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P. DE VINGO, A. FRONDONI, Fonti scritte e cultura materiale ... - BibAr

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montane (MANNONI 1983; PASQUINUCCI 1992; PASQUINUCCI<br />

1995),<br />

– in età tardo-imperiale appaiono ripopolati i ripiani di mezza<br />

costa e frequentati i pascoli, a quota elevata (MANNONI 1983;<br />

MANNONI 1985; PASQUINUCCI 1992; PASQUINUCCI 1995),<br />

– nei secoli altomedievali sembrerebbero mantenersi le medesime<br />

condizioni del popolamento illustrate precedentemente<br />

(MANNONI 1983; PASQUINUCCI 1992; PASQUINUCCI 1995),<br />

– con il secolo XI furono prevalentemente occupati i terrazzi<br />

alluvionali mentre nella parte inferiore della valle vennero<br />

edificati insediamenti monastici, ed in quella superiore<br />

siti fortificati controllavano importanti assi viari e singoli<br />

distretti territoriali (PASQUINUCCI 1998).<br />

L’area dell’antica diocesi, del comitato e del primitivo<br />

districtus di Genova, così come si configura sulla base della<br />

documentazione del X-XI secolo (POLONIO 1999), comprendeva<br />

le aree del Genovesato (Val Polcevera, Val Bisagno)<br />

e quelle della zona orientale del Tigullio (Val Fontanabuona,<br />

Valle Sturla, Val Graveglia e Val Petronio). Lo<br />

schema di occupazione delle campagne indicherebbe una<br />

ripresa delle attività legate allo sfruttamento delle risorse<br />

montane, direttamente proporzionale con la crisi del centro<br />

urbano genovese avvenuta a partire dal IV-V secolo (BE-<br />

NENTE 1998) con la dismissione del controllo politico romano<br />

sulle aree territoriali nel Mediterraneo occidentale.<br />

Questi siti, dislocati a quote basse, comprese tra i 300 ed<br />

i 500 s.l.m., si svilupparono in situazioni ambientali favorevoli<br />

alla coltivazione dei cereali e ad un tipo di economia<br />

agro-silvo-pastorale (CERA 2000). I risultati delle campionature<br />

paleobotaniche effettuate sembrerebbero ipotizzare che<br />

boschi misti di quercia, carpino, acero, olmo, nocciolo ed<br />

erica, con limitata presenza di faggio, probabilmente esteso<br />

sui versanti settentrionali, avessero riconquistato, durante i<br />

secoli di parziale o totale abbandono della fascia appenninica,<br />

anche le quote medie e basse, mentre i tipi di colture introdotte<br />

fra il IV ed il VI secolo erano rappresentate da cibi<br />

con un valore nutrizionale basso ed un limitato apporto calorico<br />

come la segale e il castagno domestico non certo destinati<br />

a sostenere cospicue attività commerciali ma in grado di<br />

soddisfare solo le esigenze quotidiane di piccole comunità o<br />

scambi di modesta entità (MANNONI 1983). Il loro sviluppo,<br />

con un indice percentuale di crescita demografica molto basso,<br />

è stato posto in relazione con la crisi alimentare del centro<br />

urbano genuense che costrinse una parte della popolazione<br />

a tornare ad una economia di pura sussistenza (BENEN-<br />

TE 1998).<br />

La possibilità che lo sfruttamento delle risorse disponibili<br />

costituisse un processo di adattamento alle situazione<br />

ambientale e non fosse invece espressione di un rilevante<br />

fenomeno sociale, potrebbe essere rappresentato dal casuale<br />

ritrovamento nel 1935 in prossimità della chiesa parrocchiale<br />

di Langasco di «….una piccola rozza ascia assieme ad un<br />

cucchiaio rinvenuto in altra epoca poco lontano oggi custodita<br />

da un collezionista del luogo……» in una «…tomba intatta<br />

coperta da una lastra di pietra….» (CARPANETO 1975). Il<br />

manufatto in ferro è stato identificato come la parte superiore<br />

di un tipo di ascia «barbuta» con nuca a martello e foro<br />

quadrangolare per alloggiare il manico ligneo e lama dal profilo<br />

sub-rettangolare pendente verso il basso (BIANCHI, CA-<br />

GNANA 1994-1995). Si tratta di un utensile da lavoro poiché<br />

nei secoli altomedievali trova applicazione in tutte le attività<br />

di carpenteria ed in modo particolare nelle produzioni derivate<br />

dal lavoro boschivo, quali il taglio di scandole per tetti,<br />

la finitura di pali, lo spacco e la squadratura di tavole. La<br />

forma del manufatto, con la larga superficie di taglio e il distanziamento<br />

della nuca dalla lama, consentiva di portare colpi<br />

precisi e consequenziali su superfici in legno semilavorate<br />

(BIANCHI, CAGNANA 1994-1995). La stessa applicazione non<br />

potrebbe portare i medesimi risultati se impiegata per abbattere<br />

tronchi d’albero integri, per i quali era necessario utiliz-<br />

33<br />

Fig. 1 – Carta topografica, stralcio della Val Polcerva (originale<br />

1:160.000).<br />

zare scuri (MCGRAIL 1987; PARENTI 1994) con lama sub-triangolare<br />

e filo ricurvo (BIANCHI, CAGNANA 1994-1995).<br />

La sepoltura con ascia «barbuta», della quale disponiamo<br />

però solo di un resoconto dettagliato e di una memoria visiva,<br />

ma non più del manufatto, è comunque importante perché potrebbe<br />

fornirci una prima indicazione sulla presenza di una<br />

società locale gerarchizzata nella quale artigiani specializzati<br />

potevano ricoprire una posizione influente nella struttura sociale.<br />

Questo dato andrebbe ad integrarsi con il ritrovamento<br />

in una tomba di Hérouvillette in Francia (Dipartimento<br />

Calvados) nella quale era stato deposto un insieme di oggetti<br />

molto articolato che comprendeva sia utensili compatibili con

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