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1 TANI, SANTI PASQUALE detto SANTE e SANTINO (Arezzo, 3 ...

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<strong>TANI</strong>, <strong>SANTI</strong> <strong>PASQUALE</strong> <strong>detto</strong> <strong>SANTE</strong> e <strong>SANTI</strong>NO (<strong>Arezzo</strong>, 3 aprile 1904 - Ivi, 15 giug. 1944).<br />

Avvocato, partigiano.<br />

Figlio di Angiolo e di Luisa Meacci detta Elisa, esce da una famiglia di piccoli proprietari<br />

terrieri, di agiata condizione economica, di Ottavo presso Rigutino. Benché sia di corporatura<br />

robusta e di altezza superiore alla media (171 centimetri), sarà definito con il diminutivo Santino.<br />

Vive in famiglia fino a sei anni, quando viene affidato alle cure dello zio paterno Antonio,<br />

canonico della cattedrale di <strong>Arezzo</strong>. Frequenta il Liceo “F. Petrarca” di <strong>Arezzo</strong>, dove si diploma<br />

nell’anno scolastico 1921-1922, e l’Università “La Sapienza” di Roma, dove nel 1926 consegue la<br />

laurea in giurisprudenza, discutendo (relatore Gaetano Mosca, docente di Diritto Costituzionale)<br />

una tesi su Il governo parlamentare nella sua più recente evoluzione. Nell’immediato dopoguerra<br />

Tani era stato prima segretario e poi presidente del circolo giovanile cattolico intitolato al “Beato<br />

Gregorio X”: il cosid<strong>detto</strong> “circolino”, ben visto nell’ambiente politico dei popolari per la sua<br />

autonomia dalle gerarchie ecclesiastiche, nonostante ne fosse animatore il sacerdote don Carlo<br />

Tanganelli, che sarà una delle figure di spicco della Resistenza aretina. Tani è fatto ripetutamene<br />

oggetto di violenze da parte dei fascisti. A Roma si associa al circolo universitario aderente alla<br />

FUCI, conosce e frequenta gli uomini più rappresentativi del movimento cattolico (fra i quali<br />

Giuseppe Spataro) e fa esperienza delle “guardine” della Questura. Nel 1927-1928 presta il servizio<br />

militare frequentando la Scuola allievi ufficiali di complemento di Lucca; conseguito il grado di<br />

sottotenente, viene assegnato all’VIII Reggimento artiglieria pesante campale.<br />

Tornato a vivere ad <strong>Arezzo</strong> con lo zio, nel 1928 Tani si iscrive all’albo dei procuratori. Durante<br />

il 1930 trasferisce lo studio presso l’avv. Giovanni Droandi. Nel 1933 viene nominato socio della r.<br />

Accademia Petrarca di lettere, arti e scienze e nel 1934 è iscritto all'albo degli avvocati. Nel corso<br />

del 1937 trasferisce lo studio in Piazza Guido Monaco; studio che diviene ben presto un centro<br />

dell’antifascismo. A giudizio di Alfredo Merlini, “(...) Era considerato dal ‘regime’ uno degli<br />

elementi più pericolosi ed era perciò sottoposto a continua vigilanza”. Sempre secondo l’avvocato<br />

Merlini, subì numerose perquisizioni e fermi, anche perché dopo la guerra spagnola era stato uno<br />

dei promotori della “(...) costituzione di una associazione segreta fra gli amanti della libertà cui<br />

facevano capo elementi di tutta la Toscana”. Tani compie frequenti viaggi a Roma per mantenere i<br />

contatti con i vecchi compagni di università, alcuni dei quali faranno parte nel dopoguerra della<br />

classe dirigente nazionale.<br />

Nel luglio 1937 conosce Wanda Verdi (all’anagrafe Vanda), figlia di un impiegato statale di<br />

Montevarchi, con la quale si fidanza nell’autunno e si sposa il 25 aprile 1939: dal loro matrimonio<br />

nasceranno Roberto (1940) e Luisa (1942). Nel settembre 1939 Tani era stato richiamato per pochi<br />

mesi nel VII Reggimento artiglieria pesante campale, di stanza a Rosignano Solvay in provincia di<br />

Livorno.<br />

Arrestato il 4 febbraio 1942 (nove giorni dopo la nascita della figlia), insieme fra gli altri al<br />

fratello Francesco, viene associato al carcere giudiziario di <strong>Arezzo</strong> (S. Bene<strong>detto</strong>). Si tratta di una<br />

vasta operazione di polizia volta a stroncare il movimento “Giustizia e Libertà” con fermi anche a<br />

Firenze (Enzo Enriquez Agnoletti), Grosseto e Piacenza. Condannato a quattro anni di confino,<br />

Sante Tani è trasferito sotto scorta a San Bartolomeo in Galdo, un grosso borgo appenninico<br />

dell’alta valle del Fortore, in provincia di Benevento, l’11 maggio 1942. Nel paese campano Tani<br />

vive per oltre un anno, con la moglie e la figlia Luisa, facendo lezioni private.<br />

Rientrato ad <strong>Arezzo</strong> nei primi giorni dell’agosto 1943 dopo la caduta di Mussolini, Tani è fra i<br />

fondatori, il 2 settembre, del Comitato provinciale di concentrazione antifascista (CPCA), dove<br />

rappresenta la Democrazia cristiana e del quale viene acclamato presidente. Organizza la lotta al<br />

fascismo e tiene i contatti con Roma; il 9 settembre parla agli aretini in Piazza Guido Monaco.<br />

Dopo l’occupazione tedesca di <strong>Arezzo</strong>, avvenuta il 13 settembre 1943, Tani organizza la<br />

resistenza ed abbandona nuovamente la città. Trascorsi pochi mesi con la famiglia a Casenovole<br />

(nel territorio comunale di Anghiari, dove è parroco il fratello Giuseppe), nel gennaio 1944 si<br />

unisce agli uomini del maresciallo Zuddas, già comandante della stazione dei Carabinieri di<br />

Chiavaretto. La banda partigiana, attiva sul versante meridionale dell’Alpe di Catenaia, sarà detta<br />

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“Banda di Montauto” o “Banda Tani-Zuddas”. Nel mese di aprile - secondo alcuni compagni di<br />

lotta, testimoni in prima persona dei fatti - Tani, favorevolmente impressionato dall’uccisione del<br />

filosofo Giovanni Gentile da parte dei GAP di Firenze, promuove e partecipa ad un fallito attentato<br />

contro il matematico aretino Francesco Severi, accademico d’Italia. Nello stesso mese di aprile<br />

1944, amareggiato per l’esclusione dal CPCA, trasformatosi in Comitato provinciale di liberazione<br />

nazionale (CPLN), cerca di raggiungere il Pratomagno in mano ai partigiani fiorentini, ma la banda<br />

esce malconcia da uno scontro a fuoco con i tedeschi in prossimità de La Burraia.<br />

Sfiduciato e fisicamente provato dalla lunga permanenza in montagna, Tani si rifugia<br />

nuovamente a Casenovole dal fratello Giuseppe. A detta di molti testimoni (fra i quali la moglie<br />

Wanda), è attivamente ricercato dai nazifascisti per la sua instancabile attività politica e militare. Il<br />

30 maggio 1944 i due fratelli sono attirati in un tranello e catturati dalla Guardia nazionale<br />

repubblicana (GNR) insieme ad Aroldo Rossi, ventinovenne commerciante aretino; l’azione è<br />

condotta dal tenente Vecoli e dal maresciallo Abbatecola. Trasferiti al vicino castello di Montauto e<br />

poi in <strong>Arezzo</strong> al carcere di S. Bene<strong>detto</strong> la notte del 31 maggio, i tre vengono fatti oggetto di insulti,<br />

percosse, crudeltà e sevizie. Nel carcere aretino gli arrestati sono visitati dal vescovo della diocesi,<br />

Emanuele Mignone.<br />

Il 15 giugno 1944 i partigiani organizzano un’azione per far evadere i tre prigionieri, in attesa di<br />

essere tradotti davanti al Tribunale straordinario militare di Bologna. Ma il tentativo - attuato con la<br />

complicità di un secondino - fallisce e per rappresaglia i tre antifascisti vengono massacrati a<br />

raffiche di mitra nella loro cella da elementi della Guardia nazionale repubblicana. Nell’azione<br />

cadono anche due partigiani: il tenente belga Jean Mauritz Justin Meurat e Giuseppe Oddone,<br />

orefice della provincia di Alessandria.<br />

Le cinque salme sono trasportate nella chiesa di S. Domenico, di cui è parroco padre Raimondo<br />

Caprara e dove rimangono per ben otto giorni, nella materiale impossibilità di organizzare il<br />

funerale; possono essere tumulate dalla Confraternita della misericordia soltanto il giorno 24 giugno<br />

in forma semiclandestina, per precisa volontà del comando militare tedesco. <strong>Arezzo</strong> sarà liberata<br />

pochi giorni dopo, il 16 luglio 1944.<br />

Nel maggio del 1947, davanti alla Corte di Assise straordinaria di <strong>Arezzo</strong>, presieduta da<br />

Ferruccio Perfetti, si celebra il processo per i fatti del giugno 1944 (uccisione dei fratelli Tani e di<br />

Aroldo Rossi, fucilazione del partigiano Oddone, morte del partigiano Meurat, rastrellamento di<br />

trentasei giovani nella zona di Sansepolcro (AR) con uccisione di due fuggitivi), al quale prende<br />

parte anche l’On. Giovanni Leone (futuro presidente della repubblica) in qualità di avvocato di<br />

parte civile della famiglia Tani. Con sentenza del 21 maggio 1947, la corte di assise riconosce la<br />

colpevolezza degli otto imputati (un nono era nel frattempo deceduto) dell’uccisione dei fratelli<br />

Tani e di Aroldo Rossi, condannando il colonnello Girolamo Bacchetti di Bagno di Romagna (FO)<br />

e il capitano Giuseppe Fiorentino di Bari alla pena di morte e gli altri imputati a pene variabili fra i<br />

24 ed i 30 anni di reclusione. I condannati beneficiano di vari provvedimenti di condono, indulto ed<br />

amnistia: l’ultimo detenuto viene scarcerato il 27 ottobre 1955.<br />

Frattanto, con decreto del Presidente della Repubblica del 3 ottobre 1952, è stata conferita a<br />

Sante Tani la medaglia d’oro alla memoria al valor militare.<br />

Opere: S. <strong>TANI</strong>, Lettere dal carcere e dal confino (1942-1943), a cura di L. Berti, postfazione di A. Ducci, Milano,<br />

Angeli, 1999.<br />

Bibl.: S. <strong>TANI</strong>, Lettere dal carcere..., op. cit., pp. 105-107; A. CORADESCHI, Sante Tani e l’antifascismo<br />

cattolico, in Protagonisti del Novecento aretino, a cura di L. Berti, atti del ciclo di conferenze, <strong>Arezzo</strong>, 15 ottobre 1999-<br />

30 novembre 2000, Firenze, Olschki, 2004; A. CORADESCHI, Sante Tani (1904-1944). Il suo tempo e la sua storia,<br />

<strong>Arezzo</strong>, Frangipani, 2004.<br />

(L. Berti)<br />

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