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Lo stile severo - graphicstormblog

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<strong>Lo</strong> <strong>stile</strong> <strong>severo</strong>


<strong>Lo</strong> <strong>stile</strong> <strong>severo</strong><br />

Nel periodo compreso fra le guerre persiane e la metà del V sec. la<br />

scultura attraversa un periodo di transizione dall’arte arcaica a quella<br />

propriamente classica.<br />

Il periodo <strong>severo</strong> è così chiamato perché dai volti delle statue<br />

scompare il sorriso arcaico sostituita da un’espressione rigorosa che<br />

non manifesta i sentimenti.<br />

Inoltre la testa non è più schiacciata ma tondeggiante, offre la giusta<br />

curvatura agli occhi e alla bocca.<br />

I dettagli del volto acquistano spessore e carnosità, i capelli si<br />

sciolgono in ciocche morbide; le linee che segnavano i fasci<br />

muscolari non sono più semplici incisioni ma segni curvilinei che<br />

accompagnano i volumi rotondeggianti delle masse.<br />

Infine viene superata la rigida posa e comincia una effettiva ricerca di<br />

movimento; le gambe si flettono le teste si inclinano.<br />

L’uomo dell’epoca severa non è più un anonimo Kouros ma acquista<br />

un’identità più specifica.


Sotade, Auriga<br />

dal Santuario di Apollo di Delfi, 480-70 a.C.,<br />

Bronzo, h. 180cm;<br />

Delfi, Museo


L’Auriga.<br />

Soggetto: L’atleta vittorioso. Faceva parte di un monumento che<br />

commemorava una vittoria nella corsa delle quadrighe della città di Delfi<br />

.<br />

Nella base della statua era leggibile un’iscrizione con dedica al Dio<br />

Apollo e il nome del vincitore (Polizelo, tiranno della città siciliana di<br />

Gela).<br />

La dedica ci permette di datare la statua 478-470 a.C.<br />

Struttura dell’opera: Sia nella posa che nell’atteggiamento il soggetto<br />

è studiato per comunicare un senso di imperturbabile sicurezza che<br />

gli deriva dalla certezza di godere della protezione degli dei.<br />

E’ rivestito di un lungo e pesante abito di lana che crea ampie pieghe<br />

diritte come una colonna scanalata di un tempio.<br />

Il gesto di tenere le briglie è privo di tensione.<br />

La testa è un po’ ruotata, ma lo sguardo è fermo ravvivato dalla lucida<br />

pietra colorata delle iridi.<br />

Particolari: -Molto curato la resa di muscoli, tendini, le lunghe ciglia, i<br />

riccioli dei capelli.<br />

I particolari venivano rifiniti col bulino solo dopo la fusione della statua,<br />

così da ottenere una maggior precisione nei dettagli più minuti. In<br />

quest’opera si realizza insieme alla conquista di un certo realismo<br />

anche la ricerca di perfezione assoluta.


I Tirannicidi ,Marmo. h. 1,95 m. II secolo d.C.<br />

(da un originale del V secolo a.C.).<br />

Collezione Farnese.


I Tirannicidi<br />

Il 514 a. C. è ricordato dalla storiografia greca come l’anno<br />

dell’uccisione di Ipparco, figlio del tiranno Pisistrato, e<br />

succeduto alla morte di questi insieme al fratello Ippia alla<br />

guida della polis di Atene.<br />

Gli autori del tirannicidio, che restituiva al popolo ateniese<br />

la piena autonomia legislativa e governativa, erano i nobili<br />

Aristogitone ed Armodio che furono, in un primo<br />

momento, immortalati in un gruppo scultoreo opera<br />

dell’artista Antenor.


Il gruppo di Antenor venne portato in Persia da Serse nel 480 a. C.<br />

Il monumento, simbolo della nuova Atene, venne subito sostituito<br />

dopo la sconfitta dei persiani con nuove statue opera di Kritios e<br />

Nesiotes (di cui possediamo all’archeologico napoletano due<br />

pregevoli copie d’età romana)<br />

Il gruppo, il cui originale greco si data al 477 a.C. circa, quindi nel<br />

periodo finale del momento “Severo” si contraddistingue per il<br />

modellato vigoroso, in esso si notano volontà di potenza e sprezzante<br />

coraggio.<br />

I due tirannicidi sono rappresentati non in visione frontale ma di tre<br />

quarti, Aristogitone, il più anziano, pone la gamba ed il braccio sinistro<br />

in avanti come a fare da scudo, barriera, al giovane Armodio che<br />

brandisce con la mano destra la lama.


Efebo di Kritios (sec. V a. C.; Atene, Museo dell'Acropoli).


L’Efebo di Kritios<br />

L’efebo di Kritios è un’opera da inquadrare intorno al 480<br />

a. C. , quindi contemporanea al gruppo dei Tirannicidi.<br />

La costruzione strutturale del fanciullo è però ancora<br />

labilmente legata all’esperienza arcaica dei Kouroi attici,<br />

dai quali riprende una certa rigidezza nell’impostazione<br />

spaziale,<br />

Ma la fissità arcaica è l'orizzontalità delle linee è presto<br />

superata; la testa dell'efebo ruota lievemente mentre la<br />

gamba destra si flette abbassando il fianco.<br />

Nell’Efebo si realizza quella che definiremo la stasi su<br />

una sola gamba, posizione che deriva dalla osservazione<br />

diretta della reale postura umana.


La conquista della posizione chiastica segna,<br />

nell'evoluzione della scultura greca, l'emanciparsi degli<br />

artisti dalla innaturale rigidezza connessa alle<br />

rappresentazioni dei Kouroi. Una caratteristica questa<br />

ereditata dalla lezione dell'arte egiziana.<br />

L'arcaica ieraticità di quelle raffigurazioni plastiche, con la<br />

loro rigidità appena intaccata dall'avanzamento di una<br />

gamba, è ora superata da un ritmo più disinvolto.<br />

La statica frontalità arcaica si scioglie in un gioco di<br />

equilibri dinamici contrapposti.


Zeus di Capo Artemision,<br />

Bronzo, h.209 x l. 210 cm.;<br />

Atene, Museo Nazionale


Zeus Saettante di Capo Artemision<br />

Di qualità inferiore rispetto all’Auriga fu rinvenuto al largo di<br />

capo Artemision nella Grecia sett.<br />

Anch’esso tuttavia con la sua equilibratissima<br />

interpretazione dell’azione del lancio, esprime la volontà di<br />

definire il corpo e i suoi atteggiamenti secondo un ideale<br />

che supera la misura umana.<br />

A differenza dell’Auriga di Delfi, solennemente statico come<br />

una statua di culto, la possente figura di Zeus è colta in<br />

un’azione plastica e dinamica, nella quale un istante di<br />

immobilità precede l’esplosione del gesto mortale.


Le braccia sono aperte e tese, il torso ruotato nell’azione di<br />

caricamento , le gambe si aprono a compasso nella<br />

caratteristica disposizione su piani perpendicolari – la<br />

sinistra di fronte, la destra di profilo- di cui la tradizione<br />

severa si serve per comunicare l’idea dello slancio in<br />

avanti .<br />

La muscolatura dell’addome e del torso è ben indicata, ma<br />

senza esasperazione, come se lo scultore volesse<br />

suggerire una forza controllata e razionale, perché Zeus<br />

non annienta i suoi avversari con la brutalità ma con il<br />

potere che gli viene dalla sua natura di principe degli dei..


Zeus di Capo Artemision, Particolare


Ciò che colpisce in questa figura è l’espressione di<br />

superiore, compassato distacco, l’atarassia (“assenza di<br />

passioni”) del dio che guarda dall’alto le cose del mondo,<br />

interviene e punisce ma non è coinvolto nelle vicende dei<br />

mortali, e non lascia trapelare né rabbia né odio, solo un<br />

freddo, inesorabile senso di giustizia.<br />

Questa è la percezione della divinità che tutto il mondo<br />

greco aveva nei decenni iniziali del V sec. a. C. e che gli<br />

artisti dello <strong>stile</strong> <strong>severo</strong> materializzano nelle loro opere con<br />

inimitabile sapienza e con evidente, sincera pietà .

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