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Libretto - I Teatri

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Enìa dà Energia<br />

alla musica.


www.reggiomotori.bmw.it


l o c a l e n o n f u m a t o r i


Collana<br />

LIBRI ALL’OPERA


Teatro Municipale Valli, 21 e 23 aprile 2010<br />

La Cenerentola<br />

ossia La bontà in trionfo<br />

Dramma giocoso in due atti<br />

musica di<br />

Gioachino Rossini<br />

libretto di<br />

Jacopo Ferretti<br />

Edizione critica della Fondazione Rossini di Pesaro<br />

in collaborazione con Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano<br />

a cura di A. Zedda.<br />

Edizioni del Teatro Municipale Valli, Reggio Emilia


Fondazione I <strong>Teatri</strong> di Reggio Emilia, 2010<br />

Libro programma a cura di Lorenzo Parmiggiani e Mario Vighi<br />

Ufficio stampa, comunicazione e promozione<br />

In redazione: Veronica Carobbi<br />

L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di riproduzione per le<br />

immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.


Notizie<br />

19


La vicenda<br />

Atto I<br />

Antica sala terrena nel castello del Barone<br />

Don Magnifico, barone di Montefiascone, vive nel suo castello con le figlie<br />

Clorinda e Tisbe, viziate e trattate con tutti i riguardi, e la figliastra Angelina (detta<br />

Cenerentola), costretta invece ai lavori più umili. Angelina si consola intonando<br />

la canzone («Una volta c’era un re») che narra come un principe partì alla ricerca<br />

di una sposa, trovò tre pretendenti e scelse, alla fine, la più innocente e buona. Un<br />

mendicante bussa alla porta; mentre Clorinda e Tisbe lo respingono, Angelina ha<br />

compassione di lui e gli dà qualcosa da mangiare. Giunge un gruppo di cavalieri,<br />

che reca un invito per Don Magnifico e le sue figlie: il principe darà una festa e<br />

sceglierà la sua sposa tra le invitate. Clo rinda e Tisbe sono prese dalla frenesia;<br />

il loro cicaleccio sveglia Don Magnifico, che si alza di cattivo umore e racconta<br />

lo strano sogno che stava facendo (aria «Miei rampolli femminini»), sicuro presagio<br />

di un’imminente fortuna. Le figlie lo informano dell’invito alla festa: Don<br />

Magnifico è sicuro che tutto ciò confermi il suo sogno. Compare Don Ramiro, il<br />

principe, in abito da scudiere.<br />

Il travestimento gli è stato suggerito dal suo precettore, il filosofo Alidoro, che già<br />

ha compiuto un sopralluogo in casa di Don Magnifico nelle vesti del mendicante.<br />

Come il principe scorge Angelina, scocca il colpo di fulmine. Interrogata sulla sua<br />

identità, la ragazza, confusa, dà risposte evasive (scena e duetto «Un soave non<br />

so che»). I cavalieri introducono Dandini, cameriere del principe, che per ordine<br />

del suo signore ne ha indossato i panni (coro e cavatina «Come un’ape ne’ giorni<br />

d’aprile»): il principe vuole restare incognito e osservare così le pretendenti per<br />

indovinarne le intenzioni. Don Magnifico, Tisbe e Clorinda rendono omaggio<br />

a Dandini, che credono il vero principe. Angelina chiede il permesso di accompagnare<br />

le sorelle a palazzo, ma Don Magnifico le impone di tacere, spiegando<br />

21


22<br />

agli astanti che la ragazza è solo la governante (quintetto «Signor, una parola»).<br />

Don Ramiro, che assiste alla scena, trattiene a stento la sua indignazione. Alidoro,<br />

rimasto solo con Ange lina, la consola e la tranquillizza assicurandole che sarà lui<br />

ad accompagnarla alla festa del principe (aria «Là del ciel nell’arcano profondo»).<br />

Gabinetto nel casino di Don Ramiro<br />

Dandini solletica l’amor proprio di Don Magnifico nominandolo cantiniere del<br />

castello; intanto Clorinda e Tisbe cercano di mettersi in buona luce agli occhi del<br />

principe, riuscendo solo a mostrare la loro vanità e arroganza (finale primo). Suoni<br />

di festa annunciano l’arrivo a palazzo di un personaggio importante: è una dama<br />

elegantissima e velata, che mette tutta la corte in soggezione. Quando si toglie il<br />

velo, appare una fanciulla bellissima: è Angelina, condotta al ballo da Alidoro; pur<br />

notando la somiglianza, nessuno riconosce in lei Cenerentola.<br />

Atto II<br />

Gabinetto nel palazzo di Don Ramiro<br />

Don Magnifico, Trisbe e Clorinda sono preoccupati per l’apparizione ina spettata<br />

della bella concorrente, che rischia di mettere tutti fuori gioco. Don Magnifico<br />

non ha la coscienza tranquilla: per mantenere nel lusso e nell’ozio le due figlie ha<br />

sperperato l’eredità di Angelina; ora spera di far sposare una delle due al principe<br />

per risollevare le sorti del suo casato (aria «Sia qualunque delle figlie»), e già si<br />

vede installato a corte e assediato dai questuanti. Don Ramiro – colpito anch’egli<br />

dalla somiglianzà tra la bella incognita e quella che crede la governante di Don<br />

Magnifico – sorprende la conversazione di Dandini e Ange lina: la fanciulla respinge<br />

la richiesta di matrimonio del falso principe, dichia rando di amare il suo<br />

scudiero. Felice, il vero principe si mostra e chiede la sua mano. Angelina gli dona<br />

un braccialetto e pone una condizione: sarà sua se egli saprà ritrovarla e se non gli<br />

spiacerà la sua vera identità. Don Ramiro riprende le sue vesti e parte subito, esultante,<br />

alla ricerca dell’amata (scena e aria «Sì, ritrovarla lo giuro»). Don Magnifico<br />

raggiunge ora Dandini, che continua nella finzione e si prende gioco di lui (duetto<br />

«Un segreto d’importanza»), appresa a poco a poco la verità, Don Magnifico, furibondo,<br />

vede svanire i suoi progetti.<br />

Sala terrena con camino in casa di Don Magnifico<br />

Rientrata dalla festa, Cenerentola è di nuovo accanto al fuoco e sogna del principe<br />

(canzone «Una volta c’era un re»). Il sogno è interrotto dall’arrivo di Don


Magnifico e delle sorellastre, che sfogano su di lei la loro irritazione. Scoppia intanto<br />

un temporale, a causa del quale la carrozza di Don Ramiro si rovescia proprio<br />

davanti alla casa di Don Magnifico. Il principe entra, cercando riparo dalla<br />

pioggia. Don Magnifico tenta ancora di ingraziargli una delle due figlie, cercando<br />

di far passare Angelina per la governante. Ma il principe riconosce al braccio di<br />

Angelina un braccialetto simile a quello che ha ricevuto in dono; tra lo stupore<br />

generale si fa riconoscere da lei (sestetto «Siete voi?... Voi prence siete?») e la indica<br />

come la sua futura sposa. Alidoro invita le sorellastre a rasse gnarsi: Clorinda<br />

cercherà un altro marito e Tisbe chiederà perdono a Cenerentola.<br />

Atrio con festoni di fiori illuminato.<br />

La corte rende omaggio alla nuova principessa. Angelina chiede al suo spo so perdono<br />

per la sua famiglia: la sua bontà naturale le ha fatto dimenticare ogni ingiustizia<br />

(coro, scena e rondò finale «Nacqui all’affanno, al pianto»).<br />

23


24<br />

Rossini (1792-1868)<br />

Gioachino Rossini nasce a Pesaro il 29 febbraio 1792, il padre è suonatore di<br />

tromba e corno, la madre cantante. Studia a Lugo e, dal 1806 al 1810, al Liceo<br />

Musicale di Bologna, allievo dell’abate Mattei. In questi anni com pone 2 sinfonie,<br />

arie, una cantata e un’opera, Demetrio e Polibio, rappre sentata a Roma nel<br />

1812. Il suo esordio in teatro avviene però nel 1810, a Venezia, con La cambiale<br />

di matrimonio. L’anno seguente va in scena L’equivoco stravagante, e nel 1812<br />

ben 5 opere: L’inganno felice, Ciro in Babilonia (sua prima opera seria), La scala<br />

di seta, La pietra del paragone (grande successo alla Scala) e L’occasione fa il ladro.<br />

Nel 1813, a Venezia, segnano la sua definitiva affermazione Il signor Bruschino<br />

e Tancredi, suggellata dal trionfo de L’Italiana in Algeri. All’insuccesso scaligero<br />

(1814) dell’Aureliano in Palmira segue il successo, sempre alla Scala, de Il turco<br />

in Italia. Lasciata Venezia per Napoli, chiamatovi dall’impresario Domenico<br />

Barbaja, dà inizio al cosiddetto periodo napoletano-romano (durante il quale è in<br />

realtà presente su tutte le maggiori scene italiane) che dura fino al 1823. Con Il<br />

Barbiere di Siviglia, rappresentato a Roma nel 1816, è al vertice della gloria, cui<br />

seguono l’anno successivo La Cenerentola e La gazza ladra (scritta per la Scala). A<br />

Napoli firma le più importanti opere del repertorio “serio”: Otello, Armida, Mosè<br />

in Egitto, Ricciardo e Zoraide, Ermione, La donna del lago, Maometto II e Zelmira.<br />

Nel contempo scrive Adelaide di Borgogna, Adina (rappresentata a Lisbona nel<br />

1826), Matilde di Sliabran. Nel 1822 sposa il soprano spagnolo Isabella Colbran,<br />

interprete delle sue opere. Nell’anno seguente l’opera Semiramide, rappresentata a<br />

Venezia, conclude la sua attività in Italia. Su invito di G. B. Benelli, impresario del<br />

King’s Theatre, si reca a Londra, dove dirige Zelmira e la nuova cantata Il pianto<br />

delle Muse per la morte di Lord Byron. A Parigi si insedia alla fine del 1824, scrive<br />

Un viaggio a Reims (in occasione della incoronazione di Carlo X), adattandosi al<br />

gusto francese revisiona Maometto II e Mosè in Egitto che divengono Le siége de<br />

Corinthe (1826) e Moise et Pharaon (1827), utilizza parte del Viaggio a Reims per<br />

Le comte Ory (1828). Con Guillaume Tell (1829) dà l’addio alle scene. Compone<br />

in seguito lo Stabat Mater, la Petite Messe Solennelle, cantate, varia musica sacra, le<br />

musiche di scena per Edipo Re di Sofocle, musica vocale, strumentale e da camera.<br />

Dal 1836 al 1848 è in Italia (Milano, Bologna, Firenze), poi ritorna a Parigi. Nella<br />

sua villa di Passy muore il 13 novembre 1868.<br />

Il librettista, Jacopo Ferretti (1784-1852)<br />

Nato a Roma, introdotto precocemente dal padre allo studio della letteratura,<br />

Ferretti, già in giovane età, padroneggiava, oltre al latino ed al greco antico,


anche l’inglese ed il francese. Nel 1803 pubblicò la prima raccolta di versi, e la<br />

sua vocazione pre cocemente rivelata lo fece accogliere nel 1806 nell’Arcadia e<br />

poi nell’Accademia Tiberina. Avvicinatosi alla musica nel salotto del mu sicista<br />

Giuseppe Sirleti, la sua vena facile e brillante ri conobbe la sua vera strada nel<br />

mondo del teatro d’opera. Il lavoro nell’ambiente teatrale fornì a Ferretti un agile<br />

dominio delle strutture e delle convenzioni della tradizione melodrammati ca, di<br />

cui si fece trasmettitore scherzoso e ironico. La naturale vena comica lo indusse a<br />

volgersi all’opera buffa d’ascendenza napoletana, che egli arricchì d’interessi sociali<br />

e di costume. Esordì nel 1806 con il testo di una cantata per Filip po Grazioli, e nel<br />

periodo 1810-17 scrisse per i teatri Valle e Argentina (di quest’ultimo fu nominato<br />

«rappresentatore perpetuo», ossia rinnovatore dei vecchi libretti per adattarli al<br />

gusto più attuale). Accanto all’attività di poeta di teatro fu ordinatore di archivi e<br />

curatore delle raccolte della Biblioteca Teatrale. Scrisse per Rossini anche Matilde<br />

di Shabran nel 1821, e per Donizetti Zoraide di Grenata, L’ajo nell’imbarazzo, Olivo<br />

e Pasquale, Il furioso nell’isola di S Domingo e Torquato Tasso.<br />

‘La Cenerentola’ (e Rossini) a Reggio Emilia<br />

(a cura di Francesco Giuseppe Sassi)<br />

Personaggi<br />

Don Ramiro, Dandini, Don Magnifico, Clorinda, Tisbe, Angelina, Alidoro.<br />

1920 (prima recita: 30 marzo)<br />

Domenico Ranzato, Emilio Ghirardini, Gaetano Azzolini, Luisa Furlotti, Norma<br />

Mazzoleni, Fanny Anitua, Giuseppe Mattioli. Direttore Amilcare Zanella.<br />

1979 (due recite dal 2 marzo)<br />

Paolo Barbacini*, Alberto Rinaldi, Ferruccio Furlanetto, Mariella Adani, Haengel<br />

Aracelly, Martine Dupuy, Alfredo Giacomotti. Direttore Alberto Zedda, maestro<br />

del coro Valentino Metti, regista Aldo Trionfo, scenografo-costumista Emanuele<br />

Luzzati.<br />

1991 (tre recite dall’11 gennaio)<br />

Rockwell Blake / Maurizio Comencini, Roberto Frontali /Angelo Romero,<br />

Domenico Trimarchi / Alfonso Antoniozzi, Lucietta Bizzi / Cristina Pastorello,<br />

Antonella Trevisan / Sonia Ganassi*, Lucia Valentini Terrani / Raquel Pierotti,<br />

25


26<br />

Michele Pertusi / Marcello Crisman. Direttore Houbert Soudant, maestro del<br />

coro Marco Faelli, regista Jean-Pierre Ponnella.<br />

1996 (tre recite dal 2 gennaio)<br />

Raul Gimenez, Pietro Spagnoli, Alfonso Antoniozzi, Lucia Scilipoti, Tiziana<br />

Carraro, Sonia Ganassi*, Simone Alberghini. Direttore Alberto Zedda, maestro<br />

del coro Roberto Parmeggiani, regista Pier Luigi Pizzi.<br />

( * cantanti reggiani)<br />

Con l’allestimento attuale, La Cenerentola viene presentata per la quinta volta<br />

al Teatro Municipale. Altrettante volte fu data, dal 1820 al 1839, al Teatro di<br />

Cittadella.<br />

Rossini al Municipale: Il barbiere di Siviglia: 14 presenze, L’Italiana in Algeri: 3;<br />

Guglielmo Tell, Il signor Bruschino, Il Turco in Italia: 2; La scala di seta, Le Comte<br />

Ory e Tancredi: 1.<br />

Discografia<br />

(a cura di Liliana Cappuccino)<br />

Personaggi<br />

Angiolina (Cenerentola), Don Magnifico, Dandini, Ramiro, Alidoro, Clorinda, Tisbe.<br />

CD<br />

(selezione di edizioni in cd)<br />

Marina de Gabarain, Ian Wallace, Sesto Bruscantini, Juan Oncina, Hervey Alan, Alda<br />

Noni, Fernanda Cadoni; Glyndebourne Festival Chorus and Orchestra; dir. Vittorio Gui<br />

Emi (2 cd), 1953<br />

Teresa Berganza, Paolo Montarsolo, Renato Capecchi, Luigi Alva, Ugo Trama,<br />

Margherita Guglielmi, Laura Zannini; Coro e Orchestra del Maggio Musicale<br />

Fiorentino; dir. Claudio Abbado<br />

Memories (3 cd), 1971 (live)<br />

Teresa Berganza, Paolo Montarsolo, Renato Capecchi, Luigi Alva, Ugo Trama,<br />

Margherita Guglielmi, Laura Zannini; Scottish Opera Chorus, London Symphony<br />

Orchestra; dir. Claudio Abbado<br />

Deutsche Grammophon (3 cd), 1971


Lucia Valentini Terrani, Paolo Montarsolo, Enzo Dara, Luigi Alva, Claudio Desderi,<br />

Margherita Guglielmi, Laura Zannini; Orchestra e Coro del Teatro alla Scala; dir.<br />

Claudio Abbado<br />

Gala (2 cd), 1976 (live)<br />

Lucia Valentini Terrani, Enzo Dara, Domenico Trimarchi, Francisco Araiza, Alessandro<br />

Corbelli, Emilia Ravaglia, Marilyn Schmiege; Chor des Westdeutschen Rundfunks,<br />

Orchestra Cappella Coloniensis; dir. Gabriele Ferro<br />

Fonit Cetra (3 cd), 1980<br />

Cecilia Bartoli, Enzo Dara, Alessandro Corbelli, William Matteuzzi, Michele Pertusi,<br />

Fernanda Costa, Gloria Banditelli; Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna;<br />

dir. Riccardo Chailly<br />

Decca (3 cd), 1992<br />

Joyce DiDonato, Bruno Praticò, Paolo Bordogna, José Manuel Zapata, Luca Pisaroni,<br />

Patrizia Cigna, Martina Borst; Prague Chamber Choir, SWR Radio Orchestra<br />

Kaiserslautern, dir. Marco Bellei<br />

Naxos (2 cd), 2005<br />

Vesselina Kasarova, Bruno de Simone, Vladimir Chernov, Antonino Siragusa, Paolo<br />

Pecchioli, Maria Laura Martorana, Judith Schmid; Chor des Bayerischen Rundfunks,<br />

Münchner Rundfunkorchester; dir. Carlo Rizzi<br />

Sony BMG (2 cd), 2006<br />

Giulietta Simionato, Paolo Montarsolo, Sesto Bruscantini, Ugo Benelli, Giovanni Foiani,<br />

Dora Carrai, Miti Truccato Pace; Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino; dir.<br />

Oliviero de Fabritiis<br />

Decca-Eloquence (2 cd), 2006<br />

Video<br />

Frederica von Stade, Paolo Montarsolo, Claudio Desderi, Francisco Araiza, Paul Plishka,<br />

Margherita Guglielmi, Laura Zannini; Orchestra e Coro del Teatro alla Scala; dir.<br />

Claudio Abbado; regia Jean Pierre Ponnelle<br />

Deutsche Grammophon, dvd, c1981<br />

Kathleen Kuhlmann, Claudio Desderi, Alberto Rinaldi, Laurence Dale, Roderick<br />

Kennedy, Marta Taddei, Laura Zannini; Glyndebourne Chorus, London Philharmonic<br />

Orchestra; dir. Donato Renzetti; regia John Cox<br />

NVC Arts, dvd, c1983/2004<br />

27


28<br />

Ann Murray, Walter Berry, Gino Quilico, Francisco Araiza, Wolfgang Schöne, Angela<br />

Denning, Daphne Evangelatos; Chorus of the Vienna State Opera, The Vienna<br />

Philharmonic Orchestra; dir. Riccardo Chailly; regia Michael Hampe<br />

Arthaus Musik, dvd, c1988<br />

Cecilia Bartoli, Enzo Dara, Alessandro Corbelli, Raúl Gimenez, Michele Pertusi, Laura<br />

Knoop, Jill Grove; Houston Grand Opera Chorus, Houston Symphony Orchestra; dir.<br />

Bruno Campanella; regia Bruno De Simone<br />

Decca, dvd, c1996<br />

Ruxandra Donose, Luciano Di Pasquale, Simone Alberghini, Maxim Mironov, Nathan<br />

Berg, Raquela Sheeran, Lucia Cirillo; Glyndebourne Chorus, London Philharmonic<br />

Orchestra; dir. Vladimir Jurowski; regia Peter Hall<br />

Opus Arte, 2 dvd, c2006<br />

Sonia Ganassi, Alfonso Antoniozzi, Marco Vinco, Antonino Siragusa, Simón Orfila,<br />

Carla Di Censo, Paola Gardina; Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice; dir. Renato<br />

Palumbo; regia Paul Curran<br />

TDK, dvd, c2007<br />

Joyce DiDonato, Bruno de Simone, David Menéndez, Juan Diego Flórez, Simón Orfila,<br />

Cristina Obregón, Itxaro Mentxaka; Orchestra and Chorus of the Grand Teatro del<br />

Liceu; dir. Patrick Summers; regia Joan Font<br />

Decca, 2 dvd, c2009<br />

Elīna Garanča, Alessandro Corbelli, Simone Alberghini, Lawrence Brownlee, John<br />

Relyea, Rachelle Durkin, Patricia Risley; The Metropolitan Opera Orchestra and Chorus;<br />

dir. Maurizio Benini; regia Cesare Lievi<br />

Deutsche Grammophon, 2 dvd, c2010


Il libretto<br />

29


La Cenerentola<br />

Dramma giocoso in due atti<br />

libretto di<br />

Jacopo Ferretti<br />

musica di<br />

Gioachino Rossini<br />

Personaggi<br />

Don Ramiro, principe di Salerno<br />

Dandini, suo cameriere<br />

Don Magnifico, barone di Montefiascone, padre di<br />

Clorinda, e di<br />

Tisbe<br />

Angelina, sotto nome di Cenerentola, figliastra di Don Magnifico<br />

Alidoro filosofo, maestro di Don Ramiro<br />

Dame che non parlano. Cortigiani del principe<br />

La scena, parte in un vecchio palazzo di Don Magnifico, e parte in un casino di delizie del<br />

principe distante mezzo miglio.<br />

Prima rapprasentazione: Roma, Teatro Valle 25 gennaio 1817<br />

tenore<br />

basso<br />

basso buffo<br />

soprano<br />

mezzosoprano<br />

contralto<br />

basso<br />

31


Atto Primo<br />

Antica sala terrena nel castello del barone, con<br />

cinque porte; a destra camino, tavolino con<br />

specchio, cestello con fiori, e sedie.<br />

SCENA PRIMA<br />

(Clorinda provando uno sciassé; Tisbe<br />

acconciando un fiore ora alla fronte ora al petto;<br />

Cenerentola soffiando con un manticetto al<br />

camino per far bollire una cuccuma di caffè; indi<br />

Alidoro da povero; poi seguaci di Ramiro.)<br />

CLORINDA<br />

No no no: non v’è, non v’è<br />

chi trinciar sappia così<br />

leggerissimo sciassé.<br />

TISBE<br />

Sì sì sì: va bene lì.<br />

Meglio lì; no, meglio qui.<br />

Risaltar di più mi fa.<br />

CLORINDA E TISBE<br />

A quest’arte, a tal beltà<br />

sdrucciolare ognun dovrà.<br />

CENERENTOLA<br />

(con tuono flemmatico)<br />

Una volta c’era un Re,<br />

che a star solo s’annoiò:<br />

cerca, cerca, ritrovò;<br />

ma il volean sposare in tre.<br />

Cosa fa?<br />

Sprezza il fasto e la beltà,<br />

e alla fin sceglie per sé<br />

l’innocenza e la bontà.<br />

La la là<br />

li li lì<br />

la la là.<br />

CLORINDA E TISBE<br />

Cenerentola, finiscila<br />

con la solita canzone.<br />

CENERENTOLA<br />

Presso al fuoco in un cantone<br />

via lasciatemi cantar.<br />

Una volta c’era un re<br />

una volta….<br />

CLORINDA<br />

E due, e tre.<br />

33


CLORINDA E TISBE<br />

La finisci sì o no?<br />

Se non taci ti darò.<br />

CENERENTOLA<br />

Una volta...<br />

(S’ode picchiare.)<br />

CLORINDA, TISBE E CENERENTOLA<br />

Chi sarà?<br />

(Cenerentola apre, ed entra Alidoro da povero.)<br />

ALIDORO<br />

Un tantin di carità.<br />

CLORINDA E TISBE<br />

Accattoni! Via di qua.<br />

CENERENTOLA<br />

Zitto, zitto: su prendete<br />

Questo po’ di colazione.<br />

(Versa una tazza di caffè, e lo dà con un pane ad<br />

Alidoro, coprendolo dalle sorelle.)<br />

Ah non reggo alla passione.<br />

Che crudel fatalità!<br />

ALIDORO<br />

Forse il Cielo il guiderdone<br />

pria di notte vi darà.<br />

CLORINDA E TISBE<br />

(pavoneggiandosi)<br />

Risvegliar dolce passione<br />

più di me nessuna sa.<br />

(volgendosi ad osservare Alidoro)<br />

Ma che vedo! Ancora lì!<br />

Anche un pane? anche il caffè?<br />

34<br />

(scagliandosi contro Cenerentola)<br />

Prendi, prendi, questo a te.<br />

CENERENTOLA<br />

Ah! soccorso chi mi dà!<br />

ALIDORO<br />

(frapponendosi inutilmente)<br />

Vi fermate, per pietà!<br />

(Si picchia fortemente; Cenerentola corre ad<br />

aprire, ed entrano i cavalieri.)<br />

CAVALIERI<br />

O figlie amabili di Don Magnifico,<br />

Ramiro il principe or or verrà.<br />

Al suo palagio vi condurrà.<br />

Si canterà si danzerà:<br />

poi la bellissima fra l’altre femmine<br />

sposa carissima per lui sarà.<br />

CLORINDA E TISBE<br />

Ma dunque il Principe?<br />

CAVALIERI<br />

Or or verrà.<br />

CLORINDA E TISBE<br />

E la bellissima?<br />

CAVALIERI<br />

Si sceglierà.<br />

CLORINDA E TISBE<br />

Cenerentola vien qua.<br />

Le mie scarpe, il mio bonnè.<br />

Cenerentola, vien qua.<br />

Le mie penne, il mio colliè.<br />

Nel cervello ho una fucina;


son più bella e vo’ trionfar.<br />

A un sorriso, a un’occhiatina<br />

Don Ramiro ha da cascar.<br />

CENERENTOLA<br />

Cenerentola, vien qua.<br />

Cenerentola, va’ là.<br />

Cenerentola, va’ su.<br />

Cenerentola, vien giù.<br />

Questo è proprio uno strapazzo!<br />

Mi volete far crepar?<br />

Chi alla festa, chi al solazzo,<br />

ed io resto qui a soffiar.<br />

ALIDORO<br />

Nel cervello una fucina<br />

sta le pazze a martellar.<br />

Ma già pronta è la rovina.<br />

Voglio ridere a schiattar.<br />

CAVALIERI<br />

Già nel capo una fucina<br />

sta le donne a martellar;<br />

il cimento si avvicina,<br />

il gran punto di trionfar.<br />

CLORINDA<br />

(dando una moneta a Cenerentola, onde la dia<br />

ai seguaci del principe che escono)<br />

Date lor mezzo scudo. Grazie. Ai cenni<br />

del Principe noi siamo.<br />

(osservando il povero, e raggricciando il naso)<br />

Ancor qui siete?<br />

Qual tanfo! Andate, o ve ne pentirete.<br />

CENERENTOLA<br />

(accompagnando Alidoro)<br />

(Io poi quel mezzo scudo<br />

a voi l’avrei donato;<br />

ma non ho mezzo soldo. Il core in mezzo<br />

mi spaccherei per darlo a un infelice.)<br />

ALIDORO<br />

(marcato assai)<br />

(Forse al novello dì sarai felice.)<br />

(Parte.)<br />

TISBE<br />

Cenerentola, presto<br />

prepara i nastri, i manti.<br />

CLORINDA<br />

Gli unguenti, le pomate.<br />

TISBE<br />

I miei diamanti.<br />

CENERENTOLA<br />

Uditemi, sorelle...<br />

CLORINDA<br />

(altera)<br />

Che sorelle!<br />

non profanarci con sì fatto nome.<br />

TISBE<br />

(minacciandola)<br />

E guai per te se t’uscirà di bocca.<br />

CENERENTOLA<br />

(Sempre nuove pazzie soffrir mi tocca.)<br />

(Entra a sinistra)<br />

TISBE<br />

Non v’è tempo da perdere.<br />

35


CLORINDA<br />

Nostro padre<br />

Avvisarne convien.<br />

(Questionando fra loro, ed opponendosi a<br />

vicenda d’entrare a destra.)<br />

TISBE<br />

Esser la prima<br />

voglio a darne la nuova.<br />

CLORINDA<br />

Oh! mi perdoni.<br />

Io sono la maggiore.<br />

TISBE<br />

(Crescendo nella rabbia fra loro)<br />

No no, gliel vo’ dir io.<br />

CLORINDA<br />

È questo il dover mio.<br />

Io svegliare lo vuo’. Venite appresso.<br />

TISBE<br />

Oh! non la vincerai.<br />

CLORINDA<br />

(osservando fra le scene)<br />

Ecco egli stesso.<br />

SCENA SECONDA<br />

Don Magnifico, bieco in volto, esce in berretta<br />

da notte e veste da camera, e detti, indi<br />

Cenerentola.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Miei rampolli femminini,<br />

36<br />

(ricusando di dar loro a baciar la mano)<br />

vi ripudio; mi vergogno!<br />

Un magnifico mio sogno<br />

mi veniste a sconcertar.<br />

Vi ripudio; mi vergogno!<br />

(da sé, osservandole; Clorinda e Tisbe ridono<br />

quando non le guarda)<br />

Come son mortificate!<br />

Degne figlie d’un barone!<br />

Via: silenzio, ed attenzione.<br />

State il sogno a meditar.<br />

Mi sognai fra il fosco e il chiaro<br />

un bellissimo somaro.<br />

Un somaro, ma solenne.<br />

Quando a un tratto, oh che portento!<br />

sulle spalle a cento a cento<br />

gli spuntavano le penne<br />

ed in aria, fsct, volò!<br />

Ed in cima a un campanile<br />

come in trono si fermò.<br />

Si sentiano per di sotto<br />

le campane sdindonar,<br />

din, don, din, don…<br />

Col cì cì, ciù ciù di botto<br />

mi faceste risvegliar.<br />

Ma d’un sogno sì intralciato<br />

ecco il simbolo spiegato.<br />

La campana suona a festa?<br />

Allegrezza in casa è questa.<br />

Quelle penne? Siete voi.<br />

Quel gran volo? Plebe addio.<br />

Resta l’asino di poi?<br />

Ma quell’asino son io:<br />

chi vi guarda vede chiaro<br />

che il somaro è il genitor.<br />

Fertilissima Regina<br />

l’una e l’altra diverrà;<br />

ed il nonno una dozzina


di nepoti abbraccerà.<br />

Un re piccolo di qua….<br />

servo, servo…<br />

Un re bambolo di là…<br />

Servo, servo…..<br />

e la gloria mia sarà.<br />

CLORINDA<br />

(interrompendosi, e strappandosi Don<br />

Magnifico.)<br />

Sappiate che fra poco...<br />

TISBE<br />

Il principe Ramiro...<br />

CLORINDA<br />

Che son tre dì, che nella deliziosa...<br />

TISBE<br />

Vicina mezzo miglio<br />

venuto è ad abitar...<br />

CLORINDA<br />

Sceglie una sposa...<br />

TISBE<br />

Ci mandò ad invitar...<br />

CLORINDA<br />

E fra momenti...<br />

TISBE<br />

Arriverà per prenderci...<br />

CLORINDA<br />

E la scelta<br />

la più bella sarà...<br />

DON MAGNIFICO<br />

(in aria di stupore ed importanza)<br />

Figlie, che dite!<br />

Quel principon! Quantunque io nol conosca...<br />

Sceglierà!.. v’invitò... sposa... più bella!<br />

Io cado in svenimento. Alla favella<br />

è venuto il sequestro. Il principato<br />

per la spinal midolla<br />

già mi serpeggia, ed in una parola<br />

il sogno è storia, ed il somaro vola.<br />

Cenerentola, presto.<br />

portami il mio caffè.<br />

(Cenerentola entra, vuota il caffè, e lo reca nella<br />

camera di Don Magnifico.)<br />

Viscere mie.<br />

Metà del mio palazzo è già crollata,<br />

e l’altra è in agonia. Fatevi onore.<br />

Mettiamoci un puntello.<br />

(andando, e tornando, e riprendendo le figlie, che<br />

stanno per entrare)<br />

Figlie state in cervello.<br />

Parlate in punto e virgola.<br />

per carità: pensate ad abbigliarvi:<br />

si tratta nientemen che imprinciparvi.<br />

(Entra nelle sue stanze; Clorinda e Tisbe nella<br />

loro.)<br />

SCENA TERZA<br />

Don Ramiro e Cenerentola.<br />

Don Ramiro vestito da scudiero; guarda intorno<br />

e si avanza a poco a poco.<br />

RAMIRO<br />

Tutto è deserto. Amici?<br />

Nessun risponde. In questa<br />

simulata sembianza<br />

le belle osserverò. Né viene alcuno?<br />

37


Eppur mi diè speranza<br />

il sapiente Alidoro,<br />

che qui saggia e vezzosa<br />

degna di me trovar saprò la sposa.<br />

Sposarsi... e non amar! Legge tiranna,<br />

che nel fior de’ miei giorni<br />

alla difficil scelta mi condanna!<br />

Cerchiam, vediamo.<br />

SCENA QUARTA<br />

Cenerentola cantando fra’ denti, con sottocoppa<br />

e tazza da caffè, entra spensierata nella stanza,<br />

e si trova a faccia a faccia con Ramiro; le cade<br />

tutto di mano, e si ritira in un angolo.<br />

CENERENTOLA<br />

Una volta c’era...<br />

Ah! è fatta.<br />

RAMIRO<br />

Che cos’è?<br />

CENERENTOLA<br />

Che batticuore!<br />

RAMIRO<br />

Forse un mostro son io!<br />

CENERENTOLA<br />

(prima astratta poi correggendosi con<br />

naturalezza)<br />

Sì... no, signore.<br />

RAMIRO<br />

Un soave non so che<br />

in quegl’occhi scintillò!<br />

38<br />

CENERENTOLA<br />

Io vorrei saper perché<br />

il mio cor mi palpitò?<br />

RAMIRO<br />

Le direi... ma non ardisco.<br />

CENERENTOLA<br />

Parlar voglio… e taccio intanto.<br />

CENERENTOLA E RAMIRO<br />

Una grazia, un certo incanto<br />

par che brilli su quel viso!<br />

Quanto caro è quel sorriso!<br />

scende all’alma e fa sperar.<br />

RAMIRO<br />

Del Baron le figlie io cerco.<br />

Dove son? qui non le vedo.<br />

CENERENTOLA<br />

Son di là nell’altre stanze.<br />

Or verranno. (Addio speranze.)<br />

RAMIRO<br />

(con interesse)<br />

Ma, di grazia, voi chi siete?<br />

CENERENTOLA<br />

Io chi sono? Eh! non lo so.<br />

RAMIRO<br />

Nol sapete?<br />

CENERENTOLA<br />

Quasi no.<br />

(accostandosi a lui sottovoce, e rapidissimamente,<br />

correggendosi ed imbrogliandosi)


Quel ch’è padre, non è padre...<br />

onde poi le due sorelle...<br />

era vedova mia madre...<br />

ma fu madre ancor di quelle...<br />

questo padre pien d’orgoglio...<br />

Sta a vedere che m’imbroglio…<br />

Deh! scusate, perdonate<br />

alla mia semplicità.<br />

RAMIRO<br />

Mi seduce, m’innamora<br />

quella sua semplicità.<br />

CLORINDA, TISBE E DON<br />

MAGNIFICO<br />

(dalle loro stanze, a vicenda, ed insieme)<br />

Cenerentola, da me.<br />

RAMIRO<br />

Questa voce! che cos’è?<br />

CENERENTOLA<br />

(ora verso una, ora verso l’altra delle porte)<br />

A ponente ed a levante,<br />

a scirocco e a tramontana,<br />

non ho calma un solo istante,<br />

tutto, tutto tocca a me.<br />

Vengo, vengo.<br />

Addio, signore.<br />

(con passione)<br />

(Ah ci lascio proprio il core:<br />

questo cor più mio non è.)<br />

RAMIRO<br />

(da sé, astratto, osservandola sempre)<br />

(Quell’accento, quel sembiante<br />

è una cosa sovrumana.<br />

Io mi perdo in quest’istante<br />

già più me non trovo in me.<br />

Che innocenza! che candore!<br />

Ah! m’invola proprio il core!<br />

Questo cor più mio non è.)<br />

SCENA QUINTA<br />

Ramiro solo, indi Don Magnifico in abito di<br />

gala senza cappello.<br />

RAMIRO<br />

Non so che dir. Come in sì rozze spoglie<br />

sì bel volto e gentil! Ma Don Magnifico<br />

non apparisce ancor? Nunziar vorrei<br />

del mascherato principe l’arrivo.<br />

Fortunato consiglio!<br />

Da semplice scudiero<br />

il core delle femmine<br />

meglio svelar saprò. Dandini intanto<br />

recitando da principe...<br />

DON MAGNIFICO<br />

Domando<br />

un milion di perdoni.<br />

Dica: e Sua Altezza il Prence?<br />

RAMIRO<br />

Arriva.<br />

DON MAGNIFICO<br />

E quando?<br />

RAMIRO<br />

Tra tre minuti.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(in agitazione)<br />

Tre minuti! ah figlie!<br />

sbrigatevi: che serve?<br />

39


le vado ad affrettar. Scusi; con queste<br />

ragazze benedette,<br />

un secolo è un momento alla toelette.<br />

(Entra dalle figlie)<br />

RAMIRO<br />

Che buffone! E Alidoro mio maestro<br />

sostien che in queste mura<br />

sta la bontà più pura!<br />

Basta basta, vedrem. Alle sue figlie<br />

convien che m’avvicini.<br />

Qual fragor!.. non m’inganno. Ecco Dandini.<br />

SCENA SESTA<br />

Cavalieri, Dandini e detti, indi Clorinda e<br />

Tisbe.<br />

CAVALIERI<br />

Scegli la sposa, affrèttati,<br />

s’invola via l’età.<br />

La principesca linea,<br />

se no, s’estinguerà.<br />

DANDINI<br />

Come un’ape ne’ giorni d’aprile<br />

va volando leggiera, e scherzosa;<br />

corre al giglio, poi salta alla rosa,<br />

dolce un fiore, a cercare per sé;<br />

fra le belle m’aggiro e rimiro,<br />

ne ho vedute già tante e poi tante;<br />

ma non trovo un giudizio, un sembiante,<br />

un boccone squisito per me.<br />

(Clorinda e Tisbe escono, e sono presentate a<br />

Dandini da Don Magnifico in gala.)<br />

CLORINDA<br />

Prence!<br />

40<br />

TISBE<br />

Sire...<br />

CLORINDA E TISBE<br />

Ma quanti favori!<br />

DON MAGNIFICO<br />

Che diluvio! che abisso di onori!<br />

DANDINI<br />

Nulla, nulla.<br />

(con espressione or all’una or all’altra)<br />

Vezzosa; graziosa!<br />

(accostandosi a Ramiro)<br />

(Dico bene?) Son tutte papà.<br />

RAMIRO<br />

(Bestia! attento! ti scosta di qua.)<br />

DANDINI<br />

(alle due sorelle che lo guardano con passione)<br />

Per pietà, quelle ciglia abbassate!<br />

Galoppando sen va la ragione,<br />

e fra i colpi d’un doppio cannone<br />

spalancata la breccia è di già.<br />

Vezzosa! Graziosa!<br />

Son tutte papà!<br />

(da sé)<br />

(Ma al finir della nostra commedia<br />

che tragedia qui nascer dovrà!)<br />

CLORINDA E TISBE<br />

(da sé)<br />

(Ei mi guarda, sospira, delira,<br />

non v’è dubbio: è mio schiavo di già.)<br />

RAMIRO<br />

(da sé, sempre osservando con interesse se torna


Cenerentola)<br />

(Ah! perché qui non viene colei,<br />

con quell’aria di grazia e bontà?)<br />

DON MAGNIFICO<br />

(da sé, osservando con compiacenza Dandini, che<br />

sembra innamorato)<br />

(Ė già cotto, stracotto, spolpato:<br />

l’Eccellenza divien Maestà.)<br />

DANDINI<br />

(osservando Clorinda, Tisbe e Don Magnifico)<br />

Allegrissimamente! che bei quadri!<br />

che bocchino! che ciglia!<br />

Siete l’ottava e nona meraviglia.<br />

Già talis Patris, talem Figlia.<br />

CLORINDA<br />

(con inchino)<br />

Grazie!<br />

DON MAGNIFICO<br />

(curvandosi)<br />

Altezza delle Altezze!<br />

che dice? mi confonde. Debolezze.<br />

DANDINI<br />

Vere figure! Etrusche!<br />

(piano a Ramiro)<br />

(Dico bene?)<br />

RAMIRO<br />

(piano a Dandini)<br />

(Cominci a dirle grosse.)<br />

DANDINI<br />

(piano a Ramiro)<br />

(Io recito da grande, e grande essendo,<br />

grandi le ho da sparar.)<br />

DON MAGNIFICO<br />

(piano alle figlie, con compiacenza)<br />

(Bel principotto!<br />

che non vi fugga: attente!)<br />

DANDINI<br />

Or dunque seguitando quel discorso<br />

che non ho cominciato;<br />

dai miei lunghi viaggi ritornato,<br />

e il mio papà trovato,<br />

che fra i quondam è capitombolato,<br />

e spirando ha ordinato,<br />

che a vista qual cambiale io sia sposato,<br />

o son diseredato,<br />

fatto ho un invito a tutto il vicinato,<br />

e trovando un boccone delicato,<br />

per me l’ho destinato.<br />

Ho detto, ho detto, e adesso prendo fiato.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(sorpreso)<br />

(Che eloquenza norcina!)<br />

CENERENTOLA<br />

(entrando osserva l’abito del Principe, e Ramiro<br />

che la guarda)<br />

(Ah, che bell’abito!<br />

E quell’altro mi guarda.)<br />

RAMIRO<br />

(Ecco colei!<br />

Mi ripalpita il cor.)<br />

DANDINI<br />

Belle ragazze,<br />

se vi degnate inciambellare il braccio<br />

41


ai nostri cavalieri, il legno è pronto.<br />

CLORINDA<br />

(servite dai cavalieri)<br />

Andiamo.<br />

TISBE<br />

Papà, Eccellenza,<br />

non tardate a venir.<br />

Escono.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(a Cenerentola voltandosi)<br />

Che fai tu qui?<br />

Il cappello e il bastone.<br />

CENERENTOLA<br />

(scuotendosi dal guardar Ramiro)<br />

Eh... sì, signor.<br />

(Parte)<br />

DANDINI<br />

Perseguitate presto<br />

con i piè baronali<br />

i magnifici miei quarti reali.<br />

(parte)<br />

DON MAGNIFICO<br />

(andando nella camera dove è entrata<br />

Cenerentola)<br />

Monti in carrozza, e vengo.<br />

RAMIRO<br />

(E pur colei<br />

vo’ riveder.)<br />

DON MAGNIFICO<br />

(di dentro, in collera)<br />

42<br />

Ma lasciami.<br />

RAMIRO<br />

(La sgrida?)<br />

(Magnifico esce con cappello e bastone trattenuto<br />

con ingenuità da Cenerentola.)<br />

CENERENTOLA<br />

Sentite.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Il tempo vola.<br />

RAMIRO<br />

(Che vorrà?)<br />

DON MAGNIFICO<br />

(a Cenerentola)<br />

Vuoi lasciarmi?<br />

CENERENTOLA<br />

Una parola.<br />

Signore, una parola:<br />

in casa di quel principe,<br />

un’ora, un’ora sola,<br />

portatemi a ballar.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(ridendo)<br />

Ih! ih! La bella Venere!...<br />

Vezzosa! Pomposetta!<br />

Sguajata! Covacenere!...<br />

Lasciami, deggio andar.<br />

DANDINI<br />

(tornando indietro, ed osservando Ramiro<br />

immobile)<br />

Cos’è? Qui fa la statua?


(Sottovoce fra loro in tempo del solo di Don<br />

Magnifico.)<br />

RAMIRO<br />

Silenzio, ed osserviamo.<br />

DANDINI<br />

Ma andiamo, o non andiamo!<br />

RAMIRO<br />

Mi sento lacerar.<br />

CENERENTOLA<br />

Ma una mezz’ora... un quarto.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(alzando minaccioso il bastone)<br />

O lasciami, o ti stritolo.<br />

RAMIRO E DANDINI<br />

(accorrendo a trattenerlo)<br />

Fermate.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(sorpreso, curvandosi rispettoso a Dandini)<br />

Serenissima!<br />

(Ma vattene.) Altezzissima!<br />

(Servaccia ignorantissima!)<br />

RAMIRO E DANDINI<br />

Serva?<br />

CENERENTOLA<br />

Cioè...<br />

DON MAGNIFICO<br />

(mettendole una mano sulla bocca, e<br />

interrompendola)<br />

Vilissima<br />

D’un’estrazion bassissima,<br />

(minacciando e trascinando)<br />

vuol far la sufficiente,<br />

la cara, l’avvenente,<br />

e non è buona a niente.<br />

va’ in camera, va’ in camera<br />

la polvere a spazzar.<br />

DANDINI<br />

(opponendosi con autorità)<br />

Ma caro Don Magnifico<br />

via, non la strapazzar.<br />

RAMIRO<br />

(fra sé, con sdegno represso)<br />

Or ora la mia collera<br />

non posso più frenar.<br />

CENERENTOLA<br />

(con tuono d’ingenuità)<br />

Ah! sempre fra la cenere,<br />

sempre dovrò restar?<br />

Signori, persuadetelo,<br />

portatemi a ballar.<br />

(Nel momento che Don Magnifico staccasi da<br />

Cenerentola ed è tratto via da Dandini, entra<br />

Alidoro con taccuino aperto.)<br />

ALIDORO<br />

Qui nel mio codice<br />

delle zitelle,<br />

con Don Magnifico<br />

stan tre sorelle.<br />

(a Don Magnifico, con autorità)<br />

Or che va il principe<br />

la sposa a scegliere,<br />

la terza figlia<br />

43


io vi domando.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(confuso, ed alterato)<br />

Che terza figlia<br />

mi va figliando?<br />

ALIDORO<br />

Terza sorella...<br />

DON MAGNIFICO<br />

(atterrito)<br />

Ella... morì...<br />

ALIDORO<br />

Eppur nel codice<br />

non v’è così.<br />

CENERENTOLA<br />

(Ah! di me parlano.)<br />

(ponendosi in mezzo con ingenuità)<br />

No, non morì.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Sta zitta lì.<br />

ALIDORO<br />

Guardate qui!<br />

DON MAGNIFICO<br />

(balzando Cenerentola in un cantone)<br />

Se tu respiri,<br />

ti scanno qui.<br />

RAMIRO, DANDINI E ALIDORO<br />

Ella morì?<br />

44<br />

DON MAGNIFICO<br />

(sempre tremante)<br />

Altezza… sì.<br />

(Momento di silenzio.)<br />

TUTTI<br />

(guardandosi scambievolmente)<br />

Nel volto estatico<br />

di questo e quello<br />

si legge il vortice<br />

del lor cervello,<br />

che ondeggia e dubita<br />

e incerto sta.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(fra’ denti, trascinando Cenerentola)<br />

Se tu più mormori<br />

solo una sillaba,<br />

un cimiterio<br />

qui si farà.<br />

CENERENTOLA<br />

(con passione)<br />

Deh soccorretemi,<br />

deh non lasciatemi,<br />

ah! di me misera<br />

che mai sarà?<br />

RAMIRO<br />

Via, consolatevi.<br />

(strappandola da Don Magnifico)<br />

Signor lasciatela.<br />

(Già la mia furia<br />

crescendo va.)<br />

ALIDORO<br />

(frapponendosi)<br />

Via meno strepito:


fate silenzio.<br />

o qualche scandalo<br />

qui nascerà.<br />

DANDINI<br />

Io sono un principe,<br />

O sono un cavolo?<br />

Vi mando al diavolo:<br />

venite qua.<br />

La strappa da Don Magnifico, e lo conduce via.<br />

Tutti seguono Dandini. Cenerentola corre<br />

in camera. Si chiude la porta di mezzo; un<br />

momento dopo rientra Alidoro con mantello da<br />

povero.<br />

SCENA SETTIMA*<br />

Dopo qualche momento di silenzio entra Alidoro,<br />

in abito da pellegrino, con gli abiti da filosofo<br />

sotto; indi Cenerentola.<br />

ALIDORO<br />

Sì, tutto cangerà. Quel folle orgoglio<br />

poca polve sarà, gioco del vento;<br />

e al tenero lamento<br />

succederà il sorriso.<br />

(chiama verso la camera di Cenerentola)<br />

Figlia... Figlia...<br />

CENERENTOLA<br />

(esce e rimane sorpresa)<br />

Figlia voi mi chiamate? Oh questa è bella!<br />

Il padrigno Barone<br />

non vuole essermi padre; e voi... Peraltro<br />

*Scena scritta da Ferretti e musicata da Rossini per il<br />

basso Gioacchino Moncada nel 1821 (Teatro Argentina,<br />

Roma); sostituisce la Scena settima originale, musicata<br />

da Luca Agolini.<br />

guardando i stracci vostri e i stracci miei,<br />

degna d’un padre tal figlia sarei.<br />

ALIDORO<br />

Taci, figlia, e vien meco.<br />

CENERENTOLA<br />

Teco, e dove?<br />

ALIDORO<br />

Del Principe al festino.<br />

CENERENTOLA<br />

Ma dimmi, pellegrino:<br />

perché t’ho data poca colazione,<br />

tu mi vieni a burlar? Va’ via... va’ via!<br />

Voglio serrar la porta...<br />

Possono entrar de’ ladri, e allora... e allora...<br />

starei fresca davvero.<br />

ALIDORO<br />

No! Sublima il pensiero!<br />

Tutto cangiò per te!<br />

Calpesterai men che fango i tesori,<br />

rapirai tutti i cuori.<br />

Vien meco e non temer: per te dall’Alto<br />

m’ispira un Nume a cui non crolla il trono.<br />

E se dubiti ancor, mira chi sono!<br />

(Nel momento che si volge, Alidoro getta il<br />

manto.)<br />

Là del ciel nell’arcano profondo,<br />

del poter sull’altissimo Trono<br />

veglia un Nume, signore del mondo,<br />

al cui piè basso mormora il tuono.<br />

Tutto sa, tutto vede, e non lascia<br />

nell’ambascia perir la bontà.<br />

Fra la cenere, il pianto, l’affanno,<br />

ei ti vede, o fanciulla innocente,<br />

45


e cangiando il tuo stato tiranno,<br />

fra l’orror vibra un lampo innocente.<br />

Non temer, si è cambiata la scena:<br />

la tua pena cangiando già va.<br />

(S’ode avvicinarsi una carrozza.)<br />

Un crescente mormorio<br />

non ti sembra d’ascoltar?<br />

Ah sta’ lieta: è il cocchio mio<br />

su cui voli a trionfar.<br />

Tu mi guardi, ti confondi...<br />

ehi ragazza, non rispondi?<br />

Sconcertata è la tua testa<br />

e rimbalza qua e là,<br />

come nave in gran tempesta<br />

che di sotto in su sen va.<br />

Ma già il nembo è terminato,<br />

scintillò serenità.<br />

Il destino s’è cangiato,<br />

l’innocenza brillerà.<br />

Aprono la porta; vedesi una carrozza.<br />

Cenerentola vi monta, Alidoro chiude la porta e<br />

sentesi la partenza della carrozza.<br />

SCENA OTTAVA<br />

Gabinetto nel casino di Don Ramiro.<br />

(Dandini entrando con Clorinda e Tisbe sotto il<br />

braccio, Don Magnifico e Don Ramiro.)<br />

DANDINI<br />

Ma bravo, bravo, bravo!<br />

caro il mio Don Magnifico! Di vigne,<br />

di vendemmie e di vino<br />

mi avete fatto una dissertazione.<br />

Lodo il vostro talento.<br />

(a Don Ramiro)<br />

Si vede che ha studiato.<br />

(a Don Magnifico)<br />

46<br />

Si porti sul momento<br />

dove sta il nostro vino conservato.<br />

E se sta saldo e intrepido<br />

al trigesimo assaggio,<br />

lo promovo all’onor di cantiniero.<br />

Io distinguo i talenti e premio il saggio.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Prence! L’Altezza Vostra<br />

è un pozzo di bontà. Più se ne cava,<br />

più ne resta a cavar.<br />

(piano alle figlie)<br />

(Figlie! Vedete?<br />

Non regge al vostro merto;<br />

n’è la mia promozione indizio certo.)<br />

(forte)<br />

Clorinduccia, Tisbina,<br />

tenete allegro il re. Vado in cantina.<br />

(parte)<br />

RAMIRO<br />

(piano a Dandini)<br />

(Esamina, disvela, e fedelmente<br />

tutto mi narrerai. Anch’io fra poco<br />

il cor ne tenterò; del volto i vezzi<br />

svaniscon con l’età. Ma il core...)<br />

DANDINI<br />

(Il core<br />

credo che sia un melon tagliato a fette:<br />

un timballo l’ingegno,<br />

e il cervello una casa spigionata.)<br />

(forte, come seguendo il discorso fatto sottovoce)<br />

Il mio voler ha forza d’un editto.<br />

Eseguite trottando il cenno mio.<br />

Udiste?


RAMIRO<br />

Udii.<br />

DANDINI<br />

Fido vassallo, addio.<br />

(Parte Don Ramiro.)<br />

SCENA NONA<br />

Dandini, Clorinda e Tisbe.<br />

DANDINI<br />

(alle donne)<br />

Ora sono da voi. Scommetterei<br />

che siete fatte al torno,<br />

e che il guercetto amore<br />

è stato il tornitore.<br />

CLORINDA<br />

(tirando a sé Dandini)<br />

Con permesso.<br />

(La maggiore son io, onde la prego<br />

darmi la preferenza.)<br />

TISBE<br />

(come sopra)<br />

Con sua buona licenza.<br />

(La minore son io.<br />

invecchierò più tardi.)<br />

CLORINDA<br />

Scusi. (Quella è fanciulla,<br />

proprio non sa di nulla.)<br />

TISBE<br />

Permetta. (Quella è un’acqua senza sale,<br />

non fa né ben né male.)<br />

CLORINDA<br />

Di grazia. (I dritti miei<br />

la prego bilanciar.)<br />

TISBE<br />

Perdoni. (Veda,<br />

io non tengo rossetto.)<br />

CLORINDA<br />

Ascolti. (Quel suo bianco è di bianchetto.)<br />

TISBE<br />

Senta...<br />

CLORINDA<br />

Mi favorisca...<br />

DANDINI<br />

(sbarazzandosi con un poco di collera)<br />

Anime belle!<br />

mi volete spaccar? Non dubitate.<br />

Ho due occhi reali,<br />

e non adopro occhiali.<br />

(a Clorinda)<br />

(Fidati pur di me.)<br />

(piano a Tisbe)<br />

(Stà allegra, o cara.)<br />

(da sé)<br />

(arrivederci presto alla Longara)<br />

(Parte.)<br />

TISBE<br />

(ironicamente fra loro)<br />

M’inchino a Vostr’Altezza.<br />

CLORINDA<br />

Anzi all’Altezza Vostra.<br />

47


TISBE<br />

Verrò a portarle qualche memoriale.<br />

CLORINDA<br />

Lectum.<br />

TISBE<br />

Ce la vedremo.<br />

CLORINDA<br />

Forse sì, forse no.<br />

TISBE<br />

Poter del mondo!<br />

CLORINDA<br />

Le faccio riverenza!<br />

TISBE<br />

Oh! mi sprofondo!<br />

(Partono da parti opposte.)<br />

SCENA DECIMA<br />

Deliziosa nel casino del principe Don Ramiro.<br />

(Don Magnifico a cui i cavalieri pongono un<br />

mantello color ponsò con ricami in argento di<br />

grappoli d’uva, e gli saltano intorno battendo i<br />

piedi in tempo di musica. Tavolini con recapito<br />

da scrivere.)<br />

CAVALIERI<br />

Conciosiacosacché<br />

trenta botti già gustò!<br />

e bevuto ha già per tre<br />

e finor non barcollò!<br />

è piaciuto a Sua Maestà<br />

48<br />

nominarlo cantinier,<br />

intendente dei bicchier<br />

con estesa autorità,<br />

presidente al vendemmiar,<br />

direttor dell’evoè;<br />

onde tutti intorno a te<br />

ci affolliamo qui a saltar.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Intendente! Direttor!<br />

Presidente! Cantinier!<br />

Grazie, grazie, che piacer!<br />

Che girandola ho nel cor!<br />

Si venga a scrivere<br />

quel che dettiamo.<br />

(I cavalieri pongonsi intorno ai tavolini e<br />

scrivono.)<br />

Sei mila copie<br />

poi ne vogliamo.<br />

CAVALIERI<br />

Già pronti a scrivere<br />

tutti siam qui.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(osservando come scrivono)<br />

Noi Don Magnifico...<br />

Questo in maiuscole.<br />

Bestie! Maiuscole!<br />

Bravi! così.<br />

Noi Don Magnifico,<br />

duca e barone<br />

dell’antichissimo<br />

Montefiascone,<br />

grande intendente,<br />

gran presidente,<br />

con gli altri titoli,<br />

con venti etcetera,


in plenitudine<br />

d’autorità,<br />

riceva l’ordine<br />

chi leggerà:<br />

di più non mescere<br />

per anni quindici<br />

nel vino amabile<br />

d’acqua una gocciola,<br />

alias capietur,<br />

et stranguletur,<br />

perché ita etcetera,<br />

laonde etcetera,<br />

nell’anno etcetera,<br />

barone etcetera.<br />

(sottoscrivendosi)<br />

CAVALIERI<br />

Barone etcetera;<br />

è fatto già.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Ora affiggetelo<br />

per la città.<br />

CAVALIERI<br />

Il pranzo in ordine<br />

andiamo a mettere:<br />

vino a diluvio<br />

si beverà.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Premio bellissimo<br />

di piastre sedici<br />

a chi più malaga<br />

Si succhierà.<br />

(Partono saltando attorno a Don Magnifico.)<br />

SCENA UNDICESIMA<br />

Dandini e Don Ramiro correndo sul davanti del<br />

palco osservando per ogni parte.<br />

RAMIRO<br />

(sottovoce)<br />

Zitto zitto, piano piano:<br />

senza strepito e rumore:<br />

delle due qual è l’umore?<br />

Esattezza e verità.<br />

DANDINI<br />

Sottovoce a mezzo tuono,<br />

in estrema confidenza:<br />

sono un misto d’insolenza,<br />

di capriccio e vanità.<br />

RAMIRO<br />

E Alidoro mi dicea<br />

che una figlia del Barone...<br />

DANDINI<br />

Ah! il maestro ha un gran testone;<br />

oca eguale non si dà.<br />

(Son due vere banderuole...<br />

Mi convien dissimular.)<br />

RAMIRO<br />

(Se le sposi pur chi vuole...<br />

Seguitiamo a recitar.)<br />

SCENA DODICESIMA<br />

Clorinda, accorrendo da una parte, e Tisbe<br />

dall’altra.<br />

CLORINDA<br />

(di dentro)<br />

Principino, dove state?<br />

49


TISBE<br />

Principino dove state?<br />

CLORINDA E TISBE<br />

(entrando)<br />

Ah! perché m’ abbandonate?<br />

Mi farete disperar.<br />

CLORINDA<br />

Io vi voglio...<br />

TISBE<br />

Vi vogl’io.<br />

DANDINI<br />

Ma non diamo in bagattelle.<br />

Maritarsi a due sorelle<br />

tutte insieme non si può!<br />

Una sposo...<br />

CLORINDA E TISBE<br />

(con interesse di smania)<br />

E l’altra?..<br />

DANDINI<br />

E l’altra...<br />

(accennando Ramiro)<br />

all’amico la darò.<br />

CLORINDA E TISBE<br />

No no no no no!<br />

Un scudiero! oibò oibò!<br />

RAMIRO<br />

(ponendosi loro in mezzo, con dolcezza)<br />

Sarò docile, amoroso,<br />

tenerissimo di cuore.<br />

50<br />

CLORINDA E TISBE<br />

(guardandolo con disprezzo)<br />

Un scudiero! No, signore.<br />

Un scudiero! Questo no!<br />

CLORINDA<br />

Con un’anima plebea!<br />

TISBE<br />

Con un’aria dozzinale!<br />

CLORINDA E TISBE<br />

(con affettazione)<br />

Mi fa male, mi fa male<br />

solamente a immaginar.<br />

RAMIRO E DANDINI<br />

(fra loro ridono)<br />

La scenetta è originale,<br />

veramente da contar.<br />

SCENA TREDICESIMA<br />

Coro di cavalieri dentro le scene, indi Alidoro.<br />

CAVALIERI<br />

Venga, inoltri, avanzi il piè!<br />

Anticamera non v’è.<br />

RAMIRO E DANDINI<br />

Sapientissimo Alidoro…<br />

…questo strepito cos’è?<br />

ALIDORO<br />

Dama incognita qua vien,<br />

sopra il volto un velo tien.


CLORINDA E TISBE<br />

Una dama!<br />

ALIDORO<br />

Signor sì.<br />

CLORINDA, TISBE, RAMIRO E<br />

DANDINI<br />

Ma chi è?<br />

ALIDORO<br />

Non palesò.<br />

CLORINDA E TISBE<br />

Sarà bella?<br />

ALIDORO<br />

Sì e no.<br />

RAMIRO E DANDINI<br />

Chi sarà?<br />

ALIDORO<br />

Ma non si sa.<br />

CLORINDA<br />

Non parlò?<br />

ALIDORO<br />

Signora no.<br />

TISBE<br />

E qui vien?<br />

ALIDORO<br />

Chi sa perché?<br />

TUTTI<br />

Chi sarà? chi è? perché?<br />

Non si sa, si vedrà.<br />

(Momento di silenzio.)<br />

CLORINDA E TISBE<br />

(Gelosia già già mi lacera,<br />

già il cervel più in me non è.)<br />

ALIDORO<br />

(Gelosia già già le rosica,<br />

più il cervello in lor non è.)<br />

RAMIRO<br />

(Un ignoto arcano palpito<br />

ora m’agita, perché?)<br />

DANDINI<br />

(Diventato sono di zucchero:<br />

quante mosche intorno a me!)<br />

(Dandini fa cenno ad Alidoro d’introdurre la<br />

dama.)<br />

SCENA QUATTORDICESIMA<br />

Cavalieri che precedono, e schieransi in doppia<br />

fila per ricevere Cenerentola, che, in abito ricco<br />

ed elegante, avanzasi velata.<br />

CAVALIERI<br />

Ah! se velata ancor<br />

dal seno il cor ci ha tolto,<br />

se svelerai quel volto, che sarà?<br />

CENERENTOLA<br />

Sprezzo quei don che versa<br />

Fortuna capricciosa.<br />

M’offra chi mi vuol sposa,<br />

51


ispetto, amor, bontà.<br />

RAMIRO<br />

(Di quella voce il suono<br />

ignoto al cor non scende,<br />

perché la speme accende,<br />

di me maggior mi fa.)<br />

DANDINI<br />

Begli occhi, che dal velo<br />

vibrate un raggio acuto,<br />

svelatevi un minuto<br />

almen per civiltà.<br />

CLORINDA E TISBE<br />

(Vedremo il gran miracolo<br />

di questa rarità.)<br />

(Cenerentola svelasi. Momento di sorpresa, di<br />

riconoscimento, d’incertezza.)<br />

TUTTI<br />

(ciascuno da sé guardando Cenerentola, e<br />

Cenerentola sogguardando Ramiro.)<br />

Ah!<br />

(Parlar, pensar vorrei,<br />

parlar, pensar non so.<br />

Questo è un inganno/è un incanto, oh dèi!<br />

quel volto mi atterrò.)<br />

ALIDORO<br />

(Parlar, pensar vorrebbe,<br />

parlar, pensar non può.<br />

Amar già la dovrebbe:<br />

il colpo non sbagliò.)<br />

52<br />

SCENA ULTIMA<br />

Don Magnifico accorrendo, e detti.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Signora Altezza, è in tavola<br />

che... co... chi... sì... che bestia!<br />

quando si dice i simili!<br />

Non sembra Cenerentola?<br />

TISBE<br />

Pareva ancora a noi…<br />

CLORINDA<br />

…ma a riguardarla poi...<br />

TISBE<br />

…la nostra è goffa e attratta…<br />

CLORINDA<br />

…questa è un po’ più ben fatta,…<br />

CLORINDA E TISBE<br />

…ma poi non è una Venere<br />

da farci spaventar.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Quella sta nella cenere;<br />

ha stracci sol per abiti.<br />

CENERENTOLA<br />

(Il vecchio guarda e dubita.)<br />

RAMIRO<br />

(Mi guarda, e par che palpiti.)<br />

DANDINI<br />

Ma non facciam le statue.<br />

Patisce l’individuo:


andiamo presto a tavola.<br />

Poi balleremo il Taice,<br />

e quindi la bellissima...<br />

con me s’ha da sposar.<br />

TUTTI<br />

(meno Dandini)<br />

Andiamo, andiamo a tavola.<br />

si voli a giubilar.<br />

DANDINI<br />

(Oggi che fo da principe<br />

per quattro io vo’ mangiar.)<br />

TUTTI<br />

Mi par d’essere sognando<br />

fra giardini e fra boschetti.<br />

I ruscelli sussurrando,<br />

gorgheggiando gli augelletti,<br />

in un mare di delizie<br />

fanno l’anima nuotar.<br />

Ma ho timor che sotto terra<br />

piano piano, a poco a poco,<br />

si sviluppi un certo foco,<br />

e improvviso a tutti ignoto<br />

balzi fuori un terremoto,<br />

che crollando, strepitando,<br />

fracassando, sconquassando<br />

poi mi venga a risvegliar;<br />

e ho paura che il mio sogno<br />

vada in fumo a dileguar.<br />

53


Atto secondo<br />

Gabinetto nel palazzo di Don Ramiro.<br />

SCENA PRIMA<br />

(Cavalieri,poi Don Magnifico, entrando con<br />

Clorinda e Tisbe sotto il braccio, ed osservando i<br />

cavalieri che partono.)<br />

CAVALIERI<br />

Ah! della bella incognita<br />

l’arrivo inaspettato<br />

peggior assai del fulmine<br />

per certe ninfe è stato.<br />

La guardano, e tarroccano,<br />

sorridono, ma fremono.<br />

Hanno una lima in core<br />

che a consumar le sta.<br />

Guardate! Già regnavano.<br />

Ci ho gusto. Ah! ah! ah!...<br />

(Partono deridendole)<br />

DON MAGNIFICO<br />

(in collera caricata)<br />

Mi par che quei birbanti<br />

ridessero di noi sotto-cappotto.<br />

Corpo del mosto cotto!<br />

Fo un cavaliericidio.<br />

TISBE<br />

Papà, non v’inquietate.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(passeggiando)<br />

Ho nella testa<br />

quattro mila pensieri.<br />

Ci mancava<br />

quella madama anonima.<br />

CLORINDA<br />

E credete<br />

che del Principe il core ci contrasti?<br />

Somiglia a Cenerentola, e vi basti.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Somiglia tanto e tanto<br />

che son due goccie d’acqua, e quando a<br />

pranzo<br />

faceva un certo verso con la bocca,<br />

brontolavo fra me: per bacco, è lei.<br />

Ma come dagli Ebrei<br />

prender l’abito a nolo! aver coraggio<br />

di venire fra noi?<br />

E poi parlar coi linci e scuinci? e poi<br />

starsene con tal disinvoltura,<br />

e non temere una schiaffeggiatura?<br />

55


TISBE<br />

Già già, questa figliastra<br />

fino in chi la somiglia è a noi funesta.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Ma tu sai che tempesta<br />

mi piomberebbe addosso,<br />

se scopre alcuno come ho dilapidato<br />

il patrimonio suo! Per abbigliarvi<br />

al verde l’ho ridotta. È diventata<br />

un vero sacco d’ossa. Ah se si scopre,<br />

avrei trovato il resto del Carlino.<br />

CLORINDA<br />

(con aria di mistero)<br />

E paventar potete a noi vicino?<br />

DON MAGNIFICO<br />

Vi son buone speranze?<br />

CLORINDA<br />

Eh! niente niente!<br />

TISBE<br />

Posso dir ch’è certezza.<br />

CLORINDA<br />

Io quasi quasi<br />

potrei dar delle cariche.<br />

TISBE<br />

In segreto m’ ha detto: anima mia.<br />

Ha fatto un gran sospiro, è andato via.<br />

CLORINDA<br />

Un sospiro cos’è? quando mi vede,<br />

subito ride.<br />

56<br />

DON MAGNIFICO<br />

(riflettendo, e guardando ora l’una ora l’altra)<br />

Ah! dunque<br />

qui sospira, e qui ride.<br />

CLORINDA<br />

Dite, papà Barone,<br />

voi che avete un testone,<br />

qual è il vostro pensier: ditelo schietto.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Giocato ho un ambo, e vincerò l’eletto.<br />

Da voi due non si scappa; oh come, oh come,<br />

figlie mie benedette,<br />

si parlerà di me nelle gazzette!<br />

Questo è il tempo opportuno<br />

per rimettermi in piedi. Lo sapete,<br />

io sono indebitato.<br />

Fino i stivali a tromba ho ipotecato.<br />

Ma che flusso e riflusso<br />

avrò di memoriali! ah questo solo<br />

è il paterno desìo,<br />

che facciate il rescritto a modo mio.<br />

C’intenderem fra noi:<br />

viscere mie, mi raccomando a voi.<br />

Sia qualunque delle figlie<br />

che fra poco andrà sul trono,<br />

ah non lasci in abbandono<br />

un magnifico papà.<br />

Già mi par che questo e quello,<br />

conficcandomi a un cantone<br />

e cavandosi il cappello,<br />

incominci: Sior Barone,<br />

alla figlia sua reale<br />

porterebbe un memoriale?<br />

Prende poi la cioccolata,<br />

e una doppia ben coniata<br />

faccia intanto scivolar.


Io rispondo: Eh sì, vedremo.<br />

Già è di peso? Parleremo.<br />

Da palazzo può passar.<br />

Mi rivolto: e vezzosetta,<br />

tutta odori e tutta unguenti,<br />

mi s’inchina una scuffietta<br />

fra sospiri e complimenti:<br />

(in falsetto)<br />

Baroncino! Si ricordi<br />

quell’affare.<br />

(voce naturale)<br />

E già m’intende;<br />

senza argento parla ai sordi.<br />

La manina alquanto stende,<br />

fa una piastra sdrucciolar.<br />

Io galante: occhietti bei!<br />

Ah! per voi che non farei!<br />

Io vi voglio contentar!<br />

Mi risveglio a mezzo giorno:<br />

suono appena il campanello,<br />

che mi vedo al letto intorno<br />

supplichevole drappello:<br />

questo cerca protezione;<br />

quella ha torto e vuol ragione;<br />

chi vorrebbe un impieguccio;<br />

chi una cattedra ed è un ciuccio;<br />

chi l’appalto delle spille,<br />

chi la pesca dell’anguille,<br />

ed intanto in ogni lato<br />

sarà zeppo e contornato<br />

di memorie e petizioni,<br />

di galline, di sturioni,<br />

di bottiglie, di broccati,<br />

di candele e marinati,<br />

di ciambelle e pasticcetti,<br />

di canditi e di confetti,<br />

di piastroni, di dobloni,<br />

di vaniglia, e di caffè.<br />

Basta basta, non portate:<br />

terminate: ve n’andate?<br />

basta basta, in carità!<br />

Serro l’uscio a catenaccio:<br />

importuni, seccatori,<br />

fuori fuori, via da me.<br />

Presto presto, via di qua!<br />

(parte)<br />

TISBE<br />

(accostandosi in confidenza)<br />

Di’: sogni ancor che il principe<br />

vada pensando a te?<br />

CLORINDA<br />

Me lo domandi?<br />

TISBE<br />

Serva di Vostr’Altezza.<br />

CLORINDA<br />

A’ suoi comandi.<br />

(Partono scostandosi, e complimentandosi<br />

ironicamente.)<br />

SCENA SECONDA<br />

Ramiro, indi Cenerentola fuggendo da Dandini,<br />

poi Alidoro in disparte.<br />

RAMIRO<br />

Ah! Questa bella incognita<br />

con quella somiglianza all’infelice,<br />

che mi colpì stamane,<br />

mi va destando in petto<br />

certa ignota premura... Anche Dandini<br />

ne sembra innamorato.<br />

Eccoli: udirli or qui potrò celato.<br />

57


(Si nasconde)<br />

DANDINI<br />

Ma non fuggir, perbacco! quattro volte<br />

mi hai fatto misurar la galleria.<br />

CENERENTOLA<br />

O mutate linguaggio o vado via.<br />

DANDINI<br />

Ma che? il parlar d’amore<br />

è forse una stoccata!<br />

CENERENTOLA<br />

Ma s’io d’un altro sono innamorata!<br />

DANDINI<br />

E me lo dici in faccia?<br />

CENERENTOLA<br />

Ah! mio signore,<br />

deh! non andate in collera<br />

col mio labbro sincero.<br />

DANDINI<br />

Ed ami?<br />

CENERENTOLA<br />

Scusi...<br />

DANDINI<br />

Ed ami?<br />

CENERENTOLA<br />

Il suo scudiero.<br />

RAMIRO<br />

(palesandosi)<br />

58<br />

Oh gioia! anima mia!<br />

ALIDORO<br />

(mostrando il suo contento)<br />

(Va a meraviglia!)<br />

RAMIRO<br />

Ma il grado e la ricchezza<br />

non seduce il tuo core?<br />

CENERENTOLA<br />

Mio fasto è la virtù, ricchezza è amore.<br />

RAMIRO<br />

Dunque saresti mia?<br />

CENERENTOLA<br />

Piano, tu devi pria<br />

ricercarmi, conoscermi, vedermi,<br />

esaminar la mia fortuna.<br />

RAMIRO<br />

Io teco,<br />

cara, verrò volando.<br />

CENERENTOLA<br />

Fèrmati: non seguirmi. Io tel comando.<br />

RAMIRO<br />

E come dunque?<br />

CENERENTOLA<br />

(Gli dà un smaniglio)<br />

Tieni<br />

cercami; e alla mia destra<br />

il compagno vedrai.<br />

E allor... se non ti spiaccio... allor m’avrai.<br />

(parte; momento di silenzio)


RAMIRO<br />

Dandini, che ne dici?<br />

DANDINI<br />

Eh! dico che da principe<br />

sono passato a far da testimonio.<br />

RAMIRO<br />

“E allor... se non ti spiaccio... allor m’avrai!”<br />

Quali accenti son questi?<br />

(Scopre Alidoro)<br />

Ah ! mio sapiente<br />

venerato maestro, il cor m’ingombra<br />

misterioso amor.<br />

Che far degg’io?<br />

ALIDORO<br />

Quel che consiglia il core.<br />

RAMIRO<br />

(a Dandini)<br />

Principe non sei più: di tante sciocche<br />

si vuoti il mio palazzo.<br />

(chiamando i seguaci che entrano)<br />

Olà miei fidi,<br />

sia pronto il nostro cocchio, e fra momenti...<br />

così potessi aver l’ali dei venti.<br />

Sì, ritrovarla io giuro.<br />

Amor, amor mi muove:<br />

se fosse in grembo a Giove,<br />

io la ritroverò.<br />

(Contempla lo smaniglio.)<br />

Pegno adorato e caro<br />

che mi lusinghi almeno,<br />

oh come al labbro, al seno,<br />

come ti stringerò!<br />

CAVALIERI<br />

Oh! qual tumulto ha in seno!<br />

comprenderlo non so.<br />

RAMIRO E CAVALIERI<br />

Noi voleremo, domanderemo,<br />

ricercheremo, ritroveremo.<br />

Dolce speranza, freddo timore<br />

dentro al mio/suo cuore stanno a pugnar.<br />

Amore, amore, m’hai/l’hai da guidar.<br />

(Ramiro parte con i seguaci.)<br />

SCENA TERZA<br />

Dandini, Alidoro, indi Don Magnifico.<br />

ALIDORO<br />

(La notte è omai vicina.<br />

Col favor delle tenebre<br />

rovesciandosi ad arte la carrozza<br />

presso la casa del Baron, potrei...<br />

Son vicini alla meta i desir miei.)<br />

(Parte frettoloso)<br />

DANDINI<br />

Ma dunque io sono un ex?<br />

(passeggiando)<br />

Dal tutto al niente<br />

precipito in un tratto?<br />

Veramente ci ho fatto<br />

una bella figura!<br />

DON MAGNIFICO<br />

(entra premuroso)<br />

Scusi la mia premura...<br />

ma quelle due ragazze<br />

stan con la febbre a freddo. Si potrebbe<br />

sollecitar la scelta?<br />

59


DANDINI<br />

È fatta, amico.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(con sorpresa)<br />

È fatta! ah per pietà! dite, parlate!<br />

È fatta!<br />

(con sorpresa in ginocchio)<br />

e i miei germogli...<br />

in queste stanze a vegetar verranno?<br />

DANDINI<br />

(alzandolo)<br />

Tutti poi lo sapranno:<br />

per ora è un gran segreto.<br />

DON MAGNIFICO<br />

E quale, e quale?<br />

Clorindina o Tisbetta?<br />

DANDINI<br />

Non giudicate in fretta.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Lo dica ad un papà.<br />

DANDINI<br />

Ma silenzio.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Si sa; via, dica presto.<br />

DANDINI<br />

(andando ad osservare)<br />

Non ci ode alcuno.<br />

DON MAGNIFICO<br />

In aria<br />

60<br />

non si vede una mosca.<br />

DANDINI<br />

È un certo arcano<br />

che farà sbalordir.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(smaniando)<br />

Sto sulle spine.<br />

DANDINI<br />

(annoiato, portando una sedia)<br />

Poniamoci a sedere.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Presto, per carità.<br />

DANDINI<br />

Voi sentirete<br />

un caso assai bizzarro.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(Che volesse<br />

maritarsi con me?)<br />

DANDINI<br />

Mi raccomando.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(con smania che cresce)<br />

Ma si lasci servir.<br />

DANDINI<br />

Sia sigillato<br />

quanto ora udrete dalla bocca mia.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Io tengo in corpo una segreteria.


DANDINI<br />

Un segreto d’importanza,<br />

un arcano interessante<br />

io vi devo palesar.<br />

È una cosa stravagante,<br />

vi farà trasecolar.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Senza battere le ciglia,<br />

senza manco trarre il fiato,<br />

io mi pongo ad ascoltar.<br />

Starò qui petrificato<br />

ogni sillaba a contar.<br />

DANDINI<br />

(Oh! che imbroglio! che disdetta!<br />

Non so come cominciar.)<br />

DON MAGNIFICO<br />

(Veh che flemma maledetta!<br />

Si sbrigasse a incominciar.)<br />

DANDINI<br />

Uomo saggio e stagionato<br />

sempre meglio ci consiglia.<br />

Se sposassi una sua figlia,<br />

come mai l’ho da trattar?<br />

DON MAGNIFICO<br />

(Consiglier son già stampato.)<br />

Ma che eccesso di clemenza!<br />

Mi stia dunque Sua Eccellenza...<br />

bestia!.. Altezza, ad ascoltar.<br />

Abbia sempre pronti in sala<br />

trenta servi in piena gala,<br />

centosedici cavalli,<br />

duchi, conti, marescialli,<br />

a dozzine convitati,<br />

pranzi sempre coi gelati,<br />

poi carrozze, poi bombè.<br />

DANDINI<br />

Vi rispondo senza arcani,<br />

che noi siamo assai lontani.<br />

Io non uso far de’ pranzi,<br />

mangio sempre degli avanzi,<br />

non m’accosto a’ gran signori,<br />

tratto sempre servitori,<br />

me ne vado sempre a piè.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Mi corbella?<br />

DANDINI<br />

Gliel prometto.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Questo dunque?<br />

DANDINI<br />

È un romanzetto.<br />

È una burla il principato,<br />

sono un uomo mascherato.<br />

Ma venuto è il vero principe,<br />

m’ha strappata alfin la maschera,<br />

io ritorno al mio mestiere:<br />

son Dandini il cameriere:<br />

rifar letti, spazzar abiti,<br />

far la barba, e pettinar.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Far la barba, e pettinar…<br />

Di quest’ingiuria,<br />

di quest’affronto<br />

il vero principe<br />

mi renda conto.<br />

61


DANDINI<br />

Oh non s’incomodi,<br />

non farà niente.<br />

Ma parta subito,<br />

immantinente.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Non partirò.<br />

DANDINI<br />

Lei partirà.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Sono un Barone.<br />

DANDINI<br />

Pronto è il bastone.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Ci rivedremo.<br />

DANDINI<br />

Ci parleremo.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Non partirò.<br />

DANDINI<br />

Lei partirà.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Tengo nel cerebro<br />

un contrabbasso,<br />

che basso basso<br />

frullando va.<br />

Da cima a fondo,<br />

poter del mondo!<br />

che scivolata!<br />

62<br />

che gran cascata!<br />

Eccolo! eccolo!<br />

tutti diranno,<br />

mi burleranno<br />

per la città.<br />

DANDINI<br />

Povero diavolo!<br />

è un gran sconquasso,<br />

che d’alto in basso<br />

piombar lo fa.<br />

Vostra Eccellenza<br />

abbia prudenza:<br />

se vuol rasoio,<br />

sapone e pettine,<br />

saprò arricciarla,<br />

sbarbificarla…<br />

Ah ah! guardatelo,<br />

l’allocco è là.<br />

(Partono.)<br />

Alidoro solo.<br />

SCENA QUARTA<br />

ALIDORO<br />

Mi seconda il destino. Amor pietoso<br />

favorisce il disegno. Anche la notte<br />

procellosa ed oscura<br />

rende più natural quest’avventura.<br />

La carrozza già è in pronto; ov’è Dandini?<br />

Seco lo vuol nel suo viaggio. Oh come<br />

indocile s’è fatto ed impaziente!<br />

che lo pizzica amor segno evidente.<br />

(Entra)


SCENA QUINTA<br />

Sala terrena con camino in casa di Don<br />

Magnifico.<br />

(Cenerentola nel solito abito accanto al fuoco.)<br />

CENERENTOLA<br />

Una volta c’era un Re,<br />

che a star solo s’annoiò;<br />

cerca, cerca, ritrovò;<br />

ma il volean sposare in tre.<br />

Cosa fa?<br />

Sprezza il fasto e la beltà,<br />

e alla fin sceglie per sé<br />

l’innocenza e la bontà.<br />

La la là<br />

li li lì<br />

la la là.<br />

(Guarda lo smaniglio)<br />

Quanto sei caro! e quello<br />

cui dato ho il tuo compagno,<br />

è più caro di te. Quel signor principe<br />

che pretendea con quelle smorfie? Oh bella!<br />

Io non bado a ricami, ed amo solo<br />

bel volto e cor sincero,<br />

e do la preferenza al suo scudiero.<br />

Le mie sorelle intanto... ma che occhiate!<br />

parean stralunate!<br />

(S’ode bussare fortemente, ed apre.)<br />

Qual rumore!<br />

(Uh? chi vedo! che ceffi!) Di ritorno!<br />

Non credea che tornasse avanti giorno.<br />

SCENA SESTA<br />

Don Magnifico, Clorinda, Tisbe e detta.<br />

CLORINDA<br />

(entrando, accennando Cenerentola)<br />

(Ma! ve l’avevo detto...)<br />

DON MAGNIFICO<br />

Ma cospetto! cospetto!<br />

Similissime sono affatto affatto.<br />

Quella è l’original, questa è il ritratto.<br />

Hai fatto tutto?<br />

CENERENTOLA<br />

Tutto.<br />

Perché quel ceffo brutto<br />

voi mi fate così?<br />

DON MAGNIFICO<br />

Perché, perché...<br />

per una certa strega<br />

che rassomiglia a te...<br />

CLORINDA<br />

Su le tue spalle<br />

quasi mi sfogherei.<br />

CENERENTOLA<br />

Povere spalle mie!<br />

Cosa c’hanno che far?<br />

(Cominciano lampi e tuoni, indi si sente il<br />

rovesciarsi di una carrozza.)<br />

TISBE<br />

Oh! fa mal tempo!<br />

Minaccia un temporale.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Altro che temporale!<br />

Un fulmine vorrei<br />

che incenerisse il camerier...<br />

63


CENERENTOLA<br />

Ma dite,<br />

Cosa è accaduto? avete<br />

qualche segreta pena?<br />

DON MAGNIFICO<br />

(con impeto)<br />

Sciocca! va’ là, va’ a preparar la cena.<br />

CENERENTOLA<br />

Vado sì, vado. (Ah! che cattivo umore!<br />

Ah! lo scudiere mio mi sta nel core.)<br />

(Parte.)<br />

SCENA SETTIMA<br />

Don Magnifico, Tisbe, Clorinda, Ramiro da<br />

principe, e Dandini.<br />

DANDINI<br />

Scusate, amici!<br />

La carrozza del principe<br />

ribaltò...<br />

(riconoscendo Don Magnifico)<br />

Ma chi vedo?<br />

DON MAGNIFICO<br />

Uh! Siete voi!<br />

Ma il principe dov’è?<br />

DANDINI<br />

(accennando Ramiro)<br />

Lo conoscete!<br />

DON MAGNIFICO<br />

(rimanendo sorpreso)<br />

Lo scudiero! Ih! guardate!<br />

64<br />

RAMIRO<br />

Signore, perdonate<br />

se una combinazione...<br />

DON MAGNIFICO<br />

Che dice! Si figuri! mio padrone!<br />

(alle figlie)<br />

(Eh! non senza perché venuto è qua.<br />

La sposa, figlie mie, fra voi sarà.)<br />

Ehi, presto, Cenerentola,<br />

porta la sedia nobile.<br />

RAMIRO<br />

No, no: pochi minuti! Altra carrozza<br />

pronta ritornerà.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Ma che! gli pare!<br />

CLORINDA<br />

(con premura verso le quinte)<br />

Ti sbriga, Cenerentola.<br />

SCENA OTTAVA<br />

Cenerentola recando una sedia nobile a<br />

Dandini, che crede il principe.<br />

CENERENTOLA<br />

Son qui.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Dalla al principe, bestia, eccolo lì.<br />

CENERENTOLA<br />

(sorpresa riconoscendo per principe Don Ramiro,<br />

si pone le mani sul volto, e vuol fuggire)<br />

Questo! Ah! che vedo! Principe!


RAMIRO<br />

T’arresta.<br />

Che! Lo smaniglio! e lei… che gioia è questa!<br />

Siete voi?<br />

CENERENTOLA<br />

(osservando il vestito del principe)<br />

Voi Prence siete?<br />

CLORINDA E TISBE<br />

(fra loro, attonite)<br />

Qual sorpresa!<br />

DANDINI<br />

Il caso è bello!<br />

DON MAGNIFICO<br />

(volendo interompere Ramiro)<br />

Ma...<br />

RAMIRO<br />

Tacete!<br />

DON MAGNIFICO<br />

Addio cervello.<br />

(prende a sé Ramiro e Dandini)<br />

Se…<br />

RAMIRO E DANDINI<br />

Silenzio.<br />

CLORINDA, TISBE, CENERENTOLA,<br />

RAMIRO, DANDINI E DON<br />

MAGNIFICO<br />

Che sarà!<br />

Questo è un nodo avviluppato,<br />

Questo è un gruppo rintrecciato,<br />

chi sviluppa più inviluppa,<br />

chi più sgruppa, più raggruppa;<br />

ed intanto la mia testa<br />

vola vola, e poi s’arresta,<br />

vo tenton per l’aria oscura,<br />

e comincio a delirar.<br />

CLORINDA<br />

(strappando Cenerentola con violenza dal suo<br />

sbalordimento)<br />

Donna sciocca! Alma di fango,<br />

cosa cerchi? che pretendi?<br />

Fra noi gente d’alto rango<br />

l’arrestarsi è inciviltà.<br />

DON MAGNIFICO<br />

(come sopra, da un’altra parte)<br />

Serva audace! e chi t’insegna<br />

di star qui fra tanti eroi?<br />

Va’ in cucina, serva indegna,<br />

non tornar mai più di qua.<br />

RAMIRO<br />

(frapponendosi con impeto)<br />

Alme vili! invan tentate<br />

d’insultar colei che adoro;<br />

alme vili! paventate!<br />

il mio fulmine cadrà.<br />

DANDINI<br />

Già sapea che la commedia<br />

si cangiava al second’atto:<br />

ecco aperta la tragedia,<br />

me la godo in verità.<br />

CLORINDA E TISBE<br />

Son di gelo.<br />

65


DON MAGNIFICO<br />

Son di stucco.<br />

RAMIRO<br />

(Diventato è un mamalucco.)<br />

CLORINDA, TISBE E DON<br />

MAGNIFICO<br />

Ma una serva...<br />

RAMIRO<br />

Olà, tacete!<br />

(facendo una mossa terribile)<br />

L’ira mia più fren non ha!<br />

CENERENTOLA<br />

(in ginocchio a Don Ramiro, che la rialza)<br />

Ah! signor, s’è ver che in petto<br />

qualche amor per me serbate,<br />

compatite, perdonate,<br />

e trionfi la bontà.<br />

CLORINDA, TISBE E DON<br />

MAGNIFICO<br />

(con disprezzo)<br />

Ah! l’ipocrita guardate!<br />

oh che bile che mi fa!<br />

RAMIRO E DANDINI<br />

(a Don Magnifico e le figlie)<br />

Quelle lagrime mirate:<br />

qual candore! qual bontà!<br />

DON MAGNIFICO<br />

Ma in somma delle somme,<br />

Altezza, cosa vuole?<br />

66<br />

RAMIRO<br />

Piano piano, non più parole:<br />

(Prende per mano Cenerentola.)<br />

questa sarà mia sposa.<br />

CLORINDA, TISBE E DON<br />

MAGNIFICO<br />

Ah! ah! dirà per ridere.<br />

(a Cenerentola)<br />

Non vedi che ti burlano?<br />

RAMIRO<br />

Lo giuro… mia sarà.<br />

DON MAGNIFICO<br />

Ma fra i rampolli miei,<br />

mi par che a creder mio...<br />

RAMIRO<br />

Per loro non son io.<br />

(con aria di disprezzo, contraffacendolo)<br />

Ho l’anima plebea,<br />

ho l’aria dozzinale.<br />

DANDINI<br />

Alfine sul bracciale<br />

ecco il pallon tornò;<br />

e il giocator maestro<br />

in aria il ribalzò.<br />

RAMIRO<br />

(tenendo con dolce violenza Cenerentola)<br />

Vieni a regnar… l’impongo.<br />

CENERENTOLA<br />

Su questa mano almeno;<br />

(Volendo baciar la mano a Don Magnifico, ed<br />

abbracciare le sorelle, è rigettata con impeto.)


e prima a questo seno...<br />

DON MAGNIFICO<br />

Ti scosta!<br />

CLORINDA E TISBE<br />

Ti allontana!<br />

RAMIRO<br />

Perfida gente insana!<br />

io vi farò tremar.<br />

CENERENTOLA<br />

(passeggiando incerta, e riflettendo, ed<br />

abbandonandosi a vari sentimenti)<br />

Dove son? che incanto è questo?<br />

Io felice! oh quale evento!<br />

È un inganno! ah! se mi desto!<br />

Che improvviso cangiamento!<br />

Sta in tempesta il mio cervello,<br />

posso appena respirar.<br />

ALTRI (meno Cenerentola)<br />

Quello brontola e borbotta,<br />

questo strepita e s’adira,<br />

quello freme, questo fiotta,<br />

chi minaccia, chi sospira;<br />

va a finir che ai Pazzarelli<br />

ci dovranno trascinar.<br />

RAMIRO E DANDINI<br />

Vieni… Amor ti guida<br />

a regnar, a trionfar.<br />

(Ramiro trae seco Cenerentola, ed è seguito da<br />

Dandini, e da Don Magnifico.)<br />

SCENA NONA<br />

Tisbe, Clorinda, indi Alidoro.<br />

TISBE<br />

Dunque noi siam burlate?<br />

CLORINDA<br />

Dalla rabbia<br />

io non vedo più lume.<br />

TISBE<br />

Mi pare di sognar: la Cenerentola...<br />

ALIDORO<br />

(entrando)<br />

Principessa sarà.<br />

CLORINDA<br />

Chi siete?<br />

ALIDORO<br />

(con alterigia)<br />

Io vi cercai la carità.<br />

Voi mi scacciaste. E l’Angiolina, quella<br />

che non fu sorda ai miseri,<br />

che voi teneste come vile ancella,<br />

fra la cenere e i cenci,<br />

or salirà sul trono. Il padre vostro<br />

le è debitor d’immense somme. Tutta<br />

si mangiò la sua dote. E forse forse<br />

questa reliquia di palazzo, questi<br />

non troppo ricchi mobili, saranno<br />

posti al pubblico incanto.<br />

TISBE<br />

Che fia di noi, frattanto?<br />

67


ALIDORO<br />

Il bivio è questo:<br />

o terminar fra la miseria i giorni,<br />

o curve a piè del trono<br />

implorar grazia ed impetrar perdono.<br />

Nel vicin atrio io stesso,<br />

presago dell’evento,<br />

la festa nuziale ho preparata.<br />

Questo, questo è il momento.<br />

CLORINDA<br />

Abbassarmi con lei! Son disperata!<br />

Sventurata! mi credea<br />

comandar seduta in trono.<br />

Son lasciata in abbandono<br />

senza un’ombra di pietà.<br />

Ma che serve! tanto fa:<br />

sono alfine giovinetta:<br />

capitar potrà il merlotto.<br />

Vo’ pelarlo in fretta in fretta,<br />

e scappar non mi potrà.<br />

Un marito, crederei,<br />

alla fin non mancherà.<br />

(Parte)<br />

ALIDORO<br />

La pillola è un po’ dura:<br />

ma inghiottirla dovrà; non v’è rimedio.<br />

E voi cosa pensate?<br />

TISBE<br />

Cosa penso?<br />

Mi accomodo alla sorte:<br />

se mi umilio alla fin, non vado a morte.<br />

(Parte.)<br />

ALIDORO<br />

Giusto ciel! ti ringrazio! I voti miei<br />

68<br />

non han più che sperar. L’orgoglio è oppresso.<br />

Sarà felice il caro alunno. In trono<br />

trionfa la bontà: contento io sono.<br />

(Esce.)<br />

SCENA ULTIMA<br />

All’alzarsi della tenda scorgesi un atrio con<br />

festoni di fiori illuminato, e nel cui fondo su<br />

piccola base siedono in due ricche sedie Ramiro,<br />

e Cenerentola in abito ricco; a destra in piedi<br />

Dandini, dame e cavalieri intorno. In un angolo<br />

Don Magnifico confuso, con gli occhi fitti in<br />

terra. Indi Alidoro, Clorinda e Tisbe, mortificate<br />

coprendosi il volto.<br />

CAVALIERI<br />

Della Fortuna istabile<br />

la revolubil ruota<br />

mentre ne giunge al vertice<br />

per te s’arresta immota:<br />

cadde l’orgoglio in polvere,<br />

trionfa la bontà.<br />

RAMIRO<br />

(scuotendo Cenerentola)<br />

Sposa...<br />

CENERENTOLA<br />

(stupida per la gioia)<br />

Signor, perdona<br />

la tenera incertezza<br />

che mi confonde ancor. Poc’anzi, il sai,<br />

fra la cenere immonda...<br />

ed or sul trono... e un serto mi circonda.


DON MAGNIFICO<br />

(corre in ginocchio)<br />

Altezza... a voi mi prostro...<br />

CENERENTOLA<br />

Né mai m’udrò chiamar la figlia vostra?<br />

RAMIRO<br />

(accennando le sorelle)<br />

Quelle orgogliose...<br />

CENERENTOLA<br />

Ah, prence,<br />

io cado ai vostri piè. Le antiche ingiurie<br />

mi svanir dalla mente.<br />

sul trono io salgo; e voglio<br />

starvi maggior del trono,<br />

e sarà mia vendetta il lor perdono.<br />

Nacqui all’affanno, al pianto;<br />

soffrì tacendo il core;<br />

ma per soave incanto,<br />

dell’età mia nel fiore,<br />

come un baleno rapido<br />

la sorte mia cangiò.<br />

(a Don Magnifico, e sorelle)<br />

No no, tergete il ciglio,<br />

perché tremar, perché?<br />

A questo sen volate;<br />

figlia, sorella, amica,<br />

(abbracciandole)<br />

tutto trovate in me.<br />

TUTTI (meno Cenerentola)<br />

M’intenerisce e m’agita:<br />

è un Nume agli occhi miei.<br />

Degna del tron tu sei,<br />

ma è poco un trono a te.<br />

È un nume!<br />

CENERENTOLA<br />

Padre... Sposo... Amico... oh istante!<br />

Non più mesta accanto al foco<br />

sarò sola a gorgheggiar.<br />

Ah fu un lampo, un sogno, un gioco<br />

il mio lungo palpitar.<br />

DAME E CAVALIERI<br />

Tutto cangia a poco a poco,<br />

cessa alfin di sospirar.<br />

69


70<br />

Le fotografie sono state prese a Bari. © Cosimo Mirco Magliocca


Immagini<br />

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Saggi e contributi<br />

83


Stefano Catucci<br />

Tutte le maschere di ‘Cenerentola’<br />

Nel libro che dedicò alla Vita di Rossini, pubblicato nel 1941, Riccardo Bacchelli<br />

parla di La Cenerentola in un capitolo dedicato al Rossini Operista serio e pone quel<br />

titolo accanto ad altri due, Otello e La gazza ladra, argomentando la necessità di<br />

abbandonare un rigido criterio cronologico e di assumere, invece, una prospettiva<br />

tematica per i lavori successivi al Barbiere di Siviglia. Per l’autore de Il mulino del<br />

Po si tratta di un’evidenza incontestabile: il Barbiere resta per lui un’opera unica,<br />

un non plus ultra, dopo il quale «le sollecitazioni reali e profonde» dello spirito<br />

di Rossini «volsero e s’ispirarono all’opera seria, drammatica e tragica». Quasi<br />

cinquant’anni dopo Bruno Ca gli, fra i musicologi impegnati in prima linea nel<br />

movimento della cosiddetta Rossini-Renaissance, imposta un suo breve saggio partendo<br />

dalla tesi opposta, ovvero dall’idea che La Cenerentola rappresenti l’ultima<br />

opera buffa di Ros sini, o meglio il suo «congedo» da un genere al quale tuttora<br />

siamo portati spontaneamente a legarlo, ma che occupa nella sua produzione solo<br />

cinque titoli limitati, oltretutto, a un arco creativo durato pochissimi anni: 1813<br />

per L’italiana in Algeri; 1814 per Il Turco in Italia; 1816 per Il Barbiere di Siviglia e<br />

per La Gazzetta; 1817 appunto per La Cenerentola. Da questi due opposti giudizi<br />

emergono valutazioni simmetriche anche per quel che riguarda il li bretto steso dal<br />

poeta romano Jacopo Ferretti. Pessimi versi, i suoi, secondo Bacchelli: «per quanto<br />

stava in lui il librettista ha fatto tutto per guastare la favola di Perrault, e anzi c’è<br />

da stupire, sommato tutto, che se ne sia salvata la figura della protagonista». Un<br />

buon libretto, invece, secondo Bruno Cagli, se si pensa che Ferretti aveva preso a<br />

modello non tanto la favola di Perrault, quanto le riduzioni operistiche già diffuse<br />

nel teatro musicale del tempo, e che rispetto a queste ultime aveva saputo intro-<br />

85


86<br />

durre caratterizzazioni, me tafore e situazioni capaci di fornire solidi pigli all’estro<br />

musicale di Rossini. Si può citare un terzo parere, anche questo dovuto a uno degli<br />

studiosi di Rossini oggi di maggior prestigio, Philip Gossett. Ascrivibile al genere<br />

dell’opera buffa, o meglio ancora del «dramma giocoso», come recita la dicitura<br />

precisa dell’opera, La Cenerentola se ne distacca per l’uso di formule “serie” che<br />

svol gono, tuttavia, una precisa funzione narrativa e non modificano il carattere<br />

fondamentalmente leggero della composizione.<br />

Più che una mediazione fra i primi due giudizi, quello di Gossett suona come<br />

una specificazione del secondo, dato che concorda con Bruno Cagli nell’ascrivere<br />

La Cenerentola al genere buffo, ma al tempo stesso cerca di individuare l’origine<br />

delle difficoltà che l’opera ha suscitato nel pubblico, nei critici e nei commentatori.<br />

«Dramma giocoso», del resto, era anche la dizione data da Lorenzo da Ponte e da<br />

Mozart al Don Giovanni, ed è noto che da secoli la bilancia dei giudizi pende ora<br />

su un termine, ora sull’altro, a seconda che quell’opera venga collocata nel filone<br />

“buffo” di derivazione italiana o nel solco di una sensibilità romantica ancora in<br />

stato nascente. Per La Ceneren tola le cose non stanno molto diversamente. Anche<br />

se si ritiene fuori luogo scomodare al riguardo una “questione romantica”, quel di<br />

cui si discute è la poetica di Rossini, la sua complessità pur all’interno di un’epoca<br />

segnata dalla Restaurazione e incline, proprio per questo, a fissare anche la pratica<br />

musicale all’interno di schemi piuttosto rigidi. La musica di Rossini forza di continuo<br />

questa rigidità, lotta contro le convenzioni più stanche del teatro d’opera e lo<br />

fa scegliendo una strada ingrata e piena di equilibrismi: non la trasgressione, ma la<br />

cura per il patrimonio di regole ereditato dalla tradizione; non il salto in un altro<br />

registro stilistico, ma la sottile deviazione all’interno di un linguaggio coerente con<br />

quello delle generazioni precedenti.<br />

La Cenerentola, da questo punto di vista, è un capolavoro di ambivalen za. Della<br />

favola di Perrault vengono eliminati tutti i riferimenti fantastici, gli aspetti magici,<br />

tutto quel ch’era già pronto per una bella confezione piena di mistero e di<br />

romantica ingenuità. Lo scheletro che resta è perfetto per un apologo illuminista,<br />

razionalmente ordinato. Ma proprio laddove la “ragione” sembra sancire il suo<br />

trionfo anche in una favola, ecco che versi e musica indicano continuamente il<br />

limite oltre il quale essa è destinata a perdersi: un pensiero che svapora, ammattisce,<br />

un diventare folli o stupidi che accom pagna i rovesciamenti della commedia<br />

trasformandoli in nonsense. Il primo segno di tutto questo, ancora nella Scena I<br />

dell’Atto I, sembra un’eco di quel che si diceva nel Barbiere, dove nel concertato<br />

conclusivo dell’Atto I le voci dei protagonisti dicevano: «mi par d’esser con la testa<br />

in un’orrida fucina». Qui, nella Cenerentola, è il precettore del principe Ramiro,


Alidoro, in vesti da mendicante, a commentare insieme al coro la frenesia delle<br />

sorelle Tisbe e Clorinda e la persecuzione della protagonista: «nel cervello una<br />

fucina sta le pazze a martellar», dice Alidoro. E il coro, di rimando: «già nel capo<br />

una fucina sta le donne a martellar». “Buffa”, dunque, è La Cenerentola perché<br />

risponde a tutti gli stereotipi del genere, dal travestimento agli inganni, dalla lotta<br />

fra amore e ambizione alle cadute repentine da una condizione all’altra: povertà e<br />

ricchezza, felicità e infelicità. Ma “seria”, o almeno intrisa di elementi seri, perché<br />

inscena il vacillare della ragione di fronte a sentimenti elementari come la gelosia,<br />

l’invidia, l’ambizione, l’amore stesso. Stando alla testimonianza del librettista,<br />

Ferretti, Rossini aveva accolto con un’improvvisa accensione di interesse il titolo<br />

Cendrillon fra i molti che gli erano stati proposti, e che aveva ascoltato snocciolare<br />

dal poeta con un senso crescente di noia e rassegnazione. È possibile che fin dal<br />

principio egli abbia avuto già in mente quel che l’opera avrebbe potuto diventare.<br />

Più probabile, però, che egli intuisse come l’argomento di una favola così semplice<br />

– o meglio: semplice come semplici sono sempre gli archetipi – gli avrebbe lasciato<br />

la più ampia libertà nel trattamento dei personaggi e della materia musicale. Se fu<br />

così, l’intuizione si rivelò giusta: La Cenerentola stimolò la miglior vena creativa di<br />

Rossini e il suo gusto per la varietà delle soluzioni musicali, profuse in quest’opera<br />

con un’abbondanza che non ha eguali nelle sue altre composizioni di quel periodo.<br />

A confermare questa circostanza c’è anche la scarsità dei cosiddetti “autoimprestiti”,<br />

singoli numeri musicali già scritti in precedenza per un’altra opera e riutilizzati<br />

con disinvoltura in una nuova partitura. Rossini faceva abitualmente ampio ricorso<br />

a questo stratagemma, sia perché lo aiutava nei ritmi velocissimi di scrittura ai<br />

quali era forzato, sia perché da alcune opere non c’era da aspettarsi che circolassero<br />

molto e archiviarne in modo definitivo la musica avrebbe significato, agli<br />

occhi dell’autore, sacrificarla inutilmente. La Cenerentola, da questo punto di vista,<br />

abbonda di musica nuova, com posta più o meno nell’arco di un mese: sappiamo<br />

infatti che il titolo venne proposto da Ferretti a Rossini due giorni prima del<br />

Natale 1816 e che il 25 gennaio 1817 l’opera debuttò al Teatro Valle di Roma.<br />

Come sempre accadeva in casi come questi, quando i tempi erano così ridotti, il<br />

compositore scriveva a mano a mano che riceveva i nuovi versi dal poeta, così che<br />

parole e musica progredivano in parallelo, seguendo la sceneggiatura generale – il<br />

«program ma», si diceva allora – che Ferretti aveva preparato subito dopo la decisione<br />

di lavorare al soggetto. Per snellire il lavoro Rossini, come altre volte gli<br />

era accaduto, si era rivolto a un aiutante, un compositore di origine marchigiana<br />

attivo alla Chiesa Nuova di Roma, tale Luca Agolini, noto nell’ambiente come<br />

“Luchetto lo zoppo”. Il suo apporto non fu di poco peso anche se – come vedremo<br />

87


88<br />

– venne eliminato del tutto a partire dai successivi allestimenti dell’opera. Certo<br />

è che il sistema di velocizzazione più a portata di mano di Rossini, quello degli<br />

“autoimprestiti”, appunto, venne usato con una parsimonia sorprendente, anche se<br />

in posizioni di tutto rilievo. Due soltanto, infatti, sono i brani importati da altre<br />

opere, ma si tratta dell’Ouverture e del Finale, dunque dell’apertura e della conclusione<br />

dell’opera. L’Ouverture venne presa da La Gazzetta, opera che aveva debuttato<br />

qualche mese prima a Napoli (Tea tro dei Fiorentini, 26 settembre 1816), ma<br />

che d’altra parte era una sorta di compilazione di pagine prese da opere precedenti<br />

e che Rossini riteneva forse nociva per una pagina così equilibrata e ricca come la<br />

sinfonia introduttiva, ora spostata di peso all’inizio di La Cenerentola. Per il finale,<br />

invece, Rossini corse un rischio prendendo a prestito un passaggio altamente riconoscibile<br />

del Barbiere di Siviglia, opera che aveva debuttato sempre a Roma un<br />

anno prima e che, dopo il celebre e forse pilotato tonfo della “prima”, aveva raccolto<br />

un successo clamoroso. Si trattava dell’aria di Almaviva «Cessa più di resistere»,<br />

un brano particolarmente difficoltoso per una voce di tenore e che, concepito per<br />

il primo interprete del ruolo, Manuel Garcìa, sarebbe stata inevitabilmente tagliata<br />

o in presenza di cantanti meno dotati. Rossini pensò allora di passarla a una voce<br />

femminile e ne fece la base del Rondò «Non più mesta accanto al fuoco starò<br />

sola a gorgheggiar», ultimo intervento di Cenerentola al quale si aggiunge il coro<br />

per la chiusa dell’opera. Il rischio consisteva da un lato nel fatto che il pubblico<br />

di quei tempi non amava particolarmente simili riprese, dall’altro nella presenza,<br />

nel cast di La Cenerentola, di cantanti che avevano già partecipato all’allestimento<br />

del Barbiere, come Geltrude Righetti-Giorgi e Zenobio Vitarelli, rispettivamente<br />

Resina e Basilio un anno prima.<br />

Proprio l’azzardo e l’evidenza di questi autoimprestiti, oltretutto così con tenuti<br />

nel numero, da però conto del ruolo che Rossini aveva attribuito loro in questa<br />

occasione: non una scorciatoia per sveltire il lavoro o per ottenere il massimo<br />

dell’effetto con il minimo sforzo, ma una sorta di trasfigurazione del la scrittura<br />

che da un contesto determinato sale verso le vette di un’astrazione metafisica. È<br />

come se Rossini, detto altrimenti, si staccasse dalla storia che sta raccontando per<br />

applicarvi una formula di belcanto allo stato puro, quasi a rimarcare che il gioco<br />

e la tecnica belcantistica hanno sempre come appro do ideale una sopraelevazione<br />

rispetto ai casi del dramma e della commedia, dunque una uscita dai canoni narrativi<br />

il cui effetto risulta inevitabilmente straniante per una coscienza intimamente<br />

“narrativa” com’è quella moderna.<br />

Una musica che non sia narrazione, appunto, ma riflessione su se stessa, omaggio<br />

a se stessa; una musica che non metta in scena veri e propri perso naggi, con le


loro psicologie, ma maschere, e che oltretutto con le maschere giochi prendendo<br />

sul serio i travestimenti cui danno luogo: ecco La Cenerentola di Rossini ed ecco<br />

anche, oltre La Cenerentola, la via di fuga intravista da Rossini in controcorrente<br />

rispetto al cammino della modernità. Solo prendendo sul serio le maschere, d’altra<br />

parte, era possibile costruire tutto l’intreccio di metamorfosi che attraversa da cima<br />

a fondo la scrittura vocale di quest’opera. Prendiamo la protagonista, Cenerentola:<br />

quando è ridotta a serva delle sue sorellastre, dunque al gradino più basso della<br />

scala sociale, quel che canta accanto al fuoco è un’aria semplice, di andamento<br />

popolare, «Una volta c’era un re», nenia dolcissima e insistente che viene ripetuta e<br />

derisa da Clorinda e Tisbe, ma che Cenerentola sta intonando anche quando incontra<br />

per la prima volta il principe Ramiro, a sua volta travestito da servitore, e che<br />

ricomparirà nell’Atto II, dopo la scena del ballo e prima della musica di Tempesta.<br />

Il duet to che Cenerentola e Ramiro cantano insieme nell’Atto I, «Un soave non<br />

so che», ha lo stesso ritmo della canzone: corrisponde a una prima trasformazione<br />

stilistica, con una vocalità più complessa e sognante, simbolo della proiezione<br />

verso una speranza e un desiderio. Giunta alla fine dell’opera, balzata al verti ce del<br />

mondo grazie al matrimonio con il principe, Cenerentola ha ormai uno stile vocale<br />

nobile, trasfigurato rispetto agli inizi, e proiettato appunto verso quell’astrattezza<br />

metafisica di cui il belcanto, come si è detto, rappresenta il simbolo. Un analogo<br />

processo di trasformazione tocca d’altra parte anche tutti gli altri personaggi<br />

dell’opera, con l’unica eccezione di Don Magnifico e delle sue figlie predilette,<br />

Clorinda e Tisbe, figure che appaiono fissate fin dal principio in quello stile buffo<br />

che gli altri caratteri dell’opera, invece, saranno continuamente portati a trascendere.<br />

Alidoro, il precettore del principe, cam bia stile e linguaggio a seconda che<br />

sia in vesti di mendicante o si presenti con il proprio abito. Così Dandini, il servo<br />

di Ramiro, ostenta un canto dalla nobiltà persino affettata quando indossa i panni<br />

del suo principe, ma ridi scende rapidamente verso un tono più asciutto e popolare<br />

quando torna nelle proprie sembianze. Il duetto nel quale rivela la propria identità<br />

a Don Magni fico («Un segreto d’importanza», Atto II), è però esemplare perché<br />

mostra la diversità del trattamento dei personaggi integralmente “buffi” rispetto<br />

a quelli che attraversano un cammino di trasformazione nel corso dell’opera: pur<br />

con fessando il proprio vero mestiere, e pur adeguandosi allo stile vocale sillabato<br />

e caricaturale di Don Magnifico, Dandini inizia la sua parte con un eloquio da<br />

“opera seria” che al suo interlocutore è interdetto e mantiene, anche in seguito, un<br />

aplomb e una dignità fuori dalla portata dell’altro. D’altra parte, un effetto ancora<br />

più sfumato Rossini lo ottiene nella scena dell’apparizione di Cenerentola al<br />

ballo, nell’Atto I, quando il coro «Parlar, pensar vorrei», viene affrontato con uno<br />

stile che individua con precisione, al suo interno, il carat tere di ogni singola voce,<br />

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90<br />

dunque di ogni singolo personaggio. La formula è quella del tema con variazioni:<br />

Clorinda espone il tema con secchezza, Ramiro ne propone una prima variazione<br />

riccamente ornata, vale a dire aristocratica, quindi Cenerentola stessa ne esegue<br />

una variazione esuberante, con salti che spiccano verso l’alto, mentre Dandini segue<br />

un ritmo di terzine che già piegano verso uno stile più basso, tendente al buffo.<br />

Stili diversi che Rossini riunisce poi con un solo gesto, sintetico e geniale, nella<br />

cadenza conclusiva.<br />

Sulla base di quanto è stato detto, l’ambivalenza di La Cenerentola comin cia a<br />

chiarirsi. È un’opera buffa, ma al suo interno contiene passaggi vocali in stile serio<br />

che per un verso connotano i travestimenti e i percorsi dei suoi protagonisti, per<br />

un altro ne ibridano il linguaggio collocandolo al di là di ciò che in quell’epoca<br />

si attribuiva al comico tout court. È un’opera di masche re, non di personaggi, e di<br />

maschere che contengono ciascuna un doppio al proprio interno: Cenerentola è<br />

serva e principessa, Dandini servitore e princi pe, come Ramiro, mentre Alidoro<br />

è precettore e mendicante. Malgrado queste doppiezze, inoltre, ogni maschera è<br />

attentamente individualizzata, anche se per ottenere questo effetto Rossini deve<br />

lavorare proprio sul passaggio da un polo all’altro di ciascun carattere, adeguando<br />

lo stile vocale ai travestimenti e ai ruoli ricoperti volta per volta. Infine è un’opera<br />

nella quale l’individuazione non passa per le arie solistiche, ma per i pezzi d’insieme.<br />

Il paradosso è solo apparente. Le arie solistiche, la maggior parte delle quali è<br />

riservata all’unico carattere integralmente buffo, quello di Don Magnifico, servono<br />

meno a de finire un carattere che non a ratificare una definizione già data nei pezzi<br />

di insieme, all’interno dei quali hanno luogo le trasformazioni e i passaggi da un<br />

polo all’altro della posizione sociale. Lo si può verificare nel magnifico Sestetto<br />

che nell’Atto II funge da vero e proprio finale anticipato – «Questo è un nodo avviluppato»<br />

– capolavoro di finezza polifonica e di efficacia rappresentativa. Ma lo<br />

si può vedere, ripercorrendo all’indietro La Cenerentola, anche nel Finale dell’Atto<br />

I, nel Quintetto «Signor, una parola», nel coro che chiude l’Introduzione dell’opera:<br />

tutte scene che culminano nella confusione, nel rovesciamen to dei ruoli, nella<br />

dichiarazioni di follia personale o collettiva, quasi che dopo ogni appuntamento<br />

corale l’individuazione dei personaggi avesse avuto solo lo scopo di stranire i personaggi<br />

della commedia, e anzitutto quelli che restano fissi in tanto movimento,<br />

Don Magnifico, Clorinda e Tisbe.<br />

Ma l’ambivalenza delle situazioni di La Cenerentola è anche il risultato di una<br />

sottrazione: quella degli elementi magici e fiabeschi della favola di Perrault, del<br />

tutto assenti nella versione di Ferretti e Rossini. Che alcuni dettagli, come la so-


stituzione della celeberrima scarpetta di Cenerentola con un doppio bracciale, uno<br />

dei quali lasciato a Ramiro nel corso della festa danzante, si può forse comprendere<br />

pensando alla cultura popolare del tempo, così com’è ancora attestata dalle<br />

favole di Le cunto de’ li cunti raccolte alla fine del Seicento da Giovan Battista<br />

Basile e dalle ricerche svolte da Roberto De Simone all’epoca in cui preparava La<br />

gatta Cenerentola (1976). La cultura popolare del tempo, non solo quella italiana,<br />

considerava la scarpa femminile simbolo di verginità, tanto che averla perduta<br />

fuggendo da una festa danzante, come accade a Cenerentola, appariva un’allusione<br />

sessuale evidentissima, con un corteo di doppi sensi pronti a moltiplicarsi a<br />

ogni ulteriore tappa della storia. Quello del bracciale, insomma, era un espediente<br />

pensato per neutralizzare una metafora. La rinuncia al resto del corredo fiabesco<br />

dipende invece, con ogni probabilità, dall’aver scelto come riferimento letterario<br />

non tanto il testo di Perrault, quanto il libretto di Francesco Fiorini per un’opera<br />

del compositore Stefano Pavesi: Agatina, ovvero la virtù premiata. Andata in scena<br />

alla Scala nel 1814, è un lavoro che si ipotizza sia Rossini che il suo librettista,<br />

Ferretti, conoscessero bene – l’uno per averla ascoltata a Milano, l’altro per averne<br />

letto il testo –, così come si pensa che a Ferretti non fosse ignota l’opera di Nicolas<br />

Isouard, Cendrillon, che nel 1810 aveva visto la luce a Parigi con un libretto in stile<br />

di féerie di Charles G. Étienne. Certo La Cenerentola ricorda molto da vicino nella<br />

struttura, specie nelle prime scene, l’Agatina di Pavesi e Fiorini, e non c’è dubbio<br />

che una convinzione espressa da Ferretti – «il pub blico vuole a teatro qualcosa di<br />

diverso da quello che può divertirlo in una storiella accanto al fuoco» – accrediterebbe<br />

ulteriormente l’idea che quell’opera, e non Perrault, sia stato il punto di<br />

riferimento tanto del poeta quanto del musicista. Il confronto fra le due opere,<br />

tuttavia, mostra quanto la mano di Rossini abbia calcato la mano su aspetti ai quali<br />

i versi di Ferretti offrono valida sponda: dunque, quanto i due abbiano lavorato in<br />

fretta e in pieno accordo, nonostante tutti i giudizi negativi che il tempo ha accumulato<br />

verso la qualità del libretto. Proprio perché maschere, e non personaggi, i<br />

caratteri di La Cenerentola hanno tutti qualcosa di estremo: grandiosi o miserabili<br />

che siano i loro gesti tutto, in loro, ha una punta di un eccesso che invade anche<br />

i sogni e l’immaginazione. Basti pensare al sogno, appunto, che Don Magnifico<br />

racconta dopo essere stato svegliato dai suoi «rampolli femminini» per vedere di<br />

quali visioni strampalate e ambiziosissime egli fosse capace – e di quali immagini<br />

poetiche, divertenti ed efficaci, fosse capace Ferretti. Ma questo eccesso, che solo<br />

di rado scivola nella caricatura, è anche ciò che permette alle maschere, tramite il<br />

loro carattere allegorico e tuttavia ben individualizzato, di riprendere un inatteso<br />

contatto con il mondo della fiaba. Non dal lato della magia, però, ma da quello<br />

dell’apologo, cosicché il sottotitolo dell’opera, La Bontà in Trionfo, ne sarà come<br />

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92<br />

un sigillo, ma paradossale, perché applicato precisamente a un eccesso. Un eccesso<br />

di bontà e uno di cattiveria, un eccesso di credulità e uno di astuzia, un eccesso di<br />

generosità e uno di avidità: ecco i caratteri opposti che senza più magia, e senza<br />

mistero, si allineano l’un contro l’altro in questa favola dove tutto cambia ruotando<br />

intorno a un’unica stella fissa: quella dello stupor – stupore, follia o stupidità che<br />

sia. È lì che la vicen da ha il suo perno. Ed è lì che la ragione di ognuno rischia di<br />

perdersi ogni volta che si spinge fino al limite dei suoi eccessi, buoni o cattivi che<br />

siano.<br />

Resta ancora qualcosa da dire a proposito della collaborazione di “Luchetto lo<br />

Zoppo”, autore di tre pezzi quasi subito tolti da Rossini: un coro di Cavalieri<br />

all’inizio dell’Atto II, un’aria di Clorinda prima della fine dell’Atto II, infine l’aria<br />

di Alidoro «Vasto teatro è il mondo», nell’Atto I. I primi due brani vennero eliminati<br />

da Rossini già dopo le prime recite: del resto non sembra vano necessari<br />

all’economia dell’opera ed erano stati inseriti più che altro per rispetto delle convenzioni<br />

dell’epoca - l’aria di Clorinda era di quelle che si definivano “da sorbetto”,<br />

cioè di quelle che, affidate a una voce di secondo piano, si potevano ascoltare in<br />

beata distrazione. L’aria di Alidoro svolgeva, in vece, un ruolo importante, anche<br />

perché dava più spessore a uno dei caratteri implicato nelle trasformazioni vocali<br />

e sociali con le quali Rossini gioca per tutto il corso dell’opera. Quando a Roma<br />

La Cenerentola venne ripresa (dopo un esito modesto alla “prima” le successive<br />

recite furono un buon successo), Rossini chiese allora a Jacopo Ferretti di preparare<br />

nuovi versi per un’aria di grande respiro, in stile serio: «Là del ciel nell’arcano<br />

profondo». Un’aria «mo rale», la definì Ferretti, e che testimonia una volta di più<br />

quanto per Rossini contasse, in quest’opera, l’oscillazione fra diversi registri, la volontà<br />

di inserire momenti di forte impegno virtuosistico e stilistico accanto ad altri<br />

di più schietta comicità. Oggi La Cenerentola la si ascolta per lo più mantenendo<br />

quest’aria, e comunque senz’altro intervento di Luca Agolini che non sia la – probabile<br />

– stesura dei recitativi.


Daniele Abbado<br />

Il passo di Cenerentola. Brevi annotazioni di regia<br />

Sono diversi gli elementi teatrali in cui si snoda la Cenerentola di Rossini: rinuncia<br />

al magico-favolistico in favore di un racconto esistenziale, momenti comici, travestimenti,<br />

allusioni allo sfondo tragico della vicenda.<br />

Squilibrio – equilibrio: Cenerentola sembra parlarci di questo contrasto, e la musica<br />

di Rossini sembra trovare qui il proprio materiale elettivo.<br />

La traccia da seguire sembra indicarla Rossini stesso, articolando una serie di momenti<br />

in cui il manifestarsi di una natura umana, tanto esagerata da risultare incomprensibile,<br />

produce una perdita della ragione.<br />

In questo testo, la mente umana vacilla e si confonde: la ragione confusa è forse il<br />

tema maggiormente ricorrente nel testo, appellata in svariati modi.<br />

Questi momenti servono a Rossini per portare le situazioni e i personaggi ad un<br />

punto in cui la confusione genera estasi, stupore, trasfigurazione.<br />

Qui è la musica a compiere una ulteriore trasformazione, decisiva: lo scatenamento<br />

dell’intelligenza musicale rossiniana “stacca” i personaggi dalla propria condizione<br />

individuale trasportandoli in una dimensione più astratta, in cui la musica<br />

stessa diventa fatto narrativo, ironico e introspettivo.<br />

La Cenerentola di Rossini si apre nel segno dei travestimenti. Tutti i personaggi “travestono”<br />

la propria identità, la nascondono, non sanno o non vogliono riconoscerla.<br />

Ciò che colpisce, di questa Cenerentola, è il fatto che la sua trasformazione non<br />

implichi incantesimi, ma sia un cambiamento interiore.<br />

Studiando le tante varianti della favola di Cenerentola di ogni luogo del mondo<br />

e di ogni tempo, si scopre una Cenerentola imparentata con personaggi a volte<br />

inattesi, come Edipo, Giasone, Filottete.<br />

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94<br />

La Cenerentola di Rossini appare come la trasformazione in chiave moderna del<br />

tema del monosandalismo, del piede nudo, ovvero della constatazione che è impossibile<br />

varcare ritualmente la soglia dell’altro mondo con il passo ordinario, cioè<br />

con “tutti e due i piedi”, come ben spiega Carlo Ginzburg in un suo libro.<br />

Un passaggio che ci porta a comprendere, per esempio, perché la Cenerentola di<br />

Rossini, nel primo atto, manifesti una sorta di perdita di identità. Un personaggio<br />

quasi sonnambulistico, che si domanda chi è.<br />

Qui Rossini genialmente allude, e solo allude, alla storia tragica di questa giovane<br />

orfana lasciata in cattive mani. Ma quando poi il personaggio compie la sua trasformazione,<br />

riuscendo a ricomporre il proprio sé confuso, viene fuori un profilo<br />

di grande statura.<br />

Nessun passaggio patetico, quindi, ma una malinconia che lascia intravedere un<br />

trauma, una sofferenza originaria. Questo ci indica l’irruzione, totalmente inaspettata<br />

visto il contesto, del tema della morte: “Ella morì”. A quel punto lo stupore arriva<br />

ai suoi massimi ed è chiaro che Rossini sta scherzando con temi estremamente seri.<br />

In equilibrio geniale convivono nella penna di Rossini due dimensioni: una esistenziale,<br />

metafisica e un’altra da commedia, con personaggi anche volgari. Il suo<br />

don Magnifico sembra davvero uno zio disegnato da Peppino De Filippo o da<br />

Vittorio De Sica, con tutte le esagerazioni che abitano questo genere di personaggi<br />

– c’è addirittura il classico “Bestia, maiuscole!”. Insomma, la Cenerentola rossiniana<br />

finisce per toccare gli aspetti più alti e tutte le diverse possibilità espressive del comico:<br />

di situazione, astratto, surreale: e questa ricchezza genera il linguaggio forse<br />

più evoluto delle opere comiche rossiniane.<br />

Questi sono i motivi che rendono poco interessante, oggi, una lettura scenica favolistica<br />

o realistica.<br />

Al contrario, in Rossini c’è tutto il meglio del peggio, e questa Cenerentola ha anche<br />

il tono e il senso di una celebrazione comica delle miserie umane.<br />

Per questo credo che al palcoscenico vada richiesta la ricerca di un punto di incontro<br />

tra l’astratto e il concreto delle situazioni, tale è la varietà degli archetipi attivi<br />

nella drammaturgia.<br />

Finale: il finale è la fine di un trauma e di una perdita. Il personaggio di Cenerentola<br />

giunge ad una nuova nascita e questa nuova nascita comporta l’uscita dal terrore.<br />

La “bontà” di Cenerentola vale, nel finale, come istinto vitale di colei che toglie la<br />

paura degli altri: “Tergete il ciglio. Perché tremar?”<br />

Per avere un ampio respiro.<br />

Per camminare in quel passaggio da una dimensione all’altra che marca ogni trasformazione<br />

c’é bisogno di respiro e di buon passo.


Su Rossini<br />

Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Estetica (lezioni tenute dal 1818 al 1829)<br />

Per questi aspetti la bellezza veramente musicale risie de nel fatto<br />

che si passa, sì, dal semplicemente melodico al caratteristico, ma che<br />

entro questa particolarizzazione il melodico resta conservato come<br />

l’anima che dà unità e sostegno; come, per esempio, sempre si conserva<br />

il tono della bel lezza nel caratteristico delle pitture di Raffaello. Il<br />

melo dico è allora pieno di significato, ma pur in ogni determi natezza<br />

esso è l’animazione compenetrante ed unificante, ed il particolare<br />

caratteristico appare soltanto come un ri lievo di lati determinati che<br />

per via interna sono ricondotti sempre a questa unità ed animazione.<br />

Cogliere a tale pro posito la giusta misura è nella musica più difficile<br />

che in altre arti, perché la musica più facilmente si disgiunge<br />

in entrambi questi opposti modi di espressione. Così quasi in ogni<br />

epoca il giudizio su opere musicali è diviso; gli uni danno la prevalenza<br />

al melodico, gli altri a quel che è più caratteristico. Per esempio,<br />

Händel, che anche nelle sue opere ha spesso richiesto per singoli<br />

momenti lirici grande rigore di espressione, ebbe da sostenere già al<br />

suo tempo molte lotte con i suoi cantanti italiani e alla fine, quando<br />

anche il pub blico si schierò dalla parte di costoro, si diede intieramente<br />

a comporre oratori, in cui le sue doti di autore trovarono il più<br />

ricco campo. Anche all’epoca di Gluck fu famosa la lun ga e vivace<br />

controversia tra i seguaci di Gluck e quelli di Piccinni. Rousseau, dal<br />

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96<br />

canto suo, di contro alla mancanza di melodia dei Francesi antichi,<br />

ha preferito di nuovo la musica melodica italiana; e oggi infine si<br />

discute alla stessa maniera pro e contro Rossini e la moderna scuola<br />

italiana. Gli avversari spacciano infatti la musica di Rossini come un<br />

vuoto solletico dell’orecchio. Ma se si entra un po’ nelle sue melodie,<br />

questa musica è invece estremamente ricca di sentimento, di spirito,<br />

e penetra nell’animo e nel cuore, sebbene poi essa non si abbandoni<br />

a quel genere di caratteristica che è preferito specialmente dal rigoroso<br />

intelletto musicale tedesco. Infatti anche troppo spesso Rossini<br />

è in fedele al testo e con le sue libere melodie oltrepassa ogni confine,<br />

cosicché si ha allora la scelta se restare nell’argo mento ed essere insoddisfatti<br />

della musica che non vi con corda più, oppure rinunciare<br />

al contenuto e senza impedi menti ricrearsi alle libere invenzioni del<br />

compositore e godere con l’anima l’ anima che vi è in esse.<br />

(Parte terza. Traduzione di Nicolao Merker e Nicola Vaccaro, Einaudi 1967)<br />

Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione (1819)<br />

[La musica] non esprime dunque questa o quella singola e determinata<br />

gioia, questo o quel turbamento, o dolore, o terrore, o giubilo, o<br />

letizia, o serenità; bensì la gioia, il turbamento, il dolore, il terrore, il<br />

giubilo, la letizia, la serenità in se stessi, e, potrebbe dirsi, in abstracto,<br />

dandone ciò che è essenziale, senza accessori, quindi anche senza i<br />

loro motivi. Perciò noi comprendiamo la musica perfettamente, in<br />

questa purificata quintessenza. Di là procede che la fantasia venga<br />

dalla musica con tanta facilità eccitata, tenti allora di dar forma a<br />

quel mondo di spiriti, che direttamente ci parla, invisibile e pur sì<br />

vivamente mosso, e di vestirlo con carne e ossa, cioè impersonarlo<br />

in un esempio analogo. Questa è l’origine del canto accompagnato<br />

da parole, e finalmente dell’opera – la quale appunto perciò non<br />

dovrebbe mai abbandonare questa situazione subordinata per salire<br />

al primo luogo, ridurre la musica a semplice mezzo della propria<br />

espressione; la qual cosa è un grosso errore e una brutta stortura.<br />

Imperocché sempre la musica esprime la quintessenza della vita e dei


suoi eventi, ma non mai questi medesimi; le cui distinzioni quindi<br />

non hanno il minimo influsso sopra di lei. Appunto tale universalità,<br />

che a lei esclusivamente appartiene, malgrado la determinatezza più<br />

precisa, le dà l’alto valore, ch’ella possiede come panacea di tutti i<br />

nostri mali. Se quindi si vuol troppo adattar la musica alle parole, e<br />

modellarla sui fatti, ella si sforza a parlare un linguaggio che non è il<br />

suo. Da questo difetto nessuno s’è tenuto lontano come Rossini: perciò<br />

la musica di lui parla sì limpido e puro il linguaggio suo proprio,<br />

da non aver punto bisogno di parole, ed esercitare quindi tutto il suo<br />

effetto, anche se eseguita dai soli strumenti.<br />

(Libro terzo. Traduzione di P. Savj-Lopez e G. de Lorenzo, Laterza, 1928)<br />

97


Libri all’opera<br />

Le pubblicazioni delle Edizioni del Teatro Municipale Valli<br />

The Rake’s Progress di Igor Stravinskij, a<br />

cura dell’Ufficio Stampa del Teatro Municipale Valli, Reggio<br />

Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 1999, pp. 120<br />

(contiene: libretto bilingue inglese-italiano; saggio e descrizione<br />

della struttura dell’opera di Raffaele Pozzi).<br />

Così fan tutte di Wolfgang Amadeus<br />

Mozart, a cura dell’Ufficio Stampa del Teatro Valli, Reggio<br />

Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 1999, pp. 113<br />

(contiene: libretto; articoli e saggi di Giorgio Strehler, Maria<br />

Grazia Gregori, Giovanna Gronda, Frits Noske). ESAURITO<br />

Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mo-<br />

zart, a cura dell’Ufficio Stampa del Teatro Valli, edizione<br />

espressamente realizzata per il Teatro Comunale di Modena,<br />

1999. ESAURITO<br />

Werther di Jules Massenet, a cura dell’Ufficio<br />

Stampa del Teatro Municipale Valli, Reggio Emilia, Edizioni<br />

del Teatro Municipale Valli, 1999, pp. 100 (contiene: libretto<br />

bilingue francese italiano; articoli e saggi di Marco Beghelli,<br />

Giorgio Cusatelli, Umberto Bonafini).<br />

Andrea Chénier di Umberto Giordano, a<br />

cura dell’Ufficio Stampa del Teatro Municipale Valli, Reggio<br />

Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 1999, pp. 98<br />

(contiene: libretto; saggi di Marcello Conati, Guido Salvetti,<br />

Ugo Bedeschi.<br />

Falstaff di Giuseppe Verdi, a cura di Roberto<br />

Fabbi e Mario Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro<br />

Municipale Valli, 2000, pp. 106 (contiene: libretto; saggio<br />

di Angelo Foletto; testimonianze di Hanslick, Bonaventura,<br />

Monaldi, Celli, Mila, De Van, Mula; estratti dal carteggio<br />

Verdi-Boito).<br />

Otello di Giuseppe Verdi, a cura di Roberto<br />

Fabbi e Mario Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro<br />

Municipale Valli, 2000, pp. 100 (contiene: libretto; saggio<br />

di Frits Noske; estratti dal carteggio Verdi-Boito; servizio<br />

fotografico di Stefano Camellini).<br />

Idomeneo di Wolfgang Amadeus Mozart,<br />

a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro<br />

Valli, 2000, pp. 72 (contiene: libretto; articoli e saggi di Donald<br />

Sulzen, Harald Braun, Charles Osborne; foto di Alda<br />

Tacca). ESAURITO<br />

Der fliegende Holländer di Richard Wa-<br />

gner, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del<br />

Teatro Valli, 2001, pp. 83 (contiene: libretto bilingue; articoli e<br />

saggi di Carl Dahlhaus, Alberto Mari e Luisa Rubini; estratti<br />

da scritti di Wagner e Friedrich Nietzsche).<br />

L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti, a<br />

cura di Roberto Fabbi e Mario Vighi, Reggio Emilia, Edizioni<br />

del Teatro Municipale Valli, 2001, pp. 72 (contiene:<br />

libretto; articoli e saggi di Rubens Tedeschi, Giorgio Pestelli,<br />

Francesco Bellotto).<br />

Il trovatore di Giuseppe Verdi, a cura di Fabbi<br />

e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli,<br />

2001, pp. 94 (contiene: libretto; articoli e saggi di Alberto Arbasino,<br />

Pierluigi Petrobelli, Sergio Cofferati, Ugo Bedeschi).<br />

Tout Rossini, gli atti unici di Gioachino<br />

Rossini, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni<br />

del Teatro Municipale Valli, 2001, pp. 140 (contiene: cinque<br />

libretti; saggi di Alessandro Baricco, Piero Mioli; diverse<br />

ricette del Maestro).<br />

Luciano Pavarotti. 40 anni di canto da<br />

Reggio al mondo, vol. rilegato + programma, a cura<br />

dell’Ufficio stampa del Teatro Valli, Reggio Emilia, Edizioni<br />

del Teatro Valli, 2001, pp. 90 (contiene: testi; articoli di<br />

Umberto Bonafini, Giorgio Gualerzi, Francesco Sanvitale).<br />

ESAURITO<br />

Maria Stuarda di Gaetano Donizetti, a<br />

cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro<br />

Municipale Valli, 2002, pp. 82 (contiene: saggi di Luca Zoppelli,<br />

Paolo Cecchi; estratti da La reina di Scozia di Federico<br />

Della Valle; Sonetto 94 di Shakespeare; fumetto di Casali e<br />

Michele Petrucci).<br />

L’incoronazione di Poppea di Claudio<br />

Monteverdi, a cura di Roberto Fabbi e Mario Vighi,<br />

Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Municipale Valli, 2002,<br />

pp. 113 (contiene: libretto; saggi di Claudio Gallico, Francesco<br />

Degrada; un fumetto di Matteo Casali e Grazia Lobaccaro).<br />

Il processo di Alberto Colla (prima assoluta), a


cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro<br />

Valli, 2002, pp. 132 (contiene: libretto; note del Compositore;<br />

saggi di Quirino Principe, Giovanni Guanti; un fumetto di<br />

Casali e Giuseppe Camuncoli; citazioni e disegni di Kafka).<br />

Manon Lescaut di Giacomo Puccini, a cura<br />

di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli,<br />

2002, pp. 123 (contiene: libretto; saggi di Jürgen Maehder,<br />

Ugo Bedeschi, Umberto Bonafini; estratti dal romanzo<br />

Manon Lescaut di Prévost; fumetto di Casali e Werther<br />

Dell’Edera).<br />

Tancredi di Gioachino Rossini, a cura di Fabbi<br />

e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2003, pp.<br />

106 (contiene: libretto; saggi di Philip Gossett, Marco Beghelli;<br />

estratti da Le Rossiniane di Giuseppe Carpani; fumetto<br />

di Matteo Casali e Michele Petrucci).<br />

L’Olimpiade di Giovanni Battista Per-<br />

golesi, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni<br />

del Teatro Valli, 2003, pp. 106 (contiene: libretto; un saggio<br />

di Francesco Degrada; la Lettera I su Metastasio di Stendhal;<br />

fumetto di Giuseppe Zironi e Yoshiko Kubota).<br />

Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi,<br />

a cura di Fabbi e Viaghi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro<br />

Valli, 2003, pp. 112 (contiene: libretto; saggi di Paolo Cecchi,<br />

Gianandrea Gavazzeni, Ugo Bedeschi; estratti da romanzi<br />

e scritti di James Ellroy, Augusto Illuminati, Jim Garrison;<br />

fumetto di Giuseppe Zironi e Antonio Pepe).<br />

Mahler Chamber Orchestra. Claudio Abbado.<br />

Anna Larrson. Concerto con musiche di Mahler,<br />

Beethoven, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni<br />

del Teatro Valli, 2003, pp. 82 (contiene: testi; saggi di Arrigo<br />

Quattrocchi, Lidia Bramani; un racconto di Achille Giovanni<br />

Cagna). ESAURITO<br />

Les pêcheurs de perles di Georges Bizet, a cura<br />

di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli,<br />

2003, pp. 120 (contiene: libretto; un saggio di Marco Beghelli;<br />

estratti da Angelo Arioli, Le Isole Mirabili. Periplo arabo medievale;<br />

fumetto di Matteo Casali e Giuseppe Camuncoli).<br />

The Rape of Lucretia di Benjamin Britten,<br />

a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro<br />

Valli, 2004, pp. 122 (contiene: libretto bilingue; prefazione<br />

all’opera di Benjamin Britten; un saggio di Lidia Bramani;<br />

otto illustrazioni di Nicola Carrù).<br />

Così fan tutte di Wolfgang Amadeus<br />

Mozart, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni<br />

del Teatro Valli, 2004, pp. 154 (contiene: libretto; un saggio<br />

di Diego Bertocchi).<br />

Orlando di Georg Friedrich Händel, a<br />

cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro<br />

Valli, 2004, pp. 94 (contiene: libretto; un saggio di Lorenzo<br />

Bianconi; estratti dal Furioso di Ludovico Ariosto).<br />

Le comte Ory di Gioachino Rossini, a cura<br />

di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli,<br />

2004, pp. 108 (contiene: libretto; due saggi di Mario Marica;<br />

la ballata popolare Le comte Ory et les nonnes de Formoutiers).<br />

Gustav Mahler Jugendorchester. Claudio<br />

Abbado. Nona Sinfonia di Mahler. A cura di Fabbi e<br />

Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2004, pp.<br />

55 (contiene: saggi di Peter Franklin, Arrigo Quattrocchi;<br />

antologia di scritti di Claudio Abbado, Theodor W. Adorno,<br />

Alban Berg, Pierre Boulez, Luigi Rognoni, Arnold Schönberg,<br />

Ulrich Schreiber, Bruno Walter). ESAURITO<br />

Il ritorno di Ulisse in patria di Claudio<br />

Monteverdi, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia,<br />

Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 96 (contiene: libretto;<br />

saggi di Franco Bezza, Claudio Gallico; estratto dall’Odissea).<br />

Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny di<br />

Kurt Weill e Bertolt Brecht, a cura di Fabbi e<br />

Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp.<br />

207, tavole a colori (contiene: libretto bilingue; saggio di<br />

Hartmut Kahnt; contributi di Abbado, Adorno, Benjamin,<br />

Berio, Bossini, Brecht, Fabbri, Ferrari, Pestalozza, Sanguineti,<br />

Weill). ESAURITO<br />

Peter Grimes di Benjamin Britten, a cura di<br />

Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005,<br />

pp. 135 (contiene: libretto; scritti di Benjamin Britten, Peter<br />

Pears; saggi di Michele Girardi, Gilles Couderc, Edward<br />

Lockspeiser).<br />

Die Zaubeflöte di Wolfgang Amadeus<br />

Mozart, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni<br />

del Teatro Valli, 2005, pp. 207 (contiene: libretto bilingue;<br />

saggi di Lidia Bramani, Giorgio Agamben; contributi di<br />

Luigi Pestalozza, Pier Cesare Bori, Salvatore Natoli, Adriana<br />

Cavarero, Francesco Micheli, Fulvio Papi, Marco Beghelli).<br />

ESAURITO<br />

Orchestra Mozart. Claudio Abbado. Giu-


liano Carmignola, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro<br />

Valli, 2005, pp. 55 (contiene: saggio di Marco Beghelli;<br />

contributi di Francesca Arati, Giulia Bassi).<br />

La traviata di Giuseppe Verdi, a cura di Fabbi<br />

e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp.<br />

90 (contiene: libretto; note di regia di Irina Brook; saggi di<br />

Roberto Verti, Gilles de Van, Catherine Clément, Rodolfo<br />

Celletti, Bruno Barilli).<br />

West Side Story di Leonard Bernstein, 2 voll.<br />

a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia, Edizioni del Teatro<br />

Valli, 2005, pp. 68 (libretto) e pp. 49 (saggi).<br />

The Flood di Stravinskij / L’Enfant et les<br />

Sortilèges di Ravel, a cura di Fabbi e Vighi, Reggio<br />

Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 81.<br />

Le nozze di Figaro / Così fan tutte / Don<br />

Giovanni di Mozart (“Le opere italiane di Lorenzo<br />

Da Ponte”), 2 voll. a cura di Fabbi e Vighi, Reggio Emilia,<br />

Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 189 (libretti) e pp. 88<br />

(saggi). ESAURITO<br />

Filarmonica della Scala. Riccardo Chailly<br />

(contiene: un saggio di Oreste Bossini), Reggio Emilia,<br />

Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 55.<br />

Orfeo ed Euridice di Christoph Willibald<br />

Gluck, a cura di Fabbi e Vighi (contiene libretto, note di<br />

regia di Graham Vick, saggi di Fabbri, Kerényi, Hilman),<br />

Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2005, pp. 80.<br />

Boris Godunov di Modest Musorgskij,<br />

a cura di Fabbi e Vighi (contiene libretto, note di regia di<br />

Graham Vick, saggi di Foletto, Bedeschi, contributi di Komarova,<br />

Musorgskij, Nori, Raffaini), Reggio Emilia, Edizioni<br />

del Teatro Valli, 2007, pp. 80.<br />

Progetto Miracolo a Milano (prima assoluta) Totò<br />

il buonooo di Daniele Abbado. Miracolo a Milano di Giorgio<br />

Battistelli. Petrolio: Ken Saro-Wiwa poeta e martire di Boris<br />

Stetka, a cura di Fabbi e Vighi (contiene copioni e libretti,<br />

interviste a Daniele Abbado e Giorgio Battistelli, contributi di<br />

Yorgure, De Curtis, Nori, Gianolio), Reggio Emilia, Edizioni<br />

del Teatro Valli, 2007, pp. 105. ESAURITO<br />

Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi, a cura<br />

di Fabbi e Vighi (contiene libretto, note di regia di Giorgio<br />

Gallione, saggi di Ruffin, Petrobelli, Zoppelli documenti a<br />

cura di Conati), Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli,<br />

2007, pp. 116.<br />

L’Alidoro di Leonardo Leo, a cura di Fabbi e<br />

Vighi (contiene libretto, note di regia di Arturo Cirillo, un<br />

saggio di Roberto Scoccimarro, un racconto di Giuseppe<br />

Montesano), Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2008,<br />

pp. 125.<br />

Fidelio di Ludwig van Beethoven, a cura<br />

di Fabbi e Vighi (contiene libretto, un saggio di Esteban<br />

Buch, alcune lettere di Beethoven, un contributo di Hannah<br />

Arendt), Reggio Emilia, Edizioni del Teatro Valli, 2008,<br />

pp. 136.<br />

Nabucco (Nabucodonosor) di Giuseppe<br />

Verdi, a cura di Fabbi e Vighi, 2008, pp. 100. Contiene:<br />

libretto; saggi contributi di Gianni Ruffin, Esteban Buch,<br />

Vittorio Sermonti, Ugo Bedeschi.<br />

Mahler Chamber Orchestra. Claudio Abbado.<br />

Margarita Höhenrieder<br />

Musiche di Mozart, Beethoven. A cura dell’Ufficio Stampa<br />

del Teatro Valli, 2008, pp. 50. Contiene: saggi di Roberto<br />

Favaro, Luigi Magnani.<br />

Madama Butterfly di Giacomo Puccini, a<br />

cura di Fabbi e Vighi, 2009, pp. 131. Contiene: libretto; saggi<br />

contributi di Michele Dall’Ongaro, Marco Capra, Bruno<br />

Barilli, Ugo Bedeschi.<br />

The Blue Planet, di Peter Greenaway e<br />

Saskia Boddeke, a cura di Fabbi e Vighi, 2009, pp.<br />

137. Contiene: libretto; saggi contributi di Peter Greenaway,<br />

Saskia Boddeke.<br />

A Midsummer Night’s Dream, di Benjamin<br />

Britten, a cura di Parmiggiani e Vighi, 2009, pp.<br />

137. Contiene: libretto; saggi contributi di Benjamin Britten,<br />

Philipp Brett.<br />

La vera costanza, di Franz Joseph Haydn,<br />

a cura di Parmiggiani e Vighi, 2009, pp. 156. Contiene: libretto;<br />

saggi contributi di Elio De Capitani, Jessica Waldoff.<br />

Idomeneo, di Wolfgang Amadeus Mozart,<br />

a cura di Parmiggiani e Vighi, 2009, pp. 132. Contiene: libretto;<br />

saggi contributi di Francesco Degrada, Davide Livermore,<br />

Jean Starobinski.


Fondazione<br />

Consiglio di Amministrazione<br />

Presidente<br />

Graziano Delrio<br />

Vice Presidente<br />

Giuseppe Gherpelli<br />

Giorgio Allari<br />

Enrico Baraldi<br />

Maria Brini<br />

Annusca Campani<br />

Antonio Cioccolani<br />

Giampiero Grotti<br />

Elena Montecchi<br />

Clementina Santi<br />

Paola Silvi<br />

Collegio dei Revisori<br />

Carlo Reverberi presidente<br />

Gianni Boni<br />

Roberto Davoli<br />

Direttore artistico<br />

Daniele Abbado<br />

Consulente per la Danza e RED<br />

Fabrizio Grifasi


Comitato di Indirizzo<br />

Marco Bindocci<br />

Giorgio Cucchi<br />

Sandra De Pietri<br />

Alessandro Di Nuzzo<br />

Silvia Grandi<br />

Alessandro Panizzi<br />

Loretta Piccinini<br />

Emanuela Vercalli<br />

Pasquale Versace<br />

Gigliola Zecchi Balsamo


Segreteria artistica e organizzativa<br />

Marina Basso<br />

Costanza Casula<br />

Lorella Govi coordinatore di produzione<br />

Segretario generale<br />

Daniela Spallanzani<br />

Amministrazione<br />

Paola Azzimondi<br />

Wilma Meglioli<br />

Elisabetta Miselli<br />

Personale<br />

G. Paolo Fontana capo settore<br />

Luisa Simonazzi<br />

Copia e protocollo<br />

Sabrina Burlamacchi<br />

Federica Mantovani<br />

Maria Carla Sassi<br />

Archivio Biblioteca Editoria<br />

Susi Davoli capo settore<br />

Liliana Cappuccino<br />

Fondazione<br />

Stampa, comunicazione e promozione<br />

Mario Vighi capo ufficio stampa<br />

Paola Bagni<br />

Veronica Carobbi<br />

Roberto Fabbi<br />

Lorenzo Parmiggiani<br />

Francesca Severini<br />

Biglietteria<br />

Cinzia Trombini<br />

Luca Cagossi Usai<br />

Concorso “Premio Paolo Borciani”<br />

Mario Brunello direttore artistico<br />

Francesca Zini<br />

Servizi tecnici di palcoscenico<br />

Andrea Gabbi direttore tecnico<br />

Federico Bianchi<br />

Mauro Farina<br />

Brunella Spaggiari<br />

Tecnici elettricisti<br />

Luciano Togninelli<br />

Gianluca Antolini cabinista<br />

Marino Borghi<br />

Luca Cattini fonico<br />

Ousmane Diawara<br />

Fabio Festinese<br />

Guido Prampolini<br />

Roberto Predieri<br />

Tecnici macchinisti<br />

Giuseppe Botosso<br />

Gianluca Baroni<br />

Maurizio Bellezza<br />

Carmine Festa<br />

Massimo Foroni<br />

Gianluca Foscato<br />

Renzo Grasselli<br />

Alan Monney<br />

Luca Prandini<br />

Andrea Testa<br />

Sartoria<br />

Monica Salsi<br />

Servizi generali<br />

Maria Grazia Conforte<br />

Mariella Gerace<br />

Giuseppina Grillo<br />

Lorena Incerti<br />

Claudio Murgia<br />

Sergio Petretich<br />

Massimo Valentini<br />

Patrizia Zanon


Soci fondatori originari istituzionali<br />

Soci fondatori<br />

Soci fondatori ordinari<br />

Sostenitori<br />

Partner<br />

Amici del Teatro<br />

GRUPPO BPER<br />

Annalisa Pellini<br />

Giuliana Allegri, Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti, Achille<br />

Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Umbra Manghi, Grande Ufficiale Gr. Croce llario Amhos<br />

Pagani, Comm. Donatella Tringale Moscato Grazia Maria di Mascalucia Pagani, Ivan Sacchetti, Paola Scaltriti, Mauro Severi, Corrado<br />

Spaggiari, Corrado Tirelli, Deanna Ferretti Veroni, Vando Veroni, Gigliola Zecchi Balsamo<br />

Cittadini del Teatro<br />

Gianni Borghi, Vanna Lisa Coli, Andrea Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso,<br />

Silvia Grandi, Claudio Iemmi, Franca Manenti Valli, Ramona Perrone, Viviana Sassi, Alberto Vaccari<br />

Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono realizzate con il contributo<br />

e la collaborazione della Fondazione Manodori

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