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Stomaco e duodeno - Formatori Veneto

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Capitolo 8<br />

<strong>Stomaco</strong> e <strong>duodeno</strong><br />

R. Dionigi, F. Mosca, L. Dominioni, G. Dionigi<br />

Embriologia<br />

Lo stomaco si sviluppa dalla porzione caudale dell´intestino anteriore embrionale (Fig. 8.1). Esso è<br />

inizialmente costituito da una dilatazione fusiforme dell´intestino anteriore, le cui pareti sono<br />

destinate ad accrescersi in maniera diseguale; ciò porta alla formazione della grande curvatura<br />

dorsalmente e della piccola curvatura ventralmente. La cavità gastrica neoformata, unita<br />

inizialmente alla parete dorsale ed a quella ventrale tramite pieghe peritoneali (mesogastri), subisce<br />

quindi una duplice rotazione. Una prima rotazione, di circa 90° attorno all´asse longitudinale, ha la<br />

conseguenza di portare la piccola curva a destra e la grande curva a sinistra; a livello del cardias ciò<br />

determina il decorso anteriore del nervo vago sinistro e la disposizione posteriore del vago destro.<br />

Una seconda rotazione, attorno all´asse antero-posteriore, determina invece lo spostamento della<br />

regione pilorica verso l´alto e a destra. Dalla porzione caudale dell´intestino anteriore si sviluppa<br />

anche il <strong>duodeno</strong>, sotto forma di breve ansa a convessità anteriore che fa seguito alla cavità gastrica<br />

primitiva. In seguito alla rotazione dello stomaco e dell´intestino medio, la seconda porzione del<br />

<strong>duodeno</strong> si accolla alla parete addominale posteriore e il meso dorsale del <strong>duodeno</strong> si fonde con il<br />

peritoneo parietale posteriore, cosicché II, III e IV porzione del <strong>duodeno</strong> rimangono in posizione<br />

retroperitoneale.<br />

Fig. 8.1. Sviluppo dello stomaco, del <strong>duodeno</strong> e dell´intestino nell´embrione di 5 settimane. (1)<br />

Membrana pleuro-parietale; (2) esofago; (3) stomaco; (4) milza; (5) mesogastrio posteriore; (6)<br />

pancreas dorsale; (7) meso<strong>duodeno</strong>; (8) <strong>duodeno</strong>; (9) pancreas ventrale; (10) arteria mesenterica<br />

superiore; (11) mesentere dell´intestino medio; (12) allantoide; (13) cloaca; (14) cordone<br />

ombelicale; (15) dotto allantoideo; (16) dotto vitellino; (17) fegato; (18) mesogastrio anteriore<br />

1


Lo stomaco, lungo circa 25 cm (Fig. 8.2) viene suddiviso anatomicamente nelle seguenti parti:<br />

• il fondo, disposto superiormente e a sinistra della giunzione esofago‐gastrica;<br />

• il cardias, corrispondente alla giunzione esofago‐gastrica;<br />

• il corpo, che rappresenta la porzione maggiore dello stomaco, interposto tra il fondo e l´antro;<br />

• l´antro, porzione distale dello stomaco, che si estende dall´angulus della piccola curvatura sino al<br />

piloro;<br />

• il piloro, che rappresenta il confine tra lo stomaco e il <strong>duodeno</strong>.<br />

Fig. 8.2. Anatomia dello stomaco e del <strong>duodeno</strong>.<br />

Il rivestimento peritoneale dello stomaco si continua dalla piccola curvatura verso il fegato a costituire il<br />

legamento gastro‐epatico e dalla grande curvatura al colon a costituire il legamento gastro‐colico; questi<br />

due legamenti, unitamente alla parete posteriore dello stomaco, costituiscono la parte principale della<br />

parete anteriore della retrocavità degli epiploon.<br />

La parete gastrica (Fig. 8.3) è costituita da quattro strati fondamentali:<br />

• il rivestimento sieroso peritoneale;<br />

• lo strato muscolare, che presenta tre strati concentrici di fibre (dall´esterno verso l´interno:<br />

oblique, longitudinali e circolari);<br />

• la sottomucosa;<br />

• la muscularis mucosae;<br />

• la mucosa.<br />

2


Fig. 8.3. Rappresentazione schematica della struttura della parete dello stomaco. Nel dettaglio sono<br />

illustrati gli elementi costitutivi delle ghiandole del fondo gastrico (oxintiche) (da Gallone et al.: Manuale di<br />

fisiopatologia chirurgica. Masson, Milano, 1986, mod.).<br />

La mucosa gastrica viene suddivisa in tre aree istologicamente distinte:<br />

• la regione cardiale, che presenta le ghiandole cardiali a prevalente secrezione mucosa;<br />

• la regione del corpo‐fondo, o regione delle ghiandole oxintiche, che presenta ghiandole composte<br />

da cellule mucipare, cellule principali e cellule parietali (oxintiche); queste secernono<br />

rispettivamente muco, pepsinogeno I e II e HCl. Le cellule parietali producono anche il fattore<br />

intrinseco (Fig. 8.3). Il confine tra la regione del corpo e quella antrale è abbastanza netto, poiché la<br />

zona di transizione è rappresentata solo da 1‐2 cm di mucosa;<br />

• l´antro, che presenta le ghiandole piloriche, a prevalente secrezione mucosa, le cellule G che<br />

producono gastrina e le cellule principali che producono pepsinogeno II. Nella mucosa gastrica sono<br />

presenti anche le cellule enterochromaffin‐like (ECL). Le cellule ECL sono presenti anche in altri<br />

tratti del tubo digerente, nell´apparato respiratorio e genito‐urinario; da queste cellule possono<br />

originare i tumori carcinoidi.<br />

Il <strong>duodeno</strong>, lungo circa 30 cm, fissato alla parete posteriore dell´addome per i 3/4 distali, è mantenuto in<br />

sede dal legamento epato‐duodenale, dal peritoneo, dagli intimi rapporti con la testa del pancreas e dal<br />

legamento di Treitz. Viene suddiviso anatomicamente in 4 porzioni.<br />

• La I porzione (bulbo), situata anteriormente e a destra del corpo della I vertebra lombare, si<br />

estende dal piloro alla flessura, o ginocchio, superiore. In corrispondenza della I porzione il<br />

<strong>duodeno</strong> è rivestito anche posteriormente dal peritoneo del legamento epato‐duodenale, che<br />

congiuntamente al legamento epato‐gastrico costituisce il piccolo omento; gode quindi di una certa<br />

mobilità.<br />

• La II porzione (discendente) decorre verticalmente alla destra della II e III vertebra lombare e della<br />

testa del pancreas fino alla flessura inferiore. La radice del mesocolon trasverso la incrocia<br />

orizzontalmente, dividendola in una porzione sopramesocolica ed in una sottomesocolica. Lungo il<br />

margine mediale della porzione discendente, a circa 10 cm dal piloro, la mucosa duodenale<br />

presenta una piega longitudinale, terminante in basso con un rilievo denominato papilla duodenale<br />

3


maggiore, in corrispondenza della quale si aprono il dotto coledoco e il dotto di Wirsung,<br />

separatamente o fusi insieme a formare l´ampolla di Vater. La papilla duodenale minore, in<br />

corrispondenza della quale sbocca il dotto pancreatico accessorio, è localizzata circa 2‐3 cm al di<br />

sopra della papilla maggiore.<br />

• La III porzione (orizzontale), situata anteriormente al corpo della III o IV vertebra lombare, è<br />

incrociata posteriormente dalla vena cava e dall´aorta addominale, ed anteriormente dai vasi<br />

mesenterici.<br />

• La IV porzione (ascendente), continua direttamente la parte orizzontale, risalendo verso l´alto e<br />

verso sinistra fino alla flessura <strong>duodeno</strong>‐digiunale ed è tenuta in situ dal legamento di Treitz.<br />

La parete del <strong>duodeno</strong> è costituita da 5 strati concentrici. A partire dall´esterno verso l´interno si<br />

distinguono:<br />

• la tonaca sierosa, rappresentata dal peritoneo viscerale;<br />

• la tonaca muscolare, costituita da due strati concentrici di fibrocellule muscolari lisce (lo strato<br />

esterno a decorso longitudinale e quello interno a decorso circolare);<br />

• la tonaca sottomucosa, composta prevalentemente da fibre elastiche, tra le quali si localizzano i<br />

follicoli linfatici profondi e gli adenomeri delle ghiandole duodenali di Brunner, secernenti muco<br />

debolmente alcalino e pepsinogeno II. Queste ghiandole, particolarmente rappresentate nella parte<br />

superiore del <strong>duodeno</strong>, diminuiscono progressivamente di numero e dimensioni fino a scomparire<br />

in corrispondenza della flessura <strong>duodeno</strong>‐digiunale;<br />

• la muscularis mucosae;<br />

• la tonaca mucosa, costituita dall´epitelio e dalla lamina propria.<br />

La superficie della mucosa duodenale è liscia nella I porzione; nelle altre porzioni presenta pliche circolari<br />

permanenti, costituite da sollevamenti della sottomucosa, denominate valvole o pliche conniventi; la<br />

mucosa presenta inoltre i villi, il cui stroma connettivale è costituito da sollevamenti della lamina propria, la<br />

quale accoglie anche noduli linfatici isolati o raggruppati a placche.<br />

L´epitelio duodenale è composto da una popolazione cellulare eterogenea: gli enterociti rappresentano<br />

l´elemento cellulare prevalente; tra di essi si localizzano cellule mucipare caliciformi, linfociti, cellule a<br />

ciuffo (tuft cells) con funzione recettoriale, cellule di Paneth producenti lisozima e cellule del sistema<br />

endocrino diffuso.<br />

Vascolarizzazione<br />

Lo stomaco presenta una ricca rete vascolare arteriosa; le arterie originano dai rami del tronco celiaco e<br />

afferendo allo stomaco presentano vasi che decorrono lungo la piccola e la grande curvatura gastrica. I vasi<br />

arteriosi principali sono:<br />

• l´arteria gastrica sinistra (coronaria stomacica), che nasce direttamente dal tronco celiaco e<br />

decorre lungo la porzione superiore della piccola curvatura;<br />

4


• l´arteria gastrica destra (arteria pilorica), che origina o dall´arteria epatica comune o dall´arteria<br />

gastro‐duodenale e che decorre verso sinistra lungo la piccola curvatura, fino ad anastomizzarsi con<br />

l´arteria gastrica sinistra;<br />

• l´arteria gastro‐epiploica destra, ramo dell´arteria gastroduodenale, che decorre lungo la grande<br />

curvatura;<br />

• l´arteria gastro‐epiploica sinistra, ramo dell´arteria splenica, che decorre lungo la grande curvatura<br />

a livello del corpo gastrico, e si anastomizza con l´arteria gastro‐epiploica destra;<br />

• le arterie gastriche brevi, rami dell´arteria splenica, che irrorano il corpo‐fondo (Fig. 8.4).<br />

Le arterie che irrorano lo stomaco sono riccamente anastomizzate fra loro e con l´arteria splenica, con<br />

l´arteria epatica e con l´arteria mesenterica superiore, attraverso le arterie gastro‐duodenale e pancreatico‐<br />

duodenale. Questa rete anastomotica arteriosa contribuisce a spiegare la gravità dell´emorragia che si<br />

verifica nell´ulcera peptica sanguinante e nella gastrite emorragica. È assai difficile che si verifichi<br />

un´ischemia arteriosa totale dello stomaco, anche dopo legatura di rami principali quali l´arteria gastrica<br />

sinistra e le arterie gastriche brevi; ciò rende possibile eseguire interventi di tubulizzazione e di<br />

trasposizione a distanza dello stomaco dopo esofagectomia (per es. per confezionare un´anastomosi tra<br />

esofago cervicale e fondo gastrico).<br />

Fig. 8.4. Irrorazione arteriosa e innervazione vagale dello stomaco e del <strong>duodeno</strong>.<br />

Le vene gastriche sono satelliti delle rispettive arterie e comprendono:<br />

• la vena gastrica sinistra (coronarica stomacica), che drena nella vena porta, o più raramente nella<br />

vena splenica;<br />

• la vena gastrica destra (pilorica), che è afferente diretta della vena porta o più raramente della<br />

vena mesenterica superiore;<br />

• la vena gastro‐epiploica destra che drena nella vena porta;<br />

5


• la vena gastro‐epiploica sinistra, che drena nella vena splenica;<br />

• le vene gastriche brevi, che drenano nella vena gastro‐epiploica sinistra o direttamente nella vena<br />

splenica.<br />

In corso di ipertensione portale le vene del fondo gastrico costituiscono un importante crocevia<br />

anastomotico tra il sistema venoso portale e quello sistemico, mediante anastomosi tra le vene esofagee<br />

inferiori (afferenti alla vena cava) e la vena gastrica sinistra, le vene gastriche brevi e la vena splenica<br />

(afferenti alla vena porta).<br />

L´irrorazione arteriosa del <strong>duodeno</strong> è costituita dalle arterie pancreatico‐duodenali, superiore (ramo<br />

dell´arteria gastroduodenale) e inferiore (ramo dell´arteria mesenterica superiore), anastomizzate tra loro a<br />

formare l´arcata pancreatico duodenale.<br />

Le vene duodenali sono satelliti delle rispettive arterie e drenano nella vena mesenterica superiore e nella<br />

vena porta.<br />

Drenaggio linfatico<br />

Le vie linfatiche di drenaggio dello stomaco sono di notevole interesse chirurgico, soprattutto in relazione<br />

alla metastatizzazione linfonodale del cancro gastrico ed alla estensione della linfoadenectomia nella<br />

terapia chirurgica di tale neoplasia.<br />

Secondo la classificazione della Japanese Research Society for Gastric Cancer, attualmente la più seguita, si<br />

distinguono tre livelli di stazioni linfonodali di drenaggio gastrico (Tab. 8.1; Fig. 8.5): I livello, a ridosso dello<br />

stomaco, lungo la piccola e la grande curvatura e attorno al cardias e al piloro; II livello, satelliti delle arterie<br />

gastrica sinistra, epatica, splenica e del tronco celiaco; III livello, a distanza dallo stomaco (paraortiche,<br />

diaframmatiche, ecc.).<br />

I linfatici del <strong>duodeno</strong> drenano nelle linfoghiandole che drenano anche il pancreas e sono descritti in<br />

dettaglio nel Capitolo 14, Pancreas.<br />

Fig. 8.5. Vie linfatiche di drenaggio dello stomaco. (1) Linfonodi pericardiali; (2) linfonodi della piccola curva;<br />

(3) linfonodi della grande curva; (4) linfonodi pilorici; (5) linfonodi dell´arteria gastrica sin.; (6) linfonodi<br />

dell´arteria epatica; (7) linfonodi del tronco celiaco; (8) linfonodi dell´ilo splenico; (9) linfonodi dell´arteria<br />

splenica. Queste stazioni linfonodali rappresentano il drenaggio linfatico di I e II livello (vedi Tab. 8.1).<br />

6


Tab. 8.1. Stazioni linfonodali gastriche.<br />

I livello II livello III livello<br />

Pericardiali destre e<br />

sinistre<br />

Lungo la piccola curvatura<br />

Lungo la grande curvatura<br />

Soprapiloriche<br />

Sottopiloriche<br />

Arteria gastrica sinistra<br />

Arteria epatica<br />

Tronco celiaco<br />

Ilo splenico<br />

Arteria splenica<br />

Legamento epato‐duodenale<br />

Retropancreatiche<br />

Radice del mesentere<br />

Arteria colica media<br />

Paraaortiche<br />

Periesofagee inferiori<br />

Diaframmatiche<br />

Innervazione<br />

Lo stomaco e il <strong>duodeno</strong> sono innervati dal sistema nervoso simpatico e parasimpatico. L´innervazione<br />

simpatica gastrica origina prevalentemente dal ganglio celiaco.<br />

L´innervazione parasimpatica è fornita dal nervo vago (Fig. 8.4). I nervi vaghi sono costituiti da due tronchi<br />

che originano dal plesso vagale esofageo a livello dell´esofago distale e sono ampiamente interconnessi. Il<br />

tronco vagale anteriore origina prevalentemente dal vago sinistro, il tronco posteriore origina dal vago<br />

destro. Dal nervo vago sinistro (anteriore) origina il ramo epatico, cranialmente rispetto al cardias; il vago<br />

anteriore si continua quindi lungo la piccola curvatura, decorrendo nel piccolo omento, ad una distanza di<br />

circa 1 cm dallo stomaco (nervo di Latarjet) ed invia rami a raggiera lungo la piccola curvatura, terminando<br />

a livello antrale, dove si sfiocca a zampa d´oca. Il nervo vago posteriore presenta un ramo celiaco e un ramo<br />

principale posteriore (nervo di Latarjet posteriore).<br />

Il sistema parasimpatico, tramite i nervi vaghi, esercita un importante controllo dell´attività motoria e<br />

secretoria dello stomaco e del <strong>duodeno</strong>; la stimolazione vagale eccita la secrezione acido‐peptica, la<br />

motilità gastrica e l´increzione di gastrina.<br />

Il sistema simpatico (nervi splancnici) svolge una funzione antagonista al parasimpatico e di regolazione<br />

dell´attività vasomotoria gastrica; i nervi simpatici provenienti dal plesso celiaco decorrono come satelliti<br />

delle arterie afferenti allo stomaco.<br />

L´innervazione del <strong>duodeno</strong> è costituita da fibre originanti dal plesso celiaco, che decorrono satelliti dalle<br />

arterie pancreatico‐duodenali, superiore e inferiore. Le fibre nervose afferenti che propagano lo stimolo<br />

dolorifico a partenza gastrica e duodenale decorrono nei nervi splancnici.<br />

La proiezione del dolore gastrico è a livello epigastrico e dell´ipocondrio di sinistra per la porzione del fondo<br />

e del corpo; la proiezione del dolore per la porzione antropilorica dello stomaco e per il bulbo duodenale è<br />

in epigastrio‐ipocondrio destro.<br />

Fisiologia<br />

Lo stomaco svolge numerose ed importanti funzioni:<br />

7


• funge da reservoir per gli alimenti provenienti dall´esofago, consentendo di ingerire quantità anche<br />

copiose di cibo;<br />

• determina il rimescolamento e la progressione verso il <strong>duodeno</strong> del bolo alimentare, commisto al<br />

succo gastrico;<br />

• inizia la digestione delle proteine e dei carboidrati, tramite i pepsinogeni I e II e l´HCl secreto;<br />

• ha funzione di assorbimento di alcune sostanze;<br />

• svolge attività di secrezione endocrina.<br />

Nel <strong>duodeno</strong> si riversano le secrezioni bilio‐pancreatiche e si realizzano le condizioni di ambiente alcalino<br />

ad elevata concentrazione di enzimi idonee alla digestione di proteine, grassi e carboidrati. Il <strong>duodeno</strong> ha<br />

pure funzioni di assorbimento e di secrezione endocrina.<br />

Dal punto di vista chirurgico gli aspetti importanti della fisiologia dello stomaco e del <strong>duodeno</strong> sono:<br />

• la secrezione acido‐peptica gastrica;<br />

• la secrezione ormonale;<br />

• la motilità;<br />

• la digestione.<br />

Secrezione acido­peptica gastrica<br />

La mucosa gastrica secerne quotidianamente una quantità variabile tra 500 e 3000 ml di succo gastrico.<br />

Esso è costituito da muco, acqua, elettroliti (tra cui prevalgono H + e Cl − ), pepsinogeni I e II e fattore<br />

intrinseco; il succo gastrico contribuisce in modo determinante a due importanti funzioni: la barriera acida<br />

gastrica e la digestione.<br />

L´attività secretoria dello stomaco è regolata da meccanismi di stimolazione e di inibizione.<br />

Il muco viene secreto dalle cellule mucose superficiali antrali e fundiche, dalle ghiandole della regione<br />

pilorica e dalle cellule mucose del colletto delle ghiandole di tutto lo stomaco.<br />

L´HCl viene secreto dalle cellule parietali delle ghiandole del corpo gastrico, sotto controllo nervoso (nervo<br />

vago) e ormonale (gastrina). La stimolazione del nervo vago determina produzione di HCl direttamente da<br />

parte delle cellule oxintiche delle ghiandole fundiche; inoltre essa induce le cellule G antrali a liberare<br />

gastrina, che a sua volta stimola le cellule oxintiche a produrre HCl.<br />

L´importanza dell´integrità dell´innervazione vagale dello stomaco nel controllare la secrezione acida è<br />

documentata dalla netta riduzione (> 70%) dopo vagotomia della produzione di HCl in risposta al test di<br />

stimolazione con pentagastrina (farmaco gastrinosimile dotato di scarsi effetti collaterali, somministrabile<br />

sottocute) e al test con istamina.<br />

L´istamina esercita un potente effetto stimolante sulla secrezione acida, mediato da H2‐recettori delle<br />

cellule acido‐secernenti. Vi sono inoltre altri fattori che possono stimolare l´attività secretoria acida<br />

gastrica; tra questi ricordiamo l´ipoglicemia e la somministrazione di insulina (mediata dall´ipoglicemia che<br />

ne consegue), l´alcool e la caffeina; questi ultimi agiscono direttamente sulla mucosa.<br />

La secrezione acida viene inibita dal Gastric Inhibitory Peptide (GIP) e da altri ormoni prodotti dalla mucosa<br />

duodenale e intestinale. La quantità globale di HCl secreto in condizioni di stimolazione massimale è<br />

proporzionale al numero delle cellule parietali presenti nello stomaco; ciò spiega l´effetto di riduzione netta<br />

della secrezione di HCl che si ottiene con la gastroresezione.<br />

8


La stimolazione della secrezione acida gastrica avviene in tre fasi distinte: cefalica, gastrica e intestinale,<br />

combinate fra loro.<br />

Nella fase cefalica le fibre vagali eccitate da stimolazioni visive, olfattive o ideative stimolano le cellule<br />

parietali, le cellule principali e le cellule antrali a secernere rispettivamente HCl, pepsinogeni e gastrina.<br />

Questa fase è responsabile di circa il 10% della secrezione di HCl.<br />

La fase gastrica è costituita dalla secrezione di HCl determinata dall´ingresso del bolo alimentare nello<br />

stomaco; è probabilmente mediata dalla liberazione di gastrina, che a sua volta stimola la secrezione acida<br />

da parte delle cellule parietali.<br />

La fase intestinale della secrezione di HCl è attribuibile alla gastrina intestinale, ma è notevolmente<br />

inferiore come importanza rispetto alla fase cefalica e gastrica.<br />

L´inibizione della secrezione acida comprende anch´essa tre fasi: una fase cerebrale in cui la stimolazione<br />

vagale cerebrale, visiva od olfattiva diminuisce; una fase antrale in cui la diminuzione del pH nell´antro<br />

determina inibizione della liberazione di gastrina; una fase intestinale, in cui la distensione dell´intestino<br />

tenue determinata dagli alimenti evoca un riflesso inibitorio.<br />

I grassi, i carboidrati e l´acidità nel <strong>duodeno</strong> inibiscono la secrezione acida e di pepsinogeni oltre che la<br />

motilità gastrica, tramite la secrezione di GIP e CCK.<br />

La valutazione della secrezione acida gastrica (vedi oltre) si esegue mediante aspirazione del succo gastrico<br />

a digiuno in condizioni basali (BAO, Basal Acid Output) e dopo stimolazione (MAO, Maximal Acid Output;<br />

PAO, Peak Acid Output;); è un test importante per la diagnosi della sindrome di Zollinger‐Ellison e degli<br />

ipergastrinismi.<br />

Secrezione ormonale<br />

Nello stomaco e nel <strong>duodeno</strong> vengono secreti numerosi ormoni, con molteplici effetti sulla secrezione<br />

gastrica, biliare e pancreatica, sulla motilità gastro‐intestinale, sul metabolismo e sull´increzione di altri<br />

ormoni.<br />

• La gastrina, ormone di cui si conoscono diverse forme molecolari, da 14 a 68 aminoacidi, è secreta<br />

dalla mucosa antrale, dalla mucosa duodenale, e in piccolissime quantità dalla mucosa<br />

dell´intestino tenue. La gastrina esercita una stimolazione potente dell´attività di secrezione di HCl<br />

da parte delle cellule oxintiche e determina anche aumento della motilità dell´antro.<br />

Si possono eseguire prove di stimolazione dell´increzione gastrinica mediante pasto standard,<br />

mediante ipoglicemia indotta con insulina o mediante somministrazione di calcio. Vi sono anche<br />

test di inibizione dell´increzione gastrinica, mediante somministrazione di secretina o di glucagone.<br />

9


La determinazione della concentrazione plasmatica di gastrina a digiuno (v.n.: < 200 pg/ml) è<br />

importante per la valutazione delle sindromi da ipergastrinemia.<br />

• La secretina, liberata dalle cellule endocrine situate nel <strong>duodeno</strong> e nella prima parte dell´intestino<br />

tenue in risposta al passaggio di chimo acido e acidi grassi liberi nel <strong>duodeno</strong>, induce la secrezione<br />

di succo pancreatico acquoso e ricco di bicarbonati, diminuisce la secrezione acida gastrica e<br />

potenzia l´azione della colecistochinina‐pancreozimina (CCK‐PZ).<br />

• La CCK‐PZ, secreta dalla mucosa del <strong>duodeno</strong> e della prima parte del tenue in risposta alla presenza<br />

di acidi grassi, peptidi, calcio e idrogenioni nel lume duodenale, inibisce lo svuotamento gastrico;<br />

induce contrazione della cistifellea e secrezione di succo pancreatico ricco di enzimi digestivi;<br />

incrementa l´azione della secretina sulla secrezione di succo pancreatico alcalinico e induce<br />

secrezione di glucagone.<br />

• Il GIP è secreto dalla mucosa del <strong>duodeno</strong> e del digiuno in risposta alla presenza di glucosio e grassi<br />

nel lume duodenale. Esso induce la secrezione di insulina agendo da stimolatore sulle cellule β del<br />

tubo digerente; inoltre riduce la motilità e l´attività secretoria dello stomaco.<br />

• Il VIP viene prodotto da cellule endocrine dello stomaco, del <strong>duodeno</strong> e del primo tratto del tenue<br />

in risposta a stimoli non noti.<br />

Esso stimola la secrezione intestinale di elettroliti ed acqua, inibisce la secrezione acida e la motilità<br />

dello stomaco e induce vasodilatazione periferica.<br />

• La motilina è un polipeptide estraibile dalla mucosa duodenale che stimola la muscolatura liscia<br />

intestinale.<br />

• La bombesina, secreta dallo stomaco e in minor parte dal <strong>duodeno</strong> e dal rimanente tubo digerente,<br />

induce un aumento della increzione gastrinica e della motilità dell´intestino tenue e delle vie biliari.<br />

• La somatostatina, isolata originariamente dall´ipotalamo ma identificata successivamente anche a<br />

livello del pancreas, della mucosa dello stomaco, del <strong>duodeno</strong> e dell´intestino, inibisce l´attività del<br />

pancreas esocrino, la secrezione e la motilità dello stomaco, l´increzione di secretina, GIP, VIP e<br />

motilina.<br />

• La sostanza P è reperibile nelle cellule nervose e in cellule endocrine della mucosa del tubo<br />

digerente, anche se non è stata tuttora riscontrata in circolo. Essa indurrebbe un aumento della<br />

motilità intestinale.<br />

• L´enteroglucagone è secreto dalla mucosa gastrica e dal rimanente tubo digerente in risposta alla<br />

presenza di peptidi ed aminoacidi nel lume; per tale ragione il glucagone è dosabile nel plasma<br />

anche dopo pancreasectomia totale.<br />

Motilità<br />

Le varie parti dello stomaco hanno compiti diversi.<br />

10


Il fondo e il corpo gastrico hanno funzione di réservoir e contribuiscono attivamente alla progressione del<br />

bolo alimentare mediante contrazioni toniche prolungate.<br />

All´ingresso del bolo alimentare nello stomaco avviene un rilasciamento della parete gastrica, cosicché il<br />

volume endoluminale può aumentare notevolmente, senza che si verifichi un aumento cospicuo della<br />

pressione intragastrica.<br />

È stato localizzato un pace‐maker della motilità gastrica a livello del corpo dello stomaco, lungo la grande<br />

curvatura. Il pace‐maker genera potenziali con una frequenza di circa 3 cicli/min che progrediscono sia<br />

circonferenzialmente sia distalmente ed aumentano sia in ampiezza sia in velocità avvicinandosi al piloro.<br />

Questi potenziali scatenano contrazioni peristaltiche nella parte distale del corpo e dell´antro e<br />

determinano il rimescolamento e la frammentazione degli alimenti solidi fintanto che questi vengono<br />

ridotti a particelle di pochi mm di grandezza.<br />

Lo sfintere pilorico si apre periodicamente per consentire il passaggio dei liquidi e di piccoli boli semisolidi.<br />

Subito dopo il passaggio di tali boli, il piloro si chiude e impedisce il reflusso dal <strong>duodeno</strong>. Con ogni onda<br />

peristaltica avviene il passaggio in <strong>duodeno</strong> di circa 5 ml di chimo.<br />

La facilità e la rapidità di svuotamento dello stomaco sono direttamente proporzionali alla fluidità del<br />

chimo.<br />

L´antro, il piloro e la prima porzione duodenale funzionano in modo coordinato, cosicché la loro<br />

contrazione successiva determina la progressione del bolo alimentare. Il rigurgito dal <strong>duodeno</strong> viene in<br />

larga parte impedito dal fatto che le contrazioni del piloro sono un poco più prolungate di quelle del<br />

<strong>duodeno</strong>.<br />

I recettori duodenali diminuiscono la velocità dello svuotamento gastrico mediante controllo neuro‐<br />

ormonale, rallentando la motilità dello stomaco. Lo svuotamento gastrico è regolato da molti fattori, quali il<br />

tono vagale, la distensione del <strong>duodeno</strong>, l´osmolarità e l´acidità del chimo che giunge in <strong>duodeno</strong>, il<br />

contenuto proteico e lipidico del chimo, il grado di continenza dello sfintere pilorico.<br />

La velocità di svuotamento gastrico dipende in larga parte dalla natura del cibo ingerito. Una composizione<br />

del cibo ricca di carboidrati determina un rapido svuotamento gastrico, mentre più lento è lo svuotamento<br />

in caso di alimentazione ricca di proteine e ancora più rallentato è lo svuotamento in caso di ingestione di<br />

grassi.<br />

L´ingresso del chimo in <strong>duodeno</strong> determina il riflesso enterogastrico, caratterizzato da una diminuzione<br />

della motilità gastrica; tale riflesso ha una componente meccanica, da distensione della parete duodenale,<br />

e una componente ormonale determinata dalla secrezione di GIP. Vi sono inoltre altri fattori che regolano<br />

lo svuotamento dello stomaco:<br />

• i liquidi vengono svuotati più rapidamente (circa 15 min);<br />

• i solidi digeribili più lentamente (1/2 ora‐2 ore dipendentemente dalla composizione);<br />

• i cibi non digeribili (per es. fibre) solo dopo molte ore.<br />

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Hanno effetto frenante lo svuotamento gastrico i grassi che, giunti a contatto del <strong>duodeno</strong>, determinano<br />

inibizione vagale e stimolazione della increzione degli ormoni inibenti la motilità gastrica (CCK e secretina).<br />

La vagotomia tronculare e la vagotomia selettiva gastrica (vedi oltre) determinano rallentamento dello<br />

svuotamento dei solidi dallo stomaco per diminuzione della peristalsi gastrica e per diminuito rilasciamento<br />

dello sfintere pilorico. L´attività elettrica e motoria del <strong>duodeno</strong> è coordinata con quella dell´antro gastrico<br />

e del piloro.<br />

La coordinazione antro‐duodenale consiste nell´insorgenza di brevi salve di 1‐3 contrazioni duodenali in<br />

corrispondenza di una contrazione antrale. Il meccanismo di coordinazione è controllato da un pace‐maker<br />

gastrico, mentre le contrazioni duodenali all´interno di ogni sequenza dipendono da un pace‐maker<br />

duodenale.<br />

L´interruzione dell´innervazione estrinseca di stomaco e <strong>duodeno</strong> (vagotomia) non comporta alterazioni del<br />

meccanismo di coordinazione; fondamentale per il mantenimento di questa coordinazione appare invece<br />

l´integrità della regione pilorica.<br />

La coordinazione antro‐duodenale serve a regolare lo svuotamento gastrico, limitando il volume evacuato<br />

dallo stomaco, e a impedire il reflusso gastro‐duodenale.<br />

Digestione<br />

Nello stomaco si esplica una fase importante della digestione, ad opera del succo gastrico contenente HCl<br />

ed enzimi quali i pepsinogeni, la gelatinasi e la lipasi gastrica.<br />

• I pepsinogeni, secreti come proenzimi inattivi, nell´ambiente acidogastrico si trasformano in<br />

pepsine; queste ultime determinano la scissione dei legami peptidici delle proteine, dando luogo<br />

alla formazione di peptidi di basso peso molecolare (peptoni). L´azione proteolitica delle pepsine è<br />

assai importante ma non essenziale, in quanto può essere vicariata da quella degli enzimi<br />

proteolitici secreti dal pancreas e dagli enterociti.<br />

• La gelatinasi determina la liquefazione della gelatina.<br />

• La lipasi gastrica ha attività lipolitica di modesta entità; la digestione dei lipidi inizia invece in modo<br />

massivo nel <strong>duodeno</strong>, ad opera della lipasi pancreatica, il più importante enzima lipolitico.<br />

La digestione degli zuccheri si interrompe temporaneamente a livello gastrico, poiché il pH acido non è<br />

ottimale per l´attività della ptialina (α‐amilasi) secreta con la saliva; la digestione degli zuccheri continua<br />

nell´ambiente duodenale ed intestinale, ad un pH più elevato, ad opera dell´amilasi pancreatica.<br />

L´HCl secreto dallo stomaco è importante ai fini digestivi non solo perché determina il pH acido<br />

essenziale per l´attivazione del pepsinogeno in pepsina, ma anche perché riduce il ferro trivalente (ione<br />

ferrico) in ferro bivalente (ione ferroso), così che questo può essere assorbito in modo molto più efficiente,<br />

nella forma ridotta, da parte della mucosa duodenale e digiunale.<br />

La produzione di secrezioni a livello del <strong>duodeno</strong> è volumetricamente scarsa, essendo limitata quasi<br />

esclusivamente al secreto delle ghiandole di Brunner. Questo, che non supera i 5 ml/ora durante i pasti, è<br />

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appresentato da un liquido viscoso debolmente alcalino che contiene enzimi digestivi (enterochinasi,<br />

glucoamilasi, aminopeptidasi) in grado di indurre l´attivazione del tripsinogeno prodotto dal pancreas e la<br />

scissione di polisaccaridi e polipeptidi. La produzione del succo duodenale è regolata con meccanismo<br />

ormonale: la gastrina, la secretina e la CCK‐PZ sono in grado infatti di stimolare la secrezione delle<br />

ghiandole di Brunner.<br />

Il succo secreto dal <strong>duodeno</strong> comunque svolge una funzione digestiva piuttosto modesta; la sua azione<br />

principale è quella di proteggere la mucosa duodenale dall´acidità del chimo e di preparare un ambiente<br />

idoneo all´azione degli enzimi digestivi.<br />

A livello della seconda porzione confluiscono nel <strong>duodeno</strong> il succo pancreatico e la bile. I costituenti alcalini<br />

del succo pancreatico neutralizzano l´acidità gastrica, mentre gli enzimi digestivi in esso contenuti (amilasi,<br />

tripsina, lipasi, carbossipeptidasi, elastasi, fosfolipasi, ribonucleasi, desossiribonucleasi, ecc.) provvedono<br />

alla scissione idrolitica dei glucidi, dei peptidi, dei lipidi e di altre macromolecole organiche.<br />

Anche la bile, alcalina, contribuisce alla neutralizzazione dell´acidità gastrica. I sali biliari esercitano azione<br />

emulsionante sui lipidi, favorendone la digestione enzimatica (attivando la lipasi intestinale) e<br />

l´assorbimento a livello del tenue.<br />

Altre funzioni<br />

A livello gastrico avviene l´assorbimento diretto di alcune sostanze quali l´acqua, l´alcool etilico e alcuni<br />

farmaci.<br />

Nel <strong>duodeno</strong> si compie l´assorbimento di monosaccaridi, di numerosi farmaci e del ferro.<br />

Oltre alle funzioni sopra descritte, lo stomaco ha quella di controllo della crescita dei batteri presenti negli<br />

alimenti; questi vengono infatti per la maggior parte uccisi dall´acidità del succo gastrico.<br />

La flora microbica gastrica (inferiore a 1000 batteri/ml di succo gastrico) è costituita dalle specie più acido<br />

resistenti, cioè Gram+ (streptococchi), lactobacilli, anaerobi quali il peptostreptococco e il Fusobacterium,<br />

ed alcuni miceti. L´aumento del pH gastrico, quale si verifica in corso di ipoacloridria, gastrite atrofica,<br />

terapia con farmaci anti‐H2‐recettori e dopo gastroresezione, determina un aumento della microflora<br />

gastrica; questo fenomeno può talora avere implicazioni cliniche importanti, poiché può condurre ad un<br />

aumento delle infezioni (gastro‐intestinali e a distanza) e può determinare la formazione di nitrosamine<br />

cancerogene.<br />

Le cellule parietali della mucosa gastrica secernono il fattore intrinseco, necessario per l´assorbimento<br />

della vitamina B12 che avviene prevalentemente nell´ileo terminale. La secrezione di fattore intrinseco è<br />

correlata a quella di acido cloridrico; nella ipocloridria infatti vi è anche diminuzione della secrezione di<br />

fattore intrinseco, che tuttavia è sufficiente per impedire l´insorgenza di anemia perniciosa.<br />

Esami di laboratorio<br />

e strumentali<br />

13


Il ricorso ad esami di laboratorio e ad indagini strumentali è indispensabile per accertare la diagnosi,<br />

formulare la prognosi e guidare la condotta terapeutica delle malattie dello stomaco e del <strong>duodeno</strong>.<br />

Le metodiche più importanti per lo studio delle malattie gastro‐duodenali sono:<br />

• l´endoscopia digestiva, con le metodiche ad essa associate (biopsia endoscopica, cromoendoscopia,<br />

endoscopia operativa, ecografia endoscopica);<br />

• l´esame radiologico del primo tratto del tubo digerente con pasto radiopaco;<br />

• la valutazione dell´attività secretoria gastrica;<br />

• il dosaggio della gastrinemia.<br />

• La ricerca del sangue occulto nelle feci è un esame aspecifico ma utile in fase diagnostica iniziale; la<br />

positività del test è indice di stillicidio ematico nel tubo digerente. Lo stomaco e il <strong>duodeno</strong> sono tra<br />

le sedi più frequenti di sanguinamento.<br />

• L´ecografia e la TC dell´addome sono da considerarsi quasi sempre accertamenti di seconda istanza,<br />

utili per definire la natura di neoformazioni che determinano compressione estrinseca a carico<br />

dello stomaco e del <strong>duodeno</strong> e per valutare l´eventuale coinvolgimento di altri organi addominali<br />

da parte di una patologia primitiva gastro‐duodenale (per es. metastasi epatiche di neoplasia<br />

gastrica).<br />

• L´arteriografia selettiva del tronco celiaco e dell´arteria mesenterica superiore può essere talora<br />

utilizzata per identificare la sede del sanguinamento nel caso di emorragia digestiva in atto; è un<br />

esame radiologico impiegato raramente, che è stato sostituito nella maggior parte dei casi<br />

dall´esame endoscopico.<br />

Quest´ultimo richiede tempi di esecuzione più brevi e una tecnica più semplice; in condizioni di emergenza<br />

può essere eseguito anche in sala operatoria.<br />

Esame endoscopico<br />

L´endoscopio a fibre ottiche permette di esaminare il primo tratto del tubo digerente in modo semplice,<br />

non rischioso e rapido, effettuando una esofago‐gastro‐<strong>duodeno</strong>scopia (EGDS). L´endoscopia raggiunge<br />

livelli di sensibilità e specificità diagnostica assai prossimi al 100% per quanto concerne la maggior parte<br />

delle patologie gastro‐duodenali; essa consente infatti la visione diretta della mucosa e delle eventuali<br />

lesioni presenti e l´esecuzione di prelievi bioptici. L´endoscopia rappresenta attualmente la metodica<br />

diagnostica d´elezione per lo studio delle affezioni organiche dello stomaco e del <strong>duodeno</strong>.<br />

La durata media dell´esame è di pochi minuti e l´unica controindicazione è la presunta o documentata<br />

perforazione del tratto in esame. L´endoscopia consente di individuare alcune lesioni mucose gastro‐<br />

duodenali non identificabili radiologicamente, quali le aree di gastrite, le erosioni mucose e l´early gastric<br />

cancer.<br />

La cromoendoscopia consiste nell´irrigazione della mucosa con sostanze coloranti, quali il liquido di Lugol, il<br />

blu di metilene o il blu di toluidina, in corso di esame endoscopico; ciò consente di individuare condizioni<br />

precancerose (per es. metaplasia intestinale), altrimenti poco visibili alla normale osservazione.<br />

La cromoendoscopia è utile: nel follow‐up delle gastriti atrofiche e della gastropatia ipertrofica, condizione<br />

a rischio per lo sviluppo di neoplasie; nella ricerca di aree di trasformazione neoplastica nel contesto di<br />

14


neoformazioni benigne; nella diagnosi precoce dell´early gastric cancer e dei tumori gastrici a diffusione<br />

superficiale.<br />

L´esame endoscopico è unanimemente considerato la metodica di elezione per:<br />

• la diagnosi dell´ulcera peptica gastro‐duodenale;<br />

• la diagnosi delle neoplasie gastriche, duodenali e della papilla di Vater;<br />

• la valutazione delle condizioni del moncone gastrico nei gastroresecati;<br />

• la verifica della guarigione delle ulcere dopo terapia medica;<br />

• il monitoraggio delle lesioni gastro‐duodenali a rischio.<br />

Tutte le lesioni proliferative e le ulcere gastriche identificate all´endoscopia o all´esame radiologico, anche<br />

se con apparenti caratteri di benignità, richiedono l´esecuzione di biopsie seriate ed eventualmente la<br />

raccolta, sotto guida endoscopica, di uno o più campioni citologici tramite brushing (spazzolamento).<br />

L´esame endoscopico è in grado di chiarire rapidamente e con certezza nel 70‐80% dei casi la sede e la<br />

natura di un sanguinamento del primo tratto del tubo digerente; l´endoscopia inoltre può essere ripetuta,<br />

se necessario, durante la preparazione del paziente all´intervento chirurgico, o addirittura nel corso<br />

dell´intervento stesso. Ulteriori indicazioni all´esame endoscopico sono rappresentate dal sospetto di<br />

occlusione a livello gastro‐duodenale (ipertrofia pilorica, stenosi pilorica cicatriziale o neoplastica, neoplasia<br />

o compressione estrinseca del <strong>duodeno</strong>, neoplasia gastrica antrale, bezoar, ecc.), dall´ingestione di corpi<br />

estranei, dalla valutazione delle varici esofagee e del fondo gastrico in pazienti con ipertensione portale.<br />

Al vantaggio in campo diagnostico, l´endoscopia unisce le potenzialità terapeutiche (endoscopia operativa)<br />

(Fig. 8.6): scleroterapia e legatura delle varici esofagee e del fondo gastrico, rimozione di corpi estranei,<br />

polipectomia endoscopica, dilatazione in sede di stenosi, diatermocoagulazione di lesioni sanguinanti.<br />

La recente introduzione dell´ecografia endoscopica ha fornito l´opportunità di studiare con un unico esame<br />

le parete dei visceri cavi e gli organi contigui; nello stomaco e nel <strong>duodeno</strong> tale metodica risulta utile per la<br />

valutazione delle neoplasie infiltranti a sviluppo sottomucoso, per la misurazione della profondità delle<br />

ulcere e per l´individuazione della diffusione neoplastica ai linfonodi loco‐regionali.<br />

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Fig. 8.6. Campi di applicazione della gastro‐<strong>duodeno</strong>scopia.<br />

Esame radiologico<br />

con mezzo di contrasto radiopaco<br />

La valutazione radiologica dello stomaco e del <strong>duodeno</strong> con mezzo di contrasto è utile per evidenziare le<br />

lesioni che ne modificano la morfologia, il disegno plicale, la motilità e il tempo di svuotamento.<br />

Di regola il mezzo di contrasto impiegato è una sospensione di bario; più raramente, quando vi è il rischio di<br />

fuoriuscita del contrasto dal tubo digerente (fistola, deiscenza anastomosi, ecc.), viene utilizzato un mezzo<br />

di contrasto idrosolubile (Gastrografin).<br />

Alterazioni superficiali o di piccole dimensioni possono non risultare visibili anche con il ricorso alla<br />

metodica del doppio contrasto radiologico e gassoso: è il caso delle piccole erosioni mucose conseguenti a<br />

gastrite acuta erosiva, delle lesioni proliferative di piccole dimensioni e limitate alla mucosa come l´early<br />

gastric cancer, e delle lesioni precancerose come la gastrite atrofica o la metaplasia intestinale.<br />

Le gastriti superficiali e la gastrite atrofica spesso si evidenziano radiologicamente solo tramite segni<br />

indiretti ed aspecifici: iperperistaltismo e alterazioni dello svuotamento dello stomaco. Alcune gastriti, quali<br />

la gastropatia ipertrofica e la malattia di Ménétrier, si distinguono per la presenza di pliche mucose giganti,<br />

di aspetto cerebriforme, in grado di simulare veri e propri difetti di riempimento. Nell´atrofia gastrica<br />

invece la mucosa appare liscia e priva di pliche.<br />

Le duodeniti si accompagnano talvolta alla presenza di pliche mucose duodenali ispessite ed a decorso<br />

tortuoso, ma spesso l´unico segno radiologico è una discinesia del bulbo associata a spasmo del piloro.<br />

16


Per quanto concerne le patologie funzionali dello stomaco e del <strong>duodeno</strong>, l´esame radiologico è utile per<br />

evidenziare la continenza dello sfintere cardiale, il funzionamento dello sfintere pilorico e le modalità di<br />

svuotamento dello stomaco. L´esame radiologico rende possibile individuare l´80‐90% delle ulcere gastro‐<br />

duodenali riscontrabili in endoscopia (Figg. 8.7, 8.8).<br />

Fig. 8.7. Esame dello stomaco‐<strong>duodeno</strong> con pasto opaco baritato. Ulcera duodenale evidente come<br />

immagine di "plus", con pliche convergenti a raggiera della mucosa circostante; deformazione del bulbo.<br />

Il riscontro di un´ulcera gastrica con caratteri radiologici di benignità non può tuttavia essere sufficiente<br />

per porre diagnosi di ulcera peptica benigna; si deve sempre eseguire una gastroscopia con prelievi bioptici<br />

dei margini dell´ulcera, per escluderne la natura maligna. Se l´esame radiologico con mezzo di contrasto<br />

dello stomaco e del <strong>duodeno</strong> è negativo ma permane il sospetto clinico di ulcera peptica, è necessario<br />

eseguire la gastro‐<strong>duodeno</strong>scopia.<br />

L´esame radiologico diretto (cioè senza mezzo di contrasto) dell´addome è utile a dimostrare l´avvenuta<br />

perforazione dello stomaco o del <strong>duodeno</strong> (Fig. 8.9). La perforazione del cavo peritoneale determina infatti<br />

la comparsa di falde di gas libero, in sede antideclive, prevalentemente sotto il diaframma; se la<br />

perforazione riguarda la porzione retroperitoneale del <strong>duodeno</strong>, si riscontrerà enfisema retroperitoneale.<br />

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L´esame con contrasto può mettere in evidenza la formazione di fistole gastro‐coliche o <strong>duodeno</strong>‐biliari;<br />

queste possono essere conseguenti all´approfondirsi di ulcere peptiche, o a perforazione e fistolizzazione<br />

della colecisti in <strong>duodeno</strong>.<br />

L´esame radiologico presenta una buona sensibilità per l´identificazione delle neoplasie benigne e<br />

maligne dello stomaco (Fig. 8.10); queste si evidenziano come difetti di riempimento, talvolta ulcerati,<br />

oppure come aree di rigidità della parete, con perdita del disegno mucoso e arresto della peristalsi. Tale<br />

sensibilità si riduce però con il diminuire delle dimensioni della neoplasia, così che raramente è possibile<br />

ottenere con l´esame radiologico la diagnosi precoce dei tumori gastrici.<br />

I tumori della I e II porzione del <strong>duodeno</strong> (rari) sono talora evidenziabili con l´esame radiologico con mezzo<br />

di contrasto; quelli situati nella III e IV porzione, invece, in conseguenza dell´elevata velocità di deflusso del<br />

contrasto, sono meglio evidenziabili con l´endoscopia.<br />

Fig. 8.8. Quadro endoscopico di ulcera peptica duodenale. Si osservi: in primo piano l´orifizio pilorico; sullo<br />

sfondo il cratere ulceroso (frecce ) con il fondo coperto di fibrina e con alone periferico di iperemia mucosa.<br />

18


Fig. 8.9. Radiografia diretta che evidenzia la presenza di gas libero sottodiaframmatico in seguito a<br />

perforazione di ulcera gastrica.<br />

19


Fig. 8.10. Neoplasia gastrica ulcerata. Il mezzo di contrasto evidenzia un´immagine di plus in minus a livello<br />

della piccola curva gastrica.<br />

L´esame radiologico è utile infine per diagnosticare le anomalie morfologiche dello stomaco e del <strong>duodeno</strong>,<br />

le compressioni estrinseche e alcune patologie rare; rientrano in questo gruppo i diverticoli gastrici e<br />

duodenali, il pancreas anulare e la compressione vascolare del <strong>duodeno</strong>.<br />

Valutazione della secrezione acida gastrica<br />

Si definisce secrezione acida basale (BAO, Basal Acid Output) la quantità in mEq di acido cloridrico secreto<br />

in un´ora, al mattino, dal paziente a digiuno da almeno 8‐10 ore. In soggetti adulti e sani, il valore del BAO è<br />

compreso tra 1 e 5 mEq/ora. La produzione acida massimale (MAO, Maximal Acid Output) è rappresentata<br />

dalla quantità di acido cloridrico secreta nell´ora seguente la somministrazione parenterale di un farmaco<br />

secretagogo (normalmente si impiega la pentagastrina, un polipeptide gastrinosimile la cui azione si<br />

esaurisce entro un´ora dalla somministrazione e che risulta privo di effetti collaterali). In soggetti adulti e<br />

sani il valore del MAO risulta mediamente di 30 mEq/ora negli uomini e 20 mEq/ora nelle donne.<br />

La maggior parte dei pazienti affetti da ulcera peptica duodenale presentano valori di BAO, e soprattutto di<br />

MAO, superiori alla norma. Nei pazienti affetti da ulcera gastrica invece tali valori risultano normali o<br />

leggermente inferiori alla norma.<br />

La misurazione della secrezione acida gastrica non rappresenta però un indice di certezza per la diagnosi di<br />

ulcera e non è un esame indispensabile in tutti i pazienti con lesioni peptiche sospette o già documentate.<br />

L´acloridria, condizione caratterizzata da un pH gastrico > 6 dopo stimolazione pentagastrinica, è<br />

incompatibile con la diagnosi di ulcera peptica dello stomaco; eventuali ulcere riscontrate in caso di<br />

acloridria sono da ritenersi di natura neoplastica.<br />

La valutazione di BAO e MAO è importante per la diagnosi della sindrome di Zollinger‐Ellison, unitamente<br />

alla determinazione della gastrinemia.<br />

Il riscontro di ipergastrinemia associato a BAO > 15mEq/ora e ad un rapporto BAO/MAO > 0,6 rappresenta<br />

un elemento di certezza per differenziare la sindrome di Zollinger‐Ellison da altre condizioni caratterizzate<br />

dalla presenza di ipergastrinemia e gastrite ipertrofica.<br />

Dosaggio della gastrinemia<br />

I valori normali della gastrinemia, valutabili con metodo radioimmunologico, sono compresi tra 50 e 200<br />

pg/ml. Tali valori possono però triplicarsi dopo un pasto proteico. Nei pazienti portatori di ulcera gastrica si<br />

osservano valori piuttosto elevati di gastrinemia, in conseguenza della relativa ipoacidità del succo gastrico.<br />

Nell´ulcera duodenale invece, la gastrinemia a digiuno è solitamente bassa, in rapporto agli elevati valori di<br />

acidità basale, mentre la secrezione gastrinica postprandiale appare accentuata e soprattutto più protratta<br />

nel tempo. Le condizioni che comportano una distensione dello stomaco, come la stenosi pilorica, possono<br />

essere causa di ipergastrinemia, causando la liberazione di gastrina in conseguenza dello stiramento della<br />

parete gastrica.<br />

Un valore di gastrinemia a digiuno > 500 pg/ml, accompagnato ad un rapporto BAO/MAO > 0,4, deve far<br />

sospettare la sindrome di Zollinger‐Ellison; tale diagnosi è da ritenersi certa se i valori di gastrinemia sono ><br />

1000 pg/ml a digiuno, con un rapporto BAO/MAO > 0,6.<br />

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È utile eseguire la determinazione della gastrinemia, soprattutto nel sospetto di gastrinoma, nei seguenti<br />

casi:<br />

• riscontro di ulcere peptiche multiple in sede atipica, specialmente se distali alla seconda porzione<br />

duodenale;<br />

• recidiva di ulcera peptica, soprattutto dopo intervento chirurgico;<br />

• BAO > 15 mEq/ora e rapporto BAO/MAO > 0,4;<br />

• riscontro di iperparatiroidismo o di altra neoplasia endocrina, alla ricerca di una possibile<br />

associazione con il gastrinoma nella sindrome MEN 1.<br />

Ipergastrinemia si riscontra anche nella rara sindrome pseudo‐Zollinger‐Ellison, caratterizzata da iperplasia<br />

delle cellule G antrali cui consegue ipergastrinemia, ipercloridria e formazione di ulcere gastro‐duodenali.<br />

La diagnosi differenziale con il gastrinoma può essere posta mediante il test con secretina: l´infusione<br />

endovenosa di secretina è in grado di indurre entro 15 minuti un aumento del 100‐300% della gastrinemia<br />

solo in presenza di gastrinoma; in tutti gli altri casi la secretina ha azione inibente sul rilascio di gastrina.<br />

Anche l´ipercalcemia, indotta tramite infusione endovenosa di calcio, causa un aumento della gastrinemia<br />

solo in presenza di gastrinoma.<br />

Lesioni rare<br />

Stenosi ipertrofica del piloro<br />

La stenosi ipertrofica del piloro (Fig. 8.11) può presentarsi nel lattante e, molto più raramente, nell´adulto.<br />

• L´ipertrofia pilorica nel lattante è la più comune patologia di interesse chirurgico delle prime<br />

settimane di vita e costituisce un´indicazione alla chirurgia d´urgenza.<br />

È più frequente nei neonati maschi, con un rapporto maschi/femmine di 8:1. L´eziopatogenesi è<br />

quasi sicuramente legata ad un fattore ereditario. La sintomatologia esordisce solitamente nella II o<br />

III settimana di vita, dopo un periodo di totale benessere, ma può essere già presente nei primi<br />

giorni dopo la nascita, o può comparire più tardivamente. Il bambino presenta episodi di vomito,<br />

mai biliare, sempre più frequenti ed abbondanti; ciò arriva a manifestarsi sistematicamente dopo<br />

ogni poppata. L´impossibilità di nutrirsi comporta un rapido decadimento delle condizioni generali.<br />

L´esame obiettivo dell´addome permette di palpare, solitamente al disotto dell´arcata costale<br />

destra, la presenza di una tumefazione olivare, di consistenza dura, che corrisponde al piloro<br />

ipertrofico. La stenosi è determinata da ipertrofia dello strato circolare della muscolatura del piloro,<br />

che costituisce un manicotto spesso 5‐6 mm ostruente concentricamente il piloro.<br />

La presenza di un certo intervallo di tempo tra la nascita e la comparsa dei sintomi ha fatto<br />

supporre ad alcuni autori che l´ipertrofia sia conseguenza di uno spasmo dello sfintere pilorico,<br />

oppure di una sua discalasia (scarso rilasciamento), con incoordinazione funzionale tra l´antro e il<br />

piloro. La diagnosi è solitamente clinica, ma può essere confermata, prima dell´intervento<br />

chirurgico, dall´esame ecografico, dall´esame radiologico e dall´endoscopia.<br />

21


Fig. 8.11. Stenosi ipertrofica del piloro.<br />

La terapia è chirurgica e consiste nella piloromiotomia extramucosa.<br />

• La stenosi ipertrofica del piloro nell´adulto è una malattia rara, di cui si distinguono due varietà: la<br />

forma ipertrofica pura, di origine costituzionale, che potrebbe rappresentare una manifestazione<br />

tardiva dell´ipertrofia congenita; la forma scleroinfiammatoria, più frequente, di probabile origine<br />

flogistica. In entrambi i casi il canale pilorico presenta pareti ispessite per ipertrofia e iperplasia<br />

della tonaca muscolare. Nella forma scleroinfiammatoria, oltre all´ipertrofia muscolare si riscontra<br />

anche la presenza di fibrocellule connettivali, di linfociti e plasmacellule. Il quadro clinico dipende<br />

dallo stadio di evoluzione della malattia. I fenomeni di stenosi sono preceduti solitamente da<br />

disturbi cronici della digestione, rappresentati da distensione addominale e senso di peso<br />

epigastrico postprandiale, eruttazione e frequenti episodi di pirosi e rigurgito. Quando si instaura la<br />

stenosi compaiono dolore epigastrico e vomito alimentare. L´esame radiologico con pasto baritato<br />

eseguito in questo stadio evidenzia tipicamente l´allungamento e la stenosi del canale pilorico, con<br />

gastrectasia. La diagnosi differenziale va posta nei confronti del carcinoma antrale infiltrante il<br />

piloro e della linite plastica antropilorica, mediante prelievi bioptici in corso di EGDS.<br />

La terapia è chirurgica e consiste nella resezione antropilorica o nella gastro‐enteroanastomosi.<br />

Volvolo gastrico<br />

Il volvolo gastrico è una malattia rara; può essere acuto o cronico. Lo stomaco può ruotare attorno al suo<br />

asse longitudinale (volvolo organo‐assiale) o attorno ad una linea che va dal punto medio della piccola<br />

curvatura a quello della grande curvatura (volvolo mesentero‐assiale). Il primo tipo di volvolo è più comune<br />

e si associa talora all´ernia iatale paraesofagea. Nel secondo caso è spesso l´eventratio dell´emidiaframma<br />

di sinistra che, permettendo la risalita del colon, può determinare un basculamento dello stomaco in<br />

seguito alla trazione esercitata sul legamento gastro‐colico.<br />

Il volvolo acuto causa la comparsa improvvisa di dolore molto intenso localizzato ai quadranti addominali<br />

superiori e associato ad una caratteristica triade sintomatologica (triade di Brochardt): rigurgito salivare<br />

22


seguito da conati improduttivi, distensione epigastrica e impossibilità di posizionare un sondino naso‐<br />

gastrico oltre il cardias.<br />

L´esame radiologico dell´addome senza mezzo di contrasto evidenzia la distensione dello stomaco; il pasto<br />

baritato dimostra l´arresto del passaggio del mezzo di contrasto in corrispondenza del volvolo. Il volvolo<br />

acuto dello stomaco può regredire spontaneamente, ma può anche comportare lo strangolamento<br />

gastrico, che richiede l´intervento chirurgico d´urgenza. La mortalità in quest´ultimo caso è elevata.<br />

Il volvolo cronico è di riscontro poco frequente e può rimanere asintomatico; la maggior parte dei pazienti<br />

riferisce tuttavia dolore addominale intermittente, di tipo crampiforme, solitamente postprandiale.<br />

I casi di volvolo gastrico associato a ernia paraesofagea o a eventratio vanno trattati chirurgicamente,<br />

con gastropessi e correzione della patologia di base.<br />

Rottura traumatica<br />

dello stomaco e del <strong>duodeno</strong><br />

La rottura dello stomaco o del <strong>duodeno</strong> può verificarsi in seguito a traumi addominali aperti o chiusi. Nei<br />

traumi penetranti, vi può essere lesione diretta indotta dall´agente vulnerante; nel caso di traumi chiusi, il<br />

meccanismo responsabile della lesione gastrica è l´improvviso aumento della pressione intraddominale<br />

indotto dall´agente contusivo, che comporta lacerazione dello stomaco (trauma da scoppio).<br />

La rottura dello stomaco può verificarsi anche in seguito alla ingestione di una grande quantità di<br />

bicarbonato a scopo digestivo dopo un pasto copioso; la formazione di un notevole volume di anidride<br />

carbonica a contatto con l´acido cloridrico determina un´enorme sovradistensione dello stomaco che,<br />

associata a conati di vomito può portare, per l´improvviso aumento della pressione intragastrica, alla<br />

lacerazione della parete.<br />

Nella rottura del <strong>duodeno</strong> il meccanismo della lesione è solitamente la compressione contro il piano<br />

muscolo‐vertebrale (trauma da schiacciamento). Le lesioni dello stomaco e del <strong>duodeno</strong> si associano quasi<br />

sempre a lesioni di altri organi addominali: più frequentemente coinvolti sono il fegato, il pancreas e i grossi<br />

vasi. I traumi gastro‐duodenali da strappamento sono assai rari. La possibilità di una lesione traumatica<br />

dello stomaco va considerata anche in caso di trauma a carico della parte inferiore del torace, soprattutto<br />

se di tipo penetrante.<br />

La sintomatologia della rottura dello stomaco è costituita da dolore addominale esacerbato dai movimenti,<br />

con viva dolorabilità alla palpazione.<br />

Le manovre semeiologiche tradizionali e la radiografia diretta rivelano la presenza di pneumoperitoneo.<br />

Frequentemente si associano anemizzazione, ematemesi e melena o enterorragia.<br />

Compaiono i segni di irritazione peritoneale, per la presenza di peritonite chimica, che rapidamente si<br />

trasforma in peritonite batterica. I parametri vitali possono risultare notevolmente compromessi. Nei<br />

traumi aperti vi può essere la protrusione di visceri attraverso la breccia nella parete. La diagnosi di rottura<br />

del <strong>duodeno</strong> viene posta in genere al momento della laparotomia esplorativa; nella rottura<br />

retroperitoneale del <strong>duodeno</strong>, i sintomi specifici possono comparire anche a distanza di 24‐36 ore; la<br />

diagnosi può essere posta con l´esame radiologico diretto, in seguito al reperto di aria nel retroperitoneo<br />

che può occasionalmente mettere in evidenza il profilo dei reni. Lo spandimento di mezzo di contrasto<br />

23


iodato idrosolubile (Gastrografin) nel retroperitoneo dopo la somministrazione per os conferma la presenza<br />

della lesione.<br />

Talvolta la diagnosi di rottura retroperitoneale del <strong>duodeno</strong> è difficoltosa anche alla laparotomia, e viene<br />

posta in base al reperto di raccolta di succo gastrico e biliare e di enfisema nel retroperitoneo e nel<br />

mesocolon trasverso. Se la rottura del <strong>duodeno</strong> è intraperitoneale si ha la comparsa di pneumoperitoneo,<br />

nonché di peritonite, conseguente allo spandimento di secreto biliare e pancreatico.<br />

La terapia delle rotture gastro‐duodenali è chirurgica d´urgenza ed è gravata da un´alta percentuale di<br />

complicanze e di mortalità, anche per la frequente presenza di altre lesioni viscerali associate.<br />

Prolasso mucoso dello stomaco<br />

È una patologia rara, che si accompagna solitamente alla presenza di piccole ulcere del bulbo duodenale. La<br />

sintomatologia dolorosa è simile a quella dell´ulcera peptica e si associa frequentemente ad episodi di<br />

vomito. L´esame radiologico con pasto baritato mostra solitamente il prolasso delle pliche mucose<br />

dell´antro gastrico nel lume del bulbo duodenale. Il riscontro è tuttavia occasionale e spesso avviene nel<br />

corso di esami eseguiti per documentare la presenza di ulcera peptica.<br />

La scoperta di prolasso mucoso non deve tuttavia far trascurare l´ipotesi della possibile coesistenza di<br />

lesioni ulcerose.<br />

Il trattamento è conservativo; solo in casi eccezionali si rende necessario eseguire l´antrectomia.<br />

Diverticoli gastrici<br />

I diverticoli dello stomaco sono rari e generalmente asintomatici; la diagnosi avviene casualmente.<br />

Generalmente si tratta di diverticoli da pulsione, la cui parete è costituita da mucosa e sottomucosa. La<br />

localizzazione più frequente è lungo la piccola curvatura, a breve distanza dal cardias. I diverticoli localizzati<br />

in regione prepilorica sono più facilmente sintomatici per la compressione o la dislocazione che possono<br />

indurre sull´antro o sul canale pilorico, oppure per la comparsa di sanguinamento o infiammazione.<br />

Nella maggior parte dei casi non si rende necessario alcun trattamento.<br />

Diverticoli duodenali<br />

Dopo il colon, il <strong>duodeno</strong> è il tratto del tubo digerente più frequentemente interessato dalla presenza di<br />

diverticoli (Fig. 8.12); questi si riscontrano nel 5‐10% degli esami radiologici ed endoscopici del primo tratto<br />

del tubo digerente. Si tratta prevalentemente di diverticoli da pulsione, la cui parete è costituita solo da<br />

mucosa e sottomucosa. Il riscontro è raro in pazienti di età < 40 anni; sono leggermente più frequenti nelle<br />

donne. Il 90% dei diverticoli duodenali è localizzato all´altezza della seconda o terza porzione duodenale,<br />

lungo la parete mediale. Nella maggior parte dei casi si tratta di diverticoli solitari, posti a distanza di 2‐5 cm<br />

dall´ampolla di Vater; le dimensioni variano da pochi millimetri a qualche centimetro. I rarissimi diverticoli<br />

intraluminali, cosiddetti "a manica a vento", sono da considerarsi un´anomalia morfologica della porzione<br />

discendente del <strong>duodeno</strong> e possono associarsi a sbocchi anomali delle vie biliari e pancreatiche. Solo l´1%<br />

dei diverticoli duodenali induce la comparsa di sintomi clinici. Alcuni pazienti riferiscono solo dolore<br />

addominale postprandiale e disturbi dispeptici, oppure dolore del tipo a colica. Poiché i diverticoli<br />

coesistono spesso con altre patologie gastro‐duodenali, la genesi dei disturbi raramente può essere<br />

attribuita con certezza; pertanto il riscontro di un diverticolo duodenale agli esami strumentali non deve far<br />

sospendere la ricerca di altre patologie del tubo digerente.<br />

24


Fig. 8.12. Diverticolo duodenale.<br />

Le complicanze più frequenti dei diverticoli duodenali sono la diverticolite, il sanguinamento, la<br />

perforazione del diverticolo, l´ostruzione della via biliare principale da compressione e la pancreatite acuta.<br />

La diverticolite si manifesta con la comparsa di dolore addominale acuto, febbre e leucocitosi. Spesso<br />

possono associarsi emorragia o perforazione. Talvolta si riscontra la formazione di calcoli diverticolari<br />

(enteroliti), composti da salidi acidi biliari, in conseguenza della stasi biliare nel diverticolo. Gli enteroliti<br />

possono passare nel lume intestinale e causare ileo biliare. L´emorragia dal diverticolo consegue ad<br />

erosione della mucosa e può essere di notevole gravità se è legata alla perforazione del diverticolo in un<br />

grosso vaso del retroperitoneo. La perforazione del diverticolo è la complicanza più temibile, perché causa<br />

la formazione di ascessi retroperitoneali gravati da un´altissima mortalità. La perforazione, oltre che nel<br />

retroperitoneo, può avvenire in un viscere contiguo, con formazione di fistola (<strong>duodeno</strong>‐colica, <strong>duodeno</strong>‐<br />

colecistica). Raramente il diverticolo può determinare la comparsa di occlusione intestinale alta, in<br />

conseguenza di una compressione del lume duodenale. I diverticoli dell´area perivateriana possono<br />

comprimere o dislocare la papilla di Vater e la testa dal pancreas, determinando stasi biliare e favorendo<br />

l´insorgenza di litiasi biliare, di colangite e di pancreatite acuta.<br />

Il ricorso all´intervento chirurgico si rende solitamente necessario solo in presenza di sintomi gravi e<br />

persistenti, oppure per la comparsa di complicanze. Un beneficio sintomatologico può talvolta essere<br />

fornito dalla dilatazione endoscopica del colletto del diverticolo, per facilitarne lo svuotamento.<br />

Bezoari<br />

I bezoari sono corpi estranei che si formano direttamente nello stomaco in seguito alla concrezione di<br />

materiali vari. I tricobezoari sono costituiti da peli o capelli che il paziente inghiotte per infantilismo o<br />

squilibrio mentale. I fitobezoari invece sono costituiti da fibre vegetali che si accumulano nello stomaco<br />

dopo ingestione di grandi quantità di verdure o frutti particolarmente ricchi di cellulosa: cachi, carrube, fichi<br />

d´india, arance, sedano, ecc. La masticazione insufficiente per un´errata abitudine alimentare o per la<br />

mancanza dei denti può costituire un fattore predisponente. La formazione di fitobezoari è inoltre più<br />

frequente nei pazienti gastroresecati, probabilmente in conseguenza della ridotta produzione di acido<br />

cloridrico e pepsina, e per il venire meno dell´azione propulsiva dell´antro gastrico. La maggior parte dei<br />

25


ezoari staziona nello stomaco, dove può persistere per periodi di tempo anche molto lunghi. La<br />

sintomatologia compare quando il bezoar migra a livello intestinale, causando occlusione, oppure<br />

raggiunge dimensioni o consistenza tali da obliterare il lume gastrico o da comprimere la mucosa fino a<br />

causarne l´ulcerazione e il sanguinamento. La diagnosi viene posta con l´esame radiologico o con<br />

l´endoscopia.<br />

Per la maggior parte i bezoari possono essere frammentati e rimossi per via endoscopica. Solo le<br />

situazioni complicate dalla presenza di erosioni sanguinanti, occlusione o perforazione richiedono<br />

l´intervento chirurgico.<br />

Ostruzione duodenale<br />

da compressione vascolare<br />

Una causa rara di occlusione duodenale è rappresentata dalla compressione del <strong>duodeno</strong> tra l´aorta e i vasi<br />

mesenterici superiori che, decorrendo nella radice del mesentere, passano anteriormente alla terza<br />

porzione duodenale (Fig. 8.13). Nei soggetti normali, il tessuto adiposo del retroperitoneo permette di<br />

mantenere una certa distanza tra l´aorta, che decorre posteriormente al <strong>duodeno</strong>, e i vasi mesenterici<br />

superiori. I pazienti affetti da questa patologia riferiscono perdita di peso recente, a volte cospicua. La<br />

riduzione del grasso retroperitoneale e la conseguente riduzione dell´angolo aorto‐mesenterico non<br />

spiegano da sole la comparsa di compressione vascolare del <strong>duodeno</strong>; è necessario che alla riduzione<br />

dell´angolo aorto‐mesenterico si accompagni o la presenza di un legamento di Treitz molto corto e rigido<br />

che fissa il <strong>duodeno</strong>, oppure un decorso anomalo dell´arteria mesenterica superiore.<br />

Dal punto di vista clinico si distinguono una varietà acuta ed una cronica di compressione vascolare del<br />

<strong>duodeno</strong>.<br />

Fig. 8.13. Sindrome da compressione dell´arteria mesenterica superiore.<br />

• La forma acuta, che spesso insorge in pazienti senza precedenti sintomatologici gastro‐intestinali, si<br />

instaura di solito dopo traumi gravi, ustioni, interventi chirurgici, applicazione di corsetti gessati,<br />

trazioni ortopediche sulla colonna, ecc.; il paziente è stato costretto a mantenere la posizione<br />

26


supina per lunghi periodi di tempo e spesso è andato incontro ad una cospicua perdita di peso.<br />

L´esordio è caratterizzato da anoressia, senso di distensione addominale postprandiale, dolori<br />

crampiformi in regione epigastrica, cui fa seguito vomito biliare.<br />

• La forma cronica, più frequente, può conseguire ad una grande varietà di cause, come<br />

l´immobilizzazione prolungata, una visceroptosi per perdita del tono della muscolatura addominale,<br />

una lordosi dorsale molto marcata, gravi malattie sistemiche, oppure può essere primitiva. Il<br />

paziente si presenta astenico, magro, e con una sintomatologia presente da lungo tempo o<br />

addirittura dall´infanzia: dispepsia, dolori epigastrici, nausea ed episodi di vomito biliare. Per<br />

prevenire il vomito il paziente limita l´introduzione di cibo.<br />

In entrambe le forme cliniche la sintomatologia può attenuarsi con l´assunzione della posizione prona o del<br />

decubito laterale sinistro. L´esame obiettivo dei pazienti fornisce scarsi elementi per la diagnosi. L´esame<br />

radiologico diretto dell´addome può dimostrare la presenza di distensione gassosa dello stomaco e del<br />

<strong>duodeno</strong> (segno della doppia bolla). L´esame radiologico con pasto baritato evidenzia la dilatazione delle<br />

prime due porzioni duodenali, prossimalmente ad una regione di compressione estrinseca nel punto in cui<br />

l´arteria mesenterica superiore impronta la terza porzione del <strong>duodeno</strong>; il reperto scompare con<br />

l´assunzione del decubito prono o laterale sinistro, che consente un rapido passaggio del bario. La certezza<br />

diagnostica si ottiene con l´aortografia associata ad esame radiologico duodenale con bario.<br />

Il trattamento mira inizialmente ad indurre un incremento ponderale, finalizzato ad aumentare il grasso<br />

retroperitoneale; dopo i pasti è importante l´assunzione del decubito prono o laterale sinistro in previsione<br />

della comparsa di sintomi. Se il trattamento conservativo si rivela inefficace, si può prendere in<br />

considerazione l´intervento chirurgico, consistente nella mobilizzazione del <strong>duodeno</strong> retroperitoneale e<br />

sezione del legamento di Treitz, o nella <strong>duodeno</strong>‐digiunostomia bypassante l´ostruzione.<br />

Pancreas anulare<br />

È una malformazione rara (descritta più dettagliatamente nel Cap. 14, Pancreas) consistente nella presenza<br />

di un anello di tessuto pancreatico che circonda totalmente la porzione discendente del <strong>duodeno</strong> (Fig.<br />

8.14). La presenza di pancreas anulare si riscontra più frequentemente nei feti nati dopo gravidanze<br />

complicate da polidramnios o portatori di altre malformazioni dell´apparato digerente come l´atresia o la<br />

stenosi del <strong>duodeno</strong>, le fistole tracheo‐esofagee, la malrotazione del colon. Con una certa frequenza il<br />

pancreas anulare si riscontra anche nella sindrome di Down. Benché in molti pazienti la presenza di<br />

pancreas anulare sia totalmente asintomatica, la malformazione si rende di solito evidente nella prima<br />

infanzia, per la comparsa di ripetuti episodi di vomito postprandiale. Se la compressione si esercita<br />

distalmente rispetto alla papilla di Vater, il vomito è tipicamente biliare.<br />

27


Fig. 8.14. Pancreas anulare.<br />

L´inizio della sintomatologia può verificarsi anche in età adulta; l´esordio dipende, oltre che dall´entità della<br />

compressione, anche dalla presenza di atresia o stenosi del <strong>duodeno</strong>. La presenza di pancreas anulare può<br />

comportare la comparsa di ulcera peptica gastrica o duodenale, probabilmente in conseguenza della stasi di<br />

contenuto gastrico a livello dell´antro, di pancreatite acuta o cronica a sede nel tessuto pancreatico anulare<br />

e, raramente, di stasi biliare per compressione sulla via biliare principale.<br />

L´esame radiologico mostra la presenza di distensione gassosa dello stomaco e del <strong>duodeno</strong> prossimale<br />

(segno della doppia bolla) e la quasi totale assenza di aria nell´intestino tenue.<br />

Nei casi contrassegnati da episodi recidivanti di subocclusione, si rende necessario spesso un intervento<br />

chirurgico per bypassare la regione stenotica. L´asportazione del tessuto pancreatico anulare viene<br />

considerata pericolosa, per l´elevato rischio di pancreatite del moncone o di fistole pancreatiche.<br />

Ulcera peptica<br />

L´ulcera peptica è una malattia di notevole rilevanza sociale. Dai dati attualmente disponibili risulta che nei<br />

paesi occidentali il 2% della popolazione presenta un´ulcera attiva, mentre il 6‐15% ha presentato nel corso<br />

della vita manifestazioni cliniche compatibili con la presenza di ulcera gastrica o duodenale. Gli uomini sono<br />

colpiti più frequentemente delle donne, con un rapporto di 3:1. La localizzazione duodenale è quella più<br />

frequente, tranne che nelle casistiche giapponesi, in cui prevale l´ulcera gastrica. Il 5‐15% dei pazienti<br />

presenta contemporaneamente ulcera gastrica e duodenale. Negli uomini la comparsa dell´ulcera peptica è<br />

rara prima dei 20 anni, ma la sua incidenza cresce nel corso delle decadi successive fino a raggiungere un<br />

plateau in corrispondenza dei 50 anni. L´insorgenza dell´ulcera nelle donne è poco frequente in età<br />

premenopausale; ciò suggerisce un possibile ruolo protettivo esercitato da fattori ormonali. L´incidenza<br />

dell´ulcera peptica, particolarmente di quella duodenale, è andata riducendosi nell´ultimo quarto di secolo,<br />

probabilmente in relazione alla ridotta prevalenza di fattori eziologici psicosociali e dietetici.<br />

28


L´ulcera peptica è una lesione focale che interessa la mucosa dell´apparato digerente esposta all´azione del<br />

secreto acidopeptico. La localizzazione più frequente dell´ulcera è a livello gastrico e duodenale, ma essa<br />

può comparire anche a livello esofageo (in caso di reflusso acido o alcalino), a livello digiunale (dopo gastro‐<br />

enteroanastomosi e nella sindrome di Zollinger‐Ellison), e talora anche nel diverticolo di Meckel, per la<br />

presenza di mucosa gastrica ectopica.<br />

La secrezione gastrica di HCl e pepsina svolge un ruolo fondamentale nella patogenesi dell´ulcera; è<br />

dimostrato infatti che l´ulcera peptica non insorge in caso di acloridria.<br />

La mucosa gastro‐duodenale in condizioni normali è assai resistente all´azione del secreto acido‐peptico;<br />

l´insorgenza dell´ulcera nello stomaco e nel <strong>duodeno</strong> viene quindi considerata la risultante di uno squilibrio<br />

tra i fattori aggressivi per la mucosa (HCl e pepsina, sostanze gastrolesive, batteri, ecc.) e quelli difensivi<br />

(secrezione di muco e bicarbonato, flusso ematico intramucoso, turnover cellulare) che concorrono alla<br />

costituzione della cosiddetta "barriera mucosa".<br />

La mucosa degli altri tratti dell´apparato digerente risulta invece particolarmente vulnerabile alle secrezioni<br />

gastriche; il reflusso acido nel terzo inferiore dell´esofago nei soggetti con incontinenza cardiale, e il<br />

passaggio di chimo acido nelle anse digiunali in seguito a gastro‐enteroanastomosi possono infatti indurre<br />

l´insorgenza di ulcere peptiche. Tuttavia, in considerazione della bassa incidenza di queste due ultime<br />

forme, con il termine di ulcera peptica si indica comunemente la patologia ulcerosa gastro‐duodenale, che<br />

rappresenta il 98% dell´intera patologia ulcerosa. Dal punto di vista istologico l´ulcera peptica è una lesione<br />

della mucosa‐sottomucosa, quasi sempre solitaria, che si può approfondire nella parete gastrica o<br />

duodenale oltre la muscularis mucosae, raggiungendo e spesso superando la tonaca muscolare (Fig. 8.15).<br />

Ciò distingue le ulcere dalle semplici erosioni mucose, caratterizzate da rapida e completa restitutio ad<br />

integrum perché limitate all´epitelio. In alcuni casi però l´erosione mucosa, più che un´entità distinta,<br />

rappresenta un semplice stadio iniziale della comparsa dell´ulcera. L´eziopatogenesi, il quadro clinico e la<br />

strategia terapeutica dell´ulcera gastrica sono per molti aspetti diversi da quelli dell´ulcera duodenale; le<br />

due patologie vengono perciò illustrate separatamente.<br />

29


Fig. 8.15. Preparato istologico di ulcera gastrica antrale. Si osservino: (a) strato di fibrina che ricopre il<br />

cratere ulceroso; (b) tessuto infiammatorio di granulazione; (c) tonaca muscolare; (d) ghiandole<br />

iperplastiche (iperplasia rigenerativa).<br />

Ulcera gastrica<br />

• Epidemiologia: la massima incidenza dell´ulcera gastrica si verifica in pazienti maschi di età<br />

compresa tra i 50 e i 60 anni. Il rapporto maschi/femmine è di 3:1. L´età media risulta di circa 10<br />

anni superiore a quella dei pazienti affetti da ulcera duodenale. L´ulcera gastrica compare con<br />

maggior frequenza nelle classi sociali più basse, ma non è chiaro se ciò sia legato a particolari fattori<br />

alimentari e psico‐sociali o a comportamenti a rischio; tra questi vanno ricordati il fumo,<br />

l´assunzione di caffè, gli stress emotivi, l´impiego di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS).<br />

• Eziopatogenesi: l´eziologia dell´ulcera gastrica non è completamente nota, tuttavia sono stati<br />

identificati numerosi fattori patogenetici tra i quali i più importanti sono l´infezione da Helicobacter<br />

pylori e i FANS (Fig. 8.16).<br />

I pazienti portatori di ulcera gastrica presentano in genere una produzione di acidità gastrica normale o<br />

lievemente inferiore alla norma; per questo motivo l´ipotesi patogenetica più accreditata è quella di una<br />

diminuzione della resistenza della barriera mucosa gastrica all´azione aggressiva del secreto acido‐peptico.<br />

La mucosa gastrica normale è ricoperta da muco, secreto dalle cellule mucose superficiali e del colletto<br />

delle ghiandole gastriche, che contiene discrete quantità di glicoproteine, peptidoglicani e bicarbonato.<br />

L´azione protettiva del muco, ricco di bicarbonati, si esplica mantenendo a livello della mucosa un valore di<br />

pH più elevato rispetto a quello del secreto gastrico; si costituisce così una barriera che impedisce la<br />

retrodiffusione degli ioni idrogeno secreti nel lume. La componente glicoproteica del muco contribuisce<br />

inoltre a neutralizzare le pepsine, prevenendone l´azione digestiva sulla mucosa.<br />

Il rapido turnover delle cellule epiteliali dello stomaco garantisce la rapida riparazione delle eventuali<br />

lesioni dovute all´azione aggressiva del succo gastrico. Tutti i fattori che si ritengono implicati nella<br />

patogenesi dell´ulcera gastrica sono in grado di ridurre l´efficacia dei suddetti meccanismi di difesa della<br />

mucosa.<br />

30


Fig. 8.16. Potenziali fattori eziologici dell´ulcera gastrica.<br />

Nello stomaco dei pazienti affetti da ulcera gastrica sono costantemente riscontrabili alterazioni di tipo<br />

gastritico. Studi accurati hanno dimostrato che la comparsa della gastrite precede quella dell´ulcera e che le<br />

mucose coinvolte dal processo gastritico presentano una ridotta capacità di secrezione di bicarbonato nel<br />

muco; il conseguente aumento locale della retrodiffusione degli idrogenioni potrebbe spiegare l´insorgenza<br />

dell´ulcera. Secondo alcuni autori la scarsa acidità riscontrata nei pazienti con ulcera gastrica sarebbe<br />

conseguenza proprio dell´eccessiva retrodiffusione degli ioni idrogeno.<br />

La gastrite cronica antrale è forse la condizione gastritica le cui correlazioni con l´insorgenza dell´ulcera<br />

gastrica sono state meglio approfondite. Essa consegue spesso alla presenza di H. pylori e di reflusso<br />

<strong>duodeno</strong>‐gastrico, in seguito al quale elevate quantità di acidi biliari e lisolecitina giungono a contatto con<br />

la mucosa gastrica.<br />

La nota capacità degli acidi organici deboli, tra cui gli acidi biliari, di ridurre la secrezione di bicarbonato a<br />

livello gastrico depone per il possibile ruolo patogenetico del reflusso <strong>duodeno</strong>‐gastrico nell´insorgenza<br />

dell´ulcera. Nei pazienti con ulcera gastrica che presentano iposecrezione acida, i livelli di gastrina nel siero<br />

sono spesso aumentati. Ciò potrebbe conseguire alla ridotta acidità gastrica, oppure ad un rilascio di<br />

gastrina indotto in via riflessa dalla distensione gastrica, condizione di frequente riscontro in questi<br />

pazienti. In ogni caso l´azione della gastrina non sembra influenzare l´insorgenza dell´ulcera incrementando<br />

la produzione acida, bensì inibendo il tono dello sfintere pilorico e quindi favorendo il reflusso <strong>duodeno</strong>‐<br />

gastrico.<br />

Nel 50‐65% dei pazienti portatori di ulcera gastrica vi è la presenza dell´Helicobacter pylori, un battere<br />

Gram‐ che si localizza al di sotto del film mucoso, a diretto contatto con l´epitelio. L´H. pylori è in grado di<br />

indurre una reazione infiammatoria locale con attivazione del complemento e lesione delle cellule epiteliali.<br />

L´infezione da H. pylori rappresenta il principale fattore causale dell´ulcera.<br />

Numerosi fattori iatrogeni e dietetico‐comportamentali possono facilitare l´insorgenza dell´ulcera gastrica. I<br />

farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) riducono la concentrazione di bicarbonato nel muco ed<br />

inibiscono la sintesi delle prostaglandine, alcune delle quali esercitano azione protettiva sulla mucosa<br />

31


gastrica. Anche il cortisone esercita azione gastrolesiva, probabilmente alterando l´entità del flusso ematico<br />

mucoso. L´alcool, ingerito in quantità elevata, riduce il contenuto di bicarbonati nel muco, ma non esistono<br />

prove sicure di aumentata incidenza di ulcera gastrica negli alcolisti.<br />

Le amine simpatico‐mimetiche e le metilxantine, in particolare la caffeina, possono incrementare<br />

drasticamente la produzione acida gastrica, mentre le cere contenute nel caffè posso interferire con le<br />

capacità di difesa della mucosa gastrica. Anche gli acidi grassi della dieta sono in grado di diminuire la<br />

resistenza della mucosa all´aggressione acida, probabilmente deprimendo la secrezione di bicarbonato nel<br />

muco.<br />

Il fumo di sigaretta rallenta lo svuotamento dello stomaco e incrementa il reflusso <strong>duodeno</strong>‐gastrico, oltre a<br />

ridurre la secrezione di bicarbonato. Numerose osservazioni hanno evidenziato una predisposizione<br />

genetica per lo sviluppo dell´ulcera gastrica: una maggiore incidenza della malattia si riscontra nei soggetti<br />

di gruppo sanguigno 0, nei portatori di aplotipo HLA‐B5 e nei soggetti che non secernono antigeni del<br />

sistema AB0 nei liquidi organici (non secretori).<br />

Anche i fattori di tipo psico‐sociale sembrano giocare un ruolo significativo nella comparsa di ulcera<br />

gastrica: individui con personalità fragile e dipendente, o esposti a situazioni di elevata conflittualità o<br />

competizione, sviluppano l´ulcera gastrica con frequenza più elevata. È possibile che la comparsa dell´ulcera<br />

consegua anche ad un aumentato rilascio di mediatori adrenergici, ACTH e ormoni glicocorticoidi, oppure<br />

ad una esasperata stimolazione vagale. È anche possibile che l´aumento di frequenza dell´ulcera peptica sia<br />

il risultato di abitudini alimentari e di vita a rischio, quali l´abuso di fumo e caffè, e i disordini dietetici.<br />

• Anatomia patologica: la maggior parte delle ulcere gastriche benigne insorge entro 6 cm dal piloro;<br />

l´85% di esse è localizzato lungo la piccola curvatura, mentre il restante 15% si distribuisce sulla<br />

parete anteriore e posteriore e lungo la grande curvatura.<br />

Molto frequente è la presenza concomitante di gastrite antrale (con l´eccezione delle ulcere indotte<br />

dai FANS), che può estendersi talvolta all´intero stomaco. L´aspetto macroscopico dell´ulcera<br />

gastrica benigna è quello di una lesione escavata, rotonda od ovalare, di diametro solitamente<br />

inferiore a 2 cm, che insorge su mucosa ed ematosa ed iperemica a causa del processo gastritico.<br />

I margini del cratere sono perpendicolari alla base, talvolta lievemente sottominati, ma non rilevati<br />

rispetto alla mucosa circostante. Il fondo dell´ulcera appare di solito liscio e deterso per digestione<br />

dell´essudato; talvolta si evidenzia un vivace tessuto di granulazione, nel contesto del quale si<br />

possono individuare vasi trombosati o segni di sanguinamento in corso.<br />

La profondità dell´ulcera è variabile; può superare appena la muscularis mucosae oppure può<br />

arrivare alla sierosa ed anche superarla, causando una perforazione libera in cavità peritoneale o<br />

approfondendosi entro organi contigui (per es. fegato, pancreas). Nelle ulcere di vecchia data la<br />

reazione connettivale perilesionale tende a causare infiltrazione e indurimento dei margini e del<br />

fondo (ulcera callosa), con retrazione della mucosa circostante, così da far assumere alle pliche<br />

mucose gastriche una disposizione raggiata attorno al cratere dell´ulcera.<br />

L´ispessimento e la nodularità dei margini si osservano raramente nell´ulcera peptica; simili reperti<br />

devono far sorgere il sospetto che si tratti di un´ulcera neoplastica maligna. Peraltro, all´ispezione<br />

endoscopica non esistono segni distintivi che consentano di discriminare con precisione tra ulcera benigna<br />

e ulcera neoplastica.<br />

32


• Sintomatologia e diagnosi: alcuni pazienti con ulcera gastrica sono asintomatici. Quando la<br />

presenza dell´ulcera gastrica diviene clinicamente evidente, il sintomo d´esordio è comunemente<br />

rappresentato da dolore epigastrico, di intensità variabile, insorgente tipicamente entro i primi 30<br />

minuti dopo il pasto (dolore postprandiale precoce).<br />

Nelle ulcere localizzate lungo la piccola curvatura gli antiacidi forniscono un pronto sollievo al<br />

dolore, mentre il cibo, dopo un benessere temporaneo, può addirittura indurne la recrudescenza.<br />

La possibile coesistenza di spasmo funzionale del piloro può causare episodi di distensione gastrica,<br />

con nausea e vomito di contenuto gastrico. La comparsa di stenosi cicatriziale del piloro si<br />

manifesta invece con ripetuti e frequentissimi episodi di vomito alimentare. La comparsa di dolore<br />

epigastrico improvviso, seguito da segni e sintomi di addome acuto, deve far sospettare la possibile<br />

perforazione dell´ulcera. Il 40% degli affetti da ulcera gastrica riferisce un calo ponderale di entità<br />

variabile, legato all´anoressia ed all´avversione per il cibo indotta dai disturbi.<br />

Si può manifestare anemia sideropenica, di grado variabile, legata allo stillicidio ematico cronico.<br />

Alla periodicità dei sintomi dolorosi nell´arco della giornata si può aggiungere una periodicità<br />

stagionale, con caratteristiche recrudescenze nel periodo primaverile e autunnale.<br />

Un aggravamento della sintomatologia può presentarsi anche in conseguenza di brusche<br />

modificazioni delle abitudini alimentari o lavorative, o dopo periodi di stress psico‐fisico o emotivo.<br />

La presenza di dolore non periodico o di brusche modificazioni della sintomatologia devono far<br />

supporre l´insorgenza di complicanze o la natura non peptica (neoplastica) dell´ulcera.<br />

L´esame obiettivo dell´addome, in assenza di complicanze, permette di rilevare, anche se<br />

incostantemente, dolorabilità alla palpazione in epigastrio ed ipocondrio sinistro, talvolta<br />

accompagnata da iperestesia cutanea.<br />

La diagnosi differenziale va posta con numerose patologie di frequente riscontro: ernia iatale,<br />

gastrite, duodenite, ulcera duodenale, colecistite cronica litiasica, disturbi funzionali del tratto<br />

digerente superiore; particolarmente importante è la diagnosi differenziale con il cancro dello<br />

stomaco.<br />

La conferma della presenza di ulcera è endoscopica e radiologica.<br />

L´esame endoscopico va considerato l´approccio diagnostico di prima scelta; la visualizzazione diretta<br />

dell´ulcera permette infatti di valutarne le dimensioni e le caratteristiche morfologiche salienti, nonché di<br />

eseguire prelievi bioptici dei margini e della mucosa circostante.<br />

Su tali biopsie si può eseguire, oltre all´esame istologico, anche la ricerca dell´Helicobacter pylori (sul<br />

preparato istologico oppure mediante coltura della biopsia). L´esame endoscopico è inoltre l´esame<br />

d´elezione per valutare l´avvenuta guarigione dell´ulcera o la comparsa di recidive.<br />

All´esame radiologico con pasto baritato il segno diretto della presenza di ulcera gastrica è la nicchia<br />

ulcerosa, visibile come immagine di plus (se vista lateralmente) o di cratere (in visione frontale), dai<br />

contorni regolari e non rilevati, che si proiettano all´esterno del profilo ideale dello stomaco. Segni<br />

radiologici indiretti della presenza dell´ulcera sono la convergenza radiata o a coccarda delle pliche mucose<br />

verso la sede della lesione, in caso di ulcere croniche, e la diminuzione del tempo di svuotamento gastrico.<br />

Un ritardato passaggio del mezzo di contrasto può conseguire alla presenza di spasmo pilorico. In questi<br />

casi la natura funzionale dello spasmo è segnalata dalla sua pronta risoluzione dopo somministrazione di un<br />

farmaco antispastico; se la stenosi pilorica non recede, bisogna supporre un esito cicatriziale o una<br />

infiltrazione neoplastica del piloro.<br />

I segni radiologici che depongono per una sospetta malignità dell´ulcera sono:<br />

33


o la sede diversa dalla piccola curvatura;<br />

o il diametro > 2 cm;<br />

o i contorni irregolari e rilevati;<br />

o la proiezione della nicchia ulcerosa all´interno del profilo ideale dello stomaco.<br />

Il riscontro anche di uno solo di questi caratteri rende obbligatorio il ricorso alla biopsia endoscopica.<br />

Data però la possibile natura maligna anche di ulcere dall´aspetto radiologico benigno, è sempre necessario<br />

far seguire all´individuazione radiologica di un´ulcera l´esame endoscopico con prelievi bioptici multipli.<br />

Raramente si rende necessario lo studio della secrezione acida; vi si fa ricorso nei casi in cui si sospetti<br />

l´acloridria, o la sindrome di Zollinger‐Ellison.<br />

L´esordio sintomatologico dell´ulcera gastrica può essere legato all´insorgenza di complicanze ab initio; tra<br />

queste il sanguinamento e la perforazione rappresentano le evenienze più frequenti.<br />

Ulcera duodenale<br />

• Epidemiologia: l´ulcera duodenale è 4‐10 volte più frequente dell´ulcera gastrica. Può comparire a<br />

qualunque età, ma il picco di massima incidenza si riscontra nella III e IV decade di vita. È più<br />

frequente nel sesso maschile, con un rapporto maschi/femmine di 2:1. Secondo alcune stime il 10%<br />

della popolazione svilupperebbe un´ulcera duodenale nel corso della vita. Diversamente dall´ulcera<br />

gastrica, l´ulcera duodenale non presenta differenze di incidenza legate alla condizione socio‐<br />

economica.<br />

• Eziopatogenesi: anche per l´ulcera duodenale l´eziologia non è completamente nota. I fattori<br />

eziologici ipotizzati sono illustrati nella Figura 8.17. In circa 2/3 dei soggetti affetti da ulcera<br />

duodenale i valori di BAO e MAO risultano circa doppi di quelli dei soggetti normali.<br />

Si ritiene che il fattore patogenetico principale dell´ulcera duodenale sia rappresentato<br />

dall´ipersecrezione acida. Questa sembra dipendere sostanzialmente da tre ordini di fattori:<br />

• aumento numerico delle cellule acido‐secernenti della mucosa gastrica;<br />

• aumento della risposta gastrica agli stimoli secretori;<br />

• alterata capacità di inibizione del rilascio di gastrina.<br />

L´aumento del numero delle cellule parietali e principali delle ghiandole gastriche riscontrato nei pazienti<br />

con ulcera duodenale può raggiungere il 100%; esso potrebbe essere attribuibile a fattori genetici, oppure<br />

potrebbe rappresentare una condizione di iperplasia della mucosa gastrica conseguente all´elevata<br />

stimolazione gastrinica. Poiché l´iperplasia coinvolge sia le cellule parietali sia quelle principali, l´aumento<br />

dell´acidità gastrica si correla in maniera lineare con la produzione di pepsinogeno. I pazienti con ulcera<br />

duodenale presentano una risposta più spiccata dei soggetti sani e dei portatori di ulcera gastrica alla<br />

stimolazione con pentagastrina; ciò può essere indice di un´aumentata capacità di risposta delle cellule<br />

parietali alla gastrina. In questi soggetti la gastrinemia a digiuno è paragonabile a quella dei soggetti sani,<br />

mentre gli aumenti postprandiali risultano più marcati e più protratti nel tempo.<br />

34


Fig. 8.17. Potenziali fattori eziologici dell´ulcera duodenale.<br />

Anche una stimolazione vagale particolarmente intensa potrebbe svolgere un ruolo significativo<br />

nell´induzione di una ipersecrezione acida. Molti pazienti con ulcera duodenale presentano alterazioni dello<br />

svuotamento gastrico. In questi casi, se il passaggio di chimo acido in <strong>duodeno</strong> avviene troppo<br />

rapidamente, la capacità tamponante locale può venire superata e la mucosa duodenale risulta esposta<br />

eccessivamente all´acido. Ciò è aggravato dal fatto che nei pazienti con ulcera duodenale la secrezione di<br />

bicarbonato nel muco duodenale e nelle secrezioni pancreatiche risulta notevolmente ridotta. I farmaci<br />

simpatico‐mimetici, la caffeina e le altre xantine contenute negli alimenti possono facilitare l´insorgenza di<br />

lesioni ulcerose del <strong>duodeno</strong>, per la loro capacità di incrementare la produzione acida gastrica.<br />

Nell´induzione di ulcere duodenali possono giocare un ruolo importante i FANS e i cortisonici, con<br />

meccanismo non ancora perfettamente conosciuto. Il fumo di sigaretta si associa non solo ad una maggiore<br />

incidenza di ulcera duodenale, ma anche ad una ridotta risposta alla terapia, ad un maggiore numero di<br />

recidive a distanza e ad una mortalità più elevata in caso di complicanze. Non esiste invece evidenza di un<br />

rapporto tra il consumo di alcool e la comparsa di ulcera duodenale.<br />

L´importanza dei fattori psico‐sociali è controversa; sembra comunque che le personalità conflittuali e<br />

ansiose siano maggiormente esposte al rischio di ulcera anche a livello duodenale. Il ruolo della<br />

predisposizione familiare appare particolarmente importante nella comparsa di ulcera duodenale. Questa si<br />

manifesta con frequenza tripla nei parenti di primo grado di soggetti ulcerosi rispetto alla popolazione<br />

generale. Come nel caso dell´ulcera gastrica, particolarmente esposti risultano i soggetti di gruppo<br />

sanguigno 0, i "non secretori" di antigeni del sistema AB0 nei liquidi organici e i portatori di aplotipo HLA‐<br />

B5; significativo per il rischio di ulcera duodenale è anche l´aplotipo HLA‐B22. È stato dimostrato che i<br />

pazienti con ulcera duodenale presentano livelli elevati di pepsinogeno I (PGI) nel siero. Poiché si è visto<br />

che tali valori elevati vengono ereditati con carattere autosomico dominante, la determinazione del PGI<br />

potrebbe in futuro rappresentare un marker genetico di predisposizione allo sviluppo di ulcera duodenale.<br />

Gastrite e duodenite da Helicobacter pylori si riscontrano in oltre l´85% dei soggetti affetti da ulcera<br />

duodenale. Le alterazioni flogistiche indotte dall´H. pylori potrebbero rendere la mucosa duodenale più<br />

35


sensibile all´insulto acido, e quindi predisporrebbero all´insorgenza dell´ulcera. Alcuni autori hanno<br />

identificato nei pazienti con ulcera duodenale la presenza di anticorpi anti‐IgA secretorie; ciò potrebbe<br />

correlarsi ad una maggiore suscettibilità della mucosa all´azione di agenti esogeni dietetici o batterici, con<br />

maggiore possibilità di insorgenza del danno peptico.<br />

• Anatomia patologica: il 95% delle ulcere duodenali si localizza nel bulbo duodenale, entro 3 cm dal<br />

piloro. La parete anteriore del bulbo è la sede più frequentemente interessata; seguono in ordine di<br />

frequenza la parete posteriore e i margini superiori e inferiore del bulbo. Il diametro medio delle<br />

ulcere duodenali è di circa 1 cm, ma è possibile riscontrare ulcere giganti del diametro di oltre 3 cm,<br />

che possono occupare praticamente la maggior parte del bulbo. Talora vi può essere una duplice<br />

localizzazione di ulcere nel <strong>duodeno</strong>, disposte in posizione affrontata (kissing ulcers). I caratteri<br />

morfologici delle ulcere duodenali sono simili a quelli dell´ulcera gastrica. Le complicanze<br />

dell´ulcera duodenale sono l´emorragia, la perforazione e la stenosi; la possibilità di cancerizzazione<br />

sembrerebbe esclusa.<br />

Data la sottigliezza della parete duodenale, le ulcere della parete anteriore del bulbo sono talvolta<br />

identificabili già a livello ispettivo della sierosa come aree di ispessimento e retrazione della parete, di forma<br />

stellata. Esse possono andare incontro a perforazione con una certa facilità.<br />

Le ulcere della parete posteriore del bulbo tendono invece a penetrare nella testa del pancreas, e possono<br />

portare allo sviluppo di reazioni sclero‐infiammatorie del parenchima pancreatico, di fistole <strong>duodeno</strong>bilari o<br />

di pancreatite acuta.<br />

Le complicanze emorragiche dell´ulcera duodenale possono essere fatali, perché l´approfondirsi<br />

dell´ulcera può comportare l´erosione di rami arteriosi importanti, quali l´arteria pancreatico‐duodenale<br />

superiore e l´arteria gastroepiploica destra.<br />

Le ulcere peptiche postbulbari, piuttosto rare, si localizzano preferibilmente a livello della seconda porzione<br />

duodenale, in sede sopravateriana, di solito lungo la parete mediale del <strong>duodeno</strong>.<br />

La scoperta di ulcere duodenali postbulbari, soprattutto se in regione sottovateriana, deve indirizzare verso<br />

il sospetto di sindrome di Zollinger‐Ellison o di una neoformazione maligna ulcerata.<br />

• Sintomatologia e diagnosi: benché alcuni pazienti con ulcera duodenale attiva siano asintomatici,<br />

solitamente la presenza dell´ulcera è caratterizzata da dolore epigastrico, talvolta riferito come<br />

senso di fastidio o di fame, ma più spesso definito come sordo, costrittivo. In alcuni casi il dolore si<br />

localizza a destra della linea mediana, e può irradiarsi alla spalla destra o alla regione dorso‐<br />

lombare.<br />

Quest´ultima irradiazione è spesso segno dell´approfondirsi dell´ulcera nella testa del pancreas. Il dolore<br />

compare tipicamente da 1 ora e mezza a 3 ore dopo il pasto (postprandiale tardivo), e in più della metà dei<br />

casi è causa di risveglio notturno del paziente. L´assunzione di cibo e antiacidi comporta la risoluzione del<br />

dolore in breve tempo. Episodi di nausea e vomito possono essere indotti da modificazioni funzionali quali<br />

36


spasmo riflesso del piloro, atonia gastrica riflessa, discinesie del bulbo, oppure possono conseguire alla<br />

presenza di stenosi cicatriziale del piloro e del bulbo duodenale. Indipendentemente dalla presenza di<br />

stenosi organica, i pazienti che presentano frequenti episodi di vomito rispondono meno bene alla terapia<br />

medica ed anche a quella chirurgica.<br />

La sintomatologia tende ad essere episodica e ricorrente.<br />

Tipica è la recrudescenza stagionale in primavera e autunno. Periodi sintomatici della durata di alcuni giorni<br />

o settimane si alternano a remissioni che possono durare parecchi mesi o anni.<br />

L´esame obiettivo dell´addome, in assenza di complicanze, può essere negativo, oppure può rivelare la<br />

comparsa di dolore alla palpazione lungo la linea xifo‐ombelicale e nel triangolo pancreatico‐coledocico di<br />

Chauffard‐Rivet. I pazienti con ulcera del canale pilorico, o portatori contemporaneamente di ulcera<br />

gastrica e duodenale, presentano solitamente una sintomatologia prevalentemente riferibile a quella<br />

dell´ulcera duodenale.<br />

La diagnosi differenziale va posta con la gastro‐duodenite, la colecistite cronica litiasica, le coliche biliari, le<br />

patologie pancreatiche e, raramente, con le epatiti.<br />

La conferma della presenza di ulcera duodenale viene fornita dall´esame endoscopico (Fig. 8.8) o da quello<br />

radiologico (Fig. 8.7).<br />

All´esame radiologico con pasto baritato l´ulcera duodenale appare come un´immagine di cratere, verso la<br />

quale convergono pliche mucose tortuose ed ispessite (Fig. 8.7). I segni radiologici indiretti sono lo spasmo<br />

anulare del bulbo duodenale a livello dell´ulcera, che conferisce al bulbo un aspetto a clessidra,<br />

l´eccentricità del canale pilorico e le deformità a farfalla del bulbo, talora così marcate da dar luogo ad<br />

immagini pseudodiverticolari.<br />

L´esame endoscopico è quasi sempre preferibile a quello radiologico, per la maggiore rapidità di<br />

esecuzione e sensibilità. L´endoscopia è inoltre indispensabile per la ricerca di una sospetta ulcera<br />

duodenale in pazienti con negatività del reperto radiologico, per la valutazione della avvenuta guarigione<br />

dell´ulcera e nel sospetto di una patologia maligna.<br />

Complicanze<br />

Perforazione<br />

La perforazione avviene in genere per l´erosione lenta della parete gastrica o duodenale in seguito alla<br />

penetrazione progressiva dell´ulcera (Figg. 8.18, 8.19). Quando compare una perforazione libera nel cavo<br />

peritoneale, la sede della perforazione, in caso di ulcera gastrica, è normalmente rappresentata dalla<br />

piccola curvatura o dalla parete anteriore dello stomaco in regione antrale. Meno frequente è la<br />

perforazione di un´ulcera della parete posteriore, con conseguente spandimento del contenuto gastrico<br />

nella retrocavità degli epiploon. La maggior parte delle ulcere duodenali perforate si localizza sulla parete<br />

anteriore del <strong>duodeno</strong>. La maggior frequenza di perforazione anziché di sanguinamento in corrispondenza<br />

delle pareti anteriori è spiegabile con la minore possibilità di formazione di aderenze viscerali e con<br />

l´assenza di vasi ematici di diametro maggiore in tali sedi. Non raramente, in caso di ulcere croniche, la<br />

reazione infiammatoria della sierosa gastro‐duodenale conseguente alla presenza dell´ulcera comporta<br />

l´aderenza dei tessuti contigui prima che la perforazione abbia luogo; in questo caso si svilupperà la<br />

cosiddetta perforazione coperta.<br />

37


Il quadro clinico della perforazione di ulcera è quello della peritonite acuta. Inizialmente la peritonite è di<br />

natura chimica irritativa, ma si trasforma entro 12‐24 ore in peritonite purulenta per la proliferazione dei<br />

batteri fuoriusciti nel cavo peritoneale. Nel caso dell´ulcera perforata coperta il quadro clinico è spesso<br />

rappresentato dalla peritonite saccata, che evolve verso la formazione di un ascesso localizzato.<br />

La sintomatologia è caratterizzata da esordio acuto, con comparsa improvvisa, talvolta in condizioni di<br />

benessere, di dolore intensissimo, spesso descritto come "una pugnalata", insorgente in epigastrio o in<br />

ipocondrio destro, di tipo continuo. Al dolore si associano talvolta ripetuti conati di vomito, spesso<br />

improduttivi. Il dolore tende in seguito ad irradiarsi a tutti i quadranti addominali, al dorso ed alle regioni<br />

sovraclaveari. Nel caso di una perforazione coperta la sintomatologia dolorosa può attenuarsi per qualche<br />

tempo, senza però recedere mai del tutto; si acuisce in seguito per la comparsa del quadro peritonitico.<br />

Febbre e leucocitosi compaiono entro poche ore. Il paziente assume spontaneamente una posizione<br />

raggomitolata, al fine di detendere la contrattura addominale che segue pressoché subito l´insorgenza del<br />

dolore, per ottenere cosí un effetto antalgico. Il paziente presenta spesso i sintomi e i segni dello shock: la<br />

cute è pallida, fredda e sudata, il polso è frequente e filiforme, la pressione arteriosa nettamente diminuita.<br />

Se il paziente giunge tardivamente all´osservazione possono già essere insorte le manifestazioni dello shock<br />

settico ipodinamico conseguente all´instaurarsi della peritonite.<br />

Fig. 8.18. Perforazione dell´ulcera.<br />

38


Fig. 8.19. Ulcera perforata del <strong>duodeno</strong>, da cui avviene spandimento di succo gastroenterico e ingesti nel<br />

cavo peritoneale.<br />

L´esame obiettivo dell´addome rivela la presenza di una vivace reazione di difesa, che ostacola o impedisce<br />

del tutto le manovre palpatorie (addome "ligneo" o "a tavola"). La cute dell´addome presenta spesso<br />

estese aree di iperestesia. Alla percussione dell´addome e del torace la scomparsa dell´area di ottusità<br />

epatica costituisce la conferma clinica dell´avvenuta perforazione. La peristalsi intestinale è assente, vi è<br />

chiusura dell´alvo alle feci e ai gas, e compare meteorismo diffuso; ciò configura il quadro dell´ileo<br />

paralitico.<br />

La diagnosi generica di perforazione di viscere addominale viene posta in base all´anamnesi (talvolta muta<br />

per quanto riguarda segni e sintomi di ulcera), all´esame obiettivo e al riscontro, all´esame radiologico<br />

diretto dell´addome, di aria subfrenica (Fig. 8.9). In ogni caso va eseguito un esame ECG per escludere che<br />

la sintomatologia algica rappresenti l´irradiazione addominale del dolore da infarto miocardico. Diagnosi<br />

differenziale va posta anche con la pancreatite acuta, la colecistite acuta, l´appendicite acuta e l´infarto<br />

intestinale.<br />

Quando il paziente giunge all´osservazione, dopo le necessarie manovre rianimatorie, bisogna procedere<br />

allo svuotamento dello stomaco con un sondino naso‐gastrico di grosso calibro, per arrestare lo<br />

spandimento del contenuto gastro‐duodenale nel cavo peritoneale e preparare il paziente all´intervento.<br />

Vanno inoltre tempestivamente attuate una profilassi antibiotica ad ampio spettro e la somministrazione di<br />

farmaci anti‐H2‐recettori. Il paziente va subito preparato per l´intervento chirurgico. La scelta del tipo di<br />

intervento viene effettuata in relazione alle condizioni del paziente; se queste sono critiche per la presenza<br />

di grave shock settico o di insufficienze d´organo, si ricorre abitualmente alla semplice raffia dell´ulcera.<br />

Nella maggior parte dei casi la raffia, unitamente alla terapia antiacida e con anti‐H2‐recettori, è in grado di<br />

risolvere la complicanza. Raramente è necessaria l´esecuzione di una gastroresezione, o si può eseguire<br />

l´exeresi dell´ulcera, con vagotomia e piloroplastica, per la prevenzione della recidiva ulcerosa e per<br />

favorire lo svuotamento gastrico.<br />

La mortalità in caso di perforazione gastro‐duodenale è circa del 10%; essa aumenta progressivamente con<br />

l´età del paziente e con il tempo intercorso tra l´insorgenza della complicanza ed il trattamento.<br />

39


Emorragia<br />

Nel 45% dei casi di sanguinamento del primo tratto del tubo digerente la causa è rappresentata da<br />

un´ulcera peptica. L´emorragia è una complicanza che compare nel 15‐20% dei portatori di ulcera gastro‐<br />

duodenale (Fig. 8.20); è responsabile di circa la metà dei decessi imputabili alla malattia ulcerosa. In molti<br />

casi la presenza dell´ulcera è già documentata in precedenza, tuttavia l´emorragia può costituire il sintomo<br />

d´esordio della malattia, ed allora chiarisce l´origine di disturbi minori e spesso sottovalutati.<br />

Il 40% dei pazienti che hanno avuto un episodio di sanguinamento presenta episodi emorragici ricorrenti,<br />

con progressivo aggravamento della sintomatologia e diminuzione della risposta alla terapia. Il rischio di<br />

ricomparsa del sanguinamento è massimo nei primi 2 giorni dal primo episodio. Il maggior rischio di<br />

recidiva si riscontra in presenza dei seguenti fattori: esordio con ematemesi, età > 60 anni, valori di Hb < 8<br />

g/dl al momento dell´osservazione, sanguinamento da ulcera gigante ed evidenza all´esame endoscopico di<br />

vasi beanti in corrispondenza del fondo dell´ulcera.<br />

Le ulcere gastriche e quelle duodenali presentano una frequenza di sanguinamento pressoché<br />

sovrapponibile. La recidiva di sanguinamento è però circa 3 volte più frequente nell´ulcera gastrica. Inoltre<br />

le emorragie ad origine gastrica sono in genere più gravi e nel 10% dei casi si associano alla perforazione.<br />

L´emorragia acuta si verifica solitamente per l´erosione di rami parietali delle arterie gastriche o duodenali,<br />

più raramente di rami dell´arteria gastro‐epiploica, o dell´arteria pancreatico‐duodenale; rara ma possibile<br />

è l´erosione di vasi mesocolici, per penetrazione dell´ulcera. La mortalità in caso di emorragia acuta massiva<br />

è del 15%; supera il 30% nei casi di sanguinamento recidivo. L´elevata mortalità può essere contenuta solo<br />

con una terapia trasfusionale tempestiva e adeguata (una errata valutazione della perdita ematica è spesso<br />

causa di complicanze) e con il ricorso precoce all´intervento chirurgico nei pazienti per i quali la terapia<br />

medica sia inefficace.<br />

Un modesto stillicidio ematico nella sede dell´ulcera spesso si segnala solo per la comparsa di astenia e<br />

anemia, e per la positività della ricerca di sangue occulto nelle feci.<br />

Un´emorragia acuta si manifesta generalmente con ipotensione, anemizzazione acuta e melena. Se<br />

l´emorragia è copiosa, così da indurre distensione dello stomaco in seguito alla raccolta di una grande<br />

quantità di sangue, ai segni di anemizzazione fa seguito la comparsa di ematemesi; la melena compare di<br />

solito a distanza di qualche ora, ma l´emissione di scariche diarroiche commiste a sangue può essere quasi<br />

contemporanea all´ematemesi se i movimenti peristaltici intestinali risultano aumentati in conseguenza del<br />

passaggio di sangue nell´intestino. In assenza di perforazione, l´esame obiettivo dell´addome è raramente<br />

significativo. Dopo le manovre rianimatorie è indispensabile procedere all´accertamento della sede e della<br />

natura del sanguinamento, tramite l´esecuzione dell´esame endoscopico, che evidenzia l´origine<br />

dell´emorragia in oltre l´80% dei casi. L´esame radiologico con pasto baritato in corso di sanguinamento è in<br />

genere di scarso ausilio. L´esame angiografico (tripode celiaco, arteria mesenterica superiore) si impiega<br />

assai raramente; esso andrebbe riservato ai casi di negatività dell´endoscopia, quando si sospetta che la<br />

sede del sanguinamento possa localizzarsi oltre il legamento di Treitz.<br />

40


Fig. 8.20. Sanguinamento dell´ulcera.<br />

In circa 3/4 dei pazienti con sanguinamento da ulcera peptica il trattamento medico risulta sufficiente ad<br />

arrestare il sanguinamento ed a stabilizzare le condizioni. Il posizionamento di un sondino naso‐gastrico di<br />

grosso calibro permette il lavaggio dello stomaco, la rimozione di sangue e coaguli e il monitoraggio<br />

dell´eventuale ripresa del sanguinamento. Si inizia quindi la somministrazione di farmaci antiacidi e<br />

procoagulanti (eventualmente instillati localmente tramite il sondino naso‐gastrico) e di farmaci anti‐H2‐<br />

recettori a dosaggio pieno. L´infusione endovenosa di somatostatina può aiutare a controllare il<br />

sanguinamento, ma presenta costi molto elevati e andrebbe riservata ai casi di inefficacia delle altre<br />

terapie. L´elettrocoagulazione, la lasercoagulazione o l´infiltrazione con ponfo di sostanze sclerosanti per<br />

via endoscopica delle lesioni sanguinanti può risultare utile e talora risolutiva.<br />

Il 25% dei pazienti affetti da ulcera peptica sanguinante in modo acuto richiede comunque il ricorso<br />

all´intervento chirurgico d´urgenza. Per i pazienti che, nonostante il temporaneo arresto dell´emorragia,<br />

presentino un rischio elevato di recidive e mostrino refrattarietà al trattamento medico, si deve<br />

programmare l´intervento chirurgico in condizioni di elezione.<br />

Stenosi<br />

È una complicanza abbastanza frequente nel caso di localizzazione iuxtapilorica dell´ulcera (Fig. 8.21).<br />

Inizialmente il quadro è quello di stenosi funzionale del piloro, sensibile alla terapia antispastica, indotta<br />

dalla vicinanza della lesione ulcerosa. La stenosi organica compare quando la flogosi perilesionale raggiunge<br />

ed infiltra l´anello pilorico e ne provoca la sclerosi.<br />

Se la stenosi è modesta, lo stomaco riesce a svuotarsi, seppure con lentezza, ed il paziente è in grado di<br />

sopportare la situazione dispeptica che ne consegue, caratterizzata da senso di peso e distensione<br />

epigastrica. In questo caso sono frequenti gli episodi di aggravamento della sintomatologia legati alla<br />

recrudescenza periodica dell´ulcera; la ricomparsa del dolore ulceroso si accompagna ad aumento dei<br />

disturbi dispeptici ed alla comparsa di vomito alimentare e di succo gastrico, in conseguenza della<br />

sovrapposizione di uno spasmo riflesso del piloro.<br />

Alla difficoltà di svuotamento dello stomaco corrisponde generalmente un aumento della peristalsi gastrica,<br />

con progressiva ipertrofia della tunica muscolare. In seguito però compaiono ipotonia e gastrectasia<br />

imponente (Fig. 8.21). Nei casi di stenosi serrata il vomito alimentare si fa sempre più frequente e talvolta<br />

41


viene provocato dal paziente stesso per alleviare lo stato di distensione gastrica. In poco tempo<br />

dall´insorgenza della stenosi, in conseguenza del ridotto assorbimento e del diminuito apporto alimentare<br />

che il paziente si impone per evitare l´insorgenza del vomito, si instaurano un calo ponderale cospicuo e<br />

una condizione di mal nutrizione; a questa si associano disidratazione e alterazioni elettrolitiche in<br />

conseguenza del vomito (alcalosi ipocloremica).<br />

Fig. 8.21. Stenosi in sede di ulcera duodenale iuxtapilorica: si noti la gastrectasia a monte.<br />

La terapia della stenosi pilorica serrata consiste inizialmente nella correzione degli eventuali squilibri<br />

idro‐elettrolitici e dell´equilibrio acido‐base e quindi nella gastroresezione distale con gastro‐<br />

enteroanastomosi, oppure nel bypass della stenosi mediante gastro‐enterostomia a monte della stessa.<br />

Cancerizzazione<br />

La possibilità di trasformazione maligna di un´ulcera peptica gastrica è bassissima. In passato questa<br />

eventualità era stata sovrastimata (5‐10%), ma attualmente è stata ridimensionata in seguito ai risultati<br />

ottenuti con studi prospettici endoscopici circa l´evoluzione delle ulcere gastriche.<br />

Si ritiene che la quasi totalità delle ulcere neoplastiche gastriche insorgano come tali fin dall´inizio,<br />

nonostante l´aspetto macroscopico iniziale all´endoscopia possa essere in alcuni casi quello di un´ulcera<br />

peptica benigna. Allo stato attuale delle conoscenze non esistono prove circa la potenzialità di<br />

trasformazione maligna delle ulcere duodenali.<br />

Terapia<br />

Terapia medica<br />

La terapia medica dell´ulcera peptica viene impiegata per raggiungere tre obiettivi:<br />

42


• la risoluzione della sintomatologia;<br />

• la guarigione della lesione ulcerosa;<br />

• la prevenzione delle complicanze.<br />

Altri due importanti obiettivi sono la prevenzione delle recidive e la prevenzione della comparsa di ulcera<br />

da stress nei pazienti gravemente traumatizzati e in quelli sottoposti ad interventi chirurgici maggiori.<br />

Il trattamento medico deve contemplare anche la rimozione dei fattori che riducono la resistenza delle<br />

barriere mucose e che incrementano la produzione acida. Si deve quindi porre attenzione nell´utilizzo di<br />

farmaci gastrolesivi (per es. farmaci antinfiammatori, steroidei e non‐steroidei) che devono essere sospesi<br />

quando possibile; è consigliabile sospendere il fumo. Anche se i provvedimenti dietetici non ottengono da<br />

soli effetti significativi sulla cicatrizzazione dell´ulcera, è consigliabile ridurre l´assunzione di alimenti<br />

contenenti xantine (caffè, tè, coca‐cola) e gli alcolici. Il paziente deve essere invitato ad avere<br />

un´alimentazione regolare con spuntini leggeri negli intervalli tra i pasti.<br />

Nella maggior parte dei casi l´ulcera peptica guarisce dopo terapie con farmaci che tamponano od<br />

inibiscono la secrezione acida gastrica (antiacidi, antagonisti dei recettori H2 istaminici, inibitori della pompa<br />

protonica) o con farmaci ad attività protettiva diretta sulla mucosa (per es. sucralfato, tricitrato di potassio<br />

bismuto).<br />

• Antiacidi: esplicano la loro azione neutralizzando l´acidità gastrica ed inibendo l´attivazione del<br />

pepsinogeno. Tale modalità d´azione implica che l´efficacia degli antiacidi si ottiene solo con l´assunzione<br />

sistematica e frequente dei farmaci (in media 4 volte al giorno) ed in dosi elevate. L´impiego di alcuni<br />

prodotti antiacidi costituiti da sali assorbibili può causare alterazioni dell´equilibrio acido‐base ed<br />

elettrolitico: il bicarbonato, il citrato ed il tartrato di sodio possono indurre alcalosi sistemica ed<br />

ipernatriemia; gli anioni tartrato e citrato, combinandosi con il calcio, ne limitano l´assorbimento e possono<br />

essere causa di ipocalcemia. Per questi motivi sono da preferirsi sostanze che formano sali non assorbibili a<br />

livello gastro‐intestinale, come l´idrossido di alluminio, l´idrossido di magnesio, il carbonato di magnesio, il<br />

trisilicato di magnesio. L´effetto costipante dell´idrossido di alluminio viene contrastato da quello lassativo<br />

dei sali di magnesio. Tali associazioni presentano efficacia massima quando vengono somministrate sotto<br />

forma di preparazioni colloidali. L´assunzione di antiacidi può ostacolare l´assorbimento di altri farmaci:<br />

anticoagulanti, digitalici, antibiotici, chinidina, ormoni steroidi, anticolinergici, barbiturici, salicilati,<br />

vitamine, oligoelementi; per evitare interazioni farmacologiche è opportuno distanziare di almeno 2 ore la<br />

somministrazione di questi farmaci da quella degli antiacidi.<br />

• Inibitori della secrezione acida.<br />

Farmaci bloccanti i recettori H2 istaminici : inducono la guarigione dell´ulcera entro 4‐8 settimane dall´inizio<br />

della terapia nel 75‐95% dei casi. Il capostipite di questa classe di farmaci, introdotti nell´uso terapeutico<br />

circa 20 anni fa, è rappresentato dalla cimetidina, cui si sono aggiunti in seguito ranitidina, famotidina,<br />

nizatidina. Le differenze nell´azione farmacologica e nella farmacocinetica tra le varie molecole non<br />

sembrano influire in modo sostanziale sulla pratica terapeutica. La buona efficacia e tollerabilità rendono gli<br />

H2‐antagonisti farmaci idonei nella terapia dell´ulcera peptica in elezione. I protocolli terapeutici attuali<br />

prevedono la loro somministrazione in 2 dosi giornaliere a distanza di 12 ore, o in un´unica dose serale.<br />

Farmaci inibitori della pompa protonica (omeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo, rabeprazolo,<br />

esomeprazolo): sono in grado di inibire la pompa protonica K + /H + ATP‐asi dipendente nelle cellule parietali<br />

gastriche, inducendo una riduzione della secrezione acida fino al 99%. Numerosi studi randomizzati a<br />

doppio cieco, effettuati utilizzando come parametro dell´esito i tassi comparativi di cicatrizzazione di ulcere<br />

43


diagnosticate per via endoscopica, hanno stabilito che gli inibitori di pompa protonica ai dosaggi<br />

convenzionali (omeprazolo 20 mg/die, lansoprazolo 30 mg/die, pantoprazolo 40 mg/die, rabeprazolo 20<br />

mg/die, esomeprazolo 40 mg/die) cicatrizzano le ulcere più velocemente rispetto agli H2‐antagonisti e<br />

comportano una più rapida remissione dei sintomi.<br />

• Citoprotettori: impediscono la retrodiffusione degli idrogenioni dal lume gastrico alla mucosa.<br />

Tripotassio dicitrato bismutato : in sospensione colloidale precipita sulle mucose, stimola la produzione di<br />

muco, inibisce le pepsine ed esercita azione antibatterica sull´Helicobacter pylori.<br />

Sucralfato : sale di alluminio e del saccarosio, si lega agli essudati proteici che ricoprono la lesione ulcerosa,<br />

creando sopra di essa uno strato protettivo e rendendola resistente all´azione delle pepsine; va<br />

somministrato in dosi di 1‐4 g al giorno un´ora prima dei pasti ed alla sera. L´efficacia dei citoprotettori<br />

nell´ottenere la cicatrizzazione dell´ulcera è decisamente inferiore rispetto quella degli antisecretivi e la<br />

scomparsa dei sintomi è decisamente più lenta.<br />

Terapia medica a lungo termine<br />

Sebbene le ulcere possano cicatrizzare rapidamente grazie all´efficacia dei farmaci sopra citati, la recidiva<br />

ulcerosa è frequente se si interrompe la terapia; si osserva circa l´80% di recidive ad un anno<br />

dall´interruzione del trattamento.<br />

Nel tentativo di prevenire le recidive ulcerose, in un passato relativamente recente i pazienti sono stati<br />

sottoposti a terapie di mantenimento con farmaci inibitori della secrezione acida gastrica (H2‐antagonisti ed<br />

inibitori della pompa protonica): bassi dosaggi di questi farmaci, assunti in modo continuativo, si sono<br />

dimostrati efficaci nel ridurre la frequenza di recidive e l´incidenza di complicanze. La scoperta<br />

dell´importanza clinica dell´infezione gastrica da H. pylori, per la sua alta prevalenza nei pazienti affetti da<br />

malattia ulcerosa, ha fornito l´opportunità di modificare la storia naturale della malattia. Molti studi<br />

concordano nell´affermare che quando l´infezione da H. pylori viene eradicata, la recidiva di ulcera, sia<br />

duodenale sia gastrica, è inferiore al 2% a distanza di un anno.<br />

L´eradicazione dell´H. pylori riduce contemporaneamente anche le complicanze della patologia peptica,<br />

compresa l´emorragia.<br />

Poiché è stato dimostrato che la maggior parte delle ulcere sono dovute all´infezione cronica da H. pylori,<br />

non viene considerata completa una terapia dell´ulcera che non contempli l´eradicazione dell´infezione.<br />

C´è consenso sulla necessità di sottoporre a terapia di eradicazione dell´H. pylori tutti i pazienti affetti da<br />

ulcera ed infetti da quel batterio, indipendentemente dal fatto che l´ulcera sia in forma attiva o in fase di<br />

cicatrizzazione. Sono stati utilizzati molti schemi terapeutici per l´eradicazione farmacologica dell´infezione<br />

da H. pylori ; attualmente la terapia di scelta è considerata l´associazione di un farmaco acido‐soppressore<br />

(inibitore di pompa protonica, oppure ranitidina, oppure bismuto citrato), con due farmaci antibiotici scelti<br />

tra amoxicillina, claritromicina e metronidazolo, somministrati 2 volte al giorno per una settimana. In caso<br />

di mancata eradicazione, l´opzione terapeutica più seguita consiste nell´associare un inibitore di pompa<br />

protonica con due dei citati antibiotici e con il bismuto citrato.<br />

Le ulcere non correlate all´infezione da H. pylori dovrebbero essere trattate con un farmaco acido‐<br />

soppressore la cui assunzione dovrebbe essere protratta nel tempo. Inoltre, i pazienti con ulcera peptica<br />

che non presentano infezione da H. pylori dovrebbero essere sottoposti ad accertamenti per individuare<br />

una causa alternativa (per es. farmaci antinfiammatori non steroidei; malattia di Crohn; sindrome di<br />

Zollinger‐Ellison).<br />

È opportuno sottolineare che il paziente affetto da ulcera gastrica deve sempre essere sottoposto a biopsie<br />

multiple della lesione ulcerosa, ottenute per via endoscopica; tali biopsie devono essere ripetute, sia<br />

44


quando l´ulcera non guarisce (prima di proporre un nuovo ciclo terapeutico), sia sulla cicatrice, in caso di<br />

guarigione della lesione. La ripetizione di biopsie è necessaria per escludere la presenza di neoplasia<br />

gastrica nella sede ulcerosa.<br />

Terapia chirurgica<br />

• Indicazione all´intervento: l´intervento chirugico è indicato in presenza di:<br />

− ulcere refrattarie alla terapia, specialmente se insorte nello stomaco, o recidivanti, che comportano grave<br />

sintomatologia dolorosa e limitano fortemente la qualità di vita del paziente;<br />

− sospetto di natura maligna dell´ulcera, anche in caso di negatività dei reperti istologici;<br />

− scarsa accettazione del trattamento medico da parte del paziente.<br />

Costituiscono in genere indicazione all´intervento le complicanze gravi: emorragia massiva o recidivante,<br />

perforazione, stenosi cicatriziale serrata. La mortalità globale postoperatoria negli interventi in elezione è<br />

dell´1%, ma raggiunge il 10‐20% nel caso di interventi eseguiti d´urgenza per complicanze emorragiche o<br />

perforative. La recidiva ulcerosa compare con frequenza variabile dall´1 al 10% in rapporto soprattutto al<br />

tipo d´intervento eseguito. Le finalità degli interventi che si eseguono per il trattamento dell´ulcera peptica<br />

sono:<br />

− asportare l´ulcera resecando lo stomaco distale e il bulbo duodenale e/o<br />

− ridurre la secrezione acida gastrica recidendo i rami gastrici del nervo vago.<br />

Gli interventi chirurgici in condizioni di elezione per il trattamento dell´ulcera peptica sono diminuiti<br />

moltissimo negli ultimi 20 anni, da quando è iniziato l´uso dei farmaci H2‐bloccanti e dell´omeprazolo.<br />

• Vagotomia: abolendo gli stimoli vagali che giungono alla porzione acido‐secernente dello stomaco e<br />

all´antro gastrico, la vagotomia mira ad ottenere la riduzione della secrezione acida gastrica e del rilascio di<br />

gastrina indotto dalla stimolazione nervosa. Tali effetti della vagotomia sono confermati dalla risposta alla<br />

stimolazione pentagastrinica, che nei soggetti vagotomizzati è pari solo al 25‐30% di quella dei soggetti<br />

sani.<br />

La percentuale di recidive ulcerose dopo vagotomia è abbastanza elevata: mediamente del 10%. Dopo<br />

l´avvento dei farmaci bloccanti H2‐recettori, la vagotomia viene eseguita assai raramente per il trattamento<br />

dell´ulcera peptica.<br />

La vagotomia tronculare (Fig. 8.22) consiste nella resezione di 2‐3 cm dei nervi vaghi al loro ingresso<br />

nell´addome, nella porzione adiacente al tratto sottodiaframmatico dell´esofago. La tecnica comporta una<br />

totale denervazione dello stomaco e causa stasi gastrica per atonia della pa rete e mancata inibizione della<br />

contrazione pilorica; ciò si verifica fino alla ripresa spontanea dell´attività peristaltica in seguito alla<br />

comparsa di un´attività nervosa autonoma da parte del plesso di Auerbach, che avviene a distanza di<br />

parecchie settimane dall´intervento. Tali effetti collaterali impongono di associare alla vagotomia<br />

tronculare la piloroplastica (sezione e ampliamento dello sfintere pilorico (Fig. 8.23) oppure un´anastomosi<br />

gastro‐enterica (Fig. 8.24), per evitare problemi di svuotamento dello stomaco.<br />

Per evitare l´insorgenza di una sindrome postvagotomica e la necessità di associare interventi di<br />

drenaggio gastrico, si può eseguire la vagotomia selettiva distale (Fig. 8.22), che consiste nella<br />

sezione dei nervi vaghi poco sotto la biforcazione in ramo gastrico (nervo di Latarjet) e ramo<br />

extragastrico. È così possibile preservare il ramo epatico del vago di sinistra e quello celiaco del<br />

vago di destra; tale intervento viene di regola eseguito in associazione con l´antrectomia o con una<br />

gastroresezione.<br />

Con la vagotomia selettiva prossimale, o superselettiva (Fig. 8.22), vengono sezionati in prossimità<br />

della parete gastrica solo i rami nervosi destinati ai 2/3 prossimali dello stomaco; si ottiene così la<br />

45


denervazione della porzione acido-secernente dello stomaco, conservando invece l´innervazione<br />

dell´antro e del piloro. Lo svuotamento gastrico risulta quindi normale e non è necessario eseguire<br />

la piloroplastica.<br />

La vagotomia non risulta efficace nella sindrome di Zollinger-Ellison e nelle altre condizioni di<br />

ipergastrinemia, perché in tal caso l´ipercloridria è totalmente indipendente dal controllo vagale.<br />

• Antrectomia con vagotomia: nei pazienti che presentano una produzione acida molto elevata in risposta<br />

allo stimolo pentagastrinico può essere utile procedere all´asportazione dell´antro gastrico, del piloro e del<br />

<strong>duodeno</strong> prossimale riducendo il volume dello stomaco del 30‐50%, ed eseguire contemporaneamente la<br />

vagotomia (Fig. 8.25). Ciò evita i disturbi connessi con le resezioni maggiori dello stomaco e riduce<br />

l´incidenza delle recidive ulcerose. L´intervento combinato presenta infatti una percentuale di recidive<br />

dell´1‐2%. Il ripristino della continuità del canale alimentare avviene solitamente tramite gastro‐<br />

<strong>duodeno</strong>stomia termino‐terminale o termino‐laterale (intervento secondo Billroth I), o gastro‐<br />

digiunostomia (intervento secondo Billroth II).<br />

• Duodeno‐gastroresezione: consiste nella resezione di circa i 2/3 distali dello stomaco e della porzione<br />

prossimale del <strong>duodeno</strong> (Fig. 8.26), seguita da una ricostruzione tipo Billroth II o da gastro‐<br />

digiunoanastomosi su ansa digiunale a Y secondo Roux (Fig. 8.27). La <strong>duodeno</strong>gastroresezione offre il<br />

vantaggio di rimuovere, oltre all´antro gastrico, anche una notevole porzione della mucosa acido‐<br />

secernente. La frequenza di ulcere recidive è dell´1‐5%. Per il trattamento del sanguinamento<br />

incontrollabile di ulcere peptiche antrali o del bulbo duodenale si esegue d´urgenza la <strong>duodeno</strong>‐<br />

gastroresezione.<br />

• Gastrectomia totale: può rendersi necessaria nel caso di ulcere in regione sottocardiale, oppure<br />

associate alla sindrome di Zollinger‐Ellison refrattarie alla terapia, o nella gastrite acuta emorragica.<br />

L´asportazione completa dello stomaco è seguita da esofago‐digiunostomia per la ricostruzione della<br />

continuità del tubo digerente (Fig. 8.28).<br />

46


Fig. 8.22. Vagotomia. (a) Tronculare; (b) selettiva; (c) superselettiva.<br />

47


Fig. 8.23. Piloroplastica secondo Heineke‐Mikulicz: incisione longitudinale attraverso lo sfintere pilorico e<br />

sutura trasversale.<br />

Fig. 8.24. Gastro‐digiunostomia antecolica.<br />

48


Fig. 8.25. Antrectomia + vagotomia selettiva.<br />

Fig. 8.26. Duodeno‐gastroresezione per ulcera del bulbo duodenale.<br />

49


Fig. 8.27. Metodi di ricostruzione dopo gastroresezione. (a) Billroth II (gastro‐digiunostomia); (b) Roux<br />

(gastro‐digiunostomia su ansa a Y).<br />

Fig. 8.28. Gastrectomia totale e ricostruzione con ansa digiunale a Y alla Roux.<br />

Complicanze dopo interventi<br />

per ulcera peptica<br />

Le complicanze più frequenti nel periodo postoperatorio precoce dopo interventi chirurgici per ulcera<br />

peptica sono rappresentate da:<br />

• deiscenza delle suture anastomotiche dello stomaco (1‐4%);<br />

• deiscenza della sutura del moncone duodenale dopo interventi di tipo Billroth II (2%);<br />

• emorragia (2%);<br />

50


• sviluppo di pancreatite acuta (1,5%).<br />

L´insorgenza di complicanze è spesso legata a problemi tecnici inerenti alla realizzazione dell´intervento,<br />

come l´insufficiente vascolarizzazione del moncone gastrico o duodenale, la tensione cui possono essere<br />

sottoposte le suture anastomotiche, l´inadeguata emostasi intraoperatoria, lo sviluppo di raccolte<br />

ascessuali perianastomotiche.<br />

Le complicanze tardive degli interventi chirurgici per ulcera peptica possono manifestarsi anche dopo<br />

parecchie settimane o anni dall´intervento (Tab. 8.2).<br />

• Recidiva ulcerosa: la frequenza di recidiva ulcerosa varia dall´1 al 10%, a seconda del tipo di<br />

intervento. È più frequente dopo vagotomia che dopo intervento di resezione gastrica. La comparsa<br />

della recidiva si segnala per la ripresa della sintomatologia dolorosa; il paziente riferisce dolore<br />

epigastrico, caratterizzato di solito dalla tipica periodicità giornaliera. Talvolta la recidiva esordisce<br />

con segni e sintomi di emorragia o perforazione. Negli interventi che hanno comportato la<br />

confezione di gastro‐digiunostomia, la recidiva ulcerosa insorge generalmente in prossimità<br />

dell´anastomosi. La causa della recidiva è rappresentata spesso dall´esecuzione di un intervento<br />

che si rivela insufficiente a controllare la produzione acida, oppure dalla tecnica chirurgica<br />

imperfetta (per es. vagotomia incompleta, antrectomia incompleta, resezione insufficiente di<br />

stomaco acido‐secernente, piloroplastica inadeguata). L´ulcera recidiva può anche essere<br />

espressione di una sindrome di Zollinger‐Ellison o di iperparatiroidismo.<br />

La terapia con farmaci anti‐H2 può talvolta consentire la guarigione delle ulcere recidive ed<br />

anastomotiche, ma spesso si rende necessario un secondo intervento.<br />

• Fistole gastro‐digiuno‐coliche e gastro‐coliche: le ulcere anastomotiche recidive possono erodere<br />

la parete digiunale e aprirsi nel lume del colon trasverso, adeso per processi perivisceritici, dando<br />

luogo ad una fistola gastro‐digiuno‐colica. Una fistolizzazione diretta tra lo stomaco e il colon è più<br />

rara, anche se possibile, in corso di ulcera peptica.<br />

La formazione di queste fistole si segnala per la ricomparsa della sintomatologia dolorosa accompagnata da<br />

diarrea acquosa grave (8‐10 scariche al giorno); talvolta si verifica vomito fecaloide per il reflusso del<br />

contenuto intestinale nello stomaco. La diagnosi definitiva di queste complicanze si ottiene mediante<br />

l´evidenziazione radiologica della fistola con pasto baritato o clisma opaco.<br />

Tab. 8.2. Complicanze tardive degli interventi<br />

per ulcera peptica.<br />

• Recidiva ulcerosa<br />

• Fistola (gastro‐digiunocolica; gastro‐colica)<br />

• Gastrite da reflusso biliare<br />

• Sindrome postvagotomica<br />

• Dumping syndrome<br />

• Sindrome dell´ansa afferente<br />

• Cancro del moncone gastrico<br />

La terapia chirurgica consiste nell´escissione dei tratti fistolizzati seguita dalla prevenzione farmacologica<br />

di ulteriori recidive ulcerose.<br />

51


• Gastrite da reflusso biliare: il reflusso del contenuto duodenale nello stomaco è un evento comune<br />

dopo interventi che alterano la funzionalità del piloro. In alcuni casi ciò può causare una gastrite del<br />

moncone, rilevata clinicamente dalla comparsa di dolore epigastrico postprandiale. La diagnosi è<br />

fornita dall´esame endoscopico e dall´esito delle biopsie mucose. Il persistere di un grave quadro<br />

sintomatologico o di gravi turbe della nutrizione costituisce indicazione al reintervento, durante il<br />

quale si esegue una gastro‐enteroanastomosi su ansa a Y secondo Roux, che protegge dal reflusso<br />

biliare (Fig. 8.27).<br />

• Sindrome postvagotomica: la denervazione splancnica che consegue alla vagotomia tronculare<br />

induce con una certa frequenza discinesie biliari e disturbi motori e secretori del tenue e del colon.<br />

Tali disturbi possono persistere per un periodo di tempo non prevedibile fino a configurare una<br />

vera e propria sindrome postvagotomica caratterizzata da cardiospasmo, reflussogastro‐esofageo,<br />

ristagno biliare da atonia colecistica con formazione di fango biliare, reflusso <strong>duodeno</strong>‐biliare per<br />

atonia dello sfintere di Oddi, riduzione della secrezione pancreatica esocrina, diarrea. La diarrea è il<br />

disturbo più frequente nei pazienti sottoposti a vagotomia tronculare; 2/3 circa di essi lamentano<br />

un aumento di frequenza dell´evacuazione dell´alvo, ma ciò non si ripercuote seriamente sulla<br />

qualità di vita. La diarrea può essere episodica, con la comparsa non prevedibile di poche scariche<br />

alvine isolate oppure può presentarsi con scariche multiple di feci acquose che perdurano per vari<br />

giorni; il 10% dei pazienti vagotomizzati e sottoposti a piloroplastica presenta costantemente un<br />

numero elevato di scariche alvine, tale da rendere necessario un trattamento farmacologico. La<br />

causa della diarrea è probabilmente da identificare nella aumentata velocità di svuotamento dello<br />

stomaco dopo piloroplastica o gastro‐digiunostomia e nelle conseguenze della denervazione<br />

intestinale sulla attività secretoria e peristaltica, dal momento che la diarrea non compare dopo<br />

vagotomia superselettiva.<br />

In presenza di una grave sindrome postvagotomica, se il trattamento sintomatico con antidiarroici non<br />

riesce ad attenuare il disturbo, può rendersi necessario il ricorso all´intervento chirurgico, che consiste<br />

nell´interposizione di un breve tratto di digiuno in senso antiperistaltico a circa 1 metro di distanza dal<br />

legamento di Treitz.<br />

• Dumping syndrome: è una complicanza poco frequente, che si può presentare nei pazienti<br />

sottoposti a piloroplastica, ad antrectomia, o a gastroresezione, oppure in presenza di anastomosi<br />

gastro‐digiunale. La dumping syndrome, la cui sintomatologia saliente è cardiovascolare e gastro‐<br />

intestinale, è illustrata dettagliatamente in seguito).<br />

• Sindrome dell´ansa afferente: compare dopo gli interventi secondo Billroth II, quando nell´ansa<br />

afferente all´anastomosi gastro‐digiunale ristagnano bile, succo pancreatico, succo enterico ed<br />

ingesti. La sovradistensione passiva dell´ansa afferente è spesso segnalata dalla comparsa di<br />

epigastralgie; si verifica quindi lo svuotamento rapido ed improvviso dell´ansa nello stomaco, con la<br />

comparsa di nausea e vomito biliare, cui possono aggiungersi i sintomi della dumping syndrome. La<br />

sindrome dell´ansa afferente può comparire dopo la confezione di una gastro‐digiunoanastomosi<br />

caratterizzata da ansa afferente eccessivamente lunga o angolata.<br />

I pazienti possono trarre beneficio dal consumo di bevande gassate che, inducendo la<br />

distensione dell´ansa, ne stimolano lo svuotamento prima che si accumulino notevoli quantità di<br />

contenuto intestinale, ma spesso si rende necessaria la correzione chirurgica.<br />

• Cancro del moncone gastrico: è stato documentato un aumento di incidenza dell´adenocarcinoma<br />

gastrico dopo resezione gastrica.<br />

52


Il rischio di comparsa di neoplasia del moncone aumenta dopo 10 anni dall´intervento ed è<br />

massimo dopo 15‐25 anni. Ciò sembra in rapporto con la elevata frequenza di condizioni<br />

predisponenti all´insorgenza di neoplasia gastrica, come la gastrite atrofica, la metaplasia<br />

intestinale e la gastrite da reflusso, che insorgono a livello della mucosa gastrica residua.<br />

La possibile insorgenza di un carcinoma va presa in considerazione quando la sintomatologia<br />

addominale ricompare a distanza di molti anni da un intervento per ulcera peptica.<br />

Ematemesi e melena<br />

• Le emorragie acute del tubo digerente sono spesso assai gravi e tali da mettere improvvisamente a<br />

repentaglio la vita dal paziente. Anche le emorragie croniche di modesta entità, che si rivelano per<br />

la comparsa di anemia e la presenza di sangue occulto nelle feci, vanno indagate con grande rigore,<br />

compiendo ogni sforzo per accertarne la natura; esse possono infatti preludere a sanguinamenti<br />

massivi e possono essere il sintomo‐spia di gravi malattie. Ogni caso di ematemesi, melena o<br />

enterorragia va inizialmente considerato con urgenza.<br />

L´identificazione della sede del sanguinamento può essere difficile e può richiedere l´ausilio di diverse<br />

metodiche strumentali. L´ematemesi e/o la melena possono conseguire infatti a emorragie verificatesi a<br />

vario livello: esofageo, gastrico, epato‐biliare, duodenale o intestinale.<br />

La quantità di sangue emesso con ematemesi o melena fornisce solo indicazioni presuntive sulla entità<br />

effettiva dell´emorragia e sulla sua sede; il colore del sangue emesso è invece un indice utile ai fini della<br />

localizzazione del sanguinamento.<br />

La comparsa di ematemesi senza melena è indicativa di emorragia che origina prossimalmente al<br />

legamento di Treitz. L´ematemesi è generalmente un sintomo grave, perché indica una perdita ematica<br />

cospicua (in genere > 1000 ml) avvenuta in un tempo relativamente breve; in molti pazienti la terapia<br />

medica è inefficace e per il controllo dell´emorragia si rende necessario l´intervento chirurgico d´urgenza.<br />

L´ematemesi va comunque distinta dal vomito di sangue deglutito, che può verificarsi in corso di emottisi o<br />

in seguito a epistassi massive.<br />

Un´ematemesi abbondante e di colore rosso vivo indica che l´emorragia è di origine esofagea o gastro‐<br />

duodenale e di tale portata da causare il riempimento rapido dello stomaco e la comparsa precoce di<br />

vomito, prima che l´emoglobina possa essere digerita dal succo gastrico.<br />

Un´emorragia cospicua può accompagnarsi anche ad un rapido passaggio di sangue nell´intestino; ciò<br />

induce un incremento della peristalsi e determina la comparsa di scariche alvine commiste a sangue<br />

parzialmente digerito e che assumono un colore variabile dal rosso scuro al piceo (melena). Un´ematemesi<br />

con emissione di vomito caffeano indica che l´emorragia è sì abbondante, ma che il sanguinamento è<br />

piuttosto lento, così da permettere il ristagno del sangue nello stomaco per un periodo di tempo piuttosto<br />

lungo; l´emoglobina, per effetto dell´acido cloridrico, viene così convertita in emetina ed il colore del<br />

sangue vira dal rosso al nerastro. In questi casi compare di solito anche melena entro qualche ora.<br />

53


• La melena può prodursi in conseguenza di un sanguinamento insorto in qualunque punto del tubo<br />

digerente compreso tra la bocca e il sigma distale, purché il tempo impiegato dal sangue a<br />

percorrere il tubo digerente sia sufficientemente lungo da consentire l´azione del succo gastrico,<br />

così da far assumere alle feci il colore piceo e l´aspetto catramoso. Il 50% delle emorragie esofagee<br />

e gastro‐duodenali si rende manifesto per la comparsa solo di melena; si tratta solitamente di<br />

emorragie di portata abbastanza modesta, dato che è sufficiente la presenza di 50‐100 ml di sangue<br />

nell´intestino per produrre l´emissione di feci melaniche.<br />

Se la melena consegue ad emorragie consistenti, con presenza di notevoli quantità di sangue nell´intestino,<br />

l´evacuazione di feci melaniche può protrarsi per 3‐4 giorni dopo la cessazione del sanguinamento. Il<br />

riassorbimento intestinale di cataboliti dell´emoglobina può comportare la comparsa di subittero,<br />

iperpotassiemia e modesto rialzo febbrile.<br />

• L´enterorragia, cioè l´emissione di sangue rosso vivo dal retto, commisto o meno alle feci, è di solito<br />

indicativa di emorragie insorte distalmente al legamento di Treitz, in genere oltre l´ileo terminale.<br />

Le manifestazioni generali di un´emorragia gastro‐intestinale grave dipendono dalla sede e dalla<br />

rapidità con cui avviene la perdita di sangue, nonché dalla frequenza degli episodi emorragici.<br />

• Il sanguinamento cronico in genere si rivela solo con segni clinici di anemia e per la presenza di<br />

sangue occulto nelle feci.<br />

• Nei casi di sanguinamento acuto possono comparire shock ipovolemico e oligo‐anuria.<br />

Quando il paziente con emorragia gastro‐intestinale giunge all´osservazione, si deve anzitutto valutare la<br />

stabilità delle sue condizioni emodinamiche; si procede quindi all´infusione endovenosa inizialmente di<br />

liquidi plasma expanders e, se necessario, di sangue.<br />

Si devono eseguire gli esami siero‐ematici atti a valutare l´entità della perdita ematica, la concentrazione<br />

degli elettroliti sierici e la presenza di eventuali deficit della coagulazione, della funzione epatica e di quella<br />

renale.<br />

Per valutare l´entità delle perdite ematiche e la necessità di emotrasfusioni, si eseguono determinazioni<br />

seriate dell´ematocrito, ad intervalli di 1‐6 ore, proporzionalmente alla gravità apparente dell´emorragia.<br />

L´ematocrito determinato immediatamente dopo l´esordio dell´emorragia può non riflettere con precisione<br />

l´entità della perdita, poiché l´emodiluizione da parte dei liquidi extravascolari richiede qualche ora.<br />

Indicativamente, alla diminuzione di ogni unità % dell´ematocrito corrisponde una perdita di circa 100 ml di<br />

sangue.<br />

L´esame morfologico dei globuli rossi e la determinazione della sideremia non devono comunque essere<br />

trascurati, perché possono fornire indicazioni riguardo alla natura acuta o cronica del sanguinamento.<br />

L´azotemia può risultare elevata, sia per la diminuzione dell´ultrafiltrazione conseguente all´ipoperfusione<br />

renale, sia, soprattutto nel caso di emorragie del primo tratto del tubo digerente, per il riassorbimento di<br />

cataboliti azotati derivanti dalla digestione intestinale del sangue. Nei pazienti epatopatici può comparire<br />

iperammoniemia in conseguenza del riassorbimento intestinale delle cospicue quantità di ammoniaca<br />

derivanti dal catabolismo dell´emoglobina.<br />

54


La terapia rianimatoria fondamentale comprende il trattamento dello shock ipovolemico tramite<br />

infusione di colloidi e sangue intero e la correzione di eventuali turbe elettrolitiche e coagulative. Se il<br />

paziente è in stato di shock è indispensabile cercare di migliorare la perfusione tissutale e gli scambi<br />

respiratori, monitorando i parametri vitali, comprese la pressione venosa centrale e la diuresi. Si deve<br />

quindi chiarire la diagnosi, per meglio indirizzare la terapia.<br />

Nell´anamnesi si deve indagare l´eventuale assunzione di alcool e farmaci gastro‐lesivi, la presenza di<br />

pregressa patologia gastro‐intestinale e di epatopatie croniche. All´esame obiettivo si deve ricercare<br />

l´eventuale presenza di ipertensione portale ed escludere fonti non gastro intestinali di sanguinamento<br />

(emottisi, epistassi massive, ecc.), si devono indagare i segni di diatesi emorragiche, la presenza di masse<br />

addominali palpabili e di malattie potenzialmente in grado di indurre emorragie dell´apparato digerente. Se<br />

si accerta un sanguinamento da varici esofagee si può posizionare la sonda di Sengstaken‐Blakemore (Fig.<br />

8.29) ed iniziare l´infusione endovenosa di somatostatina e pitressina, in attesa della sclerosi endoscopica<br />

delle varici o del loro trattamento chirurgico. Una volta stabilizzate le condizioni si può procedere<br />

all´esecuzione degli esami strumentali per accertare la sede e la natura dell´emorragia, ed effettuare quindi<br />

la terapia causale.<br />

Per la diversità del quadro sintomatologico, i sanguinamenti del tubo digerente si possono distinguere in<br />

due gruppi: emorragie del primo tratto (dal faringe al <strong>duodeno</strong> compreso) ed emorragie del tratto<br />

intermedio‐distale (dal digiuno al retto).<br />

55


Fig. 8.29. Sonda di Sengstaken‐Blakemore.<br />

Emorragie del primo tratto del tubo digerente<br />

Le cause più frequenti di sanguinamento a questo livello (Tab. 8.3) sono l´ulcera duodenale (30%), l´ulcera<br />

gastrica (20%), le varici esofagee (20%), la gastrite acuta erosiva (20%), la sindrome di Mallory‐Weiss (5%). Il<br />

restante 5% è rappresentato da: tumori benigni e maligni dell´esofago e dello stomaco, ernia iatale,<br />

esofagite peptica, diverticoli duodenali o della prima ansa digiunale, emobilia. Anche le emopatie primitive<br />

(leucemie, trombocitopenie, emofilia) e acquisite (CID), nonché le vasculiti a manifestazione sistemica<br />

(porpora di Schoenlein‐Enoch, panarterite nodosa) possono dar luogo a sanguinamento gastro‐intestinale.<br />

Nei casi in cui si sospetta l´origine gastro‐duodenale dell´emorragia, si deve procedere al posizionamento di<br />

un sondino naso‐gastrico di grosso calibro, che va lasciato in situ per almeno 12 ore dopo la cessazione<br />

dell´emorragia, al fine di segnalare tempestivamente l´eventuale ripresa del sanguinamento e istituire il<br />

trattamento d´urgenza.<br />

Se in anamnesi viene riferita ematemesi e all´aspirazione del sondino naso‐gastrico si riscontrano sangue<br />

rosso vivo e coaguli freschi, il sanguinamento va considerato ancora in atto; si eseguono quindi ripetuti<br />

lavaggi dello stomaco con soluzione fisiologica fredda per favorire l´emostasi inducendo una<br />

vasocostrizione locale; si instillano procoagulanti ad azione topica, fino ache l´aspirato non risulti privo di<br />

sangue. Se l´emorragia cessa o comunque diminuisce di intensità, si procede immediatamente<br />

all´esecuzione dell´endoscopia. Eventualità molto frequente è quella in cui il paziente giunge<br />

all´osservazione riferendo episodi di ematemesi, ma il sondino naso‐gastrico evidenzia la presenza nello<br />

stomaco solo di una modesta quantità di liquido caffeano. Ciò indica che il sanguinamento è cessato;<br />

pertanto, dopo lavaggio dello stomaco con soluzione fisiologica fredda, si può procedere all´esecuzione<br />

dell´esame endoscopico. Anche nel sospetto di sanguinamento duodenale va eseguita rapidamente<br />

l´endoscopia. Se il paziente presenta melena senza ematemesi e l´aspirato gastrico evidenzia tracce di<br />

liquido caffeano, bisogna sospettare che la sede del sanguinamento sia a livello duodenale, comunque a<br />

monte del legamento di Treitz. L´assenza di sangue dall´aspirato gastrico non è sufficiente per escludere<br />

l´origine duodenale dell´emorragia. Se l´aspirato è tipicamente di succo gastrico e non contiene sangue, il<br />

sondino naso‐gastrico va lasciato in sede fino alla comparsa di aspirato tinto di bile; il sanguinamento<br />

duodenale può infatti indurre uno spasmo pilorico, impedendo al sangue di refluire nello stomaco. Se<br />

invece l´aspirato gastrico fornisce materiale biliare privo di sangue (anche occulto), la sede del<br />

sanguinamento è probabilmente distale rispetto al legamento di Treitz.<br />

L´esame endoscopico consente di individuare la sede di un sanguinamento del primo tratto del tubo<br />

digerente nell´80% dei casi e permette talvolta un trattamento emostatico: elettrocoagulazione,<br />

lasercoagulazione, sclerosi di varici esofagee, applicazioni alla sede di sanguinamento di colla di fibrina e di<br />

ponfi con agenti emostatici.<br />

Tab. 8.3. Cause di emorragia del primo tratto del tubo digerente (dal faringe al<br />

<strong>duodeno</strong>).<br />

Cause più frequenti<br />

• Varici esofagee<br />

• Ulcera peptica (gastrica, duodenale)<br />

• Gastrite‐duodenite (idiopatica, da stress, da farmaci)<br />

56


• Sindrome di Mallory‐Weiss<br />

Cause meno frequenti<br />

• Tumori orofaringei<br />

• Esofagite<br />

• Tumori esofagei<br />

• Diverticoli esofagei<br />

• Ernia iatale<br />

• Sindrome di Boerhaave<br />

• Tumori gastrici (benigni e maligni)<br />

• Ulcera anastomotica (gastro‐digiunostomia)<br />

• Emobilia<br />

• Pancreatite<br />

• Fistola aorto‐duodenale aneurismatica<br />

• Tumori duodenali e della papilla di Vater<br />

• Diverticoli duodenali<br />

• Emopatie (leucemia, piastrinopenia, emofilia)<br />

• CID<br />

• Terapia anticoagulante<br />

Se l´endoscopia non fornisce sufficienti delucidazioni riguardo alla sede dell´emorragia (come può<br />

succedere in caso di sanguinamenti massivi, quando la presenza di notevoli quantità di sangue può<br />

impedire la visione diretta della mucosa, oppure quando si sospetta che l´emorragia sia insorta in sede<br />

distale rispetto al legamento di Treitz), e le condizioni generali del paziente si deteriorano per l´impossibilità<br />

di controllare l´emorragia con il trattamento medico, è indicato l´intervento chirurgico d´urgenza.<br />

L´angiografia selettiva del tripode celiaco e dell´arteria mesenterica superiore risulta solo raramente utile<br />

per localizzare la sede di sanguinamento; è difficile che l´esame fornisca indicazioni riguardo alla causa del<br />

sanguinamento, a meno che non si tratti di varici esofagee, aneurismi fissurati o malformazioni vascolari. La<br />

dimostrazione angiografica del sanguinamento richiede infatti un flusso maggiore di 0,5 ml/secondo;<br />

poiché emorragie di questa portata sono di notevole gravità, le condizioni cliniche del paziente spesso<br />

impongono comunque l´esecuzione dell´intervento chirurgico urgente. Nei pazienti inoperabili per la<br />

gravità delle condizioni generali, l´angiografia può talora essere sfruttata con finalità terapeutiche, perché<br />

consente l´infusione distrettuale di vasopressina e l´embolizzazione selettiva dei vasi sanguinanti, con<br />

coagulo autologo o gelatine emostatiche polverizzate (Gelfoam).<br />

Se l´esame endoscopico dimostra la presenza di varici esofagee sanguinanti bisogna iniziare l´infusione<br />

endovenosa di vasopressina e somatostatina (di efficacia sovrapponibile all´infusione intrarteriosa<br />

distrettuale) e si posiziona la sonda di Sengstaken‐Blakemore (Fig. 8.29). Tali manovre servono ad ottenere<br />

un´emostasi temporanea, utile per consentire di riequilibrare le condizioni generali del paziente, di allestire<br />

la scleroterapia endoscopica o preparare l´intervento chirurgico. Il tamponamento con sonda di<br />

Sengstaken‐Blakemore riesce a controllare da solo l´emorragia da varici esofagee nel 75% dei casi. Se il<br />

sanguinamento cessa, i palloni della sonda vengono sgonfiati dopo 24 ore e si ritira la sonda dopo 48 ore;<br />

l´effettivo arresto dell´emorragia viene confermato con l´esame endoscopico. Quando si detendono i<br />

palloni della sonda, se si ha ancora evidenza di stillicidio ematico o di emorragia massiva, il paziente va<br />

preparato per l´intervento d´urgenza. La scleroterapia endoscopica delle varici sanguinanti, da alcuni autori<br />

indicata come trattamento di prima scelta, permette il controllo del sanguinamento nell´80% dei casi; la<br />

57


ecidiva del sanguinamento nel corso dello stesso ricovero è del 25%. Se il sanguinamento si arresta,<br />

l´endoscopia deve essere ripetuta a distanza di 48 ore e poi ancora 1 o 2 volte a intervalli di 1 settimana,<br />

per completare la sclerosi.<br />

Se l´entità dell´emorragia è notevole, il trattamento conservativo con scleroterapia e terapia medica è<br />

inefficace nel 10‐15% dei pazienti. La decisione di ricorrere all´intervento d´urgenza è comunque legata<br />

all´entità e alla durata del sanguinamento, non alla causa di esso.<br />

Indicazioni all´intervento sono le seguenti condizioni:<br />

• grave shock emorragico con scarsa risposta alla terapia infusionale e rianimatoria;<br />

• condizioni emodinamiche instabili, mantenute solo a prezzo di continue trasfusioni.<br />

Le trasfusioni massive possono infatti condurre all´insorgenza di una CID difficilmente controllabile. Anche<br />

la rapida infusione di grandi quantità di colloidi e cristalloidi privi di fattori della coagulazione può<br />

peggiorare il sanguinamento diluendo il plasma. Non si può stabilire a priori per quanto tempo è opportuno<br />

insistere con i tentativi di trattamento medico di un sanguinamento, perché ciò è funzione delle condizioni<br />

generali del paziente, oltre che del grado di risposta alla terapia; a titolo indicativo, comunque, si deve<br />

prendere in considerazione il ricorso all´intervento quando il sanguinamento continua cospicuamente dopo<br />

aver trasfuso 8‐10 unità di sangue. Dal momento in cui si pone chiaramente l´indicazione chirurgica<br />

d´urgenza, ogni dilazione risulta comunque controproducente e si accompagna a notevole incremento delle<br />

complicanze e della mortalità.<br />

Emorragie del tubo digerente intermedio­distale<br />

Le emorragie del tenue e del colon‐retto possono avere eziologia assai varia (Tab. 8.4). L´emorragia può<br />

rendersi evidente con le seguenti modalità:<br />

• con l´evacuazione di feci melaniche, quando essa origina a livello del tenue prossimale e il sangue<br />

permane nell´intestino a lungo prima di essere evacuato;<br />

• per la comparsa di enterorragia (feci commiste a sangue di color rosso vivo), quando essa origina<br />

dal tratto più distale del tubo digerente;<br />

• con la comparsa di anemia ipocromica e sangue occulto nelle feci se il sanguinamento è cronico e di<br />

modesta entità.<br />

L´emorragia cessa spesso spontaneamente e completamente, oppure persiste uno stillicidio ematico.<br />

Talvolta, dopo un periodo di remissione, l´emorragia recidiva con intensità uguale o maggiore rispetto<br />

all´episodio di esordio. Poiché l´entità delle emorragie del tenue e del colon è generalmente modesta, è<br />

solitamente possibile stabilizzare le condizioni del paziente con relativa facilità, e vi è quindi tempo per<br />

organizzare gli accertamenti diagnostici più opportuni.<br />

La malattia diverticolare, la rettocolite ulcerosa, le lesioni angiodisplastiche e l´infarto mesenterico sono le<br />

principali cause organiche di emorragia, che possono dar luogo alla perdita anche di notevoli quantità di<br />

sangue; emorragie di entità paragonabile possono verificarsi a causa di coagulopatie, di tossicità da<br />

chemioterapici, e di lesioni da terapia radiante.<br />

Tab. 8.4. Cause di emorragia del tubo digerente<br />

intermedio‐distale (dal digiuno al retto).<br />

Cause più frequenti<br />

58


• Infarto mesenterico<br />

• Malattia di Crohn<br />

• Enteriti gravi (infettive, attiniche)<br />

• Rettocolite ulcerosa<br />

• Tumori del colon‐retto (benigni e maligni)<br />

• Diverticolosi del colon<br />

• Angiodisplasia<br />

• Emorroidi<br />

• Ragade anale<br />

Cause meno frequenti<br />

• Tumori del tenue (benigni e maligni)<br />

• Diverticolo di Meckel<br />

• Ulcere peptiche del tenue (s. di Zollinger‐Ellison)<br />

• Invaginazione intestinale<br />

• Volvolo<br />

• Colite (ischemica, infettiva, attinica)<br />

• Ulcera solitaria del retto<br />

• Emopatie (leucemia, piastrinopenie, emofilia)<br />

• CID<br />

I tumori benigni e maligni raramente inducono un sanguinamento imponente; più spesso si manifestano<br />

per la presenza di stillicidio ematico cronico.<br />

La colite ulcerosa, in particolare, si segnala per le ripetute scariche di diarrea ematica. La colite ischemica,<br />

tipica dei pazienti anziani, può talora insorgere in soggetti giovani diabetici o affetti da lupus eritematoso<br />

sistemico o da altre vasculiti.<br />

Le emorragie a livello rettale possono essere conseguenza di tumori benigni e maligni del retto, di proctite,<br />

di emorroidi interne, di ragadi, o di introduzione di corpi estranei. La perdita di sangue conseguente a<br />

patologia anorettale è in genere modesta e non pone di solito problemi di diagnosi differenziale.<br />

Il riscontro di lesioni anorettali sanguinanti non è però sufficiente ad escludere la presenza di altre sedi di<br />

emorragia, che devono essere identificate.<br />

In presenza di rettorragia, dopo aver verificato la stabilità delle condizioni del paziente, si deve sempre<br />

eseguire l´esplorazione digitale dell´ampolla rettale e la rettoscopia. Questi esami, che non necessitano di<br />

preparazione intestinale, possono essere sufficienti ad individuare la sede rettale e la causa del<br />

sanguinamento, oppure possono indicare che la causa di emorragia è localizzata più a monte (per es.<br />

reperto di feci melaniche all´esplorazione rettale).<br />

In caso di melena si può posizionare un sondino naso‐gastrico per verificare che il sangue non provenga da<br />

sedi prossimali al legamento di Treitz. Se si esclude questa possibilità la ricerca della sede di emorragia va<br />

eseguita con la pancolonscopia.<br />

59


Durante la colonscopia è possibile spesso procedere alla biopsia o all´asportazione endoscopica di lesioni<br />

sanguinanti e alla loro elettrocoagulazione o lasercoagulazione.<br />

L´infusione endovenosa di globuli rossi marcati con tecnezio oppure di tecnezio‐sulfocolloidale permette,<br />

attraverso la localizzazione di accumuli di radioattività, di dimostrare se un sanguinamento è ancora in atto<br />

e di valutarne approssimativamente la sede; questa metodica si impiega principalmente per valutare le sedi<br />

di sanguinamento ileali (per es. diverticolo di Meckel).<br />

L´angiografia selettiva delle arterie mesenteriche è in grado di identificare la sede del sanguinamento solo<br />

nel 60% dei casi e viene eseguita raramente.<br />

Una volta fatta la diagnosi, e dopo aver arrestato o comunque ridotto al minimo il sanguinamento, si<br />

instaurerà la terapia più opportuna, medica o chirurgica, della malattia di base. Il ricorso all´intervento<br />

chirurgico è comunque necessario in caso di sanguinamenti non controllabili con la terapia medica o<br />

recidivanti.<br />

Sindrome di Mallory-Weiss<br />

La sindrome di Mallory-Weiss è responsabile di circa il 5% dei casi di sanguinamento acuto del<br />

primo tratto del tubo digerente.<br />

Il sanguinamento origina da una lacerazione mucosa longitudinale, lunga < 5 cm, localizzata nei<br />

pressi della giunzione mucosa gastro-esofagea ed estesa in profondità fino alla muscularis mucosae,<br />

che rimane comunque indenne.<br />

Nella maggior parte dei casi la lacerazione è limitata alla mucosa gastrica, mentre più raramente si<br />

estende a cavallo della giunzione mucosa esofago-gastrica. Solo il 5% dei pazienti presenta lesioni<br />

alla mucosa dell´esofago sottodiaframmatico. Nella maggior parte dei casi si tratta di una lesione<br />

solitaria, ma in alcuni pazienti sono state riscontrate due o anche più lesioni simili. La lacerazione<br />

insorge all´improvviso e di solito in conseguenza di un episodio di vomito accompagnato da<br />

violenti conati (90% dei casi); nei 2/3 dei casi il vomito appare in conseguenza dell´assunzione di<br />

alcool in quantità elevata. Altri fattori in grado di causare l´insorgenza della sindrome sono il<br />

massaggio cardiaco esterno e gli aumenti repentini e molto marcati della pressione endoaddominale,<br />

come si può verificare in caso di forti attacchi di tosse. Il 60% circa dei pazienti presenta un´ernia<br />

iatale, alla quale va probabilmente assegnato il ruolo di condizione predisponente.<br />

Le stesse condizioni possono indurre l´insorgenza di una rottura a tutto spessore dell´esofago<br />

(sindrome di Boerhaave); mentre in quest´ultimo caso l´azione lacerante è svolta dai conati di<br />

vomito alimentare e la sintomatologia dolorosa si accompagna immediatamente ad esso, nella<br />

sindrome di Mallory-Weiss il ruolo determinante viene svolto dai conati ripetuti e violenti che<br />

seguono l´emissione del vomito.<br />

Il sospetto di sindrome di Mallory-Weiss viene formulato in base all´anamnesi: il paziente riferisce<br />

infatti tipicamente un episodio di vomito alimentare o di succo gastrico, seguito dalla comparsa di<br />

conati violenti e dall´emissione di vomito francamente ematico. La conferma della diagnosi si<br />

ottiene con l´endoscopia, eseguita subito dopo aver messo in atto le misure terapeutiche generali da<br />

impiegare in tutti i pazienti con emorragia del primo tratto del tubo digerente.<br />

Nel 90% dei casi il sanguinamento si arresta spontaneamente o dopo il lavaggio dello stomaco<br />

con soluzione fisiologica ghiacciata.<br />

60


Il sanguinamento si può talvolta controllare tramite l´elettrocauterizzazione endoscopica. Se<br />

all´esame endoscopico preliminare il sanguinamento è ancora massivo, il paziente deve essere<br />

sottoposto ad intervento chirurgico d´urgenza; questo consiste in un´ampia gastrotomia estesa verso<br />

il cardias e nella sutura della lacerazione mucosa dopo accurata emostasi. Le recidive postoperatorie<br />

sono rare.<br />

Gastrite acuta erosiva<br />

e ulcera da stress<br />

• Eziopatogenesi ed anatomia patologica: la gastrite acuta erosiva è caratterizzata dalla<br />

presenza di erosioni sanguinanti della mucosa gastrica, limitate in profondità all´epitelio e<br />

alla lamina propria. Sede privilegiata delle erosioni è la mucosa acido-secernente dello<br />

stomaco; la mucosa antrale e anche quella duodenale sono però interessate in 1/3 dei casi. In<br />

alcuni pazienti si può assistere ad un interessamento contemporaneo dello stomaco e del<br />

<strong>duodeno</strong>. Quando le erosioni si approfondano oltre la muscularis mucosae, le lesioni si<br />

configurano come vere e proprie ulcere acute; esse tuttavia costituiscono un´entità clinica<br />

distinta dell´ulcera peptica cronica.<br />

Le alterazioni anatomo-patologiche riscontrate in tutti questi casi sono sostanzialmente<br />

identiche e variano dalla semplice soffusione emorragica della mucosa all´ulcera<br />

sanguinante o con tendenza perforativa; a differenza dell´ulcera peptica le lesioni sono<br />

frequentemente multiple e hanno contorni policiclici (Fig. 8.30).<br />

Sono stati identificati alcuni specifici fattori di rischio per lo sviluppo di gastrite erosiva e<br />

ulcera da stress:<br />

o lo shock;<br />

o la sepsi;<br />

o le ustioni gravi;<br />

o i traumi gravi;<br />

o gli interventi chirurgici maggiori.<br />

Erosioni mucose ed ulcere acute possono insorgere anche in caso di uremia, durante<br />

trattamenti chemioterapici e radioterapici, dopo assunzione di elevate dosi di salicilati o di<br />

cortisonici e in seguito ad abuso di alcolici e fumo di sigaretta.<br />

61


Fig. 8.30. Gastrite emorragica da stress. Si osservi l´intensa iperemia della mucosa,<br />

sanguinante in più punti.<br />

Le ulcere acute da stress che insorgono in caso di shock o di sepsi, di ustione o dopo<br />

interventi chirurgici presentano caratteristiche patogenetiche comuni; perciò vengono<br />

classificate unitariamente come ulcere di Curling.<br />

L´esame endoscopico evidenzia entro 72 ore dall´evento eziologico la presenza di erosioni o<br />

ulcere nella maggior parte dei pazienti che presentano uno o più dei fattori di rischio elencati<br />

precedentemente; tuttavia un sanguinamento clinicamente evidente si verifica solo nel 20%<br />

dei pazienti, di solito entro 2-3 giorni dall´evento lesivo. I meccanismi patogenetici proposti<br />

per spiegare l´insorgenza delle ulcere di Curling sono una diminuita resistenza della mucosa<br />

al secreto acido-peptico e l´ischemia mucosa. Nei pazienti esposti al rischio di sviluppare<br />

ulcere da stress non si riscontra ipercloridria, però sono stati dimostrati un diminuito<br />

turnover della mucosa, l´azione epiteliolesiva delle tossine batteriche circolanti e la<br />

riduzione della produzione di muco da parte delle cellule mucipare; tutto ciò renderebbe la<br />

mucosa più sensibile all´azione del secreto acido-peptico, permettendo l´insorgenza di<br />

processi erosivi.<br />

L´ischemia mucosa potrebbe però rappresentare il fattore patogenetico principale. Nei<br />

pazienti in condizioni critiche infatti, l´apertura di shunt artero-venosi precapillari della<br />

parete gastrica e l´intensa vasocostrizione splancnica possono ridurre drasticamente il flusso<br />

ematico che raggiunge la mucosa, inducendo una sofferenza ischemica delle cellule<br />

epiteliali. Il sanguinamento può essere aggravato dall´insorgenza di diatesi emorragiche in<br />

corso di sepsi o di coagulopatia da consumo.<br />

• Sintomatologia e diagnosi: il reperto clinico più comune nei pazienti affetti da gastrite<br />

erosiva e ulcerazioni acute da stress è l´emorragia gastro-intestinale, insorgente spesso senza<br />

sintomatologia dolorosa.<br />

L´entità dell´emorragia è variabile, da minima ad assai cospicua. Già nelle prime 24 ore<br />

dall´evento lesivo si possono rilevare piccole quantità di sangue nell´aspirato gastrico o nelle<br />

feci, ma raramente un sanguinamento massivo compare prima di 3 giorni.<br />

62


L´esordio con ematemesi non è frequente; più spesso i pazienti presentano un quadro di<br />

anemizzazione acuta, cui segue a distanza di qualche ora la comparsa di melena. La diagnosi<br />

viene confermata con l´ausilio dell´esame endoscopico.<br />

Profilassi e terapia. La comparsa delle ulcere da stress si può prevenire ricorrendo alla<br />

somministrazione profilattica di farmaci antistaminici H2-selettivi, di sucralfato o di<br />

prostaglandine di sintesi; questo tipo di profilassi delle lesioni gastro-duodenali da stress<br />

viene largamente impiegato nei reparti di terapia intensiva. L´emorragia gastro-intestinale<br />

nella maggior parte dei casi è controllabile con il trattamento medico, analogo a quello<br />

eseguito in caso di ulcera peptica. Se il trattamento medico non si rivela in grado di arrestare<br />

il sanguinamento, diventa indispensabile il ricorso all´intervento chirurgico urgente, gravato<br />

da un alto tasso di complicanze e di mortalità a causa delle condizioni già critiche dei<br />

pazienti. Se possibile si esegue una gastroresezione, ma se le ulcerazioni sanguinanti sono<br />

diffuse estesamente sulla superficie della mucosa gastrica si rende necessario il ricorso alla<br />

gastrectomia totale.<br />

Precancerosi gastriche<br />

La diffusione dell´endoscopia digestiva ha consentito di focalizzare l´attenzione su alcune condizioni<br />

morbose che comportano un rischio aumentato di insorgenza di tumore. La diagnosi di queste affezioni<br />

permette di inviduare una popolazione di soggetti a rischio che possono essere sottoposti a periodici<br />

controlli endoscopici e bioptici.<br />

Nel 1978 una commissione di esperti dell´OMS ha suddiviso le precancerosi gastriche in lesioni<br />

precancerose e condizioni precancerose intendendo per lesioni precancerose quelle alterazioni istologiche<br />

in cui il carcinoma si manifesta più frequentemente rispetto alla mucosa normale e per condizioni<br />

precancerose tutte le malattie benigne dello stomaco associate ad un rischio neoplastico significativamente<br />

più elevato rispetto alla popolazione normale (Tab. 8.5).<br />

Lesioni precancerose<br />

Displasia<br />

Tab. 8.5. Precancerosi gastriche.<br />

Lesione precancerosa Condizioni precancerose<br />

• Displasia • Gastrite cronica atrofica<br />

Metaplasia intestinale<br />

Infezione da Helicobacter pylori<br />

Ulcera peptica (attualmente<br />

discussa)<br />

Polipi adenomatosi<br />

Moncone gastrico<br />

Malattia di Ménétrier<br />

63


Il termine displasia significa letteralmente una crescita abnorme nel contesto di una popolazione cellulare.<br />

In realtà questo fenomeno, riscontrabile a livello di molti tessuti, è rappresentato da un gruppo eterogeneo<br />

di alterazioni citologiche e strutturali che rivestono probabilmente ruoli diversi nella patogenesi del<br />

carcinoma.<br />

Le alterazioni che caratterizzano la displasia sono di due tipi: citologiche e strutturali. Le alterazioni<br />

citologiche riguardano le dimensioni e la morfologia della cellula, il rapporto nucleo‐citoplasma, l´attività<br />

mitotica e il grado di differenziazione cellulare. Le alterazioni strutturali sono rappresentate da<br />

modificazioni della disposizione delle ghiandole con formazione di papille, ramificazioni o<br />

pseudostratificazioni anomale.<br />

Esistono in letteratura varie classificazioni delle displasie gastriche (Tab. 8.6); quella più comunemente<br />

impiegata è la classificazione di Grundmann e Schalke che prevede tre gradi di displasia: lieve, moderata e<br />

severa. Le lesioni displastiche vengono inoltre differenziate dalle alterazioni di tipo iperplastico‐rigenerativo<br />

che si accompagnano a situazioni di tipo flogistico (gastriti, ulcera) e che non assumono il ruolo di lesione<br />

precancerosa.<br />

Nella displasia lieve esiste una proliferazione cellulare con modeste atipie citologiche (ipercromia nucleare)<br />

che riguardano generalmente la regione apicale delle ghiandole, risparmiando la regione basale. Le cellule<br />

sono ben differenziate e il quadro istologico ricorda l´iperplasia rigenerativa della flogosi cronica.<br />

Per questo motivo molti autori ritengono che la displasia lieve non rappresenti una lesione con potenzialità<br />

neoplastiche.<br />

Nella displasia moderata le atipie citologiche sono più marcate con perdita parziale della differenziazione<br />

cellulare e dell´attività muco‐secernente. Le ghiandole si dispongono, in virtù della proliferazione cellulare,<br />

in strutture cordoniformi o pseudostratificate conferendo all´epitelio un profilo irregolare.<br />

La displasia severa è caratterizzata da alterazioni nucleari spiccate e intensa attività mitotica. Il disordine<br />

architettonico è marcato: la disposizione delle ghiandole è confusa con pluristratificazioni e ramificazioni<br />

esuberanti. La diagnosi istologica differenziale con il carcinoma preinvasivo è spesso molto difficile. Alcune<br />

classificazioni considerano questo tipo di displasia come un carcinoma in situ.<br />

Displasia e carcinoma<br />

Allo stato attuale delle conoscenze si può concludere che le displasie lievi e moderate si trovano<br />

frequentemente associate al carcinoma pur non essendo mai stata dimostrata la loro trasformazione in<br />

senso neoplastico. Rappresentando lesioni a rischio, esse impongono controlli endobioptici ravvicinati ma<br />

non giustificano una terapia chirurgica. Ulteriori studi sono necessari per definire il ruolo di queste lesioni<br />

nella carcinogenesi gastrica.<br />

La displasia severa presenta invece analogie citologiche e strutturali con il carcinoma preinvasivo dal quale<br />

spesso è difficile distinguerla e deve essere pertanto trattata come una lesione cancerosa.<br />

Quantunque le lesioni displastiche siano presenti in un´alta percentuale di casi nella mucosa limitrofa ad un<br />

carcinoma, la loro vera potenzialità evolutiva non è ancora conosciuta.<br />

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Aree di displasia si possono trovare in ogni condizione precancerosa: gastrite atrofica, polipi, ulcera peptica,<br />

moncone gastrico e malattia di Ménétrier.<br />

Non necessariamente la displasia precede la formazione del carcinoma, come si può evincere dall´analisi di<br />

alcuni dati: la displasia è una lesione rara nella popolazione normale rispetto all´incidenza del carcinoma;<br />

l´evoluzione è piuttosto eccezionale: Oehlert ha infatti dimostrato che la maggior parte delle lesioni<br />

displastiche regredisce e che solo il 9% dei pazienti affetti da displasia severa sviluppa un carcinoma.<br />

Tab. 8.6. Classificazioni della displasia.<br />

Condizioni precancerose<br />

Rientrano in questo gruppo alcune patologie benigne dello stomaco nelle quali numerosi studi hanno<br />

dimostrato un aumento di incidenza di carcinoma rispetto alla popolazione normale.<br />

Le condizioni precancerose sono la gastrite cronica atrofica e la metaplasia intestinale, l´ulcera peptica, i<br />

polipi, il moncone gastrico e la malattia di Ménétrier.<br />

Gastrite cronica atrofica e metaplasia intestinale<br />

La gastrite cronica atrofica (GCA) rappresenta la condizione precancerosa più conosciuta. Il rischio<br />

neoplastico nei<br />

pazienti affetti da GCA è considerato da 3 a 10 volte superiore rispetto alla norma. È importante<br />

sottolineare che, dallo studio istologico dei pezzi operatori dei pazienti operati per carcinoma, si riscontra<br />

un´incidenza di GCA associata nel 70‐95% dei casi.<br />

La malattia è caratterizzata dal punto di vista anatomopatologico da atrofia della componente<br />

ghiandolare, infiltrazione linfocitaria e plasmacellulare del corion che nelle forme più avanzate viene<br />

sostituita da una fibrosi diffusa.<br />

Strickland e Mackay distinguono due tipi di GCA: la GCA di tipo A (gastrite fundica) e la GCA di tipo B<br />

(gastrite antrale).<br />

• La GCA di tipo A si presenta con atrofia delle cellule parietali e principali del fondo gastrico senza<br />

atrofia delle cellule antrali e si associa a ipoacloridria, ipergastrinemia e possibile presenza di<br />

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anticorpi anticellula parietale e antifattore intrinseco. Nelle forme più gravi con atrofia diffusa si<br />

configura il quadro dell´anemia di Biermer.<br />

• La GCA di tipo B è caratterizzata da atrofia diffusa delle cellule della mucosa antrale associata ad<br />

aree focali di atrofia del fondo. La secrezione cloridro‐peptica è normale o diminuita e non si<br />

riscontrano autoanticorpi o livelli elevati di gastrinemia. Il meccanismo patogenetico è<br />

probabilmente da ricondurre ad un danneggiamento della barriera mucosa ad opera del reflusso<br />

biliare e all´infezione da Helicobacter pylori.<br />

In entrambe le forme di GCA, oltre alle alterazioni istologiche precedentemente descritte, è possibile<br />

osservare un´altra importante modificazione dell´epitelio: la metaplasia intestinale. Si tratta di un processo<br />

di "intestinalizzazione" dell´epitelio ghiandolare gastrico che si può presentare in forma completa o<br />

incompleta.<br />

Nella metaplasia intestinale completa sono riconoscibili le cellule colonnari, le cellule globose e le cellule di<br />

Paneth; nella forma incompleta mancano le cellule di Paneth.<br />

La metaplasia intestinale si associa ad una aumentata incidenza di carcinoma gastrico di tipo intestinale<br />

(secondo la classificazione di Lauren) o espansivo (secondo la classificazione di Ming) ed è pertanto ritenuta<br />

la vera situazione a rischio nei pazienti affetti da GCA.<br />

Le GCA possono decorrere in modo asintomatico o presentarsi con dispepsia, dolore similulceroso o<br />

anemia sideropenica o megaloblastica. In caso di anemia perniciosa di Biermer sono presenti anche atrofia<br />

della mucosa linguale e sintomi neurologici. La procedura diagnostica di scelta è la gastroscopia con biopsie<br />

multiple. L´aspetto macroscopico più caratteristico della GCA, in particolare del fondo, è quello di una<br />

mucosa pallida, sottile, con reticolo vascolare evidente e appiattimento delle pliche. Fondamentale è<br />

tuttavia la definizione istologica delle alterazioni tipiche della GCA.<br />

Qualora l´esame istologico dimostri zone a rischio (metaplasia intestinale, displasia), l´esame<br />

endoscopico e le biopsie devono essere ripetute entro breve termine. Solo il riscontro di una displasia<br />

severa rappresenta un´indicazione a trattare chirurgicamente questi pazienti.<br />

Infezione da Helicobacter pylori<br />

L´Helicobacter pylori (H. pylori) o Campylobacter, come un tempo veniva definito, è un batterio Gram− che<br />

è possibile isolare nella mucosa gastrica. L´infezione da H. pylori è associata significativamente ad alcune<br />

patologie gastriche e duodenali come l´ulcera peptica, la gastrite cronica e il linfoma gastrico MALT.<br />

L´associazione tra infezione da H. pylori e carcinoma gastrico è attualmente in fase di definizione.<br />

Sembrerebbe esistere una stretta correlazione tra H. pylori e carcinoma non cardiale; i pazienti affetti da<br />

carcinoma cardiale non risultano generalmente infettati dal batterio.<br />

La sequenza ipotizzata è la seguente: l´infezione da H. pylori determina una gastrite superficiale antrale che<br />

nel tempo tende a trasformarsi in gastrite cronica atrofica. La successiva comparsa della metaplasia<br />

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intestinale e della displasia rappresenterebbero, come già descritto, la linea di progressione verso la<br />

degenerazione neoplastica.<br />

È presumibile pensare che in futuro, in paesi dove il carcinoma gastrico si presenta con localizzazione<br />

prevalentemente non cardiale, lo screening e la successiva eradicazione dell´H. pylori possano portare una<br />

riduzione di incidenza della malattia.<br />

Ulcera peptica<br />

La potenzialità degenerativa dell´ulcera peptica è stata notevolmente ridimensionata. Il rischio di<br />

degenerazione è attualmente calcolato intorno all´1%. Lo studio istologico accurato delle sezioni seriate<br />

consente di differenziare le ulcere degenerate (ulcera‐cancro) dai carcinomi con aspetto macroscopico<br />

similulceroso: nel primo caso si tratta di lesioni con le stigmate della malattia peptica e un focolaio di<br />

trasformazione adenocarcinomatosa su un bordo; nel secondo caso cellule neoplastiche sono localizzate<br />

prevalentemente sul fondo della lesione ulcerativa. Questa distinzione ha evidenziato che la maggior parte<br />

delle lesioni ritenute in passato ulcere degenerate sono in realtà dei carcinomi fin dall´esordio.<br />

La presenza di aree di displasia e di metaplasia intestinale sui bordi di un´ulcera può spiegare il rischio di<br />

degenerazione maligna. Come nel caso della GCA è indispensabile un´attenta sorveglianza endoscopica e<br />

bioptica.<br />

Polipi<br />

La sequenza polipo‐carcinoma non assume nella carcinogenesi gastrica la stessa importanza ormai<br />

ampiamente dimostrata nei carcinomi del colon‐retto.<br />

Questo è dovuto alla netta prevalenza dei polipi iperplastici rispetto a quelli adenomatosi.<br />

• I polipi iperplastici corrispondono infatti al 70‐90% di tutti i polipi gastrici e vanno incontro a<br />

degenerazione in una percentuale inferiore all´1%.<br />

• La tendenza degenerativa dei polipi adenomatosi risulta invece variabile nelle diverse casistiche<br />

con valori che vanno dal 10 fino al 50% dei casi.<br />

La polipectomia endoscopica assume un valore fondamentale nella diagnosi di natura dei polipi gastrici e<br />

di eventuale trasformazione maligna dei polipi adenomatosi.<br />

Moncone gastrico<br />

Il rischio di carcinoma nei pazienti gastroresecati per patologia benigna è da 2 a 3 volte superiore a quello<br />

della popolazione normale e diventa reale dopo un intervallo di tempo variabile da 15 a 25 anni dopo<br />

l´intervento.<br />

I pazienti operati per ulcera gastrica risultano a rischio più elevato rispetto a quelli operati per ulcera<br />

duodenale.<br />

Le ipotesi patogenetiche fanno riferimento: al reflusso alcalino che si verifica costantemente dopo una<br />

gastroresezione, che promuoverebbe o aggraverebbe lo sviluppo di una gastrite cronica atrofica, associata<br />

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o meno a metaplasia intestinale e displasia; all´ambiente ipoacido gastrico con conseguente sviluppo<br />

batterico che favorirebbe la formazione di nitrosamine cancerogene; all´assenza dell´azione trofica della<br />

gastrina sulla mucosa fundica.<br />

Malattia di Ménétrier<br />

La malattia di Ménétrier è una gastropatia cronica caratterizzata da ipertrofia plicale e iperplasia delle<br />

cellule foveolari (vedi oltre: Malattia di Ménétrier). Viene generalmente riportata una degenerazione<br />

neoplastica nell´8‐10% dei casi.<br />

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