e scorbutico - Banca Popolare di Sondrio
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<strong>di</strong>àvol <strong>di</strong> formìgh “formicaleone,<br />
larva del Myrmeleon formicarius”<br />
(Gambini 81).<br />
Il composto imperativale<br />
gros. pe´sasàs per identifi care la<br />
“larva della friganea, Phryganea<br />
rhombica” rappresenta probabilmente<br />
una voce <strong>di</strong> importazione,<br />
me<strong>di</strong>ata dal linguaggio dei pescatori,<br />
che la usavano come esca. La<br />
motivazione del nome si ritrova nel<br />
rivestimento intessuto <strong>di</strong> piccoli<br />
frammenti <strong>di</strong> pietra, saldati tra loro<br />
a forma <strong>di</strong> astuccio protettivo, entro<br />
il quale si rintana. La struttura<br />
della voce sembra riecheggiare, al<br />
suo inizio, l’incipit <strong>di</strong> una fi lastrocca,<br />
in<strong>di</strong>rizzata alla bestiola per invitarla<br />
a misurare il proprio carico.<br />
Il termine autoctono dovrebbe invece<br />
essere rappresentato dal<br />
gros. ga´sòtul “portasassi”, dato il<br />
suo riaffi oramento quasi identico<br />
a Villa <strong>di</strong> Chiavenna nella variante<br />
ca´sòtul “involucro sabbioso del<br />
portasassi” che, tanto per la sua<br />
oscillazione fonetica, quanto per la<br />
puntualizzazione semantica, invita<br />
a in<strong>di</strong>rizzare senza eccessive esitazioni<br />
l’indagine etimologica verso<br />
il lat. casa “capanna, abitazione,<br />
rifugio”.<br />
Forse anche nel tipo “trottapiano”<br />
si rifrange un originario comando<br />
rimasto privo <strong>di</strong> altre in<strong>di</strong>cazioni,<br />
rivolto a uno dei parassiti<br />
dell’uomo, ritenuti più fasti<strong>di</strong>osi e<br />
più umilianti: livign. trotaplàn generalmente<br />
al plurale “pidocchi”,<br />
borm. trotapiàn. L’imposizione a<br />
muoversi lentamente potrebbe<br />
rappresentare, in questo caso,<br />
uno scongiuro, la richiesta cioè <strong>di</strong><br />
rimanere lontano, <strong>di</strong> tenersi alla<br />
larga. Il risvolto demoniaco si riscopre<br />
attraverso l’evoluzione semantica<br />
affi orante nel trep. trotaplàn<br />
“spauracchio evocato per spaventare<br />
i bambini”.<br />
Al contrario, nel composto<br />
montagn. maiapàn, mangiapàn,<br />
imbastito per defi nire la “grossa<br />
formica rossa che ni<strong>di</strong>fi ca nel tronco<br />
dei castagni”, potrebbe profi larsi<br />
la cristallizzazione dell’invito a<br />
presentarsi per ricevere il dono in<br />
vista <strong>di</strong> una commissione ad essa<br />
affi data, da far giungere nel regno<br />
silenzioso del sottoterra. Anche<br />
per questa bestiola viene infatti<br />
138 PROVINCIA IERI E OGGI<br />
ripetuta una cantilena,<br />
intesa a chiamarla vicino<br />
per pre<strong>di</strong>sporla all’invio:<br />
Vén, vén, maiapàn, /<br />
che te dò n tuchèl de<br />
pan, “vieni, vieni, mangiapane,<br />
che ti darò un tozzo <strong>di</strong> pane”. Con<br />
il latte e il vino, l’impasto <strong>di</strong> frumento<br />
compare tra i più <strong>di</strong>ffusi<br />
doni sacrifi cali messi in serbo per<br />
le <strong>di</strong>vinità dei campi o per i loro<br />
messaggeri. Potrebbe rivelarsi<br />
analoga la combinazione dei due<br />
segmenti che formano il composto<br />
tresiv. pizaséghel “luì”, “becca<br />
segale”.<br />
Nella variante furbe´sìna della<br />
Val Gerola (IT 27,54) sembra <strong>di</strong><br />
cogliere, al <strong>di</strong> là della normale<br />
evoluzione della vocale pretonica,<br />
un’allusione larvata a furba. A<br />
Montagna vi fa eco furbe´séta e le<br />
si canta una fi lastrocca simile a<br />
quella che circola altrove per l’arrotino,<br />
invitandola ad affi lare le<br />
sue forbici: ´Zin, ´zéta, / furbe´séta, /<br />
cinch quatrìn, fàla mulà: / ün de<br />
préda e ün de sas / e l galét l’é a<br />
remulàz, “il galletto è (a pascersi)<br />
<strong>di</strong> foglie <strong>di</strong> ravanello”. In alta Valcamonica<br />
il ritocco fonetico investe<br />
la concezione stessa dell’insetto,<br />
presentandosi ad<strong>di</strong>rittura nella<br />
forma fùria “forfecchia”. Si dovrà<br />
tener presente tuttavia che qui il<br />
verbo furà signifi ca “pungere, bucare”<br />
(Goldaniga 1,409-410).<br />
Una constatazione conturbante<br />
si affaccia con evidenza<br />
a chi, mentre li va collezionando,<br />
ponga attenzione agli ingre<strong>di</strong>enti<br />
delle fi lastrocche. La citazione<br />
della morte è ricorrente in<br />
più <strong>di</strong> una <strong>di</strong> queste cantilene, che<br />
pure a prima vista si <strong>di</strong>rebbero<br />
giocose. È probabile che la conce-<br />
Dopo aver scavata la<br />
propria buca,<br />
ammonticchiando su<br />
<strong>di</strong> un lato il cumulo<br />
dei granelli in bilico,<br />
il formicaleone si<br />
ritira in fondo alla<br />
fossa in attesa della<br />
preda.<br />
After having dug its<br />
hole, piling up on<br />
one side the grains<br />
in precarious<br />
balance, the antlion<br />
withdraws to the<br />
bottom of the trench<br />
waiting for its prey.<br />
Anche per la “grossa<br />
formica rossa” viene<br />
ripetuta una<br />
cantilena.<br />
A lullaby is also<br />
sung for the<br />
“ fat red ant”.<br />
Fotolia<br />
zione dei piccoli protagonisti come<br />
messaggeri tra gli uomini e le <strong>di</strong>vinità<br />
della natura li ritenesse anche<br />
in grado <strong>di</strong> varcare liberamente la<br />
soglia che <strong>di</strong>vide noi dal regno dei<br />
trapassati per raccogliere dalla<br />
loro bocca una conferma <strong>di</strong> quella<br />
sopravvivenza della quale godono<br />
presso Dio e per portare loro la<br />
testimonianza del ricordo da parte<br />
<strong>di</strong> chi, durante il cammino verso il<br />
defi nitivo congiungimento con loro,<br />
continua a nutrirsi <strong>di</strong> pane.<br />
«A nessuno può sfuggire che<br />
tra fi la, fi latura e fi lastrocca c’è un<br />
[tema] a testimoniare la loro affi nità<br />
profonda. Non si fi lava soltanto<br />
la lana, ma si fi lavano anche i<br />
pensieri, le idee, le storie, oppure<br />
le rime, le fi lastrocche, le ninne<br />
nanne. Se la fi la deriva dall’attività<br />
<strong>di</strong> fi latura delle donne durante la<br />
veglia, può darsi che la fi lastrocca<br />
<strong>di</strong>scenda, linguisticamente, proprio<br />
dall’operazione iterata <strong>di</strong> queste<br />
api operose che si affaccendavano<br />
con gesti rapi<strong>di</strong> e millenari<br />
intorno al lavoro dei fusi (canapa,<br />
lino, lana) ma, contestualmente,<br />
percorrevano anche gli itinerari<br />
della comunicazione. Il fuso torna<br />
spesso… Le tre antiche Parche (o<br />
quattro, a seconda dei riaffi oramenti)<br />
mantengono signifi cativamente<br />
una presenza costante e<br />
millenaria nelle fi lastrocche. Ormai<br />
sono state trasformate dal lavorìo<br />
culturale della stratifi cazione in fi -<br />
gure meno suggestive, dalle qualità<br />
meramente umane o animali,<br />
ma noi sappiamo che questo<br />
“spostamento” non ne ha avvilito<br />
il senso profondo. Il bulino culturale,<br />
in particolare quello religioso,<br />
non le ha annientate anche se le<br />
ha indotte ad assumere vesti meno<br />
sgargianti, o a ripiegare sull’analogia<br />
animale. Così Clotho,<br />
Lachesis e Athropos hanno vestito<br />
i panni delle fi latrici impegnate,<br />
delle pulzelle che fi lano, avvolgono<br />
matasse, tagliano (o impastano) o<br />
delle civette [o scimmiette] arroccate<br />
sul comò. La loro matrice è<br />
comunque persistente e trasparente.<br />
Le donne della fi la costituiscono<br />
anch’esse una <strong>di</strong>nastia<br />
ulteriore <strong>di</strong> Parche. Anch’esse<br />
fi lano, avvolgono, recidono. Anche<br />
loro hanno potere <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> mor