Paesaggi Musicali - Ottavio de Carli
Paesaggi Musicali - Ottavio de Carli
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a (poche persone oggi sanno ad esempio riconoscere il canto <strong>de</strong>i diversi uccelli).<br />
Eppure l’attenzione che si riserva oggi al paesaggio non dovrebbe prescin<strong>de</strong>re anche dai suoi aspetti sonori, e<br />
infatti da qualche tempo si inizia a parlare da un lato di inquinamento sonoro, e dall’altro di un’ecologia <strong>de</strong>l<br />
suono, perfino di un <strong>de</strong>sign acustico: il mondo <strong>de</strong>i suoni <strong>de</strong>ve essere tutelato, anche per mantenere l’i<strong>de</strong>ntità<br />
culturale di un luogo (ad esempio valorizzando il suono <strong>de</strong>lle campane o altri sfondi naturali in qualche modo<br />
soffocati).<br />
Tutto ciò porta a problemi anche tecnici di rilevamento e annotazione <strong>de</strong>l panorama sonoro, su cui non è il caso<br />
di soffermare qui la nostra attenzione: il discorso ci porterebbe troppo lontano rispetto all’argomento che vorrei<br />
trattare.<br />
Vorrei infatti soffermare l’attenzione su un altro aspetto, più ‘soggettivo’ e comunque più strettamente legato<br />
all’arte musicale <strong>de</strong>lla nostra tradizione occi<strong>de</strong>ntale. Tenendo presenti le consi<strong>de</strong>razioni iniziali e il taglio dato a<br />
questi incontri, ritengo interessante provare a indagare quali paesaggi, cioè quali luoghi <strong>de</strong>lla mente l’uomo abbia<br />
esplorato e frequentato nel corso <strong>de</strong>l tempo, attraverso ciò che è possibile cogliere dalla letteratura musicale<br />
tramandataci. In altre parole, indagare quale Weltanschauung emerge dalle opere musicali <strong>de</strong>lle diverse epoche,<br />
quali paesaggi esse contribuivano a creare.<br />
Possiamo iniziare la nostra indagine dal medioevo: è da lì, dal gran<strong>de</strong> crogiolo <strong>de</strong>l canto gregoriano che si sviluppa<br />
che generalmente si fa iniziare il cammino <strong>de</strong>lla musica colta occi<strong>de</strong>ntale.<br />
Medioevo: Il Chiostro di San Cugat <strong>de</strong>l Vallés<br />
Il chiostro era senza dubbio un luogo privilegiato tra tutti<br />
quelli frequentati dall’uomo medievale. Punto di incontro<br />
tra la Terra e il Cielo, tra uomo e Dio, tra sacro e profano,<br />
esso costituiva spesso il cuore <strong>de</strong>l monastero anche dal<br />
punto di vista architettonico, situato com’era all’incrocio<br />
di tutti i passaggi interni; appariva come un cortile<br />
avvolto su se stesso, quasi un punto di equilibrio tra l’atto<br />
di chiu<strong>de</strong>rsi e quello di aprirsi. Ispirato alla struttura <strong>de</strong>lla<br />
domus romana, il chiostro era il cuore <strong>de</strong>lla vita <strong>de</strong>l<br />
monastero: i monaci si ritrovavano per pregare, leggere,<br />
conversare; ma esso era anche predisposto per<br />
camminarvi a lungo, così che il monaco percorrendone il<br />
perimetro poteva compiere anche una sorta di<br />
pellegrinaggio. Era il luogo che meglio favoriva il ritorno<br />
al centro contemplativo <strong>de</strong>ll’esistenza, ma era anche<br />
radura aperta verso il cielo; e all’interno racchiu<strong>de</strong>va il<br />
giardino, la natura, simbolo <strong>de</strong>l mondo creato. Al centro,<br />
quasi sempre c’era il pozzo, che rappresentava l’apertura<br />
verso il profondo <strong>de</strong>lla terra. I capitelli <strong>de</strong>lle colonne<br />
rappresentavano un punto di incontro tra il <strong>de</strong>si<strong>de</strong>rio di<br />
ascesa e la materialità <strong>de</strong>l mondo, tra la terra e il cielo, tra<br />
la rigidità eterna <strong>de</strong>lla pietra e il mondo vivente e<br />
morituro <strong>de</strong>lle figure rappresentate. Percorrendo il<br />
chiostro, il monaco ricomponeva in unità i <strong>de</strong>ttagli <strong>de</strong>i<br />
capitelli, come fossero ‘sillabe’ di una realtà ricca e<br />
composita ma partecipe di un tutto unico. Scriveva S.<br />
Bernardo: “veramente il chiostro è un Paradiso, una zona<br />
protetta, nella quale si trova una straordinaria abbondanza<br />
di preziose ricchezze…”.<br />
Chiostro <strong>de</strong>l monastero di San Cugat <strong>de</strong>l Vallés<br />
presso Barcellona (fine sec. XII)<br />
In quanto “Paradiso”, il chiostro era ritenuto un luogo sacro, e in proposito è importante rilevare quanto ebbe ad<br />
affermare S. Massimo il Confessore, monaco bizantino vissuto nel VII sec.: “Ogni edificio sacro è costruito a<br />
immagine <strong>de</strong>l mondo”. Era attraverso il simbolo, infatti, che si rinserrava il legame tra una verità visibile e una<br />
nascosta. Con i suoi quattro lati, il chiostro evocava i quattro fiumi <strong>de</strong>l giardino <strong>de</strong>ll’E<strong>de</strong>n, i quattro elementi<br />
<strong>de</strong>l cosmo (acqua, terra, aria, fuoco), le quattro stagioni, l’incrocio ortogonale <strong>de</strong>gli assi <strong>de</strong>ll’universo, e così<br />
via.<br />
Presso Barcellona, in Spagna, c’è un chiostro estremamente significativo e interessante per il nostro discorso. Si<br />
tratta <strong>de</strong>l chiostro <strong>de</strong>l monastero di San Cugat <strong>de</strong>l Vallés (fine sec. XII), i cui capitelli, variamente scolpiti con<br />
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