i fiumi - Il Villaggio di Esteban - MORTARA
i fiumi - Il Villaggio di Esteban - MORTARA
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Più a monte, due frazioni sorgono in margine ad un’altra leggerissima depressione che va a confluire<br />
nella prima; l’ottava frazione è separata dalle precedenti da una dorsale <strong>di</strong> altezza molto modesta ma<br />
piuttosto faticosa a valicarsi trattandosi nè più nè meno <strong>di</strong> uno spropositato cumulo <strong>di</strong> sabbia<br />
mimetizzato nella boscaglia. Anche quest’ultima frazione <strong>di</strong> cui vi <strong>di</strong>cevo si trova sull’orlo <strong>di</strong> un<br />
terrazzamento, ma in questo caso la faccenda è completamente <strong>di</strong>versa, trattandosi delle scarpate che<br />
per un tratto <strong>di</strong> quasi <strong>di</strong>eci chilometri chiudono a ponente la valle solcata dal torrente chiamato<br />
Terdoppio, scarpate che in certi punti raggiungono l’altezza davvero considerevole <strong>di</strong> sette-otto metri,<br />
che per una zona piatta come questa sono un’enormità. A percorrere gli avvallamenti minori a cui<br />
abbiamo accennato in precedenza sono invece rogge e cavi irrigui, giacchè in Lomellina ormai da lungo<br />
tempo non esiste più un’idrografia naturale. La regione è stretta tra due <strong>fiumi</strong> importanti ed è solcata<br />
da tre rispettabilissimi torrenti, ma per il resto non ha un rio, un ruscello od un rigagnolo : tutti i colatori<br />
naturali sono stati rimpiazzati da canalizzazioni artificiali o sono stati incorporati in esse. Va detto, a<br />
onor del vero, che questi colatori non funzionavano più <strong>di</strong> tanto, trattandosi generalmente <strong>di</strong> alvei<br />
abbandonati dai corsi d’acqua maggiori nei loro incessanti spostamenti, e i ristagni e le palu<strong>di</strong><br />
abbondavano ovunque; intervenendo su <strong>di</strong> essi si rimisero in movimento le acque ferme rendendole<br />
<strong>di</strong>sponibili per l’irrigazione delle aree più rilevate, generalmente molto aride. La storia umana della<br />
Lomellina sta tutta nella risoluzione del problema dell’acqua <strong>di</strong>segualmente <strong>di</strong>stribuita, troppa qua e<br />
troppo poca là. La storia naturale, invece, sta tutta nel come si sia creato quel problema, ed un<br />
colpevole c’è : si tratta <strong>di</strong> Sesia, il fiume pazzo, teso ossessivamente a raddrizzare il suo corso verso il<br />
sud. Soggetto a piene improvvise dagli effetti <strong>di</strong>sastrosi, le sue intemperanze hanno sovvertito più volte<br />
il quadro complessivo delle colature <strong>di</strong> una regione molto ampia, rivoluzionandone ripetutamente<br />
l’idrografia. Direttamente o in<strong>di</strong>rettamente, Sesia è il responsabile della modellazione del suolo della<br />
Lomellina e <strong>di</strong> buona parte della provincia <strong>di</strong> Novara, che è situata imme<strong>di</strong>atamente a monte della<br />
Lomellina. La parte vecchia della città <strong>di</strong> Novara sorge, come su <strong>di</strong> un promontorio che guar<strong>di</strong> la<br />
pianura, all’estremità <strong>di</strong> un modesto rilievo – il cosiddetto Pianalto <strong>di</strong> Novara – che si allunga per una<br />
decina <strong>di</strong> chilometri ed è formato da materiali <strong>di</strong> minuta consistenza derivati dal millenario degrado dei<br />
detriti dei ghiacciai alpini. Detto così, ci si attenderebbe che Novara si trovasse all’estremità<br />
meri<strong>di</strong>onale del suo bel Pianalto e guardasse in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Po dando le spalle alle Alpi. Si tratta<br />
invece dell’estremità nord, e Novara si affaccia, si, su <strong>di</strong> una pianura ma in faccia ha le montagne. Tra<br />
il Pianalto <strong>di</strong> Novara che sta isolato nel bel mezzo dell’alta Val Padana e la primissima fascia collinare<br />
pedemontana (a cui un tempo il pianalto era collegato) ci sono infatti più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci chilometri <strong>di</strong> pianura<br />
accuratamente livellata dal lavorìo dei corsi d’acqua. L’aspetto più curioso <strong>di</strong> tutta questa storia sta<br />
proprio nel fatto che il Pianalto sia ancora lì mentre tutto quel rilievo che esisteva imme<strong>di</strong>atamente a<br />
nord <strong>di</strong> esso è stato spazzolato via dall’azione <strong>di</strong>struttiva dei <strong>fiumi</strong>. Evidentemente, ad un certo punto<br />
è arrivato qualcuno che ha preso per la collottola i corsi d’acqua che stavano erodendo da nord il<br />
Pianalto e li ha costretti ad istradarsi su altri tracciati, collocati un poco più ad occidente. Quel<br />
qualcuno è Sesia, spietato catturatore <strong>di</strong> <strong>fiumi</strong>, e la stessa <strong>di</strong>versione che ha graziato il Pianalto <strong>di</strong><br />
Novara ha evitato che venisse gradualmente smantellato, un pochettino più a sudest, il grande banco <strong>di</strong><br />
sabbia su cui sorgono le frazioni <strong>di</strong> Mortara e <strong>di</strong> Gambolò. <strong>Il</strong> vistoso avvallamento che il Terdoppio<br />
percorre costeggiando il grande banco sabbioso è un’ere<strong>di</strong>tà lasciata al torrente da un fiume scomparso<br />
<strong>di</strong> ben maggiore consistenza (ennesima vittima <strong>di</strong> Sesia) e deve anch’esso la propria sopravvivenza a<br />
quella provvidenziale <strong>di</strong>versione, che ha creato una sorta <strong>di</strong> cono d’ombra a cui sono state risparmiate le<br />
forme più brutali della rimodellazione fluviale. Queste anticaglie geologiche inopinatamente scampate<br />
alla <strong>di</strong>struzione non sono solamente delle curiosità scientifiche, ma hanno anche il merito <strong>di</strong><br />
movimentare e <strong>di</strong> rendere più bello un paesaggio che altrimenti si sarebbe ridotto alla consueta desolata<br />
piattura. In più esse hanno costituito e costituiscono tuttora dei fattori <strong>di</strong> un certo peso nelle<br />
<strong>di</strong>namiche sociali ed economiche della zona. Proprio per via dei suoi caratteri geologici e morfologici<br />
poco allettanti il grande banco sabbioso ha scoraggiato a lungo i tentativi <strong>di</strong> valorizzazione agraria; a<br />
colonizzarlo sono stati infine non i soggetti economicamente più forti - che già si erano accaparrati i<br />
bocconi migliori altrove - ma modeste famiglie <strong>di</strong> agricoltori, che hanno dato vita al peculiarissimo