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3. Algirdas Julien Greimas - Home Page di Stefano Traini

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<strong>3.</strong> <strong>Algirdas</strong> <strong>Julien</strong> <strong>Greimas</strong>: dalla semantica strutturale alla<br />

semiotica generativa<br />

<strong>3.</strong>1. Brevi cenni bio-bibliografici<br />

<strong>Greimas</strong> nasce nel 1917 in Lituania. Lascia la Lituania nel 1944 e si laurea a<br />

Parigi nel 1948 con una tesi sul vocabolario della moda del 1830. Il suo primo<br />

campo d’interesse è la lessicologia, presto abbandonata in favore della semantica. Lo<br />

stu<strong>di</strong>o della semantica porta alla redazione <strong>di</strong> un libro fondamentale: Semantica<br />

strutturale [1966]. Anche il progetto <strong>di</strong> descrivere la semantica delle lingue naturali,<br />

tuttavia, rivela presto limiti insormontabili: per questa ragione <strong>Greimas</strong> passa<br />

gradualmente alla messa a punto <strong>di</strong> una teoria semiotica <strong>di</strong> più ampio respiro: a<br />

partire dal 1970 lavora al progetto che porterà all’elaborazione della cosiddetta<br />

“semiotica generativa”: nel 1970 pubblica Del senso (saggi <strong>di</strong> semiotica); nel 1983<br />

pubblica Del senso II, e nel frattempo, nel 1979, pubblica insieme a Joseph Courtés<br />

il Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, dal quale risulta evidente come<br />

l’impianto costruito da <strong>Greimas</strong> si basi su un insieme <strong>di</strong> concetti interdefiniti.<br />

Intorno all’opera <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> nasce una vera e propria scuola semiotica (École de<br />

Paris), ma va anche ricordato che la figura <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> è al centro <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong><br />

costellazione <strong>di</strong> autori che in varia misura hanno contribuito alla messa a punto della<br />

teoria. Per citarne alcuni: Saussure, Hjelmslev, Benveniste, Tesnière, Brøndal,<br />

Martinet, Merleau-Ponty, Dumézil, Lévi-Strauss, Propp, Jakobson, Barthes, ecc.<br />

<strong>3.</strong>2. La semantica strutturale<br />

Abbiamo detto che negli anni Sessanta gli sforzi <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> si concentrano<br />

sull’elaborazione <strong>di</strong> una semantica strutturale: l’idea <strong>di</strong> fondo è che sia possibile<br />

descrivere il piano del significato attraverso l’identificazione <strong>di</strong> unità del contenuto<br />

(sèmi), così come la fonologia identifica unità dell’espressione (fèmi). L’obiettivo è<br />

quello <strong>di</strong> arrivare alla descrizione completa della semantica delle lingue naturali, e<br />

l’idea del parallelismo tra organizzazione del piano dell’espressione e<br />

organizzazione del piano del contenuto è ripreso chiaramente da Hjelmslev e dalla<br />

glossematica [cfr. § 2.<strong>3.</strong>1.2].


50<br />

Secondo <strong>Greimas</strong> la relazione che sul piano dell’espressione si istituisce fra tratti<br />

<strong>di</strong>stintivi e fonemi, 1 può essere fatta corrispondere sul piano del contenuto a una<br />

relazione analoga: i tratti <strong>di</strong>stintivi saranno denominati sèmi, e tali tratti andranno a<br />

costituire i sememi. In un saggio sul <strong>di</strong>scorso poetico, <strong>Greimas</strong> chiarisce i termini <strong>di</strong><br />

questa corrispondenza: se il primo processo analitico è quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere due<br />

piani <strong>di</strong> un oggetto semiotico, cioè il piano dell’espressione e il piano del contenuto,<br />

la seconda mossa è quella <strong>di</strong> ipotizzare un isomorfismo tra i due piani. Tale<br />

isomorfismo caratterizzerebbe il livello profondo e il livello <strong>di</strong> superficie: “È noto<br />

che la fonologia è riuscita, peraltro non senza <strong>di</strong>fficoltà, a costruire i concetti <strong>di</strong><br />

fonema, unità astratta, in<strong>di</strong>pendente dalle realizzazioni foniche al livello dei segni, e<br />

<strong>di</strong> fèma o tratto <strong>di</strong>stintivo, unità minima costitutiva del fonema. La semantica, che ha<br />

seguito lo stesso percorso, ma con un notevole ritardo, propone a sua volta quali<br />

nozioni corrispondenti i sememi e i sèmi.” [<strong>Greimas</strong> 1972: 138] L’isomorfismo<br />

ipotizzato da <strong>Greimas</strong> può assumere la seguente rappresentazione schematica:<br />

Piano dell’espressione<br />

Piano della manifestazione<br />

Piano del contenuto<br />

livello<br />

profondo: fèmi<br />

livello <strong>di</strong><br />

superficie: fonemi sillabe<br />

fonemi realizzati<br />

sememi realizzati<br />

livello <strong>di</strong> enunciati<br />

superficie: sememi semantici<br />

livello<br />

profondo: sèmi<br />

Figura <strong>3.</strong>1 [ibidem]<br />

<strong>Greimas</strong> si sofferma poi sui problemi legati all’ipotesi dell’isomorfismo dei due<br />

piani e delle loro articolazioni, ma per il momento ci interessa mettere in evidenza<br />

l’idea <strong>di</strong> una corrispondenza tra gli elementi del piano dell’espressione, così come li<br />

1 Cfr. supra, § 2.<strong>3.</strong>3, quando si è parlato <strong>di</strong> fonemi e <strong>di</strong> tratti <strong>di</strong>stintivi a proposito della<br />

commutazione.


51<br />

ha in<strong>di</strong>viduati la fonologia, e gli elementi del piano del contenuto, così come ha<br />

intenzione <strong>di</strong> descriverli la semantica. Ve<strong>di</strong>amo allora più da vicino lo statuto dei<br />

sèmi e dei sememi.<br />

I sèmi, in quanto tratti <strong>di</strong>stintivi, non hanno altra esistenza se non relazionale e<br />

strutturale. Il loro valore si determina sempre in una relazione binaria e tale relazione<br />

deve essere considerata una categoria semantica. Per esempio i sèmi “maschile” e<br />

“femminile” non vanno intesi in senso sostanziale, ma in senso esclusivamente<br />

<strong>di</strong>fferenziale, poli <strong>di</strong> una categoria semantica che possiamo denominare<br />

“sessualità”. La natura dei sèmi, dunque, è teorica e metalinguistica: i sèmi ci<br />

servono per rendere intelligibili i valori <strong>di</strong> senso. Sebbene i sèmi vengano definiti per<br />

il loro “carattere minimale”, occorre precisare che l’analisi semica non può portare<br />

a un inventario finito, come avviene invece per i fèmi in ambito fonologico: “Il<br />

carattere minimale del sèma (che, non <strong>di</strong>mentichiamolo, è un’entità costruita) è<br />

dunque relativo e si fonda sul criterio della pertinenza della descrizione.” [<strong>Greimas</strong><br />

e Courtés 1979: 301]<br />

I lessemi, invece, sono luoghi d’incontro <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi sèmi. Per esempio il lessema<br />

alto racchiude i sèmi “spazialità”, “<strong>di</strong>mensionalità”, “verticalità”; il lessema lungo<br />

contiene i sèmi “spazialità”, “<strong>di</strong>mensionalità”, “orizzontalità”. Ora, analizzando i<br />

lessemi nelle loro occorrenze concrete, ci si accorge che sono costituiti da sèmi<br />

<strong>di</strong>fferenti: i sèmi nucleari, che sono costanti, e i sèmi contestuali (detti anche<br />

classemi), che <strong>di</strong>pendono appunto dal contesto in cui si inserisce il lessema. I sèmi<br />

nucleari in<strong>di</strong>viduano elementi invarianti <strong>di</strong> una unità <strong>di</strong> significazione. <strong>Greimas</strong><br />

[1966] analizza il lessema «testa», e trova che nelle varie occorrenze i sèmi sono i<br />

seguenti:<br />

a) “estremità” + “superiorità” + “verticalità”<br />

la testa <strong>di</strong> un palo<br />

essere alla testa della <strong>di</strong>tta<br />

avere debiti fin sopra alla testa<br />

b) “estremità” + “anteriorità” + “orizzontalità” + “continuità”<br />

testa <strong>di</strong> una trave<br />

stazione <strong>di</strong> testa<br />

c) “estremità” + “anteriorità” + “orizzontalità” + “<strong>di</strong>scontinuità”<br />

vettura <strong>di</strong> testa<br />

testa <strong>di</strong> corteo<br />

prendere la testa


52<br />

Questo inventario mette in evidenza due tratti comuni: quello <strong>di</strong> “estremità” e<br />

quello <strong>di</strong> “superatività” (superiorità o anteriorità), e questi tratti comuni vanno a<br />

definire il nucleo semico del lessema testa. Ma se il nucleo semico descrive<br />

l’insieme invariante dei sèmi, le variazioni <strong>di</strong> senso possono provenire solo dal<br />

contesto: “in altri termini, il contesto deve comportare le variabili semiche le quali<br />

sole possono render conto dei mutamenti <strong>di</strong> effetti <strong>di</strong> senso suscettibili <strong>di</strong> venir<br />

registrati.” [ibid.: 71] Per cui al nucleo semico si aggiungeranno i sèmi contestuali,<br />

o classemi, che produrranno particolari effetti <strong>di</strong> senso: per esempio spaccare la<br />

testa, rompersi la testa, testa <strong>di</strong> morto, ecc. Pertanto i sèmi contestuali determinano<br />

le accezioni particolari <strong>di</strong> un termine.<br />

A questo punto possiamo definire il semema. Il semema è la somma <strong>di</strong> un nucleo<br />

semico (invariante) e <strong>di</strong> sèmi contestuali (effetti <strong>di</strong> senso). Il semema, <strong>di</strong> fatto, è un<br />

effetto <strong>di</strong> senso, e viene rappresentato da <strong>Greimas</strong> [1966] in questo modo:<br />

Sm = Ns + Cs<br />

Abbiamo dunque un nucleo semico la cui combinazione con i semi contestuali<br />

provoca degli effetti <strong>di</strong> senso (sememi). Per esempio, se consideriamo il lessema<br />

testa nella frase «prendere la testa <strong>di</strong> un corteo», ai sèmi nucleari “estremità” e<br />

“superatività” dobbiamo aggiungere i sèmi contestuali “anteriorità” e<br />

“<strong>di</strong>scontinuità”.<br />

Per contro il lessema è un modello virtuale che sussume l’intero funzionamento<br />

<strong>di</strong> una figura <strong>di</strong> significazione: tale modello virtuale è – si ba<strong>di</strong> bene – anteriore a<br />

qualsiasi formulazione del <strong>di</strong>scorso, il quale, dal proprio conto, può produrre solo<br />

sememi particolari. Il lessema dunque “appare come un insieme <strong>di</strong> possibili<br />

percorsi <strong>di</strong>scorsivi, che, partendo da un nucleo comune, sfociano ogni volta, grazie<br />

all’incontro <strong>di</strong> sèmi contestuali <strong>di</strong>fferenti, in altrettante realizzazioni sotto forma <strong>di</strong><br />

sememi.” [<strong>Greimas</strong> e Courtés 1979: 190] Il lessema va dunque pensato come un<br />

modello virtuale della significazione che si realizza sotto forma <strong>di</strong> sememi.<br />

<strong>3.</strong><strong>3.</strong> Il progetto semiotico<br />

Nella seconda fase della riflessione semiotica greimasiana si delinea un progetto<br />

teorico <strong>di</strong> vasta portata, il cui esito complessivo va sotto il nome <strong>di</strong> Percorso<br />

Generativo. Di seguito ve<strong>di</strong>amo brevemente quattro presupposti <strong>di</strong> questo progetto:<br />

(i) la centralità del livello immanente<br />

(ii) il passaggio dai segni ai testi<br />

(iii) il “mondo naturale” come linguaggio<br />

(iv) la vocazione scientifica della semiotica


53<br />

(i) La centralità del livello immanente<br />

Negli anni Sessanta, all’epoca <strong>di</strong> Semantica strutturale, l’idea <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> è<br />

dunque quella <strong>di</strong> lavorare sul piano del contenuto così come si era già lavorato, con<br />

successo, sul piano dell’espressione. Tuttavia i limiti <strong>di</strong> questo progetto appaiono<br />

subito evidenti: per quanto alcuni sèmi si presentino come effettivamente<br />

fondamentali, risulta impossibile trovare inventari limitati <strong>di</strong> sèmi per descrivere la<br />

semantica del linguaggio naturale. Se non è possibile costruire tassonomie <strong>di</strong> tratti<br />

minimi sul piano del contenuto, <strong>Greimas</strong> pensa <strong>di</strong> battere un’altra strada tentando <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare una struttura che accomuni tutti gli universi semantici: questa struttura<br />

però non si troverebbe nel livello manifesto dei segni, bensì in un livello più<br />

profondo. L’idea è che al livello profondo si possano reperire strutture semantiche<br />

molto generali in grado <strong>di</strong> generare i segni così come vengono manifestati.<br />

È evidente dunque come il progetto semiotico <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> si basi sulla<br />

<strong>di</strong>stinzione, già centrale in Hjelmslev, tra immanenza e manifestazione. Se è vero che<br />

il dato imme<strong>di</strong>ato che ci si pone <strong>di</strong> fronte, cioè un testo realizzato (un oggetto<br />

materiale), è il livello della manifestazione, è anche vero che l’oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o della<br />

semiotica, secondo <strong>Greimas</strong>, deve essere la forma (hjelmsleviana), o la langue<br />

(saussuriana). La manifestazione presuppone logicamente una forma semiotica<br />

immanente, sia a livello <strong>di</strong> espressione sia a livello <strong>di</strong> contenuto, ed è a quel livello<br />

che la semiotica deve lavorare. In termini hjelmsleviani, il livello immanente è quello<br />

della forma, al quale sono riconducibili gli assi del linguaggio (processo e sistema):<br />

quando, parlando del processo, Hjelmslev precisava che è fondamentale l’or<strong>di</strong>ne<br />

posizionale degli elementi (proprietà interna), si situava con precisione al livello<br />

immanente, prima delle possibili manifestazioni temporali e spaziali [cfr. supra, §<br />

2.<strong>3.</strong>2]. Occuparsi del livello immanente, secondo <strong>Greimas</strong>, significa porre<br />

l’attenzione sui sistemi soggiacenti che permettono ai segni <strong>di</strong> significare.<br />

(ii) Dai segni ai testi<br />

A questa prima mossa, che ricolloca lo stu<strong>di</strong>o della semantica nel livello<br />

immanente dei segni, <strong>Greimas</strong> aggiunge una seconda mossa: anziché occuparsi <strong>di</strong><br />

segni isolati, bisogna porre l’attenzione sui sistemi semiotici. Il che vale a <strong>di</strong>re che<br />

per descrivere il piano del contenuto (la semantica) occorre passare dai segni<br />

(termini isolati) ai testi, cioè a oggetti <strong>di</strong> taglio superiore. Il passaggio è determinante<br />

perché con Saussure si era parlato solo <strong>di</strong> segni linguistici, con Hjelmslev si era<br />

cominciato a ragionare sulle frasi, ma ora si passa dal frastico al transfrastico, cioè si<br />

supera il taglio della frase e si passa, appunto, a considerare ampie porzioni testuali.<br />

Questo slittamento peraltro rende conto della prospettiva specificamente semiotica <strong>di</strong><br />

questo approccio: la nozione <strong>di</strong> testo, molto più della nozione <strong>di</strong> segno, aiuta a<br />

passare da una semantica del linguaggio naturale a una semantica dei linguaggi.<br />

Non dobbiamo più ricercare il significato <strong>di</strong> una parola, o <strong>di</strong> una forma, o <strong>di</strong> una<br />

nota, ma cerchiamo <strong>di</strong> descrivere il significato <strong>di</strong> un racconto, <strong>di</strong> un quadro (preso<br />

nel suo insieme), <strong>di</strong> una partitura, <strong>di</strong> una conversazione.


54<br />

(iii) Il “mondo naturale” come linguaggio<br />

Al primo livello, quello dell’oggetto semiotico da analizzare, si situa anche il<br />

“mondo naturale”, che secondo <strong>Greimas</strong> deve essere inteso a tutti gli effetti come<br />

un linguaggio: “Pur ammettendo il carattere privilegiato della semiotica delle lingue<br />

naturali – dato che queste hanno la proprietà <strong>di</strong> ricevere le traduzioni delle altre<br />

semiotiche –, dobbiamo tuttavia postulare l’esistenza e la possibilità <strong>di</strong> una semiotica<br />

del mondo naturale e concepire la relazione fra i segni e i sistemi linguistici<br />

(‘naturali’), da un lato, e i segni e i sistemi <strong>di</strong> significazione del mondo naturale,<br />

dall’altro, non tanto come una referenza del simbolico al naturale, del variabile<br />

all’invariabile, quanto invece come un reticolo <strong>di</strong> correlazioni fra due livelli <strong>di</strong> realtà<br />

significante.” [<strong>Greimas</strong> 1970: 52] Questa posizione esclude una visione<br />

referenzialistica del linguaggio, nel senso che rifiuta l’idea che le lingue si applicano<br />

in modo speculare a porzioni del reale. Piuttosto ci sarebbe una correlazione fra<br />

<strong>di</strong>versi sistemi linguistici, cioè tra <strong>di</strong>versi sistemi <strong>di</strong> significazione. Seguiamo nel<br />

dettaglio la definizione <strong>di</strong>zionariale <strong>di</strong> “mondo naturale”:<br />

Inten<strong>di</strong>amo con mondo naturale l’apparenza secondo la quale l’universo si<br />

presenta all’uomo come un insieme <strong>di</strong> qualità sensibili, dotato <strong>di</strong> una<br />

determinata organizzazione che lo fa talvolta designare come il “mondo del<br />

senso comune”. Rispetto alla struttura “profonda” dell’universo, che è <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>ne fisico, chimico, biologico, ecc., il mondo naturale corrisponde, per così<br />

<strong>di</strong>re, alla sua struttura “<strong>di</strong> superficie”; ma è, d’altro canto, una struttura<br />

“<strong>di</strong>scorsiva”, poiché si presenta nell’ambito della relazione soggetto/oggetto,<br />

come l’“enunciato” costruito dal soggetto umano e da lui decifrabile.<br />

[<strong>Greimas</strong> e Courtés 1979: 218]<br />

L’ipotesi del mondo naturale come linguaggio dà una prospettiva nuova alla<br />

questione del referente. Se le semantiche logico-filosofiche sostengono che il<br />

significato <strong>di</strong> una parola è il suo referente (cioè l’oggetto “reale” a cui si riferisce),<br />

e il significato <strong>di</strong> un enunciato consiste nel criterio <strong>di</strong> verità, 2 la teoria semiotica <strong>di</strong><br />

<strong>Greimas</strong> considera il mondo esterno come un mondo significante fatto <strong>di</strong> “natura”<br />

e <strong>di</strong> “cultura”, non già come un referente neutro con il quale la lingua costruirebbe<br />

dei legami. Il mondo naturale in questa prospettiva è dunque fortemente<br />

culturalizzato.<br />

(iv) La vocazione scientifica della semiotica<br />

Il progetto semiotico <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> ere<strong>di</strong>ta dalla linea teorica Saussure-Hjelmslev<br />

una vocazione scientifica: tale visione si esplica nella definizione <strong>di</strong> semiotica come<br />

gerarchia <strong>di</strong> metalinguaggi. L’ipotesi <strong>di</strong> vari livelli semiotici che si presuppongono<br />

in un or<strong>di</strong>ne gerarchico vede al primo livello la lingua-oggetto che deve essere<br />

2 Per una esposizione esaustiva dei presupposti che caratterizzano le semantiche logico-filosofiche,<br />

cfr. Violi [1997: 13-30]; opp. infra, § 8.1.


55<br />

analizzata. Al secondo livello si <strong>di</strong>spongono gli strumenti descrittivi della semiotica,<br />

e abbiamo quin<strong>di</strong> un metalinguaggio descrittivo. È proprio a questo punto che<br />

<strong>Greimas</strong> pone il problema della scientificità. Il metalinguaggio del secondo livello<br />

può essere non-scientifico, nel caso sia “naturale” come la lingua-oggetto che si<br />

incarica <strong>di</strong> descrivere. Il linguaggio della critica pittorica, per esempio, è non<br />

scientifico nella misura in cui si presenta come sottoinsieme <strong>di</strong> una lingua naturale<br />

(per es. quella italiana o quella francese). Il metalinguaggio, al contrario, è scientifico<br />

se è costruito, cioè se tutti i termini che lo compongono costituiscono un corpus<br />

coerente <strong>di</strong> definizioni. 3 Perché si verifichi una situazione <strong>di</strong> questo tipo, è<br />

necessario quin<strong>di</strong> che si ponga al terzo livello un linguaggio metodologico destinato<br />

a definire le categorie descrittive e a verificarne la coesione interna. Tuttavia tale<br />

sistema <strong>di</strong> incassamento, per <strong>di</strong>rla con <strong>Greimas</strong>, deve essere “quaternario”, nel<br />

senso che deve esserci un quarto livello in cui si <strong>di</strong>scute la vali<strong>di</strong>tà delle modalità –<br />

per esempio dell’induzione e della deduzione –, e in cui si rivedono con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

vali<strong>di</strong>tà della descrizione semiotica così come è stata attuata nei livelli precedenti.<br />

Quest’ultimo livello è costituito dal cosiddetto linguaggio epistemologico. 4<br />

<strong>3.</strong>4. Il percorso generativo<br />

Lavorando sul livello immanente, <strong>Greimas</strong> pensa a un sistema semantico<br />

organizzato per livelli <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà, e tra questi livelli pone un meccanismo <strong>di</strong><br />

generatività: si tratta insomma <strong>di</strong> pensare a elementi più profon<strong>di</strong> in grado <strong>di</strong><br />

generare elementi più superficiali secondo regole <strong>di</strong> conversione.<br />

In questi termini la teoria greimasiana è definibile come una teoria della<br />

generazione del senso: al livello più profondo si situano elementi <strong>di</strong> tipo logicosemantico<br />

che si convertono in piani semantico-sintattici più superficiali, per poi<br />

passare, attraverso i meccanismi dell’enunciazione, al livello <strong>di</strong>scorsivo: il tutto in<br />

vista della manifestazione al momento della semiosi.<br />

Questo quadro complesso è riassunto schematicamente nel Percorso Generativo:<br />

3 La nozione <strong>di</strong> scientificità così come è esposta in <strong>Greimas</strong> [1966] è ripresa da Hjelmslev [1943],<br />

il quale prevede un complesso sistema <strong>di</strong> semiotiche e <strong>di</strong> meta-semiotiche che si presuppongono e<br />

si controllano.<br />

4 Vedremo in seguito [cfr. infra, § 9.1.] che questa gerarchia <strong>di</strong> livelli si pone, secondo Fabbri<br />

[1998], alla base della scientificità della semiotica. In quella sede Fabbri mostra le anomalie della<br />

prassi semiotica qualora le connessioni tra i livelli non funzionassero: in quel caso Fabbri parla <strong>di</strong><br />

“anelli mancanti”.


Strutture<br />

semionarrative<br />

Strutture<br />

<strong>di</strong>scorsive<br />

Componente<br />

Sintattica<br />

56<br />

Percorso generativo<br />

livello SINTASSI<br />

profondo FONDAMENTALE<br />

livello <strong>di</strong> SINTASSI NARRATIVA<br />

superficie SUPERFICIALE<br />

attorializzazione<br />

temporalizzazione<br />

spazializzazione<br />

SINTASSI<br />

DISCORSIVA<br />

Discorsivizzazione<br />

Figura <strong>3.</strong>2 [<strong>Greimas</strong> e Courtés 1979: 159]<br />

<strong>3.</strong>4.1. Strutture semio-narrative: il livello profondo<br />

Componente<br />

Semantica<br />

SEMANTICA<br />

FONDAMENTALE<br />

SEMANTICA<br />

NARRATIVA<br />

SEMANTICA<br />

DISCORSIVA<br />

Tematizzazione<br />

Figurativizzazione<br />

Al livello più profondo delle strutture semionarrative si situa il quadrato<br />

semiotico, che costituisce la struttura elementare della significazione. Il quadrato<br />

semiotico è lo schema generale delle articolazioni possibili <strong>di</strong> una categoria<br />

semantica. Il sèma “maschile”, che abbiamo preso prima come esempio, può essere<br />

identificato rispetto a due posizioni: da una parte rispetto al suo contrario<br />

(“femminile”), dall’altro rispetto alla sua negazione (“non maschile”):<br />

“Sessualità”<br />

“maschile” “femminile”<br />

“non maschile”<br />

Figura <strong>3.</strong>3 [Marsciani e Zinna 1991: 46]


57<br />

La forma completa del quadrato semiotico, interamente sviluppato, è la seguente:<br />

S<br />

S1 S2<br />

non S2<br />

NON-S<br />

Figura <strong>3.</strong>4<br />

L’opposizione orizzontale è detta <strong>di</strong> contrarietà, mentre l’opposizione sulla<br />

<strong>di</strong>agonale è detta <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>ttorietà. Ecco un esempio con lo sviluppo completo<br />

della categoria /sessualità/:<br />

“Uomo” “Ermafro<strong>di</strong>ta” “Donna”<br />

‘sessualità’<br />

‘maschile’ ‘femminile’<br />

‘non-femminile’ ‘non-maschile’<br />

‘non-sessualità’<br />

“Angelo”<br />

non S1<br />

Figura <strong>3.</strong>5 [Marsciani e Zinna 1991: 49]<br />

La categoria /sessualità/ si articola nei sèmi “maschile” e “femminile”<br />

(contrari), “non-maschile” e “non-femminile” (contrad<strong>di</strong>ttori rispetto ai primi


58<br />

due); la categoria si oppone altresì alla sua assenza “non-sessualità”. Nella parte<br />

esterna sono in<strong>di</strong>cati alcuni sememi che possono farsi carico della manifestazione<br />

dei singoli sèmi (“uomo”, “donna”, ecc.).<br />

In quanto struttura che rende conto dell’organizzazione profonda <strong>di</strong> una<br />

categoria semantica, il quadrato semiotico porta alle estreme conseguenze il concetto<br />

saussuriano <strong>di</strong> valore, 5 secondo il quale un segno può darsi solo su base oppositiva:<br />

il quadrato è <strong>di</strong> fatto una struttura <strong>di</strong>fferenziale, un quadro formale per la<br />

comprensione del funzionamento <strong>di</strong> una categoria semantica. Tra gli esempi forniti<br />

dallo stesso <strong>Greimas</strong>, c’è lo sviluppo in forma <strong>di</strong> quadrato della categoria delle<br />

ingiunzioni:<br />

Figura <strong>3.</strong>6 [<strong>Greimas</strong> 1970: 149]<br />

Nei semafori, <strong>di</strong>ce <strong>Greimas</strong>, il verde significa prescrizione, il rosso inter<strong>di</strong>zione (il<br />

transito è vietato), il giallo può significare non-prescrizione (quando succede al<br />

verde), o non-inter<strong>di</strong>zione (quando succede al rosso), o anche non-ingiunzioni<br />

(quando lampeggia da solo).<br />

Il quadrato delle ingiunzioni può essere investito dal punto <strong>di</strong> vista del contenuto<br />

considerando le relazioni sessuali <strong>di</strong> un gruppo umano dal punto <strong>di</strong> vista semiotico.<br />

Partendo dall’opposizione Cultura vs Natura, dove la Cultura racchiude le relazioni<br />

permesse mentre la Natura racchiude le relazioni che una società esclude, i termini<br />

del quadrato semiotico <strong>di</strong>ventano i seguenti:<br />

5 Cfr. supra, § 1.8.1.<br />

prescrizioni<br />

non-inter<strong>di</strong>zioni<br />

ingiunzioni<br />

non-ingiunzioni<br />

inter<strong>di</strong>zioni<br />

non-prescrizioni


Relazioni permesse<br />

(Cultura)<br />

Relazioni matrimoniali<br />

(prescritte)<br />

Relazioni “normali”<br />

(non interdette)<br />

59<br />

Figura <strong>3.</strong>7 [<strong>Greimas</strong> 1970: 151]<br />

Relazioni escluse<br />

(Natura)<br />

Relazioni “anormali”<br />

(interdette)<br />

Relazioni non matrimoniali<br />

(non prescritte)<br />

Come si può vedere, il quadrato organizza un universo concettuale e<br />

l’organizzazione <strong>di</strong>pende dalle co<strong>di</strong>ficazioni sociali. Se è evidente, infatti, che le<br />

relazioni matrimoniali sono quelle prescritte, più problematiche sembrano le<br />

relazioni “anormali”, all’interno delle quali possiamo mettere con sicurezza<br />

l’incesto, ma con maggiori oscillazioni l’omosessualità (sappiamo che alcune<br />

società giu<strong>di</strong>cano anormale l’omosessualità, mentre altre la giu<strong>di</strong>cano normale, cioè<br />

non interdetta). Ancora, alcune società giu<strong>di</strong>cano “normale” l’adulterio dell’uomo e<br />

non-prescritto l’adulterio della donna.<br />

Ora, il modello rappresentato dal quadrato è semantico (semantica<br />

fondamentale), in quanto struttura una categoria semantica e rende conto<br />

dell’articolazione del senso all’interno <strong>di</strong> un micro-universo <strong>di</strong> significato (da<br />

questo punto <strong>di</strong> vista è dunque una descrizione tassonomica). È invece un modello<br />

sintattico (sintassi fondamentale) in quanto consente operazioni: la sintassi infatti<br />

opera delle trasformazioni in base alle quali un contenuto è affermato e un altro è<br />

negato. Così se da un lato abbiamo una sorta <strong>di</strong> tassonomia semica (visione statica<br />

del quadrato), dall’altro abbiamo le operazioni che un soggetto semiotico può fare<br />

su queste posizioni virtuali (visione <strong>di</strong>namica del quadrato): negare S1 significa<br />

generare il suo contrad<strong>di</strong>ttorio non-S1; affermare non-S1 può portare ad affermare<br />

S2 sulla base <strong>di</strong> una implicazione particolare. Dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>namico<br />

(sintattico), il quadrato è dunque in grado <strong>di</strong> prevedere dei percorsi e delinea le<br />

con<strong>di</strong>zioni embrionali della narratività.


60<br />

Nell’elaborazione del quadrato semiotico come articolazione profonda della<br />

semantica, <strong>Greimas</strong> prende ispirazione da alcuni stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Lévi-Strauss [1958]. Da una<br />

prospettiva strutturale che si caratterizza per la ricerca <strong>di</strong> costanti, Lévi-Strauss<br />

analizza alcuni miti e trova che essi si riproducono con gli stessi caratteri nelle <strong>di</strong>verse<br />

regioni del mondo. In particolare Lévi-Strauss si sofferma sui miti tebani (nello<br />

specifico su quello <strong>di</strong> E<strong>di</strong>po), e ipotizza che tali racconti mettano in relazione due<br />

<strong>di</strong>verse concezioni dell’origine dell’uomo, che evidentemente coesistevano a quel<br />

tempo presso i greci: secondo la prima concezione gli esseri umani spuntarono dalla<br />

terra (origine ctonia); in base alla seconda concezione nacquero da progenitori<br />

umani. Rileggendo alla luce <strong>di</strong> questa coesistenza alcuni miti, Lévi-Strauss costruisce<br />

uno schema in cui prova a mettere in correlazione un serie sintagmatica con una<br />

para<strong>di</strong>gmatica:<br />

Cadmo cerca sua<br />

sorella Europa, rapita<br />

da Zeus<br />

E<strong>di</strong>po sposa Giocasta,<br />

sua madre<br />

Antigone seppellisce<br />

Polinice, suo<br />

fratello, violando il<br />

<strong>di</strong>vieto<br />

Gli Sparti si sterminanovicendevolmente<br />

E<strong>di</strong>po uccide suo<br />

padre Laio<br />

Eteocle uccide suo<br />

fratello Polinice<br />

Cadmo uccide il<br />

drago<br />

E<strong>di</strong>po immola la<br />

sfinge<br />

Figura <strong>3.</strong>8 [Lévi-Strauss 1958: 240]<br />

Labdaco (padre <strong>di</strong><br />

Laio) = «zoppo»<br />

Laio (padre <strong>di</strong> E<strong>di</strong>po)<br />

= «sbilenco»<br />

E<strong>di</strong>po = «piede<br />

gonfio»<br />

La serie sintagmatica manifesta le sequenze dei miti, mentre la serie para<strong>di</strong>gmatica<br />

raggruppa nelle stesse colonne verticali avvenimenti analoghi. Nella prima colonna i<br />

miti tebani presentano casi in cui i rapporti familiari vengono “sopravvalutati”<br />

(E<strong>di</strong>po sposa sua madre Giocasta, Antigone sfida la morte e seppellisce suo fratello<br />

Polinice); nella seconda colonna ci sono invece i casi in cui i rapporti <strong>di</strong> parentela<br />

vengono “sottovalutati” (E<strong>di</strong>po uccide suo padre, Eteocle uccide suo fratello, ecc.).<br />

Secondo Lévi-Strauss questi miti affermerebbero e negherebbero l’origine parentale<br />

dell’uomo.<br />

La terza colonna riguarda i mostri e la loro <strong>di</strong>struzione (E<strong>di</strong>po annienta la Sfinge,<br />

Cadmo uccide il drago): simbolicamente vi si potrebbe leggere la negazione<br />

dell’origine dell’uomo dalla terra. Ma dalla quarta colonna si evince che una serie <strong>di</strong><br />

personaggi mitici si caratterizzano per la loro zoppia, e questo confermerebbe<br />

l’origine ctonia dell’uomo, in<strong>di</strong>cando la con<strong>di</strong>zione imperfetta dell’uomo emerso<br />

dalla terra. Dice Lévi-Strauss: “Quale significato finisce dunque con l’avere il mito <strong>di</strong><br />

E<strong>di</strong>po così interpretato «all’americana»? Esso esprimerebbe l’impossibilità, in cui si


61<br />

trova una società che professa <strong>di</strong> credere all’autoctonia dell’uomo […], <strong>di</strong> passare da<br />

questa teoria al riconoscimento del fatto che ciascuno <strong>di</strong> noi è realmente nato<br />

dall’unione <strong>di</strong> un uomo e <strong>di</strong> una donna. La <strong>di</strong>fficoltà è insuperabile.” [ibid.: 242] Ne<br />

consegue che il mito non risolve la contrad<strong>di</strong>zione che si genera dalle due concezioni<br />

sull’origine dell’uomo, ma le fa convivere mettendo in un rapporto <strong>di</strong> analogia due<br />

contrad<strong>di</strong>zioni: “la sopravvalutazione della parentela <strong>di</strong> sangue sta alla<br />

sottovalutazione <strong>di</strong> quest’ultima, come lo sforzo <strong>di</strong> sfuggire all’autoctonia sta<br />

all’impossibilità <strong>di</strong> riuscirci.” [ibidem]<br />

L’ipotesi <strong>di</strong> Lévi-Strauss è che i miti si basino su contrad<strong>di</strong>zioni soggiacenti e che<br />

le narrazioni mitiche servirebbero proprio a “sanare” queste contrad<strong>di</strong>zioni. In altri<br />

termini, sono proprio queste contrad<strong>di</strong>zioni a generare le narrazioni, i personaggi, le<br />

azioni, i drammi. Insomma, se la logica esclude le contrad<strong>di</strong>zioni, l’antropologia e la<br />

semiotica sostengono che i contrari possono coesistere, e che anzi proprio questa<br />

coesistenza sarebbe alla base delle narrazioni. <strong>Greimas</strong> riprende questa idea delle<br />

polarità soggiacenti e pensa <strong>di</strong> svilupparla nell’articolazione logica del quadrato, che<br />

va a porsi al livello più profondo della semantica.<br />

<strong>3.</strong>4.2. Strutture semio-narrative: il livello <strong>di</strong> superficie<br />

Il primo meccanismo <strong>di</strong> conversione, quello che rende conto del passaggio dal<br />

livello profondo al livello <strong>di</strong> superficie delle strutture semionarrative [cfr. il Percorso<br />

Generativo, Figura <strong>3.</strong>2], consiste nel passaggio dall’astrazione del quadrato a una<br />

narratività antropomorfizzata. In altri termini: le relazioni logico-semantiche del<br />

quadrato e le possibili operazioni sintattiche <strong>di</strong> affermazione/negazione <strong>di</strong> valori si<br />

traducono ora in azioni e volizioni <strong>di</strong> soggetti. I valori virtuali del quadrato vengono<br />

investiti in oggetti (oggetti <strong>di</strong> valore) che possono trovarsi in congiunzione o in<br />

<strong>di</strong>sgiunzione con i soggetti: <strong>di</strong> qui le <strong>di</strong>namiche narrative per rendere conto <strong>di</strong> queste<br />

trasformazioni. La narratività è dunque la sequenza or<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> situazioni e <strong>di</strong> azioni:<br />

è la versione “umanizzata” <strong>di</strong> quello che succedeva con il quadrato a livello<br />

profondo. Mentre lì c’erano solo delle articolazioni semiche, ora quelle articolazioni<br />

<strong>di</strong>ventano valori, intervengono dei soggetti che vogliono fare delle cose, trasformare<br />

delle situazioni, ecc.<br />

È bene sottolineare fin da ora che questa è una delle idee più importanti <strong>di</strong><br />

<strong>Greimas</strong>: il senso può essere colto solo attraverso la sua narrativizzazione. Se si<br />

accetta l’ipotesi che qualsiasi <strong>di</strong>scorso è organizzato in forma narrativa, la<br />

componente narrativa <strong>di</strong>venta un universale del piano del contenuto dei linguaggi; la<br />

narratività <strong>di</strong>venta il principio organizzatore <strong>di</strong> qualsiasi tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso, dai <strong>di</strong>scorsi<br />

figurativi (cioè narrativi in senso stretto), ai <strong>di</strong>scorsi scientifici o filosofici. Così dalle<br />

<strong>di</strong>fferenze valoriali del quadrato si passa al confronto-scontro tra soggetti e oggetti<br />

con un progressivo incremento <strong>di</strong> senso. Per questa ragione <strong>Greimas</strong> ritiene<br />

fondamentale la descrizione della grammatica narrativa <strong>di</strong> superficie, e in questo<br />

prende molta ispirazione da Propp, il quale aveva prodotto un importante lavoro <strong>di</strong><br />

analisi della fiaba russa.


62<br />

Vla<strong>di</strong>mir Propp (1895-1970), folklorista russo, nel 1928 pubblica Morfologia<br />

della fiaba, un lavoro per molti versi pionieristico in cui analizza un corpus <strong>di</strong> alcune<br />

centinaia <strong>di</strong> fiabe russe <strong>di</strong> magia alla ricerca <strong>di</strong> schemi narrativi costanti. Propp si<br />

accorge che al <strong>di</strong> là delle varianti superficiali, le fiabe <strong>di</strong> magia manifestano funzioni<br />

narrative sempre uguali: e quin<strong>di</strong>, se i personaggi e le situazioni sono numerosissime,<br />

le funzioni narrative sono invece assai limitate (Propp ne in<strong>di</strong>vidua trentuno).<br />

Proviamo a vedere le funzioni principali che si ripetono pressoché uguali nel corpus<br />

analizzato da Propp:<br />

1. Uno dei membri della famiglia si allontana dalla casa (allontanamento);<br />

2. All’eroe viene fatta una proibizione (proibizione);<br />

<strong>3.</strong> La proibizione viene violata (violazione);<br />

4. Il cattivo tenta <strong>di</strong> eseguire una investigazione (investigazione);<br />

5. Al cattivo vengono date notizie sulla vittima (delazione);<br />

6. Il cattivo tenta <strong>di</strong> ingannare la sua vittima per impossessarsene o per<br />

impadronirsi dei suoi beni (perfi<strong>di</strong>a);<br />

7. La vittima cade nel tranello e aiuta involontariamente il nemico (complicità);<br />

8. Il cattivo arreca un danno o una lesione a uno dei membri della famiglia<br />

(danneggiamento);<br />

8a A uno dei membri della famiglia manca qualcosa; egli desidera avere<br />

qualcosa (mancanza);<br />

9. Si verifica la sciagura o la mancanza; l’eroe riceve un or<strong>di</strong>ne o un invito, viene<br />

inviato o lasciato andare (me<strong>di</strong>azione);<br />

10. Il ricercatore acconsente o decide <strong>di</strong> reagire (reazione incipiente);<br />

11. L’eroe abbandona la casa (partenza);<br />

12. L’eroe viene messo alla prova (prima funzione del donatore);<br />

1<strong>3.</strong> L’eroe reagisce alle azioni del futuro donatore (reazione dell’eroe);<br />

14. L’eroe riesce a entrare in possesso del mezzo magico (ottenimento del mezzo<br />

magico);<br />

15. L’eroe si <strong>di</strong>rige, raggiunge o viene portato sul luogo in cui si trova<br />

l’oggetto della sua ricerca (trasferimento spaziale tra due regni);<br />

16. L’eroe e il cattivo si battono in uno scontro <strong>di</strong>retto (lotta);<br />

17. Imprimono un marchio all’eroe (marchiatura);<br />

18. Il cattivo è vinto (vittoria);<br />

19. Viene posto riparo alla sciagura iniziale o viene eliminata la mancanza iniziale<br />

(rimozione della sciagura o della mancanza);<br />

20. L’eroe ritorna (ritorno);<br />

21. L’eroe viene perseguitato (persecuzione);<br />

22. L’eroe scampa alla persecuzione (salvezza);<br />

2<strong>3.</strong> L’eroe, non riconosciuto, arriva a casa o in un altro paese (arrivo in incognito);<br />

24. Il falso eroe avanza pretese infondate (pretese infondate);<br />

25. All’eroe viene affidato un <strong>di</strong>fficile compito (compito <strong>di</strong>fficile);<br />

26. Il compito è assolto (soluzione);<br />

27. L’eroe è riconosciuto (riconoscimento);<br />

28. Il falso eroe o il cattivo è smascherato (smascheramento);<br />

29. L’eroe assume un nuovo aspetto (trasfigurazione);<br />

30. Il cattivo è punito (punizione del falso eroe);<br />

31. L’eroe si sposa e viene proclamato re (matrimonio).


63<br />

Nelle fiabe non sono presenti sempre tutte le funzioni, ma le sequenze vengono<br />

rispettate e questo schema funziona assai bene come impianto <strong>di</strong> base per rendere<br />

conto delle azioni standard <strong>di</strong> quei racconti. Al <strong>di</strong> là dei suoi esiti imme<strong>di</strong>ati, la ricerca<br />

<strong>di</strong> Propp è stata una grande lezione <strong>di</strong> metodo che pone le basi per l’analisi strutturale<br />

dei racconti.<br />

Gli strumenti della narratologia proppiana <strong>di</strong>ventano così le basi per la<br />

costruzione del livello semio-narrativo (cfr. il Percorso Generativo, Figura <strong>3.</strong>2). Alla<br />

base della grammatica narrativa <strong>di</strong> superficie si <strong>di</strong>spongono gli attanti narrativi: gli<br />

attanti sono tipi narrativi molto generali e astratti, che non vanno confusi con i<br />

personaggi della narrazione. <strong>Greimas</strong> descrive un modello attanziale <strong>di</strong> questo tipo:<br />

Destinante Æ Oggetto Æ Destinatario<br />

↑<br />

Aiutante Æ Soggetto ¨ Opponente<br />

Figura <strong>3.</strong>9<br />

La prima azione, secondo la semiotica narrativa <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong>, consiste in una sorta<br />

<strong>di</strong> contratto: un Destinante trasmette qualcosa a un Destinatario, per esempio il<br />

mandato a compiere una certa azione. Il Destinante, pertanto, è colui che desidera lo<br />

svolgimento <strong>di</strong> una certa azione, e alla fine è colui che ne certifica il successo con la<br />

sanzione. Occorre precisare fin da subito che spesso i due ruoli sono ricoperti nei<br />

racconti dallo stesso personaggio.<br />

Tra Destinante e Destinatario c’è sempre in gioco un Oggetto, concreto o astratto<br />

che sia. L’Oggetto è anzitutto in relazione con un Soggetto per cui esso ha valore e<br />

che si batte per ottenerlo. Anche Destinatario e Soggetto sono spesso rappresentati<br />

da uno stesso personaggio. Quin<strong>di</strong> in genere all’inizio dei racconti un Destinatario-<br />

Soggetto si impegna a realizzare il volere del Destinante attraverso delle prove<br />

(contratto), e il Destinante si impegna a sua volta a retribuire il Destinatario-Soggetto<br />

con una sanzione positiva o negativa sulla base <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>zio sul suo operato.<br />

Di solito l’impresa del Soggetto è contornata da circostanze favorevoli e/o<br />

sfavorevoli: in termini attanziali queste si traducono in aiutanti (animati o inanimati)<br />

e opponenti (anch’essi animati o animati: cioè persone che ostacolano l’azione,<br />

oppure ostacoli ambientali, meteorologici, ecc.). In una campagna elettorale un<br />

politico, in quanto Soggetto, prefigura un’impresa: quella <strong>di</strong> ottenere determinati<br />

risultati (Oggetto). Per il raggiungimento <strong>di</strong> questo scopo un politico può riferirsi a<br />

<strong>di</strong>versi mandanti (Destinanti): <strong>di</strong> solito si <strong>di</strong>chiara che siano gli elettori, ma per una


64<br />

serie <strong>di</strong> valori specifici il mandante può essere anche, per esempio, la Chiesa. Da<br />

questo punto <strong>di</strong> vista è evidente che tra il Soggetto e il Destinante si stipula un<br />

contratto, e che il destinante alla fine del mandato elettorale potrà giu<strong>di</strong>care l’operato<br />

del Soggetto. Durante l’impresa il Soggetto-politico potrà avere degli aiutanti (la<br />

stampa, la congiuntura economica, gli intellettuali, ecc.), o degli opponenti (critiche<br />

autorevoli, attacchi personali, ecc.).<br />

I ruoli attanziali, che si collocano nelle strutture semio-narrative <strong>di</strong> superficie,<br />

vengono ricoperti nel <strong>di</strong>scorso dagli attori 6 . Le possibilità previste da <strong>Greimas</strong> sono<br />

le seguenti:<br />

1): 2): 3):<br />

A1 A1 A2 A3 A1<br />

a1 a1 a1 a2 a3<br />

Figura <strong>3.</strong>10 [<strong>Greimas</strong> 1983: 45]<br />

Tra l’attante e l’attore ci può essere un rapporto univoco (caso 1: l’attante del<br />

Destinante viene personificato dal re); oppure un attore può rappresentare un<br />

sincretismo <strong>di</strong> più attanti (caso 2: il re parte egli stesso per recuperare la<br />

principessa); oppure ancora una posizione attanziale può essere ricoperta da più<br />

attori (caso 3: tre eroi vanno alla ricerca della principessa scomparsa).<br />

Oltre a ricoprire un ruolo attanziale, un attore “incarna” un ruolo tematico: il<br />

ricco, il potente, il prigioniero, ecc: “Un testo narrativo è una macchina che<br />

trasforma i ruoli tematici degli attori, facendoli passare da poveri a ricchi, da<br />

prigionieri a uomini liberi, da straccioni a re. Altrettanto spesso, insieme ai ruoli<br />

tematici, il testo mette in scena la trasformazione dei ruoli patemici, mutando i<br />

personaggi da tristi a gioiosi, da calmi a ansiosi, da in<strong>di</strong>fferenti a appassionati.”<br />

[Marsciani e Zinna 1991: 75]<br />

Conviene ricordare che stiamo sintetizzando il tentativo <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> <strong>di</strong> delineare<br />

una grammatica elementare della narratività. Siamo cioè alla ricerca <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong><br />

elementi ricorsivi che caratterizzano i racconti. Da questo punto <strong>di</strong> vista numerosi<br />

esempi ci vengono offerti dalle soap opera, generi televisivi strutturalmente ripetitivi,<br />

nel senso che si basano su schemi narrativi altamente standar<strong>di</strong>zzati. Per esempio<br />

molte soap, proprio per prevedere lunghe e faticose trasformazioni dei ruoli tematici,<br />

mettono in scena <strong>di</strong> solito due famiglie, una <strong>di</strong> estrazione sociale bassa e una <strong>di</strong><br />

estrazione molto alta. Quasi sempre c’è un Soggetto che si pone come scopo (quin<strong>di</strong><br />

abbiamo un sincretismo tra Destinante e Soggetto) quello <strong>di</strong> trasformare il suo ruolo<br />

tematico, passando da una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>sagiata a una evidentemente molto più agiata.<br />

6 Per il livello <strong>di</strong>scorsivo cfr. infra, § <strong>3.</strong>4.<strong>3.</strong> Ora anticipiamo il <strong>di</strong>scorso sugli attori al solo scopo<br />

<strong>di</strong> evitare confusione tra gli attanti, che in<strong>di</strong>cano ruoli generali, e gli attori, che intervengono nelle<br />

strutture <strong>di</strong>scorsive.


65<br />

Per operare questa trasformazione, il Soggetto deve entrare in congiunzione con un<br />

Oggetto (<strong>di</strong> solito occorre sposare il rampollo della famiglia ricca), ma è chiaro che<br />

l’impresa avrà innumerevoli ostacoli, grazie all’intervento <strong>di</strong> opponenti che <strong>di</strong>latano il<br />

raggiungimento dell’oggetto. Va da sé che la <strong>di</strong>latazione del racconto passa attraverso<br />

continue trasformazioni patemiche in cui gli attori sono gioiosi, furibon<strong>di</strong>, allegri,<br />

appassionati, ecc.<br />

I due ruoli attanziali fondamentali, quelli del Soggetto e dell’Oggetto, si<br />

interdefiniscono reciprocamente: il Soggetto è tale solo nella relazione con<br />

l’Oggetto. Per comprendere questa interdefinizione, bisogna ricorrere alla categoria<br />

<strong>di</strong> valore: “il soggetto si congiunge con un oggetto dotato <strong>di</strong> valore, con un oggettovalore,<br />

un oggetto in cui si investe il valore semantico e narrativo che instaura il<br />

soggetto stesso come soggetto narrativo.” [Marsciani e Zinna 1991: 77]<br />

Per spiegare meglio le possibili valorizzazioni <strong>di</strong> un oggetto <strong>Greimas</strong> ricorre<br />

all’esempio dell’automobile: l’oggetto può essere acquistato in virtù <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse<br />

possibili valorizzazioni, dalla rapi<strong>di</strong>tà degli spostamenti alla como<strong>di</strong>tà, dal prestigio<br />

sociale al senso <strong>di</strong> potere. È importante capire questo sganciamento valoriale rispetto<br />

agli oggetti: sono anzitutto i valori a circolare e a determinare le <strong>di</strong>namiche narrative,<br />

mentre il ruolo giocato dagli oggetti è, in definitiva, marginale.<br />

In un saggio <strong>di</strong>ventato celebre Floch [1990], riflettendo sul modo in cui<br />

l’oggetto-macchina viene valorizzato negli spot pubblicitari, in<strong>di</strong>vidua quattro tipi <strong>di</strong><br />

valorizzazione:<br />

• la valorizzazione pratica, che corrisponde a valori “utilitari” come la<br />

maneggevolezza, il confort, la robustezza. L’oggetto viene presentato in<br />

quanto strumento: Floch riporta l’esempio <strong>di</strong> un annuncio Volvo in cui si<br />

insiste sulla sicurezza che la vettura offre a chi viaggia al suo interno. Nel caso<br />

in questione chi siede nel se<strong>di</strong>le posteriore è una bambina, e quin<strong>di</strong> è in gioco<br />

la protezione del futuro dei figli;<br />

• la valorizzazione utopica, contraria a quella pratica, che comprende valori<br />

“esistenziali” come l’identità, la vita, l’avventura. L’attenzione qui non è<br />

posta tanto sull’oggetto quanto sul soggetto che, congiungendosi con<br />

l’oggetto-macchina, intende realizzare la propria identità. Il visual <strong>di</strong> un<br />

annuncio Volkswagen preso a esempio da Floch recita: “Le vent de<br />

l’aventure”, dove il desiderio <strong>di</strong> avventura del destinatario prevale su qualsiasi<br />

altra caratteristica dell’oggetto pubblicizzato;<br />

• la valorizzazione lu<strong>di</strong>ca, che corrisponde alla negazione dei valori utilitari e<br />

comprende il lusso, la gratuità, la raffinatezza, la “follia”, ecc. In questo<br />

caso si considera l’oggetto a prescindere dalla sua funzionalità ma per il<br />

piacere che procura. L’annuncio BMW riportato da Floch recita: “Conduire<br />

sans motif apparent”, in<strong>di</strong>cando che la conduzione della macchina può<br />

avvenire per puro piacere, senza un motivo preciso;<br />

• la valorizzazione critica, che corrisponde alla negazione dei valori<br />

“esistenziali” e comprende, per esempio, i rapporti qualità/prezzo,<br />

innovazione/costo, ecc. L’oggetto viene scelto per la sua convenienza<br />

economica: l’annuncio Wolkswagen scelto da Floch mostra un personaggio<br />

intento a usare la pompa <strong>di</strong> benzina per suicidarsi: la soluzione suggerita


66<br />

implicitamente è quella <strong>di</strong> usare la macchina pubblicizzata, che evidentemente<br />

ha un consumo accettabile.<br />

Tali valorizzazioni vengono proiettate sul quadrato semiotico nel modo seguente:<br />

maneggevolezza<br />

confort<br />

affidabilità<br />

costi/benefici<br />

qualità/prezzo<br />

valorizzazione<br />

pratica<br />

valori<br />

“utilitari”<br />

valori<br />

“non esistenziali”<br />

valorizzazione<br />

critica<br />

Figura <strong>3.</strong>11 [Floch 1990: 176]<br />

Gli esempi riportati da Floch mettono bene in evidenza come l’oggetto-macchina<br />

in sé sia marginale, ma <strong>di</strong>venti appetibile nel momento in cui viene investito <strong>di</strong> una<br />

qualche valorizzazione. 7<br />

Gli oggetti valorizzati costituiscono dunque un incremento <strong>di</strong> senso rispetto al<br />

quadrato semiotico, e vanno a costituire l’area della semantica narrativa [cfr. il<br />

Percorso Generativo, Figura <strong>3.</strong>2]: <strong>di</strong>ventano così gli elementi che “scatenano” la<br />

sintassi narrativa, e infatti il Soggetto tende verso il valore che per lui è investito in<br />

un Oggetto. È in questa ricerca, in questa tensione, che consiste l’organizzazione<br />

canonica degli enunciati narrativi. La grammatica narrativa prevede due tipi <strong>di</strong><br />

enunciati molto generali: gli enunciati <strong>di</strong> stato e gli enunciati del fare.<br />

Gli enunciati <strong>di</strong> stato stabiliscono una relazione <strong>di</strong> giunzione tra un attante<br />

Soggetto e un attante Oggetto. Le possibilità sono quin<strong>di</strong> le seguenti:<br />

S « O il Soggetto è congiunto con l’Oggetto<br />

S » O il Soggetto è <strong>di</strong>sgiunto dall’Oggetto<br />

valorizzazione<br />

utopica<br />

valori<br />

“esistenziali”<br />

valori<br />

“non utilitari”<br />

valorizzazione<br />

lu<strong>di</strong>ca<br />

vita<br />

identità<br />

cultura<br />

gratuità<br />

raffinatezza<br />

7 Il quadrato delle valorizzazioni, secondo Floch, è efficace nella misura in cui può dare luoghi a<br />

percorsi, cioè a una sintassi narrativa: con l’analisi dello spot della Citröen BX Floch mette in<br />

evidenza il passaggio da una valorizzazione pratica (efficienza) a una valorizzazione lu<strong>di</strong>ca (la<br />

“follia” <strong>di</strong> un tuffo in mare con la macchina), a una valorizzazione utopica (la macchina rappresenta<br />

uno stile <strong>di</strong> vita). Sull’efficacia del quadrato <strong>di</strong> Floch, cfr. Marrone [2001: 184-187].


67<br />

È importante riba<strong>di</strong>re “che l’oggetto <strong>di</strong> cui si sta parlando può essere concreto<br />

(per esempio un personaggio <strong>di</strong> una narrazione che sia ricco è in congiunzione col<br />

suo denaro: S1 « Oricchezza) ma anche astratto: un personaggio infelice può essere<br />

descritto come <strong>di</strong>sgiunto dalla felicità che, per esempio, aveva in precedenza:<br />

S2»Ofelicità. L’oggetto è in<strong>di</strong>viduato dal testo, e la sua caratteristica essenziale è <strong>di</strong><br />

aver valore per il soggetto. Di conseguenza, si può <strong>di</strong>re che nell’ambito degli<br />

enunciati <strong>di</strong> stato oggetto e soggetto si in<strong>di</strong>viduino a vicenda. Il soggetto è colui per<br />

cui l’oggetto ha valore; l’oggetto è ciò che importa al soggetto.” [Volli 2000: 121]<br />

La narrazione, secondo <strong>Greimas</strong>, non è altro che una trasformazione <strong>di</strong> stati: si<br />

passa da stati <strong>di</strong> congiunzione a stati <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgiunzione e viceversa. La trasformazione<br />

opera infatti sulla relazione <strong>di</strong> giunzione tra Soggetto e Oggetto. Entriamo così negli<br />

enunciati del fare, dove un Soggetto tende a provocare la congiunzione o la<br />

<strong>di</strong>sgiunzione <strong>di</strong> un Soggetto (che può essere se stesso o un altro) da un Oggetto.<br />

Ecco le due possibilità:<br />

S1 Æ (S2«O) trasformazione congiuntiva<br />

S1 Æ (S2»O) trasformazione <strong>di</strong>sgiuntiva<br />

dove:<br />

S1 = soggetto del fare<br />

S2 = soggetto <strong>di</strong> stato<br />

“È intuitivo interpretare il primo caso riportato qui sopra per esempio come un<br />

dono (S1 regala O a S2) e il secondo come un furto (S1 toglie O a S2). Ma in questa<br />

maniera si possono schematizzare rapporti molto più complessi, come uno scambio<br />

[S1Æ(S2«O) e S2Æ(S1«O)] oppure il procurarsi ciò che si vuole [S1Æ(S1«O)]<br />

o ancora, l’abbandonare qualcuno [S1Æ(S2»S1)].” [ibidem]<br />

Fin qui la semiotica narrativa <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> si preoccupa <strong>di</strong> ampliare e approfon<strong>di</strong>re<br />

l’ossatura narratologica messa a punto da Propp e da Lévi-Strauss. Ma un tale<br />

sistema, per quanto articolato nelle sue varie parti, ha dei limiti evidenti: infatti può<br />

essere applicato a testi che si basano su azioni ben chiare, dove siano reperibili stati<br />

<strong>di</strong> congiunzione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgiunzione; ma cosa <strong>di</strong>re <strong>di</strong> quei testi complessi in cui al<br />

centro dell’attenzione non vi sono le azioni dei personaggi ma, per esempio, conflitti<br />

interiori, riflessioni, stati cognitivi? Per <strong>di</strong>rla in altri termini: una grammatica narrativa<br />

<strong>di</strong> superficie pensata in questi termini servirebbe a capire meglio l’articolazione <strong>di</strong><br />

una fiaba e forse de I promessi sposi, ma potrebbe poco <strong>di</strong> fronte all’Ulisse <strong>di</strong><br />

Joyce o alla Ricerca del tempo perduto <strong>di</strong> Proust. Ma anche nel caso <strong>di</strong> testi non<br />

letterari (conversazioni, comizi, ecc.), appare evidente che l’interesse non può essere<br />

circoscritto alle azioni e alle trasformazioni narrative, essendo fondamentale ciò che<br />

fa agire e trasformare le situazioni, e cioè la <strong>di</strong>mensione cognitiva degli attanti.<br />

Secondo <strong>Greimas</strong> tale <strong>di</strong>mensione può cominciare a essere descritta ricorrendo ai<br />

verbi modali (teoria delle modalità). Se l’enunciato del fare prevede una


68<br />

trasformazione, e dunque una performanza, ricorrendo alle lingue naturali possiamo<br />

descrivere questa situazione con la struttura modale del far-essere (l’esempio<br />

<strong>di</strong>scorsivo potrebbe essere “prendere una mela” 8 ). Tuttavia abbiamo detto che ci<br />

interessa ciò che fa realizzare la performanza, lo stato cognitivo che muove l’azione,<br />

e cioè la competenza. Ricorrendo alle lingue naturali possiamo descrivere la<br />

competenza con la struttura modale dell’essere del fare (l’esempio <strong>di</strong>scorsivo<br />

potrebbe essere “voler prendere una mela”). La competenza è insomma quel modo<br />

<strong>di</strong> essere che ci consente <strong>di</strong> eseguire un atto. La performanza presuppone la<br />

competenza, e le due strutture modali, insieme, costituiscono quello che <strong>Greimas</strong><br />

definisce atto pragmatico: se Eva prende la mela (performanza) è perché Eva voleva<br />

prendere la mela (competenza presupposta dall’atto).<br />

Se la performanza è il “fare che modalizza l’essere”, e la competenza è<br />

“l’essere che modalizza il fare”, restano da registrare due combinazioni possibili:<br />

“il fare che modalizza il fare”, e “l’essere che modalizza l’essere”. Il fare che<br />

modalizza il fare è una forma <strong>di</strong> manipolazione: il serpente fa in modo che Eva<br />

prenda il frutto dell’albero (l’esempio <strong>di</strong>scorsivo potrebbe essere “far prendere una<br />

mela”). L’essere che modalizza l’essere è una forma <strong>di</strong> sanzione: è il momento in<br />

cui Eva, ascoltando le parole del serpente, crede che l’oggetto sia investito <strong>di</strong> potere<br />

(“credere nel potere della mela”); oppure può essere inteso come il momento in cui<br />

si giu<strong>di</strong>ca un certo atto. Ecco una rappresentazione sintagmatica delle quattro<br />

strutture modali:<br />

MANIPOLAZIONE SANZIONE<br />

far-fare essere dell’essere<br />

performanza cognitiva <strong>di</strong> S2 competenza cognitiva <strong>di</strong> S2<br />

COMPETENZA <strong>di</strong> S1 PERFORMANZA <strong>di</strong> S1<br />

essere del fare far-essere<br />

atto pragmatico<br />

Figura <strong>3.</strong>12 [<strong>Greimas</strong> 1983: 73] 9<br />

In questi termini l’atto pragmatico è l’insieme <strong>di</strong> una competenza e <strong>di</strong> una<br />

performanza, e risulta collocato in un quadro contrattuale all’interno del quale la<br />

manipolazione e la sanzione costituiscono due momenti essenziali. Nel momento<br />

della manipolazione un Destinante (S2) fa sì che un secondo soggetto (S1) faccia<br />

un’azione. Nel momento della sanzione il Destinante giu<strong>di</strong>ca l’atto compiuto da S1.<br />

8 Alcuni esempi che seguono sono ripresi da Marsciani e Zinna [1991].<br />

9 Lo schema riporta le integrazioni <strong>di</strong> Magli e Pozzato [1983: XIII]


69<br />

Oltre alle modalizzazioni del «fare» e dell’«essere», occorre considerare i valori<br />

modali del dovere, del volere, del sapere e del potere (surmodalizzazioni). In base a<br />

questi valori, la competenza può essere pensata come una catena orientata <strong>di</strong><br />

modalità:<br />

dovere Æ volere Æ sapere Æ potere<br />

Un soggetto, sulla base <strong>di</strong> un contratto con un Destinante-manipolatore, deve o<br />

vuole fare qualcosa, e per questa ragione deve acquisire una competenza, il saper<br />

fare, cui può seguire un poter fare. Infine la performanza, cioè il far-essere, realizza<br />

l’azione. Pertanto si può <strong>di</strong>re che i personaggi hanno dei programmi narrativi<br />

(PN): i programmi narrativi in<strong>di</strong>cano sintatticamente gli scopi e le azioni dei soggetti<br />

e possono essere espressi come enunciati <strong>di</strong> traformazione congiuntiva o<br />

<strong>di</strong>sgiuntiva:<br />

PN = F[S1Æ(S2«Ov)]<br />

PN = F[S1Æ(S2»Ov)]<br />

I programmi narrativi possono essere semplici o complessi. I programmi<br />

complessi si servono <strong>di</strong> sottoprogrammi d’azione, o programmi narrativi d’uso<br />

(PNu), che si inseriscono nel programma narrativo <strong>di</strong> base (PNb) e servono, ad<br />

esempio, per l’acquisizione della competenza. Eccone un esempio schematico:<br />

PNb:<br />

[S1 (volere) Æ (S2«O1)]<br />

PNu1 O2v: (sapere)<br />

[S1Æ(S2«O2v)]<br />

PNu2 O3v: (potere)<br />

[S1Æ(S2«O3v)]<br />

Figura <strong>3.</strong>13 [Zinna e Marsciani 1991: 100]<br />

Il programma narrativo <strong>di</strong> base, descritto nella linea superiore, include due<br />

programmi narrativi d’uso in cui il soggetto deve acquisire la competenza: in altri<br />

termini deve congiungersi con oggetti investiti <strong>di</strong> valori modali (sapere, potere, ecc.).


70<br />

In questo senso i programmi narrativi d’uso rappresentano delle <strong>di</strong>latazioni, delle<br />

espansioni. Dilatazioni <strong>di</strong> questo tipo giocano evidentemente sulla durata e sono in<br />

grado <strong>di</strong> creare la suspense narrativa.<br />

Scrive Volli [2000: 125]: “Insomma le modalità ci forniscono uno strumento<br />

estremamente potente per descrivere i rapporti dei personaggi del racconto non solo<br />

sul piano delle azioni, ma su quello altrettanto importante delle intenzioni, delle<br />

conoscenze, delle credenze. Non si tratta <strong>di</strong> caratterizzazioni puramente psicologiche,<br />

come si potrebbe credere ingenuamente. Fattori «psicologici» come il volere o il<br />

sapere sono in realtà parte essenziale del meccanismo narrativo e devono essere<br />

presenti perché anche il racconto più elementare e antirealistico (come per esempio<br />

una fiaba) possa svilupparsi felicemente.”<br />

C’è una fase del romanzo I tre moschettieri <strong>di</strong> Dumas in cui si manifesta una<br />

sintassi narrativa che sintetizza una chiara situazione polemico-contrattuale e che<br />

raggiunge il suo culmine nell’atto pragmatico inteso come correlazione tra<br />

competenza e performanza. Al ballo della “Caccia al Merlo” in onore del re e della<br />

regina, quest’ultima deve presentarsi con i do<strong>di</strong>ci fermagli ragalatigli dal re. Il<br />

problema è che Sua Maestà Anna d’Austria ha regalato i <strong>di</strong>amanti al suo amante<br />

inglese il duca <strong>di</strong> Buckingham e l’unica soluzione consiste nel recupero dei fermagli.<br />

A questo punto si instaura una prima situazione contrattuale che vede la regina in<br />

quanto Destinante-manipolatore (S2) far sì che un secondo soggetto, D’Artagnan<br />

(S1), compia l’azione <strong>di</strong> recupero. Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una manipolazione (far-fare).<br />

Abbiamo detto che l’atto pragmatico si definisce come correlazione <strong>di</strong> una<br />

competenza e <strong>di</strong> una performanza, e sappiamo anche che la sintagmatica delle<br />

modalità procede nella <strong>di</strong>rezione dovere o volere Æ sapere Æ potere Æ fare (cioè<br />

competenza Æ performanza): il Programma Narrativo <strong>di</strong> base <strong>di</strong> D’Artagnan consiste<br />

nel raggiungimento dell’oggetto <strong>di</strong> valore in questione, ma egli deve far fronte a due<br />

or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> problemi: (i) per quanto riguarda la surmodalizzazione del “poter fare”,<br />

deve ottenere un permesso speciale dal signore <strong>di</strong> Treville, comandante dei<br />

Moschettieri, operazione che richiede un sottoprogramma d’uso; (ii) deve considerare<br />

il programma narrativo dell’anti-soggetto, il car<strong>di</strong>nale Richelieu, coa<strong>di</strong>uvato dalla<br />

perfida contessa <strong>di</strong> Winter.<br />

L’operazione ha successo, nel senso che la performanza si realizza, tuttavia il<br />

Programma Narrativo <strong>di</strong> base si <strong>di</strong>lata in <strong>di</strong>verse occasioni per l’inserimento <strong>di</strong><br />

Programmi Narrativi d’uso, e certi momenti durativi creano l’effetto <strong>di</strong> suspense,<br />

come per esempio il colloquio <strong>di</strong> D’Artagnan con Treville.<br />

<strong>3.</strong>4.<strong>3.</strong> Strutture <strong>di</strong>scorsive<br />

Le strutture <strong>di</strong>scorsive [cfr. il Percorso Generativo, Fig. 2] sono meno astratte e<br />

più intuitive delle precedenti, per quanto, come le precedenti, si collochino ancora nel<br />

livello immanente. Mentre i passaggi precedenti erano denominati conversioni, il<br />

passaggio dal livello delle strutture narrative al livello delle strutture <strong>di</strong>scorsive è<br />

denominato convocazione, nel senso che chi vuole produrre un <strong>di</strong>scorso convoca<br />

una serie <strong>di</strong> conoscenze e capacità che gli sono offerte da repertori personali e


71<br />

culturali, e trasforma i ruoli più o meno astratti delle strutture semio-narrative in<br />

spazi, in tempi, in attori, in temi, in figure. In altri termini, comincia la vera e propria<br />

messa-in-scena, con luoghi, personaggi, temi, in un’ottica narrativa pienamente<br />

umana.<br />

Alla base della convocazione c’è un’istanza dell’enunciazione che me<strong>di</strong>a tra<br />

un’enunciazione, cioè un contesto produttivo originario, e un enunciato, che quin<strong>di</strong><br />

presuppone un’enunciazione e ne mantiene delle tracce (marche). In altri termini,<br />

chi produce un <strong>di</strong>scorso (soggetto dell’enunciazione) parte da un contesto e da una<br />

serie <strong>di</strong> competenze, e proietta fuori <strong>di</strong> sé, cioè fuori dall’io-qui-ora<br />

dell’enunciazione, degli attori (non-io), dei tempi (non-ora) e degli spazi (non-qui),<br />

che sono <strong>di</strong>versi da quelli del contesto dell’enunciazione e che andranno a<br />

caratterizzare l’enunciato. Ecco perché qualsiasi enunciato presuppone<br />

un’enunciazione e nello stesso tempo ne mantiene traccia sotto forma <strong>di</strong> marche<br />

dell’enunciazione: “Ci possono essere casi in cui il soggetto dell’enunciazione<br />

viene segnalato esplicitamente (con un pronome <strong>di</strong> prima persona nella lingua, con<br />

un movimento <strong>di</strong> macchina al cinema, con la rappresentazione del pittore in una tela<br />

etc.), oppure casi in cui, viceversa, ogni traccia della produzione enunciativa viene<br />

nascosta (con l’‘egli’ linguistico, le figure <strong>di</strong> profilo in pittura, la mancanza <strong>di</strong><br />

intrusioni d’autore in letteratura etc.), <strong>di</strong> modo che l’enunciato appare privo <strong>di</strong> ogni<br />

riferimento a chi lo ha prodotto e, dunque, interamente proiettato verso la ‘realtà’ che<br />

tende a rappresentare. Per <strong>Greimas</strong>, insomma, l’enunciazione è sempre presente<br />

nell’enunciato anche quando non è percepibile, dato che l’assenza della sua<br />

esplicitazione – segnalando, ad es. nel <strong>di</strong>scorso storico, la volontà <strong>di</strong> costruire forme<br />

<strong>di</strong> ‘oggettività’ – appare ancora più significativa della sua presenza.” [Fabbri e<br />

Marrone 2001: 12] Il soggetto dell’enunciazione si costruisce, quin<strong>di</strong>, solo<br />

negativamente, poiché l’approccio semiotico ha a che fare con tutto ciò che il<br />

soggetto dell’enunciazione non è, con tutto ciò che lo presuppone, cioè con<br />

l’enunciato.<br />

Il processo attraverso il quale il soggetto dell’enunciazione proietta fuori <strong>di</strong> sé<br />

attori, spazi e tempi, è detto débrayage (letteralmente “<strong>di</strong>sinnesco”). Il ritorno<br />

all’istanza dell’enunciazione è detto embrayage: è il caso <strong>di</strong> un narratore che – dopo<br />

essersi eclissato – alla fine <strong>di</strong> un racconto riemerge per offrire chiavi interpretative ai<br />

lettori; oppure è il caso <strong>di</strong> un personaggio che alla fine del film guarda nella camera<br />

riportando bruscamente lo spettatore nel contesto dell’enunciazione (finzione)<br />

filmica. 10<br />

La teoria dell’enunciazione ha avuto soprattutto il pregio <strong>di</strong> mettere in evidenza<br />

come nei testi appaiano solo i simulacri dei due poli della comunicazione: da un lato<br />

l’enunciatore empirico (in carne-e-ossa) proietta un simulacro <strong>di</strong> sé nell’enunciatore<br />

del testo (narratore), dall’altro l’enunciatario empirico è anch’esso rappresentato nel<br />

testo da un suo simulacro (narratario). Anche l’embrayage, cioè il ritorno all’istanza<br />

10 Sull’enunciazione au<strong>di</strong>ovisiva cfr. Bettetini [1984]. Per un inquadramento storico-teorico<br />

dell’enunciazione cfr. Manetti [1998].


72<br />

dell’enunciazione, è comunque un ritorno a un simulacro, e mai alla vera istanza<br />

dell’enunciazione.<br />

Dunque in virtù dell’enunciazione avviene la convocazione che realizza le<br />

strutture <strong>di</strong>scorsive: da una parte abbiamo le procedure <strong>di</strong> spazializzazione (con<br />

l’uso <strong>di</strong> toponimi), temporalizzazione (con l’uso <strong>di</strong> crononimi), attorializzazione<br />

(con l’uso <strong>di</strong> antroponimi), cioè la definizione <strong>di</strong> luoghi, tempi e personaggi;<br />

dall’altro abbiamo la <strong>di</strong>sseminazione <strong>di</strong> temi, cioè <strong>di</strong> stereotipi specifici, e <strong>di</strong> figure,<br />

cioè forme concrete della nostra esperienza percettiva. Ecco la spiegazione <strong>di</strong> Floch<br />

[1985: 55]: “Facciamo l’esempio <strong>di</strong> un percorso generativo particolare, definito<br />

dalla ricerca, da parte del soggetto, <strong>di</strong> un oggetto <strong>di</strong> valore come la ‘libertà’. Investito<br />

nel <strong>di</strong>scorso e, in particolare, spazializzato, il percorso <strong>di</strong> liberazione <strong>di</strong>verrà una<br />

‘evasione’. Da quel momento il tema <strong>di</strong>venta già meno astratto; ma lo stesso<br />

percorso potrà <strong>di</strong>ventare apertamento figurativo con l’apparizione <strong>di</strong> ‘grate segate’,<br />

<strong>di</strong> ‘cavalcate’, <strong>di</strong> ‘imbarchi’, o ancora <strong>di</strong> ‘lampade meravigliose’ e <strong>di</strong> ‘tappeti<br />

volanti’. Immettere nel <strong>di</strong>scorso è, quin<strong>di</strong>, anche, per investimenti semantici sempre<br />

più complessi e particolari, fare <strong>di</strong> un percorso narrativo, astratto, un percorso<br />

tematico poi un percorso figurativo.” Analogamente, il tema dello «sperpero» 11<br />

può avere vari percorsi figurativi: 1. la vita debosciata, con la rappresentazione <strong>di</strong><br />

festini; 2. la <strong>di</strong>lapidazione per il gioco, con la rappresentazione <strong>di</strong> roulette, case da<br />

gioco, ecc.; <strong>3.</strong> la <strong>di</strong>lapidazione per amore, con la rappresentazione <strong>di</strong> regali, capricci,<br />

ecc.; 4. l’acquisito <strong>di</strong> droga, ecc.<br />

Proviamo a fare un esempio. Supponiamo che Alexandre Dumas, nella sua casa <strong>di</strong><br />

Parigi, nel <strong>di</strong>cembre del 1844, abbia scritto questa nota per un amico:<br />

Caro amico, ti scrivo questo soggetto da Marsiglia, dove ho trovato ispirazione<br />

per una storia d’avventure e <strong>di</strong> vendette.<br />

La storia comincia il 24 febbraio 1815. Edmondo Dantès, marinaio <strong>di</strong><br />

Marsiglia, sta per essere nominato capitano del Pharaon e sta per sposare la<br />

bella catalana Mercedes. Ma Fernando, spasimante <strong>di</strong> Mercedes, e Danglars,<br />

compagno <strong>di</strong> bordo <strong>di</strong> Edmondo, denunciano Dantès quale agente<br />

bonapartista. Il giu<strong>di</strong>ce Villefort fa rinchiudere Dantès nel Castello d’If. Qui<br />

Dantès rimane per quattor<strong>di</strong>ci anni e conosce rocambolescamente l’abate Faria,<br />

ritenuto da tutti un folle perché <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> avere un tesoro nascosto. Faria<br />

muore, Dantès riesce a fuggire mettendosi nel sacco del cadavere dell’abate e<br />

liberandosi una volta in mare. Seguendo le in<strong>di</strong>cazioni dell’abate Faria troverà<br />

il tesoro nell’isola <strong>di</strong> Montecristo e <strong>di</strong>venterà il ricco e potente Conte <strong>di</strong><br />

Montecristo. La vendetta avviene a Parigi, dove il Conte <strong>di</strong> Montecristo ritrova<br />

Fernando (conte <strong>di</strong> Morcerf) e sua moglie Mercedes, il ricco banchiere<br />

Danglars e Villefort. Montecristo costringe al suici<strong>di</strong>o Morcerf, fa impazzire<br />

Villefort, e infine perdona Danglars dopo avergli fatto patire sofferenze atroci.<br />

Io sono sicuro che questa storia potrà interessare, ma non so come reagirà il<br />

pubblico <strong>di</strong> fronte alla vendetta spietata <strong>di</strong> Montecristo, che in fondo si<br />

sostituisce alla Provvidenza. Vorrei sapere che cosa ne pensi tu, che hai una così<br />

elevata sensibilità etica.<br />

11 L’esempio è <strong>di</strong>scusso in Pozzato [2001: 71].


73<br />

Per il momento non si consideri il fatto che ci troviamo <strong>di</strong> fronte a un testo<br />

manifestato (scrittura realizzata), perché lo stesso esempio si potrebbe immaginare<br />

realizzato con altre sostanze (pittura, cinema, ecc.). Ci si concentri invece sul livello<br />

immanente del <strong>di</strong>scorso. Il primo débrayage è nelle prime due righe: chi scrive<br />

installa un simulacro dell’enunciatore e un simulacro dell’enunciatario.<br />

Tecnicamente si definisce débrayage enunciazionale, perché il testo crea un<br />

simulacro <strong>di</strong> chi scrive: però attenzione, si tratta <strong>di</strong> un simulacro, e non solo perché<br />

chi scrive non è affatto a Marsiglia, come sappiamo, bensì a Parigi; il punto da mettere<br />

a fuoco è che l’istanza linguistica (io) è sempre altra cosa rispetto all’istanza<br />

enunciazionale, cioè rispetto alla persona che realmente sta scrivendo.<br />

Nel secondo paragrafo abbiamo un débrayage che si definisce invece enunciativo,<br />

perché proietta soggetti <strong>di</strong>versi da quello dell’enunciazione e costruisce un <strong>di</strong>scorso<br />

oggettivato, in terza persona: Alexandre Dumas (io), nella sua casa <strong>di</strong> Parigi (qui), nel<br />

<strong>di</strong>cembre del 1844 (ora), proietta nel <strong>di</strong>scorso degli attori (non-io), con antroponimi<br />

come “Edmondo Dantès”, “Fernando”, “Mercedes”, ecc.; degli spazi (non-qui),<br />

con toponimi come “Marsiglia” e “l’isola <strong>di</strong> Montecristo”; dei tempi (non-ora),<br />

con crononimi come “24 febbraio 1815”. L’enunciato acquisisce così una sua<br />

<strong>di</strong>mensione e presuppone un atto d’enunciazione. Nel <strong>di</strong>scorso si sviluppa una<br />

grammatica narrativa che vede nel livello profondo l’articolazione del valore libertà, e<br />

a livello <strong>di</strong> superficie dapprima la ricerca della libertà, che può andare a buon fine<br />

solo tramite il congiungimento del soggetto con l’oggetto-tesoro, e poi la<br />

realizzazione della vendetta (con importanti trasformazioni patemiche).<br />

Ma nel terzo paragrafo del testo abbiamo un embrayage: chi scrive ci riporta<br />

all’istanza <strong>di</strong> enunciazione intervenendo in prima persona (io), riferendosi a un<br />

pubblico, chiamando in causa il suo interlocutore (tu). L’embrayage – che<br />

presuppone sempre un débrayage – produce, evidentemente, un effetto <strong>di</strong> realtà, ma è<br />

bene sottolineare che anche in questo caso non si tratta <strong>di</strong> un ritorno all’istanza<br />

dell’enunciazione reale, bensì a dei simulacri: l’io del testo non coincide ovviamente<br />

con il Dumas in carne-e-ossa, così come il tu non è altro che un simulacro<br />

dell’interlocutore <strong>di</strong> Dumas.<br />

Il film E la nave va <strong>di</strong> Federico Fellini racconta <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> cantanti lirici che<br />

nel 1914, a bordo <strong>di</strong> un transatlantico, portano le ceneri del grande soprano Edmea<br />

Tetua da spargere in mare. Tutto il film è contornato da embrayage che mettono in<br />

luce la finzione e in tal modo riportano all’atto dell’enunciazione filmica: si vede<br />

bene che il mare è <strong>di</strong> polietilene, che il tramonto è <strong>di</strong>pinto, e i personaggi non<br />

mancano <strong>di</strong> esclamare: “sembra finto”. Alla fine del film, con un embrayage<br />

straor<strong>di</strong>nario, viene inquadrato lo stu<strong>di</strong>o 5 <strong>di</strong> Cinecittà dove la nave è stata costruita: si<br />

vedono i martinetti idraulici che la fanno rullare realisticamente, si vedono i tecnici, i<br />

fotografi, le telecamere, e infine si vede lo stesso Fellini impegnato in una carrellata.<br />

Tutto è ricostruito in stu<strong>di</strong>o, insomma, e Fellini non manca <strong>di</strong> rimarcarlo, ma è<br />

evidente che l’embrayage finale non riporta al contesto reale d’enunciazione, ma a<br />

un simulacro del contesto reale, così come il regista che si vede alla fine è solo un<br />

simulacro del regista che produce l’opera. Dal punto <strong>di</strong> vista semiotico <strong>di</strong> una teoria<br />

dell’enunciazione i <strong>di</strong>scorsi mettono in gioco solo simulacri, e i pronomi <strong>di</strong>sseminati<br />

nei <strong>di</strong>scorsi (io e tu nel linguaggio naturale, movimenti <strong>di</strong> macchina e attori che si<br />

rivolgono verso la telecamera nel linguaggio cinematografico) non coincidono mai<br />

con i soggetti dell’enunciazione.<br />

Seguendo i livelli del percorso generativo si arriva gradualmente a strutture che<br />

conosciamo meglio grazie alla nostra esperienza. Dai valori del quadrato,


74<br />

estremamente astratti, si passa alla grammatica narrativa <strong>di</strong> superficie, e poi, in virtù<br />

dei meccanismi enunciativi, si arriva agli attori, agli spazi, ai luoghi, ai temi, alle<br />

figure.<br />

È importante infine precisare che il Percorso Generativo non è il percorso <strong>di</strong><br />

generazione del testo da parte del suo autore, quanto piuttosto un quadro generale<br />

all’interno del quale si tenta <strong>di</strong> posizionare gli strumenti <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone la teoria. In<br />

altri termini, il Percorso Generativo definisce un oggetto significante secondo il suo<br />

modo <strong>di</strong> produzione e non secondo la storia della sua creazione. “Generazione”,<br />

precisa bene Floch, si oppone così a “genesi”: “Si tratta <strong>di</strong> un’opposizione<br />

metodologica capitale: la costituzione del senso – dall’articolazione minima fino a<br />

quelle che sono riunite nel piano dell’espressione – è uno sviluppo logico, costruito<br />

a posteriori dall’analista; non è lo svolgimento temporale della sua materializzazione.<br />

La ricchezza <strong>di</strong> significazione <strong>di</strong> un’opera non ha niente a che vedere con il tempo<br />

passato per realizzarla e nemmeno per concepirla.” [Floch 1985: 48]<br />

<strong>3.</strong>5. Le passioni e l’estesia<br />

Da <strong>di</strong>verso tempo la semiotica greimasiana sta tentando <strong>di</strong> integrare il modello<br />

narrativo espresso dal Percorso Generativo con categorie <strong>di</strong> tipo patemico ed<br />

estesico, relative cioè alle passioni e alle percezioni. Se la grammatica narrativa rende<br />

conto delle azioni, e la teoria delle modalità rende conto delle cognizioni, a una teoria<br />

semiotica testuale così concepita mancano elementi fondamentali come le emozioni,<br />

le tensioni, le <strong>di</strong>sposizioni psicologiche degli attori.<br />

La semiotica comincia così ad analizzare i sentimenti e le passioni rappresentate<br />

nei <strong>di</strong>scorsi. E lo fa, secondo Fabbri e Marrone [2001], 12 sulla scorta <strong>di</strong> motivazioni<br />

“esterne” ed “interne”. Esternamente si registra un interesse <strong>di</strong>ffuso per la<br />

problematica dell’affettività in varie <strong>di</strong>scipline (economia, antropologia, sociologia,<br />

linguistica, ecc.). Internamente agli stu<strong>di</strong> semiotici cresce invece la consapevolezza<br />

che la passionalità caratterizza le relazioni intersoggettive <strong>di</strong> cui sono intessute le<br />

strutture narrative. Le azioni narrative – detto in altri termini – <strong>di</strong>pendono dalla<br />

passionalità, cioè dall’essere dei soggetti, e una teoria semiotica deve rendere conto<br />

anche <strong>di</strong> questo livello.<br />

<strong>Greimas</strong> [1983] tenta anzitutto la strada dell’analisi lessematica delle passioni.<br />

Convinto che i lessemi siano spesso delle condensazioni che racchiudono strutture<br />

narrative e <strong>di</strong>scorsive complesse, <strong>Greimas</strong> in<strong>di</strong>vidua una passione lessicalizzata – per<br />

esempio la “collera” –, e servendosi delle definizioni <strong>di</strong>zionariali la “smonta”<br />

scoprendo i percorsi narrativi latenti. Infatti la “collera” è un lessema che può<br />

coprire una sequenza <strong>di</strong>scorsiva costituita da situazioni statiche e azioni: l’analisi<br />

deve scomporre il lessema in unità sintagmatiche per costruire una configurazione<br />

12 Cfr. Premessa alla Parte quarta: La <strong>di</strong>mensione passionale.


75<br />

passionale. Le definizioni <strong>di</strong>zionariali della “collera”, in questo senso, sembrano<br />

nascondere una sequenza <strong>di</strong> questo tipo:<br />

“frustrazione” Æ “scontento” Æ “aggressività”<br />

Ma è centrale anche il concetto <strong>di</strong> delusione per un’attesa non sod<strong>di</strong>sfatta, e dal<br />

punto <strong>di</strong> vista narrativo questo implica un soggetto (<strong>di</strong> stato) che ha una fiducia nei<br />

confronti <strong>di</strong> un altro soggetto (del fare): se il soggetto del fare viene meno alla<br />

fiducia che il soggetto <strong>di</strong> stato ha riposto in lui, allora l’insod<strong>di</strong>sfazione può portare<br />

all’esplosione della collera. Dal punto <strong>di</strong> vista lessicale si apre una costellazione <strong>di</strong><br />

termini collegati: “ostilità”, “rancore”, “offesa”, “vendetta”, ecc. E dal punto <strong>di</strong><br />

vista <strong>di</strong>scorsivo si alternano stati <strong>di</strong> tensione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>stensione. L’analisi <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> è<br />

molto dettagliata, ma quello che ci interessa in questa sede è il proce<strong>di</strong>mento<br />

metodologico, che consiste nell’“aprire” un lessema per svelarne i percorsi narrativi<br />

e <strong>di</strong>scorsivi potenziali.<br />

Tuttavia le passioni non sono analizzabili solo a partire dal lessico e<br />

dall’enciclope<strong>di</strong>a, ma anche a livello della <strong>di</strong>scorsività. Da questo punto <strong>di</strong> vista è<br />

interessante analizzare la produzione delle passioni nel quadro del Percorso<br />

Generativo. Nel livello più astratto delle strutture semio-narrative si situa il<br />

“motore” delle passioni, cioè le <strong>di</strong>sposizioni fisiche e somatiche che generano<br />

sentimenti positivi o negativi, attrazioni o repulsioni, simpatie o antipatie e via<br />

<strong>di</strong>cendo. In termini semiotici è fondamentale l’azione della cosiddetta categoria<br />

timica, che si esprime nell’opposizione euforia/<strong>di</strong>sforia e che sovradetermina altre<br />

categorie organizzate in forma <strong>di</strong> quadrato semiotico. La categoria timica è alla base<br />

dei giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> valore e determina atteggiamenti positivi (euforici) o negativi (<strong>di</strong>sforici)<br />

rispetto a qualcosa o a qualcuno. Tecnicamente <strong>di</strong>remo che la categoria timica,<br />

esprimendo giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> valore, assiologizza una categoria. Ecco l’esempio che porta<br />

Volli, dove il quadrato della pulizia viene assiologizzato dalla categoria timica che<br />

rende euforico il bianco (pulizia) e <strong>di</strong>sforico il nero (sporco):


76<br />

ASSIOLOGIZZAZIONE DI UNA CATEGORIA<br />

OPPOSIZIONE TIMICA<br />

Euforia Disforia<br />

Investimento assiologico<br />

positivo<br />

bianco nero<br />

lato dei<br />

detersivi<br />

Investimento assiologico<br />

negativo<br />

QUADRATO DELLA PULIZIA<br />

lato dello<br />

sporco<br />

non nero non bianco<br />

Figura <strong>3.</strong>14 [da Volli 2000: 132]<br />

Gli investimenti assiologici determinano le pulsioni profonde e sono quin<strong>di</strong> alla<br />

base degli effetti passionali. Come ricordano Marsciani e Pezzini [1996: XXXIII], le<br />

assiologie determinate dalla categoria timica delineano i campi <strong>di</strong> valori che<br />

caratterizzano il livello semio-narrativo <strong>di</strong> superficie (grammatica narrativa), dove le<br />

attrazioni e le repulsioni si traducono in azioni, lotte, scambi, desideri, competizioni<br />

tra soggetti e oggetti. Infine a livello <strong>di</strong>scorsivo l’investimento timico del livello<br />

profondo prende corpo in configurazioni e ruoli patemici, per cui gli attori saranno<br />

felici, allegri, collerici, nostalgici, ecc. Ma è importante sottolineare come in questa<br />

prospettiva la <strong>di</strong>mensione patemica <strong>di</strong>venti la componente fondamentale <strong>di</strong> ogni tipo<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso, nel senso che precede logicamente la costituzione dei <strong>di</strong>scorsi.<br />

Dal momento che la narratività si organizza sulla base <strong>di</strong> uno schema narrativo<br />

canonico, Fontanille [1993] pensa a un percorso canonico delle passioni e mette a<br />

confronto i due schemi in questo modo:


Schema Narrativo Canonico Schema Passionale Canonico<br />

77<br />

contratto-manipolazione costituzione<br />

competenza <strong>di</strong>sposizione<br />

performanza patemizzazione<br />

conseguenza emozione<br />

sanzione moralizzazione<br />

La costituzione, <strong>di</strong>ce Fontanille, è la fase nella quale il soggetto “emerge”<br />

all’interno del <strong>di</strong>scorso, nel senso che “è messo nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> conoscere una<br />

passione”. Il soggetto è dunque ricettivo rispetto a eventuali sollecitazioni<br />

passionali. Le analisi dei testi convergono nel rilevare, in questa fase, particolari<br />

modulazioni ritmiche e quantitative del soggetto: agitazione, rallentamento e<br />

imbarazzo sono esempi tipici <strong>di</strong> temporalità ritmica sospesa, neutralizzata rispetto a<br />

eventi che potrebbero verificarsi ma che per il momento non avvengono. E lo stile<br />

tensivo che caratterizza questa fase resta <strong>di</strong> solito invariata nelle fasi successive del<br />

percorso passionale.<br />

La <strong>di</strong>sposizione, secondo Fontanille, è la fase in cui un soggetto acquisisce le<br />

determinazioni per provare una passione specifica. Mentre prima eravamo nella fase<br />

della pre<strong>di</strong>sposizione generica alle passioni, ora le passioni cominciano a<br />

determinarsi: per esempio il soggetto, tramite il sospetto, comincia a determinare la<br />

sua gelosia.<br />

La patemizzazione è la fase trasformatrice, è il momento in cui il soggetto capisce<br />

il suo turbamento ed è in grado <strong>di</strong> identificarlo come passione. In pratica il soggetto<br />

può dare un nome al suo stato sulla base delle co<strong>di</strong>ficazioni passionali della propria<br />

cultura. In questo senso la patemizzazione è anche una spiegazione retroattiva degli<br />

stati precedenti.<br />

L’emozione, sottolinea Fontanille, ci riconduce all’in<strong>di</strong>viduo e al suo corpo: “Se<br />

infatti la costituzione, con la sua temporalità musicale e ritmica e le sue proprietà<br />

tensive, concerneva essenzialmente la componente propriocettiva, la <strong>di</strong>sposizione e la<br />

patemizzazione lasciavano in apparenza in pace il corpo del soggetto; ecco allora che<br />

con l’emozione quest’ultimo ricompare: sussulto, trasposto, fremito, tremore,<br />

convulsione, sobbalzo, turbamento e così via – tutte queste passioni manifestano,<br />

grazie a una reazione somatica vissuta dal soggetto e osservabile dall’esterno, la<br />

conseguenza timica della trasformazione passionale e più in particolare il carattere<br />

sopportabile o insopportabile, atteso o inatteso <strong>di</strong> tale conseguenza per il corpo del<br />

soggetto.” [Fontanille 1993: 259]<br />

La moralizzazione conclude il percorso passionale: il soggetto valuta le fasi del<br />

percorso passionale sia sulla base della cultura nella quale è inserito sia a titolo<br />

personale, in quanto egli stesso è implicato nella scena passionale. È il momento in<br />

cui si valuta se si è stati troppo irruenti, troppo impulsivi, troppo vanitosi, troppo


78<br />

generosi, ecc. È essenziale, ricorda Fontanille, che ci sia una regolamentazione<br />

in<strong>di</strong>viduale e sociale degli stili tensivi, delle competenze e delle manifestazioni<br />

passionali.<br />

Come abbiamo visto la semiotica delle passioni, indagando le ra<strong>di</strong>ci<br />

dell’affettività, ha cominciato a considerare la corporeità come un elemento basilare<br />

della significazione: in questo senso si collega a una semiotica dell’estesia, un<br />

para<strong>di</strong>gma che tenta <strong>di</strong> ricollocare la <strong>di</strong>mensione sensoriale e somatica all’interno del<br />

modello teorico del Percorso Generativo. L’ipotesi <strong>di</strong> partenza è che il senso sia<br />

legato ai sensi, che la significazione sia legata alle <strong>di</strong>namiche della percezione, e che<br />

quin<strong>di</strong> si debba ripensare semioticamente il rapporto soggetto-mondo.<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista il testo <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> Dell’imperfezione, del 1987, segna<br />

una svolta teorica: proprio per l’attenzione che egli pone agli aspetti estesici, ovvero<br />

percettivi, dell’esperienza estetica. In brani letterari <strong>di</strong> Calvino, Tournier, Rilke,<br />

Tanizaki e Cortázar, <strong>Greimas</strong> analizza descrizioni che mettono in evidenza la presa<br />

estetica, cioè una messa in relazione percettiva tra soggetto e oggetto.<br />

Il Robinson <strong>di</strong> Michel Tournier, <strong>di</strong> fronte a una goccia d’acqua che rimane<br />

sospesa quasi a “invertire il corso del tempo”, vacilla come a causa <strong>di</strong> un abbaglio, e<br />

ad<strong>di</strong>rittura riesce a immaginare “un’altra isola <strong>di</strong>etro quella dove soffriva in<br />

solitu<strong>di</strong>ne, più fresca, più calda, più fraterna”. Quella che si verifica, secondo<br />

<strong>Greimas</strong>, è una presa estetica eccezionale, cioè una relazione particolare tra soggetto e<br />

oggetto <strong>di</strong> valore. In seguito il soggetto può ricostruire l’accaduto e provare nostalgia<br />

per quell’effetto percettivo durato un tempo non quantificabile: “Il susseguirsi della<br />

quoti<strong>di</strong>anità, l’attesa, la rottura <strong>di</strong> isotopia come frattura, il vacillare del soggetto, lo<br />

statuto particolare dell’oggetto, la relazione sensoriale tra i due, l’unicità<br />

dell’esperienza, la speranza <strong>di</strong> una congiunzione totale futura – sono questi alcuni<br />

degli elementi costitutivi della presa estetica che ci ha rivelato il testo <strong>di</strong> Michel<br />

Tournier.” [<strong>Greimas</strong> 1987: 17]<br />

Il signor Palomar <strong>di</strong> Italo Calvino, passeggiando lungo una spiaggia deserta, vede<br />

una fanciulla <strong>di</strong>stesa sulla sabbia che prende il sole a seno nudo. Secondo <strong>Greimas</strong>, in<br />

questo passaggio si rivela la presa estetica: “Si volta e ritorna sui suoi passi. Ora, nel<br />

far scorrere il suo sguardo sulla spiaggia con oggettività imparziale, fa in modo che,<br />

appena il petto della donna entra nel suo campo visivo, si noti una <strong>di</strong>scontinuità,<br />

uno scarto, quasi un guizzo. Lo sguardo avanza fino a sfiorare la pelle tesa, si ritrae,<br />

come apprezzando con un lieve trasalimento la <strong>di</strong>versa consistenza della visione e lo<br />

speciale valore che essa acquista, e per un momento si tiene a mezz’aria, descrivendo<br />

una curva che accompagna il rilievo del seno da una certa <strong>di</strong>stanza, elusivamente ma<br />

anche protettivamente, per poi riprendere il suo corso come niente fosse stato.”<br />

L’aspetto interessante <strong>di</strong> questo effetto estetico è che l’oggetto si impone per la sua<br />

“pregnanza” e la presa estetica è quasi il risultato <strong>di</strong> un “volere reciproco <strong>di</strong><br />

congiunzione”, un “incontro a metà strada del soggetto con l’oggetto”. Non solo: la<br />

facoltà visiva – più razionale – sfocia nella tattilità (“fino a sfiorare la pelle tesa”),<br />

cioè in un livello più profondo della sensorialità.<br />

Ecco come <strong>Greimas</strong> definisce il fenomeno della presa estetica: “Ad un tratto<br />

accade qualcosa, non sappiamo cos’è: né bello, né buono, né vero, ma tutte queste<br />

cose insieme. E neppur questo: accade un’altra cosa. Cognitivamente inafferrabile,


79<br />

questa frattura della vita quoti<strong>di</strong>ana è suscettibile, a posteriori, <strong>di</strong> ogni tipo <strong>di</strong><br />

interpretazione: cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> ritrovarvi l’attesa inaspettata che l’aveva preceduta, o <strong>di</strong><br />

riconoscere la madeleine che rinvia alle sorgenti immemoriali dell’essere; essa fa<br />

nascere la speranza <strong>di</strong> una vita vera, <strong>di</strong> una fusione totale del soggetto e dell’oggetto.<br />

Insieme al sapore dell’eternità ci lascia un fondo d’imperfezione.” [ibid.: 52]<br />

L’importanza del testo <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> è riassunta in questo modo da Pozzato: “le<br />

riflessioni <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> sul livello estetico-estesico sono state <strong>di</strong> grande importanza<br />

poiché hanno segnato l’ingresso nella semiotica testuale delle ‘zone basse’ della<br />

coscienza (emozioni, tensioni, propensioni) il cui carattere è essenzialmente graduale,<br />

continuo, modulare, quanto i programmi narrativi e le modalità sono invece <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />

categoriale e pertanto organizzati in strutture logiche <strong>di</strong> tipo oppositivo.” [Pozzato<br />

2001: 170]<br />

Con la “rivoluzione estesica”, secondo Fabbri e Marrone [2001], 13 si è<br />

cominciato a pensare che le componenti sensoriali come l’u<strong>di</strong>to, l’odorato, il gusto,<br />

il tatto, contribuiscono in qualche misura alla costruzione della semantica dei testi. In<br />

questa prospettiva, occorre riba<strong>di</strong>rlo, è centrale il corpo in quanto oggetto del mondo<br />

e punto <strong>di</strong> vista sul mondo, in quanto esteriorità e interiorità, luogo del “timismo<br />

profondo” dove si generano le attrazioni e le repulsioni rispetto a se stessi e rispetto<br />

agli oggetti del mondo. Grazie alla me<strong>di</strong>azione del corpo avviene la traduzione<br />

reciproca tra processi cognitivi e stati <strong>di</strong> cose, tra mente e mondo. 14<br />

<strong>3.</strong>6. Riepilogo<br />

Negli anni Sessanta l’idea <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> è che – sulla scorta <strong>di</strong> Hjelmslev – si<br />

possa descrivere il piano del contenuto dei linguaggi trovando delle unità minimali.<br />

Le figure del contenuto <strong>di</strong> Hjelmslev <strong>di</strong>ventano, nella terminologia <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong>, i<br />

sèmi. Lo sta<strong>di</strong>o successivo della riflessione <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> porta all’elaborazione <strong>di</strong> un<br />

progetto semiotico più ampio che prevede (1) il passaggio dalla considerazione dei<br />

segni alla considerazione dei sistemi semiotici (testi), (2) la considerazione del livello<br />

immanente dei testi, cioè le strutture soggiacenti che caratterizzano i sistemi e i<br />

processi della significazione. Il piano del contenuto dei linguaggi <strong>di</strong>venta così un<br />

sistema pensato a strati, in cui dal livello più profondo e astratto, tramite meccanismi<br />

<strong>di</strong> conversione, si arriva a un livello più superficiale e concreto in virtù <strong>di</strong> un<br />

continuo incremento <strong>di</strong> senso. Il livello più profondo è costituito dal quadrato<br />

semiotico, che rappresenta la base per lo sviluppo <strong>di</strong> una grammatica narrativa del<br />

livello <strong>di</strong> superficie (attanti, enunciati narrativi, modalità, ecc.). Da lì si arriva alle<br />

strutture <strong>di</strong>scorsive, che manifestano la messa in scena del senso. Infine, al livello<br />

della manifestazione, ci sono le strutture testuali.<br />

13 Cfr. Premessa alla Parte quinta: Estetica ed estesia.<br />

14 Sulla corporeità in semiotica cfr. infra, § 5.2.1.


80<br />

Il Percorso Generativo <strong>di</strong> <strong>Greimas</strong> si fonda sull’ipotesi per la quale il senso può<br />

essere colto solo attraverso la sua narrativizzazione: in questo modo la narratività<br />

<strong>di</strong>venta il principio or<strong>di</strong>natore <strong>di</strong> tutti i linguaggi e <strong>di</strong> tutti i <strong>di</strong>scorsi: linguaggi<br />

naturali, visivi, musicali, <strong>di</strong>scorsi verbali, non verbali, testi narrativi, giuri<strong>di</strong>ci,<br />

scientifici, ecc.<br />

Di recente il progetto <strong>di</strong> ricerca greimasiano si è sviluppato tentando <strong>di</strong> integrare<br />

categorie patemiche ed estesiche. Dal un lato, con la semiotica delle passioni, si<br />

ritiene importante analizzare il ruolo che le emozioni e gli stati psicologici hanno nei<br />

testi; dall’altro, con la semiotica dell’estesia, si tenta <strong>di</strong> reintegrare le componenti<br />

sensoriali e somatiche – quin<strong>di</strong> percettive – all’interno del Percorso Generativo.

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