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Terapie biologiche e cancro - the European Oncology Nursing Society

Terapie biologiche e cancro - the European Oncology Nursing Society

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<strong>Terapie</strong> <strong>biologiche</strong> e <strong>cancro</strong><br />

Una<br />

risorsa<br />

educazionale<br />

per<br />

gli<br />

infermieri<br />

Sponsorizzata da una borsa di studio dalla<br />

F. Hoffmann-La Roche Ltd


Sponsorizzata da una borsa di studio dalla<br />

F. Hoffmann-La Roche Ltd


<strong>Terapie</strong> Biologiche: Prefazione<br />

Prestare assistenza oncologica offre molte opportunità a gli infermieri ed a tutti gli<br />

operatori sanitari. Le più recenti conoscenze scientifiche hanno accresciuto la nostra<br />

esperienza sui processi associati al <strong>cancro</strong>, e permesso una più grande specificità e<br />

precisione nelle terapie oncologiche. Inoltre le conoscenze emergenti sul progetto<br />

Genoma Umano forniranno indubbiamente, nel futuro, cambiamenti esponenziali nei<br />

tipi di terapie attuabili ai pazienti. Di conseguenza noi come operatori sanitari<br />

abbiamo bisogno di continui aggiornamenti circa le conoscenze per poter meglio<br />

supportare i nostri pazienti. Per questo la “<strong>European</strong> <strong>Oncology</strong> <strong>Nursing</strong> <strong>Society</strong>” ha il<br />

piacere di sostenere questa eccellente risorsa per infermieri ed operatori sanitari.<br />

Essa offre, per la prima volta, un quadro generale completo della genetica del <strong>cancro</strong><br />

e delle terapie <strong>biologiche</strong>. Questa risorsa educazionale offre informazioni dettagliate<br />

sulle basi genetiche del <strong>cancro</strong> ed è proposta in un formato di facile fruizione, con la<br />

possibilità di utilizzare questionari di autovalutazione che aiutano la continuità dello<br />

sviluppo professionale. Spesso le informazioni scientifiche non sono di facile accesso<br />

a tutti gli operatori sanitari e noi abbiamo raccomandato agli autori di facilitarne la<br />

comprensione superando le barriere linguistiche tecniche pur mantenendo la<br />

specificità delle informazioni. La spiegazione ampiamente dettagliata delle terapie<br />

<strong>biologiche</strong> offre al lettore non solo esaustive informazioni ma anche l’opportunità di<br />

esplorare le cure di supporto richieste, attraverso lo studio innovativo dei casi clinici.<br />

L'EONS raccomanda questa risorsa educazionale come un eccellente strumento per<br />

gli infermieri impegnati nell'assistenza ai pazienti oncologici ed in particolare a quelli<br />

coinvolti nella somministrazione di terapie <strong>biologiche</strong>. Poichè i membri EONS<br />

esercitano la loro professione in paesi di lingua diversa siamo orgogliosi di prentare<br />

il materiale in lingua Francese, Italiana, Spagnola e Tedesca.<br />

Nora Kearney, Senior Lecturer in Cancer <strong>Nursing</strong><br />

Past President <strong>European</strong> <strong>Oncology</strong> <strong>Nursing</strong> <strong>Society</strong><br />

Agnes Glaus, Nurse Practitioner and Scientist<br />

Immediate-Past President <strong>European</strong> <strong>Oncology</strong> <strong>Nursing</strong> <strong>Society</strong><br />

Giel Vaessen, Senior Lecturer in Cancer <strong>Nursing</strong><br />

President <strong>European</strong> <strong>Oncology</strong> <strong>Nursing</strong> <strong>Society</strong><br />

Ringraziamo per il loro contribuito le seguenti persone:<br />

Nora Kearney, <strong>Nursing</strong> & Midwifery School, University of Glasgow, Scotland<br />

Alison Richardson, King’s College London, London, UK<br />

Gaye McPhail, <strong>Nursing</strong> & Midwifery School, University of Glasgow, Scotland<br />

Alison Lorenzos, Royal Free Hospital, <strong>Oncology</strong> Department, London, UK<br />

Anne Murphy, Division d’Oncologie, Hospital Cantanol de Genève, Switzerland


Contenuti<br />

Introduzione<br />

Modulo 1. Il <strong>cancro</strong> attraverso il tempo<br />

● Introduzione: l’impatto del <strong>cancro</strong> 1.1<br />

● Questionario di autovalutazione 1.2<br />

● Variabili internazionali dell’incidenza del <strong>cancro</strong> 1.3<br />

● Cambiamento dell’incidenza del <strong>cancro</strong> nel tempo 1.5<br />

● Effetti delle terapie sulla sopravvivenza 1.8<br />

● Cancro prevenzione 1.9<br />

Fattori implicati nello sviluppo del <strong>cancro</strong> 1.9<br />

Controllo e screening sul <strong>cancro</strong> 1.10<br />

Chirurgia e chemioprevenzione 1.11<br />

● Trattamento del <strong>cancro</strong> una prospettiva storica 1.12<br />

Chirurgia 1.12<br />

Radioterapia 1.13<br />

Terapia ormonale (endocrina) 1.14<br />

Chemioterapia 1.14<br />

Terapia biologica (immunoterapia) 1.18<br />

● Sommario 1.19<br />

● Questionario di autovalutazione 1.20<br />

Modulo 2. Controllo di crescita cellulare e <strong>cancro</strong><br />

● Introduzione 2.1<br />

● Questionario di autovalutazione 2.2<br />

● Una panoramica sulla replicazione cellulare 2.3<br />

Introduzione 2.3<br />

Il ciclo cellulare 2.4<br />

Meccanismi di divisione cellulare 2.5<br />

Mitosi 2.6<br />

Meiosi 2.7<br />

Importanza di mitosi e meiosi 2.10<br />

● Fattori e percorsi coinvolti nel controllo della replicazione cellulare 2.10<br />

Sistema controllo nel ciclo cellulare 2.10<br />

Fattori di crescita 2.11<br />

Recettori dei fattori di crescita 2.14<br />

Dipendenza d’ancoraggio 2.14<br />

Invecchiamento cellulare 2.14<br />

Apoptosi morte cellulare programmata 2.15<br />

● Sommario 2.15<br />

● Questionario di autovalutazione 2.17<br />

Traduzione Italiana a cura di Regina Ferrario e Stefania Selva


Contenuti<br />

Modulo 3. Basi genetiche dello sviluppo del <strong>cancro</strong><br />

● Introduzio 3.1<br />

● Questionario di autovalutazione 3.2<br />

● Biologia molecolare/genetica - le basi 3.3<br />

Cellule e tessuti 3.3<br />

DNA 3.3<br />

Replicazione del DNA 3.4<br />

Geni 3.4<br />

Cromosomi 3.4<br />

Genomi 3.4<br />

Il codice genetico 3.4<br />

RNA 3.5<br />

Proteine 3.5<br />

Perché queste conoscenze sono importanti? 3.6<br />

● Oncogeni e geni onco-soppressori 3.6<br />

Oncogeni 3.6<br />

Geni onco-soppressori 3.8<br />

Geni riparatori dell’errore di accoppiamento 3.8<br />

● Anormalità genetiche nello sviluppo del <strong>cancro</strong> 3.9<br />

p53 3.10<br />

Ras 3.11<br />

Myc 3.11<br />

HER2 3.12<br />

● Segnali di rapporto cellulare 3.13<br />

Significato dei segnali 3.14<br />

Trasduttore dei segnali 3.15<br />

● Percorso di segnalazione 3.16<br />

HER2 3.16<br />

TGF-β/Smad 3.18<br />

Ras e Raf-1/ERK2 (MAPK) 3.18<br />

● Oncogenesi e crescita tumorale 3.18<br />

Sviluppo di un tumore 3.18<br />

Aumento delle mutazioni come premessa alla crescita tumorale 3.20<br />

● Sommario 3.20<br />

● Questionario di autovalutazione 3.22


Contenuti<br />

Modulo 4. Il sistema immunitario: le basi per tutte le terapie<br />

<strong>biologiche</strong><br />

● Introduzione 4.1<br />

● Questionario di autovalutazione 4.2<br />

● Capire il sistema immunitario 4.3<br />

Cos’è una risposta immunitaria? 4.3<br />

Cos’è un antigene? 4.3<br />

Cos’è un anticorpo? 4.3<br />

Produzione di anticorpi diversi 4.5<br />

Cellule con antigeni di superficie che stimolano i cloni linfocitari 4.6<br />

Creare estese diversità anticorporali 4.7<br />

Funzioni degli anticorpi 4.8<br />

● Il sistema immunitario innato 4.8<br />

Il sistema complemento - effetto domino (effetto a cascata) 4.9<br />

I fagociti 4.10<br />

Le cellule natural-killer 4.10<br />

● Sistema immunitario acquisito 4.10<br />

● Risposte immunitarie cellulo-mediate 4.10<br />

I linfociti 4.10<br />

● Produzione di anticorpi in laboratorio 4.12<br />

Produzione di anticorpi monoclonali in laboratorio 4.12<br />

● Il sistema immunitario e la malattia 4.15<br />

Il <strong>cancro</strong> 4.15<br />

● Sommario 4.16<br />

● Questionario di autovalutazione 4.17<br />

Modulo 5. Le tecnologie che hanno reso possibile le terapie<br />

<strong>biologiche</strong><br />

● Introduzione 5.1<br />

● Questionario di autovalutazione 5.2<br />

● Sviluppi tecnologici 5.3<br />

Tecnologia del DNA ricombinante 5.3<br />

Clonazione genica 5.5<br />

● Ingegneria genica - riprogettazione dei geni 5.9<br />

Cultura di cellule animali 5.10<br />

Transfezione 5.11<br />

● Applicazione di nuove tecnologie nello studio del <strong>cancro</strong> 5.11<br />

Gli anticorpi come strumenti di biologia molecolare e biochimica 5.12<br />

Immunoistochimica 5.12<br />

ELISA 5.13<br />

Ibridizzazione in situ 5.13<br />

Reazione polimerica a catena 5.14<br />

● Genomica funzionale 5.16<br />

Il progetto Genoma Umano 5.16<br />

Bioinformatica 5.17<br />

● Sommario: applicazioni di queste conoscenze 5.17<br />

● Questionario di autovalutazione 5.19


Contenuti<br />

Modulo 6. Spiegazione delle terapie <strong>biologiche</strong><br />

● Introduzione 6.1<br />

● Questionario di autovalutazione 6.2<br />

● Il perché dell’uso delle terapie <strong>biologiche</strong> nel trattamento del<br />

<strong>cancro</strong> 6.3<br />

● Tipi di terapie <strong>biologiche</strong> 6.3<br />

Terapia con citochine 6.4<br />

<strong>Terapie</strong> anticorporali 6.7<br />

Vaccini tumorali 6.14<br />

<strong>Terapie</strong> geniche 6.16<br />

<strong>Terapie</strong> cellulari 6.18<br />

● <strong>Terapie</strong> <strong>biologiche</strong> mirate o non mirate 6.20<br />

Utilizzo di specifiche anormalità tumorali per le terapie bersaglio 6.20<br />

Vantaggi della focalizzazione 6.20<br />

● Caso clinico 1: Filgrastim, un agente biologico non mirato usato<br />

come terapia di supporto 6.21<br />

Ematopoiesi 6.21<br />

Fattori di crescita ematopoietici 6.22<br />

Effetti in vivo del filgrastim 6.22<br />

Utilizzo clinico del filgrastim 6.22<br />

Caso clinico G-CSF 6.24<br />

Sommario 6.26<br />

● Caso clinico 2: IL-2 ricombinante, un agente biologico non<br />

mirato con attività antitumorale 6.27<br />

L’attività del IL-2 6.27<br />

IL-2 come terapia antitumorale 6.27<br />

Caso clinico IL-2 6.29<br />

Sommario 6.30<br />

● Caso clinico 3: Terapia anticorporale monoclonale con<br />

anti-HER umanizzato, un bersaglio biologico oncogenico<br />

come agente anti<strong>cancro</strong> 6.30<br />

Il razionale per la specificità di bersaglio verso HER2 6.31<br />

Sviluppo della terapia bersaglio HER2 6.31<br />

Selezione dei pazienti da sottoporre a terapia con Herceptin ® 6.31<br />

Sperimentazione clinica con Herceptin ® 6.32<br />

Caso clinico - Herceptin ® 6.34<br />

Sommario 6.36<br />

● Conclusioni 6.37<br />

● Questionario di autovalutazione 6.38


Contenuti<br />

Modulo 7. Il futuro delle terapie <strong>biologiche</strong><br />

● Introduzione 7.1<br />

● Questionario di autovalutazione 7.2<br />

● Caratterizzazione genica dei tumori 7.4<br />

Micro-filamenti del DNA complementare 7.4<br />

Proteomica 7.5<br />

● Sviluppi successivi degli approcci esistenti 7.5<br />

<strong>Terapie</strong> basate sulle citochine 7.6<br />

<strong>Terapie</strong> basate sugli anticorpi 7.6<br />

Vaccini tumorali 7.10<br />

<strong>Terapie</strong> geniche 7.11<br />

<strong>Terapie</strong> cellulari 7.11<br />

● Nuovi approcci: angiogenesi mirata antineoplastica 7.11<br />

● Sommario: implicazioni per i pazienti con <strong>cancro</strong> 7.14<br />

● Questionario di autovalutazione 7.16<br />

Appendice<br />

● Risposte ai questionari di autovalutazione 8.1<br />

● Glossario dei termini 8.16<br />

● Bibliografia 8.23


Introduzione a questa risorsa<br />

Questa risorsa educazionale è stata progettata e sviluppata da un gruppo di infermieri<br />

oncologici esperti. È stato pianificato come uno strumento per gli infermieri oncologi formatori,<br />

da usarsi per migliorare la comprensione dello stato dell’arte nella ricerca e cura oncologica.<br />

C’è anche una bibliografia per coloro che desiderano un approfondimento sulla biologia<br />

molecolare, la genetica oncologica e l’immunologia di base. Il materiale copre l’esperienza<br />

scientifica di base del <strong>cancro</strong> e descrive come il nostro sviluppo conoscitivo della genetica e<br />

biologia oncologica associata con i recenti progressi tecnologici, ha portato allo sviluppo di un<br />

gruppo di nuove terapie <strong>biologiche</strong> che utilizzano le proprietà uniche del sistema immunitario.<br />

Questa conoscenza è la base per la comprensione di come questa nuova classe di farmaci<br />

oncologici lavorano e il loro potenziale cambi la nostra gestione dei pazienti oncologici.<br />

Attraverso questa risorsa educazionale i concetti discussi sono illustrati da figure e tavole per<br />

promuovere una maggior comprensione. All’inizio e alla fine di ciascun modulo c’è una serie<br />

di domande che aiuta gli studenti a valutare la loro comprensione dei principi e concetti<br />

discussi.<br />

L’impatto del <strong>cancro</strong><br />

I dati dimostrano chiaramente quanto il <strong>cancro</strong> pesi sulla società contemporanea. Come<br />

descritto nel Modulo 1 l’incidenza del <strong>cancro</strong> e la sua mortalità sono cresciuti stabilmente nei<br />

paesi sviluppati durante il 20 secolo, principalmente a causa del prolungamento della vita e<br />

conseguentemente per l’aumento della popolazione mondiale. Non ci si sorprenda se la<br />

prevenzione e il trattamento rimangono tra le principali aree della ricerca clinica. Misure quali<br />

migliorare e intensificare gli screening hanno avuto il maggior impatto sui dati di<br />

sopravvivenza negli ultimi decenni. Si sono fatti inoltre progressi nel trattamento del <strong>cancro</strong>,<br />

con lo sviluppo di sempre più sofisticati agenti ormonali e chemioterapici.Comunque il maggior<br />

svantaggio delle diverse modalità terapeutiche che possono essere efficaci per il trattamento<br />

del <strong>cancro</strong> è che le stesse sono spesso invasive o associate a una significativa tossicità dovuta<br />

alle loro proprietà non selettive. Inoltre i benefici clinici ottenuti da regimi basati su<br />

chemioterapie primarie non specifiche appaiono limitate al fatto che ci sia una bassa evidenza<br />

di qualsivoglia impatto importante sulla percentuale di sopravvivenza complessiva.<br />

Quindi vengono ricercate nuove modalità terapeutiche che offrano benefici chimici<br />

supplementari con tossicità inferiori o simili. Uno dei trattamenti tipo che soddisfa questi<br />

requisiti è la terapia biologica.<br />

Funzione normale delle cellule<br />

Strategie terapeutiche razionali, per esempio quelle che hanno per bersaglio una specifica<br />

molecola in una cellula, sono in alternanza tra il funzionamento e l’interazione cellulare, e<br />

come i processi cellulari possono incrociarsi. Il Modulo 2 fa il punto sui processi che accadono<br />

durante una normale crescita cellulare e il tramite di proliferazione nel ciclo cellulare, sottolinea<br />

come il ciclo cellulare è controllato, e cosa accade quanto queste funzioni regolatrici sono<br />

danneggiate. Uno dei più significativi esiti della regolazione difettosa del ciclo cellulare è il<br />

<strong>cancro</strong> che è il risultato di una crescita cellulare incontrollata.<br />

Biologia molecolare, genetica e <strong>cancro</strong><br />

Introduzione<br />

Il Modulo 3 ripassa la biologia molecolare e la genetica cellulare prima di focalizzarsi sulle<br />

alterazioni e anormalità cellulari che risultano da un danno nel controllo della crescita cellulare<br />

e la produzione di cellule maligne. Gli scienziati sanno da più di un ventennio che il <strong>cancro</strong> è<br />

1


2<br />

Introduzione<br />

una malattia genetica e che un errore nel DNA può dare esito ad una cellula che si divide<br />

incontrollatamente piuttosto che in termini controllati. La maggior parte dei tumori ha origine da<br />

cambiamenti nel DNA cellulare chiamate mutazioni, che avvengono “de novo” nella persona<br />

malata. Il Modulo 3 mostra come una mutazione segni l’inizio del <strong>cancro</strong> e che due principali<br />

tipi di gene, proto-oncogeni e geni onco-soppressori sono altamente disposti a mutazioni e<br />

spesso associati al <strong>cancro</strong>.<br />

Le proteine prodotte da questi geni sono tra i fattori, per ordine di un importanza, che<br />

partecipano nel complesso percorso di provvedere al normale controllo della replicazione<br />

cellulare. Questo modulo fornisce una esposizione comprensiva di come le anormalità di<br />

questo percorso siano coinvolte nella crescita tumorale e nello sviluppo del <strong>cancro</strong>.<br />

Inoltre si considera l’abilità delle cellule tumorali a dividersi o a metastatizzare dal tumore<br />

primario e si introduce il concetto che la morte cellulare (apoptosi) è critica per lo sviluppo del<br />

<strong>cancro</strong>.<br />

Una piccola proporzione di tumori è ereditaria, es le mutazioni passano da una generazione<br />

all’altra. Per esempio il 5–10% dei tumori mammari si crede siano associati all’ereditata<br />

mutazione genetica di due geni il BRCA1 e BRCA2, anche se il livello di rischio associato e<br />

l’utilità di screening genetici rimangono sotto studio. Il fine del nursing per quanto riguarda la<br />

predisposizione genica e gli screening genetici rimane estraneo allo scopo di questa risorsa<br />

educazionale. Comunque nella bibliografia vengono suggerite ulteriori fonti di lettura (vedi<br />

pag. 8.28).<br />

Il sistema immunitario come base della terapia biologica oncologica<br />

La comprensione del sistema immunitario è particolarmente rilevante per la terapia biologica<br />

perché essa è la base di tutte le terapie <strong>biologiche</strong>. Il Modulo 4 porta al perché le terapie<br />

<strong>biologiche</strong> siano diventate sia praticabili, sia un obiettivo della ricerca terapeutica in<br />

oncologia, e come la conoscenza della funzione del sistema immunitario possa essere<br />

utilizzata nell’insieme terapeutico. Sono descritti i meccanismi fondamentali del sistema<br />

immunitario, come le risposte immunitarie gli antigeni e gli anticorpi e le loro speciali funzioni,<br />

e c’è una spiegazione di come gli anticorpi possono essere prodotti in laboratorio per usi<br />

clinici.<br />

Dalla teoria alla terapia: tecnologie intrinseche allo sviluppo delle terapie<br />

<strong>biologiche</strong><br />

La nostra miglior comprensione degli eventi molecolari che stanno alla base dei processi<br />

biologici fornisce significati teorici delle terapie oncologiche mirate verso gli errori molecolari<br />

specifici delle cellule tumorali. Progressi tecnologici significativi nella biologia molecolare e<br />

nella biotecnologia hanno reso queste potenzialità una realtà alimentando lo sviluppo di nuovi<br />

approcci nel trattamento dei pazienti con <strong>cancro</strong>. Il Modulo 5 discute tecniche di ricerca<br />

rivoluzionaria come la sequenzialità del DNA e dedica particolare attenzione all’impatto di<br />

una procedura nella pratica clinica chiamata tecnologia del DNA ricombinante. Viene anche<br />

sottolineato come gli avanzamenti tecnologici abbiano facilitato lo sviluppo di test per i fattori<br />

coinvolti nella patogenesi del <strong>cancro</strong> e come la scoperta e lo sviluppo di nuove terapie<br />

prevengano la crescita e la diffusione del <strong>cancro</strong>.


<strong>Terapie</strong> <strong>biologiche</strong>: realtà e prospettive<br />

Il razionale all’uso delle terapie <strong>biologiche</strong> in oncologia è la loro specificità e capacità a<br />

colpire i tumori. Il Modulo 6 offre una revisione dettagliata dei vari tipi di agenti biologici che<br />

sono stati investigati, comprese le citochine, gli anticorpi, le terapie geniche e i vaccini, illustra<br />

l’uso di questi agenti come terapie dirette o di supporto così come le potenzialità per futuri<br />

sviluppi. Parecchi agenti biologici rappresentativi (granulociti, fattori stimolanti colonie<br />

[filgrastim] interleuchina-2 ricombinante e Herceptin ® ) vengono considerati dettagliatamente. I<br />

casi clinici illustrano la differenza tra gli agenti di supporto non specifici come il filgrastim, gli<br />

agenti biologici non specifici con attività antitumorale es. interleuchina-2 marcatori tumorali e<br />

gli agenti che stanno rivoluzionando i trattamenti tumorali come l’Herceptin ® .<br />

Il Modulo 7 guarda al futuro. Importanti cambiamenti stanno avvenendo nel modo con cui il<br />

<strong>cancro</strong> è stato trattato che si sposteranno da agenti tossici e non specifici verso una serie di<br />

nuovi agenti che si sostituiranno con proteine bersaglio specificatamente rivolte al tumore. La<br />

ricerca sta determinando una serie di obiettivi in continua espansione per le nuove terapie.<br />

Inoltre la caratterizzazione genica dei tumori sta approfondendo la nostra comprensione circa<br />

il perché un tumore dello stesso tipo si possa comportare differentemente, permettendo che le<br />

terapie vengano adattate alle caratteristiche tumorali. Si preannuncia che le terapie <strong>biologiche</strong><br />

clinicamente reperibili si espanderanno significativamente nei prossimi 5 anni, uno sviluppo<br />

che avrà il maggior impatto sul futuro trattamento dei pazienti con <strong>cancro</strong>. Il Modulo 7<br />

considera il ruolo che avrà l’aumentata caratterizzazione genica dei tumori e discute lo<br />

sviluppo futuro degli approcci esistenti come le terapie basate sugli anticorpi e sulle citochine.<br />

Infine si considerano i nuovi approcci con bersagli anti-angiogenesi.<br />

I progressi nelle terapie <strong>biologiche</strong> stanno sempre più influenzando la pratica degli infermieri<br />

oncologici. I principi di base e gli studi preclinici presentati in questa risorsa educazionale<br />

forniscono le basi per la comprensione e il successo delle applicazioni dei nuovi trattamenti<br />

oncologici nell’esperienza clinica. Come dovrebbe essere nell’interesse di tutti gli infermieri<br />

oncologici.<br />

Noi speriamo che possiate trovare questa Risorsa Educazionale interessante, istruttiva e<br />

soprattutto un valido aiuto per il vostro ruolo come infermieri oncologici educatori.<br />

Introduzione<br />

3


Introduzione: L'impatto del <strong>cancro</strong><br />

Modulo 1. Il <strong>cancro</strong> attraverso il tempo<br />

L’incidenza del <strong>cancro</strong> e la mortalità per la malattia sono aumentati costantemente nel mondo<br />

industrializzato nel secolo scorso. La ragione primaria di questo aumento è l’invecchiamento e<br />

l’aumento della popolazione, poiché la crescita dei tumori è proporzionale all’età e il numero<br />

assoluto dei casi si rapporta alla crescita della popolazione. È anche possibile che il<br />

miglioramento nelle diagnosi abbia contribuito all’aumento dei casi. Qualunque sia la causa<br />

dell’aumento la sofferenza causata dal <strong>cancro</strong> è smisurata e i costi per i trattamenti e<br />

l’assistenza ai malati di tumore contribuiscono sostanzialmente alla crescita dei costi<br />

dell’assistenza sanitaria.<br />

Uno schema dei problemi derivanti dal <strong>cancro</strong> può essere illustrata da un breve esame dei dati<br />

derivanti da un rilievo epidemiologico internazionale. Dati comprensivi si possono ottenere da<br />

organizzazioni come l’International Agency for Research on Cancer (IARC) (Agenzia<br />

Internazionale per la Ricerca sul Cancro) la World Health Organization (WHO)<br />

(Organizzazione Mondiale della Sanità) e l’americana Surveillance, Epidemiology and End<br />

Results (SEER) (Ente di Monitoraggio Epidemiologico e Risultati Finali) programmi che vengono<br />

amministrati dal National Cancer Institute (NCI) (Istituto Nazionale del Cancro). Queste<br />

organizzazioni posseggono vasti archivi sull’incidenza e la mortalità del <strong>cancro</strong>. Parecchie<br />

nazioni Europee hanno anche stabilito registri oncologici nazionali mentre i dati dai paesi in<br />

via di sviluppo sono limitati. E’ possibile fare un paragone tra le incidenze dei vari paesi<br />

usando le informazioni dalla IARC.<br />

1<br />

1.1


1<br />

1.2<br />

Questionario di autovalutazione<br />

1. Il <strong>cancro</strong> rappresenta un problema sanitario globale ma ci sono varianti internazionali circa<br />

l’incidenza e il tipo di <strong>cancro</strong> associati alla mortalità.Quali fattori influenzano tali<br />

differenze?<br />

2. La prevenzione del <strong>cancro</strong> può essere divisa in primaria, secondaria e terziaria. Per<br />

piacere fai quattro esempi che possono essere usati per le misure di prevenzione primaria,<br />

tre per la secondaria e due per la terziaria.<br />

3. Le opzioni di trattamento oncologico dipendono dallo stadio del tumore. Per piacere<br />

identifica e definisci tre obiettivi principali degli interventi chirurgici.<br />

4. Altre opzioni di trattamento per il <strong>cancro</strong> comprendono la radioterapia, l’ormonoterapia e<br />

la chemioterapia. Definisci brevemente e sottolinea gli intenti principali di ciascun<br />

approccio e identifica alcuni effetti collaterali comuni per ciascuna terapia.<br />

5. Descrivi gli approcci per migliorare la specificità e l’obiettivo delle terapie antiblastiche.<br />

Le risposte a queste domande sono a pag. 8.1.


Varianti internazionali nell’incidenza del <strong>cancro</strong><br />

Nell’Unione Europea (EU) nel 1996, l’anno più recente per il quale sono reperibili dati:<br />

● sono stati diagnosticati più di 1,5 milioni di casi<br />

● 925.146 persone sono morte di <strong>cancro</strong>, un’incidenza di circa 250 casi ogni 100.000<br />

persone.<br />

La tavola 1.1 mostra la suddivisione per numero di casi di tumore e numero di morti per tipo di<br />

<strong>cancro</strong> in E.U.<br />

Si è notata un’ampia variante nella media di mortalità per tumore tra i paesi che compongono<br />

l’EU, una caratteristica che non è apparente nei dati collettivi presentati nella tavola 1.1. Per<br />

esempio la media della mortalità per <strong>cancro</strong> ordinata all’età es. media della mortalità tenuto<br />

conto dell’età del paziente per uomini e donne è di 154,7 e 92,9 per 100.000 in Austria<br />

comparata a 180,2 e 126,9 per 100.000 in U.K.<br />

Tav. 1.1. Numero dei casi e delle morti dovute a <strong>cancro</strong>, per tutte<br />

le forme, in EU nel 1996.<br />

Zone No. dei casi No. delle morti<br />

Zone Diverse* 1,541,987 925,146<br />

Colon-retto 213,103 110,669<br />

Mammella 209,548 76,030<br />

Polmone 191,348 180,570<br />

Prostata 134,865 55,704<br />

Sistema riproduttivo 109,008 43,544<br />

Sistema Gastrico 74,965 59,088<br />

Linfoma 59,800 27,041<br />

Cavita orale e faringe 55,638 19,930<br />

Rene 43,137 21,773<br />

Pancreas 38,349 43,510<br />

Leucemia 36,616 28,647<br />

Melanoma 33,886 8,415<br />

Fegato 28,369 33,354<br />

Cervello e SNC 26,444 20,832<br />

Laringe 26,061 10,740<br />

Esofago 24,778 23,061<br />

Mieloma multiplo 18,130 14,086<br />

Tiroide 14,131 3,150<br />

Altro 208,611 145,002<br />

*Nessuno dei seguenti tumori stimati include tumori non invasivi o tumori cutanei a cellule basali o squamose.<br />

Comunque, i tumori cutanei sono più comuni che i tumori di qualsiasi altro organo, con il melanoma che forma da<br />

solo il 10% dei tumori cutanei diagnosticati in Europa. Ci si aspetta che più di 1,3 milioni di tumori cutanei a cellule<br />

basali e squamose sarà diagnosticata nel 2000 solo negli USA.<br />

CNS = sistema nervoso centrale<br />

Dati da EUCAN database (www-dep.iarc.fr/eucan/eucan.htm).<br />

1<br />

Si è notata<br />

un’ampia variante<br />

nella media di<br />

mortalità per<br />

tumore tra i paesi<br />

che compongono<br />

l’EU . . .<br />

1.3


1<br />

La scala dei<br />

problemi indotti<br />

dal <strong>cancro</strong><br />

globalmente è<br />

estremamente<br />

significativa.<br />

la variazione nel<br />

grado di mortalità<br />

osservata nell’EU è<br />

osservabile<br />

internazionalmente.<br />

1.4<br />

La scala dei problemi indotti dal <strong>cancro</strong> globalmente è estremamente significativa. Tutto ciò è<br />

illustrato attraverso le stime per incidenza e mortalità da <strong>cancro</strong> per l’anno 2000 negli USA.<br />

● si stima vengano diagnosticati approssimativamente 1.220.100 nuovi casi di <strong>cancro</strong><br />

● si stima che approssimativamente 552.200 persone muoiano di <strong>cancro</strong>, questo significa più<br />

di 1.500 persone al giorno<br />

● approssimativamente una morte su quattro, oggi, è dovuta a <strong>cancro</strong>.<br />

Ciò rende il <strong>cancro</strong> la seconda principale causa di morte negli USA., superata solo dalle<br />

malattie cardiocircolatorie.<br />

Inoltre la variazione nel grado di mortalità osservata nell’EU è osservabile internazionalmente.<br />

La tavola 1.2 mostra il grado di mortalità in paesi selezionati nel mondo dal 1994–97. Questo<br />

mostra che il grado di mortalità totale è simile nella più parte dei paesi più grandi,<br />

specialmente negli uomini con una importante eccezione per la Russia. Comunque se si<br />

considera la situazione di malattia per specifico organo in certi paesi si rilevano importanti<br />

variabili di grado. Per esempio, si osserva un alta incidenza di morte per tumore dello stomaco<br />

in Cina, Giappone e Russia o un alto grado di morte per tumori del cavo orale in Francia. È da<br />

notare come il grado di mortalità sia più basso in Giappone e Cina. Questo riflette, almeno in<br />

parte, le differenze nei fattori ambientali quali la dieta che influenzano lo sviluppo del <strong>cancro</strong><br />

(vedi fattori coinvolti nello sviluppo del <strong>cancro</strong> a pag. 1.9).<br />

Tav. 1.2. Percentuale del grado di mortalità, negli anni<br />

1994/1997, su 100.000 persone, in paesi selezionati nel mondo<br />

Zone Diverse Orali Colon-retto Mammella Prostata<br />

Paese Uomo Donna Uomo Donna Uomo Donna Donna Uomo<br />

France 188.2 84.8 11.3 1.3 16.6 9.6 19.6 15.8<br />

Germany 169.5 103.3 6.5 1.2 20.8 14.0 21.7 16.6<br />

Spain 173.2 79.8 7.0 0.9 16.4 10.0 17.5 13.9<br />

UK 164.2 116.5 2.9 1.1 18.0 11.6 24.5 16.6<br />

Russia 237.1 107.6 9.1 1.1 18.2 12.6 16.1 7.2<br />

Australia 156.7 98.2 4.1 1.2 20.2 13.3 19.9 19.0<br />

Japan 155.2 75.7 3.1 0.8 17.1 9.9 7.7 5.1<br />

China 149.9 83.5 2.6 1.1 7.9 6.4 5.0 NA<br />

USA 156.0 108.3 3.2 1.1 15.2 10.4 20.0 15.9<br />

Canada 156.2 106.6 3.8 1.3 16.1 10.3 21.5 16.4<br />

Polmone Utero Stomaco Leucemia<br />

Paese Uomo Donna Cervice Altro Uomo Donna Uomo Donna<br />

France 46.5 6.1 1.6 3.4 7.2 2.8 5.6 3.3<br />

Germany 45.4 9.4 2.8 2.8 12.0 6.3 5.5 3.5<br />

Spain 48.7 3.9 1.8 2.5 6.6 3.5 4.5 3.2<br />

UK 46.6 20.5 3.0 2.1 9.5 3.9 4.7 3.0<br />

Russia 70.5 7.0 5.0 4.9 36.9 15.3 5.1 3.5<br />

Australia 38.8 13.6 2.6 1.7 6.6 2.7 6.1 3.6<br />

Japan 31.7 8.5 1.9 2.0 30.2 12.3 4.1 2.5<br />

China 37.3 15.8 3.0 NA 26.9 12.7 3.7 3.0<br />

USA 52.3 26.6 2.4 2.5 4.4 2.0 6.3 3.7<br />

Canada 50.0 23.0 1.9 2.2 6.2 3.0 5.5 3.2<br />

N.A. = non disponibili (not available)<br />

Dati da EUCAN database (www-dep.iarc.fr/eucan/eucan.htm) e WHO.


La variazione internazionale nell’incidenza dei tipi di tumore selezionati è mostrata<br />

geograficamente nella figura 1.1. La differenza nell’incidenza del tumore mammario e<br />

prostatico tra Cina o Giappone e Europa Occidentale e Nord America è considerevole,<br />

andando da un minimo di 3 volte a più di 30. Si noti anche un’alta incidenza del melanoma<br />

tra gli uomini Australiani, e di tumore al polmone tra le donne di Hong Kong.<br />

Percentuale incidente standardizzata<br />

all'etá (per 100,000 donne)<br />

Percentuale incidente standardizzata<br />

all'etá (per 100,000 donne)<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

(A) (B)<br />

China<br />

Japan<br />

Hungary<br />

China<br />

Japan<br />

Hungary<br />

Hong Kong<br />

Spain<br />

Finland<br />

Australia<br />

Sweden<br />

Canada<br />

USA – white<br />

(C) (D)<br />

70<br />

30<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

Hong Kong<br />

Spain<br />

Finland<br />

Australia<br />

Sweden<br />

Canada<br />

USA – white<br />

Percentuale incidente standardizzata<br />

all'etá (per 100,000 donne)<br />

Percentuale incidente standardizzata<br />

all'etá (per 100,000 donne)<br />

90<br />

80<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

China<br />

Japan<br />

Hungary<br />

Hong Kong<br />

Spain<br />

Finland<br />

Australia<br />

Sweden<br />

Canada<br />

USA – white<br />

China<br />

Japan<br />

Hungary<br />

Hong Kong<br />

Spain<br />

Finland<br />

Australia<br />

Sweden<br />

Canada<br />

USA – white<br />

Figura 1.1. Variazioni internazionali nell’incidenza dei tipi di <strong>cancro</strong> selezionati: (A) Tumore del<br />

polmone nella donna; (B) Tumore della mammella nella donna; (C) Tumore della prostata nell’uomo;<br />

(D) Melanoma nell’uomo. Riprodotto con licenza da Tannock IF, Hill RP, editors. The basic science of<br />

oncology, 3rd ed. NewYork: Mc Graw-Hill, 1998.p.16<br />

Queste variazioni nell’incidenza del <strong>cancro</strong> sono anche viste all’interno dei paesi. Per esempio<br />

lo studio EUROCARE II ha dimostrato che le incidenze relative al tumore alla laringe variano<br />

da 11,6 in Tarragona a 18,2 nei Paesi Baschi, entrambe in Spagna. Queste variazioni<br />

riflettono le differenze dei fattori ambientali come dieta, e uso di tabacco, che influiscono sullo<br />

sviluppo del <strong>cancro</strong> e le possibili differenze genetiche tra le popolazioni.<br />

Variazioni nell’incidenza dei tumori nel tempo<br />

L’incidenza del <strong>cancro</strong> varia grandemente non solo tra paesi diversi ma anche attraverso il<br />

tempo. La figura 1.2 mostra il cambio nell’incidenza standardizzata di mortalità per tutti i<br />

tumori, mammella, polmone e colon compresi, in specifici paesi Europei nell’ultima metà del<br />

20° secolo.<br />

5<br />

0<br />

1<br />

1.5


1<br />

1.6<br />

Incidenza standardizzata<br />

di mortalità<br />

Incidenza standardizzata<br />

di mortalità<br />

Incidenza standardizzata<br />

di mortalità<br />

Incidenza standardizzata<br />

di mortalità<br />

140<br />

120<br />

100<br />

80<br />

60<br />

40<br />

20<br />

0<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

(A)<br />

(C)<br />

(E)<br />

(G)<br />

1952<br />

1956<br />

1960<br />

1964<br />

1968<br />

1972<br />

Year<br />

Year<br />

Year<br />

1952<br />

1956<br />

1960<br />

1964<br />

1968<br />

1972<br />

1976<br />

1980<br />

1984<br />

1988<br />

1992<br />

1996<br />

Incidenza standardizzata<br />

di mortalità<br />

Incidenza standardizzata<br />

di mortalità<br />

220<br />

200<br />

180<br />

160<br />

140<br />

120<br />

100<br />

80<br />

90<br />

80<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

(B)<br />

(D)<br />

1968<br />

1972<br />

1976<br />

1980<br />

1984<br />

1988<br />

1992<br />

1980<br />

1996<br />

1982<br />

1984<br />

1986<br />

1988<br />

1990<br />

1992<br />

1994<br />

1996<br />

Year<br />

1976<br />

1980<br />

1984<br />

1988<br />

1992<br />

1996<br />

UK<br />

France<br />

Germany<br />

Italy<br />

The Ne<strong>the</strong>rlands<br />

Spain<br />

1952<br />

1956<br />

1960<br />

1964<br />

1968<br />

1972<br />

1976<br />

Year<br />

Year<br />

1980<br />

1984<br />

1988<br />

1992<br />

1996<br />

1968<br />

1972<br />

1976<br />

1980<br />

1984<br />

1988<br />

1992<br />

1996<br />

Figura 1.2.Incidenza di mortalità per tutte le forme di tumore (A, donne; B, uomini), tumore del polmone (C, donne; D,<br />

uomini), tumore del colon (E, donne; F, uomini) e tumore della mammella (G, solo donne) in paesi europei selezionati. Dati<br />

da EUCAN database (www-dep-iarc.fr/eucan/eucan.htm).<br />

Incidenza standardizzata<br />

di mortalità<br />

16<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

(F)<br />

1980<br />

1982<br />

1984<br />

1986<br />

1988<br />

Year<br />

1990<br />

1992<br />

1994<br />

1996


Queste curve che indicano la mortalità complessiva dovuta al <strong>cancro</strong> in questi paesi culmina<br />

nel 1970 e decresce da allora, sia per gli uomini che per le donne. Anche se è interessante<br />

notare che nel caso del tumore polmonare l’incidenza di morte per gli uomini ha iniziato a<br />

diminuire negli anni recenti, mentre la mortalità dovuta a tumore polmonare nelle donne<br />

continua a crescere. Questo esito è il risultato dell’aumento dell’uso del tabacco nelle donne<br />

dell’EU ed è stato anche osservato negli USA.<br />

Percentuale per 100,000 donne<br />

Percentuale per 100,000 uomini<br />

80<br />

60<br />

40<br />

20<br />

80<br />

60<br />

40<br />

20<br />

(A)<br />

Colon e retto<br />

Ovaio<br />

Polmoni e bronchi<br />

Pancreas<br />

Mammella<br />

Stomaco<br />

Utero<br />

0<br />

1930 1940 1950 1960<br />

Anno<br />

1970 1980 1990<br />

(B)<br />

Colon e retto<br />

Fegato<br />

Polmoni e bronchi<br />

Pancreas<br />

Prostata<br />

Stomaco<br />

0<br />

1930 1940 1950 1960<br />

Anno<br />

1970 1980 1990<br />

Figura 1.3.Incidenza di mortalità negli anni per; A) donne e B) uomini per sito d’organo negli USA,<br />

1930-96. Riprodotto con licenza da American Cancer <strong>Society</strong> (ww3.cancer.org).<br />

1<br />

1.7


1<br />

. . . il trattamento<br />

del <strong>cancro</strong> ha<br />

finora avuto scarsi<br />

effetti<br />

nell’incidenza<br />

generale di<br />

sopravvivenza . . .<br />

1.8<br />

Gli effetti della terapia nella sopravvivenza al <strong>cancro</strong><br />

La differenza nell’incidenza del <strong>cancro</strong> tra paesi e regioni e i cambi nell’incidenza di mortalità<br />

nel tempo dimostrano i notevoli effetti delle mutazioni nei fattori ambientali e nello stile di vita,<br />

così come gli effetti di diagnosi precoce e screening. Comunque il trattamento del <strong>cancro</strong> ha<br />

finora avuto scarsi effetti nell’incidenza generale di sopravvivenza, anche se può prolungare la<br />

sopravvivenza, es. il paziente con tumore, può vivere a lungo ma il risultato generalmente<br />

rimane lo stesso, la morte dovuta al <strong>cancro</strong>.<br />

Uno dei metodi più comuni usati per valutare l’’impatto degli interventi sul <strong>cancro</strong> è<br />

determinare l’incidenza di sopravvivenza durante un determinato periodo di tempo dopo la<br />

diagnosi iniziale. L’indice di sopravvivenza a 5 anni è una misura abbastanza comune.<br />

Variazione nell’indice di sopravvivenza a 5 anni o il confronto di questi indici tra i paesi può<br />

offrire importanti indicazioni circa l’impatto dell’educazione alimentare preventiva e degli<br />

interventi terapeutici più significativi. Il cambio circa l’indice di sopravvivenza europeo dei 5<br />

anni per i vari tipi di tumore, es. la sopravvivenza dei pazienti con tumore comparata con<br />

quella della popolazione in genere, è mostrata nella tavola 1.3 per il periodo 1978–89.<br />

Tavola 1.3. Cambi circa l’indice di sopravvivenza a 5 anni in<br />

Europa per anno e diagnosi 1978-89.<br />

Percentuale di sopravvivenza relativa a 5 anni (%)<br />

Zone 1978–80 1984–86 1987–89<br />

Cervello 18 18 21<br />

Mammella 66 71 72<br />

Colon 40 48 48<br />

Esofago 5 8 9<br />

Linfoma di Hodgkin 66 73 73<br />

Rene 44 47 50<br />

Leucemia linfocitica cronica 53 63 66<br />

Fegato 3 3 6<br />

Polmone* 27 29 29<br />

Melanoma † 75 80 84<br />

Mieloma multiplo 27 30 27<br />

Linfoma non-Hodgkin’s 43 46 50<br />

Ovaio 30 35 33<br />

Pancreas 4 4 4<br />

Retto 38 42 46<br />

Stomaco 17 21 21<br />

Testicoli 79 86 92<br />

Ossa 40 55 53<br />

Tessuti molli 55 60 59<br />

Cervice uterina 61 63 64<br />

Corpo uterino 75 75 75<br />

*Sono disponibili indici di sopravvivenza, per uomini solo per 1 anno e sono mostrati qui<br />

† Sono disponibili indici di sopravvivenza solo a 5 anni per persone tra 15-44 anni e sono mostrati qui.<br />

Data da EUROCARE II Study


È subito evidente che gli indici di sopravvivenza a 5 anni per il tumore del fegato, del<br />

pancreas e dell’esofago sono molto esigui, anche se l’indice di sopravvivenza per il tumore<br />

dell’esofago è quasi raddoppiato negli ultimi 10 anni. È anche evidente che l’indice di<br />

sopravvivenza a 5 anni per altri tipi di tumore è migliorato in questi 10 anni, es. il tumore dei<br />

testicoli, il tumore osseo e la leucemia linfatica cronica. Questo può essere quasi interamente<br />

attribuito al miglioramento nella diagnosi precoce e agli interventi, quando è più che plausibile<br />

che ci sarà un impatto sugli indici di progressione della malattia. È anche da considerare che<br />

l’indice di sopravvivenza a 5 anni per certi altri tumori rimane essenzialmente invariata tra il<br />

1979 e il 1989, es. i tumori del pancreas, polmone e utero e i mielomi multipli.<br />

E’ possibile che nei prossimi decenni l’indice di sopravvivenza, per certi tipi di tumore, avrà un<br />

ulteriore progresso. Un esempio di ciò si ha per il trattamento del tumore mammario in U.K.<br />

dove un miglioramento degli screening ha prodotto, negli ultimi 5 anni, un miglioramento dei<br />

risultati. Inoltre una migliore diagnosi circa i fattori causanti e gli sforzi per l’ottimizzazione<br />

dell’uso delle terapie antitumorali , tendono a produrre un miglioramento nell’assistenza.<br />

Prevenzione del <strong>cancro</strong><br />

Prima di procedere alla discussione sulla storia del trattamento del <strong>cancro</strong> è opportuno<br />

enfatizzare le misure che possono essere adottate per prevenire il manifestarsi o lo sviluppo del<br />

<strong>cancro</strong>, poiché come già notato, queste sono le misure correnti riconosciute come valide e<br />

significative sull’incidenza di mortalità da <strong>cancro</strong>:<br />

● prevenzione (prevenzione primaria)<br />

● diagnosi precoce (prevenzione secondaria), quando il trattamento sarà sicuramente efficace<br />

● chirurgia profilattica, es mastectomia o chemioprevenzione (prevenzione terziaria).<br />

Gli infermieri hanno un ruolo significativo da giocare sia nel consolidare la prevenzione del<br />

<strong>cancro</strong> che nel coinvolgimento a sottolineare l’importanza di regolari controlli o esami e<br />

screening. Essi hanno un ruolo fondamentale nell’individuare i soggetti ad alto rischio,<br />

valutando lo stile di vita, la storia personale e famigliare e occupazionale o l’esposizione<br />

ambientale ad agenti causativi. Gli sforzi degli infermieri devono anche includere la<br />

promozione dei follow-up e i controlli, in particolare per quei soggetti identificati come essere<br />

ad alto rischio, ma anche per la popolazione in generale.<br />

Fattori implicati nello sviluppo del <strong>cancro</strong><br />

Sono stati individuati molti agenti causali primari e secondari (carcinogeni) coinvolti<br />

nell’induzione del <strong>cancro</strong> (carcinogenesi). La carcinogenesi è un plurimo processo che<br />

coinvolge l’inizio, la promozione e la trasformazione, come esaminati nei Moduli 2 e 3. La<br />

base della prevenzione primaria per il <strong>cancro</strong> sta nell’evitare quei fattori che possono favorire<br />

l’insorgenza o la promozione della formazione primaria del tumore. Studi epidemiologici sono<br />

il cardine dell’identificazione di quei fattori ambientali che sono il miglior obiettivo nelle<br />

strategie di prevenzione.<br />

Fumo<br />

Il fumo di sigaretta si stima essere causa di più dei tre quarti dei tumori polmonari e circa del<br />

30% di tutte le morti per tumore. Coloro che fumano due o più pacchetti di sigarette per giorno<br />

hanno un indice di mortalità per tumore del polmone da 15 a 25 volte superiore rispetto ai non<br />

fumatori.<br />

Uso di tabacco<br />

L’uso di masticare tabacco o fiutarlo aumenta il rischio di tumore della bocca, laringe, gola ed<br />

esofago. 1.9<br />

1<br />

. . . gli indici di<br />

sopravvivenza a 5<br />

anni per il tumore<br />

del fegato, del<br />

pancreas e dell’esofago<br />

sono molto<br />

esigui . . .<br />

Il fumo di sigaretta<br />

si stima essere<br />

causa di più dei<br />

tre quarti dei<br />

tumori polmonari e<br />

circa del 30% di<br />

tutte le morti per<br />

tumore.


1<br />

1.10<br />

Alcool<br />

Tumori orali, del laringe, faringe, esofago e fegato si manifestano più frequentemente nei forti<br />

consumatori di alcol.<br />

Luce solare<br />

Il sole è il principale fattore di induzione di numerosi casi di tumori basali e squamosi che si<br />

sviluppano nella cute e principalmente dello sviluppo dei melanomi. Le aree geografiche con<br />

un alto irradiamento di luce ultravioletta, es. Australia, hanno un’alta percentuale di melanoma.<br />

Estrogeni<br />

<strong>Terapie</strong> sostitutive a base di estrogeni possono aumentare il rischio di tumore mammario ma<br />

questo aumento del rischio va bilanciato con i potenziali benefici.<br />

Radiazioni<br />

Un’eccessiva esposizione a radiazioni ionizzanti es. Raggi X può aumentare il rischio<br />

cancerogenico. Nelle abitazioni si dovrebbero evitare eccessive esposizioni a gas radioattivi e<br />

al radon perché è stata provata la loro capacità a far aumentare il rischio di tumori polmonari.<br />

L’aumento del rischio è particolarmente alto nei fumatori di sigarette esposti al gas.<br />

Rischi occupazionali<br />

Numerosi agenti industriali es. nickel, cromo, asbesto, cloruro di vinile aumentano il rischio<br />

verso tumori specifici.<br />

Alimentazione<br />

Il rischio per tumori del colon, mammella e utero appare aumentato in individui obesi. Diete<br />

ricche di grassi possono contribuire allo sviluppo di tumori della mammella, del colon e della<br />

prostata. I cibi ricchi di fibre possono aiutare a ridurre il rischio del tumore del colon. Una dieta<br />

varia contenente un’abbondanza di frutta e verdura ricchi di vitamina A e C possono diminuire<br />

il rischio per un’ampia gamma di tumori. Cibi salati, affumicati e contenenti nitrati sono<br />

connessi ai tumori dell’esofago e dello stomaco.<br />

Il Codice Europeo Contro il Cancro è visibile nella tavola 1.4 e raccomanda semplici misure<br />

da adottare per sopraccitati fattori conosciuti come essere coinvolti nella cancerogenesi e che<br />

possono permetterci di evitare certi tumori e promuovere un miglioramento nella salute in<br />

generale.<br />

Prevenzione del <strong>cancro</strong> e screening<br />

Un’ampia gamma di esami possono essere usati per la prevenzione secondaria del <strong>cancro</strong>, es.<br />

la diagnosi precoce in soggetti asintomatici con un rischio stimato. Ciò varia per paese poiché<br />

dipende dalle risorse economiche e dalla priorità. I test per il tumore mammario e della cervice<br />

mostrati nella Tavola 1.4 sono misure relativamente semplici che possono aiutare a scoprire<br />

queste forme tumorali per tempo ed avere un significativo impatto sulla sopravvivenza. Altri<br />

testi e procedure di screening per i tumori possono includere:<br />

● sigmoidoscopia e polipectomia per il tumore del colon retto<br />

● sangue occulto nelle feci per tumore del tratto digestivo<br />

● esplorazione rettale per esaminare la prostata<br />

● mammografia ed ecografia per il tumore mammario<br />

● markers tumorali per il tumore ovarico, es. livelli nel sangue del CA 125.


Tavola 1.4. Le 10 raccomandazioni contenute nel Codice Europeo<br />

Contro il Cancro.<br />

Certi tumori possono essere evitati e la salute in generale migliorare<br />

se si adotta uno stile di vita più sano.<br />

1. Non fumare. Fumatore smetti appena puoi e non fumare in presenza di altre<br />

persone. Se non fumi non sperimentare il fumo.<br />

2. Se bevi alcolici, sia birra, vino o superalcolici modera il loro consumo.<br />

3. Aumenta il tuo consumo giornaliero di frutta e verdura fresche. Mangia spesso cereali<br />

con un alto contenuto di fibre.<br />

4. Evita di essere sovrappeso, aumenta l’attività fisica e limita l’assunzione di cibi grassi,<br />

5. Evita un’eccessiva esposizione al sole ed evita scottature solari soprattutto ai bambini.<br />

6. Applica ristrette regole che tendono a prevenire qualsiasi esposizione a sostanze che<br />

sai possano provocare il <strong>cancro</strong>. Segui tutte le istruzioni salutari e di sicurezza<br />

nell’uso di sostanze che possono provocare il <strong>cancro</strong>.<br />

Molti tumori possono guarire se presi per tempo<br />

7. Consulta un medico se scopri un nodulo, un’ulcera che non guarisce (inclusa nella<br />

bocca), un neo che cambia forma, misura o colore o qualsiasi sanguinamento non<br />

normale.<br />

8. Consulta un medico se hai problemi persistenti come tosse persistente, o raucedine<br />

persistente, un cambiamento nelle abitudini intestinali o urinarie e una perdita di peso<br />

inspiegabile.<br />

Per le donne<br />

9. Fai il pap-test regolarmente, partecipa a programmi organizzati di screening per il<br />

tumore della cervice.<br />

10. Controlla regolarmente le tue mammelle, partecipa a programmi organizzati di<br />

screening se superi i 50 anni.<br />

La frequenza nell’eseguire routinariamente questi test e a quale età vengono iniziati varia da<br />

paese a paese, anche se esistono raccomandazioni a livello internazionale. La frequenza,<br />

l’ordine e il tipo di esami per la prevenzione secondaria dovrebbero essere intensificati per<br />

quelle persone ad alto rischio di <strong>cancro</strong>. L’uso di test, per i fattori genetici predisponesti come il<br />

BRCA1 e BRCA2, nelle donne con una storia famigliare di tumore mammario, può identificare<br />

quelle con aumentato rischio di <strong>cancro</strong>.<br />

Chirurgia profilattica e chemioprevenzione<br />

La prevenzione terziaria basata su approcci chirurgici o farmacologici è pertinente a quei<br />

soggetti per i quali il rischio di tumore è alto. Per esempio la mastectomia bilaterale profilattica<br />

è un’opzione preventiva per quelle donne che vogliono ridurre il loro rischio di tumore<br />

mammario. È stato dimostrato un vantaggio nella sopravvivenza delle giovani donne portatrici<br />

di mutazioni nel BRCA1 e BRCA2 con una riduzione fino al 90% per il rischio di tumore<br />

mammario. Anche se il coinvolgimento a livello fisico e psicologico la rendono una scelta<br />

difficile per molte donne e ci sono pochi dati disponibili riguardanti la soddisfazione a lungo<br />

termine e l’impatto psicologico e sociale che seguirà a queste procedure. Così, l’accettabilità<br />

della chirurgia profilattica tra le donne a rischio di tumore mammario attualmente in Europa è<br />

basso. Generalmente la decisione di sottoporsi a chirurgia profilattica è personale e dovrebbe<br />

1<br />

1.11


1<br />

La scelta circa il<br />

trattamento del<br />

<strong>cancro</strong> dipende<br />

dal suo stadio . . .<br />

. . . la chirurgia<br />

offre la più ampia<br />

opportunità di<br />

guarigione per<br />

molti tipi di<br />

tumore . . .<br />

. . . il 60% di<br />

persone con<br />

<strong>cancro</strong> hanno<br />

subito qualche tipo<br />

di chirurgia.<br />

1.12<br />

essere presa dopo consiglio con un gruppo terapeutico multidisciplinare e, dove appropriato,<br />

dopo test genetici. Perciò, gli infermieri necessitano di essere consapevoli delle complesse<br />

situazioni che circondano i test per le mutazioni del BRCA1 e BRCA2 e la mastectomia<br />

profilattica, per essere in grado di offrire alle pazienti informazioni comprovate e di assisterle<br />

nel prendere una decisione. Un “counselling” dettagliato è molto importante per i pazienti.<br />

Lo scopo della chemioprevenzione mira a diminuire l’incidenza oncologica in persone con<br />

aumentato rischio per mezzo di terapie farmacologiche. Per esempio, l’efficacia<br />

dell’antiestrogeno tamoxifene come agente chemiopreventivo nel tumore mammario è stato<br />

studiato in tre studi clinici controllati randomizzati, che hanno prodotto risultati varianti.<br />

Ricercatori del National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project (NSABP), Breast Cancer<br />

Prevention Trial hanno trovato che il tamoxifene ha ridotto almeno della metà l’incidenza del<br />

tumore mammario mentre studi clinici controllati Inglesi e Italiani non dimostrano significativi<br />

benefici. Questa disparità è dovuta, in parte, alla differenza delle caratteristiche di rischio<br />

tumorale di base tra la popolazione studiata nella differenza di misura dei gruppi (delle<br />

“coorti”) nell’uso variabile di terapia di sostituzione ormonale e altri fattori. Uno studio NSABP<br />

paragona l’efficacia del raloxifene con il tamoxifene in donne in post-menopausa con<br />

aumentato rischio di sviluppo di tumore mammario (basato su età, numero di parenti di primo<br />

gradi con tumore mammario, numero di figli ed età della donna alla prima gravidanza,<br />

verdetto di anormalità dopo biopsia, ed età del menarca).<br />

Il valore dell’uso profilattico del tamoxifene rimane controverso e per la potenzialità degli effetti<br />

collaterali sia a livello vascolare che endometriale le donne candidate a terapie preventive con<br />

tamoxifene devono essere rese consapevoli dei suoi rischi/benefici. I benefici della<br />

mastectomia profilattica rispetto alla chemioprevenzione a tutt’oggi non sono conosciuti perché<br />

non ci sono studi prospettici randomizzati che confrontino queste due strategie.<br />

Trattamento del <strong>cancro</strong>: una prospettiva storica<br />

La scelta circa il trattamento del <strong>cancro</strong> dipende dal suo stadio, es. quanto è grande, a che<br />

grado di estensione arriva l’interessamento dei tessuti contigui, e se si è propagato in tessuti a<br />

distanza (metastasi). Le opzioni di trattamento si possono generalmente classificare in:<br />

● chirurgico<br />

● radioterapico<br />

● ormonale (terapia endocrina)<br />

● chemioterapico<br />

● biologico (anche detta immunoterapia).<br />

Chirurgia<br />

La chirurgia è la forma più vecchia di trattamento per il <strong>cancro</strong>. Prima della scoperta<br />

dell’anestesia e dell’antisepsi (metodi come la sterilizzazione degli strumenti per prevenire<br />

infezioni) la chirurgia era effettuata con grande malessere e rischio per il paziente. Oggi la<br />

chirurgia offre la più ampia opportunità di guarigione per molti tipi di tumore e circa il 60% di<br />

persone con <strong>cancro</strong> hanno subito qualche tipo di chirurgia.<br />

La chirurgia può essere suggerita per ottenere uno o più risultati.<br />

● Preventiva. Per rimuovere una crescita che non è maligna ma si sa essere associata con lo<br />

sviluppo di malignità, es. poliposi del colon, o per rimuovere un’organo, es. mastectomia<br />

profilattica in pazienti con mutazione di geni suscettibili con il tumore mammario o colectomia<br />

in pazienti con rischio di tumore del colon dovute alle mutazioni del gene FAP.


● Diagnostica. Per prelevare campioni di tessuto per test di laboratorio che confermino la<br />

diagnosi di <strong>cancro</strong> e la sua identificazione.<br />

● Di stadiazione. Per determinare l’estensione della malattia usando procedure come la<br />

laparoscopia o la laparotomia.<br />

● Curativa. Per rimuovere il tumore quando localizzato con la speranza di rimuovere tutto il<br />

tessuto canceroso. Questo è considerato trattamento oncologico “primario”.<br />

● Palliativa. Per trattare le complicanze della malattia avanzata, es. per controllare il dolore e<br />

migliorare la qualità di vita. La chirurgia palliativa non è intesa a curare il <strong>cancro</strong> ma<br />

piuttosto a prolungare la vita.<br />

● Supportiva. Per aiutare con il trattamento, es. posizionamento di una linea vascolare per<br />

assistere con un trattamento chemioterapico.<br />

● Ristabilizzante. Per restituire l’immagine corporea, la funzione di un organo o una parte di<br />

corpo, es. ricostruzione mammaria e impianto protesico.<br />

Radioterapia<br />

La radioterapia usa particelle di alta energia o onde come i raggi X o gamma per<br />

danneggiare o distruggere le cellule tumorali. È una delle più vecchie terapie e delle più valide<br />

rispetto ai costi/benefici, si stima che il 50–60% di tutte le persone con tumore riceveranno<br />

prima o poi radioterapia durante loro trattamenti. La radioterapia è considerata un trattamento<br />

locale perché ne sono interessate solo le cellule dell’area trattata, può essere utilizzata in fasi<br />

differenti del trattamento. Nel tumore al primo stadio la radioterapia può essere usata nel<br />

tentativo di curare o controllare la malattia. Inoltre può essere utilizzata prima della chirurgia<br />

per ridurre il tumore o dopo la chirurgia per ridurre la possibilità di recidive. Nella malattia<br />

avanzata la radioterapia può essere usata per trattare i sintomi quali il dolore. La forma più<br />

comune di radioterapia è la radioterapia esterna, es. radioterapia somministrata usando una<br />

macchine che focalizzano le radiazioni sulla parte affetta. Comunque è anche possibile<br />

somministrare le radiazioni ionizzanti posizionando le sorgenti radioattive direttamente<br />

all’interno del corpo del paziente (brachiterapia) o iniettando liquido radioattivo (terapia con<br />

radio-isotipi). In certi tipi di tumore la radioterapia può essere usata in combinazione con<br />

chirurgia e/o chemioterapia.<br />

Mentre la radioterapia può distruggere le cellule tumorali può avere anche effetti su alcune<br />

delle cellule limitrofe. Questi effetti non specifici possono produrre una serie di effetti collaterali<br />

che variano circa l’incidenza, secondo il sito irradiato e il dosaggio di irradiazione, che è<br />

diverso da persona a persona.<br />

E che includono:<br />

● astenia<br />

● tossicità ematologica<br />

● stomatiti<br />

● perdita dell’appetito<br />

● bruciore cutaneo<br />

● raucedine<br />

● perdita di capelli<br />

● difficoltà ad inghiottire<br />

● nausea e vomito<br />

● diarrea.<br />

1<br />

La radioterapia<br />

usa particelle di<br />

alta energia o<br />

onde come i raggi<br />

X o gamma per<br />

danneggiare o<br />

distruggere le<br />

cellule tumorali.<br />

. . . il 50–60% di<br />

tutte le persone<br />

con tumore<br />

riceveranno prima<br />

o poi radioterapia<br />

durante loro<br />

trattamenti.<br />

1.13


1<br />

La chemioterapia<br />

agisce uccidendo<br />

le cellule che si<br />

riproducono<br />

rapidamente.<br />

È importante<br />

capire che la<br />

chemioterapia<br />

citotossica non è<br />

specifica per le<br />

cellule tumorali.<br />

1.14<br />

Terapia ormonale (endocrina)<br />

La terapia ormonale è un trattamento farmacologico che agisce sulla produzione di ormoni o<br />

sul loro funzionamento, sia con una rimozione chirurgica delle ghiandole che producono<br />

ormoni per distruggere le cellule tumorali o per rallentare la loro crescita es. avariectomia nel<br />

tumore mammario. Le terapie con farmaci generalmente coinvolgono agenti che alterano<br />

l’azione o la produzione di ormoni maschili o femminili e vengono usate per rallentare la<br />

crescita di tumori mammari, prostatici ed endometriali. Esempi di terapie ormonali includono,<br />

estrogeni (stilboestrolo, ethinylestradiolo), anti-estrogeni (tamoxifene), inibitori dell’aromatasi<br />

(fadrozole anastrazole), progesteronici (medroxyprogesterone acetato, megastrol acetato),<br />

androgeni (nandrolone) e anti-androgeni (aminoglutethimide, cyproterone acetato).<br />

Le terapie ormonali sono associate a minori effetti collaterali rispetto alle chemioterapie<br />

citotossiche, considerazioni che le rendono convenienti come trattamenti preventivi. Per quanto<br />

alcune donne accusino come effetti collaterali:<br />

● vampate, sudorazione<br />

● nausea, diarrea, cattiva digestione<br />

● aumento di peso<br />

● cambiamenti nel ciclo mestruale<br />

● crampi muscolari<br />

● cambiamenti nell’umore<br />

● reazioni allergiche<br />

● mal di testa<br />

● trombosi.<br />

Si dovrebbe anche notare che una prolungata terapia con tamoxifene è stata associata con un<br />

aumento nell’incidenza del tumore dell’endometrio. Anche se questo tipo di <strong>cancro</strong> è più<br />

facilmente guaribile del tumore mammario, e perciò i benefici della terapia a lungo termine<br />

con tamoxifene sono percepiti come più influenti dei rischi.<br />

Chemioterapia<br />

La chemioterapia è l’uso dei farmaci per curare il <strong>cancro</strong>. I farmaci chemioterapici sono spesso<br />

descritti come antineoplastici (antitumorali) e citossici (distruttori di cellule). La chemioterapia<br />

agisce uccidendo le cellule che si riproducono rapidamente. Anche se non esiste una<br />

sostanziale differenza in termini di riproduzione tra cellule tumorali e cellule normali. Quindi<br />

ogni volta che la chemioterapia è somministrata va cercato un equilibrio tra il distruggere le<br />

cellule tumorali per guarire o controllare il <strong>cancro</strong> e il risparmiare le cellule normali per<br />

minimizzare gli effetti collaterali indesiderati. È importante capire che la chemioterapia<br />

citotossica non è specifica per le cellule tumorali.<br />

C’è disponibilità di un ampia gamma di agenti chemioterapici che può essere ampiamente<br />

classificata come si vede nella tavola 1.5. Ogni classe agisce in modo diverso su uno stadio<br />

differente del ciclo cellulare (vedi il Modulo 2 per i dettagli del ciclo cellulare). Essi possono<br />

perciò essere usati in combinazioni diverse e in ordini diversi per aumentare i loro effetti<br />

citotossici. Questo spiega la complessità di molti regimi chemioterapici (standardizzati) usati<br />

nella pratica clinica e che spesso utilizzano tre o quattro farmaci in sequenzialità o in<br />

combinazione.


Tavola 1.5. Tipi di farmaci chemioterapici<br />

Meccanismo d’azione e tumori Agente<br />

Classe trattati (farmaco)<br />

Agenti alkilanti Agiscono direttamente sul DNA per evitare Busulphan,<br />

la riproduzione cellulare tumorale. Usati carboplatino,<br />

controla leucemia cronica, linfoma non- cisplatino,<br />

Hodgkin,la malattia di Hodgkin, mieloma ciclofosfamide,<br />

multiplo e incerti tumori mammari, del dacarbazina,<br />

polmone e dell’ovaio. ifosfamide<br />

Antimetaboliti Interferiscono con la crescita del DNA e RNA 5-fluoruracile,<br />

usati per il trattamento della leucemia cronica methotrexate,<br />

come per i tumori dell’ovaio e del tratto gastro gemcitabina,<br />

intestinale. citarabina,<br />

fludarabina<br />

Antitumorali Interferiscono con il metabolismo del DNA Bleomicina,<br />

antibiotici o la mitosi o alterando le membrane cellulari. dactinomicina,<br />

Usati in un ampia varietà di tumori. daunorubicina,<br />

doxorubicina,<br />

epirubicina<br />

Inibitori della Inibiscono la mitosi o inibiscono gli enzimi Paclitaxel,<br />

mitosi coinvolti nella sintesi proteica che serve alla docetaxel,<br />

riproduzione cellulare. Usati in una ampia etoposide,<br />

varietà di tumori. vinblastina,<br />

vincristina,<br />

vinorelbina<br />

Nitrosuree Agiscono come tutto gli agenti alchilanti Nitrosurea,<br />

inibendo gli enzimi coinvolti nella riparazione carmustine,<br />

del DNA. Usati per trattare i tumori cerebrali lomustine<br />

così come per il linfoma non Hodgkin,<br />

il mieloma multiplo e il mieloma maligno.<br />

Corticosteroidi Ormoni naturali o farmaci ormonosimili che Prednisone,<br />

possono essere usati per trattare certi tumori dexametasone<br />

(es. linfoma, leucemia, mieloma multiplo).<br />

Spesso usati per intensificare gli effetti di altri<br />

tipi di farmaci chemioterapici.<br />

Altri Con svariati meccanismi d’azione. L-asparaginasi,<br />

amsacrina,<br />

tretinoina<br />

1<br />

1.15


1<br />

La chemioterapia<br />

può essere<br />

somministrata<br />

attraverso una<br />

moltitudine di vie<br />

dipende<br />

dall’agente e dalla<br />

posizione del<br />

tumore . . .<br />

Perciò uno degli<br />

obiettivi nello<br />

sviluppo della<br />

farmacologia è<br />

quello di produrre<br />

metodi di<br />

somministrazione<br />

più accettabili, es.<br />

orale . . .<br />

1.16<br />

La chemioterapia ha quattro obiettivi primari:<br />

● ridurre il volume del tumore prima della chirurgia<br />

● guarire il <strong>cancro</strong><br />

● controllare la malattia (arrestare la diffusione)<br />

● azione palliativa (alleviare i sintomi e migliorare la qualità di vita generalmente senza<br />

prolungare la sopravvivenza).<br />

Generalmente la chemioterapia può essere somministrata in situazioni/stati diversi:<br />

● neoadiuvante, es. prima della chirurgia per malattia primaria, viene usata per ridurre il<br />

volume di un grosso tumore e far si che possa essere rimosso con maggior sicurezza e<br />

minor ampiezza chirurgica<br />

● adiuvante, es. dopo chirurgia o radioterapia per un tumore primario, viene usata per<br />

prevenire una ripresa o per distruggere le cellule restate nell’organismo dopo la chirurgia o<br />

la radioterapia<br />

● primaria, è il trattamento primario per malattie quali il linfoma o la leucemia per le quali la<br />

chirurgia non può essere un’opzione<br />

● per metastatizzazione, dove la chemioterapia è usata per guarire la malattia, prevenire la<br />

diffusione o nella palliazione dei sintomi dipende dal tipo di malattia e dalla diffusione delle<br />

metastasi. Parecchi cicli di terapia possono essere somministrati a pazienti con metastasi,<br />

con una terapia di prima linea come scelta iniziale e con la terapia considerata più<br />

efficace, per poi passare ad una di seconda linea e ad ulteriori quando la terapia di prima<br />

linea fallisce o c’è una ripresa di malattia.<br />

La chemioterapia può essere somministrata attraverso una moltitudine di vie dipende<br />

dall’agente e dalla posizione del tumore:<br />

● intravenosa<br />

● orale<br />

● topica<br />

● intramuscolare<br />

● sottocutanea<br />

● intra-arteriosa<br />

● intrapleurale<br />

● intraperitoneale<br />

● intravescicale<br />

● intratecale<br />

● intralesionale.<br />

Di queste la via intravenosa è la più comune. I farmaci chemioterapici somministrati per questa<br />

via generalmente influiscono su tutto il corpo, distruggendo le cellule tumorali ma anche le<br />

cellule normali durante la divisione attiva. Perciò uno degli obiettivi nello sviluppo della<br />

farmacologia è quello di produrre metodi di somministrazione più accettabili, es. orale, o che<br />

limiti l’attività del farmaco alla parte del corpo affetta da tumore, es. somministrazione intraarteriosa<br />

nella somministrazione per i tumori epatici e intratecale nella somministrazione per i<br />

tumori del sistema nervoso centrale (CNS).


Limitazioni nella chemioterapia oncologica<br />

Poiché gli agenti chemioterapici agiscono su tutte le cellule a divisione (turn-over) rapida e non<br />

solo su quelle che sono tumorali, essi possono anche danneggiare le cellule normali a rapida<br />

divisione specialmente le cellule epiteliali. Le cellule normali che si dividono rapidamente<br />

includono le cellule da follicoli piliferi, le cellule del sistema riproduttivo e del tratto<br />

gastrointestinale e le cellule del midollo osseo.<br />

Midollo osseo<br />

Follicoli piliferi<br />

Tratto gastrointestinale<br />

Organi riproduttivi<br />

Figura 1.4. Il diagramma illustra le varie cellule sane che proliferano, nella norma, attivamente e che<br />

vengono danneggiate dagli effetti collaterali della chemioterapia.<br />

1<br />

1.17


1<br />

Spesso è la<br />

combinazione di<br />

uno o più effetti<br />

collaterali che<br />

limita la singola<br />

dose o la dose<br />

comulativa di<br />

chemioterapia che<br />

può essere<br />

somministrata.<br />

terapie<br />

oncologiche più<br />

specifiche che<br />

siano dirette<br />

esclusivamente alle<br />

cellule tumorali,<br />

mentre<br />

risparmierebbero<br />

le normali cellule<br />

sane, sarebbero<br />

meno tossiche per<br />

il paziente e<br />

impiegherebbero<br />

quindi meno<br />

risorse.<br />

1.18<br />

Questo spiega alcuni effetti collaterali della chemioterapia:<br />

● la soppressione del midollo osseo (diminuzione della conta cellulare dei globuli rossi,<br />

bianchi e delle piastrine) porta ad avversi effetti collaterali e ad infezioni<br />

● perdita di capelli<br />

● perdita di appetito e di peso<br />

● stomatiti ed esofagiti.<br />

Inoltre con l’uso di sostanze chemioterapiche si può andare incontro ad effetti collaterali che<br />

includono:<br />

● cambiamenti nel gusto<br />

● nausea e vomito<br />

● costipazione<br />

● diarrea<br />

● astenia<br />

● danni cardiaci<br />

● modificazioni a livello del sistema nervoso centrale<br />

● danni polmonari<br />

● danni al sistema riproduttivo<br />

● danni epatici<br />

● danni renali e del sistema emuntore.<br />

Spesso è la combinazione di uno o più effetti collaterali che limita la singola dose o la dose<br />

comulativa di chemioterapia che può essere somministrata. Sono state adottate varie strategie<br />

per intensificare o massimizzare il quantitativo di agenti chemioterapici che possono essere<br />

somministrati per aumentare le probabilità di un effetto terapeutico favorevole sul <strong>cancro</strong>. La<br />

tossicità può essere limitata adottando interventi quali la somministrazione di farmaci<br />

antiemetici e l’utilizzo di citochine per stimolare la produzione di cellule dei globuli rossi e<br />

bianchi. Anche se la tossicità rimane la più grande barriera al quantitativo di farmaco che può<br />

essere somministrato. Le stesse considerazioni possono essere applicate alla radioterapia.<br />

Inoltre a causa di un bisogno di assistenza intensiva al paziente per far si che la tossicità<br />

venga mantenuta all’interno di limiti accettabili, la chemioterapia impegna parecchio tempo di<br />

assistenza infermieristica e disperde risorse economiche limitate. Così, terapie oncologiche più<br />

specifiche che siano dirette esclusivamente alle cellule tumorali, mentre risparmierebbero le<br />

normali cellule sane, sarebbero meno tossiche per il paziente e impiegherebbero quindi meno<br />

risorse.<br />

Terapia biologica (immunoterapia)<br />

Per terapia biologica o immunoterapia si intende ogni terapia basata su componenti del<br />

sistema immunitario, il meccanismo di difesa corporeo naturale contro le malattie. È destinato a<br />

colpire più specificatamente le cellule tumorali che non la chemioterapia o altri agenti che<br />

generalmente tendono a agire sia sui tessuti tumorali che sani. La terapia biologica è perciò<br />

l’uso di trattamenti che promuovono o supportano le risorse immunitarie corporee o l’uso di<br />

base di componenti del sistema immunitario in modo da uccidere le cellule tumorali o reprimere<br />

la crescita della malattia. Una descrizione dettagliata degli sviluppi della terapia biologica è<br />

fornita nel Modulo 6.


Sommario<br />

È’ chiaro che le misure di prevenzione hanno il maggior impatto sull’indice di sopravvivenza<br />

per tumore. Sia la prevenzione primaria che la diagnosi precoce (prevenzione secondaria)<br />

hanno avuto un effetto significativo per il tasso di sopravvivenza a 5 anni negli ultimi decenni.<br />

Importanti risorse economiche e sanitarie sono state altresì impiegate nel trattamento dei tumori<br />

avanzati, che può essere di beneficio a singoli pazienti. Comunque c’è scarsa evidenza di<br />

efficacia di regimi chemioterapici, non-specifici, di prima scelta, sul tasso totale di<br />

sopravvivenza. Questa è una ragione perché si dedichino così tante ricerche e indagini verso<br />

specifici obiettivi tumorali a terapie che possono essere più efficaci e meno tossiche. I progressi<br />

sono stati ampiamente favoriti dall’avanzamento che si è osservato negli ultimi decenni nella<br />

biologia molecolare e nella genetica. Questi progressi hanno permesso alle terapie tumorali di<br />

essere dirette agli errori molecolari che sono specifici per le cellule tumorali.<br />

I prossimi moduli di questa risorsa vogliono:<br />

● descrivere la normale crescita cellulare e come essa sia controllata<br />

● dettagliare le alterazioni cellulari e le anormalità che derivano da un difetto nel controllo<br />

della crescita cellulare e la produzione di cellule maligne<br />

● spiegare come funziona il sistema immunitario umano e la potenzialità dei componenti del<br />

sistema immunitario utilizzabile per curare il <strong>cancro</strong><br />

● mostrare come queste conclusioni siano state utilizzate nello sviluppo sia delle terapie<br />

<strong>biologiche</strong> mirate che non mirate.<br />

1<br />

1.19


1<br />

1.20<br />

Questionario di autovalutazione<br />

1. Il <strong>cancro</strong> rappresenta un problema sanitario globale ma ci sono varianti internazionali circa<br />

l’incidenza e il tipo di <strong>cancro</strong> associati alla mortalità? Quali fattori influenzano tali<br />

differenze?<br />

2. La prevenzione del <strong>cancro</strong> può essere divisa in primaria, secondaria e terziaria. Per<br />

piacere fai quattro esempi che possono essere usati per le misure di prevenzione primaria,<br />

tre per la secondaria e due per la terziaria.<br />

3. Le opzioni di trattamento oncologico dipendono dallo stadio del tumore. Per piacere<br />

identifica e definisci tre obiettivi principali degli interventi chirurgici.<br />

4. Altre opzioni di trattamento per il <strong>cancro</strong> comprendono la radioterapia, l’ormonoterapia e<br />

la chemioterapia. Definisci brevemente e sottolinea gli intenti principali di ciascun<br />

approccio e identifica alcuni effetti collaterali comuni per ciascuna terapia.<br />

5. Descrivi gli approcci per migliorare la specificità e l’obiettivo delle terapie antiblastiche.<br />

Le risposte a queste domande sono a pag. 8.1.


Introduzione<br />

Modulo 2. Controllo della crescita cellulare e <strong>cancro</strong><br />

Per capire come il <strong>cancro</strong> si sviluppa e per disporre approcci razionali di trattamento a questa<br />

patologia, è necessario capire sia il lavoro interno alle cellule che le interazioni tra ed intracellulari.<br />

Le cellule tumorali proliferano (si sviluppano rapidamente) a dispetto dei normali<br />

meccanismi di controllo e posseggono caratteristiche speciali che permettono loro di invadere<br />

e colonizzare i tessuti circostanti.<br />

Questo modulo fa il punto sul normale processo di replicazione o divisione cellulare e sui<br />

meccanismi che lo controllano. I normali controlli sulla replicazione cellulare sono forniti da un<br />

apparato di importanti fattori che procurano alle cellule segnali proliferativi o antiproliferativi. I<br />

fattori di crescita che si legano ai corrispettivi recettori, sono particolarmente importanti per<br />

marcare le molecole. Il loro ruolo nella proliferazione e crescita cellulare è dibattuto. Anche le<br />

caratteristiche fisiche come l’ancoraggio cellulare a una “base” e l’invecchiamento cellulare<br />

hanno un ruolo nel controllo della proliferazione e le loro caratteristiche vengono descritte in<br />

questo capitolo.<br />

La conoscenza di questi processi che controllano la normale proliferazione cellulare e<br />

garantiscono che il normale sviluppo delle cellule sane sia mantenuto nel corpo, è vitale per<br />

capire lo sviluppo del <strong>cancro</strong>. Cambiamenti che agiscono per sopraffare questi meccanismi di<br />

controllo e che producono abnormi proliferazioni cellulari sono descritti nei moduli successivi.<br />

2<br />

2.1


2<br />

2.2<br />

Questionario di autovalutazione<br />

1. Quali caratteristiche distinguono le cellule tumorali dalle cellule normali?<br />

2. Il ciclo cellulare è una sequenza ordinata di eventi attraverso i quali le cellule raddoppiano<br />

il contenuto intracellulare e si duplicano. Quali sono gli obiettivi del ciclo cellulare?<br />

3. La mitosi permette la proliferazione cellulare mantenendo il corretto numero diploide di<br />

cromosomi in ciascuna cellula. Spiega come i cromosomi da un ovulo e dallo spermatozoo<br />

sono capaci di combinarsi mantenendo un corretto numero di cromosomi.<br />

4. Il ciclo cellulare è ben coordinato da punti di controllo e da fattori biochimici e fisici che<br />

influenzano il ciclo. Definisci e descrivi il ruolo dei fattori di crescita e di ancoraggio nel<br />

controllo del ciclo cellulare.<br />

Le risposte a queste domande si trovano a pag. 8.3.


Visione complessiva della replicazione cellulare<br />

Introduzione<br />

La divisione cellulare, la crescita, la differenziazione e la morte cellulare programmata<br />

(apoptosi) sono tutti elementi importanti del normale funzionamento cellulare. Le cellule tumorali<br />

hanno due caratteristiche che le distinguono dalle cellule normali.<br />

● Proliferano (crescono rapidamente) a dispetto dei normali controlli. Questo tipo di crescita è<br />

descritto come neoplastico.<br />

● Hanno speciali caratteristiche che consentono loro di invadere e colonizzare i tessuti<br />

circostanti, con significato di malignità cellulare.<br />

La maggioranza delle cellule del corpo sono cellule eucariote, o cellule che contengono un<br />

nucleo (figura 2.1). Eccezioni includono eritrociti maturi. All’interno del nucleo si trovano i<br />

cromosomi, che sono la formula per costruire la base (matrice) della vita, es. essi contengono le<br />

informazioni necessarie a fornire la sintesi di un vasto spettro di proteine. Le proteine sono<br />

essenziali alla formazione delle cellule per il controllo di tutti i processi cellulari e per la<br />

regolazione dell’interazione intercellulare.<br />

Strati<br />

lipidici<br />

Lisozomi<br />

'Pompa' (delle)<br />

Recettore proteine<br />

Membrana plasmatica<br />

Nucleo<br />

Microtubli<br />

Citoplasma<br />

Cromosoma<br />

Reticolo<br />

endoplasmatico<br />

Mitocondri<br />

Figura 2.1. Struttura base di una cellula che mostra le principali strutture cellulari.<br />

La cellula umana possiede 46 cromosomi (22 paia di autosomi più un paio di cromosomi del<br />

sesso) (figura 2.2). Le cellule che contengono due serie di cromosomi omologhi e logicamente<br />

due coppie di ogni gene sono descritte come diploidi. Ogni cromosoma comprende due lunghi<br />

filamenti a spirale stretta di DNA (acido desossiribonucleico) che si avvolgono assieme a<br />

formare il DNA a doppia elica (figura 2.3). Il DNA è formato da quattro differenti basi<br />

(adenina, citosina, timina e guanina) che si accoppiano con legame debole a formare coppie<br />

di basi. Queste basi sono l’unità fondamentale del codice genetico essendo le loro sequenze<br />

intrinseche alla corretta formazione di migliaia di geni che stanno lungo la lunghezza della<br />

molecola di DNA. I geni sono corti tratti di DNA responsabili dell’ereditarietà somatica quale il<br />

colore degli occhi e dei capelli e, più importante, della composizione e funzione di tutte le<br />

cellule.<br />

2<br />

La cellula umana<br />

possiede 46<br />

cromosomi.<br />

2.3


2<br />

2.4<br />

1–3 4–5 1–3 4–5<br />

6–12 6–12<br />

13–15 16–18 13–15 16–18<br />

19–20 21–22 X–X 19–20 21–22 X–Y<br />

Donna<br />

Figura 2.2. L’insieme completo dei 46 cromosomi umani.<br />

Braccio corto<br />

Centromero<br />

Braccio lungo<br />

Cromosoma<br />

Figura 2.3. Diagramma schematico di un cromosoma umano con indicata la struttura a doppia elica<br />

del DNA.<br />

Per trasmettere queste caratteristiche fisiche alla discendenza e continuare il rinnovo cellulare<br />

per mantenere l’equilibrio tra la crescita cellulare e la morte all’interno del corpo tutte le cellule<br />

subiscono un processo di replicazione del DNA e di divisione cellulare<br />

Il ciclo cellulare<br />

Ciclo cellulare è il nome dato alla sequenza ordinata di eventi attraverso i quali una cellula<br />

duplica il suo contenuto e si divide in due. Negli adulti la divisione cellulare è essenziale, dove<br />

il ciclo cellulare serve a sostituire quelle cellule che si sono perse per normale usura, rottura o a<br />

causa della morte cellulare programmata (apoptosi). Questo, per mantenere lo status quo in<br />

termine di numero cellulare, un uomo adulto deve produrre parecchi milioni di cellule ogni<br />

secondo.<br />

Vomo<br />

DNA


Gli obiettivi del ciclo cellulare sono:<br />

● produrre due cellule figlie identiche geneticamente replicando (copiando) accuratamente il<br />

DNA dei cromosomi delle cellule genitrici<br />

● distribuire equamente i cromosomi tra le due cellule figlie<br />

● duplicare il contenuto citoplasmatico.<br />

Queste necessità che significano una serie complessa di eventi nucleari e citoplasmatici devono<br />

essere coordinate reciprocamente durante il ciclo cellulare. La sequenza degli eventi che<br />

comprende il ciclo cellulare è illustrato nella figura 2.4.<br />

Figura 2.4. Ciclo cellulare.<br />

Punto di<br />

Limitazione<br />

Fase-G1<br />

(tra la mitosi e<br />

la sintesi del DNA)<br />

Mitosi<br />

(divisione cellulare)<br />

Fase S<br />

(sintesi del DNA)<br />

Fase G2<br />

(tra la fase S e la<br />

mitosi)<br />

Meccanismo della divisione cellulare<br />

Durante il ciclo cellulare, le cellule si sviluppano, si preparano alla divisione e si dividono per<br />

produrre due identiche cellule figlie che contengano le stesse informazioni genetiche della<br />

cellula genitrice. Quattro fasi distinte compongono il ciclo cellulare:<br />

● G1 (Gap 1)<br />

● S (Sintesi)<br />

● G2 (Gap 2)<br />

● M (Mitosi).<br />

G1, S e G2 sono raggruppate sotto la comune definizione di interfase che avviene prima<br />

della mitosi. Quando una cellula entra nella fase S è destinata normalmente a procedere nella<br />

fase G2 ed a dividersi con la mitosi.<br />

Il ciclo comincia a G1, un periodo di preparazione durante il quale sono raccolti tutti i<br />

componenti necessari alla divisione cellulare. La replicazione del DNA o duplicazione del<br />

DNA (così nominato perché il quantitativo di DNA è duplicato) avviene nella fase S o fase di<br />

sintesi. Anche le informazioni della cromatina (compresi gli istoni [proteine somatiche caricate]<br />

2<br />

2.5


2<br />

2.6<br />

e altre proteine combinate con il DNA) hanno luogo durante la fase S. La cromatina contiene<br />

due serie identiche di cromosomi (cromatidi). Dopo la fase S le cellule entrano nella G2, un<br />

periodo di crescita cellulare e metabolismo, dopo il quale la cellula procede alla fase M o fase<br />

di divisione cellulare. Questa fase è quella finale del ciclo cellulare e coinvolge la divisione<br />

nucleare con un processo chiamato mitosi, seguito da una divisione citoplasmatica.<br />

Mitosi<br />

La mitosi è lo stadio di divisione nucleare della fase M nel ciclo cellulare. Durante la mitosi è<br />

essenziale che la cellula acquisisca un totale di 46 cromosomi, es. ogni cellula figlia dovrebbe<br />

ricevere due copie di ciascun cromosoma (stato diploide). Al fine di semplificare la nostra<br />

comprensione dell’attività coinvolta nella mitosi il processo è diviso in quattro passaggi<br />

profase, metafase, anafase e telofase.(Figura 2.5)<br />

Interfase Profase anticipatoria<br />

Metafase<br />

Figura 2.5. Illustrazione delle fasi della mitosi.<br />

Profase (fase iniziale)<br />

Profase tardiva<br />

Anafase Telofase<br />

A seguito della replicazione di ciascun cromosoma nella fase S del ciclo cellulare i singoli<br />

cromosomi iniziano a sbrogliarsi e diventano più distinti. Ogni cromosoma si contrae diventa<br />

più corto e strettamente avvolto prendendo l’apparenza di un doppio filamento che lo rende<br />

invece più visibile. A questo stadio ogni cromosoma consta di due parti longitudinali identiche,<br />

i cromatidi. Questi sono uniti da una struttura chiamata centromero. Verso la fine della profase<br />

la membrana nucleare si rompe e il nucleo cellulare scompare.<br />

Metafase (fase mediana)<br />

Durante questa forma intermedia i fusi nucleari o microtubuli diventano sporgenti. Questi fusi<br />

sono polimeri che formano lo scheletro della cellula e sono coinvolti nel guidare i movimenti<br />

delle strutture cellulari. Durante la metafase essi cominciano ad avvicinarsi al centro di ciascun<br />

nucleo e si estendono all’esterno verso i poli. Mentre questi fusi non si uniscono di fatto nel<br />

nucleo e, nel centro del nucleo c’è una considerevole sovrapposizione. Nella metafase<br />

primaria i cromosomi sembrano muoversi e alla fine allinearsi in un piano ad angoli retti<br />

rispetto ai fusi (piano di metafase). I cromosomi sono tirati verso i fusi e si attaccano ai loro<br />

centromeri.


Anafase (continuazione della fase mediana)<br />

All’inizio dell’anafase i centromeri uniscono i due cromatidi di ciascun cromosoma separato e il<br />

singolo cromatide acquista l’aspetto di una V. Da questo momento ciascun cromatide si<br />

comporta come un singolo cromosoma. I due cromatidi da un cromosoma sono attirati agli<br />

opposti poli della cellula, con la punta della V che guarda ai poli.<br />

Telofase (fase finale)<br />

Durante la telofase scompaiono i fusi e si forma una membrana nucleare attorno alle due serie<br />

di cromosomi. i cromosomi poi si srotolano e si aggrovigliano nella cromatina. Le due cellule<br />

figlie contengono lo stesso numero di cromosomi e ciascuna è una copia identica della cellula<br />

genitrice originale. Una volta che tali processi sono completati, il ciclo cellulare inizia ancora<br />

dallo stadio di interfase.<br />

Meiosi<br />

Il ruolo della mitosi è di facilitare la proliferazione cellulare mentre si mantiene il numero<br />

corretto (46) di cromosomi in ogni nucleo (diploidismo). La riproduzione sessuale coinvolge la<br />

fusione e il ricombinamento dei geni da due individui per produrre cellule che differiscono<br />

geneticamente da quelle di entrambi i genitori. Combinando due cellule diploidi si<br />

raddoppierebbe il numero dei cromosomi a 92. Per quanto questo è evitato dal processo di<br />

meiosi che avviene solo negli organi riproduttivi che generano ovuli e spermatozoi.<br />

La meiosi comprende due successive divisioni della cellula e del nucleo ma avviene solo un<br />

raddoppio di DNA, così producendo quattro cellule aploidi da una cellula diploide iniziale.<br />

Questo significa che ogni cellula figlia ha 23 cromosomi. E quando uno spermatozoo fertilizza<br />

l’ovulo si ristabilisce il numero diploide di cromosomi per cellula (46).<br />

Questo ciclo cellulare e di divisione nucleare differiscono l’un l’altra e sono così citate come<br />

meiosi I e meiosi II. Anche se la meiosi I e II sono divise nelle stesse quattro categorie come la<br />

mitosi:<br />

profase I, metafase I, anafase I, telofase I, seguite da<br />

profase II, metafase II, anafase II, e telofase II.<br />

Meiosi I<br />

Come con la mitosi, la meiosi I (figura 2.6) comincia allo stadio G1 nel periodo di tempo che<br />

le cellule preparano la divisione. La maggioranza del DNA è sintetizzato nel primo periodo di<br />

profase della meiosi I.<br />

Profase I<br />

La profase I della meiosi è diversa dalla profase della mitosi nel punto dei cromosomi omologhi<br />

ciascuno fatto di due cromatidi appaiati. Questi cromosomi appaiati appaiono come una<br />

tetrade di quattro cromatidi con incroci tra i cromatidi dei cromosomi appaiati e che aiutano a<br />

tenere assieme le coppie. A questo punto la coppia di cromosomi è associata con la<br />

membrana nucleare. Comunque, poiché la membrana nucleare si rompe, fusi simili a quelli<br />

visti nello stadio di mitosi e i cromosomi iniziano a migrare verso una posizione mediana tra i<br />

poli della cellula (piano metafase). La profase I occupando quasi il 90% della durata totale<br />

della meiosi è il periodo più lungo della meiosi. Per questa ragione viene talvolta sotto-divisa in<br />

leptotene, zigotene, pachitene, diplotene e diacinesi. Questi termini descrivono vari stadi<br />

sottoindicati.<br />

2<br />

2.7


2<br />

2.8<br />

Profase anticipatoria I<br />

Profase tardiva I<br />

Metafase<br />

Anafase anticipatoria I<br />

Figura 2.6. Illustrazione delle fasi della meiosi I.<br />

Metafase I<br />

I paia di cromosomi sono sistemati sul piano di metafase. I due cromosomi formano ciascuno<br />

una coppia attaccati ai filamenti dei poli opposti al nucleo in preparazione per l’anafase I.<br />

Anafase I<br />

Durante l’anafase I i cromosomi sono attirati ai poli. In contrasto con la mitosi i cromatidi<br />

rimangono attaccati al centromero e si muovono come una sola unità. Così i cromosomi<br />

analoghi viaggiano verso i poli opposti della cellula col risultato che il numero dei cromosomi<br />

in ciascun nucleo neoformato è la metà di quelli della cellula madre.<br />

Telofase I<br />

Si forma una membrana cellulare attorno a ciascuno dei due gruppi di cromosomi nel nucleo.<br />

Come detto sopra i due nuclei così formati contengono un numero aploide di cromosomi.<br />

Perciò nelle cellule umane spermatogeniche per esempio, i 46 cromosomi sono divisi lasciando<br />

23 cromosomi in ciascuna cellula figlia. Comunque è importante notare che questi cromosomi<br />

contengono ciascuno due cromatidi.<br />

Seguendo le informazioni dei due nuclei le cellule si dividono a formare due cellule figlie.<br />

Meiosi II<br />

È simile alla mitosi (figura 2.5) ma le cellule coinvolte sono aploidi e non diploidi.<br />

Profase II<br />

I filamenti nel nucleo e i cromosomi iniziano a muoversi verso il piano di metafase.<br />

Metafase II<br />

I cromosomi si allineano sul piano di metafase con i cromatidi orientati verso i poli opposti del<br />

nucleo. È importante notare che in questo momento ciascuno dei 23 cromosomi è separato.<br />

Anafase II<br />

Anafase tardiva I<br />

I centromeri si dividono e i due cromatidi che formano ciascuno un cromosoma sono attirati ai<br />

poli opposti.


Telofase II<br />

Infine le membrane nucleari si formano intorno ai cromatidi, che ora stanno ai poli e possono<br />

essere considerati cromosomi. La cellula si divide a formare due cellule figlie aploidi.<br />

In questo modo la meiosi produce quattro cellule figlie da una cellula madre originale (due<br />

cellule figlie sono formate nella meiosi II). Ciascuna cellula figlia contiene un numero aploide di<br />

cromosomi. Queste dovrebbero essere confrontate alle due cellule diploidi figlie formate dalla<br />

mitosi (figura 2.7).<br />

Meiosi I<br />

Cromosomi<br />

omologhi sono<br />

divisi sul piano di<br />

metafase<br />

Meiosi II<br />

Divisioni<br />

cellulare<br />

Replicazione<br />

del DNA<br />

Cromosomi<br />

omologhi si appaiano<br />

sul piano di metafase<br />

Divisioni<br />

cellulare<br />

Figura 2.7. Confronto tra mitosi e meiosi.<br />

Meiosi<br />

Mitosi<br />

4 cellule aploidi figlie 2 cellule diploidi figlie<br />

2<br />

2.9


2<br />

2.10<br />

L’importanza della mitosi e della meiosi<br />

Un corretto funzionamento della replicazione cellulare e dunque della mitosi e meiosi è<br />

essenziale al mantenimento della funzionalità e alla salute di un organo. Così è vitale che i<br />

processi che controllano la replicazione cellulare funzionino normalmente per mantenere<br />

l’equilibrio tra le cellule morte e la generazione di nuove cellule. Ogni disfunzione in questo<br />

controllo può condurre a disfunzioni e morte dell’organo se l’equilibrio volge a favore della<br />

morte cellulare, o verso il <strong>cancro</strong>, se accresce la replicazione. Questi processi di controllo sono<br />

descritti nella sessione seguente.<br />

Fattori e percorsi coinvolti nel controllo della replicazione<br />

cellulare<br />

Il sistema di controllo nel ciclo cellulare<br />

La sequenza degli eventi del ciclo cellulare sono governati dal sistema di controllo dello stesso,<br />

che ciclicamente avvia i processi essenziali di riproduzione cellulare come il raddoppio del<br />

DNA e la segregazione cromosomica. Una serie di proteine, incluse le proteino-chinasi, i fattori<br />

di crescita e i loro recettori, interagiscono per indurre e coordinare i processi essenziali che<br />

duplicano e dividono i contenuti cellulari. Ciò coinvolge stimolazioni o inibizioni dell’attività<br />

dei geni nel nucleo cellulare, che poi esercita un effetto attraverso la produzione di proteine.<br />

Punti critici di controllo e di input per le informazioni regolatorie del sistema di controllo del<br />

ciclo cellulare che assicurano che la riproduzione cellulare si svolga regolarmente. Ricadute<br />

dal ciclo cellulare possono impedire al sistema di controllo di passare attraverso certi specifici<br />

punti limitativi. Nei mammiferi, il punto più importante di attrazione nel ciclo cellulare è<br />

nell’ultimo stadio di G1 ed è conosciuto come “start” (fig. 2.8). Un errore in questo punto di<br />

controllo o la possibilità di acquisire caratteristiche che permettano a questo punto di “start” di<br />

essere sopraffatto è importante nello sviluppo del <strong>cancro</strong>. In più al punto “start” fattori fisici<br />

come l’ancoraggio cellulare e la senescenza (vedi pagine 2.14–2.15) influenzano il ciclo<br />

cellulare e hanno anche un ruolo nello sviluppo del <strong>cancro</strong>.<br />

Da G2 a M<br />

Figura 2.8. Check-point nel ciclo cellulare.<br />

Sintesi<br />

del DNA<br />

Anafase<br />

M<br />

G2 G1<br />

S<br />

Partenza o punto R<br />

Da G1 a S<br />

G0 (quiescenza)


Punti di controllo<br />

Perno del corretto funzionamento del sistema di controllo del ciclo cellulare sono due famiglie<br />

di proteine:<br />

● sottoelemento della proteinochinasi chiamato proteinochinasi ciclino-dipendente (Cdk)<br />

● attivatore delle proteine chiamate cicline.<br />

Le cicline si legano alle molecole Cdk e controllano le loro capacità di legarsi a gruppi fosfati<br />

e così attivare le appropriate proteine bersaglio (figura 2.9). Queste due famiglie proteiche<br />

formano proteine complesse di combinazioni diverse che esercitano il controllo sul ciclo<br />

cellulare attraverso la loro attività chinasica (attività enzimatica che controlla la fosforilazione)<br />

che vengono accese o spente improvvisamente in particolari punti del ciclo cellulare. Così,<br />

queste proteine complesse forniscono un feed-back circa il progresso del ciclo cellulare<br />

assicurando che le cellule completino un ciclo prima di iniziare il seguente.<br />

Ciclina<br />

Ciclina<br />

degradata<br />

G 2<br />

S<br />

Attivita<br />

chinasica<br />

P<br />

M<br />

P<br />

Attivita<br />

chinasica<br />

G 1<br />

Cdk<br />

Ciclina<br />

Ciclina<br />

degradata<br />

Figura 2.9. Attività del Cdk e delle molecole di ciclina nel controllo del ciclo cellulare.<br />

Oltre al Cdk e alle cicline operano parecchi altri feed-back di controllo per contenere il sistema<br />

regolatore del ciclo cellulare. Un altro importante punto di controllo (p53) sta nell’azione per<br />

impedire a cellule con DNA danneggiato di iniziare la mitosi fino a che il danno non sia<br />

riparato. Nei mammiferi una proteina chiamata p53 si accumula nella cellula in risposta al<br />

danno sul DNA inducendo a una interruzione nel ciclo cellulare in G1. Come discusso nel<br />

Modulo 3, le mutazioni nel gene che codifica la proteina p53 giocano un ruolo significante<br />

nello sviluppo del <strong>cancro</strong>. Questo sembra avvenire per l’invalidamento del controllo di feedback<br />

così che la frequenza di alterazioni genetiche promuovono l’insorgenza del <strong>cancro</strong>.<br />

Fattori di crescita<br />

Perché le cellule dei mammiferi possono cresce e dividersi devono ricevere specifici segnali<br />

positivi da altre cellule. Molti di questi segnali sono fattori di crescita proteici che si legano ai<br />

recettori complementari nella membrana plasmatica a stimolare la proliferazione cellulare.<br />

Questi segnali positivi funzionano annullando i controlli intracellulari negativi che altrimenti<br />

frenerebbero la crescita e fermerebbero l’attività del sistema di controllo del ciclo cellulare. Se<br />

2<br />

2.11


2<br />

per la replicazione<br />

cellulare è<br />

necessario un<br />

“cocktail” specifico<br />

o una<br />

combinazione di<br />

fattori di crescita.<br />

Gli ormoni sono<br />

secreti dalle cellule<br />

(ghiandole)<br />

endocrine e<br />

giocano un ruolo<br />

importante nella<br />

stimolazione della<br />

divisione delle<br />

cellule ormonodipendenti<br />

di<br />

organi . . .<br />

2.12<br />

cellule coltivate sono cresciute in assenza di siero esse entrano in un ciclo cellulare statico dove<br />

il sistema di controllo del ciclo cellulare è disabilitato a causa del sorpasso del punto di<br />

controllo G.1. Questa fase di stasi è conosciuta come G0. E questo comportamento cellulare è<br />

stato mostrato essere indotto dall’assenza di fattori di crescita. I fattori di crescita<br />

comprendono:<br />

● proteine<br />

● polipeptidi (sub-unità proteiche)<br />

● ormoni steroidei.<br />

I fattori di crescita si possono trovare circolanti nel sangue o vicino a cellule che li hanno<br />

secreti, dove sono tipicamente presenti a concentrazioni molto basse. Al contrario il siero è una<br />

sorgente relativamente ricca di fattori di crescita. A tutt’oggi sono stati identificati 50 fattori di<br />

crescita, alcuni dei più importanti sono presentati nella Tavola 2.1. I fattori di crescita possono<br />

essere suddivisi in classi a ampia o ristretta specificità. Quelli ad ampia specificità che<br />

appartengono alla famiglia dei fattori di crescita epidermici influenzano la crescita di molti tipi<br />

di cellule diverse. Il fattore di crescita dell’eritropoietina che induce solo la proliferazione dei<br />

precursori dei globuli rossi, è un recettore a ristretta specificità.<br />

Tipicamente per la replicazione cellulare è necessario un “cocktail” specifico o una<br />

combinazione di fattori di crescita. I fattori di crescita funzionano per controllare la<br />

sopravvivenza, la differenziazione, la migrazione o il funzionamento delle cellule dipendenti<br />

dalla circostanza predominante. Studi hanno dimostrato che cellule vicine competono per i<br />

fattori di crescita e che la densità cellulare è limitata dalla concentrazione dei fattori di crescita.<br />

I geni che inducono i fattori di crescita si definiscono in due categorie: geni a risposta<br />

anticipata e geni a risposta ritardata. I geni a risposta anticipata sono prodotti entro 15 minuti<br />

dalla stimolazione dei fattori di crescita e non necessitano sintesi proteica. I geni a risposta<br />

anticipata meglio studiati sono i proto-oncogeni myc (implicati come un fattore causale nel<br />

linfoma di Burkitt e nei tumori polmonari, mammari e della cervice), fos (codificano una<br />

trascrizione di fattori che lavorano con il prodotto del proto-oncogene giovane per cambiare il<br />

tasso di trascrizione di certi altri geni). In contrasto geni a risposta ritardata sono prodotti<br />

almeno un’ora dopo la stimolazione dei fattori di crescita e necessitano della sintesi proteica. I<br />

fattori che inducono questi geni a risposta ritardata sembrano essere prodotti da geni a<br />

risposta anticipata, i quali come indicato sopra, spesso hanno funzione regolatrice. I geni a<br />

risposta ritardata includono quelli codificati come proteine Cdk e parecchie cicline, tutti sono<br />

coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare.<br />

Ormoni come fattori di crescita<br />

Gli ormoni sono secreti dalle cellule (ghiandole) endocrine e giocano un ruolo importante nella<br />

stimolazione della divisione delle cellule ormono-dipendenti di organi come seno, endometrio e<br />

ovaie. Un eccessiva stimolazione ormonale è associata con un aumento della divisione<br />

cellulare che in fine può esitare nella formazione di un tumore maligno, in particolare quando<br />

questo effetto è combinato con il cambiamento dell’assetto del DNA di una cellula.<br />

Le citochine sono ormoni polipeptidi prodotti dalle cellule del sistema immunitario. Esse hanno<br />

effetti specifici sulle cellule del sistema immunitario e in comune con altri ormoni, esercitano il<br />

proprio effetto legandosi a specifici recettori della superficie cellulare per indurre dei segnali.<br />

Le citochine funzionano a concentrazioni molto basse e possono agire localmente sia con altri<br />

tipi di cellule (paracrine) o con lo stesso tipo di cellule (autocrine) o sistematicamente<br />

(endocrine). Come discusso nel Modulo 6 gli effetti delle citochine sul sistema immunitario<br />

hanno suggerito il loro uso come strumento terapeutico nel <strong>cancro</strong>.


Tavola 2.1. Proteine, fattori di crescita e loro azione.<br />

Fattore Membri relativi alla famiglia Specificità Effetti determinanti<br />

Fattori di crescita derivati dalle Ampia Stimolano la proliferazione del tessuto connettivale<br />

piastrine (PDGF), tre sottotipi cellulare e di alcune cellule neurogliali.<br />

Fattori di crescita epidermici Fattori di crescita trasformatori di tipo Ampia Stimolano la proliferazione di molti tipi di cellule;<br />

(EGF) (TGF-α) agiscono come segnale induttivo nello sviluppo<br />

embrionale.<br />

Fattori di crescita insulino-simili Fattori di crescita insulino simili II Ampia Promuovono la sopravvivenza cellulare, stimolano<br />

(IGF-1) (IGF-II) insulina; il metabolismo cellulare, collaborano con altri<br />

fattori di crescita a stimolare la proliferazione<br />

cellulare.<br />

I fattori di crescita trasformanti Attivatori di proteine ossee Ampia Rafforzano o inibiscono le risposte della<br />

di tipo β (TFG-β), sottotipi morfogeniche (BMPS) maggioranza delle cellule verso altri fattori di<br />

multipli crescita, dipendenti dal tipo cellulare, regolano la<br />

differenziazione di alcuni tipi cellulari, agiscono<br />

come segnale induttivo nello sviluppo embrionale.<br />

Fattori di crescita dei fibroblasti Ampia Stimolano la proliferazione di molti tipi cellulari,<br />

(FGF), sottotipi multipli inibiscono la differenziazione di vari tipi di cellule<br />

staminali, agiscono come segnale induttivo nello<br />

sviluppo embrionale.<br />

Interleukina-2 (IL-2) Ristretta Stimolano la proliferazione dei linfociti T attivati.<br />

Fattori di crescita dei nervi Fattori neutrofici di derivazione Ristretta Promuovono la sopravvivenza e permettono<br />

(NGF) cerebrale (BDNF); neutrofina-3 il processo di attività nervosa di specifiche classi<br />

(NT-3);neutrofina-4 (NT-4) di neuroni.<br />

Eritropoietina Ristretta Promuovono la proliferazione, differenziazione e<br />

sopravvivenza dei precursori dei globuli rossi.<br />

Fattori stimolanti colonie di Fattori stimolanti le colonie di macrofagi Ristretta Stimolano la proliferazione, differenziazione e<br />

granulociti (G-CSF) (M-CSF), fattori stimolanti le colonie di sopravvivenza dei neutrofili.<br />

granulociti macrofagici (GM-CSF),<br />

interleukina-3 (IL-3)<br />

2<br />

2.13


2<br />

le cellule<br />

rispondono a un<br />

determinato fattore<br />

di crescita solo se<br />

sono presenti le<br />

appropriate<br />

proteine recettrici.<br />

. . . la maggior<br />

parte delle cellule<br />

deve essere<br />

ancorata ad una<br />

base prima di<br />

dividersi.<br />

. . . la probabilità<br />

di una cellula di<br />

entrare in G0 e<br />

divenire inerte<br />

aumenta con il<br />

numero di volte<br />

che la cellula si<br />

divide.<br />

2.14<br />

Recettori dei fattori di crescita<br />

I fattori di crescita esercitano i loro effetti legandosi ai recettori che si trovano sulla superficie<br />

cellulare. Una importante condizione degna di nota è che le cellule rispondono a un<br />

determinato fattore di crescita solo se sono presenti le appropriate proteine recettrici. Quando<br />

è limitata a rilevanti recettori, i fattori di crescita attivano una comunicazione, o segnalazione<br />

percorso che stimola le cellule a rispondere sia con l’espressione che l’inibizione di proteine<br />

riconosciute capaci di controllare la funzionalità cellulare. Come discusso nel Modulo 3 questo<br />

controllo sulla crescita è influenzato dalla capacità dei recettori dei fattori di crescita ad<br />

attivare la cascata di fosforilazione intracellulare che conduce a cambiamenti nell’espressione<br />

genica. I recettori per la maggior parte dei fattori di crescita sono trans-membrane di<br />

proteinochinasi tirosino-specifiche, come ad es. recettori con proteino-chinasi e dunque con<br />

attività molecolo-attivanti, così come i recettori-2 (HER2) fattori di crescita epidermali umani.<br />

Dipendenza d’ancoraggio<br />

Anche fattori fisici influenzano il ciclo cellulare. Per esempio la maggior parte delle cellule deve<br />

essere ancorata ad una base prima di dividersi. Questa dipendenza di ancoraggio è dovuta<br />

ad un controllo di ancoraggio che opera sul punto di controllo G1. È come se i segnali<br />

intracellulari generati nei punti di adesione (es. i punti dove le cellule sono attaccate l’un<br />

l’altra) giochino un ruolo importante nella regolazione del sistema di controllo del ciclo<br />

cellulare in molti tipi cellulari diversi. Questo perché il contatto fisico abilita le cellule a<br />

comunicare reciprocamente. È degno di nota che le cellule nei tumori hanno proprietà<br />

particolari che le rendono un’eccezione alla regola della dipendenza d’ancoraggio. Così esse<br />

possono fuoriuscire dalla matrice extracellulare che le tiene in posizione tanto da migrare dai<br />

fluidi corporali a altre zone del corpo (metastatizzazione) permettendo la formazione di un<br />

tumore secondario (figura 2.10).<br />

Tumore benigno<br />

nell'epitelio<br />

Tessuto<br />

connettivo<br />

Capillare<br />

Lamina<br />

basale<br />

Senescenza cellulare<br />

Il tumore filtra attraverso<br />

la lamina basale<br />

Le cellule tumorali invadono i<br />

capillari e migrano verso altri siti<br />

(metastatizzano)<br />

Figura 2.10. Lo stadio per il quale le cellule sono capaci di fuoriuscire dalla matrice extracellulare e<br />

metastatizza. Copyright, 1999 da Molecular Biology of <strong>the</strong> Cell by Alberts B et al. Riprodotto con<br />

licenza della Routledge, Inc, parte del The Taylor e Francis Group.<br />

La proliferazione cellulare non è solo influenzata dall’ambiente cellulare ma anche dalla storia<br />

delle cellule. Per esempio la probabilità di una cellula di entrare in G0 e divenire inerte<br />

aumenta con il numero di volte che la cellula si divide. Questo è descritto come senescenza o<br />

invecchiamento cellulare. La senescenza cellulare è riflessa nella difficoltà di stabilire culture<br />

permanenti di cellule normali, con fibroblasti, esempio, subire un massimo di 50<br />

raddoppiamenti quando cresce in cultura.


Inoltre la proliferazione rallenta con l’invecchiamento della cultura. Anche se questo non è un<br />

aspetto programmato della formazione genetica della cellula perché diverse cellule dello stesso<br />

tipo all’interno della stessa popolazione smettono di riprodursi in tempi diversi. Si dovrebbe<br />

notare che la probabilità che la riproduzione smetta o aumenti dipende da ciascuna<br />

generazione. Questo fenomeno appare essere in relazione con l’accorciarsi dei telomeri, forse<br />

dovuto ad una deficienza nell’enzima che li produce.<br />

Apoptosi - morte cellulare programmata<br />

La maggior parte delle cellule è programmata alle dipendenze di specifiche serie di segnali per<br />

la sopravvivenza (figura 2.11).<br />

Quando una cellula viene privata degli appropriati segnali di sopravvivenza la cellula attiverà<br />

un programma di suicidio e di autodistruzione. Questo processo è chiamato morte cellulare<br />

programmata o apoptosi. L’apoptosi è anche eseguita da speciali molecole che forniscono un<br />

segnale di morte. I segnali di morte che provengono dall’esterno della cellula sono portati da<br />

vari organuli, all’interno della cellula attraverso un intricato reticolo di molecole che agiscono<br />

B<br />

B<br />

B<br />

A<br />

C<br />

A<br />

C<br />

A<br />

C<br />

D<br />

F<br />

E<br />

G<br />

Sopravvivenza<br />

Divisione<br />

Differenziazione<br />

Morte<br />

Figura 2.11 Segnali extracellulari inducono la sopravvivenza, la divisione la differenziazione e la<br />

da messaggeri. Per esempio la proteina citosolica Bid, porta un segnale di morte dalla<br />

membrana cellulare al mitocondrio permettendo alla membrana esterna mitocondriale di<br />

diventare permeabile permettendo una rapida degradazione cellulare.<br />

2<br />

2.15


2<br />

2.16<br />

Sommario<br />

Le cellule si moltiplicano attraverso un processo strettamente regolato chiamato ciclo cellulare.<br />

La replicazione nucleare e la divisione cellulare sono stadi importanti del ciclo cellulare. Le<br />

cellule che non sono coinvolte nella riproduzione cellulare, es. la maggioranza delle cellule,<br />

aumentano attraverso la mitosi mentre le cellule sessuali crescono con la meiosi. Il controllo del<br />

sistema del ciclo cellulare sorveglia il progresso del ciclo cellulare con un importante punto<br />

limitativo nella fase G1. Le cellule normalmente si trattengono dal proliferare se non ricevono<br />

specifici segnali da altre cellule per agire in tale modo. I fattori di crescita sono molecole<br />

importanti per stimolare la proliferazione cellulare. Inoltre la maggior parte delle cellule devono<br />

essere ancorate ad un substrato prima che si dividano. Diversi tipi di segnale determinano se<br />

una cellula crescerà, si dividerà, si differenzierà o morirà. Nello stato di salute, questi segnali<br />

assicurano che il numero delle cellule sia mantenuto ai livelli necessari per la normale funzione<br />

organica, ecc. Il segnale che induce alla morte cellulare è detto apoptosi, ed è un modo<br />

normale per mantenere l’appropriato numero cellulare.


Questionario di autovalutazione<br />

1. Quali caratteristiche distinguono le cellule tumorali dalle cellule normali?<br />

2. Il ciclo cellulare è una sequenza ordinata di eventi attraverso i quali le cellule raddoppiano<br />

il contenuto intracellulare e si duplicano. Quali sono gli obiettivi del ciclo cellulare?<br />

3. La mitosi permette la proliferazione cellulare mantenendo il corretto numero diploide di<br />

cromosomi in ciascuna cellula. Spiega come i cromosomi da un ovulo e dallo spermatozoo<br />

sono capaci di combinarsi mantenendo un corretto numero di cromosomi.<br />

4. Il ciclo cellulare è ben coordinato da punti di controllo e da fattori biochimici e fisici che<br />

influenzano il ciclo. Definisci e descrivi il ruolo dei fattori di crescita e di ancoraggio nel<br />

controllo del ciclo cellulare.<br />

Le risposte a queste domande si trovano a pag. 8.3.<br />

2<br />

2.17


Introduzione<br />

Modulo 3. Basi genetiche dello sviluppo tumorale<br />

Comprendere le componenti molecolari e genetiche delle cellule è importante per capire le<br />

basi dello sviluppo tumorale. Così questo modulo inizia con un ripasso della genetica, e su<br />

come i geni specifichino e dirigano la produzione di proteine attraverso le quali essi possono<br />

avere il loro risultato.<br />

Su questa linea si sviluppa la discussione verso i meccanismi di mutazione genetiche e la<br />

valutazione che queste mutazioni hanno nello sviluppo del <strong>cancro</strong>. La crescita tumorale inizia<br />

con una mutazione (un cambio strutturale nel DNA di una cellula). Anche se si crede che<br />

queste mutazioni strutturali avvengano frequentemente, le cellule che recano mutazioni sono<br />

generalmente distrutte dal sistema di controllo fisiologico prima che si possano dividere e<br />

replicare. Il <strong>cancro</strong> si sviluppa quando queste cellule abnormi sopravvivono e riescono a<br />

riprodursi in un quantitativo sufficiente a provocare la malattia.<br />

Le cellule tumorali sono caratterizzate dalla loro capacità di moltiplicarsi senza alcuna<br />

limitazione, e a diffondersi o metastatizzare dal tumore primario verso altre parti del corpo<br />

attraverso il sistema circolatorio o linfatico. Tradizionalmente il <strong>cancro</strong> è considerato essere una<br />

malattia della proliferazione cellulare. Anche se, ora appare evidente che l’importanza sta nel<br />

bilancio tra divisione cellulare e morte cellulare (apoptosi). Quindi il <strong>cancro</strong> può risultare da:<br />

● incontrollata divisione cellulare<br />

● deficit del meccanismo soppressivo<br />

● una combinazione dei due.<br />

In particolare il cambio genetico nel DNA cellulare può risultare da una scorretta sostituzione<br />

di un paio di basi con un altro, dalla rimozione (perdita) o inserzione di una o più basi o dalla<br />

replicazione o cancellazione di un intero gene. Particolarmente importanti sono le mutazioni<br />

verso geni che si trovano normalmente nelle cellule chiamate proto-oncogeni (geni che<br />

normalmente svolgono il ruolo di stimolare la proliferazione cellulare) e geni onco-sopressori<br />

(geni che normalmente hanno il ruolo di inibire la proliferazione cellulare). Mutazioni di tali<br />

geni possono risultare rispettivamente da una iper-stimolazione o carenza di inibizione nella<br />

proliferazione cellulare. Questi geni alterati possono allora trasmettere istruzioni non corrette<br />

alle cellule che derivano dalle cellule genitrici attraverso il ciclo cellulare.<br />

I geni alterati esercitano il loro effetto attraverso la sintesi delle proteine alterate (i geni<br />

codificano proteine specifiche attraverso le quali esercitano il loro effetto). Nel caso del <strong>cancro</strong><br />

molte delle proteine che hanno un ruolo nello sviluppo del tumore, quando alterate, sono<br />

coinvolte in un processo detto segnale di transduzione. Questo è un processo con il quale i<br />

segnali che influiscono sulla crescita cellulare passano dall’esterno della cellula nel suo nucleo.<br />

Questo processo coinvolge percorsi complessi di interazione tra proteine. Cambi in una<br />

qualsiasi proteina che è coinvolta in questo percorso può alla fine incidere sul percorso di<br />

lavoro cellulare e può anche dare l’avvio ed una espansione della popolazione cellulare<br />

abnorme.<br />

Tutti questi processi sono descritti in questo modulo. Specifici esempi di importanti protooncogeni,<br />

geni onco-sopressori e percorsi di segnali di transduzione sono usati per illustrare<br />

l’impatto delle mutazioni nella cellula.<br />

3.1<br />

3


3<br />

3.2<br />

Questionario di autovalutazione<br />

1. Gli elementi e i processi genici possono essere disposti in un ordine gerarchico e<br />

sequenziale. Completa lo schema inserendo le parole appropriate elencate sotto. I due<br />

asterischi rappresentano l’inizio dei due percorsi di mutazione che possono sfociare nella<br />

proliferazione cellulare incontrollata e la crescita tumorale invasiva. Per piacere<br />

denominali:<br />

DNA Cromosomi Transduzione Proteina<br />

Genoma<br />

Geni<br />

Basi<br />

**<br />

Trascrizione<br />

mRNA<br />

2. Come può un proto-oncogene trasformarsi in un oncogene? Che tipi di processi vengono<br />

eseguiti oltre al conosciuto controllo proto-oncogenico?<br />

3. Usando come esempio il gene p53 “onco-soppressore” e il recettore HER2 del fattore di<br />

crescita descrivi come le mutazioni possono condurre allo sviluppo del <strong>cancro</strong> in ciascun<br />

caso.<br />

4. Cos’ è il segnale di trasduzione e a cosa adempie?<br />

5. Sottolinea brevemente le principali tappe ed eventi in un tipico percorso di trasduzione<br />

usando in prima mossa un fattore di crescita.<br />

6. Discuti il ruolo di mutazione genica nel <strong>cancro</strong>.<br />

Le risposte a queste domande si trovano a pagina 8.4


Biologia / genetica molecolare – Le basi fondamentali<br />

La biologia molecolare cellulare è lo studio della struttura delle molecole che formano una<br />

cellula funzionante e dei vari processi nei quali queste molecole sono coinvolte. Ugualmente la<br />

genetica molecolare si focalizza sul processo molecolare sottolineando la struttura e la funzione<br />

dei geni, unità di base dell’ereditarietà. Prima di discutere i metodi di ricerca usati per studiare<br />

le cellule a livello molecolare e genetico, è utile riassumere i ruoli delle molecole dominanti e i<br />

concetti rilevanti per quest’area di ricerca.<br />

Cellule e tessuti<br />

Gli animali e gli uomini sono formati da cellule, che sono piccoli compartimenti limitati da<br />

membrane riempiti da una soluzione acquosa concentrata di prodotti chimici. Le cellule sono<br />

organizzate in gruppi (tessuti) che lavorano assieme attraverso reti di comunicazione<br />

specializzate (segnali intercellulari) per eseguire funzioni specifiche. Nel processo cellulare le<br />

molecole centrali sono nucleotidi o basi (che si uniscono a formare il DNA o l’acido<br />

ribonucleico [RNA]), amminoacidi (che si uniscono a formare le proteine), zuccheri, e acidi<br />

grassi. Il nucleo contiene la maggior parte del DNA e tutto l’RNA.<br />

DNA<br />

Una molecola di DNA consiste in due filamenti che si attorcigliano l’un l’altro da sembrare una<br />

scala a pioli attorcigliata (figura 3.1). Questa è chiamata a doppia elica. I lati dell’elica sono<br />

fatti di molecole di zucchero e fosfati e sono connessi da pioli di sostanze chimiche contenenti<br />

nitrogeno chiamate basi. Ciascun filamento è una disposizione lineare di unità simili che si<br />

riflettono chiamate nucleotidi, ciascuno dei quali è composto da una base di zucchero una di<br />

fosfato e una di nitrogeno. Nel DNA le basi sono adenina (A), timina (T), citosina (E) e guanina<br />

(G). L’ordine delle basi è detto sequenza, che specifica le esatte istruzioni genetiche richieste<br />

per creare un particolare organismo.<br />

A–G<br />

C–G<br />

I–A<br />

G–C<br />

A–I<br />

C–G<br />

T–A<br />

B–G<br />

A–T<br />

C–G<br />

I–A<br />

G–C<br />

A–I<br />

C–G<br />

T–A<br />

A–G<br />

A–T<br />

C G<br />

T A<br />

A<br />

G C<br />

G G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

G<br />

C<br />

T<br />

A<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

T<br />

C–G<br />

G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

C–G<br />

Figura 3.1. Struttura e replicazione del DNA.<br />

C–G<br />

Filamenti genitori – doppla elica<br />

Filamenti separati<br />

Accoppiamento con nucleotidi<br />

complementari<br />

Formazione di nuovi filamenti<br />

complementari<br />

3<br />

L’ordine delle basi<br />

è detto sequenza,<br />

che specifica le<br />

esatte istruzioni<br />

genetiche richieste<br />

per creare un<br />

particolare<br />

organismo.<br />

3.3


3<br />

Un gene è una<br />

sequenza specifica<br />

di basi<br />

nucleotidiche, la<br />

quale sequenza<br />

porta le<br />

informazioni<br />

necessarie per<br />

costruire le<br />

proteine.<br />

Il codice genetico è<br />

una serie di<br />

specifiche<br />

sequenze di tre<br />

basi di DNA che<br />

indicano quali<br />

aminoacidi sono<br />

richiesti per<br />

formare proteine<br />

specifiche.<br />

3.4<br />

Replicazione del DNA<br />

Come discusso nel Modulo 2 le cellule animali si riproducono con un processo chiamato mitosi.<br />

Questo coinvolge la duplicazione del contenuto cellulare e poi la sua divisione così da<br />

produrre due cellule figlie. Ogni volta che una cellula si divide, il suo genoma completo viene<br />

duplicato esattamente e diviso tra le due cellule figlie. Durante la divisione cellulare il DNA si<br />

replica e la molecola di DNA si srotola permettendo ai filamenti di separarsi. Ciascun filamento<br />

dirige la sintesi di un nuovo filamento complementare, con nucleotidi liberi di accoppiarsi con<br />

le loro basi complementari su ciascuno dei filamenti separati (figura 3.1). Ogni cellula figlia<br />

riceve un filamento di DNA vecchio e uno nuovo.<br />

Geni<br />

Ogni molecola di DNA contiene molti geni, che sono le unità di base fisiche e funzionali<br />

dell’ereditarietà. Un gene è una sequenza specifica di basi nucleotidiche, la quale sequenza<br />

porta le informazioni necessarie per costruire le proteine. Ogni gene codifica una proteina<br />

funzionale specifica. Come regola generale, i geni hanno lo stesso nome delle proteine che<br />

essi codificano, esempio il gene p53 codifica la proteina p53.<br />

Cromosomi<br />

Nel nucleo cellulare, il DNA è associato con molecole di proteine per formare strutture distinte<br />

chiamate cromosomi. I cromosomi contengono approssimativamente parti uguali di proteine e<br />

di DNA, con i geni sistemati linearmente lungo la loro lunghezza. Il nucleo della maggior parte<br />

delle cellule umane contiene due serie di cromosomi (46 cromosomi in tutto), ogni serie è<br />

fornita da ciascun genitore.<br />

Genoma<br />

La serie completa di istruzioni (“master blueprint”) per produrre un organismo è detta il suo<br />

genoma. Il genoma umano, si stima, comprenda 30.000 geni. I geni umani variano molto in<br />

lunghezza e spesso comprendono migliaia di basi. Anche se si sa che, approssimativamente<br />

solo il 10% del genoma includa la sequenza di codifica delle proteine dei geni (exons).<br />

Alternati tra gli “exons” ci sono sequenze genetiche che non hanno funzioni di codifica che<br />

sono chiamati “introns”. Come discusso più avanti é in corso un progetto su larga scala, il<br />

progetto Genoma Umano, che ha rivelato la sequenza e la posizione dei 30.000 geni che<br />

compongono il genoma umano (vedi Modulo 5).<br />

Le informazioni geniche vengono trasferite da una generazione di cellule all’altra per mezzo di<br />

strette reazioni di coppie di basi; una coppia con T e G si appaia con C. Questo meccanismo<br />

assicura che il nuovo filamento è una copia esatta del vecchio e minimizza l’incidenza di<br />

errori.<br />

La replicazione del DNA è molto accurata avendo sul posto parecchi meccanismi di controllo<br />

così da assicurarsi che vengano rimossi posizionamenti incorretti dei nucleotidi. A dispetto di<br />

ciò avvengono errori genetici chiamati mutazioni. Le conseguenze di tali errori possono essere<br />

serie, poiché anche un cambiamento di un singolo nucleotide può avere importanti<br />

implicazioni sul funzionamento cellulare. Le mutazioni possono predisporre un individuo al<br />

tumore o ad altre patologie complesse.<br />

Ulteriori informazioni sono disponibili su internet:<br />

http:/www.ornl.gov/TechResources/Human_Genome/home.html<br />

Il codice genetico<br />

Il codice genetico è una serie di specifiche sequenze di tre basi di DNA (codoni) (figura 3.2)<br />

che indicano quali aminoacidi sono richiesti per formare proteine specifiche. Così il “codone”


dirige il meccanismo di sintetizzazione proteica cellulare per aggiungere specifici aminoacidi.<br />

Il meccanismo di sintetizzazione proteica delle cellule trasferisce i “codoni” in una sequenza di<br />

amminoacidi per produrre la molecola proteica per la quale il DNA codifica. Le istruzioni di<br />

codifica proteica dai geni sono trasmesse attraverso l’RNA messaggero (mRNA) che funziona<br />

come una molecola intermediaria transitoria.<br />

First base<br />

U<br />

G<br />

A<br />

G<br />

UUU<br />

UUC Phe<br />

UUA<br />

UUG Leu<br />

CUU<br />

CUC<br />

CUA<br />

CUG<br />

AUU<br />

AUC<br />

GUU<br />

GUC<br />

GUA<br />

GUG<br />

Second base<br />

U C A G<br />

Leu<br />

IIle<br />

AUA<br />

AUG Met<br />

Val<br />

UCU<br />

UCC<br />

UCA<br />

UCG<br />

CCU<br />

CCC<br />

CCA<br />

CCG<br />

ACU<br />

ACC<br />

ACA<br />

ACG<br />

GCU<br />

GCC<br />

GCA<br />

GCG<br />

Ser<br />

Pro<br />

Thr<br />

Ala<br />

UAU<br />

UAC Tyr<br />

UAA<br />

UAG TERM<br />

CAU<br />

CAC His<br />

CAA<br />

CAG Glin<br />

AAU<br />

AAC Asn<br />

AAA<br />

AAG Lys<br />

GAU<br />

GAC Asp<br />

GAA<br />

GAG Glu<br />

UGU<br />

UGC Cys<br />

UGA<br />

UGG<br />

CGU<br />

CGC<br />

CGA<br />

CGG<br />

TERM<br />

Trp<br />

Arg<br />

AGU<br />

AGC Ser<br />

AGA<br />

AGG Arg<br />

GGU<br />

GGC<br />

GGA<br />

GGG<br />

Figura 3.2. I codoni formati dai quattro nucleotidi che formano il DNA, e gli aminoacidi che essi<br />

codificano. TERM, terminazione, questi codoni segnalano la fine di un exon.<br />

RNA<br />

L’RNA è una molecola a singolo filamento che è sintetizzata, in un processo chiamato<br />

trascrizione da una base di DNA. (Figuro 3.3) Ciò produce il mRNA che porta le informazioni<br />

per la sintesi proteica. Il processo attraverso il quale l’mRNA guida la produzione proteica è<br />

detto translazione perché questo è il punto nel quale i codoni specificano quale amminoacido è<br />

incorporato in una proteina. Vale la pena notare che il mRNA è essenziale se l’informazione<br />

genetica è quella di lasciare il nucleo.<br />

Le molecole di RNA che permettono la translazione del mRNA nella proteina sono chiamate<br />

molecole di trasferimento (tRNA). Ciascuna molecola di tRNA ha conformazioni tridimensionali<br />

piegate che sono tenute assieme da una interazione di due basi simili a quelle che tengono<br />

assieme i due filamenti elicoidali del DNA. Questa coppia complementare provoca che la<br />

molecola tRNA si pieghi, permettendogli di agire come un adattatore tra il “codoni” sul mRNA<br />

e le specifiche sequenza dell’amminoacido. L’ordinamento delle molecole tRNA sul mRNA ha<br />

bisogno di un ribosoma, che é un complesso di più di 50 (diverse) proteine associate con<br />

un’altra classe di RNA che si chiama RNA ribosomale (rRNA) (figura 3.3).<br />

Proteine<br />

Le proteine sono molecole grandi e complesse che sono sintetizzate sulla base di molecole di<br />

mRNA. Ogni proteina comprende lunghe catene di sotto unità chiamate aminoacidi. Nelle<br />

proteine abitualmente si trovano venti diversi tipi di aminoacidi. Perché si esprimano<br />

informazioni all’interno di un gene è prodotto un filamento complementare di mRNA<br />

(trascrizione) sull’impronta del DNA contenuto nel nucleo. Questo mRNA é spostato dal nucleo<br />

al citoplasma cellulare, dove esso serve come stampo per la sintesi proteica (translazione).<br />

Gly<br />

3<br />

L’RNA è una<br />

molecola a singolo<br />

filamento che è<br />

sintetizzata, in un<br />

processo chiamato<br />

trascrizione da<br />

una base di DNA.<br />

Le proteine sono<br />

molecole grandi e<br />

complesse che<br />

sono sintetizzate<br />

sulla base di<br />

molecole di<br />

mRNA. Ogni<br />

proteina<br />

comprende lunghe<br />

catene di sotto<br />

unità chiamate<br />

aminoacidi.<br />

3.5


3<br />

Una mutazione in<br />

un gene della<br />

proliferazione<br />

significa che il<br />

gene prodotto è<br />

sovraespresso e<br />

iperattivo, con la<br />

conseguenza di<br />

una eccessiva<br />

proliferazione<br />

cellulare . . .<br />

3.6<br />

Perché è importante capire questo meccanismo?<br />

Capire perché molecole diverse funzionano e interagiscono all’interno di una cellula è<br />

importante per permettere ai ricercatori di sviluppare nuove terapie, la dove i processi cellulari<br />

funzionano male e, per le malattie. Infatti, l’aumento dei processi conoscitivi nella ricerca<br />

molecolare e genetica hanno già portato a importanti implicazioni nella clinica pratica affinché<br />

si possano scoprire nuovi trattamenti medici come le terapie <strong>biologiche</strong> nel <strong>cancro</strong>.<br />

Oncogeni e geni onco-soppressori<br />

Analisi sulle alterazioni genetiche nelle cellule tumorali hanno rivelato un grande numero di<br />

geni che codificano le proteine che influenzano la proliferazione cellulare. Questi geni possono<br />

essere inseriti in due classi: geni della proliferazione e geni dell’antiproliferazione. Ci sono due<br />

percorsi di mutazioni e nella proliferazione cellulare incontrollata e nella invasività che sono<br />

caratteristiche del tumore:<br />

● rendere un gene della proliferazione iperattivo<br />

● rendere un gene dell’antiproliferazione inattivo.<br />

Oncogeni<br />

Nucleo<br />

mRNA<br />

Il DNA e˘ trascritto per<br />

produrre mRNA nel nucleo<br />

mRNA<br />

tRNA<br />

Il tRNA porta gli<br />

aminoacidi ai ribosomi<br />

Una mutazione in un gene della proliferazione significa che il gene prodotto è sovraespresso e<br />

iperattivo, con la conseguenza di una eccessiva proliferazione cellulare, che è una<br />

caratteristica del <strong>cancro</strong>. La ricerca indica l’esistenza di proto-oncogeni, che sono geni normali<br />

coinvolti nel controllo della crescita e proliferazione cellulare. Questi proto-oncogeni si trovano<br />

in cellule normali, sane, ma possono essere trasformati in oncogeni (geni capaci di causare<br />

cambiamenti patologici quali crescita cellulare abnorme tipiche del <strong>cancro</strong>) da mutazioni<br />

indotte dalla presenza di un cancerogeno, come la luce solare, le radiazioni, i virus ecc. Per la<br />

mutazione che trasforma un proto-oncogene in un oncogene si richiede solo che in una cellula<br />

venga trasformata una delle due copie di proto-oncogene. Di conseguenze questa viene<br />

definita come una risposta dominante.<br />

Come fa un proto oncogene a trasformarsi in oncogene?<br />

Citoplasma<br />

aminoacidi liberi<br />

Gli aminoacidi sono<br />

incorporati in catene proteiche<br />

nei ribosomi<br />

membrana<br />

cellulare<br />

Amino<br />

acidi<br />

Catena di proteine<br />

in crescita<br />

Figura 3.3. La trascrizione del DNA nel mRNA è seguita da una translazione del mRNA nelle proteine.<br />

Fino ad oggi sono stati identificati approssimativamente 60 proto-oncogeni. Molti di questi geni<br />

incorporano componenti di meccanismi che regolano i comportamenti interattivi delle cellule<br />

nel corpo.


Molto più spesso di quanto si creda, essi sono componenti importanti dei percorsi cellulari nei<br />

quali influenzano i processi che controllano la divisione, la differenziazione e la morte<br />

cellulare. Per esempio il proto-oncogene HER2 che incorpora il recettore HER2, si sa giochi un<br />

ruolo importante nella crescita normale e nello sviluppo del tessuto mammario.<br />

La conversione di un proto-oncogene in un oncogene può avvenire principalmente in tre modi:<br />

● mutazione o rimozione di un punto<br />

● amplificazione di un gene<br />

● riordinamento del cromosoma<br />

Cancellazione o punto di mutazione<br />

nella sequenza codificatrice<br />

DNA<br />

RNA<br />

Proteina iperespressa<br />

in quantitativo normale<br />

Amplificazione del gene<br />

La proteina normale<br />

e'sovraespressa<br />

Gene<br />

La vicinanza di forti<br />

accrescimenti causa<br />

una sovraespressione<br />

della proteina normale<br />

Riarrangiamento<br />

genico<br />

Figura 3.4. I meccanismi che permettono la conversione di un proto-oncogene in un oncogene. Copyright<br />

1999. Da Biologia molecolare delle cellule. Alberts B. et Al. Riprodotto con licenza della Routledge, Inc.,<br />

parte del The Taylor & Francio Group.<br />

La mutazione o rimozione di un punto può cambiare le regioni codificate da proteine per<br />

produrre una proteina che sia iperattiva e che possa agire in regioni adiacenti alla regione<br />

proteico codificata che controlla i livelli d’espressione risultanti nella sovra espressione genica.<br />

Mutazioni di un punto sono caratteristiche del ras oncogene. L’amplificazione genetica per<br />

produrre copie multiple di un gene avvengono per mezzo di un numero di errori durante il<br />

processo di replicazione cromosomica. Riarrangiamenti cromosomici sono più frequentemente<br />

trasformazioni nelle quali frazioni di cromosomi e materiale genetico sono trasferite da un<br />

cromosoma all’altro, scambiate tra i cromosomi o spostate di posizione all’interno di un<br />

cromosoma. Lo scompiglio genetico risultante produce espressioni genetiche abnormi.<br />

Questi tipi di alterazione spesso derivano dall’azione di promotori o iniziatori tumorali che<br />

sono spesso carcinogenici. Iniziatori tumorali sono sostanze come il benzopirene, un<br />

componente del tabacco, che logicamente non provoca danni quando una cellula viene<br />

esposta ad esso per la prima volta. Comunque c’è un pericolo latente di danno genetico che<br />

aumenta le probabilità di rischio tumorale a seguito di ripetute esposizioni agli iniziatori o altre<br />

sostanze. In contrasto, i promotori di tumore causano il <strong>cancro</strong> se sono somministrati<br />

ripetutamente e dopo l’esposizione ad un iniziatore. Un esempio sono gli esteri del forbolo che<br />

si trovano in oli vegetali. Una esposizione continua ai promotori tumorali stimola una<br />

proliferazione continua di cellule inappropriate ma non lo sviluppo tumorale. Il <strong>cancro</strong> si<br />

sviluppa se ulteriori mutazioni avvengono prima che il promotore del tumore sia stato rimosso.<br />

o<br />

DNA<br />

RNA<br />

Si ottiene una fusione del gene<br />

attivamente trascritto nella<br />

sovraespressione della<br />

fusione proeica iperattiva<br />

3<br />

L’amplificazione<br />

genetica per<br />

produrre copie<br />

multiple di un gene<br />

avvengono per<br />

mezzo di un<br />

numero di errori<br />

durante il processo<br />

di replicazione<br />

cromosomica.<br />

3.7


3<br />

I geni oncosopressori<br />

si<br />

trovano nelle<br />

cellule normali e<br />

normalmente<br />

inibiscono<br />

l’eccessiva<br />

proliferazione<br />

cellulare.<br />

Il diverso sistema<br />

di riparazione è<br />

un sistema di<br />

rilettura del DNA<br />

che riconosce e<br />

corregge i diversi<br />

nucleotidi del<br />

DNA.<br />

3.8<br />

Così il <strong>cancro</strong> può svilupparsi per una aberrazione genica che di solito è causata o può<br />

accadere per l’azione di fattori ambientali.<br />

Geni onco soppressori<br />

I geni onco-sopressori si trovano nelle cellule normali e normalmente inibiscono l’eccessiva<br />

proliferazione cellulare. Anche una perdita nella funzione del gene onco-soppressore dovuta<br />

ad una mutazione ha un ruolo nello sviluppo del <strong>cancro</strong>. In contrasto alle mutazioni attivanti<br />

che creano oncogeni da proto-oncogeni, i geni onco-soppressori sono bersagliati da mutazioni<br />

di perdita di funzione nelle cellule tumorali. Come gli oncogeni, i geni onco-soppressori hanno<br />

diverse funzioni nella regolazione della crescita, nella differenziazione e nella morte<br />

programmata cellulare (apoptosi). Come discusso più sotto (vedi pagina 3.10) si crede che la<br />

produzione del gene onco-soppressore p53 regoli il processo della morte cellulare<br />

programmata.<br />

Differenziazioni dei geni riparatori<br />

Recenti evidenze suggeriscono che, oltre ai proto-oncogeni e oncogeni onco-soppressori, alcuni<br />

geni coinvolti nella separazione del DNA giocano anche un ruolo nello sviluppo del <strong>cancro</strong>. Il<br />

diverso sistema di riparazione è un sistema di rilettura del DNA che riconosce e corregge i<br />

diversi nucleotidi del DNA. Questo importante sistema provvede a rapide riparazioni degli<br />

errori di replicazione fornendo un genoma con un livello di spirale da 100 a 1000 volte il<br />

livello di protezione contro le mutazioni e schermando il genoma prevenendo la<br />

ricombinazione tra regioni non omologhe di DNA. A differenza di riparazioni di escissioni del<br />

nucleotide e riparazioni di escissioni della base, che riconoscono i nucleotidi che sono stati<br />

modificati chimicamente o fusi assieme, la diversa riparazione riconosce la distorsione<br />

all’esterno dell’elica del DNA che risulta dal diverso paia di basi non complementari. Il sistema<br />

rimuove il nucleotide diversificato solo dal nuovo filamento (figura 3.5). Mentre la principale<br />

funzione di riparazione differenziata è l’evitare la mutazione, correggendo gli errori, e<br />

prevedendo le mutazioni e il dirigere anche cellule nelle quali il DNA è danneggiato da<br />

morirne se esposto a certi agenti. Recenti rilievi indicano che le discrepanze proteiche sono<br />

anche coinvolte nell’elaborazione di basi modificate e in altri tipi di danno del DNA, come<br />

rotture nel filamento del DNA. Così l’effetto ultimo di questi errori di riprazione risultano in un<br />

aumento di mutazioni spontanee.<br />

–– T A G A T C G T ––<br />

–– A T C T G G C A ––<br />

–– T A G A C G T ––<br />

–– A T C T G G C A ––<br />

–– T A G A C C G T ––<br />

–– A T C T G G C A ––<br />

Paia di basi diversificate riconosciute dal<br />

sistema riparatore<br />

La base viversificata e˘rimossa<br />

La base corretta risintetizzata restaura la<br />

sequenza del DNA<br />

Figura 3.5. Il differente sistema di riparazione riconosce e sostituisce i differenti nucleotidi del DNA.


Ricerche rivelano che un numero di differenti geni riparatori come MSH2, MLH1, MLH2, PMS1<br />

e PMS2, sono coinvolti in tumori come il <strong>cancro</strong> rettale e gastrico. Per esempio i geni MLH1 e<br />

MSH2 producono normalmente proteine che rimuovono le differenziazioni. Anche se i geni<br />

MLH1 e MSH2 sono difettosi, le proteine riparatrici non vengono prodotte. Perciò errori nel<br />

DNA possono non essere identificati durante la replicazione, questo può portare ad un<br />

accumulo di mutazioni causanti tumore. Fino a poco tempo fa, i difetti del MLH1 e MSH2 si<br />

pensava inducessero principalmente al tumore colo-rettale. Anche se, i geni difettosi sono stati<br />

trovati in individui con forme diverse di tumori ivi inclusi il <strong>cancro</strong> mammario ed endometriale.<br />

Anormalità geniche nello sviluppo del <strong>cancro</strong><br />

Si pensa che il <strong>cancro</strong> si sviluppi come risultato di una serie di mutazioni negli oncogeni e nei<br />

geni onco-soppressori. Ogni precisa mutazione varia da tumore a tumore. La mutazione genica<br />

influisce sulla produzione di proteine che regolano la crescita e causa squilibri nei livelli di<br />

queste proteine che stimolano le cellule a dividersi senza controllo, di conseguenza sulla<br />

crescita dei tumori. La tavola 3.1 dettaglia un numero di oncogeni e di geni onco-soppressori<br />

che a oggi sono stati identificati e che si pensa svolgano un ruolo importante nello sviluppo del<br />

<strong>cancro</strong>. Gli esempi principali p53, myc, ras e HER2 vengono valutati sotto.<br />

Tavola 3.1. Esempi di oncogeni e di geni onco-soppressori.<br />

Fattori di crescita Fattori di crescita transformanti-α (TGF-α)<br />

Amfiregulina<br />

Fattori di crescita derivati da piastrine (PDGFs)<br />

Fattori di crescita dei fibroblasti (FGFs)<br />

Fattori di crescita insulino-simili (IGF-I)<br />

Recettori dei fattori di crescita Recettori dei fattori di crescita epidermali<br />

(EGFR or HER1)<br />

HER2, HER3, HER4<br />

Met<br />

Recettori dei fattori di crescita derivati dalle piastrine<br />

(PDGF-R)<br />

Recettori dei fattori di crescita Insulino-simili (IGF-I-R)<br />

Recettori dei fattori di crescita dei fibroblasti (FGFRs)<br />

Ret<br />

Proteine citoplasmatiche ras<br />

abl<br />

Proteine nucleari myc<br />

fos<br />

jun<br />

ski<br />

rel<br />

myb<br />

Onco-soppressori p53<br />

Rb<br />

3<br />

Si pensa che il<br />

<strong>cancro</strong> si sviluppi<br />

come risultato di<br />

una serie di<br />

mutazioni negli<br />

oncogeni e nei<br />

geni oncosoppressori.<br />

3.9


3<br />

Il p53 è un potente<br />

onco-soppressore,<br />

multifunzionale,<br />

sequenzialmente<br />

specifico fattore di<br />

trascrizione del<br />

filamento DNA . . .<br />

Il prodotto del<br />

gene p53 previene<br />

la proliferazione<br />

incontrollata delle<br />

cellule tumorali<br />

fermando lo<br />

sviluppo cellulare<br />

durante il loro<br />

ciclo se<br />

un’anormalità<br />

cromosonica è<br />

presente.<br />

3.10<br />

p53<br />

Il p53 è un potente onco-soppressore, multifunzionale, sequenzialmente specifico fattore di<br />

trascrizione del filamento DNA che gioca un ruolo principale in un complesso sistema di<br />

percorsi definiti. È una proteina a vita breve, i livelli della quale aumentano in risposta a vari<br />

segnali prodotti da una varietà di stress che sono tossici per il genoma che includono DNA<br />

danneggiato, l’arresto della sintesi del DNA e del RNA e la diminuzione del nucleotide (figura<br />

3.6). Questi segnali sono anche provocati dall’attivazione del p53, anche se i meccanismi<br />

responsabili per l’induzione e l’attivazione del p53 in risposta a queste stimolazioni stressassociate<br />

non sono ancora state pienamente comprese. L’attivazione del p53 è coinvolta nel<br />

controllo della riparazione del DNA prima della sua replicazione e nell’induzione di una morte<br />

cellulare programmata in cellule che hanno anormalità nel DNA che non possono essere<br />

riparate. Questa capacità del p53 di coordinare la risposta cellulare ai danni del DNA<br />

significa che esso promuove la conservazione della stabilità cellulare, dunque la sua<br />

designazione a “guardiano del genoma”.<br />

Stimolo<br />

Il DNA danneggiato arresta la deplezione<br />

del nucleotide nella sintesi DNA/RNA<br />

Amplificazioni della quantita<br />

ed attivita˘ nel p53<br />

Trascrizionalita˘ 'attiva nel p53<br />

Arresto della crescita Apoptosi (morte)<br />

Stabilita' genomica<br />

Figura 3.6. Revisione della segnalazione del p53 nel mantenimento dell’integrità del genoma.<br />

p53 e danno del DNA<br />

Il normale funzionamento del p53 rende capaci le cellule di far fronte in modo sicuro ai danni<br />

del DNA. Il prodotto del gene p53 previene la proliferazione incontrollata delle cellule tumorali<br />

fermando lo sviluppo cellulare durante il loro ciclo se un’anormalità cromosonica è presente. In<br />

particolare questa azione critica deve svolgersi prima che il DNA si replichi. Questa pausa<br />

temporanea nel ciclo cellulare permette la riparazione del DNA, così da prevenire<br />

l’incorporazione della anormalità all’interno delle nuove cellule sintetizzate. Il p53 induce<br />

anche l’apoptosi nelle cellule che contengono anormalità che non possono essere riparate.


Così, la serie intatta dei percorsi p53 dipendenti funziona a mantenere l’integrità del genoma,<br />

eliminando le cellule danneggiate, sia fermandole permanentemente o attraverso l’apoptosi.<br />

Chiaramente la perdita o l’inattivazione del p53 impedisce che questo controllo sia attuabile<br />

con il risultato che divenga virtualmente impossibile sostenere un numero costante di cellule<br />

attraverso il processo di apoptosi. L’induzione ad un temporaneo arresto del ciclo cellulare con<br />

il p53, attivo per permettere di riparare il DNA, danneggiato, o la cellula suicida per mezzo<br />

dell’apoptosi, è attivato dal filamento della base principale del p53 nella sequenza primaria<br />

che regola il DNA. Questo conduce alla sovraregolazione o alla sottoregolazione di geni<br />

specifici coinvolti nell’arresto del ciclo cellulare e apoptosi. Questi geni includono il p21, che<br />

ha un ruolo nell’arresto del ciclo cellulare, e il bcl2, che inibisce l’entrata nell’apoptosi.<br />

p53 e controllo del ciclo cellulare<br />

Il p53 regola la progressione del ciclo cellulare in un numero di punti. Esso media l’arresto del<br />

G1 nelle risposte ai danni del DNA causati dalle radiazioni UV o radiazioni g, dai farmaci<br />

chemioterapici e delle perdite del nucleotide. Inoltre il p53 è direttamente coinvolto nel<br />

mantenere l’oncostasi del centrosoma, perché è associato con queste strutture. Una<br />

duplicazione scorretta del centrosoma può lanciare un segnale all’attivazione del p53<br />

inducendo l’arresto nel G1 o G2. Un altro potenziale punto d’arresto del p53 mediato è la<br />

transizione G2-M, dove una sovraesposizione di tipi primari di p53 possono inibire l’ingresso<br />

nella mitosi. Questa proprietà del p53 impediscono alle cellula nelle quali la sintesi del DNA è<br />

bloccata dall’entrare nella mitosi e ciò previene la replicazione del DNA sintetizzato in modo<br />

incompleto o danneggiato.<br />

Mutazioni del p53 e sviluppo del <strong>cancro</strong><br />

Le mutazioni del p53 nel gene onco-sopressore sono le lesioni genetiche più comuni nel tumore<br />

umano essendo presenti in più del 50% di tutti i tumori. Così, più della metà di tutti i tumori<br />

umani sono legati alla perdita della funzione di tipo primario normale (wild-tipe) del p53. Le<br />

ricerche evidenziano che più di un terzo dei tumori mammari hanno alterazioni nel gene p53.<br />

Mutazioni che impediscono al p53 di legarsi al DNA o di interferire con la sua abilità di<br />

prevenire la replicazione del DNA togliendo il blocco mediato dal p53 nella divisione delle<br />

cellule che presentano mutazioni carcinogeniche. Questo non solo porta a divisioni cellulari<br />

incontrollate, ma permette anche la propagazione di mutazioni carcinogeniche, quando le<br />

cellule si dividono. Non sorprenda perciò che le mutazioni del p53 sono associate con tumori<br />

che dimostrano un alto grado di aggressività clinica.<br />

Ras<br />

La famiglia di proteine RAS aiuta a trasmettere segnali dai recettori della tirosino-chinasi al<br />

nucleo in modo di stimolare la proliferazione e differenziazione cellulare. Mutazioni del gene<br />

RAS derivanti da iperattività dal prodotto genico, disturbano il normale controllo della<br />

proliferazione cellulare con, per conseguenza il tumore. Circa il 30% dei tumori umani<br />

compresi quelli del polmone, della testa e collo, del colon e della tiroide, hanno mutazioni nel<br />

gene RAS. In altri tipi di tumori, come in quello mammario, le mutazioni genetiche nel RAS<br />

sono infrequenti ma il RAS può essere attivato patologicamente da una sovraesposizione dei<br />

recettori dei fattori di crescita che lo segnalano attraverso esso.<br />

Myc<br />

Myc è un gene di risposta anticipata che produce una proteina con attività autoregolante, es la<br />

proteina influenza la trascrizione del gene codificandolo. Questo tipo di regolazione è<br />

chiamato “feed back” negativo. La maggioranza, se non tutti i tipi, di malignità umana ci sono<br />

segnalati avere un amplificazione e/o una sovraesposizione dei c-myc proto-oncogeni. Studi<br />

negli ultimi anni, hanno ulteriormente mostrato che i geni c-myc regolano la crescita sia nel<br />

senso di misura della cellula sia nel contesto di differenziazione tissutale. Così, oggi si sa che il<br />

gene c-myc partecipa in molti aspetti della funzione cellulare inclusi la replicazione, il<br />

metabolismo, la differenziazione e l’apoptosi. Il c-myc svolge un ruolo importante nel tumore<br />

mammario e nell’azione degli ormoni che sono eziologicamente correlati al tumore mammario.<br />

3<br />

Le mutazioni del<br />

p53 nel gene<br />

onco-sopressore<br />

sono le lesioni<br />

genetiche più<br />

comuni nel tumore<br />

umano essendo<br />

presenti in più del<br />

50% di tutti i<br />

tumori.<br />

3.11


3<br />

L’amplificazione<br />

del gene HER2<br />

conduce ad una<br />

eccessiva<br />

produzione del<br />

recettore proteico<br />

e ad una<br />

marcatura<br />

intracellulare molto<br />

esaltata che porta<br />

ad una<br />

proliferazione<br />

cellulare<br />

incontrollata.<br />

Clinicamente<br />

approssimativame<br />

nte il 20% delle<br />

donne con tumore<br />

mammario è HER2<br />

positivo. Queste<br />

donne hanno una<br />

prognosi infausta.<br />

3.12<br />

HER2<br />

L’HER2 è un altro importante proto-oncogene. Due copie del gene HER2 sono state trovate in<br />

tutte le cellule epiteliali normali (stato diploide normale). Anche se l’HER2 può subire<br />

amplificazioni oncogeniche in proporzione alla cancerogeniciità di una ampia parte dei tipi<br />

tumorali producendo copie multiple del gene HER2. L’HER2 codifica un recettore<br />

transmembranico del fattore di crescita, che è coinvolto nel controllo della replicazione<br />

differenziazione e sopravvivenza cellulare. L’HER2 è uno dei quattro recettori strettamente<br />

connessi al fattore di crescita nella famiglia dei geni HER (HER1, HER2, HER3 e HER4).<br />

Ricerche hanno dimostrato che l’HER interagisce intensamente con le altre proteine HER per<br />

promuovere la segnalazione e la crescita cellulare. L’amplificazione del gene HER2 conduce<br />

ad una eccessiva produzione del recettore proteico e ad una marcatura intracellulare molto<br />

esaltata che porta ad una proliferazione cellulare incontrollata. L’HER2 è<br />

sovraespresso/amplificato approssimativamente nel 20% dei tumori mammari (termed HER2positivo<br />

per tumore). Le cellule HER2 positive si sa che mostrano molte caratteristiche delle<br />

cellule tumorali, comprese le crescite cellulari non regolamentate, l’aumentata sintesi del DNA<br />

e l’accrescimento potenziale metastatico (figura 3.7). Questo è probabilmente dovuto ad una<br />

aumentata marcatura dovuta alla presenza di aumentati quantitativi di recettori HER2. Così<br />

come una condizione di HER2-positivo non è semplicemente un marcatore cellulare tumorale,<br />

ma ha anche una diretta attività nello sviluppo del <strong>cancro</strong>.<br />

Cellule tumorali mammarie umane<br />

Transfezione<br />

MCF-7 MCF-7<br />

del gene HER2<br />

HER2<br />

negativo<br />

HER2<br />

positivo<br />

Sintesi del DNA ↑ 50–75%<br />

Tasso di crescita cellulare ↑ 30–50%<br />

Crescita in agar morbido ↑ 225%<br />

Tumorogenicita˘ ↑ nei ratti nudi<br />

Potenzialita’ metastatica nei ratti nudi<br />

↑ 220%<br />

Slamon DJ et al. Unpublished data<br />

Figura 3.7. L’effetto dell’amplificazione genica dell’HER2 nelle cellule tumorali umane.<br />

Fenotipo<br />

trasformato<br />

Clinicamente approssimativamente il 20% delle donne con tumore mammario è HER2 positivo.<br />

Queste donne hanno una prognosi infausta. Ciò è dimostrato dal fatto che le donne con tumore<br />

mammario positivo per HER2 hanno una sopravvivenza complessiva della durata di 3 anni<br />

comparata ai 6-7 anni di quelle che hanno un tumore mammario HER2 negativo. La<br />

sopravvivenza libera da malattia viene altresì diminuita nelle donne HER2 positive (figura 3.8).<br />

Ulteriori osservazioni indicano che la condizione HER2 può determinare le risposte alle terapie<br />

più comunemente usate per il tumore mammario. Studi dimostrano che le donne HER2 positive<br />

possono essere resistenti alle terapie ormonali come il tamoxifene, ma sensibili a dosi ottimali<br />

di terapie contenenti antracicline. Importante è che, l’HER2 è il bersaglio per l’anticorpo<br />

monoclonale umanizzato Herceptin ® la prima terapia oncogenica mirata per i tumori solidi.<br />

Parecchi studi hanno indicato che altri oncogeni sono sovraespressi nei tumori con la presenza<br />

del HER2. Per esempio ci sono spesso associazioni di sovraesposizioni della contemporaneità


Probabilita'di sopravvivenza libera da malattia<br />

100<br />

80<br />

60<br />

40<br />

20<br />

0<br />

0<br />

Tempo (mesi)<br />

HER2 gene ≤3 copie/nucleo<br />

HER2 gene ≥3 copie/nucleo<br />

Log rank p=0.001<br />

12 24 36 48 60 72<br />

Figura 3.8 Pazienti con tumore mammario HER2 positivo, hanno un tempo di sopravvivenza, libero<br />

da malattia, peggiore rispetto a quelle che sono HER2 negativo. Riprodotto con licenza da: Seshadri<br />

et al, J. Clin. Oncol.1993; 11:1936–42.<br />

di HER2, p53, e c-myc nel tumore mammario. Inoltre, prove per la combinazione di<br />

sovraesposizioni di HER2 e p53 possono suddividere pazienti in differenti gruppi a rischio.<br />

Segnalazioni cellulari<br />

Entrambi i proto-oncogeni e i geni onco-sopressori esercitano i loro effetti sul controllo della<br />

replicazione cellulare attraverso la segnalazione del percorso intracellulare. Così un protooncogene<br />

come l’HER2 codifica un recettore che quando stimolato fa scattare una serie di<br />

eventi all’interno della cellula culminanti in una risposta genica o proteica. Questi processi<br />

sono conosciuti come segnali di trasduzione e assicurano che le cellule siano capaci di<br />

rispondere ai micro-ambienti che le circondano. In questo modo vengono ricevute stimolazioni<br />

extracellulari, capite e trasmesse ad un nucleo in modo di attivare una appropriata risposta<br />

cellulo-specifica. La regolazione di tali risposte è controllata primariamente da una trasduzione<br />

di segnali che è il processo attraverso il quale una cellula converte un segnale extracellulare in<br />

una risposta. Una molecola segnalatrice è una molecola extra o intracellulare che suggerisce la<br />

risposta di una cellula al comportamento di altre cellule o di oggetti nell’ambiente.<br />

Significativamente tutti i processi biologici derivano da eventi molecolari integrati e concertati.<br />

Per esempio, una reazione enzimatica coinvolge una serie di azioni incluse l’attivazione di un<br />

enzima, la sintesi e la disponibilità del substrato, il controllo mediante feedback diretto e<br />

indiretto dei prodotti e dei substrati e l’interazione con inibitori o stimolatori. Così l’intero<br />

processo dell’attivazione proteica è una cascata di eventi, ciascuno dei quali serve da segnale<br />

all’altro. Queste serie di effetti domino portano a termine la cascata di segnali (figura 3.9).<br />

Anche la trasduzione di segnali è una delle forme a cascata di segnali, una importante<br />

evidenza di ciò sono gli eventi di fosforilazione/defosforilazione post translazionale che sono<br />

catalizzati da proteinochinasi/fosfatasi.<br />

Negli ultimi anni sono state condotte ampie ricerche nell’area della transduzione dei segnali.<br />

Ricerche sulla segnalazione cellulare sono state ampiamente condotte dalla nuova tecnologia<br />

in particolare con l’avvento dell’ingegneria genetica (descritta nel modulo 5) e lo sviluppo e la<br />

disponibilità di un largo spettro di substrati di segnalazione, inibitori, analoghi, antagonisti e<br />

proteine.<br />

3<br />

Entrambi i protooncogeni<br />

e i geni<br />

onco-sopressori<br />

esercitano i loro<br />

effetti sul controllo<br />

della replicazione<br />

cellulare attraverso<br />

la segnalazione<br />

del percorso<br />

intracellulare.<br />

3.13


3<br />

3.14<br />

Ricerche mediche nel processo di marcatura cellulare hanno sottolineato negli ultimi anni come<br />

anomalie nella segnalazione cellulare siano implicate in molte malattie. Un valido esempio di<br />

ciò è il recettore HER2 nel tumore mammario che si relaziona al recettore HER1 nel tumore<br />

della testa e collo.<br />

Significato del fenomeno di segnale<br />

Lo scopo finale del processo di segnalazione è trasferire un messaggio da una cellula<br />

segnalante ad una cellula bersaglio. La cellula segnalante rilascia una proteine specifica<br />

chiamata anche ligando. Il ligando si unisce specificatamente ad un recettore sulla superficie<br />

della cellula bersaglio. La maggioranza dei recettori sono proteine transmembraniche che<br />

vengono attivate dall’interazione con i ligandi che provocando una cascata di segnali<br />

intracellulari cambiano il comportamento delle cellule bersaglio. Esistono anche alcuni recettori<br />

proteici dentro la cellula. Ciascuna cellula è programmata a rispondere a specifiche<br />

combinazione di molecole segnalanti. Molte cellule necessitano segnali multipli per<br />

sopravvivere segnali addizionali per dividersi, ed ancora altri segnali per differenziarsi. Se<br />

private dei segnali appropriati, la maggior parte delle cellule subiranno una forma di suicidio<br />

cellulare conosciuto come morte cellulare programmata, o apoptosi (vedi pag. 3.8).<br />

Ligando segnalante<br />

I recettori attivati<br />

stimolano la produzione<br />

di molecole messaggere<br />

Le molecole messaggere<br />

stimolano la chinasi<br />

Ciascuna molecolo-chinasi<br />

può fosforilare e quindi<br />

attivare molte copie di<br />

vari enzimi<br />

Ciascuna molecola<br />

enzimatica catalizza la<br />

produzione di prodotti<br />

appropriati<br />

amplificazione<br />

amplificazione<br />

amplificazione<br />

Recettore<br />

Figura 3.9. Sommario dei passaggi principali coinvolti nella trsduzione di segnali.<br />

Membrana cellulare<br />

Il recettore e'attivato<br />

dall 'unione del ligando


Trasduzione di segnale<br />

I fattori di crescita e i loro rispettivi recettori formano i due ordini principali del percorso di<br />

segnalazione e trasmettono messaggi sottoforma di stimolazioni extracellulari dalla superficie<br />

cellulare al nucleo. I mediatori coinvolti in questi percorsi segnalanti sono i trasduttori di<br />

segnalazione e gli attivatori della trascrizione che sono conosciuti come STATs. Le STATs sono<br />

proteine che comprendono una famiglia di fattori di trascrizione che sono attivate da un<br />

enzima chiamato tirosino-chinasi. Nell’attivazione, questi fattori di trascrizione migrano verso il<br />

nucleo dove regolano l’espressione genica. Questo processo è conosciuto come trasduzione di<br />

segnale. I composti che contribuiscono a questo processo sono descritti sotto.<br />

Proteino chinasi<br />

Le proteino-chinasi agiscono come interruttori molecolari per una moltitudine di processi<br />

cellulari. L’effetto di “accensione” è mediato dalla fosforilazione di tirosine specifiche o di<br />

residui di serine/treonine sulle proteine bersaglio (figura 3.10). Questo processo di<br />

fostorilazione porta all’attivazione di proteine bersaglio, permettendo di esercitare i propri<br />

effetti. Le proteino-chinasi intracellulari sono generalmente il bersaglio di secondi messaggi<br />

molecolari (es. cAMP, e GMP, diacilglicerolo) ma si sono anche mostrate capaci di agire in<br />

modo significativo in altri eventi di segnalazione. Per esempio, nella proteino-chinasi mitogenoattivata<br />

(MAPK) sono componenti integrali dei fattori di crescita piastrino-derivati che inducono<br />

cascate di segnali, che attivano proteino-chinasi (PKA), CAMP-dipendenti.<br />

Proteina<br />

inattiva<br />

Proteina<br />

attivata<br />

Residuo di<br />

tirosino<br />

serina o<br />

treonina<br />

ATP ADP<br />

Proteino chinasi<br />

ATP ADP<br />

Residuo di<br />

tirosino<br />

serina o<br />

treonina<br />

Proteino chinasi<br />

Proteina<br />

attivata<br />

Proteina<br />

inattiva<br />

Figura 3.10. Le proteino chinasi attivano/disattivano i bersagli proteici per mezzo della fosforilazione<br />

degli aminoacidi: tirosina, serina o treonina.<br />

Inoltre sembra ci sia una considerevole interazione tra la proteinochinasi in differenti serie di<br />

segnali. Per esempio la funzione del PKA è nota come inibente l’attività del MAPK e l’attività<br />

della proteino-chinasi (PCK) può inibire il PKA.<br />

Recettori - molecole essenziali nella segnalazione cellulare<br />

Il meccanismo primario per cui una cellula percepisce stimoli extracellulari e conseguentemente<br />

evochi una segnalazione intracellulare a cascata avviene attraverso i recettori di membrana.<br />

Alcuni dei principali recettori coinvolti nella segnalazione intracellulare includono i recettori<br />

della tirosino-chinasi, e i recettori associati alla tirosino chinasi (RATK) e il complesso delle<br />

proteine G.<br />

P<br />

Fosfato<br />

P<br />

Fosfato<br />

3<br />

Le proteino-chinasi<br />

agiscono come<br />

interruttori<br />

molecolari per una<br />

moltitudine di<br />

processi cellulari.<br />

Il meccanismo<br />

primario per cui<br />

una cellula<br />

percepisce stimoli<br />

extracellulari e<br />

conseguentemente<br />

evochi una<br />

segnalazione<br />

intracellulare a<br />

cascata avviene<br />

attraverso i<br />

recettori di<br />

membrana.<br />

3.15


3<br />

Il fattore di crescita<br />

legandosi alla<br />

cellula causa<br />

l’attivazione e la<br />

modificazione dei<br />

recettori delle<br />

proteine della<br />

superficie<br />

cellulare . . .<br />

Anormalità del<br />

recettore HER2 che<br />

produce<br />

sovrastimolazioni<br />

nei percorsi dei<br />

segnali di<br />

trasduzione dei<br />

fattori di crescita<br />

cellulari, giocano<br />

un ruolo in una<br />

significativa<br />

proporzione di<br />

molti tumori e più<br />

evidentemente nel<br />

tumore mammario.<br />

3.16<br />

La famiglia dei recettori della tirosino-chinasi include HER2, il recettore epidermale del fattore<br />

di crescita (EGR-F) il recettore dell’insulina, e i recettori transmembranosi del fattore di crescita<br />

piastrino derivato (PDGF). Questi importanti recettori condividono molte caratteristiche<br />

strutturali: possiedono tutti i legami extracellulari “ligand-specific” e un dominio catalitico<br />

intracellulare con attività intrinseche di tirosino-chinasi. Legami specifici del dominio<br />

extracellulare attivano l’attività dei recettori della tirosino-chinasi dando esito ad una<br />

moltitudine di effetti come l’attivazione di altre proteino-chinasi, la stimolazione della<br />

fosfolipasi, e della fosfatidilinositol-3-chinasi,e la modulazione dei percorsi di secondi<br />

messaggeri intracellulari. Il loro maggior effetto coinvolge la famiglia di proteine MAPK. Il Raf-<br />

1 attivato dal MAPKs fosforilato attiva le chinasi extracelluari segnalo-regolate (ERK2) che<br />

agiscono sui fattori di trascrizione per controllare la crescita cellulare e la proliferazione.<br />

Segnalazioni attraverso recettori dei fattori di crescita<br />

Il fattore di crescita legandosi alla cellula causa l’attivazione e la modificazione dei recettori<br />

delle proteine della superficie cellulare, es. la risposta immediata è a livello proteico. Il<br />

recettore allora deve trasmettere l’informazione al nucleo in modo che la cellula possa<br />

rispondere al segnale. Questo processo di trasmissione spesso coinvolge i movimenti fisici delle<br />

proteine. In questo caso, solo quando il segnale proteico raggiunge il nucleo trova una risposta<br />

genica che coinvolge la sovra regolazione (aumento) e la sotto regolazione (diminuzione) della<br />

trascrizione genica (figura 3.11). Anche se le segnalazioni recettoriali, e le proteine che<br />

trasmettono informazioni possono essere danneggiate da percorsi di altre proteine che alterano<br />

il risultato finale in termini di trascrizione genica.<br />

P<br />

Proteine<br />

di segnalazione<br />

P<br />

P<br />

Attivita<br />

proteino<br />

chinasica<br />

Fosforilazione<br />

e attivazone di<br />

proteine di<br />

segnalazione<br />

Proteine attivate<br />

passate al nucleo<br />

Induzione<br />

della<br />

trascrizione<br />

genica<br />

Nucleo<br />

Fattori di crescita<br />

Recettori dei<br />

fattori di crescita<br />

Figura 3.11. Rappresentazione schematica di una segnalazione per mezzo dei recettori del fattore di<br />

crescita.<br />

Percorsi di segnalazione<br />

HER2<br />

L’HER2 è un membro della famiglia dei recettori dei fattori di crescita epidermali umani, che<br />

consiste in quattro recettori simili. Questi recettori interagiscono l’un l’altro e con una varietà di<br />

legamenti che attivano i diversi percorsi intracellulari. Anormalità del recettore HER2 che<br />

produce sovrastimolazioni nei percorsi dei segnali di trasduzione dei fattori di crescita cellulari,<br />

giocano un ruolo in una significativa proporzione di molti tumori e più evidentemente nel<br />

tumore mammario.


Struttura del HER2<br />

La proteina HER2 ha tre domini o regioni, comprendenti:<br />

● un dominio extracellulare coinvolto in un legame coniugato<br />

● un dominio transmembranico per segnalazioni<br />

● un dominio intracellulare con attività di tirosino-chinasi (figura 3.12).<br />

Membrana<br />

plasmatica<br />

Citoplasma<br />

Figura 3.12. Modello della proteina HER2.<br />

Dominio extracellulare (632<br />

ammino acidi) luogo di<br />

legame coniugato<br />

Dominio transmembranico<br />

(22 ammino acidi)<br />

Dominio intracellulare<br />

(580 ammino acidi)<br />

attivita‘di tirosinochinasi<br />

Traduzione del segnale HER2<br />

Spesso piccoli quantitativi del recettore HER2 sono espressi sulla superficie delle cellule<br />

epiteliali e hanno un ruolo nella normale crescita cellulare e divisione. L’HER2 si accoppia con<br />

altri recettori HER a formare dimeri, che obbligano un legamento molecolare a divenire attivo.<br />

Il processo di legamento stimola una serie di sequenze di eventi che di ritorno provocano un<br />

flusso d’informazione lungo il percorso del segnale di traduzione così da assicurare che i<br />

segnali in risposta allo stimolo siano trasmessi dal citoplasma al nucleo, attraverso la<br />

membrana cellulare (figura 3.11). L’attivazione genica quindi avviene come conseguenza del<br />

processo di questa traduzione di segnale.<br />

Inibizione del segnale di trasduzione HER2<br />

Come evidenziato sopra l’HER2 è sovraespresso approssimativamente nel 20% dei tumori<br />

mammari. Per questo, una proporzione di pazienti con tumore mammario hanno copie multiple<br />

del gene HER2, risultanti da una sovraespressione della proteina HER2, aumentando la<br />

segnalazione al nucleo e la trasformazione oncogenica delle cellule normali. Anche se non<br />

sono stati identificati specifici legamenti HER2, l’HER2 amplifica le segnalazioni per tutti i fattori<br />

di crescita e agisce come un recettore sistemico.<br />

Rimuovendo la funzione segnalatrice del HER2 si indeboliscono le segnalazioni di crescita, da<br />

ciò si riduce potenzialmente la crescita maligna. E’ stato riferito che gli anticorpi monoclonali<br />

anti HER2 (MAbs) come l’Herceptin ® possono causare una degradazione di HER2 nelle cellule<br />

tumorali mammarie. Questo meccanismo può sottolineare l’efficacia della terapia antitumorale<br />

mirata all’HER2 quale l’Herceptin ® , che è discussa nei Moduli 6 e 7. L’attività inibitoria della<br />

crescita dei vari anti HER2 MAbs, nel tumore mammario, si correla con la loro capacità di<br />

legarsi al HER2 e rimuoverlo dalla superficie cellulare. Questa attività evita all’HER2 di<br />

3<br />

una proporzione<br />

di pazienti con<br />

tumore mammario<br />

hanno copie<br />

multiple del gene<br />

HER2, risultanti da<br />

una<br />

sovraespressione<br />

della proteina<br />

HER2,<br />

aumentando la<br />

segnalazione al<br />

nucleo e la<br />

trasformazione<br />

oncogenica delle<br />

cellule normali.<br />

3.17


3<br />

Comunque i tumori<br />

che hanno la<br />

potenzialità di<br />

invadere i tessuti<br />

circostanti sono<br />

considerati <strong>cancro</strong><br />

e definiti come<br />

maligni.<br />

. . . una<br />

progressione<br />

tumorale da una<br />

lesione di un<br />

precursore non<br />

maligno fino a un<br />

tumore invasivo,<br />

malattia<br />

metastatica,<br />

coinvolge<br />

successivi passaggi<br />

di mutazione e<br />

selezione naturale.<br />

3.18<br />

interagire con altre proteine HER, quindi diminuendo i segnali di crescita che portano<br />

all’ancogenicità.<br />

TGF-ββ/Smad<br />

I fattori di crescita trasportanti (TGF-β) che segnalano il percorso includono tre elementi<br />

essenziali: le proteine TGF-β i recettori transmembranici e le proteine segnalanti chiamate<br />

Smad. Il processo di transduzione di segnale è cominciato con il legamento dei vari TGF-β<br />

extracellulari a recettori di membrana, dove l’attività dei recettori delle proteino-chinasi,<br />

fosforilizzano specifiche proteine Smad. Le proteine Smad attivate sono trasferite al nucleo<br />

dove inducono una trascrizione di geni specifici. Un errore in questo percorso può provocare<br />

una proliferazione cellulare incontrollata permettendo l’aumento del <strong>cancro</strong>.<br />

Ras e Raf-1/ERK2 (MAPK proteine)<br />

Come discusso precedentemente, la proteina prodotta da oncogeni stimola la proliferazione<br />

cellulare incontrollata. L’oncogenesi del gene Ras avviene quando il legante Ras-GTP (famiglia<br />

P21 RAS) interagisce con le proteine, provocando lo spostamento e l’attivazione di un numero<br />

di effettori di serina/treonina chinasi. L’attività di chinasi di queste molecole attivate influiscono<br />

su una moltitudine di percorsi di segnalazioni. Le proteine Ras (Ras-GPT) sono regolate dalle<br />

proteine Ras GTP fase-attivanti (GAPS) che modulano l’idrolisi del limite Ras GTP. In contrasto le<br />

proteine Ras oncogeniche (p21 proteine ras) non vengono inattivate dal GAPS, di<br />

conseguenza la costante stimolazione nel percorso degli elementi di segnalazione ed infine la<br />

crescita cellulare incontrollata.<br />

Oncogenesi e crescita tumorale<br />

Lo sviluppo di un tumore<br />

Come discusso nel Modulo 2, la combinazione di crescite neoplastiche e malignità rendono le<br />

cellule tumorali particolarmente pericolose. Una cellula anormale isolata che non prolifera se<br />

non nella sue normali vicinanze non significa danno. Comunque, se la sua crescita e divisione<br />

è fuori controllo darà origine ad un tumore. Così un tumore è una massa di cellule anormali<br />

che cresce rapidamente. Per il tempo che queste cellule neoplastiche rimangono raggruppate in<br />

una massa singola, il tumore è detto localizzato o in situ. Spesso la chirurgia ottiene successi<br />

nel rimuovere una massa localizzata.<br />

Comunque i tumori che hanno la potenzialità di invadere i tessuti circostanti sono considerati<br />

<strong>cancro</strong> e definiti come maligni. Questi tumori possono anche metastatizzare o produrre tumori<br />

secondari a distanza a causa di cellule che entrano nel sistema linfatico o sanguigno.<br />

I tumori vengono generalmente rilevati solo quando arrivano ad una misura relativamente<br />

importante (in ragione di cellule 108 o 109 ) (figura 3.13). Questo aumenta la probabilità che il<br />

tumore abbia già metastatizzato prima della diagnosi rendendo il trattamento più difficile.<br />

Chiaramente, prima viene diagnosticato un tumore e più piccolo sarà. Questo migliora la<br />

prognosi e il risultato per il paziente specialmente se il tumore viene identificato prima della<br />

metastatizzazione. Più estesamente un tumore metastatizza più difficile sarà sradicarlo.<br />

La crescita cellulare tumorale è il gradino percentuale limitante nello sviluppo del <strong>cancro</strong>. Il<br />

tumore cresce esponenzialmente (figura 3.13) perché ogni divisione cellulare raddoppia il<br />

numero delle cellule così che due cellule diventano quattro, quattro diventano otto poi 16, 32,<br />

64 e così via. È importante evidenziare come una progressione tumorale da una lesione di un<br />

precursore non maligno fino a un tumore invasivo, malattia metastatica, coinvolge successivi<br />

passaggi di mutazione e selezione naturale. Per cui il <strong>cancro</strong> sembra nascere da un processo<br />

nel quale una popolazione iniziale di cellule nate da una singola cellula mutante evolve<br />

attraverso successivi cicli di mutazione e selezione naturale per produrre cellule con<br />

caratteristiche di crescita aggressive e altre proprietà associate con il <strong>cancro</strong>. Una singola


mutazione non è logicamente sufficiente a causare il <strong>cancro</strong> e molte evidenze suggeriscono che<br />

lo sviluppo del <strong>cancro</strong> generalmente ha bisogno che in una cellula capitino parecchi incidenti<br />

indipendenti e insoliti.<br />

Diametro del tumore (mm)<br />

Citoplasma<br />

100<br />

10<br />

Membrana<br />

citoplasmatica<br />

0<br />

1 10 20 30 40 50<br />

Figura 3.14. Indicatore dello stato HER2.<br />

1<br />

0.1<br />

Raddoppiamento della<br />

popolazione cellulare tumorale<br />

Figura 3.13. Crescita esponenziale del tumore.<br />

Normale Amplificazione/sovra espressione<br />

Nucleo<br />

Recettore proteina<br />

HER2<br />

HER2<br />

mRNA<br />

HER2 DNA<br />

Morte del paziente<br />

(10 12 cellule)<br />

Tumore appena palpabile<br />

(10 9 cellule)<br />

Tumore appena visibile ai<br />

raggi (10 8 cellule)<br />

I passi per una progressione tumorale possono essere correlati con mutazioni che attivano<br />

specifici oncogeni e inattivano specifici geni soppressori tumorali. Per esempio la perdita della<br />

funzione del p53 e dell’amplificazione del HER2 sono eventi comuni nello sviluppo del <strong>cancro</strong>.<br />

L’amplificazione del gene HER2 (figura 3.14) porta a trasformazioni oncogeniche per mezzo<br />

di un:<br />

● aumento della trascrizione del gene HER2 (sintesi del RNA dal DNA)<br />

● aumento dei livelli del HER2 mRNA.<br />

1 = ↑ numero di copie geniche<br />

2 = ↑ trascrizione mRNA<br />

3 = ↑ espressione dei recettori proteici sulla superfice cellulare<br />

1<br />

2<br />

3<br />

3<br />

I passi per una<br />

progressione<br />

tumorale possono<br />

essere correlati con<br />

mutazioni che<br />

attivano specifici<br />

oncogeni e<br />

inattivano specifici<br />

geni soppressori<br />

tumorali.<br />

3.19


3<br />

3.20<br />

Rimane sconosciuto l’esatto meccanismo che sottolinea l’amplificazione del HER2 e come esso<br />

contribuisca alla virulenza del tumore. Qualsiasi sia la causa le conseguenze dell’amplificazione<br />

del HR2 sono una sovraregolazione della crescita oncogenica (vedi figura 3.7). Strategie<br />

terapeutiche <strong>biologiche</strong> con obiettivo anormalità molecolari specifiche al tumore vengono<br />

discusse nei Moduli 6 e 7.<br />

Aumento delle mutazioni nella crescita tumorale<br />

Le mutazioni sono le caratteristiche delle cellule tumorali e sono alla base della notevole capacità<br />

delle cellule tumorali di crescere costantemente e di sottrarsi alle difese umane. Come discusso<br />

precedentemente, questo è spesso il risultato di esposizioni a iniziatori e promotori tumorali. La<br />

mutanza dell’ipotesi fenotipale attribuisce questo fenomeno all’aumento della percentuale di<br />

errori nella replicazione del DNA come ad una crescita tumorale. Secondo questa teoria, i geni<br />

codificano proteine come la DNA polimerasi e l’enzima riparatore del DNA e altre molecole<br />

che giocano un ruolo importante nella replicazione che possono trasformarsi in cellule tumorali.<br />

Come conseguenza possono essere mutati altri geni responsabili di mantenere la stabilità del<br />

genoma e il controllo della proliferazione.<br />

Sommario<br />

I tumori sono masse di cellule anormali in espansione. Finché queste cellule neoplastiche restano<br />

raggruppate assieme in una singola massa, il tumore viene considerato localizzato. La natura<br />

neoplastica e maligna delle cellule tumorali significa che esse proliferano in assenza di segnali<br />

promotori della crescita e che invadono e colonializano le cellule normali portandole al tumore.<br />

Così le cellule tumorali possono crescere continuativamente e invadere le difese umane. La<br />

conversione di una cellula normale in una maligna è il risultato di una mutazione genica<br />

generalmente dovuta all’azione di un carcinogeno. Una singola mutazione (un cambio strutturale<br />

nel DNA) non basta a provocare il <strong>cancro</strong>. Molte conferme suggeriscono che lo sviluppo di un<br />

tumore generalmente richiede incidenti multipli e ripetuti nella cellula. I tumori crescono<br />

esponenzialmente e la progressione tumorale coinvolge successivamente serie di mutazioni e<br />

selezioni naturali. Questo accresce il numero della percentuale di errori nella replicazione del<br />

DNA come sviluppo tumorale.<br />

Un proto-oncogene è un gene con una funzione normale di controllo della proliferazione<br />

cellulare che può essere mutata a produrre un oncogene. Un gene onco-soppressore è un gene<br />

antiploriferativo in cellule normali. Si pensa che il <strong>cancro</strong> si manifesti come il risultato di una<br />

serie di mutazioni negli oncogeni e nei geni onco-soppressori. Esempi di questi tipi di gene con<br />

ruoli ben noti nello sviluppo, mantenimento o malignità tumorale sono l’HER2, un proto<br />

oncogene, e il p53 un gene onco-soppressore. Questi geni hanno ruoli particolarmente<br />

importanti rispettivamente nel tumore mammario e colorettale.<br />

Evidenze emergenti indicano che geni riparatori disuguali giocano anche un ruolo nel<br />

predisporre la mutazione cellulare. L’apoptosi che è un meccanismo di suicidio cellulare è un<br />

evento biologico intrinseco che agisce in modo essenziale nello sviluppo, omeostasi e in molti<br />

processi patologici. L’uccisione delle cellule danneggiate, o in surplus, in modo preciso e<br />

sistemico è un aspetto importante dello sviluppo normale. Alcuni tumori sembrano inibire la<br />

cascata della morte cellulare che avviene in seguito ad eccessiva e incontrollata proliferazione.<br />

I geni coinvolti nell’eziologia del <strong>cancro</strong> spesso codificano molecole come i fattori di crescita e i<br />

loro recettori, che spesso stimolano la replicazione cellulare o fattori coinvolti nel causare la<br />

morte cellulare (apoptosi). I fattori di crescita comprendono proteine, peptidi (sub-unità proteiche)<br />

o ormoni steroidei. Quando limitati a recettori rilevanti sulla superficie cellulare, i fattori di


crescita attivano una comunicazione o un percorso di segnalazione chiamata trasduzione di<br />

segnale che stimola la cellula a rispondere sia per espressione o inibizione delle proteine<br />

conosciute che per il controllo della funzionalità cellulare.<br />

Un importante e ben caratterizzata famiglia di recettori del fattore di crescita è il gruppo dei<br />

recettori della tirosino-chinasi, che controlla la crescita e la differenziazione cellulare. Uno dei<br />

membri di questa famiglia più intensivamente studiati è l’HER2 che ha un ruolo cardine nella<br />

segnalazione cellulare e le cui anormalità sono state associate con la prognosi del tumore<br />

mammario e di altri tumori. L’HER2 è il bersaglio della terapia biologica, Herceptin ® (vedi<br />

Modulo 6).<br />

In contrasto, il p53 normalmente permette alle cellule di far fronte con sicurezza ai danni del<br />

DNA e prevenire la proliferazione incontrollata delle cellule tumorali fermando le cellule<br />

durante il ciclo cellulare per permettere la riparazione delle anormalità cromosomiali o<br />

promuovere la morte cellulare. La perdita o l’inattivazione del p53 previene questo controllo e<br />

limita l’abilità dell’apoptosi a mantenere il numero cellulare. Mutazioni del p53 permettono ad<br />

altre mutazioni di venir passate alle cellule figlie e sono logicamente molto importanti nello<br />

sviluppo tumorale, interessando più del 50% di tutti i tumori ed essendo associate con un altro<br />

grado di aggressività clinica. Per quanto nessuna terapia mirata al p53 sia disponibile a<br />

tutt’oggi.<br />

3<br />

3.21


3<br />

3.22<br />

Questionario di autovalutazione<br />

1. Gli elementi e i processi genici possono essere disposti in un ordine gerarchico e<br />

sequenziale. Completa lo schema inserendo le parole appropriate elencate sotto. I due<br />

asterischi rappresentano l’inizio dei due percorsi di mutazione che possono sfociare nella<br />

proliferazione cellulare incontrollata e la crescita tumorale invasiva. Per piacere<br />

denominali:<br />

DNA Cromosomi Transduzione Proteina<br />

Genoma<br />

Geni<br />

Basi<br />

Trascrizione<br />

mRNA<br />

2. Come può un proto-oncogene trasformarsi in un oncogene? Che tipi di processi vengono<br />

eseguiti oltre al conosciuto controllo proto-oncogenico?<br />

3. Usando come esempio il gene p53 “onco-soppressore” e il recettore HER2 del fattore di<br />

crescita descrivi come le mutazioni possono condurre allo sviluppo del <strong>cancro</strong> in ciascun<br />

caso.<br />

4. Cos’ è il segnale di trasduzione e a cosa adempie?<br />

5. Sottolinea brevemente le principali tappe ed eventi in un tipico percorso di trasduzione<br />

usando in prima mossa un fattore di crescita.<br />

6. Discuti il ruolo di mutazione genica nel <strong>cancro</strong>.<br />

Le risposte a queste domande si trovano a pagina 8.4.<br />

**


Modulo 4. Il sistema immunitario: Le basi per tutte le terapie<br />

<strong>biologiche</strong><br />

Introduzione<br />

Essendo dimostrato che il <strong>cancro</strong> ha basi <strong>biologiche</strong> che sono sempre più chiaramente<br />

conosciute, il Modulo 4 offre le basi affinché si possa capire perché le terapie <strong>biologiche</strong> siano<br />

attuabili e focalizzate nella ricerca terapeutica per il <strong>cancro</strong>. Lo scopo delle terapie <strong>biologiche</strong><br />

tende ad offrire benefici terapeutici attraverso l’esplorazione del sistema immunitario al fine di<br />

mirare a specifiche risposte cellulari.<br />

Questo modulo offre una panoramica concisa del sistema immunitario con una particolare<br />

enfasi sulle componenti che hanno applicazione nelle terapie <strong>biologiche</strong>. Viene inoltre discusso<br />

il percorso possibile che il <strong>cancro</strong> e altre patologie compiono per sopraffare il sistema<br />

immunitario. Inoltre si annuncia come le conoscenze del sistema immunitario possono essere<br />

utilizzate nelle strategie terapeutiche.<br />

4.1<br />

4


4<br />

4.2<br />

Questionario di autovalutazione<br />

1. Definisci e descrivi i risultati di una risposta immunitaria, indicando perché è importante la<br />

corretta identificazione di un agente come estraneo e potenzialmente dannoso.<br />

2. Definisci in uno schema una molecola anticorporale generalizzata e indica quale porzione<br />

si lega all’antigene e quale si lega ad altre cellule del sistema immunitario.<br />

3. Descrivi come vengono prodotti gli anticorpi in risposta ad un agente estraneo e i tre<br />

principali modi con i quali agiscono.<br />

4. Indica se ciascuna delle seguenti affermazioni è vera o falsa e se falsa da una risposta<br />

corretta:<br />

a. Il sistema immunitario mirato risponde rapidamente a organismi estranei<br />

b. Una volta marcato da un’esposizione antigenica iniziale, il sistema immunitario acquisito<br />

conferisce una memoria antigenica ed è capace di aumentare la forza e l’efficacia della<br />

risposta ai successivi incontri con quell’antigene.<br />

c. La risposta immunitaria cellulo-mediata si basa sulla produzione di anticorpi.<br />

d. Le cellule T e B che sono state stimolate da un antigene sono morfologicamente<br />

indistinguibili.<br />

e. Le cellule T sono così definite perché maturano nel timo.<br />

5. Descrivi come un singolo tipo di anticorpo (anticorpo monoclinale MAb) può essere<br />

prodotto in laboratorio e descrivi due vantaggi dei MAbs sugli anticorpi policlonali.<br />

6. Sia l’attività normale che quella anormale del sistema immunitario possono causare<br />

malattie. Completa le seguenti frasi con gli esempi più appropriati di malattie tra quelli<br />

elencati sotto:<br />

Reazioni allergiche Autoimmune Immuno controllo<br />

Malattie da immunodeficienza Anemia perniciosa Tubercolosi<br />

a. Nel …………………............ i batteri patogeni resistono alla distruzione dei macrofagi<br />

e si moltiplicano nei macrofagi stessi. Quando alla fine i macrofagi scoppiano i batteri si<br />

diffondono e i lisosomi contenuti si diffondono all’esterno causando danni al tessuto<br />

ospite?<br />

b. …………………............ sono dovute ad una inappropriata forte risposta delle cellule T<br />

verso un debole antigene immunogenico.<br />

c. La mancanza delle cellule T e B per varie ragioni inclusa la distruzione delle cellule T può<br />

causare …………………...........................................................................................<br />

d. Quando il sistema immunitario attacca i componenti cellulari ospiti poi .........................<br />

…………………............ si possono sviluppare malattie come …………………...............<br />

d. Il processo per il quale il sistema immunitario corpale è capace di individuare e<br />

proteggere se stesso contro cellule di tipo abnorme o da quantitativi di proteine sulla loro<br />

superficie cellulare è conosciuto come….....................................................................<br />

7. Anche se molte cellule tumorali hanno abnormi o normali quantitativi di antigeni sulla<br />

propria superficie, l’immuno controllo non è efficace. Da due possibili spiegazioni per<br />

questo.<br />

Le risposte a queste domande si trovano a pag. 8.6


Capire il sistema immunitario<br />

Il genere umano ha due barriere fisiche per difendersi dagli attacchi dei batteri, dei virus, dei<br />

miceti e dei parassiti: la cute e le mucose, membrane che ricoprono il tratto digestivo,<br />

respiratorio e riproduttivo. Comunque nel caso che queste barriere fisiche fossero danneggiate<br />

il genere umano ha altri due livelli di protezione:<br />

● il sistema immunitario innato, che risponde prontamente a organismi estranei<br />

● il sistema immunitario acquisito che può adattarsi per proteggere da organismi estranei<br />

Importanti componenti del sistema immunitario sono:<br />

● un network complesso e altamente sviluppato che coinvolge molti differenti tipi di cellule che<br />

interagiscono l’un l’altra. Sono i linfociti (cellule T e B, così chiamate perché furono<br />

individuate la prima volta come tipi di cellule che maturano nel timo e nella borsa di<br />

Fabrizio (un organo degli uccelli), i fagociti e le cellule dendritiche (tavola 4.1)<br />

● il loro scopo è semplice: trovare e distruggere gli invasori (aggressori)<br />

● sono altamente specifiche e possono distinguere tra molecole estranee e molecole autoctone<br />

● si possono adattare e possono ricordare (memoria immunologia).<br />

Che cos’è una risposta immunitaria?<br />

Una risposta immunologia è il nome che viene dato alla risposta delle cellule e molecole del<br />

sistema immunitario a seguito dell’introduzione di un agente estraneo. Molte delle risposte<br />

immunitarie possono mirare alla distruzione ed eliminazione di organismi invasori e a qualsiasi<br />

molecola tossica che possono produrre. Poiché la risposta immunitaria è distruttiva, è<br />

essenziale che avvenga solo in risposta a molecole che siano estranee all’ospite e non in<br />

risposta all’ospite stesso. Occasionalmente il sistema immunitario sbaglia nel distinguere tra<br />

molecole estranee e autoctone, tale malattia autoimmune può essere fatale (vedi pag. 4.15).<br />

Ci sono due classi di risposte immunitarie:<br />

● risposte anticorporali umorali stimolate dalle cellule B<br />

● risposte anticorporali cellulomediate che comprendono citotossicità da cellule mediate<br />

anticorpo-dipendenti (ADCC) stimolate dalle cellule T.<br />

Che cos’è un antigene?<br />

Ogni sostanza capace di provocare una risposta immunitaria è definita antigene. Questo<br />

include un ampia gamma di sostanze da semplici sostanze chimiche, a zuccheri e piccoli<br />

peptidici, a proteine. Gli antigeni possono trovarsi sia come molecole libere o integrati nelle<br />

membrane cellulari di parassiti, batteri e virus. Una struttura tridimensionale e una<br />

composizione specifica di un antigene che da il via alla produzione di anticorpi che si<br />

legheranno all’antigene.<br />

Che cos’è un anticorpo?<br />

Gli anticorpi sono immunoglobuline (Ig) proteine prodotte dalle cellule B, Le cellule B sono<br />

globuli bianchi (o linfociti) prodotti nel midollo osseo. Ogni cellula B ha recettori sulla sua<br />

superficie che sono specifici per un singolo antigene. Dall’incontro e dall’aggancio al loro<br />

antigene bersaglio e con la stimolazione delle cellule T helper, le cellule B maturano in fattori<br />

anticorporali chiamati plasma cellule (per ulteriori dettagli vedi pag. 4.7)<br />

4<br />

Una risposta<br />

immunologia è il<br />

nome che viene<br />

dato alla risposta<br />

delle cellule e<br />

molecole del<br />

sistema<br />

immunitario a<br />

seguito<br />

dell’introduzione<br />

di un agente<br />

estraneo.<br />

Gli anticorpi sono<br />

immunoglobuline<br />

(Ig) proteine<br />

prodotte dalle<br />

cellule B<br />

4.3


4<br />

4.4<br />

Tavola 4.1. Sommario delle funzioni principali delle cellule coinvolte nel sistema<br />

immunitario.<br />

Tipo di cellula Principali funzioni<br />

Neutrofili Fagocitosi. Rilasciamento di sostanze chimiche coinvolte con<br />

l’infiammazione<br />

Basofili Rilasciamento di istamina e altre sostanze chimiche coinvolte con<br />

l’infiammazione, che hanno un ruolo simile ai mastociti nei tessuti<br />

Eusinofili Distruzione dei parassiti. Partecipazione a reazioni di ipersensività<br />

mediata<br />

Cellule B Iniziano una risposta immunitaria mediata da anticorpi legando gli<br />

antigeni specifici ai recettori delle proprie membrane plasmatiche.<br />

Quando attivati si trasformano in plasmacellule che producono anticorpi<br />

Plasma cellule Secrezione di anticorpi<br />

Cellule T cititossiche Si legano all’antigene delle cellule bersaglio e distruggono direttamente le<br />

cellule<br />

Cellule T helper Producono citochine che attivano le cellule B, cellule T citotossiche, cellule<br />

NK macrofagi e altre cellule T helper. Si legano ad antigeni presenti sui<br />

macrofagi<br />

Cellule T suppressur Inibiscono le cellule B e T citotossiche<br />

Cellule natural killer (NK) Si legano direttamente a non specificatamente a cellule infettate da virus e<br />

a cellule tumorali e le uccidono. Funzionano come killer cellulari nel ADCC<br />

Cellule T e B memory Attivate con facilità dalle cellule B e T che rispondono con un antigene<br />

verso ilL quale il sistema è già stato esposto producendo una risposta<br />

rapida e specifica. Tipo cellulare indotto da vacinazioni che producono<br />

una immunità duratura alle infezioni<br />

Macrofagi Producono fagocitosi e distruzione intracellulare. Distruzione extracellulare<br />

attra verso sostanze chimiche tossiche. Contengono e producono gli<br />

antigeni delle cellule T helper. Secernono citochine coinvolte in fattori<br />

infiammatori. Attivano cellule T helper e risposte sistemiche a infezioni da<br />

ferite<br />

Monociti Funzionano nel sangue come i macrofagi nei tessuti. Invadono i tessuti e si<br />

trasformano in macrofagi<br />

Cellule dendritiche Contengono e presentano antigeni alle cellule T helper<br />

Mastociti Rilasciano istamina e sostanze chimiche coinvolte nelle infiammazioni


Ci sono cinque classi di anticorpi ciascuna delle quali adempie a funzioni distinte.<br />

● IgA è la seconda Ig per abbondanza ed è coinvolta principalmente nel difendere la<br />

superficie corporea esterna<br />

● IgD è prodotta dallo sviluppo delle cellule B e si trova solo sulla superficie di queste cellule<br />

● IgE protegge la superficie corporea esterna ed è coinvolta con le reazioni allergiche<br />

istaminiche<br />

● IgM è la prima classe anticorporale prodotta dallo sviluppo delle cellule B. Come le cellule<br />

B si sviluppano esse si attivano a produrre altre classi anticorporali<br />

● IgG è la più grande classe Ig ed è prodotta in grandi quantità. IgG può attivare il sistema<br />

del complemento (vedi pag. 4.9) induce la fagocitosi attraverso i macrofagi o neutrofili e<br />

stimola l’ADCC.<br />

Struttura anticorporale<br />

Un anticorpo può esser visto come una molecola a forma di Y con una zona che si lega<br />

all’antigene chiamata FAB alla fine di ciascuno dei due bracci del Y. Formano ciascun braccio<br />

due differenti proteine la catena pesante e la catena leggera (figura 4.1). Data la presenza<br />

della zona Fab di ciascuno dei due bracci anticorporali ciascun anticorpo può legare due<br />

antigeni simultaneamente. Poiché i punti dei legami antigenici sono identici in ciascun braccio<br />

essi legano lo stesso antigene. Inoltre la regione Fc (il gambo dell’Y) dell’anticorpo determina<br />

la proprietà biologica dell’anticorpo, e può per esempio legarsi a speciali recettori (recettori<br />

Fc) sulla superficie delle cellule, es. i macrofagi.<br />

Catena leggera<br />

Legame disulfidico<br />

Regione (FAB) variabile<br />

Catena pesante Regione (FC) costante<br />

Figura 4.1. La struttura di una tipica molecola anticorporale.<br />

Produzione di anticorpi differenti<br />

Le risposte anticorporali umorali coinvolgono la produzione di anticorpi che circolano nel<br />

flusso sanguigno e permeano altri fluidi corporali, dove si legano specificamente ad antigeni<br />

estranei che li allertano. Questo legame inattiva l’antigene e lo segna affinché venga distrutto<br />

dalle cellule chiamate fagociti o induce un sistema di proteine ematiche per la distribuzione<br />

dell’antigene chiamato complemento, come dibattuto più avanti (vedi pag. 4.9).<br />

4<br />

Un anticorpo può<br />

esser visto come<br />

una molecola a<br />

forma di Y con<br />

una zona che si<br />

lega all’antigene<br />

chiamata FAB alla<br />

fine di ciascuno<br />

dei due bracci del<br />

Y.<br />

Le risposte<br />

anticorporali<br />

umorali<br />

coinvolgono la<br />

produzione di<br />

anticorpi che<br />

circolano nel<br />

flusso sanguigno e<br />

permeano altri<br />

fluidi corporali,<br />

dove si legano<br />

specificamente ad<br />

antigeni estranei<br />

che li allertano.<br />

4.5


4<br />

Si stima che<br />

approssimativame<br />

nte sono richiesti<br />

100 milioni di<br />

diversi anticorpi<br />

per proteggersi da<br />

ogni possibile<br />

aggressione.<br />

Il ruolo più importante<br />

delle cellule<br />

di presentazione -<br />

antigenica è quello<br />

di attivare le<br />

cellule.<br />

4.6<br />

Si stima che approssimativamente sono richiesti 100 milioni di diversi anticorpi per proteggersi<br />

da ogni possibile aggressione. Uno speciale processo chiamato selezione clonale abilita le<br />

cellule B a produrre un così alto numero di differenti tipi di anticorpi. La criticità per capire<br />

questo processo è trovare che ciascuna cellula B produce anticorpi che hanno un solo tipo di<br />

Fab. Inoltre si è rilevato che ciascun Fab è specifico per un solo antigene chiamato suo<br />

antigene analogo. Ciascuna cellula B distribuisce i suoi anticorpi sulla sua superficie. Questi<br />

anticorpi sono conosciuti come recettori della cellula B e segnalano alla cellula B, quando è<br />

presente, il suo antigene analogo. Così i recettori della cellula B agiscono come antenne che<br />

captano il segnale corretto.<br />

La porzione di un antigene che si combina con il sito attaccato all’antigene di una molecola<br />

anticorporale o ad un recettore linfocitario è chiamata determinante antigenica o epitope. La<br />

maggioranza degli antigeni hanno una varietà di determinanti antigeniche e stimolano la<br />

produzione di più di un clone anticorporale (un insieme di anticorpi identici che riconoscono<br />

un epitope) o risposta cellulare T. Questi epitopi variano nel loro grado di antigenicità. Quelli<br />

che sono maggiormente antigenici dominano la risposta totale e sono detti immunodominanti.<br />

Cellule con antigeni che stimolano i cloni linfocitari<br />

Anche se un antigene attiva molti cloni anticorporali, solo una minuscola frazione della<br />

popolazione linfocitaria totale sarà stimolata. Per assicurarsi che l’appropriata popolazione<br />

linfocitaria è esposta all’antigene, gli antigeni sono generalmente raccolti da speciali cellule<br />

chiamate cellule di presentazione antigenica negli organi linfatici secondari (figura 4.2)<br />

attraverso i quali le cellule T e B continuano a circolare. Le cellule di presentazione antigenica<br />

sono derivate dal midollo osseo e comprendono un insieme eterogeneo di cellule. Il ruolo più<br />

importante delle cellule di presentazione - antigenica è quello di attivare le cellule. Le cellule<br />

dendretiche sono uno dei tipi più comuni di cellule di presentazione antigenica. L’attivazione<br />

delle cellule T helper ha un ruolo importante nel proliferare e differenziarsi in modo da poter<br />

stimolare la crescita di altre cellule T helper e B, nello stimolare le cellule T citotossiche ad<br />

uccidere una cellula bersaglio infetta, e attivare i macrofagi. Questa stimolazione è prodotta<br />

attraverso la secrezione di citochine, es. l’interleukina-2 (IL-2) e l’interleukina-4 (IL-4) rilasciata<br />

dalle cellule T helper stimolando la crescita delle cellule T e B (e provocando l’attivazione a<br />

produrre anticorpi IgE) dove la produzione di interleukina (IL-1) e di interferone-γ (IFN-γ)<br />

attivano la produzione di macrofagi.<br />

Adenoidi<br />

Pliche del Peyer<br />

nell’ intestino<br />

tenue<br />

Appendice<br />

Figura 4.2. Organi e tessuti del sistema linfatico.<br />

Tonsille<br />

Linfatici<br />

Linfonodi<br />

Milza


Quando un recettore della cellula B riconosce il suo antigene bersaglio e sono anche presenti<br />

segnali specifici per una cellula T helper esso si lega all’antigene. Ciò stimola la cellula B a<br />

dividersi per produrre migliaia (approssimamene 20.000) cellule B identiche. Questo gruppo<br />

di cellule identiche è chiamato clone della cellula B e la sua produzione impiega mediamente<br />

una settimana. Tutte le cellule nel clone hanno identica specificità antigenica.<br />

Creare una estesa diversità anticorporale<br />

Gli anticorpi sono formati da due paia di subunità identiche catene chiamate leggere e<br />

pesanti, che sono legate chimicamente assieme. Sia le catene leggere che pesanti di una<br />

molecola Ig hanno regioni distinte costanti e variabili. Grandi aree sono simili in tutti gli<br />

anticorpi, queste aree sono chiamate regioni costanti (C). Ci sono differenze tra anticorpo e<br />

anticorpo all’interno della regione variabile alla fine del terminale amminico delle catene<br />

leggere e pesanti che si uniscono a formare il sito legato all’antigene. È importante rilevare che<br />

ci sono tre bracci corti, regioni ipervariabili dove c’è un alto livello di variabilità, responsabili<br />

della specificità anticorpale. La parte restante della regione variabile (V) è conosciuta come<br />

regione strutturale, che è relativamente costante.<br />

Sia le catene leggere che pesanti sono formate da segmenti, ripetenti o dominanti (fig. 4.3)<br />

ciascuno dei quali si regge indipendentemente a formare un elemento compatto funzionale.<br />

Una catena leggera consiste di un dominio costante (CL) e una variante variabile (VL), mentre la<br />

maggior parte delle catene pesanti consiste di un dominio variabile (VH) e tre domini costanti<br />

(CH1, CH2 e CH3). I domini variabili sono responsabili del legame antigenico, mentre i domini<br />

costanti delle catene pesanti (escluso CH1) formano la regione Fe che determina le altre<br />

proprietà <strong>biologiche</strong> dell’anticorpo.<br />

Regione<br />

ipervariabile<br />

V H<br />

C1<br />

H<br />

V L<br />

C H<br />

Figura 4.3. Struttura domino anticorporale.<br />

C<br />

H<br />

2<br />

3<br />

C L<br />

Cardine<br />

Catena pesante<br />

Catena<br />

leggera<br />

La catena pesante anticorporale nelle cellule B immature è formata da quattro tipi di moduli (V,<br />

D, J, e C). Esistono numerosi tipi diversi di ciascuno di questi moduli individuali (figura 4.4). Le<br />

stesse diversità di moduli esistono per le catene leggere. Questa diversità fornisce moduli<br />

bastanti così che mischiandoli e accoppiandoli si possono creare approssimativamente 10<br />

milioni di combinazioni diverse di catene leggere e pesanti. La differenza anticorporale è<br />

ulteriormente aumentata dalla somma o sottrazione di piccole parti di DNA nella regione di<br />

incrocio quando i moduli sono uniti (diversità giunzionale).<br />

4<br />

Gli anticorpi sono<br />

formati da due<br />

paia di subunità<br />

identiche catene<br />

chiamate leggere e<br />

pesanti, che sono<br />

legate<br />

chimicamente<br />

assieme.<br />

4.7


4<br />

Gli anticorpi identificano<br />

e legano<br />

gli antigeni<br />

attraverso la loro<br />

regione Fab,<br />

etichettandoli per<br />

la distruzione.<br />

Il sistema immunitario<br />

innato non<br />

solo produce una<br />

rapida risposta ai<br />

comuni invasori<br />

ma attiva e<br />

controlla anche il<br />

sistema<br />

immunitario<br />

acquisito.<br />

4.8<br />

Catena pesante<br />

nel DNA di cellule<br />

B immature<br />

Catena pesante nel DNA<br />

di cellule B mature<br />

V 1<br />

Appossimativamente 100<br />

segmenti v differenti<br />

V 2 V n D 1 D n J 1 J n C m C n<br />

>4<br />

segmenti D<br />

Selezione<br />

V 2 D 1 J 4 C m<br />

6<br />

Segmenti J Appossimativamente<br />

10 segmenti C<br />

Figura 4.4. Selezioni fortuite di segmenti V, D, J e C creano una enorme diversità anticorporale.<br />

Funzione anticorporale<br />

Gli anticorpi identificano e legano gli antigeni attraverso la loro regione Fab, etichettandoli per<br />

la distruzione. La loro regione libera Fe (il gambo) può legarsi ai recettori Fe sulla superficie<br />

dei fagociti (cellule che distruggono gli invasori). Questo forma un ponte tra antigene e<br />

fagocita così che l’antigene può essere distrutto.<br />

Gli anticorpi lavorano in tre modi:<br />

● neutralizzazione, bloccando l’attività biologica della loro molecola bersaglio<br />

● opsonizzazione, interagendo con speciali recettori su varie cellule, inclusi i macrofagi,<br />

neutrofili, basofili e mastociti, permettono loro di riconoscerle e rispondere all’antigene<br />

● attivazione del complemento, causando una diretta rottura della struttura cellulare (lisi)<br />

attraverso il complemento ed aumentando la fagocitosi.<br />

Il sistema immunitario innato<br />

Il sistema immunitario innato non solo produce una rapida risposta ai comuni invasori ma attiva<br />

e controlla anche il sistema immunitario acquisito. È importante notare che a differenza del<br />

sistema immunitario acquisito il sistema immunitario innato non conserva memoria di un<br />

incontro con un antigene sconosciuto.<br />

I componenti di un sistema immunitario innato sono tre:<br />

● sistema del complemento<br />

● fagociti<br />

● cellule “natural killer”.


Il sistema complemento - l’effetto domino (reazione a catena)<br />

Il sistema del complemento agisce molto rapidamente autonomamente e in cooperazione con<br />

gli anticorpi per difendere dalle infezioni. È formato approssimativamente da 20 diverse<br />

proteine che agiscono insieme per distruggere il corpo estraneo e segnalare alle altre cellule<br />

del sistema immunitario, come i macrofagi, di rispondere. Le proteine solubili del complemento<br />

sono prodotte principalmente dal fegato e circolano nel sangue e nei fluidi extracellulari. Per<br />

far si che il sistema complemento funzioni bisogna che sia attivato dai complessi antigeneanticorpo<br />

o da microrganismi. Le proteine del complemento allora subiscono una reazione a<br />

cascata di divisione proteica (proteolitisi) analoga a un effetto domino (figura 4.5), che dà<br />

come risultato la formazione di complessi che attaccano le membrane, producendo buchi<br />

(brecce) nei microrganismi e quindi distruggendoli. Alternativamente i componenti del<br />

complemento legati saldamente alle cellule bersaglio vengano riconosciuti da recettori specifici<br />

sui macrofagi e neutrofili così da promuovere la fagocitosi. Altri componenti sono solubili e<br />

attaccano i globuli bianchi nel punto bersaglio. Così il complemento è responsabile<br />

dell’assemblaggio del complesso di attacco delle membrane che svolgono attività contro le<br />

cellule bersaglio e attivano anche la risposta infiammatoria acuta.<br />

Gli anticorpi si<br />

legano all'antigene<br />

Foratura<br />

diretta<br />

della<br />

membrana<br />

Attivazione del complemento<br />

o<br />

Micro-organismi<br />

Reazione a cascata<br />

di divisione del complemento<br />

Figura 4.5. La reazione complemento e il suo ruolo nell’eliminazione delle cellule bersaglio.<br />

Reclutamento<br />

macrofagi<br />

4<br />

Il sistema del complemento<br />

agisce<br />

molto rapidamente<br />

autonomamente e<br />

in cooperazione<br />

con gli anticorpi<br />

per difendere dalle<br />

infezioni.<br />

4.9


4<br />

Le cellule natural<br />

killer (NK) sono<br />

grandi linfociti<br />

granulari che sono<br />

citotossici in<br />

assenza di<br />

precedenti<br />

stimolazioni.<br />

Dopo una iniziale<br />

esposizione ad un<br />

antigene, avviene<br />

una primaria<br />

risposta<br />

immunitaria, dopo<br />

la quale il sistema<br />

immunitario<br />

acquisito<br />

conferisce a<br />

quell’antigene un<br />

immunità<br />

permanente.<br />

4.10<br />

Fagociti<br />

Due tipi di fagociti cooperano alla distruzione cellulare: i macrofagi e neutrofili. I macrofagi<br />

sono cellule versatili che agiscono come raccoglitori di segnali, come cellule presentanti<br />

antigeni di superficie e come uccisori di organismi estranei. I macrofagi giocano anche un<br />

ruolo importante nella sintesi delle citochine in particolare nei fattori di necrosi tumorale-α<br />

(TNF-α) e IL-1. Sono presenti nella maggioranza dei tessuti.<br />

I neutrofili sono cellule a vita breve (5 giorni) si trovano nel sangue in grande numero e<br />

possono essere attivati in qualsiasi sito che attivi il complemento. I neutrofili sono importanti<br />

killer cellulari. Quando sono attivati dalle citochine prodotte dai macrofagi, ricevono un<br />

segnale per lasciare i vasi sanguigni e entrare nei tessuti per attaccare il sito dell’infezione.<br />

Cellule “natural killer”<br />

Le cellule natural killer (NK) sono grandi linfociti granulari che sono citotossici in assenza di<br />

precedenti stimolazioni. Le cellule NK sono difese di prima linea nelle infezioni, nella crescita<br />

dei tumori e nelle alterazioni patogeniche derivate, e possono anche abbandonare il torrente<br />

circolatorio per introdursi nei tessuti infetti. Le cellule NK non presentano sulla loro superficie ne<br />

anticorpi ne recettori cellulari T. Mentre importante è la loro produzione di citochine e di<br />

recettori espressi per le immonuglobine. Le cellule NK possono uccidere le cellule tumorali, le<br />

cellule infettate da virus, batteri, parassiti e miceti per mezzo di altre molecole recettrici. Esse<br />

uccidono attraverso la produzione di buchi e secernendo enzimi specifici che sono la premessa<br />

al suicidio (apoptosi). Le cellule NK mediano ADCC, es. cellule killer che agiscono in presenza<br />

o in attività con anticorpi ma che sono mediate da cellule immunitarie. Molecole di proteine<br />

chiamate IFN-α e IFN-β sono prodotte da una varietà di cellule in risposta a infezioni virali. Le<br />

IFN-α e IFN-β attivano efficacemente le cellule NK.<br />

Il sistema immunitario acquisito<br />

Un secondo livello di immunità è fornito dal sistema immunitario acquisito. Questo ulteriore<br />

livello di difesa aumenta in forza ed efficacia ad ogni incontro con un antigene specifico. Dopo<br />

una iniziale esposizione ad un antigene, avviene una primaria risposta immunitaria, dopo la<br />

quale il sistema immunitario acquisito conferisce a quell’antigene un immunità permanente. Tale<br />

memoria antigenico-specifica segue come risposta immunitaria in modo più rapido e più<br />

duraturo al prossimo incontro con l’antigene. Questa memoria antigenica costruisce le basi<br />

delle vaccinazioni.<br />

Il sistema immunitario innato stimola l’efficacia delle risposte dell’immunità acquista<br />

focalizzando la risposta sul punto di invasione/infezione. La differenza tra innata e acquisita<br />

stà nella specificità antigenica dei linfociti. Essi esprimono recettori cellulari della superficie che<br />

riconoscono una discreta parte dell’antigene conosciuta come epitope antigenica. Il vasto<br />

repertorio di specificità dei diversi anticorpi prepara teoricamente il sistema immunitario di<br />

risposta a quasi tutti i potenziali antigeni.<br />

Risposte immunitarie cellulo mediate<br />

Questa classe di risposte immunitarie coinvolge la produzione di cellule specializzate che<br />

reagiscono con gli anticorpi estranei sulla superficie di altre cellule ospiti. Questa cellula<br />

reagendo uccide una cellula ospite infetta o un organismo estraneo prima che l’infezione possa<br />

propagarsi. In alternativa la cellula che reagisce secerne segnali chimici che attivano speciali<br />

cellule killer chiamate macrofagi che distruggono l’invasore.


Linfociti<br />

Le più importanti cellule coinvolte nel sistema immunitario sono illustrate nella tavola 4.1. Un<br />

gruppo di globuli bianchi chiamati linfociti è responsabile di un alto grado di specificità del<br />

sistema immunitario. I linfociti si trovano in gran numero nel sangue, nella linfa e negli organi<br />

linfatici come il timo, i linfonodi, la milza e l’appendice. I linfociti esprimono i recettori con<br />

affinità varianti per gli antigeni. La cellula con la più alta affinità per l’antigene più abbondante<br />

avrà una maggior affinità di crescita e logicamente genererà di preferenza progenie. Questo<br />

importante processo è guidato dall’antigene e chiamato espansione clonale. I linfociti possono<br />

essere sia cellule T o B. Le cellule T e B che non sono state stimolate da un antigene sono<br />

chiamate cellule vergini e sono molto simili. Tuttavia, da una stimolazione antigenica le cellule<br />

T e B vengono attivate e sono morfologicamente distinguibili.<br />

Cellule B<br />

Le cellule B si sviluppano nel midollo osseo adulto e nel fegato fetale e sono responsabili della<br />

produzione di anticorpi (risposta umorale immunitaria) e di proteine solubili chiamate citochine.<br />

Durante lo sviluppo le cellule B producono sempre in prima istanza la classe anticorporale IgM,<br />

ma quando sono sviluppate possono deviare verso la produzione di altre classi anticorporali<br />

(figura 4.6).<br />

IgG IgA IgE<br />

Una cellula B immatura esprime<br />

un'anticorpo per un specifico<br />

antigene<br />

La cellula B incontra l'antigene<br />

che si lega alla superficie<br />

cellulare anticorpale<br />

La cellula B matura secerne<br />

molti anticorpi IgM che<br />

circolano nel plasma<br />

La cellula B matura è sottoposta<br />

ad espansione clonale per<br />

produrre un ampio numero di<br />

cellule B identiche<br />

L'espressione anticorpale<br />

cambia in modo che vengano<br />

prodotte classi differenti di<br />

alcuni specificità antigeniche<br />

Figura 4.6. Deviazione in classi anticorporali prodotta da cellule B quando maturano. Gli anticorpi<br />

IgM sono prodotti per primi seguiti da anticorpi IgA e IgG.<br />

4<br />

Le cellule B si<br />

sviluppano nel<br />

midollo osseo<br />

adulto e nel fegato<br />

fetale e sono<br />

responsabili della<br />

produzione di<br />

anticorpi e di<br />

proteine solubili<br />

chiamate<br />

citochine.<br />

4.11


4<br />

Le cellule T<br />

citotossiche<br />

uccidono i virus<br />

infettanti le cellule<br />

provocando lesioni<br />

in esse.<br />

. . . gli anticorpi<br />

monoclonali secreti<br />

da un ibridoma<br />

hanno identici<br />

punti d legatura<br />

antigenica con<br />

specificità<br />

uniformi . . .<br />

4.12<br />

Cellule T<br />

Le cellule T sono prodotte nel midollo osseo ma maturano nel timo. Sono responsabili dell’aiuto<br />

alle altre cellule T e B e dell’immunità cellulo-mediata, incluso l’ADCC. Le cellule T sono anche<br />

dissimili e subiscono una selezione clonale. La proliferazione impiega circa una settimana ed è<br />

specifica. Come per le cellule B hanno una molecola simil-anticorpale sulla loro superficie, il<br />

recettore cellulare T (TCR). Diversamente dalle cellule B, che possono riconoscere qualsiasi<br />

molecola organica, le cellule T riconoscono solo gli antigeni proteici. Specificatamente,<br />

riconoscono frammenti peptidici di antigeni aggregati con molecole del maggior complesso di<br />

istocompatibilità (MHC) sulla superficie delle cellule che presentano antigeni. Così le cellule T<br />

riconoscono il procedimento antigenico. Un’altra differenza è che le cellule B secernono i loro<br />

recettori come anticorpi, ma il TCRS rimane attaccato alla superficie della cellula T.<br />

Ci sono due tipi diversi di cellule T:<br />

● cellule T helper, che aiutano ad attivare le cellule B e i macrofagi<br />

● cellule T citotossiche, che sono direttamente coinvolte nella difesa da infezioni.<br />

Le cellule T citotossiche uccidono i virus infettanti le cellule provocando lesioni in<br />

esse. Le cellule T helper aiutano le cellule T citotossiche e le cellule B producendo proteine<br />

chiamate citochine. Le citochine originate dalle cellule T aumentano l’attività “antigenopresenting”<br />

dei macrofagi. Questo accrescimento di presentazione antigenica conduce a un<br />

legame di ritorno positivo fino a che tutte le molecole antigeniche sono eliminate.<br />

Produzione di anticorpi in laboratorio<br />

Gli anticorpi sono prodotti più semplicemente iniettando per parecchie volte piccoli quantitativi<br />

di un antigene in animali come topo o coniglio. Ciò stimola le cellule B dell’animale a produrre<br />

anticorpi verso l’antigene. Questi possono essere raccolti dal siero dell’animale ricco di<br />

anticorpi (chiamato antisiero). Anche se l’antisiero contiene un insieme di differenti anticorpi<br />

specifici per differenti regioni della molecola antigenica. Questa è conosciuta come una<br />

risposta policlonale poiché ci sono parecchie cellule B, clonate, differenti. L’eterogeneicità di un<br />

siero policlonale può venir ridotta purificando l’antisiero.<br />

Produzione di anticorpi monoclonali in laboratorio<br />

Un modo per superare l’eterogeneicità di un antisiero è quello di usare una tecnica che<br />

produca un singolo tipo di anticorpo chiamato anticorpo monoclonale. Questa tecnica è<br />

chiamata tecnica di ibridizzazione e coinvolge la produzione di un clone di cellule da un<br />

singolo anticorpo secreto dalla cellula B così che una preparazione omogenea anticorporale<br />

può essere prodotta in grande quantità.<br />

Per quanto le cellule B abbiano una limitata sopravvivenza in cultura. Quindi le cellule B di un<br />

animale immunizzato, es. un topo, sono fuse con le cellule immortali provenienti da cellule B<br />

tumorali per produrre una mistura di cellule ibride (figura 4.7). Queste cellule vengono poi<br />

selezionate per determinare quegli ibridi che si possono moltiplicare in cultura in modo<br />

indefinito e possono produrre anticorpi. Queste cellule ibride che soddisfano entrambi i criteri<br />

sono dette ibridoma. Cloni individuali di ibridoma sono cresciuti (si sono sviluppati) da singole<br />

cellule e così producono anticorpi per una singola specificità. Gli anticorpi prodotti da questi<br />

cloni vengono poi selezionati per affinità contro l’antigene bersaglio per identificare quelli con<br />

la specificità voluta.<br />

Vantaggi degli anticorpi monoclonali<br />

Contrariamente agli anticorpi policlonali gli anticorpi monoclonali secreti da un ibridoma<br />

hanno identici punti d legatura antigenica con specificità uniformi, che li rendono più utili che<br />

gli antisieri convenzionali. Inoltre, gli anticorpi monoclonali sono prodotti da una linea cellulare


B immortale il che significa che l’approvigionamento dell’anticorpo è stabile e duraturo. Un<br />

altro vantaggio importante della tecnica dell’ibridazione dell’anticorpo monoclonale è che essa<br />

permette la produzione di grandi quantità di anticorpi monoclonali. Le principali applicazioni<br />

cliniche degli anticorpi monoclonali nel <strong>cancro</strong> sono presentate nella Tavola 4.2, alcune delle<br />

quali sono considerate in dettaglio nel Modulo 6.<br />

Anti A<br />

Anti<br />

A<br />

Nessun<br />

anticorpo<br />

Antigene A<br />

cellule della<br />

milza<br />

Cellule B<br />

immortali<br />

Cellula<br />

morta<br />

Cellule ibride<br />

Anti<br />

X<br />

Anti X<br />

Piano di<br />

cultura<br />

Piano di<br />

cultura<br />

+ – – – Risultato<br />

Figura 4.7. Produzione di anticorpi monoclonali con l’uso della tecnica di ibridazione.<br />

Un topo viene immunizzato<br />

con un antigene che lo<br />

stimola a produrre una<br />

risposta umorale<br />

anticorporale<br />

Gli anticorpi producenti<br />

cellule B, con specificità per<br />

l’antigene bersaglio (antigene<br />

A) e antigeni non pertinenti<br />

(antigeni X) sono raccolti<br />

dalla milza<br />

Anticorpi producenti cellule<br />

B sono fusi con cellule B<br />

immortali (cellule tumorali)<br />

per produrre una<br />

popolazione di cellule ibride<br />

Cellule individuali ibride sono<br />

isolate e aumntat in cultura<br />

(espansione clonale). Solo<br />

quelle ibride con il corretto<br />

assetto genetico proliferano<br />

e producono anticorpi<br />

Anticorpi prodotti da cloni<br />

individuali sono selezioanti<br />

per affinità di legame contro<br />

l’antigene bersaglio (antigene<br />

A), per l’identificazione delle<br />

cellule che producono<br />

anticorpi monoclonali con le<br />

affinità volute (desiderate)<br />

anticorpi<br />

4<br />

4.13


4<br />

4.14<br />

Tavola 4.2. L’applicazione clinica degli anticorpi monoclonali nel<br />

<strong>cancro</strong>.<br />

Diagnosi<br />

● Selezione dei fluidi corporali (siero, sputo, sudore, urine, CSF) per valutare la presenza<br />

di TAA circolante<br />

● Scan nucleare con MAb radiomercato<br />

– per l’individuazione di lesioni primarie o metastatiche<br />

– linfoscintigrafia per individuare il coinvolgimento linfonodale<br />

● Uso del MAb radiomercato, con indagine intraoperatoria, per la individuazione con<br />

raggi γ<br />

● Immunopatologia<br />

– dilemma diagnostico: maligno contro benigno<br />

– diagnosi differenziale del tipo di tumore<br />

– sottoclassificazione del tumore basata sull’espressione TAA<br />

• potenziale metastatico<br />

• specifico luogo preferenziale di metastasi<br />

• risposta prevedibile (o nulla) nei confronti di regimi specifici specifici<br />

• prognosi<br />

Monitoraggio della progressione della malattia<br />

● Selezione dei fluidi corporali per valutare il TAA circolante<br />

● Scan nucleare con MAb radiomercato per individuare o quantizzare riprese di<br />

malattia<br />

● Immunopatologia per individuare metastasi (occulte)<br />

– citologia con ago-aspirato<br />

– biopsia linfonodale o midollare<br />

– citologia su fluidi corporali<br />

Terapia<br />

● Citotossicità diretta di MAb (es. Herceptin ® , MabThera ® )<br />

– complemento-mediato<br />

– cellulo mediato<br />

● Configurazione farmacologia di MAb (es. doxorubicina)<br />

● Coniugazione con tossine di MAb (es. ricino)<br />

● Coniugazione con radionucleidi di MAb<br />

● Rimozione tumorale ex-vivo da midollo osseo raccolto<br />

● Inibizione dei recettori per i fattori di crescita<br />

● Somministrazione di anti-idiotipo MAbs per indurre specifiche immunità attive verso le<br />

cellule tumorali<br />

CSF = liquor; TAA = antigene associato al tumore; MAb = anticorpo monoclonale.


Il sistema immunitario e la malattia<br />

Il sistema immunitario è solitamente coinvolto nella protezione del corpo da organismi estranei,<br />

così da prevenire infezioni e danni. Anche se, in certe situazioni, la normale attività del sistema<br />

immunitario può causare malattie. Un esempio ne è la tubercolosi, nella quale il batterio che<br />

causa la malattia resiste alla distruzione quando è ingerito dai macrofagi e al contrario si<br />

moltiplica nel citoplasma dei macrofagi. Questi macrofagi alla fine scoppiano, permettendo ai<br />

batteri di diffondersi ad altri macrofagi, ma anche causando danni tissutali attraverso l’attività<br />

enzimatica del contenuto cellulare. Un altro esempio è la sepsi, nella quale la normale risposta<br />

localizzata all’infezione coinvolge i macrofagi e le cellule NK e il rilascio delle citochine<br />

diviene generalizzato e causa una permeabilità vasale. Questo può condurre a ipotensione,<br />

shock e arresto cardiaco.<br />

Come alternativa, un mal funzionamento del sistema immunitario produce malattia. Un comune<br />

esempio di tale mal funzionamento è l’allergia. Le allergie sono dovute ad una inappropriata<br />

grande risposta delle cellule T e il rilascio di IgE in risposta ad un debole antigene<br />

immunogenico. Un altro esempio è la malattia da immunodeficienza quali sindromi da serie<br />

immunodeficienze combinate e l’AIDS che sono dovute alla mancanza rispettivamente delle<br />

cellule T e B e alla distruzione delle cellule T. Occasionalmente, il sistema immunitario attacca i<br />

componenti del sistema cellulare ospite. Ciò causa cambiamenti patologici simili<br />

all’autoimmunità. Le reazioni autoimmuni sono per la maggior parte brevi e si risolvono<br />

autonomamente. Anche se nel 5% degli individui la reazione è cronica e debilitante e può, in<br />

rare occasioni, essere mortale. Esempi di malattie con componenti autoimmune includono il<br />

lupus eritematoso sistemico, il morbo di Addison e l’anemia perniciosa. Prima che possano<br />

essere sviluppati i nuovi efficaci vaccini contro gli antigeni ospite, che sono espressi in modo<br />

abnorme dai tumori, si dovrebbero capire meglio i difetti del meccanismo immunitario che<br />

provocano reazioni autoimmuni.<br />

In aggiunta a queste patologie che sono causate dal mal funzionamento del sistema<br />

autoimmune o alla capacità di organismi di utilizzare le normali funzioni immunitarie per i<br />

propri fini, il sistema immunitario ha anche un ruolo nel <strong>cancro</strong>.<br />

Il <strong>cancro</strong><br />

Come sottolineato nei moduli precedenti la maggior parte, se non tutte, le cellule tumorali<br />

esprimono molecole anormali o quantitativi anormali di molecole normali sulla loro superficie.<br />

Quindi ci si dovrebbe aspettare che il sistema immunitario debba attaccare le cellule tumorali<br />

prodotte dall’ospite. Questo processo è definito sorveglianza immunitaria. Anche se non è<br />

chiaro se la sorveglianza immunitaria giochi un ruolo importante nel proteggere il corpo dal<br />

tumore. Si sa che la gente che è immunodepressa e quella con malattie da immunodeficienza<br />

come l’AIDS è più predisposta a sviluppare linfomi, leucemie e tumori con associazioni virali,<br />

ma non tumori solidi. La somiglianza nelle percentuali di sviluppo dei tumori solidi nelle<br />

persone con un sistema immunitario funzionante e in quelle nelle quali il sistema immunitario è<br />

danneggiato fa si che la sorveglianza immunitaria non giochi un ruolo importante nella difesa<br />

da tumori solidi.<br />

La capacità della sorveglianza immunitaria nel riconoscere i tumori è oggetto di intensi studi<br />

focalizzati sui macrofagi e sulle cellule NK. L’espressione anormale delle molecole della<br />

superficie delle cellule tumorali coinvolge spesso i recettori per il TNFa, che sono secreti dai<br />

macrofagi. Il TNFa legandosi a queste cellule tumorali ha mostrato di indurre l’apoptosi delle<br />

cellule tumorali in vitro. Attraverso un modello sperimentale di sarcoma del ratto si è dimostrato<br />

4<br />

. . . in certe<br />

situazioni, la<br />

normale attività<br />

del sistema<br />

immunitario può<br />

causare malattie.<br />

. . . la maggior<br />

parte, se non tutte,<br />

le cellule tumorali<br />

esprimono<br />

molecole anormali<br />

o quantitativi<br />

anormali di<br />

molecole normali<br />

sulla loro<br />

superficie.<br />

4.15


4<br />

. . . la<br />

sorveglianza<br />

immunitaria ha la<br />

miglior efficacia<br />

limitata nel<br />

prevenire<br />

l’instaurarsi e la<br />

crescita dei tumori.<br />

Il sistema<br />

immunitario è<br />

composto da<br />

milioni di linfociti<br />

cloni, ciascuno dei<br />

quali ha un unico<br />

recettore sulla<br />

superficie cellulare<br />

che gli permette di<br />

legarsi a un<br />

particolare<br />

antigenico<br />

determinante.<br />

4.16<br />

che il meccanismo di questo effetto è dovuto all’interruzione dell’apporto ematico del tumore.<br />

I macrofagi sono anche sensibili alle molecole di grasso che sono normalmente presenti nei<br />

globuli rossi ma le esternalizzano poiché le cellule dei globuli rossi invecchiano e necessitano<br />

di essere eliminate dal sistema sanguigno. Le cellule tumorali possono anche esprimere queste<br />

molecole grasse suggerendo un altro meccanismo di ricognizione da parte dei macrofagi.<br />

Anche le cellule NK che possono causare la morte delle cellule tumorali, sembra selezionino le<br />

cellule tumorali basate su una espressione di anormalità di superficie cellulare. Anche se in vivo<br />

non si sa fino a che punto l’attività di queste cellule immunitarie agisca nella distruzione delle<br />

cellule tumorali.<br />

Queste risposte sono ideali per la ricognizione delle cellule tumorali perché sono rapide e<br />

varie. Inoltre, un feed-back positivo tra i macrofagi e le cellule NK continua e potenzia la<br />

risposta. In contrasto le cellule T citotossiche dovrebbero in teoria produrre una risposta forte<br />

alle cellule tumorali. Anche se questo non è stato osservato in realtà, forse perché i tumori si<br />

sviluppano in aree che non sono soggette alla sorveglianza delle cellule T. Questo è il risultato<br />

del bisogno di mantenere un autotolleranza che vuol dire che le cellule T non circolano in aree<br />

dove potrebbero incontrare auto-antigeni. Così una cellula tumorale che si sviluppa nel<br />

polmone e sviluppa un auto-antigene abnorme non è soggetta alla sorveglianza delle cellule T.<br />

Inoltre la maggioranza delle cellule tumorali con le quali le cellule T vengono a contatto non<br />

presentano antigeni che possono essere riconosciuti dalle cellule T. Così sembra che negli stadi<br />

primari dello sviluppo tumorale, le cellule T non incontrano cellule tumorali e che quelle cellule<br />

tumorali sono solo debolmente immunogeniche.<br />

Infine, un’altra proprietà intrinseca alle cellule tumorali rende la sorveglianza immunitaria<br />

inefficace. Le cellule tumorali sono in costante mutazione acquisita, Ciò può incidere sulla<br />

capacità del sistema immunitario a riconoscere tutte le cellule tumorali, il modo come un<br />

antigene è presentato e anche se sia effettivamente presentato. In molti casi le cellule tumorali<br />

sono solo debolmente immunogeniche, il che limita la risposta immunitaria necessaria per<br />

rispondere e, che permette al <strong>cancro</strong> di svilupparsi.<br />

Basandosi sulle sopracitate discussioni, anche se non si è completamente capita la risposta<br />

immunitaria, è chiaro che la sorveglianza immunitaria ha la miglior efficacia limitata nel<br />

prevenire l’instaurarsi e la crescita dei tumori.<br />

Sommario<br />

Lo scopo del sistema immunitario è quello di proteggere da qualsiasi corpo estraneo che si<br />

incontri, sia che sia un organismo infettante che una cellula normale. Agiscono due livelli di<br />

immunità: l’immunità innata e quella acquisita. Il sistema immunitario è composto da milioni di<br />

linfociti cloni, ciascuno dei quali ha un unico recettore sulla superficie cellulare che gli permette<br />

di legarsi a un particolare antigenico determinante. Il sistema immunitario comprende un<br />

numero di cellule di tipo diverso: linfociti, fagociti e cellule dendritiche. I linfociti sono di due<br />

tipi: cellule B e cellule T. Le cellule B producono gli anticorpi e le cellule T sono responsabili di<br />

aiutare e mediare le risposte immunitarie. Gli anticorpi sono immunoglobine, proteine a forma<br />

di Y che contengono catene leggere e pesanti. Ci sono cinque diverse classi di anticorpi, tutte<br />

che si legano ad antigeni per proteggere da infezioni. Le cellule B possono essere stimolate a<br />

produrre anticorpi iniettando più volte piccole quantità di antigene in animali quali conigli e<br />

topi. Anche se ciò produce una miscela di differenti anticorpi specifici per le diverse regioni<br />

della molecole antigenica. In laboratorio è possibile produrre anticorpi che riconoscono un<br />

singolo antigene, chiamati anticorpi monoclonali, questi vengono generati usando una tecnica<br />

denominata tecnica di ibridazione. Questi anticorpi monoclonali sono utili in un ampio spettro<br />

di applicazioni cliniche per il <strong>cancro</strong>.


Questionario di autovalutazione<br />

1. Definisci e descrivi i risultati di una risposta immunitaria, indicando perché è importante la<br />

corretta identificazione di un agente come estraneo e potenzialmente dannoso.<br />

2. Definisci in uno schema una molecola anticorporale generalizzata e indica quale porzione<br />

si lega all’antigene e quale si lega ad altre cellule del sistema immunitario.<br />

3. Descrivi come vengono prodotti gli anticorpi in risposta ad un agente estraneo e i tre<br />

principali modi con i quali agiscono.<br />

4. Indica se ciascuna delle seguenti affermazioni è vera o falsa e se falsa da una risposta<br />

corretta:<br />

a. Il sistema immunitario mirato risponde rapidamente a organismi estranei<br />

b. Una volta marcato da un’esposizione antigenica iniziale, il sistema immunitario acquisito<br />

conferisce una memoria antigenica ed è capace di aumentare la forza e l’efficacia della<br />

risposta ai successivi incontri con quell’antigene.<br />

c. La risposta immunitaria cellulo-mediata si basa sulla produzione di anticorpi.<br />

d. Le cellule T e B che sono state stimolate da un antigene sono morfologicamente<br />

indistinguibili.<br />

e. Le cellule T sono così definite perché maturano nel timo.<br />

5. Descrivi come un singolo tipo di anticorpo (anticorpo monoclinale MAb) può essere<br />

prodotto in laboratorio e descrivi due vantaggi dei MAbs sugli anticorpi policlonali.<br />

6. Sia l’attività normale che quella anormale del sistema immunitario possono causare<br />

malattie. Completa le seguenti frasi con gli esempi più appropriati di malattie tra quelli<br />

elencati sotto:<br />

Reazioni allergiche Autoimmune Immuno controllo<br />

Malattie da immunodeficienza Anemia perniciosa Tubercolosi<br />

a. Nel …………………............ i batteri patogeni resistono alla distruzione dei macrofagi<br />

e si moltiplicano nei macrofagi stessi. Quando alla fine i macrofagi scoppiano i batteri si<br />

diffondono e i lisosomi contenuti si diffondono all’esterno causando danni al tessuto<br />

ospite?<br />

b. …………………............ sono dovute ad una inappropriata forte risposta delle cellule T<br />

verso un debole antigene immunogenico.<br />

c. La mancanza delle cellule T e B per varie ragioni inclusa la distruzione delle cellule T può<br />

causare …………………...........................................................................................<br />

d. Quando il sistema immunitario attacca i componenti cellulari ospiti poi .........................<br />

…………………............ si possono sviluppare malattie come …………………...............<br />

d. Il processo per il quale il sistema immunitario corpale è capace di individuare e<br />

proteggere se stesso contro cellule di tipo abnorme o da quantitativi di proteine sulla loro<br />

superficie cellulare è conosciuto come….....................................................................<br />

7. Anche se molte cellule tumorali hanno abnormi o normali quantitativi di antigeni sulla<br />

propria superficie, l’immuno controllo non è efficace. Da due possibili spiegazioni per<br />

questo.<br />

Le risposte a queste domande si trovano a pag. 8.6<br />

4<br />

4.17


Introduzione<br />

MODULO 5. Le tecnologie che hanno reso possibili le<br />

terapie <strong>biologiche</strong><br />

Una volta la ricerca biologica era basata essenzialmente sull’osservazione e la classificazione<br />

delle speci e degli organismi, mentre i processi biologici restavano relativamente<br />

incomprensibili. Gli appassionanti progressi realizzati nel campo della biologia cellulare e<br />

molecolare negli ultimi 50 anni, hanno portato invece ad un nuovo approccio di indagine che<br />

sta sistematicamente e rapidamente ampliando le nostre conoscenze delle funzioni cellulari e<br />

soprattutto dei geni.<br />

Un notevole progresso, che comprende lo sviluppo dello strumento di ricerca chiamato tecnica<br />

del DNA ricombinante, permette ora di isolare una regione specifica del DNA e di farne un<br />

numero di copie virtualmente illimitato. Con la nuova tecnica è possibile determinare<br />

rapidamente l’esatta sequenza di basi che formano il DNA, creare o ricostruire geneticamente<br />

la regione specifica del DNA e quindi inserirla all’interno di cellule in coltura. Un gene<br />

ricostruito può anche essere inserito in un animale o in una pianta divenendo parte stabile del<br />

suo genoma ed essere trasmesso alla progenie. Questo modulo utilizza le informazioni<br />

apprese nei moduli precedenti per effettuare una analisi delle differenti componenti della<br />

tecnica del DNA ricombinante, che ha rivoluzionato il modo in cui i ricercatori studiano le<br />

cellule e i loro processi biologici, e ha dischiuso nuove possibilita’ all’intervento medico. Come<br />

discusso più avanti, questo progresso è cruciale perché facilita lo svilupppo di test dei fattori<br />

coinvolti nella patogenesi del <strong>cancro</strong> e la scoperta e sviluppo di nuove terapie, quali le terapie<br />

basate su anticorpi monoclonali mirati per la prevenzione della crescita e della diffusione del<br />

<strong>cancro</strong>.<br />

Gli esperti nella ricerca confermano che la grande quantità di informazioni di biologia<br />

molecolare e di genetica che restano ancora sconosciute avranno un impatto di vasta portata<br />

per la cura delle malattie umane. Oggi molti progetti di ricerca si basano su una grande<br />

collaborazione tra ricercatori a livello internazionale, con l’obiettivo di ottenere la maggior<br />

quantità di informazioni nel minor tempo possibile. Il più importante impegno internazionale di<br />

ricerca scientifica è il Progetto Genoma Umano; un entusiasmante progetto di ricerca che sarà<br />

analizzato in questo modulo, unitamente alla gestione e alle implicazioni dei nuovi e preziosi<br />

dati che i ricercatori stanno scoprendo.<br />

5<br />

5.1


5<br />

5.2<br />

Questionario di auto valutazione<br />

1. Per l’analisi e la manipolazione del DNA vengono utilizzati enzimi e tecniche differenti.<br />

Scegli dall’elenco qui riportato l’enzima o la tecnica più appropriata per le attività elencate<br />

di seguito:<br />

Sequenziamento del DNA Gel elettroforesi<br />

Ligasi Ibridizzazione dell’acido nucleico<br />

Polimerasi<br />

Trascrittasi inversa<br />

Enzima di restrizione<br />

Sintetizza il DNA<br />

………………………………………………………………………………….............................<br />

Forma il DNA complementare (cDNA) dall’RNA messaggero (mRNA)<br />

.…………………………………………………………………………………............................<br />

Taglia o scinde il DNA in frammenti per l’analisi<br />

.…………………………………………………………………………………............................<br />

Unisce frammenti di DNA<br />

………………………………………………………………………………….............................<br />

Separa frammenti di DNA in base alla loro dimensione<br />

………………………………………………………………………………….............................<br />

Stabilisce l’esatta sequenza delle coppie di basi in un frammento di DNA<br />

………………………………………………………………………………….............................<br />

Consente la precisa localizzazione di DNA o RNA con l’utilizzo di una sonda<br />

………………………………………………………………………………….............................<br />

2. La clonazione genica ha un ruolo centrale tra le molte tecniche utilizzate per analizzare e<br />

comprendere i geni e le loro funzioni. Descrivi a grandi linee le fasi essenziali della<br />

clonazione del DNA.<br />

3. In alcuni casi, molti frammenti di DNA vengono clonati nello stesso momento per formare<br />

una libreria di cloni. Come può essere identificato il clone contenente il frammento di DNA<br />

di interesse inserito?<br />

4. La possibilita’ di produrre ogni proteina in grandi quantità è il maggior vantaggio offerto<br />

dall’ingegneria genetica. Delinea alcune delle implicazioni terapeutiche dell’ingegneria<br />

genetica, in particolare in relazione alla cura del <strong>cancro</strong>.<br />

5. Di seguito è riportato un diagramma schematico degli obiettivi della genomica funzionale.<br />

Descivi a parole cosa rappresenta il diagramma e indica quali ruoli potrebbero giocare in<br />

questo processo il Progetto Genoma Umano e la bioinformatica.<br />

Gene Proteina<br />

Funzione<br />

Le risposte a queste domande sono a pagina 8.8<br />

Struttura


I progressi tecnologici<br />

La tecnica del DNA ricombinante<br />

Una strategia chiamata tecnica del DNA ricombinante ha rivoluzionato il modo in cui i<br />

ricercatori studiano le cellule e i loro processi biologici, e ha spalancato nuove porte alla<br />

medicina. La tecnica del DNA ricombinante in realta’ comprende un insieme di tecniche che<br />

permette il controllo e, molto importante, la manipolazione della struttura e della funzione del<br />

DNA cellulare. Le principali procedure nella tecnica del DNA ricombinante sono:<br />

● sintesi, scissione e modificazione del DNA con l’utilizzo di enzimi<br />

● sequenziamento del DNA, che indica l’ordine delle basi del DNA<br />

● ibridizzazione dell’acido nucleico, che permette la precisa localizzazione del DNA o<br />

dell’RNA con l’utilizzo di una sonda<br />

● clonazione del DNA, che consente la produzione di un numero virtualmente illimitato di<br />

copie di specifici pezzi di DNA<br />

● ingegneria genetica, che rende possibile la generazione di geni modificati che possono<br />

essere inseriti in cellule o organismi.<br />

Sintesi, scissione e modificazione del DNA con l’utilizzo di enzimi<br />

Gli enzimi (proteine che catalizzano una reazione) giocano un ruolo cardine nell’isolamento e<br />

manipolazione di singoli geni nella tecnica del DNA ricombinante.<br />

Molti enzimi sono in grado di sintetizzare, tagliare o modificare il DNA.<br />

Gli enzimi che sintetizzano il DNA, chiamati DNA polimerasi, producono un<br />

nuovo filamento di DNA complementare sul vecchio filamento (template) e sono coinvolti nella<br />

replicazione del DNA. Il DNA complementare (cDNA) viene sintetizzato in modo simile<br />

dall’mRNA, utilizzando un enzima chiamato trascrittasi inversa. Come<br />

discusso più sotto, le molecole di mRNA possono essere isolate in laboratorio e utilizzate come<br />

template per sintetizzare un filamento di cDNA, che può poi essere impiegato per individuare i<br />

geni corrispondenti sui cromosomi. Poiche’ il cDNA è fatto dall’mRNA, esso contiene solamente<br />

sequenze di DNA codificanti (esoni), che lo rendono prezioso per dedurre la sequenza<br />

aminoacidica di una proteina o per la produzione di una proteina in grande quantità<br />

all’interno di una cellula batterica o di lievito. (Il DNA genomico contiene esoni separati da<br />

sequenze non-codificanti conosciute come introni. Durante la trascrizione da DNA a RNA gli<br />

introni vengono rimossi per produrre un filamento di RNA composto unicamente da sequenze<br />

codificanti).<br />

Numerosi enzimi, chiamati enzimi di restrizione, tagliano il DNA, sia randomicamente sia in<br />

siti specifici. Il taglio può essere realizzato in entrambi i filamenti o in un solo filamento alla<br />

volta e puo’ essere effettuato all’estremita’ del filamento (exonucleasi) o all’interno del filamento<br />

(endonucleasi). Anche l’enzima DNA ligasi è importante nella tecnica del DNA ricombinante<br />

perché consente a differenti filamenti di DNA di congiungersi per formare un nuovo filamento<br />

di DNA con una composizione differente.<br />

Sequenziamento del DNA<br />

Il sequenziamento del DNA è una tecnica importante e di grande efficacia basata su gel<br />

elettroforesi. La gel elettroforesi è una tecnica utilizzata per separare i frammenti di DNA in<br />

base alla loro dimensione. Una miscela di frammenti di DNA di differenti dimensioni è<br />

applicata su un gel incolore che ha una complessa rete di pori attraverso cui il DNA può<br />

passare. Il DNA possiede complessivamente una carica negativa così, quando una corrente<br />

elettrica viene applicata al gel, i frammenti di DNA si spostano verso l’elettrodo positivo. Più un<br />

5<br />

Gli enzimi giocano<br />

un ruolo cardine<br />

nell’isolamento e<br />

manipolazione di<br />

singoli geni nella<br />

tecnica del DNA<br />

ricombinante.<br />

La gel elettroforesi<br />

è una tecnica<br />

utilizzata per<br />

separare i<br />

frammenti di DNA<br />

in base alla loro<br />

dimensione.<br />

5.3


5<br />

Il sequenziamento<br />

del DNA stabilisce<br />

l’ordine esatto<br />

delle coppie di<br />

basi in un<br />

segmento di DNA.<br />

Ci sono due<br />

approcci di base<br />

nel<br />

sequenziamento<br />

che sono chiamati<br />

col nome dei<br />

ricercatori che li<br />

hanno sviluppati:<br />

Maxam-Gilbert e<br />

Sanger.<br />

5.4<br />

frammento è piccolo, più velocemente migra attraverso il gel. I frammenti di DNA verranno poi<br />

separati in base alla loro differente lunghezza. Tipicamente, i risultati della gel elettroforesi si<br />

ottengono utilizzando un colorante per rendere visibile il DNA. Se un filamento di riferimento<br />

contenente frammenti di lunghezza nota viene fatto scorrere a fianco del DNA sconosciuto è<br />

possibile determinare la lunghezza del frammento.<br />

Il sequenziamento del DNA stabilisce l’ordine esatto delle coppie di basi in un segmento di<br />

DNA. La Figura 5.1 mostra un particolare di sequenziamento ottenuto con gel a fluorescenza.<br />

Ogni picco corrisponde a un frammento di DNA marcato con tinta fluorescente che termina<br />

con una base specifica. In questo modo, i ricercatori possono determinare le sequenze del<br />

DNA. Questa informazione consente di determinare la localizzazione di un gene (mapping) e<br />

per quale proteina esso codifica. La manipolazione del DNA è anche un modo per controllare<br />

che le singole fasi di una procedura siano state eseguite con successo. Knowledge of <strong>the</strong> DNA<br />

sequence also provides information about <strong>the</strong> protein for which <strong>the</strong> DNA codes.<br />

C AAC A A T G A T T T T A G A G G AAT G A T G C<br />

Figura 5.1 Particolare di sequenziamento ottenuto con gel a fluorescenza.<br />

Ci sono due approcci di base nel sequenziamento che sono chiamati col nome dei ricercatori<br />

che li hanno sviluppati: Maxam-Gilbert e Sanger. Entrambi i metodi operano tramite la<br />

separazione ad altissima risoluzione delle molecole di DNA utilizzando la gel elettroforesi, che<br />

permette la separazione anche di frammenti che differiscono nelle dimensioni di un singolo<br />

nucleotide. I due approcci differiscono principalmente per il modo in cui vengono prodotte<br />

famiglie di frammenti di DNA basate sulla molecola di DNA originale. Attualmente quasi tutte<br />

le fasi di queste metodiche di sequenziamento sono automatizzate.<br />

Il sequenziamento di Maxam-Gilbert utilizza agenti chimici per scindere il DNA a livello di basi<br />

specifiche, e da’ come risultato frammenti di lunghezza diversa. Per contro, il sequenziamento<br />

di Sanger comporta l’utilizzo di un processo enzimatico per sintetizzare catene di DNA di<br />

lunghezza variabile in quattro differenti reazioni, fermando la replicazione del DNA alle<br />

posizioni occupate da una delle quattro basi, e poi determinando la lunghezza dei frammenti<br />

risultanti.<br />

Recentemente, è stata sviluppata una tecnica di sequenziamento basata su elettroforesi<br />

capillare e ultra sottile. Entrambe queste metodiche aumentano la velocita’ di separazione del<br />

frammento. La terza generazione di tecniche di sequenziamento, senza utilizzo di gel, mira ad<br />

incrementarne l’efficienza di parecchi ordini di grandezza, e si ritiene che sarà utilizzata per il<br />

sequenziamento della maggior parte del genoma umano.


Ibridizzazione dell’acido nucleico<br />

Conoscere la sequenza del DNA è utile anche perché consente la generazione di una sonda<br />

di ibridizzazione specifica per una particolare sequenza. L’ibridizzazione dell’acido nucleico è<br />

una tecnica che rende possibile la precisa localizzazione del DNA (Sou<strong>the</strong>rn blot) o dell’RNA<br />

(Nor<strong>the</strong>rn blot) con l’utilizzo di una sonda (Figura 5.2). L’impiego dell’ibridizzazione è molto<br />

importante a fini diagnostici, come discusso più oltre.<br />

Pellicola<br />

radio grafica<br />

AGCCA<br />

Clonazione genica<br />

Incubazione<br />

TCGGT<br />

AGCCA<br />

TCGGT<br />

ACACG<br />

TGTGC<br />

ACACG<br />

TGTGC<br />

Figura 5.2. Tecnica di ibridizzazione dell’acido nucleico.<br />

La sonda a singolo filamento di DNA<br />

complementare è radiomarcata<br />

Il filamento singolo di DNA è separato e<br />

immobilizzato su una membrana<br />

Un clone è un gruppo di geni, cellule o organismi identici derivati da un unico antenato. La<br />

possibilita’ di clonare i geni offre vantaggi di vasta portata per la ricerca. La clonazione<br />

genica comporta l’isolamento di un particolare segmento di DNA dal suo organismo ospite e<br />

la sua riproduzione (amplificazione) nell’ospite stesso o in un ospite differente per produrne<br />

copie identiche. La clonazione rende inoltre possibile l’analisi delle sequenze di geni. Questa<br />

conoscenza, a sua volta, consente la deduzione della sequenza di proteine per cui il DNA<br />

codifica. Comunque, per la determinazione della struttura tridimensionale di una proteina, è<br />

necessario comparare la sequenza di aminoacidi della proteina con quella della proteina<br />

meglio caratterizzata. Se le proteine mostrano un alto grado di somiglianza della sequenza<br />

(omologia), si può pensare che esse siano simili anche dal punto di vista funzionale.<br />

La sonda si ibridizza al DNA complementare<br />

immobilizzato su una membrana<br />

Un` autoradiografia viene usata per rilevare il<br />

segnale radioattivo su pellicola radiografica<br />

I frammenti di DNA sono visualizzati come linee<br />

sulla pellicola<br />

5<br />

5.5


5<br />

5.6<br />

Fasi fondamentali della clonazione<br />

Le fasi fondamentali della clonazione di un gene (Figura 5.3) sono le seguenti:<br />

1. Il frammento di DNA contenente il gene da clonare viene inserito all’interno di una<br />

molecola circolare di DNA denominata vettore. L’inserimento del gene di interesse dentro il<br />

vettore produce una chimera o molecola di DNA ricombinante.<br />

2. Il vettore agisce da veicolo per trasportare il gene all’interno della cellula ospite. Nella<br />

cellula ospite il vettore si moltiplica, producendo numerose copie identiche non solo di se<br />

stesso, ma anche del gene che trasporta.<br />

3. Quando la cellula ospite si divide, le nuove cellule contengono copie della molecola di<br />

DNA ricombinante, e si verifica un’ulteriore replicazione del vettore.<br />

4. Dopo un grande numero di divisioni cellulari si è prodotta una colonia o clone di identiche<br />

cellule ospite. Ogni cellula del clone contiene una o più copie della molecola di DNA<br />

ricombinante. Il gene trasmesso dalla molecola ricombinante ora è clonato.<br />

Fase 1<br />

Fase 2<br />

Fase 3<br />

Fase 4<br />

Gene per una<br />

resistenza<br />

antibiotica<br />

Cellula<br />

batterica<br />

Plasmida<br />

PstI<br />

DNA<br />

ricombinante<br />

DNA inserzione<br />

Clonazione<br />

Clone<br />

Cultura di batteri<br />

contenenti antibiotico<br />

PstI<br />

Cromosoma<br />

batterico<br />

Crescono solo i batteri<br />

contenenti DNA ricombinante<br />

Cultura<br />

Purificazione<br />

del DNA<br />

Terminazioni<br />

adesive<br />

PstI<br />

PstI<br />

Ibridizzazione<br />

usando una DNA<br />

ligasi<br />

Figura 5.3. Procedimento di base della clonazione genica in un plasmide.<br />

DNA estraneo<br />

Zona di interesse<br />

PstI


Plasmidi e batteriofagi<br />

Due tipi di vettori sono comunemente utilizzati come veicoli per la clonazione: plasmidi e<br />

batteriofagi. I plasmidi sono piccoli circoli di DNA che si trovano nei batteri e in alcuni altri<br />

organismi. I plasmidi si duplicano indipendentemente dai cromosomi della cellula ospite e<br />

quasi sempre sono portatori di uno o più geni che sono responsabili di utili caratteristiche<br />

mostrate dal batterio ospite, per esempio l’antibiotico-resistenza. Il gene dell’antibioticoresistenza<br />

è utile perché può essere impiegato come marker selezionabile per assicurarsi che i<br />

batteri in coltura contengano un particolare plasmide. I plasmidi più piccoli potrebbero<br />

utilizzare alcuni degli enzimi dell’ospite per replicarsi, mentre quelli di maggior dimensioni<br />

spesso trasportano i geni che codificano per gli enzimi necessari alla loro replicazione. Alcuni<br />

tipi di plasmidi si integrano all’interno del cromosoma batterico, e vengono chiamati episomi.<br />

La dimensione e il numero di copie sono due caratteristiche molto importanti dei plasmidi. Per<br />

la clonazione sono preferibili dimensioni < a 10kb (che si riferisce al numero di basi che<br />

costituiscono il materiale genetico del plasmide, in questo caso < a 10.000). I plasmidi di<br />

dimensioni maggiori tendono ad essere instabili e, nel tentativo di mantenere una dimensione<br />

stabile, potrebbero rigettare il DNA estraneo inserito al loro interno. Il numero di copie si<br />

riferisce al numero di molecole di un unico plasmide che si trovano normalmente in una singola<br />

cellula batterica. Un grande numero di copie è auspicabile per produrre grandi quantità di<br />

molecole di DNA ricombinante.<br />

Anche batteriofagi o fagi (virus che infettano specificamente i batteri) sono vettori adatti per la<br />

clonazione. Sono formati da molecole di DNA o a volte di RNA portatori di un certo numero di<br />

geni, inclusi quelli richiesti per la replicazione del fago. L’acido nucleico è circondato da un<br />

mantello di proteine chiamato capside. Quando il fago infetta un batterio, aderisce all’esterno<br />

del batterio ed inietta il suo DNA cromosomiale all’interno della cellula. Poi il DNA del fago si<br />

replica e viene quindi sintetizzato il mantello proteico. Nuove particelle del fago sono<br />

assemblate e rilasciate dalla lisi del batterio. Durante l’infezione, la molecola di DNA del<br />

batteriofago viene iniettata nella cellula ospite, dove essa è sottoposta a replicazione. M13 e λ<br />

sono due tipi di fago comunemente utilizzati come vettori.<br />

I virus sono ampiamente usati come veicoli di clonazione per le cellule animali. I virus dei<br />

mammiferi come gli adenovirus e i virus dei primati (SV40) sono comuni.<br />

Purificazione del DNA<br />

Una clonazione riuscita richiede che il DNA sia stato purificato. Tipicamente, almeno tre<br />

differenti tipi di DNA devono essere purificati dagli ingegneri genetici. Primo, tutto il DNA<br />

cellulare dal quale ottenere il gene/i che devono essere clonati è ottenuto da una coltura<br />

batterica o da cellule animali. Secondo, il DNA puro del plasmide (vettore del DNA) deve<br />

essere purificato dal DNA cromosomiale del batterio. È richiesto inoltre DNA purificato del<br />

fago se deve essere utilizzata la clonazione del fago.<br />

Esistono diversi metodi per la purificazione del DNA totale della cellula da batteri e altri<br />

organismi. Tutti questi metodi comportano inizialmente la raccolta delle cellule seguita dalla<br />

loro rottura, che consente il rilascio di quanto in esse contenuto. Gli estratti cellulari sono poi<br />

trattati per rimuovere tutti i componenti cellulari eccetto il DNA. Questi componenti non<br />

desiderati sono chiamati contaminanti ed includono proteine ed RNA. Infine il DNA, che si<br />

trova in soluzione, viene concentrato.<br />

La purificazione del DNA del plasmide segue lo stesso principio ma comporta dei passi<br />

addizionali per separare il DNA del plasmide dal DNA cromosomiale batterico. Ciò può<br />

essere effettuato centrifugando ad alta velocita’ una miscela dei due DNA o utilizzando la gelfiltrazione<br />

o l’affinita’ cromografica, che separano i due tipi di DNA in base, rispettivamente,<br />

alla differenza di dimensione e di carica ionica. 5.7<br />

5<br />

Due tipi di vettori<br />

sono comunemente<br />

utilizzati come<br />

veicoli per la<br />

clonazione:<br />

plasmidi e<br />

batteriofagi.<br />

Una clonazione<br />

riuscita richiede<br />

che il DNA sia<br />

stato purificato.


5<br />

Per produrre la<br />

molecola di DNA<br />

ricombinante è<br />

necessario<br />

scindere sia il<br />

vettore che il DNA<br />

da clonare in siti<br />

specifici e poi<br />

ricongiungerli<br />

insieme<br />

(“ligation”).<br />

5.8<br />

Costruzione di DNA ricombinante da DNA purificato<br />

Per produrre la molecola di DNA ricombinante è necessario scindere sia il vettore che il DNA<br />

da clonare in siti specifici e poi ricongiungerli insieme (“ligation”). Un punto importante è che<br />

le estremita’ si combinino in modo da poter essere collegate e che la direzione di inserimento<br />

del DNA dentro il vettore sia corretta.<br />

La scissione del DNA purificato nella clonazione viene eseguita utilizzando enzimi altamente<br />

purificati denominati enzimi di restrizione. Gli enzimi di restrizione endonucleasi di tipo II<br />

effettuano la scissione del DNA in siti specifici chiamati siti di restrizione e sono gli enzimi di<br />

scissione più utili nella clonazione genica (Figura 5.4). Gli enzimi di restrizione sono isolati da<br />

vari batteri, dove la loro funzione naturale è quella di proteggere i batteri attaccando il DNA<br />

di virus e altri DNA estranei. Essi riconoscono piccole sequenze di DNA e scindono le<br />

molecole di DNA in questi specifici siti di riconoscimento. Alcuni enzimi di restrizione (“rare<br />

cutters”) scindono il DNA in pochi punti generando un piccolo numero di frammenti molto<br />

grandi (da diverse migliaia a un milione di coppie di basi). Tuttavia, la maggior parte degli<br />

enzimi di restrizione scinde il DNA con maggiore frequenza per generare un grande numero<br />

di piccoli frammmenti (da 1.000 coppie di basi). I singoli enzimi di restrizione<br />

hanno specifici siti di riconoscimento, sebbene alcuni condividano lo stesso sito di restrizione.<br />

Generalmente hanno una lunghezza di quattro, sei o otto basi. Poiche’ sono stati definiti<br />

centinaia di differenti enzimi di restrizione, il DNA può essere scisso in molti piccoli frammenti<br />

con differenti estremita’ che possono essere utilizzati per la clonazione.<br />

A<br />

HpaI<br />

5'––N N G T T A A C N N––3'<br />

3'––N N C A A T T G N N––5'<br />

Cut<br />

B<br />

EcoRi<br />

5'––N N G A A T T C N N––3'<br />

3'––N N C T T A A G N N––5'<br />

C<br />

Cut<br />

Pst I<br />

5'––N N C T G C A G N A––3'<br />

3'––N N G A C G T C N N––5'<br />

Cut<br />

5'––N N G T T A A C N N––3'<br />

3'––N N C A A T T G N N––5'<br />

5'––N N G A A T T C N N––3'<br />

3'––N N C T T A A G N N––5'<br />

5'––N N C T G C A G N N––3'<br />

3'––N N G A C G T C N N––5'<br />

Figura 5.4. Sequenze di DNA riconosciute da tre enzimi di restrizione di tipo II utilizzati comunemente.<br />

Questi enzimi di restrizione lasciano terminazioni smussate (A) o tronche (B, C).<br />

In funzione del progetto di clonazione che un ricercatore intende portare a termine, potrebbe<br />

essere necessario generare frammenti con una estremita’ smussata, dove per esempio entrambi<br />

i filamenti vengano scissi esattamente nel mezzo della sequenza di riconoscimento, o con una<br />

estremita’ tronca, dove per esempio il taglio nella sequenza di riconoscimento avviene in uno<br />

solo dei filamenti che è stato lasciato leggermente più lungo dell’altro così da risultare<br />

sporgente. Il secondo tipo di reazione di restrizione genera “estremita’ adesive”. Un’utile<br />

caratteristica degli enzimi di restrizione e’ che differenti siti di riconoscimento potrebbero<br />

generare le stesse estremita’ adesive così che i frammenti prodotti dalla scissione di due<br />

differenti enzimi possono essere uniti perché posseggono estremita’ adesive complementari.


Per essere utilizzati come vettori per la clonazione, i circoli di DNA purificato del plasmide<br />

vengono prima tagliati da un enzima endonucleasi di restrizione, e i frammenti risultanti, inclusi<br />

quelli contenenti il gene che deve essere clonato, aggiunti ai plasmidi e resi di forma circolare<br />

per formare circoli di DNA ricombinante. Queste molecole ricombinanti sono poi unite<br />

covalentemente utilizzando una ligasi del DNA.<br />

Transfezione<br />

Le molecole ricombinanti sono poi introdotte in cellule, generalmente batteri o lieviti, con un<br />

processo chiamato transfezione (Figura 5.3). Le cellule che devono essere transfette devono<br />

avere una membrana più permeabile del consueto per consentire la captazione del DNA.<br />

Questo si ottiene utilizzando particolari procedimenti chimico/fisici. Alcune cellule sono<br />

descritte come competenti. Dal momento che solo una percentuale molto piccola di cellule<br />

effettueranno effettivamente la captazione del DNA, è necessario eseguire un processo di<br />

selezione per identificare le cellule che sono state transfettate (transfettanti). Questo è il caso in<br />

cui è utile l’utilizzo di un marcatore selezionabile portato dal plasmide.<br />

Un marcatore selezionabile è un gene che fornisce alla cellula transfettata una nuova<br />

caratteristica, per esempio l’antibiotico-resistenza, che non è posseduta dalla cellula non<br />

transfettante. Solo le cellule transfettanti saranno in grado di crescere in presenza di<br />

antibiotico. Si ritiene che queste cellule sopravviventi contengano una libreria di DNA, che è un<br />

set random (non ordinato) di frammenti di DNA clonato.<br />

Selezione del clone desiderato<br />

Solo pochi dei batteri che sopravvivono conterranno il plasmide ricombinante con il gene che<br />

deve essere isolato. Esistono diversi approcci per identificare i cloni di interesse in una libreria<br />

di DNA. Un modo è quello di premere un pezzo di carta assorbente sulle piastre di coltura<br />

contenenti le colonie di batteri in crescita. Le cellule aderiscono alla carta e sono sondate con<br />

una sonda a DNA radioattivo contenente parti della sequenza del gene che viene ricercato. La<br />

sonda radioattiva ibridizza il gene di interesse e può poi essere visualizzata esponendo la<br />

carta alla pellicola fotografica. Questo processo di ibridizzazione è una forma di screening.<br />

Un altro metodo di screening per verificare l’autenticita’ dei cloni batterici è la traslazione in<br />

vitro. In questo procedimento, il DNA clonato è utilizzato per purificare le sue molecole di<br />

mRNA complementare da una miscela di mRNA cellulare con un processo chiamato selezione<br />

dell’ibrido. Le proteine prodotte sono controllate per verificare se sono quelle che ci si<br />

aspettava.<br />

La libreria genomica<br />

Una libreria genomica è una collezione di cloni in numero sufficiente per contenere con ogni<br />

probabilita’ ogni singolo gene presente nel genoma di un particolare organismo. Le librerie<br />

genomiche sono preparate dal DNA totale purificato della cellula, sminuzzando il DNA con<br />

l’utilizzo di enzimi di restrizione per produrre una serie di frammenti che sono poi clonati in un<br />

vettore appropriato. È anche possibile generare librerie cromosoma-specifiche, che consistono<br />

in frammenti derivati da DNA sorgente arricchito per un particolare cromosoma.<br />

Ingegneria genetica – ridisegno dei geni<br />

Per studiare la struttura e la funzione di specifiche proteine, quali le oncoproteine, è necessario<br />

disporre di una quantità di proteine sufficiente. Tuttavia, la grande maggioranza delle proteine<br />

in una cellula animale, incluse quelle con funzioni di importanza cruciale, è presente in<br />

minuscola quantità, rendendo difficile o impossibile isolare la proteina pura. Uno dei contributi<br />

più importanti della clonazione del DNA e dell’ingegneria genetica alla biologia cellulare è<br />

che hanno reso possibile produrre ogni data proteina cellulare in grande quantità. L’ingegneria<br />

5<br />

Le molecole<br />

ricombinanti sono<br />

poi introdotte in<br />

cellule,<br />

generalmente<br />

batteri o lieviti, con<br />

un processo<br />

chiamato<br />

transfezione.<br />

Una libreria<br />

genomica è una<br />

collezione di cloni<br />

in numero<br />

sufficiente per<br />

contenere con ogni<br />

probabilita’ ogni<br />

singolo gene<br />

presente nel<br />

genoma di un<br />

particolare<br />

organismo.<br />

5.9


5<br />

. . . i recenti<br />

progressi<br />

dell’ingegneria<br />

genetica hanno<br />

fornito fonti non<br />

umane di anticorpi<br />

umani, quali<br />

Herceptin ® e<br />

MabThera ® .<br />

Un utilizzo molto<br />

importante delle<br />

colture cellulari è<br />

quello di veicoli<br />

per la produzione<br />

di grandi quantità<br />

di un tipo specifico<br />

di cellula che può<br />

contenere un gene<br />

creato con<br />

l’ingegneria<br />

genetica.<br />

5.10<br />

genetica utilizza la tecnica del DNA ricombinante per clonare il gene della proteina di<br />

interesse ed inserirlo all’interno di uno speciale segmento di DNA ad alta replicazione<br />

chiamato vettore di espressione, che produce grandi quantità della proteina.<br />

L’ingegneria genetica ha importanti implicazioni terapeutiche. Per esempio, clonare tutti i geni<br />

di un particolare percorso biosintetico e sovraesprimerli è il solo modo per aumentare i livelli di<br />

un particolare componente intracellulare. In alternativa, è possibile interrompere un percorso in<br />

modo tale che certi prodotti non vengano più prodotti. È importante notare che l’ingegneria<br />

genetica non si limita alle proteine. In effetti, essa può fornire la sovraespressione di ogni gene<br />

clonato.<br />

Inoltre, l’ingegneria genetica facilita il disegno di proteine di ogni sequenza desiderata. Per<br />

esempio, i recenti progressi dell’ingegneria genetica hanno fornito fonti non umane di anticorpi<br />

umani, quali Herceptin ® e MabThera ® . L’umanizzazione di anticorpi monoclonali di topo<br />

(Mabs) comporta l’utilizzo della reazione polimerica a catena con trascrittasi inversa (RT-PCR,<br />

vedi pagina 5.15) per clonare sia le regioni variabili sia quelle ipervariabili dell’anticorpo<br />

dall’mRNA di un ibridoma, derivato per esempio da un topo, e fonderlo con regioni costanti<br />

umane. Come conseguenza, più del 90% della sequenza aminoacidica del Mab umanizzato è<br />

identica a quella della proteina umana. In questo modo, si evita la neutralizzazione da parte<br />

del sistema immunitario umano. Inoltre, utilizzando questo approccio, possono essere generati<br />

anticorpi con specifiche funzioni effettrici selezionando l’appropriata regione a catena pesante<br />

come partner di clonazione. I cloni risultanti possono poi essere espressi in coltura cellulare per<br />

produrre una grande quantità di anticorpi modificati. Di seguito si tratta dei fondamenti della<br />

coltura di cellule animali e di come introdurre geni ricombinanti all’interno di cellule animali.<br />

Colture di cellule animali<br />

Date le appropriate condizioni, la maggior parte dei tipi di cellule animali vivra’, si dividera’<br />

ed esprimera’ proprieta’ differenziate in una piastra con tessuto di coltura. Questo tipo di<br />

coltura è detto in vitro. In questo ambiente artificiale è possibile osservare le cellule al<br />

microscopio e analizzarle biochimicamente quando vengono aggiunte o tolte alla coltura<br />

differenti molecole specifiche quali ormoni o fattori di crescita. È inoltre possibile esaminare le<br />

interazioni tra un tipo di cellula e un’altra. Un utilizzo molto importante delle colture cellulari è<br />

quello di veicoli per la produzione di grandi quantità di un tipo specifico di cellula che può<br />

contenere un gene creato con l’ingegneria genetica. Come discusso nel Modulo 6, si stanno<br />

sperimentando le cellule di coltura in terapie cellulari quali i vaccini per stimolare la risposta<br />

immune al tumore.<br />

Le cellule vengono cresciute in un recipiente di coltura, una piastra o una beuta, in un liquido<br />

di nutrizione detto medium. Un componente essenziale del medium è il siero, perché contiene<br />

fattori di crescita, ormoni steroidei e altri fattori essenziali per la crescita e la proliferazione<br />

cellulare. Le cellule di una coltura cellulare crescono attaccate al fondo della piastra come<br />

singolo strato di cellule (monostrato) ricoperte dal medium. Per la crescita e la proliferazione<br />

normali, è essenziale che le cellule siano ancorate. Il medium viene cambiato ad intervalli<br />

appropriati per assicurarsi che le cellule non muoiano per la mancanza di nutrimento o<br />

vengano avvelenate dai rifiuti prodotti dal loro metabolismo. Quando le cellule si sono<br />

replicate e hanno ricoperto tutta la superficie disponibile della piastra di coltura formando una<br />

coltura confluente, smetteranno di replicarsi. La coltura confluente di cellule può essere divisa<br />

per produrre nuove colture, che continueranno a crescere e proliferare.<br />

Le colture preparate dai tessuti di un organismo sono dette colture primarie. Le colture primarie<br />

hanno una durata di vita limitata e devono subire un processo chiamato trasformazione, che


porta alla formazione di quella che è conosciuta come linea cellulare. Le linee cellulari possono<br />

essere preparate da cellule tumorali ma in questo caso risultano differenti rispetto a quelle<br />

preparate da cellule normali. Per esempio, spesso crescono senza attaccarsi a una superficie, e<br />

possono proliferare sulla piastra di coltura con una densita’ considerevolmente maggiore.<br />

Caratteristiche simili possono essere indotte sperimentalmente in cellule normali provocandone<br />

la mutazione con l’azione di un virus tumore-inducente o di sostanze chimiche. Questo è<br />

evidente in una linea di cellule mutate, come la linea di cellule ovariche dell’hamster cinese<br />

(CHO) o la linea di cellule renali di hamster neonato (BHK). Normalmente le linee cellulari<br />

possono essere divise e fatte ricrescere indefinitamente e sono utili, tra le molte altre<br />

applicazioni, per la produzione di anticorpi monoclonali e per lo studio dell’attività di geni<br />

specifici.<br />

Transfezione<br />

Come già trattato precedentemente, la transfezione è una tecnica utilizzata per distribuire<br />

molecole estranee come il DNA all’interno delle cellule. Si tratta di uno strumento di grande<br />

potere per il controllo dell’espressione del gene e della proteina. Le cellule possono essere<br />

transfettate affinche’ esprimano un gene per un breve periodo di tempo (transfezione<br />

transitoria) o permanentemente (transfezione stabile). Geni differenti possono essere<br />

cotransfettati (transfettati contemporaneamente) per rendere possibile lo studio dell’interazione<br />

tra questi stessi geni. Questo sistema fornisce un ambiente artificiale nel quale esaminare<br />

l’interazione tra geni.<br />

Isolando una singola cellula animale, che potrebbe contenere un gene ricombinante (progettato<br />

con l’ingegneria genetica), e permettendogli di proliferare fomando una grande colonia, è<br />

possibile formare un clone, che è composto di cellule geneticamente identiche. È anche<br />

possibile fondere insieme due cellule per formare una cellula combinata con due nuclei<br />

separati, che sarà eventualmente fusa per formare una cellula ibrida con un unico nucleo.<br />

Applicazione delle nuove tecnologie allo studio del <strong>cancro</strong><br />

Tutte le malattie hanno una componente genetica, sia ereditaria sia risultante dalla risposta del<br />

corpo agli stress ambientali. Perciò, nella valutazione clinica dei pazienti oncologici, testare gli<br />

oncogeni o le proteine che essi producono (oncoproteine) è un utile strumento supplementare<br />

per esaminare parametri fisici come la dimensione del tumore primitivo, la stadiazione della<br />

malattia alla diagnosi e il grado di coinvolgimento linfonodale. L’analisi dei fattori coinvolti<br />

nella patogenesi del <strong>cancro</strong> viene effettuata tipicamente servendosi del tessuto tumorale o del<br />

siero. Per esempio, markers tumorali come il CA-125 e il CA 15-3 sono molecole che possono<br />

essere di ausilio per la diagnosi o per il monitoraggio della terapia, rispettivamente del tumore<br />

dell’ovaio e della mammella. I markers tumorali vengono spesso rilasciati nel flusso sanguigno<br />

da alcuni tipi di tumore e sono quindi misurabili nel siero.<br />

Il valore clinico dei markers biologici è oggetto di indagine da molti anni. Per esempio, è ben<br />

stabilito il ruolo del recettore dell’estrogeno (ER) e del recettore del progesterone (PgR) nella<br />

valutazione della prognosi e della risposta alla terapia nel tumore della mammella,<br />

dell’antigene specifico prostatico (PSA) nel monitoraggio del tumore della prostata e del<br />

cromosoma di Filadelfia come marker specifico della leucemia mieloide cronica. Più<br />

recentemente, il valore di markers come l’HER2 è diventato il punto focale di indagini intensive.<br />

Infatti, come discusso nel Modulo 6, l’amplificazione dell’HER2 è la prima anormalita’ tumoreassociata,<br />

cui è stato riconosciuto un ruolo nella patogenesi e nella prognosi del <strong>cancro</strong>, ad<br />

essere utilizzata con successo come bersaglio per la terapia. Ciò indica l’importanza crescente<br />

della possibilita’ di testare accuratamente le anormalita’ tumore-associate per ottimizzare le<br />

cure offerte al paziente.<br />

5<br />

. . . la transfezione<br />

è una tecnica<br />

utilizzata per<br />

distribuire<br />

molecole estranee<br />

come il DNA<br />

all’interno delle<br />

cellule.<br />

l’amplificazione<br />

dell’HER2 è la<br />

prima anormalita’<br />

tumore-associata,<br />

cui è stato<br />

riconosciuto un<br />

ruolo nella<br />

patogenesi e nella<br />

prognosi del<br />

<strong>cancro</strong>, ad essere<br />

utilizzata con<br />

successo come<br />

bersaglio per la<br />

terapia.<br />

5.11


5<br />

La precisa<br />

specificita’<br />

antigenica degli<br />

anticorpi li rende<br />

strumenti di<br />

grande interesse<br />

per la ricerca e<br />

infatti molti<br />

approcci recenti<br />

utilizzano proprio<br />

gli anticorpi.<br />

L’IHC è un<br />

procedimento<br />

relativamente<br />

semplice che<br />

utilizza molti<br />

reagenti e fissanti<br />

comuni . . .<br />

5.12<br />

Il patologo utilizza molte tecniche specializzate per testare i fattori associati con lo sviluppo del<br />

<strong>cancro</strong>. Questi test diagnostici comprendono l’analisi del gene pertinente (DNA o RNA) o della<br />

proteina prodotta dal DNA.<br />

Gli anticorpi come strumenti della biologia molecolare e della<br />

biochimica<br />

La precisa specificita’ antigenica degli anticorpi li rende strumenti di grande interesse per la<br />

ricerca e infatti molti approcci recenti utilizzano proprio gli anticorpi. Marcati con tinte<br />

fluorescenti, hanno un valore inestimabile per localizzare con il microscopio a fluorescenza<br />

molecole specifiche all’interno delle cellule. Gli anticorpi possono anche essere utilizzati per<br />

rilevare e quantificare molecole negli estratti cellulari e per identificare specifiche proteine dopo<br />

che queste siano state separate con l’elettroforesi in un gel poliacrilamidico.<br />

La sensibilita’ degli anticorpi come sonda per il rilevamento di molecole specifiche in cellule e<br />

tessuti viene frequentemente intensificata con il metodo dell’amplificazione di segnale. Si tratta<br />

di un procedimento in cui due anticorpi sono utilizzati per scoprire un antigene. L’anticorpo<br />

principale si lega all’antigene. Piuttosto che attaccare un marker come una tinta fluorescente<br />

all’anticorpo principale per mostrare la presenza dell’antigene, viene utilizzato un secondo<br />

anticorpo che ha una molecola marker e che riconosce l’anticorpo principale legato<br />

all’antigene. Sono disponibili molti sistemi che utilizzano differenti tipi di molecole marker. Per<br />

esempio, come molecola marker può essere utilizzato un enzima. Si tratta di un sistema molto<br />

sensibile che permette di rilevare anche piccole quantità di antigene.<br />

Immunoistochimica<br />

Come suggerisce il suo stesso nome, l’immunoistochimica (IHC) è una tecnica che riguarda<br />

anticorpi, tessuti e chimica. Questo approccio può essere utilizzato per analizzare il livello di<br />

espressione delle proteine` in un tessuto.<br />

L’IHC è un procedimento relativamente semplice che utilizza molti reagenti e fissanti comuni e<br />

può essere applicata su tessuti freschi, congelati o d’archivio. La tecnica utilizza un anticorpo<br />

che è specifico per un particolare antigene, per esempio l’HER2. Un gran numero di anticorpi<br />

di origine murina è stato prodotto per il test dell’IHC, con l’obiettivo di identificare l’anticorpo<br />

che più accuratamente discrimina tra pazienti che possiedono o meno un particolare antigene.<br />

L’anticorpo è marcato con un marker che può essere fluorescente, o radioattivo o un enzima<br />

come la perossidasi. Nell’ultimo caso, la sezione di tessuto, che di solito è fissato in paraffina,<br />

è incubato con l’anticorpo pertinente marcato con perossidasi. L’anticorpo specifico localizza<br />

l’antigene e lo lega nella sezione tumorale. Il campione viene poi fatto reagire con un un<br />

prodotto chimico (diaminobenzidine [DAB]) in presenza di idrogeno perossidasi per fornire un<br />

deposito opaco che può essere visualizzato microscopicamente (metodo DAB). In alternativa,<br />

può essere utilizzato il metodo perossidasi-antiperossidasi (PAP). Il risultato finale è una sezione<br />

di tessuto che mostra cellule colorate e non colorate.<br />

L’interpretazione dei vetrini colorati per mezzo dell’IHC è spesso qualitativa, poiche’ dipende<br />

dalla percentuale di cellule che si colorano positivamente per l’antigene bersaglio e<br />

dall’intensita’ della colorazione, e può essere soggetta a differenze tra osservatori. Per<br />

esempio, un test comunemente usato per la sovraespressione dell’HER2 nel tumore della<br />

mammella (DAKO HercepTest ® ) impiega un sistema di punteggio 0-3+ nel quale 0 e 1+<br />

definiscono sezioni che sono fondamentalmente non colorate o contengono una piccola<br />

percentuale di cellule che sono debolmente colorate, e 3+ quelle in cui la maggioranza delle<br />

cellule sono fortemente colorate (Figura 5.5). Ma il punteggio di sezioni 2+ differisce a<br />

seconda dei diversi patologi e laboratori a causa della natura soggettiva del sistema di<br />

punteggio.


I sistemi automatizzati di imaging cellulare (ACIS) costituiscono un apporto molto recente alle<br />

tecnologie disponibili per i test oncologici, e sono progettati per abolire l’errore associato con<br />

l’interpretazione manuale delle colorazioni. ACIS associa software di immagine basati sul<br />

colore con la tecnologia della microscopia robotica automatizzata e viene considerato come<br />

un approccio piu’ accurato del punteggio qualitativo.<br />

0<br />

2+<br />

IHC Images courtesy of MJ Kornstein, MD, Medical College of Virginia<br />

Figura 5.5. Esempi di membrana cellulare colorata per l’HER2 utilizzando l’IHC, e i punteggi<br />

assegnati.<br />

ELISA<br />

La tecnica ELISA (enzyme-linked immunosorbent assay) è utile per tessuti omogenati (“ground-up<br />

tissue”) e siero. Come per l’IHC, questo metodo di indagine impiega anticorpi e un enzima<br />

quantificabile per la rilevazione di proteine. Il vantaggio di ELISA è che i campioni di sangue<br />

possono essere esaminati più frequentemente rispetto ai campioni tessutali tumorali.<br />

Comunque, la relazione tra i livelli sierici dei markers tumore-specifici quali l’HER2 e i livelli<br />

nelle cellule tumorali è attualmente controversa. Sembra probabile che possa esserci una più<br />

stretta relazione tra i livelli sierici e la massa tumorale che non tra i livelli sierici e l’espressione<br />

di un marker tumorale. Perciò’, il test ELISA e’ utile correntemente per misurare i livelli di<br />

markers come il PSA che sono usati per monitorare il decorso della malattia piuttosto che per<br />

l’identificazione di tumori che producono alti livelli di markers.<br />

Ibridizzazione in-situ<br />

L’ibridizzazione in-situ (ISH) è una tecnica usata per identificare specifiche sequenze di acido<br />

nucleico in tessuti, cellule o cromosomi isolati dalle cellule. L’analisi è resa specifica dall’utilizzo<br />

di sonde ad acido nucleico che hanno un’unica sequenza di nucleotidi che gli permette di<br />

legarsi specificamente (o ibridizzarsi) con le sequenze complementari di nucleotidi del DNA o<br />

RNA dei campioni. La sonda contiene un colorante che può essere usato per localizzare la<br />

presenza dell’acido nucleico bersaglio. La localizzazione ISH viene raggiunta comunemente<br />

con l’utilizzo di markers fluorescenti (ibridizzazione in-situ a fluorescenza [FISH]) e un<br />

microscopio a fluorescenza, o con markers cromogenici (produttori di colore) (ibridizzazione<br />

in-situ cromogenica [CISH]) e un microscopio a campi luminosi. I risultati dell’ISH possono<br />

essere utilizzati per determinare la presenza o assenza di un gene, l’amplificazione di un gene<br />

o il riarrangiamento di cromosomi (traslocazione). Perciò, si tratta di una tecnica estremamente<br />

valida per la diagnosi dei geni tumorali (oncogeni).<br />

1+<br />

3+<br />

5<br />

Il vantaggio di<br />

ELISA è che i<br />

campioni di<br />

sangue possono<br />

essere esaminati<br />

più frequentemente<br />

rispetto ai<br />

campioni tessutali<br />

tumorali.<br />

5.13


5<br />

Generalmente la<br />

FISH è una tecnica<br />

di analisi specifica<br />

e sensibile che può<br />

identificare<br />

accuratamente e in<br />

modo affidabile<br />

tumori che<br />

mostrano<br />

particolari<br />

anormalita’<br />

genetiche.<br />

5.14<br />

FISH<br />

La FISH usa un marker fluorescente attaccato ad una sonda che ibridizza (lega) il gene<br />

appropriato. Un microscopio a fluorescenza viene usato per identificare la localizzazione del<br />

gene e per quantificare il numero di copie presenti. Se differenti markers colorati a<br />

fluorescenza e due o più sonde vengono utilizzati contemporaneamente, i differenti segnali di<br />

ibridizzazione possono essere identificati in base ai loro colori distintivi. Questa tecnica è utile<br />

per confrontare una grande quantità di bersagli differenti in una cellula, per esempio il numero<br />

di geni e il numero di cromosomi contenenti il gene. Per esempio, approssimativamente il 20%<br />

dei tumori della mammella presenta copie multiple del gene HER2 (amplificazione) (Figura<br />

5.6). Tuttavia, altre cellule del tumore della mammella contengono copie multiple del<br />

cromosoma 17 (aneuploidia), sul quale è situato il gene HER2, e ogni cromosoma ha una<br />

copia del gene. Gli effetti fisiologici dell’amplificazione e dell’aneuploidia appaiono differenti,<br />

Figura 5.6. Test per amplificazione genica con l’utilizzo della FISH.<br />

e queste caratteristiche devono poter essere differenziate. Pertanto, vengono usate sonde che<br />

portano markers fluorescenti rossi e grigi che permettono di stimare il rapporto dei geni HER2<br />

rispetto al cromosoma 17 e di identificare l’amplificazione del gene HER2. La FISH viene<br />

utilizzata anche nell’identificazione di anormalita’ cromosomiche in una grande varieta’ di<br />

tumori ematologici e solidi, con la rilevazione di markers tra cui il cromosoma Filadelfia e la<br />

fusione bcr-abl nella leucemia.<br />

Generalmente la FISH è una tecnica di analisi specifica e sensibile che può identificare<br />

accuratamente e in modo affidabile tumori che mostrano particolari anormalita’ genetiche.<br />

Inoltre, l’interpretazione dei risultati è oggettiva e quantitativa. Tuttavia, essa richiede l’uso di<br />

speciali dispositivi che non sono largamente disponibili nei laboratori di patologia, e ciò limita<br />

il suo utilizzo.<br />

Reazione polimerica a catena<br />

La reazione polimerica a catena (PCR) è un processo che utilizza un enzima polimerasi<br />

specializzato per sintetizzare un filamento complementare di un filamento dato di DNA, in una<br />

miscela contenente le quattro basi del DNA e due frammenti di DNA chiamati primers. La PCR<br />

implica la copia ripetuta moltissime volte di un frammento specifico di DNA con l’utilizzo di un


enzima chiamato DNA polimerasi. Questo processo realizza l’amplificazione selettiva di una<br />

regione scelta della molecola di DNA.<br />

Tipicamente, il DNA preso da una cellula è miscelato con piccoli frammenti di DNA (lunghi<br />

circa 20 basi) chiamati primers, la cui sequenza di DNA si affianca alla sequenza bersaglio. I<br />

primers ibridizzano il DNA desiderato in una miscela per permettere all’enzima di sintetizzare<br />

il segmento di DNA di interesse. L’enzima DNA polimerasi utilizzato per questo processo è<br />

generalmente l’enzima DNA polimerasi I che deriva da un batterio che vive nelle sorgenti<br />

calde, chiamato Taq polimerasi. A causa della sua origine questo batterio agisce ad alte<br />

temperature. La miscela PCR viene riscaldata per separare i filamenti del DNA a doppio<br />

filamento contenente la sequenza bersaglio. Poi viene raffreddata per permettere ai primers di<br />

trovare le loro sequenze complementari sui filamenti separati e di legarvisi e alla polimerasi di<br />

estendere i primers nei nuovi filamenti complementari (Figura 5.7). Ripetuti cicli di<br />

riscaldamento e raffreddamento moltiplicano esponenzialmente il DNA bersaglio, poiche’ ogni<br />

nuovo doppio filamento si separa per diventare due template per le sintesi ulteriori. In un’ora<br />

circa, 20 cicli di PCR possono amplificare il bersaglio fino a un milione di volte. Al termine del<br />

processo è consuetudine analizzare i prodotti della PCR utilizzando l’elettroforesi con gel<br />

agarose e la colorazione del DNA prodotto. In alternativa, il prodotto della PCR può essere<br />

inserito in un vettore plasmide o batteriofago per la clonazione e l’ulteriore valutazione.<br />

Secondo ciclo<br />

Primo ciclo<br />

La miscela di reazione contiene la sequenza<br />

di DNA bersaglio che deve essere amplificata,<br />

due primeri (P1, P2) e la Taq polimerasi<br />

termo-stabile<br />

La miscela di reazione e riscaldata<br />

a 95˚C per denaturare il DNA<br />

bersaglio. Il successivo<br />

raffreddamento a 37˚C permette ai<br />

primeri di ibridizzare la sequenza<br />

complementare nel DNA bersaglio<br />

Quando riscaldata a 72˚ la Taq<br />

polimerasi produce filmenti<br />

complementari dai primeri<br />

Il primo ciclo di sintesi fornisce<br />

come risultato due copie della<br />

sequenza del DNA bersaglio<br />

Denaturazione<br />

del DNA<br />

Ibridizzazione<br />

dei primeri<br />

Estensione dei<br />

nuovi filamenti<br />

di DNA<br />

Il secondo ciclo di<br />

sintesi fornisce come<br />

risultato quattro copie della<br />

sequenza del DNA bersaglio<br />

Ulteriore ciclo<br />

Fig. 5.7 Supervisione dei processi PCR.<br />

P1<br />

DNA bersaglio<br />

Taq<br />

P2<br />

5<br />

5.15


5<br />

. . . genomica<br />

funzionale.<br />

. . . la disciplina<br />

che ha l’obiettivo<br />

di ottenere<br />

un’immagine<br />

globale della<br />

funzione del<br />

genoma, inclusi i<br />

profili di<br />

espressione a<br />

livello dell’mRNA e<br />

a livello proteico.<br />

Il Progetto<br />

Genoma Umano è<br />

uno studio<br />

internazionale<br />

della durata di 13<br />

anni cominciato<br />

nel 1990<br />

5.16<br />

Una caratteristica importante della PCR è che è altamente sensibile. Purché i primers siano<br />

ottimali, la PCR può rilevare minuscole quantità di DNA bersaglio. Questa caratteristica rende<br />

la PCR una tecnica estremamente utile nella diagnostica. La PCR può essere anche utilizzata<br />

per amplificare l’RNA se è prima convertito in cDNA a singolo filamento utilizzando l’enzima<br />

trascrittasi inversa. Questa procedura è chiamata PCR a trascrittasi-inversa (RT-PCR). La più<br />

importante applicazione della RT-PCR è l’analisi dei livelli di espressione del gene.<br />

Funzionalita’ del genoma<br />

Fino a tempi relativamente recenti, gli studi sulla funzione dei geni erano effettuati su piccola<br />

scala e in un contesto limitato. Per esempio, in un’unica volta veniva studiato un singolo gene o<br />

percorso. Con i significativi progressi ottenuti nella ricerca e nella strumentazione, il metodo<br />

per lo studio della funzione genica si è evoluto rapidamente in quella che è chiamata<br />

genomica funzionale. Si tratta della disciplina che ha l’obiettivo di ottenere un’immagine<br />

globale della funzione del genoma, inclusi i profili di espressione a livello dell’mRNA e a livello<br />

proteico. La genomica funzionale richiede conoscenze di genomica strutturale, di ordinamento<br />

(mapping) e di sequenziamento dei geni. Comprendere come funzionano i geni richiede inoltre<br />

l’analisi della struttura tridimensionale delle proteine per le quali i geni codificano. (Figura 5.8.)<br />

Gene Proteina<br />

Funzione<br />

Figura 5.8. Per comprendere la funzione del gene.<br />

Struttura<br />

L’obiettivo principale della genomica funzionale è portare nuove tecnologie a supporto dello<br />

studio dell’espressione genica su larga scala e con grande volume di dati. Ciò dovrebbe<br />

fornire ai biologi una comprensione nuova, vasta ed olistica di sistemi complessi, e diminuire la<br />

distanza esistente tra sequenza e funzione. I dati sulla sequenza del DNA si stanno<br />

accumulando a velocita’ fenomenale con l’obiettivo di fornire un’accurata sequenza completa<br />

del genoma umano entro il 2002.<br />

Come discusso nel Modulo 7 ci si aspetta che la proteonimica segua la genomica funzionale. Il<br />

termine proteoma si riferisce al set completo di proteine espresse dal genoma e poi modificate.<br />

Studiando le proteine su scala globale, i biologi sperano di scoprire di più sulle cause<br />

fondamentali di molti disturbi e sulle potenziali terapie che non decifrando le coppie di basi dei<br />

geni.


Il Progetto Genoma Umano<br />

Il Progetto Genoma Umano (HGP, già HuGO) è uno studio internazionale della durata di 13<br />

anni cominciato nel 1990 con lo scopo di identificare tutti i geni umani. Una meta primaria<br />

dell’HGP è di fare una serie di diagrammi ordinati (mappe) di ogni cromosoma umano a<br />

risoluzione sempre più fine. Il primo stadio del progetto è completato e il prossimo passo,<br />

quello di determinare la sequenza di basi di ognuno dei frammenti di DNA ordinati, è<br />

attualmente in corso. Tuttavia, basandosi sulla bozza di lavoro relativa alla sequenza di basi, è<br />

gia noto che il genoma contiene 30.000-35.000 geni. Questo sforzo costituirà una vastissima<br />

fonte di informazioni per lo sviluppo di strumenti da utilizzare nello studio della biologia<br />

umana e nella medicina. Studi paralleli sono stati effettuati su organismi modello come il<br />

batterio E. coli selezionati per fornire le informazioni comparative necessarie per capire il<br />

funzionamento del genoma umano. Questo processo è detto genomica comparativa.<br />

Ci si attende che le informazioni generate dall’HGP costituiscano la base essenziale della<br />

scienza biomedica del 21esimo secolo e saranno di immenso beneficio per la medicina.<br />

Poiche’ gestire questa grande massa di dati comporta l’uso estensivo del computer, lo sviluppo<br />

di un database è il focus principale dell’ HGP.<br />

Bioinformatica<br />

Bioinformatica è il nome dato al processo usato per trattare ed interpretare dati sui geni e le<br />

proteine, come quelli che emergono dall’HGP. Con il sequenziamento di una grande quantità<br />

di genomi, è diventato chiaro che decifrare le informazioni in queste sequenze è una sfida<br />

enorme.<br />

I recenti progressi della genomica hanno fornito l’opportunità di estendere la gamma di<br />

potenziali farmaci antitumorali. La farmacogenomica utilizza tecniche genetiche su larga scala<br />

per lo sviluppo di farmaci. Diversi metodi vengono usati nella ricerca sul genoma umano allo<br />

scopo di identificare le relazioni esistenti tra modificazioni genetiche e farmaci efficaci e sicuri.<br />

Ci si aspetta che questo approccio porti alla scoperta di nuovi bersagli terapeutici per la<br />

terapia biologica del <strong>cancro</strong>.<br />

Sommario: le applicazioni di queste conoscenze<br />

La conoscenza dei meccanismi di funzionamento e di integrazione tra le differenti molecole in<br />

una cellula rende possibile lo sviluppo di terapie per la cura delle malattie e di tutte le<br />

condizioni in cui i processi cellulari sono malfunzionanti. Un gran numero di importanti<br />

progressi tecnologici ha reso possibile lo sviluppo di terapie <strong>biologiche</strong> antitumorali. Tra<br />

queste, una strategia chiamata tecnica del DNA ricombinante ha rivoluzionato il modo in cui i<br />

ricercatori studiano le cellule e i loro processi biologici. La tecnica del DNA ricombinante<br />

comprende un set di tecniche che rende possibile lo studio e, molto importante, la<br />

manipolazione della struttura e della funzione del DNA cellulare. La clonazione genetica è la<br />

pietra angolare di questa tecnologia. Questo processo utilizza un vettore per amplificare il<br />

DNA bersaglio all’interno di cellule ospiti quali batteri, virus o lieviti. Plasmidi e virus sono<br />

vettori comuni. In seguito all’introduzione all’interno di cellule ospiti adatte, i frammenti di DNA<br />

possono essere riprodotti insieme con il DNA della cellula ospite. L’ingegneria genetica<br />

comporta la clonazione del gene per la proteina di interesse e il suo inserimento all’interno di<br />

una speciale porzione di DNA ad alta replicazione chiamata vettore di espressione, che<br />

produce una grande quantità di una proteina o ogni altra molecola. Questo approccio è utile<br />

per la produzione di nuove proteine come gli anticorpi monoclonali umanizzati.<br />

5<br />

Bioinformatica è il<br />

nome dato al<br />

processo usato per<br />

trattare ed<br />

interpretare dati<br />

sui geni e le<br />

proteine, come<br />

quelli che<br />

emergono<br />

dall’HGP.<br />

. . . una strategia<br />

chiamata tecnica<br />

del DNA<br />

ricombinante ha<br />

rivoluzionato il<br />

modo in cui i<br />

ricercatori<br />

studiano le cellule<br />

e i loro processi<br />

biologici.<br />

5.17


5<br />

L’interesse<br />

pubblico nei<br />

progressi della<br />

genetica, associato<br />

all’esplosione di<br />

informazioni<br />

fornite dall’HGP,<br />

porra’ il medico e<br />

gli infermieri in un<br />

ruolo centrale per<br />

comunicare queste<br />

scoperte ai<br />

pazienti.<br />

5.18<br />

Le cellule possono essere cresciute e manipolate in un ambiente artificiale grazie ad una<br />

tecnica chiamata coltura cellulare. Il DNA ricombinante può essere introdotto all’interno delle<br />

cellule con un processo chiamato transfezione. Ciò consente la produzione in grande quantità<br />

di una particolare molecola.<br />

Anche i test diagnostici delle modificazioni genetiche che causano i tumori hanno registrato<br />

significativi progressi tecnologici. Diversi approcci sono disponibili per esaminare le<br />

aberrazioni geniche o proteiche utilizzando tessuti tumorali o siero. Un patologo impiega un<br />

gran numero di tecniche specializzate per testare i fattori associati al <strong>cancro</strong>. Questi test<br />

diagnostici comportano tipicamente l’analisi del gene di interesse (DNA o RNA) o della<br />

proteina prodotta dal DNA. Per esempio, nel caso dell’HER2, è possibile esaminare sia il<br />

numero di copie del gene HER2 (amplificazione) sia la sovraproduzione della proteina HER2<br />

(sovraespressione). I principali tipi di test correntemente usati sono l’IHC e il FISH. La PCR è un<br />

altro utile strumento diagnostico.<br />

Grazie ai significativi progressi nella ricerca e nella strumentazione, il metodo di studio della<br />

funzione genica si è rapidamente evoluto in quella che è chiamata genomica funzionale. Si<br />

tratta dello studio che consente di ottenere una visione d’insieme della funzione del genoma,<br />

che include i profili di espressione a livello dell’mRNA e a livello proteico. La genomica<br />

funzionale richiede conoscenze di genomica strutturale, di ordinamento (mapping) e di<br />

sequenziamento dei geni. La genomica funzionale ha l’obiettivo di fornire nuove tecnologie per<br />

portare avanti lo studio dell’espressione genica su larga scala e con grande volume di dati.<br />

L’HGP è un progetto internazionale che ha il fine ultimo di scoprire tutti i geni della sequenza<br />

del DNA e di sviluppare strumenti per utilizzare queste informazioni nello studio della biologia<br />

umana e della medicina. Il Progetto sta generando una grandissima quantità di dati.<br />

Bioinformatica è il nome dato al procedimento utilizzato per elaborare e interpretare i dati su<br />

geni e proteine, come quelli che emergono dall’HPG.<br />

Le ricerche nel campo della biologia molecolare e della genetica sono sempre più importanti<br />

per la diagnosi e la terapia delle malattie umane. Affiche’ i pazienti possano trarre beneficio<br />

delle conoscenze che queste tecnologie forniscono è importante che coloro che li curano<br />

includano la medicina genetica nella pratica clinica, più di ogni altro aspetto della medicina. Il<br />

rapido progresso nello sviluppo di terapie <strong>biologiche</strong>, che è un diretto risultato della nostra<br />

accresciuta comprensione della biologia molecolare, sia delle cellule normali che di quelle<br />

tumorali, significa che la cura del paziente con l’utilizzo di queste terapie diventera’ sempre<br />

più importante. L’interesse pubblico nei progressi della genetica, associato all’esplosione di<br />

informazioni fornite dall’HGP, porra’ il medico e gli infermieri in un ruolo centrale per<br />

comunicare queste scoperte ai pazienti.


Questionario di auto valutazione<br />

1. Per l’analisi e la manipolazione del DNA vengono utilizzati enzimi e tecniche differenti.<br />

Scegli dall’elenco qui riportato l’enzima o la tecnica più appropriata per le attività elencate<br />

di seguito:<br />

Sequenziamento del DNA Gel elettroforesi<br />

Ligasi Ibridizzazione dell’acido nucleico<br />

Polimerasi<br />

Trascrittasi inversa<br />

Enzima di restrizione<br />

Sintetizza il DNA<br />

………………………………………………………………………………….............................<br />

Forma il DNA complementare (cDNA) dall’RNA messaggero (mRNA)<br />

.…………………………………………………………………………………............................<br />

Taglia o scinde il DNA in frammenti per l’analisi<br />

.…………………………………………………………………………………............................<br />

Unisce frammenti di DNA<br />

………………………………………………………………………………….............................<br />

Separa frammenti di DNA in base alla loro dimensione<br />

………………………………………………………………………………….............................<br />

Stabilisce l’esatta sequenza delle coppie di basi in un frammento di DNA<br />

………………………………………………………………………………….............................<br />

Consente la precisa localizzazione di DNA o RNA con l’utilizzo di una sonda<br />

………………………………………………………………………………….............................<br />

2. La clonazione genica ha un ruolo centrale tra le molte tecniche utilizzate per analizzare e<br />

comprendere i geni e le loro funzioni. Descrivi a grandi linee le fasi essenziali della<br />

clonazione del DNA.<br />

3. In alcuni casi, molti frammenti di DNA vengono clonati nello stesso momento per formare<br />

una libreria di cloni. Come può essere identificato il clone contenente il frammento di DNA<br />

di interesse inserito?<br />

4. La possibilita’ di produrre ogni proteina in grandi quantità è il maggior vantaggio offerto<br />

dall’ingegneria genetica. Delinea alcune delle implicazioni terapeutiche dell’ingegneria<br />

genetica, in particolare in relazione alla cura del <strong>cancro</strong>.<br />

Gene Proteina<br />

Funzione<br />

5. Di seguito è riportato un diagramma schematico degli obiettivi della genomica funzionale.<br />

Descivi a parole cosa rappresenta il diagramma e indica quali ruoli potrebbero giocare in<br />

questo processo il Progetto Genoma Umano e la bioinformatica.<br />

Le risposte a queste domande sono a pagina 8.8<br />

Struttura<br />

5<br />

5.19


Introduzione<br />

Modulo 6. Spiegazione delle terapie <strong>biologiche</strong><br />

I moduli precedenti hanno fornito le conoscenze relative alle fasi di sviluppo del tumore e alla<br />

reazione del sistema immunitario alle sollecitazioni. Sono anche stati descritti i progressi<br />

tecnologici che hanno consentito a queste conoscenze di essere sfruttate ai fini della ricerca.<br />

Sono i progressi che hanno portato al riconoscimento che gli approcci biologici hanno grandi<br />

potenzialita’ terapeutiche. Questo modulo tratta dei diversi tipi di agenti biologici che sono<br />

stati studiati quali terapie antitumorali. Questi includono:<br />

● Citochine<br />

● anticorpi<br />

● terapia genica<br />

● vaccini.<br />

Sono considerati in dettaglio alcuni agenti biologici rappresentativi (fattore di stimolazione<br />

delle colonie granulocitarie [G-CSF, filgrastim], interleuchina-2 ricombinante [IL-2] e Herceptin ® ).<br />

Questi agenti sono utilizzati per illustrare le differenze tra agenti non specifici che sono stati a<br />

lungo utilizzati come supporto alle terapie antitumorali, per es. filgrastim, e agenti specifici per<br />

un particolare tipo di tumore che stanno rivoluzionando la cura del <strong>cancro</strong>, per es. Herceptin ® .<br />

6<br />

6.1


6<br />

6.2<br />

Questionario di auto valutazione<br />

1. Indica due motivi per cui si stanno sviluppando e utilizzando approcci biologici per la cura<br />

del <strong>cancro</strong>, specificando i loro vantaggi potenziali rispetto alle terapie convenzionali.<br />

2. Identifica, nella tavola seguente, quale terapia biologica produce gli effetti da A a G di cui<br />

sotto. Il primo caso, relativo alla terapia con citochine, è già completato per essere di<br />

esempio.<br />

Terapia Effetti<br />

Terapia con citochine A, E, F, G<br />

Terapia anticorpale<br />

Vaccini<br />

Terapia genica<br />

Terapia cellulare<br />

A. Uccide le cellule tumorali<br />

B. Interrompe o controlla il processo che permette la crescita tumorale<br />

C. Altera i modelli di crescita delle cellule tumorali<br />

D. Blocca i processi che portano alla formazione di cellule tumorali a partire da cellule<br />

normali<br />

E. Intensifica la capacità dell’organismo di riparare o sostituire le cellule normali<br />

danneggiate o distrutte da chemioterapia o da radiazioni<br />

F. Aumenta la suscettibilita’ alla distruzione delle cellule tumorali da parte del sistema<br />

immunitario<br />

G. Aumenta l’attività delle cellule T, delle cellule natural killer e dei macrofagi,<br />

promuovendo l’uccisione delle cellule tumorali.<br />

3. Spiega la differenza tra terapia biologica non mirata e terapia biologica mirata e discuti i<br />

vantaggi della specificita’ di bersaglio.<br />

4. Le citochine sono responsabili della normalita’ funzionale di diversi processi fisiologici che<br />

sono il risultato o una componente delle reazioni immunitarie. Definisci cosa sono le<br />

citochine e fornisci quattro esempi dei processi che esse influenzano.<br />

5. Spiega i motivi dell’importanza dell’umanizzazione degli anticorpi per aumentarne il<br />

potenziale terapeutico.<br />

6. Descrivi tre possibili modalita’ attraverso cui gli anticorpi monoclonali esplicano la loro<br />

attività antitumorale.<br />

7. Delinea le fasi dello sviluppo razionale di una terapia biologica, indicando i fattori che<br />

rendono un particolare marker biologico una molecola bersaglio di grande interesse<br />

terapeutico.<br />

Le risposte a queste domande sono a pagina 8.10.


Perché utilizzare le terapie <strong>biologiche</strong> per la cura del <strong>cancro</strong>?<br />

Come trattato nel Modulo 1, differenti modalità terapeutiche possono essere efficaci per la cura<br />

del <strong>cancro</strong>. Tuttavia, si tratta spesso di approcci invasivi, come la chirurgia, o associati ad una<br />

significativa tossicita’, come la chemioterapia e la radioterapia. Inoltre i vantaggi clinici di<br />

queste terapie sembrano ormai essere vicini ai loro limiti. Sono necessarie pertanto nuove<br />

modalità terapeutiche in grado di fornire vantaggi clinici supplementari con tossicita’ minore o<br />

simile. Per questo scopo sono stati studiati una grande varieta’ di composti, tra cui sostanze<br />

derivate da piante ed animali che hanno dato origine a farmaci quali il paclitaxel (derivato<br />

dall’albero del tasso). Ma le terapie <strong>biologiche</strong> sono particolarmente interessanti perché:<br />

● i meccanismi di difesa naturali dell’organismo producono risposte specifiche di fronte a<br />

stimoli specifici, per es. la risposta anticorpale allo stimolo antigenico<br />

● utilizzando terapie basate su molecole già esistenti nell’organismo si superano i problemi<br />

legati alla reazione ad entità estranee.<br />

Le terapie <strong>biologiche</strong> sono state il soggetto di ricerche intensive negli ultimi 20 anni. Il risultato<br />

è stato lo sviluppo di una gamma di approcci, alcuni dei quali già disponibili per l’utilizzo<br />

clinico.<br />

Tipi di terapie <strong>biologiche</strong><br />

Il termine “terapia biologica” è utilizzato per descrivere una vasta gamma di composti:<br />

citochine e anticorpi; molecole costruite grazie all’ingegneria genetica; e componenti cellulari<br />

del sistema immunitario. Tutti sfruttano l’abilita’ del sistema immunitario di colpire specifici<br />

processi cellulari, ma formano un diverso gruppo di strategie terapeutiche che può essere<br />

classificato come:<br />

● terapie con citochine<br />

● terapie anticorpali<br />

● vaccini<br />

● terapia genica<br />

● terapia cellulare.<br />

L’obiettivo di molte terapie <strong>biologiche</strong> è quello di promuovere la capacità del paziente stesso di<br />

distruggere le cellule tumorali, come discusso nel Modulo 4. Sostanze prodotte dall’organismo<br />

o in un laboratorio sono usate per stimolare, dirigere o reintegrare le naturali difese<br />

dell’organismo contro le malattie. Altri agenti biologici sono composti basati su molecole<br />

prodotte naturalmente dall’organismo quali gli anticorpi. Questi agenti possono essere<br />

appositamente adattati per avere come bersaglio specifiche anormalita’ delle cellule tumorali,<br />

alterare o eliminare le loro funzioni e minare la sopravvivenza cellulare. Queste terapie sono<br />

anche conosciute come immunoterapie.<br />

Le terapie <strong>biologiche</strong> possono essere usate per:<br />

● uccidere le cellule tumorali<br />

● interrompere o controllare il processo che permette la crescita tumorale<br />

● alterare i modelli di crescita delle cellule tumorali<br />

● bloccare i processi che portano alla formazione di cellule tumorali a partire da cellule<br />

normali<br />

6<br />

Sono necessarie<br />

nuove modalità<br />

terapeutiche in<br />

grado di fornire<br />

vantaggi clinici<br />

supplementari con<br />

tossicita’ minore o<br />

simile.<br />

Questi agenti<br />

possono essere<br />

appositamente<br />

adattati per avere<br />

come bersaglio<br />

specifiche<br />

anormalita’ delle<br />

cellule tumorali,<br />

alterare o<br />

eliminare le loro<br />

funzioni e minare<br />

la sopravvivenza<br />

cellulare.<br />

6.3


6<br />

. . . le citochine<br />

sono responsabili<br />

della normale<br />

funzionalita’ di<br />

diversi processi<br />

fisiologici che sono<br />

il risultato o una<br />

componente delle<br />

reazioni<br />

immunitarie . . .<br />

Molte citochine<br />

sono utilizzate<br />

come terapia di<br />

supporto per<br />

diminuire la<br />

severita’ o<br />

l’incidenza della<br />

tossicita’ correlata<br />

a chemioterapia e<br />

permettono la<br />

somministrazione<br />

della<br />

chemioterapia a<br />

dosi ottimali . . .<br />

6.4<br />

● intensificare la capacità del corpo di riparare o sostituire le cellule normali danneggiate o<br />

distrutte da chemioterapia o radiazioni<br />

● prevenire la diffusione delle cellule tumorali<br />

● aumentare la suscettibilita’ alla distruzione delle cellule tumorali da parte del sistema<br />

immunitario<br />

● aumentare l’attività delle cellule T, delle cellule natural killer e dei macrogafi, promuovendo<br />

l’uccisione delle cellule tumorali.<br />

Le diverse classi di terapie <strong>biologiche</strong> sono descritte in dettaglio di seguito..<br />

La terapia con citochine<br />

Le citochine sono proteine che, sintetizzate e rilasciate da una cellula, interagiscono coi<br />

recettori di altre cellule, generalmente per regolare la risposta immunitaria. Studi in vitro hanno<br />

dimostrato che le citochine sono responsabili della normale funzionalita’ di diversi processi<br />

fisiologici che sono il risultato o una componente delle reazioni immunitarie, quali:<br />

● febbre<br />

● ematopoiesi<br />

● sviluppo di cellule T e B normali<br />

● generazione di normali livelli di IgE<br />

● suscettibilita’ a contrarre infiammazioni<br />

● chemiotassi, cioe’ l’attrazione di cellule di un certo tipo in un particolare luogo.<br />

Molte ricerche sono focalizzate sulle potenzialita’ cliniche delle citochine a causa del largo<br />

coinvolgimento di questi agenti nella regolazione di processi clinicamente rilevanti. Si tratta di<br />

ricerche che sono state rese possibili dalla tecnologia del DNA ricombinante (vedi il<br />

Modulo 5), che ha consentito la sintesi delle citochine in laboratorio.<br />

Alcune delle citochine che sono state studiate per il loro potenziale terapeutico nella cura del<br />

<strong>cancro</strong> sono illustrate nella Tavola 6.1. Gli effetti delle diverse citochine elencate nella Tavola<br />

6.1 sono complessi. Esse sono rilasciate da molti tipi di cellule differenti, hanno effetti su molti<br />

processi cellulari e le loro interazioni modificano questi stessi effetti (Figura 6.1).<br />

Gli effetti delle citochine non sono specifici per le cellule o i fattori coinvolti nella risposta a un<br />

particolare stimolo quale un tumore. Tuttavia, il rilascio di citochine è generalmente limitato a<br />

certe sedi, dove esse stimolano una risposta locale. Inoltre, la somministrazione sistemica<br />

produce sia la risposta desiderata sia risposte indesiderate che si manifestano con effetti<br />

collaterali dovuti alla stimolazione e/o all’inibizione non selettiva.<br />

Citochine come terapia di supporto<br />

Molte citochine sono utilizzate come terapia di supporto per diminuire la severita’ o l’incidenza<br />

della tossicita’ correlata a chemioterapia e permettono la somministrazione della chemioterapia<br />

a dosi ottimali in accordo con lo schema terapeutico più efficace. In questa situazione, la<br />

terapia con citochine è utilizzata per stimolare una più rapida guarigione delle popolazioni<br />

cellulari, per es. i neutrofili, danneggiate dagli effetti esercitati dalla chemioterapia su tutte le<br />

cellule a rapida replicazione. Questo effetto è prezioso perché alcuni agenti citotossici, quali i<br />

taxani e la vinorelbina, causano neutropenia (bassa conta dei neutrofili) che rende il paziente<br />

più suscettibile alle infezioni e lo espone a un potenziale pericolo di vita. La neutropenia può<br />

essere combattuta utilizzando farmaci come il filgrastim (G-CSF ricombinante) (vedi il Caso<br />

clinico n.1). Un altro effetto avverso del trattamento con agenti chemioterapici, tra cui il<br />

cisplatino, è l’anemia. Questa può essere trattata efficacemente utilizzando l’eritropoietina


Tavola 6.1. Citochine con utilizzi terapeutici nella cura del <strong>cancro</strong>.<br />

Citochone Attività Uso nella terapia oncologica<br />

Interleukina-1 (IL-1) Mediatore principale delle Prevenzione della trombocitopenia indotta da<br />

infiammazioni chemioterapia<br />

Attività diretta quando iniettata all’interno del<br />

tumore<br />

Interleukina-2 (IL-2) Induzione della proliferazione Trattamento del melanoma maligno e del<br />

delle cellule T tumore renale<br />

Aumento ex-vivo delle cellule killer e delle<br />

cellule T tumore-infiltranti<br />

Interleukina-4 (IL-4) Attivatore della crescita delle Possibili effetti antitumorali diretti attraverso<br />

cellule B apoptosi<br />

Studiata come terapia genica per i tumori del<br />

sistema nervoso centrale (SNC)<br />

Interleukina-12 (IL-12) Promotore della proliferazione Studiata per l’attività contro il carcinoma<br />

delle cellule T citotossiche e delle renale e il melanoma<br />

cellule natural killer<br />

Interferone α Stimola la funzioni immunitaria Utilizzato per trattare il <strong>cancro</strong> del rene, il<br />

melanoma, i tumori carcinoidi e alcuni tipi di<br />

linfoma<br />

Fattore granulocita Stimola la produzione di macrofagi Prevenzione delle infezioni associate a<br />

macrofago e colonia- e neutrofili chemioterapia<br />

stimolante (GM-CSF) Permette di aumentare le dosi della<br />

(Sargramostim) chemioterapia<br />

Diminuisce la severita’ delle infezioni in<br />

pazienti neutropenici<br />

Trattamento della neutropenia febbrile<br />

della neutropenia febbrile<br />

Fattore stimolante le Stimola lo sviluppo dei neutrofili Prevenzione delle infezioni associate a<br />

colonie granulocite chemioterapia<br />

Permette di aumentare le dosi della<br />

chemioterapia<br />

Diminuisce la severita’ delle infezioni in<br />

pazienti neutropenici<br />

Trattamento<br />

Trombopoietina Stimola la maturazione dei Dimuisce l’incidenza della trombocitopenia<br />

megacariociti (bassa conta delle piastrine) durante la<br />

chemioterapia<br />

Eritropoietina Stimola la crescita delle cellule Diminuisce la necessità di trasfusioni<br />

progenitrici dei globuli rossi di sangue durante la chemioterapia<br />

(eritropoiesi)<br />

Necrosi tumorale Citotossicità e effetti sulla Utilizzo potenziale per la cura del melanoma<br />

microcircolazione tumorale e del tumore del fegato quando vengono<br />

impiegate tecniche di isolamento dell’area da<br />

trattare<br />

6<br />

6.5


6<br />

Il primo obiettivo<br />

di questi approcci<br />

in cui le citochine<br />

sono utilizzate<br />

come terapia<br />

antitumorale è<br />

quello di stimolare<br />

il sistema<br />

immunitario<br />

dell’organismo ad<br />

uccidere le cellule<br />

tumorali piuttosto<br />

che svolgere un<br />

effetto diretto sulle<br />

cellule tumorali<br />

stesse.<br />

6.6<br />

Differenti classi di cellule T-helperliberano<br />

citochine diverse come<br />

risultato di risposte regolatrici<br />

TH<br />

NK<br />

IL-4<br />

–ve TGF-α<br />

IFN-γ<br />

IFN-γ<br />

IFN-γ<br />

TH<br />

Numerose citochine TH1<br />

influenzano lo sviluppo della<br />

classi di cellule T-helper<br />

IL-12<br />

IL-4<br />

IL-13<br />

IL-10<br />

–ve<br />

Macrofagi<br />

attivati<br />

umana ricombinante (epoetina), una forma della citochina prodotta dal gene umano tranfettato<br />

in colture di cellule di mammifero.<br />

L’epoetina induce la produzione di globuli rossi stimolando la divisione e la differenziazione<br />

dei progenitori orientati nel midollo osseo. Questa terapia di supporto fornisce importanti<br />

benefici per la qualita’ di vita del paziente trattato.<br />

Terapia antitumorale con l’utilizzo di citochine<br />

TH<br />

2<br />

I macrofagi attivati stimolano le cellule B<br />

a liberare immunoglobuline attraverso la<br />

stimolazione di citochine<br />

IFN-γ<br />

Queste citochine, al contrario di quelle impiegate nella terapia di supporto, sono utilizzate<br />

come agenti antitumorali e includono l’interferone-a (IFN-α) e l’IL-2. Questi agenti costituiscono<br />

opzioni di trattamento standard per il tumore avanzato del rene e per il melanoma, ma sono<br />

stati studiati anche per la cura di una gamma di tumori diversi inclusi quelli ematologici.<br />

Il primo obiettivo di questi approcci in cui le citochine sono utilizzate come terapia antitumorale<br />

è quello di stimolare il sistema immunitario dell’organismo ad uccidere le cellule tumorali<br />

piuttosto che svolgere un effetto diretto sulle cellule tumorali stesse. La stimolazione di una<br />

risposta immunitaria antitumorale è possibile perche’ alcuni tumori sono debolmente<br />

immunogenici. Tuttavia, la risposta immunitaria stimolata dal tumore in assenza di terapia con<br />

citochine è limitata e probabilmente insufficiente per avere un qualche effetto una volta che il<br />

tumore si è sviluppato (vedi il Modulo 4). La sostituzione o l’aggiunta di citochine permette<br />

un’intensificazione della risposta immunitaria, risultante nell’attività antitumorale.<br />

Le citochine che hanno ricevuto l’approvazione per l’utilizzo come terapia antitumorale (IFN-α,<br />

IL-2) sono somministrate generalmente per via sottocutanea e hanno il vantaggio di essere<br />

potenzialmente autosomministrabili o somministrabili dal curante o da un parente. In alcuni<br />

casi, è richiesto un periodo iniziale di somministrazione endovenosa (e.v.), che rende<br />

necessaria l’ospedalizzazione.<br />

IL-12<br />

IL-12<br />

IFN-γ<br />

Block B<br />

TH<br />

TH<br />

TH<br />

B<br />

IFN-γ<br />

Macrofagi<br />

lg-che producone<br />

cellule B<br />

Le cellule T-helper vengono stimolate dal<br />

Il-12 rilasciato dai macrofagi per attivare altri<br />

macrofagi<br />

Figura 6.1. Illustrazione della complessita’ degli effetti delle citochine sui processi cellulari utilizzando<br />

l’esempio di un macrofago attivato e di cellule T helper (Th). Ciò rappresenta solo in piccola misura i<br />

possibili effetti delle citochine sul sistema immunitario.


Somministrati per via sottocutanea, gli interferoni sono utili per il trattamento del tumore del<br />

rene, del melanoma e dei tumori carcinoidi, e le interleuchine possono essere utilizzate per il<br />

trattamento del tumore del rene e del melanoma (per ulteriori informazioni sulle interleuchine,<br />

vedi più oltre: “IL-2 ricombiante: un agente biologico non mirato con attività antitumorale”). È<br />

noto che il trattamento con IFN-α produce tassi di risposta del 10–20% in pazienti con<br />

carcinoma avanzato del rene, il più comune tumore che colpisce il rene. Questo dato può<br />

essere positivamente comparato con tassi non superiori al 10% ottenuti utilizzando la<br />

chemioterapia e la terapia ormonale. Tuttavia, la sopravvivenza a lungo termine è rara<br />

(approssimativamente il 10% dei pazienti sopravvive per 3 anni o più) e la tossicita’ è<br />

significativa con il regime ad alte dosi di interferone-a regime (da 9 a 10x106U/die tre volte a<br />

settimana) necessario per produrre queste risposte. È da notare che la somiglianza tra i risultati<br />

dell’utilizzo dell’IFN-α come monoterapia e in combinazione con chemioterapia come la<br />

vinblastina significa che la terapia combinata non è indicata. Recentemente, è stato dimostrato<br />

che i benefici del trattamento con IFN-α sono dipendenti da fattori di rischio quali lo stato di<br />

performance, la storia clinica di nefrectomia e la biochimica sierica, con circa il 30% dei<br />

pazienti senza fattori di rischio che sopravvive per 3 anni.<br />

Il risultato della terapia con IFN-α è migliore nel melanoma ad alto rischio, con periodo libero<br />

da ricadute e sopravvivenza totale a 5 anni approssimativamente del 40% e del 45%<br />

rispettivamente. Per contro, sono richieste alte dosi di IFN-α (20MU/m2 /die e.v., 5 volte a<br />

settimana per 4 settimane, seguiti da 10 MU/m2 /s.c. tre volte a settimana per 11 mesi) e la<br />

tossicita’ è significativa (granulocitopenia severa in più del 45% dei pazienti, tossicita’ epatica<br />

severa nel 30%, astenia severa nel 25%). Studi relativi all’atteggiamento dei pazienti affetti da<br />

melanoma nei confronti della tossicita’ indicano che anche effetti collaterali significativi sono<br />

considerati più accettabili della recidiva di malattia. Tuttavia, la tossicita’ è il fattore che ha<br />

ostacolato l’introduzione dell’IFN-α come terapia adiuvante e ha guidato molti studi volti ad<br />

esaminare l’efficacia dei regimi a basse dosi.<br />

Come indicato sopra, la somministrazione di citochine come l’IFN-α e l’IL-2 è associata con una<br />

gamma di effetti collaterali. Ciò avviene a causa degli effetti diretti e indiretti delle citochine<br />

sulle funzioni immunitarie oltre che a causa dell’effetto specifico voluto dalla terapia. Inoltre, è<br />

stato studiato l’utilizzo di tecniche che limitano l’azione delle citochine ad un organo o tessuto:<br />

l’iniezione diretta all’interno dei tumori; l’utilizzo in siti immuno-privilegiati quali il sistema<br />

nervoso centrale (SNC); e l’uso di tecniche particolari per isolare il tumore da trattare. Tuttavia,<br />

studi intensivi non sono riusciti finora ad identificare approcci alternativi, meno tossici della<br />

terapia con citochine, ma che abbiano la stessa diretta efficacia antitumorale della terapia<br />

sistemica ad alte dosi.<br />

Riassumendo, la terapia con citochine è quella meglio sperimentata tra i vari approcci alla<br />

terapia biologica del <strong>cancro</strong>. Il suo impiego come terapia di supporto è largamente e<br />

generalmente ben tollerato, e certe citochine hanno un importante ruolo antitumorale nella<br />

gestione del tumore del rene e del melanoma.<br />

<strong>Terapie</strong> anticorpali<br />

Gli anticorpi costituiscono una importante componente del sistema immunitario che si è evoluta<br />

per il riconoscimento degli antigeni. Letteralmente milioni di anticorpi, ognuno dei quali in<br />

grado di riconoscere uno specifico antigene, possono essere prodotti dalle cellule B del sistema<br />

immunitario umano. Il riconoscimento dell’antigene da parte dell’anticorpo che ha uno<br />

specifico sito di legame per quel determinato antigene induce il legame e stimola una varieta’<br />

di risposte che comprendono:<br />

● attivazione di altre componenti del sistema immunitario<br />

6<br />

È noto che il<br />

trattamento con<br />

IFN-a produce<br />

tassi di risposta del<br />

10–20% in<br />

pazienti con<br />

carcinoma<br />

avanzato del<br />

rene . . .<br />

Letteralmente<br />

milioni di<br />

anticorpi, ognuno<br />

dei quali in grado<br />

di riconoscere uno<br />

specifico antigene,<br />

possono essere<br />

prodotti dalle<br />

cellule B del<br />

sistema<br />

immunitario<br />

umano.<br />

6.7


6<br />

Rimpiazzando le<br />

sequenze strutturali<br />

di un anticorpo<br />

monoclonale<br />

murino con<br />

sequenze umane,<br />

è possibile<br />

produrre anticorpi<br />

monoclonali che<br />

sono almeno per<br />

il 90% umani e<br />

non stimolano<br />

reazioni di<br />

neutralizzazione<br />

. . .<br />

6.8<br />

● induzione della fagocitosi, il processo per mezzo del quale il materiale estraneo viene<br />

ingerito e distrutto<br />

● stimolazione dell’immunita’ cellulo-mediata.<br />

Sviluppo di anticorpi monoclonali per uso terapeutico<br />

La capacità di utilizzare clinicamente gli anticorpi deriva dallo sviluppo della tecnologia degli<br />

ibridomi con cui vengono sviluppati da una singola cellula B di topo cloni cellulari che<br />

secernono un solo tipo di anticorpo. Questo processo è trattato in maggior dettaglio nel<br />

Modulo 5. Le applicazioni degli anticorpi monoclonali includono:<br />

● ricerca della patogenesi della malattia<br />

● diagnosi<br />

● prognosi<br />

● predizione della risposta terapeutica<br />

● terapia del <strong>cancro</strong>.<br />

L’utilizzo di anticorpi monoclonali per la cura del <strong>cancro</strong> richiedeva un progresso tecnologico<br />

ulteriore rispetto a quello richiesto per lo sviluppo degli anticorpi monoclonali. Gli anticorpi<br />

monoclonali di topo sono riconosciuti come estranei dal sistema immunitario umano. Ciò<br />

significa che essi stimolano una risposta immunitaria e vengono rapidamente neutralizzati e/o<br />

distrutti. Pertanto, per renderli clinicamente efficaci, occorre trovare un mezzo per prevenire<br />

questa risposta. La tecnologia del DNA ricombinante ha fornito la soluzione. Gli anticorpi<br />

comprendono sia sequenze strutturali sia di riconoscimento dell’antigene (vedi il Modulo 4). Le<br />

sequenze strutturali formano la maggior parte dell’anticorpo e sono simili in tutti gli anticorpi di<br />

una data specie animale, mentre le sequenze di riconoscimento dell’antigene differiscono a<br />

seconda dell’antigene riconosciuto. Rimpiazzando le sequenze strutturali di un anticorpo<br />

monoclonale murino con sequenze umane, è possibile produrre anticorpi monoclonali che sono<br />

almeno per il 90% umani e non stimolano le reazioni di neutralizzazione che si verificano in<br />

risposta agli anticorpi monoclonali murini (Figura 6.2.).<br />

Anticorpo chimerico<br />

(e.g. MabThera ®<br />

a)<br />

)<br />

b)<br />

Murine<br />

V L<br />

Umano<br />

C L<br />

V H<br />

C H<br />

CDRs innestato<br />

(e.g. Herceptin ®<br />

)<br />

Murine CDRs<br />

Struttura<br />

umana<br />

Figura 6.2. Due metodi per il superamento della risposta immunitaria agli anticorpi monoclonali: a)<br />

creazione di un anticorpo chimerico congiungendo sequenze variabili murine e sequenze umane<br />

costanti (approssimativamente per il 70% umane); b) creazione di un anticorpo umanizzato<br />

rimpiazzando tutte le sequenze murine eccetto quelle per il riconoscimento dell’antigene (regioni<br />

determinanti la complementarieta’ [CDRs]) con sequenze umane (>90% umane).


Bersagli della terapia con anticorpi monoclonali<br />

È stato studiato un certo numero di bersagli (antigeni) per la terapia con anticorpi monoclonali.<br />

Si tratta generalmente di antigeni che si sono dimostrati specifici per uno o più tipi di tumori e<br />

spesso coinvolgono la sovraproduzione di un recettore. Alcuni di questi bersagli sono descritti<br />

nella Tavola 6.2.<br />

Tavola 6.2. Esempi di bersagli della terapia antitumorale con<br />

anticorpi monoclonali.<br />

Bersaglio Tipo di tumore<br />

Recettore del fattore di crescita-2 Mammela, ovaio, colon-retto<br />

(HER2) epidermale umano<br />

Antigene carcinoembrionico (CEA) Colon-retto<br />

MUC1 Colon-retto, mammela, ovaio<br />

Gangliosidi Melanoma<br />

CD19, CD20, CD22 Linfoma non Hodgkin<br />

CD5 Leucemia-linfocitaria-cronica<br />

linfoma cutaneo a cellule-T<br />

Gli approcci utilizzati per produrre terapie basate su anticorpi diretti a questi bersagli possono<br />

essere raggruppati come segue:<br />

● approcci diretti basati su anticorpi monoclonali (anticorpi “nudi”)<br />

● anticorpi immunoconiugati, che includono immunotossine e anticorpi radio-immunoconiugati<br />

● anticorpi bispecifici.<br />

Anticorpi monoclonali<br />

L’utilizzo di anticorpi monoclonali “nudi” o non coniugati per colpire i tumori e provocare effetti<br />

diretti sulle cellule tumorali è il più semplice degli approcci anticorpo-mediati che sono stati<br />

studiati. L’efficacia di questo tipo di terapia dipende da:<br />

● selezione di un appropriato antigene bersaglio, cioe’ un antigene che è anormalmente<br />

espresso dalle cellule tumorali ma non dalle cellule normali, è presente ad alti livelli sulla<br />

superficie della cellula tumorale, è stabile (non variabile a causa del grado di mutazioni nel<br />

gene) ed è attivo nello sviluppo del tumore e/o nel suo mantenimento<br />

● anticorpo monoclonale, che deve avere un’alta affinita’ per l’antigene bersaglio e non avere<br />

effetti sui tessuti normali<br />

● tipo di tumore, che comprende l’accessibilita’ da parte dell’anticorpo.<br />

Queste caratteristiche assicurano che l’anticorpo monoclonale non colpisca o produca solo<br />

minimi effetti sulle cellule sane, ma sopprima o uccida effettivamente le cellule tumorali. Alti<br />

livelli di espressione antigenica da parte delle cellule tumorali aumentano sia la specificita’ di<br />

bersaglio dell’anticorpo sia la sua l’efficacia, mentre la stabilita’ dell’antigene assicura che il<br />

bersaglio della terapia sia sempre presente. L’alta affinita’ dell’anticorpo monoclonale per il<br />

suo bersaglio migliora anche la specificita’ tumorale.<br />

6<br />

È stato studiato un<br />

certo numero di<br />

bersagli (antigeni)<br />

per la terapia con<br />

anticorpi<br />

monoclonali.<br />

L’utilizzo di<br />

anticorpi<br />

monoclonali<br />

“nudi” o non<br />

coniugati per<br />

colpire i tumori e<br />

provocare effetti<br />

diretti sulle cellule<br />

tumorali è il più<br />

semplice degli<br />

approcci<br />

anticorpo-mediati<br />

che sono stati<br />

studiati.<br />

6.9


6<br />

La terapia con<br />

anticorpi<br />

monoclonali è<br />

diventata una<br />

realta’ clinica<br />

grazie alla<br />

capacità di<br />

produrre anticorpi<br />

chimerici o<br />

umanizzati . . .<br />

6.10<br />

Inizialmente si credeva che l’efficacia della terapia con anticorpi monoclonali fosse dovuta alla<br />

stimolazione di risposte immunitarie che comportano come risultato la morte della cellula<br />

tumorale. Ora invece si ritiene che l’attività antitumorale della terapia basata su anticorpi<br />

monoclonali si esplichi in molti modi, tra cui:<br />

● sottoregolazione del bersaglio, che porta all’alterazione di funzioni, per esempio dei<br />

recettori dei fattori di crescita<br />

● prevenzione dell’attivazione del bersaglio, per esempio dei recettori dei fattori di crescita<br />

● inibizione di percorsi intracellulari controllati dal bersaglio, per esempio segnali di<br />

stimolazione della crescita prodotti da un fattore di crescita che lega il suo recettore<br />

● induzione delle risposte immunitarie<br />

● attività antitumorale diretta per mezzo della morte cellulare programmata (apoptosi), per<br />

esempio attivazione di fattori che inducono l’apoptosi come risultato di feedback da<br />

percorsi stimolatori di crescita intracellulari.<br />

La terapia con anticorpi monoclonali è diventata una realta’ clinica grazie alla capacità di<br />

produrre anticorpi chimerici o umanizzati che mantengono la specificita’ antigenica<br />

dell’anticorpo originale murino ma che non sono neutralizzati dalla risposta immunitaria alla<br />

proteina estranea. Questo approccio si è dimostrato efficace nei trials clinici, e attualmente<br />

sono disponibili due agenti per l’uso clinico di routine:<br />

● MabThera ® , anticorpo chimerico anti-CD20 che produce risposte in approssimativamente il<br />

50% dei pazienti affetti da linfoma di Hodgkin ed è ben tollerato<br />

● Herceptin ® , anticorpo monoclonale umanizzato anti HER2 che si è dimostrato in grado di<br />

produrre un incremento della durata totale della sopravvivenza in donne con tumore della<br />

mammella metastatico con HER2 positivo (vedi le considerazioni dettagliate più oltre in<br />

questo modulo) (Figura 6.3).<br />

Entrambi questi anticorpi monoclonali hanno come bersaglio gli antigeni espressi ad alti livelli<br />

dalle cellule tumorali. Il CD20 è espresso da quasi tutte le cellule B dei linfomi, ma non dalle<br />

cellule staminali, dai primi precursori delle cellule B o da organi critici. Questa specificita’ di<br />

espressione unita alla sua localizzazione sulla membrana cellulare e all’assenza dal siero lo<br />

rendono un bersaglio ideale per la terapia con anticorpi monoclonali.<br />

Figura 6.3. Struttura rappresentativa di anticorpo monoclonale umanizzato (le sequenze murine sono<br />

mostrate in giallo).


Sebbene espresso dalla grande maggioranza delle cellule epiteliali, l’HER2 è anche espresso<br />

ad alti livelli da approssimativamente il 20% dei tumori della mammella e da una parte di altri<br />

tumori, ed ha un ruolo dimostrato nell’oncogenesi del tumore della mammella. Tutte queste<br />

caratteristiche lo rendono un bersaglio ideale per la terapia con anticorpi monoclonali.<br />

Gli effetti collaterali della terapia con anticorpi monoclonali tendono ad essere correlati alla<br />

somministrazione per via endovenosa e si verificano alla prima somministrazione. Più<br />

comunemente, il paziente sperimenta febbre e brividi (osservati in più del 40% dei pazienti),<br />

con occasionale rigor. Tuttavia, questi sintomi possono essere gestititi con un’appropriata<br />

terapia sintomatica e la riduzione della velocita’ di infusione.<br />

Anticorpi immunoconiugati<br />

Il termine immunoconiugati è usato in riferimento ad anticorpi monoclonali accoppiati a tossine<br />

o a radionuclidi per formare, rispettivamente, immunotossine o radioimmunoconiugati (Figura<br />

6.4). Entrambi questi approcci hanno l’obiettivo di distribuire una molecola che ha affetto<br />

citotossico diretto specificamente alle cellule tumorali.<br />

Antigene<br />

tumorale<br />

Milza Cellule B<br />

immortali<br />

P P<br />

Figura 6.4. Produzione di anticorpi immunoconiugati.<br />

Immunizzazione con antigene<br />

tumorale<br />

Rimozione di cellule spleniche<br />

e fusione con cellule B<br />

immortali a formare ibridomi<br />

Formazione di colonie da<br />

singole cellule di ibridoma<br />

Selezione del clone<br />

per produrre anticorpi<br />

avversi<br />

Anticorpi monoclonali<br />

Coniugazione con un<br />

radionuclide o una tossina<br />

6<br />

Gli effetti<br />

collaterali della<br />

terapia con<br />

anticorpi<br />

monoclonali<br />

tendono ad essere<br />

correlati alla<br />

somministrazione<br />

per via<br />

endovenosa e si<br />

verificano alla<br />

prima<br />

somministrazione.<br />

6.11


6<br />

Sia<br />

l’internalizzazione<br />

che l’attività<br />

citotossica sono<br />

funzioni<br />

intrinseche delle<br />

tossine utilizzate<br />

nell’immunoterapia<br />

6.12<br />

Le tossine da utilizzare nelle immunotossine devono essere citotossine, in grado cioe’ di indurre<br />

morte cellulare, che riconoscono un bersaglio cellulare ed esplicano la loro attività solo dopo<br />

essere state portate all’interno della cellula (internalizzate). Queste caratteristiche fanno si’ che<br />

la tossina provochi la morte solo delle cellule che esprimono il bersaglio e non delle cellule che<br />

non internalizzano la tossina (Figura 6.5).<br />

Tossina<br />

Tossina<br />

Le più comuni tossine di questo tipo sono di origine batterica o vegetale, tra cui il ricino o la<br />

sottounita’ A del ricino (vegetale), e l’esotossina dello pseudomonas e la tossina difterica<br />

(batterica). La coniugazione di queste tossine agli anticorpi può essere ottenuta sia<br />

chimicamente sia rimpiazzando le sequenze di legame della tossina con la porzione per il<br />

riconoscimento dell’antigene dell’anticorpo monoclonale. Quest’ultima è la tecnica che viene<br />

preferita perché produce un’immunotossina omogenea che è meno immunogenica e più attiva.<br />

Le immunotossine prodotte in questo modo si legano al bersaglio appropriato sulle cellule<br />

tumorali, sono internalizzate e solo dopo esprimono l’attività citotossica attraverso effetti sul<br />

metabolismo cellulare. Sia l’internalizzazione che l’attività citotossica sono funzioni intrinseche<br />

delle tossine utilizzate nell’immunoterapia.<br />

Gli antigeni tumore-correlati che sono stati colpiti specificamente con l’utilizzo di immunotossine<br />

comprendono:<br />

● CD5 nella “graft-versus-host disease” e nella leucemia linfocitica cronica<br />

● recettore IL-2 nelle malattie ematologiche<br />

● CD22 nel linfoma a cellule B e nella leucemia<br />

● antigene Lewis Y nel tumore del colon-retto, della mammella e altri<br />

● HER2 nel tumore della mammella<br />

Recettore<br />

● CD56 nel tumore del polmone non a piccole cellule.<br />

Ab<br />

Inibizione della<br />

sintesi proteica<br />

Morte cellulare<br />

Tossina<br />

Tossina<br />

L’immunotossina si<br />

lega al recettore sulla<br />

superficie cellulare<br />

Internalizzazione<br />

L’anticorpo è separato<br />

dalla tossina<br />

La tossina è trasportata<br />

all’interno della cellula<br />

e inibisce la sintesi<br />

proteica<br />

Assenza di sintesi<br />

proteica con risultato<br />

di morte cellulare<br />

Figura 6.5. Meccanismo di uccisione cellulare da parte dell’immunotossina.


I primi studi clinici sulle immunotossine hanno prodotto tassi di risposta, cioe’ riduzione ed<br />

eliminazione della massa tumorale, di più del 40%, sebbene tassi del 15-25% siano più<br />

comuni. Tuttavia, studi preclinici indicavano che i tassi di efficacia avrebbero potuto essere più<br />

alti. Questa discrepanza è probabilmente dovuta in parte alla mancanza di penetrazione delle<br />

grandi masse tumorali, perché le immunotossine sono grandi molecole con limiti di movimento,<br />

e mancano di specificita’ tumorale. Si noti che l’incidenza della tossicita’ immunotossinacorrelata<br />

e’ relativamente alta, circa il 60-70% dei pazienti sperimentano effetti avversi severi.<br />

La sindrome della permeabilita’ vasale, che comporta edema generalizzato e una gamma di<br />

effetti collaterali quali ipotensione e l’effusione pleurica, è il problema principale. Fino ad oggi,<br />

la tossicita’ ha ostacolato sviluppi clinici avanzati di questo approccio terapeutico. Per<br />

esempio, l’immunotossina Erb-38, che include un anticorpo monoclonale anti HER2 e<br />

l’esotossina di pseudomonas, ha causato tossicita’ epatica quando utilizzata per trattare la<br />

sovrespressione dell’HER2 nei tumori della mammella.<br />

Gli anticorpi radio-immunoconiugati rappresentano un interessante approccio terapeutico<br />

perché è noto che le radiazioni sono in grado di uccidere effettivamente le cellule. Infatti una<br />

delle sfide maggiori della radioterapia è assicurarsi che il tumore riceva dosi di radiazioni<br />

citotossiche pur risparmiando il tessuto sano. L’uso di anticorpi radioimmuno-coniugati è stato<br />

sviluppato proprio come mezzo per focalizzare la somministrazione di radiazioni ai tumori.<br />

Per la produzione di radio-immunoconiugati sono disponibili due radio-isotopi: beta emettitori<br />

come lo iodio-131 e l’ittrio-90; e alfa emettitori come l’astatina-211 e l’actinio-225. I beta<br />

emettitori producono radiazioni di bassa intensita’ su distanze relativamente lunghe, e ciò<br />

significa che essi hanno effetti potenzialmente avversi sui tessuti sani circostanti. Inoltre, il loro<br />

uso è limitato alle situazioni in cui è possibile il trapianto di midollo o dove vi è un alto peso<br />

tumorale. Per contro, gli alfa emettitori producono alte dosi di radiazioni a breve distanza.<br />

Quindi, la loro citotossicita’ è più selettiva di quella dei beta emettitori.<br />

Le applicazioni cliniche dei radio-immunoconiugati sono focalizzate sulle malattie<br />

ematologiche. Gli anticorpi monoclonali coniugati a beta emettitori anti-CD 20 sono stati<br />

largamente studiati per il trattamento del linfoma a cellule B. Sia i regimi ad alte dosi, che<br />

comportano il trapianto autologo di midollo osseo, sia i regimi a dosi più basse, hanno<br />

efficacia provata, con risposte tumorali complete nel 50% dei pazienti. Sono vicini al<br />

completamento trials di grande importanza dedicati agli anticorpi radio-immunoconiugati<br />

marcati con iodio-131 e ittrio-90 anti-CD20. Studi sull’applicazione dei radio-immunoconiugati<br />

al trattamento dei tumori solidi hanno mostrato un minor successo a causa della significativa<br />

tossicita’ e della limitata efficacia.<br />

Anticorpi bispecifici<br />

Normalmente, gli anticorpi hanno due siti di legame per lo stesso antigene. Gli anticorpi<br />

bispecifici sono nati dalla possibilita’ di utilizzare l’ingegneria genetica per progettare<br />

anticorpi con siti di legame per due differenti antigeni. I siti di legame degli anticorpi bispecifici<br />

sono specifici per l’antigene tumore-associato e per un auto-antigene su una cellula effettrice del<br />

sistema immunitario come le cellule T, le cellule natural killer, monociti e macrofagi. Questo<br />

approccio promuove un contatto diretto delle cellule immuno-effettrici con le cellule maligne. In<br />

aggiunta, il bersaglio della cellula effettrice per l’anticorpo è generalmente un recettore la cui<br />

attivazione attiva la lisi e/o la fagocitosi da parte della cellula effettrice, portando alla morte<br />

cellulare. Inoltre, le cellule effettrici rilasciano citochine che agiscono sulle cellule tumorali vicine<br />

e attraggono cellule effettrici nella sede tumorale.<br />

Un buon esempio di anticorpo bispecifico che è stato testato clinicamente è l’MDX-210, che è<br />

diretto all’HER2 e al recettore delle cellule T. Questo anticorpo ha prodotto risultati<br />

incoraggianti in studi di fase I e di fase II in donne con tumore avanzato della mammella e<br />

dell’ovaio HER2 positivo. Tuttavia, è stato utilizzato un anticorpo murino e nel corso di questi<br />

studi è stata osservata una rapida risposta immunitaria. Questa risposta ha neutralizzato<br />

6<br />

. . . l’incidenza<br />

della tossicita’<br />

immunotossinacorrelata<br />

e’<br />

relativamente alta,<br />

circa il 60-70% dei<br />

pazienti<br />

sperimentano<br />

effetti avversi<br />

severi.<br />

Le applicazioni<br />

cliniche dei radioimmunoconiugati<br />

sono focalizzate<br />

sulle malattie<br />

ematologiche.<br />

I siti di legame<br />

degli anticorpi<br />

bispecifici sono<br />

specifici per<br />

l’antigene tumoreassociato<br />

e per un<br />

auto-antigene su<br />

una cellula<br />

effettrice del<br />

sistema<br />

immunitario come<br />

le cellule T . . .<br />

6.13


6<br />

I vaccini<br />

antitumorali<br />

costituiscono un<br />

tipo di terapia<br />

biologica in cui il<br />

sistema<br />

immunitario è<br />

stimolato a<br />

riconoscere e<br />

distruggere le<br />

cellule tumorali.<br />

I vaccini da cellula<br />

intera e da lisato<br />

sono stati<br />

largamente studiati<br />

in trials clinici.<br />

6.14<br />

l’attività dell’anticorpo bispecifico.L’anticorpo umanizzato equivalente all’MDX-210, chiamato<br />

MDX-H210, è stato studiato per la sua attività nel tumore avanzato della mammella, del rene,<br />

della prostata e tumore del colon-retto. I risultati preliminari di questi studi indicano che nei casi<br />

di tumore avanzato possono essere ottenute occasionali risposte tumorali, sebbene il vantaggio<br />

più comune della terapia finora osservato sia la stabilita’ della malattia in più del 45% dei<br />

pazienti.<br />

Vaccini<br />

I vaccini antitumorali costituiscono un tipo di terapia biologica in cui il sistema immunitario è<br />

stimolato a riconoscere e distruggere le cellule tumorali. A differenza dei vaccini per le malattie<br />

infettive, che sono somministrati come misura preventiva per allertare il sistema immunitario e<br />

renderlo più pronto a rispondere al virus o al batterio specifico, i vaccini antitumorali sono<br />

realizzati per essere somministrati dopo che la malattia sia stata diagnosticata.<br />

I principali bersagli dei vaccini antitumorali sono:<br />

● antigeni tumore-specifici, cioe’ forme mutanti di proteine di cellule normali o proteine<br />

anormalmente espresse<br />

● antigeni di differenziazione, che sono utilizzati per l’immunizzazione antitumorale perché<br />

stimolano la risposta delle cellule T<br />

● antigeni virali. Questo approccio si basa sul fatto che il 15-20% dei tumori sono virus-indotti<br />

e che questi tumori esprimono almeno alcune delle proteine virali sulla superficie cellulare.<br />

Gli esempi comprendono la proteina EBNA-1 del virus Epstein-Barr e gli antigeni core e di<br />

superficie dell’epatite B<br />

● oncogeni come il p53<br />

● antigeni dei carboidrati come gangliosidi e mucine sono espessi ad alti livelli dalle cellule<br />

tumorali ed inducono una potente risposta immunitaria. Il loro ruolo nelle interazioni cellulari<br />

li rende un bersaglio potenzialmente utile.<br />

Le diverse forme di vaccini antitumorali che sono state state studiate sono descritte più sotto.<br />

Lisati di cellula tumorale e cellule intere<br />

I lisati di cellula tumorale (estratti) e le cellule intere, per esempio di tumore della mammella,<br />

leucemia e melanoma, vengono ricavati o da cellule tumorali prelevate al paziente per essere<br />

trattate opportunamente o da cellule tumorali prelevate a pazienti con tumori simili. Sia<br />

l’approccio con lisato di cellule tumorali (estratto) sia quello con cellula intera danno luogo a<br />

risposte a livello delle citochine e delle cellule T che dovrebbero promuovere l’uccisione del<br />

tumore (Figura 6.6). Il secondo approccio è ora il più interessante a causa del complesso<br />

processo relativo allo sviluppo di questi vaccini, che comporta la possibilita’ di ottenere cellule<br />

tumorali nella fase precoce della malattia e identiche cellule clonate per produrre una fonte<br />

consistente di cellule tumorali. Inoltre, la precisa caratterizzazione tumorale è essenziale per<br />

assicurare gli alti livelli di antigeni tumore-associati necessari per stimolare la risposta<br />

immunitaria.<br />

I vaccini da cellula intera e da lisato sono stati largamente studiati in trials clinici. Sebbene i<br />

primi trials abbiano mostrato risposte immunitarie con lieve tossicita’ in pazienti affetti<br />

generalmente da tumori solidi avanzati tra cui melanoma e sarcoma, questi vaccini hanno<br />

prodotto scarsi risultati clinici. Pertanto, i trials successivi hanno esaminato pazienti con minima<br />

malattia residua o senza residuo di malattia dopo intervento chirurgico. Questi trials hanno<br />

mostrato risultati relativi agli approcci con cellula intera e con lisato in casi di leucemia,<br />

melanoma, tumore del rene, della mammella e altri tipi di tumore.


Antigeni<br />

B<br />

IgG IgM<br />

T H<br />

T H<br />

Citochine<br />

T H<br />

Attivita’ anti tumorale<br />

Cellule<br />

tumorali<br />

T<br />

T T<br />

Antigeni trumorali associati<br />

(lisati o a cellula intera)<br />

Captazione della cellula che presenta l’antigene<br />

elaborazione e presentazione in forma<br />

riconoscibile<br />

Stimolazione dei cloni delle cellule immunitarie<br />

compresi gli anticorpi secernenti cellule B<br />

cellule-T-e citochine producenti cellule T helper (T H )<br />

Le citochine derivate dalle cellule T H stimolano<br />

ulteriori risposte attraverso le cellule B e T<br />

Figura 6.6. Meccanismo di induzione di risposte antitumorali per mezzo di vaccini derivati da cellula<br />

intera o lisato. Riprodotta, con licenza, da Principles and Practice of <strong>the</strong> Biological Therapy of Cancer.<br />

Philadelphia: Lippincott Williams and Wilkins, 2000.<br />

Cellule tumorali modificate<br />

Un approccio largamente utilizzato è la modificazione genetica delle cellule tumorali prima<br />

della somministrazione del vaccino. L’introduzione di un genoma virale all’interno delle cellule<br />

tumorali intensifica la costimolazione delle cellule T, o aumenta l’attrazione delle cellule<br />

presentatrici di antigene stimolando la produzione di citochine e altre molecole, o intensifica la<br />

presentazione dell’antigene alle cellule T (Figura 6.7). I primi studi, che utilizzavano lisati di<br />

cellula tumorale infettati dal virus dell’influenza, hanno mostrato che può essere generata una<br />

risposta immunitaria contro il tumore. Perciò, la manipolazione genica ha riguardato cellule<br />

tumorali ingegnerizzate per contenere geni codificanti per citochine, per esempio interleuchine,<br />

A) B)<br />

Le cellule tumorali si<br />

attivano per produrre<br />

citochine coinvolte<br />

nella stimolazione<br />

dell’APC<br />

APC<br />

T H<br />

IL-3<br />

IL-4<br />

GM-CSF<br />

CTL<br />

L’antigene e’presentato<br />

dall’APC alle cellute T H<br />

e CTLs<br />

Il recettore presentatore<br />

d’antigene è riconosciuto<br />

dalle cellule immunitarie<br />

Cellule<br />

tumorali<br />

Antigene<br />

tumorale<br />

CTL<br />

Le cellule immunitarie sono<br />

direttamente stimolate dalle<br />

cellule tumorali antigene<br />

presentatrici<br />

Figura 6.7 Meccanismi potenziali di attivazione di una cellula T tumore-specifica da parte di cellule<br />

tumorali geneticamente modificate: A) accresciuta produzione di citochine e B) aumentata<br />

presentazione di antigene. APC, cellule presentatrici di antigene; CTL, linfocita T citotossico; T.., cellula<br />

T helper. Riprodotta, con licenza, da Principles and Practice of <strong>the</strong> Biological Therapy of Cancer.<br />

Philadelphia: Lippincott Williams and Wilkins, 2000.<br />

T H<br />

6<br />

6.15


6<br />

. . . l’isolamento<br />

dei frammenti di<br />

peptide che sono<br />

importanti per<br />

l’immunogenicita’<br />

della proteina è<br />

particolarmente<br />

interessante perché<br />

consente il<br />

superamento di<br />

potenziali<br />

problemi di<br />

tollerabilita’ della<br />

somministrazione<br />

di grandi<br />

proteine . . .<br />

Benche’ importante<br />

nel campo delle<br />

strategie dei<br />

vaccini<br />

antitumorali,<br />

l’utilizzo delle<br />

cellule dendritiche<br />

ha per se stesso<br />

interessanti<br />

possibilita’ nella<br />

terapia cellulare.<br />

6.16<br />

interferoni o fattori a di necrosi tumorale. Sono state osservate risposte in pazienti affetti da<br />

melanoma trattati con vaccini di cellula tumorale IL-2 trasdotti.<br />

Proteine tumore-specifiche<br />

L’utilizzo di proteine tumore-specifiche per indurre una risposta immunitaria è un metodo di<br />

vaccinazione interessante e diretto. Un perfezionamento di questo approccio per mezzo<br />

dell’isolamento dei frammenti di peptide che sono importanti per l’immunogenicita’ della<br />

proteina è particolarmente interessante perché consente il superamento di potenziali problemi<br />

di tollerabilita’ della somministrazione di grandi proteine ed aumenta la specificita’ della<br />

risposta immunitaria. Studi iniziali che utilizzavano peptidi derivati da proteine melanomaassociate,<br />

per esempio MAGE-1 e MART-1, sono stati un insuccesso perché nessuno o pochi<br />

pazienti sono stati immunizzati efficacemente come determinato dalle misurazioni delle risposte<br />

citotossiche del linfocita T. Perciò, sono stati studiati metodi per aumentare l’immunogenicita’<br />

del peptide e l’affinita’ del recettore di legame attraverso mutazione selettiva del peptide.<br />

L’immunizzazione con l’utilizzo di questi peptidi modificati è piu efficace e ha prodotto delle<br />

risposte in pazienti affetti da melanoma.<br />

Altri peptidi che sono stati studiati in trials clinici per la loro potenzialita’ come vaccini<br />

comprendono quelli derivati da HER2, oncogene ras e antigene prostatico-specifico (PSA). I<br />

trattamenti che utilizzano questi peptidi non hanno mostrato di essere efficaci. Parecchi altri<br />

peptidi sono stati proposti come candidati in qualità di vaccini, ma non sono stati studiati per<br />

l’utilizzo clinico.<br />

DNA<br />

I vaccini a DNA sono plasmidi, molecole di DNA nudo che incorporano DNA ricombinante,<br />

che codificano per immunogeni quali l’antigene carcinoembrionico (CEA). La vaccinazione con<br />

DNA ha dei vantaggi rispetto a quella con peptide in termini di stabilita’, immunogenicita’,<br />

sede di espressione immunogena e gamma delle risposte immunitarie elicitate. Gli studi clinici<br />

sui vaccini a DNA sono ad uno stadio ancora molto iniziale per il trattamento del melanoma,<br />

linfoma e tumore del colon.<br />

Il maggior rischio teorico di questo tipo di strategia di vaccinazione è che il DNA ricombinante<br />

possa venire incorporato all’interno del DNA dell’ospite e causare una mutazione. Questo<br />

svantaggio è stato superato valutando l’utilizzo di vaccini a RNA nudo, che non vengono<br />

incorporati all’interno del genoma dell’ospite. Comunque, questi vaccini sono stati esaminati<br />

utilizzando solamente modelli in vitro.<br />

La considerazione principale relativamente a tutti gli approcci di cui sopra è che il vaccino<br />

dovrebbe essere presentato al sistema immunitario in modo da stimolare una risposta specifica,<br />

che può poi essere diretta al tumore stesso. L’immunita’ delle cellule T è l’approccio più efficace<br />

dal punto di vista terapeutico, e richiede cellule presentatrici di antigene chiamate cellule<br />

dendritiche. Le cellule dendritiche catturano, elaborano e presentano gli antigeni ai linfociti T in<br />

modo che possano essere riconosciuti e, una volta attivate, hanno la capacita’ di attivare le<br />

cellule T. Benche’ importante nel campo delle strategie dei vaccini antitumorali, l’utilizzo delle<br />

cellule dendritiche ha per se stesso interessanti possibilita’ nella terapia cellulare.<br />

Un’altra considerazione da tener presente nello sviluppo dei vaccini è la possibilita’ di portare<br />

al massimo livello ogni risposta immunitaria generata. Ciò viene comunemente effettuato<br />

utilizzando adiuvanti immunitari, citochine principalmente, per promuovere e prolungare la<br />

risposta immunitaria. Comunque, sono stati utilizzati anche virus, proteine batteriche e altri<br />

agenti.<br />

Si stanno studiando vaccini antitumorali per il trattamento di molti tipi di tumore, incluso il<br />

melanoma, il linfoma e i tumori del rene, della mammella, dell’ovaio, della prostata, del colon


e del retto. Esiste una considerevole sovrapposizione in termini di manipolazione genetica delle<br />

cellule e del DNA e il risultato ricercato dalla terapia tra le strategie delle terapie antitumorali<br />

che utilizzano vaccini, la terapia genica e la terapia cellulare (vedi più sotto).<br />

Terapia genica<br />

La terapia genica comporta il trasferimento di materiale genetico all’interno del tumore per<br />

curare il tumore stesso. Ciò è interessante perché la maggior parte dei tumori presenta<br />

mutazioni genetiche che sono almeno in parte responsabili della loro natura oncogenica e che<br />

possono inoltre essere corrette dalle tecniche del trasferimento genetico.<br />

Il materiale genetico può essere trasferito all’interno del tumore utilizzando plasmidi e virus<br />

modificati con l’ingegneria genetica. I plasmidi sono costituiti da DNA nudo e possono essere<br />

modificati per contenere il DNA che deve essere trasferito. I plasmidi possono penetrare nelle<br />

cellule e il loro DNA può essere incorporato all’interno del DNA nucleare. Tuttavia, il DNA<br />

plasmidico è suscettibile di degradazione che potenzialmente limita l’efficienza<br />

dell’incorporazione.<br />

I virus sono stati usati per il trasferimento di geni perche’ sono più stabili del DNA nudo o<br />

dell’RNA (Figura 6.8.). Ma sono state prese delle precauzioni perché il vettore virale stesso non<br />

possa causare malattia (alcuni dei virus usati per le tecniche di trasferimento genico virale sono<br />

potenzialmente patogeni per l’uomo). Nonostante le ricerche siano in corso, questo svantaggio<br />

ha limitato l’utilizzo dei sistemi di trasferimento genico virale.<br />

A) Vettori integranti B) Vettori non integranti<br />

Retrovirus<br />

Vaccino virus<br />

Figura 6.8. Meccanismi di trasferimento genico con l’utilizzo di vettori virali.<br />

Adenovirus<br />

Le tecniche di trasferimento genico nella terapia del <strong>cancro</strong> comprendono:<br />

Plasmidi del DNA<br />

● trasferimento genico all’interno delle cellule tumorali per promuovere l’immunogenicita’ del<br />

tumore e ridurre la tumorogenicita’<br />

● trasferimento genico di DNA tumorale antigene-codificante all’interno di cellule normali per<br />

stimolare risposte immunitarie specifiche per l’antigene<br />

● trasferimento genico con l’obiettivo di modificare le cellule immunitarie e renderle capaci di<br />

mostrare risposte immunitarie antitumorali<br />

● introduzione di geni suicidi che convertono molecole non tossiche in composti tossici che<br />

causano la morte cellulare<br />

6<br />

Il materiale<br />

genetico può<br />

essere trasferito<br />

all’interno del<br />

tumore utilizzando<br />

plasmidi e virus<br />

modificati con<br />

l’ingegneria<br />

genetica.<br />

6.17


6<br />

. . . il trasferimento<br />

di componenti<br />

cellulari del<br />

sistema<br />

immunitario<br />

nell’organismo di<br />

pazienti colpiti da<br />

tumore è un mezzo<br />

potenziale per la<br />

promozione della<br />

funzione<br />

immunitaria<br />

antitumorale<br />

cellulare.<br />

6.18<br />

● sostituzione di geni onco-soppressori difettosi per reintegrarne la funzione<br />

● utilizzo di oligonucleotidi antisenso, cioe’ oligonucleotidi che posseggono sequenze<br />

complementari a quella di mRNA umani noti, per eliminare l’espressione di geni specifici<br />

promotori di accrescimento<br />

● inibizione di oncogeni.<br />

La maggior parte dei trials dedicati alla terapia genica condotti fino ad oggi sono stati studi di<br />

sicurezza di fase 1, per esempio trials iniziali che coinvolgono un numero limitato di pazienti<br />

solitamente affetti da malattia avanzata, per stabilire se un agente è abbastanza ben tollerato<br />

da consentire un trial piu’ allargato. Questi studi hanno rivelato che l’efficienza del<br />

trasferimento genico è scarsa e la durata dell’espressione genica è spesso limitata, e il risultato<br />

di ciò è una scarsa efficacia. Inoltre, anche la distribuzione della terapia genica si è dimostrata<br />

problematica, comportando la scarsa efficacia del trasferimento (per la discussione delle<br />

ricerche mirate al superamento di questo problema, vedi il Modulo 7). Queste sfide devono<br />

essere superate per poter dimostrare l’utilita’ di questa tecnica per la terapia del <strong>cancro</strong>.<br />

Terapia cellulare<br />

Come sottolineato nel Modulo 4, il sistema immunitario comprende una componente umorale<br />

(anticorpi e complemento) e una componente cellulare. È stato dimostrato che l’immunita’<br />

cellulare è efficace per distruggere le cellule tumorali e per mantenere l’immunita’ antitumorale.<br />

Inoltre, il trasferimento di componenti cellulari del sistema immunitario nell’organismo di<br />

pazienti colpiti da tumore è un mezzo potenziale per la promozione della funzione immunitaria<br />

antitumorale cellulare. Questo tipo di approccio è chiamato trasferimento della cellula adottiva.<br />

In generale, la tecnica del trasferimento della cellula adottiva comporta la raccolta di cellule<br />

immunitarie del paziente e la loro coltura all’esterno del corpo (Figura 6.9). Ciò permette di<br />

Resezione tumorale<br />

Cellule tumorali Linfociti tumorali infiltrati<br />

Manipolazione genica<br />

Cellule tumorali<br />

immunogeniche<br />

manipolate geneticamente<br />

Separazione cellulare<br />

e cultura<br />

Manipolazione/attivazione genica<br />

Linfociti citotossici tumorali<br />

manipolati geneticamente<br />

Figura 6.9. Illustrazione schematica delle fasi di realizzazione del trasferimento di cellula adottiva.


superare potenziali limitazioni del numero di cellule causato dalla soppressione del tumore e<br />

dalla regolazione immunitaria. Inoltre, possono essere selezionate cellule immunitarie<br />

appropriate e le loro caratteristiche esaltate utilizzando composti che potrebbero rivelarsi<br />

tossici se somministrati direttamente ai pazienti. La selezione fornisce una popolazione cellulare<br />

che riconosce gli antigeni di superficie della cellula tumorale, permettendo alla terapia di<br />

essere mirata specificamente contro i tumori. In seguito al processo di selezione e coltura, la<br />

popolazione cellulare accresciuta è utilizzata per la terapia.<br />

Spesso, il trasferimento di cellula adottiva costituisce una terapia passiva mirata alla lisi<br />

tumorale, cioe’ essa non è destinata a stimolare il sistema immunitario. Tuttavia, questo<br />

approccio può essere usato come una strategia di immunizzazione attiva in cui le cellule<br />

immunitarie somministrate sono sottoposte a un processo di amplificazione e reclutano il<br />

sistema immunitario per uccidere le cellule tumorali. Alcuni degli approcci finora studiati basati<br />

su terapia cellulare sono descritti nella Tavola 6.3.<br />

Tavola 6.3. Approcci basati su terapia cellulare per la cura del <strong>cancro</strong>.<br />

Tipo di cellula Attività/caratteristiche Tumori trattati<br />

Linfociti tumore-infiltranti Infiltra i tumori e causa lisi Melanoma e <strong>cancro</strong> delle<br />

Le popolazioni cellulari che riconoscono un cellule renali<br />

singolo antigene tumore-associato possono<br />

essere cresciute facilmente<br />

Linfochine attivanti le cellule Lisi delle cellule tumorali ma non delle Melanoma e <strong>cancro</strong> delle<br />

killer cellule normali cellule renali<br />

Possono essere sviluppate e attivate in vitro<br />

in presenza di citochine<br />

Memoria autologa delle Si presume che siano state esposte Cancro delle cellule renali<br />

cellule T all’antigene tumorale e abbiano potenziale<br />

attività antitumorale<br />

Attivate utilizzando anticorpi monoclonali<br />

contro i recettori CD3 e citochine<br />

Cellule dendritiche Cellule fondamentali presentatrici di antigene Cancro delle cellule renali<br />

per la risposta immunitaria mediata da cellule T e tumore mammario<br />

Possono essere ottenute in vitro dalla<br />

maturazione dei precursori dei monociti sotto<br />

l’influenza dei fattori di stimolazione delle colonie<br />

Cellule staminali Potenziali effetti antitumorali per mezzo della Tumore mammario e <strong>cancro</strong><br />

“graft-vs-tumor reaction” delle cellule renali<br />

Richiede immunosoppressione prima della<br />

somministrazione cellulare<br />

Linfociti T specificatamente Cellule linfoblastoidi che esprimono proteine Malattia linfoproliferativa,<br />

citotossici per i virus del virus linfoma e malattia di<br />

Epstein-Barr Hodgkin’s<br />

Alta immunogenicita’<br />

6<br />

6.19


6<br />

I progressi della<br />

terapia biologica<br />

hanno segnato<br />

una svolta nella<br />

realizzazione di<br />

nuovi agenti mirati<br />

contro le cellule<br />

tumorali.<br />

6.20<br />

Questi approcci terapeutici basati su terapia cellulare sono limitati perché richiedono<br />

l’isolamento delle cellule dal ricevente designato. L’utilizzo di cellule ottenute da donatori può<br />

dar luogo a reazioni simili a quelle che si verificano in caso di trapianto di organi e richiede<br />

immunosoppressione.<br />

Studi clinici relativi a questi diversi approcci di terapia cellulare hanno dimostrato che può<br />

essere prodotta attività antitumorale. Comunque, non è ancora noto se i vantaggi in termini di<br />

miglioramento dei risultati e riduzione della tossicita’ siano maggiori di quelli raggiunti con<br />

altre forme di terapia.<br />

<strong>Terapie</strong> <strong>biologiche</strong> mirate e terapie <strong>biologiche</strong> non mirate<br />

Per molti anni la terapia biologica è stata incoraggiata come importante progresso terapeutico.<br />

L’interferone è stato scoperto nel 1957 e utilizzato come terapia antivirale. I fattori di<br />

stimolazione delle colonie come il G-CSF e l’eritropoietina sono stati a lungo utilizzati come<br />

terapie antitumorali di supporto. Infatti, questi agenti hanno effetti di supporto del sistema<br />

immunitario e non colpiscono i tumori direttamente.<br />

I progressi della terapia biologica hanno segnato una svolta nella realizzazione di nuovi<br />

agenti mirati contro le cellule tumorali. Ciò è stato reso possibile dai progressi realizzati nella<br />

comprensione della biologia molecolare, nella biologia dei tumori e nella caratterizzazione<br />

tumorale.<br />

In sintesi:<br />

● la crescita tumorale comincia con una mutazione (un cambiamento strutturale nel DNA)<br />

● questa modificazione genetica può essere il risultato della scorretta sostituzione di una base<br />

con un’altra, cancellazione o inserimento di una base o di basi, traslocazione o<br />

replicazione o cancellazione di un intero gene<br />

● quindi il gene alterato trasmette istruzioni errate, che portano alla sintesi di una proteina<br />

alterata, o una proteina troppo grande o troppo piccola, che influenza la funzionalita’<br />

cellulare<br />

● il codice genetico difettoso viene trasmesso ad altre cellule attraverso il processo del ciclo<br />

cellulare e la popolazione di cellule anormali cresce.<br />

Come discusso nel Modulo 3, il tumore è il risultato di una serie di mutazioni genetiche che<br />

variano da tumore a tumore. Le mutazioni genetiche influenzano le proteine regolatrici della<br />

crescita. Gli squilibri nei livelli di queste proteine stimolano le cellule a dividersi<br />

incontrollatamente, dando origine ai tumori.<br />

Utilizzo di specifiche anormalita’ tumorali per la terapia mirata<br />

● Molte delle mutazioni negli oncogeni o nei geni oncosoppressori sono specifiche per certi<br />

tipi di tumore. Per esempio, nel tumore della mammella sono frequentemente mutati i geni<br />

MUC-1.<br />

● Poiche’ queste mutazioni sono associate solamente alle cellule tumorali esse costituiscono il<br />

bersaglio della terapia tumore-specifica.<br />

● Idealmente, le anormalita’ tumore-associate da utilizzare nello sviluppo di terapie mirate<br />

dovrebbero essere:<br />

– facilmente misurabili per consentire al paziente la scelta della terapia<br />

– avere localizzazione extracellulare per poter essere riconosciute dalla terapia.


● Colpire le anormalita’ tumore-specifiche può potenzialmente minimizzare gli effetti<br />

collaterali della terapia. In questo caso infatti le cellule normali non vengono colpite.<br />

● Gli agenti chemioterapici tradizionali colpiscono tutte le cellule che si dividono attivamente<br />

e hanno inoltre effetti non specifici sul SNC, sul sistema gastrointestinale, e sul sistema<br />

ematopoietico.<br />

Vantaggi della specificita’ di bersaglio<br />

La terapia mirata a specifiche anormalita’ cellulari sta dimostrando la sua efficacia nella cura<br />

del <strong>cancro</strong>, per esempio il MabThera ® per il linfoma CD20 positivo, l’Herceptin ® per il tumore<br />

della mammella HER2 positivo. La terapia mirata presenta molti vantaggi, non ultimo la<br />

possibilita’ di trattamenti individualizzati per il paziente. Altri vantaggi sono:<br />

● profili di miglioramento della tollerabilita’ e degli effetti collaterali dovuti all’azione specifica<br />

sulle cellule tumorali<br />

● aumento della risposta immunitaria dell’ospite<br />

● nuovi meccanismi di azione differenti da quelli degli agenti terapeutici convenzionali, che<br />

può significare che la terapia combinata probabilmente ne aumenta l’efficacia e quindi<br />

migliora il risultato clinico.<br />

I progressi ottenuti nella caratterizzazione dei tumori hanno probabilmente accresciuto l’utilizzo<br />

di terapie <strong>biologiche</strong> mirate per la cura del <strong>cancro</strong> (vedi il Modulo 7).<br />

I seguenti casi clinici illustrano le differenze tra agenti biologici non mirati e i nuovi agenti<br />

mirati che stanno producendo interessanti miglioramenti nella gestione del <strong>cancro</strong>.<br />

Caso clinico n. 1: Filgrastim, un agente biologico non mirato<br />

utilizzato come terapia di supporto<br />

Il filgrastim è una forma ricombinante del G-CSF umano, una citochina che è prodotta<br />

naturalmente dall’organismo. Il G-CSF ha funzioni di controllo dell’ematopoiesi (la produzione<br />

di cellule ematiche mature).<br />

Ematopoiesi<br />

Il midollo osseo è la principale sede di ematopoiesi nell’adulto. Le cellule ematiche sono<br />

prodotte dalle cellule staminali primitive che si trovano nel midollo osseo, che rappresentano i<br />

precursori di tutti i tipi di cellule ematiche mature: eritrociti (globuli rossi), neutrofili, basofili,<br />

eosinofili, monociti/macrofagi, osteoclasti, linfociti e piastrine (Figura 6.10). Le cellule staminali<br />

possiedono caratteristiche uniche perché possono sia proliferare e produrre più cellule staminali<br />

sia subire una differenziazione che porta alla produzione dei tipi di cellule mature elencati.<br />

Le cellule staminali sono quindi le cellule più importanti del sistema ematopoietico perché esse<br />

sono in definitiva responsabili della produzione di tutte le cellule ematiche. La differenziazione<br />

delle cellule staminali per produrre cellule mature comporta diverse fasi che hanno come<br />

risultato lo sviluppo della restrizione. Questo significa che cellule a differenti stadi di sviluppo<br />

sono in grado di produrre solo alcuni tipi di cellule ematiche mature.<br />

Quando il sistema ematopoietico è gravemente danneggiato da chemioterapia o radiazioni,<br />

sono le cellule staminali pluripotenti del midollo osseo (cellule che possono differenziarsi per<br />

diventare ogni tipo di cellula che compone il sistema ematopoietico) che eventualmente<br />

ripopolano il sistema. Ciò si ottiene con la differenziazione di queste cellule per generare<br />

6<br />

La terapia mirata a<br />

specifiche<br />

anormalita’<br />

cellulari sta<br />

dimostrando la sua<br />

efficacia nella cura<br />

del <strong>cancro</strong> . . .<br />

Il midollo osseo è<br />

la principale sede<br />

di ematopoiesi<br />

nell’adulto.<br />

6.21


6<br />

Per questa<br />

ragione, il<br />

controllo del<br />

rinnovo e della<br />

differenziazione<br />

delle cellule<br />

staminali, e della<br />

differenziazione<br />

della loro<br />

progenie, è stato il<br />

punto focale della<br />

ricerca mirata<br />

all’utilizzo del<br />

sistema<br />

ematopoietico per<br />

scopi terapeutici a<br />

supporto dei<br />

pazienti<br />

oncologici.<br />

6.22<br />

Auto<br />

rinnovo<br />

Sistema<br />

cellulare<br />

pluripotene<br />

Differenziazione<br />

cellule progenitrici che sono orientate per produrre i tipi di cellule appropriati. Comunque, nel<br />

breve periodo, la ripopolazione è dovuta alla proliferazione e differenziazione di un limitato<br />

numero di cellule progenitrici che sono già circolanti. Per questa ragione, il controllo del<br />

rinnovo e della differenziazione delle cellule staminali, e della differenziazione della loro<br />

progenie, è stato il punto focale della ricerca mirata all’utilizzo del sistema ematopoietico per<br />

scopi terapeutici a supporto dei pazienti oncologici.<br />

Fattori di crescita ematopoietici<br />

Studi in vitro avevano inizialmente indicato che le cellule potevano essere stimolate da fattori<br />

sconosciuti presenti nei media di coltura per differenziare la produzione di cellule ematiche<br />

mature. Questi fattori non sono stati isolati fino a quando la tecnica del DNA ricombinante ha<br />

permesso l’isolamento dei geni codificanti per questi fattori e la loro espressione in sistemi di<br />

batteri e lieviti per produrre una grande quantità di questi stessi fattori. Simultaneamente,<br />

divento’ possibile purificare i diversi tipi di cellule del sistema ematopoietico. Ciò rese possibile<br />

dimostrare che i fattori isolati avevano effetti solo su certi tipi di cellule.<br />

È stato dimostrato che i G-CSF stimolano preferenzialmente lo sviluppo di neutrofili dalla<br />

appropriata cellula precursore. I neutrofili sono coinvolti nella risposta alle infezioni e ai danni<br />

tessutali. Piccole quantità di G-CSF rilasciate nella sede del danno tessutale o di infezione<br />

batterica assicurano che neutrofili maturi siano presenti nelle sedi in cui essi sono necessari.<br />

Effetti del filgrastim in vivo<br />

Pre cellule T<br />

Multipotente<br />

CFU-S/CFC-Mix<br />

Bas-CFC Basofili<br />

BFU-E<br />

GM-CFC<br />

Meg-CFC<br />

Eos-CFC<br />

G-CFC<br />

M-CFC<br />

T-linfociti<br />

Eritrociti<br />

Neutrofili<br />

Macrofagi<br />

e<br />

osteoclasti<br />

Piastrine<br />

Eusinofil<br />

Pre-B cells B-linfociti<br />

Figura 6.10. Gli stadi dell’ematopoiesi mostrano come le cellule staminali subiscano un processo di<br />

restrizione nel corso della loro differenziazione per costituire le cellule ematopoietiche.<br />

È stato dimostrato che il filgrastim ha effetti sulla circolazione delle cellule ematiche, sulla<br />

ematopoiesi nel midollo osseo, e sulle cellule progenitrici nel midollo osseo e nel sangue.<br />

Questi effetti sono delineati nella Tavola 6.4.<br />

Gli effetti descritti nella Tavola 6.4. sono interrelati, insieme con l’amplificazione del midollo<br />

osseo e delle cellule progenitrici ematiche, al rilascio precoce di neutrofili maturi, e si<br />

combinano per produrre un incremento della conta dei neutrofili circolanti.


Tavola 6.4. Effetti in vivo del G-CSF.<br />

Tipo di cellula stimolata Effetto<br />

Cellule ematiche circolanti Diminuzione transitoria nella conta dei neutrofili seguita da un incremento<br />

prolungato<br />

Ematopoiesi nel midollo osseo Amplificazione delle cellule progenitrici e iniziale rilascio di cellule mature<br />

Cellule progenitrici del midollo osseo Aumento in numero assoluto delle cellule progenitrici<br />

Cellule progenitrici del sangue Mobilizzazione delle cellule progenitrici del sangue periferico<br />

Uso clinico del filgrastim<br />

La normale funzione dei neutrofili nel combattere le infezioni e gli effetti in vivo del filgrastim<br />

sulla conta dei neutrofili hanno fornito indizi significativi degli utilizzi clinici del filgrastim:<br />

stimolazione della produzione di neutrofili per sostituire quelli persi per varie ragioni, per<br />

esempio a causa della chemioterapia o della mieloablazione.<br />

Dopo la chemioterapia<br />

Gli agenti chemioterapici hanno effetti citotossici su tutte le cellule che si replicano attivamente.<br />

Come delineato nel Modulo 1, tale attività non specifica è responsabile della tossicita’ di questi<br />

agenti quando vengono usati per curare il <strong>cancro</strong>. Uno degli organi fortemente colpiti dalla<br />

chemioterapia è il midollo osseo. In effetti, la tossicita’ sul midollo osseo è spesso fattore doselimitante<br />

della chemioterapia. La neutropenia, una bassa conta dei neutrofili, può causare<br />

complicazioni che possono rappresentare un rischio per la vita del paziente, ed è causa<br />

comune di modifiche delle dosi e dello schema della chemioterapia. Queste modifiche non<br />

sono sempre sufficienti per permettere il pieno recupero del midollo osseo nell’intervallo tra<br />

somministrazioni della chemioterapia.<br />

È stato dimostrato che la neutropenia si riduce e alcune volte viene prevenuta dalla<br />

somministrazione di 5–12µg/kg/die di filgrastim con chemioterapia a dosi convenzionali<br />

(Figura 6.11). Ciò fornisce vantaggi in termini di:<br />

● riduzione del numero delle infezioni che colpiscono il paziente<br />

● diminuita necessità di assunzione di antibiotici<br />

● riduzione della durata dell’ospedalizzazione<br />

● possibilita’ di somministrazione della chemioterapia secondo schema.<br />

Il filgrastim è anche utilizzato per consentire il mantenimento delle dosi di chemioterapia e per<br />

consentirne l’intensificazione, per esempio aumentando la quantità di chemioterapico<br />

somministrato per unita’ di tempo. Ciò è particolarmente importante perche’ la<br />

somministrazione della chemioterapia a dosi subottimali è nota come il maggior fattore di<br />

riduzione dell’efficacia della cura del <strong>cancro</strong>. È stato anche dimostrato che il supporto del<br />

filgrastim consente un incremento delle dosi di chemioterapia di 1,3-2 volte rispetto a quelle<br />

somministrate a pazienti che non ricevono la terapia con citochine, e ciò può aumentare<br />

l’efficacia della cura.<br />

6<br />

La neutropenia,<br />

una bassa conta<br />

dei neutrofili, può<br />

causare<br />

complicazioni che<br />

possono<br />

rappresentare un<br />

rischio per la vita<br />

del paziente . . .<br />

Il filgrastim è<br />

anche utilizzato<br />

per consentire il<br />

mantenimento<br />

delle dosi di<br />

chemioterapia e<br />

per consentirne<br />

l’intensificazione<br />

. . .<br />

6.23


6<br />

È stato dimostrato<br />

che l’uso di<br />

filgrastim per la<br />

mobilizzazione<br />

delle cellule<br />

progenitrici nel<br />

sangue aumenta il<br />

numero di cellule<br />

raccolte,<br />

consentendo un<br />

recupero<br />

accelerato dei<br />

neutrofili<br />

6.24<br />

ANC (x 10 9 /L)<br />

100<br />

10<br />

1<br />

CT CT CT<br />

0 7 14 21 28 35 42<br />

Dopo il trapianto di midollo<br />

Tempo (giorni)<br />

I pazienti che ricevono il trapianto di midollo sono sottoposti ad un processo detto<br />

mieloablazione, in cui il sistema immunitario viene deliberatamente distrutto prima del trapianto<br />

per prevenire reazioni immunitarie. Questo stato di severa immunocompromissione è evidente<br />

nella morbilita’ e nella potenziale mortalita’. Il filgrastim è stato usato con successo per ridurre<br />

la durata della neutropenia in questi pazienti, con vantaggi clinici simili a quelli osservati dopo<br />

la terapia in pazienti sottoposti a chemioterapia.<br />

Pretrattamento di mobilizzazione delle cellule progenitrici del sangue<br />

CT Chemioterapia (doxorubicina)<br />

75mg/m 2 (with filgrastim)<br />

75mg/m 2 (controllo)<br />

Figure 6.11. Grafico illustrativo delle risposte dei neutrofili al filgrastim in pazienti trattati con<br />

doxorubicina. ANC, conta assoluta dei neutrofili.<br />

La raccolta di cellule progenitrici del sangue periferico e la loro reinfusione dopo<br />

somministrazione della chemioterapia, denominata trapianto di cellule staminali del sangue<br />

periferico (PBSCT), è un metodo consolidato per favorire la guarigione dei pazienti colpiti da<br />

affezioni maligne di tipo non mieloide dopo chemioterapia intensiva. È stato dimostrato che<br />

l’uso di filgrastim (5–10µg/kg/die) per la mobilizzazione delle cellule progenitrici nel sangue<br />

aumenta il numero di cellule raccolte, consentendo un recupero accelerato dei neutrofili (Figura<br />

6.12). Questo procedimento può essere utilizzato sia per i pazienti, per fornire una fonte<br />

autologa di cellule, sia per i normali donatori, per fornire cellule che possono essere impiegate<br />

per xenotrapianto.


GM-CFC/cultura<br />

10 5<br />

10 4<br />

10 3<br />

10 2<br />

10 1<br />

10 0<br />

0 2 4 6 8 10<br />

Durata della cultura (settimane)<br />

Gamma ottenuta con<br />

colture di cellule di sangue<br />

periferico<br />

Figura 6.12. Mobilizzazione di cellule ematiche progenitrici con filgrastim.<br />

Caso clinico – G-CSF<br />

Media delle culture<br />

di midollo osseo<br />

John Woodhouse è un uomo di 34 anni, di professione accounts manager, in buona<br />

salute fino al settembre 2000. Si è presentato al suo medico di base con una storia clinica<br />

di 1 mese di sudorazioni notturne, perdita di peso di 6–7 Kg., sintomi di anemia e<br />

un’infezione del tratto urinario già trattata con penicillina. Il medico ha richiesto un<br />

emocromo completo che ha mostrato Hb 8,6, conta dei globuli bianchi (WBC) 5.200 e<br />

piastrine 27. Nel suo striscio ematico furono trovati dei blasti. I valori della coagulazione<br />

erano normali.<br />

John viene inviato ad un reparto oncologico specializzato, dove viene effettuato un<br />

aspirato midollare. L’esame morfologico mostra il 95% di blasti e viene fatta diagnosi di<br />

leucemia mieloide acuta (AML). Egli viene immediatamente inviato ad una clinica<br />

specializzata in problemi della fertilita’ per la crioconservazione dello sperma e riceve<br />

una trasfusione di emazie concentrate e di piastrine per normalizzare l’emocromo. È<br />

febbricitante (38,8˚C) e ha cominciato ad assumere piperacillina/tazocin + gentamicina,<br />

terapia antibiotica standard per la cura empirica della febbre neutropenica. Ha anche<br />

cominciato la profilassi antimicrobica. È stato poi trasferito al Royal Free Hospital di<br />

Londra per l’ulteriore prosecuzione delle cure.<br />

John è stordito dalla diagnosi ricevuta e non desidera molte informazioni eccetto i dettagli<br />

relativi alla cura. È figlio unico, celibe e vive con la madre che è il suo principale supporto<br />

oltre a pochi amici. Suo padre è morto per un tumore del colon. John non fuma e beve<br />

8–10 unita’ alcoliche a settimana.<br />

All’arrivo in ospedale a John è stata posizionata in anestesia generale una linea di<br />

Hickman. I suoi vetrini diagnostici sono stati riesaminati e la diagnosi di AML<br />

riconfermata. L’analisi citogenetica è normale, cosa che lo colloca in una categoria di<br />

“rischio standard” per la prognosi. Inoltre gli vengono date tutte le informazioni sulla cura<br />

ed egli da’ il suo consenso per partecipare al trial dell’UK Medical Research Council AML<br />

6<br />

6.25


6<br />

The recombinant<br />

G-CSF filgrastim<br />

has been shown<br />

to be effective in<br />

promoting<br />

neutrophil<br />

recovery.<br />

6.26<br />

12, per adulti al di sotto dei 60 anni di eta’. Questo trial sta valutando lo standard di cura<br />

per la AML in UK. Egli ha preferito continuare con le cure raccomandate poiche’ trova<br />

difficile ricevere così tante informazioni in pochi giorni. Il trial comporta due<br />

randomizzazioni: la prima è tra due dosi di citarabina (Ara-C) in un regime chiamato DAT<br />

(daunorubicina, Ara-C e tioguanina) e la seconda è tra quattro o cinque cicli di cura, con<br />

autotrapianto o chemioterapia come ultimo ciclo.<br />

John è stato randomizzato per l’opzione di cura con dosi maggiori, daunorubicina<br />

50mg/m2 /die, Ara-C 200mg/m2 /ogni 12 ore e tioguanina 100 mg/m2 ora per 12 ore.<br />

Dopo la chemioterapia egli era neutropenico, come ci si attendeva, ed ebbe un episodio<br />

febbrile, trattato con antibiotici empirici. Entro 15 giorni i suoi neutrofili recuperarono<br />

a>0,5x109 /L. Un aspirato midollare confermava la completa remissione ed egli venne<br />

dimesso per alcuni giorni prima di ritornare in reparto e cominciare il suo secondo ciclo di<br />

chemioterapia.<br />

Poiche’ John aveva ottenuto una remissione fu deciso che sarebbe stato fatto un tentativo<br />

di raccogliere cellule staminali dal sangue periferico per la conservazione e il possibile<br />

uso futuro sia se fosse stato randomizzato per ricevere un autotrapianto nell’ambito del<br />

trial AML 12, sia nel caso che egli scegliesse questa opzione di trattamento ad uno stadio<br />

successivo. Egli avrebbe anche potuto aver bisogno di una riserva di cellule staminali se<br />

fosse incorso in una qualunque difficoltà con la rigenerazione del midollo osseo in ogni<br />

momento della cura. In quel caso la raccolta di cellule avrebbe potuto essere definita come<br />

un “raccolto in un giorno di pioggia”!.<br />

Le cellule staminali, a volte chiamate cellule progenitrici, sono prodotte dal midollo osseo e<br />

sono i precursori di tutte le cellule ematiche. Le cellule si differenziano e orientano in<br />

specifiche linee cellulari diventando alla fine eritrociti, macrofagi, granulociti o linfociti.<br />

Tutte le cellule staminali hanno la potenzialita’ di essere ogni tipo di cellula ematica.<br />

Queste cellule sono essenziali per il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali (SCT)<br />

proprio perché generano nuove cellule del midollo osseo e del sangue. Spesso è difficile<br />

raccogliere queste cellule periferiche nei pazienti affetti da AML perché le cellule possono<br />

essere state danneggiate da precedenti chemioterapie.<br />

Il G-CSF è prodotto naturalmente dall’organismo e agisce stimolando la crescita dei<br />

globuli bianchi. La tecnologia del DNA ha reso possibile la produzione di questo fattore di<br />

crescita come prodotto ricombinante. Il filgrastim (r-metHuG-SFC) è un liquido limpido e<br />

incolore disponibile per iniezione in fiala singola da 300 (1 mL) o 480µg (1,6 mL) e in<br />

siringhe monouso, preriempite, per permettere al paziente o al curante di somministrare<br />

agevolmente il farmaco a domicilio. Il filgrastim è maggiormente efficace quando<br />

somministrato per iniezione sottocutanea. Comunque, se questa via di somministrazione<br />

fosse controindicata, e’ possibile aggiungere al farmaco 50 mL di soluzione salina e<br />

somministrarlo per infusione endovenosa (in vena centrale o periferica) nel tempo di<br />

10–30 minuti o aggiungerlo in bolo ad una linea che infonde soluzione salina. Possibili<br />

effetti collaterali comprendono dolore osseo, dolore articolare, mialgie, sintomi similinfluenzali<br />

e mal di testa. Questi sono dovuti all’aumento dei globuli bianchi periferici e<br />

alla capacità dei G-CSF di stimolare lo sviluppo di una quantità supplementare di cellule<br />

nel midollo osseo. Filgrastim è indicato nei casi di neutropenia indotta da chemioterapia,<br />

poiche’ riduce da durata della neutropenia stessa e quindi il rischio di infezione, e per la<br />

mobilizzazione delle cellule staminali nel sangue periferico dei pazienti e dei donatori.


Il filgrastim (300µg) venne somministrato a John per mezzo di iniezioni sottocutanee<br />

praticate sull’addome a partire dal settimo giorno dopo la fine del suo ciclo di<br />

chemioterapia. Egli tollero’ bene le iniezioni, non si verificarono rossore localizzato o<br />

reazioni. In quel momento i suoi globuli bianchi erano 0,7x109 /L (valori normali<br />

3,7–9,5x109 /L), con una conta dei neutrofili di 0,1x109 /L (valori normali 1,7–7,5x109 /L).<br />

John sperimento’ effetti collaterali minimi tra cui moderato dolore articolare, alleviato da<br />

paracetamolo 1g, al sesto giorno di somministrazione. A questo stadio i suoi globuli<br />

bianchi erano saliti e avevano raggiunto 8,8x109 /L, con una conta dei neutrofili di<br />

8,1x109 /L. Nei giorni seguenti i suoi globuli bianchi diventarono 14,6x109 /L.<br />

Il marker che si trova comunemente sulle cellule staminali è il CD34 e il sangue periferico<br />

può essere monitorato per elevare il numero di cellule CD34 positive. Quando la conta<br />

raggiunge i 20mL o oltre, i pazienti cominciano la prima leucaferesi, in accordo con la<br />

pratica locale. La leucaferesi è il prelievo di globuli bianchi dal sangue. In ottava giornata<br />

a John venne misurato il livello dei CD34 periferici che era 70,6mL. Quindi, John venne<br />

collegato alla macchina per la leucaferesi per mezzo di un raccordo connesso ad<br />

entrambi i lumi della sua linea di Hickman. Per raccogliere uno strato di globuli bianchi il<br />

sangue viene fatto refluire da un lume e fatto ruotare nella centrifuga. Il sangue rimanente<br />

viene poi miscelato e reimmesso attraverso l’altro lume. La procedura ha richiesto<br />

approssimativamente 4 ore e John non ha avuto effetti spiacevoli eccetto un lieve<br />

formicolio alle labbra e alla punta delle dita. Ciò è dovuto all’ipocalcemia causata<br />

dall’aggiunta di acido citrato destrosio al sangue per prevenirne la coagulazione nella<br />

macchina. La tossicita’ dovuta al citrato è un effetto collaterale comune della leucaferesi.<br />

La procedura ha consentito una buona raccolta di cellule staminali (3,8x106 /kg di cellule<br />

CD34 positive), più che sufficienti per il trapianto di cellule staminali del sangue periferico.<br />

Le cellule vennero crioconservate e immagazzinate per l’eventuale uso futuro nel caso John<br />

ne necessitasse. John fu in grado di tornare a casa subito dopo la raccolta e sarebbe<br />

ritornato in ospedale entro una settimana per il suo terzo ciclo di chemioterapia. Egli non<br />

ebbe bisogno dell’infusione di cellule staminali in nessuno stadio della cura, ma se ne<br />

avesse avuto bisogno sarebbe stato avvantaggiato dalla buona mobilizzazione e dalla<br />

buona raccolta di cellule staminali effettuata. Un’alta conta dei CD34 può consentire il più<br />

rapido attecchimento dopo il trapianto.<br />

Sommario<br />

Il G-CSF è una citochina che controlla l’ematopoiesi, specificamente la maturazione dei<br />

neutrofili. I neutrofili sono coinvolti nella risposta imunitaria alle infezioni e alle lesioni tessutali.<br />

Sono anche una delle componenti cellulari del sistema immunitario che vengono uccise dalla<br />

chemioterapia, a causa dei suoi effetti non specifici sulle cellule che si replicano attivamente.<br />

Pertanto, la capacità di promuovere il recupero dei neutrofili dopo la chemioterapia è<br />

clinicamente importante.<br />

Il filgrastim G-CSF ricombinante ha dimostrato di essere efficace nel promuovere il recupero dei<br />

neutrofili. Tuttavia, come indicato negli esempi degli usi clinici del filgrastim, si tratta di una<br />

terapia di supporto che non ha attività antitumorale diretta. Quindi, piuttosto che agire<br />

uccidendo o sopprimendo le cellule tumorali, il filgrastim attenua alcuni dei problemi creati<br />

dalle terapie antitumorali. Inoltre, i suoi effetti non sono specificamente mirati all’anormalita’<br />

delle cellule tumorali. Piuttosto, il filgrastim aggiunge la sua azione agli effetti dei G-CSF<br />

prodotti naturalmente dall’organismo.<br />

6<br />

Il filgrastim G-CSF<br />

ricombinante ha<br />

dimostrato di<br />

essere efficace nel<br />

promuovere il<br />

recupero dei<br />

neutrofili.<br />

6.27


6<br />

L’IL-2 ricombinante<br />

è utilizzato per<br />

stimolare il sistema<br />

immunitario ed ha<br />

attività<br />

antitumorale nel<br />

tumore del rene<br />

metastatico e nel<br />

melanoma.<br />

6.28<br />

Caso clinico n. 2: IL-2 ricombinante, un agente biologico non<br />

mirato con attività antitumorale<br />

L’IL-2 ricombinante è utilizzato per stimolare il sistema immunitario ed ha attività antitumorale<br />

nel tumore del rene metastatico e nel melanoma. Quindi, l’IL-2 ricombinante non è una terapia<br />

biologica di supporto come il filgrastim ma, come indicato in dettaglio più sotto, non è<br />

nemmeno una terapia biologica mirata.<br />

Attività dell’IL-2<br />

L’IL-2 è una citochina che ha funzioni di controllo della risposta immunitaria ma è<br />

particolarmente importante per l’attivazione specifica delle cellule T. Essa stimola la<br />

proliferazione delle cellule T (Figura 6.13) e attiva anche le cellule natural killer. Generalmente<br />

viene rilasciata dalle cellule T dopo che sono state attivate dagli antigeni in presenza di fattori<br />

costimolatori.<br />

T H<br />

Cellule T-helper<br />

Activazione<br />

La stimolazione della proliferazione di cellule T da parte dell’IL-2 è seguita dall’espansione<br />

clonale e dalla differenziazione di cellule T per produrre linfociti effettori e cellule della<br />

memoria (cellule immunitarie che “ricordano” l’antigene e possono essere prontamente<br />

riprodotte in un tempo successivo). Queste sono le cellule che hanno specifica attività<br />

immunitaria ed assicurano che sia conservata la risposta immunitaria ad un particolare<br />

antigene.<br />

IL-2 come terapia antitumorale<br />

IL-2<br />

Proliferazione<br />

Figura 6.13. Proliferazione delle cellule T stimolata da IL-2.<br />

T H<br />

Il corpo umano produce una risposta immunitaria contro le cellule tumorali. Tuttavia, questa<br />

risposta è generalmente limitata perché le cellule tumorali non possiedono le caratteristiche<br />

specifiche che sono necessarie per innescare una risposta immunitaria completa. Un mezzo per<br />

potenziare la risposta immunitaria contro le cellule tumorali è quello di aggiungere o<br />

rimpiazzare i fattori che non sono prodotti in risposta alla presenza di cellule tumorali. Uno di<br />

questi fattori è la citochina IL-2.<br />

T H<br />

T H<br />

T H<br />

T H<br />

T H


La produzione di grandi quantità di Il-2 purificata si è potuta realizzare quando il gene dell’Il-2<br />

è stato clonato, inserito ed espresso dal batterio Escherichia coli. La somministrazione di questa<br />

forma di Il-2 purificata in modelli animali ha dimostrato la capacità di stimolare la<br />

proliferazione di cellule T e la regressione tumorale.<br />

Gli usi clinici approvati dell’Il-2 sono attualmente limitati al melanoma maligno e al tumore del<br />

rene, tipi di tumori che sono noti per essere debolmente immunogenici e quindi suscettibili di<br />

miglioramento della reattivita’ immunitaria. I tassi di risposta alla monoterapia con Il-2 variano<br />

dal 15 al 25% in pazienti affetti da melanoma a seconda delle dosi utilizzate e delle<br />

caratteristiche dei pazienti. Tassi di risposta superiori al 50% sono stati osservati quando l’Il-2 è<br />

impiegato in combinazione con altri agenti come la chemioterapia. In pazienti affetti da tumore<br />

del rene, sono stati ottenuti tassi di risposta superiori al 23% con l’Il-2 come singolo agente<br />

terapeutico. Questo tasso di risposta è simile a quello ottenuto da alcuni degli agenti<br />

chemioterapici utilizzati per la cura di questa malattia e le risposte sono di solito a lungo<br />

termine (Figura 6.14).<br />

Proporzione di risposte<br />

1.0<br />

0.9<br />

0.8<br />

7.0<br />

6.0<br />

5.0<br />

4.0<br />

3.0<br />

2.0<br />

1.0<br />

Risposta parziale (n=22)<br />

Tempo (mesi)<br />

Risposta completa (n=21)<br />

0<br />

0 12 24 36 48 60 72 84 96 108 120 132 144<br />

Figura 6.14. Le risposte complete alla terapia con Il-2 sono spesso di lunga durata in pazienti affetti<br />

da tumore del rene. Riprodotta, con licenza, da Rosenburg et al. Ann Surg 1998;228:307–19.<br />

Questi vantaggi sono stati ottenuti utilizzando un regime di Il-2 somministrata in bolo ad alte<br />

dosi (600.000–720.000 IU/kg infuse ogni 8 ore per più di 10 cicli e ripetute dopo 7–10<br />

giorni). Il regime che utilizza boli a dosi inferiori (72.000 IU/kg) sembra essere molto meno<br />

efficace. Tuttavia, il regime ad alte dosi produce significativi effetti collaterali (Tavola 6.5), con<br />

la maggior parte dei pazienti che sperimentano febbre e più del 35% che sviluppano<br />

ipotensione. Molti di questi effetti collaterali sono dovuti agli effetti non specifici dell’Il-2 sul<br />

sistema immunitario. Per esempio, l’Il-2 induce citochine pro-infiammatorie, che si ritiene<br />

giochino il ruolo principale nella tossicita’ Il-2 associata. Quindi, sebbene gli effetti collaterali<br />

possano essere gestiti con la terapia appropriata, si stanno studiando interventi e regimi per<br />

aumentare la sicurezza di questo agente. Questi comprendono la somministrazione<br />

sottocutanea (2–30 milioni IU/m2 /giorno, 5 o 6 giorni la settimana), che non fornisce<br />

l’efficacia della somministrazione in bolo ad alte dosi ma è meglio tollerata, e l’infusione<br />

endovenosa continuata (7.000–50.000 IU/kg/ora), che sembra avere ridotta efficacia a dosi<br />

inferiori e produce simile efficacia ma anche simile tossicita’ a dosi più alte.<br />

6<br />

I tassi di risposta<br />

alla monoterapia<br />

con Il-2 variano<br />

dal 15 al 25% in<br />

pazienti affetti da<br />

melanoma . . .<br />

. . . l’Il-2 induce<br />

citochine<br />

pro-infiammatorie,<br />

che si ritiene<br />

giochino il ruolo<br />

principale nella<br />

tossicita’ Il-2<br />

associata.<br />

6.29


6<br />

6.30<br />

Tavola 6.5. Effetti collaterali della terapia con Il-2.<br />

Sindrome della permeabilita’ vascolare (edema generalizzato, aumento di peso,<br />

congestione polmonare, ipotensione, effusione pleurica, ascite)<br />

Febbre e brividi<br />

Disturbi della funzionalita’ cardiaca<br />

Tossicita’ renale<br />

Anoressia<br />

Nausea e vomito<br />

Diarrea<br />

Glossite e stomatite<br />

Tossicita’ epatica<br />

Modificazioni del comportamento e disturbi del sonno<br />

Mialgia e artralgia<br />

Eritema<br />

Anemia<br />

Infezione<br />

Caso clinico – IL-2<br />

Peter Brown è un uomo di 46 anni cui è stato recentemente diagnosticato un carcinoma<br />

renale (RCC). Alla diagnosi gli era stata scoperta una massa di 6x10 cm localizzata al<br />

rene destro e depositi metastatici ad entrambi i polmoni. Il signor Brown viene inviato da<br />

un oncologo che decide per il trattamento con IL-2 quale cura più appropriata per il suo<br />

stadio di malattia.<br />

Dopo aver parlato con l’oncologo, Peter ha avuto un colloquio anche con l’infermiera<br />

specializzata che ha discusso con lui il programma di cure previsto e gli effetti collaterali<br />

che avrebbe potuto sperimentare. È stato anche consigliato sul miglior modo di aiutare se<br />

stesso durante il ciclo di trattamento. I consigli hanno trattato anche informazioni relative<br />

all’assunzione di liquidi e all’apporto nutrizionale, dal momento che l’anoressia è un<br />

effetto collaterale comune durante la cura con IL-2. Inoltre, gli è stato spiegato come<br />

gestire i possibili episodi di nausea e come curare la cute. Un comune effetto collaterale<br />

dell’IL-2 è la cute secca, che si desquama, accompagnata da prurito. A Peter è stata<br />

prescritta una crema emolliente per uso topico e anche un emolliente solubile in acqua da<br />

aggiungere all’acqua del bagno. Questi prodotti aiutano a mantenere la pelle ben<br />

idratata e inoltre prevengono irritazioni, screpolature e desquamazione. In caso di prurito,<br />

a Peter sarebbe stata prescritta una crema a base acquosa contenente mentolo e un<br />

antistaminico.<br />

Prima di cominiciare l’infusione di IL-2 sono stati rilevati i parametri vitali di base con<br />

l’osservazione della temperatura, del polso, della frequenza respiratoria, della pressione


arteriosa e della pressione venosa centrale (PVC), la rilevazione è stata ripetuta ogni 4<br />

ore. Inoltre, sono stati misurati sia l’apporto che le perdite di liquidi, che sono stati<br />

registrati sulla scheda del bilancio idrico. A Peter venne spiegata la necessità di un attento<br />

monitoraggio per assicurare la rilevazione e il trattamento precoce degli effetti collaterali.<br />

Prima di cominciare l’infusione di IL-2, gli fu dato un farmaco anti-infiammatorio non<br />

steroideo per via orale. Questa terapia viene somministrata come profilassi della febbre, e<br />

la sua azione continua per tutta la durata dell’infusione. Approssimativamente due ore<br />

dopo l’inizio del trattamento, egli lamento’ di sentire freddo e ci si accorse che<br />

rabbrividiva. La sua temperatura era di 36˚C. I brividi si intensificarono (rigor) e, siccome<br />

persistevano da più di 20 minuti, a Peter furono somministrati 12,5 mg di petidina e.v. Ciò<br />

pose rapidamente fine al rigor, dopo di che la sua temperatura raggiunse i 38,5˚C. Gli fu<br />

dato 1g di paracetamolo per ridurre la temperatura.<br />

Il terzo giorno di trattamento, il viso di Peter appariva gonfio ed egli lamentava che i<br />

vestiti gli andavano stretti. Il suo peso era cresciuto di piu’ del 5% nelle ultime 24 ore e la<br />

scheda del bilancio idrico mostrava un bilancio positivo di 3 litri, con diminuzione della<br />

quantità delle urine. Inoltre egli era moderatamente ipoteso (100/60 mmHg) ed era<br />

tachicardico (105 bpm). La misurazione della PVC diede il risultato di 1 cmH2O (valori di<br />

riferimento 5–8cmH2O). Fu deciso che stava soffrendo della sindrome della permeabilita’<br />

capillare e che i suoi liquidi intravascolari erano diminuiti. Quel giorno furono eseguiti<br />

nuovamente gli esami ematici, che rivelarono livelli di urea elevati e una diminuzione<br />

dell’albumina sierica, dati che supportarono la diagnosi fatta. Gli fu prescritta l’infusione<br />

di una soluzione di 200 ml di albumina concentrata (albumina al 20%). Dopo questa<br />

infusione, della durata di 1 ora, la PVC di Peter era cresciuta a 4,5cmH2O e la sua<br />

pressione arteriosa era salita a 130/80mmHg. La diuresi aumento’ e si mantenne più<br />

abbondante. Egli completo’ la sua infusione al quinto giorno senza soffrire di altri seri<br />

effetti collaterali.<br />

Sommario<br />

L’Il-2 è una citochina prodotta naturalmente dall’organismo che ha una grande varieta’ di effetti<br />

sul sistema immunitario. In relazione al suo ruolo quale terapia antitumorale, la caratteristica<br />

più importante è l’attivazione delle cellule T. Le cellule T sono note per avere un ruolo nella<br />

risposta immunitaria che è accresciuta per certi tumori. Tuttavia, questa risposta è limitata<br />

dall’incapacita’ delle cellule tumorali di stimolare pienamente tutte le componenti essenziali<br />

della risposta immunitaria. Una delle componenti che vangono a mancare è proprio l’Il-2.<br />

È stato dimostrato che la somministrazione di Il-2 ricombinante stimola la piena risposta delle<br />

cellule T a tumori debolmente immunogenici quali il melanoma e il tumore renale. Ciò è<br />

attestato dalle risposte che si verificano in più di un quarto dei pazienti, molti dei quali sono<br />

lungo-sopravviventi. Comunque, siccome l’Il-2 ricombinante produce gli stessi effetti dell’Il-2<br />

naturale, la terapia è associata ad una vasta gamma di effetti collaterali. Questi sono correlati<br />

agli effetti dell’Il-2 sui percorsi di altre citochine e componenti del sistema immunitario. La<br />

conseguenza di questa mancanza di specificita’ riguarda la piena potenzialita’ dell’Il-2<br />

ricombinante che forse non ha potuto essere riconosciuta a causa della limitazione delle dosi.<br />

Ciò nonostante, l’Il-2 ricombinante ha una attività antitumorale significativa e valida, ed ha un<br />

ruolo importante nel trattamento del tumore del rene.<br />

6<br />

6.31


6<br />

L’anticorpo<br />

monoclonale<br />

umanizzato anti-<br />

HER2 Herceptin ® è<br />

stato sviluppato<br />

razionalmente per<br />

colpire<br />

specificamente<br />

l’oncogene<br />

HER2 . . .<br />

. . . l’HER2<br />

rappresenta un<br />

nuovo ed<br />

importante<br />

bersaglio<br />

terapeutico.<br />

6.32<br />

Caso clinico n. 3: La terapia anticorpale monoclonale con anti-<br />

HER2 umanizzato, un oncogene bersaglio biologico come agente<br />

antitumorale<br />

L’anticorpo monoclonale umanizzato anti-HER2 Herceptin ® è stato sviluppato razionalmente per<br />

colpire specificamente l’oncogene HER2, che è noto per la sua attività nello sviluppo di diversi<br />

tumori. Trials clinici hanno dimostrato che l’Herceptin ® è efficace nel trattamento del tumore<br />

metastatico della mammella HER2 positivo, producendo incrementi significativi della durata<br />

della sopravvivenza complessiva.<br />

Le ragioni fondamentali della specificita’ di bersaglio HER2<br />

Come descritto nel Modulo 3, l’HER2 è un proto-oncogene codificante per un recettore di<br />

superficie con attività di stimolazione della crescita. L’amplificazione di questo gene e la<br />

successiva sovraespressione della proteina codificata (positivita’ all’HER2) si verifica nella fase<br />

iniziale dello sviluppo del tumore della mammella, ma non interessa le cellule normali.<br />

Le cellule HER2 positive mostrano molte delle caratteristiche delle cellule tumorali, tra cui la<br />

crescita cellulare incontrollata, aumentata sintesi del DNA e del potenziale metastatico,<br />

probabilmente dovute ad un incremento dei segnali di crescita. Inoltre, approssimativmente il<br />

20% delle donne affette da tumore della mammella che sono HER2 positive:<br />

● hanno prognosi infausta, con riduzione della sopravvivenza complessiva<br />

● hanno risposte alterate alle terapie comunemente impiegate per il tumore della mammella,<br />

incluse le antracicline e il tamoxifene.<br />

Queste osservazioni indicano che la positivita’ all’HER2 ha un ruolo chiave nella patogenesi<br />

del tumore della mammella e che bloccare l’attività del gene HER2 nelle cellule tumorali<br />

utilizzando agenti mirati ha probabilmente effetti antitumorali diretti e non colpisce le cellule<br />

normali. Perciò’, l’HER2 rappresenta un nuovo ed importante bersaglio terapeutico.<br />

Sviluppo della terapia specifica mirata all’HER2<br />

Prima dello sviluppo dell’Herceptin ® , numerosi studi avevano mostrato che gli anticorpi<br />

monoclonali anti-HER2 potevano inibire la crescita dei tumori e delle cellule che esprimono alti<br />

livelli di HER2. Perciò’, volendo sviluppare un agente per l’uso clinico, gli anticorpi monoclonali<br />

anti-HER2 sono stati una scelta razionale. Un anticorpo monoclonale dotato di potente attività<br />

antitumorale era stato selezionato per ulteriori sviluppi. Questo anticorpo, l’anticorpo murino<br />

monoclonale 4D5, aveva mostrato di avere attività antiproliferativa specifica per le cellule<br />

HER2 positive; le cellule HER2 negative erano insensibili al 4D5. Ma il 4D5 è un anticorpo<br />

murino monoclonale. Come descritto nel Modulo 5, questi anticorpi vengono riconosciuti come<br />

estranei dal sistema immunitario umano e neutralizzati. Quindi, occorreva identificare un modo<br />

per superare questa risposta.<br />

La tecnica del DNA ricombinante è stata perciò utilizzata per rimpiazzare tutte le sequenze del<br />

4D5 con sequenze umane ad eccezione di quelle per il riconoscimento dell’HER2 (vedi Figure<br />

6.2 e 6.3). Il gene ricombinante è stato poi espresso in una linea cellulare animale che secerne<br />

l’anticorpo monoclonale umanizzato risultante nel suo medium di coltura. L’anticorpo<br />

monoclonale umanizzato è noto come anticorpo monoclonale umano ricombinante (rhuMAb)<br />

HER2, trastuzumab o Herceptin“, ed è umano per il 95% e murino solo per il 5%. Ciò consente<br />

di superare il problema della risposta immunitaria perché l’anticorpo monoclonale non viene<br />

più riconosciuto come proteina estranea. L’Herceptin ® :


● si lega all’HER2 in modo tre volte più forte che non il 4D5<br />

● previene effettivamente la proliferazione delle linee cellulari HER2 positive<br />

● non colpisce la proliferazione delle linee cellulari HER2 negative<br />

● nei topi inibisce del 50% la crescita di tumori HER2 positivi<br />

● aumenta gli effetti degli agenti chemioterapici, a causa delle interazioni positive tra il nuovo<br />

meccanismo di azione dell’Herceptin ® e questi agenti.<br />

Selezione dei pazienti da sottoporre a terapia con Herceptin ®<br />

L’esperienza preclinica con Herceptin ® ha mostrato che esso è efficace solo con le cellule HER2<br />

positive. Questo indica che l’Herceptin ® sarà efficace solo contro i tumori HER2 positivi,<br />

introducendo il concetto di terapia mirata tumore-specifica nella pratica clinica. Ciò ha dato<br />

origine alla necessità di identificare i tumori che sono HER2 positivi e quindi probabilmente<br />

responsivi alla terapia con Herceptin ® . Stabilire lo status HER2 è un prerequisito della terapia<br />

con Herceptin ® ed è di fondamentale importanza perché differenzia la terapia con Herceptin ®<br />

dai trattamenti che utilizzano filgrastim o Il-2, per cui non sono necessari criteri di selezione dei<br />

pazienti correlati al bersaglio terapeutico. Le tecniche principali utilizzate per stabilire lo status<br />

HER2 sono l’immunoistochimica (IHC) e l’ibridizzazione a fluorescenza in-situ (FISH) (vedi<br />

Modulo5).<br />

Sperimentazione clinica con Herceptin ®<br />

I primi trials clinici dell’Herceptin ® , sia come monoterapia sia in combinazione con cisplatino,<br />

riguardanti donne con tumore metastatico della mammella HER2 positivo pretrattato, hanno<br />

mostrato la possibilita’ di ottenere risposte tumorali e la buona tollerabilita’ del trattamento.<br />

Inoltre, le pazienti non sviluppavano anticorpi in grado di neutralizzare l’Herceptin ® .<br />

Questi studi hanno costituito le basi per condurre importanti trials clinici dedicati all’Herceptin ® .<br />

Recentemente sono stati condotti due trials di fondamentale importanza:<br />

● un trial di fase II dedicato alla monoterapia con Herceptin ® per donne affette da tumore<br />

della mammella HER2 positivo già sottoposte a uno o due precedenti regimi chemioterapici<br />

per malattia metastatica (HO649g)<br />

● un trial randomizzato di fase III relativo al paclitaxel o all’antraciclina/ciclofosfamide con o<br />

senza Herceptin ® come terapia di prima linea per il tumore della mammella metastatico<br />

HER2 positivo (HO648g).<br />

Nel primo di questi trial, l’Herceptin ® ha prodotto tassi di risposta rispettivamente del 18% e del<br />

21% in pazienti che erano fortemente HER2 positive all’IHC e HER2 positive alla FISH. La<br />

durata della sopravvivenza è stata di 16,4 mesi in entrambi i casi (Figura 6.15).<br />

Nell’importante trial di fase III, l’aggiunta di Herceptin ® ‚ alla chemioterapia ha mostrato di<br />

aumentare significativamente i risultati attesi per le pazienti. Sono stati osservati tassi di<br />

risposta superiori al 60% quando l’Herceptin ® ‚ è stato aggiunto alla chemioterapia. Inoltre, è<br />

particolarmente degno di nota il fatto che l’Herceptin ® ‚ ha aumentato la durata della<br />

sopravvivenza fino al 45% (Figura 6.16). Erano molti anni che non veniva osservato per il<br />

tumore metastatico della mammella un tale vantaggio in termini di sopravvivenza con una<br />

nuova terapia. Quindi, colpire in modo specifico l’HER2 si è dimostrata un’efficace strategia<br />

antitumorale.<br />

6<br />

L’esperienza<br />

preclinica con<br />

Herceptin ® ha<br />

mostrato che esso<br />

è efficace solo con<br />

le cellule HER2 . . .<br />

I primi trials clinici<br />

dell’Herceptin ® . . .<br />

hanno mostrato la<br />

possibilita’ di<br />

ottenere risposte<br />

tumorali e la<br />

buona tollerabilita’<br />

del trattamento.<br />

. . . l’Herceptin ® ‚<br />

ha aumentato la<br />

durata della<br />

sopravvivenza fino<br />

al 45% . . .<br />

6.33


6<br />

6.34<br />

Probabilita˘<br />

1.0<br />

0.8<br />

0.6<br />

0.4<br />

0.2<br />

n=166<br />

16.4 mesi<br />

0<br />

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30 33 36 39 42 45<br />

Tempo (mesi)<br />

Figura 6.15. La durata della sopravvivenza delle pazienti affette da tumore metastatico della<br />

mammella fortemente HER2 positivo trattate con Herceptin come monoterapia.<br />

Probabilita˘ di sopravvivenza<br />

1.0<br />

0.8<br />

0.6<br />

0.4<br />

0.2<br />

0<br />

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50<br />

Tempo (mesi)<br />

Herceptin ® + CT<br />

CT<br />

p


Febbre<br />

Sindrome influenzale<br />

Disturbi cardiaci<br />

Neuriti perferiche<br />

Mielosopressione di 3/4 grado<br />

Infezione<br />

Mialgia<br />

Parestesia<br />

Alopecia<br />

L’unico serio effetto collaterale osservato con l’Herceptin ® e’ stato un aumento inaspettato<br />

dell’incidenza della tossicita’ cardiaca e rare reazioni gravi correlate all’infusione. Questi ultimi<br />

casi si sono verificati in donne con severa compromissione respiratoria correlata alla patologia,<br />

cui erano di solito somministrate solo terapie palliative, e si trattava di reazioni controllabili<br />

nella maggior parte dei casi. La cardiotossicita’ sembra correlata fondamentalmente all’utilizzo<br />

concomitante o precedente di antracicline, che sono note per la possibile cardiotossicita’, ed è<br />

probabile che l’Herceptin ® possa interferire con la riparazione dei danni cardiaci indotti dalle<br />

antracicline. Comunque, la cardiotossicita’ è gestibile con terapia medica standard e il risultato<br />

per il paziente è simile sia se l’Herceptin ® viene sospeso sia se viene continuato.<br />

In base a queste ricerche e riconoscendo la selettivita’ dell’Herceptin ® per i tumori della<br />

mammella che hanno alti livelli di HER2, Herceptin ® è stato approvato per la cura delle donne<br />

affette da tumore metastatico della mammella fortemente HER2 positivo quale:<br />

● terapia di prima linea in combinazione con paclitaxel<br />

● monoterapia per le donne cui sono stati somministrati precedentemente antracicline e<br />

taxani.<br />

Caso clinico - Herceptin ®<br />

0 10 20 30 40 50 60<br />

Percentuale di pazienti<br />

Herceptin ®<br />

Paclitaxel<br />

Figura 6.17. L’Herceptin ® ‚ produce una gamma di effetti collaterali, la maggior parte dei quali di<br />

severita’ da lieve a moderata, che sono diversi rispetto a quelli della chemioterapia.<br />

Il 28 Aprile 1996, Gill Harris, una donna di 36 anni affetta da tumore della mammella, è<br />

sconvolta nell’apprendere durante un appuntamento clinico che il tumore da cui è affetta<br />

non ha risposto alla chemioterapia. Poiche’ si trattava di un trattamento di seconda linea<br />

per tumore metastico, le possibilita’ di ricevere una cura efficace diminuivano. Era<br />

comprensibilmente scioccata e come intontita in uno stato di rifiuto di ogni comunicazione.<br />

Gill odiava dover andare in ospedale, odiava essere malata, odiava il <strong>cancro</strong> e odiava<br />

se stessa! Desiderava semplicemente rimanere a casa ad occuparsi della figlia di tre anni<br />

e mezzo e godere dei piaceri offerti dalla vita familiare.<br />

6<br />

. . . Herceptin ® è<br />

stato approvato<br />

per la cura delle<br />

donne affette da<br />

tumore metastatico<br />

della mammella<br />

fortemente HER2<br />

positivo . . .<br />

6.35


6<br />

6.36<br />

In quel periodo, la Genetech Inc. stava conducendo uno studio multinazionale e “open<br />

label” di fase III dedicato all’anticorpo monoclonale umanizzato ricombinante anti-HER2,<br />

Herceptin ® , per pazienti con tumori HER2 positivi che avevano avuto ricadute dopo due<br />

regimi di chemioterapia citotossica per tumore metastatico della mammella.<br />

Dopo essere stata informata sul trial, a Gill fu consegnato un modulo informativo da<br />

leggere a casa insieme al marito. Le fu consigliato di ritornare la settimana seguente per<br />

ogni possibile domanda e le si anticipo’ che per quella data sarebbe stato noto il suo<br />

status HER2.<br />

Il dipartimento di istopatologia determino’ che il tessuto mammario primario di Gill era<br />

fortemente HER2 positivo.<br />

Gill ritorno’ la settimana seguente armata di molte domande, soprattutto sul regime<br />

terapeutico e di come questo poteva accordarsi con la sua vita familiare. Il tono<br />

dell’umore continuava a rimanere basso e lei era come al solito poco espansiva. Dal<br />

punto di vista clinico, il Karnofsky Performance Status (KPS) di Gill era dell’80% e<br />

nonostante l’entità della malattia, con metastasi in diverse sedi ossee, cutanee (parete<br />

toracica) e tre grandi lesioni al fegato, i suoi soli sintomi erano lieve astenia e basso tono<br />

dell’umore caratterizzato dalla frequente presenza di pensieri morbosi rivolti al futuro. Le<br />

fu offerta la possibilita’ di counselling, ma rifiuto’.<br />

Fu ottenuto il consenso al trattamento e a Gill fu dato appuntamento per il giorno<br />

successivo presso la stanza di degenza per ricevere la terapia. Le fu ricordato che il<br />

principale effetto collaterale da aspettarsi con la dose di carico poteva essere brivido e/o<br />

rigor e che sarebbe stato saggio dedicare almeno 1 ora e mezza al trattamento.<br />

Quando arrivo’ al day hospital, Gill era comprensibilmente nervosa in attesa di ricevere la<br />

sua prima dose di Herceptin“, ma le fu assicurato che un’infermiera l’avrebbe assistita per<br />

tutta la durata del trattamento. Le fu dato 1g di paracetamolo come premedicazione 1 ora<br />

prima dell’infusione e vennero rilevati i suoi segni vitali, che erano nella norma. Fu invitata<br />

a sedersi comodamente sul letto durante l’incannulamento della vena e a rimanervi<br />

durante tutta la durata del trattamento.<br />

Alle 3pm l’Herceptin ® venne diluito in 250mL di soluzione di sodio cloruro collegata ad un<br />

set di infusione a Y, in seconda linea fu posta una soluzione di sodio cloruro da 500mL da<br />

usare per lavaggio. L’infusione fu cominciata a velocita’ costante per infondere il<br />

trattamento in un’ora e mezza. A venti minuti dall’inizio dell’infusione, Gill lamento’ di<br />

sentire molto freddo: la sua temperatura scese a 35˚C. L’infusione di Herceptin ® fu quindi<br />

sospesa e lasciata scorrere la soluzione di sodio cloruro di lavaggio. Nel tentativo di<br />

alleviare la sensazione di freddo, furono date a Gill delle coperte di lana. Tuttavia, Gill<br />

comincio’ a rabbrividire e lamento’ di sentire sempre più freddo. Dopo 5 minuti, i brividi<br />

peggiorarono, divennero più forti e generalizzati. Le furono somministrati 12,5mg di<br />

petidina endovena. Cinque minuti dopo il rigor persisteva e le furono somministrati<br />

ulteriori 12,5mg di petidina endovena. Alcuni minuti più tardi i brividi cominciarono<br />

diminuire, fino a cessare del tutto. La somministrazione di Herceptin ® fu ripresa dopo un<br />

intervallo di 30 minuti e fu possibile terminare la somministrazione in 1 ora e dieci minuti.<br />

La temperatura, il polso, la respirazione e la pressione arteriosa di Gill furono rilevate<br />

ogni 30 minuti per tutta la durata del trattamento e per 1 ora dopo il trattamento.<br />

Alla fine, il marito di Gill venne a prenderla e furono rassicurati sul fatto che molto


probabilmente il successivo trattamento settimanale non avrebbe prodotto gli stessi sintomi.<br />

In 3 settimane, Gill si trasformo’ da persona reticente e pessimista a persona felice e piena<br />

di passione, con un meraviglioso entusiasmo per la vita. Il suo KPS era cresciuto da 80% a<br />

100%. Ora, le lesioni cutanee erano osservabili ma non misurabili.<br />

All’ottava settimana, tutte le lesioni misurabili furono valutate per il grado di risposta<br />

all’Herceptin. Le lesioni cutanee erano divenute anche meno osservabili e le lesioni<br />

epatiche erano diminuite di più del 50% comportando una parziale risposta. Le lesioni<br />

ossee erano stabili.<br />

In 16 settimane, tutte le lesioni cutanee e due delle lesioni epatiche erano completamente<br />

scomparse. Gill era esultante. Aveva da poco ricominciato a lavorare e l’intera famiglia<br />

viveva più felicemente.<br />

Alla 36esima settimana Gill comincio’ a lamentare un lieve dolore osseo all’anca sinistra.<br />

Alla 48esima settimana uno scan osseo rilevo’ nuove lesioni ossee, e ciò significava una<br />

progressione della malattia. L’Herceptin ® venne sospeso.<br />

Gill comincio’ la radioterapia palliativa alle sedi di dolore osseo.<br />

Infine Gill ebbe una progressione di malattia a livello cerebrale e mori’ tragicamente nel<br />

Novembre del 1997.<br />

Sebbene questa storia abbia un triste epilogo, se gli eventi sono visti in prospettiva è<br />

possibile apprezzare e capire come la paziente e la sua famiglia abbiano potuto trarre<br />

beneficio dalla terapia con Herceptin ® . In primo luogo, l’Herceptin ® ha visibilmente<br />

aggredito le localizzazioni metastatiche della malattia. Con la diminuzione della massa<br />

tumorale, l’energia di Gill era aumentata.<br />

In secondo luogo, oltre al brivido e al rigor sperimentati da Gill alla somministrazione<br />

della dose di carico, non si verificarono altri effetti collaterali. Non si verificarono infatti<br />

perdita dei capelli, nausea o stanchezza, sintomi di cui soffrono frequentemente i pazienti<br />

sottoposti a chemioterapia.<br />

Comunque, la cosa più importante fu la qualità di vita di cui Gill e la sua famiglia<br />

poterono godere per quasi un anno. Purtroppo, la figlia di Gill dovrà conoscere il dolore<br />

della perdita materna, ma avrà almeno un concreto ricordo della madre, forte e<br />

sorridente, che l’accompagnava in un giorno importante: il suo primo giorno di scuola.<br />

Sommario<br />

L’Herceptin ® ha attività antitumorale diretta su una specifica popolazione di cellule: quelle che<br />

sono HER2 positive. Poiche’ le cellule normali non sono HER positive, l’Herceptin ® esercita la<br />

sua azione solo sulle cellule tumorali HER positive. Ciò ha delle implicazioni importanti per la<br />

cura dei pazienti.<br />

Lo status HER2 del tumore deve essere stabilito per tutti i pazienti che vengono presi in<br />

considerazione per la terapia con Herceptin ® . Solo quelli affetti da tumori che hanno mostrato<br />

una forte positivita’ all’HER2 sono eligibili per la terapia. Ciò assicura che vengano trattati con<br />

Herceptin ® solo i pazienti affetti da tumori che probabilmente risponderanno al trattamento.<br />

Questa specificita’ di bersaglio della terapia evita di sottoporre i pazienti a cure non<br />

necessarie e assicura anche l’utilizzo ottimale dell’Herceptin ® . Inoltre, l’Herceptin ® è<br />

generalmente molto ben tollerato grazie alla sua specificita’ tumorale.<br />

6<br />

Questa specificita’<br />

di bersaglio della<br />

terapia evita di<br />

sottoporre i<br />

pazienti a cure<br />

non necessarie e<br />

assicura anche<br />

l’utilizzo ottimale<br />

dell’Herceptin ® .<br />

6.37


6<br />

6.38<br />

Herceptin ® e<br />

MabThera ®<br />

rappresentano<br />

probabilmente solo<br />

i primi agenti di<br />

una nuova<br />

generazione di<br />

terapie<br />

antitumorali<br />

personalizzate<br />

basate su<br />

caratteristiche<br />

tumorali<br />

intrinseche.<br />

È importante notare che questa specificita’ di bersaglio rappresenta un nuovo sviluppo della<br />

terapia antitumorale che utilizza agenti biologici. <strong>Terapie</strong> come filgrastim e Il-2 hanno un ruolo<br />

molto importante per la cura efficace di una varieta’ di tipi di tumore. Inoltre, le potenzialita’<br />

delle interleuchine e degli interferoni nella terapia dei tumori non sono ancora state pienamente<br />

realizzate. Ma, tutti questi agenti hanno effetti di stimolazione generalizzata del sistema<br />

immunitario che si manifestano come attività antitumorale piuttosto che come specifici effetti<br />

antitumorali. Per contro, agenti come l’Herceptin ® hanno un’attività antitumorale diretta e<br />

mirata. Tale specificita’ di bersaglio rappresenta il maggior progresso realizzato nello sviluppo<br />

delle terapie <strong>biologiche</strong>, progresso che si fonda sulle conoscenze acquisite attraverso l’utilizzo<br />

di agenti biologici non mirati.<br />

Conclusioni<br />

Le terapie <strong>biologiche</strong> per la cura del <strong>cancro</strong> sono state oggetto di ricerche intensive nei decenni<br />

passati per il loro potenziale nell’aumentare l’efficacia e la tollerabilita’ delle cure. Molti dei<br />

progressi che sono stati fatti sono il risultato della tecnica del DNA ricombinante che ha<br />

consentito di modificare geneticamente le cellule manipolate. Questo ha facilitato la<br />

manipolazione di virus e plasmidi per la produzione di antigeni tumorali che, quando vengono<br />

somministrati, stimolano la risposta immunitaria; la produzione in vitro di grandi quantità di<br />

citochine pure, anticorpi e altre molecole della risposta immunitaria; e l’ingegnerizzazione<br />

genetica di cellule umane che possono essere reintrodotte nell’organismo per stimolare la<br />

risposta immunitaria al tumore.<br />

Nonostante i diversi approcci terapeutici studiati come terapie antitumorali, fino ad oggi solo<br />

citochine e anticorpi monoclonali sono utilizzati nella pratica clinica. È essenziale notare che<br />

gli effetti delle citochine non sono limitati alle cellule tumorali. Esse stimolano il sistema<br />

immunitario e hanno altri effetti oltre a quelli richiesti per l’attività antitumorale. Ciò è evidente<br />

sia nella vasta gamma degli effetti collaterali osservati con l’utilizzo di citochine, sia nel loro<br />

impiego per la cura di una grande varieta’ di malattie oltre che per la cura del <strong>cancro</strong>.<br />

Al contrario, gli anticorpi monoclonali sono in grado di colpire un antigene specifico. Con il<br />

miglioramento delle conoscenze nel campo della biologia tumorale, è stato possibile<br />

riconoscere le anormalita’ di molte cellule tumorali, che sono responsabili dell’oncogenesi e<br />

che non esistono nelle cellule normali. Ciò conduce al concetto che colpire in modo specifico<br />

queste anormalita’ potrebbe essere un mezzo efficace per eradicare o sopprimere i tumori. La<br />

realizzazione dell’anticorpo chimerico MabThera ® e dell’anticorpo umanizzato anti-HER2<br />

Herceptin ® ha dimostrato che questo concetto può essere tradotto in vantaggi clinici.<br />

Herceptin ® e MabThera ® rappresentano probabilmente solo i primi agenti di una nuova<br />

generazione di terapie antitumorali personalizzate basate su caratteristiche tumorali<br />

intrinseche. Una delle implicazioni di questa tendenza sarà il crescente utilizzo di test specifici<br />

per l’identificazione di caratteristiche tumorali che possano indicare quali terapie hanno<br />

maggiore probabilita’ di essere efficaci. Inoltre, i pazienti ne trarranno beneficio perché le<br />

terapie mirate porteranno ad un probabile aumento della sopravvivenza e ad altri vantaggi,<br />

mentre diminuiranno gli effetti collaterali attualmente associati alle terapie antitumorali.


Questionario di auto valutazione<br />

1. Indica due motivi per cui si stanno sviluppando e utilizzando approcci biologici per la cura<br />

del <strong>cancro</strong>, specificando i loro vantaggi potenziali rispetto alle terapie convenzionali.<br />

2. Identifica, nella tavola seguente, quale terapia biologica produce gli effetti da A a G di cui<br />

sotto. Il primo caso, relativo alla terapia con citochine, è già completato per essere di<br />

esempio.<br />

Terapia Effetti<br />

Terapia con citochine A, E, F, G<br />

Terapia anticorpale<br />

Vaccini<br />

Terapia genica<br />

Terapia cellulare<br />

A. Uccide le cellule tumorali<br />

B. Interrompe o controlla il processo che permette la crescita tumorale<br />

C. Altera i modelli di crescita delle cellule tumorali<br />

D. Blocca i processi che portano alla formazione di cellule tumorali a partire da cellule<br />

normali<br />

E. Intensifica la capacità dell’organismo di riparare o sostituire le cellule normali<br />

danneggiate o distrutte da chemioterapia o da radiazioni<br />

F. Aumenta la suscettibilita’ alla distruzione delle cellule tumorali da parte del sistema<br />

immunitario<br />

G. Aumenta l’attività delle cellule T, delle cellule natural killer e dei macrofagi,<br />

promuovendo l’uccisione delle cellule tumorali.<br />

3. Spiega la differenza tra terapia biologica non mirata e terapia biologica mirata e discuti i<br />

vantaggi della specificita’ di bersaglio.<br />

4. Le citochine sono responsabili della normalita’ funzionale di diversi processi fisiologici che<br />

sono il risultato o una componente delle reazioni immunitarie. Definisci cosa sono le<br />

citochine e fornisci quattro esempi dei processi che esse influenzano.<br />

5. Spiega i motivi dell’importanza dell’umanizzazione degli anticorpi per aumentarne il<br />

potenziale terapeutico.<br />

6. Descrivi tre possibili modalita’ attraverso cui gli anticorpi monoclonali esplicano la loro<br />

attività antitumorale.<br />

7. Delinea le fasi dello sviluppo razionale di una terapia biologica, indicando i fattori che<br />

rendono un particolare marker biologico una molecola bersaglio di grande interesse<br />

terapeutico.<br />

Le risposte a queste domande sono a pagina 8.10.<br />

6<br />

6.39


6<br />

6.40


Introduzione<br />

Modulo 7. Il futuro delle terapie <strong>biologiche</strong><br />

Oggi la ricerca produce un flusso continuo di informazioni sulle basi genetiche dei tumori.<br />

Queste conoscenze sono state sfruttate in un primo tempo con l’utilizzo di terapie non mirate,<br />

come le interleuchine ricombinanti e gli interferoni, per il trattamento del melanoma e del<br />

tumore del rene. Tuttavia, come dimostrato dal successo della terapia mirata con Herceptin ® per<br />

il trattamento del tumore metastatico della mammella HER2 positivo, e con Mab<strong>the</strong>ra ® per il<br />

linfoma non-Hodgkin, la ricerca sta definendo una quantità crescente di bersagli per le nuove<br />

terapie. Inoltre, la caratterizzazione genetica dei tumori accrescera’ le attuali conoscenze sul<br />

perché tumori diversi hanno comportamenti differenti, consentendo alla terapia di essere<br />

realizzata su misura in base alle caratteristiche tumorali. Questa personalizzazione della<br />

terapia, che comporta aumentata efficacia e tossicita’ ridotta, produrrà probabilmente<br />

importanti miglioramenti nella gestione dei pazienti oncologici.<br />

Esiste ancora un considerevole spazio per ulteriori progressi sia delle terapie già esistenti sia<br />

dei nuovi approcci delle terapie <strong>biologiche</strong>. Molti approcci, tra cui la terapia cellulare, la<br />

terapia genica e i vaccini antitumorali, richiedono un ulteriore sviluppo per diventare<br />

clinicamente efficaci. Altri hanno dimostrato di essere efficaci ma sono ancora ad uno stadio di<br />

utilizzo relativamente iniziale, come gli approcci basati su anticorpi monoclonali. E resta<br />

ancora da considerare la terapia mirata all’oncogenesi, il processo attraverso cui i tumori<br />

realizzano la rete vascolare essenziale al loro sviluppo.<br />

Questo modulo trattera’ in dettaglio alcuni di questi problemi per fornire un’indicazione del<br />

potenziale della terapia biologica dei tumori:<br />

● caratterizzazione genetica<br />

● ulteriori sviluppi degli approcci esistenti<br />

● nuovi approcci: agenti anti-angiogenici.<br />

7<br />

7.1


7<br />

7.2<br />

Questionario di auto valutazione<br />

1. Com’è noto i tumori sono causati da un’accumulazione di alterazioni genetiche. Descrivi<br />

quali approcci potrebbero essere utilizzati per identificare le combinazioni di differenti<br />

alterazioni genetiche in un singolo tumore.<br />

2. Descrivi le implicazioni pratiche, cliniche, dei profili di espressione genica.<br />

3. Scegli l’affermazione più appropriata tra quelle della selezione fornita e inseriscila nelle<br />

frasi che seguono.<br />

i percorsi cellulari di segnalazione e la trasduzione di segnale<br />

lo studio dell’espressione genica<br />

migliaia di anticorpi di specificita’ nota in un frammento<br />

la forma, la funzione e il controllo dei sistemi di proteine cellulari<br />

le strategie per la terapia personalizzata<br />

a. La proteomica è lo studio di.....................................................................................<br />

b. L’espressione proteica di singole cellule può essere studiata utilizzando un sistema che è<br />

fondamentalmente...................................................................................................<br />

c. Il confronto dell’espressione proteica tra campioni tessutali di un singolo paziente può<br />

essere utilizzato per sviluppare.................................................................................<br />

d. La proteomica può essere utilizzata in una varieta’ di modi tra cui lo di........................<br />

….........................................................................................................................<br />

e. La interrelazione e la complessita’ delle interazioni proteiche significa che la proteomica<br />

produrrà probabilmente informazioni più dettagliate sulle funzioni cellullari che ............<br />

……………………………………………………………………….....................................<br />

4. Alcuni possibili progressi sono basati su un ulteriore sviluppo degli approcci esistenti.<br />

Suggerisci un modo in cui potrebbero essere migliorate sia le terapie basate su citochine<br />

sia quelle anticorpali.


5. L’angiogenesi – la formazione di nuovi vasi sanguigni – è essenziale per la crescita<br />

tumorale. Scegli, dalla selezione qui di seguito, l’annotazione appropriata per completare il<br />

diagramma che identifica gli eventi fondamentali che portano all’angiogenesi tumorale e<br />

alla formazione di metastasi.<br />

Fattori angiogenici Cellule endoteliali vascolari<br />

Metastasi Proliferazione e invasione<br />

Vascolarizzazione<br />

e crescita<br />

Cellule tumorali<br />

6. Discuti brevemente, dal punto di vista di un infermiere oncologico specializzato, l’impatto<br />

potenziale delle terapie <strong>biologiche</strong> per la gestione e la cura dei pazienti.<br />

Le risposte a queste domande sono a pagina 8.12.<br />

Le cellule tumorali<br />

entrano nel sangue<br />

7<br />

7.3


7<br />

Com’è noto i<br />

tumori presentano<br />

mutazioni geniche<br />

multiple e<br />

anormalita’<br />

cromosomiche,<br />

molte delle quali<br />

contribuiscono alla<br />

malignita’<br />

potenziale del<br />

tumore stesso.<br />

7.4<br />

Caratterizzazione genetica dei tumori<br />

Com’è noto i tumori presentano mutazioni geniche multiple e anormalita’ cromosomiche, molte<br />

delle quali contribuiscono alla malignita’ potenziale del tumore stesso. Sebbene alcune<br />

anormalita’, come la sovraespressione/amplificazione dell’HER2, giochino un ruolo importante<br />

nella determinazione delle caratteristiche del tumore, è probabile che sia la combinazione di<br />

difetti genetici a determinare la precisa natura di un particolare tumore. Inoltre, questi difetti<br />

possono essere associati, cioe’ tendono a verificarsi in specifiche combinazioni in determinati<br />

tumori.<br />

Fino ad oggi, non è stato possibile esaminare simultaneamente l’insieme completo delle<br />

anormalita’ in un tumore. Pero’ i progressi tecnologici hanno permesso l’esame di un grande<br />

numero di geni e la determinazione di come essi sono espressi nelle cellule normali e malate, e<br />

l’identificazione delle anormalita’ associate alla malattia. Ci si aspetta che i profili di<br />

espressione genica rivoluzionino la diagnosi dei tumori e lo sviluppo di farmaci antitumorali.<br />

Micro filamenti di DNA complementare<br />

Il DNA complementare (cDNA) è il DNA che è sintetizzato da un mRNA template e può essere<br />

utilizzato per sondare il DNA genomico per l’identificazione dei geni. I micro filamenti sono<br />

frammenti contenenti fino a 400.000-500.000 cDNA. Utilizzando questi micro filamenti è<br />

possibile:<br />

● identificare i geni mutati nelle cellule tumorali<br />

● esaminare l’espressione delle letteralmente migliaia di geni tumorali per mezzo dell’analisi<br />

dell’mRNA contenuto nelle cellule tumorali<br />

● esaminare l’espressione genica in varie condizioni, quali la stimolazione di un fattore di<br />

crescita o la terapia farmacologica.<br />

La possibilita’ di definire quali geni sono espressi da un tumore e in quali condizioni, e come<br />

questa espressione si modifica nel tempo, possiede una varieta’ di interessanti implicazioni.<br />

● Prognosi. Uno studio recente ha dimostrato che un micro filamento che carica 18.000<br />

cDNA, realizzato per monitorare i geni coinvolti nello sviluppo normale e anormale dei<br />

linfociti, puo’ definire due sottogruppi del diffuso linfoma a grandi cellule B. Uno di questi<br />

possiede l’espressione genica caratteristica delle cellule B dei linfonodi ed è stato associato<br />

ad una prognosi relativamente buona. L’altro ha l’espressione genica caratteristica delle<br />

cellule B attivate ed è stato associato ad una prognosi relativamente infausta. Inoltre, il<br />

valore prognostico si è rivelato indipendente dal limite prognostico standard.<br />

● Stadiazione dei tumori. Si ritiene che, diventando disponibili ulteriori informazioni sulle<br />

modificazioni dell’espressione genica nel tempo, si scoprira’ che i modelli di espressione<br />

sono associati con i diversi stadi dello sviluppo tumorale. Ciò ha delle implicazioni<br />

prognostiche, perché lo stadio della malattia è legato al probabile risultato, ma può anche<br />

avere potere predittivo nel guidare la terapia.<br />

● Identificazione dei bersagli terapeutici. I micro filamenti, permettendo la rapida<br />

identificazione dei geni e dei percorsi importanti per la genesi tumorale, renderanno<br />

razionale lo sviluppo di farmaci, per esempio con l’identificazione di un possibile bersaglio<br />

che influenza lo sviluppo del tumore e con la realizzazione di un agente terapeutico che<br />

interagisca specificamente con il bersaglio, il modello.


● Trattamenti personalizzati. La possibilità di definire sottopopolazioni tumorali che<br />

possiedono caratteristici profili di espressione genica permettera’ la realizzazione di terapie<br />

personalizzate per ogni paziente. Per esempio, un micro filamento che permette di<br />

identificare più di 1.000 mutazioni del gene oncosoppressore p53 può consentire ai medici<br />

di selezionare la terapia adatta per i pazienti affetti da molti differenti tipi di tumore.<br />

Perciò l’utilizzo di micro filamenti per determinare i profili di espressione genica può<br />

potenzialmente fornire informazioni utili in tutti gli stadi della diagnosi e della cura del <strong>cancro</strong>.<br />

Ma i geni esplicano la loro attività solo attraverso le proteine per cui essi codificano. E, d’altra<br />

parte, le interazioni tra proteine sono complesse e controllano l’espressione genica. Quindi lo<br />

studio dell’espressione proteica è diventato di fondamentale importanza.<br />

Proteomica<br />

La proteomica è lo studio della forma, della funzione e del controllo dei sistemi di proteine<br />

cellulari. L’espressione proteica è dinamica ed essenziale per il mantenimento della funzione<br />

cellulare, in accordo con il progetto determinato dal patrimonio genetico della cellula. Quindi,<br />

la proteomica si occupa di attività e di cambiamento.<br />

L’analisi dell’espressione proteica delle singole cellule è un processo complesso che è stato reso<br />

possibile solo recentemente grazie allo sviluppo della microdissezione laser. Ciò permette di<br />

isolare e trasferire su film, mantenendo intatta la loro morfologia, popolazioni cellulari pure da<br />

regioni specifiche, microscopicamente definite, di un tessuto o un tumore. L’impiego di metodi<br />

immunologici, fondamentalmente migliaia di anticorpi di specificita’ nota su un frammento, ha<br />

reso possibile la misurazione simultanea dell’espressione cellulare di migliaia di proteine.<br />

Queste tecniche, similmente ai micro filamenti di cDNA, consentono l’identificazione delle<br />

fluttuazioni proteiche nei tessuti sani e malati e durante la progressione dalla pre-malignita’ alla<br />

malattia. Il confronto dell’espressione proteica tra campioni tessutali di un singolo paziente può<br />

essere utilizzato come modalità per sviluppare:<br />

● nuove intuizioni <strong>biologiche</strong> nello sviluppo del <strong>cancro</strong><br />

● indizi relativi a nuovi markers diagnostici e prognostici<br />

● strategie per la terapia personalizzata.<br />

È possibile trovare un esempio dell’applicazione della proteimica nello studio della<br />

trasduzione di segnale. Il legame di un fattore di crescita alla cellula causa l’attivazione e la<br />

modificazione dei recettori proteici della superficie cellulare, cioe’ l’immediata risposta avviene<br />

a livello proteico. Poi il recettore deve trasmettere l’informazione al nucleo perché la cellula<br />

possa rispondere al segnale. Questo processo di trasmissione spesso comporta il movimento<br />

fisico delle proteine. In questo caso, solo quando i segnali proteici raggiungono il nucleo vi è<br />

una risposta a livello genico che comporta la sovraregolazione o sottoregolazione della<br />

trascrizione genica. Ma il recettore di segnalazione e le proteine che trasmettono<br />

l’informazione possono anche essere influenzati da altri percorsi proteici che alterano il<br />

risultato finale in termini di trascrizione genica. Questa semplice descrizione dimostra che la<br />

proteomica fornira’ probabilmente informazioni più dettagliate sulle funzioni cellulari che lo<br />

studio dell’espressione genica.<br />

Un’altra applicazione della proteomica è lo studio di come la terapia altera i percorsi di<br />

segnalazione cellulare. Per esempio, è noto che l’anticorpo monoclonale umanizzato<br />

Herceptin ® influenza i percorsi di segnalazione dell’HER2. Ma non è noto attualmente come ciò<br />

7<br />

La proteomica è lo<br />

studio della forma,<br />

della funzione e<br />

del controllo dei<br />

sistemi di proteine<br />

cellulari.<br />

7.5


7<br />

L’analisi con micro<br />

filamenti di cDNA<br />

ha già dimostrato<br />

che l’Herceptin ®<br />

causa dei<br />

cambiamenti nei<br />

profili di<br />

espressione genica<br />

e che questi<br />

cambiamenti<br />

differiscono da<br />

quelli indotti dagli<br />

inibitori delle<br />

proteino-chinasi.<br />

7.6<br />

determini i vantaggi clinici che sono stati documentati con l’utilizzo di questa terapia. L’analisi<br />

con micro filamenti di cDNA ha già dimostrato che l’Herceptin ® causa dei cambiamenti nei<br />

profili di espressione genica e che questi cambiamenti differiscono da quelli indotti dagli<br />

inibitori delle proteino-chinasi. Ma non è noto come ciò sia correlato alla segnalazione<br />

proteica, che costituisce il soggetto d’indagine della proteonimica.<br />

Ulteriori sviluppi degli approcci esistenti<br />

Appare evidente, dalla descrizione dei diversi approcci terapeutici antitumorali che utilizzano<br />

agenti biologici, che per realizzare appieno le loro potenzialita’ è necessario un ulteriore<br />

sviluppo e perfezionamento. Per alcuni approcci, questo richiedera’ una migliore comprensione<br />

di come funzionano i sistemi influenzati dalla terapia e di come vengono influenzati i<br />

meccanismi psicologici. Per altri, che hanno già mostrato vantaggi nella pratica clinica, come<br />

la specificita’ di bersaglio dell’oncogene HER2 che utilizza l’anticorpo monoclonale<br />

umanizzato Herceptin ® , deve essere ancora definito l’uso ottimale dell’agente. I possibili<br />

sviluppi di ogni approccio descritto nel Modulo 6 sono delineati più sotto.<br />

Terapia basata su citochine<br />

Fino ad oggi, la terapia con citochine è stata usata come terapia di supporto per pazienti<br />

sottoposti a terapia antitumorale citotossica e ha prodotto effetti molto generalizzati sul sistema<br />

immunitario, di cui solo alcuni necessari ai fini degli effetti antitumorali delle citochine. Quindi,<br />

gli sforzi di molte ricerche sono attualmente concentrati sullo sviluppo di modalita’ per limitare<br />

gli effetti delle citochine alle sedi del tumore.<br />

Il modo più semplice per limitare l’azione delle citochine alle sedi tumorali è quello di inettare<br />

la molecola direttamente all’interno del tumore. Questo approccio ha mostrato di causare<br />

regressione tumorale e di diminuire la velocita’ di crescita in molti tipi di tumore, utilizzando<br />

l’interleuchina-2 (IL-2). L’effetto sarebbe dovuto all’accumulo di macrofagi e di cellule T, anche<br />

se gli studi su animali indicano che sono coinvolte anche risposte immuni non legate alle cellule<br />

T. L’iniezione intratumorale di IL-2 genera inoltre immunita’ antigene-specifica, con anche<br />

regressione di localizzazioni tumorali a distanza. Un ulteriore perfezionamento di questo<br />

approccio consiste nell’utilizzo di liposomi, microsfere e preparazioni a rilascio ritardato per il<br />

prolungamento dell’attività terapeutica. È anche possibile realizzare con l’ingegneria genetica<br />

dei vettori adenovirus in grado di esprimere citochine. Questi possono poi essere iniettati<br />

all’interno dei tumori, dove realizzano un rilascio localizzato di citochine.<br />

Un altro approccio consiste nel modificare geneticamente le cellule tumorali affinche’<br />

esprimano citochine come le IL-2, interferone-a (IFN-α) e fattori di stimolazione delle colonie, o<br />

combinazioni di questi agenti. L’iniezione di tali cellule all’interno dell’ospite originario può<br />

dare luogo alla regressione tumorale e alla generazione di una risposta immunitaria sistemica<br />

che provoca la regressione di altri tumori. Ciò è dovuto probabilmente alle cellule tumorali che<br />

esprimono citochine, che provocano le risposte dei T linfociti citotossici.<br />

Infine, in relazione alle citochine, la specificita’ di bersaglio diretta al tumore può essere<br />

raggiunta generando proteine di fusione con le citochine. Il partner della proteina di fusione è<br />

generalmente un anticorpo diretto al marker espresso specificamente dal tumore. Fino ad ora<br />

questo approccio è stato studiato solamente in modelli animali.


Terapia anticorpale<br />

La terapia anticorpale costituisce, insieme a quella con citochine, l’unico approccio biologico<br />

di provata efficacia clinica. Inoltre, con l’approvazione di MabThera ® ed Herceptin ® , la terapia<br />

anticorpale è diventata l’unico tipo di terapia mirata attualmente disponibile per l’utilizzo<br />

clinico come terapia antitumorale. Comunque, c’è ancora molto da imparare, sia per quanto<br />

riguarda la selezione degli agenti per utilizzo clinico sia per quanto riguarda l’ottimizzazione<br />

della terapia basata su agenti rivelatisi clinicamente efficaci.<br />

Selezione del bersaglio<br />

I metodi esistenti per la produzione di anticorpi, particolarmente di anticorpi monoclonali<br />

umanizzati che non vengono riconosciuti come estranei dal sistema immunitario umano, sono<br />

in grado di produrre anticorpi ad alta affinita’ con il loro bersaglio. Ciò si riflette nel grande<br />

numero di terapie basate su anticorpi monoclonali umanizzati e chimerici che sono attualmente<br />

oggetto di studio per tipi diversi di tumori come le leucemie, il tumore del polmone e il<br />

melanoma. Inoltre, l’identificazione di bersagli appropriati è probabilmente la sfida più grande<br />

che la terapia basata su anticorpi si trova attualmente ad affrontare, come per esempio<br />

l’identificazione di molecole che sono espresse specificamente da tutti o da una percentuale dei<br />

tumori di un determinato tipo, che hanno un ruolo essenziale nello sviluppo del tumore e sono<br />

accessibili agli anticorpi. L’identificazione del bersaglio si è rivelata problematica in molti tipi<br />

di tumore.<br />

Un esempio è fornito dall’utilizzo di anticorpi diretti al recettore-a dell’IL-2 (IL-2Rα). Questi<br />

anticorpi hanno prodotto qualche successo inibendo la funzione dell’IL-2Rα che ha attività di<br />

stimolazione delle cellule T indipendente dalla presenza dell’IL-2 in alcune leucemie. Ma alcune<br />

leucemie esprimono altri IL-2R e sono responsive ad altre citochine. E quest’ultime non sono<br />

completamente inibite dagli anticorpi anti-IL-2Rα.<br />

Un modo per aggirare questo problema potrebbe essere quello di colpire i recettori o i percorsi<br />

di trasduzione degli elementi che sono condivisi dall’IL-2 e da altre citochine coinvolte nella<br />

proliferazione delle cellule T. Esempi di quanto detto includono IL-2/IL-15Rβ e Jak3,<br />

rispettivamente. Jak3 è oggetto di studi intensivi perché è coinvolto nella segnalazione di<br />

citochine da parte di linfociti e cellule ematopoietiche, ma non da parte delle cellule non<br />

immunologiche.<br />

Utilizzo degli anticorpi per rendere mirate altre terapie<br />

Altri progressi nel campo della terapia anticorpale comprendono l’utilizzo di anticorpi per<br />

rendere mirate alle sedi tumorali terapie più convenzionali. Gli esempi comprendono:<br />

● l’uso di anticorpi per rendere mirati contro i tumori farmaci incapsulati all’interno di lipidi<br />

● transfezione di cellule con geni che codificano per anticorpi o frammenti di anticorpi<br />

affinche’ le cellule esprimano l’anticorpo (conosciuto come intracorpo). L’anticorpo viene<br />

rilasciato nel citoplasma cellulare, si lega alle proteine oncogeniche e sottoregola<br />

l’espressione dell’oncogene. Questo approccio è stato utilizzato per colpire l’HER2 e<br />

provocare la morte cellulare attraverso l’apoptosi<br />

● frammenti di anticorpi a catena singola adesi ai geni possono costituire una modalità per<br />

rendere la terapia genica mirata alle cellule maligne. Questo approccio può essere<br />

utilizzato per colpire il gene della timidin-chinasi nelle cellule carcinoembrioniche che<br />

sovraesprimono l’antigene. Quando attivata da ganciclovir, la timidin-chinasi è un gene<br />

suicida che provoca la morte cellulare.<br />

7<br />

La terapia<br />

anticorpale<br />

costituisce . . .<br />

l’unico approccio<br />

biologico di<br />

provata efficacia<br />

clinica.<br />

. . . progressi nel<br />

campo della<br />

terapia anticorpale<br />

comprendono<br />

l’utilizzo di<br />

anticorpi per<br />

rendere mirate alle<br />

sedi tumorali<br />

terapie più<br />

convenzionali.<br />

7.7


7<br />

. . . l’efficacia delle<br />

immunotossine è<br />

stata inferiore alle<br />

aspettative e la<br />

significativa<br />

tossicita’ si è<br />

rivelata il loro<br />

problema<br />

principale.<br />

La rapidita’ dello<br />

sviluppo degli<br />

agenti<br />

biologici . . . non<br />

ha ancora<br />

permesso di<br />

definire lo scenario<br />

in cui utilizzare<br />

con più efficacia<br />

questi agenti e<br />

come utilizzarli in<br />

relazione alle<br />

terapie esistenti.<br />

7.8<br />

Sviluppi delle immunotossine<br />

Come trattato nel Modulo 6, l’efficacia delle immunotossine è stata inferiore alle aspettative e<br />

la significativa tossicita’ si è rivelata il loro problema principale. Ciò ha portato a riconsiderare<br />

il modo in cui potrebbero essere utilizzate le immunotossine. Le ricerche attuali stanno<br />

esaminandone l’impiego sulla malattia residuale minima, in particolare come terapia<br />

adiuvante, quando sono sufficienti una o due somministrazioni a basso dosaggio. Questo<br />

approccio limita la tossicita’, perché non sono necessarie alte dosi, e permette di superare i<br />

problemi associati alla risposta immunitaria alle immunotossine, perché non sono richieste<br />

somministrazioni multiple. Altri modi per aumentare l’efficacia o la tollerabilita’ delle<br />

immunotossine sono:<br />

● riduzione della dimensione degli anticorpi per diminuirne l’immunogenicita’ e aumentarne<br />

la penetrazione tessutale<br />

● indagine su tossine differenti, più piccole dei composti esistenti e non basate su proteine, e<br />

quindi intrinsecamente meno immunogeniche. Gli esempi includono tossine fungine come le<br />

mitogilline, “tossine” umane come il fattore di necrosi tumorale e tossine citolitiche che non<br />

devono essere internalizzate perché provocano il danneggiamento della membrana<br />

cellulare<br />

● introduzione di nuovi metodi di distribuzione, in particolare cellule che si localizzano sui<br />

tumori e secernono immutossine<br />

● utilizzo di combinazioni di immunotossine con l’obiettivo di uccidere popolazioni cellulari<br />

tumorali eterogenee che residuano dopo “terapia di debulking”<br />

● utilizzo di agenti in grado di aumentare l’azione delle immunotossine<br />

● utilizzo di immunotossine in combinazione con o pre-chemioterapia per ottenere un<br />

vantaggio dai loro effetti di sensibilizzazione alla chemioterapia.<br />

La maggior parte di questi approcci è stata limitata all’utilizzo in modelli animali. Lo sviluppo<br />

clinico richiede un’accurata pianificazione per essere certi che non si riproponga la grave<br />

tossicita’ sperimentata con gli approcci precedenti.<br />

Ottimizzare l’utilizzo delle terapie esistenti basate su anticorpi monoclonali: l’esempio<br />

dell’Herceptin ®<br />

Come identificare l’uso ottimale degli anticorpi monoclonali nella pratica clinica è argomento<br />

di grande interesse. La rapidita’ dello sviluppo degli agenti biologici e la loro conseguente<br />

introduzione nella pratica clinica non ha ancora permesso di definire lo scenario in cui<br />

utilizzare con più efficacia questi agenti e come utilizzarli in relazione alle terapie esistenti. Ciò<br />

non differisce dalla situazione attuale per molti agenti chemioterapici. Resta controverso, per<br />

esempio, l’impiego ottimale del taxane paclitaxel nella cura del tumore della mammella: nel<br />

Nord America, ma non nel resto del mondo, il suo uso nella terapia adiuvante è stato definito<br />

come parte della terapia sequenziale con antracicline. Comunque, c’è più interesse per<br />

stabilire il miglior impiego degli agenti biologici e ciò è dovuto alla novita’ di queste terapie e<br />

alla conseguente potenzialita’ nel fornire informazioni e guida per l’introduzione e il testing di<br />

simili terapie future. Le considerazioni da tenere nel dovuto conto quando si indaga<br />

sull’impiego ottimale degli agenti biologici possono essere illustrate utilizzando l’esempio<br />

dell’Herceptin ® .<br />

Il preciso meccanismo d’azione dell’Herceptin ® è già stato completamente definito, ma<br />

differisce da quello di tutti gli altri agenti antitumorali d’uso clinico per la cura del tumore della


mammella in quanto colpisce i percorsi di segnalazione e l’espressione genica della cellula.<br />

Ciò implica che agenti citotossici ed Herceptin ® producono probabilmente effetti complementari<br />

sulle cellule tumorali. Sfruttare questo potenziale pienamente può produrre una combinazione<br />

che non è stata studiata dai trials più importanti (descritti nel Modulo 6) o può richiedere<br />

approcci diversi in base ai pazienti e alle caratteristiche del tumore oltre che allo status<br />

dell’HER2.<br />

Alcuni indizi delle possibili risposte dei pazienti alla terapia combinata con Herceptin ® possono<br />

essere ottenuti dagli studi preclinici (Tavola 7.1). Sebbene questi dati non possano essere<br />

considerati predittivi della risposta clinica, possono indicare quali combinazioni giustificano<br />

maggiormente ulteriori indagini, guidando la definizione dei trials clinici.<br />

Tavola 7.1. Effetto dell’Herceptin ® e di diversi agenti<br />

chemioterapici su linee cellulari HER2 positive del tumore della<br />

mammella.<br />

Effetti delle combinazione<br />

Sinergia Addizione Antagonismo<br />

Vinorelbina Doxorubicina Methotrexate<br />

Docetaxel/carboplatino Paclitaxel Gemcitabina<br />

Docetaxel Epirubicina 5-fluorouracile<br />

Etoposide<br />

Cyclophosphamide<br />

Paclitaxel/carboplatino<br />

Thiotepa<br />

Cisplatino<br />

Liposomal doxorubicina<br />

Vinblastina<br />

La Tavola 7.2 mostra i risultati recenti di studi clinici con Herceptin ® . I tassi di risposta con<br />

Herceptin ® più vinorelbine o paclitaxel somministrato ogni sette giorni sono più alti di quelli<br />

osservati con la somministrazione ogni 3 settimane di paclitaxel o antracicline/ciclofosfamide.<br />

In aggiunta, sono state studiate anche altre combinazioni, inclusi agenti ormonali, antracicline<br />

oltre che doxorubicina e analoghi del platino.<br />

Tavola 7.2. Efficacia dell’Herceptin ® come monoterapia e in<br />

diverse combinazioni in pazienti HER2 positive.<br />

Percentuale di rispotta<br />

Herceptin ® prima linea n (%)<br />

Prima linea Herceptin ® + ogni 3 settimane paclitaxel* 92 49<br />

Herceptin ® + paclitaxel settimanale 95 80.5<br />

Herceptin ® + vinorelbina* 30 80<br />

Herceptin ® + capecitabina 18 47<br />

Seconda/terza-linea Herceptin ® monoterapia* 172 18<br />

Prima linea Herceptin ® monoterapia* 87 35<br />

*Sono dati certi su pazienti HR2 altamente positive.<br />

. . . agenti<br />

citotossici ed<br />

Herceptin ®<br />

producono<br />

probabilmente<br />

effetti<br />

complementari<br />

sulle cellule<br />

tumorali.<br />

7<br />

7.9


7<br />

Poiche’ le pazienti<br />

HER2 positive sono<br />

colpite da un<br />

tumore aggressivo<br />

e hanno diagnosi<br />

infausta a tutti gli<br />

stadi della<br />

malattia, sarebbe<br />

logico colpire<br />

questi tumori<br />

precocemente.<br />

7.10<br />

Un altro interessante sviluppo riguarda gli studi che analizzano la frequenza di<br />

somministrazione dell’Herceptin ® . Con il progredire delle scoperte relative a come l’Herceptin ®<br />

si comporta nell’organismo, è diventato chiaro che dosi più alte permangono nell’organismo<br />

più a lungo. Ciò costituisce il fondamento logico che è alla base di un trial riguardante la<br />

somministrazione di Herceptin ® ogni tre settimane (8mg/kg dose iniziale seguita da 6mg/kg a<br />

settimana), che ha dimostrato che questo regime è ben tollerato e produce concentrazioni di<br />

Herceptin ® nel siero simili a quelle osservate nei trials più importanti dedicati all’Herceptin ® .<br />

È stata anche oggetto di indagine la frequenza ottimale di somministrazione dell’Herceptin ® ,<br />

sia quando viene utilizzato come terapia adiuvante sia come terapia della malattia metastatica.<br />

Come per la maggior parte delle nuove terapie antitumorali, fino ad oggi gli studi dedicati<br />

all’Herceptin ® si sono concentrati sulla malattia metastatica. Pero’ le anormalita’ HER2 si<br />

verificano precocemente durante lo sviluppo del tumore della mammella, sicuramente prima<br />

dello sviluppo della malattia invasiva. Poiche’ le pazienti HER2 positive sono colpite da un<br />

tumore aggressivo e hanno diagnosi infausta a tutti gli stadi della malattia, sarebbe logico<br />

colpire questi tumori precocemente. Pertanto, trials cominciati recentemente (il trial HERA in<br />

Europa e i trials NSABP e Intergroup nel Nord America) stanno esaminando l’efficacia e la<br />

sicurezza dell’Herceptin ® come terapia adiuvante nel tumore primitivo della mammella.<br />

Infine, è importante considerare che altri tumori oltre a quelli della mammella possono essere<br />

HER2 positivi, tra cui il tumore della vescica, del pancreas e dello stomaco. Ciò significa che<br />

l’Herceptin ® è potenzialmente efficace anche per questi tipi di tumore.<br />

I trials sopra descritti indicano la portata richiesta alle ricerche attualmente in corso se si vuole<br />

sfruttare pienamente le caratteristiche dell’agente biologico più utile per la terapia. Inoltre, essi<br />

illustrano le potenzialita’ di questi agenti se utilizzati in combinazioni che produrranno i<br />

maggiori benefici sia in termini di risultati che di tollerabilita’ per un dato paziente. Appare<br />

significativa anche la possibilita’ di estendere l’utilizzo delle terapie anticorpali mirate. Inoltre,<br />

è evidente che diventando meglio conosciuti il meccanismo di attività di questi agenti e i loro<br />

bersagli, si potranno probabilmente realizzare ulteriori vantaggi clinici. Infine, gli agenti<br />

biologici mirati, che forniscono un significativo vantaggio clinico aggiuntivo rispetto alla<br />

terapia standard, possono essere introdotti velocemente e con sicurezza mentre si continua a<br />

studiare la gamma di possibili utilizzi di queste terapie.<br />

Vaccini<br />

Il futuro degli approcci con vaccini antitumorali appare essere in:<br />

● indagine sugli effetti della somministrazione di chemioterapia, citochine ed altri agenti in<br />

concomitanza con il vaccino<br />

● co-somministrazione di cellule dendritiche con vaccini di lisato tumorale. Questo approccio<br />

ha dimostrato di possedere attività antitumorale in pazienti affetti da melanoma<br />

● sviluppo di vaccini virali che utilizzano virus come i poxvirus che sono già stati largamente<br />

studiati per l’impiego nella vaccinazione contro altre malattie. La ragione dell’utilizzo di<br />

vaccini virali è che antigeni che non stimolano la risposta immunitaria quando somministrati<br />

da soli, la stimolano quando sono espressi da virus. Un esempio è l’espressione<br />

dell’antigene carcinoembrionico da parte di virus vaccino, che stimola una forte risposta<br />

immunitaria mentre l’antigene carcinoembrionico da solo non la stimola. Altri possibili<br />

sviluppi in questo campo comprendono lo modificazione degli agenti per renderli più<br />

immunogenici prima dell’espressione in virus e l’espressione di antigeni multipli


● uso di adenovirus come vettori (vedi Modulo 6) per modificare geneticamente sia le cellule<br />

presentatrici di antigene sia le cellule dendritiche o direttamente le cellule tumorali (Figura<br />

7.1). Gli adenovirus trasferiscono i geni alle cellule dendritiche o alle cellule tumorali più<br />

efficacemente di altri metodi di trasferimento e sono facilmente manipolabili. In questo caso,<br />

l’espressione del gene trasferito da parte delle cellule dendritiche porta alla produzione<br />

dell’antigene tumorale e quindi a una continua fornitura di antigene per la presentazione<br />

alle cellule T. Nel caso di cellule tumorali, il trasferimento di gene in vivo o in vitro potrebbe<br />

coinvolgere geni di citochine che aumentano l’immunogenicita’ del tumore. Entrambi questi<br />

approcci restano sperimentali e non sono attualmente progrediti oltre i modelli animali.<br />

A)<br />

B)<br />

Terapia genica<br />

1. Clone di gene<br />

di citochina<br />

APC<br />

2. APCs infetta con<br />

vettore di adenovirus<br />

codificante il TAA<br />

APC<br />

3. Le APCs modificate<br />

stimolano le cellule T<br />

Gene di citochina Adenovirus<br />

4. Cellule citotossische<br />

lisano il tumore<br />

Cellula T<br />

Adenovirus<br />

Cellula T<br />

Gene TAA<br />

2. Cellula tumorale infettata da<br />

vettore di adenovirus che codifica<br />

la citochina<br />

Cellula tumorale<br />

3. La cellule tumorali modificate<br />

stimolano le cellule T<br />

1. Clone del<br />

gene TAA<br />

Cellula tumorale<br />

4. La cellule T citotossiche<br />

lisano il tumore<br />

Figura 7.1. Modificazione genetica delle cellule tumorali con l’utilizzo di adenovirus. A) Trasferimento<br />

genico direttamente alle cellule tumorali; B) trasferimento genico all’interno di cellule presentatrici di<br />

antigene (APCs) che comporta la stimolazione di cellule T e la lisi tumorale. Riprodotta, con licenza,<br />

da Principles and Practice of <strong>the</strong> Biological Therapy of Cancer. Philadelphia: LippincottWilliams and<br />

Wilkins, 2000.<br />

Come precedentemente notato, la maggior parte dei trials clinici dedicati alla terapia genica<br />

condotti fino ad oggi hanno rivelato un trasferimento genico poco efficiente e/o breve durata<br />

di espressione. Questa è una sfida che deve essere superata e viene indirizzata dagli sforzi<br />

delle ricerche dedicate al miglioramento dei sistemi di vettore. Inoltre, devono essere valutati<br />

anche i sistemi di distribuzione, con l’obiettivo di consentire un’efficace distribuzione genica<br />

agli organi solidi ed assicurare l’esposizione delle cellule bersaglio. È improbabile che una<br />

tecnica di distribuzione sia efficace per tutti i tipi di tumore, ma sono possibili progressi per<br />

alcuni tipi tumorali.<br />

Altri sviluppi coinvolgeranno l’indagine sull’utilizzo di diversi bersagli per la modificazione<br />

genetica. I tipi di cellule che sono attualmente studiate come bersagli per la modificazione<br />

genica includono:<br />

● linfociti da utilizzare per immunoterapia adottiva, cioe’ per fornire l’immunita’ ai pazienti<br />

piuttosto che stimolare l’attività immunitaria. L’obiettivo del trasferimento genico è quello di<br />

aumentare l’efficacia dell’immunita’ adottiva o aumentarne la sicurezza. Gli esempi di geni<br />

che possono essere trasferiti comprendono quelli che codificano per i recettori delle cellule T<br />

per alterare la specificita’ delle cellule T e geni suicidi per consentire la prevenzione della<br />

tossicita’ a stadi specifici del trattamento<br />

7<br />

Angiogenesis is<br />

<strong>the</strong> formation of<br />

new blood vessels.<br />

7.11


7<br />

. . . il p53 e i<br />

fattori dei percorsi<br />

p53-mediati<br />

possono costituire<br />

bersagli critici per<br />

la progettazione<br />

razionale di agenti<br />

antitumorali.<br />

L’angiogenesi è la<br />

formazione di<br />

nuovi vasi<br />

sanguigni.<br />

7.12<br />

● cellule staminali, la cui modificazione potrebbe avere potenzialmente un effetto a lungo<br />

termine sul processo della malattia in pazienti oncologici. Esempi di modificazioni<br />

potenzialmente di grande valore comprendono il trasferimento di geni della chemioterapiaresistenza<br />

e la sostituzione di geni in disturbi causati dalla mancanza di un singolo gene.<br />

Terapia genica con p53<br />

Dato il ruolo fondamentale del p53 nel “checkpoint” del ciclo cellulare e nell’apoptosi, e la<br />

prevalenza delle mutazioni del gene p53 nei tumori umani, il p53 è stato identificato come un<br />

potenziale bersaglio per la terapia antitumorale. Pertanto, il p53 e i fattori dei percorsi p53mediati<br />

possono costituire bersagli critici per la progettazione razionale di agenti antitumorali.<br />

Una strada terapeutica potrebbe essere lo sfruttamento dei meccanismi coinvolti nella normale<br />

regolazione della conformazione del p53. Per esempio, il ripristino di legami specifici del DNA<br />

da parte del p53 potrebbe portare potenzialmente all’attivazione di “wild-type” di geni<br />

bersaglio p53, alla soppressione della proliferazione cellulare e all’induzione di apoptosi.<br />

Sono in corso studi preclinici per valutare il potenziale terapeutico della terapia genica<br />

antitumorale virus-mediata con p53. Questi studi indicano che la sostituzione genica del p53<br />

può rappresentare un nuovo agente terapeutico per tumori quali il tumore anaplastico di<br />

Wilms.<br />

Terapia cellulare<br />

Come trattato nel Modulo 6, esiste una considerevole sovrapposizione tra terapie cellulari,<br />

vaccini antitumorale e terapia genica. E le prospettive future per questo tipo di terapia sono<br />

simili a quelle descritte sopra. Sviluppi specifici saranno probabilmente focalizzati sulle cellule<br />

dendritiche, in particolare sulle tecniche che comportano il carico di antigeni tumorali da parte<br />

di queste cellule per stimolare una forte risposta da parte delle cellule T, e la modificazione<br />

genetica delle cellule immunitarie vergini per produrre cellule effettrici specifiche<br />

immunocompetenti.<br />

Nuovi approcci: angiogenesi tumorale come bersaglio<br />

L’angiogenesi è la formazione di nuovi vasi sanguigni. Questo processo è regolato da una<br />

famiglia di fattori di crescita endoteliali vascolari (VEGF) e recettori, che potrebbero anche<br />

essere coinvolti nella linfoangiogenesi (la formazione di nuovi vasi linfatici), e angiopoietina.<br />

L’angiogenesi si verifica in origine durante lo sviluppo embrionico, ma anche sotto l’influenza<br />

di condizioni fisiologiche strettamente controllate come la guarigione di ferite o durante il ciclo<br />

mestruale. Il controllo dell’angiogenesi in questi casi è complesso e, nel caso della guarigione<br />

di ferite, è dovuto all’espressione di inibitori e stimolatori dell’angiogenesi a breve termine<br />

come i VEGF.<br />

Difetti nella regolazione dell’angiogenesi si osservano in molte malattie, tra cui non ultima il<br />

<strong>cancro</strong>. L’angiogenesi è essenziale per la crescita dei tumori; se non si realizza essi non<br />

possono svilupparsi aprossimativamente oltre i 2mm di grandezza. Raggiunta questa<br />

dimensione, la morte cellulare compensa l’aggressiva proliferazione cellulare caratteristica dei<br />

tumori. I tumori solidi che crescono oltre questa dimensione trovano poi delle modalità per<br />

invadere i tessuti circostanti e per stimolare la crescita di vasi sanguigni per rifornirsi di<br />

sostanze nutrienti. Questo obiettivo viene raggiunto per mezzo di un grande numero di<br />

meccanismi che comportano l’espressione di metalloproteasi e permettono l’invasione tessutale,<br />

e fattori angiogenici che attivano e stimolano le cellule vascolari endoteliali (Figura 7.2). Così<br />

come consente ai tumori di crescere oltre il limite dei 2mm di grandezza, l’angiogenesi rende<br />

possibile la formazione di metastasi perché è per mezzo dell’angiogenesi che le cellule<br />

tumorali entrano nel flusso sanguigno.


Matrice<br />

Fattori<br />

angiogenici Il feedback stimola<br />

la crescita tumorale<br />

Cellule vascolari<br />

endoteliali<br />

Metastasi<br />

Cellule tumorali<br />

Produzione di<br />

metalloproteasi<br />

Degradazione della<br />

matrice<br />

Vascolarizzazione tumorale e<br />

crescita invasiva<br />

Figura 7.2. Rappresentazione schematica degli eventi che portano all’angiogenesi tumorale e alla<br />

formazione di metastasi. Le cellule tumorali rilasciano fattori angiogenici, che stimolano le cellule<br />

vascolari endoteliali, e la metalloproteasi, che degradano i tessuti circostanti, realizzando la<br />

vascolarizzazione tumorale, la crescita invasiva e la formazione di metastasi.<br />

L’importanza riconosciuta dell’angiogenesi nello sviluppo dei tumori e la caratterizzazione dei<br />

diversi fattori che sono coinvolti nella stimolazione di questo processo rendono l’angiogenesi<br />

un attraente bersaglio terapeutico. Gli agenti anti-angiogenici possono produrre risposte più<br />

durature grazie alla riduzione dell’apporto ematico al tumore (Figura 7.3.).<br />

Crescita tumorale<br />

Tempo<br />

Chemioterapia sola<br />

Chemioterapia + agente<br />

anti-angiogenico<br />

Figura 7.3. L’illustrazione mostra il possibile effetto di agenti anti-angiogenici sulla durata della<br />

risposta alla terapia.<br />

7<br />

7.13


7<br />

7.14<br />

Molti composti sono stati studiati per la loro capacità di inibire l’angiogenesi tumorale, e molti<br />

di questi sono agenti biologici.<br />

● Marimastat. È un derivato solubile dell’acido idrossaminico basato sulla struttura del<br />

collagene, il substrato naturale per la matrice delle metalloproteasi, che è l’unico inibitore di<br />

matrice delle metalloproteasi ad essere stato sottoposto a trials di fase III. I risultati sono stati<br />

diversi, perché un trial ha mostrato risultati equivalenti alla gemcitabina per il tumore del<br />

pancreas, un altro ha mostrato per il tumore dello stomaco un aumento della sopravvivenza<br />

rispetto a un placebo, ed un terzo non ha mostrato benefici. La tossicita’ ha incluso astenia<br />

e poliartrite reversibile.<br />

● BAY12-9566. Questo inibitore strutturalmente distinto della matrice delle metalloproteasi è<br />

un analogo dell’acido butanoico ed è più selettivo del marimastat, che inibisce solamente la<br />

matrice delle metalloproteasi 2 e 9. Comunque, esso sembra aver ridotto la sopravvivenza<br />

nel caso di tumore del polmone a piccole cellule e il suo sviluppo è stato sospeso.<br />

● Anticorpi monoclonali anti-VEGF. Il rhuMab VEGF è un anticorpo monoclonale umanizzato<br />

ricombinante sviluppato per colpire il più importante fattore di crescita coinvolto<br />

nell’angiogenesi (VEGF). Esso ha mostrato di essere ben tollerato, allo stesso modo delle<br />

altre terapie mirate anticorpali come l’Herceptin ® , e ha prodotto risposte in pazienti<br />

oncologici.<br />

● Vitaxin. È un anticorpo monoclonale umanizzato diretto a una proteina che è espressa ad<br />

alti livelli dalla neovascolarizzazione tumorale (integrina αvβ3). Vitaxin ha mostrato attività<br />

antitumorale nei primi trials clinici.<br />

● Frammenti di proteina regolatrice della crescita. Endostatina e angiostatina sono formate<br />

dalla scissione proteolitica, rispettivamente, del collagene XVII e del plasminogeno. Queste<br />

molecole sono inibitori specifici e potenti della proliferazione delle cellule endoteliali (Figura<br />

7.4).<br />

Volume tumorale (mm 3 )<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

–19 0 4 8 12 16 20 24 28<br />

Inizio del trattamento<br />

Fisiologica<br />

Angiostatina<br />

Giorno di trattamento<br />

Figura 7.4. Effetto dell’angiostatina sulla crescita di xenotrapianti di tumore della prostata nei topi.<br />

In topi trattati con un placebo salino (linea tratteggiata) i tumori crescono rapidamente, mentre<br />

l’angiostatina rallenta la crescita tumorale e induce la regressione del tumore. Riprodotta, con<br />

licenza, da Principles and Practice of <strong>the</strong> Biological Therapy of Cancer. Philadelphia: Lippincott<br />

Williams and Wilkins, 2000.


● IM862. Dipeptide dell’L-glutamyl-L-tryptophan isolato dal timo, l’IM862 inibisce<br />

l’angiogenesi e possiede in vitro proprieta’ immunomodulatrici. Questo composto ha<br />

mostrato una considerevole attività nel sarcoma di Kaposi e lo si sta studiando per altri tipi<br />

di tumore.<br />

● Interferon-α. Questa citochina è già largamente utilizzata nella cura del <strong>cancro</strong>, ma è il<br />

primo agente anti-angiogenico ad avere mostrato di essere attivo nel trattamento<br />

dell’emangioma e dei tumori avanzati giganti dell’osso.<br />

Questo elenco, che riguarda solo alcuni degli agenti biologici anti-angiogenici attualmente<br />

oggetto di ricerca, dimostra che si è solamente cominciato ad indagare gli utilizzi potenziali<br />

degli agenti biologici nella terapia antitumorale. Inoltre, esso illustra la possibilita’ di colpire<br />

uno stesso problema utilizzando approcci differenti e che è possibile colpire stadi differenti di<br />

un processo complesso.<br />

Sommario: le implicazioni per i pazienti oncologici<br />

Appare chiaro che gli approcci biologici alla cura dei tumori possono fornire ai professionisti<br />

che operano nel settore oncologico una grande varieta’ di nuove entità terapeutiche.<br />

L’esperienza con i relativamente pochi agenti biologici che hanno ricevuto l’approvazione per<br />

l’uso clinico indica che questi nuovi farmaci offriranno probabilmente significativi vantaggi in<br />

una vasta gamma di applicazioni. Inoltre, dati i rapidi progressi della nostra conoscenza dei<br />

complessi percorsi biologici convolti nello sviluppo, mantenimento e metastizzazione del<br />

<strong>cancro</strong>, e del funzionamento del sistema immunitario, è probabile che si assistera’ alla<br />

ridefinizione delle strategie esistenti e allo studio di nuove strategie <strong>biologiche</strong>.<br />

L’attenzione alle terapie biologica come modalità d’avanguardia nella gestione dei tumori avrà<br />

le sue maggiori implicazioni nel modo in cui verranno curati i pazienti oncologici. Come<br />

indicano le discussioni sull’utilizzo dei micro filamenti nei profili genici e la proteonimica, i<br />

tumori saranno sempre meglio caratterizzati a livello molecolare. Quando saranno chiariti gli<br />

effetti di più geni e proteine sul comportamento dei tumori, la caratterizzazione tumorale<br />

diventera’ un importante strumento per la determinazione della terapia migliore da offrire ai<br />

pazienti oncologici. Ciò fornira’ informazioni sulla sensibilità o resistenza di un tumore alle<br />

terapie, e su quali combinazioni terapeutiche hanno maggiori probabilita’ di essere efficaci. Le<br />

terapie <strong>biologiche</strong> avranno un ruolo importante nell’individualizzazione terapeutica perche’<br />

molti di questi agenti sono realizzati per colpire specifiche anormalita’.<br />

Questi cambiamenti nelle modalità di gestione dei tumori influenzeranno la pratica oncologica,<br />

particolarmente in relazione alle informazioni da fornire ai pazienti. Una implicazione della<br />

caratterizzazione tumorale è che due pazienti con tumori clinicamente simili riceveranno<br />

terapie differenti. Le ragioni di tale strategia terapeutica dovranno essere comunicate ai<br />

pazienti, e in questo senso molti infermieri stanno già acquistando una preziosa esperienza<br />

con la gestione delle cure offerte a donne affette da tumore metastatico della mammella<br />

selezionate per la terapia con Herceptin. Altri cambiamenti riguarderanno sia gli effetti<br />

collaterali, molti dei quali diventeranno più lievi e transitori rispetto a quelli associati alla<br />

chemioterapia citotossica, sia la durata della terapia. Probabilmente molti agenti biologici,<br />

particolarmente gli anticorpi, le citochine e le terapie cellulari, verranno utilizzati per periodi<br />

prolungati nei pazienti che rispondono alla terapia per assicurare una soppressione tumorale<br />

continuativa. Ciò richiede un cambiamento nel modo di pensare, perché l’attenzione sarà<br />

meno concentrata sul trattamento della malattia e sarà la prevenzione della progressione<br />

tumorale ad acquisire sempre maggiore importanza.<br />

7<br />

. . . gli approcci<br />

biologici alla cura<br />

dei tumori possono<br />

fornire ai<br />

professionisti che<br />

operano nel settore<br />

oncologico una<br />

grande varieta’ di<br />

nuove entità<br />

terapeutiche.<br />

Le terapie<br />

<strong>biologiche</strong><br />

avranno un ruolo<br />

importante<br />

nell’individualizza<br />

zione terapeutica<br />

perche’ molti di<br />

questi agenti sono<br />

realizzati per<br />

colpire specifiche<br />

anormalita’.<br />

7.15


7<br />

7.16<br />

Riassumendo, gli attuali progressi tecnologici, la caratterizzazione tumorale e la terapia<br />

biologica avranno le seguenti implicazioni.<br />

● Diventera’ più comune l’utilizzo di terapie mirate, in particolare di agenti biologici.<br />

● L’efficacia della cura migliorera’ perché i percorsi cellulari essenziali al mantenimento del<br />

tumore potranno essere bloccati o attivati selettivamente in modo appropriato.<br />

● Sarà minimizzata la tossicita’ associata alla cura del <strong>cancro</strong> perché le cellule tumorali<br />

potranno essere trattate selettivamente utilizzando la terapia mirata.<br />

● La terapia sarà individualizzata in base alle caratteristiche intrinseche del tumore,<br />

consentendo ai pazienti oncologici di ricevere una cura personalizzata per ottenere i<br />

migliori risultati possibili.<br />

● Gli infermieri specializzati in oncologia acquisiranno un ruolo sempre più importante nel<br />

fornire ai pazienti oncologici informazioni riguardanti:<br />

– l’impatto sulla prognosi e sul comportamento tumorale dei fattori cellulari<br />

– la diagnosi, la caratterizzazione tumorale e l’individualizzazione della cura<br />

– cosa aspettarsi dalle nuove terapie <strong>biologiche</strong> mirate, compresi benefici ed effetti<br />

collaterali.


Questionario di auto valutazione<br />

1. Com’è noto i tumori sono causati da un’accumulazione di alterazioni genetiche. Descrivi<br />

quali approcci potrebbero essere utilizzati per identificare le combinazioni di differenti<br />

alterazioni genetiche in un singolo tumore.<br />

2. Descrivi le implicazioni pratiche, cliniche, dei profili di espressione genica.<br />

3. Scegli l’affermazione più appropriata tra quelle della selezione fornita e inseriscila nelle<br />

frasi che seguono.<br />

i percorsi cellulari di segnalazione e la trasduzione di segnale<br />

lo studio dell’espressione genica<br />

migliaia di anticorpi di specificita’ nota in un frammento<br />

la forma, la funzione e il controllo dei sistemi di proteine cellulari<br />

le strategie per la terapia personalizzata<br />

a. La proteomica è lo studio di.....................................................................................<br />

b. L’espressione proteica di singole cellule può essere studiata utilizzando un sistema che è<br />

fondamentalmente...................................................................................................<br />

c. Il confronto dell’espressione proteica tra campioni tessutali di un singolo paziente può<br />

essere utilizzato per sviluppare.................................................................................<br />

d. La proteomica può essere utilizzata in una varieta’ di modi tra cui lo di........................<br />

….........................................................................................................................<br />

e. La interrelazione e la complessita’ delle interazioni proteiche significa che la proteomica<br />

produrrà probabilmente informazioni più dettagliate sulle funzioni cellullari che ............<br />

……………………………………………………………………….....................................<br />

4. Alcuni possibili progressi sono basati su un ulteriore sviluppo degli approcci esistenti.<br />

Suggerisci un modo in cui potrebbero essere migliorate sia le terapie basate su citochine<br />

sia quelle anticorpali.<br />

e. The inter-relationships and complexity of protein interactions means that proteomics<br />

is likely to produce more detailed information about cell function than<br />

……......................................................................................................................<br />

7<br />

7.17


7<br />

7.18<br />

5. L’angiogenesi – la formazione di nuovi vasi sanguigni – è essenziale per la crescita<br />

tumorale. Scegli, dalla selezione qui di seguito, l’annotazione appropriata per completare il<br />

diagramma che identifica gli eventi fondamentali che portano all’angiogenesi tumorale e<br />

alla formazione di metastasi.<br />

Fattori angiogenici Cellule endoteliali vascolari<br />

Metastasi Proliferazione e invasione<br />

Vascolarizzazione<br />

e crescita<br />

Cellule tumorali<br />

6. Discuti brevemente, dal punto di vista di un infermiere oncologico specializzato, l’impatto<br />

potenziale delle terapie <strong>biologiche</strong> per la gestione e la cura dei pazienti.<br />

Le risposte a queste domande sono a pagina 8.12.<br />

Le cellule tumorali<br />

entrano nel sangue


Risposte ai questionari di auto valutazione<br />

Modulo 1. Il <strong>cancro</strong> attraverso il tempo<br />

1. Il <strong>cancro</strong> rappresenta un problema sanitario globale ma ci sono varianti internazionali circa<br />

l’incidenza e il tipo di tumore associate alla mortalita’. Quali fattori influenzano tali<br />

differenze?<br />

Variazioni dell’incidenza e del tipo di tumore riflettono differenze di fattori ambientali,<br />

come la dieta o l’uso di tabacco, che influenzano lo sviluppo del <strong>cancro</strong> e possibili<br />

differenze genetiche tra popolazioni. Anche la diagnosi precoce e lo screening con i<br />

consenguenti interventi terapeutici appropriati possono influenzare la mortalita’ dovuta al<br />

<strong>cancro</strong>. Comunque, i tassi di sopravvivenza totale sono rimasti stabili – i pazienti colpiti da<br />

tumore possono vivere più a lungo ma, generalmente, moriranno ancora a causa del<br />

<strong>cancro</strong>.<br />

2. La prevenzione del <strong>cancro</strong> può essere divisa in primaria, secondaria e terziaria. Per<br />

piacere fai quattro esempi per le misure che possono essere usate come prevenzione<br />

primaria, tre per la secondaria e due per la terziaria.<br />

Le misure preventive primarie sono basate sugli agenti causali (carcinogeni) convolti<br />

nell’iniziazione e sviluppo del <strong>cancro</strong> (carcinogenesi). Si tratta soprattutto di fattori<br />

ambientali e relativi allo stile di vita. Gli approcci preventivi comprendono:<br />

● non fumare<br />

● evitare l’eccessiva esposizione al sole<br />

● bere alcolici con moderazione<br />

● adottare regimi dietetici salutari<br />

● praticare regolarmente esercizio fisico ed evitare l’eccessivo aumento di peso<br />

● quando possibile evitare l’esposizione a carcinogeni noti e, in caso di esposizione<br />

inevitabile, prendere ogni precauzione necessaria.<br />

La prevenzione secondaria coinvolge la diagnosi precoce allo scopo di massimizzare gli<br />

effetti della cura. Le misure includono:<br />

● campagne educative per aumentare la conoscenza dei tumori e incoraggiare<br />

l’autoesame e il monitoraggio di ogni cambiamento, affinche’ venga ricercato<br />

precocemente il consiglio del medico<br />

● vigilanza sui tumori e screening:<br />

– striscio cervicale<br />

– sigmoidoscopia<br />

– test del sangue occulto nelle feci<br />

– esaminazione digitale rettale<br />

– mammografia<br />

● Test dei markers biochimici del <strong>cancro</strong> (per esempio i livelli sanguigni del CA 125 nel<br />

tumore dell’ovaio) o fattori di possibile predisposizione genetica (per esempio i geni<br />

BRCA1 e BRCA2 nel tumore della mammella) in individui ad alto rischio.<br />

Appendice<br />

8<br />

8.1


8<br />

8.2<br />

La prevenzione terziaria è basata sugli approcci chirurgico o farmacologico relativamente<br />

agli individui ad alto rischio oncologico. Le misure preventive includono:<br />

● hirurgia profilattica (per esempio la mastectomia per le donne ad alto rischio di<br />

familiarita’ per il tumore della mammella)<br />

● chemioprevenzione (per esempio proponendo la chemioterapia ad individui ad alto<br />

rischio). L’efficacia e i rischi di questo approccio sono attualmente oggetto di indagine: il<br />

rapporto rischio/benefici deve essere attentamente considerato.<br />

3. Le opzioni di trattamento oncologico dipendono dallo stadio del tumore. Per piacere<br />

identifica e definisci tre obiettivi principali dell’intervento chirurgico.<br />

● Preventivo - per rimuovere una formazione che non è maligna ma che è nota per essere<br />

associata allo sviluppo della malignita’.<br />

● Diagnostico - per asportare campioni di tessuto per le analisi di laboratorio a conferma<br />

della diagnosi e per l’identificazione del <strong>cancro</strong>.<br />

● Di stadiazione - per determinare l’estensione della malattia.<br />

● Curativo - per asportare il tumore quando localizzato con la speranza di rimuovere tutto<br />

il tessuto tumorale.<br />

● Palliativo - per trattare le complicazioni della malattia avanzata, come il dolore, e<br />

migliorare la qualità di vita.<br />

● Di supporto - di supporto al trattamento, per esempio posizionando una linea infisionale<br />

che sia di aiuto nella somministrazione della cura.<br />

● Ricostruttivo – per ricostruire l’aspetto di una persona o la funzione di un organo o di<br />

una parte del corpo.<br />

4. Altre opzioni di trattamento per il <strong>cancro</strong> comprendono la radioterapia, l’ormonoterapia e<br />

la chemioterapia. Definisci brevemente e sottolinea gli obiettivi principali di ciascun<br />

approccio ed identifica alcuni effetti collaterali comuni per ogni terapia.<br />

● La radioterapia utilizza particelle ad alta energia o onde come i raggi X o i raggi<br />

gamma per distruggere o danneggiare le cellule tumorali. Ma nel momento in cui la<br />

radioterapia distrugge le cellule tumorali essa estende i suoi effetti anche su alcune delle<br />

cellule normali che si trovano vicine. Questi effetti non specifici possono causare una<br />

grande quantità di effetti collaterali, tra cui: astenia; tossicita’ ematologica; stomatiti;<br />

danni alla cute; perdita dell’appetito; raucedine; perdita dei capelli; difficoltà alla<br />

deglutizione; nausea e vomito; e diarrea. L’incidenza di questi effetti collaterali varia a<br />

seconda della sede irradiata e della dose di radiazione, e inoltre differisce da persona<br />

a persona.<br />

● L’ormonoterapia è il trattamento con farmaci che interferiscono con la produzione o<br />

l’attività ormonale, o la rimozione chirurgica di ghiandole che producono ormoni per<br />

uccidere le cellule tumorali o per rallentare la loro crescita. Sebbene sia associata con<br />

un numero di effetti collaterali inferiore rispetto alla chemioterapia, i pazienti sottoposti a<br />

terapia ormonale possono sperimentare: vampate e sudorazione; nausea, diarrea e<br />

dispepsia; aumento di peso; modificazioni del ciclo mestruale; crampi muscolari;<br />

modificazioni del tono dell’umore; reazioni allergiche; mal di testa; e trombosi.


● La chemioterapia è l’utilizzo di farmaci per curare il <strong>cancro</strong> e la sua azione si esplica<br />

con l’uccisione delle cellule che si replicano rapidamente. È essenziale un equilibrio tra<br />

la specificita’ del bersaglio e l’uccisione delle cellule tumorali, e la distruzione non<br />

specifica di cellule normali. La natura non specifica della chemioterapia comporta la sua<br />

associazione con significativi effetti collaterali tra cui: soppressione del midollo osseo<br />

(riduzione della conta dei globuli bianchi e rossi e della conta delle piastrine) che porta<br />

ad effetti ematologici avversi e infezioni; perdita dei capelli; perdita di appetito e di<br />

peso; stomatiti ed esofagiti; nausea e vomito; stitichezza; modificazioni del gusto;<br />

diarrea; astenia; danni cardiaci; modificazioni del SNC; danni polmonari, epatici,<br />

renali e dei tessuti riproduttivi.<br />

5. Descrivi gli approcci per migliorare la specificita’ e l’obiettivo delle terapie antiblastiche.<br />

Attualmente, uno dei principali approcci per lo sviluppo di agenti antitumorali mirati è la<br />

terapia biologica, o immunoterapia. La terapia biologica è basata su componenti del<br />

sistema immunitario, è realizzata specificamente per colpire le cellule tumorali lasciando<br />

intatte le cellule normali, e lavora stimolando o imitando le difese naturali dell’organismo: il<br />

sistema immunitario.<br />

Modulo 2. Controllo della crescita cellulare e <strong>cancro</strong><br />

1. Quali caratteristiche distinguono le cellule tumorali dalle cellule normali?<br />

Le cellule tumorali possiedono due caratteristiche che le distinguono dalle cellule normali:<br />

proliferano (crescono rapidamente) a dispetto dei normali sistemi di controllo della crescita<br />

e sono inoltre descritte come neoplastiche; e possiedono caratteristiche speciali che<br />

consentono loro di invadere e colonizzare i tessuti circostanti. Ciò significa che si tratta di<br />

cellule maligne. La divisione cellulare, la crescita, la differenziazione e la morte cellulare<br />

programmata (apoptosi) sono elementi importanti del normale funzionamento cellulare. La<br />

rottura dell’equilibrio tra morte cellulare e generazione di nuove cellule può essere causa di<br />

malattia: disfunzione organica e morte se prevale l’apoptosi; <strong>cancro</strong> se prevale la<br />

replicazione cellulare.<br />

2. Il ciclo cellulare è una sequenza ordinata di eventi attraverso i quali le cellule raddoppiano<br />

il contenuto intracellulare e poi si duplicano. Quali sono gli obiettivi del ciclo cellulare?<br />

Gli obiettivi del ciclo cellulare sono:<br />

● replicare accuratamente il DNA dei cromosomi delle cellule parentali<br />

● distribuire equamente i cromosomi tra le due cellule figlie<br />

● duplicare il contenuto citoplasmatico.<br />

3. La mitosi permette la proliferazione cellulare mantenendo il corretto numero diploide di<br />

cromosomi in ogni cellula. Spiega come i cromosomi di un ovulo e di uno spermatozoo<br />

sono capaci di combinarsi mantenendo il corretto numero di cromosomi.<br />

Il ciclo riproduttivo sessuale è caratterizzato da un tipo speciale di divisione cellulare<br />

chiamato meiosi, che assicura che l’ovulo e lo spermatozoo abbiano solamente meta’ del<br />

patrimonio cromosomico diploide (aploide). La meiosi comporta due successive divisioni<br />

nucleari ma solamente una replicazione completa del DNA per assicurare che le cellule<br />

figlie, cellula uovo e spermatozoo, siano aploidi. Perciò, quando avviene la fecondazione,<br />

l’embrione risultante possiede un corredo cromosomico completo diploide.<br />

Appendice<br />

8<br />

8.3


8<br />

8.4<br />

4. Il ciclo cellulare è ben coordinato da “checkpoint” e da fattori biochimici e fisici che<br />

influenzano il ciclo. Definisci e descrivi il ruolo dei fattori di crescita e di ancoraggio nel<br />

controllo del ciclo cellulare.<br />

I fattori di crescita sono proteine che si legano ai recettori della membrana plasmatica delle<br />

cellule bersaglio per influenzare (stimolare o inibire) la proliferazione cellulare. Alcuni<br />

fattori di crescita hanno ampia specificita’ e sono in grado di influenzare la crescita di molti<br />

tipi di cellule differenti, mentre altri hanno una specificita’ limitata e sono altamente mirati<br />

per influenzare solo un tipo di cellule. In definitiva, legandosi ad un recettore partner i<br />

fattori di crescita attivano i geni, che iniziano a produrre specifiche proteine, le quali<br />

influenzano la proliferazione cellulare. Anche gli ormoni possono agire come fattori di<br />

crescita: un’eccessiva stimolazione ormonale è associata ad un incremento della divisione<br />

cellulare e può avere come ultima conseguenza la crescita di un tumore maligno.<br />

Molte cellule devono essere ancorate ad una base per potersi dividere. È probabile che le<br />

cellule abbiano bisogno di mantenere un contatto fisico per poter comunicare tra di loro e<br />

assicurarsi così che i cicli cellulari all’interno di un organo o di un tessuto restino<br />

sincronizzati. Le cellule tumorali possiedono proprieta’ speciali che le rendono eccezioni<br />

rispetto alla norma della dipendenza dall’ancoraggio. Quindi, esse possono liberarsi e<br />

utilizzare i vasi sanguigni, o un’altra via di trasporto dell’organismo, per migrare e<br />

invadere altri tessuti distanti dalla sede del tumore originario (metastizzare).


Modulo 3. Basi genetiche dello sviluppo del <strong>cancro</strong><br />

1. Gli elementi e i processi genetici possono essere ordinati in ordine gerarchico e<br />

sequenziale. Completa lo schema inserendo le parole appropriate elencate sotto. I due<br />

asterischi rappresentano i due percorsi mutabili che possono determinare la proliferazione<br />

cellulare incontrollata e la crescita tumorale invasiva. Per piacere completa lo schema coi<br />

nomi.<br />

Genoma<br />

Chromosoma<br />

Geni<br />

DNA<br />

Basi<br />

** I due percorsi mutabili sono:<br />

**<br />

mRNA<br />

Transcrizione Translazione<br />

● mutazioni genetiche che rendono iperattivo un gene proliferativi<br />

● mutazioni genetiche che rendono inattivo un gene antiproliferativo<br />

2. Come può un proto-oncogene diventare un oncogene? Quali processi controllano la<br />

maggior parte dei proto-oncogeni conosciuti?<br />

I proto-oncogeni possono trasformasi in oncogeni a causa della presenza di carcinogeni<br />

quali la luce solare, radiazioni e virus. Le mutazioni risultanti sono dovute principalmente al<br />

punto di mutazione, alla delezione o all’amplificazione genica. I proto-oncogeni sono<br />

spesso dei geni che codificano per componenti del meccanismo che regola la divisione, la<br />

differenziazione e la morte cellulare. (Anche le mutazioni dei geni oncosoppressori e la<br />

mancata riparazione genica possono avere un ruolo nello sviluppo del <strong>cancro</strong>).<br />

3. Utilizzando come esempi il gene oncosoppressore p53 e il recettore HER2 del fattore di<br />

crescita, descrivi come in ognuno di questi casi le mutazioni possono portare allo sviluppo<br />

del <strong>cancro</strong>.<br />

Il p53 è un potente fattore di soppressione della trascrizione tumorale le cui funzioni<br />

normalmente consentono alle cellule di fronteggiare i danni del DNA. Esso agisce<br />

Protein A<br />

Appendice<br />

8<br />

8.5


8<br />

8.6<br />

prevenendo la proliferazione cellulare grazie alla sospensione del ciclo cellulare nelle<br />

cellule con anormalita’ cromosomiche e permettendo al DNA di ripararsi prima della<br />

replicazione. Se il DNA non può essere riparato, il p53 induce l’apoptosi. Le mutazioni che<br />

impediscono al p53 di legarsi al DNA, interferendo con la sua capacità di ostacolare la<br />

replicazione del DNA o di fermarla promuovendo l’apoptosi delle cellule con DNA<br />

danneggiato in modo irreparabile, possono portare allo sviluppo del <strong>cancro</strong>.<br />

L’HER2 codifica per un recettore di una famiglia di recettori di membrana che sono coinvolti<br />

nella replicazione, crescita, differenziazione e sopravvivenza cellulare. L’amplificazione del<br />

gene HER2 porta alla formazione di singole cellule che hanno più di due copie del gene.<br />

Ciò porta a livelli eccessivi del recettore HER2 e a un’eccessiva stimolazione dei percorsi di<br />

segnalazione, con il risultato di una proliferazione cellulare incontrollata.<br />

4. Cos’è la trasduzione di segnale e cosa produce?<br />

La trasduzione di segnale è il processo per mezzo del quale la stimolazione di un<br />

particolare recettore attiva una serie di eventi all’interno della cellula risultanti in una<br />

risposta del gene e della proteina. Questo assicura che le cellule siano in grado di reagire<br />

al loro microambiente, permettendo di ricevere, capire e trasmettere al nucleo gli stimoli<br />

extracellulari, in modo da attivare le appropriate risposte cellulari specifiche.<br />

5. Delinea brevemente le fasi e gli eventi fondamentali di un tipico percorso di trasduzione di<br />

segnale utilizzando un fattore di crescita nella prima fase.<br />

Fase 1: Il fattore di crescita extracellulare (ligando) si lega al recettore specifico della<br />

membrana cellulare.<br />

Fase 2: Il legame attiva il recettore, che coinvolge la stimolazione dell’enzima tirosinchinasi.<br />

Fase 3: La tirosin-chinasi viene fosforilata e attiva i mediatori nel percorso di trasduzione di<br />

segnale.<br />

Fase 4: Il risultato è la regolazione dell’espressione genica nel nucleo.<br />

6. Discuti il ruolo delle mutazioni geniche nella formazione dei tumori.<br />

La progressione tumorale da una lesione originaria non maligna ad un tumore invasivo fino<br />

alla malattia metastatica comporta fasi successive di mutazione e selezione naturale.<br />

Durante questo processo, le cellule derivate da una cellula progenitrice con un’unica<br />

mutazione acquisiscono ulteriori mutazioni e diventano sempre più aggressive. Per questo<br />

motivo, si ritiene che lo sviluppo di un tumore richieda generalmente il verificarsi di vari<br />

eventi rari e indipendenti e il loro accumularsi in un’unica cellula. Comunque, le mutazioni<br />

in alcuni singoli geni (proto-oncogeni e oncosoppressori) hanno un effetto maggiore delle<br />

mutazioni a carico di altri geni, che non hanno un ruolo critico nel controllo di segnale<br />

cellulare.<br />

Modulo 4. Il sistema immunitario: le basi per tutte le terapie <strong>biologiche</strong><br />

1. Definisci e descrivi gli effetti della risposta immunitaria, indicando perché è importante la<br />

corretta identificazione di un agente come potenzialmente dannoso e estraneo.


Risposta immunitaria è il nome dato alla risposta che si realizza attraverso le cellule e le<br />

molecole del sistema immunitario in seguito all’introduzione nell’organismo di un agente<br />

estraneo (antigene). Il risultato è l’eliminazione e la distruzione dell’invasore e di tutti i<br />

prodotti tossici ad esso associato. Una volta attivato, il sistema immunitario è estremamente<br />

efficiente nell’eliminare gli invasori, e per questo motivo è di importanza cruciale che<br />

questa stessa abilita’ distruttiva non venga rivolta contro sostanze innocue o dell’ospite.<br />

2. Disegna ed etichetta una molecola anticorpale generalizzata e indica quale porzione si<br />

lega ad un antigene e a quali altre cellule del sistema immunitario.<br />

3. Descrivi in che modo vengono prodotti anticorpi in risposta ad un agente estraneo e i tre<br />

modi principali in cui essi agiscono.<br />

Gli antigeni hanno specifiche determinanti antigeniche (epitopi) che permettono il loro<br />

riconoscimento da parte delle cellule del sistema immunitario. Speciali cellule chiamate<br />

cellule presentatrici di antigene radunano l’antigene all’interno degli organi linfatici dove<br />

possono essere maggiormente esposte alle cellule T e B. Dopo l’esposizione, le cellule T<br />

diventano attivate, proliferano e si differenziano, uccidono le cellule bersaglio infette, e<br />

attivano altre cellule, come le cellule B, che sono di aiuto nella difesa immunitaria. Ogni<br />

cellula B è in grado di riconoscere e produrre anticorpi contro uno specifico antigene.<br />

Quando una cellula B riconosce il suo antigene coniugato e sono presenti anche segnali<br />

appropriati di una cellula T, essa si lega all’antigene. Una volta legata, la cellula B prolifera<br />

rapidamente e produce migliaia di cloni identici di cellule B, tutte in grado di produrre<br />

anticorpi specifici per quel determinato antigene<br />

Gli antigeni lavorano per mezzo di:<br />

Region e variabile (Fab) – si lega all’antigene<br />

Regione costante (Fc) – si lega alla cellula immunitaria<br />

● neutralizzazione – bloccando l’attività biologica della loro molecola bersaglio<br />

● opsonizzazione – rivestendo l’antigene e poi reclutando altre cellule del sistema<br />

immunitario che possono eliminare e distruggere l’antigene (fagociti)<br />

● attivazione del complemento – attivando una cascata enzimatica che da’ quale risultato<br />

finale la morte del microrganismo.<br />

Appendice<br />

8<br />

8.7


8<br />

8.8<br />

4. Indica se ognuna delle affermazioni seguenti è vera o falsa e, se falsa, da’ la risposta<br />

corretta.<br />

● Il sistema immunitario innato (o naturale) risponde prontamente agli organismi estranei.<br />

VERO<br />

● Una volta istruito dall’esposizione iniziale all’antigene, il sistema immunitario adattivo (o<br />

acquisito) conferisce memoria antigenica ed è in grado di aumentare la forza e<br />

l’efficienza della risposta ai successivi incontri con l’antigene.<br />

VERO<br />

● La risposta immunitaria cellulo-mediata si basa sull’effetto della produzione di anticorpi.<br />

FALSO. Questa modalità di risposta immunitaria comporta la produzione di cellule<br />

specializzate che sono in grado di reagire direttamente con le cellule presentatrici di<br />

antigene e di ucciderle. Le cellule coinvolte in questa risposta possono anche secernere<br />

sostanze chimiche che attivano speciali cellule killer (macrofagi) che distruggono gli<br />

invasori.<br />

● Le cellule T e B che sono state stimolate dall’antigene sono morfologicamente<br />

indistinguibili.<br />

FALSO. Sebbene le cellule T e B vergini non stimolate siano molto simili, una volta<br />

stimolate dall’antigene le cellule B si differenziano diventando grandi plasmacellule, gli<br />

elementi produttori di anticorpi del sistema immunitario.<br />

● Le cellule T devono il loro nome al fatto che maturano nel timo.<br />

VERO<br />

5. Descrivi come può essere prodotto in laboratorio un singolo tipo di anticorpo (anticorpo<br />

monoclonale, Mab) e descrivi due vantaggi dei Mabs rispetto agli anticorpi policlonali.<br />

I linfociti di un animale immunizzato sono fusi con cellule immortali di un tumore del<br />

linfocita B per produrre cellule ibride immortali (ibridomi). Queste cellule vengono poi fatte<br />

crescere in modo che ogni cellula di ibridoma produca una coltura cellulare. Le colture<br />

cellulari si moltiplicano indefinitivamente e producono un unico tipo di anticorpo. I singoli<br />

cloni di ibridoma forniscono una fonte permanente e stabile di uno specifico anticorpo<br />

monoclonale.<br />

I vantaggi della tecnica dell’ibridoma comprendono:<br />

● l’immortalita’ delle linee cellulari dell’ibridoma consente una produzione di anticorpi<br />

stabile e di lunga durata<br />

● l’uniforme specificita’ degli anticorpi rende le preparazioni più utili rispetto agli anticorpi<br />

policlonali meno specifici e inoltre per ottenere l’anticorpo richiesto non è necessario<br />

eseguire la purificazione da una miscela eterogenea<br />

● può essere prodotta una grande quantità di Mab.<br />

6. Sia le attività normali che quelle anormali del sistema immunitario possono essere causa di<br />

malattia. Completa le frasi seguenti con gli esempi di malattia più appropriati tra quelle<br />

elencate di seguito:<br />

Reazioni allergiche Autoimmune Sorveglianza immunitaria<br />

Anemia perniciosa Tubercolosi<br />

Malattie da immunodeficienza


● Nella tubercolosi i batteri patogeni sono in grado di resistere alla distruzione da parte<br />

dei macrofagi, moltiplicandosi all’interno dei macrofagi stessi. Quando alla fine i<br />

macrofagi scoppiano, i batteri si diffondono e il lisosoma contenuto si riversa all’esterno<br />

causando danni al tessuto ospite.<br />

● Le reazioni allergiche sono dovute ad una risposta delle cellule T inappropriatamente<br />

forte rispetto alla debole immunogenicita’ dell’antigene.<br />

● La mancanza di cellule B e T dovuta a varie ragioni tra cui la distruzione di cellule T può<br />

causare malattie da immunodeficienza.<br />

● Quando il sistema immunitario attacca i componenti cellulari dell’ospite possono<br />

svilupparsi malattie autoimmuni come l’anemia perniciosa.<br />

● Il processo attraverso cui il sistema immunitario corpale è in grado di individuare e<br />

proteggere se stesso da cellule che presentano sulla loro superficie tipi o quantità di<br />

proteine anormali è conosciuto come sorveglianza immunitaria.<br />

7. Anche se molte cellule tumorali hanno sulla propria superficie antigeni anormali o in<br />

quantità anormale, la sorveglianza immunitaria è inefficace. Fornisci due possibili<br />

spiegazioni per tale inefficacia.<br />

● I tumori possono svilupparsi in aree non soggette alla sorveglianza immunitaria perché<br />

le cellule T evitano le aree dove possono incontrare auto-antigeni.<br />

● Le cellule tumorali possono presentare antigeni in modo tale che questi non possono<br />

essere riconosciuti dalle cellule T.<br />

● Le cellule tumorali sono soggette costantemente a mutazioni. Ciò limita la capacità delle<br />

cellule T di inseguire e riconoscere tutte le cellule tumorali.<br />

Modulo 5. Le tecnologie che hanno reso possibili le biotecnologie<br />

1. Per l’analisi e la manipolazione del DNA vengono utilizzati enzimi e tecniche differenti.<br />

Scegli dall’elenco qui riportato l’enzima o la tecnica più appropriata per le attività elencate<br />

di seguito:<br />

Sequenziamento del DNA Gel elettroforesi Ligasi<br />

Ibridizzazione dell’acido nucleico<br />

Trascrittasi inversa<br />

Polimerasi Enzima di restrizione<br />

Sintetizza il DNA. Polimerasi<br />

Forma il DNA complementare (cDNA) dall’RNA messaggero (mRNA). Trascrittasi<br />

inversa<br />

Taglia o scinde il DNA in frammenti per l’analisi. Enzima di restrizione<br />

Unisce frammenti di DNA. Ligasi<br />

Separa frammenti di DNA in base alla loro dimensione. Gel elettroforesi<br />

Stabilisce l’esatta sequenza delle coppie di basi in un frammento di DNA.<br />

Sequenziamento del DNA<br />

Consente la precisa localizzazione di DNA o RNA con l’utilizzo di una sonda.<br />

Ibridizzazione dell’acido nucleico<br />

Appendice<br />

8<br />

8.9


8<br />

8.10<br />

2. La clonazione genica ha un ruolo centrale tra le molte tecniche utilizzate per analizzare e<br />

comprendere i geni e le loro funzioni. Descrivi a grandi linee le fasi essenziali della<br />

clonazione del DNA.<br />

Fase 1: Il DNA viene isolato dalla cellula e purificato.<br />

Fase 2: Il DNA purificato viene scisso in frammenti utilizzando gli enzimi di restrizione.<br />

Fase 3: Il frammento di DNA che contiene il frammento da clonare è inserito all’interno di<br />

una molecola di DNA circolare detta vettore per produrre una molecola di DNA<br />

ricombinante.<br />

Fase 4: Il vettore agisce come un veicolo per il trasporto del gene nella cellula ospite.<br />

All’interno della cellula ospite il vettore si moltiplica, producendo numerose copie identiche<br />

non solo di se stesso ma anche del gene che esso trasporta.<br />

Fase 5: Quando la cellula ospite si divide, le nuove cellule contengono copie della<br />

molecola di DNA ricombinante, e si verifica un’ulteriore replicazione del vettore.<br />

Fase 6: Dopo un grande numero di divisioni cellulari si è prodotta una colonia o clone di<br />

cellule ospiti identiche. Ognuna contiene una o più copie della molecola di DNA<br />

ricombinante. Il gene trasportato dalla molecola ricombinante è stato clonato.<br />

3. In alcuni casi, molti frammmenti di DNA vengono clonati nello stesso momento per formare<br />

una libreria di cloni. Come può essere identificato il clone contenente il frammento di DNA<br />

di interesse inserito?<br />

Eseguire lo screening della libreria può consentire l’identificazione del clone contenente il<br />

frammento di DNA di interesse. Le colonie possono essere asciugate su carta assorbente e<br />

sondate con una sonda radioattiva contenente parte della sequenza del frammento di DNA<br />

ricercato. La sonda radioattiva ibridizza il frammento di DNA di interesse, che può essere<br />

visualizzato esponendo la carta assorbente alla pellicola fotografica.<br />

Un altro metodo di screening è la traslazione in vitro, in cui il DNA clonato viene utilizzato<br />

per purificare il suo mRNA complementare da una miscela di mRNA cellulare (selezione<br />

dell’ibrido). Le proteine prodotte sono controllate per verificare se erano quelle che ci si<br />

aspettava.<br />

4. La possibilita’ di produrre ogni proteina in grandi quantità è il maggior vantaggio offerto<br />

dall’ingegneria genetica. Delinea alcune delle implicazioni terapeutiche dell’ingegneria<br />

genetica, in particolare in relazione alla cura del <strong>cancro</strong>.<br />

● L’ingegneria genetica può essere utilizzata per sovraesprimere una particolare molecola<br />

di un dato percorso biosintetico al fine di aumentare i livelli di quella molecola.<br />

● Il percorso può essere interrotto per bloccare la produzione di alcuni prodotti.<br />

● Le proteine possono essere specificamente realizzate per avere struttura e funzione<br />

particolari.<br />

Poiche’ i tumori possiedono una componente genetica, il test degli oncogeni e/o delle<br />

oncoproteine (le proteine per cui essi codificano) può aiutare a definire, classificare e<br />

diagnosticare il tumore. In alcuni casi, la presenza o l’assenza di questi markers biologici<br />

può avere valore prognostico e predittivo ed essere di aiuto per la gestione del trattamento.<br />

Per esempio, il recettore dell’estrogeno, il recettore del progesterone e lo status HER2 sono<br />

stati riconosciuti come importanti markers biologici nei tumori.


5. Di seguito è riportato un diagramma schematico degli obiettivi della genomica funzionale.<br />

Descrivi a parole cosa rappresenta il diagramma e indica quali ruoli potrebbero giocare in<br />

questo processo il Progetto Genoma Umano e la bioinformatica.<br />

La genomica funzionale mira ad ottenere una visione di insieme delle funzioni del genoma,<br />

inclusi i profili di espressione dell’mRNA e a livello proteico. Un prerequisito è la<br />

conoscenza, localizzazione (mappa genica) e sequenza dei geni. Da ciò è possibile<br />

identificare l’mRNA e la proteina risultante. La conoscenza della struttura tridimensionale<br />

della proteina aiuta ad identificare la sua possibile funzione e ciò può costituire il feedback<br />

per capire come funziona il gene stesso. (I geni possono appartenere a famiglie che<br />

mostrano un’omologia sia a livello della sequenza del DNA sia a livello proteico. Inoltre,<br />

conoscere come funzionano un gene e il suo prodotto può aiutare a chiarire la funzione di<br />

altri geni correlati o omologhi, anche se di specie differente). Il Progetto Genoma Umano<br />

mira a fornire la mappa e la sequenza completa dell’intero genoma umano. Questa grande<br />

quantità di dati dovrà essere interpretata e analizzata con l’ausilio della bioinformatica.<br />

Modulo 6. Le terapie <strong>biologiche</strong><br />

1. Indica due motivi per cui si stanno sviluppando e utilizzando approcci biologici per la cura<br />

del <strong>cancro</strong>, specificandone i vantaggi potenziali rispetto alle terapie convenzionali.<br />

● Le terapie <strong>biologiche</strong> sfruttano i sistemi già esistenti nell’organismo per produrre risposte<br />

specifiche a sfide e bersagli specifici, superando la tossicita’ associata con i trattamenti<br />

più generalizzati.<br />

● Utilizzare terapie basate su molecole già esistenti nell’organismo permette di superare i<br />

problemi legati alla reazione ad entità estranee.<br />

● Le terapie <strong>biologiche</strong> sono non invasive.<br />

Gene Protein<br />

Funzione<br />

Struttura<br />

● I trattamenti convenzionali sembrano essere vicini ai loro limiti terapeutici.<br />

Appendix<br />

8<br />

8.11


8<br />

8.12<br />

2. Identifica, nella tavola seguente, quale terapia biologica produce gli effetti da A a G di cui<br />

sotto. Il primo caso, relativo alla terapia con citochine, è già completato per essere di<br />

esempio.<br />

Terapia Effetti<br />

Terapia con citochine A, E, F, G<br />

Terapia anticorpale A, B, C, F, G<br />

Vaccini antitumorali F, G<br />

Terapia genica B, D, F<br />

Terapia cellulare A, G<br />

A. Uccide le cellule cancerogene<br />

B. Interrompe o controlla il processo che permette la crescita tumorale<br />

C. Altera i modelli di crescita delle cellule tumorali<br />

D. Blocca i processi che portano alla formazione di cellule cancerogene a partire da<br />

cellule normali<br />

E. Intensifica la capacità dell’organismo di riparare o sostituire le cellule normali<br />

danneggiate o distrutte da chemioterapia o radiazioni<br />

F. Aumenta la suscettibilita’ alla distruzione delle cellule tumorali da parte del sistema<br />

immunitario<br />

G. Aumenta l’attività delle cellule T, delle cellule natural killer e dei macrofagi,<br />

promuovendo l’uccisione delle cellule tumorali.<br />

3. Spiega la differenza tra terapia biologica non mirata e terapia biologica mirata e discuti i<br />

vantaggi della specificita’ di bersaglio.<br />

La terapia biologica non mirata è quella che ha effetto di supporto per il sistema<br />

immunitario e effetti antitumorali non specifici, ma non colpisce il tumore in modo diretto. Le<br />

terapie mirate sono specifiche per le cellule tumorali perché sono dirette contro le<br />

anormalita’ tumore-associate e quindi posseggono un effetto antitumorale diretto.<br />

Le terapie mirate hanno:<br />

● maggiore tollerabilita’ perché colpiscono specificamente solo le cellule tumorali<br />

● nuovi meccanismi di azione che differiscono da quelli delle terapie convenzionali. Ciò<br />

significa che la terapia combinata può probabilmente avere efficacia maggiore<br />

● la capacità di aumentare la risposta immunitaria dell’ospite<br />

● la possibilita’ di trattamenti individualizzati per ogni paziente.<br />

4. Le citochine sono responsabili della normalita’ funzionale di diversi processi fisiologici che<br />

sono il risultato o una componente delle reazioni immunitarie. Definisci cosa sono le<br />

citochine e fornisci quattro esempi dei processi che esse influenzano.<br />

Le citochine sono proteine che, sintetizzate e rilasciate da una cellula, interagiscono coi<br />

recettori di altre cellule, generalmente per regolare la risposta immunitaria.


Le citochine sono coinvolte in:<br />

● normale sviluppo delle cellule T e B<br />

● chemiotassi, cioe’ l’attrazione di cellule di un certo tipo in un particolare luogo<br />

● generazione di normali livelli di IgE<br />

● ematopoiesi<br />

● suscettibilita’ all’infiammazione.<br />

5. Spiega perché l’umanizzazione degli anticorpi è importante per aumentarne il potenziale<br />

terapeutico.<br />

La maggior parte degli anticorpi monoclonali sono prodotti da ibridomi murini, e ciò<br />

significa che l’anticorpo risultante è una proteina estranea. Inoltre, essi sono riconosciuti<br />

come estranei dal sistema immunitario umano, stimolano una risposta immunitaria e<br />

vengono rapidamente neutralizzati o distrutti. Gli anticorpi hanno sequenze di<br />

riconoscimento sia strutturale sia antigenico. L’ingegneria genetica ha reso possibile<br />

l’umanizzazione dei Mabs sostituendo alle sequenze strutturali murine sequenze strutturali<br />

umane. Il sito di riconoscimento antigenico viene lasciato intatto e il Mab risultante è umano<br />

al 95%. Ciò previene la reazione del sistema immunitario contro l’anticorpo umanizzato.<br />

6. Descrivi tre possibili modalità attraverso cui gli anticorpi monoclonali esplicano la loro<br />

attività antitumorale.<br />

Si ritiene che la terapia anticorpale abbia proprieta’ antitumorali che comprendono:<br />

● sottoregolazione del bersaglio, che porta ad alterazioni nelle funzioni di, per esempio,<br />

crescita e proliferazione<br />

● prevenzione dell’attivazione del bersaglio<br />

● inibizione dei percorsi intracellulari controllati dal bersaglio<br />

● induzione della risposta immunitaria<br />

● stimolazione dell’apoptosi (morte cellulare programmata).<br />

7. Delinea le fasi dello sviluppo razionale di una terapia biologica, indicando i fattori che<br />

rendono un particolare marker biologico una molecola bersaglio di grande interesse<br />

terapeutico.<br />

I passi fondamentali per lo sviluppo di una specifica terapia biologica comprendono:<br />

● identificazione di un’anormalita’ specifica delle cellule tumorali, che non è presente nelle<br />

cellule normali<br />

● identificazione del marker biologico (bersaglio) che possiede un ruolo chiave nella<br />

patogenesi della malattia, affinche’ ogni terapia mirata abbia un impatto diretto sulla<br />

crescita e la conservazione tumorale<br />

● identificazione di un’associazione tra il bersaglio e il risultato per il paziente.<br />

Una volta identificato il bersaglio:<br />

● si seleziona un approccio biologico che permetta la terapia mirata ad un fattore<br />

specifico, per esempio Mabs<br />

Appendix<br />

8<br />

8.13


8<br />

8.14<br />

● si verifica se la terapia mirata possiede effetto antitumorale attraverso studi preclinici su<br />

cellule di coltura<br />

● si conducono ulteriori studi preclinici per verificare che siano colpite<br />

● specificamente le cellule tumorali e non siano attaccate le cellule normali<br />

● si conducono ulteriori studi preclinici con modelli animali per verificare l’efficacia e la<br />

sicurezza della terapia<br />

● si iniziano i trials clinici della terapia.<br />

Modulo 7. Il futuro delle terapie <strong>biologiche</strong><br />

1. Com’è noto i tumori sono causati da un’accumulazione di alterazioni genetiche. Descrivi<br />

quali approcci potrebbero essere utilizzati per identificare le combinazioni di differenti<br />

alterazioni genetiche in un singolo tumore.<br />

Prima di venire tradotto per produrre una proteina funzionale, il DNA deve essere trascritto<br />

nell’RNA. Per questo motivo l’analisi dell’RNA fornisce una modalità per l’identificazione<br />

dei geni espressi da un particolare tumore. Il DNA complementare (cDNA) può essere<br />

sintetizzato da un RNA template e utilizzato per sondare DNA genomico isolato da un<br />

campione tumorale. Queste sonde di cDNA identificano solamente i geni che sono espressi<br />

dal tumore e forniscono il profilo di espressione genica specifica per quel tumore.<br />

2. Descrivi le implicazioni pratiche, cliniche, dei profili di espressione genica.<br />

● I profili di espressione possono aiutare a definire i sottotipi di tumori che hanno prognosi<br />

differenti. Un certo profilo di espressione genica può anche avere valore predittivo in<br />

termini di risposta a particolari terapie. Questo sarà di aiuto nei trattamenti<br />

personalizzati per singoli tipi tumorali.<br />

● L’espressione genica può cambiare nel tempo e i profili possono aiutare nella<br />

stadiazione dei tumori e quindi influire sulle opzioni di trattamento.<br />

● La conoscenza di quali geni sono espressi e quando può aiutare nell’identificazione di<br />

nuovi bersagli per l’intervento terapeutico.<br />

3. Scegli l’affermazione più appropriata tra quelle della selezione fornita e inseriscila nelle<br />

frasi che seguono.<br />

i percorsi cellulari di segnalazione e la trasduzione di segnale<br />

lo studio dell’espressione genica<br />

migliaia di anticorpi di specificita’ nota su un frammento<br />

la forma, la funzione e il controllo dei sistemi di proteine cellulari<br />

le strategie di personalizzazione della terapia<br />

● La proteomica è lo studio della forma, della funzione e del controllo dei<br />

sistemi di proteine cellulari.<br />

● L’espressione proteica di singole cellule può essere studiata utilizzando un sistema che è<br />

costituito fondamentalmente da migliaia di anticorpi di specificita’ nota su un<br />

frammento.


● Il confronto dell’espressione proteica tra campioni tessutali di un singolo paziente può<br />

essere utilizzato per sviluppare le strategie di personalizzazione della terapia.<br />

● La proteomica può essere utilizzata in una varieta’ di modi tra cui lo studio dei<br />

percorsi cellulari di segnalazione e la trasduzione di segnale.<br />

● La interrelazione e la complessita’ delle interazioni proteiche significa che la proteomica<br />

produrrà probabilmente informazioni più dettagliate sulle funzioni cellullari che lo<br />

studio dell’espressione genica.<br />

4. Alcuni possibili progressi sono basati su un ulteriore sviluppo degli approcci esistenti.<br />

Suggerisci un modo in cui potrebbero essere migliorate sia le terapie basate su citochine<br />

sia quelle anticorpali.<br />

Le terapie basate su citochine potrebbero essere migliorate limitando gli effetti del<br />

trattamento unicamente alla sede tumorale. Ciò potrebbe essere raggiunto con:<br />

● l’iniezione delle citochine direttamente all’interno del tumore<br />

● cellule tumorali modificate geneticamente per esprimere citochine<br />

● la generazione di proteine di fusione con cui la proteina partner agisce come una<br />

specifica guida tumorale per la molecola di citochina attaccata.<br />

Le terapie anticorpali potrebbero essere migliorate con:<br />

● l’identificazione di migliori molecole bersaglio che abbiano le caratteristiche<br />

appropriate, cioe’ che siano espresse specificamente dalle cellule tumorali, abbiano un<br />

ruolo essenziale nello sviluppo del tumore, e siano accessibili agli anticorpi<br />

● l’utilizzo di anticorpi per rendere le terapie convenzionali mirate alle sedi del tumore<br />

● lo sviluppo di efficaci molecole “dual-purpose” come le immunotossine, cioe’ un<br />

anticorpo, per fornire un effetto specifico mirato al tumore unito ad un agente citotossico<br />

● l’ottimizzazione dell’impiego delle terapie esistenti grazie ad ulteriori informazioni<br />

riguardanti le modalità e i tempi di somministrazione (terapia adiuvante o malattia<br />

metastatica), quali siano le combinazioni più efficaci, ecc.<br />

Appendix<br />

8<br />

8.15


8<br />

8.16<br />

5. L’angiogenesi – la formazione di nuovi vasi sanguigni – è essenziale per la crescita<br />

tumorale. Scegli, dalla selezione qui di seguito, l’annotazione appropriata per completare il<br />

diagramma che identifica gli eventi fondamentali che portano all’angiogenesi tumorale e<br />

alla formazione di metastasi.<br />

Fattori angiogenici Cellule endoteliali vascolari<br />

Metastasi Proliferazione e invasione<br />

Vascolarizzazione e crescita<br />

Fattori<br />

angiogenici<br />

Cellule tumorali<br />

Proliferazione e<br />

invasione<br />

Cellule vascolari endoteliali<br />

Le cellule tumorali<br />

entrano nel sangue<br />

Metastasi<br />

6. Discuti brevemente, dal punto di vista di un infermiere oncologico specializzato, l’impatto<br />

potenziale delle terapie <strong>biologiche</strong> per la gestione e la cura dei pazienti.<br />

L’affermarsi delle terapie mirate significa maggiori scelte terapeutiche e trattamenti<br />

personalizzati per ogni paziente. In compenso, ciò significa anche che i pazienti avranno<br />

bisogno di maggiori informazioni e counselling su:<br />

● l’impatto dei fattori cellulari sulla prognosi e il comportamento del tumore<br />

● la diagnosi, la caratterizzazione del tumore e l’individualizzazione del trattamento<br />

● cosa aspettarsi dalle terapie mirate e come queste differiscono dalle terapie<br />

convenzionali<br />

● il trattamento in termini di prevenzione della progressione tumorale piuttosto che di cura<br />

● l’assunzione delle cure per periodi prolungati per assicurare la soppressione tumorale<br />

continuativa.


Glossario dei termini<br />

ADCC Citossicità cellulare anticorpo-dipendente<br />

Adenina Una delle quattro basi che compongono il DNA<br />

Adiuvante A: termine che definisce la terapia per un tumore primario. B: sostanza che<br />

accresce l’immunogenicità di un antigene<br />

Allelo Una di due o più forme di un gene che differiscono nella sequenza del<br />

nucleotide ma non necessariamente negli effetti<br />

Aminoacido Uno dei 20 componenti costitutivi delle proteine “building blocks”<br />

AMP Adenosin- monofosfato<br />

Amplificazione Presenza, in una cellula, di più del normale numero di coppie di geni<br />

Anafase Lo stadio di meiosi o mitosi durante il quale i cromosomi si muovono verso i<br />

poli cellulari<br />

Aneuploidia Alterazione più o meno limitata del numero normale del patrimonio<br />

cromosomiale<br />

Angiogenesi La formazione di nuovi vasi sanguigni, processo essenziale se il tumore sta<br />

crescendo di > 2 mm di grandezza<br />

Anticorpo Una proteina che reagisce specificatamente con una molecola estranea<br />

(antigene) o parte di una molecola (epitope)<br />

Antigene Una molecola che stimola una risposta immunitaria<br />

Apoptosi Il processo attivo attraverso il quale, nel funzionamento cellulare normale, il<br />

nucleo cellulare segnala la morte di cellule umane o animali. Il momento<br />

opportuno per l’apoptosi dipende dall’età, dallo stato di salute e dalle<br />

condizioni della cellula. Le cellule tumorali non subiscono il naturale processo<br />

apoptoico di morte cellulare<br />

ATP Adenosin-trifosfato, la più comune fonte di fosfato nell’uomo e il maggior<br />

deposito di energia per tutti i processi che richiedono energia<br />

Autocrina Secrezione di una sostanza, come i fattori di crescita, che stimola la<br />

secrezione cellulare autoctona<br />

Malattia<br />

autoimmune Malattia nella quale il sistema immunitario reagisce contro le proprie molecole<br />

Cellula B Una delle due maggiori classi linfocitarie; secerne anticorpi quando stimolata<br />

da una legatura antigenica<br />

Anticorpo Anticorpo con due punti di riconoscimento per due antigeni diversi, più<br />

bispecifico comunemente un antigene bersaglio tumorale e un antigene delle membrane<br />

cellulari immunitarie<br />

CA-125 Marcatore tumorale usato per la valutazione di pazienti con CA ovarico<br />

CA 15-3 Marcatore tumorale che è stato usato per misurare la validità delle terapie per<br />

tumori mammari e seguirne il decorso<br />

Carcinogeno Qualsiasi sostanza che causa il <strong>cancro</strong>, es. diossina, radiazioni<br />

Carcinogenesi L’induzione al <strong>cancro</strong><br />

Appendix<br />

8<br />

8.17


8<br />

8.18<br />

CD4, CD8, CD20, etc. Una famiglia di glicoproteine, gli specifici membri della quale sono espressi<br />

da tipi specifici di cellule immunitarie e che funzionano come recettori,<br />

antigeni della differenziazione, attivatori delle cellule B, ecc. Membri di questa<br />

famiglia, es. CD20, sono specificatemente espressi da vari tipi di leucemia e<br />

linfoma<br />

Immunità cellulo La parte della risposta immunitaria che è dovuta a cellule come le cellule T e i<br />

mediata macrofagi<br />

Centromero La regione di un cromosoma che si lega a fibre fusiformi e che serve ad<br />

assicurare la corretta distribuzione dei cromosomi durante la mitosi e meiosi<br />

C-erbB-2 Nome alternativo per il gene HER2<br />

Chemiotassi Attrazione di cellule verso un punto specifico, spesso mediata da fattori come<br />

le citochine<br />

Chimera Molecola prodotta dall’ingegneria genetica attraverso la combinazione di<br />

DNA di fonti diverse. La molecola codificata contiene sequenze selezionate da<br />

entrambi le sorgenti parentali<br />

Cromatina Molecola comprendente DNA, RNA e proteine che formano il materiale<br />

genetico di una cellula<br />

Cromosoma Struttura comprendente DNA e proteine, 23 paia delle quali si trovano<br />

normalmente in una cellula umana diploide<br />

Fattori di stimolazione Gruppo di citochine che inducono la maturazione e la proliferazione di globuli<br />

di ceppi stipite bianchi<br />

Complemento Gruppo di proteine che agiscono a cascata per provocare alla fine la<br />

immunolisi delle cellule<br />

Ciclina Molecola che blocca la fosforilazione delle proteine e che fa parte del<br />

meccanismo di controllo del ciclo cellulare<br />

Proteino chinasi Molecole che fosforilizzano la proteina e fanno parte del meccanismo di<br />

ciclino dipendente controllo del ciclo cellulare<br />

Citochine Piccole proteine che sono rilasciate dalle cellule e hanno effetto specifico sulla<br />

interazione cellulo-cellulare, comunicazione, e comportamento di altre cellule<br />

Citoplasma Sostanza vitale cellulare esterna al nucleo<br />

Citosina Una delle quattro basi che formano il DNA<br />

Citotossico Che provoca morte cellulare<br />

Cellule dendritiche Uno dei principali tipi di cellule che presentano l’antigene di superficie che ha<br />

la capacità di attivare le cellule T<br />

Acido Vedi DNA<br />

Desossiribonucleico<br />

Differenziazione Processo attraverso il quale cellule con aspetti generalizzati diventano<br />

specializzate, es. formazione di globuli rossi da progenitori eritroidi<br />

Dimero Composto formato da due molecole identiche (anche detto omodimero)<br />

Diploide Presenza di due serie complete di cromosomi omologhi


DNA Acido Desossiribonucleico, nell’uomo si presenta come una molecola a doppio<br />

filamento che codifica l’informazione genetica necessaria al funzionamento<br />

cellulare<br />

Biblioteca di DNA Fortuita non ordinata serie di cloni di DNA<br />

Elettroforesi Tecnica usata per separare molecole come polipeptidi ed oligonucleotidi<br />

usando un gel (gelatina) per muoverli in un campo elettrico<br />

ELISA Una prova immunologica reattiva che usa un enzima legato ad un anticorpo o<br />

un antigene come marcatore per la rilevazione di una proteina specifica<br />

specialmente un antigene o anticorpo. Spesso usato come test diagnostico in<br />

modo particolare per campioni ematici<br />

Endonucleasi Un enzima che taglia un polinucleotide ad una specifica sequenza del<br />

nucleotide all’interno del filamento del DNA<br />

Reticolo Rete di membrane all’interno della cellula, con funzione di magazzinaggio<br />

endoplasmatico trasporto e sintesi delle proteine<br />

Epidemiologia Lo studio della frequenza e distribuzione di una malattia, compresa<br />

l’investigazione dei fattori coinvolti nella sua provocazione<br />

Epitope La regione di un antigene che stimola la produzione di uno specifico<br />

anticorpo. Gli antigeni possono contenere un numero diverso di epitopi<br />

ciascuno dei quali stimola la produzione di un differente anticorpo<br />

erbB Nome alternativo per il recettore del fattore di crescita epidermale umano nella<br />

famiglia recettoriale<br />

Eritropoietina Fattore di crescita che induce la proliferazione dei precursori dei globuli rossi<br />

Exon La sequenza di DNA di un gene che codifica una proteina<br />

Exonucleasi Enzima che taglia il DNA alla fine di un filamento<br />

Filgrastim Forma ricombinante che stimola i fattori di colonizzazione del granulocita<br />

umano usato come terapia di supporto per prevenire e migliorare la<br />

neutropenia<br />

Ibridazione della Tecnica di analisi nella quale i geni sono etichettati usando DNA<br />

fluorescenza in-situ coniugato a marcatori fluorescenti<br />

GMP Guanosin-monofosfato<br />

Fattore di Qualsiasi sostanza che stimola la crescita di tessuti od ossa. Fattori di crescita<br />

crescita possono essere vitamine, minerali od ormoni ed esercitano i loro effetti<br />

attraverso i recettori dei fattori di crescita. Esempi includono fattori di crescita<br />

epidermali<br />

Recettori del fattore Una molecola, spesso una glicoproteina, che è posta sulla membrana cellulare<br />

di crescita ed è coinvolta nel trasmettere segnali trasportati da fattori di crescita al nucleo<br />

cellulare<br />

Guanina Una delle quattro basi che compongono il DNA<br />

Ematopoiesi Crescita e maturazione dei componenti cellulari del sangue comprendenti<br />

globuli rossi, bianchi e piastrine<br />

Appendix<br />

8<br />

8.19


8<br />

8.20<br />

Aploide La presenza di un singolo cromosoma, piuttosto che un duplice come<br />

normalmente è contenuto nella cellula. Nel caso umano sono presenti 23<br />

cromosomi e non 46<br />

HER2 Recettore-2 del fattore di crescita umano epidermale, un recettore della<br />

tirosino-chinasi trovato sulla cellula epidermale. Il gene HER2 è un protooncogene<br />

che si amplifica in una varietà di tipi di tumore, il più importante è<br />

quello del tumore mammario. L’amplificazione/sovraespressione del HER2 è<br />

associata con aggressività di malattia e povera prognosi<br />

Herceptin ® Un anticorpo monoclonale umanizzato anti HER2 che ha dimostrato aver<br />

significativi benefici nel trattamento del tumore mammario metastatico, positivo<br />

al HER2<br />

Ereguline Termine generalmente usato per descrivere i legamenti per HER3 e HER4 (vedi<br />

anche neoreguline)<br />

Eterodimero Composto formato dalla combinazione di due molecole connesse ma distinte<br />

Istamina Molecola rilasciata durante una risposta allergica che provoca contrazioni<br />

della muscolatura liscia e un’aumentata permeabilità vasale<br />

Omologhi Essere simili o identici in una sequenza o struttura<br />

Immunità umorale La parte di una risposta immunitaria che è dovuta ad anticorpi e al sistema del<br />

complemento nel plasma<br />

Ibridoma Linea cellulare immortale formata dalla fusione di cellule di due tipi che è<br />

usata nella produzione degli anticorpi monoclinali<br />

Immuno coniugato Composto formato dalla congiunzione di una tossina, o radionuclide di un<br />

anticorpo allo scopo di colpire terapeuticamente una cellula particolare o un<br />

tessuto<br />

Immunogenico Capace di provocare una risposta immunologia<br />

Immunoglobuline Famiglia di proteine che formano anticorpi<br />

Immunoistofarmacologia<br />

Tecnica di prova che identifica molecole bersaglio specifiche che usano<br />

anticorpi marcati<br />

Immunoterapia Terapia che usa anticorpi o altri componenti del sistema immunitario o che usa<br />

antigeni atti a stimolare una risposta immunitaria ad un tumore<br />

Interferone Classe di citochine che agiscono per prevenire la sintesi proteica e svolgono<br />

un ruolo nella funzione immunitaria<br />

Interleuchina Famiglia delle citochine che promuovono la differenziazione, maturazione e<br />

risposta all’antigene delle cellule T<br />

Interfase Il periodo del ciclo cellulare tra le divisioni quando avviene la sintesi dei<br />

costituenti cellulari<br />

Introne Sequenza del DNA di un gene che non codifica la proteina ma è trascritto nel<br />

RNA<br />

Kinasi Enzima che trasferisce il gruppo fosfato dall’ATP ad una molecola come una<br />

proteina


Leucocita Nome alternativo per i globuli bianchi, le cui classi più importanti includono<br />

linfociti e monociti<br />

Ligando Molecola che si lega ad un’altra, generalmente molecole più grandi, es.:<br />

recettore che spesso determina una attivazione<br />

Lipofilico La proprietà di essere solubile nei lipidi od aver affinità per i lipidi<br />

Liposoma Particella sferica con esposizione con un doppio strato lipidico, che agisce<br />

come una membrana che racchiude un composto che ha una funzione simile a<br />

un farmaco. Il contenere un anticorpo nella membrana lipidica può permettere<br />

ai liposoni di essere colpiti dalle cellule tumorali<br />

Alveoli lobulari Termine per descrivere la struttura mammaria, che è divisa in 20 lobuli,<br />

disposti come i petali di un fiore, consistenti in alveoli o strutture simil-sacculari<br />

Linfocita Classe di leucociti del sangue, del midollo o del sistema linfatico con un ruolo<br />

importante sia nell’immunità umorale che cellulare<br />

Lisozoma Una membrana “a bolla” contenente enzimi idrolitici<br />

MabThera ® Anticorpo chimico che bersaglia il CD20 e che viene usato nel trattamento del<br />

linfoma positivo al CD20<br />

Macrofago Una cellula immunitaria che sta nel tessuto e svolge un ruolo importante<br />

nell’ospitare meccanismi di difesa, in particolar modo contro i batteri<br />

Complesso maggiore Chiamati anche antigeni linfocitari umani (HLA), le molecole MHC sono<br />

di isto-compatibilità un’alta classe polimerica di antigeni di cellule membrano-associate che<br />

servono alle cellule T per il riconoscimento antigenico<br />

MAP chinasi Proteino-chinasi mitogeno-attivata, coinvolta in una cascata intracellulare<br />

segnalante, e stimolata da una proliferazione extracellulare e da fattori di<br />

differenziazione<br />

Megacariocita Grande cellula di midollo spinale, vitale per la produzione di piastrine<br />

Meiosi Il processo attraverso il quale le cellule si dividono per produrre cellule figlie<br />

con la metà dei normali cromosomi effettivi<br />

Metafase Stadio della meiosi o mitosi durante il quale i cromosomi si allineano<br />

Metastasi A: diffusione del <strong>cancro</strong> dal suo sito iniziale ad un altro, generalmente<br />

lontano. B: tumore secondario maligno che si sviluppa in un sito distante da<br />

quello del tumore primario<br />

Microsfera Piccole particelle sferiche che possono contenere farmaci e possono essere<br />

marcate con il proposito di segnalare la loro distribuzione nel corpo<br />

Microtuboli Strutture cilindriche forate che formano lo scheletro della cellula<br />

Mitocondrio Organulo cellulare che è il sito della formazione di energia e della<br />

translazione dell’RNA a formare proteine<br />

Mitosi Il processo di divisione cellulare che produce due identiche cellule figlie con il<br />

normale numero effettivo di cromosomi<br />

Anticorpi monoclonali Anticorpi che sono chimicamente ed immunologicamente identici, es.<br />

riconoscono una regione specifica di un particolare antigene. Gli anticorpi<br />

monoclonali sono spesso usati per testare e sono stati introdotti nel trattamento<br />

del <strong>cancro</strong>, es. Herceptin ®<br />

Appendix<br />

8<br />

8.21


8<br />

8.22<br />

Monocita Un leucocita più grande di misura di un linfocita e che è correlato ai<br />

macrofagi<br />

Myc Fattore coinvolto nella regolamentazione della crescita cellulare e che<br />

frequentemente si amplifica/sovraesprime in molti tumori umani<br />

Mieloide Relativo al midollo osseo<br />

Cellule “natural killer” Grossi linfociti che sono direttamente citotossici per altre cellule<br />

Neu Il gene equivalente al gene HER2 umano, nei topi<br />

Neureguline Termine generico usato per descrivere i ligandi per l’HER3 e HER4 (vedi anche<br />

Ereguline)<br />

Neutropenia Diminuzione nella conta dei globuli bianchi caratterizzata da una perdita di<br />

neutrofili che può condurre a complicanze mortali e che è spesso causata da<br />

chemioterapie citotossiche<br />

Neutrofilo Leucocita il cui nome è dovuto al viraggio di colore, con colorazione<br />

Romanowsky, che ha un ruolo nella risposta immunitaria a infezioni batteriche<br />

sistemiche e disordini infiammatori<br />

NK cellule Vedi cellule “natural killer”<br />

Nucleotide Il componente basico del DNA fatto di una base nitrogenosa, uno zucchero ed<br />

un gruppo fosfato includente adenina, citosina, guanina, timina e uracile<br />

Nucleo Struttura limitata da una membrana che contiene le informazioni genetiche<br />

della cellula<br />

Oncogene Gene capace di provocare e mantenere la trasformazione oncogenica delle<br />

cellule<br />

Trasformazione Processo attraverso il quale una cellula normale si muta<br />

oncogenica in cellula tumorale<br />

Organulo Struttura intracellulare con funzione specializzata, ne sono un esempio il<br />

nucleo e i mitocondri<br />

Sovraespressione Produzione di quantitativi in sovranumero, rispetto al normale, di una proteina<br />

cellulare, generalmente dovuta ad amplificazione genica<br />

p185 HER2 Nome alternativo per la proteina HER2<br />

p53 Gene oncosopressore che si pensa abbia un ruolo nel regolare l’apoptosi, la<br />

cui funzione è spesso assente nel <strong>cancro</strong><br />

Paracrino Forma di segnalazione nella quale la cellula bersaglio è strettamente legata<br />

alla cellula rilasciatrice di segnale<br />

Fago Virus che infetta i batteri ed è utile come vettore di un clone<br />

Fagocita Cellula che elimina particelle estranee come i virus ingerendoli<br />

Fenotipo L’espressione dell’interazione del comportamento genetico di una cellula e del<br />

suo ambiente, come caratteristica misurabile della cellula<br />

Fosforilazione Processo attraverso il quale le proteine sono attivate per mezzo di un legame<br />

di un gruppo fosforico e che è importante per la segnalazione del percorso<br />

intracellulare


Plasmidi Piccoli cerchi di DNA trovati nei batteri ed altri organismi che sono usati per<br />

clonare il DNA<br />

Polimerasi Qualsiasi enzima che causa polimerizzazione, es. formazione di polinucleotidi<br />

da nucleotidi e polipeptidi da peptidi<br />

Catena di polimerasi Tecnica usata per ampliare la sequenza di DNA bersaglio che utilizza<br />

polimerasi ed una miscela di quattro basi DNA (adenina, citosina, guanina e<br />

timina)<br />

Poliploide Presenza di multipli del normale complemento cromosomico<br />

Profase Stadio iniziale della divisione nucleare durante la meiosi e mitosi<br />

Proteomico Studio della forma, funzione e controllo del reticolato proteico-cellulare<br />

Proto-oncogene Gene cellulare normale che diviene un oncogene attivo attraverso mutazione<br />

“Pompa” proteica Membrana proteica coinvolta nel trasporto attivo di molecole nelle cellule<br />

Ras Famiglia di proteine che aiuta al rilascio di segnali dai recettori della<br />

membrana cellulare al nucleo cellulare<br />

Recettore Una molecola, spesso una proteina, che si trova sulla superficie che trasmette<br />

segnali dall’esterno della cellula al nucleo cellulare<br />

Transcriptasi-inversa Enzima che permette al DNA di essere sintetizzato dal RNA<br />

Ribosoma Il punto della sintesi della proteina cellulare, comprendente RNA e proteina<br />

RNA Acido ribonucleico, include forme conosciute come l’RNA messaggero che<br />

trasporta informazioni dal DNA ai ribosomi e determina la sequenza delle<br />

proteine; l’RNA transfert comprendente almeno 20 varietà che attaccano gli<br />

aminoacidi e riconoscono i codoni nel RNA messaggero<br />

RT-PCR Tecnica usata per la prima conversione del RNA verso un DNA a singolo<br />

filamento usando la trascriptase enzimatica inversa e per produrre coppie<br />

complementari multiple di DNA usando la polimerasi enzimatica ed una<br />

mistura delle quattro basi di DNA (Adenina, citosina, guanina e timina)<br />

Senescenza Il normale processo di invecchiamento quando applicato sia ad un intero<br />

organismo che ad una cellula<br />

Sigmoidosopia Ispezione del colon usando un endoscopio<br />

Sistemico Relativo o che incide sull’intero organismo, es. somministrazione sistemica di<br />

una terapia<br />

T cellula Una delle due maggiori classi linfocitarie responsabili dell’immunità cellulomediata<br />

Telomero Periodo definito di cromosomi, formato da sequenze di DNA ripetitive che<br />

sono generate ex novo dalla telomerasi durante la divisione cellulare<br />

Telofase Stadio finale della divisione cellulare, durante la meiosi o mitosi, durante il<br />

quale si formano nuove membrane nucleari<br />

Trombopoietina Citochina coinvolta nella maturazione di megacariociti e così della produzione<br />

di normali piastrine<br />

Timina Una delle quattro basi del DNA<br />

Trascrizione Produzione di un filamento complementare di RNA dal DNA nucleare<br />

Appendix<br />

8<br />

8.23


8<br />

8.24<br />

Transfectante Cellula o animale contenente DNA sconosciuto<br />

Transfezione Il trasferimento di DNA contenente un gene specifico in una cellula con il<br />

significato di studiarne gli effetti su quel gene<br />

Trasformante Cellula che ha subito un cambiamento che l’ha resa maligna<br />

Trasformazione Cambio di una cellula dallo stato normale a quello canceroso<br />

Translazione Processo per mezzo del quale la sequenza del RNA messaggero viene “letta”<br />

per determinare la sequenza dell’aminoacido di una proteina<br />

Translocazione Riarrangiamento cromosomico nel quale materiale genetico trasmigra dal suo<br />

posto normale verso un altro sito spesso distruggendo geni e provocando<br />

anormalità<br />

Fattore α di necrosi Una proteina ed una citochina che di preferenza uccidono cellule tumorali ed<br />

tumorale hanno un ampio raggio di azione pro-infiammatoria<br />

Gene Qualunque gene che normalmente agisce sull’inibizione della crescita<br />

onco-soppressore cellulare, la mutazione o cancellazione del quale può dare come risultato una<br />

irregolare crescita cellulare e il <strong>cancro</strong><br />

Tirosino-chinasi Enzima che attiva le proteine fosforilando l’aminoacido tirosina<br />

Uracile Base tovata nel DNA<br />

Vaccino Nel contesto dell’oncologia l’uso di cellule tumorali modificate - cellule tumorali<br />

lisate e vettori che esprimono antigeni tumorali che stimolano una risposta<br />

immunitaria contro un tumore esistente<br />

VEGF Fattore di crescita endoteliale vascolare<br />

Xeno innesto Innesto chirurgico di tessuto di una specie su o in un individuo di specie<br />

diversa (eterologo)<br />

Bibliografia<br />

Questa bibliografia non intende essere una guida comprensiva di tutto il materiale di<br />

referenza usato per preparare questa Risorsa Educazionale. Piuttosto è stata allestita<br />

per indicare le più importanti risorse di ulteriori informazioni per chi sia interessato a<br />

saperne di più circa gli argomenti descritti.<br />

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