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Secondo Premio: Ineri Loredana - Comune di Cave

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<strong>Loredana</strong> INERI<br />

Il piccolo treno che<br />

se ne è andato via<br />

1


1.<br />

L’uomo seduto accanto a me era gentile e si vedeva che, il<br />

fatto <strong>di</strong> esserlo, gli arrecava gran<strong>di</strong>ssima sod<strong>di</strong>sfazione. In<br />

quel momento mi stava spiegando che il trenino sul quale<br />

viaggiavamo avrebbe fatto capolinea a <strong>Cave</strong>, proprio il<br />

posto in cui dovevo scendere io. Ah, beninteso, non era<br />

stato sempre così. Una volta la linea terminava con il tratto<br />

Fiuggi-Alatri e, prima ancora, con quello Alatri-Frosinone.<br />

Percorsi soppressi per vari motivi e tutti abbietti, secondo<br />

l’improvvisato cicerone. E giù una lunga filippica sulle cose<br />

meravigliose e piene <strong>di</strong> vantaggi per la comunità che<br />

scomparivano improvvisamente e senza possibilità <strong>di</strong><br />

appello mentre tutta un’altra serie <strong>di</strong> orrori, che<br />

prosciugavano le casse dal denaro pubblico per la<br />

sod<strong>di</strong>sfazione personale dei soliti governanti, veniva fuori<br />

come prosperosa fungaia. Dopo un “Eh! Alle prossime<br />

elezioni…” con eloquente scuotimento del capo<br />

accompagnato da un inquietante serrar <strong>di</strong> labbra, il tizio<br />

riprese il filo del <strong>di</strong>scorso. All’inizio degli anni ottanta i<br />

soliti scienziati, ringhiò sommessamente ma non troppo,<br />

avevano abolito il percorso da Genazzano a Fiuggi e, tempo<br />

dopo, come se non bastasse, a causa <strong>di</strong> una frana, anche il<br />

tragitto <strong>Cave</strong>-Genazzano. Insomma, concluse, non si<br />

sarebbe meravigliato più <strong>di</strong> tanto se, da un giorno all’altro,<br />

avessero cancellato del tutto la linea ferroviaria in<br />

questione. Proprio in quell’istante le luci lungo la strada si<br />

intensificarono. Sul lato destro si vedeva anche qualche<br />

negozio. L’uomo che mi aveva fatto compagnia con la sua<br />

parlantina sciolta durante tutto il viaggio si alzò e <strong>di</strong>sse che<br />

lui era arrivato. Si calcò il cappello sulla testa (fuori tirava<br />

un vento niente male, si vedeva e si sentiva) allungò la<br />

3


destra (che io strinsi calorosamente) e scese. Lo seguii con<br />

lo sguardo fino a quando non scomparve, inghiottito dal<br />

buio.<br />

Una persona cor<strong>di</strong>ale e simpatica.<br />

E via <strong>di</strong> nuovo. Altra strada, tante curve, la galleria, poi il<br />

ponte che oltrepassava la vallata. Lì, da qualche parte, se<br />

ricordavo bene le parole del passeggero che poco prima era<br />

seduto accanto a me, avevano girato molte scene del film<br />

“Un giorno da leoni”, <strong>di</strong> Nanni Loy, con Romolo Valli,<br />

Nino Castelnuovo, Corrado Pani, Carla Gravina, Regina<br />

Bianchi ed altri attori ancora. L’avevo visto un paio <strong>di</strong> volte<br />

in quanto la pellicola faceva parte della fornitissima<br />

cineteca <strong>di</strong> bordo.<br />

Nave porta-container Smeraldo ventuno.<br />

Marinaio Francois Merriot, <strong>di</strong> anni ventinove, francese <strong>di</strong><br />

Marsiglia. Discreta padronanza dell’italiano, però con un<br />

curioso e <strong>di</strong>vertente accento partenopeo per via dei molti<br />

compagni <strong>di</strong> lavoro originari <strong>di</strong> Napoli.<br />

Come Antonio Rasatiello, il motivo del mio doveroso<br />

viaggio a <strong>Cave</strong>.<br />

I vagoni si bloccarono con stridore <strong>di</strong> metallo. Ero arrivato.<br />

Mi alzai e tirai su il pesante borsone poggiato vicino ai miei<br />

pie<strong>di</strong>. Pochi istanti dopo, al seguito degli altri (fino a poco<br />

prima) passeggeri, attraversavo il fabbricato della stazione<br />

ferroviaria “Vicinali”.<br />

Anno millenovecentottantatre, fredda serata <strong>di</strong> febbraio.<br />

Chiesi a uno <strong>di</strong> quelli che si trovavano lì intorno a me da<br />

che parte dovevo andare per Via Roma. Nulla <strong>di</strong><br />

particolarmente <strong>di</strong>fficile. Bisognava soltanto tornare un<br />

poco in<strong>di</strong>etro. E io lo feci.<br />

Arrivai davanti alla chiesa che mi avevano in<strong>di</strong>cato come<br />

punto <strong>di</strong> riferimento e attraversai la strada. Sì, c’ero.<br />

4


Bastava proseguire un poco; in <strong>di</strong>scesa: eccolo, il portone.<br />

Sotto il vecchio campanello in alluminio, c’era proprio<br />

scritto Rasatiello-Zenobi.<br />

Suonai.<br />

E non successe niente.<br />

Suonai ancora.<br />

Stesso risultato.<br />

Lanciai un rapido sguardo tutt’intorno, quasi mi fossi<br />

aspettato <strong>di</strong> veder arrivare, correndo verso <strong>di</strong> me, la persona<br />

che io stavo cercando. Ma, ovviamente, non accadde nulla<br />

<strong>di</strong> ciò. Solo il vento gelido che riusciva ad infilarsi<br />

dappertutto. Tirai su il bavero del giaccone e incassai ancor<br />

<strong>di</strong> più la testa nelle spalle.<br />

E adesso? Dopo un viaggio <strong>di</strong> cinque ore per giungere fin lì<br />

non era certamente il caso <strong>di</strong> fare <strong>di</strong>etrofront e andarsene<br />

come nulla fosse accaduto. Guardai l’orologio: le otto e<br />

trentacinque.<br />

Meglio aspettare un poco. Sì, ma non certo in mezzo alla<br />

strada.<br />

Ricordavo <strong>di</strong> aver visto un bar aperto, proprio <strong>di</strong> fronte alla<br />

chiesa.<br />

Tirai su ancora una volta il borsone che portavo con me,<br />

incolpevole catalizzatore <strong>di</strong> tutti i miei grattacapi del<br />

momento, e mi avviai per la salita.<br />

Avrei dovuto telefonare per preavvisare la mia visita,<br />

sciocco che ero stato. Anzi, a <strong>di</strong>re il vero, una volta ci avevo<br />

provato senza che nessuno rispondesse. Ma, tanto, dove<br />

potevano essere andati? In ogni caso l’in<strong>di</strong>rizzo<br />

corrispondeva…<br />

Sì, il bar era davvero aperto. Entrai e mi sentii subito<br />

meglio.<br />

5


Or<strong>di</strong>nai un caffè. Il barista, un uomo <strong>di</strong> mezza età con il<br />

volto triste, me lo servì ben caldo. Quello che faceva al caso<br />

mio. E, poi, non era niente male.<br />

Mi guardai attorno. Locale che ricordava l’osteria piuttosto<br />

che il bar.<br />

Alcuni tavolini, messi alla rinfusa qua e là, erano occupati<br />

da avventori, tutti <strong>di</strong> genere maschile. Brusio <strong>di</strong> voci<br />

interrotto, <strong>di</strong> tanto in tanto, dalle esclamazioni e dai<br />

commenti dei quattro che stavano giocando un’accanita<br />

briscola vicino all’espositore delle patatine e dei popcorn.<br />

La domanda uscì da sola. Chiesi all’uomo del bancone se,<br />

per caso, conosceva la famiglia Rasatiello. Come per magia<br />

lì dentro si fece il silenzio più assoluto. Forse a causa del<br />

fatto che il mio particolare accento franco-partenopeo non<br />

era passato inosservato o forse perché avevo un tono <strong>di</strong> voce<br />

squillante (a bordo della nave, specialmente quando il mare<br />

le dava <strong>di</strong> santa ragione e si ballava alla grande, non potevi<br />

certo permetterti <strong>di</strong> sussurrare). Vi<strong>di</strong> le numerose paia <strong>di</strong><br />

occhi puntati su <strong>di</strong> me e decisi <strong>di</strong> parlare all’u<strong>di</strong>torio. Dissi<br />

<strong>di</strong> chiamarmi Francois e <strong>di</strong> essere un marinaio, collega <strong>di</strong><br />

Antonio. Sbarcato a Napoli la mattina stessa, mi ero sorbito<br />

tutto il viaggio fin lì per consegnare il borsone che avevo<br />

con me (lo tirai su un poco, come a volerlo mostrare anche a<br />

quelli che stavano in fondo al locale) alla famiglia<br />

Rasatiello. Effetti personali del congiunto, precisai.<br />

Tutti sembrarono più rilassati. Qualcuno abbozzò un sorriso.<br />

Uno si alzò e si <strong>di</strong>resse verso <strong>di</strong> me presentandosi<br />

educatamente e chiedendomi <strong>di</strong> sedere con lui a bere<br />

qualcosa <strong>di</strong> caldo e forte. Ovviamente accettai.<br />

Davanti a una tazza <strong>di</strong> mandarinetto bollente mi raccontò<br />

della morte, avvenuta venti giorni prima, del loro<br />

compaesano e del suo funerale. Gli <strong>di</strong>ssi che tutti noi dello<br />

6


Smeraldo l’avevamo saputo dal capitano, contattato via<br />

ra<strong>di</strong>o dall’armatore durante il viaggio <strong>di</strong> ritorno<br />

dall’Argentina. E, in qualche modo, ce l’aspettavamo pure<br />

perché in occasione del suo ultimo incarico a bordo Antonio<br />

ci era apparso sempre più affaticato, <strong>di</strong>magrendo<br />

sensibilmente. Così, quando eravamo salpati, a inizio <strong>di</strong><br />

novembre, e lui non si era presentato avevamo cominciato a<br />

pensare che per il nostro collega ed amico c’erano problemi<br />

molto seri. Un brutto male, ribadì l’uomo seduto davanti a<br />

me (che si era presentato come Stefano), nulla da fare,<br />

purtroppo.<br />

Seguì una lunga pausa, durante la quale sorseggiai<br />

lentamente il mio punch. Fuori il vento tirava sempre con la<br />

stessa forza <strong>di</strong> prima.<br />

Fui io a parlare nuovamente per primo. Dissi che non ero<br />

mai stato da quelle parti ma, da quel poco che avevo potuto<br />

vedere, mi sembrava un paese che, <strong>di</strong> vicende storiche,<br />

doveva averne vissute davvero parecchie.<br />

Il volto <strong>di</strong> Stefano parve illuminarsi, come se l’occasione<br />

che gli veniva offerta, e cioè <strong>di</strong> parlare della sua città a un<br />

visitatore arrivato da lontano, ad<strong>di</strong>rittura un francese,<br />

continuamente imbarcato su navi che si spostavano da un<br />

continente all’altro, lo rendesse particolarmente felice.<br />

Iniziò raccontando <strong>di</strong> cose me<strong>di</strong>oevali: della potente<br />

famiglia Colonna che ebbe quasi sempre <strong>Cave</strong> in feudo,<br />

della sua capitolazione alle truppe del papa Sisto IV<br />

nell’anno millequattrocentottantadue, del famoso Trattato<br />

(detto, per l’appunto, <strong>di</strong> <strong>Cave</strong>) firmato nel<br />

millecinquecentocinquantasette nella casa dei Leoncelli, tra<br />

il duca d’Alba, rappresentante <strong>di</strong> Filippo II, e il car<strong>di</strong>nal<br />

Carafa, rappresentante <strong>di</strong> Paolo IV. Però ci tenne a mettere<br />

7


in chiaro che tutta la zona era ricca <strong>di</strong> testimonianze<br />

risalenti all’epoca romana (ville, strade, tombe, ecc.).<br />

Ero affascinato. Soprattutto perché, pur avendo visitato,<br />

durante i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> sosta fra un viaggio per mare e l’altro,<br />

parecchi posti fra i più famosi e conosciuti dai turisti, non<br />

mi sarei mai aspettato che l’Italia celasse i suoi tesori anche<br />

lì, in provincia. Non so come mi uscì ma a quel punto <strong>di</strong>ssi<br />

che, <strong>di</strong> sicuro, il povero Antonio, doveva essere stato<br />

l’unico marinaio del posto, e anche <strong>di</strong> importazione,<br />

trasferitosi da Napoli a <strong>Cave</strong> dopo il suo matrimonio.<br />

Stefano (mi stavo rendendo conto, via via che parlava,<br />

dell’appassionata e profonda cultura del mio interlocutore)<br />

affermò che molti del paese facevano i pendolari con la<br />

capitale però esisteva anche una fiorente attività artigianale<br />

in loco che era riuscita a controbilanciare la <strong>di</strong>minuita<br />

produzione agricola e <strong>di</strong> allevamento del bestiame. Ben<br />

sviluppata risultava la lavorazione del legno (in zona<br />

esistevano ancora boschi <strong>di</strong> castagno ed altro) però c’erano<br />

anche molti muratori, marmisti e fabbri. Fino a non molti<br />

anni prima veniva pure praticata la coltura del tabacco ed<br />

andava tuttora per la maggiore l’apicoltura (dovresti<br />

assaggiare il miele <strong>di</strong> qui… proclamò con tono ed<br />

espressione eloquenti).<br />

Mi accorsi che il tempo era volato. Mi alzai in pie<strong>di</strong>,<br />

ringraziando per il punch e la compagnia, e <strong>di</strong>ssi che avrei<br />

fatto un ultimo tentativo per vedere se riuscivo a consegnare<br />

il borsone con tutti gli effetti personali <strong>di</strong> Antonio rimasti a<br />

bordo della Smeraldo ventuno. Stefano si offrì <strong>di</strong><br />

accompagnarmi e io, con piacere, accettai.<br />

Cinque minuti dopo, nonostante due vigorose suonate <strong>di</strong><br />

campanello, il portone <strong>di</strong> casa Rasatiello rimase<br />

inesorabilmente chiuso. E nemmeno ci fu nessuno ad<br />

8


affacciarsi ad una finestra o a domandare, da <strong>di</strong>etro<br />

un’imposta, chi mai fosse il visitatore <strong>di</strong> quell’ora tarda.<br />

Le <strong>di</strong>eci in punto. Sempre vento forte e anche le prime<br />

gocce <strong>di</strong> pioggia.<br />

Il mio accompagnatore mi chiese se per caso non era<br />

opportuno bussare a qualche vicino (li conosceva tutti,<br />

assicurò) domandando loro la cortesia <strong>di</strong> consegnare la roba<br />

<strong>di</strong> Antonio alla moglie.<br />

Ci riflettei su un istante e poi risposi <strong>di</strong> no. In definitiva<br />

avevo a <strong>di</strong>sposizione due settimane <strong>di</strong> libertà e avrei passato<br />

la notte lì in paese, tornando in Via Roma il mattino<br />

successivo. C’era un albergo o una pensione in zona? Lui<br />

rispose <strong>di</strong> sì e, anziché limitarsi alle semplici in<strong>di</strong>cazioni su<br />

come raggiungere il posto, insistette per portarmici lui.<br />

Erano <strong>di</strong>eci minuti <strong>di</strong> cammino, non molti <strong>di</strong> più, anche se<br />

quasi tutti in salita. Per l’ennesima volta ripassai davanti<br />

alla chiesa che si trovava lungo la via Prenestina. Stefano,<br />

notando il mio sguardo curiosamente indagatore, iniziò a<br />

spiegarmi che si trattava della Chiesa Parrocchiale ed<br />

insigne Collegiata <strong>di</strong> S. Maria Assunta e Visitazione.<br />

Insomma, S. Maria.<br />

Tutti la chiamavano così, aggiunse. Mi fece notare<br />

l’iscrizione incisa sulla facciata Templum Princeps (chiesa<br />

primaria della città) e la bellissima e imponente porta<br />

d’accesso in bronzo, realizzata una dozzina <strong>di</strong> anni prima<br />

dall’artista Lorenzo Ferri. Poi, mentre proseguivamo su per<br />

l’impegnativa erta (strada lastricata a sampietrini) mi parlò<br />

<strong>di</strong> tutte le cose preziose custo<strong>di</strong>te all’interno del tempio, ivi<br />

incluso un grande organo per la cui costruzione erano state<br />

utilizzate alcune parti del cinquecentesco strumento sul<br />

quale aveva ad<strong>di</strong>rittura suonato il grande Pierluigi da<br />

Palestrina.<br />

9


Passammo in silenzio sotto uno stretto arco (mi girai a<br />

guardarlo ancora, un’automobile <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ci<br />

sarebbe rimasta sicuramente incastrata), poi, ritornati su una<br />

via asfaltata, più larga ma piena <strong>di</strong> curve, ci fermammo<br />

davanti ad una abitazione a due piani circondata da un<br />

piccolo giar<strong>di</strong>no. Stefano suonò al citofono e si fece<br />

riconoscere dalla persona che, <strong>di</strong> lì a qualche istante, venne<br />

a rispondere (voce femminile).<br />

Poco dopo eravamo nell’atrio della casa, a<strong>di</strong>bita a pensione.<br />

Sei stanze con servizio in camera, piccola sala per la<br />

colazione.<br />

Odore <strong>di</strong> pulito, tutto or<strong>di</strong>nato e gradevole.<br />

La giovane donna che gestiva il minuscolo esercizio<br />

alberghiero era bellissima. Anzi, decisamente la più bella<br />

che avessi mai visto in vita mia.<br />

Stefano le spiegò chi ero e perché mi trovavo in paese. Si<br />

raccomandò che fossi trattato nel modo migliore, sorridendo<br />

al buffo e severo sguardo dell’altra. Poi mi salutò<br />

augurandomi la buona notte e <strong>di</strong>cendo <strong>di</strong> chiamarlo per<br />

qualunque cosa <strong>di</strong> cui avessi avuto bisogno (mi scrisse il<br />

suo numero <strong>di</strong> telefono su un pezzo <strong>di</strong> carta). Mi strinse la<br />

mano e se ne andò.<br />

10


2.<br />

La ragazza <strong>di</strong> nome Manuela si era finalmente convinta che,<br />

se al mondo ci fosse stata veramente giustizia, un giorno<br />

(ovviamente successivo alla sua <strong>di</strong>partita da questa valle <strong>di</strong><br />

lacrime, pertanto senza particolare urgenza) avrebbero<br />

dovuta innalzarla alla gloria degli altari. Una santa,<br />

insomma. Non esistevano alternative. Era dalla mattina che<br />

si trovava in quello stanzino, tuta e scarpe da ginnastica,<br />

tirando fuori da cassetti, scatole, cassapanche ed altri<br />

contenitori ancora, ogni sorta <strong>di</strong> articolo cercando <strong>di</strong> capire<br />

cosa conservare e cosa, invece, avviare a inappellabile<br />

<strong>di</strong>struzione. L’idea <strong>di</strong> mettere or<strong>di</strong>ne lì dentro era stata la<br />

sua (bella pensata!), mentre la madre era sembrata,<br />

all’inizio, perplessa e scettica (adesso la ragazza stava<br />

realizzando che poteva essersi trattato unicamente <strong>di</strong> una<br />

recita a suo beneficio). Poi, quando Manuela aveva<br />

solennemente assicurato che non c’era assolutamente da<br />

preoccuparsi perché avrebbe fatto tutto lei (proprio queste<br />

esatte parole) la sua scaltra genitrice era sembrata<br />

capitolare, pur con un residuo, e via via decrescente,<br />

ricalcitramento.<br />

Ed ora eccola lì, la povera figlia. Accovacciata davanti al<br />

mobile che fino a pochi minuti prima era occultato da un<br />

materasso, una bicicletta da donna, alcune scatole <strong>di</strong><br />

cartone, due buste <strong>di</strong> plastica rigonfie <strong>di</strong> biancheria, una<br />

scopa, uno spazzolone e una paletta per raccogliere le<br />

immon<strong>di</strong>zie. Con un sospiro rassegnato affondò le mani<br />

nell’ultimo cassetto abbrancando una consistente dose <strong>di</strong><br />

materiale cartaceo. Poi, facendo appello alle poche energie<br />

residue, si trascinò ginocchioni fino all’angolo più lontano<br />

della stanza (quello dove si trovava, meticolosamente<br />

11


sud<strong>di</strong>viso, il materiale meritevole <strong>di</strong> salvezza) e si lasciò<br />

cadere seduta sul pavimento, schiena poggiata al muro e<br />

mani abbandonate lungo il corpo. Spese i pochi secon<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

tregua ad osservarsi misericor<strong>di</strong>osamente. Tuta e scarpe da<br />

ginnastica che, da blu e bianche quali, rispettivamente,<br />

erano state al sorgere del sole, avevano assunto un colorito<br />

uniforme sul tipo grigio raccapricciante. Mani da non<br />

potersi guardare (notò, con orrore, che la polvere le si era<br />

infilata anche sotto le unghie). Non aveva il coraggio <strong>di</strong><br />

andarsi a specchiare per timore <strong>di</strong> prendere cognizione del<br />

pietoso stato <strong>di</strong> viso e capelli.<br />

Sbuffò sonoramente, sollevando una nuvola <strong>di</strong> fine<br />

pulviscolo tutto intorno a sé. Poi, rassegnata, si mise in<br />

ginocchio e cominciò ad analizzare la sua preda più recente.<br />

Cartelline contenenti, perlopiù, ricevute <strong>di</strong> pagamento<br />

(quin<strong>di</strong>, era bene conservarle); una preistorica rivista con<br />

niente in mezzo alle pagine (da buttare); quattro agende<br />

antiche <strong>di</strong> decenni (da buttare, santo cielo!), un quaderno,<br />

grosso e pesante (mamma mia!), sul quale doveva aver fatto<br />

i compiti Giuseppe Garibal<strong>di</strong> (da butt…). Si fermò. Alcune<br />

foto erano scivolate fuori spargendosi sul pavimento.<br />

Rimase a fissarle, lungamente, come ipnotizzata. Forse<br />

<strong>di</strong>pendeva dal fatto che era stata colta <strong>di</strong> sorpresa o, anche,<br />

dalla circostanza che il suo cervello aveva cominciato a<br />

mettersi in movimento da solo. Istantanee a colori. Roba<br />

vecchia, si vedeva; alcune, specie ai bor<strong>di</strong>, apparivano<br />

sensibilmente sbia<strong>di</strong>te. Chi erano i soggetti lì immortalati?<br />

Persone <strong>di</strong> famiglia? Amici e conoscenti?<br />

Manuela le raccolse meccanicamente e ne fece un mazzetto,<br />

sistemandolo con religiosa cura. Poi cominciò a sfogliarle,<br />

una ad una.<br />

12


Gruppetti <strong>di</strong> gente che sorrideva. Tanti luoghi <strong>di</strong>versi tra<br />

loro, però, e questo non era <strong>di</strong>fficile notarlo, in molti <strong>di</strong> essi<br />

si intravedeva il mare. Alcuni porti e moltissime<br />

imbarcazioni: piccole, me<strong>di</strong>e, gran<strong>di</strong> e smisurate.<br />

Persone dal volto simpatico e duro, marinai, sicuramente.<br />

Giovani e anziani. Passò nuovamente in rassegna le<br />

istantanee e fu certa <strong>di</strong> quello che aveva già notato ad una<br />

prima occhiata: in ognuna <strong>di</strong> esse compariva sempre lo<br />

stesso uomo. Alto ed atletico, lunghissimi capelli bion<strong>di</strong>,<br />

occhi ver<strong>di</strong> (osservò meglio; sì erano proprio color dello<br />

smeraldo), denti bianchi e regolari. Bello da restarci<br />

stecchite al solo guardarlo.<br />

E il quaderno, dov’era finito? Ah, eccolo lì.<br />

Iniziò a sfogliarlo, lentamente, pagina per pagina. Un <strong>di</strong>ario,<br />

date <strong>di</strong> molti anni prima. Scrittura regolare ed elegante.<br />

Esaminò qualche riga qua e là. Un italiano semplice ma,<br />

sostanzialmente, corretto. Qualche incertezza nella ricerca<br />

dei vocaboli (infatti, talvolta, compariva una parola in<br />

francese, come se si fosse trattato della lingua madre dello<br />

scrivente).<br />

Arrivò verso la fine del quaderno e una parola attirò la sua<br />

attenzione.<br />

<strong>Cave</strong>.<br />

Che c’entrava?<br />

Mese <strong>di</strong> febbraio millenovecentottantatre.<br />

Ventotto anni prima.<br />

Cominciò a leggere.<br />

In questo momento mi trovo in una stanza <strong>di</strong> una<br />

piccola pensione a conduzione familiare. Quella in<br />

cui mi ha portato Stefano, un uomo conosciuto<br />

13


stasera in un bar <strong>di</strong> <strong>Cave</strong>. Ma proce<strong>di</strong>amo con<br />

or<strong>di</strong>ne.<br />

Non mi è stato possibile consegnare il borsone<br />

con gli effetti personali del mio povero amico<br />

Antonio perché a casa Rasatiello non ho trovato<br />

nessuno. Riproverò domattina, si tratta <strong>di</strong> una<br />

cosa troppo importante e, poi, ho con me la<br />

busta affidatami dal capitano della nave<br />

contenente la raccolta a favore della famiglia.<br />

L’uomo gentile che mi ha accompagnato conosce<br />

la signora proprietaria e si è tanto raccomandato<br />

che io venga trattato con ogni riguardo.<br />

Qui è tutto molto carino, or<strong>di</strong>nato e pulito.<br />

Adesso sono veramente stanco e mi metto subito<br />

a dormire. Fuori fa un tempo da lupi che<br />

nemmeno ci si immagina.<br />

Manuela rilesse una seconda volta. Non che le fosse molto<br />

chiara la faccenda. Andò oltre, al giorno successivo.<br />

Oggi è stata una giornata particolarissima e<br />

speciale perché credo <strong>di</strong> aver fatto amicizia con<br />

una persona altrettanto speciale. E questo, per<br />

uno che vive la maggior parte del suo tempo in<br />

mezzo al mare, sempre a contatto con gli stessi<br />

in<strong>di</strong>vidui, non è cosa da poco.<br />

E’ quasi mezzanotte, ma non ho affatto sonno.<br />

14


Comunque, stamattina mi sono alzato un po’<br />

tar<strong>di</strong>, rispetto alle mie normali abitu<strong>di</strong>ni, ma ne<br />

sentivo il bisogno. Ho messo la testa fuori dalla<br />

finestra: il tempo aveva deciso <strong>di</strong> farsi<br />

perdonare per la sfuriata del giorno precedente.<br />

Niente vento né pioggia, anche se il cielo era<br />

tutto coperto. Mezz’ora dopo ero in strada,<br />

borsone alla mano. Ho fatto colazione nel bar in<br />

cui ero entrato la sera prima e mi sono <strong>di</strong>retto<br />

all’in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong> Via Roma che sapevo. Stavolta<br />

c’era qualcuno.<br />

La moglie <strong>di</strong> Antonio. Poverina, appena l’ho vista<br />

ho provato una stretta al cuore. Spettinata e<br />

con la faccia stanca; si capiva che stava<br />

dormendo ed io l’avevo svegliata, ma non era solo<br />

per quello. Appena ha realizzato identità e ruolo<br />

della persona che aveva <strong>di</strong> fronte si è scusata<br />

affrettandosi a farmi entrare in casa.<br />

Poco dopo (gli occhi le erano <strong>di</strong>ventati rossi,<br />

probabilmente cercava <strong>di</strong> trattenere le lacrime)<br />

mi ha raccontato <strong>di</strong> essere rientrata quella<br />

stessa mattina. Dopo una giornata spesa a fare<br />

le pulizie presso una famiglia <strong>di</strong> Roma, aveva<br />

passato la notte vicino ad una signora anziana e<br />

bisognosa <strong>di</strong> assistenza.<br />

15


Domani mi scade l’affitto… ha detto in un soffio,<br />

quasi a volersi giustificare.<br />

Insomma, le ho consegnato la roba del suo<br />

povero marito e la busta contenente i sol<strong>di</strong><br />

raccolti fra noi della “Smeraldo ventuno” (anche<br />

l’armatore ha fatto la sua generosa offerta). In<br />

tutto si trattava <strong>di</strong> ottocentomila lire e, a quel<br />

punto, lei non ce l’ha fatta più a trattenere le<br />

lacrime e si è lasciata andare.<br />

Un quarto d’ora dopo sono uscito <strong>di</strong> lì e mi sono<br />

messo a cercare quello che mi serviva: un<br />

negozio <strong>di</strong> abbigliamento. Visto che avevo deciso<br />

<strong>di</strong> rimanere qualche giorno nello splen<strong>di</strong>do paese<br />

<strong>di</strong> <strong>Cave</strong>, avevo bisogno <strong>di</strong> vestiti <strong>di</strong> ricambio. Non<br />

è stato facile trovare abiti della mia taglia ma,<br />

alla fine, ci sono riuscito. Tutte cose pratiche e,<br />

all’apparenza, molto consistenti. Anche un bel<br />

paio <strong>di</strong> robuste e comode scarpe.<br />

Sono tornato alla pensione, ho posato la mia<br />

roba in camera e sono <strong>di</strong> nuovo sceso nell’atrio<br />

dove c’era la padrona (si chiama Tiziana e, come<br />

ho già detto, è molto bella). Le ho chiesto se,<br />

per caso, mi poteva in<strong>di</strong>care un posto dove<br />

pranzare (buona cucina, prezzi mo<strong>di</strong>ci,<br />

trattamento cor<strong>di</strong>ale, ecc. ecc.) e lei,<br />

16


sorridendo, mi ha dato il nome <strong>di</strong> un piccolo<br />

ristorante, spiegandomi pure come arrivarci.<br />

Non era male e il padrone ha insistito per<br />

servirmi alcune specialità locali. Mi sono scritto i<br />

nomi su un pezzo <strong>di</strong> carta per riportarli, poi,<br />

correttamente sul <strong>di</strong>ario.<br />

Allora, ecco qui. “Gnocchi a cova de soreca”,<br />

“Baccalà alla racia”, “Cacio” e, dopo la frutta,<br />

per finire, “Nocino”.<br />

Appena uscito da lì mi sono messo a gironzolare<br />

senza meta apparente. Un po’ per smaltire tutto<br />

il ben <strong>di</strong> Dio ingurgitato poco prima, ma un pò<br />

anche perché sentivo la voglia <strong>di</strong> “entrare”<br />

nell’anima della città <strong>di</strong> cui il mio amico Antonio<br />

mi parlava con tanto orgoglio.<br />

Ho visitato il caratteristico centro storico,<br />

passando anche davanti alla casa in cui (come<br />

recitava la targa in marmo) aveva soggiornato,<br />

molto tempo prima, il grande poeta Metastasio.<br />

E, poi, Villa Clementi, la fonte <strong>di</strong> Santo<br />

Stefano, il santuario della Madonna del Campo<br />

(la chiesa a<strong>di</strong>acente al cimitero). Insomma,<br />

percorrendo strade e stra<strong>di</strong>ne a casaccio, mi<br />

sono ritrovato ad ammirare il paese dall’alto, sul<br />

fianco della montagna che sovrasta l’abitato,<br />

mentre il sole (finalmente libero dalla mattutina<br />

17


coltre <strong>di</strong> nubi) se ne andava a tramontare piano<br />

piano, tingendo <strong>di</strong> rosso e viola tutto l’orizzonte.<br />

Mi stavo innamorando e non mi era mai successo<br />

prima. Soprattutto nei confronti <strong>di</strong> un posto che<br />

conoscevo da meno <strong>di</strong> ventiquattr’ore.<br />

Quando sono tornato alla pensione, Tiziana, che<br />

già prima era gentile nei miei confronti, ha<br />

insistito per avermi suo ospite a cena. E<br />

dovevamo pure darci del “tu”. Da subito.<br />

Tassativo.<br />

Per farla breve, Stefano era passato poco prima<br />

e le aveva spifferato il motivo della mia presenza<br />

in paese e relative sfumature.<br />

Tutti volevano un gran bene al mio amico e<br />

collega Antonio.<br />

A tavola, come se si fosse trattato della cosa<br />

più naturale del mondo, ciascuno <strong>di</strong> noi ha<br />

raccontato ogni cosa <strong>di</strong> sé all’altro.<br />

Tiziana è una ragazza-madre (vuol <strong>di</strong>re che non<br />

ha il marito perché il <strong>di</strong>sgraziato che ha<br />

approfittato <strong>di</strong> lei si è defilato come niente<br />

fosse) con una meravigliosa bambina <strong>di</strong> due anni<br />

<strong>di</strong> nome Manuela. La quale, dopo cena, mi ha<br />

portato una scatola da scarpe piena <strong>di</strong> bamboline<br />

e altri pupazzi chiedendomi <strong>di</strong> giocare con lei. E<br />

io l’ho fatto volentieri. Le ho spiegato che venivo<br />

18


da un posto lontano e che il mio nome era<br />

Francois. Da quel momento in poi, per lei, sono<br />

<strong>di</strong>ventato “Zuà”.<br />

Intanto Tiziana sparecchiava e ci osservava con<br />

uno sguardo tutto particolare. Poi, dopo avermi<br />

offerto un caffè delizioso, mi ha chiesto se la<br />

mattina seguente poteva accompagnarmi lei nei<br />

miei giri turistici.<br />

Io le ho risposto <strong>di</strong> sì. E non vedo l’ora.<br />

Il cellulare squillò e Manuela fece un balzo, presa alla<br />

sprovvista. Riuscì a capire in quale tasca della tuta si<br />

trovava il suo telefonino e rispose.<br />

- Pronto. -<br />

- Ehi, che fine hai fatto? -<br />

La sua amica Giada.<br />

- Niente, niente. Pulizie domestiche. E non voglio <strong>di</strong>re<br />

altro. -<br />

- Infatti non te lo chiedo e non mi interessa nemmeno. Ti<br />

chiamo per le prove del Venerdì Santo. E’ per le nove,<br />

lo ricor<strong>di</strong>, no? -<br />

- Sì, certo. Grazie. -<br />

Tolse la comunicazione infilando l’apparecchio dov’era<br />

poco prima. Poi, dopo essersi guardata attorno, si alzò e,<br />

<strong>di</strong>ario sotto braccio, usci da quel posto <strong>di</strong>rigendosi verso<br />

camera sua.<br />

19


3.<br />

L’interno della chiesa <strong>di</strong> Santa Maria era avvolto nella<br />

penombra e Manuela, seduta all’ultimo banco, provò un<br />

brivido <strong>di</strong> freddo. Colpa <strong>di</strong> quello strano mese <strong>di</strong> marzo e<br />

delle sue serate umide. Guardò le lancette del suo orologio:<br />

le nove e <strong>di</strong>eci; era in anticipo, gli altri sarebbero arrivati<br />

non prima <strong>di</strong> un quarto d’ora.<br />

C’era entrata talmente tante volte lì dentro che nemmeno si<br />

sarebbero potute contare. Però provava sempre una<br />

emozione nuova, come se quel tempio fosse cosa viva,<br />

cuore pulsante (uno dei moltissimi) <strong>di</strong> <strong>Cave</strong> e del suo<br />

territorio.<br />

Quante creature vi erano state battezzate? Quanti fanciulli vi<br />

avevano ricevuto Prima Comunione e Cresima? E i<br />

matrimoni celebrati? E per quante anime era stato chiesto a<br />

Dio che fossero accolte in Cielo prima <strong>di</strong> affidarne, invece,<br />

il corpo alla terra?<br />

Poggiata allo schienale della panca osservò l’altissimo<br />

soffitto, che si confondeva con il buio, l’enorme crocifisso<br />

in cembro <strong>di</strong> Dalmazia il quale pendeva, sostenuto da fili<br />

metallici, dalla volta del presbiterio, l’altare maggiore con i<br />

sei candelabri gran<strong>di</strong> e i quattro piccoli forgiati in metallo<br />

argentato e decorati finemente.<br />

Quin<strong>di</strong>, abbassato lo sguardo, indugiò sul bassorilievo ove<br />

una incisione ricordava il martirio <strong>di</strong> padre Alberto<br />

Amarisse, citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> <strong>Cave</strong>, e dei suoi confratelli in<br />

20


Armenia, sulle altre cappelle, maggiori e minori, con tele,<br />

affreschi, oggetti sacri scolpiti nel legno, reliquiari, opere<br />

marmoree.<br />

Era in un immenso scrigno, contenente preziosi gioielli che<br />

avrebbero fatto la felicità <strong>di</strong> qualsiasi stato straniero, ricco e<br />

potente ma non baciato dalla gloria della Storia e dei suoi<br />

gran<strong>di</strong> uomini.<br />

Sentì le voci che si avvicinavano: stavano arrivando anche<br />

gli altri, per le prove del Venerdì Santo. Lei aveva la parte<br />

<strong>di</strong> Maria Maddalena che piangeva, inginocchiata, ai pie<strong>di</strong><br />

della croce e che, insieme alle altre due donne, si recava al<br />

sepolcro <strong>di</strong> Cristo, trovandolo vuoto.<br />

Ci avrebbe messo tutta se stessa.<br />

Un’ora e mezzo dopo, stretta nel suo giaccone, tornava<br />

verso casa. Chissà perché il quaderno-<strong>di</strong>ario ritrovato nel<br />

pomeriggio si ostinava a restarle infilato dentro la testa. Il<br />

marinaio, quel Francois, l’aveva <strong>di</strong>menticato lì alla<br />

pensione? Sì, non poteva essere <strong>di</strong>versamente. E che fine<br />

aveva fatto lui, l’uomo? Ventotto anni erano passati da<br />

allora. Un’eternità.<br />

E sua madre? Che cosa c’entrava con…<br />

Basta, si <strong>di</strong>sse oltrepassando il cancello. Era troppo stanca,<br />

ci avrebbe pensato l’indomani.<br />

Da <strong>di</strong>etro i vetri della mia camera da letto osservavo il mare.<br />

Una tavola buia che si increspava d’argento verso riva, alla<br />

luce della luna.<br />

Erano passati due anni da quando avevo smesso <strong>di</strong> viaggiare<br />

intorno al mondo. Dopo la Smeraldo ventuno c’erano stati<br />

due mercantili, una petroliera, due gran<strong>di</strong> pescherecci.<br />

21


E poi basta, era giusto smettere. Fermarsi, trovare un posto<br />

degno <strong>di</strong> essere chiamato casa dove tornare la sera, in cui<br />

ricevere qualche amico, magari tirando fino a tar<strong>di</strong>, nel<br />

quale restarsene tappati tutto il giorno se proprio volevi<br />

rimanere con te stesso perché non ti andava <strong>di</strong> vedere<br />

nessuno.<br />

Un piccolo bilocale, a Fiumicino. Me lo avevano trovato i<br />

due amici con i quali, investendo la mia non stratosferica<br />

liquidazione, mi ero messo in società, acquistando il<br />

barcone da pesca con il quale uscivamo per cinque notti a<br />

settimana. Un buon affare. Tanti clienti e sicuri. Ristoranti<br />

della zona, negozi, banchi al mercato.<br />

Insomma, il mare (che per me equivaleva al sangue che<br />

scorre nelle vene degli altri comuni mortali) e un tetto sulla<br />

testa.<br />

Cioè, un piccolo bilocale a Fiumicino. Or<strong>di</strong>nato,<br />

confortevole.<br />

Qualche volta troppo vuoto.<br />

Come quella notte.<br />

Una città <strong>di</strong> provincia, tanti anni prima. Bellissima.<br />

Una donna. Sola e irraggiungibile. Meravigliosa come il<br />

posto un cui abitava.<br />

Era da molto che non ci pensavo più, né all’una né all’altra.<br />

Perché proprio adesso? Cosa voleva <strong>di</strong>re?<br />

Mi allontanai dalla finestra andandomi a sdraiare sul letto. Il<br />

sonno non sarebbe venuto, ne era certo. Pazienza, avrei<br />

passato il tempo a guardare il soffitto. E a riflettere.<br />

Manuela tirò un sospiro <strong>di</strong> sollievo. L’ingrato lavoro era<br />

finito. Osservò la piccola stanza in perfetto or<strong>di</strong>ne e le tre<br />

gran<strong>di</strong> buste <strong>di</strong> plastica ricolme <strong>di</strong> cose da gettare via.<br />

Avrebbe provveduto imme<strong>di</strong>atamente, poi una doccia <strong>di</strong><br />

22


quelle che si sarebbero ricordate a memoria <strong>di</strong> essere umano<br />

e infine…<br />

Sì, da quando si era svegliata non faceva che pensarci e,<br />

d’altra parte, era stata l’ultima cosa a girargli per la testa la<br />

sera precedente, prima <strong>di</strong> piombare nel cosiddetto sonno dei<br />

giusti.<br />

E così, un’ora dopo, tirata a lucido in tutte le sue parti, aprì<br />

il cassetto del como<strong>di</strong>no estraendo il <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Francois.<br />

Cominciò a leggere dove aveva lasciato un biglietto del<br />

treno come segnalibro.<br />

Credevo <strong>di</strong> essere un po’ matto e oggi mi sono<br />

accorto che c’è chi riesce a starmi alla pari. Mi<br />

sto riferendo a Tiziana e alla sua promessa <strong>di</strong><br />

mostrarmi le bellezze <strong>di</strong> <strong>Cave</strong>. Subito dopo<br />

colazione, si è infilata una giacca imbottita<br />

legandosi ben bene la cinta e, con aria decisa,<br />

ha detto “an<strong>di</strong>amo”. Sei chiese, tutte visitate<br />

girando a pie<strong>di</strong>, roba da non credersi. Una più<br />

interessante dell’altra, con una infinità <strong>di</strong> opere<br />

d’arte al loro interno. Non posso certo riportare<br />

tutto qui sopra (e molte cose non le rammento<br />

neppure), però, almeno <strong>di</strong> una voglio cercare <strong>di</strong><br />

scrivere il più possibile, finché i ricor<strong>di</strong> sono<br />

freschi, così da raccontarlo ai miei amici e<br />

parenti quando passerò per Marsiglia.<br />

23


Allora, si tratta del santuario <strong>di</strong> San Lorenzo.<br />

Una piccola chiesa che, fra l’altro, è molto vicina<br />

alla pensione in cui sono alloggiato.<br />

Tiziana ha suonato al campanello <strong>di</strong> una casa lì<br />

vicino e si è affacciata un’anziana signora dal<br />

volto sorridente la quale, dopo un veloce scambio<br />

<strong>di</strong> battute con la mia guida-cicerone, è rientrata<br />

nell’abitazione riuscendone, subito dopo, con le<br />

chiavi del tempio.<br />

Un interno essenziale, un soffitto a doppio<br />

spiovente in legno, muri in pietra sui quali si<br />

vedevano degli affreschi, alcuni appena<br />

abbozzati. Mi sembrava <strong>di</strong> essere stato<br />

catapultato nel Me<strong>di</strong>oevo. Tiziana mi ha detto<br />

che si tratta <strong>di</strong> una chiesa molto antica (mille<br />

anni, circa) e che la scala al centro dell’ambiente<br />

conduce alla parte originale della costruzione.<br />

Nella cripta c’è una affresco <strong>di</strong> San Nicola,<br />

protettore dei fanciulli e, fino a non molti<br />

decenni prima, era tra<strong>di</strong>zione compiere<br />

pellegrinaggi in quel luogo a chiedere soccorso<br />

per i bambini malati.<br />

Mentre scrivo sono in camera e, anche stavolta,<br />

è quasi mezzanotte. Colpa mia che sono voluto<br />

rimanere a fare compagnia a Tiziana, infaticabile<br />

nelle numerose faccende relative alla pulizia della<br />

24


pensione (non me lo ha detto apertamente ma<br />

era chiaro che, per portarmi in giro turistico,<br />

era rimasta un poco in<strong>di</strong>etro). Io, nel frattempo,<br />

ho giocato a lungo con Manuela che, nonostante<br />

una strenua resistenza, ha finito per crollare<br />

addormentandosi fra le mie braccia. E’<br />

bellissima, mi ricorda tanto Gerar<strong>di</strong>ne, la mia<br />

nipotina <strong>di</strong> poco più grande <strong>di</strong> lei.<br />

Adesso però vado davvero a dormire. Domani mi<br />

aspetta un’altra giornata intensa.<br />

Manuela si fermò un istante a pensare. Qualcuno, uno<br />

sconosciuto <strong>di</strong> cui non aveva il minimo ricordo, aveva<br />

giocato con lei e la definiva “bellissima”. Ebbe, per un<br />

istante, una fitta al cuore pensando al padre che era per lei<br />

uno sconosciuto e il quale non aveva sentito il desiderio <strong>di</strong><br />

conoscere lei. Scacciò quel pensiero fasti<strong>di</strong>oso e riprese a<br />

leggere.<br />

Tante piccole cose belle, tenere nello stupore <strong>di</strong> cui erano<br />

velate; un sentimento <strong>di</strong> dolce meraviglia, scoprendo<br />

immagini <strong>di</strong> un quadretto familiare ine<strong>di</strong>to (lei da piccola,<br />

sua madre da giovane, un uomo misterioso per il quale<br />

provava, attimo dopo attimo, un desiderio quasi struggente<br />

<strong>di</strong> poterlo nuovamente incontrare, la città <strong>di</strong> <strong>Cave</strong>, i suoi<br />

abitanti e i mille posti meravigliosi <strong>di</strong> cui sentiva, lei stessa<br />

nata lì, parlare per la prima volta).<br />

Arrivò alla penultima pagina.<br />

25


…Il tempo è volato, fra due giorni partirò.<br />

Tiziana ha detto che domani mi porterà in<br />

montagna a visitare un luogo molto particolare<br />

<strong>di</strong>stante una ventina <strong>di</strong> chilometri da <strong>Cave</strong>. Sono<br />

davvero curioso.<br />

Qualcuno bussò alla porta della camera.<br />

- Manuela, puoi scendere ad aiutarmi, per favore?<br />

Stanno per arrivare quelle persone. -<br />

Sua madre. La comitiva proveniente da Perugia. Si<br />

fermavano una settimana. Se ne era quasi <strong>di</strong>menticata.<br />

- Sì, mamma. Vengo subito. -<br />

Chiuse il <strong>di</strong>ario e lo infilò nuovamente nel cassetto del<br />

como<strong>di</strong>no.<br />

La solita trattoria in cui cenavo era piena <strong>di</strong> gente.<br />

Naturale che fosse così, il sabato sera.<br />

- Allora, Francois? Ce la pren<strong>di</strong>amo questa fiorentina in<br />

due? -<br />

Mi girai a guardare Romolo, uno dei miei soci. Giovane,<br />

forte e rubicondo. Sembrava non doversi mai saziare.<br />

- No, no, per me, stasera basta così. Sono pieno al punto<br />

giusto. -<br />

- Va bene, pazienza. Vuol <strong>di</strong>re che me la mangerò tutta<br />

da solo. Ah, ecco che sta arrivando la nostra splen<strong>di</strong>da<br />

Eleonora. -<br />

La ragazza, bionda, sorridente e sensuale, si piantò,<br />

marziale, davanti al tavolo.<br />

- Allora, marinai, cosa posso portarvi ancora <strong>di</strong> buono? -<br />

26


- Una fiorentina <strong>di</strong> quelle che farebbero risuscitare i<br />

morti! - <strong>di</strong>chiarò, solennemente, Romolo.<br />

- Anche un altro po’ <strong>di</strong> vino. - aggiunse Torquato, l’altro<br />

mio socio, seduto alla mia sinistra.<br />

- Obbe<strong>di</strong>sco prontamente. - <strong>di</strong>sse Eleonora. Poi,<br />

scoccandomi una occhiata assassina, aggiunse : - E tu,<br />

Francois, hai bisogno d’altro? -<br />

- No, no, grazie. - risposi schiarendomi la voce.<br />

Lei fece <strong>di</strong>etrofront e si allontanò ancheggiando<br />

vistosamente.<br />

- Dunque, bello mio, - saltò su Torquato, vecchio<br />

compagno <strong>di</strong> tante avventure in mare - quand’è che ti<br />

deci<strong>di</strong> a far finire <strong>di</strong> soffrire questa pulzella? E’<br />

giovane, carina, non vede l’ora <strong>di</strong> gettarsi fra le tue<br />

braccia… per <strong>di</strong> più il padre, oltre ad essere padrone <strong>di</strong><br />

questa trattoria, ha un ristorante niente male a Ostia… -<br />

- Lascia stare… - lo interruppi - Non mi interessa e, fra<br />

le altre cose, lei avrà, sì e no, la metà dei miei anni. -<br />

- Senza contare - venne fuori Romolo - che il bel<br />

francesino qui presente ha il codazzo <strong>di</strong> gentil sesso<br />

<strong>di</strong>etro a sé. -<br />

Risero ambedue <strong>di</strong> gusto.<br />

- Ma insomma, Francois, - riprese Torquato con serietà -<br />

non hai mai considerato seriamente il matrimonio? -<br />

- Ora non mi va <strong>di</strong> parlarne, forse un’altra volta. -<br />

Un’ora dopo, mentre tornavo a pie<strong>di</strong> verso casa, ripensai<br />

alla terribile notte <strong>di</strong> bufera, ventotto anni prima. Il<br />

compagno che cadeva dal parapetto finendo tra i flutti.<br />

Confusione dappertutto. Io afferravo due salvagente e mi<br />

gettavo in acqua. Se va sotto prima che riesco ad afferrarlo,<br />

mi <strong>di</strong>cevo, è finita. Invece ce la feci. Restammo nove ore<br />

aggrappati fra <strong>di</strong> noi e ai galleggianti cercando <strong>di</strong> non<br />

27


perdere i sensi. Un solo pensiero mi salvò. Quello che mi<br />

permise <strong>di</strong> resistere aiutando anche il mio amico che<br />

sembrava dover cedere da un momento all’altro.<br />

Non è giusto, non è giusto...<br />

Quando, finalmente, ci tirarono a bordo dello Smeraldo, la<br />

lingua gonfia che mi ostruiva tutta la bocca, <strong>di</strong>ssi ancora<br />

Non è giusto…<br />

4.<br />

28


Finalmente Manuela era riuscita a sottrarsi all’asfissiante<br />

abbraccio dei suoi impegni quoti<strong>di</strong>ani. Lavoro<br />

all’inverosimile (anche se benedetto, con l’aria <strong>di</strong> crisi che<br />

tirava in giro); e, quin<strong>di</strong>, costretta ad aiutare le due donne<br />

incaricate <strong>di</strong> tenere in or<strong>di</strong>ne la pensione (altro che<br />

splendente!). Sua madre, quando ci si metteva, era una vera<br />

e propria schiavista.<br />

Si infilò <strong>di</strong> corsa sotto la doccia, uscendone <strong>di</strong>eci minuti<br />

dopo <strong>di</strong> gran carriera. Rapida asciugata, accappatoio e, poi,<br />

via sul letto. Accese l’abat-iour, aprì il primo cassetto del<br />

como<strong>di</strong>no e ne tirò fuori il quaderno-<strong>di</strong>ario. Non stava nella<br />

pelle per la curiosità. Trovò la pagina giusta al primo<br />

tentativo e con moltissima calma (contrariamente a quanto<br />

ci si sarebbe aspettati, ma <strong>di</strong>pendeva dal fatto che era<br />

intenzionata ad assorbire fino in fondo ogni sfumatura <strong>di</strong><br />

una vicenda ormai entrata nel profondo della sua anima)<br />

iniziò a leggere.<br />

Strano e meraviglioso epilogo <strong>di</strong> una vacanza<br />

assolutamente non preventivata. Perlomeno in<br />

questo luogo e per il modo in cui credevo<br />

sarebbero andate le cose. Stavolta ho fatto<br />

davvero molto tar<strong>di</strong> (è l’una <strong>di</strong> notte e qualche<br />

minuto oltre), però voglio raccontare ogni fatto,<br />

fin nei minimi particolari.<br />

Stamattina (<strong>di</strong>co così, anche se si tratta ormai<br />

della mattinata <strong>di</strong> ieri) Tiziana mi aspettava<br />

vestita <strong>di</strong> tutto punto (abbigliamento pesante,<br />

cielo coperto e vento sostenuto) ed era insieme<br />

29


alla zia (che già avevo conosciuto nei giorni<br />

scorsi) la quale si sarebbe “occupata <strong>di</strong> ogni<br />

cosa” (testuali parole) in quanto “essendo l’ultimo<br />

giorno bisognava fare tutto con calma” (sempre<br />

parole testuali).<br />

Però la colazione ce la siamo sorbita in pie<strong>di</strong> e <strong>di</strong><br />

corsa. In ogni caso devo <strong>di</strong>re che non ho sentito<br />

neppure il sapore <strong>di</strong> quello che stavo mandando<br />

giù, talmente ero preso dalla compagnia <strong>di</strong><br />

Tiziana e dalla sua contagiosa euforia. Chissà,<br />

forse il mio subconscio immaginava già quello che<br />

sarebbe successo dopo. In ogni caso <strong>di</strong> lì a poco,<br />

eravamo seduti dentro la Fiat centoventisette<br />

della mia splen<strong>di</strong>da guida e cominciavamo ad<br />

affrontare i primi tornanti. Da perfetto cicerone<br />

lei ha cominciato a parlarmi <strong>di</strong> una cosa molto<br />

particolare ed interessante: la sagra delle<br />

castagne e dei prodotti tipici locali. Si tiene a<br />

<strong>Cave</strong> ogni ultima settimana <strong>di</strong> ottobre e tanta<br />

gente accorre anche dai paesi circostanti per<br />

parteciparvi ed assistere ai numerosi spettacoli<br />

folcloristici appositamente organizzati.<br />

“Non devi perdertela,” ha detto, piena <strong>di</strong><br />

entusiasmo “cioè… se i tuoi viaggi <strong>di</strong> lavoro te lo<br />

permetteranno…” ha poi aggiunto con serietà ed<br />

anche (mi è sembrato) un pizzico <strong>di</strong> tristezza.<br />

30


Intanto continuavamo a salire; la strada si era<br />

fatta più ripida ed i tornanti davvero stretti. Ho<br />

guardato verso il basso e mi sono venute le<br />

vertigini: sembrava <strong>di</strong> essere affacciati ad un<br />

balcone <strong>di</strong> un altissimo palazzo. Peccato non<br />

poter godere appieno del panorama a causa della<br />

giornata grigia e del cielo coperto. Poi siamo<br />

arrivati nel piccolo centro abitato <strong>di</strong> Rocca <strong>di</strong><br />

<strong>Cave</strong> (subito prima avevamo oltrepassato il suo<br />

cimitero). In giro non si vedeva quasi nessuno,<br />

giusto tre o quattro persone anziane nei pressi<br />

della piazza centrale. Tiziana mi ha detto che,<br />

durante la bella stagione, è tutta un’altra cosa<br />

(naturalmente, nessuno ci avrebbe impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong><br />

tornare con calma). Pochissima strada ancora ed<br />

è apparso il picco montuoso sul quale si trova<br />

arroccato il paese <strong>di</strong> Capranica Prenestina,<br />

attraversato il quale (pure qui nessuna fermata,<br />

saremmo tornati ecc. ecc.) il paesaggio si è<br />

fatto particolarissimo. Saliscen<strong>di</strong> alternati ad<br />

altopiani, prati ver<strong>di</strong> dai quali uscivano fuori,<br />

come per magia, cocuzzoli pietrosi coperti dalla<br />

tipica vegetazione <strong>di</strong> montagna. La cosa che mi<br />

ha colpito <strong>di</strong> più è stata la presenza <strong>di</strong> cavalli e<br />

mucche (molti <strong>di</strong> questi placi<strong>di</strong> bovini giravano<br />

tranquillamente anche sulla striscia d’asfalto).<br />

31


Insomma, un paesaggio che ti aspetteresti <strong>di</strong><br />

ammirare sopra una cartolina illustrata. Di tanto<br />

in tanto lo sguardo si apriva verso valle. La mia<br />

entusiastica guida ha detto, un poco<br />

rammaricata, che col sereno avremmo perfino<br />

visto la città <strong>di</strong> Roma in lontananza. Dopo una<br />

decina <strong>di</strong> chilometri, mente ormai incombeva su<br />

<strong>di</strong> noi la cima del monte Guadagnalo (questo nome<br />

me lo sono scritto subito in macchina, per non<br />

<strong>di</strong>menticarlo), ci siamo trovati improvvisamente <strong>di</strong><br />

fronte ad un bivio: a destra, brusca salita, a<br />

sinistra, ripida <strong>di</strong>scesa. E noi siamo andati da<br />

quella parte. Curve e controcurve per un<br />

chilometro o poco più, poi, come d’incanto, è<br />

apparso: arroccato su una vetta <strong>di</strong> rocce biancogrigiastre<br />

con, sullo sfondo, la vallata dalla<br />

parte opposta della catena montuosa.<br />

“Ecco la nostra meta!” ha esclamato Tiziana,<br />

tutta felice “Il santuario della Mentorella!”<br />

Siamo sbucati in un piazzale (sembrava un<br />

parcheggio, in quel momento, vuoto) e abbiamo<br />

continuato tranquillamente (nonostante il segnale<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>vieto) fino ad un grande cancello accostato.<br />

Eravamo arrivati.<br />

Adesso dovrei raccontare delle cose belle viste<br />

nel giro <strong>di</strong> mezz’ora (l’interno della chiesa, la<br />

32


foresteria, la grotta con le ossa dei frati, ecc.,<br />

tutti luoghi dei quali eravamo gli unici visitatori),<br />

però lo farò domani sera, a bordo della<br />

“Smeraldo”. Ora è troppo tar<strong>di</strong> e c’è dell’altro <strong>di</strong><br />

cui parlare: la scala santa della Mentorella. In<br />

pratica, una gra<strong>di</strong>nata in marmo che, partendo<br />

dal retro del santuario, si arrampica sul lato<br />

orientale del picco roccioso e conduce ad una<br />

cappellina con arco (in cui è inserita una<br />

campana) proprio sulla sommità. Insomma, a<br />

metà del percorso, ci siamo trovati<br />

improvvisamente in mezzo alla bufera: un vento<br />

gelido ci ha lasciato senza respiro (eravamo<br />

tutte e due a capo scoperto). Ho guardato<br />

Tiziana e ho temuto che stesse per svenire;<br />

allora (mentre scrivo mi sembra una pazzia però<br />

in quel momento ogni cosa è venuta da sola,<br />

spontaneamente) l’ho abbracciata, tenendola<br />

stretta a me per un tempo che mi è sembrato<br />

lunghissimo. Quin<strong>di</strong>, mano nella mano, abbiamo<br />

percorso gli ultimi gra<strong>di</strong>ni e ci siamo seduti sulla<br />

panca, proprio sotto la campana. Nessuno <strong>di</strong> noi<br />

parlava: avvolti nei giacconi, l’uno vicino all’altra,<br />

le nostre guance si sfioravano. Poi, lei si è<br />

alzata e, con molta serietà, ha affermato che<br />

dovevamo suonare la campana. E così abbiamo<br />

33


fatto, tirando insieme la corda. Tiziana era<br />

tutta rossa in viso per il freddo e rideva come<br />

una bambina felice. Infine, è accaduto e non so<br />

come sia potuto succedere: le nostre labbra si<br />

sono sfiorate, a lungo, e il mondo si è fermato.<br />

Mentre scendevamo per la scala, abbracciati, lei<br />

mi ha chiesto se, una volta partito, l’avrei<br />

chiamata, almeno <strong>di</strong> tanto in tanto. Io le ho<br />

risposto <strong>di</strong> sì e ho aggiunto che un giorno sarei<br />

tornato, sempre se a lei non fosse <strong>di</strong>spiaciuto.<br />

Non ha risposto nulla però mi ha guardato negli<br />

occhi in un modo che valeva più <strong>di</strong> qualsiasi<br />

<strong>di</strong>scorso.<br />

Ora vado a dormire, si è fatto tar<strong>di</strong>. Domani<br />

racconterò del resto.<br />

Non c’era altro. Manuela sfogliò le pagine seguenti: tutte<br />

immacolate.<br />

Lentamente e con gesto quasi timoroso estrasse <strong>di</strong> nuovo le<br />

foto dal quaderno e le esaminò con attenzione. Francois era<br />

davvero bellissimo, nemmeno un attore del cinema avrebbe<br />

potuto stargli alla pari. Cosa gli era successo dopo?<br />

Evidentemente, ventotto anni prima, aveva scordato il suo<br />

<strong>di</strong>ario alla pensione, magari nella fretta della partenza.<br />

Ma… dopo? Si era sentito nuovamente con sua madre?<br />

Ardeva dal desiderio <strong>di</strong> chiedere, <strong>di</strong> sapere. Poi, però,<br />

riflettendoci su, pensò che non si trattava <strong>di</strong> una buona idea.<br />

La storia (se veramente c’era stata) poteva essersi conclusa<br />

34


infelicemente, magari creando sofferenza in coloro che vi<br />

erano stati coinvolti. E, in ogni caso, lei, Manuela, proprio<br />

non se lo ricordava quell’uomo, nemmeno andando a<br />

scavare nei lontani ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> quand’era bambina. Quin<strong>di</strong>, se<br />

il marinaio era tornato… e poi tornato… insomma, come<br />

minimo se lo sarebbe ripreso il <strong>di</strong>ario, no? E se invece…<br />

Provò, suo malgrado, un brivido lungo la schiena. No, che<br />

andava a pensare, non poteva essergli successo qualcosa <strong>di</strong><br />

brutto, non ad una persona così stupenda.<br />

Aveva giocato con lei <strong>di</strong>cendo che era bellissima…<br />

Rimase a guardare le pagine immacolate, con la mente che<br />

se ne andava <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là, senza riuscire ad afferrare<br />

veramente nemmeno un pensiero che potesse definirsi<br />

compiuto. Poi, d’istinto, prese la sua decisione.<br />

Aprì il quaderno alla prima pagina.<br />

Voleva conoscere tutto <strong>di</strong> quel marinaio che sembrava una<br />

creazione della sua fantasia. Magari, leggendo il <strong>di</strong>ario.<br />

Anche se lì dentro c’era solo una piccola porzione della vita<br />

<strong>di</strong> Francois, qualcosa sarebbe riuscita a carpirla, rubando un<br />

soffio dello spirito <strong>di</strong> chi aveva scritto, entrando in sintonia<br />

con le vibrazioni da lui provate…<br />

Cominciò a leggere.<br />

Giugno (e, quin<strong>di</strong>, otto mesi prima dell’incontro con sua<br />

madre a <strong>Cave</strong>). Un’isola al largo dell’Africa Occidentale. Si<br />

parlava <strong>di</strong> lavoro e <strong>di</strong> gente. Diversa, povera, sincera ed<br />

incontaminata…<br />

I giorni erano passati veloci e confusi. Manuela, presa dal<br />

lavoro alla pensione e da una miriade <strong>di</strong> altri impegni (fra<br />

cui le prove per il Venerdì Santo), si era praticamente<br />

scordata del <strong>di</strong>ario ritrovato durante il faticoso giorno <strong>di</strong><br />

pulizie domestiche. Poi, il mercoledì prima <strong>di</strong> Pasqua,<br />

35


successe un fatto particolare. Arrivò una coppia <strong>di</strong> anziani<br />

coniugi. Francesi, lontani parenti <strong>di</strong> un abitante <strong>di</strong> <strong>Cave</strong>, il<br />

quale aveva magnificato loro la sua citta<strong>di</strong>na e, ovviamente<br />

Roma (particolarmente bella in primavera). E, quin<strong>di</strong>, la<br />

coppia si era decisa: prenotazione telefonica, treno, taxi e<br />

arrivo.<br />

Manuela, che in quel momento era alla reception, scambiò<br />

brevi e cor<strong>di</strong>ali frasi con loro.<br />

Da quale posto della Francia venivano?<br />

Da Marseille.<br />

Marsiglia…<br />

La stessa città <strong>di</strong> Francois! Chissà se lo conoscevano…<br />

Si morse la lingua dandosi della stupida.<br />

Però, doveva parlare con sua madre.<br />

In qualche modo… magari per vie traverse…<br />

Sì, l’avrebbe fatto. Quella sera stessa.<br />

Le giornate si erano allungate moltissimo, anche a motivo<br />

dell’ora legale.<br />

Finii <strong>di</strong> sistemare le reti e tutto il resto. Sarei uscito insieme<br />

ai miei due amici e soci per due notti ancora, poi, avremmo<br />

fatto vacanza fino al martedì dopo pasquetta.<br />

Relax, spiaggia e sole.<br />

Oppure…<br />

Guardai la mia automobile. Una utilitaria comprata pochi<br />

mesi prima. Immacolata e quasi sempre immobile.<br />

Perché non fare un piccolo viaggio? Nulla <strong>di</strong> trascendentale,<br />

qualche giro per la regione, magari improvvisando.<br />

Fermarsi nel primo posto che capitava, alloggiare in una<br />

piccola pensione…<br />

Che <strong>di</strong>avolo mi stava succedendo? Perché avevo sentito un<br />

pugno allo stomaco pensando alla piccola pensione?<br />

36


Buttai fuori un lungo sospiro e scesi sotto coperta per<br />

vedere se anche lì era tutto in or<strong>di</strong>ne. Poi, fatti i pochi<br />

gra<strong>di</strong>ni, mi ricordai che c’ero già stato poco prima.<br />

- Mamma, oggi sono arrivate sei nuove persone. -<br />

- Ho visto, Manuela. Domani verranno Gianna e Iole a<br />

darci una mano. Per fortuna, sembra un momento<br />

molto buono per la nostra minuscola attività<br />

alberghiera. Abbiamo prenotazioni fino a settembre. E,<br />

poi, ad ottobre, con le manifestazioni organizzate qui<br />

in zona, vedrai che in molti torneranno a trovarci. -<br />

- Già, la sagra delle castagne e il resto… -<br />

La ragazza si bloccò. Le era sembrato <strong>di</strong> vedere sua madre<br />

sbiancare in viso. Anzi, no… ne era proprio certa.<br />

- Mamma… tutto bene? -<br />

- Sì, sì, certo… un pensiero che mi era passato per la<br />

testa, scusa. Ma… cosa stavi <strong>di</strong>cendo? -<br />

- Nulla <strong>di</strong> particolare. Ah, quei due signori francesi…<br />

simpatici… pensa, sono parenti con uno del paese e<br />

vengono da Marsiglia. -<br />

Stavolta, il viso <strong>di</strong> Tiziana, avvampò.<br />

- Ma… Marsiglia? -<br />

- Sì, una delle città più gran<strong>di</strong> e belle della Francia, no? -<br />

- Certo, naturalmente… - poi, alzandosi in pie<strong>di</strong>,<br />

continuò - Scusa, vado a dare un’occhiata in cucina,<br />

tante volte avessero bisogno <strong>di</strong> aiuto. -<br />

Uscì frettolosamente dalla stanza.<br />

Cavoli, esclamò Manuela dentro <strong>di</strong> sé, qui la cosa è più<br />

grossa e complicata <strong>di</strong> quanto credessi…<br />

37


- Allora, ragazzi, fine della fatica. - <strong>di</strong>ssi scendendo dal<br />

glorioso furgone a<strong>di</strong>bito alla consegna del pesce - Ci<br />

ve<strong>di</strong>amo martedì prossimo. Auguri e Buona Pasqua. -<br />

- Grazie, - risposero, praticamente all’unisono, i miei<br />

due amici - però, perché non vieni a pranzo da noi? Ci<br />

sono le famiglie al completo, molti amici e… -<br />

strizzarono l’occhio dandosi delle pacche sulle spalle -<br />

anche alcune amiche! -<br />

- Vi ringrazio, magari sarà per un’altra volta. Ho deciso,<br />

porto in spiaggia la sdraio e non mi muovo fino alla<br />

sera <strong>di</strong> pasquetta. Oppure… -<br />

- Va bene, orso solitario. Però, se ci ripensi… -<br />

- Grazie, terrò presente. -<br />

Se ne andarono per la loro strada ed io montai in auto.<br />

Mi attendeva un pomeriggio qualsiasi ed una serata<br />

speciale: cena e programmi televisivi. Fino ad<br />

addormentarmi davanti all’apparecchio. Familiare e<br />

rassicurante.<br />

Guardai le lancette dell’orologio. Dieci minuti a<br />

mezzogiorno.<br />

Per prima cosa mi ci voleva una doccia da paura. Poi, tutto<br />

il resto.<br />

Parcheggiai a poca <strong>di</strong>stanza da casa mia. Pochi passi e mi<br />

trovai davanti al portone del minuscolo condominio. Infilai<br />

la chiave nella serratura.<br />

E non feci altro, perché mi ero bloccato.<br />

38


5.<br />

Riconobbi il posto in cui, tanti anni prima, era sceso l’uomo<br />

che, durante il mio primo, e unico, viaggio, con meta la<br />

città <strong>Cave</strong>, mi aveva fatto compagnia servendosi della sua<br />

torrenziale eloquenza. Non si vedevano più le rotaie del<br />

trenino; chissà da quanto tempo aveva tolto il <strong>di</strong>sturbo. Il<br />

mio antico cicerone era stato buon profeta. In compenso la<br />

strada appariva tale e quale la ricordavo, fatta eccezione per<br />

alcune rotatorie in corrispondenza dei centri abitati. Di case<br />

nuove, invece, ne erano spuntate come funghi.<br />

Mi concentrai sulla guida. Più o meno dovevano mancare<br />

cinque chilometri, ne avevo la certezza.<br />

Un’ora e mezza prima ero salito in auto, spinto da un<br />

impulso irresistibile, con la testa svuotata da ogni pensiero<br />

equipaggiato <strong>di</strong> sufficiente coerenza e, cosa ben più grave,<br />

con il cuore che aveva deciso <strong>di</strong> raddoppiare la forza e la<br />

frequenza dei battiti.<br />

Cosa mi aspettavo da quel viaggio improvviso?<br />

Incontrarla? E per <strong>di</strong>rle cosa?<br />

Ciao, passavo da queste parti… Come va? Ho smesso <strong>di</strong><br />

andarmene in giro per il mondo, sai? Adesso sto a…<br />

Assurdo, tutto assurdo e maledettamente stupido.<br />

La vita dell’intera umanità aveva proseguito, imperterrita,<br />

per la sua strada. In quel momento io ero solamente un<br />

insulso granello <strong>di</strong> polvere che pretendeva <strong>di</strong> infilarsi in un<br />

ingranaggio completamente estraneo ai meccanismi che lo<br />

riguardavano. E, ovviamente, non ne avevo neppure il<br />

<strong>di</strong>ritto.<br />

Ma chi se ne importa… sono le mie vacanze <strong>di</strong> Pasqua e le<br />

butto via come voglio… non do mica fasti<strong>di</strong>o a nessuno…<br />

39


magari vado a farmi due passi nei posti che ho già visitato<br />

per vedere se sono cambiati…<br />

Tiziana. Una donna come lei non aveva <strong>di</strong> sicuro trovato<br />

<strong>di</strong>fficoltà a modellare con le proprie mani e insieme alla<br />

persona giusta la vita che meritava.<br />

Bella e splen<strong>di</strong>da.<br />

L’uomo del suo destino non era certamente il sottoscritto.<br />

Ventotto anni se ne erano andati via.<br />

I migliori nella parabola dell’esistenza.<br />

Vi<strong>di</strong> il cartello con la scritta “San Bartolomeo” e, subito<br />

dopo, il segnale che parlava <strong>di</strong> una deviazione.<br />

“Strada interrotta”.<br />

Misi la freccia a destra e, alquanto perplesso, seguii il flusso<br />

delle auto.<br />

Striscia d’asfalto dritta e, poi ancora, dritta. Alla mia sinistra<br />

vedevo allontanarsi la montagna che mi era familiare, quella<br />

che vigilava sull’abitato <strong>di</strong> <strong>Cave</strong>.<br />

Per quanto bisognava ancora proseguire? Guardai l’orologio<br />

sul cruscotto: pochi minuti alle sei.<br />

Il sole non aveva urgenza <strong>di</strong> calare, la giornata era<br />

meravigliosa e nessuno mi correva <strong>di</strong>etro.<br />

Però, <strong>di</strong> tanto in tanto, mi <strong>di</strong>cevo che sarebbe stato meglio<br />

trovarsi altrove. Ma, ormai, era fatta.<br />

Ecco finalmente il bivio con il cartello che imponeva <strong>di</strong><br />

svoltare, ovviamente a sinistra. Dieci minuti, poi, subito<br />

all’ingresso del paese, la lunga fila.<br />

Un incidente? Lavori in corso? No, più probabile il traffico<br />

canalizzato a causa della deviazione che andava ad<br />

ingolfarsi in qualche stretto budello.<br />

E, come Dio volle, arrivai sulla strada principale. Riconobbi<br />

imme<strong>di</strong>atamente il piazzale dove, una volta, c’era stato il<br />

40


capolinea del trenino. Ormai grande parcheggio per le auto,<br />

con fontane, e<strong>di</strong>fici restaurati e negozi.<br />

Al posto dei pendolari su rotaia e del loro viavai.<br />

Dopo il Monumento ai Caduti girai a sinistra. Tutto mi era<br />

familiare, come se avessi lasciato quel posto solamente il<br />

giorno prima, dopo averci abitato per una vita intera.<br />

Infine la vi<strong>di</strong>: la pensione che ricordavo, il punto <strong>di</strong> arrivo<br />

del mio colpo <strong>di</strong> testa.<br />

Fermai l’auto e guardai. Dovevano essersi ingran<strong>di</strong>ti perché<br />

mi sembrava che anche la casa a fianco fosse stata unita al<br />

corpo principale con una graziosa pensilina in muratura e<br />

vetro. Davvero molto carino, l’insieme. Di sicuro gli affari<br />

andavano bene.<br />

Tiziana era una donna in gamba.<br />

Ma era sempre lei la proprietaria?<br />

Rimasi a lungo a fissare la costruzione davanti a me senza<br />

veramente vederla. Poi scesi dalla vettura.<br />

Manuela stava spiegando al piccolo gruppo <strong>di</strong> turisti<br />

spagnoli che la particolare acconciatura dei suoi capelli, con<br />

i numerosi brillantini che occhieggiavano qua e là, il trucco<br />

da attrice del cinema, la grossa e coloratissima collana,<br />

insomma, proprio tutto, era dovuto al fatto che, quella sera,<br />

prima al seguito della processione e, soprattutto poi, nella<br />

“rappresentazione della Morte e Resurrezione <strong>di</strong> Gesù” lei<br />

avrebbe interpretato l’assolutamente non secondario<br />

personaggio <strong>di</strong> Maria Maddalena.<br />

Loro presero a farle i complimenti, assicurando che non<br />

sarebbero mancati per nessuna ragione al mondo a tale<br />

importante manifestazione. Nel medesimo istante,<br />

l’attenzione della ragazza fu attratta dalla figura che si stava<br />

avvicinando lungo il viale <strong>di</strong> accesso alla pensione.<br />

41


Un uomo. Maturo. Alto. Robusto, eppure atletico. Una<br />

massa <strong>di</strong> capelli bion<strong>di</strong>, spruzzati d’argento sulle tempie.<br />

Ora poteva vederne anche il viso. Abbronzato, con i tratti<br />

marcati ma, nello stesso tempo, gentili. Bellissimo.<br />

E gli occhi…<br />

Due smeral<strong>di</strong>.<br />

All’improvviso le mancò il respiro.<br />

Spinsi la porta a vetri ed entrai.<br />

L’interno era molto <strong>di</strong>verso da come lo ricordavo. Si vedeva<br />

chiaramente che erano stati effettuati lavori <strong>di</strong> una certa<br />

importanza.<br />

Tutto gradevole ed accogliente.<br />

C’erano <strong>di</strong>verse persone nell’atrio. I clienti non mancavano<br />

<strong>di</strong> sicuro. D’altra parte lo meritavano sia il paese che la<br />

persona proprietaria del piccolo albergo.<br />

Ma era sempre Tiziana?<br />

Mi <strong>di</strong>ressi verso la reception e rimasi a bocca aperta.<br />

La giovane che mi guardava con gli occhi sgranati al <strong>di</strong> là<br />

del banco: avevo <strong>di</strong> fronte Liz Taylor nel film “Cleopatra”.<br />

- Mi scusi, cominciai - è questa la pensione della<br />

signora… -<br />

- Tu… tu sei… Francois. - <strong>di</strong>sse la ragazza con un soffio<br />

<strong>di</strong> voce.<br />

- Sì, ma… -<br />

- Aspetta! -<br />

Corse via come un fulmine, su per la scala che conduceva al<br />

piano superiore. Riapparve in meno <strong>di</strong> un minuto. Stringeva<br />

qualcosa tra le mani. Un grosso quaderno, lo poggiò sul<br />

bancone, davanti a me.<br />

Come un automa lo aprii e l’ondata dei ricor<strong>di</strong> arrivò<br />

impetuosa.<br />

42


Il mio <strong>di</strong>ario, lo avevo <strong>di</strong>menticato lì senza più riprenderlo.<br />

Perché non ero tornato.<br />

- Ma tu chi sei? - chiesi alla ragazza.<br />

- Manuela. -<br />

- Manuela?! Ma dovresti essere una ragazzina… cioè…<br />

lo eri… insomma… -<br />

In quel momento si aprì la porta in fondo alla sala e non<br />

potei fare a meno <strong>di</strong> notare un vasto ambiente con tavoli<br />

apparecchiati. Molto carino.<br />

E mi accorsi della donna che stava entrando.<br />

Era lei, Tiziana. Uguale a come la ricordavo. O forse ero io<br />

che volevo vederla così. Oppure…<br />

A quel punto anche lei si accorse della mia presenza. Per un<br />

attimo ebbi il timore che stesse per cadere in terra. Poi,<br />

però, avvampando in viso, se ne tornò da dove era arrivata.<br />

Sbattendo la porta.<br />

Venti minuti dopo ero seduto insieme a Manuela ad un<br />

tavolo del bar vicino alla pensione. Mi ci aveva portato lei,<br />

praticamente con la forza, come se la sua unica intenzione<br />

fosse stata quella <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>rmi <strong>di</strong> andar via.<br />

Durante lo strano tira e molla nessuno <strong>di</strong> noi due aveva<br />

praticamente spiccicato parola.<br />

- Che casino, Francois… - <strong>di</strong>sse lei finalmente.<br />

- Già… credo che tu abbia ogni ragione. -<br />

- Ti sei sposato? -<br />

Rimasi interdetto per la domanda a bruciapelo, però, chissà<br />

per quale motivo, parlare <strong>di</strong> cose personali mi faceva<br />

piacere.<br />

- No, - risposi - sempre rimasto amante del mare, delle<br />

stelle e zitello. Tua madre, invece? -<br />

43


Manuela mi guardò in modo strano, forse con un pizzico <strong>di</strong><br />

malizia. Almeno così mi parve.<br />

- Neppure. Guarda, voglio confessarti che, prima <strong>di</strong><br />

scoprire il tuo <strong>di</strong>ario, pensavo ad<strong>di</strong>rittura che lei non<br />

fosse nemmeno interessata ad approfon<strong>di</strong>re la<br />

conoscenza dell’umanità catalogata come genere<br />

maschile. -<br />

Ebbi un tuffo al cuore. Tiziana era libera! Forse l’aveva<br />

fatto per…<br />

- Ma <strong>di</strong>mmi un po’, - riprese lei mescolando lo zucchero<br />

nel suo cappuccino - visto che ho del tempo a<br />

<strong>di</strong>sposizione in quanto mi devo presentare per<br />

indossare il mio costume non prima delle otto e mezza,<br />

cosa è successo dopo? Voglio <strong>di</strong>re… nei giorni<br />

successivi a quelli raccontati nel tuo <strong>di</strong>ario. -<br />

Mi feci improvvisamente serio. I ricor<strong>di</strong>, i fatti, i pilastri su<br />

cui poggiava una vita andata in una <strong>di</strong>rezione anziché in<br />

un’altra facevano male. Poi cominciai:<br />

- Ci sentivamo tutti i giorni, o quasi. Avevamo scoperto<br />

<strong>di</strong> essere innamorati pazzi. Facevamo progetti<br />

bellissimi per il nostro futuro. Insieme… -<br />

- E… allora? -<br />

- Una notte <strong>di</strong> qualche mese dopo. Terribile tempesta.<br />

Un mio collega ed amico cadde in acqua. Io mi tuffai<br />

in suo aiuto. Andò in modo tale che ebbi la certezza <strong>di</strong><br />

morire e invece, molte ore dopo, riuscirono a salvarci.<br />

Da quel fatto ne ricavai due convinzioni: era Dio che<br />

mi aveva fatto dono nuovamente della vita e non ero io<br />

l’uomo che poteva fare felice tua madre. Non con il<br />

mio lavoro, sempre lontano da casa e nelle mani <strong>di</strong> un<br />

destino capriccioso. Quando risentii Tiziana le <strong>di</strong>ssi<br />

44


che fra noi doveva finire. Subito. Lei avrebbe trovato<br />

una persona più adatta <strong>di</strong> me a farla felice. -<br />

Manuela mi osservava come se trovasse il mio <strong>di</strong>scorso<br />

privo della benché minima coerenza. Però, poi, qualcosa<br />

nella sua espressione cambiò. Sembrava essere entrata in<br />

sintonia con il mio strano ed arcaico modo <strong>di</strong> pensare ed<br />

agire.<br />

Rimanemmo ancora a lungo in silenzio. Di nuovo fu lei a<br />

parlare per prima.<br />

- Senti, Francois, non te ne vai, vero? Cioè, non subito. -<br />

- No, ora che sono qui credo sia meglio restare, almeno<br />

per qualche giorno. Come se ci fosse qui in giro<br />

qualcosa che ho lasciato a metà e che devo<br />

assolutamente completare. -<br />

- Bravo! - <strong>di</strong>sse lei alzandosi in pie<strong>di</strong> ed afferrandomi<br />

per un braccio - Allora ti rapisco e, almeno per stasera,<br />

sei tutto per me. Vieni, dai, ti faccio conoscere un po’<br />

<strong>di</strong> gente. -<br />

Mi tirò su senza tanti complimenti.<br />

La bambina che, tanti anni prima, si era <strong>di</strong>vertita a giocare<br />

con me chiamandomi “Zuà”.<br />

45


Alle nove in punto la processione si mosse.<br />

Una folla enorme, dappertutto. Ma quanti abitanti aveva la<br />

città <strong>di</strong> <strong>Cave</strong>?<br />

Manuela, dopo essersi infilata in qualche locale della scuola<br />

me<strong>di</strong>a, punto <strong>di</strong> partenza della grande manifestazione e<br />

quartier generale dei preparativi, ne uscì avvolta in una<br />

lunga e sfavillante veste dorata. Giusto il tempo <strong>di</strong> gridarmi<br />

un non scappare, ci ve<strong>di</strong>amo dopo! e si avviò insieme ad<br />

una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> figuranti in costume. La precedeva una<br />

bambina che esponeva orgogliosamente un grande cartello<br />

con su scritto “Maria Maddalena”. A scanso <strong>di</strong> equivoci e a<br />

beneficio dei meno informati.<br />

Sballottato <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là, trascinato dalla marea umana,<br />

capivo che mi stava accadendo qualcosa <strong>di</strong> imprevisto:<br />

prendevo posto, gradualmente e mio malgrado, in un mondo<br />

irreale e particolarissimo, con un’atmosfera d’altri tempi e,<br />

comunque, unica.<br />

Alcune persone anziane, intorno a me, avevano deciso <strong>di</strong><br />

adottarmi. Si erano fatte la convinzione (ovviamente giusta)<br />

che io non ero proprio uno del posto. Ad<strong>di</strong>rittura, sembravo<br />

uno straniero. Di sicuro venuto dal nord.<br />

Vede quanta gente? Sono arrivati da tutte le parti!<br />

C’è pure la televisione!<br />

Una cosa del genere ce l’abbiamo solo noi a <strong>Cave</strong>!<br />

E via <strong>di</strong>scorrendo.<br />

Erano orgogliosi e ne avevano ogni ragione.<br />

Ad un certo punto un folto gruppo <strong>di</strong> signore, vestite con<br />

abiti scuri, iniziò ad intonare motivi religiosi.<br />

Sono le Pie Donne! urlò (per farsi meglio sentire in mezzo<br />

alla notevole confusione) una vecchia che camminava<br />

46<br />

6.


accanto a me. Nel contempo, mi assestò una potente<br />

gomitata tra le costole.<br />

Sembrava davvero <strong>di</strong> tornare in<strong>di</strong>etro nel tempo, catapultati<br />

in giorni nei quali la <strong>di</strong>stanza fra il Materiale e il Divino era<br />

molto più esigua <strong>di</strong> quanto non lo fosse nella realtà attuale.<br />

Dopo lungo peregrinare il corteo si fermò nel piazzale<br />

davanti alla Chiesa <strong>di</strong> San Carlo. La processione era<br />

terminata.<br />

Mò ci stanno le scene! gridò la stessa vecchia <strong>di</strong> prima (però<br />

senza colpirmi in nessuna parte del corpo).<br />

Vi<strong>di</strong> Manuela farsi largo in mezzo alla folla.<br />

- Francois, - <strong>di</strong>sse tutta trafelata una volta vicino a me -<br />

ti è piaciuta? -<br />

- Meravigliosa… -<br />

- Adesso tocca a me, ho una fifa che non ti <strong>di</strong>co, mi<br />

sembra <strong>di</strong> aver scordato ogni parola della mia parte… -<br />

- Vai tranquilla, io sono qui che incrocio le <strong>di</strong>ta per te.<br />

Sarai, come minimo, fantastica! -<br />

- Grazie! - mi scoccò un improvviso bacio sulla guancia<br />

e fuggì via.<br />

Mentre aspettavo l’inizio della prima scena lanciai uno<br />

sguardo alla folla che mi circondava. Per un istante mi<br />

sembrò <strong>di</strong> intravedere il volto <strong>di</strong> Tiziana.<br />

O forse era qualcuna che le rassomigliava molto.<br />

L’uomo con la barba incolta aveva deciso <strong>di</strong> festeggiare a<br />

modo suo il Venerdì Santo.<br />

Era già alla terza bottiglia <strong>di</strong> birra senza mostrare<br />

l’intenzione <strong>di</strong> fermarsi lì.<br />

Nella fumosa stanza i suoi quattro amici sembravano<br />

animati dalla medesima ispirazione.<br />

47


Alla fine della prima rappresentazione mi accorsi <strong>di</strong> avere<br />

un nodo alla gola. E sentivo scendere sulla guancia qualcosa<br />

che pareva proprio una lacrima.<br />

Che mi stava succedendo?<br />

Eppure conoscevo a memoria i passi del Vangelo<br />

riguardanti la Passione e Morte <strong>di</strong> Gesù…<br />

L’uomo con la barba incolta salutò i suoi amici, uscendo<br />

dalla piccola casa ai margini del paese <strong>di</strong> montagna.<br />

Aveva sonno. Il fatto che non riuscisse a tenere bene aperti<br />

gli occhi ne era un chiarissimo segno.<br />

Salì barcollando sulla sua auto.<br />

Prima <strong>di</strong> avviare il motore tolse il tappo alla bottiglia <strong>di</strong><br />

birra che stringeva nella mano destra.<br />

Gli applausi sembravano non dover mai finire. Poi,<br />

lentamente, la folla cominciò a <strong>di</strong>sperdersi. Era tar<strong>di</strong>,<br />

bisognava rientrare. Qualcuno mi toccò il braccio, mi girai:<br />

Manuela. Aveva l’aria più che <strong>di</strong>strutta.<br />

- Francois, - mormorò in tono supplice - sono morta. - e,<br />

aggrappandosi a me - Portami a casa, ti prego! -<br />

- Sei stata fantastica. - le <strong>di</strong>ssi mentre ci avviavamo - Mi<br />

hai fatto commuovere, più <strong>di</strong> una volta. -<br />

- Zitto, - mi intimò in tono misterioso e, guardandosi<br />

attorno, proseguì - ora ti faccio vedere una cosa. -<br />

Si alzò il vestito scoprendo buona parte delle gambe.<br />

- Sono ginocchiere, - affermò solennemente in risposta<br />

al mio sguardo interrogativo - con tutte le volte che mi<br />

toccava stare giù in terra, se non le avessi indossate, a<br />

quest’ora lacrimerei io. Come una fontana! -<br />

48


Rise in un modo che mi ricordò la Manuela <strong>di</strong> tanto tempo<br />

prima, quella che mi aveva portato la scatola delle scarpe<br />

con dentro le sue bambole perché giocassi insieme a lei.<br />

Con la coda dell’occhio intravi<strong>di</strong> una figura familiare, poco<br />

<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> noi.<br />

Tiziana, stavolta ne ero proprio sicuro.<br />

L’uomo con la barba incolta si era fatta tutto il percorso da<br />

Rocca <strong>di</strong> <strong>Cave</strong> a <strong>Cave</strong> mantenendo una velocità <strong>di</strong> crociera<br />

decisamente folle. Però senza uscire <strong>di</strong> strada. Solo in un<br />

paio <strong>di</strong> occasioni aveva urtato il muretto <strong>di</strong> protezione con<br />

la fiancata destra.<br />

Diede l’ultimo sorso alla bottiglia, poi la gettò fuori dal<br />

finestrino.<br />

U<strong>di</strong>i le grida quando eravamo ormai vicini all’albergo.<br />

Una curva ancora e poi…<br />

I fari sbucarono in mezzo alla strada, improvvisi e folli.<br />

Puntavano dritti su Manuela.<br />

Un sapore <strong>di</strong> metallo mi riempì la bocca e un formicolio<br />

funesto partì dalle mie spalle <strong>di</strong>ramandosi per tutto il corpo.<br />

Le immagini <strong>di</strong> una tempesta… ventotto anni prima… il<br />

mio amico caduto in acqua… io che mi lanciavo in suo<br />

soccorso…<br />

Un riflesso <strong>di</strong>sperato e tirai con quanta forza avevo in corpo,<br />

gettando Manuela addosso al muro sulla mia destra, lontano<br />

dalla strada.<br />

Nel momento in cui le cadevo addosso l’auto accarezzò<br />

sinistramente i nostri corpi. Poi andò a schiantarsi contro<br />

l’albero una ventina <strong>di</strong> metri <strong>di</strong>etro a noi.<br />

Oceano in tempesta.<br />

49


Due corpi <strong>di</strong>speratamente abbracciati.<br />

Due esseri umani che non riuscivano più a trasmettersi il<br />

calore della vita che stava fuggendo dalle loro gelide<br />

membra.<br />

L’ombra enorme <strong>di</strong> una nave all’orizzonte, nella foschia<br />

mattutina…<br />

Mille puntini luminosi, come lucciole impazzite…<br />

- Francois… Francois… -<br />

Aprii gli occhi. Manuela, era seduta in terra, davanti a me,<br />

lo sguardo pieno <strong>di</strong> preoccupazione.<br />

Però sembrava star bene.<br />

- Sì.. sì… - riuscii a <strong>di</strong>re - tutto a posto… -<br />

Un urlo alle mie spalle. Sapevo <strong>di</strong> chi si trattava.<br />

Tiziana.<br />

Si buttò in ginocchio davanti alla figlia e la abbracciò<br />

<strong>di</strong>speratamente.<br />

- Mamma… mamma… non mi è successo niente…<br />

però, adesso, non soffocarmi tu! -<br />

Cominciarono a ridere, tutte e due insieme, come matte.<br />

Piangevano e ridevano nello stesso tempo.<br />

- Ma se non fosse stato per Francois, a quest’ora… -<br />

aggiunse la ragazza.<br />

Finalmente Tiziana mi guardò, gli occhi luci<strong>di</strong> e uno<br />

sguardo che mi fece tornare alla mente un pomeriggio<br />

d’inverno <strong>di</strong> ventotto anni prima, io e lei in mezzo al vento<br />

gelido, sui gra<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> una scala aggrappata alla montagna.<br />

- Grazie, - <strong>di</strong>sse con un soffio <strong>di</strong> voce.<br />

Poi aggiunse:<br />

- Stupido presuntuoso… non avevi il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> decidere<br />

per tutti e due… -<br />

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Sono passati tre mesi e fa davvero molto caldo.<br />

Io e Tiziana ci siamo sposati venti giorni fa.<br />

Mi sono trasferito a <strong>Cave</strong>, con gioia immensa e liberatoria,<br />

come per una cosa scritta da sempre nel mio destino la quale<br />

doveva per forza avverarsi.<br />

Non esco più <strong>di</strong> notte a pesca con i miei soci, adesso mi<br />

occupo soltanto delle consegne giornaliere con il furgone.<br />

C’è un ragazzo molto bravo e volonteroso, si chiama<br />

Settimio, che aiuta me e gli altri due.<br />

Largo ai giovani. Dopotutto è giusto così.<br />

Tiziana ha detto che è meglio in questo modo e ora, per <strong>di</strong><br />

più, posso dare un aiuto anche a lei.<br />

Non approfittarti <strong>di</strong> un ex marinaio, sprovveduto e in<strong>di</strong>feso!<br />

l’ho redarguita scherzosamente.<br />

Però, ogni volta che posso, non manco <strong>di</strong> rendermi utile.<br />

Due mani in più fanno sempre comodo.<br />

E giro, <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là, mai sazio <strong>di</strong> andare alla ricerca <strong>di</strong><br />

posti da scoprire. Come alcuni tratti <strong>di</strong> rotaia che spuntano,<br />

improvvisi e severi, fra l’erba e la polvere: la strada ferrata<br />

su cui, tanti anni prima, viaggiava indomito il trenino delle<br />

“Vicinali”.<br />

Roba da innamorati. Perché questo sono, con il cuore <strong>di</strong>viso<br />

a metà fra una donna meravigliosa e una città speciale.<br />

<strong>Cave</strong>. Ogni giorno vissuto qui ha qualcosa <strong>di</strong> unico e<br />

irripetibile. Qualcuno, adesso non ricordo bene chi, me<br />

l’aveva già detto.<br />

E il marinaio <strong>di</strong> mille viaggi ha trovato finalmente il suo<br />

porto.<br />

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