SISTEMA FONETICO LATINO - WordPress.com - Letteratura Latina
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I. Il sistema fonetico<br />
FONEMI E GRAFEMI<br />
Il sistema dei grafemi non è perfettamente sovrapponibile a quello dei fonemi di una lingua: accade<br />
infatti che uno stesso grafema sia utilizzato per trascrivere fonemi diversi: es grafema italiano –c<br />
nella parola casa trascrive una occlusiva velare sorda nella parola cina una occlusiva velare<br />
palatalizzata. Queste incoerenze del sistema grafico dell’italiano sono dovute per lo più al fatto che<br />
l’italiano ha adattato l’alfabeto latino alla trascrizione di fonemi che il latino mancavano, <strong>com</strong>e è<br />
appunto il caso della velare palatalizzata.<br />
In latino ad es. vedi quanto annotato sopra per il grafema C.<br />
Possiamo ricostruire quale fosse il sistema fonetico e dunque la pronuncia del latino dalle<br />
testimonianze dirette dei grammatici antichi quando descrivono i suoni della loro lingua , ovvero<br />
dalle scritture fonetiche delle iscrizioni e da altri fenomeni rilevabili negli esiti delle lingue<br />
romanze.<br />
a. Sistema consonantico del Latino<br />
In tutte le lingue le consonanti possono essere classificate in modo naturale secondo il punto di<br />
articolazione e il modo di articolazione, cioè dove e in che modo l’aria viene bloccata prima di<br />
uscire. Il punto di articolazione indica dove avviene il blocco: a livello labiale, dentale o velare, il<br />
modo di articolazione indica la modalità del blocco: 1.totale seguito da esplosione occlusive 2.<br />
l’aria esce con una specie di frizione fricative 3. l’aria esce dal naso nasali 4. l’aria esce ai lati della<br />
lingua laterali 4. l’aria produce delle vibrazioni vibranti.<br />
A secondo che le corde vocali vibrino o meno mentre esce l’aria le consonanti si distinguono in<br />
sonore o sorde.<br />
- occlusive bilabiali /p/ sorda /b/ sonora<br />
-continue<br />
dentali /t/ “ /d/ “<br />
velari /c/ “ /g/ “<br />
fricative: labiodentali /f/ sorda; alveolodentale /s/ sorda<br />
nasali: bilabiale /m/ sonora alveolodentale /n/ sonora<br />
laterale: alveolodentale /l/ sonora<br />
vibrante: alveolodentale /r/ sonora<br />
glottidale: /h/
Nella terminologia scolastica rimane in uso che la fricativa /s/ sia detta anche sibilante e che la<br />
laterale /l/ e la vibrante /r/ siano dette liquide.<br />
All’inventario delle consonanti si devono aggiungere:<br />
Le labiovelari sorde e sonore rappresentate dai grafemi qu e gu. Si tratta di digrammi ovvero di<br />
due grafemi che trascrivono un unico fonema costituito da una consonante velare sorda o sonora<br />
con appendice labiale ( es. italiano questo).<br />
Le semiconsonanti (semivocali)<br />
Nel sistema fonetico latino esistono due fonemi la cui natura è al confine tra le consonanti e le<br />
vocali: il fonema labiale /j/ e palatale /w/. Questi fonemi possono essere definiti più correttamente<br />
approssimanti ; nella loro produzione il canale fonatorio è più chiuso che nella produzione delle<br />
vocali ma più aperto che in quella delle consonanti. Dal punto di vista acustico nelle semivocali<br />
prevale la <strong>com</strong>ponente suono, nelle semiconsonanti la <strong>com</strong>ponente rumore.<br />
La maggior parte dei linguisti preferisce distinguere tali fonemi in base alla loro collocazione nel<br />
corpo della parola e chiamarli semiconsonanti quando si trovano davanti ad una vocale ( <strong>com</strong>e<br />
nell’italiano ieri o nel latino iam) e semivocali quando si trovano dopo vocale ( <strong>com</strong>e nel latino<br />
aula o nell’italiano pausa). Le semiconsonanti funzionano all’inizio di sillaba <strong>com</strong>e le altre<br />
consonanti: ad es. lat. iacto è un bisillabo iac.to.<br />
b. Sistema vocalico del Latino<br />
Come le consonanti anche i fonemi vocalici si possono classificare per le loro caratteristiche fisiche:<br />
dal momento che la corrente d’aria non incontra ostacoli nella produzione dei fonemi vocalici viene<br />
considerata la posizione della lingua nella bocca mentre viene prodotta la vocale. La classificazione<br />
in latino avviene perciò<br />
• secondo un asse orizzontale:<br />
i- e anteriori o palatali ( la lingua è spostata in avanti vicino al palato)<br />
a centrale ( la lingua rimane in posizione centrale)<br />
u- o posteriori o velari ( la lingua è ritratta indietro verso la gola)<br />
• secondo un asse verticale:<br />
i- u alte o chiuse (la lingua in posizione alta produce maggiore chiusura dello spazio di<br />
fuoriuscita dell’aria)<br />
e-o medie ( la lingua in posizione media produce una minore chiusura dello spazio di fuoriuscita)<br />
-a bassa o aperta ( la lingua abbassata permette una maggiore apertura del cavo orale)<br />
In latino la quantità vocalica ha valore distintivo, dunque i fonemi vocalici non sono cinque ma<br />
dieci perché per ogni fonema vocalico esistono due fonemi autonomi: una vocale lunga e una<br />
vocale breve.<br />
I dittonghi<br />
I linguisti oggi considerano veri e propri dittonghi solo quelli discendenti cioè i gruppi formati da<br />
vocale più una semivocale: in latino i dittonghi più frequenti sono tre au- ae- oe ( causa Caesar<br />
poena). Più rari sono eu- ei. Poiché i veri dittonghi sono discendenti il suono diminuisce dal primo
al secondo elemento: dunque se la sillaba è accentata l’accento si posa sempre sulla prima vocale<br />
del dittongo.<br />
Nel latino tardo ( ma anche nella pronuncia dialettale della stessa età classica chiamata “rustica”) i<br />
dittonghi –ae –oe furono monottongati, cioè ridotti al valore di un solo fonema –e lungo.<br />
Il dittongo –au invece, di cui si hanno pure tracce di monottongazione nel latino rustico e in alcuni<br />
esiti dell’italiano (cfr. ital. Oro da aurum), nel latino letterario si mantiene stabile fino ad età tarda.<br />
c. La sillaba<br />
E’ l’unità fonologica gerarchicamente superiore al fonema: si può definire cioè <strong>com</strong>e un insieme<br />
formato da uno o più fonemi, l’unità fonetica minima che può essere pronunciata da sola.<br />
Struttura della sillaba<br />
Attacco rima<br />
Nucleo coda<br />
C U M<br />
Questa struttura consente di dare una definizione precisa ad un concetto fondamentale per il latino:<br />
la distinzione tra sillabe aperte e sillabe chiuse<br />
Una sillaba chiusa ha una rima dotata di coda e sono lunghe, una sillaba aperta ha una rima<br />
senza coda e la loro quantità dipende dalla quantità della vocale-nucleo: se la vocale è breve la<br />
sillaba è breve, se la vocale è lunga la sillaba sarà lunga.. Questa definizione è più <strong>com</strong>prensiva di<br />
quella tradizionale secondo cui la sillaba aperta è quella che termina in vocale e la sillaba chiusa è<br />
quella che termina per consonante. Vi sono infatti anche sillabe che finiscono in dittongo ( es. pausa)<br />
e il dittongo non è propriamente né una vocale né una consonante. Se invece consideriamo il<br />
secondo elemento del dittongo <strong>com</strong>e una coda le sillabe che finiscono con un dittongo sono chiuse<br />
in quanto presentano una coda.<br />
N.B: bisogna tener presente che il parlato è di fatto una catena continua di suoni: nella catena<br />
parlata in un sintagma <strong>com</strong>e honestatem laudat la sillaba finale –tem risulta chiusa e quindi lunga<br />
in quanto la nasale finale seguita da altra consonante iniziale di parola si aggrega nella pronuncia<br />
alla vocale precedente costituendo perciò la coda della sillaba.<br />
In un sintagma <strong>com</strong>e honestatem amat la nasale finale si aggrega nella pronuncia alla iniziale<br />
vocalica successiva e la sillaba risulta aperta e la sua quantità dipende dalla quantità della vocale.
RITMO<br />
successione ordinata nel tempo di forme in movimento (suoni o figure) e la frequenza con cui<br />
le varie fasi si succedono: caratteristica del ritmo è dunque: 1. regolarità 2. ripetibilità<br />
A) Ritmo verbale: successione ordinata ripetuta e organizzata di suoni<br />
(sillabe ) secondo il criterio<br />
dell’intensità o della durata o dell’ altezza<br />
energia articolatoria<br />
impiegata nella<br />
produzione dei suoni<br />
tempo impiegato<br />
nella produzione<br />
dei suoni<br />
frequenza delle vibrazioni<br />
prodotte dall’apparato<br />
fonatorio nella produzione<br />
dei suoni<br />
Ogni lingua può rendere funzionale una o più di queste caratteristiche:<br />
in latino sono funzionali DURATA e ALTEZZA (almeno nel periodo repubblicano e imperiale della<br />
sua storia)<br />
1) DURATA : in realtà la durata <strong>com</strong>e l’altezza e l’intensità è un fatto fisico, presente<br />
necessariamente in tutte le lingue nella produzione verbale di un messaggio, poiché il fatto implica<br />
TEMPO. Tuttavia non tutte le lingue rendono funzionale questo tratto fisico; il latino invece lo ha reso<br />
funzionale ( pertinentizzato) e ne ha fatto un elemento del suo sistema, capace di distinguere una<br />
coppia minima di parole <strong>com</strong>e rosă/ rosā. Per indicare questa pertinentizzazione si utilizza il termine<br />
quantità, ovvero durata resa pertinente.<br />
2) La quantità in latino convenzionalmente fissata in due misure: breve /lunga (equivalente a due<br />
brevi)<br />
quantità vocalica : quella propria del fonema vocalico; quantità di sillaba quella propria della sillaba<br />
risultante dalla quantità vocalica + minima durata della consonante di chiusura .<br />
La quantità determina la posizione dell’accento ( legge della penultima) distingue casi della flessione<br />
(es. nominativo e ablativo di I declinazione) o radici e temi verbali ( temi del presente e temi del<br />
perfetto venit/ venit)<br />
3) ALTEZZA : rappresenta la natura prevalente dell’accento di parola e dell’accento ritmico del verso<br />
Nel sistema della lingua latina le cellule ritmiche elementari rappresentate dalla successione<br />
regolare e ripetuta di sillabe lunghe e sillabe brevi venivano chiamate piedi.
La misura convenzionale della breve è detta tempo primo. Una lunga vale dunque due tempi primi.<br />
UNITA’ RITMICHE FONDAMENTALI<br />
Piedi bisillabici nome tempi primi<br />
breve+ breve pirrichio 1+ 1<br />
breve+ lunga giambo 1 +2<br />
lunga+ breve trocheo 2+1<br />
lunga+ lunga spondeo 2+2<br />
Piedi trisillabici<br />
breve+breve+ breve tibraco 1+ 1+ 1<br />
lunga+breve + breve DATTILO 2+1+ 1<br />
Si definiscono elementi le parti costitutive delle cellule ritmiche elementari: nel dattilo abbiamo<br />
due elementi che si ripresentano regolarmente sillaba lunga seguita da due sillabe brevi. Il primo<br />
elemento del piede è sempre uguale e ripresentandosi regolarmente ad intervalli di tempo stabiliti<br />
permette all’ascoltatore di riconoscere una struttura ritmica costante. Questo elemento lo<br />
chiameremo elemento guida. Nel dattilo il secondo elemento ( le due brevi) può essere sostituito da<br />
una sillaba lunga equivalente <strong>com</strong>e tempi: in questi casi il piede si presenta <strong>com</strong>e spondeo.<br />
Accanto alle unità ritmiche elementari esistono unità ritmiche maggiori; gli antichi chiamavano<br />
queste unità maggiori metra e stabilivano che fossero necessari 4 tempi primi perché l’orecchio<br />
avverta non più pedes ma metra. Il pirrichio ad es. non è un metrum ma può essere utilizzato per<br />
costruire metra. Un dattilo è un pes ma può anche essere considerato un metrum perché ha 4 tempi<br />
primi.<br />
I versi sono realizzati dall’accostamento di un certo numero di metri che sono le parti costituenti.<br />
ESAMETRO:<br />
1. l’elemento guida (longum) è realizzato dalla lunga; il pirrichio (due brevi) è l’elemento non<br />
guida (biceps)<br />
Il primo rimane immutato il secondo può essere realizzato anche da una lunga.<br />
La sillaba situata alla fine di un verso ( indifferens) non è in relazione con le sillabe seguenti perché<br />
con questa sillaba appunto il verso termina : la sua quantità perciò è indifferente.<br />
L’esametro è dunque un verso costituito dal presentarsi regolare di sei unità minime costutite<br />
da un longum (realizzato da una sillaba lunga) e un biceps ( realizzato da due sillabi brevi o<br />
da una sillaba lunga).<br />
L’ultima unità minima è costutita da un longum e da un indifferens: normalmente si dice che<br />
l’esametro è in<strong>com</strong>pleto perché per la presenza dell’indifferens finale la sesta unità minima può<br />
realizzarsi <strong>com</strong>e lunga-brreve ( tre tempi primi trocheo) o <strong>com</strong>e lunga-lunga- (4 tempi primi<br />
spondeo). In realtà possiamo pensare che la fine di verso <strong>com</strong>porti una pausa e la pausa è <strong>com</strong>unque<br />
una misura di tempo perciò la misura di 4 tempi primi viene <strong>com</strong>unque <strong>com</strong>pensata dal tempo pausa<br />
anche quando la sesta unità è realizzata da un trocheo.
II. Il sistema grafico: l’alfabeto<br />
Nel Fedro, Socrate indirizza una serie di critiche specifiche al medium alfabetico a partire dalla<br />
narrazione del mito di Theuth, un'esplicita invenzione che gli permette di portare l'attenzione del<br />
suo interlocutore, tramite la <strong>com</strong>ponente magica, sull'aspetto innovativo che l'origine della scrittura<br />
alfabetica reca con sé. Come il re di Tebe, Socrate afferma che la scrittura non ha, in sé, una<br />
funzione conoscitiva: essa è utile nella misura in cui aiuta chi già sa a ricordare [275c].<br />
Il mito di Theuth<br />
dal capitolo LIX del Fedro di Platone<br />
SOCRATE: "Ho udito , dunque, che nei pressi di Naucrati d' Egitto c' era uno degli antichi dèi<br />
locali, di nome Theuth, al quale apparteneva anche l' uccello sacro chiamato Ibis. Fu appunto<br />
questo dio a inventare il numero e il calcolo, la geometria e l' astronomia e, ancora, il gioco del<br />
tavoliere e quello dei dadi, e soprattutto la scrittura. Regnava a quel tempo su tutto l' Egitto<br />
Thamus, che risiedeva nella grande città dell' Alto Egitto che i Greci chiamano Tebe e il cui dio<br />
chiamano Ammone. Recatosi al cospetto del faraone, Theuth gli mostrò le sue arti e disse che<br />
occorreva diffonderle tra gli altri Egizi. Quello allora lo interrogò su quali fossero le utilità di<br />
ciascuna arte mentre Theuth gliela spiegava, il faraone criticava una cosa, ne lodava un' altra, a<br />
seconda che gli paresse detta bene o male. Si dice che Thamus abbia espresso a Theuth molte<br />
osservazioni sia pro sia contro ciascuna arte, ma riferirle sarebbe troppo lungo. Quando Theuth<br />
venne alla scrittura disse: "Questa conoscenza, o faraone, renderà gli Egizi più sapienti e più<br />
capaci di ricordare: é stata infatti inventata <strong>com</strong>e medicina per la memoria e per la sapienza".<br />
Ma quello rispose: "Ingegnosissimo Theuth, c' é chi é capace di dar vita alle art , e chi invece di<br />
giudicare quale danno e quale vantaggio <strong>com</strong>portano per chi se ne avvarrà. E ora tu, padre della<br />
scrittura, per benevolenza hai detto il contrario di ciò che essa é in grado di fare. Questa infatti<br />
produrrà dimenticanza nelle anime di chi l' avrà appresa, perché non fa esercitare la memoria.<br />
Infatti, facendo affidamento sulla scrittura, essi trarranno i ricordi dall' esterno, da segni<br />
estranei, e non dall' interno, da sé stessi. Dunque non hai inventato una medicina per la memoria,<br />
ma per richiamare alla memoria. Ai discepoli tu procuri una parvenza di sapienza, non la vera<br />
sapienza: divenuti, infatti, grazie a te, ascoltatori di molte cose senza bisogno di insegnamento,<br />
crederanno di essere molto dotti, mentre saranno per lo più ignoranti e difficili da trattare, in<br />
quanto divenuti saccenti invece che sapienti" .<br />
FEDRO: Socrate, con che facilità tu fai discorsi egizi e di tutti i Paesi che vuoi !<br />
SOCRATE: Gli antichi, mio caro, dissero che nel santuario di Zeus a Dodona, da una quercia ,<br />
provennero i primi discorsi divinatori. Agli uomini di quel tempo dunque, dato che non erano<br />
sapienti <strong>com</strong>e voi giovani, bastava nella loro semplicità ascoltare una quercia o un sasso, purchè<br />
dicessero il vero. A te invece importa forse sapere chi é colui che parla e da dove viene; non ti<br />
accontenti infatti di esaminare se le cose che dice stanno o meno così.<br />
FEDRO: Hai fatto bene a rimproverarmi : anche a me pare che circa la scrittura le cose stiano
<strong>com</strong>e sostiene il Tebano.<br />
SOCRATE Dunque, chi credesse di affidare alla scrittura la trasmissione di un' arte e chi a sua<br />
volta la ricevesse, convinto che dalla scrittura gli deriverà qualche insegnamento chiaro e solido,<br />
sarebbe molto ingenuo e ignorerebbe in realtà l' oracolo di Ammone, credendo che i discorsi<br />
scritti siano qualcosa di più del richiamare alla memoria di chi già conosce gli argomenti trattati<br />
nello scritto."<br />
1. Alfabeto pittografico<br />
Diverse tipologie di ALFABETI<br />
Le forme più embrionali di scrittura sono state serie di immagini, organizzate in sequenza lineare,<br />
utilizzate per raccontare una storia, lasciare un messaggio o annotare informazioni utili in avvenire.<br />
Universale e sempre valida, la registrazione per mezzo del disegno è però lunga, faticosa e non<br />
sempre chiara. La fase successiva, quindi, fu quella della riduzione, della stilizzazione e della<br />
standardizzazione delle immagini, in modo da poterle disegnare rapidamente, facilmente e senza<br />
ambiguità, costituendo un codice. Se con i pittogrammi , segni elementari delle scritture<br />
pittografiche, si possono rappresentare oggetti particolari, non è invece possibile "disegnare" nello<br />
stesso modo, concetti <strong>com</strong>e la luce, il giorno, il tempo, per i quali furono creati pittogrammi nuovi,<br />
che prendono il nome di ideogrammi.<br />
Pittogrammi moderni<br />
La scrittura pittografica non è <strong>com</strong>prensibile sempre, a tutti e <strong>com</strong>unque. La cifratura, però, non<br />
passa per le forme di una lingua determinata, ma individua referenti ben identificabili cui<br />
agganciare nodi conoscitivi: se si riconoscono quei nodi e si conosce il contesto in cui si collocano,<br />
la <strong>com</strong>prensione è più immediata della decifrazione di una parola e, a parità di sfondo culturale,<br />
taglia fuori la diversità della lingua. A conferma di ciò anche oggi, in luoghi di interesse turistico,<br />
aeroporti e stazioni, in occasioni sportive, o per oggetti destinati all'esportazione, si fa ricorso a<br />
simboli estremamente stilizzati , immediatamente leggibili e interpretabili in modo non ambiguo.
2. Alfabeto ideografico<br />
Ideogrammi<br />
I veri e propri sistemi di scrittura nacquero quando si rinunciò alla somiglianza, cioè alla<br />
conservazione della forma dell'oggetto da rappresentare. La stilizzazione fantastica che rende<br />
irriconoscibili gli oggetti, le immagini astratte e i simboli, non si imposero di colpo; accanto agli<br />
ideogrammi , segni che soltanto una convenzione imparata e ricordata a memoria associa a un<br />
oggetto o a un'idea, convissero a lungo le vecchie immagini pittografiche. Con la scrittura<br />
ideografica nulla impedisce di inventare segni per idee astratte, qualità, relazioni. Gli ideogrammi<br />
sono un mezzo valido per rappresentare parole isolate e per <strong>com</strong>unicare informazioni semplici con<br />
facilità e rapidità, ma per esprimere idee <strong>com</strong>plesse e per la narrativa, la scrittura ideografica è<br />
ingombrante, poichè raggiunge, appena si esca da un livello primitivo, l'ordine delle migliaia e delle<br />
decine di migliaia di segni. Nell'intuizione di usare certi segni già esistenti per indicare non l'idea,<br />
ma il suono della parola rappresentata, c'è il germe del sistema fonetico, una scrittura radicalmente<br />
nuova, molto più semplice e potente di quella ideografica.
Ideogrammi egizi rappresentanti esseri viventi e cose (in alto) e azioni percettibili con i sensi (in<br />
basso).<br />
Gli unici ad usare ancor oggi una scrittura ideografica sono i Cinesi, la cui lingua, per le sue<br />
particolarità, ha i requisiti ideali per essere scritta attraverso ideogrammi. Ciò fa della scrittura<br />
cinese, assai più della lingua parlata che differisce totalmente dal nord al sud del paese, l'elemento<br />
di unità linguistica della Cina. Gli ideogrammi, <strong>com</strong>unque, resistono, almeno per usi circoscritti,<br />
anche presso chi utilizza scritture alfabetiche. Noi, per esempio, ne facciamo uso soprattutto quando<br />
scriviamo i numeri, veri e propri ideogrammi, ma anche nei segni convenzionali sulle carte<br />
geografiche, nelle insegne di farmacie, posti telefonici, tabaccherie.<br />
Il salto decisivo che portò alla scrittura vera e propria, consistette nel fare in modo che i segni<br />
rinviassero non più soltanto a oggetti, esseri viventi, concetti, ma anche al suono delle parole della<br />
lingua parlata. L'astuzia dei Sumeri e poi quella degli antichi egizi fu di utilizzare un procedimento<br />
semplice <strong>com</strong>e un gioco: il rebus (img). Essi ebbero l'idea di servirsi di pittogrammi che<br />
designavano non gli oggetti direttamente rappresentati, ma altri oggetti dal nome foneticamente<br />
simile. Proprio <strong>com</strong>e nei nostri rebus, dove il disegno di un amo e quello di un re non hanno nulla a<br />
che vedere con la pesca e con la monarchia, ma significano amore. Per fare un altro esempio, il<br />
pittogramma sumero della freccia,"ti", designava anche la vita, che si pronunciava appunto "ti".<br />
L'adattamento del simbolo al suono fu molto graduale e andò di pari passo con la semplificazione<br />
dei segni che rappresentarono prima sillabe (alfabeto sillabico)e infine singole lettere( alfabeto<br />
fonetico).<br />
3. Alfabeto sillabico<br />
A partire dall’intuizione linguistica che le parole possono essere s<strong>com</strong>poste in unità più piccole si<br />
individua la sillaba <strong>com</strong>e unità minima e ad ogni sillaba si fa corrispondere un grafema. Gli alfabeti
sillabici tipici delle grandi civiltà dell’oriente antico sono quello geroglifico e il cuneiforme ma<br />
anche la lineare B il più antico alfabeto utilizzato per trascrivere il greco.<br />
4. Alfabeto fonetico<br />
L'invenzione dell'alfabeto fonetico attribuita ai Fenici presuppone la capacità di analizzare la<br />
parola fino a scoprire i suoi costituenti minimi quelli che i linguisti chiamano fonemi.<br />
L’alfabeto fonetico associa ad ogni segno grafico un fonema. La sua <strong>com</strong>parsa non fu improvvisa.<br />
Già nel XIV secolo a.C., ad Ugarit, si utilizzava un sistema di scrittura di soli 30 segni. Nel Sinai,<br />
dove gli Egiziani impiegavano manodopera semitica nelle miniere di turchesi, si adoperava un<br />
sistema di 35 segni, simili nella forma ai geroglifici egiziani. Ogni segno doveva esser letto con la<br />
consonante iniziale dell'oggetto rappresentato. Alla fine del II millennio i Fenici, partendo da queste<br />
basi, svilupparono un loro alfabeto di 22 segni consonantici, che venivano tracciati da destra verso<br />
sinistra. Ogni segno aveva valore fonetico, corrispondeva cioè a un suono. Le iscrizioni sul<br />
sarcofago di re Ahiram di Biblo (img) costituiscono il più importante esempio dell'alfabeto fonetico<br />
fenicio. Grazie ai navigatori fenici l'alfabeto si diffuse rapidamente in tutto il Mediterraneo<br />
occidentale. Nel IX secolo fu adottato dai Greci che, per primi, annotarono anche le vocali. Dai<br />
Greci la scrittura fonetica passò agli Etruschi e da loro ai Latini. Il nostro alfabeto, <strong>com</strong>e tutti gli
alfabeti di oggi, proviene dalla scrittura semitica occidentale: Perfino il nome ha origini lontane:<br />
deriva infatti dalle prime due lettere dell'alfabeto greco, alfa e beta, aleph e beth dei Fenici.<br />
L’alfabeto latino<br />
Come per ogni lingua non più parlata anche per il latino possiamo avvalerci solo di testimonianze<br />
scritte. È inevitabile dunque partire dall’alfabeto, per cercare poi di ricostruire il sistema fonetico di<br />
cui esso è espressione.<br />
La storia dell’alfabeto latino è lunga e <strong>com</strong>plessa, dato che la diffusione della scrittura è stata lenta e<br />
per molti secoli la civiltà latina si è valsa di forme di <strong>com</strong>unicazione prevalentemente orale che<br />
possiamo racchiudere nella definizione di “ fase della oralità primaria”. Per altro verso poiché<br />
nell’alfabeto di un popolo si riflette la storia del suo percorso culturale l’alfabeto latino porta le<br />
tracce delle due civiltà che in fasi diverse della sua storia influenzarono profondamente Roma:<br />
quella etrusca e quella greca. L’alfabeto latino <strong>com</strong>e si può ricavare da uno dei monumenti scritti<br />
più antichi rinvenuto nel Foro sotto un pavimento lastricato di età repubblicana nei pressi della<br />
Curia, sede del Senato ( il Cippo del Foro cfr. foto 1) ovvero da un oggetto di uso domestico( il<br />
vaso di Dueno, cfr. foto 2)
mostra chiaramente la sua derivazione greca e l’influsso etrusco pur con notevoli differenze<br />
rispetto all’ordine al valore, alla forma e al nome dei grafemi .<br />
Vedi a titolo esemplificativo:<br />
il grafema koppa usato nel greco <strong>com</strong>e sigla numerica trascrive Q nel sistema latino; il grafema eta<br />
(= e lunga) usato dal latino per l’aspirata H; il grafema chi ( aspirata sorda ) usato per il fonema<br />
doppio cs.<br />
Nel corso dei secoli l’alfabeto subì una serie di interventi rispetto alla sua forma più antica fino a<br />
stabilizzarsi intorno alla seconda metà del sec. III a.C. nella forma documentata di 23 grafemi.In<br />
realtà i Romani nella fase più antica conobbero solo l’uso della maiuscola ( sistema di scrittura<br />
bilineare ) sia nell’andamento posato ( i singoli grafemi sono tracciati isolatamente: cfr. le<br />
iscrizioni<br />
che nell’andamento corsivo (i grafemi sono tracciati in nesso: cfr. i graffiti). Dal II- III sec. a. C.<br />
<strong>com</strong>pare documentato l’uso della minuscola ( sistema di scrittura quadrilineare ).
OSSERVAZIONI<br />
C : il grafema nell’alfabeto arcaico trascriveva sia la velare sorda che quella sonora, probabilmente<br />
per influsso dell’ etrusco che non considerava la velare sonora <strong>com</strong>e fonema autonomo ma <strong>com</strong>e<br />
variante di un unico fonema velare. Secondo la tradizione grammaticale latina Spurio Carvilio,<br />
liberto del console del 234 Spurio Carvilio Massimo Ruga che aveva aperto una scuola a Roma,<br />
introdusse il grafema G per la velare sonora.<br />
K: nell’alfabeto arcaico questo grafema si alternava con C in posizione ante vocalica. Nell’uso<br />
classico si conserva solo nei nomi kalendae e Karthago.<br />
I: L’alfabeto latino, <strong>com</strong>e quello italiano, non distingue graficamente la vocale dalla semivocale.<br />
Nel Rinascimento lo studioso Pierre dela Ramée (1515- 1575) propose l’introduzione di nuovi<br />
grafemi, che pertanto si dicono “lettere ramiste”, con lo scopo di distinguere le vocali dalle<br />
semivocali : j /J. Ma questa innovazione non ebbe molta fortuna nella grafia del latino.<br />
V: Nel sistema fonetico latino non esisteva il suono /v/ ( fricativa labiodentale <strong>com</strong>e nell’italiano<br />
vino) e dunque non esisteva il grafema per indicarlo. Nel nome latino vinum la consonante iniziale<br />
era una semiconsonante <strong>com</strong>e nell’inglese wine. Poiché la vocale /u/ e la semivocale /w/ erano<br />
suoni molto simili per entrambi i fonemi si utilizzava un unico grafema V maiuscolo.<br />
Y, Z: Questi grafemi sono di uso rarissimo perché non appartengono alla forma più antica<br />
dell’alfabeto ma furono introdotte nel I sec. a.C. per traslitterare i nomi greci. In particolare il latino<br />
non possedeva l’affricata dentale sorda presente invece nel sistema fonetico greco e dunque ha<br />
dovuto importare dal greco il grafema corrispondente per traslitterare i nomi greci.<br />
X : è un semplice grafema unico per indicare la sequenza di un fonema velare seguito da una /s/