edizione di marzo-aprile 2007 - Prolococetraro.It
edizione di marzo-aprile 2007 - Prolococetraro.It
edizione di marzo-aprile 2007 - Prolococetraro.It
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Cetraro: il mare e i marinai <strong>di</strong> Leonardo Iozzi<br />
Il mare, le “cale” e il porto hanno rappresentato lungo i<br />
secoli la vita, lo sviluppo, la ricchezza del nostro paese<br />
e nel contempo la rovina perché nel Cinquecento hanno<br />
determinato frequenti esiziali attacchi turchi.<br />
Le insenature, dei veri porticcioli naturali, hanno favorito<br />
fin dal Me<strong>di</strong>oevo la nascita <strong>di</strong> un cantiere navale molto<br />
attivo, dove le nostre maestranze costruivano imbarcazioni<br />
d’ogni tipo, navi, triremi, brigantini, barche ed<br />
altri vascelli. Le commesse per la fabbricazione <strong>di</strong> remi<br />
e <strong>di</strong> galee provenivano da fuori e spesso anche il Re<br />
mandava i suoi commissari in Cetraro per fare costruire<br />
natanti da guerra o per comprare remi. Il nostro paese<br />
nel Cinquecento era la città marinara più importante del<br />
Tirreno cosentino e la fama dei marinai cetraresi era nota<br />
anche ai monarchi <strong>di</strong> Spagna.<br />
Attorno alla vita del porto si muovevano le industrie<br />
del cordame, del legno e della seta. La vita industriale e<br />
commerciale del nostro paese si svolgeva a pochi passi<br />
dal centro abitato, nei pressi della fiumara, in una zona<br />
archeologicamente molto interessante, dove ora si trovano<br />
i <strong>di</strong>ruti mulini.<br />
La canapa veniva portata a Cetraro dai marinai <strong>di</strong><br />
Positano, mentre il legno proveniva dai nostri boschi.<br />
Al centro <strong>di</strong> questo mondo ormai scomparso c’erano<br />
uomini legati dallo stesso destino, nonché da vincoli <strong>di</strong><br />
sangue: marinari, funari, fabbricatori <strong>di</strong> reti e <strong>di</strong> remi,<br />
mastri <strong>di</strong> barche.<br />
Proprio questi uomini “de lo Citrato più volte, et preciso<br />
nell’anno 1573… uscirono” in mare e se “posero in <strong>di</strong>fesa<br />
et fecero imbarcare detti Turchi”, i quali con tre galeotte<br />
si erano nascosti nel capo delo Cetraro et sue cale,<br />
facendo “schiavi et preda in terra”. Se detti uomini “delo<br />
Citraro non havessero fatto faccia (affrontato il nemico),<br />
costringendolo a fuggire, “haveriano li Turchi fatto gran<br />
danno et buttino”.<br />
Dallo stesso documento del 1595, relativo alle “torri <strong>di</strong><br />
guar<strong>di</strong>a”, inoltre, si apprende che, “per servitio Regio<br />
nell’anno 1568 et 1569 forono fatte nel’Arsenale de detta<br />
terra delo Citrato sette galere”. Il documento prosegue,<br />
precisando che, “per servitio delle Regie galere”, “ogni<br />
anno nella marina e arsenale delo Citrato per la como<strong>di</strong>tà<br />
<strong>di</strong> maestranza”, si costruiva una “infinità de remi”. Molti<br />
storici ancora oggi erroneamente affermano che dopo<br />
l’incursione turca del 1534 cessò l’attività del nostro<br />
cantiere.<br />
Nel Cinquecento c’erano continui contatti tra i rappresentanti<br />
abbaziali <strong>di</strong> Cetraro e la città <strong>di</strong> Tropea, dove<br />
l’abbazia <strong>di</strong> Montecassino fin dal 1090 possedeva la<br />
chiesa <strong>di</strong> S. Maria dell’Isola.<br />
Questi rapporti, tra le due città del Tirreno, portarono,<br />
nel 1588, il magnifico Girolamo de Branca<br />
dottore in ambo i <strong>di</strong>ritti, procuratore dell’abate cassinese,<br />
a concedere in affitto per due anni al nobile Luciano<br />
Mazzitelli de Precalia (Parghelia) da Tropea un palo <strong>di</strong><br />
tonnara della Terra <strong>di</strong> Cetraro. Il Mazzitelli, per il servizio<br />
della tonnara, portò con sé dei marinai, che furono<br />
“trattati come citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Cetraro”.<br />
Il 23 <strong>marzo</strong> 1623 nel castello <strong>di</strong> Nisida, furono arrestati<br />
25 persone, tra cui un gruppo <strong>di</strong> pirati <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse località,<br />
Malta, Pizzo e Cetraro. I pirati avevano saccheggiato<br />
un vascello genovese e ucciso i membri dell’equipaggio<br />
tranne due marinai, ch’erano riusciti a mettersi in salvo<br />
e ad avvisare le autorità. I pirati, tra cui tre cetraresi,<br />
furono impiccati.<br />
I cetraresi impegnati nelle attività marinare nel<br />
4 La Pro Loco<br />
Cinquecento e nel Seicento furono numerosi e oggi tanti<br />
cetraresi, pur portando soprannomi <strong>di</strong> uomini legati<br />
al mare, “Cuorsu, Barrotta, Minaita, Painella, Piciarra,<br />
Maraggiata, Voca e altri”, non sanno <strong>di</strong> essere i <strong>di</strong>scendenti<br />
<strong>di</strong> quegli uomini.<br />
La geografia dei cognomi dei marinari cetraresi del<br />
Seicento e del Settecento comprendeva anche famiglie<br />
oggi non note come appartenenti alla categoria dei<br />
marinari. Nel 1652, Benedetto <strong>di</strong> Aita, Placido Saulo,<br />
Sebastiano Martulotti, Gio Gramigna, Fulgenzio Gualano,<br />
tutti marinari della terra <strong>di</strong> Cetraro, guidati da Benedetto<br />
<strong>di</strong> Rugiero (Ruggiero) padron <strong>di</strong> una feluca, accompagnarono<br />
il vicario don Ignazio a Fella per la visita <strong>di</strong> alcune<br />
chiese.<br />
Nel Catasto Onciario, oltre a <strong>di</strong>versi Iozzi, Tricarico,<br />
Martolotto, troviamo come marinari Antonio e Bernardo<br />
Ruggiero, Biase Laino, due Caruso, un Russo , uno Zottola<br />
e Michele Occhiuzzi.<br />
I marinai <strong>di</strong> Cetraro fin dal Cinquecento praticavano la<br />
pesca con le sciabiche, sciabachielli e con le tonnare, i cui<br />
pali venivano piazzati qua e là, dalla Punta <strong>di</strong> S. Maria<br />
<strong>di</strong> Mare al Capo <strong>di</strong> Fella. Essi erano degli specialisti del<br />
mare e dei fabbricatori <strong>di</strong> reti. In tempi più recenti, tra la<br />
fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, a Montevideo,<br />
i nostri pescatori s’imbarcarono su pescherecci oceanici,<br />
riscuotendo tanta stima. Un mio parente, in Uruguay, mi<br />
<strong>di</strong>ceva che un nostro zio possedeva il “fiuto” del mare<br />
e intuiva la pescosità dell’oceano dal colore e dal sapore<br />
della sua acqua.<br />
Tempo ad<strong>di</strong>etro, Benuccio Orsara mi ha fatto questo<br />
racconto:”All’inizio degli Anni Settanta sono stato in<br />
Liguria, nelle vicinanze <strong>di</strong> Loano, e, vedendo tirare u sciabachillu<br />
ccu’ u cullaru, feci rilevare che anche a Cetraro<br />
si usava lo stesso sistema. Uno dei pescatori, sorridendo,<br />
precisò che essi avevano imparato l’uso <strong>di</strong> quell’attrezzo,<br />
molto utile, dalla ciurma <strong>di</strong> “Ciro il Mescio” (Iozzi), che<br />
nel 1958 si era trasferita temporaneamente a Borghetto<br />
S. Spirito (Savona).<br />
Aggiungo a questo racconto un’altra nota lieta: il Sindaco<br />
<strong>di</strong> quel paese, dopo aver rilevato l’onestà e la professionalità<br />
della nostra gente, invitò mio padre a rimanere<br />
in Liguria promettendo un alloggio a tutti i pescatori.<br />
L’orgoglio, la <strong>di</strong>gnità, il rifiuto <strong>di</strong> ogni forma <strong>di</strong> prevaricazione<br />
erano valori gran<strong>di</strong> per i veri marinari: uomini<br />
liberi, forti e coraggiosi.<br />
Nel corso degli ultimi due secoli, i marinari cetraresi<br />
hanno ricevuto torti e angherie. Il nostro Comune,<br />
attraverso l’Ufficio del Dazio, ha sempre praticato nei<br />
confronti dei marinari una politica fatta <strong>di</strong> vessazioni.<br />
Le poche ciurme dei pescatori pagavano, nella prima