Federico Bessone.pdf - OpenstarTs
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FEDERICA BESSONE<br />
130 V. *Erow dh{té m& • lusimélhw dónei, / glukúpikron ˙máxanon ªrpeton *** *Atyi,<br />
soì d&¡meyen mèn ˙p}xyeto / frontísdhn, \pì d& &Andromédan póth (“Di nuovo Eros,<br />
lui che fiacca le membra, mi scuote, / dolceamaro invincibile essere *** Attide, pensare a<br />
me ti è venuto in odio, / e ora voli da Andromeda”). Non c’è da stupirsi, dunque, se più avanti<br />
nell’epistola anche l’amore (attuale) che nel proemio appare unico, l’amore ora esclusivo<br />
per Faone, viene presentato come l’ultimo in una serie di innamoramenti ricorrenti.<br />
Ma c’è un’altra aporia. L’auto-definirsi di Saffo nei vv. 79 ss. molle meum levibusque cor<br />
est violabile telis, / et semper causa est, cur ego semper amem… è anche in contraddizione<br />
con i versi che precedono immediatamente: e questa contraddizione è messa sotto accusa da<br />
chi nega l’autenticità dell’epistola 35 . Il distico 77-8 suona allineato alla retorica elegiaca dell’amore<br />
esclusivo: cui colar infelix, aut cui placuisse laborem? / ille mei cultus unicus auctor<br />
abest (her. 15, 77-8). Unicus, come nel proemio unus: una nuova dichiarazione di unicità<br />
dell’amore – che però viene smentita subito da ciò che segue.<br />
Insomma: non è difficile cogliere Saffo in contraddizione; ma (ho cercato di mostrare<br />
altrove) proprio in questo autocontraddirsi è il sale dell’operazione ovidiana. L’esperimento<br />
elegiaco di Saffo è una riconversione per gioco, né totalmente incredibile né totalmente probabile,<br />
soprattutto piena di contraddizioni gustose e di incongruenze esibite; parte del divertimento<br />
sta negli scarti inattesi (ma provocati ad arte), nelle sovrapposizioni che si rivelano<br />
poi illusioni ottiche, nei programmi (elegiaci) che sembravano assoluti e vengono relativizzati.<br />
E’ di letteratura che si parla – di incongruenza tra due forme poetiche – attraverso le<br />
incongruenze ironiche di una finzione letteraria giocosa e piena di spirito.<br />
Dunque, la sezione che inizia al v. 79 con molle meum […] cor est… relativizza l’affermazione<br />
precedente di amore esclusivo (un po’ come avviene nell’Epodo undicesimo di<br />
Orazio) 36 : anche la nuova esperienza viene ora inserita in una vicenda di innamoramenti<br />
ricorrenti – e in questa serie quello attuale appare come un episodio, l’ultimo in ordine di<br />
tempo (anche se forse è l’ultimo per davvero; la conversione all’elegia appare senza ritorno,<br />
e a Saffo, fuggito Faone, non resta che il salto dalla rupe).<br />
Quello che vorrei mostrare ora è che questa stessa tensione fra amore unico e molteplice,<br />
che corrisponde alla tensione fra scrittura elegiaca e identità lirica di Saffo (ma che segnala<br />
anche una contraddizione interna all’elegia) 37 , è già implicita nella sezione, appena conclusa,<br />
sul rifiuto del cultus in assenza dell’amato (vv. 73-8); proprio il verso che la conclude, e che<br />
35 Tarrant 1981, p. 143; Knox 1995 ad loc.; cf. Murgia 1985, p. 469. Vd. <strong>Bessone</strong> 2003, § 3 (spec.<br />
n. 69).<br />
36 Cf. <strong>Bessone</strong> 2003, § 3 (e n. 76). Orazio lirico (e giambico) aveva già provocato più volte il confronto<br />
fra lirica ed elegia: l’esperimento di Saffo prosegue, dalla prospettiva opposta, la critica del discorso amoroso<br />
condotta da Orazio – e ribadisce, al di là delle somiglianze, l’incompatibilità di fondo tra i due generi.<br />
37 La contraddizione fra amore unico e amori plurimi, che corrisponde alla tensione tra due appartenenze<br />
letterarie, lirica ed elegiaca, è anche (in una certa misura) una contraddizione programmatica<br />
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