionio è minima, e costituisce
praticamente un istmo. Alla metà del V secolo, 2 lo spazio geografico chiamato Italia
si è esteso sul Tirreno fino al fiume Lao, includendo così quasi tutta l’attuale Calabria (e tutto
l’antico Bruzio 3 ), e sullo Ionio fino a Metaponto o a Taranto. 4 Alla fine del V secolo, ne
fanno ormai parte tutte le città greche orientali; a metà del IV, anche le città greche tirreniche
fino a Posidonia (Paestum), seguite presto da quelle della Campania. Il nome geografico
Italia coincideva così, difatto,conilnomestoricoMagna Graecia. Poi, l’espansione geografica
del nome seguì di pari passo l’espansione territoriale di Roma, che a metà del III secolo
aveva unificato l’Italia propriamente peninsulare, fino all’Arno e all’Esino (cioè,finoallimite
settentrionale rispettivamente dell’Etruria e del Piceno). La fase successiva, e conclusiva, della
storia antica del nome (anzi, della storia del nome tout court) ècostituita dalla sua estensione
all’Italia continentale, o settentrionale, fino alla catena alpina. Il relativo problema cronologico
è stato discusso molte volte; lo si richiama, ora, in quanto direttamente connesso con lo
specifico argomento di questo contributo.
Un notissimo frammento delle Origines di Catone, conservato nel commento virgiliano
di Servio 5 (Alpes [...] quae secundum Catonem et Livium muri vice tuebantur Italiam), trova conferma
esplicita in un altro frammento delle Origines, conservato da Varrone 6 (de magnitudine
gallicarum succidiarum Cato scribit his verbis: in Italia Insubres etc.), e conferma problematica in
due frammenti di orazioni. 7 Famosa quanto il citato frammento di Catone, e di esso più im-
1 E. WISTRAND, Per la storia del nome d’Italia nell’antichità,
in Mélanges de philologie romane offerts à M. Karl Michaelsson, Göteborg,
Bergendahls Boktryckeri 1952, pp. 469-481; D. MU-
STI, Italia. Storia del nome, inEV, III, 1987, pp. 34-40; E. PACK,
s.v. Italia I, inRACh, XVIII, 1998, cc. 1051-1059.
2 Sulla fondamentale testimonianza di Antioco di Siracusa,
per quanto riguarda la storia del nome fino alla metà del V
secolo: F. PRONTERA, Antioco di Siracusa e la preistoria dell’idea
etnico-geografica di Italia, «GeogrAnt», I, 1992, pp. 109-135;
ID., Die Grenzen von Italía bei Antiochos von Syrakus, inGrenze
und Grenzland: 4. Stuttgarter Kolloquium zur historischen Geographie
des Altertums (2.-6. Mai 1990), hrsg. von E. OLSHAUSEN
* 115 *
und H. SONNABEND (Geographica historica, 7), Amsterdam,
Hakkert 1994, pp. 423-430.
3 Il fiume Lao segnava il confine fra Lucania e Bruzio:
Strab. VI 1, 1 (C 253); Plin. Nat. hist., III 72.
4 Sul problema del confine orientale: MUSTI, Italia. Storia
del nome cit., p. 36; PACK, s.v.Italia I cit., c. 1054.
5 Aen., X 13 (= Cato Orig., fr. 85 Peter = IV 10 Chassi-
gnet).
6 De re rust., II4,11(= Cato Orig., fr. 39 Peter = II 9
Chassignet).
7 Uno (De Achaeis, fr. 187 Malcovati = 142 Sblendorio:
cumque Hannibal terram Italiam laceraret atque vexaret)èconservato

portante (sia perché più diffusa ed esplicita, sia perché possiamo leggerla direttamente, nel
suo contesto), è la descrizione dell’Italia che Polibio presenta nel II libro, come introduzione
geografica alla guerra fra Roma e i Galli Cisalpini degli anni 225-222: «Avendo l’Italia nel
suo insieme una forma triangolare, un lato di essa, quello vòlto a oriente, è delimitato dallo
stretto Ionio e [...] dal golfo Adriatico, quello rivolto verso mezzogiorno e occidente [...] dal
mare di Sicilia e dal Tirreno [...]. Delimita, invece, senza interruzione il restante lato, che si estende
dalla parte del nord e del continente, la catena montuosa delle Alpi». 8 Così Polibio anche nel III
libro: Annibale, vedendo i soldati atterriti dalle nevi alpine, «cercò di incoraggiarli con l’unico
mezzo che aveva a questo scopo, la vista dell’Italia: essa, infatti, è situata ai piedi di queste
montagne, sicché, se si osservano insieme l’una e le altre, le Alpi paiono occupare la posizione
di acropoli dell’intera Italia». 9 Egiànel I libro, nel capitolo che costituisce un
sommario del contenuto dei primi due libri, le operazioni militari degli anni 225-222 sono
«i conflitti con i Celti d’Italia». 10 Sono queste, di Catone e di Polibio, le fondamentali attestazioni
relative all’estensione del nome Italia fino alle Alpi: a quando risalgono?
Catone cominciò a comporre le Origines prima (non molto prima) del 168, l’anno della
battaglia di Pidna; 11 Polibio fu portato ostaggio a Roma l’anno seguente e, quando tornò in
Grecia (nel 150), aveva già composto e pubblicato i libri da cui sono tratti i passi in questione.
12 Le attestazioni di Catone e di Polibio si lasciano, insomma, datare fra gli anni Sessanta
(o la fine degli anni Settanta, per quanto riguarda Catone) e gli anni Cinquanta del II secolo.
13 Ma, per gli eventi dell’anno 225 e seguenti, Polibio dipende quasi sicuramente da Fabio
Pittore, 14 che scriveva alla fine del III secolo. Si può pensare che la dipendenza di Polibio da
Fabio Pittore per quanto riguarda la narrazione degli eventi implichi una qualche dipendenza
anche per quanto riguarda le descrizioni e le concezioni geografiche? Se così fosse (è ipotesi
problematica, alla luce del trattato di alleanza stipulato da Annibale e Filippo V nel
215 15 ), l’estensione del nome Italia fino alle Alpi risalirebbe alla fine del III secolo, e si spie-
da Gell. II 6, 7; Macr. VI 7, 10; Serv. Buc., VI 76. L’altro (De b.
Carthag., fr.*195b Malcovati: qui sunt, qui Italiam deformaverunt?
Carthaginienses), riconosciuto in Rhet. ad Her., IV14,20
(e Quint. IX 3, 31), non è stato accolto nell’edizione della
Sblendorio: M. Porci Catonis Orationum reliquiae. Introduzione,
testo critico e commento filologico, acuradiM.T.SBLENDORIO
CUGUSI (Historica, politica, philosophica. Il pensiero antico.
Studi e testi, 12), Torino, Paravia 1982, pp. 371-372. Su La nozione
di ‘Italia’ in Catone: G.MASSA, La formazione del concetto
d’Italia. Tradizioni politiche e storiografiche nell’età precedente la ‘rivoluzione
romana’ (Biblioteca di Athenaeum, 33), Como, New
Press 1996, pp. 9-10. In più ampia prospettiva, si ricorda P. CA-
TALANO, Appunti sopra il più antico concetto giuridico di Italia,
«AAT», XCVI, 1961-62, pp. 198-228, poi in ANRW, XVI
1, 1978, pp. 525-547, e si segnala F. RUSSO, Il concetto di Italia
nelle relazioni di Roma con Cartagine e Pirro, «Historia»,LIX,
2010, pp. 74-105.
8 Polyb. II 14, 4 e 6: Sg& |dg+ rtlpa* rg| $ Isaki* a| s{& rvg* lasi
sqicomoeidot& | t< paqvot* rg|, sg+ m le+ m li* am o< qi* fei pketqa+ m
at$ sg& |sg+ m pqo+ | sa+ |a$ masoka+ | jejkile* mgm o% s $ $ Io* mio| po* qo|
jai+ [...] o< jasa+ so+ m $Adqi* am jo* kpo|, sg+ mde+ pqo+ | lerglbqi* am
jai+ dtrla+ | sesqalle* mgm so+ Rijekijo+ mjai+ Stqqgmijo+ mpe* kaco|
[...]. (6) sg+ mde+ koipg+ msg+ mpaqa* se sa+ |a> qjsot| jai+ sg+ m lero* -
caiam paqasei* motram o< qi* fei jasa+ so+ rtmeve+ |g< sx& m >Akpexm
paqx* qeia. – La traduzione nel testo è di Manuela Mari, in Polibio,
Storie, a cura di D. MUSTI, I (libri I-II), Milano, Rizzoli
2001, pp. 443 e 445 (il corsivo è mio).
9 Polyb. III 54, 2: [$Ammi* ba|] e$ peiqa& so [...] paqajakei& m,
li* am e> vxm a$ uoqlg+ mei$ |sot& so sg+ msg& | $ Isaki* a| e$ ma* qceiam" ot% sx|
ca+ qt< popepsx* jei soi& | pqoeiqgle* moi| o> qerim x% rse rtmhexqotle*
mxm a$ luoi& ma$ jqopo* kex| uai* merhai dia* herim e> veim sa+ | >Akpei|
LEANDRO POLVERINI
* 116 *
sg& |o% kg| $ Isaki* a|. – La traduzione nel testo è tratta dall’edizione
citata nella nota precedente: II (libri III-IV), 2001, p. 131.
10 Polyb. I 13, 4: oi< pqo+ |sot+ |e$ m $ Isaki* y Jeksot+ |a$ cx& me|.
11 Vedi A. E. ASTIN, Cato the Censor, Oxford, Clarendon
Press 1978, p. 212; M. CHASSIGNET, Introduction, nella sua edizione
di Caton, Les Origines (Fragments), Paris, Les Belles Lettres
1986, p. IX: «LesOrigines ont donc été écrites entre 170 au plus
tôt et 149». Come terminus post quem della composizione delle
Origines propone l’anno 174 («nach 174?») W. SUERBAUM, M.
Porcius Cato (Censorius), inHandbuch der lateinischen Literatur der
Antike, hrsg. von R. HERZOG und P. L. SCHMIDT,I,Die archaische
Literatur von den Anfängen bis Sullas Tod, hrsg. von W.
SUERBAUM, München, Beck 2002, pp. 380-418: 389.
12 Vedi D. MUSTI, Introduzione, nella sua citata edizione
di Polibio, Storie, I, pp. 10-12. – Sulle fasi di composizione dell’opera
di Polibio: K. ZIEGLER, s.v.Polybios, inRE, XXI 2,
1952, cc. 1485-1489 (e P. PÉDECH, nella sua edizione di Polybe,
Histoires. Livre I, Paris, Le Belles Lettres 1969, pp. XIV-XV:
«La première partie dans son ensemble [libri I-XXIX] a été rédigée
entre 167 et 151 à Rome [...]. La seconde partie [...] a été
rédigée enGrèce après 146»).
13 Se anche la famosa descrizione della Gallia Cisalpina (II
14-17) può aver trovato forma completa e definitiva nella redazione
finale dell’opera di Polibio (P. PÉDECH, La méthode historique
de Polybe, Paris, Les Belles Lettres 1964, p. 567), gli essenziali
dati e concetti geografici che ne stanno alla base non
potevano mancare nella descrizione del conflitto romano-gallico
degli anni 225-222, prevista nel piano originale dell’opera.
14 Vedi P. PÉDECH, Notice, nella sua edizione di Polybe,
Histoires. Livre II, Paris, Les Belles Lettres 1970, pp. 19-20.
15 Nel trattato di alleanza stipulato da Annibale e Filippo

L’ESTENSIONE DEL NOME ITALIA FINO ALLE ALPI E LA PROVINCIA GALLIA CISALPINA
gherebbe come effetto della prima, pur parziale e provvisoria, espansione romana in Italia
settentrionale seguìta alla battaglia di Clastidium (del 222). 16 È certo, in ogni caso, che la
nuova e definitiva concezione geografica dell’Italia era ormai acquisita nella prima metà
del II secolo, come assicurano Catone e Polibio. 17
Fin qui si sono ricordate cose note, anche se in vario modo problematiche. Mi sembra,
invece, che non sia stata rilevata una conseguenza di ordine politico (in senso lato) dell’ampliamento
fino alle Alpi del concetto geografico di Italia. Riguarda la provincia denominata
Gallia Cisalpina, la decima (in ordine cronologico) delle provincie romane, che si distingue
nettamente dalle precedenti già per quanto riguarda la sua istituzione.
Si riepilogano, per chiarezza, i dati essenziali sull’istituzione delle prime dieci provincie. 18
La prima – Sicilia – fu istituita quattro anni dopo il trattato di pace con Cartagine del 241,
cioè nel 237 (ma il primo pretore è attestato nel 227); la seconda – Sardinia (Sardegna e Corsica)
– fu istituita poco dopo l’occupazione delle due isole nel 238 e 237, forse insieme con la
Sicilia nel 237. Le due provincie iberiche (Hispania Citerior e Hispania Ulterior, terza e quarta
della serie cronologica) furono istituite quattro anni, anch’esse, dopo il trattato di pace con
Cartagine del 201, nel 197. Le provincie Macedonia e Africa (quinta e sesta) furono istituite al
termine rispettivamente delle guerre macedoniche, nel 148, e delle guerre puniche, nel 146
(nello stesso anno fu aggregata alla Macedonia una parte della Grecia, costituita in provincia
autonoma – Achaia – da Augusto 19 ). Poi, la crisi della repubblica non mancò di riflettersi
anche nello svolgimento del sistema provinciale. 20 Se l’annessione del regno di Pergamo, lasciato
in eredità ai Romani da Attalo III nel 133, già nel 127 fu seguìta dall’istituzione formale
di una provincia (Asia), la provincia Gallia Narbonensis fu bensì annessa a conclusione
della conquista, forse nel 120, ma istituita formalmente solo alcuni decenni più tardi. 21 Diverso
comportamento ebbe il governo romano anche nei confronti, rispettivamente, della
Cilicia e della Cyrenaica. LaCilicia risulta già annessa come provincia alla fine del II secolo,
nel 102 o 101, 22 mentre la Cyrenaica – lasciata in eredità ai Romani da Tolomeo Apione nel
96 – fu annessa e redacta in formam provinciae solo nel 74. 23 L’elenco delle prime dieci provincie
si conclude, dunque, con la Gallia Cisalpina, 24 istituita negli anni Ottanta del I secolo
V nell’estate del 215 (Polyb. VII 9: resta fondamentale l’analisi
di E. J. BICKERMAN, An oath of Hannibal, «TAPhA», LXXV,
1944, pp. 87-102, e Hannibal’s covenant, «AJPh», LXXIII,
1952, pp. 1-23), con «Italia» si fa riferimento alla parte peninsulare,
con «Gallia (Cisalpina)» e «Liguria» alla parte settentrionale:
pa* ra| po* kei| jai+ e> hmg, pqo+ |a> e$ rsim g% se uiki* asx& me$ m $ Isaki*
y jai+ Jeksi* y jai+ e$ m sz& Kictrsi* mz (VII9,6:vediF.W.
WALBANK, A historical commentary on Polybius, II, Oxford, Clarendon
Press 1967, p. 54). Il testo riportato da Polibio sembra
riprodurre la versione greca del trattato: G. DE SANCTIS, Storia
dei Romani, III 2, Torino, Bocca 1917, p. 407, nota 22 (= III 2
2, Firenze, La Nuova Italia 1968, p. 393, nota 22); sarebbe,
dunque, una conferma ‘ufficiale’ che nel 215 il nome Italia indicava
ancora solo la parte peninsulare. Ma questo poteva essere
il punto di vista dei Cartaginesi e dei Greci, non necessariamente
dei Romani, suggerisce W. V. HARRIS, inCAH, VIII 2 ,
1989, p. 118, nota 53.
16 Sulla prima espansione romana in Italia settentrionale:
G. DE SANCTIS, Storia dei Romani, III 1, Torino, Bocca
1916, pp. 313-320 (= III 2 1, Firenze, La Nuova Italia 1967,
pp. 304-311).
17 Nell’impossibilità di accertarne la fonte (Polibio?), ci si
limita a ricordare i due passi liviani (XXXIX 22, 6-7 e 54, 10-
12) nei quali, con riferimento a vicende degli anni rispettivamente
186 e 183, la regione abitata dai Veneti è definita Italia
in termini ufficiali, cioè giuridico-politici oltre che geografici.
18 Con la fondamentale trattazione di J. MARQUARDT,
* 117 *
Römische Staatsverwaltung, I 2 , Leipzig, Hirzel 1881, pp. 241-
496 (in particolare, il prospetto a p. 493: Provinzen der Republik),
vedi spec. G. I. LUZZATTO, Roma e le province (Istituto
Nazionale di Studi Romani, Storia di Roma, XVII 1), Bologna,
Cappelli 1985, pp. 46-93 e 103-134; M. H. CRAWFORD, Origini
e sviluppi del sistema provinciale romano, inStoria di Roma, diretta
da A. SCHIAVONE, II 1, Torino, Einaudi 1990, pp. 91-121
(= Storia di Roma, a cura di A. GIARDINA eA.SCHIAVONE,Torino,
Einaudi 1999, pp. 177-202); J.-L. FERRARY, Provinces,
magistratures et lois: la création des provinces sous la République, in
Die Römischen Provinzen. Begriff und Gründung, hrsg. von J. PI-
SO, Cluj-Napoca, Editura Mega 2008, pp. 7-18.
19 Nel 27, quando divenne provincia autonoma anche
l’Illyricum, oggetto di parziali annessioni fin dalla III Guerra macedonica
(assegnate alle provincie finitime: Macedonia e, poi,
Gallia Cisalpina).
20 LUZZATTO, Le province romane cit., pp. 92-103.
21 Ivi, p. 127: «Se possiamo dire che la fondazione della colonia
di Narbo Martius [nel 118] suggellò la fondazione della provincia,
non abbiamo tuttavia alcuna traccia di un atto formale di
redactio, e per molti decenni organizzazione e strutture della provincia
presentarono considerevoli oscillazioni e incertezze».
22 CRAWFORD, Origini e sviluppi del sistema provinciale romano
cit., pp. 106-107 (= pp. 192-193); FERRARY, Provinces,
magistratures et lois cit., pp. 13-14.
23 LUZZATTO, Roma e le province cit., pp. 146-149.
24 Sono, appunto, queste – dalla Sicilia alla Gallia Cisal-

a.C., quando era trascorso almeno mezzo secolo dal compimento della conquista. 25 Perché
tanto ritardo?
Sottolineo l’entità del ritardo, perché «spesso passava un considerevole periodo di tempo
prima che il senato procedesse all’annessione di un determinato territorio, e talora tra l’annessione
e la redactio in formam provinciae, e tra quest’ultima e l’emanazione in forma definitiva
della lex provinciae». 26 Nella rassegna cronologica dell’istituzione delle prime dieci provincie
si è rilevato come già la sistemazione giuridica delle prime due provincie – Sicilia e Sardinia –
fosse definitiva forse solo nel 227 (la questione è controversa; 27 ma si trattava, appunto, delle
prime due provincie, che non avevano un exemplum a cui rifarsi: la circospezione del governo
romano nella creazione di un exemplum di tale portata sarebbe facilmente comprensibile).
E, scendendo dall’età più antica dell’istituto provinciale a quella in cui fu fatta provincia la
Gallia Cisalpina, sono particolarmente vistosi i casi della Gallia Narbonensis e della Cyrenaica.
Quello della Cyrenaica è, peraltro, di natura particolare: nel 74, trascorsi ventidue anni dall’acquisizione
per eredità,lasuaredactio in formam provinciae sembra infatti coincidere, si è detto,
con l’effettiva incorporazione; e il ritardo ha trovato plausibile spiegazione nella politica
senatoria del I secolo. 28 È problematico, invece, il caso della Gallia Narbonensis: il solo precedente
che potrebbe illuminare il caso della Gallia Cisalpina, per l’intrinseca connessione fra
idueproblemi. 29
Ora, per quanto riguarda l’istituzione della Gallia Cisalpina, fra le due prevalenti teorie
che l’attribuiscono a Pompeo Strabone (nell’89) o a Silla (nell’81), «la seconda ipotesi pare
la più verosimile». 30 Era trascorso almeno mezzo secolo dalla conquista del territorio (si è
detto). Perché, dunque,tanto ritardo? Propongo una risposta: il sistema provinciale era stato
escogitato per i territori extraitalici (a cominciare, appunto, dalla Sicilia) 31 in luogo del sistema
federale, che aveva caratterizzato l’organizzazione costituzionale dell’Italia romana; 32 in
pina – le dieci provincie, in funzione del cui governo Silla
avrebbe aumentato il numero dei pretori da sei a otto (e dunque,
con i due consoli, da otto a dieci il numero dei promagistrati):
così già TH. MOMMSEN, Römische Geschichte, II,Berlin,
Weidmann 1855, p. 338. – Sul rapporto fra l’aumento del
numero dei pretori, da due (quanti erano prima del 227) a otto
(con la riforma sillana), e la creazione di nuove provincie:
FERRARY, Provinces, magistratures et lois cit., pp. 8-10.
25 Vedi E. GABBA, La conquista della Gallia Cisalpina, in
Storia di Roma, diretta da A. SCHIAVONE, II 1 cit., pp. 69-77:
73: «verso il 150 praticamente tutta la Gallia Cisalpina a sud
del Po era variamente sotto il dominio romano ed oramai oggetto
di un intenso processo di romanizzazione». E già nel 148
l’inizio della costruzione della via Postumia, da Genova ad
Aquileia (attraverso Piacenza e Cremona), preludeva alla definitiva
sottomissione militare e conseguente romanizzazione
dei territori traspadani. – Sulla conquista dell’Italia settentrionale
nel II secolo, con la fondamentale trattazione di G. DE
SANCTIS, Storia dei Romani, IV 1, Torino, Bocca 1923, pp. 410-
428 (= IV 2 1, Firenze, La Nuova Italia 1969, pp. 398-415), vedi
W. V. HARRIS, The subjugation of Cisalpine Gaul, inCAH,
VIII 2 , 1989, pp. 107-118.
26 LUZZATTO, Roma e le province cit., p. 40; e vedi pp. 25-
26, per la distinzione semantica del termine provincia: «originariamente
la sfera di competenza esclusiva di un magistrato, sia
in Italia che fuori», poi – a partire dal II secolo – «un territorio
extraitalico [...] annesso per conquista o pacificamente, e soggetto
alla competenza esclusiva di un magistrato proconsolare
o propretorio».
27 Per quanto in particolare riguarda la Sicilia, la bibliografia
è imponente: i contributi più recenti sono elencati da RUS-
SO, Il concetto di Italia nelle relazioni di Roma con Cartagine e Pirro
cit., p. 86, nota 30.
LEANDRO POLVERINI
* 118 *
28 E. BADIAN, Roman imperialism in the late Republic 2 ,Oxford,
Blackwell 1968, pp. 29-30.
29 Vedi spec. FERRARY, Provinces, magistratures et lois cit.,
p. 11: la Gallia Narbonensis «ne devint pas une province prétorienne
régulière en dépit des campagnes consulaires menées à la
demande de Marseilles en 154 puis surtout de 125 à 120, en
dépit de la fondation de la colonie de Narbo Martius en 118,
en dépit de la menace des Cimbres et des Teutons qui provoqua
de nouveau l’envoi des consuls au-delà des Alpes de 109 à
102. Mais il ne s’agit pas seulement ici, ni même surtout, de répugnance
du Sénat à créer de nouvelles provinces [come nel
caso della Cyrenaica, sièvisto]. Si une province prétorienne de Narbonnaise
tarda à êtremiseenplace,c’estquelecontrôle de la Gaule
restait avant tout de la compétence des magistrats de rang consulaire
chargés de la protection du nord de l’Italie» (il corsivo è mio).
30 Così U. LAFFI, La provincia della Gallia Cisalpina, «Athenaeum»,
LXXX, 1992, pp. 5-23: 13 (= ID., Studidistoriaromana
e di diritto, [Storia e Letteratura. Raccolta di studi e testi,
206], Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 2001, pp. 209-
235: 220).
31 F. DE MARTINO, Storia della costituzione romana, II 2 ,
Napoli, Jovene 1973, p. 325: «Soltanto in seguito all’espansione
romana fuori d’Italia, la provincia, da temporanea attribuzione
di una sfera territoriale per l’esercizio dell’imperium da
parte dei magistrati divenne in modo permanente un distretto
fuori d’Italia, sottoposto al potere del magistrato romano».
32 Ivi, pp. 108-112. E si ricorda – nell’intenso percorso
storiografico aperto da J. BELOCH, Der italische Bund unter Roms
Hegemonie. Staatsrechtliche und statistische Forschungen, Leipzig,
Teubner 1880 – la vigorosa sintesi di P. FRACCARO, L’organizzazione
politica dell’Italia romana, inAtti del Congresso internazionale
di Diritto romano (Bologna e Roma, 17-27 aprile 1933), I
(Roma), Pavia, Fusi 1934, pp. 195-208.

L’ESTENSIONE DEL NOME ITALIA FINO ALLE ALPI E LA PROVINCIA GALLIA CISALPINA
quanto escogitato per i popoli extraitalici, non poteva essere applicato a territori geograficamente
e concettualmente italiani, come (almeno dall’inizio del II secolo) erano considerati
tutti quelli a sud delle Alpi. Che se poi si addivenne lo stesso, dopo la guerra sociale (nell’89
o nell’81, non importa), all’istituzione della provincia, ciò si dovette senza dubbio alle difficoltà
pratiche di governo di regioni in gran parte sprovviste (a nord del Po) o solo parzialmente
provviste (a sud del Po) di adeguate strutture cittadine, indispensabili al governo dell’Italia
romana. In effetti, alla cosiddetta lex Pompeia Strabonis de Transpadanis, che nell’89
concedeva la cittadinanza romana agli abitanti a sud del Po e i diritti latini agli abitanti fra
il Po e le Alpi (ma si può ben credere che il discrimine non fosse costituito dal confine geografico
del Po, bensì dal precedente status giuridico delle comunità cisalpine 33 ), fece séguito
un grandioso programma di urbanizzazione e sistemazione del territorio, sostanzialmente attuato
nel corso di quattro decenni, fra l’89 e il 49, 34 quando (in forza, appunto, dei risultati di
quel programma di urbanizzazione) una lex Iulia concesse la cittadinanza romana a quanti
non l’avevano ottenuta dal provvedimento di Pompeo Strabone. 35
Con la conclusione del programma di urbanizzazione, e con la conseguente estensione
della cittadinanza romana fino alle Alpi, venivano meno le esigenze pratiche che avevano
imposto l’istituzione di una provincia in territorio italico. In effetti, la provincia Gallia Cisalpina
fu abolita nel 42. 36 La straordinaria brevità della sua durata (meno di quarant’anni, se la
provincia fu istituita – come è probabile – nell’81) conferma che la sua istituzione, decenni
dopo la conquista del territorio, era stata imposta da problemi contingenti di governo. In
quanto tali (cioè, contingenti), essi avevano lasciato intatto il principio costituzionale non
scritto che il sistema provinciale riguardava i territori extraitalici, al di là del mare e al di
là delle Alpi, che almeno dalla prima metà del II secolo costituivano il confine settentrionale
dell’Italia, in termini geografici e concettuali. Questo principio sarebbe rimasto intatto per
oltre tre secoli, fino alla provincializzazione dell’Italia attuata da Diocleziano.
Il ricordo della provincializzazione dioclezianea dell’Italia, alla fine del III secolo, suggerisce
un breve epilogo alle precedenti considerazioni. Con l’abolizione della provincia Gallia
Cisalpina, l’unificazione d’Italia era compiuta – oltre che in termini geografici e territoriali –
in termini giuridici, amministrativi e almeno formalmente politici. 37 Ci si chiede se all’indubbia
unificazione giuridica e amministrativa (e almeno formalmente politica) dell’Italia
augustea corrispondesse anche una sostanziale unificazione delle due parti d’Italia, l’Italia peninsulare
e l’ex Gallia Cisalpina.
La provincializzazione dioclezianea dell’Italia dà vistosa conferma ad una serie di indizi
che, nel corso della storia altoimperiale, mostrano come l’unificazione delle due parti d’Italia
fosse piuttosto giuridica e amministrativa che sostanziale, diciamo pure strutturale. 38 Come è
33 Come riconobbe (con cautela forse eccessiva) G. E. F.
CHILVER, Cisalpine Gaul. Social and economic history from 49 B.C.
to the death of Trajan, Oxford, Clarendon Press 1949, p. 7:
«Probably then Pompeius dealt with all Cisalpine towns, granting
civitas to the old Latin colonies and Latin rights to the native
oppida». Sulla «questione relativa all’ambito geografico di applicazione
della legge ed alla individuazione dei destinatari»: G.
LURASCHI, Foedus, ius Latii, civitas. Aspetti costituzionali della romanizzazione
in Transpadana (Pubblicazioni della Università di
Pavia. Studi nelle Scienze giuridiche e sociali, N. S. 29), Padova,
Cedam 1979, pp. 147-156.
34 Dopo i fondamentali studi di Plinio Fraccaro, si ricordano
specialmente alcuni dei contributi raccolti nei volumi di
E. GABBA, Italia romana (Biblioteca di Athenaeum, 25), Como,
New Press 1994; G. TIBILETTI, Storie locali dell’Italia romana, Pavia,
Istituto di Storia antica 1978; P. TOZZI, Storia padana antica,
Milano, Ceschina 1972.
* 119 *
35 Cass. D. XLI 36, 3. Vedi LURASCHI, Foedus, ius Latii,
civitas cit., pp. 394-399.
36 App. Bell. civ., V 12, con il commento di E. GABBA, ad
l., nella sua edizione: Appiani Bellorum civilium liber quintus (Biblioteca
di Studi superiori. Storia antica ed epigrafia, 49), Firenze,
La Nuova Italia 1970, p. 10. Vedi LAFFI, La provincia della
Gallia Cisalpina cit., p. 16 (= pp. 224-225).
37 A differenza dell’unificazione giuridica ed amministrativa,
l’unificazione politica risultava sostanzialmente teorica,
perché «la costituzione continuava ad essere quella di una piccola
città-stato, dal governo della quale di fatto continuava a
restar fuori la maggioranza della popolazione italica» (F. DE
MARTINO, Storia della costituzione romana, III 2 , Napoli, Jovene
1973, p. 341; e vedi ivi, pp. 56-59).
38 A. GIARDINA, L’identità incompiuta dell’Italia romana, in
L’Italie d’Auguste à Dioclétien. Actes du colloque international organisé
par l’École française de Rome etc. (25-28 mars 1992) (Collec-

noto, le provincie dioclezianee, molto ridotte in estensione rispetto alle provincie tradizionali,
furono raccolte in diocesi. Le provincie italiane (create sulla base delle regioni augustee
o dell’accorpamento di alcune di esse) furono raccolte in una dioecesis Italiciana, formalmente
unica, ma sostanzialmente divisa in due parti, affidate ciascuna ad un vicario: l’Italia suburbicaria
el’Italia annonaria. 39 La prima, che corrisponde – pur in presenza di modificazioni varie
nel tempo – all’Italia peninsulare, dipendeva dal vicarius Urbis, residente a Roma; la seconda,
che corrisponde dunque all’Italia settentrionale (con la Rezia), dipendeva dal vicarius Italiae,
residente a Milano. 40
Come dopo l’abolizione della provincia Gallia Cisalpina, nel 42 a.C., anche dopo la provincializzazione
dell’Italia, alla fine del III secolo d.C., l’unità formale dell’Italia coesiste
dunque con la sua sostanziale (ora anche istituzionalizzata) divisione in due parti: le stesse.
E potrebbe forse sorprendere tale continuità, atresecoliemezzodidistanza,seessanon
trovasse spiegazione nelle fondamentali categorie della longue durée: geografia,antropologia,
economia (il famoso capitolo di Polibio sull’economia del territorio abitato dai Galli Cisalpini
41 trova singolari corrispondenze nelle fonti sull’economia dell’Italia annonaria 42 ). E si
tratta davvero di longue durée, se tale continuità si lascia in qualche misura riconoscere, è
in vario modo attiva ancora oggi, nonostante che alle «due Italie» di origine romana (e preromana)
43 si siano poi vistosamente sovrapposte le «due Italie», centrosettentrionale e meridionale,
emerse nel corso dei successivi tredici secoli: dalla fine dell’unità dell’Italia romana
(con l’invasione dei Longobardi, nel 568) alla proclamazione del Regno d’Italia (nel
1861). 44
tion de l’École française de Rome, 198), Rome, École française
de Rome 1994, pp. 1-89 (= ID., L’Italia romana. Storia di un’identità
incompiuta, Roma – Bari, Laterza 1997, pp. 3-116).
39 R. THOMSEN, The Italic regions from Augustus to the Lombard
invasion (Classica et mediaevalia. Dissertationes, IV), København,
Gyldendalske Boghandel 1947, pp. 196-260. Per
una sintesi degli essenziali dati storici rinvio ad un saggio in
questa rivista: L. POLVERINI, Le regioni nell’Italia romana, «GeogrAnt»,
VII, 1998, pp. 23-33: 31.
40 «Fa meraviglia che la denominazione Italia, dopo aver
acquistato il significato ben delimitato della penisola italiana fino
al confine naturale delle Alpi ed essersi attestata con questa
accezione, poi si sia potuta ridurre al senso ristretto dell’Italia
del nord»: così WISTRAND, Per la storia del nome d’Italia cit.,
p. 470, recuperava un’osservazione già di Godefroy (ivi,
pp. 477-478). Vedi poi L. CRACCO RUGGINI –G.CRACCO,
L’eredità di Roma, inStoria d’Italia, coordinata da R. ROMANO
eC.VIVANTI, V 1, Torino, Einaudi 1987, pp. 3-45: 37-38.
41 Polyb. II 15.
42 Vedi L. RUGGINI, Economia e società nell’«Italia Annonaria».
Rapporti fra agricoltura e commercio dal IV al VI secolo d.C.
(Fondazione Guglielmo Castelli, 30), Milano, Giuffrè 1961,
pp. 20-22: «Una notevole attività commerciale nell’Italia Annonaria
esistette di fatto [...] secondo la linea di una tradizione
economica locale che [...] perdurò ininterrotta fino alle soglie
dell’età longobarda. E le sue basi [...] furono essenzialmente
agricole. In tutta l’antichità infatti, e specialmente a quest’epoca,
l’agricoltura continuò a rappresentare il fondamento di ogni
più importante manifestazione della vita economica; ciò vale
poi in maniera del tutto particolare per l’Italia Settentrionale,
che ancor oggi si distingue – quanto ai tempi di Polibio, di
Strabone e di Plinio – per la fertilità del suolo, l’estensione
dei terreni coltivabili e la alta percentuale delle aree a grano,
vigneto, oliveto, frutteto e ortaggi rispetto alle terre di minor
valore, a selve e pasture». La «ristampa anastatica» del fondamentale
volume di Lellia Cracco Ruggini – Bari, Edipuglia
LEANDRO POLVERINI
* 120 *
1995 (Munera. Studi storici sulla Tarda Antichità diretti da
D. VERA, 2) – presenta vari complementi; è di notevole interesse
storico e storiografico l’Introduzione alla ristampa, pp. IX-
XIV. 43 A. GIARDINA, Le due Italie nella forma tarda dell’impero,in
Società romana e impero tardoantico, I,Istituzioni, ceti, economie, a
cura di ID., Roma – Bari, Laterza 1986, pp. 1-36 (= ID., L’Italia
romana cit., pp. 265-381).
44 Sul passaggio dalle «due Italie» di età romana (pur variamente
connotate) al progressivo frazionamento di età medievale:
CRACCO RUGGINI – CRACCO, L’eredità di Roma
cit., pp. 27-45. Vedi poi, sull’origine del dualismo innanzitutto
economico negli anni intorno al 1200, D. ABULAFIA, The
two Italies. Economic relations between the Norman kingdom of Sicily
and the northern communes (Cambridge studies in medieval
life and thought. Third series, 9), Cambridge, Cambridge
University Press 1977; edizione italiana: Le due Italie. Relazioni
economiche fra il regno normanno di Sicilia e i comuni settentrionali
(L’altra Europa, 5), Napoli, Guida 1991, con una Nota introduttiva
di G. GALASSO (pp. 1-4). Quanto alla sopravvivenza
delle «due Italie» di eredità medievale e moderna, si ricorda
l’intenso dibattito – più politico che storiografico, del resto –
sollecitato da R. D. PUTNAM, Making democracy work. Civic traditions
in modern Italy, Princeton, Princeton University Press
1993; edizione italiana: La tradizione civica nelle regioni italiane,
Milano, Mondadori 1993. Nella Prefazione all’edizione italiana
(pp. VII-XII) si legge non senza sorpresa: «A molti lettori italiani,
alcune delle nostre ‘‘scoperte’’ risulteranno ovvie – per
esempio, che il Sud è governato meno bene che il Nord –
mentre altre sono così lontane dall’ovvietà che potranno suscitare
controversie – per esempio, che l’attuale scarso rendimento
dei governi regionali del Meridione può essere fatto risalire
ad avvenimenti di quasi mille anni fa». Per il lettore italiano
non privo di formazione storica la seconda «scoperta» è altrettanto
ovvia.

L’ESTENSIONE DEL NOME ITALIA FINO ALLE ALPI E LA PROVINCIA GALLIA CISALPINA
Sono argomenti troppo importanti (in prospettiva politica non meno che storica) per essere
relegati nell’epilogo di un contributo, il cui problema specifico ha già trovato conclusione.
Ma l’epilogo offre opportuna occasione di ricordare – nel quadro e in funzione del
vivace dibattito che nella stampa italiana preannuncia il 150º anniversario dell’Unità –quanto
siano antiche le radici di essenziali aspetti e problemi dell’Italia attuale. 45
45 Il dibattito a cui facevo riferimento il 7 ottobre 2009,
presentando questo contributo al convegno di Villa Vigoni, è
andato poi crescendo di intensità e di spessore (come era facile
prevedere), ma ha continuato a privilegiare la prospettiva poli-
* 121 *
tica e – per quanto riguarda la prospettiva storica – i 150 anni
della seconda esperienza unitaria nella storia d’Italia (dopo quella
di età romana, dal II secolo a.C. al VI d.C., e la successiva ‘frattura’
di ben tredici secoli).