22.05.2013 Views

UN ESEMPIO DI RESILIENZA By Laura Zanetti YOGA & SPORT A ...

UN ESEMPIO DI RESILIENZA By Laura Zanetti YOGA & SPORT A ...

UN ESEMPIO DI RESILIENZA By Laura Zanetti YOGA & SPORT A ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>YOGA</strong> & <strong>SPORT</strong><br />

<strong>UN</strong> <strong>ESEMPIO</strong> <strong>DI</strong> <strong>RESILIENZA</strong><br />

<strong>By</strong> <strong>Laura</strong> <strong>Zanetti</strong><br />

A maggio del 2012 nella mia vita è successa la fine del mondo: ho perso il lavoro e sono<br />

rimasta a casa.<br />

Non che non me lo aspettassi: dati i tempi che corrono sono arrivata al punto cruciale pronta.<br />

E’ stato un momento di tensione e, soprattutto, di liberazione.<br />

Lo devo ammettere, sono fortunata. Due anni di pratica yoga - attraverso i quali sono<br />

diventata istruttore - mi hanno aiutata ad affrontare la svolta con discreta disinvoltura e ad<br />

uscire dall’azienda con una colossale risata.<br />

Mi sosteneva anche il fatto che, in ogni caso, non sarei certo stata con le mani in mano: tre<br />

figli da crescere, un marito, una casa da sistemare bastano già da sé a riempire la giornata.<br />

Infine, avrei potuto seguire con maggiore costanza le mie sessioni di yoga.<br />

E qui viene il bello. Ho sempre saputo di essere organizzata, ma indisciplinata. Però, essere a<br />

casa e non trovare mai il tempo per praticare ha fatto sorgere parecchie domande.<br />

Ho davvero passione per lo yoga? Se no, come ho potuto concludere due anni di scuola che<br />

hanno comportato sacrifici enormi per tenere insieme una vita già piena? Mi piace la pratica?<br />

Ne sento i benefici?<br />

Dato che le domande esistenziali mi disturbano perché troppo ampie e dunque ingiuste, ho<br />

deciso di rispondermi con un clamoroso sì, ho passione per lo yoga (diversamente, alla<br />

seconda questione avrei dovuto confessare a me stessa di essere nel peggiore dei casi<br />

masochista).<br />

Anche alla terza ed alla quarta domanda ho risposto: la pratica mi piace e i benefici sono<br />

evidenti a me come a tutti.<br />

Quindi? Per me, i punti sono due.<br />

Il primo consiste nella battuta d’inizio, la fatica di quel primo gesto – le mani giunte al petto –<br />

che è già yoga.


Il secondo comporta una scelta, profonda, circa le mie priorità. Lo yoga sembra dover fare<br />

ancora un po’ di strada per risalire le vette della mia classifica. Per il momento – ahimé –<br />

preferisco un caffè con le amiche al tappetino.<br />

Non a caso, penso, ho scritto i due punti in quest’ordine. Sono convinta che agendo sul primo<br />

– più piccolo, ma determinante - cambierò anche il secondo.<br />

“Non ti chiedo miracoli o visioni, ma la forza di affrontare il quotidiano. Preservami dal timore<br />

di poter perdere qualcosa della vita. Non darmi ciò che desidero ma ciò di cui ho bisogno.<br />

Insegnami l’arte dei piccoli passi.” (Antoine de Saint-Exupéry)<br />

Quando a settembre del 2012 ho ripreso il corso insegnanti per completare il terzo anno, il mio<br />

Maestro mi ha intimato due cose nel modo semplice e diretto di cui solo lui è capace: insegna e<br />

pratica.<br />

Non meno di due volte alla settimana – ha aggiunto riferendosi alla pratica. Neanche a dirlo mi<br />

è venuta l’orticaria, ma lui, questa volta un po’ sornione, mi ha suggerito due regolette<br />

semplici che vi trasmetto:<br />

1) non chiederti se lo devi fare, fallo;<br />

2) inizia sempre dallo stesso gesto, la stessa sequenza e poi, solo dopo, decidi che<br />

direzione vuoi dare alla tua pratica.<br />

Ho scoperto con mia sorpresa che funziona. E vi racconto perché.<br />

Io credo che siamo abituati a farci troppe domande e in una forma che le rende perfettamente<br />

inutili ed anzi dannose. Che senso ha chiedersi perché praticare (o fare sport) di fronte agli<br />

evidenti benefici che ne traiamo? Essendoci trasformati in frenetici e stressati viaggiatori su<br />

ergonomiche sedie con le ruote, il movimento è vita per noi. Ne consegue che l’unica<br />

domanda possibile è: quando si comincia?<br />

"Quanto manca alla vetta? Tu sali e non pensarci!" (F. W. Nietzsche)<br />

Forse una sorta di naja ci avrebbe avvantaggiati: disciplina e la sua parente stretta - la<br />

routine - generano obbedienza che, se vedente, è un ottimo alleato nella scelta delle priorità,<br />

ovvero di quello che veramente conta per noi.<br />

Disciplina e routine sembrano andare di pari passo. Se uniamo anche un minimo di<br />

organizzazione del tempo, rischiamo di entrare nel campo dell’efficienza.<br />

Ma fermiamoci prima ed esaminiamo nel dettaglio cosa significano questi termini che, in me,<br />

provocano febbri da ricovero.<br />

Tapas, la disciplina. Per molte tradizioni, in particolare nello Yoga classico è il precetto<br />

fondamentale. Tradotto alla lettera significa “creare calore” ed enfatizza il controllo del<br />

corpo, della parola, della mente, permettendo di trasformare il fuoco del cieco desiderio in<br />

quello della consapevolezza e del potere. Il silenzio, il digiuno, l’immobilità di alcune parti del<br />

corpo (o di tutto il corpo) prolungate nel tempo creano Tapas.<br />

Tapas è parte di Nyamas, uno degli 8 passi dell’Ashtanga di Patanjali, che invita ad un corretto<br />

stile di vita in armonia con la natura intesa come base di partenza e punto di arrivo nella<br />

scoperta della propria vera essenza.<br />

Questo punto di contatto con la natura è presente in moltissime tradizioni. Vi riporto le parole<br />

di Orso In Piedi, Lakota:


“Gli anziani Dakota erano saggi. Sapevano che il cuore di ogni essere umano che si allontana<br />

dalla natura si inasprisce. Sapevano che la mancanza di profondo rispetto per gli esseri viventi<br />

e per tutto ciò che cresce, conduce in fretta alla mancanza di rispetto per gli uomini. Per<br />

questa ragione il contatto con la natura, che rende i giovani capaci di sentimenti profondi,<br />

era un elemento importante della loro formazione.”<br />

Forse per questo, la disciplina – pur essendo un ingrediente fondamentale – non deve essere<br />

vissuta talmente intensamente da creare rigidità. In questo caso infatti, pur avendo<br />

guadagnato in forza, mancheremmo di empatia, ascolto e compassione verso noi stessi e gli<br />

altri.<br />

Mi pare evidente da subito che alcuni gesti rendono più semplice il nostro percorso verso<br />

tapas:<br />

1) sentirci parte di un tutto che ci circonda e che ci è amico<br />

2) essere in contatto ed in armonia con questo tutto (in questo caso definito come natura)<br />

3) creare calore, attraverso pratiche diverse, per raggiungere la consapevolezza<br />

Bene, ho aperto le finestre di casa mia: gran cemento, qualche filo d’erba. Sono uscita di casa:<br />

mi hanno quasi stirato sul passaggio pedonale. E, scusate, ma fa un freddo boia!<br />

“Primum vivere, deinde philosophari.”<br />

E allora? Mi sono rivolta ad un mio amico per vedere come passare dalla filosofia alla realtà. E’<br />

un ragazzo pratico, per l’appunto, e tostissimo. Ve ne dò una breve descrizione trovata su un<br />

sito.<br />

“Marzio (tralascio il cognome), classe 1965, uomo di rugby a tutto tondo. Giocatore a Padova,<br />

poi allenatore, ha girato le piazze storiche della palla ovale portando successi e qualità.<br />

Un'esperienza nelle nazionali minori, ma anche una vita professionale dove ha saputo tradurre<br />

fattivamente quei valori e quello spirito imparato in tanti anni di palla ovale. Performance,<br />

motivazione, gioco di squadra e un obiettivo da raggiungere, una meta. Nel lavoro come sul<br />

campo.”<br />

Oggi è Coach e Responsabile Formazione, Sviluppo e Recruitment Risorse Umane presso una<br />

bella società veneta. E’ qui che l’ho incontrato e, dopo una breve presentazione, ci siamo messi<br />

a parlare delle cose della vita. Ed è qui che gli ho sentito dire:<br />

“La disciplina è dove vogliamo andare. La disciplina è l’obiettivo che ci siamo posti! Un<br />

obiettivo misurabile-concreto-personalizzato!”<br />

Peggio del mio Maestro, questo. Io, sorda, gli ho risposto che le sue parole mi facevano svenire<br />

dalla paura e che non avevo le qualità per essere disciplinata. Non me ne trovavo neanche<br />

una.<br />

Mi ha voluto rassicurare a tutti i costi e mi ha detto un paio di cose interessanti, andando a<br />

disturbare, in qualche punto, persino Socrate.<br />

La prima: la disciplina va a braccetto con la responsabilità.<br />

La seconda: la responsabilità è la capacità di agire in modo efficace per raggiungere un<br />

obiettivo.<br />

La terza: per agire in modo efficace bisogna essere consapevoli dei propri punti di forza e<br />

non. Il famoso motto “Conosci te stesso”, inciso sul frontone del tempio di Delfi e fondamento


della dottrina socratica, ci invita a cogliere la nostra interiorità, a conoscere la nostra essenza<br />

al di là delle apparenze sensibili che, in quanto tali, sono mutevoli. Attraverso questa indagine<br />

riconosciamo in noi:<br />

- un aspetto superficiale, legato alla sensibilità e agli istinti, particolare e instabile;<br />

- una essenza più profonda, più vera, che si manifesta nell'esigenza di oltrepassare la propria<br />

limitatezza per sollevarsi all'umanità intera. Alla ricerca della verità.<br />

Non vi ricorda qualcosa?<br />

La quarta: la verità si può cercare attraverso il dialogo. Se non abbiamo a disposizione qualche<br />

poveraccio disposto ad ascoltarci e a confutare le nostre tesi, Marzio suggerisce il dialogo<br />

interiore. E, anzi, arrabbiandosi mi racconta:<br />

“Dimentichiamo che parlare a noi stessi sia segno di pazzia. Consideriamolo uno strumento<br />

capace di elevare il nostro pensiero. I veri esami di coscienza sono quelli in cui ci confrontiamo<br />

sinceramente e senza riserve con noi stessi. Iniziamo a realizzare un obiettivo solo se abbiamo<br />

abbastanza coraggio per metterci in discussione in modo responsabile”.<br />

L’importante è farsi le domande giuste. Forse.<br />

La quinta: la virtù si può imparare. La virtù è la disposizione d'animo volta al bene; è la<br />

capacità di un uomo di eccellere in qualcosa, di compiere un certo atto in maniera ottimale.<br />

Smetto di lagnarmi. La cosa comincia a farsi interessante: come è possibile che la virtù si<br />

possa apprendere?<br />

Socrate: “Allora, dal momento che i buoni non si formano tali per natura, si formano con<br />

l'insegnamento?”<br />

Menone: “Mi sembra ormai necessario ammetterlo. Ed è manifesto, Socrate, secondo l'ipotesi<br />

da noi accettata, che, se la virtù è scienza, essa si può insegnare.”<br />

Ebbene signori, la virtù è scienza perché si basa sulla ragione e sulla conoscenza (della verità<br />

che è ricchezza interiore) quindi insegnabile cioè comunicabile a tutti. Marzio direbbe<br />

“allenabile”.<br />

Uno degli strumenti che Socrate utilizza nel dialogo è la confutazione attraverso cui si dimostra<br />

l’insostenibilità delle tesi dell’interlocutore. Non so se avesse in mente proprio questo, ma direi<br />

che l’efficacia è innegabile: se la ricerca della verità, della consapevolezza, della mia essenza<br />

più profonda - o l’illuminazione se preferite - è il mio obiettivo, tapas è funzionale ad esso.<br />

La pratica disciplinata (=allenamento) diventa il percorso attraverso il quale creiamo il calore<br />

necessario a superare il nostro aspetto mutevole, instabile e a mettere il fuoco del cieco<br />

desiderio al servizio del nostro potenziale che si fa potere.<br />

Per sondare le profondità dell’oceano è necessario lanciarsi tra le onde. Tapas è un importante<br />

strumento di bordo che ci aiuta a dare una senso ed una direzione alla navigazione anche nelle<br />

difficoltà.<br />

La pratica, nel tempo, ci aiuta a riconoscere che le onde non sono l’oceano, ma una<br />

manifestazione sempre cangiante dello stesso e in esso ricomprese.<br />

“Primum vivere, deinde philosophari.”


Nel nostro caso, significa: torniamo alla vita di tutti i giorni, sempre piena di eventi e di<br />

imprevisti per capire come rendere possibile una pratica costante e fiondarci in quel tutto che è<br />

poi il nostro senso.<br />

Vi spiego come ho fatto io a scendere nel campo dell’efficienza senza rimanerne ferita ed, anzi<br />

uscendone (quasi) vincente.<br />

Ricordate? Efficienza = disciplina + gestione del tempo.<br />

Ho scelto un supporto per me comodo: il tanto odiato telefonino.<br />

Ho aperto il programma (o app secondo la vostra evoluzione tecnologica; io per la cronaca<br />

faccio parte dell’era dei dinosauri) contenente l’agenda e ho analizzato gli impegni.<br />

Per ogni giorno della settimana ho definito le tre cose più importanti, quelle inderogabili e<br />

improrogabili. Per almeno due giorni della settimana a scelta, la pratica E’ compresa<br />

OBBLIGATORIAMENTE nel trio. Una vera VIP.<br />

Pratico, secondo il tempo a mia disposizione (solitamente mi riservo almeno venti minuti).<br />

Lascio le aspettative fuori dalla porta insieme a tutti i trillanti dispositivi che, attraverso le loro<br />

suonerie, ci invitano con insistenza a distrarci da noi stessi.<br />

Pratico seguendo la mia intuizione. Lo yoga mi ha insegnato come conciliare la mente con il<br />

corpo: mi metto in ascolto e lascio fluire i movimenti ed il respiro. Mi allungo e mi stiro<br />

secondo necessità. Annoto le contratture, rilascio i muscoli. Riscrivo la mia armonia. Ritrovo la<br />

mia forma. Che è solo mia.<br />

Il vostro modo potrebbe essere un altro. Può essere una sequenza vista su un giornale, come<br />

un filmato su YOUTUBE o ancora una lezione in un centro o in una palestra (consigliabile<br />

sicuramente per i neofiti). Spaziate, sperimentate. Con coraggio. Senza paura.<br />

Siate certi che, nel momento in cui intraprendete il viaggio, non sarete soli: i compagni giusti<br />

si manifesteranno vicino a voi. E, insieme a loro, un Maestro che, secondo le vostre<br />

caratteristiche, avrà ciò di cui avete bisogno perché impariate – presto o tardi - a navigare.<br />

E così che si diventa discepoli (stessa radice della nostra vecchia amica), ovvero coloro che<br />

sotto la disciplina di qualcuno hanno imparato qualcosa.<br />

Un Maestro, dunque, sembra poter essere un elemento importante perché lo possiamo imitare,<br />

ci può correggere, ci può dare spunti che ci fanno progredire o che ci tengono a galla nei<br />

momenti di tempesta. E, perché no? Può confutare le nostre tesi e farci cambiare rotta…<br />

Ho ancora qualche punto in sospeso.<br />

Il primo riguarda il contatto con la natura. Io l’ho risolto durante la mia pratica. All’inizio o alla<br />

fine, mi siedo e chiudo gli occhi. Ricreo dentro di me l’armonia di un orizzonte infinito con tutte<br />

le sfumature dal verde al blu profondo con qualche pennellata di rosso se compare un<br />

tramonto. E, appena posso, prendo il mio camper, carico la mia bella famiglia e scappo “fuori<br />

porta” per ravvivare i dettagli dei miei paesaggi immaginari.<br />

Il secondo riguarda l’obiettivo. Immaginatelo, sentitelo, palpatelo come se vi stesse già tra le<br />

mani. La chiarezza della visione conferisce sicurezza nella direzione e fermezza all’azione. E,<br />

ricordate, misurate ogni centimetro che vi separa dalla meta. La vostra spiaggia.


Il terzo riguarda il dialogo interiore. Come abbiamo già detto, il nostro cervello ama le<br />

domande. Se ben gestite, hanno il potere di coinvolgerci e di spostare le nostre credenze.<br />

Guidano la conoscenza e la crescita personale, la creatività e il pensiero critico. Nel formularle,<br />

io prendo in prestito i “fantastici 5”: cosa, dove, chi, quando e perché. Un esempio? “Cosa<br />

posso fare per migliorare la mia salute oggi?”.<br />

“Si può capire se un uomo è intelligente dalle sue risposte. Si può dire se un uomo è saggio<br />

dalle sue domande.” (Naguib Mahfouz - premio Nobel 1988)<br />

Il quarto ed ultimo punto riguarda la pratica. Non procrastinatela. Mai.<br />

Chiudete il giornale. Ora. Sedetevi, a terra o su una sedia. Assumete una posizione comoda<br />

con la schiena eretta, i palmi delle mani sulle cosce. Chiudete gli occhi e cercate il vostro<br />

orizzonte. Respirate con le onde. La brezza che rilassa il corpo, muscolo dopo muscolo.<br />

Rimanete così per qualche minuto lasciando andare tutto ciò che non è più necessario.<br />

Con calma, ridate vita al corpo. Inspirate e portate le braccia alte sopra la testa. Stiracchiatevi.<br />

Con un espiro rilasciate e piegate le braccia, le mani giunte al petto. Aprite gli occhi.<br />

"Per quante buone parole potrai leggere e pronunciare, quale bene ti arrecheranno se non le<br />

metterai in pratica?" (Buddha).

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!