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edizione di marzo-aprile 2007 - Prolococetraro.It

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Cetraro: il mare e i marinai <strong>di</strong> Leonardo Iozzi<br />

Il mare, le “cale” e il porto hanno rappresentato lungo i<br />

secoli la vita, lo sviluppo, la ricchezza del nostro paese<br />

e nel contempo la rovina perché nel Cinquecento hanno<br />

determinato frequenti esiziali attacchi turchi.<br />

Le insenature, dei veri porticcioli naturali, hanno favorito<br />

fin dal Me<strong>di</strong>oevo la nascita <strong>di</strong> un cantiere navale molto<br />

attivo, dove le nostre maestranze costruivano imbarcazioni<br />

d’ogni tipo, navi, triremi, brigantini, barche ed<br />

altri vascelli. Le commesse per la fabbricazione <strong>di</strong> remi<br />

e <strong>di</strong> galee provenivano da fuori e spesso anche il Re<br />

mandava i suoi commissari in Cetraro per fare costruire<br />

natanti da guerra o per comprare remi. Il nostro paese<br />

nel Cinquecento era la città marinara più importante del<br />

Tirreno cosentino e la fama dei marinai cetraresi era nota<br />

anche ai monarchi <strong>di</strong> Spagna.<br />

Attorno alla vita del porto si muovevano le industrie<br />

del cordame, del legno e della seta. La vita industriale e<br />

commerciale del nostro paese si svolgeva a pochi passi<br />

dal centro abitato, nei pressi della fiumara, in una zona<br />

archeologicamente molto interessante, dove ora si trovano<br />

i <strong>di</strong>ruti mulini.<br />

La canapa veniva portata a Cetraro dai marinai <strong>di</strong><br />

Positano, mentre il legno proveniva dai nostri boschi.<br />

Al centro <strong>di</strong> questo mondo ormai scomparso c’erano<br />

uomini legati dallo stesso destino, nonché da vincoli <strong>di</strong><br />

sangue: marinari, funari, fabbricatori <strong>di</strong> reti e <strong>di</strong> remi,<br />

mastri <strong>di</strong> barche.<br />

Proprio questi uomini “de lo Citrato più volte, et preciso<br />

nell’anno 1573… uscirono” in mare e se “posero in <strong>di</strong>fesa<br />

et fecero imbarcare detti Turchi”, i quali con tre galeotte<br />

si erano nascosti nel capo delo Cetraro et sue cale,<br />

facendo “schiavi et preda in terra”. Se detti uomini “delo<br />

Citraro non havessero fatto faccia (affrontato il nemico),<br />

costringendolo a fuggire, “haveriano li Turchi fatto gran<br />

danno et buttino”.<br />

Dallo stesso documento del 1595, relativo alle “torri <strong>di</strong><br />

guar<strong>di</strong>a”, inoltre, si apprende che, “per servitio Regio<br />

nell’anno 1568 et 1569 forono fatte nel’Arsenale de detta<br />

terra delo Citrato sette galere”. Il documento prosegue,<br />

precisando che, “per servitio delle Regie galere”, “ogni<br />

anno nella marina e arsenale delo Citrato per la como<strong>di</strong>tà<br />

<strong>di</strong> maestranza”, si costruiva una “infinità de remi”. Molti<br />

storici ancora oggi erroneamente affermano che dopo<br />

l’incursione turca del 1534 cessò l’attività del nostro<br />

cantiere.<br />

Nel Cinquecento c’erano continui contatti tra i rappresentanti<br />

abbaziali <strong>di</strong> Cetraro e la città <strong>di</strong> Tropea, dove<br />

l’abbazia <strong>di</strong> Montecassino fin dal 1090 possedeva la<br />

chiesa <strong>di</strong> S. Maria dell’Isola.<br />

Questi rapporti, tra le due città del Tirreno, portarono,<br />

nel 1588, il magnifico Girolamo de Branca<br />

dottore in ambo i <strong>di</strong>ritti, procuratore dell’abate cassinese,<br />

a concedere in affitto per due anni al nobile Luciano<br />

Mazzitelli de Precalia (Parghelia) da Tropea un palo <strong>di</strong><br />

tonnara della Terra <strong>di</strong> Cetraro. Il Mazzitelli, per il servizio<br />

della tonnara, portò con sé dei marinai, che furono<br />

“trattati come citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Cetraro”.<br />

Il 23 <strong>marzo</strong> 1623 nel castello <strong>di</strong> Nisida, furono arrestati<br />

25 persone, tra cui un gruppo <strong>di</strong> pirati <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse località,<br />

Malta, Pizzo e Cetraro. I pirati avevano saccheggiato<br />

un vascello genovese e ucciso i membri dell’equipaggio<br />

tranne due marinai, ch’erano riusciti a mettersi in salvo<br />

e ad avvisare le autorità. I pirati, tra cui tre cetraresi,<br />

furono impiccati.<br />

I cetraresi impegnati nelle attività marinare nel<br />

4 La Pro Loco<br />

Cinquecento e nel Seicento furono numerosi e oggi tanti<br />

cetraresi, pur portando soprannomi <strong>di</strong> uomini legati<br />

al mare, “Cuorsu, Barrotta, Minaita, Painella, Piciarra,<br />

Maraggiata, Voca e altri”, non sanno <strong>di</strong> essere i <strong>di</strong>scendenti<br />

<strong>di</strong> quegli uomini.<br />

La geografia dei cognomi dei marinari cetraresi del<br />

Seicento e del Settecento comprendeva anche famiglie<br />

oggi non note come appartenenti alla categoria dei<br />

marinari. Nel 1652, Benedetto <strong>di</strong> Aita, Placido Saulo,<br />

Sebastiano Martulotti, Gio Gramigna, Fulgenzio Gualano,<br />

tutti marinari della terra <strong>di</strong> Cetraro, guidati da Benedetto<br />

<strong>di</strong> Rugiero (Ruggiero) padron <strong>di</strong> una feluca, accompagnarono<br />

il vicario don Ignazio a Fella per la visita <strong>di</strong> alcune<br />

chiese.<br />

Nel Catasto Onciario, oltre a <strong>di</strong>versi Iozzi, Tricarico,<br />

Martolotto, troviamo come marinari Antonio e Bernardo<br />

Ruggiero, Biase Laino, due Caruso, un Russo , uno Zottola<br />

e Michele Occhiuzzi.<br />

I marinai <strong>di</strong> Cetraro fin dal Cinquecento praticavano la<br />

pesca con le sciabiche, sciabachielli e con le tonnare, i cui<br />

pali venivano piazzati qua e là, dalla Punta <strong>di</strong> S. Maria<br />

<strong>di</strong> Mare al Capo <strong>di</strong> Fella. Essi erano degli specialisti del<br />

mare e dei fabbricatori <strong>di</strong> reti. In tempi più recenti, tra la<br />

fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, a Montevideo,<br />

i nostri pescatori s’imbarcarono su pescherecci oceanici,<br />

riscuotendo tanta stima. Un mio parente, in Uruguay, mi<br />

<strong>di</strong>ceva che un nostro zio possedeva il “fiuto” del mare<br />

e intuiva la pescosità dell’oceano dal colore e dal sapore<br />

della sua acqua.<br />

Tempo ad<strong>di</strong>etro, Benuccio Orsara mi ha fatto questo<br />

racconto:”All’inizio degli Anni Settanta sono stato in<br />

Liguria, nelle vicinanze <strong>di</strong> Loano, e, vedendo tirare u sciabachillu<br />

ccu’ u cullaru, feci rilevare che anche a Cetraro<br />

si usava lo stesso sistema. Uno dei pescatori, sorridendo,<br />

precisò che essi avevano imparato l’uso <strong>di</strong> quell’attrezzo,<br />

molto utile, dalla ciurma <strong>di</strong> “Ciro il Mescio” (Iozzi), che<br />

nel 1958 si era trasferita temporaneamente a Borghetto<br />

S. Spirito (Savona).<br />

Aggiungo a questo racconto un’altra nota lieta: il Sindaco<br />

<strong>di</strong> quel paese, dopo aver rilevato l’onestà e la professionalità<br />

della nostra gente, invitò mio padre a rimanere<br />

in Liguria promettendo un alloggio a tutti i pescatori.<br />

L’orgoglio, la <strong>di</strong>gnità, il rifiuto <strong>di</strong> ogni forma <strong>di</strong> prevaricazione<br />

erano valori gran<strong>di</strong> per i veri marinari: uomini<br />

liberi, forti e coraggiosi.<br />

Nel corso degli ultimi due secoli, i marinari cetraresi<br />

hanno ricevuto torti e angherie. Il nostro Comune,<br />

attraverso l’Ufficio del Dazio, ha sempre praticato nei<br />

confronti dei marinari una politica fatta <strong>di</strong> vessazioni.<br />

Le poche ciurme dei pescatori pagavano, nella prima

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