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Questo é solo un assaggio di lettura.<br />
Se vuoi acquistare il libro visita il sito<br />
www.come<strong>aria</strong>.com<br />
info@come<strong>aria</strong>.com<br />
Il ricavato integrale di questa edizione andrà<br />
all'airc e all'uic.<br />
2
Carla Evani<br />
<strong>Come</strong> <strong>aria</strong><br />
© M<strong>aria</strong> Chiara Di Taranto, 2012<br />
Tutti i diritti riservati<br />
Grafica di copertina: Nicole Üblacker Graphik<br />
Foto di copertina: Olga Yakovenko – catalogo Fotolia<br />
Direzione editoriale: Chiara Di Taranto<br />
Editing: 55 amici dell'autrice<br />
Revisione testo: Renata De Rugeriis<br />
Impaginazione: Elena Di Taranto<br />
WWW.COMEARIA.COM<br />
3
4<br />
Carla Evani<br />
COME ARIA
Caro lettore, perdona le imperfezioni<br />
di questa edizione familiare.<br />
Se ne hai voglia, segnalamele.<br />
5
6<br />
Ad Arianna,<br />
ovunque tu sia.
8<br />
PRIMA PARTE<br />
DALL'INFANZIA ALLA MAGGIORE ETÀ
IL RICORDO<br />
Frequentavo la prima media. Una mattina la porta<br />
della nostra classe si aprì ed entrò un angelo,<br />
accompagnato da un bidello terrestre. L’angelo era<br />
vestito di bianco e si chiamava Arianna. I suoi<br />
occhi ci illuminarono. I ragazzi gioirono della<br />
nuova ed unica bellezza della classe. Le ragazze la<br />
odiarono immediatamente e per sempre. Io feci<br />
mio il compito di proteggerla dalla stupidità delle<br />
compagne di classe: mi riuscì, ma dalla sua prima<br />
lentissima morte non potei proteggerla. Fu così che<br />
la Campana, prof temutissima, cominciò piano<br />
piano ad ammazzare Arianna che aveva appena<br />
undici anni.<br />
Dal mio diario<br />
8 ottobre 1976<br />
Sono in punizione: niente cartoni e<br />
fumetti. Oggi al telegiornale hanno<br />
detto che abbiamo sette giorni di<br />
scuola in più all‘anno. Per fortuna<br />
oggi in classe è arrivato un angelo,<br />
nella mia classe!<br />
Si siede vicino a me, a me!!!<br />
Si chiama Arianna.<br />
9
MEMORIE DI FAMIGLIA<br />
Chi domanda e chi risponde.<br />
Perché quest’albero ha tutti questi occhi di fuori?<br />
Per guardare meglio piccina mia. Chi guarda bene<br />
vive meglio.<br />
Da poco era entrato il 1968. Un forte terremoto<br />
aveva scosso la Sicilia. A Torino erano ripartite le<br />
occupazioni studentesche. Io avevo quasi tre anni e<br />
indicavo le mele rosse di un albero su un libro<br />
ricevuto a Natale, Bettina in campagna: le prime<br />
pagine della mia memoria. Montagne appuntite.<br />
Colline geometriche. Strade perfette. Mucche<br />
sorridenti. Un libro fatto solo di immagini e colori,<br />
niente parole.<br />
Il mio ultimo libro: Il mare di Jules Michelet. Un<br />
libro fatto di sole parole e le cui immagini sono<br />
quelle di un film privato: io lettore regista e<br />
spettatore.<br />
Tra i due volumi almeno trenta fritture di tarallini<br />
di patate, quelli che a ogni sacrosanto carnevale si<br />
preparano a casa mia da quando io ne ho memoria.<br />
Non attentati al fegato, ma quadri indimenticabili<br />
della mia infanzia, sanno di zucchero semolato e di<br />
mare arrabbiato. Mia madre indossa un grembiule<br />
che Assuntina ha appena stirato, eternamente<br />
bianco, come tutti i grembiuli di mamma, bianco<br />
come tutti i canovacci di casa e come tutti i teli di<br />
cotone che ogni estate vestono i nostri divani e le<br />
nostre poltrone. Mia madre con la sua parnanza<br />
bianca ed uno dei suoi fazzoletti in testa legato<br />
sulla nuca. Mentre fuori le onde del mare si<br />
10
affannano sulla spiaggia e contro le scogliere<br />
vicine a casa, mia madre dirige i lavori senza<br />
sporcarsi le mani. Assuntina con le mani tira su e<br />
ributta giù, arrotola e poi fa una palla con un<br />
impasto morbido che come una colla non vuole<br />
staccarsi da una spianatoia oggi quarantenne. Su<br />
quei quarant’anni Assuntina rovescia ogni anno<br />
due sacchetti di farina il giorno di carnevale, mia<br />
sorella Amalia ci capovolge un pentolone di patate<br />
bollite bollenti. Veloci le afferrano, le pelano e le<br />
passano. Mio fratello Umberto ci rompe tre uova<br />
dopo averle energicamente agitate in <strong>aria</strong> per<br />
dimostrarci ogni volta che l'uovo può essere<br />
sbattuto senza essere aperto, poi arriva il turno di<br />
Vittorio che ci versa del latte caldo a modo suo<br />
alzando il pentolino sempre di più sul livello della<br />
spianatoia: le ultime gocce di latte atterrano da<br />
un’altezza di circa un metro sulla spianatoia e<br />
schizzano mia madre che ogni volta dice a mia<br />
sorella che il latte non è compito per Vittorio. Poi<br />
vengo io: ho il permesso di dosare un paio di<br />
cucchiai di zucchero e aggiungerli all'impasto. A<br />
mio fratello Emanuele - il più piccolo di noi - dopo<br />
aver lavato le mani - tocca solo il cubetto di lievito<br />
di birra: aprirlo e farlo piovere sbriciolato nel lago<br />
di latte tiepido tra le montagne di farina e patate.<br />
Assuntina impasta il tutto. Poi lascia riposare.<br />
Lasciata sola, la pasta divora l’<strong>aria</strong> che ha intorno,<br />
la ingurgita fino a diventare una palla quasi<br />
perfetta, come un palloncino su cui qualcuno tiene<br />
una mano per non farlo volare via. Allora viene<br />
pizzicata da più mani e magicamente si trasforma<br />
in decine e decine di ciambelline, i nostri tarallini<br />
di patate. La frittura e il successivo bagno in<br />
zucchero toccano ad Umberto e Amalia.<br />
11
A divorare i tarallini sono bravi tutti.<br />
E poi viene il turno del mare: lasciarci il suo<br />
profumo e portarsi via quello dell'olio fritto.<br />
Oggi i vari compiti sarebbero interscambiabili, ma<br />
Assuntina non c'è più. Peccato, non solo per i<br />
tarallini.<br />
Assuntina è stata come una zia, solo più affettuosa,<br />
come una nonna, solo più presente, come una<br />
fatina, solo più grassa. Ci ha regalato tutto ciò che<br />
aveva: la sua pazienza, le sue canzoni, le sue<br />
ricette, la sua storia e tutte le storie, che diceva<br />
essere vere e che inventava ogni giorno per noi.<br />
Fino ad oggi quelle parole sono raccolte nei cuori<br />
di cinque bambini ormai cresciuti: ognuno ha fatto<br />
d'ogni storia il suo film privato. Storie difficili da<br />
fissare su carta, come le sue ricette: l'unica bilancia<br />
in grado di pesarne gli ingredienti erano i suoi<br />
occhi e le sue braccia, qualche volta un contenitore<br />
di casa. La quantità di uova dipendeva sempre<br />
dalla loro dimensione, la dimensione dall'umore e<br />
dall'appetito delle nostre galline, l'umore e<br />
l'appetito dalla stagione e dalla temperatura<br />
esterna.<br />
Assuntina, per due chili di farina quante patate?<br />
Quelle che entrano nella pentola grande, ma se<br />
prendi la media va bene lo stesso.<br />
Uova?<br />
Ti regoli con la grandezza, più o meno tre.<br />
Zucchero?<br />
Poco.<br />
Latte?<br />
Quello che assorbe la massa.<br />
Lievito?<br />
Un cubetto.<br />
12
Ci avviciniamo ad una scienza esatta!<br />
Non dimenticare l'olio per friggere!<br />
Quanto?<br />
Una cuccuma.<br />
Ride mio fratello. Assuntina scuote la testa e mi<br />
guarda come un caso irrimediabilmente disperato.<br />
Dal mio diario<br />
8 febbraio 1978<br />
Ieri, martedì grasso, abbiamo fatto i<br />
tarallini di patate.<br />
Oggi è cominciato un nuovo cartone<br />
animato, si chiama Heidi.<br />
Tutti dicono che Dio è in cielo, ma io<br />
credo che Dio sia in mare, perché Aria,<br />
che deve essere un angelo, va sempre lì<br />
sulla spiaggia e parla con le onde e<br />
forse con i pesci e sempre con il mare.<br />
E se fa il bagno Aria va fino alla<br />
prima secca e non ha paura dell'acqua<br />
alta. Quindi in mare deve vivere il Dio<br />
che l'ha mandata da me, altro che in<br />
cielo sta Dio!<br />
LEGAMI<br />
Giusto o no, ci si lega agli altri. Dagli altri a volte<br />
si dipende.<br />
Avere un fratello è come avere un caro amico, la<br />
cui moglie però non è gelosa di te. È come avere<br />
un diario, senza aver paura che qualcuno possa<br />
<strong>leggerlo</strong>. È come avere una banca che in qualsiasi<br />
momento ti fa credito, ma non vuole mai gli<br />
13
interessi. È come un porto, dove puoi ancorare<br />
senza avere una barca. Un fuoco con cui scaldarti<br />
senza dover mettere legna. Io non ho un fratello, ne<br />
ho quattro. Per questo la mattina ho il sole dentro<br />
anche se fuori piove.<br />
Quando uno ha un fratello solo, o una sola sorella,<br />
com’era per Arianna ed Irina, può godere di<br />
un’unione speciale, Zweisamkheit, come la<br />
chiamano i tedeschi. Quello speciale stare insieme<br />
in due. Ma quando poi il tempo, a suo comodo,<br />
dimezza quella preziosa collezione, si precipita<br />
nell’Einsamkheit, la solitudine, l’esistenza in<br />
assolo, che se talvolta può dare le ali, altre volte<br />
può imprigionare, in un’amara irreversibile<br />
malinconia.<br />
BENI<br />
Bene, io non possiedo una spianatoia come quella<br />
di mia madre. Non amo oggetti non indispensabili<br />
in casa. Nella categoria dell’indispensabile rientra<br />
ciò che si usa almeno una volta al mese, fanno<br />
eccezione gli articoli stagionali (Gesù bambino e<br />
l'albero di Natale per esempio).<br />
Mio padre ha comprato una casa di 300 mq per<br />
mia madre e le sue collezioni: sigilli, timbri con<br />
firme arabe, corone di spose copte, bastoni da<br />
passeggio inglesi, macchine da scrivere e radio<br />
d’epoca, orologi a pendolo (sempre utili per le otiti<br />
notturne di bimbi piangenti: ogni cucù è una pausa<br />
di pianto, un sollievo per i genitori, ma l’incubo<br />
dell’ospite occasionale dal sonno leggero) e - la<br />
più ingombrante e impegnativa - figli, l’unica<br />
collezione che crescendo ha lasciato spazio vuoto<br />
14
in casa.<br />
Tu non hai ancora una casa, insiste mio padre.<br />
Avere quarant'anni e nessuna casa di proprietà<br />
equivale in Italia un po' ad essere nullatenenti. I<br />
primi risparmi di un giovane lavoratore italiano<br />
sono investiti nell'acquisto di un immobile. A<br />
quell’acquisto partecipano attivamente mamma,<br />
papà, nonna e nonno e quanti negli anni, di festa in<br />
festa, hanno donato sostanze prudentemente<br />
depositate. Questa è anche la forma di<br />
investimento più sicura, sostengono i padri. Può<br />
darsi! La maggior parte dei miei amici e tutti i miei<br />
fratelli dicono che dà loro molta sicurezza l'idea di<br />
aver acquistato un immobile. Se io possedessi una<br />
casa oggi mi sentirei persa. <strong>Come</strong> un uccello<br />
migratore le cui ali rimangano imprigionate nella<br />
trama del proprio nido.<br />
Dal diario di Aria<br />
(la mia amica del cuore)<br />
Il brano di Matteo sui gigli di campo è<br />
il mio piccolo, grande segreto. Quei<br />
gigli sono la filosofia segreta, il<br />
trucco sotto gli occhi di tutti per<br />
alleggerirsi la vita…<br />
Da noi i nomi si abbreviano. Gli altri chiamavano<br />
Arianna Ariá, io Aria. E quel nome abbreviato le<br />
calzava a pennello, perché lei era così, trasparente<br />
e leggera, come l'<strong>aria</strong>.<br />
UNA DELLE RADICI DEL BENE<br />
Al centro di Monaco,<br />
15
nella mia casa in affitto sulla Königinstraße,<br />
in uno degli angoli della terra che preferisco,<br />
dopo la mia collina sul mare che guarda il Gran<br />
Sasso, ma lì abitare non si può,<br />
nella mia cucina sabbia e celeste<br />
c'è un tavolo.<br />
A quel tavolo, che mi piacerebbe fosse in noce ed<br />
ereditato dai nonni, ma è in betulla ed acquistato<br />
all'Ikea, siedo io ogni volta che posso. Sul tavolo<br />
un’agenda, una penna e una boccetta d’inchiostro o<br />
un portatile. Accanto a me un tè, al bergamotto<br />
preferibilmente.<br />
Da quando ho sostituito il caffè con il tè i miei<br />
sensi si svegliano, ma i miei nervi si rilassano. Le<br />
notti non sono più insonni, ma ristoratrici.<br />
L’aggressività che sembrava possedermi era<br />
evidentemente nascosta – subdola - nei chicchi di<br />
caffè, latori di notti insonni. In tal senso il caffè mi<br />
teneva più lontana dalla massima di Madre Teresa<br />
che mi ha regalato Arianna “Non permettere che<br />
qualcuno venga da te e non vada via migliore o<br />
più contento“.<br />
Il mare e il cielo, la mia quercia e la sua collina, il<br />
mio Gran Sasso che dorme, il mio tavolo e la sua<br />
cucina, e tigli e faggi e salici dei giardini: loro mi<br />
bastano e sembra conoscano Madre Teresa, perché<br />
sempre mi accolgono e mi lasciano andar via più<br />
contenta.<br />
In certi momenti il silenzio è tutto.<br />
16
Dal mio diario<br />
Settembre 1992<br />
Oggi Aria ed io siamo state un’oretta<br />
sotto la quercia. Quassù il cielo e<br />
sotto il suo specchio, laggiù il Gran<br />
Sasso e sopra una nuvola. Silenzio.<br />
Non ho bisogno d’altro.<br />
Elaborare.<br />
LA SCRITTURA, L’ORIGINE<br />
Siedo a quel tavolo in betulla.<br />
Da un Moleskine che ho riaperto ora dopo anni<br />
sono venuti fuori due foglietti, due relitti d’epoca.<br />
Di un’epoca della mia vita in cui credevo esistesse<br />
solo la felicità. Nessun maggior dolore che<br />
ricordarsi del tempo felice nella miseria. Eppure<br />
della memoria di quella felicità mi nutro, ogni<br />
giorno.<br />
Alla visione di quei due resti d'epoca delle<br />
immagini compaiono improvvise: Arianna in bilico<br />
su una sedia, in punta di piedi. Tira fuori vecchi<br />
calendari da un armadio scuro, Arianna attraversa<br />
il corridoio ed entra nella sala invasa dalla luce, la<br />
finestra è spalancata, Arianna si siede alla scrivania<br />
e strappa i fogli di quei calendari, a metà e poi<br />
ancora a metà, ne fa carta da riutilizzare; un odore<br />
che attraversa la sala d’allora e la cucina dove<br />
siedo oggi come una folata di vento. Poi svanisce<br />
tutto: svanite le immagini di Arianna che parevano<br />
un nitido film. Ripassarle attingendo al dedalo<br />
della mia mente in estasi non è lo stesso; svanito<br />
17
quell’odore nell’ansia annaspante di trattenerlo.<br />
Prendo i relitti tra le mani nella speranza che quella<br />
magia da macchina del tempo si ripeta. Non<br />
accade. La visione è data una volta. <strong>Come</strong> tante<br />
occasioni nella vita.<br />
Angelo custode, che nei momenti di pericolo mi<br />
aiuti e nei momenti di tristezza mi consoli, hai<br />
registrato tutti i momenti della mia vita. Fa che io<br />
possa rivederli con la nitidezza d’un film moderno.<br />
Mi cimenterò nella scrittura, affinché tu abbia una<br />
scusa per infrangere il segreto d’ufficio.<br />
Dio, scusami, c’è uno dell’ufficio scrittura.<br />
Fallo entrare.<br />
Signore Dio, buon giorno. Ce n’è un’altra.<br />
Incredibile. C’è qualcuno che ancora non scrive?<br />
Sì, Signore. Ci sono tutti quei milioni di analfabeti.<br />
…<br />
Scusami, Signore, scherzavo. Ma, appunto, questa<br />
vorrebbe parlare di Arianna, la rossa che ora è giù<br />
all’accoglienza. Quella che quando l’hai vista hai<br />
detto Sembra proprio Simonetta Vespucci,<br />
mettetele vicine. Ti ricordi? Aveva tenuto quei<br />
corsi di alfabetizzazione per disadattati a<br />
Monaco…<br />
Sì, mi ricordo benissimo. Una delle scomunicate…<br />
Che scriva, questa Margherita, che scriva. Con<br />
tutte quelle psicosi che ha, male che vada, le sarà<br />
servito a chiarirsi un po’ le idee.<br />
Il filmino che ha girato il mio angelo in silenzio è<br />
ripartito. I due foglietti d’epoca funzionano di<br />
nuovo da interruttori d’una macchina del tempo.<br />
Arianna che ricicla vecchi calendari per farne carta<br />
da scrivere.<br />
18
PRIMO RELITTO: pezzetto di calendario.<br />
mercoledì 25 aprile, San Marco ev. / Anniv.<br />
Liberazione<br />
giovedì 26 aprile, S. Cleto<br />
venerdì 27 aprile, San Zita<br />
sabato 28 aprile, San Pietro Chanel<br />
domenica 29 aprile, S. Caterina da Siena<br />
Lo giro. Sul retro la calligrafia di Arianna, lista<br />
della spesa:<br />
Quinoa sedano porri carota tacchino<br />
SECONDO RELITTO.<br />
Articolo con ricetta strappato da una rivista<br />
vegana:<br />
Quinoa, fonte minerale. […] 100 gr: 350 kcal […],<br />
fosforo 416 mg (52% della RDA), ferro 2,8 mg<br />
(20% della RDA), magnesio 150 mg (50% della<br />
RDA), zinco 2,7 mg (18% della RDA).<br />
Di quinoa Arianna ne comprava e consumava<br />
tanta. Mi aveva naturalmente invitata a provarla,<br />
ma io avevo detto no. E lei era una che non<br />
insisteva. Rispetto per le idee altrui. O per<br />
l’ignoranza altrui, com’era nel mio caso.<br />
Da anni m’impasticco di magnesio contro mal di<br />
testa e crampi muscolari, zinco per tenere in forma<br />
le difese immunitarie e fosforo per sfamare il<br />
cervello. Da oggi mi converto alla quinoa: provo<br />
ad ascoltare Arianna, sperando che l’apprezzi.<br />
Bevo un bergamotto. Perché infatti se i tedeschi<br />
possono dire “ein Earl Gray” – sottintendendo il tè<br />
- possiamo farlo anche noi.<br />
Il vapore del tè si disperde nel pulviscolo<br />
attraversato dai raggi del sole. Mi piace il sole. Mi<br />
piace stare al sole.<br />
19
Stanotte abbiamo toccato i meno sette. Scriviamo<br />
l'anno 1998. Tanti anni fa 1998 lo leggevo come<br />
data di scadenza sul fondo della lattina del tonno al<br />
mercurio. Sembrava la data di un futuro lontano<br />
che avrebbe portato cambiamenti improbabili e<br />
novità impensabili, oggi la novità non pensabile<br />
anni fa è che io sia rimasta all’estero, nonostante<br />
tutto.<br />
Seduta al mio tavolo, riempiendo fogli bianchi<br />
cerco di riempire un vuoto, di ricostruire qualcosa<br />
che si è rotto. Se scrivere può aiutare a risolvere<br />
tanti dei problemi che coviamo dentro,<br />
riproviamoci. Chissà che non sia la soluzione<br />
matematica del mio problema, la colla buona per<br />
rimettere insieme i pezzi, il rimedio che avevo<br />
dimenticato, l'antidoto contro la tristezza e chissà,<br />
forse contro la morte.<br />
Un passo di Gibran narra di come un uomo in<br />
autunno seppellisca in giardino le sue<br />
preoccupazioni e si metta in attesa della primavera;<br />
quando questa arriva vede fiorire fiori di una<br />
bellezza non paragonabile a quelli di altri<br />
giardini…<br />
Farò come quell’uomo, ma con una bacchetta<br />
magica in mano, la mia penna, che trasformerà i<br />
pensieri in parole e i miei fogli in un giardino.<br />
Con l’inchiostro di Arianna non per arare alba<br />
pratalia ma per piantare.<br />
Poi aspetterò con ansia la primavera.<br />
MONACO DI BAVIERA 1994<br />
Da un venerdì sera di gennaio del 1994 non porto<br />
20
più gli orecchini.<br />
La finestra della mia camera da letto nella<br />
Königinstraße era aperta. Con i fiocchi di neve<br />
entravano anche il vento e la luce gialla della<br />
palestra sul cortile. Dopo cena avrei fatto un<br />
grande pupazzo di neve, nel cortile, nella notte,<br />
come nella storia di Erich Kästner Tre uomini sulla<br />
neve, come facevamo con Arianna fino all’anno<br />
passato. Dopo aver tolto gli orecchini di perle ed<br />
averli posati sul comò, avevo scelto quelli di<br />
brillanti. Me li aveva regalati lo zio prediletto,<br />
ribattezzato Cuoco da noi nipoti nell’età in cui<br />
apprendevamo l’uso della parola e diventato così<br />
Cuoco di nome e di fatto. Lo zio affettuoso e<br />
presente da sempre, lo zio da cui si aspetta con<br />
impazienza il regalo la domenica, la sorpresa che<br />
ci organizza quando ha un minuto libero, la torta<br />
speciale per il compleanno e quella per il noncompleanno<br />
dopo che abbiamo visto insieme Alice<br />
nel paese delle meraviglie.<br />
Lo zio che ognuno vorrebbe avere e mai perdere,<br />
io, sono riuscita a perderlo per ben due volte, la<br />
prima senza colpa, ma la seconda un po’ sì: ahimè!<br />
Lo zio Cuoco aveva cambiato città e sorriso<br />
quando si era sposato con una donna bella, ma che<br />
sorrideva come Crudelia. Per un po’ non si era<br />
fatto più vedere e a noi bambini sembrava come se<br />
fosse morto, perché se domandavamo a casa come<br />
mai lo zio non veniva più ci dicevano che aveva<br />
tanto da fare e cambiavano discorso.<br />
Quella sera della neve avevo avvertito la magia dei<br />
regali fatti col cuore: quegli orecchini mi avevano<br />
messo direttamente in contatto con lo zio Cuoco.<br />
21
Poi ero stata attratta dalla neve nel cortile, da<br />
quella che si dondolava dal cielo verso terra e da<br />
quella che aveva già raggiunto i suoi obiettivi<br />
ricoprendo i tetti più bassi, il terrazzo dei vicini,<br />
l'abete, lo scivolo, le biciclette, la panchina e ogni<br />
angolo del pavimento del cortile: l'inconfondibile<br />
voce silenziosa di miliardi di fiocchi di ghiaccio<br />
che coprono in pochi minuti una città di un milione<br />
e duecentomila abitanti.<br />
Pregustavo la voce delle mie scarpe da montagna<br />
sulla neve fresca, nella silenziosa notte tedesca. Poi<br />
il telefono di casa aveva squillato, era Irina, la<br />
sorella di Arianna, da Venezia. Lei aveva fatto una<br />
sola domanda ed io tenendo a bada la bestia del<br />
dolore che mi aveva risvegliata dentro avevo detto<br />
Sì, ma certo tesoro! A domani. Poi avevo solo<br />
potuto riagganciare. Il conato di pianto che mi<br />
aveva riempito la gola fino a farmi male era<br />
esploso, le lacrime si erano mischiate sul<br />
davanzale ai fiocchi di ghiaccio e li avevano<br />
sciolti, il silenzio della notte era scomparso,<br />
inghiottito dalla mia disperazione; il cortile non era<br />
più lo stesso, le torri della Frauenkirche avevano<br />
ora contorni irriconoscibili, tutto era diventato<br />
un'immagine sfocata, ma che non mi interessava<br />
mettere a fuoco, non volevo pulire un filtro sporco<br />
di lacrime. Volevo piangere, singhiozzare, lasciare<br />
la mia voce alla neve immobile. E nel pianto era<br />
sopraggiunto il ricordo della teoria delle profezie<br />
involontarie e autoavverantesi. Così avevo cercato<br />
di controllare quel pianto, quello disperato, di chi<br />
non ha speranza, avevo cominciato ad asciugare gli<br />
occhi e ad asciugarli sempre più spesso come se<br />
ogni volta dovesse essere l’ultima: le torri della<br />
22
Frauenkirche diventavano un’immagine nitida e<br />
poi nuovamente sfocata, nitida e poi sfocata.<br />
Pregavo ogni fiocco che scendeva di ripercorrere la<br />
sua strada al contrario, attraversare la nuvola che lo<br />
aveva generato e andare più su fino al Cielo dove<br />
si racconta ai bambini abiti Dio ed implorarlo,<br />
implorare Dio che tutto andasse bene. Io avrei<br />
avuto fede, come diceva sempre Arianna, come<br />
non avevo mai avuto.<br />
Poi un rumore alle mie spalle mi aveva fatto girare<br />
di colpo: il vento aveva buttato giù gli orecchini<br />
che avevo posato su un foglio sul comò. Io li avevo<br />
raccolti, avevo deciso di togliere anche i brillantini<br />
e li avevo riposti entrambi nel cassetto. Non li<br />
avrei messi. Non più fino ad oggi. Non avrei fatto<br />
il pupazzo di neve quella sera, ma sarei partita per<br />
Venezia, con il treno delle 23:40.<br />
Il bagaglio per Venezia. Due paia di mutande, due<br />
di calze, lo spazzolino, il deodorante e il Vangelo.<br />
Ne leggo un pezzetto ogni sera; Arianna mi ha<br />
chiesto di farlo regalandomene un’edizione<br />
tascabile.<br />
Poi Paula e un Banana Yoshimoto tra mutande e<br />
Vangelo: la necessità di conferme che la morte è<br />
solo un cambio di vita.<br />
Poi avevano suonato alla porta.<br />
Chiudo la finestra e spengo la luce, non è di quelle<br />
a basso consumo che non vanno accese e spente in<br />
continuazione. Conosco il lungo corridoio a<br />
memoria e posso raggiungere la porta d'ingresso in<br />
penombra. Ja? Die Nachbarn! I vicini.<br />
I grandi vicini, incontrati la prima volta, più di un<br />
anno fa, la sera di San Silvestro, per darci gli<br />
auguri, noi con la nostra dozzina di ospiti romani<br />
23
(così piace raccontare a loro, ma eravamo solo<br />
nove: Arianna ed Irina, Sven, io e quattro romani)<br />
nella loro cucina 2 m x 2 m.<br />
Adesso è il caso di accendere la luce. Ora di aprire<br />
la porta. Kommt ihr zu uns zum Abendessen?<br />
Venite a cena da noi?<br />
Dico loro che Arianna non c’è e che preferisco non<br />
parlare di lei: non chiedono spiegazioni. La<br />
discrezione teutonica che talvolta mi fa sentire sola<br />
stasera è una grazia. Spiego loro che alle 23 e 40<br />
parte il mio treno per Venezia e non ho molto<br />
tempo. Sono così contenti che mi domando se nel<br />
mio pessimo tedesco non li abbia forse invitati a<br />
venire con me, non sarebbe proprio il caso. Dovrei<br />
dire loro che hanno due buoni motivi per non<br />
essere così contenti. Il primo è che non verranno<br />
con me ed il secondo è - se per caso erano felici<br />
solo per me - che io non vado in gita di piacere a<br />
Venezia. Dire la prima cosa è semplice, il tedesco<br />
non si offende se gli si rivela una verità, anche se<br />
spiacevole. Dire la seconda mi provocherebbe una<br />
nuova ondata di pianto e sarebbe meglio evitare.<br />
Mentre io rifletto sul da farsi loro rinnovano<br />
l’invito a cena, dicono che loro hanno già cucinato<br />
e così poi io non dovrò mettere a posto la cucina di<br />
corsa prima di partire. Dunque non si sono ritenuti<br />
invitati a Venezia, se pensano di passare il dopo<br />
cena a riassettare la cucina. Meglio così. Ho un<br />
piccolo problema in meno, ma – ahi! - hanno detto<br />
di aver cucinato! C'è sempre da temere quando un<br />
tedesco ha cucinato. Il Brotzeit bavarese sarebbe<br />
una sicurezza: affettati e formaggi con quel bel<br />
pane nero e un’insalata da cui male che vada<br />
bisogna estrarre un paio di cipolle affettate, a<br />
seconda dei gusti.<br />
24
Sono troppo gentili e non voglio dir loro di no.<br />
Christian è architetto, Nicole è grafica. Entrambi<br />
sono una benedizione. Me ne accorgo solo oggi,<br />
anche se ce li abbiamo sotto casa da 15 mesi, oggi<br />
è la seconda volta che stiamo insieme a tavola.<br />
Il tavolo su cui mangiamo l'ha disegnato lui. Ha sei<br />
fori per ospitare altrettanti piatti che vi si incassano<br />
perfettamente. Ha presentato il suo tavolo a Parigi<br />
nel 1983 al Salon de Meuble al SAD, Salon de<br />
Artiste e decoratif, mentre io e Arianna<br />
diventavamo maggiorenni, ma questo lui non lo<br />
sapeva, poi una grande ditta inglese gli ha rubato<br />
l’idea senza comprarsi i diritti. Così molti vedono<br />
il tavolo a casa sua e gli dicono Ah, hai il tavolo di<br />
Darròn.<br />
Mi viene da pensare a La storia siamo noi di De<br />
Gregori, la Rai ha preso quel titolo e lo ha usato<br />
per un suo programma; una volta un amico<br />
ascoltando quella canzone aveva detto Sì, l’ha<br />
chiamata come quel programma televisivo! e<br />
Arianna gli aveva detto che era un ignorante.<br />
I due monacensi hanno cucinato da gourmet. Altro<br />
che Kartoffelnfresser! Definire questi due signori<br />
mangiatori di patate sarebbe proprio un po'<br />
riduttivo.<br />
E per le due ore in cui siamo seduti a tavola<br />
Venezia è un pesce, muto.<br />
L’ANDATA<br />
Mancavano pochi minuti all'arrivo a Venezia.<br />
Morfeo mi aveva offerto il sonno perfetto,<br />
premessa indispensabile per affrontare una mesta<br />
25
Venezia. Prima delle 8 facevo la finta turista, zaino<br />
in spalla, ferma sul ponte della stazione a guardare<br />
in direzione del sole e del vaporetto che aveva<br />
appena lasciato San Marcuola. Venezia era bella<br />
quella mattina anche se aveva la morte dentro,<br />
anche se io avevo la morte dentro.<br />
<strong>Come</strong> turista avrei dovuto avere una macchina<br />
fotografica in mano per fare eterna la luce del sole<br />
che baciava triste e fiacca le case ricche, le case<br />
vecchie, le case belle e le case stanche del Canal<br />
Grande e quelle che insieme erano ricche, vecchie,<br />
belle e stanche.<br />
Aria, sono a Venezia.<br />
Devo telefonare a Irina, ma non prima delle 10. Mi<br />
avvio per la Strada Nuova e ai primi tavolini al<br />
sole incontro alcuni tedeschi che erano in treno con<br />
me, seduti nel sole caldo, secondo loro. Ordinano<br />
correttamente un cornetto e un cappuccino, solo il<br />
latte macchiato diventa un latte macciato. Il<br />
cameriere in accento veneziano ripete Due<br />
cornetti, un cappuccino e un latte macchiato. Gli<br />
sorrido e auguro una buona giornata mentre loro<br />
mi augurano una buona cciornata.<br />
Sulla Strada Grande, dopo il casinò, c'è il bar dove<br />
a volte abbiamo preso un caffè con Arianna. Solo<br />
“a volte” perché bar e barista ci sono sempre parsi<br />
asettici. Per la prima volta stamattina mi serve il<br />
bagno e scopro che non è pari a bar e barista!<br />
Alla cassa un altro tedesco paga un latte<br />
macchiato. Arianna mi ispira improvvisamente, la<br />
sua voglia di scherzare sempre mi invade<br />
prepotentemente, anche se la so su quel letto<br />
d’ospedale, la sento accanto a me ironica: quando<br />
tocca a me ordino un latte macciato. Il barista<br />
26
asettico ora lo è meno, un’espressione perplessa gli<br />
modifica i lineamenti, mi domanda se voglio un<br />
latte macchiato. Sì, sì, un latte macchiato! Perché?<br />
Torna asettico battendo lo scontrino e si avvale del<br />
diritto di non rispondere.<br />
UNA LETTERA<br />
Cara Aria, sono qui da te. Sono a<br />
Venezia. La via più bella del mondo è<br />
oggi la più triste e cupa sotto il<br />
sole, tace il Canal Grande e ti aspetta<br />
con me. Ma tu non m’aspetti. Se mi<br />
vedessi ora capiresti che c’è qualcosa<br />
che non va. Irina ha ragione, dice che<br />
non posso ancora venire. Ciò di cui<br />
avevamo tutti paura, ciò che il Dottor<br />
Vianello temeva, ciò che toglie ogni<br />
speranza è avvenuto: il tuo tumore ha<br />
procreato, tante creature cercano casa<br />
ora dentro di te. Alcune l’hanno<br />
trovata tra reni, polmoni e colonna<br />
vertebrale. Hanno costruito la loro<br />
casa sulla roccia, da lì non può<br />
toglierli nessuno, dicono. Ma tu forse<br />
puoi… Tu sai combattere, combatti. Sai<br />
pregare, prega. Hai tutta la forza che<br />
ti serve dentro di te, usala. Ti prego<br />
usala tutta. Parla con ogni angolo del<br />
tuo corpo, con ogni cellula. Parla con<br />
i micro assassini: mandali via. Tu sei<br />
più forte, tu hai una mente. Loro no.<br />
Piccole bestie ammazzano senza saper<br />
pensare. Diverse dagli uomini<br />
in questo.<br />
Carissima Aria, insieme volevamo<br />
abbracciare il mondo, ma oggi io non<br />
posso abbracciare te. La tua schiena è<br />
già una lisca di pesce rinsecchita, se<br />
non un osso di seppia. Una pressione<br />
27
sbagliata basterebbe per romperti…<br />
rompere te, chi l’avrebbe mai detto che<br />
qualcosa potesse romperti, Aria. Tu<br />
dovresti essere la prima a non<br />
crederci, ad opporre resistenza.<br />
Aria non aver paura. Lo dico a te, ma<br />
lo scrivo per me. So che tu non hai<br />
paura, ma io sono terrorizzata. Sento<br />
gente che parla intorno a me, ma è come<br />
se fossi sorda. Vedo che c’è il sole,<br />
ma è come se fossi cieca. La realtà è<br />
assente. Solo la tua malattia è qui. Da<br />
ieri non è più “un” tumore. Si chiama<br />
cancro perché ha fame di tutto il tuo<br />
corpo. Non darglielo. Tienilo per noi.<br />
Sai che qualcosa di irrazionale sta<br />
crescendo dentro di me? È un’idea<br />
balorda e malsana, che pure lentamente<br />
vuole imporsi. Si chiama miracolo.<br />
Altri la chiamano speranza. Ti ricordi?<br />
Ma perché esiste la speranza sulla<br />
Terra se Pandora ha fatto in tempo a<br />
richiudere il vaso prima che questa<br />
uscisse? Misteri della mitologia… Ti<br />
ricordi di quanti colori era diventata<br />
la prof, la Campana, quando tu le avevi<br />
posto quella domanda con tanto candore?<br />
Con chi prenderò in giro il mondo<br />
se tu mi lasci?<br />
Io non posso accettare la morte, non<br />
voglio accoglierla come sorella – così<br />
mi ha detto un frate che vaneggiava “Dì<br />
di sì alla morte della tua amica, di’<br />
di sì al Signore, egli fa grandi cose,<br />
permettiglielo”.<br />
Vedo che l’unica cosa grande che fa ora<br />
per me è far morire lentamente la mia<br />
migliore amica. Grandi cose fa questo<br />
Signore. Sei tu che credi in questo<br />
Dio. Digli che crederò se tu ti<br />
28
salverai… Ma no. Facciamo che sei tu<br />
quella che crede e sarò io quella che<br />
pregherà per la tua salvezza. Tu non<br />
puoi neanche perché non sai di avere<br />
ora degli assassini spietati e<br />
determinati dentro, non sai di avere la<br />
morte davanti. E chissà... forse se lo<br />
sapessi le sorrideresti, come hai fatto<br />
sempre con tutti. Matta!<br />
Chissà se leggerai mai questa lettera.<br />
Chissà che sarà di te? Di me? Di noi?<br />
Della realtà che oggi non esiste, se si<br />
risveglierà un giorno,<br />
con o senza di te?<br />
Aria aiutami. Quante volte ti ho<br />
chiesto aiuto? Ora dovrei essere io a<br />
sorreggerti, ma chi sorreggerà me?<br />
Margherita<br />
Venezia, sabato mattina<br />
Campo San Giovanni e Paolo<br />
A CASA DI ARIANNA<br />
Sapore indimenticabile: quando eravamo ragazzine<br />
il cappuccino o il latte macchiato lo potevamo<br />
assaggiare con un cucchiaino dalla tazza di Olga,<br />
la mamma di Irina e Arianna. A casa non mi era<br />
permesso per due motivi: 1. Vietato contaminarsi<br />
con la saliva altrui, pena malattie incredibili 2. La<br />
caffeina era tabù.<br />
Proibito era anche l’alcool, per non parlare del<br />
fumo, fatta eccezione per quello del camino che ci<br />
intossicava indisturbato da sempre. Tabù uscire<br />
con la pioggia se non per andare a scuola o al<br />
catechismo. Tabù giocare con la terra e con<br />
29
l’acqua. Veto di arrampicarsi sugli alberi, sul letto<br />
a castello dei fratelli più grandi e sugli specchi se<br />
si veniva colti in fallo.<br />
A tutte queste interdizioni si aggiungeva, compiuti<br />
gli 11 anni, quella di avvicinare l’altro sesso. I<br />
divieti si adeguavano ai mutati interessi. Le età<br />
dell’uomo e le sue interdizioni. Il mio paradiso<br />
sarà rivivere la vita, entrando nel portone del<br />
mondo sotto uno striscione con la scritta: DA<br />
OGGI, MARGHERITA, TI È TUTTO<br />
PERMESSO. Un piccolo ps: ricorda solo di<br />
rispettare gli altri.<br />
Non solo gli sconosciuti, ma anche gli amici dei<br />
miei fratelli, arrivata la pubertà, si erano<br />
trasformati in pericolosi predatori sui quali<br />
scendeva allora quella gabbia inviolabile, che solo<br />
formule di saluto potevano varcare. Così per lungo<br />
tempo l’uomo per me non è stato un impiegato in<br />
banca, un collega simpatico, un dottore o un<br />
barista intrattenitore, ma sempre e solo un<br />
predatore in agguato. Contro quel fucile spianato<br />
non potevo che entrare in guerra, con sommo<br />
piacere.<br />
A casa di Irina e Arianna si parlava di ragazzi con<br />
una naturalezza che mi spiazzava. Ricordo che -<br />
dopo che erano venuti a vivere a Borgo San<br />
Flaviano, a due passi da casa nostra, e Arianna era<br />
diventata la mia compagna di banco - questa sorta<br />
di libertà d’espressione di cui godevano era stata<br />
una delle cose che avevo catalogato come<br />
differenza significativa tra la mia e la loro<br />
famiglia. Il primo esempio di tale libertà lo avevo<br />
registrato quando Arianna, prima che la sorella più<br />
grande, Irina, partisse per l’università, un<br />
30
pomeriggio le aveva detto davanti ai genitori: Sai,<br />
Irina, che in 5B c’è un tipo che ti piacerebbe<br />
proprio, ma tu ormai parti. E si era messa a ridere.<br />
Oltre che il caffè, dai Fabbri mi era concesso tutto<br />
quello che a casa mia era tabù, perfino assaggiare<br />
il vino. Quando eravamo a tavola il papà spesso ci<br />
faceva fare un esperimento. Riempivamo un<br />
bicchiere d’acqua e adagiavamo un cucchiaio sulla<br />
superficie. Poi lentamente facevamo scendere<br />
pochissimo vino rosso sul cucchiaio. Il vino da<br />
principio creava una nuvola rossa nell'acqua, poi<br />
lentamente saliva tutto in superficie. Una ruota<br />
rossa perfetta si coricava sulla trasparenza<br />
dell’acqua. Dopo qualche decina di secondi la<br />
ruota di vino si svegliava, infilava prima le gambe<br />
nell’acqua, poi le braccia e - giù - tuffava tutto il<br />
suo corpo: i due liquidi si fondevano infine in un<br />
abbraccio rosa.<br />
Per noi era ogni volta una prova di precisione. Il<br />
bicchiere di Arianna una ruota rossa, micro<br />
capolavoro. Il mio, da principio un disastro, era poi<br />
andato migliorando fino a raggiungere il maestro.<br />
<strong>Come</strong> dicono i tedeschi: l'esercizio fa il maestro.<br />
Il pomeriggio a casa Fabbri, quando pioveva forte<br />
e non c'era il rischio di temporale e di fulmini che<br />
potessero farci secche, Olga ci faceva travestire<br />
come i pescatori d'inverno, con delle tute<br />
plastificate che avevano comprato durante un<br />
viaggio in Finlandia. Così vestite uscivamo in<br />
giardino sotto la pioggia e giocavamo come se ci<br />
fosse il sole. A posizionarsi sul bordo delle<br />
pozzanghere più grandi, uno - due -tre - via! A chi<br />
salta nel punto più profondo senza scivolarci<br />
31
dentro e impantanarsi rovinosamente. Se il mare<br />
non era molto mosso uscivamo dal cancello<br />
posteriore ed andavamo a giocare con lui. Sia io<br />
che Arianna avevamo la fortuna di abitare in due<br />
delle tre ville storiche di Borgo San Flaviano che si<br />
affacciavano direttamente sul mare. La leggenda<br />
locale narra che siano tre come le tre figlie di<br />
Robinio, due bellissime ed una meno...<br />
I primi di settembre a Borgo San Flaviano c’era il<br />
premio delle “Tre bellezze”. Venivano scelte da<br />
una giuria esterna le tre strade, vie o vicoli, i tre<br />
palazzi, le tre case, i tre cortili, i tre portoni ed i tre<br />
balconi più belli del paese... e naturalmente le tre<br />
ragazze, in ritardo per Miss Italia, ma nessuna si<br />
era mai lamentata. Dopo l’arrivo di Arianna era<br />
evidente chi sarebbe stata la prima delle tre<br />
bellezze, ma lei non volle mai partecipare. Al suo<br />
corpo ci teneva, ma non per mostrarlo a tutti. Però<br />
partecipava come una formica iperattiva ai lavori<br />
per sistemare o trasformare, migliorare e rinnovare<br />
strade e strutture del borgo. Finita la scuola<br />
eravamo tutti coinvolti. Con un po’ d’impegno il<br />
comune dava lavoro agli immigrati, preservava la<br />
bellezza del paese, attirava turisti e rifocillava le<br />
casse del paese. L’amministrazione dichiarava<br />
trattarsi solo di una buona idea di tanti anni prima,<br />
ma quell’idea era stata di Don Domenico: un<br />
progetto per fermare la cocaina che aveva<br />
cominciato a circolare in paese. Don Domenico<br />
sosteneva il motto giovani annoiati vanno<br />
impegnati, ma non si era accontentato di offrire<br />
attività da oratorio, era andato oltre ed aveva avuto<br />
ragione. Altri paesi e cittadine a quell’idea<br />
avrebbero potuto ispirarsi, ma non lo fecero: un<br />
merito l’amministrazione dunque ce l’aveva.<br />
32
Le tre ville storiche, case padronali di fine<br />
Ottocento, non prendevano parte al concorso, ne<br />
erano Muse ispiratrici e come tali si mostravano,<br />
sempre, non solo in settembre.<br />
“Affacciate sul mare dei nostri prodi padri e dei<br />
nostri figli amati. Toccate dalla spiaggia o dalla<br />
roccia. Circondate da slanciati cipressi, pini marini<br />
o generosi platani. Baciate da superba buganvillea,<br />
festoso ed elegante glicine, profumato gelsomino.<br />
Belle tra le belle ispirino...” Così recitava un passo<br />
del testo che il Comune ogni anno usava per<br />
pubblicizzare il concorso. Quel passo parlava delle<br />
tre muse ispiratrici. Delle nostre case.<br />
Erano circondate da alti muri di recinzione o da<br />
spesse siepi di bosso. Le famiglie che le abitavano<br />
però non usufruivano degli incentivi della città, le<br />
tenevano in forma coi propri mezzi. La villa di<br />
Arianna, Villa Alba, si chiamava così perché era la<br />
prima ad essere toccata dal sole al mattino, in tutte<br />
le stagioni. Io l’avrei ribattezzata Villa Fiore.<br />
Gerani, begonie, gambine di vetro, buganvillea,<br />
gelsomino e oleandri in linfa: nella bella stagione<br />
puntellavano di colore ogni angolo del giardino,<br />
delle scale, dei balconi e dei terrazzi. L’interno non<br />
era da meno. Rose sulle maioliche in cucina.<br />
Tulipani, i fiori preferiti di Arianna, componevano<br />
un disegno geometrico-floreale sulle pareti dei due<br />
bagni nella zona notte. Stucchi con calle ed altri<br />
fiori stilizzati incastonavano il soffitto della sala e<br />
dello studio di Demetrio. Gigli e calle si<br />
stagliavano al centro delle vetrate in stile liberty<br />
che si aprivano sulla sala. Villa Alba era un inno ai<br />
fiori. Era la più antica villa del paese, rinnovata ai<br />
primi del ‘900. Era la più vicina al mare. Era la più<br />
bella.<br />
33
Dal cancello posteriore alla battigia erano da dieci<br />
a quaranta passi, a seconda di chi li faceva, in che<br />
stagione e in che momento della giornata, perché il<br />
mare va e viene.<br />
Arianna ed io, spesso travestite da pescatori<br />
finlandesi, saltavamo le onde che si affannavano<br />
sulla spiaggia. Una, due, tre, quattro, cinque, sei<br />
fino a restare senza fiato dall’esercizio e dalle<br />
risate. Poi ricominciavamo tenendoci per mano,<br />
forse perché ci sembrava di avere un appiglio<br />
contro la stanchezza delle gambe o forse perché<br />
quel gioco ci univa in quella felicità che era<br />
sconfinata e quando uno è felice vuole abbracciare<br />
l’umanità intera e se non è possibile vuole almeno<br />
tenerla per mano. Così per mano ricominciavamo,<br />
all’infinito fino a non poterne più.<br />
Mi sembrava di non poter essere più felice. Ma su<br />
quella felicità una potenziale, minacciosa nuvola di<br />
rabbia famigliare: i miei che mi trovano salterella<br />
nell’acqua, tirano fuori i loro fulmini di<br />
pregiudizio e fanno di me e Arianna due pesci<br />
impalati in riva al mare. Stop alle visite a casa<br />
Fabbri: un incubo che per fortuna non si è mai<br />
realizzato.<br />
34
Dal mio diario<br />
22 marzo 1977<br />
Nel pomeriggio non siamo potuti uscire<br />
perché pioveva e non ho potuto chiamare<br />
Aria perché il telefono era rotto e<br />
abbiamo visto Charlie Brown a colori,<br />
oggi per la prima volta, ma gli altri<br />
canali non avevano i colori.<br />
LE CONVINZIONI DEI GRANDI<br />
Saranno state le mangiate di aglio e cipolla crudi<br />
su insalate, zuppe e verdure, le spremute d’arancia,<br />
le tisane piccanti allo zenzero, le corse in riva al<br />
mare in ogni stagione e gli estenuanti bagni<br />
estivi… Dopo gli undici anni e cioè dopo che io<br />
avevo cominciato a frequentare casa Fabbri ero<br />
l'unica a casa che durante l'inverno non si<br />
ammalava quasi più. La scienza avrebbe dato<br />
ragione alla cara Olga, ma allora alcune mamme<br />
l’avrebbero messa al rogo come una strega, lei e<br />
tutte le sue teorie sul sistema immunitario e il<br />
resto. Oggi è scienza, allora esperienza. Ad<br />
ascoltare quelle che erano le opinioni o solo<br />
speculazioni di Olga le mamme d’allora<br />
rispondevano sempre con uno scetticismo<br />
medievale: non erano cresciute bene loro senza<br />
tutte quelle nuove teorie? Il progresso indossava i<br />
panni del nemico.<br />
Ricordo una frase che pronunciò il nostro pediatra<br />
parlando con Olga: Io non devo combattere le<br />
malattie, ma le credenze delle nonne e delle zie. La<br />
mia naturale simpatia riceveva le conferme del<br />
35
nostro vecchio pediatra: Olga saliva su uno dei<br />
piedistalli sui quali io da bambina amavo mettere i<br />
miei eroi, fantastici o in carne ed ossa. Oggi<br />
rimangono in piedi pochissimi piedistalli, uno è<br />
quello di Olga, su un altro c’è Demetrio, il marito.<br />
Quand’ero piccola li avrei fusi in uno, oggi mi<br />
piace pensarli come due grandi querce, secondo<br />
Gibran.<br />
Olga e Demetrio erano gli eroi in mezzo a tutti<br />
quei genitori di cui non avevo stima, certo non per<br />
le loro posizioni “scientifiche”, ma per<br />
quell'incoerenza che li caratterizzava e che io<br />
allora registravo pur senza saperla definire. Ci<br />
mandavano al catechismo dove ci dicevano che<br />
dovevamo volere bene a tutti. Ma loro guardavano<br />
il mondo attraverso quelle che oggi definirei lenti<br />
affumicate di una malizia e di un pregiudizio<br />
consolidati.<br />
M<strong>aria</strong>, la figlia del meccanico, non era ben vista<br />
dai miei. Avevo le antenne per percepire antipatie e<br />
simpatie dei miei genitori. Nonostante ciò, quando<br />
sapevo che i miei non si sarebbero affacciati a casa<br />
nel corso del pomeriggio, complice Assuntina,<br />
M<strong>aria</strong> veniva a casa nostra. L’officina del padre,<br />
dove lei passava altrimenti i pomeriggi, distava<br />
poche centinaia di metri da casa nostra ed io e<br />
Assuntina andavamo a prenderla.<br />
Un pomeriggio avevamo costruito insieme un<br />
albergo per gli insetti in un contenitore della<br />
ricotta. C’erano formiche, ragni e porcellini di<br />
Sant'Antonio che si trasformavano in palline<br />
argentate quando li prendevamo per farli<br />
accomodare nella nostra confortevole struttura a<br />
36
cinque stelle.<br />
Mia madre era rientrata all'improvviso, proprio<br />
mentre noi eravamo in cucina per fare merenda,<br />
ancora sporche del fango usato per costruire il<br />
nostro albergo di lusso. M<strong>aria</strong> stava aprendo uno<br />
ad uno gli sportelli della cucina per cercare un<br />
bicchiere. Mia madre le aveva domandato cosa<br />
cercasse, le aveva poi preso il bicchiere, lo aveva<br />
riempito d’acqua e glielo aveva porto.<br />
Andando via M<strong>aria</strong> aveva detto entusiasta che si<br />
era proprio divertita. Mia madre le aveva detto che<br />
poteva tornare a trovarci quando voleva. Chiusa la<br />
porta di casa aveva fatto notare a me che M<strong>aria</strong><br />
non aveva neanche ringraziato e comunque di non<br />
invitarla mai più.<br />
La sera a letto avevamo detto le preghiere come al<br />
solito e come sempre ci riproponevamo di essere<br />
buoni con tutti. Io allora avevo chiesto a mia<br />
madre se lei non era stata cattiva con M<strong>aria</strong> nel<br />
pomeriggio dicendole una cosa mentre ne pensava<br />
un’altra. Mia madre mi aveva afferrato per le<br />
braccia, avevo chiuso gli occhi credendo che mi<br />
avrebbe colpita, invece mi aveva solo detto Non<br />
azzardarti mai più a mettere in discussione quello<br />
che faccio o che dico io, hai capito?<br />
L'adulto era sostanzialmente un bugiardo.<br />
Il proverbio Predica bene e razzola male. Se lo<br />
avessi conosciuto allora e se avessi avuto<br />
consapevolezza del significato, lo avrei scritto su<br />
un foglio A4 per attaccarlo sulla schiena di quasi<br />
tutti i genitori e di quasi tutti gli adulti conosciuti.<br />
Non su quella di Olga e Demetrio, che per fortuna<br />
un giorno erano diventati i nostri vicini di casa…<br />
37
QUANDO LE CREDENZE<br />
PROSCIUGANO I MARI<br />
Rappresentava per me uno dei momenti più belli<br />
dell'estate. A fine agosto a casa mia si facevano le<br />
conserve di pomodoro. Olga aveva detto ad<br />
Assuntina che voleva imparare. Da piccola le<br />
preparava con sua madre, ma da quando era in<br />
Germania non l’aveva più fatte. Il secondo giorno<br />
dei lavori a me erano tornate le mestruazioni. Per<br />
questo ero stata esentata dal collaborare. Assuntina<br />
non aveva dubbi: Una donna con le mestruazioni<br />
che tocca le conserve fa esplodere i barattoli. Olga<br />
aveva avuto difficoltà a non mostrare un sorriso<br />
d’incredulo stupore. Cosa stava dicendo<br />
Assuntina? Allora io le avevo detto che non potevo<br />
neanche toccare le piante – perché sarebbero morte<br />
–, né impastare la pizza o il pane – perché<br />
l’impasto non sarebbe lievitato -, non potevo<br />
toccare la carne – che sarebbe altrimenti andata a<br />
male, né fare la crema pasticcera o la maionese –<br />
che sarebbero impazzite. Sollevata quindi da ogni<br />
forma di impegno per la cucina, potevo giusto<br />
preparare un caffè, prendere le tazze dalla credenza<br />
antica e mettere qualche biscotto su un vassoio.<br />
Qualche anno dopo, un giorno in cui mia sorella<br />
Amalia aveva preparato il caffè, la Bialetti era<br />
saltata in <strong>aria</strong>. Un pezzo aveva distrutto un vaso di<br />
Castelli, un altro il lampadario di vetro, il caffè<br />
aveva idratato le pareti della nostra cucina. Per<br />
fortuna non aveva ferito nessuno, ma mia sorella –<br />
quando il diavolo ci mette lo zampino – aveva le<br />
mestruazioni e così la colpa se la prese la natura e<br />
38
non l'età della caffettiera. Da allora, con le<br />
mestruazioni, fu vietato anche preparare il caffè.<br />
Ma quella volta che c’era Olga e preparavamo i<br />
pelati, il caffè l'avevo fatto e portato io in quella<br />
stanza che chiamavamo cantinone, dove si<br />
facevano le conserve e le nostre feste. Quando<br />
entrai Olga aveva ancora lo sbalordimento negli<br />
occhi e cercava di convincere Assuntina a<br />
lasciarmi provare per una volta, nonostante le<br />
mestruazioni, a collaborare. Il rifiuto fu secco ed<br />
esterrefatto: un’eresia! La nostra cara tata tuttofare<br />
non aveva solo una bella credenza in cucina, ma<br />
anche una solida credenza nella testa.<br />
Olga concluse dicendo Io sapevo solo che se una<br />
donna ha le mestruazioni non può fare il bagno in<br />
mare altrimenti si prosciuga.<br />
Chi? La donna o il mare? Aveva domandato<br />
Assuntina preoccupata.<br />
39
P.S. Considera questo libro come se si fosse scritto<br />
da sé. Ce ne sono tanti così, ma non ci facciamo<br />
sempre caso perché talvolta – affidati ad un autore<br />
– si sono identificati con esso.<br />
Non è l’autore che conta, ma le sue parole.<br />
40
INDICE<br />
PRIMA PARTE:<br />
DALL'INFANZIA ALLA MAGGIORE ETÀ p. 7<br />
IL RICORDO 9<br />
MEMORIE DI FAMIGLIA 10<br />
LEGAMI 13<br />
BENI 14<br />
UNA DELLE RADICI DEL BENE 16<br />
LA SCRITTURA, L’ORIGINE 17<br />
MONACO DI BAVIERA 1994 20<br />
L’ANDATA 25<br />
UNA LETTERA 27<br />
A CASA DI ARIANNA 29<br />
LE CONVINZIONI DEI GRANDI 35<br />
QUANDO LE CREDENZE PROSCIUGANO I MARI 38<br />
DOMANDE E DOMANDE 39<br />
IO, ARIANNA E IL MARE 42<br />
NON POSSO VEDERLA 43<br />
L'ATTESA 45<br />
IL TRASLOCO 46<br />
L’ARTISTA 54<br />
IL COLORE 57<br />
LA NOSTALGIA 61<br />
LE RACCOLTE 62<br />
LE INGIUNZIONI 82<br />
IO E IL CIBO 84<br />
LA SCUOLA 85<br />
LE LETTURE E LA LETTURA 93<br />
LA SUPPLENTE 99<br />
VIVERE LA VITA SAPENDO LA MORTE 104<br />
IL SONNO DELLA RAGIONE 118<br />
41
LO SCAMBIO 123<br />
11 LUGLIO 1982 131<br />
JÜRGEN 135<br />
STEFANO DISTEFANO 138<br />
IL PAESE 156<br />
I 18 ANNI 160<br />
LA VITA DEI FIGLI O COSA CONTA 162<br />
L’INDIPENDENZA 164<br />
LA GRANDE NEVICATA 167<br />
SECONDA PARTE:<br />
BORGO - VENEZIA – MONACO p. 169<br />
VENEZIA 161<br />
DAVIDE 181<br />
DEGLI STUDI 189<br />
IL RECUPERO 191<br />
IL VICINATO 193<br />
CERTI UOMINI 194<br />
DEL CASO O DELLA PROVVIDENZA 197<br />
L’OSPITALITÀ 203<br />
ARIANNA SCRIVE E TRASCRIVE 204<br />
L’ABRUZZO ASIMMETRICO 205<br />
MATRIMONI DI FAMIGLIA 206<br />
TERZA PARTE:<br />
AGOSTO 1990 – 23 MAGGIO 1992 p. 211<br />
CERTI LO CHIAMANO COLPO DI FULMINE 213<br />
IL TICKET 219<br />
L’ATTESA 221<br />
LA COGNIZIONE DEL MALE 222<br />
LA VORAGINE 222<br />
42
AGOSTO 1990 223<br />
MANO DI STREGA 227<br />
LA CURA 227<br />
ARIANNA CALVA 230<br />
QUELLO CHE CREDIAMO 230<br />
LA BORSA DI CIELO BAVARESE 231<br />
QUANDO L’ARTE ISPIRA 232<br />
QUANTO MALE IMMAGINARIO 236<br />
L’EQUILIBRIO 237<br />
QUARTA PARTE:<br />
23 MAGGIO 1992 - 22 MARZO 1994 p. 241<br />
23 MAGGIO 1992 243<br />
LA GUARIGIONE 244<br />
E PERCHÉ DOMANDARE SEMPRE PERCHÉ? 247<br />
CONSAPEVOLEZZA 252<br />
IL TRADIMENTO 252<br />
QUANDO CONDUCE LO SGOMENTO 255<br />
LA DIETA 258<br />
LA MORFINA E LA LINGUA DEL CUORE 259<br />
IL VESTITO 261<br />
LA FESTA E L’ADDIO ALLE STANZE 262<br />
IL MATRIMONIO SENZA DEFINIZIONE 263<br />
IL TESTAMENTO DI ARIANNA 264<br />
NON SAPPIAMO NÉ IL GIORNO NÉ L’ORA 272<br />
I GENITORI 273<br />
UN INCONTRO. IL CASO? 274<br />
LA RAGIONE IN LETARGO 281<br />
LA VIGILIA 21 MARZO 1994 282<br />
PENULTIMA LA SPERANZA 285<br />
QUINTA PARTE:<br />
43
22 MARZO 1994 E IL DOPO p. 287<br />
LA PARTENZA 289<br />
POI 295<br />
L’OGGETTO 296<br />
LA SCOMUNICA 298<br />
DIETRO LE QUINTE 303<br />
NELLA CAMERA ARDENTE 304<br />
LA NOTTE DELLA RIVELAZIONE O IL RESTO 305<br />
ARIANNA E L'ACQUA 307<br />
CONSOLARSI 308<br />
IL PRINCIPE E LA PRINCIPESSA 310<br />
MI HANNO DETTO: IL MUSEO E IL RESTO 311<br />
SESTA PARTE:<br />
PRIMAVERA 1994 - OGGI p. 313<br />
ARIANNA OVUNQUE 315<br />
QUATTRO ANNI DOPO 316<br />
LA SCRITTURA E LA NOTTE 317<br />
LA SCRITTURA E IL GIORNO 318<br />
LEGGERE E SCRIVERE SCRIVERE E LEGGERE 320<br />
IL RIENTRO 322<br />
ECCO 327<br />
IL SOGNO 332<br />
16 ANNI DOPO p. 335<br />
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Se vuoi saperne di più visita il sito:<br />
www.come<strong>aria</strong>.com<br />
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