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8. Rinaldo Paganelli, scj - Dehon.it

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I due ultimi piani pastorali dell’Episcopato spagnolo vanno nella stessa direzione, insistendo sulla necess<strong>it</strong>à<br />

del primo annuncio e sulla prior<strong>it</strong>à di una catechesi iniziatica[10].<br />

C<strong>it</strong>iamo infine il documento dei Vescovi tedeschi La catechesi in un tempo mutato (Katechese in veranderter<br />

ZEIT) del 2004[11], che riafferma la necess<strong>it</strong>à di un ricentramento fondamentale sulla dimensione<br />

missionaria della catechesi, inv<strong>it</strong>ando a un superamento della distinzione classica tra catechesi e primo<br />

annuncio.<br />

Potremmo continuare la ricognizione dei documenti dei differenti episcopati, accorgendoci di una comune<br />

ispirazione di tipo missionario, ispirazione che va oltre le chiese europee e che è stata confermata<br />

dall’Episcopato latino americano nell’importante documento di Aparecida[12].<br />

Il tema della “proposta della fede”, del passaggio da un annuncio “di inquadramento” a un annuncio “di<br />

rigenerazione”, l’esigenza di un cambiamento dei paradigmi dell’annuncio, la svolta missionaria della<br />

catechesi e il tema del “primo annuncio” sono temi familiari e sono la base della grammatica comunicativa<br />

dei responsabili dell’evangelizzazione.<br />

1. Determinare le coordinate<br />

Per rinnovare la missione è importante correlare la coscienza di chiesa, la forma ecclesiale e i processi di<br />

ist<strong>it</strong>uzionalizzazione.<br />

Una decisa conversione missionaria dell’annuncio richiede prima di tutto una più lucida determinazione della<br />

coscienza di chiesa che ci sostiene e verso la quale vogliamo camminare. Indicherei come necessari due<br />

tratti specifici: riconoscersi e porre una scelta chiara per la visione di chiesa nel mondo; pensarsi secondo<br />

una visione di chiesa come ist<strong>it</strong>uzione aperta e in divenire.<br />

L’annuncio deve essere, prima di tutto, sostenuto e suffragato da una visione quale quella espressa in GS<br />

44: conoscere i linguaggi del nostro tempo per poter meglio annunciare il vangelo, ma anche per poterlo<br />

meglio comprendere. Dalla scelta di cammini di annuncio vissuti in questa logica di ascolto autentico<br />

dell’interlocutore, viene la possibil<strong>it</strong>à per la chiesa di comprendere più profondamente il vangelo grazie alle<br />

domande, ai dubbi, alle resistenze, alle precomprensioni esistenziali che gli adulti sempre pongono davanti<br />

all’annuncio evangelico che la chiesa pone.<br />

In secondo luogo si tratta di superare ogni nostalgia per la cristian<strong>it</strong>à e ogni sacralizzazione del già<br />

ecclesiale, anche davanti alla richiesta di ident<strong>it</strong>à sicura che molti rivolgono alla chiesa, per accettare di<br />

vivere secondo una coscienza certa di relativ<strong>it</strong>à (al mondo, al regno) e di flessibil<strong>it</strong>à che un cristianesimo<br />

post-secolare chiede. In un contesto che vive secondo la leg<strong>it</strong>timazione del cambiamento continuo,<br />

dobbiamo imparare a pensare l’ident<strong>it</strong>à di chiesa non come un permanere in un elemento acquis<strong>it</strong>o una volta<br />

per tutte, ma come costruzione progressiva di un’ident<strong>it</strong>à, mai conclusa, come essere nel divenire. Non<br />

siamo già dati come chiesa perché la ver<strong>it</strong>à verrà rivelata pienamente nel compimento escatologico.<br />

2. Uno sguardo evangelico sulla s<strong>it</strong>uazione odierna<br />

Fatte salve queste due attenzioni, è indubbio che nel contesto attuale ci sono resistenze alla fede, in questo<br />

universo eterogeneo, colorato, contrastato del mondo contemporaneo, che dub<strong>it</strong>a, che cerca a tentoni,<br />

possiamo dire anche oggi, come san Paolo nell’agora ateniese: “In realtà, Dio non è lontano da ciascuno di<br />

noi” (At 17,27). Questa è, di fatto, una prima affermazione che possiamo sostenere nella fede: Dio non è mai<br />

lontano dall’uomo. Questo rientra proprio nel campo delle sue difficoltà di credere che Dio è presente e può<br />

farsi riconoscere attraverso percorsi che possono sorprenderci.<br />

Una seconda affermazione che possiamo sostenere nelle fede è che l’uomo permane “capace di Dio”.<br />

L’evangelizzatore non crea la “capac<strong>it</strong>à di Dio”, questa è presente oggi come lo era in passato nel profondo

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