Terapie biologiche e cancro - the European Oncology Nursing Society
Terapie biologiche e cancro - the European Oncology Nursing Society
Terapie biologiche e cancro - the European Oncology Nursing Society
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<strong>Terapie</strong> <strong>biologiche</strong> e <strong>cancro</strong><br />
Una<br />
risorsa<br />
educazionale<br />
per<br />
gli<br />
infermieri<br />
Sponsorizzata da una borsa di studio dalla<br />
F. Hoffmann-La Roche Ltd
Sponsorizzata da una borsa di studio dalla<br />
F. Hoffmann-La Roche Ltd
<strong>Terapie</strong> Biologiche: Prefazione<br />
Prestare assistenza oncologica offre molte opportunità a gli infermieri ed a tutti gli<br />
operatori sanitari. Le più recenti conoscenze scientifiche hanno accresciuto la nostra<br />
esperienza sui processi associati al <strong>cancro</strong>, e permesso una più grande specificità e<br />
precisione nelle terapie oncologiche. Inoltre le conoscenze emergenti sul progetto<br />
Genoma Umano forniranno indubbiamente, nel futuro, cambiamenti esponenziali nei<br />
tipi di terapie attuabili ai pazienti. Di conseguenza noi come operatori sanitari<br />
abbiamo bisogno di continui aggiornamenti circa le conoscenze per poter meglio<br />
supportare i nostri pazienti. Per questo la “<strong>European</strong> <strong>Oncology</strong> <strong>Nursing</strong> <strong>Society</strong>” ha il<br />
piacere di sostenere questa eccellente risorsa per infermieri ed operatori sanitari.<br />
Essa offre, per la prima volta, un quadro generale completo della genetica del <strong>cancro</strong><br />
e delle terapie <strong>biologiche</strong>. Questa risorsa educazionale offre informazioni dettagliate<br />
sulle basi genetiche del <strong>cancro</strong> ed è proposta in un formato di facile fruizione, con la<br />
possibilità di utilizzare questionari di autovalutazione che aiutano la continuità dello<br />
sviluppo professionale. Spesso le informazioni scientifiche non sono di facile accesso<br />
a tutti gli operatori sanitari e noi abbiamo raccomandato agli autori di facilitarne la<br />
comprensione superando le barriere linguistiche tecniche pur mantenendo la<br />
specificità delle informazioni. La spiegazione ampiamente dettagliata delle terapie<br />
<strong>biologiche</strong> offre al lettore non solo esaustive informazioni ma anche l’opportunità di<br />
esplorare le cure di supporto richieste, attraverso lo studio innovativo dei casi clinici.<br />
L'EONS raccomanda questa risorsa educazionale come un eccellente strumento per<br />
gli infermieri impegnati nell'assistenza ai pazienti oncologici ed in particolare a quelli<br />
coinvolti nella somministrazione di terapie <strong>biologiche</strong>. Poichè i membri EONS<br />
esercitano la loro professione in paesi di lingua diversa siamo orgogliosi di prentare<br />
il materiale in lingua Francese, Italiana, Spagnola e Tedesca.<br />
Nora Kearney, Senior Lecturer in Cancer <strong>Nursing</strong><br />
Past President <strong>European</strong> <strong>Oncology</strong> <strong>Nursing</strong> <strong>Society</strong><br />
Agnes Glaus, Nurse Practitioner and Scientist<br />
Immediate-Past President <strong>European</strong> <strong>Oncology</strong> <strong>Nursing</strong> <strong>Society</strong><br />
Giel Vaessen, Senior Lecturer in Cancer <strong>Nursing</strong><br />
President <strong>European</strong> <strong>Oncology</strong> <strong>Nursing</strong> <strong>Society</strong><br />
Ringraziamo per il loro contribuito le seguenti persone:<br />
Nora Kearney, <strong>Nursing</strong> & Midwifery School, University of Glasgow, Scotland<br />
Alison Richardson, King’s College London, London, UK<br />
Gaye McPhail, <strong>Nursing</strong> & Midwifery School, University of Glasgow, Scotland<br />
Alison Lorenzos, Royal Free Hospital, <strong>Oncology</strong> Department, London, UK<br />
Anne Murphy, Division d’Oncologie, Hospital Cantanol de Genève, Switzerland
Contenuti<br />
Introduzione<br />
Modulo 1. Il <strong>cancro</strong> attraverso il tempo<br />
● Introduzione: l’impatto del <strong>cancro</strong> 1.1<br />
● Questionario di autovalutazione 1.2<br />
● Variabili internazionali dell’incidenza del <strong>cancro</strong> 1.3<br />
● Cambiamento dell’incidenza del <strong>cancro</strong> nel tempo 1.5<br />
● Effetti delle terapie sulla sopravvivenza 1.8<br />
● Cancro prevenzione 1.9<br />
Fattori implicati nello sviluppo del <strong>cancro</strong> 1.9<br />
Controllo e screening sul <strong>cancro</strong> 1.10<br />
Chirurgia e chemioprevenzione 1.11<br />
● Trattamento del <strong>cancro</strong> una prospettiva storica 1.12<br />
Chirurgia 1.12<br />
Radioterapia 1.13<br />
Terapia ormonale (endocrina) 1.14<br />
Chemioterapia 1.14<br />
Terapia biologica (immunoterapia) 1.18<br />
● Sommario 1.19<br />
● Questionario di autovalutazione 1.20<br />
Modulo 2. Controllo di crescita cellulare e <strong>cancro</strong><br />
● Introduzione 2.1<br />
● Questionario di autovalutazione 2.2<br />
● Una panoramica sulla replicazione cellulare 2.3<br />
Introduzione 2.3<br />
Il ciclo cellulare 2.4<br />
Meccanismi di divisione cellulare 2.5<br />
Mitosi 2.6<br />
Meiosi 2.7<br />
Importanza di mitosi e meiosi 2.10<br />
● Fattori e percorsi coinvolti nel controllo della replicazione cellulare 2.10<br />
Sistema controllo nel ciclo cellulare 2.10<br />
Fattori di crescita 2.11<br />
Recettori dei fattori di crescita 2.14<br />
Dipendenza d’ancoraggio 2.14<br />
Invecchiamento cellulare 2.14<br />
Apoptosi morte cellulare programmata 2.15<br />
● Sommario 2.15<br />
● Questionario di autovalutazione 2.17<br />
Traduzione Italiana a cura di Regina Ferrario e Stefania Selva
Contenuti<br />
Modulo 3. Basi genetiche dello sviluppo del <strong>cancro</strong><br />
● Introduzio 3.1<br />
● Questionario di autovalutazione 3.2<br />
● Biologia molecolare/genetica - le basi 3.3<br />
Cellule e tessuti 3.3<br />
DNA 3.3<br />
Replicazione del DNA 3.4<br />
Geni 3.4<br />
Cromosomi 3.4<br />
Genomi 3.4<br />
Il codice genetico 3.4<br />
RNA 3.5<br />
Proteine 3.5<br />
Perché queste conoscenze sono importanti? 3.6<br />
● Oncogeni e geni onco-soppressori 3.6<br />
Oncogeni 3.6<br />
Geni onco-soppressori 3.8<br />
Geni riparatori dell’errore di accoppiamento 3.8<br />
● Anormalità genetiche nello sviluppo del <strong>cancro</strong> 3.9<br />
p53 3.10<br />
Ras 3.11<br />
Myc 3.11<br />
HER2 3.12<br />
● Segnali di rapporto cellulare 3.13<br />
Significato dei segnali 3.14<br />
Trasduttore dei segnali 3.15<br />
● Percorso di segnalazione 3.16<br />
HER2 3.16<br />
TGF-β/Smad 3.18<br />
Ras e Raf-1/ERK2 (MAPK) 3.18<br />
● Oncogenesi e crescita tumorale 3.18<br />
Sviluppo di un tumore 3.18<br />
Aumento delle mutazioni come premessa alla crescita tumorale 3.20<br />
● Sommario 3.20<br />
● Questionario di autovalutazione 3.22
Contenuti<br />
Modulo 4. Il sistema immunitario: le basi per tutte le terapie<br />
<strong>biologiche</strong><br />
● Introduzione 4.1<br />
● Questionario di autovalutazione 4.2<br />
● Capire il sistema immunitario 4.3<br />
Cos’è una risposta immunitaria? 4.3<br />
Cos’è un antigene? 4.3<br />
Cos’è un anticorpo? 4.3<br />
Produzione di anticorpi diversi 4.5<br />
Cellule con antigeni di superficie che stimolano i cloni linfocitari 4.6<br />
Creare estese diversità anticorporali 4.7<br />
Funzioni degli anticorpi 4.8<br />
● Il sistema immunitario innato 4.8<br />
Il sistema complemento - effetto domino (effetto a cascata) 4.9<br />
I fagociti 4.10<br />
Le cellule natural-killer 4.10<br />
● Sistema immunitario acquisito 4.10<br />
● Risposte immunitarie cellulo-mediate 4.10<br />
I linfociti 4.10<br />
● Produzione di anticorpi in laboratorio 4.12<br />
Produzione di anticorpi monoclonali in laboratorio 4.12<br />
● Il sistema immunitario e la malattia 4.15<br />
Il <strong>cancro</strong> 4.15<br />
● Sommario 4.16<br />
● Questionario di autovalutazione 4.17<br />
Modulo 5. Le tecnologie che hanno reso possibile le terapie<br />
<strong>biologiche</strong><br />
● Introduzione 5.1<br />
● Questionario di autovalutazione 5.2<br />
● Sviluppi tecnologici 5.3<br />
Tecnologia del DNA ricombinante 5.3<br />
Clonazione genica 5.5<br />
● Ingegneria genica - riprogettazione dei geni 5.9<br />
Cultura di cellule animali 5.10<br />
Transfezione 5.11<br />
● Applicazione di nuove tecnologie nello studio del <strong>cancro</strong> 5.11<br />
Gli anticorpi come strumenti di biologia molecolare e biochimica 5.12<br />
Immunoistochimica 5.12<br />
ELISA 5.13<br />
Ibridizzazione in situ 5.13<br />
Reazione polimerica a catena 5.14<br />
● Genomica funzionale 5.16<br />
Il progetto Genoma Umano 5.16<br />
Bioinformatica 5.17<br />
● Sommario: applicazioni di queste conoscenze 5.17<br />
● Questionario di autovalutazione 5.19
Contenuti<br />
Modulo 6. Spiegazione delle terapie <strong>biologiche</strong><br />
● Introduzione 6.1<br />
● Questionario di autovalutazione 6.2<br />
● Il perché dell’uso delle terapie <strong>biologiche</strong> nel trattamento del<br />
<strong>cancro</strong> 6.3<br />
● Tipi di terapie <strong>biologiche</strong> 6.3<br />
Terapia con citochine 6.4<br />
<strong>Terapie</strong> anticorporali 6.7<br />
Vaccini tumorali 6.14<br />
<strong>Terapie</strong> geniche 6.16<br />
<strong>Terapie</strong> cellulari 6.18<br />
● <strong>Terapie</strong> <strong>biologiche</strong> mirate o non mirate 6.20<br />
Utilizzo di specifiche anormalità tumorali per le terapie bersaglio 6.20<br />
Vantaggi della focalizzazione 6.20<br />
● Caso clinico 1: Filgrastim, un agente biologico non mirato usato<br />
come terapia di supporto 6.21<br />
Ematopoiesi 6.21<br />
Fattori di crescita ematopoietici 6.22<br />
Effetti in vivo del filgrastim 6.22<br />
Utilizzo clinico del filgrastim 6.22<br />
Caso clinico G-CSF 6.24<br />
Sommario 6.26<br />
● Caso clinico 2: IL-2 ricombinante, un agente biologico non<br />
mirato con attività antitumorale 6.27<br />
L’attività del IL-2 6.27<br />
IL-2 come terapia antitumorale 6.27<br />
Caso clinico IL-2 6.29<br />
Sommario 6.30<br />
● Caso clinico 3: Terapia anticorporale monoclonale con<br />
anti-HER umanizzato, un bersaglio biologico oncogenico<br />
come agente anti<strong>cancro</strong> 6.30<br />
Il razionale per la specificità di bersaglio verso HER2 6.31<br />
Sviluppo della terapia bersaglio HER2 6.31<br />
Selezione dei pazienti da sottoporre a terapia con Herceptin ® 6.31<br />
Sperimentazione clinica con Herceptin ® 6.32<br />
Caso clinico - Herceptin ® 6.34<br />
Sommario 6.36<br />
● Conclusioni 6.37<br />
● Questionario di autovalutazione 6.38
Contenuti<br />
Modulo 7. Il futuro delle terapie <strong>biologiche</strong><br />
● Introduzione 7.1<br />
● Questionario di autovalutazione 7.2<br />
● Caratterizzazione genica dei tumori 7.4<br />
Micro-filamenti del DNA complementare 7.4<br />
Proteomica 7.5<br />
● Sviluppi successivi degli approcci esistenti 7.5<br />
<strong>Terapie</strong> basate sulle citochine 7.6<br />
<strong>Terapie</strong> basate sugli anticorpi 7.6<br />
Vaccini tumorali 7.10<br />
<strong>Terapie</strong> geniche 7.11<br />
<strong>Terapie</strong> cellulari 7.11<br />
● Nuovi approcci: angiogenesi mirata antineoplastica 7.11<br />
● Sommario: implicazioni per i pazienti con <strong>cancro</strong> 7.14<br />
● Questionario di autovalutazione 7.16<br />
Appendice<br />
● Risposte ai questionari di autovalutazione 8.1<br />
● Glossario dei termini 8.16<br />
● Bibliografia 8.23
Introduzione a questa risorsa<br />
Questa risorsa educazionale è stata progettata e sviluppata da un gruppo di infermieri<br />
oncologici esperti. È stato pianificato come uno strumento per gli infermieri oncologi formatori,<br />
da usarsi per migliorare la comprensione dello stato dell’arte nella ricerca e cura oncologica.<br />
C’è anche una bibliografia per coloro che desiderano un approfondimento sulla biologia<br />
molecolare, la genetica oncologica e l’immunologia di base. Il materiale copre l’esperienza<br />
scientifica di base del <strong>cancro</strong> e descrive come il nostro sviluppo conoscitivo della genetica e<br />
biologia oncologica associata con i recenti progressi tecnologici, ha portato allo sviluppo di un<br />
gruppo di nuove terapie <strong>biologiche</strong> che utilizzano le proprietà uniche del sistema immunitario.<br />
Questa conoscenza è la base per la comprensione di come questa nuova classe di farmaci<br />
oncologici lavorano e il loro potenziale cambi la nostra gestione dei pazienti oncologici.<br />
Attraverso questa risorsa educazionale i concetti discussi sono illustrati da figure e tavole per<br />
promuovere una maggior comprensione. All’inizio e alla fine di ciascun modulo c’è una serie<br />
di domande che aiuta gli studenti a valutare la loro comprensione dei principi e concetti<br />
discussi.<br />
L’impatto del <strong>cancro</strong><br />
I dati dimostrano chiaramente quanto il <strong>cancro</strong> pesi sulla società contemporanea. Come<br />
descritto nel Modulo 1 l’incidenza del <strong>cancro</strong> e la sua mortalità sono cresciuti stabilmente nei<br />
paesi sviluppati durante il 20 secolo, principalmente a causa del prolungamento della vita e<br />
conseguentemente per l’aumento della popolazione mondiale. Non ci si sorprenda se la<br />
prevenzione e il trattamento rimangono tra le principali aree della ricerca clinica. Misure quali<br />
migliorare e intensificare gli screening hanno avuto il maggior impatto sui dati di<br />
sopravvivenza negli ultimi decenni. Si sono fatti inoltre progressi nel trattamento del <strong>cancro</strong>,<br />
con lo sviluppo di sempre più sofisticati agenti ormonali e chemioterapici.Comunque il maggior<br />
svantaggio delle diverse modalità terapeutiche che possono essere efficaci per il trattamento<br />
del <strong>cancro</strong> è che le stesse sono spesso invasive o associate a una significativa tossicità dovuta<br />
alle loro proprietà non selettive. Inoltre i benefici clinici ottenuti da regimi basati su<br />
chemioterapie primarie non specifiche appaiono limitate al fatto che ci sia una bassa evidenza<br />
di qualsivoglia impatto importante sulla percentuale di sopravvivenza complessiva.<br />
Quindi vengono ricercate nuove modalità terapeutiche che offrano benefici chimici<br />
supplementari con tossicità inferiori o simili. Uno dei trattamenti tipo che soddisfa questi<br />
requisiti è la terapia biologica.<br />
Funzione normale delle cellule<br />
Strategie terapeutiche razionali, per esempio quelle che hanno per bersaglio una specifica<br />
molecola in una cellula, sono in alternanza tra il funzionamento e l’interazione cellulare, e<br />
come i processi cellulari possono incrociarsi. Il Modulo 2 fa il punto sui processi che accadono<br />
durante una normale crescita cellulare e il tramite di proliferazione nel ciclo cellulare, sottolinea<br />
come il ciclo cellulare è controllato, e cosa accade quanto queste funzioni regolatrici sono<br />
danneggiate. Uno dei più significativi esiti della regolazione difettosa del ciclo cellulare è il<br />
<strong>cancro</strong> che è il risultato di una crescita cellulare incontrollata.<br />
Biologia molecolare, genetica e <strong>cancro</strong><br />
Introduzione<br />
Il Modulo 3 ripassa la biologia molecolare e la genetica cellulare prima di focalizzarsi sulle<br />
alterazioni e anormalità cellulari che risultano da un danno nel controllo della crescita cellulare<br />
e la produzione di cellule maligne. Gli scienziati sanno da più di un ventennio che il <strong>cancro</strong> è<br />
1
2<br />
Introduzione<br />
una malattia genetica e che un errore nel DNA può dare esito ad una cellula che si divide<br />
incontrollatamente piuttosto che in termini controllati. La maggior parte dei tumori ha origine da<br />
cambiamenti nel DNA cellulare chiamate mutazioni, che avvengono “de novo” nella persona<br />
malata. Il Modulo 3 mostra come una mutazione segni l’inizio del <strong>cancro</strong> e che due principali<br />
tipi di gene, proto-oncogeni e geni onco-soppressori sono altamente disposti a mutazioni e<br />
spesso associati al <strong>cancro</strong>.<br />
Le proteine prodotte da questi geni sono tra i fattori, per ordine di un importanza, che<br />
partecipano nel complesso percorso di provvedere al normale controllo della replicazione<br />
cellulare. Questo modulo fornisce una esposizione comprensiva di come le anormalità di<br />
questo percorso siano coinvolte nella crescita tumorale e nello sviluppo del <strong>cancro</strong>.<br />
Inoltre si considera l’abilità delle cellule tumorali a dividersi o a metastatizzare dal tumore<br />
primario e si introduce il concetto che la morte cellulare (apoptosi) è critica per lo sviluppo del<br />
<strong>cancro</strong>.<br />
Una piccola proporzione di tumori è ereditaria, es le mutazioni passano da una generazione<br />
all’altra. Per esempio il 5–10% dei tumori mammari si crede siano associati all’ereditata<br />
mutazione genetica di due geni il BRCA1 e BRCA2, anche se il livello di rischio associato e<br />
l’utilità di screening genetici rimangono sotto studio. Il fine del nursing per quanto riguarda la<br />
predisposizione genica e gli screening genetici rimane estraneo allo scopo di questa risorsa<br />
educazionale. Comunque nella bibliografia vengono suggerite ulteriori fonti di lettura (vedi<br />
pag. 8.28).<br />
Il sistema immunitario come base della terapia biologica oncologica<br />
La comprensione del sistema immunitario è particolarmente rilevante per la terapia biologica<br />
perché essa è la base di tutte le terapie <strong>biologiche</strong>. Il Modulo 4 porta al perché le terapie<br />
<strong>biologiche</strong> siano diventate sia praticabili, sia un obiettivo della ricerca terapeutica in<br />
oncologia, e come la conoscenza della funzione del sistema immunitario possa essere<br />
utilizzata nell’insieme terapeutico. Sono descritti i meccanismi fondamentali del sistema<br />
immunitario, come le risposte immunitarie gli antigeni e gli anticorpi e le loro speciali funzioni,<br />
e c’è una spiegazione di come gli anticorpi possono essere prodotti in laboratorio per usi<br />
clinici.<br />
Dalla teoria alla terapia: tecnologie intrinseche allo sviluppo delle terapie<br />
<strong>biologiche</strong><br />
La nostra miglior comprensione degli eventi molecolari che stanno alla base dei processi<br />
biologici fornisce significati teorici delle terapie oncologiche mirate verso gli errori molecolari<br />
specifici delle cellule tumorali. Progressi tecnologici significativi nella biologia molecolare e<br />
nella biotecnologia hanno reso queste potenzialità una realtà alimentando lo sviluppo di nuovi<br />
approcci nel trattamento dei pazienti con <strong>cancro</strong>. Il Modulo 5 discute tecniche di ricerca<br />
rivoluzionaria come la sequenzialità del DNA e dedica particolare attenzione all’impatto di<br />
una procedura nella pratica clinica chiamata tecnologia del DNA ricombinante. Viene anche<br />
sottolineato come gli avanzamenti tecnologici abbiano facilitato lo sviluppo di test per i fattori<br />
coinvolti nella patogenesi del <strong>cancro</strong> e come la scoperta e lo sviluppo di nuove terapie<br />
prevengano la crescita e la diffusione del <strong>cancro</strong>.
<strong>Terapie</strong> <strong>biologiche</strong>: realtà e prospettive<br />
Il razionale all’uso delle terapie <strong>biologiche</strong> in oncologia è la loro specificità e capacità a<br />
colpire i tumori. Il Modulo 6 offre una revisione dettagliata dei vari tipi di agenti biologici che<br />
sono stati investigati, comprese le citochine, gli anticorpi, le terapie geniche e i vaccini, illustra<br />
l’uso di questi agenti come terapie dirette o di supporto così come le potenzialità per futuri<br />
sviluppi. Parecchi agenti biologici rappresentativi (granulociti, fattori stimolanti colonie<br />
[filgrastim] interleuchina-2 ricombinante e Herceptin ® ) vengono considerati dettagliatamente. I<br />
casi clinici illustrano la differenza tra gli agenti di supporto non specifici come il filgrastim, gli<br />
agenti biologici non specifici con attività antitumorale es. interleuchina-2 marcatori tumorali e<br />
gli agenti che stanno rivoluzionando i trattamenti tumorali come l’Herceptin ® .<br />
Il Modulo 7 guarda al futuro. Importanti cambiamenti stanno avvenendo nel modo con cui il<br />
<strong>cancro</strong> è stato trattato che si sposteranno da agenti tossici e non specifici verso una serie di<br />
nuovi agenti che si sostituiranno con proteine bersaglio specificatamente rivolte al tumore. La<br />
ricerca sta determinando una serie di obiettivi in continua espansione per le nuove terapie.<br />
Inoltre la caratterizzazione genica dei tumori sta approfondendo la nostra comprensione circa<br />
il perché un tumore dello stesso tipo si possa comportare differentemente, permettendo che le<br />
terapie vengano adattate alle caratteristiche tumorali. Si preannuncia che le terapie <strong>biologiche</strong><br />
clinicamente reperibili si espanderanno significativamente nei prossimi 5 anni, uno sviluppo<br />
che avrà il maggior impatto sul futuro trattamento dei pazienti con <strong>cancro</strong>. Il Modulo 7<br />
considera il ruolo che avrà l’aumentata caratterizzazione genica dei tumori e discute lo<br />
sviluppo futuro degli approcci esistenti come le terapie basate sugli anticorpi e sulle citochine.<br />
Infine si considerano i nuovi approcci con bersagli anti-angiogenesi.<br />
I progressi nelle terapie <strong>biologiche</strong> stanno sempre più influenzando la pratica degli infermieri<br />
oncologici. I principi di base e gli studi preclinici presentati in questa risorsa educazionale<br />
forniscono le basi per la comprensione e il successo delle applicazioni dei nuovi trattamenti<br />
oncologici nell’esperienza clinica. Come dovrebbe essere nell’interesse di tutti gli infermieri<br />
oncologici.<br />
Noi speriamo che possiate trovare questa Risorsa Educazionale interessante, istruttiva e<br />
soprattutto un valido aiuto per il vostro ruolo come infermieri oncologici educatori.<br />
Introduzione<br />
3
Introduzione: L'impatto del <strong>cancro</strong><br />
Modulo 1. Il <strong>cancro</strong> attraverso il tempo<br />
L’incidenza del <strong>cancro</strong> e la mortalità per la malattia sono aumentati costantemente nel mondo<br />
industrializzato nel secolo scorso. La ragione primaria di questo aumento è l’invecchiamento e<br />
l’aumento della popolazione, poiché la crescita dei tumori è proporzionale all’età e il numero<br />
assoluto dei casi si rapporta alla crescita della popolazione. È anche possibile che il<br />
miglioramento nelle diagnosi abbia contribuito all’aumento dei casi. Qualunque sia la causa<br />
dell’aumento la sofferenza causata dal <strong>cancro</strong> è smisurata e i costi per i trattamenti e<br />
l’assistenza ai malati di tumore contribuiscono sostanzialmente alla crescita dei costi<br />
dell’assistenza sanitaria.<br />
Uno schema dei problemi derivanti dal <strong>cancro</strong> può essere illustrata da un breve esame dei dati<br />
derivanti da un rilievo epidemiologico internazionale. Dati comprensivi si possono ottenere da<br />
organizzazioni come l’International Agency for Research on Cancer (IARC) (Agenzia<br />
Internazionale per la Ricerca sul Cancro) la World Health Organization (WHO)<br />
(Organizzazione Mondiale della Sanità) e l’americana Surveillance, Epidemiology and End<br />
Results (SEER) (Ente di Monitoraggio Epidemiologico e Risultati Finali) programmi che vengono<br />
amministrati dal National Cancer Institute (NCI) (Istituto Nazionale del Cancro). Queste<br />
organizzazioni posseggono vasti archivi sull’incidenza e la mortalità del <strong>cancro</strong>. Parecchie<br />
nazioni Europee hanno anche stabilito registri oncologici nazionali mentre i dati dai paesi in<br />
via di sviluppo sono limitati. E’ possibile fare un paragone tra le incidenze dei vari paesi<br />
usando le informazioni dalla IARC.<br />
1<br />
1.1
1<br />
1.2<br />
Questionario di autovalutazione<br />
1. Il <strong>cancro</strong> rappresenta un problema sanitario globale ma ci sono varianti internazionali circa<br />
l’incidenza e il tipo di <strong>cancro</strong> associati alla mortalità.Quali fattori influenzano tali<br />
differenze?<br />
2. La prevenzione del <strong>cancro</strong> può essere divisa in primaria, secondaria e terziaria. Per<br />
piacere fai quattro esempi che possono essere usati per le misure di prevenzione primaria,<br />
tre per la secondaria e due per la terziaria.<br />
3. Le opzioni di trattamento oncologico dipendono dallo stadio del tumore. Per piacere<br />
identifica e definisci tre obiettivi principali degli interventi chirurgici.<br />
4. Altre opzioni di trattamento per il <strong>cancro</strong> comprendono la radioterapia, l’ormonoterapia e<br />
la chemioterapia. Definisci brevemente e sottolinea gli intenti principali di ciascun<br />
approccio e identifica alcuni effetti collaterali comuni per ciascuna terapia.<br />
5. Descrivi gli approcci per migliorare la specificità e l’obiettivo delle terapie antiblastiche.<br />
Le risposte a queste domande sono a pag. 8.1.
Varianti internazionali nell’incidenza del <strong>cancro</strong><br />
Nell’Unione Europea (EU) nel 1996, l’anno più recente per il quale sono reperibili dati:<br />
● sono stati diagnosticati più di 1,5 milioni di casi<br />
● 925.146 persone sono morte di <strong>cancro</strong>, un’incidenza di circa 250 casi ogni 100.000<br />
persone.<br />
La tavola 1.1 mostra la suddivisione per numero di casi di tumore e numero di morti per tipo di<br />
<strong>cancro</strong> in E.U.<br />
Si è notata un’ampia variante nella media di mortalità per tumore tra i paesi che compongono<br />
l’EU, una caratteristica che non è apparente nei dati collettivi presentati nella tavola 1.1. Per<br />
esempio la media della mortalità per <strong>cancro</strong> ordinata all’età es. media della mortalità tenuto<br />
conto dell’età del paziente per uomini e donne è di 154,7 e 92,9 per 100.000 in Austria<br />
comparata a 180,2 e 126,9 per 100.000 in U.K.<br />
Tav. 1.1. Numero dei casi e delle morti dovute a <strong>cancro</strong>, per tutte<br />
le forme, in EU nel 1996.<br />
Zone No. dei casi No. delle morti<br />
Zone Diverse* 1,541,987 925,146<br />
Colon-retto 213,103 110,669<br />
Mammella 209,548 76,030<br />
Polmone 191,348 180,570<br />
Prostata 134,865 55,704<br />
Sistema riproduttivo 109,008 43,544<br />
Sistema Gastrico 74,965 59,088<br />
Linfoma 59,800 27,041<br />
Cavita orale e faringe 55,638 19,930<br />
Rene 43,137 21,773<br />
Pancreas 38,349 43,510<br />
Leucemia 36,616 28,647<br />
Melanoma 33,886 8,415<br />
Fegato 28,369 33,354<br />
Cervello e SNC 26,444 20,832<br />
Laringe 26,061 10,740<br />
Esofago 24,778 23,061<br />
Mieloma multiplo 18,130 14,086<br />
Tiroide 14,131 3,150<br />
Altro 208,611 145,002<br />
*Nessuno dei seguenti tumori stimati include tumori non invasivi o tumori cutanei a cellule basali o squamose.<br />
Comunque, i tumori cutanei sono più comuni che i tumori di qualsiasi altro organo, con il melanoma che forma da<br />
solo il 10% dei tumori cutanei diagnosticati in Europa. Ci si aspetta che più di 1,3 milioni di tumori cutanei a cellule<br />
basali e squamose sarà diagnosticata nel 2000 solo negli USA.<br />
CNS = sistema nervoso centrale<br />
Dati da EUCAN database (www-dep.iarc.fr/eucan/eucan.htm).<br />
1<br />
Si è notata<br />
un’ampia variante<br />
nella media di<br />
mortalità per<br />
tumore tra i paesi<br />
che compongono<br />
l’EU . . .<br />
1.3
1<br />
La scala dei<br />
problemi indotti<br />
dal <strong>cancro</strong><br />
globalmente è<br />
estremamente<br />
significativa.<br />
la variazione nel<br />
grado di mortalità<br />
osservata nell’EU è<br />
osservabile<br />
internazionalmente.<br />
1.4<br />
La scala dei problemi indotti dal <strong>cancro</strong> globalmente è estremamente significativa. Tutto ciò è<br />
illustrato attraverso le stime per incidenza e mortalità da <strong>cancro</strong> per l’anno 2000 negli USA.<br />
● si stima vengano diagnosticati approssimativamente 1.220.100 nuovi casi di <strong>cancro</strong><br />
● si stima che approssimativamente 552.200 persone muoiano di <strong>cancro</strong>, questo significa più<br />
di 1.500 persone al giorno<br />
● approssimativamente una morte su quattro, oggi, è dovuta a <strong>cancro</strong>.<br />
Ciò rende il <strong>cancro</strong> la seconda principale causa di morte negli USA., superata solo dalle<br />
malattie cardiocircolatorie.<br />
Inoltre la variazione nel grado di mortalità osservata nell’EU è osservabile internazionalmente.<br />
La tavola 1.2 mostra il grado di mortalità in paesi selezionati nel mondo dal 1994–97. Questo<br />
mostra che il grado di mortalità totale è simile nella più parte dei paesi più grandi,<br />
specialmente negli uomini con una importante eccezione per la Russia. Comunque se si<br />
considera la situazione di malattia per specifico organo in certi paesi si rilevano importanti<br />
variabili di grado. Per esempio, si osserva un alta incidenza di morte per tumore dello stomaco<br />
in Cina, Giappone e Russia o un alto grado di morte per tumori del cavo orale in Francia. È da<br />
notare come il grado di mortalità sia più basso in Giappone e Cina. Questo riflette, almeno in<br />
parte, le differenze nei fattori ambientali quali la dieta che influenzano lo sviluppo del <strong>cancro</strong><br />
(vedi fattori coinvolti nello sviluppo del <strong>cancro</strong> a pag. 1.9).<br />
Tav. 1.2. Percentuale del grado di mortalità, negli anni<br />
1994/1997, su 100.000 persone, in paesi selezionati nel mondo<br />
Zone Diverse Orali Colon-retto Mammella Prostata<br />
Paese Uomo Donna Uomo Donna Uomo Donna Donna Uomo<br />
France 188.2 84.8 11.3 1.3 16.6 9.6 19.6 15.8<br />
Germany 169.5 103.3 6.5 1.2 20.8 14.0 21.7 16.6<br />
Spain 173.2 79.8 7.0 0.9 16.4 10.0 17.5 13.9<br />
UK 164.2 116.5 2.9 1.1 18.0 11.6 24.5 16.6<br />
Russia 237.1 107.6 9.1 1.1 18.2 12.6 16.1 7.2<br />
Australia 156.7 98.2 4.1 1.2 20.2 13.3 19.9 19.0<br />
Japan 155.2 75.7 3.1 0.8 17.1 9.9 7.7 5.1<br />
China 149.9 83.5 2.6 1.1 7.9 6.4 5.0 NA<br />
USA 156.0 108.3 3.2 1.1 15.2 10.4 20.0 15.9<br />
Canada 156.2 106.6 3.8 1.3 16.1 10.3 21.5 16.4<br />
Polmone Utero Stomaco Leucemia<br />
Paese Uomo Donna Cervice Altro Uomo Donna Uomo Donna<br />
France 46.5 6.1 1.6 3.4 7.2 2.8 5.6 3.3<br />
Germany 45.4 9.4 2.8 2.8 12.0 6.3 5.5 3.5<br />
Spain 48.7 3.9 1.8 2.5 6.6 3.5 4.5 3.2<br />
UK 46.6 20.5 3.0 2.1 9.5 3.9 4.7 3.0<br />
Russia 70.5 7.0 5.0 4.9 36.9 15.3 5.1 3.5<br />
Australia 38.8 13.6 2.6 1.7 6.6 2.7 6.1 3.6<br />
Japan 31.7 8.5 1.9 2.0 30.2 12.3 4.1 2.5<br />
China 37.3 15.8 3.0 NA 26.9 12.7 3.7 3.0<br />
USA 52.3 26.6 2.4 2.5 4.4 2.0 6.3 3.7<br />
Canada 50.0 23.0 1.9 2.2 6.2 3.0 5.5 3.2<br />
N.A. = non disponibili (not available)<br />
Dati da EUCAN database (www-dep.iarc.fr/eucan/eucan.htm) e WHO.
La variazione internazionale nell’incidenza dei tipi di tumore selezionati è mostrata<br />
geograficamente nella figura 1.1. La differenza nell’incidenza del tumore mammario e<br />
prostatico tra Cina o Giappone e Europa Occidentale e Nord America è considerevole,<br />
andando da un minimo di 3 volte a più di 30. Si noti anche un’alta incidenza del melanoma<br />
tra gli uomini Australiani, e di tumore al polmone tra le donne di Hong Kong.<br />
Percentuale incidente standardizzata<br />
all'etá (per 100,000 donne)<br />
Percentuale incidente standardizzata<br />
all'etá (per 100,000 donne)<br />
35<br />
30<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
(A) (B)<br />
China<br />
Japan<br />
Hungary<br />
China<br />
Japan<br />
Hungary<br />
Hong Kong<br />
Spain<br />
Finland<br />
Australia<br />
Sweden<br />
Canada<br />
USA – white<br />
(C) (D)<br />
70<br />
30<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
Hong Kong<br />
Spain<br />
Finland<br />
Australia<br />
Sweden<br />
Canada<br />
USA – white<br />
Percentuale incidente standardizzata<br />
all'etá (per 100,000 donne)<br />
Percentuale incidente standardizzata<br />
all'etá (per 100,000 donne)<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
China<br />
Japan<br />
Hungary<br />
Hong Kong<br />
Spain<br />
Finland<br />
Australia<br />
Sweden<br />
Canada<br />
USA – white<br />
China<br />
Japan<br />
Hungary<br />
Hong Kong<br />
Spain<br />
Finland<br />
Australia<br />
Sweden<br />
Canada<br />
USA – white<br />
Figura 1.1. Variazioni internazionali nell’incidenza dei tipi di <strong>cancro</strong> selezionati: (A) Tumore del<br />
polmone nella donna; (B) Tumore della mammella nella donna; (C) Tumore della prostata nell’uomo;<br />
(D) Melanoma nell’uomo. Riprodotto con licenza da Tannock IF, Hill RP, editors. The basic science of<br />
oncology, 3rd ed. NewYork: Mc Graw-Hill, 1998.p.16<br />
Queste variazioni nell’incidenza del <strong>cancro</strong> sono anche viste all’interno dei paesi. Per esempio<br />
lo studio EUROCARE II ha dimostrato che le incidenze relative al tumore alla laringe variano<br />
da 11,6 in Tarragona a 18,2 nei Paesi Baschi, entrambe in Spagna. Queste variazioni<br />
riflettono le differenze dei fattori ambientali come dieta, e uso di tabacco, che influiscono sullo<br />
sviluppo del <strong>cancro</strong> e le possibili differenze genetiche tra le popolazioni.<br />
Variazioni nell’incidenza dei tumori nel tempo<br />
L’incidenza del <strong>cancro</strong> varia grandemente non solo tra paesi diversi ma anche attraverso il<br />
tempo. La figura 1.2 mostra il cambio nell’incidenza standardizzata di mortalità per tutti i<br />
tumori, mammella, polmone e colon compresi, in specifici paesi Europei nell’ultima metà del<br />
20° secolo.<br />
5<br />
0<br />
1<br />
1.5
1<br />
1.6<br />
Incidenza standardizzata<br />
di mortalità<br />
Incidenza standardizzata<br />
di mortalità<br />
Incidenza standardizzata<br />
di mortalità<br />
Incidenza standardizzata<br />
di mortalità<br />
140<br />
120<br />
100<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
0<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
35<br />
30<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
(A)<br />
(C)<br />
(E)<br />
(G)<br />
1952<br />
1956<br />
1960<br />
1964<br />
1968<br />
1972<br />
Year<br />
Year<br />
Year<br />
1952<br />
1956<br />
1960<br />
1964<br />
1968<br />
1972<br />
1976<br />
1980<br />
1984<br />
1988<br />
1992<br />
1996<br />
Incidenza standardizzata<br />
di mortalità<br />
Incidenza standardizzata<br />
di mortalità<br />
220<br />
200<br />
180<br />
160<br />
140<br />
120<br />
100<br />
80<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
(B)<br />
(D)<br />
1968<br />
1972<br />
1976<br />
1980<br />
1984<br />
1988<br />
1992<br />
1980<br />
1996<br />
1982<br />
1984<br />
1986<br />
1988<br />
1990<br />
1992<br />
1994<br />
1996<br />
Year<br />
1976<br />
1980<br />
1984<br />
1988<br />
1992<br />
1996<br />
UK<br />
France<br />
Germany<br />
Italy<br />
The Ne<strong>the</strong>rlands<br />
Spain<br />
1952<br />
1956<br />
1960<br />
1964<br />
1968<br />
1972<br />
1976<br />
Year<br />
Year<br />
1980<br />
1984<br />
1988<br />
1992<br />
1996<br />
1968<br />
1972<br />
1976<br />
1980<br />
1984<br />
1988<br />
1992<br />
1996<br />
Figura 1.2.Incidenza di mortalità per tutte le forme di tumore (A, donne; B, uomini), tumore del polmone (C, donne; D,<br />
uomini), tumore del colon (E, donne; F, uomini) e tumore della mammella (G, solo donne) in paesi europei selezionati. Dati<br />
da EUCAN database (www-dep-iarc.fr/eucan/eucan.htm).<br />
Incidenza standardizzata<br />
di mortalità<br />
16<br />
14<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
(F)<br />
1980<br />
1982<br />
1984<br />
1986<br />
1988<br />
Year<br />
1990<br />
1992<br />
1994<br />
1996
Queste curve che indicano la mortalità complessiva dovuta al <strong>cancro</strong> in questi paesi culmina<br />
nel 1970 e decresce da allora, sia per gli uomini che per le donne. Anche se è interessante<br />
notare che nel caso del tumore polmonare l’incidenza di morte per gli uomini ha iniziato a<br />
diminuire negli anni recenti, mentre la mortalità dovuta a tumore polmonare nelle donne<br />
continua a crescere. Questo esito è il risultato dell’aumento dell’uso del tabacco nelle donne<br />
dell’EU ed è stato anche osservato negli USA.<br />
Percentuale per 100,000 donne<br />
Percentuale per 100,000 uomini<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
(A)<br />
Colon e retto<br />
Ovaio<br />
Polmoni e bronchi<br />
Pancreas<br />
Mammella<br />
Stomaco<br />
Utero<br />
0<br />
1930 1940 1950 1960<br />
Anno<br />
1970 1980 1990<br />
(B)<br />
Colon e retto<br />
Fegato<br />
Polmoni e bronchi<br />
Pancreas<br />
Prostata<br />
Stomaco<br />
0<br />
1930 1940 1950 1960<br />
Anno<br />
1970 1980 1990<br />
Figura 1.3.Incidenza di mortalità negli anni per; A) donne e B) uomini per sito d’organo negli USA,<br />
1930-96. Riprodotto con licenza da American Cancer <strong>Society</strong> (ww3.cancer.org).<br />
1<br />
1.7
1<br />
. . . il trattamento<br />
del <strong>cancro</strong> ha<br />
finora avuto scarsi<br />
effetti<br />
nell’incidenza<br />
generale di<br />
sopravvivenza . . .<br />
1.8<br />
Gli effetti della terapia nella sopravvivenza al <strong>cancro</strong><br />
La differenza nell’incidenza del <strong>cancro</strong> tra paesi e regioni e i cambi nell’incidenza di mortalità<br />
nel tempo dimostrano i notevoli effetti delle mutazioni nei fattori ambientali e nello stile di vita,<br />
così come gli effetti di diagnosi precoce e screening. Comunque il trattamento del <strong>cancro</strong> ha<br />
finora avuto scarsi effetti nell’incidenza generale di sopravvivenza, anche se può prolungare la<br />
sopravvivenza, es. il paziente con tumore, può vivere a lungo ma il risultato generalmente<br />
rimane lo stesso, la morte dovuta al <strong>cancro</strong>.<br />
Uno dei metodi più comuni usati per valutare l’’impatto degli interventi sul <strong>cancro</strong> è<br />
determinare l’incidenza di sopravvivenza durante un determinato periodo di tempo dopo la<br />
diagnosi iniziale. L’indice di sopravvivenza a 5 anni è una misura abbastanza comune.<br />
Variazione nell’indice di sopravvivenza a 5 anni o il confronto di questi indici tra i paesi può<br />
offrire importanti indicazioni circa l’impatto dell’educazione alimentare preventiva e degli<br />
interventi terapeutici più significativi. Il cambio circa l’indice di sopravvivenza europeo dei 5<br />
anni per i vari tipi di tumore, es. la sopravvivenza dei pazienti con tumore comparata con<br />
quella della popolazione in genere, è mostrata nella tavola 1.3 per il periodo 1978–89.<br />
Tavola 1.3. Cambi circa l’indice di sopravvivenza a 5 anni in<br />
Europa per anno e diagnosi 1978-89.<br />
Percentuale di sopravvivenza relativa a 5 anni (%)<br />
Zone 1978–80 1984–86 1987–89<br />
Cervello 18 18 21<br />
Mammella 66 71 72<br />
Colon 40 48 48<br />
Esofago 5 8 9<br />
Linfoma di Hodgkin 66 73 73<br />
Rene 44 47 50<br />
Leucemia linfocitica cronica 53 63 66<br />
Fegato 3 3 6<br />
Polmone* 27 29 29<br />
Melanoma † 75 80 84<br />
Mieloma multiplo 27 30 27<br />
Linfoma non-Hodgkin’s 43 46 50<br />
Ovaio 30 35 33<br />
Pancreas 4 4 4<br />
Retto 38 42 46<br />
Stomaco 17 21 21<br />
Testicoli 79 86 92<br />
Ossa 40 55 53<br />
Tessuti molli 55 60 59<br />
Cervice uterina 61 63 64<br />
Corpo uterino 75 75 75<br />
*Sono disponibili indici di sopravvivenza, per uomini solo per 1 anno e sono mostrati qui<br />
† Sono disponibili indici di sopravvivenza solo a 5 anni per persone tra 15-44 anni e sono mostrati qui.<br />
Data da EUROCARE II Study
È subito evidente che gli indici di sopravvivenza a 5 anni per il tumore del fegato, del<br />
pancreas e dell’esofago sono molto esigui, anche se l’indice di sopravvivenza per il tumore<br />
dell’esofago è quasi raddoppiato negli ultimi 10 anni. È anche evidente che l’indice di<br />
sopravvivenza a 5 anni per altri tipi di tumore è migliorato in questi 10 anni, es. il tumore dei<br />
testicoli, il tumore osseo e la leucemia linfatica cronica. Questo può essere quasi interamente<br />
attribuito al miglioramento nella diagnosi precoce e agli interventi, quando è più che plausibile<br />
che ci sarà un impatto sugli indici di progressione della malattia. È anche da considerare che<br />
l’indice di sopravvivenza a 5 anni per certi altri tumori rimane essenzialmente invariata tra il<br />
1979 e il 1989, es. i tumori del pancreas, polmone e utero e i mielomi multipli.<br />
E’ possibile che nei prossimi decenni l’indice di sopravvivenza, per certi tipi di tumore, avrà un<br />
ulteriore progresso. Un esempio di ciò si ha per il trattamento del tumore mammario in U.K.<br />
dove un miglioramento degli screening ha prodotto, negli ultimi 5 anni, un miglioramento dei<br />
risultati. Inoltre una migliore diagnosi circa i fattori causanti e gli sforzi per l’ottimizzazione<br />
dell’uso delle terapie antitumorali , tendono a produrre un miglioramento nell’assistenza.<br />
Prevenzione del <strong>cancro</strong><br />
Prima di procedere alla discussione sulla storia del trattamento del <strong>cancro</strong> è opportuno<br />
enfatizzare le misure che possono essere adottate per prevenire il manifestarsi o lo sviluppo del<br />
<strong>cancro</strong>, poiché come già notato, queste sono le misure correnti riconosciute come valide e<br />
significative sull’incidenza di mortalità da <strong>cancro</strong>:<br />
● prevenzione (prevenzione primaria)<br />
● diagnosi precoce (prevenzione secondaria), quando il trattamento sarà sicuramente efficace<br />
● chirurgia profilattica, es mastectomia o chemioprevenzione (prevenzione terziaria).<br />
Gli infermieri hanno un ruolo significativo da giocare sia nel consolidare la prevenzione del<br />
<strong>cancro</strong> che nel coinvolgimento a sottolineare l’importanza di regolari controlli o esami e<br />
screening. Essi hanno un ruolo fondamentale nell’individuare i soggetti ad alto rischio,<br />
valutando lo stile di vita, la storia personale e famigliare e occupazionale o l’esposizione<br />
ambientale ad agenti causativi. Gli sforzi degli infermieri devono anche includere la<br />
promozione dei follow-up e i controlli, in particolare per quei soggetti identificati come essere<br />
ad alto rischio, ma anche per la popolazione in generale.<br />
Fattori implicati nello sviluppo del <strong>cancro</strong><br />
Sono stati individuati molti agenti causali primari e secondari (carcinogeni) coinvolti<br />
nell’induzione del <strong>cancro</strong> (carcinogenesi). La carcinogenesi è un plurimo processo che<br />
coinvolge l’inizio, la promozione e la trasformazione, come esaminati nei Moduli 2 e 3. La<br />
base della prevenzione primaria per il <strong>cancro</strong> sta nell’evitare quei fattori che possono favorire<br />
l’insorgenza o la promozione della formazione primaria del tumore. Studi epidemiologici sono<br />
il cardine dell’identificazione di quei fattori ambientali che sono il miglior obiettivo nelle<br />
strategie di prevenzione.<br />
Fumo<br />
Il fumo di sigaretta si stima essere causa di più dei tre quarti dei tumori polmonari e circa del<br />
30% di tutte le morti per tumore. Coloro che fumano due o più pacchetti di sigarette per giorno<br />
hanno un indice di mortalità per tumore del polmone da 15 a 25 volte superiore rispetto ai non<br />
fumatori.<br />
Uso di tabacco<br />
L’uso di masticare tabacco o fiutarlo aumenta il rischio di tumore della bocca, laringe, gola ed<br />
esofago. 1.9<br />
1<br />
. . . gli indici di<br />
sopravvivenza a 5<br />
anni per il tumore<br />
del fegato, del<br />
pancreas e dell’esofago<br />
sono molto<br />
esigui . . .<br />
Il fumo di sigaretta<br />
si stima essere<br />
causa di più dei<br />
tre quarti dei<br />
tumori polmonari e<br />
circa del 30% di<br />
tutte le morti per<br />
tumore.
1<br />
1.10<br />
Alcool<br />
Tumori orali, del laringe, faringe, esofago e fegato si manifestano più frequentemente nei forti<br />
consumatori di alcol.<br />
Luce solare<br />
Il sole è il principale fattore di induzione di numerosi casi di tumori basali e squamosi che si<br />
sviluppano nella cute e principalmente dello sviluppo dei melanomi. Le aree geografiche con<br />
un alto irradiamento di luce ultravioletta, es. Australia, hanno un’alta percentuale di melanoma.<br />
Estrogeni<br />
<strong>Terapie</strong> sostitutive a base di estrogeni possono aumentare il rischio di tumore mammario ma<br />
questo aumento del rischio va bilanciato con i potenziali benefici.<br />
Radiazioni<br />
Un’eccessiva esposizione a radiazioni ionizzanti es. Raggi X può aumentare il rischio<br />
cancerogenico. Nelle abitazioni si dovrebbero evitare eccessive esposizioni a gas radioattivi e<br />
al radon perché è stata provata la loro capacità a far aumentare il rischio di tumori polmonari.<br />
L’aumento del rischio è particolarmente alto nei fumatori di sigarette esposti al gas.<br />
Rischi occupazionali<br />
Numerosi agenti industriali es. nickel, cromo, asbesto, cloruro di vinile aumentano il rischio<br />
verso tumori specifici.<br />
Alimentazione<br />
Il rischio per tumori del colon, mammella e utero appare aumentato in individui obesi. Diete<br />
ricche di grassi possono contribuire allo sviluppo di tumori della mammella, del colon e della<br />
prostata. I cibi ricchi di fibre possono aiutare a ridurre il rischio del tumore del colon. Una dieta<br />
varia contenente un’abbondanza di frutta e verdura ricchi di vitamina A e C possono diminuire<br />
il rischio per un’ampia gamma di tumori. Cibi salati, affumicati e contenenti nitrati sono<br />
connessi ai tumori dell’esofago e dello stomaco.<br />
Il Codice Europeo Contro il Cancro è visibile nella tavola 1.4 e raccomanda semplici misure<br />
da adottare per sopraccitati fattori conosciuti come essere coinvolti nella cancerogenesi e che<br />
possono permetterci di evitare certi tumori e promuovere un miglioramento nella salute in<br />
generale.<br />
Prevenzione del <strong>cancro</strong> e screening<br />
Un’ampia gamma di esami possono essere usati per la prevenzione secondaria del <strong>cancro</strong>, es.<br />
la diagnosi precoce in soggetti asintomatici con un rischio stimato. Ciò varia per paese poiché<br />
dipende dalle risorse economiche e dalla priorità. I test per il tumore mammario e della cervice<br />
mostrati nella Tavola 1.4 sono misure relativamente semplici che possono aiutare a scoprire<br />
queste forme tumorali per tempo ed avere un significativo impatto sulla sopravvivenza. Altri<br />
testi e procedure di screening per i tumori possono includere:<br />
● sigmoidoscopia e polipectomia per il tumore del colon retto<br />
● sangue occulto nelle feci per tumore del tratto digestivo<br />
● esplorazione rettale per esaminare la prostata<br />
● mammografia ed ecografia per il tumore mammario<br />
● markers tumorali per il tumore ovarico, es. livelli nel sangue del CA 125.
Tavola 1.4. Le 10 raccomandazioni contenute nel Codice Europeo<br />
Contro il Cancro.<br />
Certi tumori possono essere evitati e la salute in generale migliorare<br />
se si adotta uno stile di vita più sano.<br />
1. Non fumare. Fumatore smetti appena puoi e non fumare in presenza di altre<br />
persone. Se non fumi non sperimentare il fumo.<br />
2. Se bevi alcolici, sia birra, vino o superalcolici modera il loro consumo.<br />
3. Aumenta il tuo consumo giornaliero di frutta e verdura fresche. Mangia spesso cereali<br />
con un alto contenuto di fibre.<br />
4. Evita di essere sovrappeso, aumenta l’attività fisica e limita l’assunzione di cibi grassi,<br />
5. Evita un’eccessiva esposizione al sole ed evita scottature solari soprattutto ai bambini.<br />
6. Applica ristrette regole che tendono a prevenire qualsiasi esposizione a sostanze che<br />
sai possano provocare il <strong>cancro</strong>. Segui tutte le istruzioni salutari e di sicurezza<br />
nell’uso di sostanze che possono provocare il <strong>cancro</strong>.<br />
Molti tumori possono guarire se presi per tempo<br />
7. Consulta un medico se scopri un nodulo, un’ulcera che non guarisce (inclusa nella<br />
bocca), un neo che cambia forma, misura o colore o qualsiasi sanguinamento non<br />
normale.<br />
8. Consulta un medico se hai problemi persistenti come tosse persistente, o raucedine<br />
persistente, un cambiamento nelle abitudini intestinali o urinarie e una perdita di peso<br />
inspiegabile.<br />
Per le donne<br />
9. Fai il pap-test regolarmente, partecipa a programmi organizzati di screening per il<br />
tumore della cervice.<br />
10. Controlla regolarmente le tue mammelle, partecipa a programmi organizzati di<br />
screening se superi i 50 anni.<br />
La frequenza nell’eseguire routinariamente questi test e a quale età vengono iniziati varia da<br />
paese a paese, anche se esistono raccomandazioni a livello internazionale. La frequenza,<br />
l’ordine e il tipo di esami per la prevenzione secondaria dovrebbero essere intensificati per<br />
quelle persone ad alto rischio di <strong>cancro</strong>. L’uso di test, per i fattori genetici predisponesti come il<br />
BRCA1 e BRCA2, nelle donne con una storia famigliare di tumore mammario, può identificare<br />
quelle con aumentato rischio di <strong>cancro</strong>.<br />
Chirurgia profilattica e chemioprevenzione<br />
La prevenzione terziaria basata su approcci chirurgici o farmacologici è pertinente a quei<br />
soggetti per i quali il rischio di tumore è alto. Per esempio la mastectomia bilaterale profilattica<br />
è un’opzione preventiva per quelle donne che vogliono ridurre il loro rischio di tumore<br />
mammario. È stato dimostrato un vantaggio nella sopravvivenza delle giovani donne portatrici<br />
di mutazioni nel BRCA1 e BRCA2 con una riduzione fino al 90% per il rischio di tumore<br />
mammario. Anche se il coinvolgimento a livello fisico e psicologico la rendono una scelta<br />
difficile per molte donne e ci sono pochi dati disponibili riguardanti la soddisfazione a lungo<br />
termine e l’impatto psicologico e sociale che seguirà a queste procedure. Così, l’accettabilità<br />
della chirurgia profilattica tra le donne a rischio di tumore mammario attualmente in Europa è<br />
basso. Generalmente la decisione di sottoporsi a chirurgia profilattica è personale e dovrebbe<br />
1<br />
1.11
1<br />
La scelta circa il<br />
trattamento del<br />
<strong>cancro</strong> dipende<br />
dal suo stadio . . .<br />
. . . la chirurgia<br />
offre la più ampia<br />
opportunità di<br />
guarigione per<br />
molti tipi di<br />
tumore . . .<br />
. . . il 60% di<br />
persone con<br />
<strong>cancro</strong> hanno<br />
subito qualche tipo<br />
di chirurgia.<br />
1.12<br />
essere presa dopo consiglio con un gruppo terapeutico multidisciplinare e, dove appropriato,<br />
dopo test genetici. Perciò, gli infermieri necessitano di essere consapevoli delle complesse<br />
situazioni che circondano i test per le mutazioni del BRCA1 e BRCA2 e la mastectomia<br />
profilattica, per essere in grado di offrire alle pazienti informazioni comprovate e di assisterle<br />
nel prendere una decisione. Un “counselling” dettagliato è molto importante per i pazienti.<br />
Lo scopo della chemioprevenzione mira a diminuire l’incidenza oncologica in persone con<br />
aumentato rischio per mezzo di terapie farmacologiche. Per esempio, l’efficacia<br />
dell’antiestrogeno tamoxifene come agente chemiopreventivo nel tumore mammario è stato<br />
studiato in tre studi clinici controllati randomizzati, che hanno prodotto risultati varianti.<br />
Ricercatori del National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project (NSABP), Breast Cancer<br />
Prevention Trial hanno trovato che il tamoxifene ha ridotto almeno della metà l’incidenza del<br />
tumore mammario mentre studi clinici controllati Inglesi e Italiani non dimostrano significativi<br />
benefici. Questa disparità è dovuta, in parte, alla differenza delle caratteristiche di rischio<br />
tumorale di base tra la popolazione studiata nella differenza di misura dei gruppi (delle<br />
“coorti”) nell’uso variabile di terapia di sostituzione ormonale e altri fattori. Uno studio NSABP<br />
paragona l’efficacia del raloxifene con il tamoxifene in donne in post-menopausa con<br />
aumentato rischio di sviluppo di tumore mammario (basato su età, numero di parenti di primo<br />
gradi con tumore mammario, numero di figli ed età della donna alla prima gravidanza,<br />
verdetto di anormalità dopo biopsia, ed età del menarca).<br />
Il valore dell’uso profilattico del tamoxifene rimane controverso e per la potenzialità degli effetti<br />
collaterali sia a livello vascolare che endometriale le donne candidate a terapie preventive con<br />
tamoxifene devono essere rese consapevoli dei suoi rischi/benefici. I benefici della<br />
mastectomia profilattica rispetto alla chemioprevenzione a tutt’oggi non sono conosciuti perché<br />
non ci sono studi prospettici randomizzati che confrontino queste due strategie.<br />
Trattamento del <strong>cancro</strong>: una prospettiva storica<br />
La scelta circa il trattamento del <strong>cancro</strong> dipende dal suo stadio, es. quanto è grande, a che<br />
grado di estensione arriva l’interessamento dei tessuti contigui, e se si è propagato in tessuti a<br />
distanza (metastasi). Le opzioni di trattamento si possono generalmente classificare in:<br />
● chirurgico<br />
● radioterapico<br />
● ormonale (terapia endocrina)<br />
● chemioterapico<br />
● biologico (anche detta immunoterapia).<br />
Chirurgia<br />
La chirurgia è la forma più vecchia di trattamento per il <strong>cancro</strong>. Prima della scoperta<br />
dell’anestesia e dell’antisepsi (metodi come la sterilizzazione degli strumenti per prevenire<br />
infezioni) la chirurgia era effettuata con grande malessere e rischio per il paziente. Oggi la<br />
chirurgia offre la più ampia opportunità di guarigione per molti tipi di tumore e circa il 60% di<br />
persone con <strong>cancro</strong> hanno subito qualche tipo di chirurgia.<br />
La chirurgia può essere suggerita per ottenere uno o più risultati.<br />
● Preventiva. Per rimuovere una crescita che non è maligna ma si sa essere associata con lo<br />
sviluppo di malignità, es. poliposi del colon, o per rimuovere un’organo, es. mastectomia<br />
profilattica in pazienti con mutazione di geni suscettibili con il tumore mammario o colectomia<br />
in pazienti con rischio di tumore del colon dovute alle mutazioni del gene FAP.
● Diagnostica. Per prelevare campioni di tessuto per test di laboratorio che confermino la<br />
diagnosi di <strong>cancro</strong> e la sua identificazione.<br />
● Di stadiazione. Per determinare l’estensione della malattia usando procedure come la<br />
laparoscopia o la laparotomia.<br />
● Curativa. Per rimuovere il tumore quando localizzato con la speranza di rimuovere tutto il<br />
tessuto canceroso. Questo è considerato trattamento oncologico “primario”.<br />
● Palliativa. Per trattare le complicanze della malattia avanzata, es. per controllare il dolore e<br />
migliorare la qualità di vita. La chirurgia palliativa non è intesa a curare il <strong>cancro</strong> ma<br />
piuttosto a prolungare la vita.<br />
● Supportiva. Per aiutare con il trattamento, es. posizionamento di una linea vascolare per<br />
assistere con un trattamento chemioterapico.<br />
● Ristabilizzante. Per restituire l’immagine corporea, la funzione di un organo o una parte di<br />
corpo, es. ricostruzione mammaria e impianto protesico.<br />
Radioterapia<br />
La radioterapia usa particelle di alta energia o onde come i raggi X o gamma per<br />
danneggiare o distruggere le cellule tumorali. È una delle più vecchie terapie e delle più valide<br />
rispetto ai costi/benefici, si stima che il 50–60% di tutte le persone con tumore riceveranno<br />
prima o poi radioterapia durante loro trattamenti. La radioterapia è considerata un trattamento<br />
locale perché ne sono interessate solo le cellule dell’area trattata, può essere utilizzata in fasi<br />
differenti del trattamento. Nel tumore al primo stadio la radioterapia può essere usata nel<br />
tentativo di curare o controllare la malattia. Inoltre può essere utilizzata prima della chirurgia<br />
per ridurre il tumore o dopo la chirurgia per ridurre la possibilità di recidive. Nella malattia<br />
avanzata la radioterapia può essere usata per trattare i sintomi quali il dolore. La forma più<br />
comune di radioterapia è la radioterapia esterna, es. radioterapia somministrata usando una<br />
macchine che focalizzano le radiazioni sulla parte affetta. Comunque è anche possibile<br />
somministrare le radiazioni ionizzanti posizionando le sorgenti radioattive direttamente<br />
all’interno del corpo del paziente (brachiterapia) o iniettando liquido radioattivo (terapia con<br />
radio-isotipi). In certi tipi di tumore la radioterapia può essere usata in combinazione con<br />
chirurgia e/o chemioterapia.<br />
Mentre la radioterapia può distruggere le cellule tumorali può avere anche effetti su alcune<br />
delle cellule limitrofe. Questi effetti non specifici possono produrre una serie di effetti collaterali<br />
che variano circa l’incidenza, secondo il sito irradiato e il dosaggio di irradiazione, che è<br />
diverso da persona a persona.<br />
E che includono:<br />
● astenia<br />
● tossicità ematologica<br />
● stomatiti<br />
● perdita dell’appetito<br />
● bruciore cutaneo<br />
● raucedine<br />
● perdita di capelli<br />
● difficoltà ad inghiottire<br />
● nausea e vomito<br />
● diarrea.<br />
1<br />
La radioterapia<br />
usa particelle di<br />
alta energia o<br />
onde come i raggi<br />
X o gamma per<br />
danneggiare o<br />
distruggere le<br />
cellule tumorali.<br />
. . . il 50–60% di<br />
tutte le persone<br />
con tumore<br />
riceveranno prima<br />
o poi radioterapia<br />
durante loro<br />
trattamenti.<br />
1.13
1<br />
La chemioterapia<br />
agisce uccidendo<br />
le cellule che si<br />
riproducono<br />
rapidamente.<br />
È importante<br />
capire che la<br />
chemioterapia<br />
citotossica non è<br />
specifica per le<br />
cellule tumorali.<br />
1.14<br />
Terapia ormonale (endocrina)<br />
La terapia ormonale è un trattamento farmacologico che agisce sulla produzione di ormoni o<br />
sul loro funzionamento, sia con una rimozione chirurgica delle ghiandole che producono<br />
ormoni per distruggere le cellule tumorali o per rallentare la loro crescita es. avariectomia nel<br />
tumore mammario. Le terapie con farmaci generalmente coinvolgono agenti che alterano<br />
l’azione o la produzione di ormoni maschili o femminili e vengono usate per rallentare la<br />
crescita di tumori mammari, prostatici ed endometriali. Esempi di terapie ormonali includono,<br />
estrogeni (stilboestrolo, ethinylestradiolo), anti-estrogeni (tamoxifene), inibitori dell’aromatasi<br />
(fadrozole anastrazole), progesteronici (medroxyprogesterone acetato, megastrol acetato),<br />
androgeni (nandrolone) e anti-androgeni (aminoglutethimide, cyproterone acetato).<br />
Le terapie ormonali sono associate a minori effetti collaterali rispetto alle chemioterapie<br />
citotossiche, considerazioni che le rendono convenienti come trattamenti preventivi. Per quanto<br />
alcune donne accusino come effetti collaterali:<br />
● vampate, sudorazione<br />
● nausea, diarrea, cattiva digestione<br />
● aumento di peso<br />
● cambiamenti nel ciclo mestruale<br />
● crampi muscolari<br />
● cambiamenti nell’umore<br />
● reazioni allergiche<br />
● mal di testa<br />
● trombosi.<br />
Si dovrebbe anche notare che una prolungata terapia con tamoxifene è stata associata con un<br />
aumento nell’incidenza del tumore dell’endometrio. Anche se questo tipo di <strong>cancro</strong> è più<br />
facilmente guaribile del tumore mammario, e perciò i benefici della terapia a lungo termine<br />
con tamoxifene sono percepiti come più influenti dei rischi.<br />
Chemioterapia<br />
La chemioterapia è l’uso dei farmaci per curare il <strong>cancro</strong>. I farmaci chemioterapici sono spesso<br />
descritti come antineoplastici (antitumorali) e citossici (distruttori di cellule). La chemioterapia<br />
agisce uccidendo le cellule che si riproducono rapidamente. Anche se non esiste una<br />
sostanziale differenza in termini di riproduzione tra cellule tumorali e cellule normali. Quindi<br />
ogni volta che la chemioterapia è somministrata va cercato un equilibrio tra il distruggere le<br />
cellule tumorali per guarire o controllare il <strong>cancro</strong> e il risparmiare le cellule normali per<br />
minimizzare gli effetti collaterali indesiderati. È importante capire che la chemioterapia<br />
citotossica non è specifica per le cellule tumorali.<br />
C’è disponibilità di un ampia gamma di agenti chemioterapici che può essere ampiamente<br />
classificata come si vede nella tavola 1.5. Ogni classe agisce in modo diverso su uno stadio<br />
differente del ciclo cellulare (vedi il Modulo 2 per i dettagli del ciclo cellulare). Essi possono<br />
perciò essere usati in combinazioni diverse e in ordini diversi per aumentare i loro effetti<br />
citotossici. Questo spiega la complessità di molti regimi chemioterapici (standardizzati) usati<br />
nella pratica clinica e che spesso utilizzano tre o quattro farmaci in sequenzialità o in<br />
combinazione.
Tavola 1.5. Tipi di farmaci chemioterapici<br />
Meccanismo d’azione e tumori Agente<br />
Classe trattati (farmaco)<br />
Agenti alkilanti Agiscono direttamente sul DNA per evitare Busulphan,<br />
la riproduzione cellulare tumorale. Usati carboplatino,<br />
controla leucemia cronica, linfoma non- cisplatino,<br />
Hodgkin,la malattia di Hodgkin, mieloma ciclofosfamide,<br />
multiplo e incerti tumori mammari, del dacarbazina,<br />
polmone e dell’ovaio. ifosfamide<br />
Antimetaboliti Interferiscono con la crescita del DNA e RNA 5-fluoruracile,<br />
usati per il trattamento della leucemia cronica methotrexate,<br />
come per i tumori dell’ovaio e del tratto gastro gemcitabina,<br />
intestinale. citarabina,<br />
fludarabina<br />
Antitumorali Interferiscono con il metabolismo del DNA Bleomicina,<br />
antibiotici o la mitosi o alterando le membrane cellulari. dactinomicina,<br />
Usati in un ampia varietà di tumori. daunorubicina,<br />
doxorubicina,<br />
epirubicina<br />
Inibitori della Inibiscono la mitosi o inibiscono gli enzimi Paclitaxel,<br />
mitosi coinvolti nella sintesi proteica che serve alla docetaxel,<br />
riproduzione cellulare. Usati in una ampia etoposide,<br />
varietà di tumori. vinblastina,<br />
vincristina,<br />
vinorelbina<br />
Nitrosuree Agiscono come tutto gli agenti alchilanti Nitrosurea,<br />
inibendo gli enzimi coinvolti nella riparazione carmustine,<br />
del DNA. Usati per trattare i tumori cerebrali lomustine<br />
così come per il linfoma non Hodgkin,<br />
il mieloma multiplo e il mieloma maligno.<br />
Corticosteroidi Ormoni naturali o farmaci ormonosimili che Prednisone,<br />
possono essere usati per trattare certi tumori dexametasone<br />
(es. linfoma, leucemia, mieloma multiplo).<br />
Spesso usati per intensificare gli effetti di altri<br />
tipi di farmaci chemioterapici.<br />
Altri Con svariati meccanismi d’azione. L-asparaginasi,<br />
amsacrina,<br />
tretinoina<br />
1<br />
1.15
1<br />
La chemioterapia<br />
può essere<br />
somministrata<br />
attraverso una<br />
moltitudine di vie<br />
dipende<br />
dall’agente e dalla<br />
posizione del<br />
tumore . . .<br />
Perciò uno degli<br />
obiettivi nello<br />
sviluppo della<br />
farmacologia è<br />
quello di produrre<br />
metodi di<br />
somministrazione<br />
più accettabili, es.<br />
orale . . .<br />
1.16<br />
La chemioterapia ha quattro obiettivi primari:<br />
● ridurre il volume del tumore prima della chirurgia<br />
● guarire il <strong>cancro</strong><br />
● controllare la malattia (arrestare la diffusione)<br />
● azione palliativa (alleviare i sintomi e migliorare la qualità di vita generalmente senza<br />
prolungare la sopravvivenza).<br />
Generalmente la chemioterapia può essere somministrata in situazioni/stati diversi:<br />
● neoadiuvante, es. prima della chirurgia per malattia primaria, viene usata per ridurre il<br />
volume di un grosso tumore e far si che possa essere rimosso con maggior sicurezza e<br />
minor ampiezza chirurgica<br />
● adiuvante, es. dopo chirurgia o radioterapia per un tumore primario, viene usata per<br />
prevenire una ripresa o per distruggere le cellule restate nell’organismo dopo la chirurgia o<br />
la radioterapia<br />
● primaria, è il trattamento primario per malattie quali il linfoma o la leucemia per le quali la<br />
chirurgia non può essere un’opzione<br />
● per metastatizzazione, dove la chemioterapia è usata per guarire la malattia, prevenire la<br />
diffusione o nella palliazione dei sintomi dipende dal tipo di malattia e dalla diffusione delle<br />
metastasi. Parecchi cicli di terapia possono essere somministrati a pazienti con metastasi,<br />
con una terapia di prima linea come scelta iniziale e con la terapia considerata più<br />
efficace, per poi passare ad una di seconda linea e ad ulteriori quando la terapia di prima<br />
linea fallisce o c’è una ripresa di malattia.<br />
La chemioterapia può essere somministrata attraverso una moltitudine di vie dipende<br />
dall’agente e dalla posizione del tumore:<br />
● intravenosa<br />
● orale<br />
● topica<br />
● intramuscolare<br />
● sottocutanea<br />
● intra-arteriosa<br />
● intrapleurale<br />
● intraperitoneale<br />
● intravescicale<br />
● intratecale<br />
● intralesionale.<br />
Di queste la via intravenosa è la più comune. I farmaci chemioterapici somministrati per questa<br />
via generalmente influiscono su tutto il corpo, distruggendo le cellule tumorali ma anche le<br />
cellule normali durante la divisione attiva. Perciò uno degli obiettivi nello sviluppo della<br />
farmacologia è quello di produrre metodi di somministrazione più accettabili, es. orale, o che<br />
limiti l’attività del farmaco alla parte del corpo affetta da tumore, es. somministrazione intraarteriosa<br />
nella somministrazione per i tumori epatici e intratecale nella somministrazione per i<br />
tumori del sistema nervoso centrale (CNS).
Limitazioni nella chemioterapia oncologica<br />
Poiché gli agenti chemioterapici agiscono su tutte le cellule a divisione (turn-over) rapida e non<br />
solo su quelle che sono tumorali, essi possono anche danneggiare le cellule normali a rapida<br />
divisione specialmente le cellule epiteliali. Le cellule normali che si dividono rapidamente<br />
includono le cellule da follicoli piliferi, le cellule del sistema riproduttivo e del tratto<br />
gastrointestinale e le cellule del midollo osseo.<br />
Midollo osseo<br />
Follicoli piliferi<br />
Tratto gastrointestinale<br />
Organi riproduttivi<br />
Figura 1.4. Il diagramma illustra le varie cellule sane che proliferano, nella norma, attivamente e che<br />
vengono danneggiate dagli effetti collaterali della chemioterapia.<br />
1<br />
1.17
1<br />
Spesso è la<br />
combinazione di<br />
uno o più effetti<br />
collaterali che<br />
limita la singola<br />
dose o la dose<br />
comulativa di<br />
chemioterapia che<br />
può essere<br />
somministrata.<br />
terapie<br />
oncologiche più<br />
specifiche che<br />
siano dirette<br />
esclusivamente alle<br />
cellule tumorali,<br />
mentre<br />
risparmierebbero<br />
le normali cellule<br />
sane, sarebbero<br />
meno tossiche per<br />
il paziente e<br />
impiegherebbero<br />
quindi meno<br />
risorse.<br />
1.18<br />
Questo spiega alcuni effetti collaterali della chemioterapia:<br />
● la soppressione del midollo osseo (diminuzione della conta cellulare dei globuli rossi,<br />
bianchi e delle piastrine) porta ad avversi effetti collaterali e ad infezioni<br />
● perdita di capelli<br />
● perdita di appetito e di peso<br />
● stomatiti ed esofagiti.<br />
Inoltre con l’uso di sostanze chemioterapiche si può andare incontro ad effetti collaterali che<br />
includono:<br />
● cambiamenti nel gusto<br />
● nausea e vomito<br />
● costipazione<br />
● diarrea<br />
● astenia<br />
● danni cardiaci<br />
● modificazioni a livello del sistema nervoso centrale<br />
● danni polmonari<br />
● danni al sistema riproduttivo<br />
● danni epatici<br />
● danni renali e del sistema emuntore.<br />
Spesso è la combinazione di uno o più effetti collaterali che limita la singola dose o la dose<br />
comulativa di chemioterapia che può essere somministrata. Sono state adottate varie strategie<br />
per intensificare o massimizzare il quantitativo di agenti chemioterapici che possono essere<br />
somministrati per aumentare le probabilità di un effetto terapeutico favorevole sul <strong>cancro</strong>. La<br />
tossicità può essere limitata adottando interventi quali la somministrazione di farmaci<br />
antiemetici e l’utilizzo di citochine per stimolare la produzione di cellule dei globuli rossi e<br />
bianchi. Anche se la tossicità rimane la più grande barriera al quantitativo di farmaco che può<br />
essere somministrato. Le stesse considerazioni possono essere applicate alla radioterapia.<br />
Inoltre a causa di un bisogno di assistenza intensiva al paziente per far si che la tossicità<br />
venga mantenuta all’interno di limiti accettabili, la chemioterapia impegna parecchio tempo di<br />
assistenza infermieristica e disperde risorse economiche limitate. Così, terapie oncologiche più<br />
specifiche che siano dirette esclusivamente alle cellule tumorali, mentre risparmierebbero le<br />
normali cellule sane, sarebbero meno tossiche per il paziente e impiegherebbero quindi meno<br />
risorse.<br />
Terapia biologica (immunoterapia)<br />
Per terapia biologica o immunoterapia si intende ogni terapia basata su componenti del<br />
sistema immunitario, il meccanismo di difesa corporeo naturale contro le malattie. È destinato a<br />
colpire più specificatamente le cellule tumorali che non la chemioterapia o altri agenti che<br />
generalmente tendono a agire sia sui tessuti tumorali che sani. La terapia biologica è perciò<br />
l’uso di trattamenti che promuovono o supportano le risorse immunitarie corporee o l’uso di<br />
base di componenti del sistema immunitario in modo da uccidere le cellule tumorali o reprimere<br />
la crescita della malattia. Una descrizione dettagliata degli sviluppi della terapia biologica è<br />
fornita nel Modulo 6.
Sommario<br />
È’ chiaro che le misure di prevenzione hanno il maggior impatto sull’indice di sopravvivenza<br />
per tumore. Sia la prevenzione primaria che la diagnosi precoce (prevenzione secondaria)<br />
hanno avuto un effetto significativo per il tasso di sopravvivenza a 5 anni negli ultimi decenni.<br />
Importanti risorse economiche e sanitarie sono state altresì impiegate nel trattamento dei tumori<br />
avanzati, che può essere di beneficio a singoli pazienti. Comunque c’è scarsa evidenza di<br />
efficacia di regimi chemioterapici, non-specifici, di prima scelta, sul tasso totale di<br />
sopravvivenza. Questa è una ragione perché si dedichino così tante ricerche e indagini verso<br />
specifici obiettivi tumorali a terapie che possono essere più efficaci e meno tossiche. I progressi<br />
sono stati ampiamente favoriti dall’avanzamento che si è osservato negli ultimi decenni nella<br />
biologia molecolare e nella genetica. Questi progressi hanno permesso alle terapie tumorali di<br />
essere dirette agli errori molecolari che sono specifici per le cellule tumorali.<br />
I prossimi moduli di questa risorsa vogliono:<br />
● descrivere la normale crescita cellulare e come essa sia controllata<br />
● dettagliare le alterazioni cellulari e le anormalità che derivano da un difetto nel controllo<br />
della crescita cellulare e la produzione di cellule maligne<br />
● spiegare come funziona il sistema immunitario umano e la potenzialità dei componenti del<br />
sistema immunitario utilizzabile per curare il <strong>cancro</strong><br />
● mostrare come queste conclusioni siano state utilizzate nello sviluppo sia delle terapie<br />
<strong>biologiche</strong> mirate che non mirate.<br />
1<br />
1.19
1<br />
1.20<br />
Questionario di autovalutazione<br />
1. Il <strong>cancro</strong> rappresenta un problema sanitario globale ma ci sono varianti internazionali circa<br />
l’incidenza e il tipo di <strong>cancro</strong> associati alla mortalità? Quali fattori influenzano tali<br />
differenze?<br />
2. La prevenzione del <strong>cancro</strong> può essere divisa in primaria, secondaria e terziaria. Per<br />
piacere fai quattro esempi che possono essere usati per le misure di prevenzione primaria,<br />
tre per la secondaria e due per la terziaria.<br />
3. Le opzioni di trattamento oncologico dipendono dallo stadio del tumore. Per piacere<br />
identifica e definisci tre obiettivi principali degli interventi chirurgici.<br />
4. Altre opzioni di trattamento per il <strong>cancro</strong> comprendono la radioterapia, l’ormonoterapia e<br />
la chemioterapia. Definisci brevemente e sottolinea gli intenti principali di ciascun<br />
approccio e identifica alcuni effetti collaterali comuni per ciascuna terapia.<br />
5. Descrivi gli approcci per migliorare la specificità e l’obiettivo delle terapie antiblastiche.<br />
Le risposte a queste domande sono a pag. 8.1.
Introduzione<br />
Modulo 2. Controllo della crescita cellulare e <strong>cancro</strong><br />
Per capire come il <strong>cancro</strong> si sviluppa e per disporre approcci razionali di trattamento a questa<br />
patologia, è necessario capire sia il lavoro interno alle cellule che le interazioni tra ed intracellulari.<br />
Le cellule tumorali proliferano (si sviluppano rapidamente) a dispetto dei normali<br />
meccanismi di controllo e posseggono caratteristiche speciali che permettono loro di invadere<br />
e colonizzare i tessuti circostanti.<br />
Questo modulo fa il punto sul normale processo di replicazione o divisione cellulare e sui<br />
meccanismi che lo controllano. I normali controlli sulla replicazione cellulare sono forniti da un<br />
apparato di importanti fattori che procurano alle cellule segnali proliferativi o antiproliferativi. I<br />
fattori di crescita che si legano ai corrispettivi recettori, sono particolarmente importanti per<br />
marcare le molecole. Il loro ruolo nella proliferazione e crescita cellulare è dibattuto. Anche le<br />
caratteristiche fisiche come l’ancoraggio cellulare a una “base” e l’invecchiamento cellulare<br />
hanno un ruolo nel controllo della proliferazione e le loro caratteristiche vengono descritte in<br />
questo capitolo.<br />
La conoscenza di questi processi che controllano la normale proliferazione cellulare e<br />
garantiscono che il normale sviluppo delle cellule sane sia mantenuto nel corpo, è vitale per<br />
capire lo sviluppo del <strong>cancro</strong>. Cambiamenti che agiscono per sopraffare questi meccanismi di<br />
controllo e che producono abnormi proliferazioni cellulari sono descritti nei moduli successivi.<br />
2<br />
2.1
2<br />
2.2<br />
Questionario di autovalutazione<br />
1. Quali caratteristiche distinguono le cellule tumorali dalle cellule normali?<br />
2. Il ciclo cellulare è una sequenza ordinata di eventi attraverso i quali le cellule raddoppiano<br />
il contenuto intracellulare e si duplicano. Quali sono gli obiettivi del ciclo cellulare?<br />
3. La mitosi permette la proliferazione cellulare mantenendo il corretto numero diploide di<br />
cromosomi in ciascuna cellula. Spiega come i cromosomi da un ovulo e dallo spermatozoo<br />
sono capaci di combinarsi mantenendo un corretto numero di cromosomi.<br />
4. Il ciclo cellulare è ben coordinato da punti di controllo e da fattori biochimici e fisici che<br />
influenzano il ciclo. Definisci e descrivi il ruolo dei fattori di crescita e di ancoraggio nel<br />
controllo del ciclo cellulare.<br />
Le risposte a queste domande si trovano a pag. 8.3.
Visione complessiva della replicazione cellulare<br />
Introduzione<br />
La divisione cellulare, la crescita, la differenziazione e la morte cellulare programmata<br />
(apoptosi) sono tutti elementi importanti del normale funzionamento cellulare. Le cellule tumorali<br />
hanno due caratteristiche che le distinguono dalle cellule normali.<br />
● Proliferano (crescono rapidamente) a dispetto dei normali controlli. Questo tipo di crescita è<br />
descritto come neoplastico.<br />
● Hanno speciali caratteristiche che consentono loro di invadere e colonizzare i tessuti<br />
circostanti, con significato di malignità cellulare.<br />
La maggioranza delle cellule del corpo sono cellule eucariote, o cellule che contengono un<br />
nucleo (figura 2.1). Eccezioni includono eritrociti maturi. All’interno del nucleo si trovano i<br />
cromosomi, che sono la formula per costruire la base (matrice) della vita, es. essi contengono le<br />
informazioni necessarie a fornire la sintesi di un vasto spettro di proteine. Le proteine sono<br />
essenziali alla formazione delle cellule per il controllo di tutti i processi cellulari e per la<br />
regolazione dell’interazione intercellulare.<br />
Strati<br />
lipidici<br />
Lisozomi<br />
'Pompa' (delle)<br />
Recettore proteine<br />
Membrana plasmatica<br />
Nucleo<br />
Microtubli<br />
Citoplasma<br />
Cromosoma<br />
Reticolo<br />
endoplasmatico<br />
Mitocondri<br />
Figura 2.1. Struttura base di una cellula che mostra le principali strutture cellulari.<br />
La cellula umana possiede 46 cromosomi (22 paia di autosomi più un paio di cromosomi del<br />
sesso) (figura 2.2). Le cellule che contengono due serie di cromosomi omologhi e logicamente<br />
due coppie di ogni gene sono descritte come diploidi. Ogni cromosoma comprende due lunghi<br />
filamenti a spirale stretta di DNA (acido desossiribonucleico) che si avvolgono assieme a<br />
formare il DNA a doppia elica (figura 2.3). Il DNA è formato da quattro differenti basi<br />
(adenina, citosina, timina e guanina) che si accoppiano con legame debole a formare coppie<br />
di basi. Queste basi sono l’unità fondamentale del codice genetico essendo le loro sequenze<br />
intrinseche alla corretta formazione di migliaia di geni che stanno lungo la lunghezza della<br />
molecola di DNA. I geni sono corti tratti di DNA responsabili dell’ereditarietà somatica quale il<br />
colore degli occhi e dei capelli e, più importante, della composizione e funzione di tutte le<br />
cellule.<br />
2<br />
La cellula umana<br />
possiede 46<br />
cromosomi.<br />
2.3
2<br />
2.4<br />
1–3 4–5 1–3 4–5<br />
6–12 6–12<br />
13–15 16–18 13–15 16–18<br />
19–20 21–22 X–X 19–20 21–22 X–Y<br />
Donna<br />
Figura 2.2. L’insieme completo dei 46 cromosomi umani.<br />
Braccio corto<br />
Centromero<br />
Braccio lungo<br />
Cromosoma<br />
Figura 2.3. Diagramma schematico di un cromosoma umano con indicata la struttura a doppia elica<br />
del DNA.<br />
Per trasmettere queste caratteristiche fisiche alla discendenza e continuare il rinnovo cellulare<br />
per mantenere l’equilibrio tra la crescita cellulare e la morte all’interno del corpo tutte le cellule<br />
subiscono un processo di replicazione del DNA e di divisione cellulare<br />
Il ciclo cellulare<br />
Ciclo cellulare è il nome dato alla sequenza ordinata di eventi attraverso i quali una cellula<br />
duplica il suo contenuto e si divide in due. Negli adulti la divisione cellulare è essenziale, dove<br />
il ciclo cellulare serve a sostituire quelle cellule che si sono perse per normale usura, rottura o a<br />
causa della morte cellulare programmata (apoptosi). Questo, per mantenere lo status quo in<br />
termine di numero cellulare, un uomo adulto deve produrre parecchi milioni di cellule ogni<br />
secondo.<br />
Vomo<br />
DNA
Gli obiettivi del ciclo cellulare sono:<br />
● produrre due cellule figlie identiche geneticamente replicando (copiando) accuratamente il<br />
DNA dei cromosomi delle cellule genitrici<br />
● distribuire equamente i cromosomi tra le due cellule figlie<br />
● duplicare il contenuto citoplasmatico.<br />
Queste necessità che significano una serie complessa di eventi nucleari e citoplasmatici devono<br />
essere coordinate reciprocamente durante il ciclo cellulare. La sequenza degli eventi che<br />
comprende il ciclo cellulare è illustrato nella figura 2.4.<br />
Figura 2.4. Ciclo cellulare.<br />
Punto di<br />
Limitazione<br />
Fase-G1<br />
(tra la mitosi e<br />
la sintesi del DNA)<br />
Mitosi<br />
(divisione cellulare)<br />
Fase S<br />
(sintesi del DNA)<br />
Fase G2<br />
(tra la fase S e la<br />
mitosi)<br />
Meccanismo della divisione cellulare<br />
Durante il ciclo cellulare, le cellule si sviluppano, si preparano alla divisione e si dividono per<br />
produrre due identiche cellule figlie che contengano le stesse informazioni genetiche della<br />
cellula genitrice. Quattro fasi distinte compongono il ciclo cellulare:<br />
● G1 (Gap 1)<br />
● S (Sintesi)<br />
● G2 (Gap 2)<br />
● M (Mitosi).<br />
G1, S e G2 sono raggruppate sotto la comune definizione di interfase che avviene prima<br />
della mitosi. Quando una cellula entra nella fase S è destinata normalmente a procedere nella<br />
fase G2 ed a dividersi con la mitosi.<br />
Il ciclo comincia a G1, un periodo di preparazione durante il quale sono raccolti tutti i<br />
componenti necessari alla divisione cellulare. La replicazione del DNA o duplicazione del<br />
DNA (così nominato perché il quantitativo di DNA è duplicato) avviene nella fase S o fase di<br />
sintesi. Anche le informazioni della cromatina (compresi gli istoni [proteine somatiche caricate]<br />
2<br />
2.5
2<br />
2.6<br />
e altre proteine combinate con il DNA) hanno luogo durante la fase S. La cromatina contiene<br />
due serie identiche di cromosomi (cromatidi). Dopo la fase S le cellule entrano nella G2, un<br />
periodo di crescita cellulare e metabolismo, dopo il quale la cellula procede alla fase M o fase<br />
di divisione cellulare. Questa fase è quella finale del ciclo cellulare e coinvolge la divisione<br />
nucleare con un processo chiamato mitosi, seguito da una divisione citoplasmatica.<br />
Mitosi<br />
La mitosi è lo stadio di divisione nucleare della fase M nel ciclo cellulare. Durante la mitosi è<br />
essenziale che la cellula acquisisca un totale di 46 cromosomi, es. ogni cellula figlia dovrebbe<br />
ricevere due copie di ciascun cromosoma (stato diploide). Al fine di semplificare la nostra<br />
comprensione dell’attività coinvolta nella mitosi il processo è diviso in quattro passaggi<br />
profase, metafase, anafase e telofase.(Figura 2.5)<br />
Interfase Profase anticipatoria<br />
Metafase<br />
Figura 2.5. Illustrazione delle fasi della mitosi.<br />
Profase (fase iniziale)<br />
Profase tardiva<br />
Anafase Telofase<br />
A seguito della replicazione di ciascun cromosoma nella fase S del ciclo cellulare i singoli<br />
cromosomi iniziano a sbrogliarsi e diventano più distinti. Ogni cromosoma si contrae diventa<br />
più corto e strettamente avvolto prendendo l’apparenza di un doppio filamento che lo rende<br />
invece più visibile. A questo stadio ogni cromosoma consta di due parti longitudinali identiche,<br />
i cromatidi. Questi sono uniti da una struttura chiamata centromero. Verso la fine della profase<br />
la membrana nucleare si rompe e il nucleo cellulare scompare.<br />
Metafase (fase mediana)<br />
Durante questa forma intermedia i fusi nucleari o microtubuli diventano sporgenti. Questi fusi<br />
sono polimeri che formano lo scheletro della cellula e sono coinvolti nel guidare i movimenti<br />
delle strutture cellulari. Durante la metafase essi cominciano ad avvicinarsi al centro di ciascun<br />
nucleo e si estendono all’esterno verso i poli. Mentre questi fusi non si uniscono di fatto nel<br />
nucleo e, nel centro del nucleo c’è una considerevole sovrapposizione. Nella metafase<br />
primaria i cromosomi sembrano muoversi e alla fine allinearsi in un piano ad angoli retti<br />
rispetto ai fusi (piano di metafase). I cromosomi sono tirati verso i fusi e si attaccano ai loro<br />
centromeri.
Anafase (continuazione della fase mediana)<br />
All’inizio dell’anafase i centromeri uniscono i due cromatidi di ciascun cromosoma separato e il<br />
singolo cromatide acquista l’aspetto di una V. Da questo momento ciascun cromatide si<br />
comporta come un singolo cromosoma. I due cromatidi da un cromosoma sono attirati agli<br />
opposti poli della cellula, con la punta della V che guarda ai poli.<br />
Telofase (fase finale)<br />
Durante la telofase scompaiono i fusi e si forma una membrana nucleare attorno alle due serie<br />
di cromosomi. i cromosomi poi si srotolano e si aggrovigliano nella cromatina. Le due cellule<br />
figlie contengono lo stesso numero di cromosomi e ciascuna è una copia identica della cellula<br />
genitrice originale. Una volta che tali processi sono completati, il ciclo cellulare inizia ancora<br />
dallo stadio di interfase.<br />
Meiosi<br />
Il ruolo della mitosi è di facilitare la proliferazione cellulare mentre si mantiene il numero<br />
corretto (46) di cromosomi in ogni nucleo (diploidismo). La riproduzione sessuale coinvolge la<br />
fusione e il ricombinamento dei geni da due individui per produrre cellule che differiscono<br />
geneticamente da quelle di entrambi i genitori. Combinando due cellule diploidi si<br />
raddoppierebbe il numero dei cromosomi a 92. Per quanto questo è evitato dal processo di<br />
meiosi che avviene solo negli organi riproduttivi che generano ovuli e spermatozoi.<br />
La meiosi comprende due successive divisioni della cellula e del nucleo ma avviene solo un<br />
raddoppio di DNA, così producendo quattro cellule aploidi da una cellula diploide iniziale.<br />
Questo significa che ogni cellula figlia ha 23 cromosomi. E quando uno spermatozoo fertilizza<br />
l’ovulo si ristabilisce il numero diploide di cromosomi per cellula (46).<br />
Questo ciclo cellulare e di divisione nucleare differiscono l’un l’altra e sono così citate come<br />
meiosi I e meiosi II. Anche se la meiosi I e II sono divise nelle stesse quattro categorie come la<br />
mitosi:<br />
profase I, metafase I, anafase I, telofase I, seguite da<br />
profase II, metafase II, anafase II, e telofase II.<br />
Meiosi I<br />
Come con la mitosi, la meiosi I (figura 2.6) comincia allo stadio G1 nel periodo di tempo che<br />
le cellule preparano la divisione. La maggioranza del DNA è sintetizzato nel primo periodo di<br />
profase della meiosi I.<br />
Profase I<br />
La profase I della meiosi è diversa dalla profase della mitosi nel punto dei cromosomi omologhi<br />
ciascuno fatto di due cromatidi appaiati. Questi cromosomi appaiati appaiono come una<br />
tetrade di quattro cromatidi con incroci tra i cromatidi dei cromosomi appaiati e che aiutano a<br />
tenere assieme le coppie. A questo punto la coppia di cromosomi è associata con la<br />
membrana nucleare. Comunque, poiché la membrana nucleare si rompe, fusi simili a quelli<br />
visti nello stadio di mitosi e i cromosomi iniziano a migrare verso una posizione mediana tra i<br />
poli della cellula (piano metafase). La profase I occupando quasi il 90% della durata totale<br />
della meiosi è il periodo più lungo della meiosi. Per questa ragione viene talvolta sotto-divisa in<br />
leptotene, zigotene, pachitene, diplotene e diacinesi. Questi termini descrivono vari stadi<br />
sottoindicati.<br />
2<br />
2.7
2<br />
2.8<br />
Profase anticipatoria I<br />
Profase tardiva I<br />
Metafase<br />
Anafase anticipatoria I<br />
Figura 2.6. Illustrazione delle fasi della meiosi I.<br />
Metafase I<br />
I paia di cromosomi sono sistemati sul piano di metafase. I due cromosomi formano ciascuno<br />
una coppia attaccati ai filamenti dei poli opposti al nucleo in preparazione per l’anafase I.<br />
Anafase I<br />
Durante l’anafase I i cromosomi sono attirati ai poli. In contrasto con la mitosi i cromatidi<br />
rimangono attaccati al centromero e si muovono come una sola unità. Così i cromosomi<br />
analoghi viaggiano verso i poli opposti della cellula col risultato che il numero dei cromosomi<br />
in ciascun nucleo neoformato è la metà di quelli della cellula madre.<br />
Telofase I<br />
Si forma una membrana cellulare attorno a ciascuno dei due gruppi di cromosomi nel nucleo.<br />
Come detto sopra i due nuclei così formati contengono un numero aploide di cromosomi.<br />
Perciò nelle cellule umane spermatogeniche per esempio, i 46 cromosomi sono divisi lasciando<br />
23 cromosomi in ciascuna cellula figlia. Comunque è importante notare che questi cromosomi<br />
contengono ciascuno due cromatidi.<br />
Seguendo le informazioni dei due nuclei le cellule si dividono a formare due cellule figlie.<br />
Meiosi II<br />
È simile alla mitosi (figura 2.5) ma le cellule coinvolte sono aploidi e non diploidi.<br />
Profase II<br />
I filamenti nel nucleo e i cromosomi iniziano a muoversi verso il piano di metafase.<br />
Metafase II<br />
I cromosomi si allineano sul piano di metafase con i cromatidi orientati verso i poli opposti del<br />
nucleo. È importante notare che in questo momento ciascuno dei 23 cromosomi è separato.<br />
Anafase II<br />
Anafase tardiva I<br />
I centromeri si dividono e i due cromatidi che formano ciascuno un cromosoma sono attirati ai<br />
poli opposti.
Telofase II<br />
Infine le membrane nucleari si formano intorno ai cromatidi, che ora stanno ai poli e possono<br />
essere considerati cromosomi. La cellula si divide a formare due cellule figlie aploidi.<br />
In questo modo la meiosi produce quattro cellule figlie da una cellula madre originale (due<br />
cellule figlie sono formate nella meiosi II). Ciascuna cellula figlia contiene un numero aploide di<br />
cromosomi. Queste dovrebbero essere confrontate alle due cellule diploidi figlie formate dalla<br />
mitosi (figura 2.7).<br />
Meiosi I<br />
Cromosomi<br />
omologhi sono<br />
divisi sul piano di<br />
metafase<br />
Meiosi II<br />
Divisioni<br />
cellulare<br />
Replicazione<br />
del DNA<br />
Cromosomi<br />
omologhi si appaiano<br />
sul piano di metafase<br />
Divisioni<br />
cellulare<br />
Figura 2.7. Confronto tra mitosi e meiosi.<br />
Meiosi<br />
Mitosi<br />
4 cellule aploidi figlie 2 cellule diploidi figlie<br />
2<br />
2.9
2<br />
2.10<br />
L’importanza della mitosi e della meiosi<br />
Un corretto funzionamento della replicazione cellulare e dunque della mitosi e meiosi è<br />
essenziale al mantenimento della funzionalità e alla salute di un organo. Così è vitale che i<br />
processi che controllano la replicazione cellulare funzionino normalmente per mantenere<br />
l’equilibrio tra le cellule morte e la generazione di nuove cellule. Ogni disfunzione in questo<br />
controllo può condurre a disfunzioni e morte dell’organo se l’equilibrio volge a favore della<br />
morte cellulare, o verso il <strong>cancro</strong>, se accresce la replicazione. Questi processi di controllo sono<br />
descritti nella sessione seguente.<br />
Fattori e percorsi coinvolti nel controllo della replicazione<br />
cellulare<br />
Il sistema di controllo nel ciclo cellulare<br />
La sequenza degli eventi del ciclo cellulare sono governati dal sistema di controllo dello stesso,<br />
che ciclicamente avvia i processi essenziali di riproduzione cellulare come il raddoppio del<br />
DNA e la segregazione cromosomica. Una serie di proteine, incluse le proteino-chinasi, i fattori<br />
di crescita e i loro recettori, interagiscono per indurre e coordinare i processi essenziali che<br />
duplicano e dividono i contenuti cellulari. Ciò coinvolge stimolazioni o inibizioni dell’attività<br />
dei geni nel nucleo cellulare, che poi esercita un effetto attraverso la produzione di proteine.<br />
Punti critici di controllo e di input per le informazioni regolatorie del sistema di controllo del<br />
ciclo cellulare che assicurano che la riproduzione cellulare si svolga regolarmente. Ricadute<br />
dal ciclo cellulare possono impedire al sistema di controllo di passare attraverso certi specifici<br />
punti limitativi. Nei mammiferi, il punto più importante di attrazione nel ciclo cellulare è<br />
nell’ultimo stadio di G1 ed è conosciuto come “start” (fig. 2.8). Un errore in questo punto di<br />
controllo o la possibilità di acquisire caratteristiche che permettano a questo punto di “start” di<br />
essere sopraffatto è importante nello sviluppo del <strong>cancro</strong>. In più al punto “start” fattori fisici<br />
come l’ancoraggio cellulare e la senescenza (vedi pagine 2.14–2.15) influenzano il ciclo<br />
cellulare e hanno anche un ruolo nello sviluppo del <strong>cancro</strong>.<br />
Da G2 a M<br />
Figura 2.8. Check-point nel ciclo cellulare.<br />
Sintesi<br />
del DNA<br />
Anafase<br />
M<br />
G2 G1<br />
S<br />
Partenza o punto R<br />
Da G1 a S<br />
G0 (quiescenza)
Punti di controllo<br />
Perno del corretto funzionamento del sistema di controllo del ciclo cellulare sono due famiglie<br />
di proteine:<br />
● sottoelemento della proteinochinasi chiamato proteinochinasi ciclino-dipendente (Cdk)<br />
● attivatore delle proteine chiamate cicline.<br />
Le cicline si legano alle molecole Cdk e controllano le loro capacità di legarsi a gruppi fosfati<br />
e così attivare le appropriate proteine bersaglio (figura 2.9). Queste due famiglie proteiche<br />
formano proteine complesse di combinazioni diverse che esercitano il controllo sul ciclo<br />
cellulare attraverso la loro attività chinasica (attività enzimatica che controlla la fosforilazione)<br />
che vengono accese o spente improvvisamente in particolari punti del ciclo cellulare. Così,<br />
queste proteine complesse forniscono un feed-back circa il progresso del ciclo cellulare<br />
assicurando che le cellule completino un ciclo prima di iniziare il seguente.<br />
Ciclina<br />
Ciclina<br />
degradata<br />
G 2<br />
S<br />
Attivita<br />
chinasica<br />
P<br />
M<br />
P<br />
Attivita<br />
chinasica<br />
G 1<br />
Cdk<br />
Ciclina<br />
Ciclina<br />
degradata<br />
Figura 2.9. Attività del Cdk e delle molecole di ciclina nel controllo del ciclo cellulare.<br />
Oltre al Cdk e alle cicline operano parecchi altri feed-back di controllo per contenere il sistema<br />
regolatore del ciclo cellulare. Un altro importante punto di controllo (p53) sta nell’azione per<br />
impedire a cellule con DNA danneggiato di iniziare la mitosi fino a che il danno non sia<br />
riparato. Nei mammiferi una proteina chiamata p53 si accumula nella cellula in risposta al<br />
danno sul DNA inducendo a una interruzione nel ciclo cellulare in G1. Come discusso nel<br />
Modulo 3, le mutazioni nel gene che codifica la proteina p53 giocano un ruolo significante<br />
nello sviluppo del <strong>cancro</strong>. Questo sembra avvenire per l’invalidamento del controllo di feedback<br />
così che la frequenza di alterazioni genetiche promuovono l’insorgenza del <strong>cancro</strong>.<br />
Fattori di crescita<br />
Perché le cellule dei mammiferi possono cresce e dividersi devono ricevere specifici segnali<br />
positivi da altre cellule. Molti di questi segnali sono fattori di crescita proteici che si legano ai<br />
recettori complementari nella membrana plasmatica a stimolare la proliferazione cellulare.<br />
Questi segnali positivi funzionano annullando i controlli intracellulari negativi che altrimenti<br />
frenerebbero la crescita e fermerebbero l’attività del sistema di controllo del ciclo cellulare. Se<br />
2<br />
2.11
2<br />
per la replicazione<br />
cellulare è<br />
necessario un<br />
“cocktail” specifico<br />
o una<br />
combinazione di<br />
fattori di crescita.<br />
Gli ormoni sono<br />
secreti dalle cellule<br />
(ghiandole)<br />
endocrine e<br />
giocano un ruolo<br />
importante nella<br />
stimolazione della<br />
divisione delle<br />
cellule ormonodipendenti<br />
di<br />
organi . . .<br />
2.12<br />
cellule coltivate sono cresciute in assenza di siero esse entrano in un ciclo cellulare statico dove<br />
il sistema di controllo del ciclo cellulare è disabilitato a causa del sorpasso del punto di<br />
controllo G.1. Questa fase di stasi è conosciuta come G0. E questo comportamento cellulare è<br />
stato mostrato essere indotto dall’assenza di fattori di crescita. I fattori di crescita<br />
comprendono:<br />
● proteine<br />
● polipeptidi (sub-unità proteiche)<br />
● ormoni steroidei.<br />
I fattori di crescita si possono trovare circolanti nel sangue o vicino a cellule che li hanno<br />
secreti, dove sono tipicamente presenti a concentrazioni molto basse. Al contrario il siero è una<br />
sorgente relativamente ricca di fattori di crescita. A tutt’oggi sono stati identificati 50 fattori di<br />
crescita, alcuni dei più importanti sono presentati nella Tavola 2.1. I fattori di crescita possono<br />
essere suddivisi in classi a ampia o ristretta specificità. Quelli ad ampia specificità che<br />
appartengono alla famiglia dei fattori di crescita epidermici influenzano la crescita di molti tipi<br />
di cellule diverse. Il fattore di crescita dell’eritropoietina che induce solo la proliferazione dei<br />
precursori dei globuli rossi, è un recettore a ristretta specificità.<br />
Tipicamente per la replicazione cellulare è necessario un “cocktail” specifico o una<br />
combinazione di fattori di crescita. I fattori di crescita funzionano per controllare la<br />
sopravvivenza, la differenziazione, la migrazione o il funzionamento delle cellule dipendenti<br />
dalla circostanza predominante. Studi hanno dimostrato che cellule vicine competono per i<br />
fattori di crescita e che la densità cellulare è limitata dalla concentrazione dei fattori di crescita.<br />
I geni che inducono i fattori di crescita si definiscono in due categorie: geni a risposta<br />
anticipata e geni a risposta ritardata. I geni a risposta anticipata sono prodotti entro 15 minuti<br />
dalla stimolazione dei fattori di crescita e non necessitano sintesi proteica. I geni a risposta<br />
anticipata meglio studiati sono i proto-oncogeni myc (implicati come un fattore causale nel<br />
linfoma di Burkitt e nei tumori polmonari, mammari e della cervice), fos (codificano una<br />
trascrizione di fattori che lavorano con il prodotto del proto-oncogene giovane per cambiare il<br />
tasso di trascrizione di certi altri geni). In contrasto geni a risposta ritardata sono prodotti<br />
almeno un’ora dopo la stimolazione dei fattori di crescita e necessitano della sintesi proteica. I<br />
fattori che inducono questi geni a risposta ritardata sembrano essere prodotti da geni a<br />
risposta anticipata, i quali come indicato sopra, spesso hanno funzione regolatrice. I geni a<br />
risposta ritardata includono quelli codificati come proteine Cdk e parecchie cicline, tutti sono<br />
coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare.<br />
Ormoni come fattori di crescita<br />
Gli ormoni sono secreti dalle cellule (ghiandole) endocrine e giocano un ruolo importante nella<br />
stimolazione della divisione delle cellule ormono-dipendenti di organi come seno, endometrio e<br />
ovaie. Un eccessiva stimolazione ormonale è associata con un aumento della divisione<br />
cellulare che in fine può esitare nella formazione di un tumore maligno, in particolare quando<br />
questo effetto è combinato con il cambiamento dell’assetto del DNA di una cellula.<br />
Le citochine sono ormoni polipeptidi prodotti dalle cellule del sistema immunitario. Esse hanno<br />
effetti specifici sulle cellule del sistema immunitario e in comune con altri ormoni, esercitano il<br />
proprio effetto legandosi a specifici recettori della superficie cellulare per indurre dei segnali.<br />
Le citochine funzionano a concentrazioni molto basse e possono agire localmente sia con altri<br />
tipi di cellule (paracrine) o con lo stesso tipo di cellule (autocrine) o sistematicamente<br />
(endocrine). Come discusso nel Modulo 6 gli effetti delle citochine sul sistema immunitario<br />
hanno suggerito il loro uso come strumento terapeutico nel <strong>cancro</strong>.
Tavola 2.1. Proteine, fattori di crescita e loro azione.<br />
Fattore Membri relativi alla famiglia Specificità Effetti determinanti<br />
Fattori di crescita derivati dalle Ampia Stimolano la proliferazione del tessuto connettivale<br />
piastrine (PDGF), tre sottotipi cellulare e di alcune cellule neurogliali.<br />
Fattori di crescita epidermici Fattori di crescita trasformatori di tipo Ampia Stimolano la proliferazione di molti tipi di cellule;<br />
(EGF) (TGF-α) agiscono come segnale induttivo nello sviluppo<br />
embrionale.<br />
Fattori di crescita insulino-simili Fattori di crescita insulino simili II Ampia Promuovono la sopravvivenza cellulare, stimolano<br />
(IGF-1) (IGF-II) insulina; il metabolismo cellulare, collaborano con altri<br />
fattori di crescita a stimolare la proliferazione<br />
cellulare.<br />
I fattori di crescita trasformanti Attivatori di proteine ossee Ampia Rafforzano o inibiscono le risposte della<br />
di tipo β (TFG-β), sottotipi morfogeniche (BMPS) maggioranza delle cellule verso altri fattori di<br />
multipli crescita, dipendenti dal tipo cellulare, regolano la<br />
differenziazione di alcuni tipi cellulari, agiscono<br />
come segnale induttivo nello sviluppo embrionale.<br />
Fattori di crescita dei fibroblasti Ampia Stimolano la proliferazione di molti tipi cellulari,<br />
(FGF), sottotipi multipli inibiscono la differenziazione di vari tipi di cellule<br />
staminali, agiscono come segnale induttivo nello<br />
sviluppo embrionale.<br />
Interleukina-2 (IL-2) Ristretta Stimolano la proliferazione dei linfociti T attivati.<br />
Fattori di crescita dei nervi Fattori neutrofici di derivazione Ristretta Promuovono la sopravvivenza e permettono<br />
(NGF) cerebrale (BDNF); neutrofina-3 il processo di attività nervosa di specifiche classi<br />
(NT-3);neutrofina-4 (NT-4) di neuroni.<br />
Eritropoietina Ristretta Promuovono la proliferazione, differenziazione e<br />
sopravvivenza dei precursori dei globuli rossi.<br />
Fattori stimolanti colonie di Fattori stimolanti le colonie di macrofagi Ristretta Stimolano la proliferazione, differenziazione e<br />
granulociti (G-CSF) (M-CSF), fattori stimolanti le colonie di sopravvivenza dei neutrofili.<br />
granulociti macrofagici (GM-CSF),<br />
interleukina-3 (IL-3)<br />
2<br />
2.13
2<br />
le cellule<br />
rispondono a un<br />
determinato fattore<br />
di crescita solo se<br />
sono presenti le<br />
appropriate<br />
proteine recettrici.<br />
. . . la maggior<br />
parte delle cellule<br />
deve essere<br />
ancorata ad una<br />
base prima di<br />
dividersi.<br />
. . . la probabilità<br />
di una cellula di<br />
entrare in G0 e<br />
divenire inerte<br />
aumenta con il<br />
numero di volte<br />
che la cellula si<br />
divide.<br />
2.14<br />
Recettori dei fattori di crescita<br />
I fattori di crescita esercitano i loro effetti legandosi ai recettori che si trovano sulla superficie<br />
cellulare. Una importante condizione degna di nota è che le cellule rispondono a un<br />
determinato fattore di crescita solo se sono presenti le appropriate proteine recettrici. Quando<br />
è limitata a rilevanti recettori, i fattori di crescita attivano una comunicazione, o segnalazione<br />
percorso che stimola le cellule a rispondere sia con l’espressione che l’inibizione di proteine<br />
riconosciute capaci di controllare la funzionalità cellulare. Come discusso nel Modulo 3 questo<br />
controllo sulla crescita è influenzato dalla capacità dei recettori dei fattori di crescita ad<br />
attivare la cascata di fosforilazione intracellulare che conduce a cambiamenti nell’espressione<br />
genica. I recettori per la maggior parte dei fattori di crescita sono trans-membrane di<br />
proteinochinasi tirosino-specifiche, come ad es. recettori con proteino-chinasi e dunque con<br />
attività molecolo-attivanti, così come i recettori-2 (HER2) fattori di crescita epidermali umani.<br />
Dipendenza d’ancoraggio<br />
Anche fattori fisici influenzano il ciclo cellulare. Per esempio la maggior parte delle cellule deve<br />
essere ancorata ad una base prima di dividersi. Questa dipendenza di ancoraggio è dovuta<br />
ad un controllo di ancoraggio che opera sul punto di controllo G1. È come se i segnali<br />
intracellulari generati nei punti di adesione (es. i punti dove le cellule sono attaccate l’un<br />
l’altra) giochino un ruolo importante nella regolazione del sistema di controllo del ciclo<br />
cellulare in molti tipi cellulari diversi. Questo perché il contatto fisico abilita le cellule a<br />
comunicare reciprocamente. È degno di nota che le cellule nei tumori hanno proprietà<br />
particolari che le rendono un’eccezione alla regola della dipendenza d’ancoraggio. Così esse<br />
possono fuoriuscire dalla matrice extracellulare che le tiene in posizione tanto da migrare dai<br />
fluidi corporali a altre zone del corpo (metastatizzazione) permettendo la formazione di un<br />
tumore secondario (figura 2.10).<br />
Tumore benigno<br />
nell'epitelio<br />
Tessuto<br />
connettivo<br />
Capillare<br />
Lamina<br />
basale<br />
Senescenza cellulare<br />
Il tumore filtra attraverso<br />
la lamina basale<br />
Le cellule tumorali invadono i<br />
capillari e migrano verso altri siti<br />
(metastatizzano)<br />
Figura 2.10. Lo stadio per il quale le cellule sono capaci di fuoriuscire dalla matrice extracellulare e<br />
metastatizza. Copyright, 1999 da Molecular Biology of <strong>the</strong> Cell by Alberts B et al. Riprodotto con<br />
licenza della Routledge, Inc, parte del The Taylor e Francis Group.<br />
La proliferazione cellulare non è solo influenzata dall’ambiente cellulare ma anche dalla storia<br />
delle cellule. Per esempio la probabilità di una cellula di entrare in G0 e divenire inerte<br />
aumenta con il numero di volte che la cellula si divide. Questo è descritto come senescenza o<br />
invecchiamento cellulare. La senescenza cellulare è riflessa nella difficoltà di stabilire culture<br />
permanenti di cellule normali, con fibroblasti, esempio, subire un massimo di 50<br />
raddoppiamenti quando cresce in cultura.
Inoltre la proliferazione rallenta con l’invecchiamento della cultura. Anche se questo non è un<br />
aspetto programmato della formazione genetica della cellula perché diverse cellule dello stesso<br />
tipo all’interno della stessa popolazione smettono di riprodursi in tempi diversi. Si dovrebbe<br />
notare che la probabilità che la riproduzione smetta o aumenti dipende da ciascuna<br />
generazione. Questo fenomeno appare essere in relazione con l’accorciarsi dei telomeri, forse<br />
dovuto ad una deficienza nell’enzima che li produce.<br />
Apoptosi - morte cellulare programmata<br />
La maggior parte delle cellule è programmata alle dipendenze di specifiche serie di segnali per<br />
la sopravvivenza (figura 2.11).<br />
Quando una cellula viene privata degli appropriati segnali di sopravvivenza la cellula attiverà<br />
un programma di suicidio e di autodistruzione. Questo processo è chiamato morte cellulare<br />
programmata o apoptosi. L’apoptosi è anche eseguita da speciali molecole che forniscono un<br />
segnale di morte. I segnali di morte che provengono dall’esterno della cellula sono portati da<br />
vari organuli, all’interno della cellula attraverso un intricato reticolo di molecole che agiscono<br />
B<br />
B<br />
B<br />
A<br />
C<br />
A<br />
C<br />
A<br />
C<br />
D<br />
F<br />
E<br />
G<br />
Sopravvivenza<br />
Divisione<br />
Differenziazione<br />
Morte<br />
Figura 2.11 Segnali extracellulari inducono la sopravvivenza, la divisione la differenziazione e la<br />
da messaggeri. Per esempio la proteina citosolica Bid, porta un segnale di morte dalla<br />
membrana cellulare al mitocondrio permettendo alla membrana esterna mitocondriale di<br />
diventare permeabile permettendo una rapida degradazione cellulare.<br />
2<br />
2.15
2<br />
2.16<br />
Sommario<br />
Le cellule si moltiplicano attraverso un processo strettamente regolato chiamato ciclo cellulare.<br />
La replicazione nucleare e la divisione cellulare sono stadi importanti del ciclo cellulare. Le<br />
cellule che non sono coinvolte nella riproduzione cellulare, es. la maggioranza delle cellule,<br />
aumentano attraverso la mitosi mentre le cellule sessuali crescono con la meiosi. Il controllo del<br />
sistema del ciclo cellulare sorveglia il progresso del ciclo cellulare con un importante punto<br />
limitativo nella fase G1. Le cellule normalmente si trattengono dal proliferare se non ricevono<br />
specifici segnali da altre cellule per agire in tale modo. I fattori di crescita sono molecole<br />
importanti per stimolare la proliferazione cellulare. Inoltre la maggior parte delle cellule devono<br />
essere ancorate ad un substrato prima che si dividano. Diversi tipi di segnale determinano se<br />
una cellula crescerà, si dividerà, si differenzierà o morirà. Nello stato di salute, questi segnali<br />
assicurano che il numero delle cellule sia mantenuto ai livelli necessari per la normale funzione<br />
organica, ecc. Il segnale che induce alla morte cellulare è detto apoptosi, ed è un modo<br />
normale per mantenere l’appropriato numero cellulare.
Questionario di autovalutazione<br />
1. Quali caratteristiche distinguono le cellule tumorali dalle cellule normali?<br />
2. Il ciclo cellulare è una sequenza ordinata di eventi attraverso i quali le cellule raddoppiano<br />
il contenuto intracellulare e si duplicano. Quali sono gli obiettivi del ciclo cellulare?<br />
3. La mitosi permette la proliferazione cellulare mantenendo il corretto numero diploide di<br />
cromosomi in ciascuna cellula. Spiega come i cromosomi da un ovulo e dallo spermatozoo<br />
sono capaci di combinarsi mantenendo un corretto numero di cromosomi.<br />
4. Il ciclo cellulare è ben coordinato da punti di controllo e da fattori biochimici e fisici che<br />
influenzano il ciclo. Definisci e descrivi il ruolo dei fattori di crescita e di ancoraggio nel<br />
controllo del ciclo cellulare.<br />
Le risposte a queste domande si trovano a pag. 8.3.<br />
2<br />
2.17
Introduzione<br />
Modulo 3. Basi genetiche dello sviluppo tumorale<br />
Comprendere le componenti molecolari e genetiche delle cellule è importante per capire le<br />
basi dello sviluppo tumorale. Così questo modulo inizia con un ripasso della genetica, e su<br />
come i geni specifichino e dirigano la produzione di proteine attraverso le quali essi possono<br />
avere il loro risultato.<br />
Su questa linea si sviluppa la discussione verso i meccanismi di mutazione genetiche e la<br />
valutazione che queste mutazioni hanno nello sviluppo del <strong>cancro</strong>. La crescita tumorale inizia<br />
con una mutazione (un cambio strutturale nel DNA di una cellula). Anche se si crede che<br />
queste mutazioni strutturali avvengano frequentemente, le cellule che recano mutazioni sono<br />
generalmente distrutte dal sistema di controllo fisiologico prima che si possano dividere e<br />
replicare. Il <strong>cancro</strong> si sviluppa quando queste cellule abnormi sopravvivono e riescono a<br />
riprodursi in un quantitativo sufficiente a provocare la malattia.<br />
Le cellule tumorali sono caratterizzate dalla loro capacità di moltiplicarsi senza alcuna<br />
limitazione, e a diffondersi o metastatizzare dal tumore primario verso altre parti del corpo<br />
attraverso il sistema circolatorio o linfatico. Tradizionalmente il <strong>cancro</strong> è considerato essere una<br />
malattia della proliferazione cellulare. Anche se, ora appare evidente che l’importanza sta nel<br />
bilancio tra divisione cellulare e morte cellulare (apoptosi). Quindi il <strong>cancro</strong> può risultare da:<br />
● incontrollata divisione cellulare<br />
● deficit del meccanismo soppressivo<br />
● una combinazione dei due.<br />
In particolare il cambio genetico nel DNA cellulare può risultare da una scorretta sostituzione<br />
di un paio di basi con un altro, dalla rimozione (perdita) o inserzione di una o più basi o dalla<br />
replicazione o cancellazione di un intero gene. Particolarmente importanti sono le mutazioni<br />
verso geni che si trovano normalmente nelle cellule chiamate proto-oncogeni (geni che<br />
normalmente svolgono il ruolo di stimolare la proliferazione cellulare) e geni onco-sopressori<br />
(geni che normalmente hanno il ruolo di inibire la proliferazione cellulare). Mutazioni di tali<br />
geni possono risultare rispettivamente da una iper-stimolazione o carenza di inibizione nella<br />
proliferazione cellulare. Questi geni alterati possono allora trasmettere istruzioni non corrette<br />
alle cellule che derivano dalle cellule genitrici attraverso il ciclo cellulare.<br />
I geni alterati esercitano il loro effetto attraverso la sintesi delle proteine alterate (i geni<br />
codificano proteine specifiche attraverso le quali esercitano il loro effetto). Nel caso del <strong>cancro</strong><br />
molte delle proteine che hanno un ruolo nello sviluppo del tumore, quando alterate, sono<br />
coinvolte in un processo detto segnale di transduzione. Questo è un processo con il quale i<br />
segnali che influiscono sulla crescita cellulare passano dall’esterno della cellula nel suo nucleo.<br />
Questo processo coinvolge percorsi complessi di interazione tra proteine. Cambi in una<br />
qualsiasi proteina che è coinvolta in questo percorso può alla fine incidere sul percorso di<br />
lavoro cellulare e può anche dare l’avvio ed una espansione della popolazione cellulare<br />
abnorme.<br />
Tutti questi processi sono descritti in questo modulo. Specifici esempi di importanti protooncogeni,<br />
geni onco-sopressori e percorsi di segnali di transduzione sono usati per illustrare<br />
l’impatto delle mutazioni nella cellula.<br />
3.1<br />
3
3<br />
3.2<br />
Questionario di autovalutazione<br />
1. Gli elementi e i processi genici possono essere disposti in un ordine gerarchico e<br />
sequenziale. Completa lo schema inserendo le parole appropriate elencate sotto. I due<br />
asterischi rappresentano l’inizio dei due percorsi di mutazione che possono sfociare nella<br />
proliferazione cellulare incontrollata e la crescita tumorale invasiva. Per piacere<br />
denominali:<br />
DNA Cromosomi Transduzione Proteina<br />
Genoma<br />
Geni<br />
Basi<br />
**<br />
Trascrizione<br />
mRNA<br />
2. Come può un proto-oncogene trasformarsi in un oncogene? Che tipi di processi vengono<br />
eseguiti oltre al conosciuto controllo proto-oncogenico?<br />
3. Usando come esempio il gene p53 “onco-soppressore” e il recettore HER2 del fattore di<br />
crescita descrivi come le mutazioni possono condurre allo sviluppo del <strong>cancro</strong> in ciascun<br />
caso.<br />
4. Cos’ è il segnale di trasduzione e a cosa adempie?<br />
5. Sottolinea brevemente le principali tappe ed eventi in un tipico percorso di trasduzione<br />
usando in prima mossa un fattore di crescita.<br />
6. Discuti il ruolo di mutazione genica nel <strong>cancro</strong>.<br />
Le risposte a queste domande si trovano a pagina 8.4
Biologia / genetica molecolare – Le basi fondamentali<br />
La biologia molecolare cellulare è lo studio della struttura delle molecole che formano una<br />
cellula funzionante e dei vari processi nei quali queste molecole sono coinvolte. Ugualmente la<br />
genetica molecolare si focalizza sul processo molecolare sottolineando la struttura e la funzione<br />
dei geni, unità di base dell’ereditarietà. Prima di discutere i metodi di ricerca usati per studiare<br />
le cellule a livello molecolare e genetico, è utile riassumere i ruoli delle molecole dominanti e i<br />
concetti rilevanti per quest’area di ricerca.<br />
Cellule e tessuti<br />
Gli animali e gli uomini sono formati da cellule, che sono piccoli compartimenti limitati da<br />
membrane riempiti da una soluzione acquosa concentrata di prodotti chimici. Le cellule sono<br />
organizzate in gruppi (tessuti) che lavorano assieme attraverso reti di comunicazione<br />
specializzate (segnali intercellulari) per eseguire funzioni specifiche. Nel processo cellulare le<br />
molecole centrali sono nucleotidi o basi (che si uniscono a formare il DNA o l’acido<br />
ribonucleico [RNA]), amminoacidi (che si uniscono a formare le proteine), zuccheri, e acidi<br />
grassi. Il nucleo contiene la maggior parte del DNA e tutto l’RNA.<br />
DNA<br />
Una molecola di DNA consiste in due filamenti che si attorcigliano l’un l’altro da sembrare una<br />
scala a pioli attorcigliata (figura 3.1). Questa è chiamata a doppia elica. I lati dell’elica sono<br />
fatti di molecole di zucchero e fosfati e sono connessi da pioli di sostanze chimiche contenenti<br />
nitrogeno chiamate basi. Ciascun filamento è una disposizione lineare di unità simili che si<br />
riflettono chiamate nucleotidi, ciascuno dei quali è composto da una base di zucchero una di<br />
fosfato e una di nitrogeno. Nel DNA le basi sono adenina (A), timina (T), citosina (E) e guanina<br />
(G). L’ordine delle basi è detto sequenza, che specifica le esatte istruzioni genetiche richieste<br />
per creare un particolare organismo.<br />
A–G<br />
C–G<br />
I–A<br />
G–C<br />
A–I<br />
C–G<br />
T–A<br />
B–G<br />
A–T<br />
C–G<br />
I–A<br />
G–C<br />
A–I<br />
C–G<br />
T–A<br />
A–G<br />
A–T<br />
C G<br />
T A<br />
A<br />
G C<br />
G G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
G<br />
C<br />
T<br />
A<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
T<br />
C–G<br />
G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
C–G<br />
Figura 3.1. Struttura e replicazione del DNA.<br />
C–G<br />
Filamenti genitori – doppla elica<br />
Filamenti separati<br />
Accoppiamento con nucleotidi<br />
complementari<br />
Formazione di nuovi filamenti<br />
complementari<br />
3<br />
L’ordine delle basi<br />
è detto sequenza,<br />
che specifica le<br />
esatte istruzioni<br />
genetiche richieste<br />
per creare un<br />
particolare<br />
organismo.<br />
3.3
3<br />
Un gene è una<br />
sequenza specifica<br />
di basi<br />
nucleotidiche, la<br />
quale sequenza<br />
porta le<br />
informazioni<br />
necessarie per<br />
costruire le<br />
proteine.<br />
Il codice genetico è<br />
una serie di<br />
specifiche<br />
sequenze di tre<br />
basi di DNA che<br />
indicano quali<br />
aminoacidi sono<br />
richiesti per<br />
formare proteine<br />
specifiche.<br />
3.4<br />
Replicazione del DNA<br />
Come discusso nel Modulo 2 le cellule animali si riproducono con un processo chiamato mitosi.<br />
Questo coinvolge la duplicazione del contenuto cellulare e poi la sua divisione così da<br />
produrre due cellule figlie. Ogni volta che una cellula si divide, il suo genoma completo viene<br />
duplicato esattamente e diviso tra le due cellule figlie. Durante la divisione cellulare il DNA si<br />
replica e la molecola di DNA si srotola permettendo ai filamenti di separarsi. Ciascun filamento<br />
dirige la sintesi di un nuovo filamento complementare, con nucleotidi liberi di accoppiarsi con<br />
le loro basi complementari su ciascuno dei filamenti separati (figura 3.1). Ogni cellula figlia<br />
riceve un filamento di DNA vecchio e uno nuovo.<br />
Geni<br />
Ogni molecola di DNA contiene molti geni, che sono le unità di base fisiche e funzionali<br />
dell’ereditarietà. Un gene è una sequenza specifica di basi nucleotidiche, la quale sequenza<br />
porta le informazioni necessarie per costruire le proteine. Ogni gene codifica una proteina<br />
funzionale specifica. Come regola generale, i geni hanno lo stesso nome delle proteine che<br />
essi codificano, esempio il gene p53 codifica la proteina p53.<br />
Cromosomi<br />
Nel nucleo cellulare, il DNA è associato con molecole di proteine per formare strutture distinte<br />
chiamate cromosomi. I cromosomi contengono approssimativamente parti uguali di proteine e<br />
di DNA, con i geni sistemati linearmente lungo la loro lunghezza. Il nucleo della maggior parte<br />
delle cellule umane contiene due serie di cromosomi (46 cromosomi in tutto), ogni serie è<br />
fornita da ciascun genitore.<br />
Genoma<br />
La serie completa di istruzioni (“master blueprint”) per produrre un organismo è detta il suo<br />
genoma. Il genoma umano, si stima, comprenda 30.000 geni. I geni umani variano molto in<br />
lunghezza e spesso comprendono migliaia di basi. Anche se si sa che, approssimativamente<br />
solo il 10% del genoma includa la sequenza di codifica delle proteine dei geni (exons).<br />
Alternati tra gli “exons” ci sono sequenze genetiche che non hanno funzioni di codifica che<br />
sono chiamati “introns”. Come discusso più avanti é in corso un progetto su larga scala, il<br />
progetto Genoma Umano, che ha rivelato la sequenza e la posizione dei 30.000 geni che<br />
compongono il genoma umano (vedi Modulo 5).<br />
Le informazioni geniche vengono trasferite da una generazione di cellule all’altra per mezzo di<br />
strette reazioni di coppie di basi; una coppia con T e G si appaia con C. Questo meccanismo<br />
assicura che il nuovo filamento è una copia esatta del vecchio e minimizza l’incidenza di<br />
errori.<br />
La replicazione del DNA è molto accurata avendo sul posto parecchi meccanismi di controllo<br />
così da assicurarsi che vengano rimossi posizionamenti incorretti dei nucleotidi. A dispetto di<br />
ciò avvengono errori genetici chiamati mutazioni. Le conseguenze di tali errori possono essere<br />
serie, poiché anche un cambiamento di un singolo nucleotide può avere importanti<br />
implicazioni sul funzionamento cellulare. Le mutazioni possono predisporre un individuo al<br />
tumore o ad altre patologie complesse.<br />
Ulteriori informazioni sono disponibili su internet:<br />
http:/www.ornl.gov/TechResources/Human_Genome/home.html<br />
Il codice genetico<br />
Il codice genetico è una serie di specifiche sequenze di tre basi di DNA (codoni) (figura 3.2)<br />
che indicano quali aminoacidi sono richiesti per formare proteine specifiche. Così il “codone”
dirige il meccanismo di sintetizzazione proteica cellulare per aggiungere specifici aminoacidi.<br />
Il meccanismo di sintetizzazione proteica delle cellule trasferisce i “codoni” in una sequenza di<br />
amminoacidi per produrre la molecola proteica per la quale il DNA codifica. Le istruzioni di<br />
codifica proteica dai geni sono trasmesse attraverso l’RNA messaggero (mRNA) che funziona<br />
come una molecola intermediaria transitoria.<br />
First base<br />
U<br />
G<br />
A<br />
G<br />
UUU<br />
UUC Phe<br />
UUA<br />
UUG Leu<br />
CUU<br />
CUC<br />
CUA<br />
CUG<br />
AUU<br />
AUC<br />
GUU<br />
GUC<br />
GUA<br />
GUG<br />
Second base<br />
U C A G<br />
Leu<br />
IIle<br />
AUA<br />
AUG Met<br />
Val<br />
UCU<br />
UCC<br />
UCA<br />
UCG<br />
CCU<br />
CCC<br />
CCA<br />
CCG<br />
ACU<br />
ACC<br />
ACA<br />
ACG<br />
GCU<br />
GCC<br />
GCA<br />
GCG<br />
Ser<br />
Pro<br />
Thr<br />
Ala<br />
UAU<br />
UAC Tyr<br />
UAA<br />
UAG TERM<br />
CAU<br />
CAC His<br />
CAA<br />
CAG Glin<br />
AAU<br />
AAC Asn<br />
AAA<br />
AAG Lys<br />
GAU<br />
GAC Asp<br />
GAA<br />
GAG Glu<br />
UGU<br />
UGC Cys<br />
UGA<br />
UGG<br />
CGU<br />
CGC<br />
CGA<br />
CGG<br />
TERM<br />
Trp<br />
Arg<br />
AGU<br />
AGC Ser<br />
AGA<br />
AGG Arg<br />
GGU<br />
GGC<br />
GGA<br />
GGG<br />
Figura 3.2. I codoni formati dai quattro nucleotidi che formano il DNA, e gli aminoacidi che essi<br />
codificano. TERM, terminazione, questi codoni segnalano la fine di un exon.<br />
RNA<br />
L’RNA è una molecola a singolo filamento che è sintetizzata, in un processo chiamato<br />
trascrizione da una base di DNA. (Figuro 3.3) Ciò produce il mRNA che porta le informazioni<br />
per la sintesi proteica. Il processo attraverso il quale l’mRNA guida la produzione proteica è<br />
detto translazione perché questo è il punto nel quale i codoni specificano quale amminoacido è<br />
incorporato in una proteina. Vale la pena notare che il mRNA è essenziale se l’informazione<br />
genetica è quella di lasciare il nucleo.<br />
Le molecole di RNA che permettono la translazione del mRNA nella proteina sono chiamate<br />
molecole di trasferimento (tRNA). Ciascuna molecola di tRNA ha conformazioni tridimensionali<br />
piegate che sono tenute assieme da una interazione di due basi simili a quelle che tengono<br />
assieme i due filamenti elicoidali del DNA. Questa coppia complementare provoca che la<br />
molecola tRNA si pieghi, permettendogli di agire come un adattatore tra il “codoni” sul mRNA<br />
e le specifiche sequenza dell’amminoacido. L’ordinamento delle molecole tRNA sul mRNA ha<br />
bisogno di un ribosoma, che é un complesso di più di 50 (diverse) proteine associate con<br />
un’altra classe di RNA che si chiama RNA ribosomale (rRNA) (figura 3.3).<br />
Proteine<br />
Le proteine sono molecole grandi e complesse che sono sintetizzate sulla base di molecole di<br />
mRNA. Ogni proteina comprende lunghe catene di sotto unità chiamate aminoacidi. Nelle<br />
proteine abitualmente si trovano venti diversi tipi di aminoacidi. Perché si esprimano<br />
informazioni all’interno di un gene è prodotto un filamento complementare di mRNA<br />
(trascrizione) sull’impronta del DNA contenuto nel nucleo. Questo mRNA é spostato dal nucleo<br />
al citoplasma cellulare, dove esso serve come stampo per la sintesi proteica (translazione).<br />
Gly<br />
3<br />
L’RNA è una<br />
molecola a singolo<br />
filamento che è<br />
sintetizzata, in un<br />
processo chiamato<br />
trascrizione da<br />
una base di DNA.<br />
Le proteine sono<br />
molecole grandi e<br />
complesse che<br />
sono sintetizzate<br />
sulla base di<br />
molecole di<br />
mRNA. Ogni<br />
proteina<br />
comprende lunghe<br />
catene di sotto<br />
unità chiamate<br />
aminoacidi.<br />
3.5
3<br />
Una mutazione in<br />
un gene della<br />
proliferazione<br />
significa che il<br />
gene prodotto è<br />
sovraespresso e<br />
iperattivo, con la<br />
conseguenza di<br />
una eccessiva<br />
proliferazione<br />
cellulare . . .<br />
3.6<br />
Perché è importante capire questo meccanismo?<br />
Capire perché molecole diverse funzionano e interagiscono all’interno di una cellula è<br />
importante per permettere ai ricercatori di sviluppare nuove terapie, la dove i processi cellulari<br />
funzionano male e, per le malattie. Infatti, l’aumento dei processi conoscitivi nella ricerca<br />
molecolare e genetica hanno già portato a importanti implicazioni nella clinica pratica affinché<br />
si possano scoprire nuovi trattamenti medici come le terapie <strong>biologiche</strong> nel <strong>cancro</strong>.<br />
Oncogeni e geni onco-soppressori<br />
Analisi sulle alterazioni genetiche nelle cellule tumorali hanno rivelato un grande numero di<br />
geni che codificano le proteine che influenzano la proliferazione cellulare. Questi geni possono<br />
essere inseriti in due classi: geni della proliferazione e geni dell’antiproliferazione. Ci sono due<br />
percorsi di mutazioni e nella proliferazione cellulare incontrollata e nella invasività che sono<br />
caratteristiche del tumore:<br />
● rendere un gene della proliferazione iperattivo<br />
● rendere un gene dell’antiproliferazione inattivo.<br />
Oncogeni<br />
Nucleo<br />
mRNA<br />
Il DNA e˘ trascritto per<br />
produrre mRNA nel nucleo<br />
mRNA<br />
tRNA<br />
Il tRNA porta gli<br />
aminoacidi ai ribosomi<br />
Una mutazione in un gene della proliferazione significa che il gene prodotto è sovraespresso e<br />
iperattivo, con la conseguenza di una eccessiva proliferazione cellulare, che è una<br />
caratteristica del <strong>cancro</strong>. La ricerca indica l’esistenza di proto-oncogeni, che sono geni normali<br />
coinvolti nel controllo della crescita e proliferazione cellulare. Questi proto-oncogeni si trovano<br />
in cellule normali, sane, ma possono essere trasformati in oncogeni (geni capaci di causare<br />
cambiamenti patologici quali crescita cellulare abnorme tipiche del <strong>cancro</strong>) da mutazioni<br />
indotte dalla presenza di un cancerogeno, come la luce solare, le radiazioni, i virus ecc. Per la<br />
mutazione che trasforma un proto-oncogene in un oncogene si richiede solo che in una cellula<br />
venga trasformata una delle due copie di proto-oncogene. Di conseguenze questa viene<br />
definita come una risposta dominante.<br />
Come fa un proto oncogene a trasformarsi in oncogene?<br />
Citoplasma<br />
aminoacidi liberi<br />
Gli aminoacidi sono<br />
incorporati in catene proteiche<br />
nei ribosomi<br />
membrana<br />
cellulare<br />
Amino<br />
acidi<br />
Catena di proteine<br />
in crescita<br />
Figura 3.3. La trascrizione del DNA nel mRNA è seguita da una translazione del mRNA nelle proteine.<br />
Fino ad oggi sono stati identificati approssimativamente 60 proto-oncogeni. Molti di questi geni<br />
incorporano componenti di meccanismi che regolano i comportamenti interattivi delle cellule<br />
nel corpo.
Molto più spesso di quanto si creda, essi sono componenti importanti dei percorsi cellulari nei<br />
quali influenzano i processi che controllano la divisione, la differenziazione e la morte<br />
cellulare. Per esempio il proto-oncogene HER2 che incorpora il recettore HER2, si sa giochi un<br />
ruolo importante nella crescita normale e nello sviluppo del tessuto mammario.<br />
La conversione di un proto-oncogene in un oncogene può avvenire principalmente in tre modi:<br />
● mutazione o rimozione di un punto<br />
● amplificazione di un gene<br />
● riordinamento del cromosoma<br />
Cancellazione o punto di mutazione<br />
nella sequenza codificatrice<br />
DNA<br />
RNA<br />
Proteina iperespressa<br />
in quantitativo normale<br />
Amplificazione del gene<br />
La proteina normale<br />
e'sovraespressa<br />
Gene<br />
La vicinanza di forti<br />
accrescimenti causa<br />
una sovraespressione<br />
della proteina normale<br />
Riarrangiamento<br />
genico<br />
Figura 3.4. I meccanismi che permettono la conversione di un proto-oncogene in un oncogene. Copyright<br />
1999. Da Biologia molecolare delle cellule. Alberts B. et Al. Riprodotto con licenza della Routledge, Inc.,<br />
parte del The Taylor & Francio Group.<br />
La mutazione o rimozione di un punto può cambiare le regioni codificate da proteine per<br />
produrre una proteina che sia iperattiva e che possa agire in regioni adiacenti alla regione<br />
proteico codificata che controlla i livelli d’espressione risultanti nella sovra espressione genica.<br />
Mutazioni di un punto sono caratteristiche del ras oncogene. L’amplificazione genetica per<br />
produrre copie multiple di un gene avvengono per mezzo di un numero di errori durante il<br />
processo di replicazione cromosomica. Riarrangiamenti cromosomici sono più frequentemente<br />
trasformazioni nelle quali frazioni di cromosomi e materiale genetico sono trasferite da un<br />
cromosoma all’altro, scambiate tra i cromosomi o spostate di posizione all’interno di un<br />
cromosoma. Lo scompiglio genetico risultante produce espressioni genetiche abnormi.<br />
Questi tipi di alterazione spesso derivano dall’azione di promotori o iniziatori tumorali che<br />
sono spesso carcinogenici. Iniziatori tumorali sono sostanze come il benzopirene, un<br />
componente del tabacco, che logicamente non provoca danni quando una cellula viene<br />
esposta ad esso per la prima volta. Comunque c’è un pericolo latente di danno genetico che<br />
aumenta le probabilità di rischio tumorale a seguito di ripetute esposizioni agli iniziatori o altre<br />
sostanze. In contrasto, i promotori di tumore causano il <strong>cancro</strong> se sono somministrati<br />
ripetutamente e dopo l’esposizione ad un iniziatore. Un esempio sono gli esteri del forbolo che<br />
si trovano in oli vegetali. Una esposizione continua ai promotori tumorali stimola una<br />
proliferazione continua di cellule inappropriate ma non lo sviluppo tumorale. Il <strong>cancro</strong> si<br />
sviluppa se ulteriori mutazioni avvengono prima che il promotore del tumore sia stato rimosso.<br />
o<br />
DNA<br />
RNA<br />
Si ottiene una fusione del gene<br />
attivamente trascritto nella<br />
sovraespressione della<br />
fusione proeica iperattiva<br />
3<br />
L’amplificazione<br />
genetica per<br />
produrre copie<br />
multiple di un gene<br />
avvengono per<br />
mezzo di un<br />
numero di errori<br />
durante il processo<br />
di replicazione<br />
cromosomica.<br />
3.7
3<br />
I geni oncosopressori<br />
si<br />
trovano nelle<br />
cellule normali e<br />
normalmente<br />
inibiscono<br />
l’eccessiva<br />
proliferazione<br />
cellulare.<br />
Il diverso sistema<br />
di riparazione è<br />
un sistema di<br />
rilettura del DNA<br />
che riconosce e<br />
corregge i diversi<br />
nucleotidi del<br />
DNA.<br />
3.8<br />
Così il <strong>cancro</strong> può svilupparsi per una aberrazione genica che di solito è causata o può<br />
accadere per l’azione di fattori ambientali.<br />
Geni onco soppressori<br />
I geni onco-sopressori si trovano nelle cellule normali e normalmente inibiscono l’eccessiva<br />
proliferazione cellulare. Anche una perdita nella funzione del gene onco-soppressore dovuta<br />
ad una mutazione ha un ruolo nello sviluppo del <strong>cancro</strong>. In contrasto alle mutazioni attivanti<br />
che creano oncogeni da proto-oncogeni, i geni onco-soppressori sono bersagliati da mutazioni<br />
di perdita di funzione nelle cellule tumorali. Come gli oncogeni, i geni onco-soppressori hanno<br />
diverse funzioni nella regolazione della crescita, nella differenziazione e nella morte<br />
programmata cellulare (apoptosi). Come discusso più sotto (vedi pagina 3.10) si crede che la<br />
produzione del gene onco-soppressore p53 regoli il processo della morte cellulare<br />
programmata.<br />
Differenziazioni dei geni riparatori<br />
Recenti evidenze suggeriscono che, oltre ai proto-oncogeni e oncogeni onco-soppressori, alcuni<br />
geni coinvolti nella separazione del DNA giocano anche un ruolo nello sviluppo del <strong>cancro</strong>. Il<br />
diverso sistema di riparazione è un sistema di rilettura del DNA che riconosce e corregge i<br />
diversi nucleotidi del DNA. Questo importante sistema provvede a rapide riparazioni degli<br />
errori di replicazione fornendo un genoma con un livello di spirale da 100 a 1000 volte il<br />
livello di protezione contro le mutazioni e schermando il genoma prevenendo la<br />
ricombinazione tra regioni non omologhe di DNA. A differenza di riparazioni di escissioni del<br />
nucleotide e riparazioni di escissioni della base, che riconoscono i nucleotidi che sono stati<br />
modificati chimicamente o fusi assieme, la diversa riparazione riconosce la distorsione<br />
all’esterno dell’elica del DNA che risulta dal diverso paia di basi non complementari. Il sistema<br />
rimuove il nucleotide diversificato solo dal nuovo filamento (figura 3.5). Mentre la principale<br />
funzione di riparazione differenziata è l’evitare la mutazione, correggendo gli errori, e<br />
prevedendo le mutazioni e il dirigere anche cellule nelle quali il DNA è danneggiato da<br />
morirne se esposto a certi agenti. Recenti rilievi indicano che le discrepanze proteiche sono<br />
anche coinvolte nell’elaborazione di basi modificate e in altri tipi di danno del DNA, come<br />
rotture nel filamento del DNA. Così l’effetto ultimo di questi errori di riprazione risultano in un<br />
aumento di mutazioni spontanee.<br />
–– T A G A T C G T ––<br />
–– A T C T G G C A ––<br />
–– T A G A C G T ––<br />
–– A T C T G G C A ––<br />
–– T A G A C C G T ––<br />
–– A T C T G G C A ––<br />
Paia di basi diversificate riconosciute dal<br />
sistema riparatore<br />
La base viversificata e˘rimossa<br />
La base corretta risintetizzata restaura la<br />
sequenza del DNA<br />
Figura 3.5. Il differente sistema di riparazione riconosce e sostituisce i differenti nucleotidi del DNA.
Ricerche rivelano che un numero di differenti geni riparatori come MSH2, MLH1, MLH2, PMS1<br />
e PMS2, sono coinvolti in tumori come il <strong>cancro</strong> rettale e gastrico. Per esempio i geni MLH1 e<br />
MSH2 producono normalmente proteine che rimuovono le differenziazioni. Anche se i geni<br />
MLH1 e MSH2 sono difettosi, le proteine riparatrici non vengono prodotte. Perciò errori nel<br />
DNA possono non essere identificati durante la replicazione, questo può portare ad un<br />
accumulo di mutazioni causanti tumore. Fino a poco tempo fa, i difetti del MLH1 e MSH2 si<br />
pensava inducessero principalmente al tumore colo-rettale. Anche se, i geni difettosi sono stati<br />
trovati in individui con forme diverse di tumori ivi inclusi il <strong>cancro</strong> mammario ed endometriale.<br />
Anormalità geniche nello sviluppo del <strong>cancro</strong><br />
Si pensa che il <strong>cancro</strong> si sviluppi come risultato di una serie di mutazioni negli oncogeni e nei<br />
geni onco-soppressori. Ogni precisa mutazione varia da tumore a tumore. La mutazione genica<br />
influisce sulla produzione di proteine che regolano la crescita e causa squilibri nei livelli di<br />
queste proteine che stimolano le cellule a dividersi senza controllo, di conseguenza sulla<br />
crescita dei tumori. La tavola 3.1 dettaglia un numero di oncogeni e di geni onco-soppressori<br />
che a oggi sono stati identificati e che si pensa svolgano un ruolo importante nello sviluppo del<br />
<strong>cancro</strong>. Gli esempi principali p53, myc, ras e HER2 vengono valutati sotto.<br />
Tavola 3.1. Esempi di oncogeni e di geni onco-soppressori.<br />
Fattori di crescita Fattori di crescita transformanti-α (TGF-α)<br />
Amfiregulina<br />
Fattori di crescita derivati da piastrine (PDGFs)<br />
Fattori di crescita dei fibroblasti (FGFs)<br />
Fattori di crescita insulino-simili (IGF-I)<br />
Recettori dei fattori di crescita Recettori dei fattori di crescita epidermali<br />
(EGFR or HER1)<br />
HER2, HER3, HER4<br />
Met<br />
Recettori dei fattori di crescita derivati dalle piastrine<br />
(PDGF-R)<br />
Recettori dei fattori di crescita Insulino-simili (IGF-I-R)<br />
Recettori dei fattori di crescita dei fibroblasti (FGFRs)<br />
Ret<br />
Proteine citoplasmatiche ras<br />
abl<br />
Proteine nucleari myc<br />
fos<br />
jun<br />
ski<br />
rel<br />
myb<br />
Onco-soppressori p53<br />
Rb<br />
3<br />
Si pensa che il<br />
<strong>cancro</strong> si sviluppi<br />
come risultato di<br />
una serie di<br />
mutazioni negli<br />
oncogeni e nei<br />
geni oncosoppressori.<br />
3.9
3<br />
Il p53 è un potente<br />
onco-soppressore,<br />
multifunzionale,<br />
sequenzialmente<br />
specifico fattore di<br />
trascrizione del<br />
filamento DNA . . .<br />
Il prodotto del<br />
gene p53 previene<br />
la proliferazione<br />
incontrollata delle<br />
cellule tumorali<br />
fermando lo<br />
sviluppo cellulare<br />
durante il loro<br />
ciclo se<br />
un’anormalità<br />
cromosonica è<br />
presente.<br />
3.10<br />
p53<br />
Il p53 è un potente onco-soppressore, multifunzionale, sequenzialmente specifico fattore di<br />
trascrizione del filamento DNA che gioca un ruolo principale in un complesso sistema di<br />
percorsi definiti. È una proteina a vita breve, i livelli della quale aumentano in risposta a vari<br />
segnali prodotti da una varietà di stress che sono tossici per il genoma che includono DNA<br />
danneggiato, l’arresto della sintesi del DNA e del RNA e la diminuzione del nucleotide (figura<br />
3.6). Questi segnali sono anche provocati dall’attivazione del p53, anche se i meccanismi<br />
responsabili per l’induzione e l’attivazione del p53 in risposta a queste stimolazioni stressassociate<br />
non sono ancora state pienamente comprese. L’attivazione del p53 è coinvolta nel<br />
controllo della riparazione del DNA prima della sua replicazione e nell’induzione di una morte<br />
cellulare programmata in cellule che hanno anormalità nel DNA che non possono essere<br />
riparate. Questa capacità del p53 di coordinare la risposta cellulare ai danni del DNA<br />
significa che esso promuove la conservazione della stabilità cellulare, dunque la sua<br />
designazione a “guardiano del genoma”.<br />
Stimolo<br />
Il DNA danneggiato arresta la deplezione<br />
del nucleotide nella sintesi DNA/RNA<br />
Amplificazioni della quantita<br />
ed attivita˘ nel p53<br />
Trascrizionalita˘ 'attiva nel p53<br />
Arresto della crescita Apoptosi (morte)<br />
Stabilita' genomica<br />
Figura 3.6. Revisione della segnalazione del p53 nel mantenimento dell’integrità del genoma.<br />
p53 e danno del DNA<br />
Il normale funzionamento del p53 rende capaci le cellule di far fronte in modo sicuro ai danni<br />
del DNA. Il prodotto del gene p53 previene la proliferazione incontrollata delle cellule tumorali<br />
fermando lo sviluppo cellulare durante il loro ciclo se un’anormalità cromosonica è presente. In<br />
particolare questa azione critica deve svolgersi prima che il DNA si replichi. Questa pausa<br />
temporanea nel ciclo cellulare permette la riparazione del DNA, così da prevenire<br />
l’incorporazione della anormalità all’interno delle nuove cellule sintetizzate. Il p53 induce<br />
anche l’apoptosi nelle cellule che contengono anormalità che non possono essere riparate.
Così, la serie intatta dei percorsi p53 dipendenti funziona a mantenere l’integrità del genoma,<br />
eliminando le cellule danneggiate, sia fermandole permanentemente o attraverso l’apoptosi.<br />
Chiaramente la perdita o l’inattivazione del p53 impedisce che questo controllo sia attuabile<br />
con il risultato che divenga virtualmente impossibile sostenere un numero costante di cellule<br />
attraverso il processo di apoptosi. L’induzione ad un temporaneo arresto del ciclo cellulare con<br />
il p53, attivo per permettere di riparare il DNA, danneggiato, o la cellula suicida per mezzo<br />
dell’apoptosi, è attivato dal filamento della base principale del p53 nella sequenza primaria<br />
che regola il DNA. Questo conduce alla sovraregolazione o alla sottoregolazione di geni<br />
specifici coinvolti nell’arresto del ciclo cellulare e apoptosi. Questi geni includono il p21, che<br />
ha un ruolo nell’arresto del ciclo cellulare, e il bcl2, che inibisce l’entrata nell’apoptosi.<br />
p53 e controllo del ciclo cellulare<br />
Il p53 regola la progressione del ciclo cellulare in un numero di punti. Esso media l’arresto del<br />
G1 nelle risposte ai danni del DNA causati dalle radiazioni UV o radiazioni g, dai farmaci<br />
chemioterapici e delle perdite del nucleotide. Inoltre il p53 è direttamente coinvolto nel<br />
mantenere l’oncostasi del centrosoma, perché è associato con queste strutture. Una<br />
duplicazione scorretta del centrosoma può lanciare un segnale all’attivazione del p53<br />
inducendo l’arresto nel G1 o G2. Un altro potenziale punto d’arresto del p53 mediato è la<br />
transizione G2-M, dove una sovraesposizione di tipi primari di p53 possono inibire l’ingresso<br />
nella mitosi. Questa proprietà del p53 impediscono alle cellula nelle quali la sintesi del DNA è<br />
bloccata dall’entrare nella mitosi e ciò previene la replicazione del DNA sintetizzato in modo<br />
incompleto o danneggiato.<br />
Mutazioni del p53 e sviluppo del <strong>cancro</strong><br />
Le mutazioni del p53 nel gene onco-sopressore sono le lesioni genetiche più comuni nel tumore<br />
umano essendo presenti in più del 50% di tutti i tumori. Così, più della metà di tutti i tumori<br />
umani sono legati alla perdita della funzione di tipo primario normale (wild-tipe) del p53. Le<br />
ricerche evidenziano che più di un terzo dei tumori mammari hanno alterazioni nel gene p53.<br />
Mutazioni che impediscono al p53 di legarsi al DNA o di interferire con la sua abilità di<br />
prevenire la replicazione del DNA togliendo il blocco mediato dal p53 nella divisione delle<br />
cellule che presentano mutazioni carcinogeniche. Questo non solo porta a divisioni cellulari<br />
incontrollate, ma permette anche la propagazione di mutazioni carcinogeniche, quando le<br />
cellule si dividono. Non sorprenda perciò che le mutazioni del p53 sono associate con tumori<br />
che dimostrano un alto grado di aggressività clinica.<br />
Ras<br />
La famiglia di proteine RAS aiuta a trasmettere segnali dai recettori della tirosino-chinasi al<br />
nucleo in modo di stimolare la proliferazione e differenziazione cellulare. Mutazioni del gene<br />
RAS derivanti da iperattività dal prodotto genico, disturbano il normale controllo della<br />
proliferazione cellulare con, per conseguenza il tumore. Circa il 30% dei tumori umani<br />
compresi quelli del polmone, della testa e collo, del colon e della tiroide, hanno mutazioni nel<br />
gene RAS. In altri tipi di tumori, come in quello mammario, le mutazioni genetiche nel RAS<br />
sono infrequenti ma il RAS può essere attivato patologicamente da una sovraesposizione dei<br />
recettori dei fattori di crescita che lo segnalano attraverso esso.<br />
Myc<br />
Myc è un gene di risposta anticipata che produce una proteina con attività autoregolante, es la<br />
proteina influenza la trascrizione del gene codificandolo. Questo tipo di regolazione è<br />
chiamato “feed back” negativo. La maggioranza, se non tutti i tipi, di malignità umana ci sono<br />
segnalati avere un amplificazione e/o una sovraesposizione dei c-myc proto-oncogeni. Studi<br />
negli ultimi anni, hanno ulteriormente mostrato che i geni c-myc regolano la crescita sia nel<br />
senso di misura della cellula sia nel contesto di differenziazione tissutale. Così, oggi si sa che il<br />
gene c-myc partecipa in molti aspetti della funzione cellulare inclusi la replicazione, il<br />
metabolismo, la differenziazione e l’apoptosi. Il c-myc svolge un ruolo importante nel tumore<br />
mammario e nell’azione degli ormoni che sono eziologicamente correlati al tumore mammario.<br />
3<br />
Le mutazioni del<br />
p53 nel gene<br />
onco-sopressore<br />
sono le lesioni<br />
genetiche più<br />
comuni nel tumore<br />
umano essendo<br />
presenti in più del<br />
50% di tutti i<br />
tumori.<br />
3.11
3<br />
L’amplificazione<br />
del gene HER2<br />
conduce ad una<br />
eccessiva<br />
produzione del<br />
recettore proteico<br />
e ad una<br />
marcatura<br />
intracellulare molto<br />
esaltata che porta<br />
ad una<br />
proliferazione<br />
cellulare<br />
incontrollata.<br />
Clinicamente<br />
approssimativame<br />
nte il 20% delle<br />
donne con tumore<br />
mammario è HER2<br />
positivo. Queste<br />
donne hanno una<br />
prognosi infausta.<br />
3.12<br />
HER2<br />
L’HER2 è un altro importante proto-oncogene. Due copie del gene HER2 sono state trovate in<br />
tutte le cellule epiteliali normali (stato diploide normale). Anche se l’HER2 può subire<br />
amplificazioni oncogeniche in proporzione alla cancerogeniciità di una ampia parte dei tipi<br />
tumorali producendo copie multiple del gene HER2. L’HER2 codifica un recettore<br />
transmembranico del fattore di crescita, che è coinvolto nel controllo della replicazione<br />
differenziazione e sopravvivenza cellulare. L’HER2 è uno dei quattro recettori strettamente<br />
connessi al fattore di crescita nella famiglia dei geni HER (HER1, HER2, HER3 e HER4).<br />
Ricerche hanno dimostrato che l’HER interagisce intensamente con le altre proteine HER per<br />
promuovere la segnalazione e la crescita cellulare. L’amplificazione del gene HER2 conduce<br />
ad una eccessiva produzione del recettore proteico e ad una marcatura intracellulare molto<br />
esaltata che porta ad una proliferazione cellulare incontrollata. L’HER2 è<br />
sovraespresso/amplificato approssimativamente nel 20% dei tumori mammari (termed HER2positivo<br />
per tumore). Le cellule HER2 positive si sa che mostrano molte caratteristiche delle<br />
cellule tumorali, comprese le crescite cellulari non regolamentate, l’aumentata sintesi del DNA<br />
e l’accrescimento potenziale metastatico (figura 3.7). Questo è probabilmente dovuto ad una<br />
aumentata marcatura dovuta alla presenza di aumentati quantitativi di recettori HER2. Così<br />
come una condizione di HER2-positivo non è semplicemente un marcatore cellulare tumorale,<br />
ma ha anche una diretta attività nello sviluppo del <strong>cancro</strong>.<br />
Cellule tumorali mammarie umane<br />
Transfezione<br />
MCF-7 MCF-7<br />
del gene HER2<br />
HER2<br />
negativo<br />
HER2<br />
positivo<br />
Sintesi del DNA ↑ 50–75%<br />
Tasso di crescita cellulare ↑ 30–50%<br />
Crescita in agar morbido ↑ 225%<br />
Tumorogenicita˘ ↑ nei ratti nudi<br />
Potenzialita’ metastatica nei ratti nudi<br />
↑ 220%<br />
Slamon DJ et al. Unpublished data<br />
Figura 3.7. L’effetto dell’amplificazione genica dell’HER2 nelle cellule tumorali umane.<br />
Fenotipo<br />
trasformato<br />
Clinicamente approssimativamente il 20% delle donne con tumore mammario è HER2 positivo.<br />
Queste donne hanno una prognosi infausta. Ciò è dimostrato dal fatto che le donne con tumore<br />
mammario positivo per HER2 hanno una sopravvivenza complessiva della durata di 3 anni<br />
comparata ai 6-7 anni di quelle che hanno un tumore mammario HER2 negativo. La<br />
sopravvivenza libera da malattia viene altresì diminuita nelle donne HER2 positive (figura 3.8).<br />
Ulteriori osservazioni indicano che la condizione HER2 può determinare le risposte alle terapie<br />
più comunemente usate per il tumore mammario. Studi dimostrano che le donne HER2 positive<br />
possono essere resistenti alle terapie ormonali come il tamoxifene, ma sensibili a dosi ottimali<br />
di terapie contenenti antracicline. Importante è che, l’HER2 è il bersaglio per l’anticorpo<br />
monoclonale umanizzato Herceptin ® la prima terapia oncogenica mirata per i tumori solidi.<br />
Parecchi studi hanno indicato che altri oncogeni sono sovraespressi nei tumori con la presenza<br />
del HER2. Per esempio ci sono spesso associazioni di sovraesposizioni della contemporaneità
Probabilita'di sopravvivenza libera da malattia<br />
100<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
0<br />
0<br />
Tempo (mesi)<br />
HER2 gene ≤3 copie/nucleo<br />
HER2 gene ≥3 copie/nucleo<br />
Log rank p=0.001<br />
12 24 36 48 60 72<br />
Figura 3.8 Pazienti con tumore mammario HER2 positivo, hanno un tempo di sopravvivenza, libero<br />
da malattia, peggiore rispetto a quelle che sono HER2 negativo. Riprodotto con licenza da: Seshadri<br />
et al, J. Clin. Oncol.1993; 11:1936–42.<br />
di HER2, p53, e c-myc nel tumore mammario. Inoltre, prove per la combinazione di<br />
sovraesposizioni di HER2 e p53 possono suddividere pazienti in differenti gruppi a rischio.<br />
Segnalazioni cellulari<br />
Entrambi i proto-oncogeni e i geni onco-sopressori esercitano i loro effetti sul controllo della<br />
replicazione cellulare attraverso la segnalazione del percorso intracellulare. Così un protooncogene<br />
come l’HER2 codifica un recettore che quando stimolato fa scattare una serie di<br />
eventi all’interno della cellula culminanti in una risposta genica o proteica. Questi processi<br />
sono conosciuti come segnali di trasduzione e assicurano che le cellule siano capaci di<br />
rispondere ai micro-ambienti che le circondano. In questo modo vengono ricevute stimolazioni<br />
extracellulari, capite e trasmesse ad un nucleo in modo di attivare una appropriata risposta<br />
cellulo-specifica. La regolazione di tali risposte è controllata primariamente da una trasduzione<br />
di segnali che è il processo attraverso il quale una cellula converte un segnale extracellulare in<br />
una risposta. Una molecola segnalatrice è una molecola extra o intracellulare che suggerisce la<br />
risposta di una cellula al comportamento di altre cellule o di oggetti nell’ambiente.<br />
Significativamente tutti i processi biologici derivano da eventi molecolari integrati e concertati.<br />
Per esempio, una reazione enzimatica coinvolge una serie di azioni incluse l’attivazione di un<br />
enzima, la sintesi e la disponibilità del substrato, il controllo mediante feedback diretto e<br />
indiretto dei prodotti e dei substrati e l’interazione con inibitori o stimolatori. Così l’intero<br />
processo dell’attivazione proteica è una cascata di eventi, ciascuno dei quali serve da segnale<br />
all’altro. Queste serie di effetti domino portano a termine la cascata di segnali (figura 3.9).<br />
Anche la trasduzione di segnali è una delle forme a cascata di segnali, una importante<br />
evidenza di ciò sono gli eventi di fosforilazione/defosforilazione post translazionale che sono<br />
catalizzati da proteinochinasi/fosfatasi.<br />
Negli ultimi anni sono state condotte ampie ricerche nell’area della transduzione dei segnali.<br />
Ricerche sulla segnalazione cellulare sono state ampiamente condotte dalla nuova tecnologia<br />
in particolare con l’avvento dell’ingegneria genetica (descritta nel modulo 5) e lo sviluppo e la<br />
disponibilità di un largo spettro di substrati di segnalazione, inibitori, analoghi, antagonisti e<br />
proteine.<br />
3<br />
Entrambi i protooncogeni<br />
e i geni<br />
onco-sopressori<br />
esercitano i loro<br />
effetti sul controllo<br />
della replicazione<br />
cellulare attraverso<br />
la segnalazione<br />
del percorso<br />
intracellulare.<br />
3.13
3<br />
3.14<br />
Ricerche mediche nel processo di marcatura cellulare hanno sottolineato negli ultimi anni come<br />
anomalie nella segnalazione cellulare siano implicate in molte malattie. Un valido esempio di<br />
ciò è il recettore HER2 nel tumore mammario che si relaziona al recettore HER1 nel tumore<br />
della testa e collo.<br />
Significato del fenomeno di segnale<br />
Lo scopo finale del processo di segnalazione è trasferire un messaggio da una cellula<br />
segnalante ad una cellula bersaglio. La cellula segnalante rilascia una proteine specifica<br />
chiamata anche ligando. Il ligando si unisce specificatamente ad un recettore sulla superficie<br />
della cellula bersaglio. La maggioranza dei recettori sono proteine transmembraniche che<br />
vengono attivate dall’interazione con i ligandi che provocando una cascata di segnali<br />
intracellulari cambiano il comportamento delle cellule bersaglio. Esistono anche alcuni recettori<br />
proteici dentro la cellula. Ciascuna cellula è programmata a rispondere a specifiche<br />
combinazione di molecole segnalanti. Molte cellule necessitano segnali multipli per<br />
sopravvivere segnali addizionali per dividersi, ed ancora altri segnali per differenziarsi. Se<br />
private dei segnali appropriati, la maggior parte delle cellule subiranno una forma di suicidio<br />
cellulare conosciuto come morte cellulare programmata, o apoptosi (vedi pag. 3.8).<br />
Ligando segnalante<br />
I recettori attivati<br />
stimolano la produzione<br />
di molecole messaggere<br />
Le molecole messaggere<br />
stimolano la chinasi<br />
Ciascuna molecolo-chinasi<br />
può fosforilare e quindi<br />
attivare molte copie di<br />
vari enzimi<br />
Ciascuna molecola<br />
enzimatica catalizza la<br />
produzione di prodotti<br />
appropriati<br />
amplificazione<br />
amplificazione<br />
amplificazione<br />
Recettore<br />
Figura 3.9. Sommario dei passaggi principali coinvolti nella trsduzione di segnali.<br />
Membrana cellulare<br />
Il recettore e'attivato<br />
dall 'unione del ligando
Trasduzione di segnale<br />
I fattori di crescita e i loro rispettivi recettori formano i due ordini principali del percorso di<br />
segnalazione e trasmettono messaggi sottoforma di stimolazioni extracellulari dalla superficie<br />
cellulare al nucleo. I mediatori coinvolti in questi percorsi segnalanti sono i trasduttori di<br />
segnalazione e gli attivatori della trascrizione che sono conosciuti come STATs. Le STATs sono<br />
proteine che comprendono una famiglia di fattori di trascrizione che sono attivate da un<br />
enzima chiamato tirosino-chinasi. Nell’attivazione, questi fattori di trascrizione migrano verso il<br />
nucleo dove regolano l’espressione genica. Questo processo è conosciuto come trasduzione di<br />
segnale. I composti che contribuiscono a questo processo sono descritti sotto.<br />
Proteino chinasi<br />
Le proteino-chinasi agiscono come interruttori molecolari per una moltitudine di processi<br />
cellulari. L’effetto di “accensione” è mediato dalla fosforilazione di tirosine specifiche o di<br />
residui di serine/treonine sulle proteine bersaglio (figura 3.10). Questo processo di<br />
fostorilazione porta all’attivazione di proteine bersaglio, permettendo di esercitare i propri<br />
effetti. Le proteino-chinasi intracellulari sono generalmente il bersaglio di secondi messaggi<br />
molecolari (es. cAMP, e GMP, diacilglicerolo) ma si sono anche mostrate capaci di agire in<br />
modo significativo in altri eventi di segnalazione. Per esempio, nella proteino-chinasi mitogenoattivata<br />
(MAPK) sono componenti integrali dei fattori di crescita piastrino-derivati che inducono<br />
cascate di segnali, che attivano proteino-chinasi (PKA), CAMP-dipendenti.<br />
Proteina<br />
inattiva<br />
Proteina<br />
attivata<br />
Residuo di<br />
tirosino<br />
serina o<br />
treonina<br />
ATP ADP<br />
Proteino chinasi<br />
ATP ADP<br />
Residuo di<br />
tirosino<br />
serina o<br />
treonina<br />
Proteino chinasi<br />
Proteina<br />
attivata<br />
Proteina<br />
inattiva<br />
Figura 3.10. Le proteino chinasi attivano/disattivano i bersagli proteici per mezzo della fosforilazione<br />
degli aminoacidi: tirosina, serina o treonina.<br />
Inoltre sembra ci sia una considerevole interazione tra la proteinochinasi in differenti serie di<br />
segnali. Per esempio la funzione del PKA è nota come inibente l’attività del MAPK e l’attività<br />
della proteino-chinasi (PCK) può inibire il PKA.<br />
Recettori - molecole essenziali nella segnalazione cellulare<br />
Il meccanismo primario per cui una cellula percepisce stimoli extracellulari e conseguentemente<br />
evochi una segnalazione intracellulare a cascata avviene attraverso i recettori di membrana.<br />
Alcuni dei principali recettori coinvolti nella segnalazione intracellulare includono i recettori<br />
della tirosino-chinasi, e i recettori associati alla tirosino chinasi (RATK) e il complesso delle<br />
proteine G.<br />
P<br />
Fosfato<br />
P<br />
Fosfato<br />
3<br />
Le proteino-chinasi<br />
agiscono come<br />
interruttori<br />
molecolari per una<br />
moltitudine di<br />
processi cellulari.<br />
Il meccanismo<br />
primario per cui<br />
una cellula<br />
percepisce stimoli<br />
extracellulari e<br />
conseguentemente<br />
evochi una<br />
segnalazione<br />
intracellulare a<br />
cascata avviene<br />
attraverso i<br />
recettori di<br />
membrana.<br />
3.15
3<br />
Il fattore di crescita<br />
legandosi alla<br />
cellula causa<br />
l’attivazione e la<br />
modificazione dei<br />
recettori delle<br />
proteine della<br />
superficie<br />
cellulare . . .<br />
Anormalità del<br />
recettore HER2 che<br />
produce<br />
sovrastimolazioni<br />
nei percorsi dei<br />
segnali di<br />
trasduzione dei<br />
fattori di crescita<br />
cellulari, giocano<br />
un ruolo in una<br />
significativa<br />
proporzione di<br />
molti tumori e più<br />
evidentemente nel<br />
tumore mammario.<br />
3.16<br />
La famiglia dei recettori della tirosino-chinasi include HER2, il recettore epidermale del fattore<br />
di crescita (EGR-F) il recettore dell’insulina, e i recettori transmembranosi del fattore di crescita<br />
piastrino derivato (PDGF). Questi importanti recettori condividono molte caratteristiche<br />
strutturali: possiedono tutti i legami extracellulari “ligand-specific” e un dominio catalitico<br />
intracellulare con attività intrinseche di tirosino-chinasi. Legami specifici del dominio<br />
extracellulare attivano l’attività dei recettori della tirosino-chinasi dando esito ad una<br />
moltitudine di effetti come l’attivazione di altre proteino-chinasi, la stimolazione della<br />
fosfolipasi, e della fosfatidilinositol-3-chinasi,e la modulazione dei percorsi di secondi<br />
messaggeri intracellulari. Il loro maggior effetto coinvolge la famiglia di proteine MAPK. Il Raf-<br />
1 attivato dal MAPKs fosforilato attiva le chinasi extracelluari segnalo-regolate (ERK2) che<br />
agiscono sui fattori di trascrizione per controllare la crescita cellulare e la proliferazione.<br />
Segnalazioni attraverso recettori dei fattori di crescita<br />
Il fattore di crescita legandosi alla cellula causa l’attivazione e la modificazione dei recettori<br />
delle proteine della superficie cellulare, es. la risposta immediata è a livello proteico. Il<br />
recettore allora deve trasmettere l’informazione al nucleo in modo che la cellula possa<br />
rispondere al segnale. Questo processo di trasmissione spesso coinvolge i movimenti fisici delle<br />
proteine. In questo caso, solo quando il segnale proteico raggiunge il nucleo trova una risposta<br />
genica che coinvolge la sovra regolazione (aumento) e la sotto regolazione (diminuzione) della<br />
trascrizione genica (figura 3.11). Anche se le segnalazioni recettoriali, e le proteine che<br />
trasmettono informazioni possono essere danneggiate da percorsi di altre proteine che alterano<br />
il risultato finale in termini di trascrizione genica.<br />
P<br />
Proteine<br />
di segnalazione<br />
P<br />
P<br />
Attivita<br />
proteino<br />
chinasica<br />
Fosforilazione<br />
e attivazone di<br />
proteine di<br />
segnalazione<br />
Proteine attivate<br />
passate al nucleo<br />
Induzione<br />
della<br />
trascrizione<br />
genica<br />
Nucleo<br />
Fattori di crescita<br />
Recettori dei<br />
fattori di crescita<br />
Figura 3.11. Rappresentazione schematica di una segnalazione per mezzo dei recettori del fattore di<br />
crescita.<br />
Percorsi di segnalazione<br />
HER2<br />
L’HER2 è un membro della famiglia dei recettori dei fattori di crescita epidermali umani, che<br />
consiste in quattro recettori simili. Questi recettori interagiscono l’un l’altro e con una varietà di<br />
legamenti che attivano i diversi percorsi intracellulari. Anormalità del recettore HER2 che<br />
produce sovrastimolazioni nei percorsi dei segnali di trasduzione dei fattori di crescita cellulari,<br />
giocano un ruolo in una significativa proporzione di molti tumori e più evidentemente nel<br />
tumore mammario.
Struttura del HER2<br />
La proteina HER2 ha tre domini o regioni, comprendenti:<br />
● un dominio extracellulare coinvolto in un legame coniugato<br />
● un dominio transmembranico per segnalazioni<br />
● un dominio intracellulare con attività di tirosino-chinasi (figura 3.12).<br />
Membrana<br />
plasmatica<br />
Citoplasma<br />
Figura 3.12. Modello della proteina HER2.<br />
Dominio extracellulare (632<br />
ammino acidi) luogo di<br />
legame coniugato<br />
Dominio transmembranico<br />
(22 ammino acidi)<br />
Dominio intracellulare<br />
(580 ammino acidi)<br />
attivita‘di tirosinochinasi<br />
Traduzione del segnale HER2<br />
Spesso piccoli quantitativi del recettore HER2 sono espressi sulla superficie delle cellule<br />
epiteliali e hanno un ruolo nella normale crescita cellulare e divisione. L’HER2 si accoppia con<br />
altri recettori HER a formare dimeri, che obbligano un legamento molecolare a divenire attivo.<br />
Il processo di legamento stimola una serie di sequenze di eventi che di ritorno provocano un<br />
flusso d’informazione lungo il percorso del segnale di traduzione così da assicurare che i<br />
segnali in risposta allo stimolo siano trasmessi dal citoplasma al nucleo, attraverso la<br />
membrana cellulare (figura 3.11). L’attivazione genica quindi avviene come conseguenza del<br />
processo di questa traduzione di segnale.<br />
Inibizione del segnale di trasduzione HER2<br />
Come evidenziato sopra l’HER2 è sovraespresso approssimativamente nel 20% dei tumori<br />
mammari. Per questo, una proporzione di pazienti con tumore mammario hanno copie multiple<br />
del gene HER2, risultanti da una sovraespressione della proteina HER2, aumentando la<br />
segnalazione al nucleo e la trasformazione oncogenica delle cellule normali. Anche se non<br />
sono stati identificati specifici legamenti HER2, l’HER2 amplifica le segnalazioni per tutti i fattori<br />
di crescita e agisce come un recettore sistemico.<br />
Rimuovendo la funzione segnalatrice del HER2 si indeboliscono le segnalazioni di crescita, da<br />
ciò si riduce potenzialmente la crescita maligna. E’ stato riferito che gli anticorpi monoclonali<br />
anti HER2 (MAbs) come l’Herceptin ® possono causare una degradazione di HER2 nelle cellule<br />
tumorali mammarie. Questo meccanismo può sottolineare l’efficacia della terapia antitumorale<br />
mirata all’HER2 quale l’Herceptin ® , che è discussa nei Moduli 6 e 7. L’attività inibitoria della<br />
crescita dei vari anti HER2 MAbs, nel tumore mammario, si correla con la loro capacità di<br />
legarsi al HER2 e rimuoverlo dalla superficie cellulare. Questa attività evita all’HER2 di<br />
3<br />
una proporzione<br />
di pazienti con<br />
tumore mammario<br />
hanno copie<br />
multiple del gene<br />
HER2, risultanti da<br />
una<br />
sovraespressione<br />
della proteina<br />
HER2,<br />
aumentando la<br />
segnalazione al<br />
nucleo e la<br />
trasformazione<br />
oncogenica delle<br />
cellule normali.<br />
3.17
3<br />
Comunque i tumori<br />
che hanno la<br />
potenzialità di<br />
invadere i tessuti<br />
circostanti sono<br />
considerati <strong>cancro</strong><br />
e definiti come<br />
maligni.<br />
. . . una<br />
progressione<br />
tumorale da una<br />
lesione di un<br />
precursore non<br />
maligno fino a un<br />
tumore invasivo,<br />
malattia<br />
metastatica,<br />
coinvolge<br />
successivi passaggi<br />
di mutazione e<br />
selezione naturale.<br />
3.18<br />
interagire con altre proteine HER, quindi diminuendo i segnali di crescita che portano<br />
all’ancogenicità.<br />
TGF-ββ/Smad<br />
I fattori di crescita trasportanti (TGF-β) che segnalano il percorso includono tre elementi<br />
essenziali: le proteine TGF-β i recettori transmembranici e le proteine segnalanti chiamate<br />
Smad. Il processo di transduzione di segnale è cominciato con il legamento dei vari TGF-β<br />
extracellulari a recettori di membrana, dove l’attività dei recettori delle proteino-chinasi,<br />
fosforilizzano specifiche proteine Smad. Le proteine Smad attivate sono trasferite al nucleo<br />
dove inducono una trascrizione di geni specifici. Un errore in questo percorso può provocare<br />
una proliferazione cellulare incontrollata permettendo l’aumento del <strong>cancro</strong>.<br />
Ras e Raf-1/ERK2 (MAPK proteine)<br />
Come discusso precedentemente, la proteina prodotta da oncogeni stimola la proliferazione<br />
cellulare incontrollata. L’oncogenesi del gene Ras avviene quando il legante Ras-GTP (famiglia<br />
P21 RAS) interagisce con le proteine, provocando lo spostamento e l’attivazione di un numero<br />
di effettori di serina/treonina chinasi. L’attività di chinasi di queste molecole attivate influiscono<br />
su una moltitudine di percorsi di segnalazioni. Le proteine Ras (Ras-GPT) sono regolate dalle<br />
proteine Ras GTP fase-attivanti (GAPS) che modulano l’idrolisi del limite Ras GTP. In contrasto le<br />
proteine Ras oncogeniche (p21 proteine ras) non vengono inattivate dal GAPS, di<br />
conseguenza la costante stimolazione nel percorso degli elementi di segnalazione ed infine la<br />
crescita cellulare incontrollata.<br />
Oncogenesi e crescita tumorale<br />
Lo sviluppo di un tumore<br />
Come discusso nel Modulo 2, la combinazione di crescite neoplastiche e malignità rendono le<br />
cellule tumorali particolarmente pericolose. Una cellula anormale isolata che non prolifera se<br />
non nella sue normali vicinanze non significa danno. Comunque, se la sua crescita e divisione<br />
è fuori controllo darà origine ad un tumore. Così un tumore è una massa di cellule anormali<br />
che cresce rapidamente. Per il tempo che queste cellule neoplastiche rimangono raggruppate in<br />
una massa singola, il tumore è detto localizzato o in situ. Spesso la chirurgia ottiene successi<br />
nel rimuovere una massa localizzata.<br />
Comunque i tumori che hanno la potenzialità di invadere i tessuti circostanti sono considerati<br />
<strong>cancro</strong> e definiti come maligni. Questi tumori possono anche metastatizzare o produrre tumori<br />
secondari a distanza a causa di cellule che entrano nel sistema linfatico o sanguigno.<br />
I tumori vengono generalmente rilevati solo quando arrivano ad una misura relativamente<br />
importante (in ragione di cellule 108 o 109 ) (figura 3.13). Questo aumenta la probabilità che il<br />
tumore abbia già metastatizzato prima della diagnosi rendendo il trattamento più difficile.<br />
Chiaramente, prima viene diagnosticato un tumore e più piccolo sarà. Questo migliora la<br />
prognosi e il risultato per il paziente specialmente se il tumore viene identificato prima della<br />
metastatizzazione. Più estesamente un tumore metastatizza più difficile sarà sradicarlo.<br />
La crescita cellulare tumorale è il gradino percentuale limitante nello sviluppo del <strong>cancro</strong>. Il<br />
tumore cresce esponenzialmente (figura 3.13) perché ogni divisione cellulare raddoppia il<br />
numero delle cellule così che due cellule diventano quattro, quattro diventano otto poi 16, 32,<br />
64 e così via. È importante evidenziare come una progressione tumorale da una lesione di un<br />
precursore non maligno fino a un tumore invasivo, malattia metastatica, coinvolge successivi<br />
passaggi di mutazione e selezione naturale. Per cui il <strong>cancro</strong> sembra nascere da un processo<br />
nel quale una popolazione iniziale di cellule nate da una singola cellula mutante evolve<br />
attraverso successivi cicli di mutazione e selezione naturale per produrre cellule con<br />
caratteristiche di crescita aggressive e altre proprietà associate con il <strong>cancro</strong>. Una singola
mutazione non è logicamente sufficiente a causare il <strong>cancro</strong> e molte evidenze suggeriscono che<br />
lo sviluppo del <strong>cancro</strong> generalmente ha bisogno che in una cellula capitino parecchi incidenti<br />
indipendenti e insoliti.<br />
Diametro del tumore (mm)<br />
Citoplasma<br />
100<br />
10<br />
Membrana<br />
citoplasmatica<br />
0<br />
1 10 20 30 40 50<br />
Figura 3.14. Indicatore dello stato HER2.<br />
1<br />
0.1<br />
Raddoppiamento della<br />
popolazione cellulare tumorale<br />
Figura 3.13. Crescita esponenziale del tumore.<br />
Normale Amplificazione/sovra espressione<br />
Nucleo<br />
Recettore proteina<br />
HER2<br />
HER2<br />
mRNA<br />
HER2 DNA<br />
Morte del paziente<br />
(10 12 cellule)<br />
Tumore appena palpabile<br />
(10 9 cellule)<br />
Tumore appena visibile ai<br />
raggi (10 8 cellule)<br />
I passi per una progressione tumorale possono essere correlati con mutazioni che attivano<br />
specifici oncogeni e inattivano specifici geni soppressori tumorali. Per esempio la perdita della<br />
funzione del p53 e dell’amplificazione del HER2 sono eventi comuni nello sviluppo del <strong>cancro</strong>.<br />
L’amplificazione del gene HER2 (figura 3.14) porta a trasformazioni oncogeniche per mezzo<br />
di un:<br />
● aumento della trascrizione del gene HER2 (sintesi del RNA dal DNA)<br />
● aumento dei livelli del HER2 mRNA.<br />
1 = ↑ numero di copie geniche<br />
2 = ↑ trascrizione mRNA<br />
3 = ↑ espressione dei recettori proteici sulla superfice cellulare<br />
1<br />
2<br />
3<br />
3<br />
I passi per una<br />
progressione<br />
tumorale possono<br />
essere correlati con<br />
mutazioni che<br />
attivano specifici<br />
oncogeni e<br />
inattivano specifici<br />
geni soppressori<br />
tumorali.<br />
3.19
3<br />
3.20<br />
Rimane sconosciuto l’esatto meccanismo che sottolinea l’amplificazione del HER2 e come esso<br />
contribuisca alla virulenza del tumore. Qualsiasi sia la causa le conseguenze dell’amplificazione<br />
del HR2 sono una sovraregolazione della crescita oncogenica (vedi figura 3.7). Strategie<br />
terapeutiche <strong>biologiche</strong> con obiettivo anormalità molecolari specifiche al tumore vengono<br />
discusse nei Moduli 6 e 7.<br />
Aumento delle mutazioni nella crescita tumorale<br />
Le mutazioni sono le caratteristiche delle cellule tumorali e sono alla base della notevole capacità<br />
delle cellule tumorali di crescere costantemente e di sottrarsi alle difese umane. Come discusso<br />
precedentemente, questo è spesso il risultato di esposizioni a iniziatori e promotori tumorali. La<br />
mutanza dell’ipotesi fenotipale attribuisce questo fenomeno all’aumento della percentuale di<br />
errori nella replicazione del DNA come ad una crescita tumorale. Secondo questa teoria, i geni<br />
codificano proteine come la DNA polimerasi e l’enzima riparatore del DNA e altre molecole<br />
che giocano un ruolo importante nella replicazione che possono trasformarsi in cellule tumorali.<br />
Come conseguenza possono essere mutati altri geni responsabili di mantenere la stabilità del<br />
genoma e il controllo della proliferazione.<br />
Sommario<br />
I tumori sono masse di cellule anormali in espansione. Finché queste cellule neoplastiche restano<br />
raggruppate assieme in una singola massa, il tumore viene considerato localizzato. La natura<br />
neoplastica e maligna delle cellule tumorali significa che esse proliferano in assenza di segnali<br />
promotori della crescita e che invadono e colonializano le cellule normali portandole al tumore.<br />
Così le cellule tumorali possono crescere continuativamente e invadere le difese umane. La<br />
conversione di una cellula normale in una maligna è il risultato di una mutazione genica<br />
generalmente dovuta all’azione di un carcinogeno. Una singola mutazione (un cambio strutturale<br />
nel DNA) non basta a provocare il <strong>cancro</strong>. Molte conferme suggeriscono che lo sviluppo di un<br />
tumore generalmente richiede incidenti multipli e ripetuti nella cellula. I tumori crescono<br />
esponenzialmente e la progressione tumorale coinvolge successivamente serie di mutazioni e<br />
selezioni naturali. Questo accresce il numero della percentuale di errori nella replicazione del<br />
DNA come sviluppo tumorale.<br />
Un proto-oncogene è un gene con una funzione normale di controllo della proliferazione<br />
cellulare che può essere mutata a produrre un oncogene. Un gene onco-soppressore è un gene<br />
antiploriferativo in cellule normali. Si pensa che il <strong>cancro</strong> si manifesti come il risultato di una<br />
serie di mutazioni negli oncogeni e nei geni onco-soppressori. Esempi di questi tipi di gene con<br />
ruoli ben noti nello sviluppo, mantenimento o malignità tumorale sono l’HER2, un proto<br />
oncogene, e il p53 un gene onco-soppressore. Questi geni hanno ruoli particolarmente<br />
importanti rispettivamente nel tumore mammario e colorettale.<br />
Evidenze emergenti indicano che geni riparatori disuguali giocano anche un ruolo nel<br />
predisporre la mutazione cellulare. L’apoptosi che è un meccanismo di suicidio cellulare è un<br />
evento biologico intrinseco che agisce in modo essenziale nello sviluppo, omeostasi e in molti<br />
processi patologici. L’uccisione delle cellule danneggiate, o in surplus, in modo preciso e<br />
sistemico è un aspetto importante dello sviluppo normale. Alcuni tumori sembrano inibire la<br />
cascata della morte cellulare che avviene in seguito ad eccessiva e incontrollata proliferazione.<br />
I geni coinvolti nell’eziologia del <strong>cancro</strong> spesso codificano molecole come i fattori di crescita e i<br />
loro recettori, che spesso stimolano la replicazione cellulare o fattori coinvolti nel causare la<br />
morte cellulare (apoptosi). I fattori di crescita comprendono proteine, peptidi (sub-unità proteiche)<br />
o ormoni steroidei. Quando limitati a recettori rilevanti sulla superficie cellulare, i fattori di
crescita attivano una comunicazione o un percorso di segnalazione chiamata trasduzione di<br />
segnale che stimola la cellula a rispondere sia per espressione o inibizione delle proteine<br />
conosciute che per il controllo della funzionalità cellulare.<br />
Un importante e ben caratterizzata famiglia di recettori del fattore di crescita è il gruppo dei<br />
recettori della tirosino-chinasi, che controlla la crescita e la differenziazione cellulare. Uno dei<br />
membri di questa famiglia più intensivamente studiati è l’HER2 che ha un ruolo cardine nella<br />
segnalazione cellulare e le cui anormalità sono state associate con la prognosi del tumore<br />
mammario e di altri tumori. L’HER2 è il bersaglio della terapia biologica, Herceptin ® (vedi<br />
Modulo 6).<br />
In contrasto, il p53 normalmente permette alle cellule di far fronte con sicurezza ai danni del<br />
DNA e prevenire la proliferazione incontrollata delle cellule tumorali fermando le cellule<br />
durante il ciclo cellulare per permettere la riparazione delle anormalità cromosomiali o<br />
promuovere la morte cellulare. La perdita o l’inattivazione del p53 previene questo controllo e<br />
limita l’abilità dell’apoptosi a mantenere il numero cellulare. Mutazioni del p53 permettono ad<br />
altre mutazioni di venir passate alle cellule figlie e sono logicamente molto importanti nello<br />
sviluppo tumorale, interessando più del 50% di tutti i tumori ed essendo associate con un altro<br />
grado di aggressività clinica. Per quanto nessuna terapia mirata al p53 sia disponibile a<br />
tutt’oggi.<br />
3<br />
3.21
3<br />
3.22<br />
Questionario di autovalutazione<br />
1. Gli elementi e i processi genici possono essere disposti in un ordine gerarchico e<br />
sequenziale. Completa lo schema inserendo le parole appropriate elencate sotto. I due<br />
asterischi rappresentano l’inizio dei due percorsi di mutazione che possono sfociare nella<br />
proliferazione cellulare incontrollata e la crescita tumorale invasiva. Per piacere<br />
denominali:<br />
DNA Cromosomi Transduzione Proteina<br />
Genoma<br />
Geni<br />
Basi<br />
Trascrizione<br />
mRNA<br />
2. Come può un proto-oncogene trasformarsi in un oncogene? Che tipi di processi vengono<br />
eseguiti oltre al conosciuto controllo proto-oncogenico?<br />
3. Usando come esempio il gene p53 “onco-soppressore” e il recettore HER2 del fattore di<br />
crescita descrivi come le mutazioni possono condurre allo sviluppo del <strong>cancro</strong> in ciascun<br />
caso.<br />
4. Cos’ è il segnale di trasduzione e a cosa adempie?<br />
5. Sottolinea brevemente le principali tappe ed eventi in un tipico percorso di trasduzione<br />
usando in prima mossa un fattore di crescita.<br />
6. Discuti il ruolo di mutazione genica nel <strong>cancro</strong>.<br />
Le risposte a queste domande si trovano a pagina 8.4.<br />
**
Modulo 4. Il sistema immunitario: Le basi per tutte le terapie<br />
<strong>biologiche</strong><br />
Introduzione<br />
Essendo dimostrato che il <strong>cancro</strong> ha basi <strong>biologiche</strong> che sono sempre più chiaramente<br />
conosciute, il Modulo 4 offre le basi affinché si possa capire perché le terapie <strong>biologiche</strong> siano<br />
attuabili e focalizzate nella ricerca terapeutica per il <strong>cancro</strong>. Lo scopo delle terapie <strong>biologiche</strong><br />
tende ad offrire benefici terapeutici attraverso l’esplorazione del sistema immunitario al fine di<br />
mirare a specifiche risposte cellulari.<br />
Questo modulo offre una panoramica concisa del sistema immunitario con una particolare<br />
enfasi sulle componenti che hanno applicazione nelle terapie <strong>biologiche</strong>. Viene inoltre discusso<br />
il percorso possibile che il <strong>cancro</strong> e altre patologie compiono per sopraffare il sistema<br />
immunitario. Inoltre si annuncia come le conoscenze del sistema immunitario possono essere<br />
utilizzate nelle strategie terapeutiche.<br />
4.1<br />
4
4<br />
4.2<br />
Questionario di autovalutazione<br />
1. Definisci e descrivi i risultati di una risposta immunitaria, indicando perché è importante la<br />
corretta identificazione di un agente come estraneo e potenzialmente dannoso.<br />
2. Definisci in uno schema una molecola anticorporale generalizzata e indica quale porzione<br />
si lega all’antigene e quale si lega ad altre cellule del sistema immunitario.<br />
3. Descrivi come vengono prodotti gli anticorpi in risposta ad un agente estraneo e i tre<br />
principali modi con i quali agiscono.<br />
4. Indica se ciascuna delle seguenti affermazioni è vera o falsa e se falsa da una risposta<br />
corretta:<br />
a. Il sistema immunitario mirato risponde rapidamente a organismi estranei<br />
b. Una volta marcato da un’esposizione antigenica iniziale, il sistema immunitario acquisito<br />
conferisce una memoria antigenica ed è capace di aumentare la forza e l’efficacia della<br />
risposta ai successivi incontri con quell’antigene.<br />
c. La risposta immunitaria cellulo-mediata si basa sulla produzione di anticorpi.<br />
d. Le cellule T e B che sono state stimolate da un antigene sono morfologicamente<br />
indistinguibili.<br />
e. Le cellule T sono così definite perché maturano nel timo.<br />
5. Descrivi come un singolo tipo di anticorpo (anticorpo monoclinale MAb) può essere<br />
prodotto in laboratorio e descrivi due vantaggi dei MAbs sugli anticorpi policlonali.<br />
6. Sia l’attività normale che quella anormale del sistema immunitario possono causare<br />
malattie. Completa le seguenti frasi con gli esempi più appropriati di malattie tra quelli<br />
elencati sotto:<br />
Reazioni allergiche Autoimmune Immuno controllo<br />
Malattie da immunodeficienza Anemia perniciosa Tubercolosi<br />
a. Nel …………………............ i batteri patogeni resistono alla distruzione dei macrofagi<br />
e si moltiplicano nei macrofagi stessi. Quando alla fine i macrofagi scoppiano i batteri si<br />
diffondono e i lisosomi contenuti si diffondono all’esterno causando danni al tessuto<br />
ospite?<br />
b. …………………............ sono dovute ad una inappropriata forte risposta delle cellule T<br />
verso un debole antigene immunogenico.<br />
c. La mancanza delle cellule T e B per varie ragioni inclusa la distruzione delle cellule T può<br />
causare …………………...........................................................................................<br />
d. Quando il sistema immunitario attacca i componenti cellulari ospiti poi .........................<br />
…………………............ si possono sviluppare malattie come …………………...............<br />
d. Il processo per il quale il sistema immunitario corpale è capace di individuare e<br />
proteggere se stesso contro cellule di tipo abnorme o da quantitativi di proteine sulla loro<br />
superficie cellulare è conosciuto come….....................................................................<br />
7. Anche se molte cellule tumorali hanno abnormi o normali quantitativi di antigeni sulla<br />
propria superficie, l’immuno controllo non è efficace. Da due possibili spiegazioni per<br />
questo.<br />
Le risposte a queste domande si trovano a pag. 8.6
Capire il sistema immunitario<br />
Il genere umano ha due barriere fisiche per difendersi dagli attacchi dei batteri, dei virus, dei<br />
miceti e dei parassiti: la cute e le mucose, membrane che ricoprono il tratto digestivo,<br />
respiratorio e riproduttivo. Comunque nel caso che queste barriere fisiche fossero danneggiate<br />
il genere umano ha altri due livelli di protezione:<br />
● il sistema immunitario innato, che risponde prontamente a organismi estranei<br />
● il sistema immunitario acquisito che può adattarsi per proteggere da organismi estranei<br />
Importanti componenti del sistema immunitario sono:<br />
● un network complesso e altamente sviluppato che coinvolge molti differenti tipi di cellule che<br />
interagiscono l’un l’altra. Sono i linfociti (cellule T e B, così chiamate perché furono<br />
individuate la prima volta come tipi di cellule che maturano nel timo e nella borsa di<br />
Fabrizio (un organo degli uccelli), i fagociti e le cellule dendritiche (tavola 4.1)<br />
● il loro scopo è semplice: trovare e distruggere gli invasori (aggressori)<br />
● sono altamente specifiche e possono distinguere tra molecole estranee e molecole autoctone<br />
● si possono adattare e possono ricordare (memoria immunologia).<br />
Che cos’è una risposta immunitaria?<br />
Una risposta immunologia è il nome che viene dato alla risposta delle cellule e molecole del<br />
sistema immunitario a seguito dell’introduzione di un agente estraneo. Molte delle risposte<br />
immunitarie possono mirare alla distruzione ed eliminazione di organismi invasori e a qualsiasi<br />
molecola tossica che possono produrre. Poiché la risposta immunitaria è distruttiva, è<br />
essenziale che avvenga solo in risposta a molecole che siano estranee all’ospite e non in<br />
risposta all’ospite stesso. Occasionalmente il sistema immunitario sbaglia nel distinguere tra<br />
molecole estranee e autoctone, tale malattia autoimmune può essere fatale (vedi pag. 4.15).<br />
Ci sono due classi di risposte immunitarie:<br />
● risposte anticorporali umorali stimolate dalle cellule B<br />
● risposte anticorporali cellulomediate che comprendono citotossicità da cellule mediate<br />
anticorpo-dipendenti (ADCC) stimolate dalle cellule T.<br />
Che cos’è un antigene?<br />
Ogni sostanza capace di provocare una risposta immunitaria è definita antigene. Questo<br />
include un ampia gamma di sostanze da semplici sostanze chimiche, a zuccheri e piccoli<br />
peptidici, a proteine. Gli antigeni possono trovarsi sia come molecole libere o integrati nelle<br />
membrane cellulari di parassiti, batteri e virus. Una struttura tridimensionale e una<br />
composizione specifica di un antigene che da il via alla produzione di anticorpi che si<br />
legheranno all’antigene.<br />
Che cos’è un anticorpo?<br />
Gli anticorpi sono immunoglobuline (Ig) proteine prodotte dalle cellule B, Le cellule B sono<br />
globuli bianchi (o linfociti) prodotti nel midollo osseo. Ogni cellula B ha recettori sulla sua<br />
superficie che sono specifici per un singolo antigene. Dall’incontro e dall’aggancio al loro<br />
antigene bersaglio e con la stimolazione delle cellule T helper, le cellule B maturano in fattori<br />
anticorporali chiamati plasma cellule (per ulteriori dettagli vedi pag. 4.7)<br />
4<br />
Una risposta<br />
immunologia è il<br />
nome che viene<br />
dato alla risposta<br />
delle cellule e<br />
molecole del<br />
sistema<br />
immunitario a<br />
seguito<br />
dell’introduzione<br />
di un agente<br />
estraneo.<br />
Gli anticorpi sono<br />
immunoglobuline<br />
(Ig) proteine<br />
prodotte dalle<br />
cellule B<br />
4.3
4<br />
4.4<br />
Tavola 4.1. Sommario delle funzioni principali delle cellule coinvolte nel sistema<br />
immunitario.<br />
Tipo di cellula Principali funzioni<br />
Neutrofili Fagocitosi. Rilasciamento di sostanze chimiche coinvolte con<br />
l’infiammazione<br />
Basofili Rilasciamento di istamina e altre sostanze chimiche coinvolte con<br />
l’infiammazione, che hanno un ruolo simile ai mastociti nei tessuti<br />
Eusinofili Distruzione dei parassiti. Partecipazione a reazioni di ipersensività<br />
mediata<br />
Cellule B Iniziano una risposta immunitaria mediata da anticorpi legando gli<br />
antigeni specifici ai recettori delle proprie membrane plasmatiche.<br />
Quando attivati si trasformano in plasmacellule che producono anticorpi<br />
Plasma cellule Secrezione di anticorpi<br />
Cellule T cititossiche Si legano all’antigene delle cellule bersaglio e distruggono direttamente le<br />
cellule<br />
Cellule T helper Producono citochine che attivano le cellule B, cellule T citotossiche, cellule<br />
NK macrofagi e altre cellule T helper. Si legano ad antigeni presenti sui<br />
macrofagi<br />
Cellule T suppressur Inibiscono le cellule B e T citotossiche<br />
Cellule natural killer (NK) Si legano direttamente a non specificatamente a cellule infettate da virus e<br />
a cellule tumorali e le uccidono. Funzionano come killer cellulari nel ADCC<br />
Cellule T e B memory Attivate con facilità dalle cellule B e T che rispondono con un antigene<br />
verso ilL quale il sistema è già stato esposto producendo una risposta<br />
rapida e specifica. Tipo cellulare indotto da vacinazioni che producono<br />
una immunità duratura alle infezioni<br />
Macrofagi Producono fagocitosi e distruzione intracellulare. Distruzione extracellulare<br />
attra verso sostanze chimiche tossiche. Contengono e producono gli<br />
antigeni delle cellule T helper. Secernono citochine coinvolte in fattori<br />
infiammatori. Attivano cellule T helper e risposte sistemiche a infezioni da<br />
ferite<br />
Monociti Funzionano nel sangue come i macrofagi nei tessuti. Invadono i tessuti e si<br />
trasformano in macrofagi<br />
Cellule dendritiche Contengono e presentano antigeni alle cellule T helper<br />
Mastociti Rilasciano istamina e sostanze chimiche coinvolte nelle infiammazioni
Ci sono cinque classi di anticorpi ciascuna delle quali adempie a funzioni distinte.<br />
● IgA è la seconda Ig per abbondanza ed è coinvolta principalmente nel difendere la<br />
superficie corporea esterna<br />
● IgD è prodotta dallo sviluppo delle cellule B e si trova solo sulla superficie di queste cellule<br />
● IgE protegge la superficie corporea esterna ed è coinvolta con le reazioni allergiche<br />
istaminiche<br />
● IgM è la prima classe anticorporale prodotta dallo sviluppo delle cellule B. Come le cellule<br />
B si sviluppano esse si attivano a produrre altre classi anticorporali<br />
● IgG è la più grande classe Ig ed è prodotta in grandi quantità. IgG può attivare il sistema<br />
del complemento (vedi pag. 4.9) induce la fagocitosi attraverso i macrofagi o neutrofili e<br />
stimola l’ADCC.<br />
Struttura anticorporale<br />
Un anticorpo può esser visto come una molecola a forma di Y con una zona che si lega<br />
all’antigene chiamata FAB alla fine di ciascuno dei due bracci del Y. Formano ciascun braccio<br />
due differenti proteine la catena pesante e la catena leggera (figura 4.1). Data la presenza<br />
della zona Fab di ciascuno dei due bracci anticorporali ciascun anticorpo può legare due<br />
antigeni simultaneamente. Poiché i punti dei legami antigenici sono identici in ciascun braccio<br />
essi legano lo stesso antigene. Inoltre la regione Fc (il gambo dell’Y) dell’anticorpo determina<br />
la proprietà biologica dell’anticorpo, e può per esempio legarsi a speciali recettori (recettori<br />
Fc) sulla superficie delle cellule, es. i macrofagi.<br />
Catena leggera<br />
Legame disulfidico<br />
Regione (FAB) variabile<br />
Catena pesante Regione (FC) costante<br />
Figura 4.1. La struttura di una tipica molecola anticorporale.<br />
Produzione di anticorpi differenti<br />
Le risposte anticorporali umorali coinvolgono la produzione di anticorpi che circolano nel<br />
flusso sanguigno e permeano altri fluidi corporali, dove si legano specificamente ad antigeni<br />
estranei che li allertano. Questo legame inattiva l’antigene e lo segna affinché venga distrutto<br />
dalle cellule chiamate fagociti o induce un sistema di proteine ematiche per la distribuzione<br />
dell’antigene chiamato complemento, come dibattuto più avanti (vedi pag. 4.9).<br />
4<br />
Un anticorpo può<br />
esser visto come<br />
una molecola a<br />
forma di Y con<br />
una zona che si<br />
lega all’antigene<br />
chiamata FAB alla<br />
fine di ciascuno<br />
dei due bracci del<br />
Y.<br />
Le risposte<br />
anticorporali<br />
umorali<br />
coinvolgono la<br />
produzione di<br />
anticorpi che<br />
circolano nel<br />
flusso sanguigno e<br />
permeano altri<br />
fluidi corporali,<br />
dove si legano<br />
specificamente ad<br />
antigeni estranei<br />
che li allertano.<br />
4.5
4<br />
Si stima che<br />
approssimativame<br />
nte sono richiesti<br />
100 milioni di<br />
diversi anticorpi<br />
per proteggersi da<br />
ogni possibile<br />
aggressione.<br />
Il ruolo più importante<br />
delle cellule<br />
di presentazione -<br />
antigenica è quello<br />
di attivare le<br />
cellule.<br />
4.6<br />
Si stima che approssimativamente sono richiesti 100 milioni di diversi anticorpi per proteggersi<br />
da ogni possibile aggressione. Uno speciale processo chiamato selezione clonale abilita le<br />
cellule B a produrre un così alto numero di differenti tipi di anticorpi. La criticità per capire<br />
questo processo è trovare che ciascuna cellula B produce anticorpi che hanno un solo tipo di<br />
Fab. Inoltre si è rilevato che ciascun Fab è specifico per un solo antigene chiamato suo<br />
antigene analogo. Ciascuna cellula B distribuisce i suoi anticorpi sulla sua superficie. Questi<br />
anticorpi sono conosciuti come recettori della cellula B e segnalano alla cellula B, quando è<br />
presente, il suo antigene analogo. Così i recettori della cellula B agiscono come antenne che<br />
captano il segnale corretto.<br />
La porzione di un antigene che si combina con il sito attaccato all’antigene di una molecola<br />
anticorporale o ad un recettore linfocitario è chiamata determinante antigenica o epitope. La<br />
maggioranza degli antigeni hanno una varietà di determinanti antigeniche e stimolano la<br />
produzione di più di un clone anticorporale (un insieme di anticorpi identici che riconoscono<br />
un epitope) o risposta cellulare T. Questi epitopi variano nel loro grado di antigenicità. Quelli<br />
che sono maggiormente antigenici dominano la risposta totale e sono detti immunodominanti.<br />
Cellule con antigeni che stimolano i cloni linfocitari<br />
Anche se un antigene attiva molti cloni anticorporali, solo una minuscola frazione della<br />
popolazione linfocitaria totale sarà stimolata. Per assicurarsi che l’appropriata popolazione<br />
linfocitaria è esposta all’antigene, gli antigeni sono generalmente raccolti da speciali cellule<br />
chiamate cellule di presentazione antigenica negli organi linfatici secondari (figura 4.2)<br />
attraverso i quali le cellule T e B continuano a circolare. Le cellule di presentazione antigenica<br />
sono derivate dal midollo osseo e comprendono un insieme eterogeneo di cellule. Il ruolo più<br />
importante delle cellule di presentazione - antigenica è quello di attivare le cellule. Le cellule<br />
dendretiche sono uno dei tipi più comuni di cellule di presentazione antigenica. L’attivazione<br />
delle cellule T helper ha un ruolo importante nel proliferare e differenziarsi in modo da poter<br />
stimolare la crescita di altre cellule T helper e B, nello stimolare le cellule T citotossiche ad<br />
uccidere una cellula bersaglio infetta, e attivare i macrofagi. Questa stimolazione è prodotta<br />
attraverso la secrezione di citochine, es. l’interleukina-2 (IL-2) e l’interleukina-4 (IL-4) rilasciata<br />
dalle cellule T helper stimolando la crescita delle cellule T e B (e provocando l’attivazione a<br />
produrre anticorpi IgE) dove la produzione di interleukina (IL-1) e di interferone-γ (IFN-γ)<br />
attivano la produzione di macrofagi.<br />
Adenoidi<br />
Pliche del Peyer<br />
nell’ intestino<br />
tenue<br />
Appendice<br />
Figura 4.2. Organi e tessuti del sistema linfatico.<br />
Tonsille<br />
Linfatici<br />
Linfonodi<br />
Milza
Quando un recettore della cellula B riconosce il suo antigene bersaglio e sono anche presenti<br />
segnali specifici per una cellula T helper esso si lega all’antigene. Ciò stimola la cellula B a<br />
dividersi per produrre migliaia (approssimamene 20.000) cellule B identiche. Questo gruppo<br />
di cellule identiche è chiamato clone della cellula B e la sua produzione impiega mediamente<br />
una settimana. Tutte le cellule nel clone hanno identica specificità antigenica.<br />
Creare una estesa diversità anticorporale<br />
Gli anticorpi sono formati da due paia di subunità identiche catene chiamate leggere e<br />
pesanti, che sono legate chimicamente assieme. Sia le catene leggere che pesanti di una<br />
molecola Ig hanno regioni distinte costanti e variabili. Grandi aree sono simili in tutti gli<br />
anticorpi, queste aree sono chiamate regioni costanti (C). Ci sono differenze tra anticorpo e<br />
anticorpo all’interno della regione variabile alla fine del terminale amminico delle catene<br />
leggere e pesanti che si uniscono a formare il sito legato all’antigene. È importante rilevare che<br />
ci sono tre bracci corti, regioni ipervariabili dove c’è un alto livello di variabilità, responsabili<br />
della specificità anticorpale. La parte restante della regione variabile (V) è conosciuta come<br />
regione strutturale, che è relativamente costante.<br />
Sia le catene leggere che pesanti sono formate da segmenti, ripetenti o dominanti (fig. 4.3)<br />
ciascuno dei quali si regge indipendentemente a formare un elemento compatto funzionale.<br />
Una catena leggera consiste di un dominio costante (CL) e una variante variabile (VL), mentre la<br />
maggior parte delle catene pesanti consiste di un dominio variabile (VH) e tre domini costanti<br />
(CH1, CH2 e CH3). I domini variabili sono responsabili del legame antigenico, mentre i domini<br />
costanti delle catene pesanti (escluso CH1) formano la regione Fe che determina le altre<br />
proprietà <strong>biologiche</strong> dell’anticorpo.<br />
Regione<br />
ipervariabile<br />
V H<br />
C1<br />
H<br />
V L<br />
C H<br />
Figura 4.3. Struttura domino anticorporale.<br />
C<br />
H<br />
2<br />
3<br />
C L<br />
Cardine<br />
Catena pesante<br />
Catena<br />
leggera<br />
La catena pesante anticorporale nelle cellule B immature è formata da quattro tipi di moduli (V,<br />
D, J, e C). Esistono numerosi tipi diversi di ciascuno di questi moduli individuali (figura 4.4). Le<br />
stesse diversità di moduli esistono per le catene leggere. Questa diversità fornisce moduli<br />
bastanti così che mischiandoli e accoppiandoli si possono creare approssimativamente 10<br />
milioni di combinazioni diverse di catene leggere e pesanti. La differenza anticorporale è<br />
ulteriormente aumentata dalla somma o sottrazione di piccole parti di DNA nella regione di<br />
incrocio quando i moduli sono uniti (diversità giunzionale).<br />
4<br />
Gli anticorpi sono<br />
formati da due<br />
paia di subunità<br />
identiche catene<br />
chiamate leggere e<br />
pesanti, che sono<br />
legate<br />
chimicamente<br />
assieme.<br />
4.7
4<br />
Gli anticorpi identificano<br />
e legano<br />
gli antigeni<br />
attraverso la loro<br />
regione Fab,<br />
etichettandoli per<br />
la distruzione.<br />
Il sistema immunitario<br />
innato non<br />
solo produce una<br />
rapida risposta ai<br />
comuni invasori<br />
ma attiva e<br />
controlla anche il<br />
sistema<br />
immunitario<br />
acquisito.<br />
4.8<br />
Catena pesante<br />
nel DNA di cellule<br />
B immature<br />
Catena pesante nel DNA<br />
di cellule B mature<br />
V 1<br />
Appossimativamente 100<br />
segmenti v differenti<br />
V 2 V n D 1 D n J 1 J n C m C n<br />
>4<br />
segmenti D<br />
Selezione<br />
V 2 D 1 J 4 C m<br />
6<br />
Segmenti J Appossimativamente<br />
10 segmenti C<br />
Figura 4.4. Selezioni fortuite di segmenti V, D, J e C creano una enorme diversità anticorporale.<br />
Funzione anticorporale<br />
Gli anticorpi identificano e legano gli antigeni attraverso la loro regione Fab, etichettandoli per<br />
la distruzione. La loro regione libera Fe (il gambo) può legarsi ai recettori Fe sulla superficie<br />
dei fagociti (cellule che distruggono gli invasori). Questo forma un ponte tra antigene e<br />
fagocita così che l’antigene può essere distrutto.<br />
Gli anticorpi lavorano in tre modi:<br />
● neutralizzazione, bloccando l’attività biologica della loro molecola bersaglio<br />
● opsonizzazione, interagendo con speciali recettori su varie cellule, inclusi i macrofagi,<br />
neutrofili, basofili e mastociti, permettono loro di riconoscerle e rispondere all’antigene<br />
● attivazione del complemento, causando una diretta rottura della struttura cellulare (lisi)<br />
attraverso il complemento ed aumentando la fagocitosi.<br />
Il sistema immunitario innato<br />
Il sistema immunitario innato non solo produce una rapida risposta ai comuni invasori ma attiva<br />
e controlla anche il sistema immunitario acquisito. È importante notare che a differenza del<br />
sistema immunitario acquisito il sistema immunitario innato non conserva memoria di un<br />
incontro con un antigene sconosciuto.<br />
I componenti di un sistema immunitario innato sono tre:<br />
● sistema del complemento<br />
● fagociti<br />
● cellule “natural killer”.
Il sistema complemento - l’effetto domino (reazione a catena)<br />
Il sistema del complemento agisce molto rapidamente autonomamente e in cooperazione con<br />
gli anticorpi per difendere dalle infezioni. È formato approssimativamente da 20 diverse<br />
proteine che agiscono insieme per distruggere il corpo estraneo e segnalare alle altre cellule<br />
del sistema immunitario, come i macrofagi, di rispondere. Le proteine solubili del complemento<br />
sono prodotte principalmente dal fegato e circolano nel sangue e nei fluidi extracellulari. Per<br />
far si che il sistema complemento funzioni bisogna che sia attivato dai complessi antigeneanticorpo<br />
o da microrganismi. Le proteine del complemento allora subiscono una reazione a<br />
cascata di divisione proteica (proteolitisi) analoga a un effetto domino (figura 4.5), che dà<br />
come risultato la formazione di complessi che attaccano le membrane, producendo buchi<br />
(brecce) nei microrganismi e quindi distruggendoli. Alternativamente i componenti del<br />
complemento legati saldamente alle cellule bersaglio vengano riconosciuti da recettori specifici<br />
sui macrofagi e neutrofili così da promuovere la fagocitosi. Altri componenti sono solubili e<br />
attaccano i globuli bianchi nel punto bersaglio. Così il complemento è responsabile<br />
dell’assemblaggio del complesso di attacco delle membrane che svolgono attività contro le<br />
cellule bersaglio e attivano anche la risposta infiammatoria acuta.<br />
Gli anticorpi si<br />
legano all'antigene<br />
Foratura<br />
diretta<br />
della<br />
membrana<br />
Attivazione del complemento<br />
o<br />
Micro-organismi<br />
Reazione a cascata<br />
di divisione del complemento<br />
Figura 4.5. La reazione complemento e il suo ruolo nell’eliminazione delle cellule bersaglio.<br />
Reclutamento<br />
macrofagi<br />
4<br />
Il sistema del complemento<br />
agisce<br />
molto rapidamente<br />
autonomamente e<br />
in cooperazione<br />
con gli anticorpi<br />
per difendere dalle<br />
infezioni.<br />
4.9
4<br />
Le cellule natural<br />
killer (NK) sono<br />
grandi linfociti<br />
granulari che sono<br />
citotossici in<br />
assenza di<br />
precedenti<br />
stimolazioni.<br />
Dopo una iniziale<br />
esposizione ad un<br />
antigene, avviene<br />
una primaria<br />
risposta<br />
immunitaria, dopo<br />
la quale il sistema<br />
immunitario<br />
acquisito<br />
conferisce a<br />
quell’antigene un<br />
immunità<br />
permanente.<br />
4.10<br />
Fagociti<br />
Due tipi di fagociti cooperano alla distruzione cellulare: i macrofagi e neutrofili. I macrofagi<br />
sono cellule versatili che agiscono come raccoglitori di segnali, come cellule presentanti<br />
antigeni di superficie e come uccisori di organismi estranei. I macrofagi giocano anche un<br />
ruolo importante nella sintesi delle citochine in particolare nei fattori di necrosi tumorale-α<br />
(TNF-α) e IL-1. Sono presenti nella maggioranza dei tessuti.<br />
I neutrofili sono cellule a vita breve (5 giorni) si trovano nel sangue in grande numero e<br />
possono essere attivati in qualsiasi sito che attivi il complemento. I neutrofili sono importanti<br />
killer cellulari. Quando sono attivati dalle citochine prodotte dai macrofagi, ricevono un<br />
segnale per lasciare i vasi sanguigni e entrare nei tessuti per attaccare il sito dell’infezione.<br />
Cellule “natural killer”<br />
Le cellule natural killer (NK) sono grandi linfociti granulari che sono citotossici in assenza di<br />
precedenti stimolazioni. Le cellule NK sono difese di prima linea nelle infezioni, nella crescita<br />
dei tumori e nelle alterazioni patogeniche derivate, e possono anche abbandonare il torrente<br />
circolatorio per introdursi nei tessuti infetti. Le cellule NK non presentano sulla loro superficie ne<br />
anticorpi ne recettori cellulari T. Mentre importante è la loro produzione di citochine e di<br />
recettori espressi per le immonuglobine. Le cellule NK possono uccidere le cellule tumorali, le<br />
cellule infettate da virus, batteri, parassiti e miceti per mezzo di altre molecole recettrici. Esse<br />
uccidono attraverso la produzione di buchi e secernendo enzimi specifici che sono la premessa<br />
al suicidio (apoptosi). Le cellule NK mediano ADCC, es. cellule killer che agiscono in presenza<br />
o in attività con anticorpi ma che sono mediate da cellule immunitarie. Molecole di proteine<br />
chiamate IFN-α e IFN-β sono prodotte da una varietà di cellule in risposta a infezioni virali. Le<br />
IFN-α e IFN-β attivano efficacemente le cellule NK.<br />
Il sistema immunitario acquisito<br />
Un secondo livello di immunità è fornito dal sistema immunitario acquisito. Questo ulteriore<br />
livello di difesa aumenta in forza ed efficacia ad ogni incontro con un antigene specifico. Dopo<br />
una iniziale esposizione ad un antigene, avviene una primaria risposta immunitaria, dopo la<br />
quale il sistema immunitario acquisito conferisce a quell’antigene un immunità permanente. Tale<br />
memoria antigenico-specifica segue come risposta immunitaria in modo più rapido e più<br />
duraturo al prossimo incontro con l’antigene. Questa memoria antigenica costruisce le basi<br />
delle vaccinazioni.<br />
Il sistema immunitario innato stimola l’efficacia delle risposte dell’immunità acquista<br />
focalizzando la risposta sul punto di invasione/infezione. La differenza tra innata e acquisita<br />
stà nella specificità antigenica dei linfociti. Essi esprimono recettori cellulari della superficie che<br />
riconoscono una discreta parte dell’antigene conosciuta come epitope antigenica. Il vasto<br />
repertorio di specificità dei diversi anticorpi prepara teoricamente il sistema immunitario di<br />
risposta a quasi tutti i potenziali antigeni.<br />
Risposte immunitarie cellulo mediate<br />
Questa classe di risposte immunitarie coinvolge la produzione di cellule specializzate che<br />
reagiscono con gli anticorpi estranei sulla superficie di altre cellule ospiti. Questa cellula<br />
reagendo uccide una cellula ospite infetta o un organismo estraneo prima che l’infezione possa<br />
propagarsi. In alternativa la cellula che reagisce secerne segnali chimici che attivano speciali<br />
cellule killer chiamate macrofagi che distruggono l’invasore.
Linfociti<br />
Le più importanti cellule coinvolte nel sistema immunitario sono illustrate nella tavola 4.1. Un<br />
gruppo di globuli bianchi chiamati linfociti è responsabile di un alto grado di specificità del<br />
sistema immunitario. I linfociti si trovano in gran numero nel sangue, nella linfa e negli organi<br />
linfatici come il timo, i linfonodi, la milza e l’appendice. I linfociti esprimono i recettori con<br />
affinità varianti per gli antigeni. La cellula con la più alta affinità per l’antigene più abbondante<br />
avrà una maggior affinità di crescita e logicamente genererà di preferenza progenie. Questo<br />
importante processo è guidato dall’antigene e chiamato espansione clonale. I linfociti possono<br />
essere sia cellule T o B. Le cellule T e B che non sono state stimolate da un antigene sono<br />
chiamate cellule vergini e sono molto simili. Tuttavia, da una stimolazione antigenica le cellule<br />
T e B vengono attivate e sono morfologicamente distinguibili.<br />
Cellule B<br />
Le cellule B si sviluppano nel midollo osseo adulto e nel fegato fetale e sono responsabili della<br />
produzione di anticorpi (risposta umorale immunitaria) e di proteine solubili chiamate citochine.<br />
Durante lo sviluppo le cellule B producono sempre in prima istanza la classe anticorporale IgM,<br />
ma quando sono sviluppate possono deviare verso la produzione di altre classi anticorporali<br />
(figura 4.6).<br />
IgG IgA IgE<br />
Una cellula B immatura esprime<br />
un'anticorpo per un specifico<br />
antigene<br />
La cellula B incontra l'antigene<br />
che si lega alla superficie<br />
cellulare anticorpale<br />
La cellula B matura secerne<br />
molti anticorpi IgM che<br />
circolano nel plasma<br />
La cellula B matura è sottoposta<br />
ad espansione clonale per<br />
produrre un ampio numero di<br />
cellule B identiche<br />
L'espressione anticorpale<br />
cambia in modo che vengano<br />
prodotte classi differenti di<br />
alcuni specificità antigeniche<br />
Figura 4.6. Deviazione in classi anticorporali prodotta da cellule B quando maturano. Gli anticorpi<br />
IgM sono prodotti per primi seguiti da anticorpi IgA e IgG.<br />
4<br />
Le cellule B si<br />
sviluppano nel<br />
midollo osseo<br />
adulto e nel fegato<br />
fetale e sono<br />
responsabili della<br />
produzione di<br />
anticorpi e di<br />
proteine solubili<br />
chiamate<br />
citochine.<br />
4.11
4<br />
Le cellule T<br />
citotossiche<br />
uccidono i virus<br />
infettanti le cellule<br />
provocando lesioni<br />
in esse.<br />
. . . gli anticorpi<br />
monoclonali secreti<br />
da un ibridoma<br />
hanno identici<br />
punti d legatura<br />
antigenica con<br />
specificità<br />
uniformi . . .<br />
4.12<br />
Cellule T<br />
Le cellule T sono prodotte nel midollo osseo ma maturano nel timo. Sono responsabili dell’aiuto<br />
alle altre cellule T e B e dell’immunità cellulo-mediata, incluso l’ADCC. Le cellule T sono anche<br />
dissimili e subiscono una selezione clonale. La proliferazione impiega circa una settimana ed è<br />
specifica. Come per le cellule B hanno una molecola simil-anticorpale sulla loro superficie, il<br />
recettore cellulare T (TCR). Diversamente dalle cellule B, che possono riconoscere qualsiasi<br />
molecola organica, le cellule T riconoscono solo gli antigeni proteici. Specificatamente,<br />
riconoscono frammenti peptidici di antigeni aggregati con molecole del maggior complesso di<br />
istocompatibilità (MHC) sulla superficie delle cellule che presentano antigeni. Così le cellule T<br />
riconoscono il procedimento antigenico. Un’altra differenza è che le cellule B secernono i loro<br />
recettori come anticorpi, ma il TCRS rimane attaccato alla superficie della cellula T.<br />
Ci sono due tipi diversi di cellule T:<br />
● cellule T helper, che aiutano ad attivare le cellule B e i macrofagi<br />
● cellule T citotossiche, che sono direttamente coinvolte nella difesa da infezioni.<br />
Le cellule T citotossiche uccidono i virus infettanti le cellule provocando lesioni in<br />
esse. Le cellule T helper aiutano le cellule T citotossiche e le cellule B producendo proteine<br />
chiamate citochine. Le citochine originate dalle cellule T aumentano l’attività “antigenopresenting”<br />
dei macrofagi. Questo accrescimento di presentazione antigenica conduce a un<br />
legame di ritorno positivo fino a che tutte le molecole antigeniche sono eliminate.<br />
Produzione di anticorpi in laboratorio<br />
Gli anticorpi sono prodotti più semplicemente iniettando per parecchie volte piccoli quantitativi<br />
di un antigene in animali come topo o coniglio. Ciò stimola le cellule B dell’animale a produrre<br />
anticorpi verso l’antigene. Questi possono essere raccolti dal siero dell’animale ricco di<br />
anticorpi (chiamato antisiero). Anche se l’antisiero contiene un insieme di differenti anticorpi<br />
specifici per differenti regioni della molecola antigenica. Questa è conosciuta come una<br />
risposta policlonale poiché ci sono parecchie cellule B, clonate, differenti. L’eterogeneicità di un<br />
siero policlonale può venir ridotta purificando l’antisiero.<br />
Produzione di anticorpi monoclonali in laboratorio<br />
Un modo per superare l’eterogeneicità di un antisiero è quello di usare una tecnica che<br />
produca un singolo tipo di anticorpo chiamato anticorpo monoclonale. Questa tecnica è<br />
chiamata tecnica di ibridizzazione e coinvolge la produzione di un clone di cellule da un<br />
singolo anticorpo secreto dalla cellula B così che una preparazione omogenea anticorporale<br />
può essere prodotta in grande quantità.<br />
Per quanto le cellule B abbiano una limitata sopravvivenza in cultura. Quindi le cellule B di un<br />
animale immunizzato, es. un topo, sono fuse con le cellule immortali provenienti da cellule B<br />
tumorali per produrre una mistura di cellule ibride (figura 4.7). Queste cellule vengono poi<br />
selezionate per determinare quegli ibridi che si possono moltiplicare in cultura in modo<br />
indefinito e possono produrre anticorpi. Queste cellule ibride che soddisfano entrambi i criteri<br />
sono dette ibridoma. Cloni individuali di ibridoma sono cresciuti (si sono sviluppati) da singole<br />
cellule e così producono anticorpi per una singola specificità. Gli anticorpi prodotti da questi<br />
cloni vengono poi selezionati per affinità contro l’antigene bersaglio per identificare quelli con<br />
la specificità voluta.<br />
Vantaggi degli anticorpi monoclonali<br />
Contrariamente agli anticorpi policlonali gli anticorpi monoclonali secreti da un ibridoma<br />
hanno identici punti d legatura antigenica con specificità uniformi, che li rendono più utili che<br />
gli antisieri convenzionali. Inoltre, gli anticorpi monoclonali sono prodotti da una linea cellulare
B immortale il che significa che l’approvigionamento dell’anticorpo è stabile e duraturo. Un<br />
altro vantaggio importante della tecnica dell’ibridazione dell’anticorpo monoclonale è che essa<br />
permette la produzione di grandi quantità di anticorpi monoclonali. Le principali applicazioni<br />
cliniche degli anticorpi monoclonali nel <strong>cancro</strong> sono presentate nella Tavola 4.2, alcune delle<br />
quali sono considerate in dettaglio nel Modulo 6.<br />
Anti A<br />
Anti<br />
A<br />
Nessun<br />
anticorpo<br />
Antigene A<br />
cellule della<br />
milza<br />
Cellule B<br />
immortali<br />
Cellula<br />
morta<br />
Cellule ibride<br />
Anti<br />
X<br />
Anti X<br />
Piano di<br />
cultura<br />
Piano di<br />
cultura<br />
+ – – – Risultato<br />
Figura 4.7. Produzione di anticorpi monoclonali con l’uso della tecnica di ibridazione.<br />
Un topo viene immunizzato<br />
con un antigene che lo<br />
stimola a produrre una<br />
risposta umorale<br />
anticorporale<br />
Gli anticorpi producenti<br />
cellule B, con specificità per<br />
l’antigene bersaglio (antigene<br />
A) e antigeni non pertinenti<br />
(antigeni X) sono raccolti<br />
dalla milza<br />
Anticorpi producenti cellule<br />
B sono fusi con cellule B<br />
immortali (cellule tumorali)<br />
per produrre una<br />
popolazione di cellule ibride<br />
Cellule individuali ibride sono<br />
isolate e aumntat in cultura<br />
(espansione clonale). Solo<br />
quelle ibride con il corretto<br />
assetto genetico proliferano<br />
e producono anticorpi<br />
Anticorpi prodotti da cloni<br />
individuali sono selezioanti<br />
per affinità di legame contro<br />
l’antigene bersaglio (antigene<br />
A), per l’identificazione delle<br />
cellule che producono<br />
anticorpi monoclonali con le<br />
affinità volute (desiderate)<br />
anticorpi<br />
4<br />
4.13
4<br />
4.14<br />
Tavola 4.2. L’applicazione clinica degli anticorpi monoclonali nel<br />
<strong>cancro</strong>.<br />
Diagnosi<br />
● Selezione dei fluidi corporali (siero, sputo, sudore, urine, CSF) per valutare la presenza<br />
di TAA circolante<br />
● Scan nucleare con MAb radiomercato<br />
– per l’individuazione di lesioni primarie o metastatiche<br />
– linfoscintigrafia per individuare il coinvolgimento linfonodale<br />
● Uso del MAb radiomercato, con indagine intraoperatoria, per la individuazione con<br />
raggi γ<br />
● Immunopatologia<br />
– dilemma diagnostico: maligno contro benigno<br />
– diagnosi differenziale del tipo di tumore<br />
– sottoclassificazione del tumore basata sull’espressione TAA<br />
• potenziale metastatico<br />
• specifico luogo preferenziale di metastasi<br />
• risposta prevedibile (o nulla) nei confronti di regimi specifici specifici<br />
• prognosi<br />
Monitoraggio della progressione della malattia<br />
● Selezione dei fluidi corporali per valutare il TAA circolante<br />
● Scan nucleare con MAb radiomercato per individuare o quantizzare riprese di<br />
malattia<br />
● Immunopatologia per individuare metastasi (occulte)<br />
– citologia con ago-aspirato<br />
– biopsia linfonodale o midollare<br />
– citologia su fluidi corporali<br />
Terapia<br />
● Citotossicità diretta di MAb (es. Herceptin ® , MabThera ® )<br />
– complemento-mediato<br />
– cellulo mediato<br />
● Configurazione farmacologia di MAb (es. doxorubicina)<br />
● Coniugazione con tossine di MAb (es. ricino)<br />
● Coniugazione con radionucleidi di MAb<br />
● Rimozione tumorale ex-vivo da midollo osseo raccolto<br />
● Inibizione dei recettori per i fattori di crescita<br />
● Somministrazione di anti-idiotipo MAbs per indurre specifiche immunità attive verso le<br />
cellule tumorali<br />
CSF = liquor; TAA = antigene associato al tumore; MAb = anticorpo monoclonale.
Il sistema immunitario e la malattia<br />
Il sistema immunitario è solitamente coinvolto nella protezione del corpo da organismi estranei,<br />
così da prevenire infezioni e danni. Anche se, in certe situazioni, la normale attività del sistema<br />
immunitario può causare malattie. Un esempio ne è la tubercolosi, nella quale il batterio che<br />
causa la malattia resiste alla distruzione quando è ingerito dai macrofagi e al contrario si<br />
moltiplica nel citoplasma dei macrofagi. Questi macrofagi alla fine scoppiano, permettendo ai<br />
batteri di diffondersi ad altri macrofagi, ma anche causando danni tissutali attraverso l’attività<br />
enzimatica del contenuto cellulare. Un altro esempio è la sepsi, nella quale la normale risposta<br />
localizzata all’infezione coinvolge i macrofagi e le cellule NK e il rilascio delle citochine<br />
diviene generalizzato e causa una permeabilità vasale. Questo può condurre a ipotensione,<br />
shock e arresto cardiaco.<br />
Come alternativa, un mal funzionamento del sistema immunitario produce malattia. Un comune<br />
esempio di tale mal funzionamento è l’allergia. Le allergie sono dovute ad una inappropriata<br />
grande risposta delle cellule T e il rilascio di IgE in risposta ad un debole antigene<br />
immunogenico. Un altro esempio è la malattia da immunodeficienza quali sindromi da serie<br />
immunodeficienze combinate e l’AIDS che sono dovute alla mancanza rispettivamente delle<br />
cellule T e B e alla distruzione delle cellule T. Occasionalmente, il sistema immunitario attacca i<br />
componenti del sistema cellulare ospite. Ciò causa cambiamenti patologici simili<br />
all’autoimmunità. Le reazioni autoimmuni sono per la maggior parte brevi e si risolvono<br />
autonomamente. Anche se nel 5% degli individui la reazione è cronica e debilitante e può, in<br />
rare occasioni, essere mortale. Esempi di malattie con componenti autoimmune includono il<br />
lupus eritematoso sistemico, il morbo di Addison e l’anemia perniciosa. Prima che possano<br />
essere sviluppati i nuovi efficaci vaccini contro gli antigeni ospite, che sono espressi in modo<br />
abnorme dai tumori, si dovrebbero capire meglio i difetti del meccanismo immunitario che<br />
provocano reazioni autoimmuni.<br />
In aggiunta a queste patologie che sono causate dal mal funzionamento del sistema<br />
autoimmune o alla capacità di organismi di utilizzare le normali funzioni immunitarie per i<br />
propri fini, il sistema immunitario ha anche un ruolo nel <strong>cancro</strong>.<br />
Il <strong>cancro</strong><br />
Come sottolineato nei moduli precedenti la maggior parte, se non tutte, le cellule tumorali<br />
esprimono molecole anormali o quantitativi anormali di molecole normali sulla loro superficie.<br />
Quindi ci si dovrebbe aspettare che il sistema immunitario debba attaccare le cellule tumorali<br />
prodotte dall’ospite. Questo processo è definito sorveglianza immunitaria. Anche se non è<br />
chiaro se la sorveglianza immunitaria giochi un ruolo importante nel proteggere il corpo dal<br />
tumore. Si sa che la gente che è immunodepressa e quella con malattie da immunodeficienza<br />
come l’AIDS è più predisposta a sviluppare linfomi, leucemie e tumori con associazioni virali,<br />
ma non tumori solidi. La somiglianza nelle percentuali di sviluppo dei tumori solidi nelle<br />
persone con un sistema immunitario funzionante e in quelle nelle quali il sistema immunitario è<br />
danneggiato fa si che la sorveglianza immunitaria non giochi un ruolo importante nella difesa<br />
da tumori solidi.<br />
La capacità della sorveglianza immunitaria nel riconoscere i tumori è oggetto di intensi studi<br />
focalizzati sui macrofagi e sulle cellule NK. L’espressione anormale delle molecole della<br />
superficie delle cellule tumorali coinvolge spesso i recettori per il TNFa, che sono secreti dai<br />
macrofagi. Il TNFa legandosi a queste cellule tumorali ha mostrato di indurre l’apoptosi delle<br />
cellule tumorali in vitro. Attraverso un modello sperimentale di sarcoma del ratto si è dimostrato<br />
4<br />
. . . in certe<br />
situazioni, la<br />
normale attività<br />
del sistema<br />
immunitario può<br />
causare malattie.<br />
. . . la maggior<br />
parte, se non tutte,<br />
le cellule tumorali<br />
esprimono<br />
molecole anormali<br />
o quantitativi<br />
anormali di<br />
molecole normali<br />
sulla loro<br />
superficie.<br />
4.15
4<br />
. . . la<br />
sorveglianza<br />
immunitaria ha la<br />
miglior efficacia<br />
limitata nel<br />
prevenire<br />
l’instaurarsi e la<br />
crescita dei tumori.<br />
Il sistema<br />
immunitario è<br />
composto da<br />
milioni di linfociti<br />
cloni, ciascuno dei<br />
quali ha un unico<br />
recettore sulla<br />
superficie cellulare<br />
che gli permette di<br />
legarsi a un<br />
particolare<br />
antigenico<br />
determinante.<br />
4.16<br />
che il meccanismo di questo effetto è dovuto all’interruzione dell’apporto ematico del tumore.<br />
I macrofagi sono anche sensibili alle molecole di grasso che sono normalmente presenti nei<br />
globuli rossi ma le esternalizzano poiché le cellule dei globuli rossi invecchiano e necessitano<br />
di essere eliminate dal sistema sanguigno. Le cellule tumorali possono anche esprimere queste<br />
molecole grasse suggerendo un altro meccanismo di ricognizione da parte dei macrofagi.<br />
Anche le cellule NK che possono causare la morte delle cellule tumorali, sembra selezionino le<br />
cellule tumorali basate su una espressione di anormalità di superficie cellulare. Anche se in vivo<br />
non si sa fino a che punto l’attività di queste cellule immunitarie agisca nella distruzione delle<br />
cellule tumorali.<br />
Queste risposte sono ideali per la ricognizione delle cellule tumorali perché sono rapide e<br />
varie. Inoltre, un feed-back positivo tra i macrofagi e le cellule NK continua e potenzia la<br />
risposta. In contrasto le cellule T citotossiche dovrebbero in teoria produrre una risposta forte<br />
alle cellule tumorali. Anche se questo non è stato osservato in realtà, forse perché i tumori si<br />
sviluppano in aree che non sono soggette alla sorveglianza delle cellule T. Questo è il risultato<br />
del bisogno di mantenere un autotolleranza che vuol dire che le cellule T non circolano in aree<br />
dove potrebbero incontrare auto-antigeni. Così una cellula tumorale che si sviluppa nel<br />
polmone e sviluppa un auto-antigene abnorme non è soggetta alla sorveglianza delle cellule T.<br />
Inoltre la maggioranza delle cellule tumorali con le quali le cellule T vengono a contatto non<br />
presentano antigeni che possono essere riconosciuti dalle cellule T. Così sembra che negli stadi<br />
primari dello sviluppo tumorale, le cellule T non incontrano cellule tumorali e che quelle cellule<br />
tumorali sono solo debolmente immunogeniche.<br />
Infine, un’altra proprietà intrinseca alle cellule tumorali rende la sorveglianza immunitaria<br />
inefficace. Le cellule tumorali sono in costante mutazione acquisita, Ciò può incidere sulla<br />
capacità del sistema immunitario a riconoscere tutte le cellule tumorali, il modo come un<br />
antigene è presentato e anche se sia effettivamente presentato. In molti casi le cellule tumorali<br />
sono solo debolmente immunogeniche, il che limita la risposta immunitaria necessaria per<br />
rispondere e, che permette al <strong>cancro</strong> di svilupparsi.<br />
Basandosi sulle sopracitate discussioni, anche se non si è completamente capita la risposta<br />
immunitaria, è chiaro che la sorveglianza immunitaria ha la miglior efficacia limitata nel<br />
prevenire l’instaurarsi e la crescita dei tumori.<br />
Sommario<br />
Lo scopo del sistema immunitario è quello di proteggere da qualsiasi corpo estraneo che si<br />
incontri, sia che sia un organismo infettante che una cellula normale. Agiscono due livelli di<br />
immunità: l’immunità innata e quella acquisita. Il sistema immunitario è composto da milioni di<br />
linfociti cloni, ciascuno dei quali ha un unico recettore sulla superficie cellulare che gli permette<br />
di legarsi a un particolare antigenico determinante. Il sistema immunitario comprende un<br />
numero di cellule di tipo diverso: linfociti, fagociti e cellule dendritiche. I linfociti sono di due<br />
tipi: cellule B e cellule T. Le cellule B producono gli anticorpi e le cellule T sono responsabili di<br />
aiutare e mediare le risposte immunitarie. Gli anticorpi sono immunoglobine, proteine a forma<br />
di Y che contengono catene leggere e pesanti. Ci sono cinque diverse classi di anticorpi, tutte<br />
che si legano ad antigeni per proteggere da infezioni. Le cellule B possono essere stimolate a<br />
produrre anticorpi iniettando più volte piccole quantità di antigene in animali quali conigli e<br />
topi. Anche se ciò produce una miscela di differenti anticorpi specifici per le diverse regioni<br />
della molecole antigenica. In laboratorio è possibile produrre anticorpi che riconoscono un<br />
singolo antigene, chiamati anticorpi monoclonali, questi vengono generati usando una tecnica<br />
denominata tecnica di ibridazione. Questi anticorpi monoclonali sono utili in un ampio spettro<br />
di applicazioni cliniche per il <strong>cancro</strong>.
Questionario di autovalutazione<br />
1. Definisci e descrivi i risultati di una risposta immunitaria, indicando perché è importante la<br />
corretta identificazione di un agente come estraneo e potenzialmente dannoso.<br />
2. Definisci in uno schema una molecola anticorporale generalizzata e indica quale porzione<br />
si lega all’antigene e quale si lega ad altre cellule del sistema immunitario.<br />
3. Descrivi come vengono prodotti gli anticorpi in risposta ad un agente estraneo e i tre<br />
principali modi con i quali agiscono.<br />
4. Indica se ciascuna delle seguenti affermazioni è vera o falsa e se falsa da una risposta<br />
corretta:<br />
a. Il sistema immunitario mirato risponde rapidamente a organismi estranei<br />
b. Una volta marcato da un’esposizione antigenica iniziale, il sistema immunitario acquisito<br />
conferisce una memoria antigenica ed è capace di aumentare la forza e l’efficacia della<br />
risposta ai successivi incontri con quell’antigene.<br />
c. La risposta immunitaria cellulo-mediata si basa sulla produzione di anticorpi.<br />
d. Le cellule T e B che sono state stimolate da un antigene sono morfologicamente<br />
indistinguibili.<br />
e. Le cellule T sono così definite perché maturano nel timo.<br />
5. Descrivi come un singolo tipo di anticorpo (anticorpo monoclinale MAb) può essere<br />
prodotto in laboratorio e descrivi due vantaggi dei MAbs sugli anticorpi policlonali.<br />
6. Sia l’attività normale che quella anormale del sistema immunitario possono causare<br />
malattie. Completa le seguenti frasi con gli esempi più appropriati di malattie tra quelli<br />
elencati sotto:<br />
Reazioni allergiche Autoimmune Immuno controllo<br />
Malattie da immunodeficienza Anemia perniciosa Tubercolosi<br />
a. Nel …………………............ i batteri patogeni resistono alla distruzione dei macrofagi<br />
e si moltiplicano nei macrofagi stessi. Quando alla fine i macrofagi scoppiano i batteri si<br />
diffondono e i lisosomi contenuti si diffondono all’esterno causando danni al tessuto<br />
ospite?<br />
b. …………………............ sono dovute ad una inappropriata forte risposta delle cellule T<br />
verso un debole antigene immunogenico.<br />
c. La mancanza delle cellule T e B per varie ragioni inclusa la distruzione delle cellule T può<br />
causare …………………...........................................................................................<br />
d. Quando il sistema immunitario attacca i componenti cellulari ospiti poi .........................<br />
…………………............ si possono sviluppare malattie come …………………...............<br />
d. Il processo per il quale il sistema immunitario corpale è capace di individuare e<br />
proteggere se stesso contro cellule di tipo abnorme o da quantitativi di proteine sulla loro<br />
superficie cellulare è conosciuto come….....................................................................<br />
7. Anche se molte cellule tumorali hanno abnormi o normali quantitativi di antigeni sulla<br />
propria superficie, l’immuno controllo non è efficace. Da due possibili spiegazioni per<br />
questo.<br />
Le risposte a queste domande si trovano a pag. 8.6<br />
4<br />
4.17
Introduzione<br />
MODULO 5. Le tecnologie che hanno reso possibili le<br />
terapie <strong>biologiche</strong><br />
Una volta la ricerca biologica era basata essenzialmente sull’osservazione e la classificazione<br />
delle speci e degli organismi, mentre i processi biologici restavano relativamente<br />
incomprensibili. Gli appassionanti progressi realizzati nel campo della biologia cellulare e<br />
molecolare negli ultimi 50 anni, hanno portato invece ad un nuovo approccio di indagine che<br />
sta sistematicamente e rapidamente ampliando le nostre conoscenze delle funzioni cellulari e<br />
soprattutto dei geni.<br />
Un notevole progresso, che comprende lo sviluppo dello strumento di ricerca chiamato tecnica<br />
del DNA ricombinante, permette ora di isolare una regione specifica del DNA e di farne un<br />
numero di copie virtualmente illimitato. Con la nuova tecnica è possibile determinare<br />
rapidamente l’esatta sequenza di basi che formano il DNA, creare o ricostruire geneticamente<br />
la regione specifica del DNA e quindi inserirla all’interno di cellule in coltura. Un gene<br />
ricostruito può anche essere inserito in un animale o in una pianta divenendo parte stabile del<br />
suo genoma ed essere trasmesso alla progenie. Questo modulo utilizza le informazioni<br />
apprese nei moduli precedenti per effettuare una analisi delle differenti componenti della<br />
tecnica del DNA ricombinante, che ha rivoluzionato il modo in cui i ricercatori studiano le<br />
cellule e i loro processi biologici, e ha dischiuso nuove possibilita’ all’intervento medico. Come<br />
discusso più avanti, questo progresso è cruciale perché facilita lo svilupppo di test dei fattori<br />
coinvolti nella patogenesi del <strong>cancro</strong> e la scoperta e sviluppo di nuove terapie, quali le terapie<br />
basate su anticorpi monoclonali mirati per la prevenzione della crescita e della diffusione del<br />
<strong>cancro</strong>.<br />
Gli esperti nella ricerca confermano che la grande quantità di informazioni di biologia<br />
molecolare e di genetica che restano ancora sconosciute avranno un impatto di vasta portata<br />
per la cura delle malattie umane. Oggi molti progetti di ricerca si basano su una grande<br />
collaborazione tra ricercatori a livello internazionale, con l’obiettivo di ottenere la maggior<br />
quantità di informazioni nel minor tempo possibile. Il più importante impegno internazionale di<br />
ricerca scientifica è il Progetto Genoma Umano; un entusiasmante progetto di ricerca che sarà<br />
analizzato in questo modulo, unitamente alla gestione e alle implicazioni dei nuovi e preziosi<br />
dati che i ricercatori stanno scoprendo.<br />
5<br />
5.1
5<br />
5.2<br />
Questionario di auto valutazione<br />
1. Per l’analisi e la manipolazione del DNA vengono utilizzati enzimi e tecniche differenti.<br />
Scegli dall’elenco qui riportato l’enzima o la tecnica più appropriata per le attività elencate<br />
di seguito:<br />
Sequenziamento del DNA Gel elettroforesi<br />
Ligasi Ibridizzazione dell’acido nucleico<br />
Polimerasi<br />
Trascrittasi inversa<br />
Enzima di restrizione<br />
Sintetizza il DNA<br />
………………………………………………………………………………….............................<br />
Forma il DNA complementare (cDNA) dall’RNA messaggero (mRNA)<br />
.…………………………………………………………………………………............................<br />
Taglia o scinde il DNA in frammenti per l’analisi<br />
.…………………………………………………………………………………............................<br />
Unisce frammenti di DNA<br />
………………………………………………………………………………….............................<br />
Separa frammenti di DNA in base alla loro dimensione<br />
………………………………………………………………………………….............................<br />
Stabilisce l’esatta sequenza delle coppie di basi in un frammento di DNA<br />
………………………………………………………………………………….............................<br />
Consente la precisa localizzazione di DNA o RNA con l’utilizzo di una sonda<br />
………………………………………………………………………………….............................<br />
2. La clonazione genica ha un ruolo centrale tra le molte tecniche utilizzate per analizzare e<br />
comprendere i geni e le loro funzioni. Descrivi a grandi linee le fasi essenziali della<br />
clonazione del DNA.<br />
3. In alcuni casi, molti frammenti di DNA vengono clonati nello stesso momento per formare<br />
una libreria di cloni. Come può essere identificato il clone contenente il frammento di DNA<br />
di interesse inserito?<br />
4. La possibilita’ di produrre ogni proteina in grandi quantità è il maggior vantaggio offerto<br />
dall’ingegneria genetica. Delinea alcune delle implicazioni terapeutiche dell’ingegneria<br />
genetica, in particolare in relazione alla cura del <strong>cancro</strong>.<br />
5. Di seguito è riportato un diagramma schematico degli obiettivi della genomica funzionale.<br />
Descivi a parole cosa rappresenta il diagramma e indica quali ruoli potrebbero giocare in<br />
questo processo il Progetto Genoma Umano e la bioinformatica.<br />
Gene Proteina<br />
Funzione<br />
Le risposte a queste domande sono a pagina 8.8<br />
Struttura
I progressi tecnologici<br />
La tecnica del DNA ricombinante<br />
Una strategia chiamata tecnica del DNA ricombinante ha rivoluzionato il modo in cui i<br />
ricercatori studiano le cellule e i loro processi biologici, e ha spalancato nuove porte alla<br />
medicina. La tecnica del DNA ricombinante in realta’ comprende un insieme di tecniche che<br />
permette il controllo e, molto importante, la manipolazione della struttura e della funzione del<br />
DNA cellulare. Le principali procedure nella tecnica del DNA ricombinante sono:<br />
● sintesi, scissione e modificazione del DNA con l’utilizzo di enzimi<br />
● sequenziamento del DNA, che indica l’ordine delle basi del DNA<br />
● ibridizzazione dell’acido nucleico, che permette la precisa localizzazione del DNA o<br />
dell’RNA con l’utilizzo di una sonda<br />
● clonazione del DNA, che consente la produzione di un numero virtualmente illimitato di<br />
copie di specifici pezzi di DNA<br />
● ingegneria genetica, che rende possibile la generazione di geni modificati che possono<br />
essere inseriti in cellule o organismi.<br />
Sintesi, scissione e modificazione del DNA con l’utilizzo di enzimi<br />
Gli enzimi (proteine che catalizzano una reazione) giocano un ruolo cardine nell’isolamento e<br />
manipolazione di singoli geni nella tecnica del DNA ricombinante.<br />
Molti enzimi sono in grado di sintetizzare, tagliare o modificare il DNA.<br />
Gli enzimi che sintetizzano il DNA, chiamati DNA polimerasi, producono un<br />
nuovo filamento di DNA complementare sul vecchio filamento (template) e sono coinvolti nella<br />
replicazione del DNA. Il DNA complementare (cDNA) viene sintetizzato in modo simile<br />
dall’mRNA, utilizzando un enzima chiamato trascrittasi inversa. Come<br />
discusso più sotto, le molecole di mRNA possono essere isolate in laboratorio e utilizzate come<br />
template per sintetizzare un filamento di cDNA, che può poi essere impiegato per individuare i<br />
geni corrispondenti sui cromosomi. Poiche’ il cDNA è fatto dall’mRNA, esso contiene solamente<br />
sequenze di DNA codificanti (esoni), che lo rendono prezioso per dedurre la sequenza<br />
aminoacidica di una proteina o per la produzione di una proteina in grande quantità<br />
all’interno di una cellula batterica o di lievito. (Il DNA genomico contiene esoni separati da<br />
sequenze non-codificanti conosciute come introni. Durante la trascrizione da DNA a RNA gli<br />
introni vengono rimossi per produrre un filamento di RNA composto unicamente da sequenze<br />
codificanti).<br />
Numerosi enzimi, chiamati enzimi di restrizione, tagliano il DNA, sia randomicamente sia in<br />
siti specifici. Il taglio può essere realizzato in entrambi i filamenti o in un solo filamento alla<br />
volta e puo’ essere effettuato all’estremita’ del filamento (exonucleasi) o all’interno del filamento<br />
(endonucleasi). Anche l’enzima DNA ligasi è importante nella tecnica del DNA ricombinante<br />
perché consente a differenti filamenti di DNA di congiungersi per formare un nuovo filamento<br />
di DNA con una composizione differente.<br />
Sequenziamento del DNA<br />
Il sequenziamento del DNA è una tecnica importante e di grande efficacia basata su gel<br />
elettroforesi. La gel elettroforesi è una tecnica utilizzata per separare i frammenti di DNA in<br />
base alla loro dimensione. Una miscela di frammenti di DNA di differenti dimensioni è<br />
applicata su un gel incolore che ha una complessa rete di pori attraverso cui il DNA può<br />
passare. Il DNA possiede complessivamente una carica negativa così, quando una corrente<br />
elettrica viene applicata al gel, i frammenti di DNA si spostano verso l’elettrodo positivo. Più un<br />
5<br />
Gli enzimi giocano<br />
un ruolo cardine<br />
nell’isolamento e<br />
manipolazione di<br />
singoli geni nella<br />
tecnica del DNA<br />
ricombinante.<br />
La gel elettroforesi<br />
è una tecnica<br />
utilizzata per<br />
separare i<br />
frammenti di DNA<br />
in base alla loro<br />
dimensione.<br />
5.3
5<br />
Il sequenziamento<br />
del DNA stabilisce<br />
l’ordine esatto<br />
delle coppie di<br />
basi in un<br />
segmento di DNA.<br />
Ci sono due<br />
approcci di base<br />
nel<br />
sequenziamento<br />
che sono chiamati<br />
col nome dei<br />
ricercatori che li<br />
hanno sviluppati:<br />
Maxam-Gilbert e<br />
Sanger.<br />
5.4<br />
frammento è piccolo, più velocemente migra attraverso il gel. I frammenti di DNA verranno poi<br />
separati in base alla loro differente lunghezza. Tipicamente, i risultati della gel elettroforesi si<br />
ottengono utilizzando un colorante per rendere visibile il DNA. Se un filamento di riferimento<br />
contenente frammenti di lunghezza nota viene fatto scorrere a fianco del DNA sconosciuto è<br />
possibile determinare la lunghezza del frammento.<br />
Il sequenziamento del DNA stabilisce l’ordine esatto delle coppie di basi in un segmento di<br />
DNA. La Figura 5.1 mostra un particolare di sequenziamento ottenuto con gel a fluorescenza.<br />
Ogni picco corrisponde a un frammento di DNA marcato con tinta fluorescente che termina<br />
con una base specifica. In questo modo, i ricercatori possono determinare le sequenze del<br />
DNA. Questa informazione consente di determinare la localizzazione di un gene (mapping) e<br />
per quale proteina esso codifica. La manipolazione del DNA è anche un modo per controllare<br />
che le singole fasi di una procedura siano state eseguite con successo. Knowledge of <strong>the</strong> DNA<br />
sequence also provides information about <strong>the</strong> protein for which <strong>the</strong> DNA codes.<br />
C AAC A A T G A T T T T A G A G G AAT G A T G C<br />
Figura 5.1 Particolare di sequenziamento ottenuto con gel a fluorescenza.<br />
Ci sono due approcci di base nel sequenziamento che sono chiamati col nome dei ricercatori<br />
che li hanno sviluppati: Maxam-Gilbert e Sanger. Entrambi i metodi operano tramite la<br />
separazione ad altissima risoluzione delle molecole di DNA utilizzando la gel elettroforesi, che<br />
permette la separazione anche di frammenti che differiscono nelle dimensioni di un singolo<br />
nucleotide. I due approcci differiscono principalmente per il modo in cui vengono prodotte<br />
famiglie di frammenti di DNA basate sulla molecola di DNA originale. Attualmente quasi tutte<br />
le fasi di queste metodiche di sequenziamento sono automatizzate.<br />
Il sequenziamento di Maxam-Gilbert utilizza agenti chimici per scindere il DNA a livello di basi<br />
specifiche, e da’ come risultato frammenti di lunghezza diversa. Per contro, il sequenziamento<br />
di Sanger comporta l’utilizzo di un processo enzimatico per sintetizzare catene di DNA di<br />
lunghezza variabile in quattro differenti reazioni, fermando la replicazione del DNA alle<br />
posizioni occupate da una delle quattro basi, e poi determinando la lunghezza dei frammenti<br />
risultanti.<br />
Recentemente, è stata sviluppata una tecnica di sequenziamento basata su elettroforesi<br />
capillare e ultra sottile. Entrambe queste metodiche aumentano la velocita’ di separazione del<br />
frammento. La terza generazione di tecniche di sequenziamento, senza utilizzo di gel, mira ad<br />
incrementarne l’efficienza di parecchi ordini di grandezza, e si ritiene che sarà utilizzata per il<br />
sequenziamento della maggior parte del genoma umano.
Ibridizzazione dell’acido nucleico<br />
Conoscere la sequenza del DNA è utile anche perché consente la generazione di una sonda<br />
di ibridizzazione specifica per una particolare sequenza. L’ibridizzazione dell’acido nucleico è<br />
una tecnica che rende possibile la precisa localizzazione del DNA (Sou<strong>the</strong>rn blot) o dell’RNA<br />
(Nor<strong>the</strong>rn blot) con l’utilizzo di una sonda (Figura 5.2). L’impiego dell’ibridizzazione è molto<br />
importante a fini diagnostici, come discusso più oltre.<br />
Pellicola<br />
radio grafica<br />
AGCCA<br />
Clonazione genica<br />
Incubazione<br />
TCGGT<br />
AGCCA<br />
TCGGT<br />
ACACG<br />
TGTGC<br />
ACACG<br />
TGTGC<br />
Figura 5.2. Tecnica di ibridizzazione dell’acido nucleico.<br />
La sonda a singolo filamento di DNA<br />
complementare è radiomarcata<br />
Il filamento singolo di DNA è separato e<br />
immobilizzato su una membrana<br />
Un clone è un gruppo di geni, cellule o organismi identici derivati da un unico antenato. La<br />
possibilita’ di clonare i geni offre vantaggi di vasta portata per la ricerca. La clonazione<br />
genica comporta l’isolamento di un particolare segmento di DNA dal suo organismo ospite e<br />
la sua riproduzione (amplificazione) nell’ospite stesso o in un ospite differente per produrne<br />
copie identiche. La clonazione rende inoltre possibile l’analisi delle sequenze di geni. Questa<br />
conoscenza, a sua volta, consente la deduzione della sequenza di proteine per cui il DNA<br />
codifica. Comunque, per la determinazione della struttura tridimensionale di una proteina, è<br />
necessario comparare la sequenza di aminoacidi della proteina con quella della proteina<br />
meglio caratterizzata. Se le proteine mostrano un alto grado di somiglianza della sequenza<br />
(omologia), si può pensare che esse siano simili anche dal punto di vista funzionale.<br />
La sonda si ibridizza al DNA complementare<br />
immobilizzato su una membrana<br />
Un` autoradiografia viene usata per rilevare il<br />
segnale radioattivo su pellicola radiografica<br />
I frammenti di DNA sono visualizzati come linee<br />
sulla pellicola<br />
5<br />
5.5
5<br />
5.6<br />
Fasi fondamentali della clonazione<br />
Le fasi fondamentali della clonazione di un gene (Figura 5.3) sono le seguenti:<br />
1. Il frammento di DNA contenente il gene da clonare viene inserito all’interno di una<br />
molecola circolare di DNA denominata vettore. L’inserimento del gene di interesse dentro il<br />
vettore produce una chimera o molecola di DNA ricombinante.<br />
2. Il vettore agisce da veicolo per trasportare il gene all’interno della cellula ospite. Nella<br />
cellula ospite il vettore si moltiplica, producendo numerose copie identiche non solo di se<br />
stesso, ma anche del gene che trasporta.<br />
3. Quando la cellula ospite si divide, le nuove cellule contengono copie della molecola di<br />
DNA ricombinante, e si verifica un’ulteriore replicazione del vettore.<br />
4. Dopo un grande numero di divisioni cellulari si è prodotta una colonia o clone di identiche<br />
cellule ospite. Ogni cellula del clone contiene una o più copie della molecola di DNA<br />
ricombinante. Il gene trasmesso dalla molecola ricombinante ora è clonato.<br />
Fase 1<br />
Fase 2<br />
Fase 3<br />
Fase 4<br />
Gene per una<br />
resistenza<br />
antibiotica<br />
Cellula<br />
batterica<br />
Plasmida<br />
PstI<br />
DNA<br />
ricombinante<br />
DNA inserzione<br />
Clonazione<br />
Clone<br />
Cultura di batteri<br />
contenenti antibiotico<br />
PstI<br />
Cromosoma<br />
batterico<br />
Crescono solo i batteri<br />
contenenti DNA ricombinante<br />
Cultura<br />
Purificazione<br />
del DNA<br />
Terminazioni<br />
adesive<br />
PstI<br />
PstI<br />
Ibridizzazione<br />
usando una DNA<br />
ligasi<br />
Figura 5.3. Procedimento di base della clonazione genica in un plasmide.<br />
DNA estraneo<br />
Zona di interesse<br />
PstI
Plasmidi e batteriofagi<br />
Due tipi di vettori sono comunemente utilizzati come veicoli per la clonazione: plasmidi e<br />
batteriofagi. I plasmidi sono piccoli circoli di DNA che si trovano nei batteri e in alcuni altri<br />
organismi. I plasmidi si duplicano indipendentemente dai cromosomi della cellula ospite e<br />
quasi sempre sono portatori di uno o più geni che sono responsabili di utili caratteristiche<br />
mostrate dal batterio ospite, per esempio l’antibiotico-resistenza. Il gene dell’antibioticoresistenza<br />
è utile perché può essere impiegato come marker selezionabile per assicurarsi che i<br />
batteri in coltura contengano un particolare plasmide. I plasmidi più piccoli potrebbero<br />
utilizzare alcuni degli enzimi dell’ospite per replicarsi, mentre quelli di maggior dimensioni<br />
spesso trasportano i geni che codificano per gli enzimi necessari alla loro replicazione. Alcuni<br />
tipi di plasmidi si integrano all’interno del cromosoma batterico, e vengono chiamati episomi.<br />
La dimensione e il numero di copie sono due caratteristiche molto importanti dei plasmidi. Per<br />
la clonazione sono preferibili dimensioni < a 10kb (che si riferisce al numero di basi che<br />
costituiscono il materiale genetico del plasmide, in questo caso < a 10.000). I plasmidi di<br />
dimensioni maggiori tendono ad essere instabili e, nel tentativo di mantenere una dimensione<br />
stabile, potrebbero rigettare il DNA estraneo inserito al loro interno. Il numero di copie si<br />
riferisce al numero di molecole di un unico plasmide che si trovano normalmente in una singola<br />
cellula batterica. Un grande numero di copie è auspicabile per produrre grandi quantità di<br />
molecole di DNA ricombinante.<br />
Anche batteriofagi o fagi (virus che infettano specificamente i batteri) sono vettori adatti per la<br />
clonazione. Sono formati da molecole di DNA o a volte di RNA portatori di un certo numero di<br />
geni, inclusi quelli richiesti per la replicazione del fago. L’acido nucleico è circondato da un<br />
mantello di proteine chiamato capside. Quando il fago infetta un batterio, aderisce all’esterno<br />
del batterio ed inietta il suo DNA cromosomiale all’interno della cellula. Poi il DNA del fago si<br />
replica e viene quindi sintetizzato il mantello proteico. Nuove particelle del fago sono<br />
assemblate e rilasciate dalla lisi del batterio. Durante l’infezione, la molecola di DNA del<br />
batteriofago viene iniettata nella cellula ospite, dove essa è sottoposta a replicazione. M13 e λ<br />
sono due tipi di fago comunemente utilizzati come vettori.<br />
I virus sono ampiamente usati come veicoli di clonazione per le cellule animali. I virus dei<br />
mammiferi come gli adenovirus e i virus dei primati (SV40) sono comuni.<br />
Purificazione del DNA<br />
Una clonazione riuscita richiede che il DNA sia stato purificato. Tipicamente, almeno tre<br />
differenti tipi di DNA devono essere purificati dagli ingegneri genetici. Primo, tutto il DNA<br />
cellulare dal quale ottenere il gene/i che devono essere clonati è ottenuto da una coltura<br />
batterica o da cellule animali. Secondo, il DNA puro del plasmide (vettore del DNA) deve<br />
essere purificato dal DNA cromosomiale del batterio. È richiesto inoltre DNA purificato del<br />
fago se deve essere utilizzata la clonazione del fago.<br />
Esistono diversi metodi per la purificazione del DNA totale della cellula da batteri e altri<br />
organismi. Tutti questi metodi comportano inizialmente la raccolta delle cellule seguita dalla<br />
loro rottura, che consente il rilascio di quanto in esse contenuto. Gli estratti cellulari sono poi<br />
trattati per rimuovere tutti i componenti cellulari eccetto il DNA. Questi componenti non<br />
desiderati sono chiamati contaminanti ed includono proteine ed RNA. Infine il DNA, che si<br />
trova in soluzione, viene concentrato.<br />
La purificazione del DNA del plasmide segue lo stesso principio ma comporta dei passi<br />
addizionali per separare il DNA del plasmide dal DNA cromosomiale batterico. Ciò può<br />
essere effettuato centrifugando ad alta velocita’ una miscela dei due DNA o utilizzando la gelfiltrazione<br />
o l’affinita’ cromografica, che separano i due tipi di DNA in base, rispettivamente,<br />
alla differenza di dimensione e di carica ionica. 5.7<br />
5<br />
Due tipi di vettori<br />
sono comunemente<br />
utilizzati come<br />
veicoli per la<br />
clonazione:<br />
plasmidi e<br />
batteriofagi.<br />
Una clonazione<br />
riuscita richiede<br />
che il DNA sia<br />
stato purificato.
5<br />
Per produrre la<br />
molecola di DNA<br />
ricombinante è<br />
necessario<br />
scindere sia il<br />
vettore che il DNA<br />
da clonare in siti<br />
specifici e poi<br />
ricongiungerli<br />
insieme<br />
(“ligation”).<br />
5.8<br />
Costruzione di DNA ricombinante da DNA purificato<br />
Per produrre la molecola di DNA ricombinante è necessario scindere sia il vettore che il DNA<br />
da clonare in siti specifici e poi ricongiungerli insieme (“ligation”). Un punto importante è che<br />
le estremita’ si combinino in modo da poter essere collegate e che la direzione di inserimento<br />
del DNA dentro il vettore sia corretta.<br />
La scissione del DNA purificato nella clonazione viene eseguita utilizzando enzimi altamente<br />
purificati denominati enzimi di restrizione. Gli enzimi di restrizione endonucleasi di tipo II<br />
effettuano la scissione del DNA in siti specifici chiamati siti di restrizione e sono gli enzimi di<br />
scissione più utili nella clonazione genica (Figura 5.4). Gli enzimi di restrizione sono isolati da<br />
vari batteri, dove la loro funzione naturale è quella di proteggere i batteri attaccando il DNA<br />
di virus e altri DNA estranei. Essi riconoscono piccole sequenze di DNA e scindono le<br />
molecole di DNA in questi specifici siti di riconoscimento. Alcuni enzimi di restrizione (“rare<br />
cutters”) scindono il DNA in pochi punti generando un piccolo numero di frammenti molto<br />
grandi (da diverse migliaia a un milione di coppie di basi). Tuttavia, la maggior parte degli<br />
enzimi di restrizione scinde il DNA con maggiore frequenza per generare un grande numero<br />
di piccoli frammmenti (da 1.000 coppie di basi). I singoli enzimi di restrizione<br />
hanno specifici siti di riconoscimento, sebbene alcuni condividano lo stesso sito di restrizione.<br />
Generalmente hanno una lunghezza di quattro, sei o otto basi. Poiche’ sono stati definiti<br />
centinaia di differenti enzimi di restrizione, il DNA può essere scisso in molti piccoli frammenti<br />
con differenti estremita’ che possono essere utilizzati per la clonazione.<br />
A<br />
HpaI<br />
5'––N N G T T A A C N N––3'<br />
3'––N N C A A T T G N N––5'<br />
Cut<br />
B<br />
EcoRi<br />
5'––N N G A A T T C N N––3'<br />
3'––N N C T T A A G N N––5'<br />
C<br />
Cut<br />
Pst I<br />
5'––N N C T G C A G N A––3'<br />
3'––N N G A C G T C N N––5'<br />
Cut<br />
5'––N N G T T A A C N N––3'<br />
3'––N N C A A T T G N N––5'<br />
5'––N N G A A T T C N N––3'<br />
3'––N N C T T A A G N N––5'<br />
5'––N N C T G C A G N N––3'<br />
3'––N N G A C G T C N N––5'<br />
Figura 5.4. Sequenze di DNA riconosciute da tre enzimi di restrizione di tipo II utilizzati comunemente.<br />
Questi enzimi di restrizione lasciano terminazioni smussate (A) o tronche (B, C).<br />
In funzione del progetto di clonazione che un ricercatore intende portare a termine, potrebbe<br />
essere necessario generare frammenti con una estremita’ smussata, dove per esempio entrambi<br />
i filamenti vengano scissi esattamente nel mezzo della sequenza di riconoscimento, o con una<br />
estremita’ tronca, dove per esempio il taglio nella sequenza di riconoscimento avviene in uno<br />
solo dei filamenti che è stato lasciato leggermente più lungo dell’altro così da risultare<br />
sporgente. Il secondo tipo di reazione di restrizione genera “estremita’ adesive”. Un’utile<br />
caratteristica degli enzimi di restrizione e’ che differenti siti di riconoscimento potrebbero<br />
generare le stesse estremita’ adesive così che i frammenti prodotti dalla scissione di due<br />
differenti enzimi possono essere uniti perché posseggono estremita’ adesive complementari.
Per essere utilizzati come vettori per la clonazione, i circoli di DNA purificato del plasmide<br />
vengono prima tagliati da un enzima endonucleasi di restrizione, e i frammenti risultanti, inclusi<br />
quelli contenenti il gene che deve essere clonato, aggiunti ai plasmidi e resi di forma circolare<br />
per formare circoli di DNA ricombinante. Queste molecole ricombinanti sono poi unite<br />
covalentemente utilizzando una ligasi del DNA.<br />
Transfezione<br />
Le molecole ricombinanti sono poi introdotte in cellule, generalmente batteri o lieviti, con un<br />
processo chiamato transfezione (Figura 5.3). Le cellule che devono essere transfette devono<br />
avere una membrana più permeabile del consueto per consentire la captazione del DNA.<br />
Questo si ottiene utilizzando particolari procedimenti chimico/fisici. Alcune cellule sono<br />
descritte come competenti. Dal momento che solo una percentuale molto piccola di cellule<br />
effettueranno effettivamente la captazione del DNA, è necessario eseguire un processo di<br />
selezione per identificare le cellule che sono state transfettate (transfettanti). Questo è il caso in<br />
cui è utile l’utilizzo di un marcatore selezionabile portato dal plasmide.<br />
Un marcatore selezionabile è un gene che fornisce alla cellula transfettata una nuova<br />
caratteristica, per esempio l’antibiotico-resistenza, che non è posseduta dalla cellula non<br />
transfettante. Solo le cellule transfettanti saranno in grado di crescere in presenza di<br />
antibiotico. Si ritiene che queste cellule sopravviventi contengano una libreria di DNA, che è un<br />
set random (non ordinato) di frammenti di DNA clonato.<br />
Selezione del clone desiderato<br />
Solo pochi dei batteri che sopravvivono conterranno il plasmide ricombinante con il gene che<br />
deve essere isolato. Esistono diversi approcci per identificare i cloni di interesse in una libreria<br />
di DNA. Un modo è quello di premere un pezzo di carta assorbente sulle piastre di coltura<br />
contenenti le colonie di batteri in crescita. Le cellule aderiscono alla carta e sono sondate con<br />
una sonda a DNA radioattivo contenente parti della sequenza del gene che viene ricercato. La<br />
sonda radioattiva ibridizza il gene di interesse e può poi essere visualizzata esponendo la<br />
carta alla pellicola fotografica. Questo processo di ibridizzazione è una forma di screening.<br />
Un altro metodo di screening per verificare l’autenticita’ dei cloni batterici è la traslazione in<br />
vitro. In questo procedimento, il DNA clonato è utilizzato per purificare le sue molecole di<br />
mRNA complementare da una miscela di mRNA cellulare con un processo chiamato selezione<br />
dell’ibrido. Le proteine prodotte sono controllate per verificare se sono quelle che ci si<br />
aspettava.<br />
La libreria genomica<br />
Una libreria genomica è una collezione di cloni in numero sufficiente per contenere con ogni<br />
probabilita’ ogni singolo gene presente nel genoma di un particolare organismo. Le librerie<br />
genomiche sono preparate dal DNA totale purificato della cellula, sminuzzando il DNA con<br />
l’utilizzo di enzimi di restrizione per produrre una serie di frammenti che sono poi clonati in un<br />
vettore appropriato. È anche possibile generare librerie cromosoma-specifiche, che consistono<br />
in frammenti derivati da DNA sorgente arricchito per un particolare cromosoma.<br />
Ingegneria genetica – ridisegno dei geni<br />
Per studiare la struttura e la funzione di specifiche proteine, quali le oncoproteine, è necessario<br />
disporre di una quantità di proteine sufficiente. Tuttavia, la grande maggioranza delle proteine<br />
in una cellula animale, incluse quelle con funzioni di importanza cruciale, è presente in<br />
minuscola quantità, rendendo difficile o impossibile isolare la proteina pura. Uno dei contributi<br />
più importanti della clonazione del DNA e dell’ingegneria genetica alla biologia cellulare è<br />
che hanno reso possibile produrre ogni data proteina cellulare in grande quantità. L’ingegneria<br />
5<br />
Le molecole<br />
ricombinanti sono<br />
poi introdotte in<br />
cellule,<br />
generalmente<br />
batteri o lieviti, con<br />
un processo<br />
chiamato<br />
transfezione.<br />
Una libreria<br />
genomica è una<br />
collezione di cloni<br />
in numero<br />
sufficiente per<br />
contenere con ogni<br />
probabilita’ ogni<br />
singolo gene<br />
presente nel<br />
genoma di un<br />
particolare<br />
organismo.<br />
5.9
5<br />
. . . i recenti<br />
progressi<br />
dell’ingegneria<br />
genetica hanno<br />
fornito fonti non<br />
umane di anticorpi<br />
umani, quali<br />
Herceptin ® e<br />
MabThera ® .<br />
Un utilizzo molto<br />
importante delle<br />
colture cellulari è<br />
quello di veicoli<br />
per la produzione<br />
di grandi quantità<br />
di un tipo specifico<br />
di cellula che può<br />
contenere un gene<br />
creato con<br />
l’ingegneria<br />
genetica.<br />
5.10<br />
genetica utilizza la tecnica del DNA ricombinante per clonare il gene della proteina di<br />
interesse ed inserirlo all’interno di uno speciale segmento di DNA ad alta replicazione<br />
chiamato vettore di espressione, che produce grandi quantità della proteina.<br />
L’ingegneria genetica ha importanti implicazioni terapeutiche. Per esempio, clonare tutti i geni<br />
di un particolare percorso biosintetico e sovraesprimerli è il solo modo per aumentare i livelli di<br />
un particolare componente intracellulare. In alternativa, è possibile interrompere un percorso in<br />
modo tale che certi prodotti non vengano più prodotti. È importante notare che l’ingegneria<br />
genetica non si limita alle proteine. In effetti, essa può fornire la sovraespressione di ogni gene<br />
clonato.<br />
Inoltre, l’ingegneria genetica facilita il disegno di proteine di ogni sequenza desiderata. Per<br />
esempio, i recenti progressi dell’ingegneria genetica hanno fornito fonti non umane di anticorpi<br />
umani, quali Herceptin ® e MabThera ® . L’umanizzazione di anticorpi monoclonali di topo<br />
(Mabs) comporta l’utilizzo della reazione polimerica a catena con trascrittasi inversa (RT-PCR,<br />
vedi pagina 5.15) per clonare sia le regioni variabili sia quelle ipervariabili dell’anticorpo<br />
dall’mRNA di un ibridoma, derivato per esempio da un topo, e fonderlo con regioni costanti<br />
umane. Come conseguenza, più del 90% della sequenza aminoacidica del Mab umanizzato è<br />
identica a quella della proteina umana. In questo modo, si evita la neutralizzazione da parte<br />
del sistema immunitario umano. Inoltre, utilizzando questo approccio, possono essere generati<br />
anticorpi con specifiche funzioni effettrici selezionando l’appropriata regione a catena pesante<br />
come partner di clonazione. I cloni risultanti possono poi essere espressi in coltura cellulare per<br />
produrre una grande quantità di anticorpi modificati. Di seguito si tratta dei fondamenti della<br />
coltura di cellule animali e di come introdurre geni ricombinanti all’interno di cellule animali.<br />
Colture di cellule animali<br />
Date le appropriate condizioni, la maggior parte dei tipi di cellule animali vivra’, si dividera’<br />
ed esprimera’ proprieta’ differenziate in una piastra con tessuto di coltura. Questo tipo di<br />
coltura è detto in vitro. In questo ambiente artificiale è possibile osservare le cellule al<br />
microscopio e analizzarle biochimicamente quando vengono aggiunte o tolte alla coltura<br />
differenti molecole specifiche quali ormoni o fattori di crescita. È inoltre possibile esaminare le<br />
interazioni tra un tipo di cellula e un’altra. Un utilizzo molto importante delle colture cellulari è<br />
quello di veicoli per la produzione di grandi quantità di un tipo specifico di cellula che può<br />
contenere un gene creato con l’ingegneria genetica. Come discusso nel Modulo 6, si stanno<br />
sperimentando le cellule di coltura in terapie cellulari quali i vaccini per stimolare la risposta<br />
immune al tumore.<br />
Le cellule vengono cresciute in un recipiente di coltura, una piastra o una beuta, in un liquido<br />
di nutrizione detto medium. Un componente essenziale del medium è il siero, perché contiene<br />
fattori di crescita, ormoni steroidei e altri fattori essenziali per la crescita e la proliferazione<br />
cellulare. Le cellule di una coltura cellulare crescono attaccate al fondo della piastra come<br />
singolo strato di cellule (monostrato) ricoperte dal medium. Per la crescita e la proliferazione<br />
normali, è essenziale che le cellule siano ancorate. Il medium viene cambiato ad intervalli<br />
appropriati per assicurarsi che le cellule non muoiano per la mancanza di nutrimento o<br />
vengano avvelenate dai rifiuti prodotti dal loro metabolismo. Quando le cellule si sono<br />
replicate e hanno ricoperto tutta la superficie disponibile della piastra di coltura formando una<br />
coltura confluente, smetteranno di replicarsi. La coltura confluente di cellule può essere divisa<br />
per produrre nuove colture, che continueranno a crescere e proliferare.<br />
Le colture preparate dai tessuti di un organismo sono dette colture primarie. Le colture primarie<br />
hanno una durata di vita limitata e devono subire un processo chiamato trasformazione, che
porta alla formazione di quella che è conosciuta come linea cellulare. Le linee cellulari possono<br />
essere preparate da cellule tumorali ma in questo caso risultano differenti rispetto a quelle<br />
preparate da cellule normali. Per esempio, spesso crescono senza attaccarsi a una superficie, e<br />
possono proliferare sulla piastra di coltura con una densita’ considerevolmente maggiore.<br />
Caratteristiche simili possono essere indotte sperimentalmente in cellule normali provocandone<br />
la mutazione con l’azione di un virus tumore-inducente o di sostanze chimiche. Questo è<br />
evidente in una linea di cellule mutate, come la linea di cellule ovariche dell’hamster cinese<br />
(CHO) o la linea di cellule renali di hamster neonato (BHK). Normalmente le linee cellulari<br />
possono essere divise e fatte ricrescere indefinitamente e sono utili, tra le molte altre<br />
applicazioni, per la produzione di anticorpi monoclonali e per lo studio dell’attività di geni<br />
specifici.<br />
Transfezione<br />
Come già trattato precedentemente, la transfezione è una tecnica utilizzata per distribuire<br />
molecole estranee come il DNA all’interno delle cellule. Si tratta di uno strumento di grande<br />
potere per il controllo dell’espressione del gene e della proteina. Le cellule possono essere<br />
transfettate affinche’ esprimano un gene per un breve periodo di tempo (transfezione<br />
transitoria) o permanentemente (transfezione stabile). Geni differenti possono essere<br />
cotransfettati (transfettati contemporaneamente) per rendere possibile lo studio dell’interazione<br />
tra questi stessi geni. Questo sistema fornisce un ambiente artificiale nel quale esaminare<br />
l’interazione tra geni.<br />
Isolando una singola cellula animale, che potrebbe contenere un gene ricombinante (progettato<br />
con l’ingegneria genetica), e permettendogli di proliferare fomando una grande colonia, è<br />
possibile formare un clone, che è composto di cellule geneticamente identiche. È anche<br />
possibile fondere insieme due cellule per formare una cellula combinata con due nuclei<br />
separati, che sarà eventualmente fusa per formare una cellula ibrida con un unico nucleo.<br />
Applicazione delle nuove tecnologie allo studio del <strong>cancro</strong><br />
Tutte le malattie hanno una componente genetica, sia ereditaria sia risultante dalla risposta del<br />
corpo agli stress ambientali. Perciò, nella valutazione clinica dei pazienti oncologici, testare gli<br />
oncogeni o le proteine che essi producono (oncoproteine) è un utile strumento supplementare<br />
per esaminare parametri fisici come la dimensione del tumore primitivo, la stadiazione della<br />
malattia alla diagnosi e il grado di coinvolgimento linfonodale. L’analisi dei fattori coinvolti<br />
nella patogenesi del <strong>cancro</strong> viene effettuata tipicamente servendosi del tessuto tumorale o del<br />
siero. Per esempio, markers tumorali come il CA-125 e il CA 15-3 sono molecole che possono<br />
essere di ausilio per la diagnosi o per il monitoraggio della terapia, rispettivamente del tumore<br />
dell’ovaio e della mammella. I markers tumorali vengono spesso rilasciati nel flusso sanguigno<br />
da alcuni tipi di tumore e sono quindi misurabili nel siero.<br />
Il valore clinico dei markers biologici è oggetto di indagine da molti anni. Per esempio, è ben<br />
stabilito il ruolo del recettore dell’estrogeno (ER) e del recettore del progesterone (PgR) nella<br />
valutazione della prognosi e della risposta alla terapia nel tumore della mammella,<br />
dell’antigene specifico prostatico (PSA) nel monitoraggio del tumore della prostata e del<br />
cromosoma di Filadelfia come marker specifico della leucemia mieloide cronica. Più<br />
recentemente, il valore di markers come l’HER2 è diventato il punto focale di indagini intensive.<br />
Infatti, come discusso nel Modulo 6, l’amplificazione dell’HER2 è la prima anormalita’ tumoreassociata,<br />
cui è stato riconosciuto un ruolo nella patogenesi e nella prognosi del <strong>cancro</strong>, ad<br />
essere utilizzata con successo come bersaglio per la terapia. Ciò indica l’importanza crescente<br />
della possibilita’ di testare accuratamente le anormalita’ tumore-associate per ottimizzare le<br />
cure offerte al paziente.<br />
5<br />
. . . la transfezione<br />
è una tecnica<br />
utilizzata per<br />
distribuire<br />
molecole estranee<br />
come il DNA<br />
all’interno delle<br />
cellule.<br />
l’amplificazione<br />
dell’HER2 è la<br />
prima anormalita’<br />
tumore-associata,<br />
cui è stato<br />
riconosciuto un<br />
ruolo nella<br />
patogenesi e nella<br />
prognosi del<br />
<strong>cancro</strong>, ad essere<br />
utilizzata con<br />
successo come<br />
bersaglio per la<br />
terapia.<br />
5.11
5<br />
La precisa<br />
specificita’<br />
antigenica degli<br />
anticorpi li rende<br />
strumenti di<br />
grande interesse<br />
per la ricerca e<br />
infatti molti<br />
approcci recenti<br />
utilizzano proprio<br />
gli anticorpi.<br />
L’IHC è un<br />
procedimento<br />
relativamente<br />
semplice che<br />
utilizza molti<br />
reagenti e fissanti<br />
comuni . . .<br />
5.12<br />
Il patologo utilizza molte tecniche specializzate per testare i fattori associati con lo sviluppo del<br />
<strong>cancro</strong>. Questi test diagnostici comprendono l’analisi del gene pertinente (DNA o RNA) o della<br />
proteina prodotta dal DNA.<br />
Gli anticorpi come strumenti della biologia molecolare e della<br />
biochimica<br />
La precisa specificita’ antigenica degli anticorpi li rende strumenti di grande interesse per la<br />
ricerca e infatti molti approcci recenti utilizzano proprio gli anticorpi. Marcati con tinte<br />
fluorescenti, hanno un valore inestimabile per localizzare con il microscopio a fluorescenza<br />
molecole specifiche all’interno delle cellule. Gli anticorpi possono anche essere utilizzati per<br />
rilevare e quantificare molecole negli estratti cellulari e per identificare specifiche proteine dopo<br />
che queste siano state separate con l’elettroforesi in un gel poliacrilamidico.<br />
La sensibilita’ degli anticorpi come sonda per il rilevamento di molecole specifiche in cellule e<br />
tessuti viene frequentemente intensificata con il metodo dell’amplificazione di segnale. Si tratta<br />
di un procedimento in cui due anticorpi sono utilizzati per scoprire un antigene. L’anticorpo<br />
principale si lega all’antigene. Piuttosto che attaccare un marker come una tinta fluorescente<br />
all’anticorpo principale per mostrare la presenza dell’antigene, viene utilizzato un secondo<br />
anticorpo che ha una molecola marker e che riconosce l’anticorpo principale legato<br />
all’antigene. Sono disponibili molti sistemi che utilizzano differenti tipi di molecole marker. Per<br />
esempio, come molecola marker può essere utilizzato un enzima. Si tratta di un sistema molto<br />
sensibile che permette di rilevare anche piccole quantità di antigene.<br />
Immunoistochimica<br />
Come suggerisce il suo stesso nome, l’immunoistochimica (IHC) è una tecnica che riguarda<br />
anticorpi, tessuti e chimica. Questo approccio può essere utilizzato per analizzare il livello di<br />
espressione delle proteine` in un tessuto.<br />
L’IHC è un procedimento relativamente semplice che utilizza molti reagenti e fissanti comuni e<br />
può essere applicata su tessuti freschi, congelati o d’archivio. La tecnica utilizza un anticorpo<br />
che è specifico per un particolare antigene, per esempio l’HER2. Un gran numero di anticorpi<br />
di origine murina è stato prodotto per il test dell’IHC, con l’obiettivo di identificare l’anticorpo<br />
che più accuratamente discrimina tra pazienti che possiedono o meno un particolare antigene.<br />
L’anticorpo è marcato con un marker che può essere fluorescente, o radioattivo o un enzima<br />
come la perossidasi. Nell’ultimo caso, la sezione di tessuto, che di solito è fissato in paraffina,<br />
è incubato con l’anticorpo pertinente marcato con perossidasi. L’anticorpo specifico localizza<br />
l’antigene e lo lega nella sezione tumorale. Il campione viene poi fatto reagire con un un<br />
prodotto chimico (diaminobenzidine [DAB]) in presenza di idrogeno perossidasi per fornire un<br />
deposito opaco che può essere visualizzato microscopicamente (metodo DAB). In alternativa,<br />
può essere utilizzato il metodo perossidasi-antiperossidasi (PAP). Il risultato finale è una sezione<br />
di tessuto che mostra cellule colorate e non colorate.<br />
L’interpretazione dei vetrini colorati per mezzo dell’IHC è spesso qualitativa, poiche’ dipende<br />
dalla percentuale di cellule che si colorano positivamente per l’antigene bersaglio e<br />
dall’intensita’ della colorazione, e può essere soggetta a differenze tra osservatori. Per<br />
esempio, un test comunemente usato per la sovraespressione dell’HER2 nel tumore della<br />
mammella (DAKO HercepTest ® ) impiega un sistema di punteggio 0-3+ nel quale 0 e 1+<br />
definiscono sezioni che sono fondamentalmente non colorate o contengono una piccola<br />
percentuale di cellule che sono debolmente colorate, e 3+ quelle in cui la maggioranza delle<br />
cellule sono fortemente colorate (Figura 5.5). Ma il punteggio di sezioni 2+ differisce a<br />
seconda dei diversi patologi e laboratori a causa della natura soggettiva del sistema di<br />
punteggio.
I sistemi automatizzati di imaging cellulare (ACIS) costituiscono un apporto molto recente alle<br />
tecnologie disponibili per i test oncologici, e sono progettati per abolire l’errore associato con<br />
l’interpretazione manuale delle colorazioni. ACIS associa software di immagine basati sul<br />
colore con la tecnologia della microscopia robotica automatizzata e viene considerato come<br />
un approccio piu’ accurato del punteggio qualitativo.<br />
0<br />
2+<br />
IHC Images courtesy of MJ Kornstein, MD, Medical College of Virginia<br />
Figura 5.5. Esempi di membrana cellulare colorata per l’HER2 utilizzando l’IHC, e i punteggi<br />
assegnati.<br />
ELISA<br />
La tecnica ELISA (enzyme-linked immunosorbent assay) è utile per tessuti omogenati (“ground-up<br />
tissue”) e siero. Come per l’IHC, questo metodo di indagine impiega anticorpi e un enzima<br />
quantificabile per la rilevazione di proteine. Il vantaggio di ELISA è che i campioni di sangue<br />
possono essere esaminati più frequentemente rispetto ai campioni tessutali tumorali.<br />
Comunque, la relazione tra i livelli sierici dei markers tumore-specifici quali l’HER2 e i livelli<br />
nelle cellule tumorali è attualmente controversa. Sembra probabile che possa esserci una più<br />
stretta relazione tra i livelli sierici e la massa tumorale che non tra i livelli sierici e l’espressione<br />
di un marker tumorale. Perciò’, il test ELISA e’ utile correntemente per misurare i livelli di<br />
markers come il PSA che sono usati per monitorare il decorso della malattia piuttosto che per<br />
l’identificazione di tumori che producono alti livelli di markers.<br />
Ibridizzazione in-situ<br />
L’ibridizzazione in-situ (ISH) è una tecnica usata per identificare specifiche sequenze di acido<br />
nucleico in tessuti, cellule o cromosomi isolati dalle cellule. L’analisi è resa specifica dall’utilizzo<br />
di sonde ad acido nucleico che hanno un’unica sequenza di nucleotidi che gli permette di<br />
legarsi specificamente (o ibridizzarsi) con le sequenze complementari di nucleotidi del DNA o<br />
RNA dei campioni. La sonda contiene un colorante che può essere usato per localizzare la<br />
presenza dell’acido nucleico bersaglio. La localizzazione ISH viene raggiunta comunemente<br />
con l’utilizzo di markers fluorescenti (ibridizzazione in-situ a fluorescenza [FISH]) e un<br />
microscopio a fluorescenza, o con markers cromogenici (produttori di colore) (ibridizzazione<br />
in-situ cromogenica [CISH]) e un microscopio a campi luminosi. I risultati dell’ISH possono<br />
essere utilizzati per determinare la presenza o assenza di un gene, l’amplificazione di un gene<br />
o il riarrangiamento di cromosomi (traslocazione). Perciò, si tratta di una tecnica estremamente<br />
valida per la diagnosi dei geni tumorali (oncogeni).<br />
1+<br />
3+<br />
5<br />
Il vantaggio di<br />
ELISA è che i<br />
campioni di<br />
sangue possono<br />
essere esaminati<br />
più frequentemente<br />
rispetto ai<br />
campioni tessutali<br />
tumorali.<br />
5.13
5<br />
Generalmente la<br />
FISH è una tecnica<br />
di analisi specifica<br />
e sensibile che può<br />
identificare<br />
accuratamente e in<br />
modo affidabile<br />
tumori che<br />
mostrano<br />
particolari<br />
anormalita’<br />
genetiche.<br />
5.14<br />
FISH<br />
La FISH usa un marker fluorescente attaccato ad una sonda che ibridizza (lega) il gene<br />
appropriato. Un microscopio a fluorescenza viene usato per identificare la localizzazione del<br />
gene e per quantificare il numero di copie presenti. Se differenti markers colorati a<br />
fluorescenza e due o più sonde vengono utilizzati contemporaneamente, i differenti segnali di<br />
ibridizzazione possono essere identificati in base ai loro colori distintivi. Questa tecnica è utile<br />
per confrontare una grande quantità di bersagli differenti in una cellula, per esempio il numero<br />
di geni e il numero di cromosomi contenenti il gene. Per esempio, approssimativamente il 20%<br />
dei tumori della mammella presenta copie multiple del gene HER2 (amplificazione) (Figura<br />
5.6). Tuttavia, altre cellule del tumore della mammella contengono copie multiple del<br />
cromosoma 17 (aneuploidia), sul quale è situato il gene HER2, e ogni cromosoma ha una<br />
copia del gene. Gli effetti fisiologici dell’amplificazione e dell’aneuploidia appaiono differenti,<br />
Figura 5.6. Test per amplificazione genica con l’utilizzo della FISH.<br />
e queste caratteristiche devono poter essere differenziate. Pertanto, vengono usate sonde che<br />
portano markers fluorescenti rossi e grigi che permettono di stimare il rapporto dei geni HER2<br />
rispetto al cromosoma 17 e di identificare l’amplificazione del gene HER2. La FISH viene<br />
utilizzata anche nell’identificazione di anormalita’ cromosomiche in una grande varieta’ di<br />
tumori ematologici e solidi, con la rilevazione di markers tra cui il cromosoma Filadelfia e la<br />
fusione bcr-abl nella leucemia.<br />
Generalmente la FISH è una tecnica di analisi specifica e sensibile che può identificare<br />
accuratamente e in modo affidabile tumori che mostrano particolari anormalita’ genetiche.<br />
Inoltre, l’interpretazione dei risultati è oggettiva e quantitativa. Tuttavia, essa richiede l’uso di<br />
speciali dispositivi che non sono largamente disponibili nei laboratori di patologia, e ciò limita<br />
il suo utilizzo.<br />
Reazione polimerica a catena<br />
La reazione polimerica a catena (PCR) è un processo che utilizza un enzima polimerasi<br />
specializzato per sintetizzare un filamento complementare di un filamento dato di DNA, in una<br />
miscela contenente le quattro basi del DNA e due frammenti di DNA chiamati primers. La PCR<br />
implica la copia ripetuta moltissime volte di un frammento specifico di DNA con l’utilizzo di un
enzima chiamato DNA polimerasi. Questo processo realizza l’amplificazione selettiva di una<br />
regione scelta della molecola di DNA.<br />
Tipicamente, il DNA preso da una cellula è miscelato con piccoli frammenti di DNA (lunghi<br />
circa 20 basi) chiamati primers, la cui sequenza di DNA si affianca alla sequenza bersaglio. I<br />
primers ibridizzano il DNA desiderato in una miscela per permettere all’enzima di sintetizzare<br />
il segmento di DNA di interesse. L’enzima DNA polimerasi utilizzato per questo processo è<br />
generalmente l’enzima DNA polimerasi I che deriva da un batterio che vive nelle sorgenti<br />
calde, chiamato Taq polimerasi. A causa della sua origine questo batterio agisce ad alte<br />
temperature. La miscela PCR viene riscaldata per separare i filamenti del DNA a doppio<br />
filamento contenente la sequenza bersaglio. Poi viene raffreddata per permettere ai primers di<br />
trovare le loro sequenze complementari sui filamenti separati e di legarvisi e alla polimerasi di<br />
estendere i primers nei nuovi filamenti complementari (Figura 5.7). Ripetuti cicli di<br />
riscaldamento e raffreddamento moltiplicano esponenzialmente il DNA bersaglio, poiche’ ogni<br />
nuovo doppio filamento si separa per diventare due template per le sintesi ulteriori. In un’ora<br />
circa, 20 cicli di PCR possono amplificare il bersaglio fino a un milione di volte. Al termine del<br />
processo è consuetudine analizzare i prodotti della PCR utilizzando l’elettroforesi con gel<br />
agarose e la colorazione del DNA prodotto. In alternativa, il prodotto della PCR può essere<br />
inserito in un vettore plasmide o batteriofago per la clonazione e l’ulteriore valutazione.<br />
Secondo ciclo<br />
Primo ciclo<br />
La miscela di reazione contiene la sequenza<br />
di DNA bersaglio che deve essere amplificata,<br />
due primeri (P1, P2) e la Taq polimerasi<br />
termo-stabile<br />
La miscela di reazione e riscaldata<br />
a 95˚C per denaturare il DNA<br />
bersaglio. Il successivo<br />
raffreddamento a 37˚C permette ai<br />
primeri di ibridizzare la sequenza<br />
complementare nel DNA bersaglio<br />
Quando riscaldata a 72˚ la Taq<br />
polimerasi produce filmenti<br />
complementari dai primeri<br />
Il primo ciclo di sintesi fornisce<br />
come risultato due copie della<br />
sequenza del DNA bersaglio<br />
Denaturazione<br />
del DNA<br />
Ibridizzazione<br />
dei primeri<br />
Estensione dei<br />
nuovi filamenti<br />
di DNA<br />
Il secondo ciclo di<br />
sintesi fornisce come<br />
risultato quattro copie della<br />
sequenza del DNA bersaglio<br />
Ulteriore ciclo<br />
Fig. 5.7 Supervisione dei processi PCR.<br />
P1<br />
DNA bersaglio<br />
Taq<br />
P2<br />
5<br />
5.15
5<br />
. . . genomica<br />
funzionale.<br />
. . . la disciplina<br />
che ha l’obiettivo<br />
di ottenere<br />
un’immagine<br />
globale della<br />
funzione del<br />
genoma, inclusi i<br />
profili di<br />
espressione a<br />
livello dell’mRNA e<br />
a livello proteico.<br />
Il Progetto<br />
Genoma Umano è<br />
uno studio<br />
internazionale<br />
della durata di 13<br />
anni cominciato<br />
nel 1990<br />
5.16<br />
Una caratteristica importante della PCR è che è altamente sensibile. Purché i primers siano<br />
ottimali, la PCR può rilevare minuscole quantità di DNA bersaglio. Questa caratteristica rende<br />
la PCR una tecnica estremamente utile nella diagnostica. La PCR può essere anche utilizzata<br />
per amplificare l’RNA se è prima convertito in cDNA a singolo filamento utilizzando l’enzima<br />
trascrittasi inversa. Questa procedura è chiamata PCR a trascrittasi-inversa (RT-PCR). La più<br />
importante applicazione della RT-PCR è l’analisi dei livelli di espressione del gene.<br />
Funzionalita’ del genoma<br />
Fino a tempi relativamente recenti, gli studi sulla funzione dei geni erano effettuati su piccola<br />
scala e in un contesto limitato. Per esempio, in un’unica volta veniva studiato un singolo gene o<br />
percorso. Con i significativi progressi ottenuti nella ricerca e nella strumentazione, il metodo<br />
per lo studio della funzione genica si è evoluto rapidamente in quella che è chiamata<br />
genomica funzionale. Si tratta della disciplina che ha l’obiettivo di ottenere un’immagine<br />
globale della funzione del genoma, inclusi i profili di espressione a livello dell’mRNA e a livello<br />
proteico. La genomica funzionale richiede conoscenze di genomica strutturale, di ordinamento<br />
(mapping) e di sequenziamento dei geni. Comprendere come funzionano i geni richiede inoltre<br />
l’analisi della struttura tridimensionale delle proteine per le quali i geni codificano. (Figura 5.8.)<br />
Gene Proteina<br />
Funzione<br />
Figura 5.8. Per comprendere la funzione del gene.<br />
Struttura<br />
L’obiettivo principale della genomica funzionale è portare nuove tecnologie a supporto dello<br />
studio dell’espressione genica su larga scala e con grande volume di dati. Ciò dovrebbe<br />
fornire ai biologi una comprensione nuova, vasta ed olistica di sistemi complessi, e diminuire la<br />
distanza esistente tra sequenza e funzione. I dati sulla sequenza del DNA si stanno<br />
accumulando a velocita’ fenomenale con l’obiettivo di fornire un’accurata sequenza completa<br />
del genoma umano entro il 2002.<br />
Come discusso nel Modulo 7 ci si aspetta che la proteonimica segua la genomica funzionale. Il<br />
termine proteoma si riferisce al set completo di proteine espresse dal genoma e poi modificate.<br />
Studiando le proteine su scala globale, i biologi sperano di scoprire di più sulle cause<br />
fondamentali di molti disturbi e sulle potenziali terapie che non decifrando le coppie di basi dei<br />
geni.
Il Progetto Genoma Umano<br />
Il Progetto Genoma Umano (HGP, già HuGO) è uno studio internazionale della durata di 13<br />
anni cominciato nel 1990 con lo scopo di identificare tutti i geni umani. Una meta primaria<br />
dell’HGP è di fare una serie di diagrammi ordinati (mappe) di ogni cromosoma umano a<br />
risoluzione sempre più fine. Il primo stadio del progetto è completato e il prossimo passo,<br />
quello di determinare la sequenza di basi di ognuno dei frammenti di DNA ordinati, è<br />
attualmente in corso. Tuttavia, basandosi sulla bozza di lavoro relativa alla sequenza di basi, è<br />
gia noto che il genoma contiene 30.000-35.000 geni. Questo sforzo costituirà una vastissima<br />
fonte di informazioni per lo sviluppo di strumenti da utilizzare nello studio della biologia<br />
umana e nella medicina. Studi paralleli sono stati effettuati su organismi modello come il<br />
batterio E. coli selezionati per fornire le informazioni comparative necessarie per capire il<br />
funzionamento del genoma umano. Questo processo è detto genomica comparativa.<br />
Ci si attende che le informazioni generate dall’HGP costituiscano la base essenziale della<br />
scienza biomedica del 21esimo secolo e saranno di immenso beneficio per la medicina.<br />
Poiche’ gestire questa grande massa di dati comporta l’uso estensivo del computer, lo sviluppo<br />
di un database è il focus principale dell’ HGP.<br />
Bioinformatica<br />
Bioinformatica è il nome dato al processo usato per trattare ed interpretare dati sui geni e le<br />
proteine, come quelli che emergono dall’HGP. Con il sequenziamento di una grande quantità<br />
di genomi, è diventato chiaro che decifrare le informazioni in queste sequenze è una sfida<br />
enorme.<br />
I recenti progressi della genomica hanno fornito l’opportunità di estendere la gamma di<br />
potenziali farmaci antitumorali. La farmacogenomica utilizza tecniche genetiche su larga scala<br />
per lo sviluppo di farmaci. Diversi metodi vengono usati nella ricerca sul genoma umano allo<br />
scopo di identificare le relazioni esistenti tra modificazioni genetiche e farmaci efficaci e sicuri.<br />
Ci si aspetta che questo approccio porti alla scoperta di nuovi bersagli terapeutici per la<br />
terapia biologica del <strong>cancro</strong>.<br />
Sommario: le applicazioni di queste conoscenze<br />
La conoscenza dei meccanismi di funzionamento e di integrazione tra le differenti molecole in<br />
una cellula rende possibile lo sviluppo di terapie per la cura delle malattie e di tutte le<br />
condizioni in cui i processi cellulari sono malfunzionanti. Un gran numero di importanti<br />
progressi tecnologici ha reso possibile lo sviluppo di terapie <strong>biologiche</strong> antitumorali. Tra<br />
queste, una strategia chiamata tecnica del DNA ricombinante ha rivoluzionato il modo in cui i<br />
ricercatori studiano le cellule e i loro processi biologici. La tecnica del DNA ricombinante<br />
comprende un set di tecniche che rende possibile lo studio e, molto importante, la<br />
manipolazione della struttura e della funzione del DNA cellulare. La clonazione genetica è la<br />
pietra angolare di questa tecnologia. Questo processo utilizza un vettore per amplificare il<br />
DNA bersaglio all’interno di cellule ospiti quali batteri, virus o lieviti. Plasmidi e virus sono<br />
vettori comuni. In seguito all’introduzione all’interno di cellule ospiti adatte, i frammenti di DNA<br />
possono essere riprodotti insieme con il DNA della cellula ospite. L’ingegneria genetica<br />
comporta la clonazione del gene per la proteina di interesse e il suo inserimento all’interno di<br />
una speciale porzione di DNA ad alta replicazione chiamata vettore di espressione, che<br />
produce una grande quantità di una proteina o ogni altra molecola. Questo approccio è utile<br />
per la produzione di nuove proteine come gli anticorpi monoclonali umanizzati.<br />
5<br />
Bioinformatica è il<br />
nome dato al<br />
processo usato per<br />
trattare ed<br />
interpretare dati<br />
sui geni e le<br />
proteine, come<br />
quelli che<br />
emergono<br />
dall’HGP.<br />
. . . una strategia<br />
chiamata tecnica<br />
del DNA<br />
ricombinante ha<br />
rivoluzionato il<br />
modo in cui i<br />
ricercatori<br />
studiano le cellule<br />
e i loro processi<br />
biologici.<br />
5.17
5<br />
L’interesse<br />
pubblico nei<br />
progressi della<br />
genetica, associato<br />
all’esplosione di<br />
informazioni<br />
fornite dall’HGP,<br />
porra’ il medico e<br />
gli infermieri in un<br />
ruolo centrale per<br />
comunicare queste<br />
scoperte ai<br />
pazienti.<br />
5.18<br />
Le cellule possono essere cresciute e manipolate in un ambiente artificiale grazie ad una<br />
tecnica chiamata coltura cellulare. Il DNA ricombinante può essere introdotto all’interno delle<br />
cellule con un processo chiamato transfezione. Ciò consente la produzione in grande quantità<br />
di una particolare molecola.<br />
Anche i test diagnostici delle modificazioni genetiche che causano i tumori hanno registrato<br />
significativi progressi tecnologici. Diversi approcci sono disponibili per esaminare le<br />
aberrazioni geniche o proteiche utilizzando tessuti tumorali o siero. Un patologo impiega un<br />
gran numero di tecniche specializzate per testare i fattori associati al <strong>cancro</strong>. Questi test<br />
diagnostici comportano tipicamente l’analisi del gene di interesse (DNA o RNA) o della<br />
proteina prodotta dal DNA. Per esempio, nel caso dell’HER2, è possibile esaminare sia il<br />
numero di copie del gene HER2 (amplificazione) sia la sovraproduzione della proteina HER2<br />
(sovraespressione). I principali tipi di test correntemente usati sono l’IHC e il FISH. La PCR è un<br />
altro utile strumento diagnostico.<br />
Grazie ai significativi progressi nella ricerca e nella strumentazione, il metodo di studio della<br />
funzione genica si è rapidamente evoluto in quella che è chiamata genomica funzionale. Si<br />
tratta dello studio che consente di ottenere una visione d’insieme della funzione del genoma,<br />
che include i profili di espressione a livello dell’mRNA e a livello proteico. La genomica<br />
funzionale richiede conoscenze di genomica strutturale, di ordinamento (mapping) e di<br />
sequenziamento dei geni. La genomica funzionale ha l’obiettivo di fornire nuove tecnologie per<br />
portare avanti lo studio dell’espressione genica su larga scala e con grande volume di dati.<br />
L’HGP è un progetto internazionale che ha il fine ultimo di scoprire tutti i geni della sequenza<br />
del DNA e di sviluppare strumenti per utilizzare queste informazioni nello studio della biologia<br />
umana e della medicina. Il Progetto sta generando una grandissima quantità di dati.<br />
Bioinformatica è il nome dato al procedimento utilizzato per elaborare e interpretare i dati su<br />
geni e proteine, come quelli che emergono dall’HPG.<br />
Le ricerche nel campo della biologia molecolare e della genetica sono sempre più importanti<br />
per la diagnosi e la terapia delle malattie umane. Affiche’ i pazienti possano trarre beneficio<br />
delle conoscenze che queste tecnologie forniscono è importante che coloro che li curano<br />
includano la medicina genetica nella pratica clinica, più di ogni altro aspetto della medicina. Il<br />
rapido progresso nello sviluppo di terapie <strong>biologiche</strong>, che è un diretto risultato della nostra<br />
accresciuta comprensione della biologia molecolare, sia delle cellule normali che di quelle<br />
tumorali, significa che la cura del paziente con l’utilizzo di queste terapie diventera’ sempre<br />
più importante. L’interesse pubblico nei progressi della genetica, associato all’esplosione di<br />
informazioni fornite dall’HGP, porra’ il medico e gli infermieri in un ruolo centrale per<br />
comunicare queste scoperte ai pazienti.
Questionario di auto valutazione<br />
1. Per l’analisi e la manipolazione del DNA vengono utilizzati enzimi e tecniche differenti.<br />
Scegli dall’elenco qui riportato l’enzima o la tecnica più appropriata per le attività elencate<br />
di seguito:<br />
Sequenziamento del DNA Gel elettroforesi<br />
Ligasi Ibridizzazione dell’acido nucleico<br />
Polimerasi<br />
Trascrittasi inversa<br />
Enzima di restrizione<br />
Sintetizza il DNA<br />
………………………………………………………………………………….............................<br />
Forma il DNA complementare (cDNA) dall’RNA messaggero (mRNA)<br />
.…………………………………………………………………………………............................<br />
Taglia o scinde il DNA in frammenti per l’analisi<br />
.…………………………………………………………………………………............................<br />
Unisce frammenti di DNA<br />
………………………………………………………………………………….............................<br />
Separa frammenti di DNA in base alla loro dimensione<br />
………………………………………………………………………………….............................<br />
Stabilisce l’esatta sequenza delle coppie di basi in un frammento di DNA<br />
………………………………………………………………………………….............................<br />
Consente la precisa localizzazione di DNA o RNA con l’utilizzo di una sonda<br />
………………………………………………………………………………….............................<br />
2. La clonazione genica ha un ruolo centrale tra le molte tecniche utilizzate per analizzare e<br />
comprendere i geni e le loro funzioni. Descrivi a grandi linee le fasi essenziali della<br />
clonazione del DNA.<br />
3. In alcuni casi, molti frammenti di DNA vengono clonati nello stesso momento per formare<br />
una libreria di cloni. Come può essere identificato il clone contenente il frammento di DNA<br />
di interesse inserito?<br />
4. La possibilita’ di produrre ogni proteina in grandi quantità è il maggior vantaggio offerto<br />
dall’ingegneria genetica. Delinea alcune delle implicazioni terapeutiche dell’ingegneria<br />
genetica, in particolare in relazione alla cura del <strong>cancro</strong>.<br />
Gene Proteina<br />
Funzione<br />
5. Di seguito è riportato un diagramma schematico degli obiettivi della genomica funzionale.<br />
Descivi a parole cosa rappresenta il diagramma e indica quali ruoli potrebbero giocare in<br />
questo processo il Progetto Genoma Umano e la bioinformatica.<br />
Le risposte a queste domande sono a pagina 8.8<br />
Struttura<br />
5<br />
5.19
Introduzione<br />
Modulo 6. Spiegazione delle terapie <strong>biologiche</strong><br />
I moduli precedenti hanno fornito le conoscenze relative alle fasi di sviluppo del tumore e alla<br />
reazione del sistema immunitario alle sollecitazioni. Sono anche stati descritti i progressi<br />
tecnologici che hanno consentito a queste conoscenze di essere sfruttate ai fini della ricerca.<br />
Sono i progressi che hanno portato al riconoscimento che gli approcci biologici hanno grandi<br />
potenzialita’ terapeutiche. Questo modulo tratta dei diversi tipi di agenti biologici che sono<br />
stati studiati quali terapie antitumorali. Questi includono:<br />
● Citochine<br />
● anticorpi<br />
● terapia genica<br />
● vaccini.<br />
Sono considerati in dettaglio alcuni agenti biologici rappresentativi (fattore di stimolazione<br />
delle colonie granulocitarie [G-CSF, filgrastim], interleuchina-2 ricombinante [IL-2] e Herceptin ® ).<br />
Questi agenti sono utilizzati per illustrare le differenze tra agenti non specifici che sono stati a<br />
lungo utilizzati come supporto alle terapie antitumorali, per es. filgrastim, e agenti specifici per<br />
un particolare tipo di tumore che stanno rivoluzionando la cura del <strong>cancro</strong>, per es. Herceptin ® .<br />
6<br />
6.1
6<br />
6.2<br />
Questionario di auto valutazione<br />
1. Indica due motivi per cui si stanno sviluppando e utilizzando approcci biologici per la cura<br />
del <strong>cancro</strong>, specificando i loro vantaggi potenziali rispetto alle terapie convenzionali.<br />
2. Identifica, nella tavola seguente, quale terapia biologica produce gli effetti da A a G di cui<br />
sotto. Il primo caso, relativo alla terapia con citochine, è già completato per essere di<br />
esempio.<br />
Terapia Effetti<br />
Terapia con citochine A, E, F, G<br />
Terapia anticorpale<br />
Vaccini<br />
Terapia genica<br />
Terapia cellulare<br />
A. Uccide le cellule tumorali<br />
B. Interrompe o controlla il processo che permette la crescita tumorale<br />
C. Altera i modelli di crescita delle cellule tumorali<br />
D. Blocca i processi che portano alla formazione di cellule tumorali a partire da cellule<br />
normali<br />
E. Intensifica la capacità dell’organismo di riparare o sostituire le cellule normali<br />
danneggiate o distrutte da chemioterapia o da radiazioni<br />
F. Aumenta la suscettibilita’ alla distruzione delle cellule tumorali da parte del sistema<br />
immunitario<br />
G. Aumenta l’attività delle cellule T, delle cellule natural killer e dei macrofagi,<br />
promuovendo l’uccisione delle cellule tumorali.<br />
3. Spiega la differenza tra terapia biologica non mirata e terapia biologica mirata e discuti i<br />
vantaggi della specificita’ di bersaglio.<br />
4. Le citochine sono responsabili della normalita’ funzionale di diversi processi fisiologici che<br />
sono il risultato o una componente delle reazioni immunitarie. Definisci cosa sono le<br />
citochine e fornisci quattro esempi dei processi che esse influenzano.<br />
5. Spiega i motivi dell’importanza dell’umanizzazione degli anticorpi per aumentarne il<br />
potenziale terapeutico.<br />
6. Descrivi tre possibili modalita’ attraverso cui gli anticorpi monoclonali esplicano la loro<br />
attività antitumorale.<br />
7. Delinea le fasi dello sviluppo razionale di una terapia biologica, indicando i fattori che<br />
rendono un particolare marker biologico una molecola bersaglio di grande interesse<br />
terapeutico.<br />
Le risposte a queste domande sono a pagina 8.10.
Perché utilizzare le terapie <strong>biologiche</strong> per la cura del <strong>cancro</strong>?<br />
Come trattato nel Modulo 1, differenti modalità terapeutiche possono essere efficaci per la cura<br />
del <strong>cancro</strong>. Tuttavia, si tratta spesso di approcci invasivi, come la chirurgia, o associati ad una<br />
significativa tossicita’, come la chemioterapia e la radioterapia. Inoltre i vantaggi clinici di<br />
queste terapie sembrano ormai essere vicini ai loro limiti. Sono necessarie pertanto nuove<br />
modalità terapeutiche in grado di fornire vantaggi clinici supplementari con tossicita’ minore o<br />
simile. Per questo scopo sono stati studiati una grande varieta’ di composti, tra cui sostanze<br />
derivate da piante ed animali che hanno dato origine a farmaci quali il paclitaxel (derivato<br />
dall’albero del tasso). Ma le terapie <strong>biologiche</strong> sono particolarmente interessanti perché:<br />
● i meccanismi di difesa naturali dell’organismo producono risposte specifiche di fronte a<br />
stimoli specifici, per es. la risposta anticorpale allo stimolo antigenico<br />
● utilizzando terapie basate su molecole già esistenti nell’organismo si superano i problemi<br />
legati alla reazione ad entità estranee.<br />
Le terapie <strong>biologiche</strong> sono state il soggetto di ricerche intensive negli ultimi 20 anni. Il risultato<br />
è stato lo sviluppo di una gamma di approcci, alcuni dei quali già disponibili per l’utilizzo<br />
clinico.<br />
Tipi di terapie <strong>biologiche</strong><br />
Il termine “terapia biologica” è utilizzato per descrivere una vasta gamma di composti:<br />
citochine e anticorpi; molecole costruite grazie all’ingegneria genetica; e componenti cellulari<br />
del sistema immunitario. Tutti sfruttano l’abilita’ del sistema immunitario di colpire specifici<br />
processi cellulari, ma formano un diverso gruppo di strategie terapeutiche che può essere<br />
classificato come:<br />
● terapie con citochine<br />
● terapie anticorpali<br />
● vaccini<br />
● terapia genica<br />
● terapia cellulare.<br />
L’obiettivo di molte terapie <strong>biologiche</strong> è quello di promuovere la capacità del paziente stesso di<br />
distruggere le cellule tumorali, come discusso nel Modulo 4. Sostanze prodotte dall’organismo<br />
o in un laboratorio sono usate per stimolare, dirigere o reintegrare le naturali difese<br />
dell’organismo contro le malattie. Altri agenti biologici sono composti basati su molecole<br />
prodotte naturalmente dall’organismo quali gli anticorpi. Questi agenti possono essere<br />
appositamente adattati per avere come bersaglio specifiche anormalita’ delle cellule tumorali,<br />
alterare o eliminare le loro funzioni e minare la sopravvivenza cellulare. Queste terapie sono<br />
anche conosciute come immunoterapie.<br />
Le terapie <strong>biologiche</strong> possono essere usate per:<br />
● uccidere le cellule tumorali<br />
● interrompere o controllare il processo che permette la crescita tumorale<br />
● alterare i modelli di crescita delle cellule tumorali<br />
● bloccare i processi che portano alla formazione di cellule tumorali a partire da cellule<br />
normali<br />
6<br />
Sono necessarie<br />
nuove modalità<br />
terapeutiche in<br />
grado di fornire<br />
vantaggi clinici<br />
supplementari con<br />
tossicita’ minore o<br />
simile.<br />
Questi agenti<br />
possono essere<br />
appositamente<br />
adattati per avere<br />
come bersaglio<br />
specifiche<br />
anormalita’ delle<br />
cellule tumorali,<br />
alterare o<br />
eliminare le loro<br />
funzioni e minare<br />
la sopravvivenza<br />
cellulare.<br />
6.3
6<br />
. . . le citochine<br />
sono responsabili<br />
della normale<br />
funzionalita’ di<br />
diversi processi<br />
fisiologici che sono<br />
il risultato o una<br />
componente delle<br />
reazioni<br />
immunitarie . . .<br />
Molte citochine<br />
sono utilizzate<br />
come terapia di<br />
supporto per<br />
diminuire la<br />
severita’ o<br />
l’incidenza della<br />
tossicita’ correlata<br />
a chemioterapia e<br />
permettono la<br />
somministrazione<br />
della<br />
chemioterapia a<br />
dosi ottimali . . .<br />
6.4<br />
● intensificare la capacità del corpo di riparare o sostituire le cellule normali danneggiate o<br />
distrutte da chemioterapia o radiazioni<br />
● prevenire la diffusione delle cellule tumorali<br />
● aumentare la suscettibilita’ alla distruzione delle cellule tumorali da parte del sistema<br />
immunitario<br />
● aumentare l’attività delle cellule T, delle cellule natural killer e dei macrogafi, promuovendo<br />
l’uccisione delle cellule tumorali.<br />
Le diverse classi di terapie <strong>biologiche</strong> sono descritte in dettaglio di seguito..<br />
La terapia con citochine<br />
Le citochine sono proteine che, sintetizzate e rilasciate da una cellula, interagiscono coi<br />
recettori di altre cellule, generalmente per regolare la risposta immunitaria. Studi in vitro hanno<br />
dimostrato che le citochine sono responsabili della normale funzionalita’ di diversi processi<br />
fisiologici che sono il risultato o una componente delle reazioni immunitarie, quali:<br />
● febbre<br />
● ematopoiesi<br />
● sviluppo di cellule T e B normali<br />
● generazione di normali livelli di IgE<br />
● suscettibilita’ a contrarre infiammazioni<br />
● chemiotassi, cioe’ l’attrazione di cellule di un certo tipo in un particolare luogo.<br />
Molte ricerche sono focalizzate sulle potenzialita’ cliniche delle citochine a causa del largo<br />
coinvolgimento di questi agenti nella regolazione di processi clinicamente rilevanti. Si tratta di<br />
ricerche che sono state rese possibili dalla tecnologia del DNA ricombinante (vedi il<br />
Modulo 5), che ha consentito la sintesi delle citochine in laboratorio.<br />
Alcune delle citochine che sono state studiate per il loro potenziale terapeutico nella cura del<br />
<strong>cancro</strong> sono illustrate nella Tavola 6.1. Gli effetti delle diverse citochine elencate nella Tavola<br />
6.1 sono complessi. Esse sono rilasciate da molti tipi di cellule differenti, hanno effetti su molti<br />
processi cellulari e le loro interazioni modificano questi stessi effetti (Figura 6.1).<br />
Gli effetti delle citochine non sono specifici per le cellule o i fattori coinvolti nella risposta a un<br />
particolare stimolo quale un tumore. Tuttavia, il rilascio di citochine è generalmente limitato a<br />
certe sedi, dove esse stimolano una risposta locale. Inoltre, la somministrazione sistemica<br />
produce sia la risposta desiderata sia risposte indesiderate che si manifestano con effetti<br />
collaterali dovuti alla stimolazione e/o all’inibizione non selettiva.<br />
Citochine come terapia di supporto<br />
Molte citochine sono utilizzate come terapia di supporto per diminuire la severita’ o l’incidenza<br />
della tossicita’ correlata a chemioterapia e permettono la somministrazione della chemioterapia<br />
a dosi ottimali in accordo con lo schema terapeutico più efficace. In questa situazione, la<br />
terapia con citochine è utilizzata per stimolare una più rapida guarigione delle popolazioni<br />
cellulari, per es. i neutrofili, danneggiate dagli effetti esercitati dalla chemioterapia su tutte le<br />
cellule a rapida replicazione. Questo effetto è prezioso perché alcuni agenti citotossici, quali i<br />
taxani e la vinorelbina, causano neutropenia (bassa conta dei neutrofili) che rende il paziente<br />
più suscettibile alle infezioni e lo espone a un potenziale pericolo di vita. La neutropenia può<br />
essere combattuta utilizzando farmaci come il filgrastim (G-CSF ricombinante) (vedi il Caso<br />
clinico n.1). Un altro effetto avverso del trattamento con agenti chemioterapici, tra cui il<br />
cisplatino, è l’anemia. Questa può essere trattata efficacemente utilizzando l’eritropoietina
Tavola 6.1. Citochine con utilizzi terapeutici nella cura del <strong>cancro</strong>.<br />
Citochone Attività Uso nella terapia oncologica<br />
Interleukina-1 (IL-1) Mediatore principale delle Prevenzione della trombocitopenia indotta da<br />
infiammazioni chemioterapia<br />
Attività diretta quando iniettata all’interno del<br />
tumore<br />
Interleukina-2 (IL-2) Induzione della proliferazione Trattamento del melanoma maligno e del<br />
delle cellule T tumore renale<br />
Aumento ex-vivo delle cellule killer e delle<br />
cellule T tumore-infiltranti<br />
Interleukina-4 (IL-4) Attivatore della crescita delle Possibili effetti antitumorali diretti attraverso<br />
cellule B apoptosi<br />
Studiata come terapia genica per i tumori del<br />
sistema nervoso centrale (SNC)<br />
Interleukina-12 (IL-12) Promotore della proliferazione Studiata per l’attività contro il carcinoma<br />
delle cellule T citotossiche e delle renale e il melanoma<br />
cellule natural killer<br />
Interferone α Stimola la funzioni immunitaria Utilizzato per trattare il <strong>cancro</strong> del rene, il<br />
melanoma, i tumori carcinoidi e alcuni tipi di<br />
linfoma<br />
Fattore granulocita Stimola la produzione di macrofagi Prevenzione delle infezioni associate a<br />
macrofago e colonia- e neutrofili chemioterapia<br />
stimolante (GM-CSF) Permette di aumentare le dosi della<br />
(Sargramostim) chemioterapia<br />
Diminuisce la severita’ delle infezioni in<br />
pazienti neutropenici<br />
Trattamento della neutropenia febbrile<br />
della neutropenia febbrile<br />
Fattore stimolante le Stimola lo sviluppo dei neutrofili Prevenzione delle infezioni associate a<br />
colonie granulocite chemioterapia<br />
Permette di aumentare le dosi della<br />
chemioterapia<br />
Diminuisce la severita’ delle infezioni in<br />
pazienti neutropenici<br />
Trattamento<br />
Trombopoietina Stimola la maturazione dei Dimuisce l’incidenza della trombocitopenia<br />
megacariociti (bassa conta delle piastrine) durante la<br />
chemioterapia<br />
Eritropoietina Stimola la crescita delle cellule Diminuisce la necessità di trasfusioni<br />
progenitrici dei globuli rossi di sangue durante la chemioterapia<br />
(eritropoiesi)<br />
Necrosi tumorale Citotossicità e effetti sulla Utilizzo potenziale per la cura del melanoma<br />
microcircolazione tumorale e del tumore del fegato quando vengono<br />
impiegate tecniche di isolamento dell’area da<br />
trattare<br />
6<br />
6.5
6<br />
Il primo obiettivo<br />
di questi approcci<br />
in cui le citochine<br />
sono utilizzate<br />
come terapia<br />
antitumorale è<br />
quello di stimolare<br />
il sistema<br />
immunitario<br />
dell’organismo ad<br />
uccidere le cellule<br />
tumorali piuttosto<br />
che svolgere un<br />
effetto diretto sulle<br />
cellule tumorali<br />
stesse.<br />
6.6<br />
Differenti classi di cellule T-helperliberano<br />
citochine diverse come<br />
risultato di risposte regolatrici<br />
TH<br />
NK<br />
IL-4<br />
–ve TGF-α<br />
IFN-γ<br />
IFN-γ<br />
IFN-γ<br />
TH<br />
Numerose citochine TH1<br />
influenzano lo sviluppo della<br />
classi di cellule T-helper<br />
IL-12<br />
IL-4<br />
IL-13<br />
IL-10<br />
–ve<br />
Macrofagi<br />
attivati<br />
umana ricombinante (epoetina), una forma della citochina prodotta dal gene umano tranfettato<br />
in colture di cellule di mammifero.<br />
L’epoetina induce la produzione di globuli rossi stimolando la divisione e la differenziazione<br />
dei progenitori orientati nel midollo osseo. Questa terapia di supporto fornisce importanti<br />
benefici per la qualita’ di vita del paziente trattato.<br />
Terapia antitumorale con l’utilizzo di citochine<br />
TH<br />
2<br />
I macrofagi attivati stimolano le cellule B<br />
a liberare immunoglobuline attraverso la<br />
stimolazione di citochine<br />
IFN-γ<br />
Queste citochine, al contrario di quelle impiegate nella terapia di supporto, sono utilizzate<br />
come agenti antitumorali e includono l’interferone-a (IFN-α) e l’IL-2. Questi agenti costituiscono<br />
opzioni di trattamento standard per il tumore avanzato del rene e per il melanoma, ma sono<br />
stati studiati anche per la cura di una gamma di tumori diversi inclusi quelli ematologici.<br />
Il primo obiettivo di questi approcci in cui le citochine sono utilizzate come terapia antitumorale<br />
è quello di stimolare il sistema immunitario dell’organismo ad uccidere le cellule tumorali<br />
piuttosto che svolgere un effetto diretto sulle cellule tumorali stesse. La stimolazione di una<br />
risposta immunitaria antitumorale è possibile perche’ alcuni tumori sono debolmente<br />
immunogenici. Tuttavia, la risposta immunitaria stimolata dal tumore in assenza di terapia con<br />
citochine è limitata e probabilmente insufficiente per avere un qualche effetto una volta che il<br />
tumore si è sviluppato (vedi il Modulo 4). La sostituzione o l’aggiunta di citochine permette<br />
un’intensificazione della risposta immunitaria, risultante nell’attività antitumorale.<br />
Le citochine che hanno ricevuto l’approvazione per l’utilizzo come terapia antitumorale (IFN-α,<br />
IL-2) sono somministrate generalmente per via sottocutanea e hanno il vantaggio di essere<br />
potenzialmente autosomministrabili o somministrabili dal curante o da un parente. In alcuni<br />
casi, è richiesto un periodo iniziale di somministrazione endovenosa (e.v.), che rende<br />
necessaria l’ospedalizzazione.<br />
IL-12<br />
IL-12<br />
IFN-γ<br />
Block B<br />
TH<br />
TH<br />
TH<br />
B<br />
IFN-γ<br />
Macrofagi<br />
lg-che producone<br />
cellule B<br />
Le cellule T-helper vengono stimolate dal<br />
Il-12 rilasciato dai macrofagi per attivare altri<br />
macrofagi<br />
Figura 6.1. Illustrazione della complessita’ degli effetti delle citochine sui processi cellulari utilizzando<br />
l’esempio di un macrofago attivato e di cellule T helper (Th). Ciò rappresenta solo in piccola misura i<br />
possibili effetti delle citochine sul sistema immunitario.
Somministrati per via sottocutanea, gli interferoni sono utili per il trattamento del tumore del<br />
rene, del melanoma e dei tumori carcinoidi, e le interleuchine possono essere utilizzate per il<br />
trattamento del tumore del rene e del melanoma (per ulteriori informazioni sulle interleuchine,<br />
vedi più oltre: “IL-2 ricombiante: un agente biologico non mirato con attività antitumorale”). È<br />
noto che il trattamento con IFN-α produce tassi di risposta del 10–20% in pazienti con<br />
carcinoma avanzato del rene, il più comune tumore che colpisce il rene. Questo dato può<br />
essere positivamente comparato con tassi non superiori al 10% ottenuti utilizzando la<br />
chemioterapia e la terapia ormonale. Tuttavia, la sopravvivenza a lungo termine è rara<br />
(approssimativamente il 10% dei pazienti sopravvive per 3 anni o più) e la tossicita’ è<br />
significativa con il regime ad alte dosi di interferone-a regime (da 9 a 10x106U/die tre volte a<br />
settimana) necessario per produrre queste risposte. È da notare che la somiglianza tra i risultati<br />
dell’utilizzo dell’IFN-α come monoterapia e in combinazione con chemioterapia come la<br />
vinblastina significa che la terapia combinata non è indicata. Recentemente, è stato dimostrato<br />
che i benefici del trattamento con IFN-α sono dipendenti da fattori di rischio quali lo stato di<br />
performance, la storia clinica di nefrectomia e la biochimica sierica, con circa il 30% dei<br />
pazienti senza fattori di rischio che sopravvive per 3 anni.<br />
Il risultato della terapia con IFN-α è migliore nel melanoma ad alto rischio, con periodo libero<br />
da ricadute e sopravvivenza totale a 5 anni approssimativamente del 40% e del 45%<br />
rispettivamente. Per contro, sono richieste alte dosi di IFN-α (20MU/m2 /die e.v., 5 volte a<br />
settimana per 4 settimane, seguiti da 10 MU/m2 /s.c. tre volte a settimana per 11 mesi) e la<br />
tossicita’ è significativa (granulocitopenia severa in più del 45% dei pazienti, tossicita’ epatica<br />
severa nel 30%, astenia severa nel 25%). Studi relativi all’atteggiamento dei pazienti affetti da<br />
melanoma nei confronti della tossicita’ indicano che anche effetti collaterali significativi sono<br />
considerati più accettabili della recidiva di malattia. Tuttavia, la tossicita’ è il fattore che ha<br />
ostacolato l’introduzione dell’IFN-α come terapia adiuvante e ha guidato molti studi volti ad<br />
esaminare l’efficacia dei regimi a basse dosi.<br />
Come indicato sopra, la somministrazione di citochine come l’IFN-α e l’IL-2 è associata con una<br />
gamma di effetti collaterali. Ciò avviene a causa degli effetti diretti e indiretti delle citochine<br />
sulle funzioni immunitarie oltre che a causa dell’effetto specifico voluto dalla terapia. Inoltre, è<br />
stato studiato l’utilizzo di tecniche che limitano l’azione delle citochine ad un organo o tessuto:<br />
l’iniezione diretta all’interno dei tumori; l’utilizzo in siti immuno-privilegiati quali il sistema<br />
nervoso centrale (SNC); e l’uso di tecniche particolari per isolare il tumore da trattare. Tuttavia,<br />
studi intensivi non sono riusciti finora ad identificare approcci alternativi, meno tossici della<br />
terapia con citochine, ma che abbiano la stessa diretta efficacia antitumorale della terapia<br />
sistemica ad alte dosi.<br />
Riassumendo, la terapia con citochine è quella meglio sperimentata tra i vari approcci alla<br />
terapia biologica del <strong>cancro</strong>. Il suo impiego come terapia di supporto è largamente e<br />
generalmente ben tollerato, e certe citochine hanno un importante ruolo antitumorale nella<br />
gestione del tumore del rene e del melanoma.<br />
<strong>Terapie</strong> anticorpali<br />
Gli anticorpi costituiscono una importante componente del sistema immunitario che si è evoluta<br />
per il riconoscimento degli antigeni. Letteralmente milioni di anticorpi, ognuno dei quali in<br />
grado di riconoscere uno specifico antigene, possono essere prodotti dalle cellule B del sistema<br />
immunitario umano. Il riconoscimento dell’antigene da parte dell’anticorpo che ha uno<br />
specifico sito di legame per quel determinato antigene induce il legame e stimola una varieta’<br />
di risposte che comprendono:<br />
● attivazione di altre componenti del sistema immunitario<br />
6<br />
È noto che il<br />
trattamento con<br />
IFN-a produce<br />
tassi di risposta del<br />
10–20% in<br />
pazienti con<br />
carcinoma<br />
avanzato del<br />
rene . . .<br />
Letteralmente<br />
milioni di<br />
anticorpi, ognuno<br />
dei quali in grado<br />
di riconoscere uno<br />
specifico antigene,<br />
possono essere<br />
prodotti dalle<br />
cellule B del<br />
sistema<br />
immunitario<br />
umano.<br />
6.7
6<br />
Rimpiazzando le<br />
sequenze strutturali<br />
di un anticorpo<br />
monoclonale<br />
murino con<br />
sequenze umane,<br />
è possibile<br />
produrre anticorpi<br />
monoclonali che<br />
sono almeno per<br />
il 90% umani e<br />
non stimolano<br />
reazioni di<br />
neutralizzazione<br />
. . .<br />
6.8<br />
● induzione della fagocitosi, il processo per mezzo del quale il materiale estraneo viene<br />
ingerito e distrutto<br />
● stimolazione dell’immunita’ cellulo-mediata.<br />
Sviluppo di anticorpi monoclonali per uso terapeutico<br />
La capacità di utilizzare clinicamente gli anticorpi deriva dallo sviluppo della tecnologia degli<br />
ibridomi con cui vengono sviluppati da una singola cellula B di topo cloni cellulari che<br />
secernono un solo tipo di anticorpo. Questo processo è trattato in maggior dettaglio nel<br />
Modulo 5. Le applicazioni degli anticorpi monoclonali includono:<br />
● ricerca della patogenesi della malattia<br />
● diagnosi<br />
● prognosi<br />
● predizione della risposta terapeutica<br />
● terapia del <strong>cancro</strong>.<br />
L’utilizzo di anticorpi monoclonali per la cura del <strong>cancro</strong> richiedeva un progresso tecnologico<br />
ulteriore rispetto a quello richiesto per lo sviluppo degli anticorpi monoclonali. Gli anticorpi<br />
monoclonali di topo sono riconosciuti come estranei dal sistema immunitario umano. Ciò<br />
significa che essi stimolano una risposta immunitaria e vengono rapidamente neutralizzati e/o<br />
distrutti. Pertanto, per renderli clinicamente efficaci, occorre trovare un mezzo per prevenire<br />
questa risposta. La tecnologia del DNA ricombinante ha fornito la soluzione. Gli anticorpi<br />
comprendono sia sequenze strutturali sia di riconoscimento dell’antigene (vedi il Modulo 4). Le<br />
sequenze strutturali formano la maggior parte dell’anticorpo e sono simili in tutti gli anticorpi di<br />
una data specie animale, mentre le sequenze di riconoscimento dell’antigene differiscono a<br />
seconda dell’antigene riconosciuto. Rimpiazzando le sequenze strutturali di un anticorpo<br />
monoclonale murino con sequenze umane, è possibile produrre anticorpi monoclonali che sono<br />
almeno per il 90% umani e non stimolano le reazioni di neutralizzazione che si verificano in<br />
risposta agli anticorpi monoclonali murini (Figura 6.2.).<br />
Anticorpo chimerico<br />
(e.g. MabThera ®<br />
a)<br />
)<br />
b)<br />
Murine<br />
V L<br />
Umano<br />
C L<br />
V H<br />
C H<br />
CDRs innestato<br />
(e.g. Herceptin ®<br />
)<br />
Murine CDRs<br />
Struttura<br />
umana<br />
Figura 6.2. Due metodi per il superamento della risposta immunitaria agli anticorpi monoclonali: a)<br />
creazione di un anticorpo chimerico congiungendo sequenze variabili murine e sequenze umane<br />
costanti (approssimativamente per il 70% umane); b) creazione di un anticorpo umanizzato<br />
rimpiazzando tutte le sequenze murine eccetto quelle per il riconoscimento dell’antigene (regioni<br />
determinanti la complementarieta’ [CDRs]) con sequenze umane (>90% umane).
Bersagli della terapia con anticorpi monoclonali<br />
È stato studiato un certo numero di bersagli (antigeni) per la terapia con anticorpi monoclonali.<br />
Si tratta generalmente di antigeni che si sono dimostrati specifici per uno o più tipi di tumori e<br />
spesso coinvolgono la sovraproduzione di un recettore. Alcuni di questi bersagli sono descritti<br />
nella Tavola 6.2.<br />
Tavola 6.2. Esempi di bersagli della terapia antitumorale con<br />
anticorpi monoclonali.<br />
Bersaglio Tipo di tumore<br />
Recettore del fattore di crescita-2 Mammela, ovaio, colon-retto<br />
(HER2) epidermale umano<br />
Antigene carcinoembrionico (CEA) Colon-retto<br />
MUC1 Colon-retto, mammela, ovaio<br />
Gangliosidi Melanoma<br />
CD19, CD20, CD22 Linfoma non Hodgkin<br />
CD5 Leucemia-linfocitaria-cronica<br />
linfoma cutaneo a cellule-T<br />
Gli approcci utilizzati per produrre terapie basate su anticorpi diretti a questi bersagli possono<br />
essere raggruppati come segue:<br />
● approcci diretti basati su anticorpi monoclonali (anticorpi “nudi”)<br />
● anticorpi immunoconiugati, che includono immunotossine e anticorpi radio-immunoconiugati<br />
● anticorpi bispecifici.<br />
Anticorpi monoclonali<br />
L’utilizzo di anticorpi monoclonali “nudi” o non coniugati per colpire i tumori e provocare effetti<br />
diretti sulle cellule tumorali è il più semplice degli approcci anticorpo-mediati che sono stati<br />
studiati. L’efficacia di questo tipo di terapia dipende da:<br />
● selezione di un appropriato antigene bersaglio, cioe’ un antigene che è anormalmente<br />
espresso dalle cellule tumorali ma non dalle cellule normali, è presente ad alti livelli sulla<br />
superficie della cellula tumorale, è stabile (non variabile a causa del grado di mutazioni nel<br />
gene) ed è attivo nello sviluppo del tumore e/o nel suo mantenimento<br />
● anticorpo monoclonale, che deve avere un’alta affinita’ per l’antigene bersaglio e non avere<br />
effetti sui tessuti normali<br />
● tipo di tumore, che comprende l’accessibilita’ da parte dell’anticorpo.<br />
Queste caratteristiche assicurano che l’anticorpo monoclonale non colpisca o produca solo<br />
minimi effetti sulle cellule sane, ma sopprima o uccida effettivamente le cellule tumorali. Alti<br />
livelli di espressione antigenica da parte delle cellule tumorali aumentano sia la specificita’ di<br />
bersaglio dell’anticorpo sia la sua l’efficacia, mentre la stabilita’ dell’antigene assicura che il<br />
bersaglio della terapia sia sempre presente. L’alta affinita’ dell’anticorpo monoclonale per il<br />
suo bersaglio migliora anche la specificita’ tumorale.<br />
6<br />
È stato studiato un<br />
certo numero di<br />
bersagli (antigeni)<br />
per la terapia con<br />
anticorpi<br />
monoclonali.<br />
L’utilizzo di<br />
anticorpi<br />
monoclonali<br />
“nudi” o non<br />
coniugati per<br />
colpire i tumori e<br />
provocare effetti<br />
diretti sulle cellule<br />
tumorali è il più<br />
semplice degli<br />
approcci<br />
anticorpo-mediati<br />
che sono stati<br />
studiati.<br />
6.9
6<br />
La terapia con<br />
anticorpi<br />
monoclonali è<br />
diventata una<br />
realta’ clinica<br />
grazie alla<br />
capacità di<br />
produrre anticorpi<br />
chimerici o<br />
umanizzati . . .<br />
6.10<br />
Inizialmente si credeva che l’efficacia della terapia con anticorpi monoclonali fosse dovuta alla<br />
stimolazione di risposte immunitarie che comportano come risultato la morte della cellula<br />
tumorale. Ora invece si ritiene che l’attività antitumorale della terapia basata su anticorpi<br />
monoclonali si esplichi in molti modi, tra cui:<br />
● sottoregolazione del bersaglio, che porta all’alterazione di funzioni, per esempio dei<br />
recettori dei fattori di crescita<br />
● prevenzione dell’attivazione del bersaglio, per esempio dei recettori dei fattori di crescita<br />
● inibizione di percorsi intracellulari controllati dal bersaglio, per esempio segnali di<br />
stimolazione della crescita prodotti da un fattore di crescita che lega il suo recettore<br />
● induzione delle risposte immunitarie<br />
● attività antitumorale diretta per mezzo della morte cellulare programmata (apoptosi), per<br />
esempio attivazione di fattori che inducono l’apoptosi come risultato di feedback da<br />
percorsi stimolatori di crescita intracellulari.<br />
La terapia con anticorpi monoclonali è diventata una realta’ clinica grazie alla capacità di<br />
produrre anticorpi chimerici o umanizzati che mantengono la specificita’ antigenica<br />
dell’anticorpo originale murino ma che non sono neutralizzati dalla risposta immunitaria alla<br />
proteina estranea. Questo approccio si è dimostrato efficace nei trials clinici, e attualmente<br />
sono disponibili due agenti per l’uso clinico di routine:<br />
● MabThera ® , anticorpo chimerico anti-CD20 che produce risposte in approssimativamente il<br />
50% dei pazienti affetti da linfoma di Hodgkin ed è ben tollerato<br />
● Herceptin ® , anticorpo monoclonale umanizzato anti HER2 che si è dimostrato in grado di<br />
produrre un incremento della durata totale della sopravvivenza in donne con tumore della<br />
mammella metastatico con HER2 positivo (vedi le considerazioni dettagliate più oltre in<br />
questo modulo) (Figura 6.3).<br />
Entrambi questi anticorpi monoclonali hanno come bersaglio gli antigeni espressi ad alti livelli<br />
dalle cellule tumorali. Il CD20 è espresso da quasi tutte le cellule B dei linfomi, ma non dalle<br />
cellule staminali, dai primi precursori delle cellule B o da organi critici. Questa specificita’ di<br />
espressione unita alla sua localizzazione sulla membrana cellulare e all’assenza dal siero lo<br />
rendono un bersaglio ideale per la terapia con anticorpi monoclonali.<br />
Figura 6.3. Struttura rappresentativa di anticorpo monoclonale umanizzato (le sequenze murine sono<br />
mostrate in giallo).
Sebbene espresso dalla grande maggioranza delle cellule epiteliali, l’HER2 è anche espresso<br />
ad alti livelli da approssimativamente il 20% dei tumori della mammella e da una parte di altri<br />
tumori, ed ha un ruolo dimostrato nell’oncogenesi del tumore della mammella. Tutte queste<br />
caratteristiche lo rendono un bersaglio ideale per la terapia con anticorpi monoclonali.<br />
Gli effetti collaterali della terapia con anticorpi monoclonali tendono ad essere correlati alla<br />
somministrazione per via endovenosa e si verificano alla prima somministrazione. Più<br />
comunemente, il paziente sperimenta febbre e brividi (osservati in più del 40% dei pazienti),<br />
con occasionale rigor. Tuttavia, questi sintomi possono essere gestititi con un’appropriata<br />
terapia sintomatica e la riduzione della velocita’ di infusione.<br />
Anticorpi immunoconiugati<br />
Il termine immunoconiugati è usato in riferimento ad anticorpi monoclonali accoppiati a tossine<br />
o a radionuclidi per formare, rispettivamente, immunotossine o radioimmunoconiugati (Figura<br />
6.4). Entrambi questi approcci hanno l’obiettivo di distribuire una molecola che ha affetto<br />
citotossico diretto specificamente alle cellule tumorali.<br />
Antigene<br />
tumorale<br />
Milza Cellule B<br />
immortali<br />
P P<br />
Figura 6.4. Produzione di anticorpi immunoconiugati.<br />
Immunizzazione con antigene<br />
tumorale<br />
Rimozione di cellule spleniche<br />
e fusione con cellule B<br />
immortali a formare ibridomi<br />
Formazione di colonie da<br />
singole cellule di ibridoma<br />
Selezione del clone<br />
per produrre anticorpi<br />
avversi<br />
Anticorpi monoclonali<br />
Coniugazione con un<br />
radionuclide o una tossina<br />
6<br />
Gli effetti<br />
collaterali della<br />
terapia con<br />
anticorpi<br />
monoclonali<br />
tendono ad essere<br />
correlati alla<br />
somministrazione<br />
per via<br />
endovenosa e si<br />
verificano alla<br />
prima<br />
somministrazione.<br />
6.11
6<br />
Sia<br />
l’internalizzazione<br />
che l’attività<br />
citotossica sono<br />
funzioni<br />
intrinseche delle<br />
tossine utilizzate<br />
nell’immunoterapia<br />
6.12<br />
Le tossine da utilizzare nelle immunotossine devono essere citotossine, in grado cioe’ di indurre<br />
morte cellulare, che riconoscono un bersaglio cellulare ed esplicano la loro attività solo dopo<br />
essere state portate all’interno della cellula (internalizzate). Queste caratteristiche fanno si’ che<br />
la tossina provochi la morte solo delle cellule che esprimono il bersaglio e non delle cellule che<br />
non internalizzano la tossina (Figura 6.5).<br />
Tossina<br />
Tossina<br />
Le più comuni tossine di questo tipo sono di origine batterica o vegetale, tra cui il ricino o la<br />
sottounita’ A del ricino (vegetale), e l’esotossina dello pseudomonas e la tossina difterica<br />
(batterica). La coniugazione di queste tossine agli anticorpi può essere ottenuta sia<br />
chimicamente sia rimpiazzando le sequenze di legame della tossina con la porzione per il<br />
riconoscimento dell’antigene dell’anticorpo monoclonale. Quest’ultima è la tecnica che viene<br />
preferita perché produce un’immunotossina omogenea che è meno immunogenica e più attiva.<br />
Le immunotossine prodotte in questo modo si legano al bersaglio appropriato sulle cellule<br />
tumorali, sono internalizzate e solo dopo esprimono l’attività citotossica attraverso effetti sul<br />
metabolismo cellulare. Sia l’internalizzazione che l’attività citotossica sono funzioni intrinseche<br />
delle tossine utilizzate nell’immunoterapia.<br />
Gli antigeni tumore-correlati che sono stati colpiti specificamente con l’utilizzo di immunotossine<br />
comprendono:<br />
● CD5 nella “graft-versus-host disease” e nella leucemia linfocitica cronica<br />
● recettore IL-2 nelle malattie ematologiche<br />
● CD22 nel linfoma a cellule B e nella leucemia<br />
● antigene Lewis Y nel tumore del colon-retto, della mammella e altri<br />
● HER2 nel tumore della mammella<br />
Recettore<br />
● CD56 nel tumore del polmone non a piccole cellule.<br />
Ab<br />
Inibizione della<br />
sintesi proteica<br />
Morte cellulare<br />
Tossina<br />
Tossina<br />
L’immunotossina si<br />
lega al recettore sulla<br />
superficie cellulare<br />
Internalizzazione<br />
L’anticorpo è separato<br />
dalla tossina<br />
La tossina è trasportata<br />
all’interno della cellula<br />
e inibisce la sintesi<br />
proteica<br />
Assenza di sintesi<br />
proteica con risultato<br />
di morte cellulare<br />
Figura 6.5. Meccanismo di uccisione cellulare da parte dell’immunotossina.
I primi studi clinici sulle immunotossine hanno prodotto tassi di risposta, cioe’ riduzione ed<br />
eliminazione della massa tumorale, di più del 40%, sebbene tassi del 15-25% siano più<br />
comuni. Tuttavia, studi preclinici indicavano che i tassi di efficacia avrebbero potuto essere più<br />
alti. Questa discrepanza è probabilmente dovuta in parte alla mancanza di penetrazione delle<br />
grandi masse tumorali, perché le immunotossine sono grandi molecole con limiti di movimento,<br />
e mancano di specificita’ tumorale. Si noti che l’incidenza della tossicita’ immunotossinacorrelata<br />
e’ relativamente alta, circa il 60-70% dei pazienti sperimentano effetti avversi severi.<br />
La sindrome della permeabilita’ vasale, che comporta edema generalizzato e una gamma di<br />
effetti collaterali quali ipotensione e l’effusione pleurica, è il problema principale. Fino ad oggi,<br />
la tossicita’ ha ostacolato sviluppi clinici avanzati di questo approccio terapeutico. Per<br />
esempio, l’immunotossina Erb-38, che include un anticorpo monoclonale anti HER2 e<br />
l’esotossina di pseudomonas, ha causato tossicita’ epatica quando utilizzata per trattare la<br />
sovrespressione dell’HER2 nei tumori della mammella.<br />
Gli anticorpi radio-immunoconiugati rappresentano un interessante approccio terapeutico<br />
perché è noto che le radiazioni sono in grado di uccidere effettivamente le cellule. Infatti una<br />
delle sfide maggiori della radioterapia è assicurarsi che il tumore riceva dosi di radiazioni<br />
citotossiche pur risparmiando il tessuto sano. L’uso di anticorpi radioimmuno-coniugati è stato<br />
sviluppato proprio come mezzo per focalizzare la somministrazione di radiazioni ai tumori.<br />
Per la produzione di radio-immunoconiugati sono disponibili due radio-isotopi: beta emettitori<br />
come lo iodio-131 e l’ittrio-90; e alfa emettitori come l’astatina-211 e l’actinio-225. I beta<br />
emettitori producono radiazioni di bassa intensita’ su distanze relativamente lunghe, e ciò<br />
significa che essi hanno effetti potenzialmente avversi sui tessuti sani circostanti. Inoltre, il loro<br />
uso è limitato alle situazioni in cui è possibile il trapianto di midollo o dove vi è un alto peso<br />
tumorale. Per contro, gli alfa emettitori producono alte dosi di radiazioni a breve distanza.<br />
Quindi, la loro citotossicita’ è più selettiva di quella dei beta emettitori.<br />
Le applicazioni cliniche dei radio-immunoconiugati sono focalizzate sulle malattie<br />
ematologiche. Gli anticorpi monoclonali coniugati a beta emettitori anti-CD 20 sono stati<br />
largamente studiati per il trattamento del linfoma a cellule B. Sia i regimi ad alte dosi, che<br />
comportano il trapianto autologo di midollo osseo, sia i regimi a dosi più basse, hanno<br />
efficacia provata, con risposte tumorali complete nel 50% dei pazienti. Sono vicini al<br />
completamento trials di grande importanza dedicati agli anticorpi radio-immunoconiugati<br />
marcati con iodio-131 e ittrio-90 anti-CD20. Studi sull’applicazione dei radio-immunoconiugati<br />
al trattamento dei tumori solidi hanno mostrato un minor successo a causa della significativa<br />
tossicita’ e della limitata efficacia.<br />
Anticorpi bispecifici<br />
Normalmente, gli anticorpi hanno due siti di legame per lo stesso antigene. Gli anticorpi<br />
bispecifici sono nati dalla possibilita’ di utilizzare l’ingegneria genetica per progettare<br />
anticorpi con siti di legame per due differenti antigeni. I siti di legame degli anticorpi bispecifici<br />
sono specifici per l’antigene tumore-associato e per un auto-antigene su una cellula effettrice del<br />
sistema immunitario come le cellule T, le cellule natural killer, monociti e macrofagi. Questo<br />
approccio promuove un contatto diretto delle cellule immuno-effettrici con le cellule maligne. In<br />
aggiunta, il bersaglio della cellula effettrice per l’anticorpo è generalmente un recettore la cui<br />
attivazione attiva la lisi e/o la fagocitosi da parte della cellula effettrice, portando alla morte<br />
cellulare. Inoltre, le cellule effettrici rilasciano citochine che agiscono sulle cellule tumorali vicine<br />
e attraggono cellule effettrici nella sede tumorale.<br />
Un buon esempio di anticorpo bispecifico che è stato testato clinicamente è l’MDX-210, che è<br />
diretto all’HER2 e al recettore delle cellule T. Questo anticorpo ha prodotto risultati<br />
incoraggianti in studi di fase I e di fase II in donne con tumore avanzato della mammella e<br />
dell’ovaio HER2 positivo. Tuttavia, è stato utilizzato un anticorpo murino e nel corso di questi<br />
studi è stata osservata una rapida risposta immunitaria. Questa risposta ha neutralizzato<br />
6<br />
. . . l’incidenza<br />
della tossicita’<br />
immunotossinacorrelata<br />
e’<br />
relativamente alta,<br />
circa il 60-70% dei<br />
pazienti<br />
sperimentano<br />
effetti avversi<br />
severi.<br />
Le applicazioni<br />
cliniche dei radioimmunoconiugati<br />
sono focalizzate<br />
sulle malattie<br />
ematologiche.<br />
I siti di legame<br />
degli anticorpi<br />
bispecifici sono<br />
specifici per<br />
l’antigene tumoreassociato<br />
e per un<br />
auto-antigene su<br />
una cellula<br />
effettrice del<br />
sistema<br />
immunitario come<br />
le cellule T . . .<br />
6.13
6<br />
I vaccini<br />
antitumorali<br />
costituiscono un<br />
tipo di terapia<br />
biologica in cui il<br />
sistema<br />
immunitario è<br />
stimolato a<br />
riconoscere e<br />
distruggere le<br />
cellule tumorali.<br />
I vaccini da cellula<br />
intera e da lisato<br />
sono stati<br />
largamente studiati<br />
in trials clinici.<br />
6.14<br />
l’attività dell’anticorpo bispecifico.L’anticorpo umanizzato equivalente all’MDX-210, chiamato<br />
MDX-H210, è stato studiato per la sua attività nel tumore avanzato della mammella, del rene,<br />
della prostata e tumore del colon-retto. I risultati preliminari di questi studi indicano che nei casi<br />
di tumore avanzato possono essere ottenute occasionali risposte tumorali, sebbene il vantaggio<br />
più comune della terapia finora osservato sia la stabilita’ della malattia in più del 45% dei<br />
pazienti.<br />
Vaccini<br />
I vaccini antitumorali costituiscono un tipo di terapia biologica in cui il sistema immunitario è<br />
stimolato a riconoscere e distruggere le cellule tumorali. A differenza dei vaccini per le malattie<br />
infettive, che sono somministrati come misura preventiva per allertare il sistema immunitario e<br />
renderlo più pronto a rispondere al virus o al batterio specifico, i vaccini antitumorali sono<br />
realizzati per essere somministrati dopo che la malattia sia stata diagnosticata.<br />
I principali bersagli dei vaccini antitumorali sono:<br />
● antigeni tumore-specifici, cioe’ forme mutanti di proteine di cellule normali o proteine<br />
anormalmente espresse<br />
● antigeni di differenziazione, che sono utilizzati per l’immunizzazione antitumorale perché<br />
stimolano la risposta delle cellule T<br />
● antigeni virali. Questo approccio si basa sul fatto che il 15-20% dei tumori sono virus-indotti<br />
e che questi tumori esprimono almeno alcune delle proteine virali sulla superficie cellulare.<br />
Gli esempi comprendono la proteina EBNA-1 del virus Epstein-Barr e gli antigeni core e di<br />
superficie dell’epatite B<br />
● oncogeni come il p53<br />
● antigeni dei carboidrati come gangliosidi e mucine sono espessi ad alti livelli dalle cellule<br />
tumorali ed inducono una potente risposta immunitaria. Il loro ruolo nelle interazioni cellulari<br />
li rende un bersaglio potenzialmente utile.<br />
Le diverse forme di vaccini antitumorali che sono state state studiate sono descritte più sotto.<br />
Lisati di cellula tumorale e cellule intere<br />
I lisati di cellula tumorale (estratti) e le cellule intere, per esempio di tumore della mammella,<br />
leucemia e melanoma, vengono ricavati o da cellule tumorali prelevate al paziente per essere<br />
trattate opportunamente o da cellule tumorali prelevate a pazienti con tumori simili. Sia<br />
l’approccio con lisato di cellule tumorali (estratto) sia quello con cellula intera danno luogo a<br />
risposte a livello delle citochine e delle cellule T che dovrebbero promuovere l’uccisione del<br />
tumore (Figura 6.6). Il secondo approccio è ora il più interessante a causa del complesso<br />
processo relativo allo sviluppo di questi vaccini, che comporta la possibilita’ di ottenere cellule<br />
tumorali nella fase precoce della malattia e identiche cellule clonate per produrre una fonte<br />
consistente di cellule tumorali. Inoltre, la precisa caratterizzazione tumorale è essenziale per<br />
assicurare gli alti livelli di antigeni tumore-associati necessari per stimolare la risposta<br />
immunitaria.<br />
I vaccini da cellula intera e da lisato sono stati largamente studiati in trials clinici. Sebbene i<br />
primi trials abbiano mostrato risposte immunitarie con lieve tossicita’ in pazienti affetti<br />
generalmente da tumori solidi avanzati tra cui melanoma e sarcoma, questi vaccini hanno<br />
prodotto scarsi risultati clinici. Pertanto, i trials successivi hanno esaminato pazienti con minima<br />
malattia residua o senza residuo di malattia dopo intervento chirurgico. Questi trials hanno<br />
mostrato risultati relativi agli approcci con cellula intera e con lisato in casi di leucemia,<br />
melanoma, tumore del rene, della mammella e altri tipi di tumore.
Antigeni<br />
B<br />
IgG IgM<br />
T H<br />
T H<br />
Citochine<br />
T H<br />
Attivita’ anti tumorale<br />
Cellule<br />
tumorali<br />
T<br />
T T<br />
Antigeni trumorali associati<br />
(lisati o a cellula intera)<br />
Captazione della cellula che presenta l’antigene<br />
elaborazione e presentazione in forma<br />
riconoscibile<br />
Stimolazione dei cloni delle cellule immunitarie<br />
compresi gli anticorpi secernenti cellule B<br />
cellule-T-e citochine producenti cellule T helper (T H )<br />
Le citochine derivate dalle cellule T H stimolano<br />
ulteriori risposte attraverso le cellule B e T<br />
Figura 6.6. Meccanismo di induzione di risposte antitumorali per mezzo di vaccini derivati da cellula<br />
intera o lisato. Riprodotta, con licenza, da Principles and Practice of <strong>the</strong> Biological Therapy of Cancer.<br />
Philadelphia: Lippincott Williams and Wilkins, 2000.<br />
Cellule tumorali modificate<br />
Un approccio largamente utilizzato è la modificazione genetica delle cellule tumorali prima<br />
della somministrazione del vaccino. L’introduzione di un genoma virale all’interno delle cellule<br />
tumorali intensifica la costimolazione delle cellule T, o aumenta l’attrazione delle cellule<br />
presentatrici di antigene stimolando la produzione di citochine e altre molecole, o intensifica la<br />
presentazione dell’antigene alle cellule T (Figura 6.7). I primi studi, che utilizzavano lisati di<br />
cellula tumorale infettati dal virus dell’influenza, hanno mostrato che può essere generata una<br />
risposta immunitaria contro il tumore. Perciò, la manipolazione genica ha riguardato cellule<br />
tumorali ingegnerizzate per contenere geni codificanti per citochine, per esempio interleuchine,<br />
A) B)<br />
Le cellule tumorali si<br />
attivano per produrre<br />
citochine coinvolte<br />
nella stimolazione<br />
dell’APC<br />
APC<br />
T H<br />
IL-3<br />
IL-4<br />
GM-CSF<br />
CTL<br />
L’antigene e’presentato<br />
dall’APC alle cellute T H<br />
e CTLs<br />
Il recettore presentatore<br />
d’antigene è riconosciuto<br />
dalle cellule immunitarie<br />
Cellule<br />
tumorali<br />
Antigene<br />
tumorale<br />
CTL<br />
Le cellule immunitarie sono<br />
direttamente stimolate dalle<br />
cellule tumorali antigene<br />
presentatrici<br />
Figura 6.7 Meccanismi potenziali di attivazione di una cellula T tumore-specifica da parte di cellule<br />
tumorali geneticamente modificate: A) accresciuta produzione di citochine e B) aumentata<br />
presentazione di antigene. APC, cellule presentatrici di antigene; CTL, linfocita T citotossico; T.., cellula<br />
T helper. Riprodotta, con licenza, da Principles and Practice of <strong>the</strong> Biological Therapy of Cancer.<br />
Philadelphia: Lippincott Williams and Wilkins, 2000.<br />
T H<br />
6<br />
6.15
6<br />
. . . l’isolamento<br />
dei frammenti di<br />
peptide che sono<br />
importanti per<br />
l’immunogenicita’<br />
della proteina è<br />
particolarmente<br />
interessante perché<br />
consente il<br />
superamento di<br />
potenziali<br />
problemi di<br />
tollerabilita’ della<br />
somministrazione<br />
di grandi<br />
proteine . . .<br />
Benche’ importante<br />
nel campo delle<br />
strategie dei<br />
vaccini<br />
antitumorali,<br />
l’utilizzo delle<br />
cellule dendritiche<br />
ha per se stesso<br />
interessanti<br />
possibilita’ nella<br />
terapia cellulare.<br />
6.16<br />
interferoni o fattori a di necrosi tumorale. Sono state osservate risposte in pazienti affetti da<br />
melanoma trattati con vaccini di cellula tumorale IL-2 trasdotti.<br />
Proteine tumore-specifiche<br />
L’utilizzo di proteine tumore-specifiche per indurre una risposta immunitaria è un metodo di<br />
vaccinazione interessante e diretto. Un perfezionamento di questo approccio per mezzo<br />
dell’isolamento dei frammenti di peptide che sono importanti per l’immunogenicita’ della<br />
proteina è particolarmente interessante perché consente il superamento di potenziali problemi<br />
di tollerabilita’ della somministrazione di grandi proteine ed aumenta la specificita’ della<br />
risposta immunitaria. Studi iniziali che utilizzavano peptidi derivati da proteine melanomaassociate,<br />
per esempio MAGE-1 e MART-1, sono stati un insuccesso perché nessuno o pochi<br />
pazienti sono stati immunizzati efficacemente come determinato dalle misurazioni delle risposte<br />
citotossiche del linfocita T. Perciò, sono stati studiati metodi per aumentare l’immunogenicita’<br />
del peptide e l’affinita’ del recettore di legame attraverso mutazione selettiva del peptide.<br />
L’immunizzazione con l’utilizzo di questi peptidi modificati è piu efficace e ha prodotto delle<br />
risposte in pazienti affetti da melanoma.<br />
Altri peptidi che sono stati studiati in trials clinici per la loro potenzialita’ come vaccini<br />
comprendono quelli derivati da HER2, oncogene ras e antigene prostatico-specifico (PSA). I<br />
trattamenti che utilizzano questi peptidi non hanno mostrato di essere efficaci. Parecchi altri<br />
peptidi sono stati proposti come candidati in qualità di vaccini, ma non sono stati studiati per<br />
l’utilizzo clinico.<br />
DNA<br />
I vaccini a DNA sono plasmidi, molecole di DNA nudo che incorporano DNA ricombinante,<br />
che codificano per immunogeni quali l’antigene carcinoembrionico (CEA). La vaccinazione con<br />
DNA ha dei vantaggi rispetto a quella con peptide in termini di stabilita’, immunogenicita’,<br />
sede di espressione immunogena e gamma delle risposte immunitarie elicitate. Gli studi clinici<br />
sui vaccini a DNA sono ad uno stadio ancora molto iniziale per il trattamento del melanoma,<br />
linfoma e tumore del colon.<br />
Il maggior rischio teorico di questo tipo di strategia di vaccinazione è che il DNA ricombinante<br />
possa venire incorporato all’interno del DNA dell’ospite e causare una mutazione. Questo<br />
svantaggio è stato superato valutando l’utilizzo di vaccini a RNA nudo, che non vengono<br />
incorporati all’interno del genoma dell’ospite. Comunque, questi vaccini sono stati esaminati<br />
utilizzando solamente modelli in vitro.<br />
La considerazione principale relativamente a tutti gli approcci di cui sopra è che il vaccino<br />
dovrebbe essere presentato al sistema immunitario in modo da stimolare una risposta specifica,<br />
che può poi essere diretta al tumore stesso. L’immunita’ delle cellule T è l’approccio più efficace<br />
dal punto di vista terapeutico, e richiede cellule presentatrici di antigene chiamate cellule<br />
dendritiche. Le cellule dendritiche catturano, elaborano e presentano gli antigeni ai linfociti T in<br />
modo che possano essere riconosciuti e, una volta attivate, hanno la capacita’ di attivare le<br />
cellule T. Benche’ importante nel campo delle strategie dei vaccini antitumorali, l’utilizzo delle<br />
cellule dendritiche ha per se stesso interessanti possibilita’ nella terapia cellulare.<br />
Un’altra considerazione da tener presente nello sviluppo dei vaccini è la possibilita’ di portare<br />
al massimo livello ogni risposta immunitaria generata. Ciò viene comunemente effettuato<br />
utilizzando adiuvanti immunitari, citochine principalmente, per promuovere e prolungare la<br />
risposta immunitaria. Comunque, sono stati utilizzati anche virus, proteine batteriche e altri<br />
agenti.<br />
Si stanno studiando vaccini antitumorali per il trattamento di molti tipi di tumore, incluso il<br />
melanoma, il linfoma e i tumori del rene, della mammella, dell’ovaio, della prostata, del colon
e del retto. Esiste una considerevole sovrapposizione in termini di manipolazione genetica delle<br />
cellule e del DNA e il risultato ricercato dalla terapia tra le strategie delle terapie antitumorali<br />
che utilizzano vaccini, la terapia genica e la terapia cellulare (vedi più sotto).<br />
Terapia genica<br />
La terapia genica comporta il trasferimento di materiale genetico all’interno del tumore per<br />
curare il tumore stesso. Ciò è interessante perché la maggior parte dei tumori presenta<br />
mutazioni genetiche che sono almeno in parte responsabili della loro natura oncogenica e che<br />
possono inoltre essere corrette dalle tecniche del trasferimento genetico.<br />
Il materiale genetico può essere trasferito all’interno del tumore utilizzando plasmidi e virus<br />
modificati con l’ingegneria genetica. I plasmidi sono costituiti da DNA nudo e possono essere<br />
modificati per contenere il DNA che deve essere trasferito. I plasmidi possono penetrare nelle<br />
cellule e il loro DNA può essere incorporato all’interno del DNA nucleare. Tuttavia, il DNA<br />
plasmidico è suscettibile di degradazione che potenzialmente limita l’efficienza<br />
dell’incorporazione.<br />
I virus sono stati usati per il trasferimento di geni perche’ sono più stabili del DNA nudo o<br />
dell’RNA (Figura 6.8.). Ma sono state prese delle precauzioni perché il vettore virale stesso non<br />
possa causare malattia (alcuni dei virus usati per le tecniche di trasferimento genico virale sono<br />
potenzialmente patogeni per l’uomo). Nonostante le ricerche siano in corso, questo svantaggio<br />
ha limitato l’utilizzo dei sistemi di trasferimento genico virale.<br />
A) Vettori integranti B) Vettori non integranti<br />
Retrovirus<br />
Vaccino virus<br />
Figura 6.8. Meccanismi di trasferimento genico con l’utilizzo di vettori virali.<br />
Adenovirus<br />
Le tecniche di trasferimento genico nella terapia del <strong>cancro</strong> comprendono:<br />
Plasmidi del DNA<br />
● trasferimento genico all’interno delle cellule tumorali per promuovere l’immunogenicita’ del<br />
tumore e ridurre la tumorogenicita’<br />
● trasferimento genico di DNA tumorale antigene-codificante all’interno di cellule normali per<br />
stimolare risposte immunitarie specifiche per l’antigene<br />
● trasferimento genico con l’obiettivo di modificare le cellule immunitarie e renderle capaci di<br />
mostrare risposte immunitarie antitumorali<br />
● introduzione di geni suicidi che convertono molecole non tossiche in composti tossici che<br />
causano la morte cellulare<br />
6<br />
Il materiale<br />
genetico può<br />
essere trasferito<br />
all’interno del<br />
tumore utilizzando<br />
plasmidi e virus<br />
modificati con<br />
l’ingegneria<br />
genetica.<br />
6.17
6<br />
. . . il trasferimento<br />
di componenti<br />
cellulari del<br />
sistema<br />
immunitario<br />
nell’organismo di<br />
pazienti colpiti da<br />
tumore è un mezzo<br />
potenziale per la<br />
promozione della<br />
funzione<br />
immunitaria<br />
antitumorale<br />
cellulare.<br />
6.18<br />
● sostituzione di geni onco-soppressori difettosi per reintegrarne la funzione<br />
● utilizzo di oligonucleotidi antisenso, cioe’ oligonucleotidi che posseggono sequenze<br />
complementari a quella di mRNA umani noti, per eliminare l’espressione di geni specifici<br />
promotori di accrescimento<br />
● inibizione di oncogeni.<br />
La maggior parte dei trials dedicati alla terapia genica condotti fino ad oggi sono stati studi di<br />
sicurezza di fase 1, per esempio trials iniziali che coinvolgono un numero limitato di pazienti<br />
solitamente affetti da malattia avanzata, per stabilire se un agente è abbastanza ben tollerato<br />
da consentire un trial piu’ allargato. Questi studi hanno rivelato che l’efficienza del<br />
trasferimento genico è scarsa e la durata dell’espressione genica è spesso limitata, e il risultato<br />
di ciò è una scarsa efficacia. Inoltre, anche la distribuzione della terapia genica si è dimostrata<br />
problematica, comportando la scarsa efficacia del trasferimento (per la discussione delle<br />
ricerche mirate al superamento di questo problema, vedi il Modulo 7). Queste sfide devono<br />
essere superate per poter dimostrare l’utilita’ di questa tecnica per la terapia del <strong>cancro</strong>.<br />
Terapia cellulare<br />
Come sottolineato nel Modulo 4, il sistema immunitario comprende una componente umorale<br />
(anticorpi e complemento) e una componente cellulare. È stato dimostrato che l’immunita’<br />
cellulare è efficace per distruggere le cellule tumorali e per mantenere l’immunita’ antitumorale.<br />
Inoltre, il trasferimento di componenti cellulari del sistema immunitario nell’organismo di<br />
pazienti colpiti da tumore è un mezzo potenziale per la promozione della funzione immunitaria<br />
antitumorale cellulare. Questo tipo di approccio è chiamato trasferimento della cellula adottiva.<br />
In generale, la tecnica del trasferimento della cellula adottiva comporta la raccolta di cellule<br />
immunitarie del paziente e la loro coltura all’esterno del corpo (Figura 6.9). Ciò permette di<br />
Resezione tumorale<br />
Cellule tumorali Linfociti tumorali infiltrati<br />
Manipolazione genica<br />
Cellule tumorali<br />
immunogeniche<br />
manipolate geneticamente<br />
Separazione cellulare<br />
e cultura<br />
Manipolazione/attivazione genica<br />
Linfociti citotossici tumorali<br />
manipolati geneticamente<br />
Figura 6.9. Illustrazione schematica delle fasi di realizzazione del trasferimento di cellula adottiva.
superare potenziali limitazioni del numero di cellule causato dalla soppressione del tumore e<br />
dalla regolazione immunitaria. Inoltre, possono essere selezionate cellule immunitarie<br />
appropriate e le loro caratteristiche esaltate utilizzando composti che potrebbero rivelarsi<br />
tossici se somministrati direttamente ai pazienti. La selezione fornisce una popolazione cellulare<br />
che riconosce gli antigeni di superficie della cellula tumorale, permettendo alla terapia di<br />
essere mirata specificamente contro i tumori. In seguito al processo di selezione e coltura, la<br />
popolazione cellulare accresciuta è utilizzata per la terapia.<br />
Spesso, il trasferimento di cellula adottiva costituisce una terapia passiva mirata alla lisi<br />
tumorale, cioe’ essa non è destinata a stimolare il sistema immunitario. Tuttavia, questo<br />
approccio può essere usato come una strategia di immunizzazione attiva in cui le cellule<br />
immunitarie somministrate sono sottoposte a un processo di amplificazione e reclutano il<br />
sistema immunitario per uccidere le cellule tumorali. Alcuni degli approcci finora studiati basati<br />
su terapia cellulare sono descritti nella Tavola 6.3.<br />
Tavola 6.3. Approcci basati su terapia cellulare per la cura del <strong>cancro</strong>.<br />
Tipo di cellula Attività/caratteristiche Tumori trattati<br />
Linfociti tumore-infiltranti Infiltra i tumori e causa lisi Melanoma e <strong>cancro</strong> delle<br />
Le popolazioni cellulari che riconoscono un cellule renali<br />
singolo antigene tumore-associato possono<br />
essere cresciute facilmente<br />
Linfochine attivanti le cellule Lisi delle cellule tumorali ma non delle Melanoma e <strong>cancro</strong> delle<br />
killer cellule normali cellule renali<br />
Possono essere sviluppate e attivate in vitro<br />
in presenza di citochine<br />
Memoria autologa delle Si presume che siano state esposte Cancro delle cellule renali<br />
cellule T all’antigene tumorale e abbiano potenziale<br />
attività antitumorale<br />
Attivate utilizzando anticorpi monoclonali<br />
contro i recettori CD3 e citochine<br />
Cellule dendritiche Cellule fondamentali presentatrici di antigene Cancro delle cellule renali<br />
per la risposta immunitaria mediata da cellule T e tumore mammario<br />
Possono essere ottenute in vitro dalla<br />
maturazione dei precursori dei monociti sotto<br />
l’influenza dei fattori di stimolazione delle colonie<br />
Cellule staminali Potenziali effetti antitumorali per mezzo della Tumore mammario e <strong>cancro</strong><br />
“graft-vs-tumor reaction” delle cellule renali<br />
Richiede immunosoppressione prima della<br />
somministrazione cellulare<br />
Linfociti T specificatamente Cellule linfoblastoidi che esprimono proteine Malattia linfoproliferativa,<br />
citotossici per i virus del virus linfoma e malattia di<br />
Epstein-Barr Hodgkin’s<br />
Alta immunogenicita’<br />
6<br />
6.19
6<br />
I progressi della<br />
terapia biologica<br />
hanno segnato<br />
una svolta nella<br />
realizzazione di<br />
nuovi agenti mirati<br />
contro le cellule<br />
tumorali.<br />
6.20<br />
Questi approcci terapeutici basati su terapia cellulare sono limitati perché richiedono<br />
l’isolamento delle cellule dal ricevente designato. L’utilizzo di cellule ottenute da donatori può<br />
dar luogo a reazioni simili a quelle che si verificano in caso di trapianto di organi e richiede<br />
immunosoppressione.<br />
Studi clinici relativi a questi diversi approcci di terapia cellulare hanno dimostrato che può<br />
essere prodotta attività antitumorale. Comunque, non è ancora noto se i vantaggi in termini di<br />
miglioramento dei risultati e riduzione della tossicita’ siano maggiori di quelli raggiunti con<br />
altre forme di terapia.<br />
<strong>Terapie</strong> <strong>biologiche</strong> mirate e terapie <strong>biologiche</strong> non mirate<br />
Per molti anni la terapia biologica è stata incoraggiata come importante progresso terapeutico.<br />
L’interferone è stato scoperto nel 1957 e utilizzato come terapia antivirale. I fattori di<br />
stimolazione delle colonie come il G-CSF e l’eritropoietina sono stati a lungo utilizzati come<br />
terapie antitumorali di supporto. Infatti, questi agenti hanno effetti di supporto del sistema<br />
immunitario e non colpiscono i tumori direttamente.<br />
I progressi della terapia biologica hanno segnato una svolta nella realizzazione di nuovi<br />
agenti mirati contro le cellule tumorali. Ciò è stato reso possibile dai progressi realizzati nella<br />
comprensione della biologia molecolare, nella biologia dei tumori e nella caratterizzazione<br />
tumorale.<br />
In sintesi:<br />
● la crescita tumorale comincia con una mutazione (un cambiamento strutturale nel DNA)<br />
● questa modificazione genetica può essere il risultato della scorretta sostituzione di una base<br />
con un’altra, cancellazione o inserimento di una base o di basi, traslocazione o<br />
replicazione o cancellazione di un intero gene<br />
● quindi il gene alterato trasmette istruzioni errate, che portano alla sintesi di una proteina<br />
alterata, o una proteina troppo grande o troppo piccola, che influenza la funzionalita’<br />
cellulare<br />
● il codice genetico difettoso viene trasmesso ad altre cellule attraverso il processo del ciclo<br />
cellulare e la popolazione di cellule anormali cresce.<br />
Come discusso nel Modulo 3, il tumore è il risultato di una serie di mutazioni genetiche che<br />
variano da tumore a tumore. Le mutazioni genetiche influenzano le proteine regolatrici della<br />
crescita. Gli squilibri nei livelli di queste proteine stimolano le cellule a dividersi<br />
incontrollatamente, dando origine ai tumori.<br />
Utilizzo di specifiche anormalita’ tumorali per la terapia mirata<br />
● Molte delle mutazioni negli oncogeni o nei geni oncosoppressori sono specifiche per certi<br />
tipi di tumore. Per esempio, nel tumore della mammella sono frequentemente mutati i geni<br />
MUC-1.<br />
● Poiche’ queste mutazioni sono associate solamente alle cellule tumorali esse costituiscono il<br />
bersaglio della terapia tumore-specifica.<br />
● Idealmente, le anormalita’ tumore-associate da utilizzare nello sviluppo di terapie mirate<br />
dovrebbero essere:<br />
– facilmente misurabili per consentire al paziente la scelta della terapia<br />
– avere localizzazione extracellulare per poter essere riconosciute dalla terapia.
● Colpire le anormalita’ tumore-specifiche può potenzialmente minimizzare gli effetti<br />
collaterali della terapia. In questo caso infatti le cellule normali non vengono colpite.<br />
● Gli agenti chemioterapici tradizionali colpiscono tutte le cellule che si dividono attivamente<br />
e hanno inoltre effetti non specifici sul SNC, sul sistema gastrointestinale, e sul sistema<br />
ematopoietico.<br />
Vantaggi della specificita’ di bersaglio<br />
La terapia mirata a specifiche anormalita’ cellulari sta dimostrando la sua efficacia nella cura<br />
del <strong>cancro</strong>, per esempio il MabThera ® per il linfoma CD20 positivo, l’Herceptin ® per il tumore<br />
della mammella HER2 positivo. La terapia mirata presenta molti vantaggi, non ultimo la<br />
possibilita’ di trattamenti individualizzati per il paziente. Altri vantaggi sono:<br />
● profili di miglioramento della tollerabilita’ e degli effetti collaterali dovuti all’azione specifica<br />
sulle cellule tumorali<br />
● aumento della risposta immunitaria dell’ospite<br />
● nuovi meccanismi di azione differenti da quelli degli agenti terapeutici convenzionali, che<br />
può significare che la terapia combinata probabilmente ne aumenta l’efficacia e quindi<br />
migliora il risultato clinico.<br />
I progressi ottenuti nella caratterizzazione dei tumori hanno probabilmente accresciuto l’utilizzo<br />
di terapie <strong>biologiche</strong> mirate per la cura del <strong>cancro</strong> (vedi il Modulo 7).<br />
I seguenti casi clinici illustrano le differenze tra agenti biologici non mirati e i nuovi agenti<br />
mirati che stanno producendo interessanti miglioramenti nella gestione del <strong>cancro</strong>.<br />
Caso clinico n. 1: Filgrastim, un agente biologico non mirato<br />
utilizzato come terapia di supporto<br />
Il filgrastim è una forma ricombinante del G-CSF umano, una citochina che è prodotta<br />
naturalmente dall’organismo. Il G-CSF ha funzioni di controllo dell’ematopoiesi (la produzione<br />
di cellule ematiche mature).<br />
Ematopoiesi<br />
Il midollo osseo è la principale sede di ematopoiesi nell’adulto. Le cellule ematiche sono<br />
prodotte dalle cellule staminali primitive che si trovano nel midollo osseo, che rappresentano i<br />
precursori di tutti i tipi di cellule ematiche mature: eritrociti (globuli rossi), neutrofili, basofili,<br />
eosinofili, monociti/macrofagi, osteoclasti, linfociti e piastrine (Figura 6.10). Le cellule staminali<br />
possiedono caratteristiche uniche perché possono sia proliferare e produrre più cellule staminali<br />
sia subire una differenziazione che porta alla produzione dei tipi di cellule mature elencati.<br />
Le cellule staminali sono quindi le cellule più importanti del sistema ematopoietico perché esse<br />
sono in definitiva responsabili della produzione di tutte le cellule ematiche. La differenziazione<br />
delle cellule staminali per produrre cellule mature comporta diverse fasi che hanno come<br />
risultato lo sviluppo della restrizione. Questo significa che cellule a differenti stadi di sviluppo<br />
sono in grado di produrre solo alcuni tipi di cellule ematiche mature.<br />
Quando il sistema ematopoietico è gravemente danneggiato da chemioterapia o radiazioni,<br />
sono le cellule staminali pluripotenti del midollo osseo (cellule che possono differenziarsi per<br />
diventare ogni tipo di cellula che compone il sistema ematopoietico) che eventualmente<br />
ripopolano il sistema. Ciò si ottiene con la differenziazione di queste cellule per generare<br />
6<br />
La terapia mirata a<br />
specifiche<br />
anormalita’<br />
cellulari sta<br />
dimostrando la sua<br />
efficacia nella cura<br />
del <strong>cancro</strong> . . .<br />
Il midollo osseo è<br />
la principale sede<br />
di ematopoiesi<br />
nell’adulto.<br />
6.21
6<br />
Per questa<br />
ragione, il<br />
controllo del<br />
rinnovo e della<br />
differenziazione<br />
delle cellule<br />
staminali, e della<br />
differenziazione<br />
della loro<br />
progenie, è stato il<br />
punto focale della<br />
ricerca mirata<br />
all’utilizzo del<br />
sistema<br />
ematopoietico per<br />
scopi terapeutici a<br />
supporto dei<br />
pazienti<br />
oncologici.<br />
6.22<br />
Auto<br />
rinnovo<br />
Sistema<br />
cellulare<br />
pluripotene<br />
Differenziazione<br />
cellule progenitrici che sono orientate per produrre i tipi di cellule appropriati. Comunque, nel<br />
breve periodo, la ripopolazione è dovuta alla proliferazione e differenziazione di un limitato<br />
numero di cellule progenitrici che sono già circolanti. Per questa ragione, il controllo del<br />
rinnovo e della differenziazione delle cellule staminali, e della differenziazione della loro<br />
progenie, è stato il punto focale della ricerca mirata all’utilizzo del sistema ematopoietico per<br />
scopi terapeutici a supporto dei pazienti oncologici.<br />
Fattori di crescita ematopoietici<br />
Studi in vitro avevano inizialmente indicato che le cellule potevano essere stimolate da fattori<br />
sconosciuti presenti nei media di coltura per differenziare la produzione di cellule ematiche<br />
mature. Questi fattori non sono stati isolati fino a quando la tecnica del DNA ricombinante ha<br />
permesso l’isolamento dei geni codificanti per questi fattori e la loro espressione in sistemi di<br />
batteri e lieviti per produrre una grande quantità di questi stessi fattori. Simultaneamente,<br />
divento’ possibile purificare i diversi tipi di cellule del sistema ematopoietico. Ciò rese possibile<br />
dimostrare che i fattori isolati avevano effetti solo su certi tipi di cellule.<br />
È stato dimostrato che i G-CSF stimolano preferenzialmente lo sviluppo di neutrofili dalla<br />
appropriata cellula precursore. I neutrofili sono coinvolti nella risposta alle infezioni e ai danni<br />
tessutali. Piccole quantità di G-CSF rilasciate nella sede del danno tessutale o di infezione<br />
batterica assicurano che neutrofili maturi siano presenti nelle sedi in cui essi sono necessari.<br />
Effetti del filgrastim in vivo<br />
Pre cellule T<br />
Multipotente<br />
CFU-S/CFC-Mix<br />
Bas-CFC Basofili<br />
BFU-E<br />
GM-CFC<br />
Meg-CFC<br />
Eos-CFC<br />
G-CFC<br />
M-CFC<br />
T-linfociti<br />
Eritrociti<br />
Neutrofili<br />
Macrofagi<br />
e<br />
osteoclasti<br />
Piastrine<br />
Eusinofil<br />
Pre-B cells B-linfociti<br />
Figura 6.10. Gli stadi dell’ematopoiesi mostrano come le cellule staminali subiscano un processo di<br />
restrizione nel corso della loro differenziazione per costituire le cellule ematopoietiche.<br />
È stato dimostrato che il filgrastim ha effetti sulla circolazione delle cellule ematiche, sulla<br />
ematopoiesi nel midollo osseo, e sulle cellule progenitrici nel midollo osseo e nel sangue.<br />
Questi effetti sono delineati nella Tavola 6.4.<br />
Gli effetti descritti nella Tavola 6.4. sono interrelati, insieme con l’amplificazione del midollo<br />
osseo e delle cellule progenitrici ematiche, al rilascio precoce di neutrofili maturi, e si<br />
combinano per produrre un incremento della conta dei neutrofili circolanti.
Tavola 6.4. Effetti in vivo del G-CSF.<br />
Tipo di cellula stimolata Effetto<br />
Cellule ematiche circolanti Diminuzione transitoria nella conta dei neutrofili seguita da un incremento<br />
prolungato<br />
Ematopoiesi nel midollo osseo Amplificazione delle cellule progenitrici e iniziale rilascio di cellule mature<br />
Cellule progenitrici del midollo osseo Aumento in numero assoluto delle cellule progenitrici<br />
Cellule progenitrici del sangue Mobilizzazione delle cellule progenitrici del sangue periferico<br />
Uso clinico del filgrastim<br />
La normale funzione dei neutrofili nel combattere le infezioni e gli effetti in vivo del filgrastim<br />
sulla conta dei neutrofili hanno fornito indizi significativi degli utilizzi clinici del filgrastim:<br />
stimolazione della produzione di neutrofili per sostituire quelli persi per varie ragioni, per<br />
esempio a causa della chemioterapia o della mieloablazione.<br />
Dopo la chemioterapia<br />
Gli agenti chemioterapici hanno effetti citotossici su tutte le cellule che si replicano attivamente.<br />
Come delineato nel Modulo 1, tale attività non specifica è responsabile della tossicita’ di questi<br />
agenti quando vengono usati per curare il <strong>cancro</strong>. Uno degli organi fortemente colpiti dalla<br />
chemioterapia è il midollo osseo. In effetti, la tossicita’ sul midollo osseo è spesso fattore doselimitante<br />
della chemioterapia. La neutropenia, una bassa conta dei neutrofili, può causare<br />
complicazioni che possono rappresentare un rischio per la vita del paziente, ed è causa<br />
comune di modifiche delle dosi e dello schema della chemioterapia. Queste modifiche non<br />
sono sempre sufficienti per permettere il pieno recupero del midollo osseo nell’intervallo tra<br />
somministrazioni della chemioterapia.<br />
È stato dimostrato che la neutropenia si riduce e alcune volte viene prevenuta dalla<br />
somministrazione di 5–12µg/kg/die di filgrastim con chemioterapia a dosi convenzionali<br />
(Figura 6.11). Ciò fornisce vantaggi in termini di:<br />
● riduzione del numero delle infezioni che colpiscono il paziente<br />
● diminuita necessità di assunzione di antibiotici<br />
● riduzione della durata dell’ospedalizzazione<br />
● possibilita’ di somministrazione della chemioterapia secondo schema.<br />
Il filgrastim è anche utilizzato per consentire il mantenimento delle dosi di chemioterapia e per<br />
consentirne l’intensificazione, per esempio aumentando la quantità di chemioterapico<br />
somministrato per unita’ di tempo. Ciò è particolarmente importante perche’ la<br />
somministrazione della chemioterapia a dosi subottimali è nota come il maggior fattore di<br />
riduzione dell’efficacia della cura del <strong>cancro</strong>. È stato anche dimostrato che il supporto del<br />
filgrastim consente un incremento delle dosi di chemioterapia di 1,3-2 volte rispetto a quelle<br />
somministrate a pazienti che non ricevono la terapia con citochine, e ciò può aumentare<br />
l’efficacia della cura.<br />
6<br />
La neutropenia,<br />
una bassa conta<br />
dei neutrofili, può<br />
causare<br />
complicazioni che<br />
possono<br />
rappresentare un<br />
rischio per la vita<br />
del paziente . . .<br />
Il filgrastim è<br />
anche utilizzato<br />
per consentire il<br />
mantenimento<br />
delle dosi di<br />
chemioterapia e<br />
per consentirne<br />
l’intensificazione<br />
. . .<br />
6.23
6<br />
È stato dimostrato<br />
che l’uso di<br />
filgrastim per la<br />
mobilizzazione<br />
delle cellule<br />
progenitrici nel<br />
sangue aumenta il<br />
numero di cellule<br />
raccolte,<br />
consentendo un<br />
recupero<br />
accelerato dei<br />
neutrofili<br />
6.24<br />
ANC (x 10 9 /L)<br />
100<br />
10<br />
1<br />
CT CT CT<br />
0 7 14 21 28 35 42<br />
Dopo il trapianto di midollo<br />
Tempo (giorni)<br />
I pazienti che ricevono il trapianto di midollo sono sottoposti ad un processo detto<br />
mieloablazione, in cui il sistema immunitario viene deliberatamente distrutto prima del trapianto<br />
per prevenire reazioni immunitarie. Questo stato di severa immunocompromissione è evidente<br />
nella morbilita’ e nella potenziale mortalita’. Il filgrastim è stato usato con successo per ridurre<br />
la durata della neutropenia in questi pazienti, con vantaggi clinici simili a quelli osservati dopo<br />
la terapia in pazienti sottoposti a chemioterapia.<br />
Pretrattamento di mobilizzazione delle cellule progenitrici del sangue<br />
CT Chemioterapia (doxorubicina)<br />
75mg/m 2 (with filgrastim)<br />
75mg/m 2 (controllo)<br />
Figure 6.11. Grafico illustrativo delle risposte dei neutrofili al filgrastim in pazienti trattati con<br />
doxorubicina. ANC, conta assoluta dei neutrofili.<br />
La raccolta di cellule progenitrici del sangue periferico e la loro reinfusione dopo<br />
somministrazione della chemioterapia, denominata trapianto di cellule staminali del sangue<br />
periferico (PBSCT), è un metodo consolidato per favorire la guarigione dei pazienti colpiti da<br />
affezioni maligne di tipo non mieloide dopo chemioterapia intensiva. È stato dimostrato che<br />
l’uso di filgrastim (5–10µg/kg/die) per la mobilizzazione delle cellule progenitrici nel sangue<br />
aumenta il numero di cellule raccolte, consentendo un recupero accelerato dei neutrofili (Figura<br />
6.12). Questo procedimento può essere utilizzato sia per i pazienti, per fornire una fonte<br />
autologa di cellule, sia per i normali donatori, per fornire cellule che possono essere impiegate<br />
per xenotrapianto.
GM-CFC/cultura<br />
10 5<br />
10 4<br />
10 3<br />
10 2<br />
10 1<br />
10 0<br />
0 2 4 6 8 10<br />
Durata della cultura (settimane)<br />
Gamma ottenuta con<br />
colture di cellule di sangue<br />
periferico<br />
Figura 6.12. Mobilizzazione di cellule ematiche progenitrici con filgrastim.<br />
Caso clinico – G-CSF<br />
Media delle culture<br />
di midollo osseo<br />
John Woodhouse è un uomo di 34 anni, di professione accounts manager, in buona<br />
salute fino al settembre 2000. Si è presentato al suo medico di base con una storia clinica<br />
di 1 mese di sudorazioni notturne, perdita di peso di 6–7 Kg., sintomi di anemia e<br />
un’infezione del tratto urinario già trattata con penicillina. Il medico ha richiesto un<br />
emocromo completo che ha mostrato Hb 8,6, conta dei globuli bianchi (WBC) 5.200 e<br />
piastrine 27. Nel suo striscio ematico furono trovati dei blasti. I valori della coagulazione<br />
erano normali.<br />
John viene inviato ad un reparto oncologico specializzato, dove viene effettuato un<br />
aspirato midollare. L’esame morfologico mostra il 95% di blasti e viene fatta diagnosi di<br />
leucemia mieloide acuta (AML). Egli viene immediatamente inviato ad una clinica<br />
specializzata in problemi della fertilita’ per la crioconservazione dello sperma e riceve<br />
una trasfusione di emazie concentrate e di piastrine per normalizzare l’emocromo. È<br />
febbricitante (38,8˚C) e ha cominciato ad assumere piperacillina/tazocin + gentamicina,<br />
terapia antibiotica standard per la cura empirica della febbre neutropenica. Ha anche<br />
cominciato la profilassi antimicrobica. È stato poi trasferito al Royal Free Hospital di<br />
Londra per l’ulteriore prosecuzione delle cure.<br />
John è stordito dalla diagnosi ricevuta e non desidera molte informazioni eccetto i dettagli<br />
relativi alla cura. È figlio unico, celibe e vive con la madre che è il suo principale supporto<br />
oltre a pochi amici. Suo padre è morto per un tumore del colon. John non fuma e beve<br />
8–10 unita’ alcoliche a settimana.<br />
All’arrivo in ospedale a John è stata posizionata in anestesia generale una linea di<br />
Hickman. I suoi vetrini diagnostici sono stati riesaminati e la diagnosi di AML<br />
riconfermata. L’analisi citogenetica è normale, cosa che lo colloca in una categoria di<br />
“rischio standard” per la prognosi. Inoltre gli vengono date tutte le informazioni sulla cura<br />
ed egli da’ il suo consenso per partecipare al trial dell’UK Medical Research Council AML<br />
6<br />
6.25
6<br />
The recombinant<br />
G-CSF filgrastim<br />
has been shown<br />
to be effective in<br />
promoting<br />
neutrophil<br />
recovery.<br />
6.26<br />
12, per adulti al di sotto dei 60 anni di eta’. Questo trial sta valutando lo standard di cura<br />
per la AML in UK. Egli ha preferito continuare con le cure raccomandate poiche’ trova<br />
difficile ricevere così tante informazioni in pochi giorni. Il trial comporta due<br />
randomizzazioni: la prima è tra due dosi di citarabina (Ara-C) in un regime chiamato DAT<br />
(daunorubicina, Ara-C e tioguanina) e la seconda è tra quattro o cinque cicli di cura, con<br />
autotrapianto o chemioterapia come ultimo ciclo.<br />
John è stato randomizzato per l’opzione di cura con dosi maggiori, daunorubicina<br />
50mg/m2 /die, Ara-C 200mg/m2 /ogni 12 ore e tioguanina 100 mg/m2 ora per 12 ore.<br />
Dopo la chemioterapia egli era neutropenico, come ci si attendeva, ed ebbe un episodio<br />
febbrile, trattato con antibiotici empirici. Entro 15 giorni i suoi neutrofili recuperarono<br />
a>0,5x109 /L. Un aspirato midollare confermava la completa remissione ed egli venne<br />
dimesso per alcuni giorni prima di ritornare in reparto e cominciare il suo secondo ciclo di<br />
chemioterapia.<br />
Poiche’ John aveva ottenuto una remissione fu deciso che sarebbe stato fatto un tentativo<br />
di raccogliere cellule staminali dal sangue periferico per la conservazione e il possibile<br />
uso futuro sia se fosse stato randomizzato per ricevere un autotrapianto nell’ambito del<br />
trial AML 12, sia nel caso che egli scegliesse questa opzione di trattamento ad uno stadio<br />
successivo. Egli avrebbe anche potuto aver bisogno di una riserva di cellule staminali se<br />
fosse incorso in una qualunque difficoltà con la rigenerazione del midollo osseo in ogni<br />
momento della cura. In quel caso la raccolta di cellule avrebbe potuto essere definita come<br />
un “raccolto in un giorno di pioggia”!.<br />
Le cellule staminali, a volte chiamate cellule progenitrici, sono prodotte dal midollo osseo e<br />
sono i precursori di tutte le cellule ematiche. Le cellule si differenziano e orientano in<br />
specifiche linee cellulari diventando alla fine eritrociti, macrofagi, granulociti o linfociti.<br />
Tutte le cellule staminali hanno la potenzialita’ di essere ogni tipo di cellula ematica.<br />
Queste cellule sono essenziali per il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali (SCT)<br />
proprio perché generano nuove cellule del midollo osseo e del sangue. Spesso è difficile<br />
raccogliere queste cellule periferiche nei pazienti affetti da AML perché le cellule possono<br />
essere state danneggiate da precedenti chemioterapie.<br />
Il G-CSF è prodotto naturalmente dall’organismo e agisce stimolando la crescita dei<br />
globuli bianchi. La tecnologia del DNA ha reso possibile la produzione di questo fattore di<br />
crescita come prodotto ricombinante. Il filgrastim (r-metHuG-SFC) è un liquido limpido e<br />
incolore disponibile per iniezione in fiala singola da 300 (1 mL) o 480µg (1,6 mL) e in<br />
siringhe monouso, preriempite, per permettere al paziente o al curante di somministrare<br />
agevolmente il farmaco a domicilio. Il filgrastim è maggiormente efficace quando<br />
somministrato per iniezione sottocutanea. Comunque, se questa via di somministrazione<br />
fosse controindicata, e’ possibile aggiungere al farmaco 50 mL di soluzione salina e<br />
somministrarlo per infusione endovenosa (in vena centrale o periferica) nel tempo di<br />
10–30 minuti o aggiungerlo in bolo ad una linea che infonde soluzione salina. Possibili<br />
effetti collaterali comprendono dolore osseo, dolore articolare, mialgie, sintomi similinfluenzali<br />
e mal di testa. Questi sono dovuti all’aumento dei globuli bianchi periferici e<br />
alla capacità dei G-CSF di stimolare lo sviluppo di una quantità supplementare di cellule<br />
nel midollo osseo. Filgrastim è indicato nei casi di neutropenia indotta da chemioterapia,<br />
poiche’ riduce da durata della neutropenia stessa e quindi il rischio di infezione, e per la<br />
mobilizzazione delle cellule staminali nel sangue periferico dei pazienti e dei donatori.
Il filgrastim (300µg) venne somministrato a John per mezzo di iniezioni sottocutanee<br />
praticate sull’addome a partire dal settimo giorno dopo la fine del suo ciclo di<br />
chemioterapia. Egli tollero’ bene le iniezioni, non si verificarono rossore localizzato o<br />
reazioni. In quel momento i suoi globuli bianchi erano 0,7x109 /L (valori normali<br />
3,7–9,5x109 /L), con una conta dei neutrofili di 0,1x109 /L (valori normali 1,7–7,5x109 /L).<br />
John sperimento’ effetti collaterali minimi tra cui moderato dolore articolare, alleviato da<br />
paracetamolo 1g, al sesto giorno di somministrazione. A questo stadio i suoi globuli<br />
bianchi erano saliti e avevano raggiunto 8,8x109 /L, con una conta dei neutrofili di<br />
8,1x109 /L. Nei giorni seguenti i suoi globuli bianchi diventarono 14,6x109 /L.<br />
Il marker che si trova comunemente sulle cellule staminali è il CD34 e il sangue periferico<br />
può essere monitorato per elevare il numero di cellule CD34 positive. Quando la conta<br />
raggiunge i 20mL o oltre, i pazienti cominciano la prima leucaferesi, in accordo con la<br />
pratica locale. La leucaferesi è il prelievo di globuli bianchi dal sangue. In ottava giornata<br />
a John venne misurato il livello dei CD34 periferici che era 70,6mL. Quindi, John venne<br />
collegato alla macchina per la leucaferesi per mezzo di un raccordo connesso ad<br />
entrambi i lumi della sua linea di Hickman. Per raccogliere uno strato di globuli bianchi il<br />
sangue viene fatto refluire da un lume e fatto ruotare nella centrifuga. Il sangue rimanente<br />
viene poi miscelato e reimmesso attraverso l’altro lume. La procedura ha richiesto<br />
approssimativamente 4 ore e John non ha avuto effetti spiacevoli eccetto un lieve<br />
formicolio alle labbra e alla punta delle dita. Ciò è dovuto all’ipocalcemia causata<br />
dall’aggiunta di acido citrato destrosio al sangue per prevenirne la coagulazione nella<br />
macchina. La tossicita’ dovuta al citrato è un effetto collaterale comune della leucaferesi.<br />
La procedura ha consentito una buona raccolta di cellule staminali (3,8x106 /kg di cellule<br />
CD34 positive), più che sufficienti per il trapianto di cellule staminali del sangue periferico.<br />
Le cellule vennero crioconservate e immagazzinate per l’eventuale uso futuro nel caso John<br />
ne necessitasse. John fu in grado di tornare a casa subito dopo la raccolta e sarebbe<br />
ritornato in ospedale entro una settimana per il suo terzo ciclo di chemioterapia. Egli non<br />
ebbe bisogno dell’infusione di cellule staminali in nessuno stadio della cura, ma se ne<br />
avesse avuto bisogno sarebbe stato avvantaggiato dalla buona mobilizzazione e dalla<br />
buona raccolta di cellule staminali effettuata. Un’alta conta dei CD34 può consentire il più<br />
rapido attecchimento dopo il trapianto.<br />
Sommario<br />
Il G-CSF è una citochina che controlla l’ematopoiesi, specificamente la maturazione dei<br />
neutrofili. I neutrofili sono coinvolti nella risposta imunitaria alle infezioni e alle lesioni tessutali.<br />
Sono anche una delle componenti cellulari del sistema immunitario che vengono uccise dalla<br />
chemioterapia, a causa dei suoi effetti non specifici sulle cellule che si replicano attivamente.<br />
Pertanto, la capacità di promuovere il recupero dei neutrofili dopo la chemioterapia è<br />
clinicamente importante.<br />
Il filgrastim G-CSF ricombinante ha dimostrato di essere efficace nel promuovere il recupero dei<br />
neutrofili. Tuttavia, come indicato negli esempi degli usi clinici del filgrastim, si tratta di una<br />
terapia di supporto che non ha attività antitumorale diretta. Quindi, piuttosto che agire<br />
uccidendo o sopprimendo le cellule tumorali, il filgrastim attenua alcuni dei problemi creati<br />
dalle terapie antitumorali. Inoltre, i suoi effetti non sono specificamente mirati all’anormalita’<br />
delle cellule tumorali. Piuttosto, il filgrastim aggiunge la sua azione agli effetti dei G-CSF<br />
prodotti naturalmente dall’organismo.<br />
6<br />
Il filgrastim G-CSF<br />
ricombinante ha<br />
dimostrato di<br />
essere efficace nel<br />
promuovere il<br />
recupero dei<br />
neutrofili.<br />
6.27
6<br />
L’IL-2 ricombinante<br />
è utilizzato per<br />
stimolare il sistema<br />
immunitario ed ha<br />
attività<br />
antitumorale nel<br />
tumore del rene<br />
metastatico e nel<br />
melanoma.<br />
6.28<br />
Caso clinico n. 2: IL-2 ricombinante, un agente biologico non<br />
mirato con attività antitumorale<br />
L’IL-2 ricombinante è utilizzato per stimolare il sistema immunitario ed ha attività antitumorale<br />
nel tumore del rene metastatico e nel melanoma. Quindi, l’IL-2 ricombinante non è una terapia<br />
biologica di supporto come il filgrastim ma, come indicato in dettaglio più sotto, non è<br />
nemmeno una terapia biologica mirata.<br />
Attività dell’IL-2<br />
L’IL-2 è una citochina che ha funzioni di controllo della risposta immunitaria ma è<br />
particolarmente importante per l’attivazione specifica delle cellule T. Essa stimola la<br />
proliferazione delle cellule T (Figura 6.13) e attiva anche le cellule natural killer. Generalmente<br />
viene rilasciata dalle cellule T dopo che sono state attivate dagli antigeni in presenza di fattori<br />
costimolatori.<br />
T H<br />
Cellule T-helper<br />
Activazione<br />
La stimolazione della proliferazione di cellule T da parte dell’IL-2 è seguita dall’espansione<br />
clonale e dalla differenziazione di cellule T per produrre linfociti effettori e cellule della<br />
memoria (cellule immunitarie che “ricordano” l’antigene e possono essere prontamente<br />
riprodotte in un tempo successivo). Queste sono le cellule che hanno specifica attività<br />
immunitaria ed assicurano che sia conservata la risposta immunitaria ad un particolare<br />
antigene.<br />
IL-2 come terapia antitumorale<br />
IL-2<br />
Proliferazione<br />
Figura 6.13. Proliferazione delle cellule T stimolata da IL-2.<br />
T H<br />
Il corpo umano produce una risposta immunitaria contro le cellule tumorali. Tuttavia, questa<br />
risposta è generalmente limitata perché le cellule tumorali non possiedono le caratteristiche<br />
specifiche che sono necessarie per innescare una risposta immunitaria completa. Un mezzo per<br />
potenziare la risposta immunitaria contro le cellule tumorali è quello di aggiungere o<br />
rimpiazzare i fattori che non sono prodotti in risposta alla presenza di cellule tumorali. Uno di<br />
questi fattori è la citochina IL-2.<br />
T H<br />
T H<br />
T H<br />
T H<br />
T H
La produzione di grandi quantità di Il-2 purificata si è potuta realizzare quando il gene dell’Il-2<br />
è stato clonato, inserito ed espresso dal batterio Escherichia coli. La somministrazione di questa<br />
forma di Il-2 purificata in modelli animali ha dimostrato la capacità di stimolare la<br />
proliferazione di cellule T e la regressione tumorale.<br />
Gli usi clinici approvati dell’Il-2 sono attualmente limitati al melanoma maligno e al tumore del<br />
rene, tipi di tumori che sono noti per essere debolmente immunogenici e quindi suscettibili di<br />
miglioramento della reattivita’ immunitaria. I tassi di risposta alla monoterapia con Il-2 variano<br />
dal 15 al 25% in pazienti affetti da melanoma a seconda delle dosi utilizzate e delle<br />
caratteristiche dei pazienti. Tassi di risposta superiori al 50% sono stati osservati quando l’Il-2 è<br />
impiegato in combinazione con altri agenti come la chemioterapia. In pazienti affetti da tumore<br />
del rene, sono stati ottenuti tassi di risposta superiori al 23% con l’Il-2 come singolo agente<br />
terapeutico. Questo tasso di risposta è simile a quello ottenuto da alcuni degli agenti<br />
chemioterapici utilizzati per la cura di questa malattia e le risposte sono di solito a lungo<br />
termine (Figura 6.14).<br />
Proporzione di risposte<br />
1.0<br />
0.9<br />
0.8<br />
7.0<br />
6.0<br />
5.0<br />
4.0<br />
3.0<br />
2.0<br />
1.0<br />
Risposta parziale (n=22)<br />
Tempo (mesi)<br />
Risposta completa (n=21)<br />
0<br />
0 12 24 36 48 60 72 84 96 108 120 132 144<br />
Figura 6.14. Le risposte complete alla terapia con Il-2 sono spesso di lunga durata in pazienti affetti<br />
da tumore del rene. Riprodotta, con licenza, da Rosenburg et al. Ann Surg 1998;228:307–19.<br />
Questi vantaggi sono stati ottenuti utilizzando un regime di Il-2 somministrata in bolo ad alte<br />
dosi (600.000–720.000 IU/kg infuse ogni 8 ore per più di 10 cicli e ripetute dopo 7–10<br />
giorni). Il regime che utilizza boli a dosi inferiori (72.000 IU/kg) sembra essere molto meno<br />
efficace. Tuttavia, il regime ad alte dosi produce significativi effetti collaterali (Tavola 6.5), con<br />
la maggior parte dei pazienti che sperimentano febbre e più del 35% che sviluppano<br />
ipotensione. Molti di questi effetti collaterali sono dovuti agli effetti non specifici dell’Il-2 sul<br />
sistema immunitario. Per esempio, l’Il-2 induce citochine pro-infiammatorie, che si ritiene<br />
giochino il ruolo principale nella tossicita’ Il-2 associata. Quindi, sebbene gli effetti collaterali<br />
possano essere gestiti con la terapia appropriata, si stanno studiando interventi e regimi per<br />
aumentare la sicurezza di questo agente. Questi comprendono la somministrazione<br />
sottocutanea (2–30 milioni IU/m2 /giorno, 5 o 6 giorni la settimana), che non fornisce<br />
l’efficacia della somministrazione in bolo ad alte dosi ma è meglio tollerata, e l’infusione<br />
endovenosa continuata (7.000–50.000 IU/kg/ora), che sembra avere ridotta efficacia a dosi<br />
inferiori e produce simile efficacia ma anche simile tossicita’ a dosi più alte.<br />
6<br />
I tassi di risposta<br />
alla monoterapia<br />
con Il-2 variano<br />
dal 15 al 25% in<br />
pazienti affetti da<br />
melanoma . . .<br />
. . . l’Il-2 induce<br />
citochine<br />
pro-infiammatorie,<br />
che si ritiene<br />
giochino il ruolo<br />
principale nella<br />
tossicita’ Il-2<br />
associata.<br />
6.29
6<br />
6.30<br />
Tavola 6.5. Effetti collaterali della terapia con Il-2.<br />
Sindrome della permeabilita’ vascolare (edema generalizzato, aumento di peso,<br />
congestione polmonare, ipotensione, effusione pleurica, ascite)<br />
Febbre e brividi<br />
Disturbi della funzionalita’ cardiaca<br />
Tossicita’ renale<br />
Anoressia<br />
Nausea e vomito<br />
Diarrea<br />
Glossite e stomatite<br />
Tossicita’ epatica<br />
Modificazioni del comportamento e disturbi del sonno<br />
Mialgia e artralgia<br />
Eritema<br />
Anemia<br />
Infezione<br />
Caso clinico – IL-2<br />
Peter Brown è un uomo di 46 anni cui è stato recentemente diagnosticato un carcinoma<br />
renale (RCC). Alla diagnosi gli era stata scoperta una massa di 6x10 cm localizzata al<br />
rene destro e depositi metastatici ad entrambi i polmoni. Il signor Brown viene inviato da<br />
un oncologo che decide per il trattamento con IL-2 quale cura più appropriata per il suo<br />
stadio di malattia.<br />
Dopo aver parlato con l’oncologo, Peter ha avuto un colloquio anche con l’infermiera<br />
specializzata che ha discusso con lui il programma di cure previsto e gli effetti collaterali<br />
che avrebbe potuto sperimentare. È stato anche consigliato sul miglior modo di aiutare se<br />
stesso durante il ciclo di trattamento. I consigli hanno trattato anche informazioni relative<br />
all’assunzione di liquidi e all’apporto nutrizionale, dal momento che l’anoressia è un<br />
effetto collaterale comune durante la cura con IL-2. Inoltre, gli è stato spiegato come<br />
gestire i possibili episodi di nausea e come curare la cute. Un comune effetto collaterale<br />
dell’IL-2 è la cute secca, che si desquama, accompagnata da prurito. A Peter è stata<br />
prescritta una crema emolliente per uso topico e anche un emolliente solubile in acqua da<br />
aggiungere all’acqua del bagno. Questi prodotti aiutano a mantenere la pelle ben<br />
idratata e inoltre prevengono irritazioni, screpolature e desquamazione. In caso di prurito,<br />
a Peter sarebbe stata prescritta una crema a base acquosa contenente mentolo e un<br />
antistaminico.<br />
Prima di cominiciare l’infusione di IL-2 sono stati rilevati i parametri vitali di base con<br />
l’osservazione della temperatura, del polso, della frequenza respiratoria, della pressione
arteriosa e della pressione venosa centrale (PVC), la rilevazione è stata ripetuta ogni 4<br />
ore. Inoltre, sono stati misurati sia l’apporto che le perdite di liquidi, che sono stati<br />
registrati sulla scheda del bilancio idrico. A Peter venne spiegata la necessità di un attento<br />
monitoraggio per assicurare la rilevazione e il trattamento precoce degli effetti collaterali.<br />
Prima di cominciare l’infusione di IL-2, gli fu dato un farmaco anti-infiammatorio non<br />
steroideo per via orale. Questa terapia viene somministrata come profilassi della febbre, e<br />
la sua azione continua per tutta la durata dell’infusione. Approssimativamente due ore<br />
dopo l’inizio del trattamento, egli lamento’ di sentire freddo e ci si accorse che<br />
rabbrividiva. La sua temperatura era di 36˚C. I brividi si intensificarono (rigor) e, siccome<br />
persistevano da più di 20 minuti, a Peter furono somministrati 12,5 mg di petidina e.v. Ciò<br />
pose rapidamente fine al rigor, dopo di che la sua temperatura raggiunse i 38,5˚C. Gli fu<br />
dato 1g di paracetamolo per ridurre la temperatura.<br />
Il terzo giorno di trattamento, il viso di Peter appariva gonfio ed egli lamentava che i<br />
vestiti gli andavano stretti. Il suo peso era cresciuto di piu’ del 5% nelle ultime 24 ore e la<br />
scheda del bilancio idrico mostrava un bilancio positivo di 3 litri, con diminuzione della<br />
quantità delle urine. Inoltre egli era moderatamente ipoteso (100/60 mmHg) ed era<br />
tachicardico (105 bpm). La misurazione della PVC diede il risultato di 1 cmH2O (valori di<br />
riferimento 5–8cmH2O). Fu deciso che stava soffrendo della sindrome della permeabilita’<br />
capillare e che i suoi liquidi intravascolari erano diminuiti. Quel giorno furono eseguiti<br />
nuovamente gli esami ematici, che rivelarono livelli di urea elevati e una diminuzione<br />
dell’albumina sierica, dati che supportarono la diagnosi fatta. Gli fu prescritta l’infusione<br />
di una soluzione di 200 ml di albumina concentrata (albumina al 20%). Dopo questa<br />
infusione, della durata di 1 ora, la PVC di Peter era cresciuta a 4,5cmH2O e la sua<br />
pressione arteriosa era salita a 130/80mmHg. La diuresi aumento’ e si mantenne più<br />
abbondante. Egli completo’ la sua infusione al quinto giorno senza soffrire di altri seri<br />
effetti collaterali.<br />
Sommario<br />
L’Il-2 è una citochina prodotta naturalmente dall’organismo che ha una grande varieta’ di effetti<br />
sul sistema immunitario. In relazione al suo ruolo quale terapia antitumorale, la caratteristica<br />
più importante è l’attivazione delle cellule T. Le cellule T sono note per avere un ruolo nella<br />
risposta immunitaria che è accresciuta per certi tumori. Tuttavia, questa risposta è limitata<br />
dall’incapacita’ delle cellule tumorali di stimolare pienamente tutte le componenti essenziali<br />
della risposta immunitaria. Una delle componenti che vangono a mancare è proprio l’Il-2.<br />
È stato dimostrato che la somministrazione di Il-2 ricombinante stimola la piena risposta delle<br />
cellule T a tumori debolmente immunogenici quali il melanoma e il tumore renale. Ciò è<br />
attestato dalle risposte che si verificano in più di un quarto dei pazienti, molti dei quali sono<br />
lungo-sopravviventi. Comunque, siccome l’Il-2 ricombinante produce gli stessi effetti dell’Il-2<br />
naturale, la terapia è associata ad una vasta gamma di effetti collaterali. Questi sono correlati<br />
agli effetti dell’Il-2 sui percorsi di altre citochine e componenti del sistema immunitario. La<br />
conseguenza di questa mancanza di specificita’ riguarda la piena potenzialita’ dell’Il-2<br />
ricombinante che forse non ha potuto essere riconosciuta a causa della limitazione delle dosi.<br />
Ciò nonostante, l’Il-2 ricombinante ha una attività antitumorale significativa e valida, ed ha un<br />
ruolo importante nel trattamento del tumore del rene.<br />
6<br />
6.31
6<br />
L’anticorpo<br />
monoclonale<br />
umanizzato anti-<br />
HER2 Herceptin ® è<br />
stato sviluppato<br />
razionalmente per<br />
colpire<br />
specificamente<br />
l’oncogene<br />
HER2 . . .<br />
. . . l’HER2<br />
rappresenta un<br />
nuovo ed<br />
importante<br />
bersaglio<br />
terapeutico.<br />
6.32<br />
Caso clinico n. 3: La terapia anticorpale monoclonale con anti-<br />
HER2 umanizzato, un oncogene bersaglio biologico come agente<br />
antitumorale<br />
L’anticorpo monoclonale umanizzato anti-HER2 Herceptin ® è stato sviluppato razionalmente per<br />
colpire specificamente l’oncogene HER2, che è noto per la sua attività nello sviluppo di diversi<br />
tumori. Trials clinici hanno dimostrato che l’Herceptin ® è efficace nel trattamento del tumore<br />
metastatico della mammella HER2 positivo, producendo incrementi significativi della durata<br />
della sopravvivenza complessiva.<br />
Le ragioni fondamentali della specificita’ di bersaglio HER2<br />
Come descritto nel Modulo 3, l’HER2 è un proto-oncogene codificante per un recettore di<br />
superficie con attività di stimolazione della crescita. L’amplificazione di questo gene e la<br />
successiva sovraespressione della proteina codificata (positivita’ all’HER2) si verifica nella fase<br />
iniziale dello sviluppo del tumore della mammella, ma non interessa le cellule normali.<br />
Le cellule HER2 positive mostrano molte delle caratteristiche delle cellule tumorali, tra cui la<br />
crescita cellulare incontrollata, aumentata sintesi del DNA e del potenziale metastatico,<br />
probabilmente dovute ad un incremento dei segnali di crescita. Inoltre, approssimativmente il<br />
20% delle donne affette da tumore della mammella che sono HER2 positive:<br />
● hanno prognosi infausta, con riduzione della sopravvivenza complessiva<br />
● hanno risposte alterate alle terapie comunemente impiegate per il tumore della mammella,<br />
incluse le antracicline e il tamoxifene.<br />
Queste osservazioni indicano che la positivita’ all’HER2 ha un ruolo chiave nella patogenesi<br />
del tumore della mammella e che bloccare l’attività del gene HER2 nelle cellule tumorali<br />
utilizzando agenti mirati ha probabilmente effetti antitumorali diretti e non colpisce le cellule<br />
normali. Perciò’, l’HER2 rappresenta un nuovo ed importante bersaglio terapeutico.<br />
Sviluppo della terapia specifica mirata all’HER2<br />
Prima dello sviluppo dell’Herceptin ® , numerosi studi avevano mostrato che gli anticorpi<br />
monoclonali anti-HER2 potevano inibire la crescita dei tumori e delle cellule che esprimono alti<br />
livelli di HER2. Perciò’, volendo sviluppare un agente per l’uso clinico, gli anticorpi monoclonali<br />
anti-HER2 sono stati una scelta razionale. Un anticorpo monoclonale dotato di potente attività<br />
antitumorale era stato selezionato per ulteriori sviluppi. Questo anticorpo, l’anticorpo murino<br />
monoclonale 4D5, aveva mostrato di avere attività antiproliferativa specifica per le cellule<br />
HER2 positive; le cellule HER2 negative erano insensibili al 4D5. Ma il 4D5 è un anticorpo<br />
murino monoclonale. Come descritto nel Modulo 5, questi anticorpi vengono riconosciuti come<br />
estranei dal sistema immunitario umano e neutralizzati. Quindi, occorreva identificare un modo<br />
per superare questa risposta.<br />
La tecnica del DNA ricombinante è stata perciò utilizzata per rimpiazzare tutte le sequenze del<br />
4D5 con sequenze umane ad eccezione di quelle per il riconoscimento dell’HER2 (vedi Figure<br />
6.2 e 6.3). Il gene ricombinante è stato poi espresso in una linea cellulare animale che secerne<br />
l’anticorpo monoclonale umanizzato risultante nel suo medium di coltura. L’anticorpo<br />
monoclonale umanizzato è noto come anticorpo monoclonale umano ricombinante (rhuMAb)<br />
HER2, trastuzumab o Herceptin“, ed è umano per il 95% e murino solo per il 5%. Ciò consente<br />
di superare il problema della risposta immunitaria perché l’anticorpo monoclonale non viene<br />
più riconosciuto come proteina estranea. L’Herceptin ® :
● si lega all’HER2 in modo tre volte più forte che non il 4D5<br />
● previene effettivamente la proliferazione delle linee cellulari HER2 positive<br />
● non colpisce la proliferazione delle linee cellulari HER2 negative<br />
● nei topi inibisce del 50% la crescita di tumori HER2 positivi<br />
● aumenta gli effetti degli agenti chemioterapici, a causa delle interazioni positive tra il nuovo<br />
meccanismo di azione dell’Herceptin ® e questi agenti.<br />
Selezione dei pazienti da sottoporre a terapia con Herceptin ®<br />
L’esperienza preclinica con Herceptin ® ha mostrato che esso è efficace solo con le cellule HER2<br />
positive. Questo indica che l’Herceptin ® sarà efficace solo contro i tumori HER2 positivi,<br />
introducendo il concetto di terapia mirata tumore-specifica nella pratica clinica. Ciò ha dato<br />
origine alla necessità di identificare i tumori che sono HER2 positivi e quindi probabilmente<br />
responsivi alla terapia con Herceptin ® . Stabilire lo status HER2 è un prerequisito della terapia<br />
con Herceptin ® ed è di fondamentale importanza perché differenzia la terapia con Herceptin ®<br />
dai trattamenti che utilizzano filgrastim o Il-2, per cui non sono necessari criteri di selezione dei<br />
pazienti correlati al bersaglio terapeutico. Le tecniche principali utilizzate per stabilire lo status<br />
HER2 sono l’immunoistochimica (IHC) e l’ibridizzazione a fluorescenza in-situ (FISH) (vedi<br />
Modulo5).<br />
Sperimentazione clinica con Herceptin ®<br />
I primi trials clinici dell’Herceptin ® , sia come monoterapia sia in combinazione con cisplatino,<br />
riguardanti donne con tumore metastatico della mammella HER2 positivo pretrattato, hanno<br />
mostrato la possibilita’ di ottenere risposte tumorali e la buona tollerabilita’ del trattamento.<br />
Inoltre, le pazienti non sviluppavano anticorpi in grado di neutralizzare l’Herceptin ® .<br />
Questi studi hanno costituito le basi per condurre importanti trials clinici dedicati all’Herceptin ® .<br />
Recentemente sono stati condotti due trials di fondamentale importanza:<br />
● un trial di fase II dedicato alla monoterapia con Herceptin ® per donne affette da tumore<br />
della mammella HER2 positivo già sottoposte a uno o due precedenti regimi chemioterapici<br />
per malattia metastatica (HO649g)<br />
● un trial randomizzato di fase III relativo al paclitaxel o all’antraciclina/ciclofosfamide con o<br />
senza Herceptin ® come terapia di prima linea per il tumore della mammella metastatico<br />
HER2 positivo (HO648g).<br />
Nel primo di questi trial, l’Herceptin ® ha prodotto tassi di risposta rispettivamente del 18% e del<br />
21% in pazienti che erano fortemente HER2 positive all’IHC e HER2 positive alla FISH. La<br />
durata della sopravvivenza è stata di 16,4 mesi in entrambi i casi (Figura 6.15).<br />
Nell’importante trial di fase III, l’aggiunta di Herceptin ® ‚ alla chemioterapia ha mostrato di<br />
aumentare significativamente i risultati attesi per le pazienti. Sono stati osservati tassi di<br />
risposta superiori al 60% quando l’Herceptin ® ‚ è stato aggiunto alla chemioterapia. Inoltre, è<br />
particolarmente degno di nota il fatto che l’Herceptin ® ‚ ha aumentato la durata della<br />
sopravvivenza fino al 45% (Figura 6.16). Erano molti anni che non veniva osservato per il<br />
tumore metastatico della mammella un tale vantaggio in termini di sopravvivenza con una<br />
nuova terapia. Quindi, colpire in modo specifico l’HER2 si è dimostrata un’efficace strategia<br />
antitumorale.<br />
6<br />
L’esperienza<br />
preclinica con<br />
Herceptin ® ha<br />
mostrato che esso<br />
è efficace solo con<br />
le cellule HER2 . . .<br />
I primi trials clinici<br />
dell’Herceptin ® . . .<br />
hanno mostrato la<br />
possibilita’ di<br />
ottenere risposte<br />
tumorali e la<br />
buona tollerabilita’<br />
del trattamento.<br />
. . . l’Herceptin ® ‚<br />
ha aumentato la<br />
durata della<br />
sopravvivenza fino<br />
al 45% . . .<br />
6.33
6<br />
6.34<br />
Probabilita˘<br />
1.0<br />
0.8<br />
0.6<br />
0.4<br />
0.2<br />
n=166<br />
16.4 mesi<br />
0<br />
0 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30 33 36 39 42 45<br />
Tempo (mesi)<br />
Figura 6.15. La durata della sopravvivenza delle pazienti affette da tumore metastatico della<br />
mammella fortemente HER2 positivo trattate con Herceptin come monoterapia.<br />
Probabilita˘ di sopravvivenza<br />
1.0<br />
0.8<br />
0.6<br />
0.4<br />
0.2<br />
0<br />
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50<br />
Tempo (mesi)<br />
Herceptin ® + CT<br />
CT<br />
p
Febbre<br />
Sindrome influenzale<br />
Disturbi cardiaci<br />
Neuriti perferiche<br />
Mielosopressione di 3/4 grado<br />
Infezione<br />
Mialgia<br />
Parestesia<br />
Alopecia<br />
L’unico serio effetto collaterale osservato con l’Herceptin ® e’ stato un aumento inaspettato<br />
dell’incidenza della tossicita’ cardiaca e rare reazioni gravi correlate all’infusione. Questi ultimi<br />
casi si sono verificati in donne con severa compromissione respiratoria correlata alla patologia,<br />
cui erano di solito somministrate solo terapie palliative, e si trattava di reazioni controllabili<br />
nella maggior parte dei casi. La cardiotossicita’ sembra correlata fondamentalmente all’utilizzo<br />
concomitante o precedente di antracicline, che sono note per la possibile cardiotossicita’, ed è<br />
probabile che l’Herceptin ® possa interferire con la riparazione dei danni cardiaci indotti dalle<br />
antracicline. Comunque, la cardiotossicita’ è gestibile con terapia medica standard e il risultato<br />
per il paziente è simile sia se l’Herceptin ® viene sospeso sia se viene continuato.<br />
In base a queste ricerche e riconoscendo la selettivita’ dell’Herceptin ® per i tumori della<br />
mammella che hanno alti livelli di HER2, Herceptin ® è stato approvato per la cura delle donne<br />
affette da tumore metastatico della mammella fortemente HER2 positivo quale:<br />
● terapia di prima linea in combinazione con paclitaxel<br />
● monoterapia per le donne cui sono stati somministrati precedentemente antracicline e<br />
taxani.<br />
Caso clinico - Herceptin ®<br />
0 10 20 30 40 50 60<br />
Percentuale di pazienti<br />
Herceptin ®<br />
Paclitaxel<br />
Figura 6.17. L’Herceptin ® ‚ produce una gamma di effetti collaterali, la maggior parte dei quali di<br />
severita’ da lieve a moderata, che sono diversi rispetto a quelli della chemioterapia.<br />
Il 28 Aprile 1996, Gill Harris, una donna di 36 anni affetta da tumore della mammella, è<br />
sconvolta nell’apprendere durante un appuntamento clinico che il tumore da cui è affetta<br />
non ha risposto alla chemioterapia. Poiche’ si trattava di un trattamento di seconda linea<br />
per tumore metastico, le possibilita’ di ricevere una cura efficace diminuivano. Era<br />
comprensibilmente scioccata e come intontita in uno stato di rifiuto di ogni comunicazione.<br />
Gill odiava dover andare in ospedale, odiava essere malata, odiava il <strong>cancro</strong> e odiava<br />
se stessa! Desiderava semplicemente rimanere a casa ad occuparsi della figlia di tre anni<br />
e mezzo e godere dei piaceri offerti dalla vita familiare.<br />
6<br />
. . . Herceptin ® è<br />
stato approvato<br />
per la cura delle<br />
donne affette da<br />
tumore metastatico<br />
della mammella<br />
fortemente HER2<br />
positivo . . .<br />
6.35
6<br />
6.36<br />
In quel periodo, la Genetech Inc. stava conducendo uno studio multinazionale e “open<br />
label” di fase III dedicato all’anticorpo monoclonale umanizzato ricombinante anti-HER2,<br />
Herceptin ® , per pazienti con tumori HER2 positivi che avevano avuto ricadute dopo due<br />
regimi di chemioterapia citotossica per tumore metastatico della mammella.<br />
Dopo essere stata informata sul trial, a Gill fu consegnato un modulo informativo da<br />
leggere a casa insieme al marito. Le fu consigliato di ritornare la settimana seguente per<br />
ogni possibile domanda e le si anticipo’ che per quella data sarebbe stato noto il suo<br />
status HER2.<br />
Il dipartimento di istopatologia determino’ che il tessuto mammario primario di Gill era<br />
fortemente HER2 positivo.<br />
Gill ritorno’ la settimana seguente armata di molte domande, soprattutto sul regime<br />
terapeutico e di come questo poteva accordarsi con la sua vita familiare. Il tono<br />
dell’umore continuava a rimanere basso e lei era come al solito poco espansiva. Dal<br />
punto di vista clinico, il Karnofsky Performance Status (KPS) di Gill era dell’80% e<br />
nonostante l’entità della malattia, con metastasi in diverse sedi ossee, cutanee (parete<br />
toracica) e tre grandi lesioni al fegato, i suoi soli sintomi erano lieve astenia e basso tono<br />
dell’umore caratterizzato dalla frequente presenza di pensieri morbosi rivolti al futuro. Le<br />
fu offerta la possibilita’ di counselling, ma rifiuto’.<br />
Fu ottenuto il consenso al trattamento e a Gill fu dato appuntamento per il giorno<br />
successivo presso la stanza di degenza per ricevere la terapia. Le fu ricordato che il<br />
principale effetto collaterale da aspettarsi con la dose di carico poteva essere brivido e/o<br />
rigor e che sarebbe stato saggio dedicare almeno 1 ora e mezza al trattamento.<br />
Quando arrivo’ al day hospital, Gill era comprensibilmente nervosa in attesa di ricevere la<br />
sua prima dose di Herceptin“, ma le fu assicurato che un’infermiera l’avrebbe assistita per<br />
tutta la durata del trattamento. Le fu dato 1g di paracetamolo come premedicazione 1 ora<br />
prima dell’infusione e vennero rilevati i suoi segni vitali, che erano nella norma. Fu invitata<br />
a sedersi comodamente sul letto durante l’incannulamento della vena e a rimanervi<br />
durante tutta la durata del trattamento.<br />
Alle 3pm l’Herceptin ® venne diluito in 250mL di soluzione di sodio cloruro collegata ad un<br />
set di infusione a Y, in seconda linea fu posta una soluzione di sodio cloruro da 500mL da<br />
usare per lavaggio. L’infusione fu cominciata a velocita’ costante per infondere il<br />
trattamento in un’ora e mezza. A venti minuti dall’inizio dell’infusione, Gill lamento’ di<br />
sentire molto freddo: la sua temperatura scese a 35˚C. L’infusione di Herceptin ® fu quindi<br />
sospesa e lasciata scorrere la soluzione di sodio cloruro di lavaggio. Nel tentativo di<br />
alleviare la sensazione di freddo, furono date a Gill delle coperte di lana. Tuttavia, Gill<br />
comincio’ a rabbrividire e lamento’ di sentire sempre più freddo. Dopo 5 minuti, i brividi<br />
peggiorarono, divennero più forti e generalizzati. Le furono somministrati 12,5mg di<br />
petidina endovena. Cinque minuti dopo il rigor persisteva e le furono somministrati<br />
ulteriori 12,5mg di petidina endovena. Alcuni minuti più tardi i brividi cominciarono<br />
diminuire, fino a cessare del tutto. La somministrazione di Herceptin ® fu ripresa dopo un<br />
intervallo di 30 minuti e fu possibile terminare la somministrazione in 1 ora e dieci minuti.<br />
La temperatura, il polso, la respirazione e la pressione arteriosa di Gill furono rilevate<br />
ogni 30 minuti per tutta la durata del trattamento e per 1 ora dopo il trattamento.<br />
Alla fine, il marito di Gill venne a prenderla e furono rassicurati sul fatto che molto
probabilmente il successivo trattamento settimanale non avrebbe prodotto gli stessi sintomi.<br />
In 3 settimane, Gill si trasformo’ da persona reticente e pessimista a persona felice e piena<br />
di passione, con un meraviglioso entusiasmo per la vita. Il suo KPS era cresciuto da 80% a<br />
100%. Ora, le lesioni cutanee erano osservabili ma non misurabili.<br />
All’ottava settimana, tutte le lesioni misurabili furono valutate per il grado di risposta<br />
all’Herceptin. Le lesioni cutanee erano divenute anche meno osservabili e le lesioni<br />
epatiche erano diminuite di più del 50% comportando una parziale risposta. Le lesioni<br />
ossee erano stabili.<br />
In 16 settimane, tutte le lesioni cutanee e due delle lesioni epatiche erano completamente<br />
scomparse. Gill era esultante. Aveva da poco ricominciato a lavorare e l’intera famiglia<br />
viveva più felicemente.<br />
Alla 36esima settimana Gill comincio’ a lamentare un lieve dolore osseo all’anca sinistra.<br />
Alla 48esima settimana uno scan osseo rilevo’ nuove lesioni ossee, e ciò significava una<br />
progressione della malattia. L’Herceptin ® venne sospeso.<br />
Gill comincio’ la radioterapia palliativa alle sedi di dolore osseo.<br />
Infine Gill ebbe una progressione di malattia a livello cerebrale e mori’ tragicamente nel<br />
Novembre del 1997.<br />
Sebbene questa storia abbia un triste epilogo, se gli eventi sono visti in prospettiva è<br />
possibile apprezzare e capire come la paziente e la sua famiglia abbiano potuto trarre<br />
beneficio dalla terapia con Herceptin ® . In primo luogo, l’Herceptin ® ha visibilmente<br />
aggredito le localizzazioni metastatiche della malattia. Con la diminuzione della massa<br />
tumorale, l’energia di Gill era aumentata.<br />
In secondo luogo, oltre al brivido e al rigor sperimentati da Gill alla somministrazione<br />
della dose di carico, non si verificarono altri effetti collaterali. Non si verificarono infatti<br />
perdita dei capelli, nausea o stanchezza, sintomi di cui soffrono frequentemente i pazienti<br />
sottoposti a chemioterapia.<br />
Comunque, la cosa più importante fu la qualità di vita di cui Gill e la sua famiglia<br />
poterono godere per quasi un anno. Purtroppo, la figlia di Gill dovrà conoscere il dolore<br />
della perdita materna, ma avrà almeno un concreto ricordo della madre, forte e<br />
sorridente, che l’accompagnava in un giorno importante: il suo primo giorno di scuola.<br />
Sommario<br />
L’Herceptin ® ha attività antitumorale diretta su una specifica popolazione di cellule: quelle che<br />
sono HER2 positive. Poiche’ le cellule normali non sono HER positive, l’Herceptin ® esercita la<br />
sua azione solo sulle cellule tumorali HER positive. Ciò ha delle implicazioni importanti per la<br />
cura dei pazienti.<br />
Lo status HER2 del tumore deve essere stabilito per tutti i pazienti che vengono presi in<br />
considerazione per la terapia con Herceptin ® . Solo quelli affetti da tumori che hanno mostrato<br />
una forte positivita’ all’HER2 sono eligibili per la terapia. Ciò assicura che vengano trattati con<br />
Herceptin ® solo i pazienti affetti da tumori che probabilmente risponderanno al trattamento.<br />
Questa specificita’ di bersaglio della terapia evita di sottoporre i pazienti a cure non<br />
necessarie e assicura anche l’utilizzo ottimale dell’Herceptin ® . Inoltre, l’Herceptin ® è<br />
generalmente molto ben tollerato grazie alla sua specificita’ tumorale.<br />
6<br />
Questa specificita’<br />
di bersaglio della<br />
terapia evita di<br />
sottoporre i<br />
pazienti a cure<br />
non necessarie e<br />
assicura anche<br />
l’utilizzo ottimale<br />
dell’Herceptin ® .<br />
6.37
6<br />
6.38<br />
Herceptin ® e<br />
MabThera ®<br />
rappresentano<br />
probabilmente solo<br />
i primi agenti di<br />
una nuova<br />
generazione di<br />
terapie<br />
antitumorali<br />
personalizzate<br />
basate su<br />
caratteristiche<br />
tumorali<br />
intrinseche.<br />
È importante notare che questa specificita’ di bersaglio rappresenta un nuovo sviluppo della<br />
terapia antitumorale che utilizza agenti biologici. <strong>Terapie</strong> come filgrastim e Il-2 hanno un ruolo<br />
molto importante per la cura efficace di una varieta’ di tipi di tumore. Inoltre, le potenzialita’<br />
delle interleuchine e degli interferoni nella terapia dei tumori non sono ancora state pienamente<br />
realizzate. Ma, tutti questi agenti hanno effetti di stimolazione generalizzata del sistema<br />
immunitario che si manifestano come attività antitumorale piuttosto che come specifici effetti<br />
antitumorali. Per contro, agenti come l’Herceptin ® hanno un’attività antitumorale diretta e<br />
mirata. Tale specificita’ di bersaglio rappresenta il maggior progresso realizzato nello sviluppo<br />
delle terapie <strong>biologiche</strong>, progresso che si fonda sulle conoscenze acquisite attraverso l’utilizzo<br />
di agenti biologici non mirati.<br />
Conclusioni<br />
Le terapie <strong>biologiche</strong> per la cura del <strong>cancro</strong> sono state oggetto di ricerche intensive nei decenni<br />
passati per il loro potenziale nell’aumentare l’efficacia e la tollerabilita’ delle cure. Molti dei<br />
progressi che sono stati fatti sono il risultato della tecnica del DNA ricombinante che ha<br />
consentito di modificare geneticamente le cellule manipolate. Questo ha facilitato la<br />
manipolazione di virus e plasmidi per la produzione di antigeni tumorali che, quando vengono<br />
somministrati, stimolano la risposta immunitaria; la produzione in vitro di grandi quantità di<br />
citochine pure, anticorpi e altre molecole della risposta immunitaria; e l’ingegnerizzazione<br />
genetica di cellule umane che possono essere reintrodotte nell’organismo per stimolare la<br />
risposta immunitaria al tumore.<br />
Nonostante i diversi approcci terapeutici studiati come terapie antitumorali, fino ad oggi solo<br />
citochine e anticorpi monoclonali sono utilizzati nella pratica clinica. È essenziale notare che<br />
gli effetti delle citochine non sono limitati alle cellule tumorali. Esse stimolano il sistema<br />
immunitario e hanno altri effetti oltre a quelli richiesti per l’attività antitumorale. Ciò è evidente<br />
sia nella vasta gamma degli effetti collaterali osservati con l’utilizzo di citochine, sia nel loro<br />
impiego per la cura di una grande varieta’ di malattie oltre che per la cura del <strong>cancro</strong>.<br />
Al contrario, gli anticorpi monoclonali sono in grado di colpire un antigene specifico. Con il<br />
miglioramento delle conoscenze nel campo della biologia tumorale, è stato possibile<br />
riconoscere le anormalita’ di molte cellule tumorali, che sono responsabili dell’oncogenesi e<br />
che non esistono nelle cellule normali. Ciò conduce al concetto che colpire in modo specifico<br />
queste anormalita’ potrebbe essere un mezzo efficace per eradicare o sopprimere i tumori. La<br />
realizzazione dell’anticorpo chimerico MabThera ® e dell’anticorpo umanizzato anti-HER2<br />
Herceptin ® ha dimostrato che questo concetto può essere tradotto in vantaggi clinici.<br />
Herceptin ® e MabThera ® rappresentano probabilmente solo i primi agenti di una nuova<br />
generazione di terapie antitumorali personalizzate basate su caratteristiche tumorali<br />
intrinseche. Una delle implicazioni di questa tendenza sarà il crescente utilizzo di test specifici<br />
per l’identificazione di caratteristiche tumorali che possano indicare quali terapie hanno<br />
maggiore probabilita’ di essere efficaci. Inoltre, i pazienti ne trarranno beneficio perché le<br />
terapie mirate porteranno ad un probabile aumento della sopravvivenza e ad altri vantaggi,<br />
mentre diminuiranno gli effetti collaterali attualmente associati alle terapie antitumorali.
Questionario di auto valutazione<br />
1. Indica due motivi per cui si stanno sviluppando e utilizzando approcci biologici per la cura<br />
del <strong>cancro</strong>, specificando i loro vantaggi potenziali rispetto alle terapie convenzionali.<br />
2. Identifica, nella tavola seguente, quale terapia biologica produce gli effetti da A a G di cui<br />
sotto. Il primo caso, relativo alla terapia con citochine, è già completato per essere di<br />
esempio.<br />
Terapia Effetti<br />
Terapia con citochine A, E, F, G<br />
Terapia anticorpale<br />
Vaccini<br />
Terapia genica<br />
Terapia cellulare<br />
A. Uccide le cellule tumorali<br />
B. Interrompe o controlla il processo che permette la crescita tumorale<br />
C. Altera i modelli di crescita delle cellule tumorali<br />
D. Blocca i processi che portano alla formazione di cellule tumorali a partire da cellule<br />
normali<br />
E. Intensifica la capacità dell’organismo di riparare o sostituire le cellule normali<br />
danneggiate o distrutte da chemioterapia o da radiazioni<br />
F. Aumenta la suscettibilita’ alla distruzione delle cellule tumorali da parte del sistema<br />
immunitario<br />
G. Aumenta l’attività delle cellule T, delle cellule natural killer e dei macrofagi,<br />
promuovendo l’uccisione delle cellule tumorali.<br />
3. Spiega la differenza tra terapia biologica non mirata e terapia biologica mirata e discuti i<br />
vantaggi della specificita’ di bersaglio.<br />
4. Le citochine sono responsabili della normalita’ funzionale di diversi processi fisiologici che<br />
sono il risultato o una componente delle reazioni immunitarie. Definisci cosa sono le<br />
citochine e fornisci quattro esempi dei processi che esse influenzano.<br />
5. Spiega i motivi dell’importanza dell’umanizzazione degli anticorpi per aumentarne il<br />
potenziale terapeutico.<br />
6. Descrivi tre possibili modalita’ attraverso cui gli anticorpi monoclonali esplicano la loro<br />
attività antitumorale.<br />
7. Delinea le fasi dello sviluppo razionale di una terapia biologica, indicando i fattori che<br />
rendono un particolare marker biologico una molecola bersaglio di grande interesse<br />
terapeutico.<br />
Le risposte a queste domande sono a pagina 8.10.<br />
6<br />
6.39
6<br />
6.40
Introduzione<br />
Modulo 7. Il futuro delle terapie <strong>biologiche</strong><br />
Oggi la ricerca produce un flusso continuo di informazioni sulle basi genetiche dei tumori.<br />
Queste conoscenze sono state sfruttate in un primo tempo con l’utilizzo di terapie non mirate,<br />
come le interleuchine ricombinanti e gli interferoni, per il trattamento del melanoma e del<br />
tumore del rene. Tuttavia, come dimostrato dal successo della terapia mirata con Herceptin ® per<br />
il trattamento del tumore metastatico della mammella HER2 positivo, e con Mab<strong>the</strong>ra ® per il<br />
linfoma non-Hodgkin, la ricerca sta definendo una quantità crescente di bersagli per le nuove<br />
terapie. Inoltre, la caratterizzazione genetica dei tumori accrescera’ le attuali conoscenze sul<br />
perché tumori diversi hanno comportamenti differenti, consentendo alla terapia di essere<br />
realizzata su misura in base alle caratteristiche tumorali. Questa personalizzazione della<br />
terapia, che comporta aumentata efficacia e tossicita’ ridotta, produrrà probabilmente<br />
importanti miglioramenti nella gestione dei pazienti oncologici.<br />
Esiste ancora un considerevole spazio per ulteriori progressi sia delle terapie già esistenti sia<br />
dei nuovi approcci delle terapie <strong>biologiche</strong>. Molti approcci, tra cui la terapia cellulare, la<br />
terapia genica e i vaccini antitumorali, richiedono un ulteriore sviluppo per diventare<br />
clinicamente efficaci. Altri hanno dimostrato di essere efficaci ma sono ancora ad uno stadio di<br />
utilizzo relativamente iniziale, come gli approcci basati su anticorpi monoclonali. E resta<br />
ancora da considerare la terapia mirata all’oncogenesi, il processo attraverso cui i tumori<br />
realizzano la rete vascolare essenziale al loro sviluppo.<br />
Questo modulo trattera’ in dettaglio alcuni di questi problemi per fornire un’indicazione del<br />
potenziale della terapia biologica dei tumori:<br />
● caratterizzazione genetica<br />
● ulteriori sviluppi degli approcci esistenti<br />
● nuovi approcci: agenti anti-angiogenici.<br />
7<br />
7.1
7<br />
7.2<br />
Questionario di auto valutazione<br />
1. Com’è noto i tumori sono causati da un’accumulazione di alterazioni genetiche. Descrivi<br />
quali approcci potrebbero essere utilizzati per identificare le combinazioni di differenti<br />
alterazioni genetiche in un singolo tumore.<br />
2. Descrivi le implicazioni pratiche, cliniche, dei profili di espressione genica.<br />
3. Scegli l’affermazione più appropriata tra quelle della selezione fornita e inseriscila nelle<br />
frasi che seguono.<br />
i percorsi cellulari di segnalazione e la trasduzione di segnale<br />
lo studio dell’espressione genica<br />
migliaia di anticorpi di specificita’ nota in un frammento<br />
la forma, la funzione e il controllo dei sistemi di proteine cellulari<br />
le strategie per la terapia personalizzata<br />
a. La proteomica è lo studio di.....................................................................................<br />
b. L’espressione proteica di singole cellule può essere studiata utilizzando un sistema che è<br />
fondamentalmente...................................................................................................<br />
c. Il confronto dell’espressione proteica tra campioni tessutali di un singolo paziente può<br />
essere utilizzato per sviluppare.................................................................................<br />
d. La proteomica può essere utilizzata in una varieta’ di modi tra cui lo di........................<br />
….........................................................................................................................<br />
e. La interrelazione e la complessita’ delle interazioni proteiche significa che la proteomica<br />
produrrà probabilmente informazioni più dettagliate sulle funzioni cellullari che ............<br />
……………………………………………………………………….....................................<br />
4. Alcuni possibili progressi sono basati su un ulteriore sviluppo degli approcci esistenti.<br />
Suggerisci un modo in cui potrebbero essere migliorate sia le terapie basate su citochine<br />
sia quelle anticorpali.
5. L’angiogenesi – la formazione di nuovi vasi sanguigni – è essenziale per la crescita<br />
tumorale. Scegli, dalla selezione qui di seguito, l’annotazione appropriata per completare il<br />
diagramma che identifica gli eventi fondamentali che portano all’angiogenesi tumorale e<br />
alla formazione di metastasi.<br />
Fattori angiogenici Cellule endoteliali vascolari<br />
Metastasi Proliferazione e invasione<br />
Vascolarizzazione<br />
e crescita<br />
Cellule tumorali<br />
6. Discuti brevemente, dal punto di vista di un infermiere oncologico specializzato, l’impatto<br />
potenziale delle terapie <strong>biologiche</strong> per la gestione e la cura dei pazienti.<br />
Le risposte a queste domande sono a pagina 8.12.<br />
Le cellule tumorali<br />
entrano nel sangue<br />
7<br />
7.3
7<br />
Com’è noto i<br />
tumori presentano<br />
mutazioni geniche<br />
multiple e<br />
anormalita’<br />
cromosomiche,<br />
molte delle quali<br />
contribuiscono alla<br />
malignita’<br />
potenziale del<br />
tumore stesso.<br />
7.4<br />
Caratterizzazione genetica dei tumori<br />
Com’è noto i tumori presentano mutazioni geniche multiple e anormalita’ cromosomiche, molte<br />
delle quali contribuiscono alla malignita’ potenziale del tumore stesso. Sebbene alcune<br />
anormalita’, come la sovraespressione/amplificazione dell’HER2, giochino un ruolo importante<br />
nella determinazione delle caratteristiche del tumore, è probabile che sia la combinazione di<br />
difetti genetici a determinare la precisa natura di un particolare tumore. Inoltre, questi difetti<br />
possono essere associati, cioe’ tendono a verificarsi in specifiche combinazioni in determinati<br />
tumori.<br />
Fino ad oggi, non è stato possibile esaminare simultaneamente l’insieme completo delle<br />
anormalita’ in un tumore. Pero’ i progressi tecnologici hanno permesso l’esame di un grande<br />
numero di geni e la determinazione di come essi sono espressi nelle cellule normali e malate, e<br />
l’identificazione delle anormalita’ associate alla malattia. Ci si aspetta che i profili di<br />
espressione genica rivoluzionino la diagnosi dei tumori e lo sviluppo di farmaci antitumorali.<br />
Micro filamenti di DNA complementare<br />
Il DNA complementare (cDNA) è il DNA che è sintetizzato da un mRNA template e può essere<br />
utilizzato per sondare il DNA genomico per l’identificazione dei geni. I micro filamenti sono<br />
frammenti contenenti fino a 400.000-500.000 cDNA. Utilizzando questi micro filamenti è<br />
possibile:<br />
● identificare i geni mutati nelle cellule tumorali<br />
● esaminare l’espressione delle letteralmente migliaia di geni tumorali per mezzo dell’analisi<br />
dell’mRNA contenuto nelle cellule tumorali<br />
● esaminare l’espressione genica in varie condizioni, quali la stimolazione di un fattore di<br />
crescita o la terapia farmacologica.<br />
La possibilita’ di definire quali geni sono espressi da un tumore e in quali condizioni, e come<br />
questa espressione si modifica nel tempo, possiede una varieta’ di interessanti implicazioni.<br />
● Prognosi. Uno studio recente ha dimostrato che un micro filamento che carica 18.000<br />
cDNA, realizzato per monitorare i geni coinvolti nello sviluppo normale e anormale dei<br />
linfociti, puo’ definire due sottogruppi del diffuso linfoma a grandi cellule B. Uno di questi<br />
possiede l’espressione genica caratteristica delle cellule B dei linfonodi ed è stato associato<br />
ad una prognosi relativamente buona. L’altro ha l’espressione genica caratteristica delle<br />
cellule B attivate ed è stato associato ad una prognosi relativamente infausta. Inoltre, il<br />
valore prognostico si è rivelato indipendente dal limite prognostico standard.<br />
● Stadiazione dei tumori. Si ritiene che, diventando disponibili ulteriori informazioni sulle<br />
modificazioni dell’espressione genica nel tempo, si scoprira’ che i modelli di espressione<br />
sono associati con i diversi stadi dello sviluppo tumorale. Ciò ha delle implicazioni<br />
prognostiche, perché lo stadio della malattia è legato al probabile risultato, ma può anche<br />
avere potere predittivo nel guidare la terapia.<br />
● Identificazione dei bersagli terapeutici. I micro filamenti, permettendo la rapida<br />
identificazione dei geni e dei percorsi importanti per la genesi tumorale, renderanno<br />
razionale lo sviluppo di farmaci, per esempio con l’identificazione di un possibile bersaglio<br />
che influenza lo sviluppo del tumore e con la realizzazione di un agente terapeutico che<br />
interagisca specificamente con il bersaglio, il modello.
● Trattamenti personalizzati. La possibilità di definire sottopopolazioni tumorali che<br />
possiedono caratteristici profili di espressione genica permettera’ la realizzazione di terapie<br />
personalizzate per ogni paziente. Per esempio, un micro filamento che permette di<br />
identificare più di 1.000 mutazioni del gene oncosoppressore p53 può consentire ai medici<br />
di selezionare la terapia adatta per i pazienti affetti da molti differenti tipi di tumore.<br />
Perciò l’utilizzo di micro filamenti per determinare i profili di espressione genica può<br />
potenzialmente fornire informazioni utili in tutti gli stadi della diagnosi e della cura del <strong>cancro</strong>.<br />
Ma i geni esplicano la loro attività solo attraverso le proteine per cui essi codificano. E, d’altra<br />
parte, le interazioni tra proteine sono complesse e controllano l’espressione genica. Quindi lo<br />
studio dell’espressione proteica è diventato di fondamentale importanza.<br />
Proteomica<br />
La proteomica è lo studio della forma, della funzione e del controllo dei sistemi di proteine<br />
cellulari. L’espressione proteica è dinamica ed essenziale per il mantenimento della funzione<br />
cellulare, in accordo con il progetto determinato dal patrimonio genetico della cellula. Quindi,<br />
la proteomica si occupa di attività e di cambiamento.<br />
L’analisi dell’espressione proteica delle singole cellule è un processo complesso che è stato reso<br />
possibile solo recentemente grazie allo sviluppo della microdissezione laser. Ciò permette di<br />
isolare e trasferire su film, mantenendo intatta la loro morfologia, popolazioni cellulari pure da<br />
regioni specifiche, microscopicamente definite, di un tessuto o un tumore. L’impiego di metodi<br />
immunologici, fondamentalmente migliaia di anticorpi di specificita’ nota su un frammento, ha<br />
reso possibile la misurazione simultanea dell’espressione cellulare di migliaia di proteine.<br />
Queste tecniche, similmente ai micro filamenti di cDNA, consentono l’identificazione delle<br />
fluttuazioni proteiche nei tessuti sani e malati e durante la progressione dalla pre-malignita’ alla<br />
malattia. Il confronto dell’espressione proteica tra campioni tessutali di un singolo paziente può<br />
essere utilizzato come modalità per sviluppare:<br />
● nuove intuizioni <strong>biologiche</strong> nello sviluppo del <strong>cancro</strong><br />
● indizi relativi a nuovi markers diagnostici e prognostici<br />
● strategie per la terapia personalizzata.<br />
È possibile trovare un esempio dell’applicazione della proteimica nello studio della<br />
trasduzione di segnale. Il legame di un fattore di crescita alla cellula causa l’attivazione e la<br />
modificazione dei recettori proteici della superficie cellulare, cioe’ l’immediata risposta avviene<br />
a livello proteico. Poi il recettore deve trasmettere l’informazione al nucleo perché la cellula<br />
possa rispondere al segnale. Questo processo di trasmissione spesso comporta il movimento<br />
fisico delle proteine. In questo caso, solo quando i segnali proteici raggiungono il nucleo vi è<br />
una risposta a livello genico che comporta la sovraregolazione o sottoregolazione della<br />
trascrizione genica. Ma il recettore di segnalazione e le proteine che trasmettono<br />
l’informazione possono anche essere influenzati da altri percorsi proteici che alterano il<br />
risultato finale in termini di trascrizione genica. Questa semplice descrizione dimostra che la<br />
proteomica fornira’ probabilmente informazioni più dettagliate sulle funzioni cellulari che lo<br />
studio dell’espressione genica.<br />
Un’altra applicazione della proteomica è lo studio di come la terapia altera i percorsi di<br />
segnalazione cellulare. Per esempio, è noto che l’anticorpo monoclonale umanizzato<br />
Herceptin ® influenza i percorsi di segnalazione dell’HER2. Ma non è noto attualmente come ciò<br />
7<br />
La proteomica è lo<br />
studio della forma,<br />
della funzione e<br />
del controllo dei<br />
sistemi di proteine<br />
cellulari.<br />
7.5
7<br />
L’analisi con micro<br />
filamenti di cDNA<br />
ha già dimostrato<br />
che l’Herceptin ®<br />
causa dei<br />
cambiamenti nei<br />
profili di<br />
espressione genica<br />
e che questi<br />
cambiamenti<br />
differiscono da<br />
quelli indotti dagli<br />
inibitori delle<br />
proteino-chinasi.<br />
7.6<br />
determini i vantaggi clinici che sono stati documentati con l’utilizzo di questa terapia. L’analisi<br />
con micro filamenti di cDNA ha già dimostrato che l’Herceptin ® causa dei cambiamenti nei<br />
profili di espressione genica e che questi cambiamenti differiscono da quelli indotti dagli<br />
inibitori delle proteino-chinasi. Ma non è noto come ciò sia correlato alla segnalazione<br />
proteica, che costituisce il soggetto d’indagine della proteonimica.<br />
Ulteriori sviluppi degli approcci esistenti<br />
Appare evidente, dalla descrizione dei diversi approcci terapeutici antitumorali che utilizzano<br />
agenti biologici, che per realizzare appieno le loro potenzialita’ è necessario un ulteriore<br />
sviluppo e perfezionamento. Per alcuni approcci, questo richiedera’ una migliore comprensione<br />
di come funzionano i sistemi influenzati dalla terapia e di come vengono influenzati i<br />
meccanismi psicologici. Per altri, che hanno già mostrato vantaggi nella pratica clinica, come<br />
la specificita’ di bersaglio dell’oncogene HER2 che utilizza l’anticorpo monoclonale<br />
umanizzato Herceptin ® , deve essere ancora definito l’uso ottimale dell’agente. I possibili<br />
sviluppi di ogni approccio descritto nel Modulo 6 sono delineati più sotto.<br />
Terapia basata su citochine<br />
Fino ad oggi, la terapia con citochine è stata usata come terapia di supporto per pazienti<br />
sottoposti a terapia antitumorale citotossica e ha prodotto effetti molto generalizzati sul sistema<br />
immunitario, di cui solo alcuni necessari ai fini degli effetti antitumorali delle citochine. Quindi,<br />
gli sforzi di molte ricerche sono attualmente concentrati sullo sviluppo di modalita’ per limitare<br />
gli effetti delle citochine alle sedi del tumore.<br />
Il modo più semplice per limitare l’azione delle citochine alle sedi tumorali è quello di inettare<br />
la molecola direttamente all’interno del tumore. Questo approccio ha mostrato di causare<br />
regressione tumorale e di diminuire la velocita’ di crescita in molti tipi di tumore, utilizzando<br />
l’interleuchina-2 (IL-2). L’effetto sarebbe dovuto all’accumulo di macrofagi e di cellule T, anche<br />
se gli studi su animali indicano che sono coinvolte anche risposte immuni non legate alle cellule<br />
T. L’iniezione intratumorale di IL-2 genera inoltre immunita’ antigene-specifica, con anche<br />
regressione di localizzazioni tumorali a distanza. Un ulteriore perfezionamento di questo<br />
approccio consiste nell’utilizzo di liposomi, microsfere e preparazioni a rilascio ritardato per il<br />
prolungamento dell’attività terapeutica. È anche possibile realizzare con l’ingegneria genetica<br />
dei vettori adenovirus in grado di esprimere citochine. Questi possono poi essere iniettati<br />
all’interno dei tumori, dove realizzano un rilascio localizzato di citochine.<br />
Un altro approccio consiste nel modificare geneticamente le cellule tumorali affinche’<br />
esprimano citochine come le IL-2, interferone-a (IFN-α) e fattori di stimolazione delle colonie, o<br />
combinazioni di questi agenti. L’iniezione di tali cellule all’interno dell’ospite originario può<br />
dare luogo alla regressione tumorale e alla generazione di una risposta immunitaria sistemica<br />
che provoca la regressione di altri tumori. Ciò è dovuto probabilmente alle cellule tumorali che<br />
esprimono citochine, che provocano le risposte dei T linfociti citotossici.<br />
Infine, in relazione alle citochine, la specificita’ di bersaglio diretta al tumore può essere<br />
raggiunta generando proteine di fusione con le citochine. Il partner della proteina di fusione è<br />
generalmente un anticorpo diretto al marker espresso specificamente dal tumore. Fino ad ora<br />
questo approccio è stato studiato solamente in modelli animali.
Terapia anticorpale<br />
La terapia anticorpale costituisce, insieme a quella con citochine, l’unico approccio biologico<br />
di provata efficacia clinica. Inoltre, con l’approvazione di MabThera ® ed Herceptin ® , la terapia<br />
anticorpale è diventata l’unico tipo di terapia mirata attualmente disponibile per l’utilizzo<br />
clinico come terapia antitumorale. Comunque, c’è ancora molto da imparare, sia per quanto<br />
riguarda la selezione degli agenti per utilizzo clinico sia per quanto riguarda l’ottimizzazione<br />
della terapia basata su agenti rivelatisi clinicamente efficaci.<br />
Selezione del bersaglio<br />
I metodi esistenti per la produzione di anticorpi, particolarmente di anticorpi monoclonali<br />
umanizzati che non vengono riconosciuti come estranei dal sistema immunitario umano, sono<br />
in grado di produrre anticorpi ad alta affinita’ con il loro bersaglio. Ciò si riflette nel grande<br />
numero di terapie basate su anticorpi monoclonali umanizzati e chimerici che sono attualmente<br />
oggetto di studio per tipi diversi di tumori come le leucemie, il tumore del polmone e il<br />
melanoma. Inoltre, l’identificazione di bersagli appropriati è probabilmente la sfida più grande<br />
che la terapia basata su anticorpi si trova attualmente ad affrontare, come per esempio<br />
l’identificazione di molecole che sono espresse specificamente da tutti o da una percentuale dei<br />
tumori di un determinato tipo, che hanno un ruolo essenziale nello sviluppo del tumore e sono<br />
accessibili agli anticorpi. L’identificazione del bersaglio si è rivelata problematica in molti tipi<br />
di tumore.<br />
Un esempio è fornito dall’utilizzo di anticorpi diretti al recettore-a dell’IL-2 (IL-2Rα). Questi<br />
anticorpi hanno prodotto qualche successo inibendo la funzione dell’IL-2Rα che ha attività di<br />
stimolazione delle cellule T indipendente dalla presenza dell’IL-2 in alcune leucemie. Ma alcune<br />
leucemie esprimono altri IL-2R e sono responsive ad altre citochine. E quest’ultime non sono<br />
completamente inibite dagli anticorpi anti-IL-2Rα.<br />
Un modo per aggirare questo problema potrebbe essere quello di colpire i recettori o i percorsi<br />
di trasduzione degli elementi che sono condivisi dall’IL-2 e da altre citochine coinvolte nella<br />
proliferazione delle cellule T. Esempi di quanto detto includono IL-2/IL-15Rβ e Jak3,<br />
rispettivamente. Jak3 è oggetto di studi intensivi perché è coinvolto nella segnalazione di<br />
citochine da parte di linfociti e cellule ematopoietiche, ma non da parte delle cellule non<br />
immunologiche.<br />
Utilizzo degli anticorpi per rendere mirate altre terapie<br />
Altri progressi nel campo della terapia anticorpale comprendono l’utilizzo di anticorpi per<br />
rendere mirate alle sedi tumorali terapie più convenzionali. Gli esempi comprendono:<br />
● l’uso di anticorpi per rendere mirati contro i tumori farmaci incapsulati all’interno di lipidi<br />
● transfezione di cellule con geni che codificano per anticorpi o frammenti di anticorpi<br />
affinche’ le cellule esprimano l’anticorpo (conosciuto come intracorpo). L’anticorpo viene<br />
rilasciato nel citoplasma cellulare, si lega alle proteine oncogeniche e sottoregola<br />
l’espressione dell’oncogene. Questo approccio è stato utilizzato per colpire l’HER2 e<br />
provocare la morte cellulare attraverso l’apoptosi<br />
● frammenti di anticorpi a catena singola adesi ai geni possono costituire una modalità per<br />
rendere la terapia genica mirata alle cellule maligne. Questo approccio può essere<br />
utilizzato per colpire il gene della timidin-chinasi nelle cellule carcinoembrioniche che<br />
sovraesprimono l’antigene. Quando attivata da ganciclovir, la timidin-chinasi è un gene<br />
suicida che provoca la morte cellulare.<br />
7<br />
La terapia<br />
anticorpale<br />
costituisce . . .<br />
l’unico approccio<br />
biologico di<br />
provata efficacia<br />
clinica.<br />
. . . progressi nel<br />
campo della<br />
terapia anticorpale<br />
comprendono<br />
l’utilizzo di<br />
anticorpi per<br />
rendere mirate alle<br />
sedi tumorali<br />
terapie più<br />
convenzionali.<br />
7.7
7<br />
. . . l’efficacia delle<br />
immunotossine è<br />
stata inferiore alle<br />
aspettative e la<br />
significativa<br />
tossicita’ si è<br />
rivelata il loro<br />
problema<br />
principale.<br />
La rapidita’ dello<br />
sviluppo degli<br />
agenti<br />
biologici . . . non<br />
ha ancora<br />
permesso di<br />
definire lo scenario<br />
in cui utilizzare<br />
con più efficacia<br />
questi agenti e<br />
come utilizzarli in<br />
relazione alle<br />
terapie esistenti.<br />
7.8<br />
Sviluppi delle immunotossine<br />
Come trattato nel Modulo 6, l’efficacia delle immunotossine è stata inferiore alle aspettative e<br />
la significativa tossicita’ si è rivelata il loro problema principale. Ciò ha portato a riconsiderare<br />
il modo in cui potrebbero essere utilizzate le immunotossine. Le ricerche attuali stanno<br />
esaminandone l’impiego sulla malattia residuale minima, in particolare come terapia<br />
adiuvante, quando sono sufficienti una o due somministrazioni a basso dosaggio. Questo<br />
approccio limita la tossicita’, perché non sono necessarie alte dosi, e permette di superare i<br />
problemi associati alla risposta immunitaria alle immunotossine, perché non sono richieste<br />
somministrazioni multiple. Altri modi per aumentare l’efficacia o la tollerabilita’ delle<br />
immunotossine sono:<br />
● riduzione della dimensione degli anticorpi per diminuirne l’immunogenicita’ e aumentarne<br />
la penetrazione tessutale<br />
● indagine su tossine differenti, più piccole dei composti esistenti e non basate su proteine, e<br />
quindi intrinsecamente meno immunogeniche. Gli esempi includono tossine fungine come le<br />
mitogilline, “tossine” umane come il fattore di necrosi tumorale e tossine citolitiche che non<br />
devono essere internalizzate perché provocano il danneggiamento della membrana<br />
cellulare<br />
● introduzione di nuovi metodi di distribuzione, in particolare cellule che si localizzano sui<br />
tumori e secernono immutossine<br />
● utilizzo di combinazioni di immunotossine con l’obiettivo di uccidere popolazioni cellulari<br />
tumorali eterogenee che residuano dopo “terapia di debulking”<br />
● utilizzo di agenti in grado di aumentare l’azione delle immunotossine<br />
● utilizzo di immunotossine in combinazione con o pre-chemioterapia per ottenere un<br />
vantaggio dai loro effetti di sensibilizzazione alla chemioterapia.<br />
La maggior parte di questi approcci è stata limitata all’utilizzo in modelli animali. Lo sviluppo<br />
clinico richiede un’accurata pianificazione per essere certi che non si riproponga la grave<br />
tossicita’ sperimentata con gli approcci precedenti.<br />
Ottimizzare l’utilizzo delle terapie esistenti basate su anticorpi monoclonali: l’esempio<br />
dell’Herceptin ®<br />
Come identificare l’uso ottimale degli anticorpi monoclonali nella pratica clinica è argomento<br />
di grande interesse. La rapidita’ dello sviluppo degli agenti biologici e la loro conseguente<br />
introduzione nella pratica clinica non ha ancora permesso di definire lo scenario in cui<br />
utilizzare con più efficacia questi agenti e come utilizzarli in relazione alle terapie esistenti. Ciò<br />
non differisce dalla situazione attuale per molti agenti chemioterapici. Resta controverso, per<br />
esempio, l’impiego ottimale del taxane paclitaxel nella cura del tumore della mammella: nel<br />
Nord America, ma non nel resto del mondo, il suo uso nella terapia adiuvante è stato definito<br />
come parte della terapia sequenziale con antracicline. Comunque, c’è più interesse per<br />
stabilire il miglior impiego degli agenti biologici e ciò è dovuto alla novita’ di queste terapie e<br />
alla conseguente potenzialita’ nel fornire informazioni e guida per l’introduzione e il testing di<br />
simili terapie future. Le considerazioni da tenere nel dovuto conto quando si indaga<br />
sull’impiego ottimale degli agenti biologici possono essere illustrate utilizzando l’esempio<br />
dell’Herceptin ® .<br />
Il preciso meccanismo d’azione dell’Herceptin ® è già stato completamente definito, ma<br />
differisce da quello di tutti gli altri agenti antitumorali d’uso clinico per la cura del tumore della
mammella in quanto colpisce i percorsi di segnalazione e l’espressione genica della cellula.<br />
Ciò implica che agenti citotossici ed Herceptin ® producono probabilmente effetti complementari<br />
sulle cellule tumorali. Sfruttare questo potenziale pienamente può produrre una combinazione<br />
che non è stata studiata dai trials più importanti (descritti nel Modulo 6) o può richiedere<br />
approcci diversi in base ai pazienti e alle caratteristiche del tumore oltre che allo status<br />
dell’HER2.<br />
Alcuni indizi delle possibili risposte dei pazienti alla terapia combinata con Herceptin ® possono<br />
essere ottenuti dagli studi preclinici (Tavola 7.1). Sebbene questi dati non possano essere<br />
considerati predittivi della risposta clinica, possono indicare quali combinazioni giustificano<br />
maggiormente ulteriori indagini, guidando la definizione dei trials clinici.<br />
Tavola 7.1. Effetto dell’Herceptin ® e di diversi agenti<br />
chemioterapici su linee cellulari HER2 positive del tumore della<br />
mammella.<br />
Effetti delle combinazione<br />
Sinergia Addizione Antagonismo<br />
Vinorelbina Doxorubicina Methotrexate<br />
Docetaxel/carboplatino Paclitaxel Gemcitabina<br />
Docetaxel Epirubicina 5-fluorouracile<br />
Etoposide<br />
Cyclophosphamide<br />
Paclitaxel/carboplatino<br />
Thiotepa<br />
Cisplatino<br />
Liposomal doxorubicina<br />
Vinblastina<br />
La Tavola 7.2 mostra i risultati recenti di studi clinici con Herceptin ® . I tassi di risposta con<br />
Herceptin ® più vinorelbine o paclitaxel somministrato ogni sette giorni sono più alti di quelli<br />
osservati con la somministrazione ogni 3 settimane di paclitaxel o antracicline/ciclofosfamide.<br />
In aggiunta, sono state studiate anche altre combinazioni, inclusi agenti ormonali, antracicline<br />
oltre che doxorubicina e analoghi del platino.<br />
Tavola 7.2. Efficacia dell’Herceptin ® come monoterapia e in<br />
diverse combinazioni in pazienti HER2 positive.<br />
Percentuale di rispotta<br />
Herceptin ® prima linea n (%)<br />
Prima linea Herceptin ® + ogni 3 settimane paclitaxel* 92 49<br />
Herceptin ® + paclitaxel settimanale 95 80.5<br />
Herceptin ® + vinorelbina* 30 80<br />
Herceptin ® + capecitabina 18 47<br />
Seconda/terza-linea Herceptin ® monoterapia* 172 18<br />
Prima linea Herceptin ® monoterapia* 87 35<br />
*Sono dati certi su pazienti HR2 altamente positive.<br />
. . . agenti<br />
citotossici ed<br />
Herceptin ®<br />
producono<br />
probabilmente<br />
effetti<br />
complementari<br />
sulle cellule<br />
tumorali.<br />
7<br />
7.9
7<br />
Poiche’ le pazienti<br />
HER2 positive sono<br />
colpite da un<br />
tumore aggressivo<br />
e hanno diagnosi<br />
infausta a tutti gli<br />
stadi della<br />
malattia, sarebbe<br />
logico colpire<br />
questi tumori<br />
precocemente.<br />
7.10<br />
Un altro interessante sviluppo riguarda gli studi che analizzano la frequenza di<br />
somministrazione dell’Herceptin ® . Con il progredire delle scoperte relative a come l’Herceptin ®<br />
si comporta nell’organismo, è diventato chiaro che dosi più alte permangono nell’organismo<br />
più a lungo. Ciò costituisce il fondamento logico che è alla base di un trial riguardante la<br />
somministrazione di Herceptin ® ogni tre settimane (8mg/kg dose iniziale seguita da 6mg/kg a<br />
settimana), che ha dimostrato che questo regime è ben tollerato e produce concentrazioni di<br />
Herceptin ® nel siero simili a quelle osservate nei trials più importanti dedicati all’Herceptin ® .<br />
È stata anche oggetto di indagine la frequenza ottimale di somministrazione dell’Herceptin ® ,<br />
sia quando viene utilizzato come terapia adiuvante sia come terapia della malattia metastatica.<br />
Come per la maggior parte delle nuove terapie antitumorali, fino ad oggi gli studi dedicati<br />
all’Herceptin ® si sono concentrati sulla malattia metastatica. Pero’ le anormalita’ HER2 si<br />
verificano precocemente durante lo sviluppo del tumore della mammella, sicuramente prima<br />
dello sviluppo della malattia invasiva. Poiche’ le pazienti HER2 positive sono colpite da un<br />
tumore aggressivo e hanno diagnosi infausta a tutti gli stadi della malattia, sarebbe logico<br />
colpire questi tumori precocemente. Pertanto, trials cominciati recentemente (il trial HERA in<br />
Europa e i trials NSABP e Intergroup nel Nord America) stanno esaminando l’efficacia e la<br />
sicurezza dell’Herceptin ® come terapia adiuvante nel tumore primitivo della mammella.<br />
Infine, è importante considerare che altri tumori oltre a quelli della mammella possono essere<br />
HER2 positivi, tra cui il tumore della vescica, del pancreas e dello stomaco. Ciò significa che<br />
l’Herceptin ® è potenzialmente efficace anche per questi tipi di tumore.<br />
I trials sopra descritti indicano la portata richiesta alle ricerche attualmente in corso se si vuole<br />
sfruttare pienamente le caratteristiche dell’agente biologico più utile per la terapia. Inoltre, essi<br />
illustrano le potenzialita’ di questi agenti se utilizzati in combinazioni che produrranno i<br />
maggiori benefici sia in termini di risultati che di tollerabilita’ per un dato paziente. Appare<br />
significativa anche la possibilita’ di estendere l’utilizzo delle terapie anticorpali mirate. Inoltre,<br />
è evidente che diventando meglio conosciuti il meccanismo di attività di questi agenti e i loro<br />
bersagli, si potranno probabilmente realizzare ulteriori vantaggi clinici. Infine, gli agenti<br />
biologici mirati, che forniscono un significativo vantaggio clinico aggiuntivo rispetto alla<br />
terapia standard, possono essere introdotti velocemente e con sicurezza mentre si continua a<br />
studiare la gamma di possibili utilizzi di queste terapie.<br />
Vaccini<br />
Il futuro degli approcci con vaccini antitumorali appare essere in:<br />
● indagine sugli effetti della somministrazione di chemioterapia, citochine ed altri agenti in<br />
concomitanza con il vaccino<br />
● co-somministrazione di cellule dendritiche con vaccini di lisato tumorale. Questo approccio<br />
ha dimostrato di possedere attività antitumorale in pazienti affetti da melanoma<br />
● sviluppo di vaccini virali che utilizzano virus come i poxvirus che sono già stati largamente<br />
studiati per l’impiego nella vaccinazione contro altre malattie. La ragione dell’utilizzo di<br />
vaccini virali è che antigeni che non stimolano la risposta immunitaria quando somministrati<br />
da soli, la stimolano quando sono espressi da virus. Un esempio è l’espressione<br />
dell’antigene carcinoembrionico da parte di virus vaccino, che stimola una forte risposta<br />
immunitaria mentre l’antigene carcinoembrionico da solo non la stimola. Altri possibili<br />
sviluppi in questo campo comprendono lo modificazione degli agenti per renderli più<br />
immunogenici prima dell’espressione in virus e l’espressione di antigeni multipli
● uso di adenovirus come vettori (vedi Modulo 6) per modificare geneticamente sia le cellule<br />
presentatrici di antigene sia le cellule dendritiche o direttamente le cellule tumorali (Figura<br />
7.1). Gli adenovirus trasferiscono i geni alle cellule dendritiche o alle cellule tumorali più<br />
efficacemente di altri metodi di trasferimento e sono facilmente manipolabili. In questo caso,<br />
l’espressione del gene trasferito da parte delle cellule dendritiche porta alla produzione<br />
dell’antigene tumorale e quindi a una continua fornitura di antigene per la presentazione<br />
alle cellule T. Nel caso di cellule tumorali, il trasferimento di gene in vivo o in vitro potrebbe<br />
coinvolgere geni di citochine che aumentano l’immunogenicita’ del tumore. Entrambi questi<br />
approcci restano sperimentali e non sono attualmente progrediti oltre i modelli animali.<br />
A)<br />
B)<br />
Terapia genica<br />
1. Clone di gene<br />
di citochina<br />
APC<br />
2. APCs infetta con<br />
vettore di adenovirus<br />
codificante il TAA<br />
APC<br />
3. Le APCs modificate<br />
stimolano le cellule T<br />
Gene di citochina Adenovirus<br />
4. Cellule citotossische<br />
lisano il tumore<br />
Cellula T<br />
Adenovirus<br />
Cellula T<br />
Gene TAA<br />
2. Cellula tumorale infettata da<br />
vettore di adenovirus che codifica<br />
la citochina<br />
Cellula tumorale<br />
3. La cellule tumorali modificate<br />
stimolano le cellule T<br />
1. Clone del<br />
gene TAA<br />
Cellula tumorale<br />
4. La cellule T citotossiche<br />
lisano il tumore<br />
Figura 7.1. Modificazione genetica delle cellule tumorali con l’utilizzo di adenovirus. A) Trasferimento<br />
genico direttamente alle cellule tumorali; B) trasferimento genico all’interno di cellule presentatrici di<br />
antigene (APCs) che comporta la stimolazione di cellule T e la lisi tumorale. Riprodotta, con licenza,<br />
da Principles and Practice of <strong>the</strong> Biological Therapy of Cancer. Philadelphia: LippincottWilliams and<br />
Wilkins, 2000.<br />
Come precedentemente notato, la maggior parte dei trials clinici dedicati alla terapia genica<br />
condotti fino ad oggi hanno rivelato un trasferimento genico poco efficiente e/o breve durata<br />
di espressione. Questa è una sfida che deve essere superata e viene indirizzata dagli sforzi<br />
delle ricerche dedicate al miglioramento dei sistemi di vettore. Inoltre, devono essere valutati<br />
anche i sistemi di distribuzione, con l’obiettivo di consentire un’efficace distribuzione genica<br />
agli organi solidi ed assicurare l’esposizione delle cellule bersaglio. È improbabile che una<br />
tecnica di distribuzione sia efficace per tutti i tipi di tumore, ma sono possibili progressi per<br />
alcuni tipi tumorali.<br />
Altri sviluppi coinvolgeranno l’indagine sull’utilizzo di diversi bersagli per la modificazione<br />
genetica. I tipi di cellule che sono attualmente studiate come bersagli per la modificazione<br />
genica includono:<br />
● linfociti da utilizzare per immunoterapia adottiva, cioe’ per fornire l’immunita’ ai pazienti<br />
piuttosto che stimolare l’attività immunitaria. L’obiettivo del trasferimento genico è quello di<br />
aumentare l’efficacia dell’immunita’ adottiva o aumentarne la sicurezza. Gli esempi di geni<br />
che possono essere trasferiti comprendono quelli che codificano per i recettori delle cellule T<br />
per alterare la specificita’ delle cellule T e geni suicidi per consentire la prevenzione della<br />
tossicita’ a stadi specifici del trattamento<br />
7<br />
Angiogenesis is<br />
<strong>the</strong> formation of<br />
new blood vessels.<br />
7.11
7<br />
. . . il p53 e i<br />
fattori dei percorsi<br />
p53-mediati<br />
possono costituire<br />
bersagli critici per<br />
la progettazione<br />
razionale di agenti<br />
antitumorali.<br />
L’angiogenesi è la<br />
formazione di<br />
nuovi vasi<br />
sanguigni.<br />
7.12<br />
● cellule staminali, la cui modificazione potrebbe avere potenzialmente un effetto a lungo<br />
termine sul processo della malattia in pazienti oncologici. Esempi di modificazioni<br />
potenzialmente di grande valore comprendono il trasferimento di geni della chemioterapiaresistenza<br />
e la sostituzione di geni in disturbi causati dalla mancanza di un singolo gene.<br />
Terapia genica con p53<br />
Dato il ruolo fondamentale del p53 nel “checkpoint” del ciclo cellulare e nell’apoptosi, e la<br />
prevalenza delle mutazioni del gene p53 nei tumori umani, il p53 è stato identificato come un<br />
potenziale bersaglio per la terapia antitumorale. Pertanto, il p53 e i fattori dei percorsi p53mediati<br />
possono costituire bersagli critici per la progettazione razionale di agenti antitumorali.<br />
Una strada terapeutica potrebbe essere lo sfruttamento dei meccanismi coinvolti nella normale<br />
regolazione della conformazione del p53. Per esempio, il ripristino di legami specifici del DNA<br />
da parte del p53 potrebbe portare potenzialmente all’attivazione di “wild-type” di geni<br />
bersaglio p53, alla soppressione della proliferazione cellulare e all’induzione di apoptosi.<br />
Sono in corso studi preclinici per valutare il potenziale terapeutico della terapia genica<br />
antitumorale virus-mediata con p53. Questi studi indicano che la sostituzione genica del p53<br />
può rappresentare un nuovo agente terapeutico per tumori quali il tumore anaplastico di<br />
Wilms.<br />
Terapia cellulare<br />
Come trattato nel Modulo 6, esiste una considerevole sovrapposizione tra terapie cellulari,<br />
vaccini antitumorale e terapia genica. E le prospettive future per questo tipo di terapia sono<br />
simili a quelle descritte sopra. Sviluppi specifici saranno probabilmente focalizzati sulle cellule<br />
dendritiche, in particolare sulle tecniche che comportano il carico di antigeni tumorali da parte<br />
di queste cellule per stimolare una forte risposta da parte delle cellule T, e la modificazione<br />
genetica delle cellule immunitarie vergini per produrre cellule effettrici specifiche<br />
immunocompetenti.<br />
Nuovi approcci: angiogenesi tumorale come bersaglio<br />
L’angiogenesi è la formazione di nuovi vasi sanguigni. Questo processo è regolato da una<br />
famiglia di fattori di crescita endoteliali vascolari (VEGF) e recettori, che potrebbero anche<br />
essere coinvolti nella linfoangiogenesi (la formazione di nuovi vasi linfatici), e angiopoietina.<br />
L’angiogenesi si verifica in origine durante lo sviluppo embrionico, ma anche sotto l’influenza<br />
di condizioni fisiologiche strettamente controllate come la guarigione di ferite o durante il ciclo<br />
mestruale. Il controllo dell’angiogenesi in questi casi è complesso e, nel caso della guarigione<br />
di ferite, è dovuto all’espressione di inibitori e stimolatori dell’angiogenesi a breve termine<br />
come i VEGF.<br />
Difetti nella regolazione dell’angiogenesi si osservano in molte malattie, tra cui non ultima il<br />
<strong>cancro</strong>. L’angiogenesi è essenziale per la crescita dei tumori; se non si realizza essi non<br />
possono svilupparsi aprossimativamente oltre i 2mm di grandezza. Raggiunta questa<br />
dimensione, la morte cellulare compensa l’aggressiva proliferazione cellulare caratteristica dei<br />
tumori. I tumori solidi che crescono oltre questa dimensione trovano poi delle modalità per<br />
invadere i tessuti circostanti e per stimolare la crescita di vasi sanguigni per rifornirsi di<br />
sostanze nutrienti. Questo obiettivo viene raggiunto per mezzo di un grande numero di<br />
meccanismi che comportano l’espressione di metalloproteasi e permettono l’invasione tessutale,<br />
e fattori angiogenici che attivano e stimolano le cellule vascolari endoteliali (Figura 7.2). Così<br />
come consente ai tumori di crescere oltre il limite dei 2mm di grandezza, l’angiogenesi rende<br />
possibile la formazione di metastasi perché è per mezzo dell’angiogenesi che le cellule<br />
tumorali entrano nel flusso sanguigno.
Matrice<br />
Fattori<br />
angiogenici Il feedback stimola<br />
la crescita tumorale<br />
Cellule vascolari<br />
endoteliali<br />
Metastasi<br />
Cellule tumorali<br />
Produzione di<br />
metalloproteasi<br />
Degradazione della<br />
matrice<br />
Vascolarizzazione tumorale e<br />
crescita invasiva<br />
Figura 7.2. Rappresentazione schematica degli eventi che portano all’angiogenesi tumorale e alla<br />
formazione di metastasi. Le cellule tumorali rilasciano fattori angiogenici, che stimolano le cellule<br />
vascolari endoteliali, e la metalloproteasi, che degradano i tessuti circostanti, realizzando la<br />
vascolarizzazione tumorale, la crescita invasiva e la formazione di metastasi.<br />
L’importanza riconosciuta dell’angiogenesi nello sviluppo dei tumori e la caratterizzazione dei<br />
diversi fattori che sono coinvolti nella stimolazione di questo processo rendono l’angiogenesi<br />
un attraente bersaglio terapeutico. Gli agenti anti-angiogenici possono produrre risposte più<br />
durature grazie alla riduzione dell’apporto ematico al tumore (Figura 7.3.).<br />
Crescita tumorale<br />
Tempo<br />
Chemioterapia sola<br />
Chemioterapia + agente<br />
anti-angiogenico<br />
Figura 7.3. L’illustrazione mostra il possibile effetto di agenti anti-angiogenici sulla durata della<br />
risposta alla terapia.<br />
7<br />
7.13
7<br />
7.14<br />
Molti composti sono stati studiati per la loro capacità di inibire l’angiogenesi tumorale, e molti<br />
di questi sono agenti biologici.<br />
● Marimastat. È un derivato solubile dell’acido idrossaminico basato sulla struttura del<br />
collagene, il substrato naturale per la matrice delle metalloproteasi, che è l’unico inibitore di<br />
matrice delle metalloproteasi ad essere stato sottoposto a trials di fase III. I risultati sono stati<br />
diversi, perché un trial ha mostrato risultati equivalenti alla gemcitabina per il tumore del<br />
pancreas, un altro ha mostrato per il tumore dello stomaco un aumento della sopravvivenza<br />
rispetto a un placebo, ed un terzo non ha mostrato benefici. La tossicita’ ha incluso astenia<br />
e poliartrite reversibile.<br />
● BAY12-9566. Questo inibitore strutturalmente distinto della matrice delle metalloproteasi è<br />
un analogo dell’acido butanoico ed è più selettivo del marimastat, che inibisce solamente la<br />
matrice delle metalloproteasi 2 e 9. Comunque, esso sembra aver ridotto la sopravvivenza<br />
nel caso di tumore del polmone a piccole cellule e il suo sviluppo è stato sospeso.<br />
● Anticorpi monoclonali anti-VEGF. Il rhuMab VEGF è un anticorpo monoclonale umanizzato<br />
ricombinante sviluppato per colpire il più importante fattore di crescita coinvolto<br />
nell’angiogenesi (VEGF). Esso ha mostrato di essere ben tollerato, allo stesso modo delle<br />
altre terapie mirate anticorpali come l’Herceptin ® , e ha prodotto risposte in pazienti<br />
oncologici.<br />
● Vitaxin. È un anticorpo monoclonale umanizzato diretto a una proteina che è espressa ad<br />
alti livelli dalla neovascolarizzazione tumorale (integrina αvβ3). Vitaxin ha mostrato attività<br />
antitumorale nei primi trials clinici.<br />
● Frammenti di proteina regolatrice della crescita. Endostatina e angiostatina sono formate<br />
dalla scissione proteolitica, rispettivamente, del collagene XVII e del plasminogeno. Queste<br />
molecole sono inibitori specifici e potenti della proliferazione delle cellule endoteliali (Figura<br />
7.4).<br />
Volume tumorale (mm 3 )<br />
600<br />
500<br />
400<br />
300<br />
200<br />
100<br />
–19 0 4 8 12 16 20 24 28<br />
Inizio del trattamento<br />
Fisiologica<br />
Angiostatina<br />
Giorno di trattamento<br />
Figura 7.4. Effetto dell’angiostatina sulla crescita di xenotrapianti di tumore della prostata nei topi.<br />
In topi trattati con un placebo salino (linea tratteggiata) i tumori crescono rapidamente, mentre<br />
l’angiostatina rallenta la crescita tumorale e induce la regressione del tumore. Riprodotta, con<br />
licenza, da Principles and Practice of <strong>the</strong> Biological Therapy of Cancer. Philadelphia: Lippincott<br />
Williams and Wilkins, 2000.
● IM862. Dipeptide dell’L-glutamyl-L-tryptophan isolato dal timo, l’IM862 inibisce<br />
l’angiogenesi e possiede in vitro proprieta’ immunomodulatrici. Questo composto ha<br />
mostrato una considerevole attività nel sarcoma di Kaposi e lo si sta studiando per altri tipi<br />
di tumore.<br />
● Interferon-α. Questa citochina è già largamente utilizzata nella cura del <strong>cancro</strong>, ma è il<br />
primo agente anti-angiogenico ad avere mostrato di essere attivo nel trattamento<br />
dell’emangioma e dei tumori avanzati giganti dell’osso.<br />
Questo elenco, che riguarda solo alcuni degli agenti biologici anti-angiogenici attualmente<br />
oggetto di ricerca, dimostra che si è solamente cominciato ad indagare gli utilizzi potenziali<br />
degli agenti biologici nella terapia antitumorale. Inoltre, esso illustra la possibilita’ di colpire<br />
uno stesso problema utilizzando approcci differenti e che è possibile colpire stadi differenti di<br />
un processo complesso.<br />
Sommario: le implicazioni per i pazienti oncologici<br />
Appare chiaro che gli approcci biologici alla cura dei tumori possono fornire ai professionisti<br />
che operano nel settore oncologico una grande varieta’ di nuove entità terapeutiche.<br />
L’esperienza con i relativamente pochi agenti biologici che hanno ricevuto l’approvazione per<br />
l’uso clinico indica che questi nuovi farmaci offriranno probabilmente significativi vantaggi in<br />
una vasta gamma di applicazioni. Inoltre, dati i rapidi progressi della nostra conoscenza dei<br />
complessi percorsi biologici convolti nello sviluppo, mantenimento e metastizzazione del<br />
<strong>cancro</strong>, e del funzionamento del sistema immunitario, è probabile che si assistera’ alla<br />
ridefinizione delle strategie esistenti e allo studio di nuove strategie <strong>biologiche</strong>.<br />
L’attenzione alle terapie biologica come modalità d’avanguardia nella gestione dei tumori avrà<br />
le sue maggiori implicazioni nel modo in cui verranno curati i pazienti oncologici. Come<br />
indicano le discussioni sull’utilizzo dei micro filamenti nei profili genici e la proteonimica, i<br />
tumori saranno sempre meglio caratterizzati a livello molecolare. Quando saranno chiariti gli<br />
effetti di più geni e proteine sul comportamento dei tumori, la caratterizzazione tumorale<br />
diventera’ un importante strumento per la determinazione della terapia migliore da offrire ai<br />
pazienti oncologici. Ciò fornira’ informazioni sulla sensibilità o resistenza di un tumore alle<br />
terapie, e su quali combinazioni terapeutiche hanno maggiori probabilita’ di essere efficaci. Le<br />
terapie <strong>biologiche</strong> avranno un ruolo importante nell’individualizzazione terapeutica perche’<br />
molti di questi agenti sono realizzati per colpire specifiche anormalita’.<br />
Questi cambiamenti nelle modalità di gestione dei tumori influenzeranno la pratica oncologica,<br />
particolarmente in relazione alle informazioni da fornire ai pazienti. Una implicazione della<br />
caratterizzazione tumorale è che due pazienti con tumori clinicamente simili riceveranno<br />
terapie differenti. Le ragioni di tale strategia terapeutica dovranno essere comunicate ai<br />
pazienti, e in questo senso molti infermieri stanno già acquistando una preziosa esperienza<br />
con la gestione delle cure offerte a donne affette da tumore metastatico della mammella<br />
selezionate per la terapia con Herceptin. Altri cambiamenti riguarderanno sia gli effetti<br />
collaterali, molti dei quali diventeranno più lievi e transitori rispetto a quelli associati alla<br />
chemioterapia citotossica, sia la durata della terapia. Probabilmente molti agenti biologici,<br />
particolarmente gli anticorpi, le citochine e le terapie cellulari, verranno utilizzati per periodi<br />
prolungati nei pazienti che rispondono alla terapia per assicurare una soppressione tumorale<br />
continuativa. Ciò richiede un cambiamento nel modo di pensare, perché l’attenzione sarà<br />
meno concentrata sul trattamento della malattia e sarà la prevenzione della progressione<br />
tumorale ad acquisire sempre maggiore importanza.<br />
7<br />
. . . gli approcci<br />
biologici alla cura<br />
dei tumori possono<br />
fornire ai<br />
professionisti che<br />
operano nel settore<br />
oncologico una<br />
grande varieta’ di<br />
nuove entità<br />
terapeutiche.<br />
Le terapie<br />
<strong>biologiche</strong><br />
avranno un ruolo<br />
importante<br />
nell’individualizza<br />
zione terapeutica<br />
perche’ molti di<br />
questi agenti sono<br />
realizzati per<br />
colpire specifiche<br />
anormalita’.<br />
7.15
7<br />
7.16<br />
Riassumendo, gli attuali progressi tecnologici, la caratterizzazione tumorale e la terapia<br />
biologica avranno le seguenti implicazioni.<br />
● Diventera’ più comune l’utilizzo di terapie mirate, in particolare di agenti biologici.<br />
● L’efficacia della cura migliorera’ perché i percorsi cellulari essenziali al mantenimento del<br />
tumore potranno essere bloccati o attivati selettivamente in modo appropriato.<br />
● Sarà minimizzata la tossicita’ associata alla cura del <strong>cancro</strong> perché le cellule tumorali<br />
potranno essere trattate selettivamente utilizzando la terapia mirata.<br />
● La terapia sarà individualizzata in base alle caratteristiche intrinseche del tumore,<br />
consentendo ai pazienti oncologici di ricevere una cura personalizzata per ottenere i<br />
migliori risultati possibili.<br />
● Gli infermieri specializzati in oncologia acquisiranno un ruolo sempre più importante nel<br />
fornire ai pazienti oncologici informazioni riguardanti:<br />
– l’impatto sulla prognosi e sul comportamento tumorale dei fattori cellulari<br />
– la diagnosi, la caratterizzazione tumorale e l’individualizzazione della cura<br />
– cosa aspettarsi dalle nuove terapie <strong>biologiche</strong> mirate, compresi benefici ed effetti<br />
collaterali.
Questionario di auto valutazione<br />
1. Com’è noto i tumori sono causati da un’accumulazione di alterazioni genetiche. Descrivi<br />
quali approcci potrebbero essere utilizzati per identificare le combinazioni di differenti<br />
alterazioni genetiche in un singolo tumore.<br />
2. Descrivi le implicazioni pratiche, cliniche, dei profili di espressione genica.<br />
3. Scegli l’affermazione più appropriata tra quelle della selezione fornita e inseriscila nelle<br />
frasi che seguono.<br />
i percorsi cellulari di segnalazione e la trasduzione di segnale<br />
lo studio dell’espressione genica<br />
migliaia di anticorpi di specificita’ nota in un frammento<br />
la forma, la funzione e il controllo dei sistemi di proteine cellulari<br />
le strategie per la terapia personalizzata<br />
a. La proteomica è lo studio di.....................................................................................<br />
b. L’espressione proteica di singole cellule può essere studiata utilizzando un sistema che è<br />
fondamentalmente...................................................................................................<br />
c. Il confronto dell’espressione proteica tra campioni tessutali di un singolo paziente può<br />
essere utilizzato per sviluppare.................................................................................<br />
d. La proteomica può essere utilizzata in una varieta’ di modi tra cui lo di........................<br />
….........................................................................................................................<br />
e. La interrelazione e la complessita’ delle interazioni proteiche significa che la proteomica<br />
produrrà probabilmente informazioni più dettagliate sulle funzioni cellullari che ............<br />
……………………………………………………………………….....................................<br />
4. Alcuni possibili progressi sono basati su un ulteriore sviluppo degli approcci esistenti.<br />
Suggerisci un modo in cui potrebbero essere migliorate sia le terapie basate su citochine<br />
sia quelle anticorpali.<br />
e. The inter-relationships and complexity of protein interactions means that proteomics<br />
is likely to produce more detailed information about cell function than<br />
……......................................................................................................................<br />
7<br />
7.17
7<br />
7.18<br />
5. L’angiogenesi – la formazione di nuovi vasi sanguigni – è essenziale per la crescita<br />
tumorale. Scegli, dalla selezione qui di seguito, l’annotazione appropriata per completare il<br />
diagramma che identifica gli eventi fondamentali che portano all’angiogenesi tumorale e<br />
alla formazione di metastasi.<br />
Fattori angiogenici Cellule endoteliali vascolari<br />
Metastasi Proliferazione e invasione<br />
Vascolarizzazione<br />
e crescita<br />
Cellule tumorali<br />
6. Discuti brevemente, dal punto di vista di un infermiere oncologico specializzato, l’impatto<br />
potenziale delle terapie <strong>biologiche</strong> per la gestione e la cura dei pazienti.<br />
Le risposte a queste domande sono a pagina 8.12.<br />
Le cellule tumorali<br />
entrano nel sangue
Risposte ai questionari di auto valutazione<br />
Modulo 1. Il <strong>cancro</strong> attraverso il tempo<br />
1. Il <strong>cancro</strong> rappresenta un problema sanitario globale ma ci sono varianti internazionali circa<br />
l’incidenza e il tipo di tumore associate alla mortalita’. Quali fattori influenzano tali<br />
differenze?<br />
Variazioni dell’incidenza e del tipo di tumore riflettono differenze di fattori ambientali,<br />
come la dieta o l’uso di tabacco, che influenzano lo sviluppo del <strong>cancro</strong> e possibili<br />
differenze genetiche tra popolazioni. Anche la diagnosi precoce e lo screening con i<br />
consenguenti interventi terapeutici appropriati possono influenzare la mortalita’ dovuta al<br />
<strong>cancro</strong>. Comunque, i tassi di sopravvivenza totale sono rimasti stabili – i pazienti colpiti da<br />
tumore possono vivere più a lungo ma, generalmente, moriranno ancora a causa del<br />
<strong>cancro</strong>.<br />
2. La prevenzione del <strong>cancro</strong> può essere divisa in primaria, secondaria e terziaria. Per<br />
piacere fai quattro esempi per le misure che possono essere usate come prevenzione<br />
primaria, tre per la secondaria e due per la terziaria.<br />
Le misure preventive primarie sono basate sugli agenti causali (carcinogeni) convolti<br />
nell’iniziazione e sviluppo del <strong>cancro</strong> (carcinogenesi). Si tratta soprattutto di fattori<br />
ambientali e relativi allo stile di vita. Gli approcci preventivi comprendono:<br />
● non fumare<br />
● evitare l’eccessiva esposizione al sole<br />
● bere alcolici con moderazione<br />
● adottare regimi dietetici salutari<br />
● praticare regolarmente esercizio fisico ed evitare l’eccessivo aumento di peso<br />
● quando possibile evitare l’esposizione a carcinogeni noti e, in caso di esposizione<br />
inevitabile, prendere ogni precauzione necessaria.<br />
La prevenzione secondaria coinvolge la diagnosi precoce allo scopo di massimizzare gli<br />
effetti della cura. Le misure includono:<br />
● campagne educative per aumentare la conoscenza dei tumori e incoraggiare<br />
l’autoesame e il monitoraggio di ogni cambiamento, affinche’ venga ricercato<br />
precocemente il consiglio del medico<br />
● vigilanza sui tumori e screening:<br />
– striscio cervicale<br />
– sigmoidoscopia<br />
– test del sangue occulto nelle feci<br />
– esaminazione digitale rettale<br />
– mammografia<br />
● Test dei markers biochimici del <strong>cancro</strong> (per esempio i livelli sanguigni del CA 125 nel<br />
tumore dell’ovaio) o fattori di possibile predisposizione genetica (per esempio i geni<br />
BRCA1 e BRCA2 nel tumore della mammella) in individui ad alto rischio.<br />
Appendice<br />
8<br />
8.1
8<br />
8.2<br />
La prevenzione terziaria è basata sugli approcci chirurgico o farmacologico relativamente<br />
agli individui ad alto rischio oncologico. Le misure preventive includono:<br />
● hirurgia profilattica (per esempio la mastectomia per le donne ad alto rischio di<br />
familiarita’ per il tumore della mammella)<br />
● chemioprevenzione (per esempio proponendo la chemioterapia ad individui ad alto<br />
rischio). L’efficacia e i rischi di questo approccio sono attualmente oggetto di indagine: il<br />
rapporto rischio/benefici deve essere attentamente considerato.<br />
3. Le opzioni di trattamento oncologico dipendono dallo stadio del tumore. Per piacere<br />
identifica e definisci tre obiettivi principali dell’intervento chirurgico.<br />
● Preventivo - per rimuovere una formazione che non è maligna ma che è nota per essere<br />
associata allo sviluppo della malignita’.<br />
● Diagnostico - per asportare campioni di tessuto per le analisi di laboratorio a conferma<br />
della diagnosi e per l’identificazione del <strong>cancro</strong>.<br />
● Di stadiazione - per determinare l’estensione della malattia.<br />
● Curativo - per asportare il tumore quando localizzato con la speranza di rimuovere tutto<br />
il tessuto tumorale.<br />
● Palliativo - per trattare le complicazioni della malattia avanzata, come il dolore, e<br />
migliorare la qualità di vita.<br />
● Di supporto - di supporto al trattamento, per esempio posizionando una linea infisionale<br />
che sia di aiuto nella somministrazione della cura.<br />
● Ricostruttivo – per ricostruire l’aspetto di una persona o la funzione di un organo o di<br />
una parte del corpo.<br />
4. Altre opzioni di trattamento per il <strong>cancro</strong> comprendono la radioterapia, l’ormonoterapia e<br />
la chemioterapia. Definisci brevemente e sottolinea gli obiettivi principali di ciascun<br />
approccio ed identifica alcuni effetti collaterali comuni per ogni terapia.<br />
● La radioterapia utilizza particelle ad alta energia o onde come i raggi X o i raggi<br />
gamma per distruggere o danneggiare le cellule tumorali. Ma nel momento in cui la<br />
radioterapia distrugge le cellule tumorali essa estende i suoi effetti anche su alcune delle<br />
cellule normali che si trovano vicine. Questi effetti non specifici possono causare una<br />
grande quantità di effetti collaterali, tra cui: astenia; tossicita’ ematologica; stomatiti;<br />
danni alla cute; perdita dell’appetito; raucedine; perdita dei capelli; difficoltà alla<br />
deglutizione; nausea e vomito; e diarrea. L’incidenza di questi effetti collaterali varia a<br />
seconda della sede irradiata e della dose di radiazione, e inoltre differisce da persona<br />
a persona.<br />
● L’ormonoterapia è il trattamento con farmaci che interferiscono con la produzione o<br />
l’attività ormonale, o la rimozione chirurgica di ghiandole che producono ormoni per<br />
uccidere le cellule tumorali o per rallentare la loro crescita. Sebbene sia associata con<br />
un numero di effetti collaterali inferiore rispetto alla chemioterapia, i pazienti sottoposti a<br />
terapia ormonale possono sperimentare: vampate e sudorazione; nausea, diarrea e<br />
dispepsia; aumento di peso; modificazioni del ciclo mestruale; crampi muscolari;<br />
modificazioni del tono dell’umore; reazioni allergiche; mal di testa; e trombosi.
● La chemioterapia è l’utilizzo di farmaci per curare il <strong>cancro</strong> e la sua azione si esplica<br />
con l’uccisione delle cellule che si replicano rapidamente. È essenziale un equilibrio tra<br />
la specificita’ del bersaglio e l’uccisione delle cellule tumorali, e la distruzione non<br />
specifica di cellule normali. La natura non specifica della chemioterapia comporta la sua<br />
associazione con significativi effetti collaterali tra cui: soppressione del midollo osseo<br />
(riduzione della conta dei globuli bianchi e rossi e della conta delle piastrine) che porta<br />
ad effetti ematologici avversi e infezioni; perdita dei capelli; perdita di appetito e di<br />
peso; stomatiti ed esofagiti; nausea e vomito; stitichezza; modificazioni del gusto;<br />
diarrea; astenia; danni cardiaci; modificazioni del SNC; danni polmonari, epatici,<br />
renali e dei tessuti riproduttivi.<br />
5. Descrivi gli approcci per migliorare la specificita’ e l’obiettivo delle terapie antiblastiche.<br />
Attualmente, uno dei principali approcci per lo sviluppo di agenti antitumorali mirati è la<br />
terapia biologica, o immunoterapia. La terapia biologica è basata su componenti del<br />
sistema immunitario, è realizzata specificamente per colpire le cellule tumorali lasciando<br />
intatte le cellule normali, e lavora stimolando o imitando le difese naturali dell’organismo: il<br />
sistema immunitario.<br />
Modulo 2. Controllo della crescita cellulare e <strong>cancro</strong><br />
1. Quali caratteristiche distinguono le cellule tumorali dalle cellule normali?<br />
Le cellule tumorali possiedono due caratteristiche che le distinguono dalle cellule normali:<br />
proliferano (crescono rapidamente) a dispetto dei normali sistemi di controllo della crescita<br />
e sono inoltre descritte come neoplastiche; e possiedono caratteristiche speciali che<br />
consentono loro di invadere e colonizzare i tessuti circostanti. Ciò significa che si tratta di<br />
cellule maligne. La divisione cellulare, la crescita, la differenziazione e la morte cellulare<br />
programmata (apoptosi) sono elementi importanti del normale funzionamento cellulare. La<br />
rottura dell’equilibrio tra morte cellulare e generazione di nuove cellule può essere causa di<br />
malattia: disfunzione organica e morte se prevale l’apoptosi; <strong>cancro</strong> se prevale la<br />
replicazione cellulare.<br />
2. Il ciclo cellulare è una sequenza ordinata di eventi attraverso i quali le cellule raddoppiano<br />
il contenuto intracellulare e poi si duplicano. Quali sono gli obiettivi del ciclo cellulare?<br />
Gli obiettivi del ciclo cellulare sono:<br />
● replicare accuratamente il DNA dei cromosomi delle cellule parentali<br />
● distribuire equamente i cromosomi tra le due cellule figlie<br />
● duplicare il contenuto citoplasmatico.<br />
3. La mitosi permette la proliferazione cellulare mantenendo il corretto numero diploide di<br />
cromosomi in ogni cellula. Spiega come i cromosomi di un ovulo e di uno spermatozoo<br />
sono capaci di combinarsi mantenendo il corretto numero di cromosomi.<br />
Il ciclo riproduttivo sessuale è caratterizzato da un tipo speciale di divisione cellulare<br />
chiamato meiosi, che assicura che l’ovulo e lo spermatozoo abbiano solamente meta’ del<br />
patrimonio cromosomico diploide (aploide). La meiosi comporta due successive divisioni<br />
nucleari ma solamente una replicazione completa del DNA per assicurare che le cellule<br />
figlie, cellula uovo e spermatozoo, siano aploidi. Perciò, quando avviene la fecondazione,<br />
l’embrione risultante possiede un corredo cromosomico completo diploide.<br />
Appendice<br />
8<br />
8.3
8<br />
8.4<br />
4. Il ciclo cellulare è ben coordinato da “checkpoint” e da fattori biochimici e fisici che<br />
influenzano il ciclo. Definisci e descrivi il ruolo dei fattori di crescita e di ancoraggio nel<br />
controllo del ciclo cellulare.<br />
I fattori di crescita sono proteine che si legano ai recettori della membrana plasmatica delle<br />
cellule bersaglio per influenzare (stimolare o inibire) la proliferazione cellulare. Alcuni<br />
fattori di crescita hanno ampia specificita’ e sono in grado di influenzare la crescita di molti<br />
tipi di cellule differenti, mentre altri hanno una specificita’ limitata e sono altamente mirati<br />
per influenzare solo un tipo di cellule. In definitiva, legandosi ad un recettore partner i<br />
fattori di crescita attivano i geni, che iniziano a produrre specifiche proteine, le quali<br />
influenzano la proliferazione cellulare. Anche gli ormoni possono agire come fattori di<br />
crescita: un’eccessiva stimolazione ormonale è associata ad un incremento della divisione<br />
cellulare e può avere come ultima conseguenza la crescita di un tumore maligno.<br />
Molte cellule devono essere ancorate ad una base per potersi dividere. È probabile che le<br />
cellule abbiano bisogno di mantenere un contatto fisico per poter comunicare tra di loro e<br />
assicurarsi così che i cicli cellulari all’interno di un organo o di un tessuto restino<br />
sincronizzati. Le cellule tumorali possiedono proprieta’ speciali che le rendono eccezioni<br />
rispetto alla norma della dipendenza dall’ancoraggio. Quindi, esse possono liberarsi e<br />
utilizzare i vasi sanguigni, o un’altra via di trasporto dell’organismo, per migrare e<br />
invadere altri tessuti distanti dalla sede del tumore originario (metastizzare).
Modulo 3. Basi genetiche dello sviluppo del <strong>cancro</strong><br />
1. Gli elementi e i processi genetici possono essere ordinati in ordine gerarchico e<br />
sequenziale. Completa lo schema inserendo le parole appropriate elencate sotto. I due<br />
asterischi rappresentano i due percorsi mutabili che possono determinare la proliferazione<br />
cellulare incontrollata e la crescita tumorale invasiva. Per piacere completa lo schema coi<br />
nomi.<br />
Genoma<br />
Chromosoma<br />
Geni<br />
DNA<br />
Basi<br />
** I due percorsi mutabili sono:<br />
**<br />
mRNA<br />
Transcrizione Translazione<br />
● mutazioni genetiche che rendono iperattivo un gene proliferativi<br />
● mutazioni genetiche che rendono inattivo un gene antiproliferativo<br />
2. Come può un proto-oncogene diventare un oncogene? Quali processi controllano la<br />
maggior parte dei proto-oncogeni conosciuti?<br />
I proto-oncogeni possono trasformasi in oncogeni a causa della presenza di carcinogeni<br />
quali la luce solare, radiazioni e virus. Le mutazioni risultanti sono dovute principalmente al<br />
punto di mutazione, alla delezione o all’amplificazione genica. I proto-oncogeni sono<br />
spesso dei geni che codificano per componenti del meccanismo che regola la divisione, la<br />
differenziazione e la morte cellulare. (Anche le mutazioni dei geni oncosoppressori e la<br />
mancata riparazione genica possono avere un ruolo nello sviluppo del <strong>cancro</strong>).<br />
3. Utilizzando come esempi il gene oncosoppressore p53 e il recettore HER2 del fattore di<br />
crescita, descrivi come in ognuno di questi casi le mutazioni possono portare allo sviluppo<br />
del <strong>cancro</strong>.<br />
Il p53 è un potente fattore di soppressione della trascrizione tumorale le cui funzioni<br />
normalmente consentono alle cellule di fronteggiare i danni del DNA. Esso agisce<br />
Protein A<br />
Appendice<br />
8<br />
8.5
8<br />
8.6<br />
prevenendo la proliferazione cellulare grazie alla sospensione del ciclo cellulare nelle<br />
cellule con anormalita’ cromosomiche e permettendo al DNA di ripararsi prima della<br />
replicazione. Se il DNA non può essere riparato, il p53 induce l’apoptosi. Le mutazioni che<br />
impediscono al p53 di legarsi al DNA, interferendo con la sua capacità di ostacolare la<br />
replicazione del DNA o di fermarla promuovendo l’apoptosi delle cellule con DNA<br />
danneggiato in modo irreparabile, possono portare allo sviluppo del <strong>cancro</strong>.<br />
L’HER2 codifica per un recettore di una famiglia di recettori di membrana che sono coinvolti<br />
nella replicazione, crescita, differenziazione e sopravvivenza cellulare. L’amplificazione del<br />
gene HER2 porta alla formazione di singole cellule che hanno più di due copie del gene.<br />
Ciò porta a livelli eccessivi del recettore HER2 e a un’eccessiva stimolazione dei percorsi di<br />
segnalazione, con il risultato di una proliferazione cellulare incontrollata.<br />
4. Cos’è la trasduzione di segnale e cosa produce?<br />
La trasduzione di segnale è il processo per mezzo del quale la stimolazione di un<br />
particolare recettore attiva una serie di eventi all’interno della cellula risultanti in una<br />
risposta del gene e della proteina. Questo assicura che le cellule siano in grado di reagire<br />
al loro microambiente, permettendo di ricevere, capire e trasmettere al nucleo gli stimoli<br />
extracellulari, in modo da attivare le appropriate risposte cellulari specifiche.<br />
5. Delinea brevemente le fasi e gli eventi fondamentali di un tipico percorso di trasduzione di<br />
segnale utilizzando un fattore di crescita nella prima fase.<br />
Fase 1: Il fattore di crescita extracellulare (ligando) si lega al recettore specifico della<br />
membrana cellulare.<br />
Fase 2: Il legame attiva il recettore, che coinvolge la stimolazione dell’enzima tirosinchinasi.<br />
Fase 3: La tirosin-chinasi viene fosforilata e attiva i mediatori nel percorso di trasduzione di<br />
segnale.<br />
Fase 4: Il risultato è la regolazione dell’espressione genica nel nucleo.<br />
6. Discuti il ruolo delle mutazioni geniche nella formazione dei tumori.<br />
La progressione tumorale da una lesione originaria non maligna ad un tumore invasivo fino<br />
alla malattia metastatica comporta fasi successive di mutazione e selezione naturale.<br />
Durante questo processo, le cellule derivate da una cellula progenitrice con un’unica<br />
mutazione acquisiscono ulteriori mutazioni e diventano sempre più aggressive. Per questo<br />
motivo, si ritiene che lo sviluppo di un tumore richieda generalmente il verificarsi di vari<br />
eventi rari e indipendenti e il loro accumularsi in un’unica cellula. Comunque, le mutazioni<br />
in alcuni singoli geni (proto-oncogeni e oncosoppressori) hanno un effetto maggiore delle<br />
mutazioni a carico di altri geni, che non hanno un ruolo critico nel controllo di segnale<br />
cellulare.<br />
Modulo 4. Il sistema immunitario: le basi per tutte le terapie <strong>biologiche</strong><br />
1. Definisci e descrivi gli effetti della risposta immunitaria, indicando perché è importante la<br />
corretta identificazione di un agente come potenzialmente dannoso e estraneo.
Risposta immunitaria è il nome dato alla risposta che si realizza attraverso le cellule e le<br />
molecole del sistema immunitario in seguito all’introduzione nell’organismo di un agente<br />
estraneo (antigene). Il risultato è l’eliminazione e la distruzione dell’invasore e di tutti i<br />
prodotti tossici ad esso associato. Una volta attivato, il sistema immunitario è estremamente<br />
efficiente nell’eliminare gli invasori, e per questo motivo è di importanza cruciale che<br />
questa stessa abilita’ distruttiva non venga rivolta contro sostanze innocue o dell’ospite.<br />
2. Disegna ed etichetta una molecola anticorpale generalizzata e indica quale porzione si<br />
lega ad un antigene e a quali altre cellule del sistema immunitario.<br />
3. Descrivi in che modo vengono prodotti anticorpi in risposta ad un agente estraneo e i tre<br />
modi principali in cui essi agiscono.<br />
Gli antigeni hanno specifiche determinanti antigeniche (epitopi) che permettono il loro<br />
riconoscimento da parte delle cellule del sistema immunitario. Speciali cellule chiamate<br />
cellule presentatrici di antigene radunano l’antigene all’interno degli organi linfatici dove<br />
possono essere maggiormente esposte alle cellule T e B. Dopo l’esposizione, le cellule T<br />
diventano attivate, proliferano e si differenziano, uccidono le cellule bersaglio infette, e<br />
attivano altre cellule, come le cellule B, che sono di aiuto nella difesa immunitaria. Ogni<br />
cellula B è in grado di riconoscere e produrre anticorpi contro uno specifico antigene.<br />
Quando una cellula B riconosce il suo antigene coniugato e sono presenti anche segnali<br />
appropriati di una cellula T, essa si lega all’antigene. Una volta legata, la cellula B prolifera<br />
rapidamente e produce migliaia di cloni identici di cellule B, tutte in grado di produrre<br />
anticorpi specifici per quel determinato antigene<br />
Gli antigeni lavorano per mezzo di:<br />
Region e variabile (Fab) – si lega all’antigene<br />
Regione costante (Fc) – si lega alla cellula immunitaria<br />
● neutralizzazione – bloccando l’attività biologica della loro molecola bersaglio<br />
● opsonizzazione – rivestendo l’antigene e poi reclutando altre cellule del sistema<br />
immunitario che possono eliminare e distruggere l’antigene (fagociti)<br />
● attivazione del complemento – attivando una cascata enzimatica che da’ quale risultato<br />
finale la morte del microrganismo.<br />
Appendice<br />
8<br />
8.7
8<br />
8.8<br />
4. Indica se ognuna delle affermazioni seguenti è vera o falsa e, se falsa, da’ la risposta<br />
corretta.<br />
● Il sistema immunitario innato (o naturale) risponde prontamente agli organismi estranei.<br />
VERO<br />
● Una volta istruito dall’esposizione iniziale all’antigene, il sistema immunitario adattivo (o<br />
acquisito) conferisce memoria antigenica ed è in grado di aumentare la forza e<br />
l’efficienza della risposta ai successivi incontri con l’antigene.<br />
VERO<br />
● La risposta immunitaria cellulo-mediata si basa sull’effetto della produzione di anticorpi.<br />
FALSO. Questa modalità di risposta immunitaria comporta la produzione di cellule<br />
specializzate che sono in grado di reagire direttamente con le cellule presentatrici di<br />
antigene e di ucciderle. Le cellule coinvolte in questa risposta possono anche secernere<br />
sostanze chimiche che attivano speciali cellule killer (macrofagi) che distruggono gli<br />
invasori.<br />
● Le cellule T e B che sono state stimolate dall’antigene sono morfologicamente<br />
indistinguibili.<br />
FALSO. Sebbene le cellule T e B vergini non stimolate siano molto simili, una volta<br />
stimolate dall’antigene le cellule B si differenziano diventando grandi plasmacellule, gli<br />
elementi produttori di anticorpi del sistema immunitario.<br />
● Le cellule T devono il loro nome al fatto che maturano nel timo.<br />
VERO<br />
5. Descrivi come può essere prodotto in laboratorio un singolo tipo di anticorpo (anticorpo<br />
monoclonale, Mab) e descrivi due vantaggi dei Mabs rispetto agli anticorpi policlonali.<br />
I linfociti di un animale immunizzato sono fusi con cellule immortali di un tumore del<br />
linfocita B per produrre cellule ibride immortali (ibridomi). Queste cellule vengono poi fatte<br />
crescere in modo che ogni cellula di ibridoma produca una coltura cellulare. Le colture<br />
cellulari si moltiplicano indefinitivamente e producono un unico tipo di anticorpo. I singoli<br />
cloni di ibridoma forniscono una fonte permanente e stabile di uno specifico anticorpo<br />
monoclonale.<br />
I vantaggi della tecnica dell’ibridoma comprendono:<br />
● l’immortalita’ delle linee cellulari dell’ibridoma consente una produzione di anticorpi<br />
stabile e di lunga durata<br />
● l’uniforme specificita’ degli anticorpi rende le preparazioni più utili rispetto agli anticorpi<br />
policlonali meno specifici e inoltre per ottenere l’anticorpo richiesto non è necessario<br />
eseguire la purificazione da una miscela eterogenea<br />
● può essere prodotta una grande quantità di Mab.<br />
6. Sia le attività normali che quelle anormali del sistema immunitario possono essere causa di<br />
malattia. Completa le frasi seguenti con gli esempi di malattia più appropriati tra quelle<br />
elencate di seguito:<br />
Reazioni allergiche Autoimmune Sorveglianza immunitaria<br />
Anemia perniciosa Tubercolosi<br />
Malattie da immunodeficienza
● Nella tubercolosi i batteri patogeni sono in grado di resistere alla distruzione da parte<br />
dei macrofagi, moltiplicandosi all’interno dei macrofagi stessi. Quando alla fine i<br />
macrofagi scoppiano, i batteri si diffondono e il lisosoma contenuto si riversa all’esterno<br />
causando danni al tessuto ospite.<br />
● Le reazioni allergiche sono dovute ad una risposta delle cellule T inappropriatamente<br />
forte rispetto alla debole immunogenicita’ dell’antigene.<br />
● La mancanza di cellule B e T dovuta a varie ragioni tra cui la distruzione di cellule T può<br />
causare malattie da immunodeficienza.<br />
● Quando il sistema immunitario attacca i componenti cellulari dell’ospite possono<br />
svilupparsi malattie autoimmuni come l’anemia perniciosa.<br />
● Il processo attraverso cui il sistema immunitario corpale è in grado di individuare e<br />
proteggere se stesso da cellule che presentano sulla loro superficie tipi o quantità di<br />
proteine anormali è conosciuto come sorveglianza immunitaria.<br />
7. Anche se molte cellule tumorali hanno sulla propria superficie antigeni anormali o in<br />
quantità anormale, la sorveglianza immunitaria è inefficace. Fornisci due possibili<br />
spiegazioni per tale inefficacia.<br />
● I tumori possono svilupparsi in aree non soggette alla sorveglianza immunitaria perché<br />
le cellule T evitano le aree dove possono incontrare auto-antigeni.<br />
● Le cellule tumorali possono presentare antigeni in modo tale che questi non possono<br />
essere riconosciuti dalle cellule T.<br />
● Le cellule tumorali sono soggette costantemente a mutazioni. Ciò limita la capacità delle<br />
cellule T di inseguire e riconoscere tutte le cellule tumorali.<br />
Modulo 5. Le tecnologie che hanno reso possibili le biotecnologie<br />
1. Per l’analisi e la manipolazione del DNA vengono utilizzati enzimi e tecniche differenti.<br />
Scegli dall’elenco qui riportato l’enzima o la tecnica più appropriata per le attività elencate<br />
di seguito:<br />
Sequenziamento del DNA Gel elettroforesi Ligasi<br />
Ibridizzazione dell’acido nucleico<br />
Trascrittasi inversa<br />
Polimerasi Enzima di restrizione<br />
Sintetizza il DNA. Polimerasi<br />
Forma il DNA complementare (cDNA) dall’RNA messaggero (mRNA). Trascrittasi<br />
inversa<br />
Taglia o scinde il DNA in frammenti per l’analisi. Enzima di restrizione<br />
Unisce frammenti di DNA. Ligasi<br />
Separa frammenti di DNA in base alla loro dimensione. Gel elettroforesi<br />
Stabilisce l’esatta sequenza delle coppie di basi in un frammento di DNA.<br />
Sequenziamento del DNA<br />
Consente la precisa localizzazione di DNA o RNA con l’utilizzo di una sonda.<br />
Ibridizzazione dell’acido nucleico<br />
Appendice<br />
8<br />
8.9
8<br />
8.10<br />
2. La clonazione genica ha un ruolo centrale tra le molte tecniche utilizzate per analizzare e<br />
comprendere i geni e le loro funzioni. Descrivi a grandi linee le fasi essenziali della<br />
clonazione del DNA.<br />
Fase 1: Il DNA viene isolato dalla cellula e purificato.<br />
Fase 2: Il DNA purificato viene scisso in frammenti utilizzando gli enzimi di restrizione.<br />
Fase 3: Il frammento di DNA che contiene il frammento da clonare è inserito all’interno di<br />
una molecola di DNA circolare detta vettore per produrre una molecola di DNA<br />
ricombinante.<br />
Fase 4: Il vettore agisce come un veicolo per il trasporto del gene nella cellula ospite.<br />
All’interno della cellula ospite il vettore si moltiplica, producendo numerose copie identiche<br />
non solo di se stesso ma anche del gene che esso trasporta.<br />
Fase 5: Quando la cellula ospite si divide, le nuove cellule contengono copie della<br />
molecola di DNA ricombinante, e si verifica un’ulteriore replicazione del vettore.<br />
Fase 6: Dopo un grande numero di divisioni cellulari si è prodotta una colonia o clone di<br />
cellule ospiti identiche. Ognuna contiene una o più copie della molecola di DNA<br />
ricombinante. Il gene trasportato dalla molecola ricombinante è stato clonato.<br />
3. In alcuni casi, molti frammmenti di DNA vengono clonati nello stesso momento per formare<br />
una libreria di cloni. Come può essere identificato il clone contenente il frammento di DNA<br />
di interesse inserito?<br />
Eseguire lo screening della libreria può consentire l’identificazione del clone contenente il<br />
frammento di DNA di interesse. Le colonie possono essere asciugate su carta assorbente e<br />
sondate con una sonda radioattiva contenente parte della sequenza del frammento di DNA<br />
ricercato. La sonda radioattiva ibridizza il frammento di DNA di interesse, che può essere<br />
visualizzato esponendo la carta assorbente alla pellicola fotografica.<br />
Un altro metodo di screening è la traslazione in vitro, in cui il DNA clonato viene utilizzato<br />
per purificare il suo mRNA complementare da una miscela di mRNA cellulare (selezione<br />
dell’ibrido). Le proteine prodotte sono controllate per verificare se erano quelle che ci si<br />
aspettava.<br />
4. La possibilita’ di produrre ogni proteina in grandi quantità è il maggior vantaggio offerto<br />
dall’ingegneria genetica. Delinea alcune delle implicazioni terapeutiche dell’ingegneria<br />
genetica, in particolare in relazione alla cura del <strong>cancro</strong>.<br />
● L’ingegneria genetica può essere utilizzata per sovraesprimere una particolare molecola<br />
di un dato percorso biosintetico al fine di aumentare i livelli di quella molecola.<br />
● Il percorso può essere interrotto per bloccare la produzione di alcuni prodotti.<br />
● Le proteine possono essere specificamente realizzate per avere struttura e funzione<br />
particolari.<br />
Poiche’ i tumori possiedono una componente genetica, il test degli oncogeni e/o delle<br />
oncoproteine (le proteine per cui essi codificano) può aiutare a definire, classificare e<br />
diagnosticare il tumore. In alcuni casi, la presenza o l’assenza di questi markers biologici<br />
può avere valore prognostico e predittivo ed essere di aiuto per la gestione del trattamento.<br />
Per esempio, il recettore dell’estrogeno, il recettore del progesterone e lo status HER2 sono<br />
stati riconosciuti come importanti markers biologici nei tumori.
5. Di seguito è riportato un diagramma schematico degli obiettivi della genomica funzionale.<br />
Descrivi a parole cosa rappresenta il diagramma e indica quali ruoli potrebbero giocare in<br />
questo processo il Progetto Genoma Umano e la bioinformatica.<br />
La genomica funzionale mira ad ottenere una visione di insieme delle funzioni del genoma,<br />
inclusi i profili di espressione dell’mRNA e a livello proteico. Un prerequisito è la<br />
conoscenza, localizzazione (mappa genica) e sequenza dei geni. Da ciò è possibile<br />
identificare l’mRNA e la proteina risultante. La conoscenza della struttura tridimensionale<br />
della proteina aiuta ad identificare la sua possibile funzione e ciò può costituire il feedback<br />
per capire come funziona il gene stesso. (I geni possono appartenere a famiglie che<br />
mostrano un’omologia sia a livello della sequenza del DNA sia a livello proteico. Inoltre,<br />
conoscere come funzionano un gene e il suo prodotto può aiutare a chiarire la funzione di<br />
altri geni correlati o omologhi, anche se di specie differente). Il Progetto Genoma Umano<br />
mira a fornire la mappa e la sequenza completa dell’intero genoma umano. Questa grande<br />
quantità di dati dovrà essere interpretata e analizzata con l’ausilio della bioinformatica.<br />
Modulo 6. Le terapie <strong>biologiche</strong><br />
1. Indica due motivi per cui si stanno sviluppando e utilizzando approcci biologici per la cura<br />
del <strong>cancro</strong>, specificandone i vantaggi potenziali rispetto alle terapie convenzionali.<br />
● Le terapie <strong>biologiche</strong> sfruttano i sistemi già esistenti nell’organismo per produrre risposte<br />
specifiche a sfide e bersagli specifici, superando la tossicita’ associata con i trattamenti<br />
più generalizzati.<br />
● Utilizzare terapie basate su molecole già esistenti nell’organismo permette di superare i<br />
problemi legati alla reazione ad entità estranee.<br />
● Le terapie <strong>biologiche</strong> sono non invasive.<br />
Gene Protein<br />
Funzione<br />
Struttura<br />
● I trattamenti convenzionali sembrano essere vicini ai loro limiti terapeutici.<br />
Appendix<br />
8<br />
8.11
8<br />
8.12<br />
2. Identifica, nella tavola seguente, quale terapia biologica produce gli effetti da A a G di cui<br />
sotto. Il primo caso, relativo alla terapia con citochine, è già completato per essere di<br />
esempio.<br />
Terapia Effetti<br />
Terapia con citochine A, E, F, G<br />
Terapia anticorpale A, B, C, F, G<br />
Vaccini antitumorali F, G<br />
Terapia genica B, D, F<br />
Terapia cellulare A, G<br />
A. Uccide le cellule cancerogene<br />
B. Interrompe o controlla il processo che permette la crescita tumorale<br />
C. Altera i modelli di crescita delle cellule tumorali<br />
D. Blocca i processi che portano alla formazione di cellule cancerogene a partire da<br />
cellule normali<br />
E. Intensifica la capacità dell’organismo di riparare o sostituire le cellule normali<br />
danneggiate o distrutte da chemioterapia o radiazioni<br />
F. Aumenta la suscettibilita’ alla distruzione delle cellule tumorali da parte del sistema<br />
immunitario<br />
G. Aumenta l’attività delle cellule T, delle cellule natural killer e dei macrofagi,<br />
promuovendo l’uccisione delle cellule tumorali.<br />
3. Spiega la differenza tra terapia biologica non mirata e terapia biologica mirata e discuti i<br />
vantaggi della specificita’ di bersaglio.<br />
La terapia biologica non mirata è quella che ha effetto di supporto per il sistema<br />
immunitario e effetti antitumorali non specifici, ma non colpisce il tumore in modo diretto. Le<br />
terapie mirate sono specifiche per le cellule tumorali perché sono dirette contro le<br />
anormalita’ tumore-associate e quindi posseggono un effetto antitumorale diretto.<br />
Le terapie mirate hanno:<br />
● maggiore tollerabilita’ perché colpiscono specificamente solo le cellule tumorali<br />
● nuovi meccanismi di azione che differiscono da quelli delle terapie convenzionali. Ciò<br />
significa che la terapia combinata può probabilmente avere efficacia maggiore<br />
● la capacità di aumentare la risposta immunitaria dell’ospite<br />
● la possibilita’ di trattamenti individualizzati per ogni paziente.<br />
4. Le citochine sono responsabili della normalita’ funzionale di diversi processi fisiologici che<br />
sono il risultato o una componente delle reazioni immunitarie. Definisci cosa sono le<br />
citochine e fornisci quattro esempi dei processi che esse influenzano.<br />
Le citochine sono proteine che, sintetizzate e rilasciate da una cellula, interagiscono coi<br />
recettori di altre cellule, generalmente per regolare la risposta immunitaria.
Le citochine sono coinvolte in:<br />
● normale sviluppo delle cellule T e B<br />
● chemiotassi, cioe’ l’attrazione di cellule di un certo tipo in un particolare luogo<br />
● generazione di normali livelli di IgE<br />
● ematopoiesi<br />
● suscettibilita’ all’infiammazione.<br />
5. Spiega perché l’umanizzazione degli anticorpi è importante per aumentarne il potenziale<br />
terapeutico.<br />
La maggior parte degli anticorpi monoclonali sono prodotti da ibridomi murini, e ciò<br />
significa che l’anticorpo risultante è una proteina estranea. Inoltre, essi sono riconosciuti<br />
come estranei dal sistema immunitario umano, stimolano una risposta immunitaria e<br />
vengono rapidamente neutralizzati o distrutti. Gli anticorpi hanno sequenze di<br />
riconoscimento sia strutturale sia antigenico. L’ingegneria genetica ha reso possibile<br />
l’umanizzazione dei Mabs sostituendo alle sequenze strutturali murine sequenze strutturali<br />
umane. Il sito di riconoscimento antigenico viene lasciato intatto e il Mab risultante è umano<br />
al 95%. Ciò previene la reazione del sistema immunitario contro l’anticorpo umanizzato.<br />
6. Descrivi tre possibili modalità attraverso cui gli anticorpi monoclonali esplicano la loro<br />
attività antitumorale.<br />
Si ritiene che la terapia anticorpale abbia proprieta’ antitumorali che comprendono:<br />
● sottoregolazione del bersaglio, che porta ad alterazioni nelle funzioni di, per esempio,<br />
crescita e proliferazione<br />
● prevenzione dell’attivazione del bersaglio<br />
● inibizione dei percorsi intracellulari controllati dal bersaglio<br />
● induzione della risposta immunitaria<br />
● stimolazione dell’apoptosi (morte cellulare programmata).<br />
7. Delinea le fasi dello sviluppo razionale di una terapia biologica, indicando i fattori che<br />
rendono un particolare marker biologico una molecola bersaglio di grande interesse<br />
terapeutico.<br />
I passi fondamentali per lo sviluppo di una specifica terapia biologica comprendono:<br />
● identificazione di un’anormalita’ specifica delle cellule tumorali, che non è presente nelle<br />
cellule normali<br />
● identificazione del marker biologico (bersaglio) che possiede un ruolo chiave nella<br />
patogenesi della malattia, affinche’ ogni terapia mirata abbia un impatto diretto sulla<br />
crescita e la conservazione tumorale<br />
● identificazione di un’associazione tra il bersaglio e il risultato per il paziente.<br />
Una volta identificato il bersaglio:<br />
● si seleziona un approccio biologico che permetta la terapia mirata ad un fattore<br />
specifico, per esempio Mabs<br />
Appendix<br />
8<br />
8.13
8<br />
8.14<br />
● si verifica se la terapia mirata possiede effetto antitumorale attraverso studi preclinici su<br />
cellule di coltura<br />
● si conducono ulteriori studi preclinici per verificare che siano colpite<br />
● specificamente le cellule tumorali e non siano attaccate le cellule normali<br />
● si conducono ulteriori studi preclinici con modelli animali per verificare l’efficacia e la<br />
sicurezza della terapia<br />
● si iniziano i trials clinici della terapia.<br />
Modulo 7. Il futuro delle terapie <strong>biologiche</strong><br />
1. Com’è noto i tumori sono causati da un’accumulazione di alterazioni genetiche. Descrivi<br />
quali approcci potrebbero essere utilizzati per identificare le combinazioni di differenti<br />
alterazioni genetiche in un singolo tumore.<br />
Prima di venire tradotto per produrre una proteina funzionale, il DNA deve essere trascritto<br />
nell’RNA. Per questo motivo l’analisi dell’RNA fornisce una modalità per l’identificazione<br />
dei geni espressi da un particolare tumore. Il DNA complementare (cDNA) può essere<br />
sintetizzato da un RNA template e utilizzato per sondare DNA genomico isolato da un<br />
campione tumorale. Queste sonde di cDNA identificano solamente i geni che sono espressi<br />
dal tumore e forniscono il profilo di espressione genica specifica per quel tumore.<br />
2. Descrivi le implicazioni pratiche, cliniche, dei profili di espressione genica.<br />
● I profili di espressione possono aiutare a definire i sottotipi di tumori che hanno prognosi<br />
differenti. Un certo profilo di espressione genica può anche avere valore predittivo in<br />
termini di risposta a particolari terapie. Questo sarà di aiuto nei trattamenti<br />
personalizzati per singoli tipi tumorali.<br />
● L’espressione genica può cambiare nel tempo e i profili possono aiutare nella<br />
stadiazione dei tumori e quindi influire sulle opzioni di trattamento.<br />
● La conoscenza di quali geni sono espressi e quando può aiutare nell’identificazione di<br />
nuovi bersagli per l’intervento terapeutico.<br />
3. Scegli l’affermazione più appropriata tra quelle della selezione fornita e inseriscila nelle<br />
frasi che seguono.<br />
i percorsi cellulari di segnalazione e la trasduzione di segnale<br />
lo studio dell’espressione genica<br />
migliaia di anticorpi di specificita’ nota su un frammento<br />
la forma, la funzione e il controllo dei sistemi di proteine cellulari<br />
le strategie di personalizzazione della terapia<br />
● La proteomica è lo studio della forma, della funzione e del controllo dei<br />
sistemi di proteine cellulari.<br />
● L’espressione proteica di singole cellule può essere studiata utilizzando un sistema che è<br />
costituito fondamentalmente da migliaia di anticorpi di specificita’ nota su un<br />
frammento.
● Il confronto dell’espressione proteica tra campioni tessutali di un singolo paziente può<br />
essere utilizzato per sviluppare le strategie di personalizzazione della terapia.<br />
● La proteomica può essere utilizzata in una varieta’ di modi tra cui lo studio dei<br />
percorsi cellulari di segnalazione e la trasduzione di segnale.<br />
● La interrelazione e la complessita’ delle interazioni proteiche significa che la proteomica<br />
produrrà probabilmente informazioni più dettagliate sulle funzioni cellullari che lo<br />
studio dell’espressione genica.<br />
4. Alcuni possibili progressi sono basati su un ulteriore sviluppo degli approcci esistenti.<br />
Suggerisci un modo in cui potrebbero essere migliorate sia le terapie basate su citochine<br />
sia quelle anticorpali.<br />
Le terapie basate su citochine potrebbero essere migliorate limitando gli effetti del<br />
trattamento unicamente alla sede tumorale. Ciò potrebbe essere raggiunto con:<br />
● l’iniezione delle citochine direttamente all’interno del tumore<br />
● cellule tumorali modificate geneticamente per esprimere citochine<br />
● la generazione di proteine di fusione con cui la proteina partner agisce come una<br />
specifica guida tumorale per la molecola di citochina attaccata.<br />
Le terapie anticorpali potrebbero essere migliorate con:<br />
● l’identificazione di migliori molecole bersaglio che abbiano le caratteristiche<br />
appropriate, cioe’ che siano espresse specificamente dalle cellule tumorali, abbiano un<br />
ruolo essenziale nello sviluppo del tumore, e siano accessibili agli anticorpi<br />
● l’utilizzo di anticorpi per rendere le terapie convenzionali mirate alle sedi del tumore<br />
● lo sviluppo di efficaci molecole “dual-purpose” come le immunotossine, cioe’ un<br />
anticorpo, per fornire un effetto specifico mirato al tumore unito ad un agente citotossico<br />
● l’ottimizzazione dell’impiego delle terapie esistenti grazie ad ulteriori informazioni<br />
riguardanti le modalità e i tempi di somministrazione (terapia adiuvante o malattia<br />
metastatica), quali siano le combinazioni più efficaci, ecc.<br />
Appendix<br />
8<br />
8.15
8<br />
8.16<br />
5. L’angiogenesi – la formazione di nuovi vasi sanguigni – è essenziale per la crescita<br />
tumorale. Scegli, dalla selezione qui di seguito, l’annotazione appropriata per completare il<br />
diagramma che identifica gli eventi fondamentali che portano all’angiogenesi tumorale e<br />
alla formazione di metastasi.<br />
Fattori angiogenici Cellule endoteliali vascolari<br />
Metastasi Proliferazione e invasione<br />
Vascolarizzazione e crescita<br />
Fattori<br />
angiogenici<br />
Cellule tumorali<br />
Proliferazione e<br />
invasione<br />
Cellule vascolari endoteliali<br />
Le cellule tumorali<br />
entrano nel sangue<br />
Metastasi<br />
6. Discuti brevemente, dal punto di vista di un infermiere oncologico specializzato, l’impatto<br />
potenziale delle terapie <strong>biologiche</strong> per la gestione e la cura dei pazienti.<br />
L’affermarsi delle terapie mirate significa maggiori scelte terapeutiche e trattamenti<br />
personalizzati per ogni paziente. In compenso, ciò significa anche che i pazienti avranno<br />
bisogno di maggiori informazioni e counselling su:<br />
● l’impatto dei fattori cellulari sulla prognosi e il comportamento del tumore<br />
● la diagnosi, la caratterizzazione del tumore e l’individualizzazione del trattamento<br />
● cosa aspettarsi dalle terapie mirate e come queste differiscono dalle terapie<br />
convenzionali<br />
● il trattamento in termini di prevenzione della progressione tumorale piuttosto che di cura<br />
● l’assunzione delle cure per periodi prolungati per assicurare la soppressione tumorale<br />
continuativa.
Glossario dei termini<br />
ADCC Citossicità cellulare anticorpo-dipendente<br />
Adenina Una delle quattro basi che compongono il DNA<br />
Adiuvante A: termine che definisce la terapia per un tumore primario. B: sostanza che<br />
accresce l’immunogenicità di un antigene<br />
Allelo Una di due o più forme di un gene che differiscono nella sequenza del<br />
nucleotide ma non necessariamente negli effetti<br />
Aminoacido Uno dei 20 componenti costitutivi delle proteine “building blocks”<br />
AMP Adenosin- monofosfato<br />
Amplificazione Presenza, in una cellula, di più del normale numero di coppie di geni<br />
Anafase Lo stadio di meiosi o mitosi durante il quale i cromosomi si muovono verso i<br />
poli cellulari<br />
Aneuploidia Alterazione più o meno limitata del numero normale del patrimonio<br />
cromosomiale<br />
Angiogenesi La formazione di nuovi vasi sanguigni, processo essenziale se il tumore sta<br />
crescendo di > 2 mm di grandezza<br />
Anticorpo Una proteina che reagisce specificatamente con una molecola estranea<br />
(antigene) o parte di una molecola (epitope)<br />
Antigene Una molecola che stimola una risposta immunitaria<br />
Apoptosi Il processo attivo attraverso il quale, nel funzionamento cellulare normale, il<br />
nucleo cellulare segnala la morte di cellule umane o animali. Il momento<br />
opportuno per l’apoptosi dipende dall’età, dallo stato di salute e dalle<br />
condizioni della cellula. Le cellule tumorali non subiscono il naturale processo<br />
apoptoico di morte cellulare<br />
ATP Adenosin-trifosfato, la più comune fonte di fosfato nell’uomo e il maggior<br />
deposito di energia per tutti i processi che richiedono energia<br />
Autocrina Secrezione di una sostanza, come i fattori di crescita, che stimola la<br />
secrezione cellulare autoctona<br />
Malattia<br />
autoimmune Malattia nella quale il sistema immunitario reagisce contro le proprie molecole<br />
Cellula B Una delle due maggiori classi linfocitarie; secerne anticorpi quando stimolata<br />
da una legatura antigenica<br />
Anticorpo Anticorpo con due punti di riconoscimento per due antigeni diversi, più<br />
bispecifico comunemente un antigene bersaglio tumorale e un antigene delle membrane<br />
cellulari immunitarie<br />
CA-125 Marcatore tumorale usato per la valutazione di pazienti con CA ovarico<br />
CA 15-3 Marcatore tumorale che è stato usato per misurare la validità delle terapie per<br />
tumori mammari e seguirne il decorso<br />
Carcinogeno Qualsiasi sostanza che causa il <strong>cancro</strong>, es. diossina, radiazioni<br />
Carcinogenesi L’induzione al <strong>cancro</strong><br />
Appendix<br />
8<br />
8.17
8<br />
8.18<br />
CD4, CD8, CD20, etc. Una famiglia di glicoproteine, gli specifici membri della quale sono espressi<br />
da tipi specifici di cellule immunitarie e che funzionano come recettori,<br />
antigeni della differenziazione, attivatori delle cellule B, ecc. Membri di questa<br />
famiglia, es. CD20, sono specificatemente espressi da vari tipi di leucemia e<br />
linfoma<br />
Immunità cellulo La parte della risposta immunitaria che è dovuta a cellule come le cellule T e i<br />
mediata macrofagi<br />
Centromero La regione di un cromosoma che si lega a fibre fusiformi e che serve ad<br />
assicurare la corretta distribuzione dei cromosomi durante la mitosi e meiosi<br />
C-erbB-2 Nome alternativo per il gene HER2<br />
Chemiotassi Attrazione di cellule verso un punto specifico, spesso mediata da fattori come<br />
le citochine<br />
Chimera Molecola prodotta dall’ingegneria genetica attraverso la combinazione di<br />
DNA di fonti diverse. La molecola codificata contiene sequenze selezionate da<br />
entrambi le sorgenti parentali<br />
Cromatina Molecola comprendente DNA, RNA e proteine che formano il materiale<br />
genetico di una cellula<br />
Cromosoma Struttura comprendente DNA e proteine, 23 paia delle quali si trovano<br />
normalmente in una cellula umana diploide<br />
Fattori di stimolazione Gruppo di citochine che inducono la maturazione e la proliferazione di globuli<br />
di ceppi stipite bianchi<br />
Complemento Gruppo di proteine che agiscono a cascata per provocare alla fine la<br />
immunolisi delle cellule<br />
Ciclina Molecola che blocca la fosforilazione delle proteine e che fa parte del<br />
meccanismo di controllo del ciclo cellulare<br />
Proteino chinasi Molecole che fosforilizzano la proteina e fanno parte del meccanismo di<br />
ciclino dipendente controllo del ciclo cellulare<br />
Citochine Piccole proteine che sono rilasciate dalle cellule e hanno effetto specifico sulla<br />
interazione cellulo-cellulare, comunicazione, e comportamento di altre cellule<br />
Citoplasma Sostanza vitale cellulare esterna al nucleo<br />
Citosina Una delle quattro basi che formano il DNA<br />
Citotossico Che provoca morte cellulare<br />
Cellule dendritiche Uno dei principali tipi di cellule che presentano l’antigene di superficie che ha<br />
la capacità di attivare le cellule T<br />
Acido Vedi DNA<br />
Desossiribonucleico<br />
Differenziazione Processo attraverso il quale cellule con aspetti generalizzati diventano<br />
specializzate, es. formazione di globuli rossi da progenitori eritroidi<br />
Dimero Composto formato da due molecole identiche (anche detto omodimero)<br />
Diploide Presenza di due serie complete di cromosomi omologhi
DNA Acido Desossiribonucleico, nell’uomo si presenta come una molecola a doppio<br />
filamento che codifica l’informazione genetica necessaria al funzionamento<br />
cellulare<br />
Biblioteca di DNA Fortuita non ordinata serie di cloni di DNA<br />
Elettroforesi Tecnica usata per separare molecole come polipeptidi ed oligonucleotidi<br />
usando un gel (gelatina) per muoverli in un campo elettrico<br />
ELISA Una prova immunologica reattiva che usa un enzima legato ad un anticorpo o<br />
un antigene come marcatore per la rilevazione di una proteina specifica<br />
specialmente un antigene o anticorpo. Spesso usato come test diagnostico in<br />
modo particolare per campioni ematici<br />
Endonucleasi Un enzima che taglia un polinucleotide ad una specifica sequenza del<br />
nucleotide all’interno del filamento del DNA<br />
Reticolo Rete di membrane all’interno della cellula, con funzione di magazzinaggio<br />
endoplasmatico trasporto e sintesi delle proteine<br />
Epidemiologia Lo studio della frequenza e distribuzione di una malattia, compresa<br />
l’investigazione dei fattori coinvolti nella sua provocazione<br />
Epitope La regione di un antigene che stimola la produzione di uno specifico<br />
anticorpo. Gli antigeni possono contenere un numero diverso di epitopi<br />
ciascuno dei quali stimola la produzione di un differente anticorpo<br />
erbB Nome alternativo per il recettore del fattore di crescita epidermale umano nella<br />
famiglia recettoriale<br />
Eritropoietina Fattore di crescita che induce la proliferazione dei precursori dei globuli rossi<br />
Exon La sequenza di DNA di un gene che codifica una proteina<br />
Exonucleasi Enzima che taglia il DNA alla fine di un filamento<br />
Filgrastim Forma ricombinante che stimola i fattori di colonizzazione del granulocita<br />
umano usato come terapia di supporto per prevenire e migliorare la<br />
neutropenia<br />
Ibridazione della Tecnica di analisi nella quale i geni sono etichettati usando DNA<br />
fluorescenza in-situ coniugato a marcatori fluorescenti<br />
GMP Guanosin-monofosfato<br />
Fattore di Qualsiasi sostanza che stimola la crescita di tessuti od ossa. Fattori di crescita<br />
crescita possono essere vitamine, minerali od ormoni ed esercitano i loro effetti<br />
attraverso i recettori dei fattori di crescita. Esempi includono fattori di crescita<br />
epidermali<br />
Recettori del fattore Una molecola, spesso una glicoproteina, che è posta sulla membrana cellulare<br />
di crescita ed è coinvolta nel trasmettere segnali trasportati da fattori di crescita al nucleo<br />
cellulare<br />
Guanina Una delle quattro basi che compongono il DNA<br />
Ematopoiesi Crescita e maturazione dei componenti cellulari del sangue comprendenti<br />
globuli rossi, bianchi e piastrine<br />
Appendix<br />
8<br />
8.19
8<br />
8.20<br />
Aploide La presenza di un singolo cromosoma, piuttosto che un duplice come<br />
normalmente è contenuto nella cellula. Nel caso umano sono presenti 23<br />
cromosomi e non 46<br />
HER2 Recettore-2 del fattore di crescita umano epidermale, un recettore della<br />
tirosino-chinasi trovato sulla cellula epidermale. Il gene HER2 è un protooncogene<br />
che si amplifica in una varietà di tipi di tumore, il più importante è<br />
quello del tumore mammario. L’amplificazione/sovraespressione del HER2 è<br />
associata con aggressività di malattia e povera prognosi<br />
Herceptin ® Un anticorpo monoclonale umanizzato anti HER2 che ha dimostrato aver<br />
significativi benefici nel trattamento del tumore mammario metastatico, positivo<br />
al HER2<br />
Ereguline Termine generalmente usato per descrivere i legamenti per HER3 e HER4 (vedi<br />
anche neoreguline)<br />
Eterodimero Composto formato dalla combinazione di due molecole connesse ma distinte<br />
Istamina Molecola rilasciata durante una risposta allergica che provoca contrazioni<br />
della muscolatura liscia e un’aumentata permeabilità vasale<br />
Omologhi Essere simili o identici in una sequenza o struttura<br />
Immunità umorale La parte di una risposta immunitaria che è dovuta ad anticorpi e al sistema del<br />
complemento nel plasma<br />
Ibridoma Linea cellulare immortale formata dalla fusione di cellule di due tipi che è<br />
usata nella produzione degli anticorpi monoclinali<br />
Immuno coniugato Composto formato dalla congiunzione di una tossina, o radionuclide di un<br />
anticorpo allo scopo di colpire terapeuticamente una cellula particolare o un<br />
tessuto<br />
Immunogenico Capace di provocare una risposta immunologia<br />
Immunoglobuline Famiglia di proteine che formano anticorpi<br />
Immunoistofarmacologia<br />
Tecnica di prova che identifica molecole bersaglio specifiche che usano<br />
anticorpi marcati<br />
Immunoterapia Terapia che usa anticorpi o altri componenti del sistema immunitario o che usa<br />
antigeni atti a stimolare una risposta immunitaria ad un tumore<br />
Interferone Classe di citochine che agiscono per prevenire la sintesi proteica e svolgono<br />
un ruolo nella funzione immunitaria<br />
Interleuchina Famiglia delle citochine che promuovono la differenziazione, maturazione e<br />
risposta all’antigene delle cellule T<br />
Interfase Il periodo del ciclo cellulare tra le divisioni quando avviene la sintesi dei<br />
costituenti cellulari<br />
Introne Sequenza del DNA di un gene che non codifica la proteina ma è trascritto nel<br />
RNA<br />
Kinasi Enzima che trasferisce il gruppo fosfato dall’ATP ad una molecola come una<br />
proteina
Leucocita Nome alternativo per i globuli bianchi, le cui classi più importanti includono<br />
linfociti e monociti<br />
Ligando Molecola che si lega ad un’altra, generalmente molecole più grandi, es.:<br />
recettore che spesso determina una attivazione<br />
Lipofilico La proprietà di essere solubile nei lipidi od aver affinità per i lipidi<br />
Liposoma Particella sferica con esposizione con un doppio strato lipidico, che agisce<br />
come una membrana che racchiude un composto che ha una funzione simile a<br />
un farmaco. Il contenere un anticorpo nella membrana lipidica può permettere<br />
ai liposoni di essere colpiti dalle cellule tumorali<br />
Alveoli lobulari Termine per descrivere la struttura mammaria, che è divisa in 20 lobuli,<br />
disposti come i petali di un fiore, consistenti in alveoli o strutture simil-sacculari<br />
Linfocita Classe di leucociti del sangue, del midollo o del sistema linfatico con un ruolo<br />
importante sia nell’immunità umorale che cellulare<br />
Lisozoma Una membrana “a bolla” contenente enzimi idrolitici<br />
MabThera ® Anticorpo chimico che bersaglia il CD20 e che viene usato nel trattamento del<br />
linfoma positivo al CD20<br />
Macrofago Una cellula immunitaria che sta nel tessuto e svolge un ruolo importante<br />
nell’ospitare meccanismi di difesa, in particolar modo contro i batteri<br />
Complesso maggiore Chiamati anche antigeni linfocitari umani (HLA), le molecole MHC sono<br />
di isto-compatibilità un’alta classe polimerica di antigeni di cellule membrano-associate che<br />
servono alle cellule T per il riconoscimento antigenico<br />
MAP chinasi Proteino-chinasi mitogeno-attivata, coinvolta in una cascata intracellulare<br />
segnalante, e stimolata da una proliferazione extracellulare e da fattori di<br />
differenziazione<br />
Megacariocita Grande cellula di midollo spinale, vitale per la produzione di piastrine<br />
Meiosi Il processo attraverso il quale le cellule si dividono per produrre cellule figlie<br />
con la metà dei normali cromosomi effettivi<br />
Metafase Stadio della meiosi o mitosi durante il quale i cromosomi si allineano<br />
Metastasi A: diffusione del <strong>cancro</strong> dal suo sito iniziale ad un altro, generalmente<br />
lontano. B: tumore secondario maligno che si sviluppa in un sito distante da<br />
quello del tumore primario<br />
Microsfera Piccole particelle sferiche che possono contenere farmaci e possono essere<br />
marcate con il proposito di segnalare la loro distribuzione nel corpo<br />
Microtuboli Strutture cilindriche forate che formano lo scheletro della cellula<br />
Mitocondrio Organulo cellulare che è il sito della formazione di energia e della<br />
translazione dell’RNA a formare proteine<br />
Mitosi Il processo di divisione cellulare che produce due identiche cellule figlie con il<br />
normale numero effettivo di cromosomi<br />
Anticorpi monoclonali Anticorpi che sono chimicamente ed immunologicamente identici, es.<br />
riconoscono una regione specifica di un particolare antigene. Gli anticorpi<br />
monoclonali sono spesso usati per testare e sono stati introdotti nel trattamento<br />
del <strong>cancro</strong>, es. Herceptin ®<br />
Appendix<br />
8<br />
8.21
8<br />
8.22<br />
Monocita Un leucocita più grande di misura di un linfocita e che è correlato ai<br />
macrofagi<br />
Myc Fattore coinvolto nella regolamentazione della crescita cellulare e che<br />
frequentemente si amplifica/sovraesprime in molti tumori umani<br />
Mieloide Relativo al midollo osseo<br />
Cellule “natural killer” Grossi linfociti che sono direttamente citotossici per altre cellule<br />
Neu Il gene equivalente al gene HER2 umano, nei topi<br />
Neureguline Termine generico usato per descrivere i ligandi per l’HER3 e HER4 (vedi anche<br />
Ereguline)<br />
Neutropenia Diminuzione nella conta dei globuli bianchi caratterizzata da una perdita di<br />
neutrofili che può condurre a complicanze mortali e che è spesso causata da<br />
chemioterapie citotossiche<br />
Neutrofilo Leucocita il cui nome è dovuto al viraggio di colore, con colorazione<br />
Romanowsky, che ha un ruolo nella risposta immunitaria a infezioni batteriche<br />
sistemiche e disordini infiammatori<br />
NK cellule Vedi cellule “natural killer”<br />
Nucleotide Il componente basico del DNA fatto di una base nitrogenosa, uno zucchero ed<br />
un gruppo fosfato includente adenina, citosina, guanina, timina e uracile<br />
Nucleo Struttura limitata da una membrana che contiene le informazioni genetiche<br />
della cellula<br />
Oncogene Gene capace di provocare e mantenere la trasformazione oncogenica delle<br />
cellule<br />
Trasformazione Processo attraverso il quale una cellula normale si muta<br />
oncogenica in cellula tumorale<br />
Organulo Struttura intracellulare con funzione specializzata, ne sono un esempio il<br />
nucleo e i mitocondri<br />
Sovraespressione Produzione di quantitativi in sovranumero, rispetto al normale, di una proteina<br />
cellulare, generalmente dovuta ad amplificazione genica<br />
p185 HER2 Nome alternativo per la proteina HER2<br />
p53 Gene oncosopressore che si pensa abbia un ruolo nel regolare l’apoptosi, la<br />
cui funzione è spesso assente nel <strong>cancro</strong><br />
Paracrino Forma di segnalazione nella quale la cellula bersaglio è strettamente legata<br />
alla cellula rilasciatrice di segnale<br />
Fago Virus che infetta i batteri ed è utile come vettore di un clone<br />
Fagocita Cellula che elimina particelle estranee come i virus ingerendoli<br />
Fenotipo L’espressione dell’interazione del comportamento genetico di una cellula e del<br />
suo ambiente, come caratteristica misurabile della cellula<br />
Fosforilazione Processo attraverso il quale le proteine sono attivate per mezzo di un legame<br />
di un gruppo fosforico e che è importante per la segnalazione del percorso<br />
intracellulare
Plasmidi Piccoli cerchi di DNA trovati nei batteri ed altri organismi che sono usati per<br />
clonare il DNA<br />
Polimerasi Qualsiasi enzima che causa polimerizzazione, es. formazione di polinucleotidi<br />
da nucleotidi e polipeptidi da peptidi<br />
Catena di polimerasi Tecnica usata per ampliare la sequenza di DNA bersaglio che utilizza<br />
polimerasi ed una miscela di quattro basi DNA (adenina, citosina, guanina e<br />
timina)<br />
Poliploide Presenza di multipli del normale complemento cromosomico<br />
Profase Stadio iniziale della divisione nucleare durante la meiosi e mitosi<br />
Proteomico Studio della forma, funzione e controllo del reticolato proteico-cellulare<br />
Proto-oncogene Gene cellulare normale che diviene un oncogene attivo attraverso mutazione<br />
“Pompa” proteica Membrana proteica coinvolta nel trasporto attivo di molecole nelle cellule<br />
Ras Famiglia di proteine che aiuta al rilascio di segnali dai recettori della<br />
membrana cellulare al nucleo cellulare<br />
Recettore Una molecola, spesso una proteina, che si trova sulla superficie che trasmette<br />
segnali dall’esterno della cellula al nucleo cellulare<br />
Transcriptasi-inversa Enzima che permette al DNA di essere sintetizzato dal RNA<br />
Ribosoma Il punto della sintesi della proteina cellulare, comprendente RNA e proteina<br />
RNA Acido ribonucleico, include forme conosciute come l’RNA messaggero che<br />
trasporta informazioni dal DNA ai ribosomi e determina la sequenza delle<br />
proteine; l’RNA transfert comprendente almeno 20 varietà che attaccano gli<br />
aminoacidi e riconoscono i codoni nel RNA messaggero<br />
RT-PCR Tecnica usata per la prima conversione del RNA verso un DNA a singolo<br />
filamento usando la trascriptase enzimatica inversa e per produrre coppie<br />
complementari multiple di DNA usando la polimerasi enzimatica ed una<br />
mistura delle quattro basi di DNA (Adenina, citosina, guanina e timina)<br />
Senescenza Il normale processo di invecchiamento quando applicato sia ad un intero<br />
organismo che ad una cellula<br />
Sigmoidosopia Ispezione del colon usando un endoscopio<br />
Sistemico Relativo o che incide sull’intero organismo, es. somministrazione sistemica di<br />
una terapia<br />
T cellula Una delle due maggiori classi linfocitarie responsabili dell’immunità cellulomediata<br />
Telomero Periodo definito di cromosomi, formato da sequenze di DNA ripetitive che<br />
sono generate ex novo dalla telomerasi durante la divisione cellulare<br />
Telofase Stadio finale della divisione cellulare, durante la meiosi o mitosi, durante il<br />
quale si formano nuove membrane nucleari<br />
Trombopoietina Citochina coinvolta nella maturazione di megacariociti e così della produzione<br />
di normali piastrine<br />
Timina Una delle quattro basi del DNA<br />
Trascrizione Produzione di un filamento complementare di RNA dal DNA nucleare<br />
Appendix<br />
8<br />
8.23
8<br />
8.24<br />
Transfectante Cellula o animale contenente DNA sconosciuto<br />
Transfezione Il trasferimento di DNA contenente un gene specifico in una cellula con il<br />
significato di studiarne gli effetti su quel gene<br />
Trasformante Cellula che ha subito un cambiamento che l’ha resa maligna<br />
Trasformazione Cambio di una cellula dallo stato normale a quello canceroso<br />
Translazione Processo per mezzo del quale la sequenza del RNA messaggero viene “letta”<br />
per determinare la sequenza dell’aminoacido di una proteina<br />
Translocazione Riarrangiamento cromosomico nel quale materiale genetico trasmigra dal suo<br />
posto normale verso un altro sito spesso distruggendo geni e provocando<br />
anormalità<br />
Fattore α di necrosi Una proteina ed una citochina che di preferenza uccidono cellule tumorali ed<br />
tumorale hanno un ampio raggio di azione pro-infiammatoria<br />
Gene Qualunque gene che normalmente agisce sull’inibizione della crescita<br />
onco-soppressore cellulare, la mutazione o cancellazione del quale può dare come risultato una<br />
irregolare crescita cellulare e il <strong>cancro</strong><br />
Tirosino-chinasi Enzima che attiva le proteine fosforilando l’aminoacido tirosina<br />
Uracile Base tovata nel DNA<br />
Vaccino Nel contesto dell’oncologia l’uso di cellule tumorali modificate - cellule tumorali<br />
lisate e vettori che esprimono antigeni tumorali che stimolano una risposta<br />
immunitaria contro un tumore esistente<br />
VEGF Fattore di crescita endoteliale vascolare<br />
Xeno innesto Innesto chirurgico di tessuto di una specie su o in un individuo di specie<br />
diversa (eterologo)<br />
Bibliografia<br />
Questa bibliografia non intende essere una guida comprensiva di tutto il materiale di<br />
referenza usato per preparare questa Risorsa Educazionale. Piuttosto è stata allestita<br />
per indicare le più importanti risorse di ulteriori informazioni per chi sia interessato a<br />
saperne di più circa gli argomenti descritti.<br />
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