Gli angeli non esistono_Tre racconti su una strage ... - Tersite rossi
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Eleonora Forti Anna Forti Paolo Bisesti<br />
GLI ANGELI<br />
NON ESISTONO<br />
<strong>Tre</strong> <strong>racconti</strong> <strong>su</strong> <strong>una</strong> <strong>strage</strong> dimenticata<br />
a cura di <strong>Tersite</strong> Rossi<br />
1
Eleonora Forti Anna Forti Paolo Bisesti<br />
GLI ANGELI<br />
NON ESISTONO<br />
<strong>Tre</strong> <strong>racconti</strong> <strong>su</strong> <strong>una</strong> <strong>strage</strong> dimenticata<br />
a cura di <strong>Tersite</strong> Rossi<br />
progetto realizzato nell’ambito del corso di scrittura<br />
“Metti un’inchiesta nel romanzo”<br />
organizzato dal Piano Giovani di Zona “A.R.Ci.Ma.Ga” nel 2011
© 2012, Piano Giovani di Zona A.R.Ci.Ma.Ga<br />
www.arcimaga.org<br />
© 2012, <strong>Tersite</strong> Rossi<br />
www.tersite<strong>rossi</strong>.it<br />
info@tersite<strong>rossi</strong>.it
a Angelo, Annalise,<br />
Franco, Gianni e Luigi
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
Introduzione – di <strong>Tersite</strong> Rossi<br />
LA NARRATIVA D’INCHIESTA:<br />
UN CORSO, TRE RACCONTI<br />
7<br />
TERSITE ROSSI<br />
INTRODUZIONE<br />
Cos’è la Narrativa d’Inchiesta. La Narrativa d’Inchiesta<br />
(NdI) è un genere di scrittura che intende recuperare il valore del<br />
romanzo e del racconto storico attraverso nuove modalità linguistiche<br />
e mediante l’intreccio di storie “comuni” (la storia con la<br />
“s” minuscola), sviluppate <strong>su</strong>llo sfondo di importanti eventi storici<br />
controversi (la Storia con la S maiuscola), <strong>su</strong>i quali <strong>non</strong> è stata<br />
fatta ancora <strong>su</strong>fficiente chiarezza. I <strong>racconti</strong> e i romanzi della NdI<br />
provano così a colmare quel vuoto di conoscenza e cultura storica<br />
che il giornalismo e la scuola spesso <strong>non</strong> sono in grado di arginare.<br />
La Narrativa d’Inchiesta riecheggia in questo modo alcuni stilemi<br />
teorizzati dalla New Italian Epic (Wu Ming, Giancarlo De<br />
Cataldo, Ugo Barbàra) e dal Noir Mediterraneo (Massimo Carlotto,<br />
Mama Sabot), filoni che negli ultimi anni hanno movimentato<br />
il panorama letterario italiano.<br />
La storia rievocata nei romanzi e nei <strong>racconti</strong> della Narrativa<br />
d’Inchiesta è la storia di soggetti che con le loro vite individuali<br />
partecipano ai grandi eventi o ai movimenti socio-economici e<br />
culturali della loro epoca, disegnando un vivace affresco capace di<br />
fare luce <strong>su</strong> alcuni aspetti complessi e contraddittori della storia e<br />
<strong>su</strong>ll’inevitabile legame esistente tra grandi e piccoli eventi.<br />
Le ragioni di un corso di Narrativa d’Inchiesta. Il corso di<br />
Narrativa d’Inchiesta da cui ha avuto origine il presente volume si<br />
è tenuto nel periodo ottobre-dicembre 2011 presso la sede del<br />
Progetto Giovani del Comune di Aldeno (TN), all’interno di un’iniziativa<br />
promossa dal Piano Giovani di Zona A.R.Ci.Ma.Ga,
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TERSITE ROSSI<br />
INTRODUZIONE<br />
coinvolgente i comuni di Aldeno, Cimone, Garniga Terme e due<br />
circoscrizioni di <strong>Tre</strong>nto, Ravina-Romagnano e Mattarello.<br />
Il corso ha condotto ciascun partecipante all’affinamento delle<br />
proprie tecniche di scrittura e alla costruzione di un racconto aderente<br />
agli schemi della Narrativa d’Inchiesta: dalla scelta dell’evento<br />
d’indagine, alla definizione di soggetto e sceneggiatura,<br />
alla composizione dell’elaborato che è finito all’interno di questo<br />
volume.<br />
L’obiettivo <strong>non</strong> è stato solo quello di accompagnare un gruppo<br />
di giovani a migliorare le proprie capacità letterarie, ma di mostrare<br />
loro come attraverso la scrittura sia possibile studiare la<br />
propria storia (soprattutto quella meno conosciuta e nascosta) e<br />
diventarne divulgatori, <strong>non</strong>ché difensori della memoria.<br />
Le modalità di lavoro. Il corso si è strutturato in dieci lezioni<br />
da due ore ciasc<strong>una</strong>, unendo riflessione teorica e sperimentazione<br />
diretta.<br />
Le prime cinque lezioni si sono concentrate <strong>su</strong> <strong>una</strong> serie di esercizi<br />
di scrittura, con <strong>una</strong> duplice finalità: da un lato imparare a<br />
costruire un personaggio, un ambiente, <strong>una</strong> situazione di svolta,<br />
un incipit e un finale, e, dall’altro, riconoscere il proprio stile personale<br />
per adattarlo al racconto finale. Tutte le lezioni si sono basate<br />
<strong>su</strong>lla lettura condivisa di brani esemplari tratti dai migliori<br />
narratori affini alla Narrativa d’Inchiesta (Jonathan Coe, Wu<br />
Ming, Massimo Carlotto, Giancarlo Narciso) e <strong>su</strong>l lavoro diretto<br />
dei corsisti (compresi i “compiti a casa”). Ciascun esercizio è stato<br />
letto e commentato in aula affinché il gruppo di lavoro fosse tale<br />
sotto tutti i punti di vista, compresa l’autocorrezione. Al termine<br />
della quinta lezione i corsisti hanno discusso quale vicenda storica<br />
analizzare per l’ambientazione del proprio racconto e hanno deciso<br />
di concentrarsi <strong>su</strong>lla misteriosa morte, avvenuta nel settembre<br />
del 1970, di cinque giovani anarchici calabresi che stavano indagando<br />
<strong>su</strong>l deragliamento a Gioia Tauro del treno direttissimo Palermo-Torino,<br />
avvenuto nel luglio del 1970, portando alla luce le-
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INTRODUZIONE<br />
gami tra Stato, neofascismo e ‘Ndrangheta (v. “Appendice storica”<br />
per approfondire).<br />
Il secondo blocco di cinque lezioni ha avuto invece come primo<br />
obiettivo quello di approfondire la vicenda storica prescelta,<br />
identificando in particolare gli elementi e le fonti che avrebbero<br />
poi potuto essere utilizzate proficuamente per la ste<strong>su</strong>ra dei <strong>racconti</strong>,<br />
generando quella fusione tra storia e Storia che è scopo e<br />
tratto peculiare della Narrativa d’Inchiesta. Poi i corsisti si sono<br />
concentrati <strong>su</strong>lla ste<strong>su</strong>ra dei soggetti, avendo cura di individuare<br />
ciascuno un punto di vista diverso <strong>su</strong>lla vicenda, pur senza perdere<br />
di vista l’obiettivo comune di riportarne a galla il ricordo e di<br />
indurre il lettore ad approfondirla. Infine, è cominciata la scrittura<br />
vera e propria dei <strong>racconti</strong>, svolta a casa, tra <strong>una</strong> lezione e l’altra, e<br />
seguita da un processo di vero e proprio “editing collettivo” messo<br />
in atto da docenti e corsisti (grazie alla posta elettronica), intervallato<br />
da momenti di lettura e condivisione in aula, serviti a evidenziare<br />
in corsa errori e possibilità di miglioramento.<br />
Il ri<strong>su</strong>ltato è quello che avete tra le mani. <strong>Tre</strong> <strong>racconti</strong> assolutamente<br />
degni dal punto di vista letterario e perfettamente aderenti<br />
agli stilemi della Narrativa d’Inchiesta.<br />
Buona lettura, quindi, e “buona memoria”.
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ELEONORA FORTI<br />
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Un uomo fa capolino dalla porta dello scompartimento.<br />
“Salve. È libero qui?”<br />
“Prego, prego, venga pure.” Un ragazzo gli fa spazio. Una signora<br />
con un bambino gli sorride.<br />
“Grazie.”<br />
L’uomo si siede, fiaccato dal caldo. Si toglie il cappello e si asciuga<br />
il <strong>su</strong>dore con un fazzoletto.<br />
“Caldo, eh?”<br />
L’uomo annuisce.<br />
“Dov’è diretto?”<br />
“A Reggio Calabria.”<br />
Il ragazzo si agita, è tutto preso dall’eccitazione, ed esclama:<br />
“Anche lei va a sostenere la rivolta?” Sorride come chi aspetta<br />
la battaglia senza averla mai combattuta. “Vedrà, ci riprenderemo<br />
i nostri diritti! Tempo un mese, due, e Reggio sarà di nuovo capoluogo,<br />
e allora avremo ancora un futuro davanti. Anche noi giovani,<br />
che siamo quelli messi peggio. Non c’è lavoro, si passa <strong>una</strong><br />
vita da precari, senza stabilità. C’è chi ha la laurea e fa la fame,<br />
maledizione! Anch’io mi sono appena laureato e devo cercare lavoro,<br />
ma voglio trovarlo nella mia città. Reggio è importante per<br />
me, è dove sono nato e ho vis<strong>su</strong>to, e dove intendo vivere. Non<br />
lascerò che se la prenda un branco di servi del potere, che fanno<br />
solo i loro porci comodi!” Il ragazzo parla concitatamente, a voce<br />
alta, gesticola. Sembra montargli la rabbia. “Alla rivolta di Reggio<br />
combatteremo, camerata, finché sarà necessario. C’è anche stato<br />
un morto! Un certo Labate, impiegato delle ferrovie... un eroe! È<br />
morto per la causa.”
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ELEONORA FORTI<br />
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L’uomo <strong>non</strong> dice nulla. È a testa china, sembra osservare le<br />
<strong>su</strong>e mani rugose, ma il <strong>su</strong>o sguardo è lontano. Manca l’aria, il<br />
bambino si mette a piangere. La mamma, sfinita, cerca di cullarlo.<br />
Il ragazzo si asciuga il <strong>su</strong>dore con il dorso della mano.<br />
“Perché <strong>non</strong> viene con me? Più siamo, meglio è. Devo<br />
raggiungere la mia ragazza ed alcuni amici, hanno <strong>una</strong> specie di<br />
quartier generale dove organizzano le proteste. O è di Reggio<br />
pure lei? Ha un posto dove stare?”<br />
Il ritmico rumore dei vagoni e il caldo soffocante di luglio<br />
sembrano dilatare il tempo. Dopo un’eternità l’uomo risponde:<br />
“Sì, sono di Reggio pure io.” Parla lentamente, con la bocca<br />
impastata.<br />
Il ragazzo ha un moto di stizza per la risposta concisa, ma riprende:<br />
“Sa dove andare, come si fanno le manifestazioni...?”<br />
Il caldo fa fischiare le orecchie, più del rumore del treno e delle<br />
urla del neonato. L’uomo si asciuga per l’ennesima volta il <strong>su</strong>dore,<br />
stavolta con la manica della camicia. Non risponde. Il ragazzo<br />
insiste:<br />
“Non va a Reggio per la rivolta?”<br />
L’uomo risponde dopo un po’, con fatica:<br />
“No.”<br />
“Per cosa va, allora?”<br />
Quasi <strong>non</strong> si respira, l’afa stordisce i passeggeri. Per fort<strong>una</strong> il<br />
bimbo si è calmato.<br />
“Per il funerale di mio figlio, Bruno Labate.”, risponde l’uomo,<br />
lo sguardo basso. “Morto per la ‘causa’.”<br />
Il ragazzo tace, si vergogna. Ma <strong>non</strong> avrà mai il tempo di trovare<br />
le giuste parole per scusarsi.<br />
Ero ancora nella Baracca, <strong>non</strong>ostante mia madre mi avesse<br />
detto di tornare a casa per le sei. Oltre che <strong>una</strong> questione di principio,<br />
disobbedirle era un piacere: i discorsi di mio cugino e dei
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<strong>su</strong>oi compagni erano sempre così interessanti da farmi rimanere<br />
incollato alla sedia. A volte mi lasciavano pure correre in giro per<br />
stampare qualche volantino o sbrigare qualche commissione importante.<br />
Era impossibile annoiarsi! I loro discorsi erano più infuocati<br />
del sole pomeridiano, ma più che scaldare facevano venire<br />
i brividi: lotta contro il potere, manifestazioni, cortei, concerti<br />
d’informazione.<br />
Fremetti <strong>su</strong>lla sedia di legno dov’ero appollaiato. Mio cugino<br />
Gianni e Annalise erano intenti a parlottare concitatamente, ma<br />
erano stati così antipatici da avermi detto espressamente di andarmene,<br />
che era vietato ascoltare. Chissà quante porcherie si stavano<br />
dicendo... Osservai Franco guardare il pianoforte con aria<br />
assente. Poi, senza alcun preavviso, lo aggredì. Il pianoforte, per<br />
protesta, emise <strong>una</strong> dissonanza tale da sembrare il grido di un ubriaco,<br />
ma Franco parve apprezzarlo. Continuò <strong>su</strong> questo tono,<br />
premendo <strong>su</strong>i tasti talvolta con foga, a volte appena sfiorandoli,<br />
per poi schiacciarli di peso con tutto l’avambraccio, producendo<br />
<strong>su</strong>oni irripetibili. Lui <strong>non</strong> usava spartiti, il <strong>su</strong>o scopo era ottenere<br />
l’originalità assoluta. Al massimo seguiva le note di compositori<br />
che solo lui aveva sentito nominare, infarciti comunque di <strong>una</strong><br />
buona dose di improvvisazione.<br />
“Finiscila!”, sbottò Gianni, che <strong>non</strong> riusciva a sentire più la<br />
voce di Annalise.<br />
“È Sostakovic, ignorante!”, gli rispose Franco, con <strong>una</strong> voce<br />
sorprendentemente calma sopra il frastuono.<br />
Gianni si era già alzato per andare a tirarlo via di peso, quando<br />
si udì uno schianto e la porticciola della Baracca si aprì di botto.<br />
Franco smise immediatamente di <strong>su</strong>onare. Ci girammo di scatto<br />
tutti e quattro, e vedemmo un ammasso informe di membra e<br />
piume accasciato <strong>su</strong>l pavimento che rantolava e si muoveva convulsamente.<br />
“Anghèlo!”, esclamò Annalise, con la <strong>su</strong>a pronuncia tedesca.<br />
Quello <strong>non</strong> accennava a volersi alzare.
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“Angelo, che ti capitò?”, chiese mio cugino preoccupato, aiutandolo<br />
ad alzarsi. Annalise lo liberò dal guinzaglio cui stava attaccata<br />
Maria, che scappò fuori starnazzando impazzita, stupida<br />
gallina.<br />
Angelo venne trascinato <strong>su</strong>l divanetto, sconvolto e fradicio di<br />
<strong>su</strong>dore. Allargò le braccia e gettò la testa indietro per riprendere<br />
fiato, mentre tutti lo assalivano di domande.<br />
“Che c’è?”<br />
“Ti hanno picchiato?”<br />
“Stai bene?”<br />
“Che è <strong>su</strong>ccesso?”<br />
“Il treno...”, <strong>su</strong>s<strong>su</strong>rrò tra un affanno e l’altro.<br />
“Qvale treno?”<br />
“Quello... per Torino...”<br />
Tutti si fecero attenti.<br />
“Cos’è <strong>su</strong>ccesso al treno, Angelo?”. Gianni era serissimo.<br />
“Ha deragliato... a Gioia Tauro... C’era pure il padre di Bruno<br />
Labate...”<br />
Senza dir nulla, i ragazzi lo presero di peso, lo caricarono in<br />
macchina e con Annalise alla guida presero la strada sterrata tra i<br />
campi e sparirono, lasciandomi piantato lì. Stronzi. Presi la rincorsa<br />
e m’infilai in macchina, prima che Franco avesse il tempo di<br />
chiudere la portiera.<br />
Parcheggiammo la macchina ai piedi di <strong>una</strong> collinetta, poco distante<br />
dal luogo dell’incidente, e proseguimmo a piedi.<br />
Io arrancai <strong>su</strong> per la collinetta sbuffando e soffiando e quasi<br />
<strong>non</strong> vedevo dove andavo, tanto ero esausto. Giunto in cima<br />
guardai giù e stavolta capii cosa significasse rimanere senza fiato.<br />
La vista del disastro ferroviario mi sconvolse talmente che mi<br />
scordai di respirare per qualche istante. Mi si annebbiò lo sguardo,<br />
forse per lo sforzo eccessivo, forse per le lacrime che mi sta-
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vano riempiendo gli occhi, e rimasi lì. Imbambolato. Inerme. Pietrificato.<br />
Non sapevo che fare, se andare a chiamare aiuto, dare <strong>una</strong><br />
mano, seguire mio cugino e i <strong>su</strong>oi... Il disastro attirava il mio<br />
sguardo come un burrone, così restai a fissare inebetito quello che<br />
rimaneva dei binari, scorticati dalla terra con violenza e gettati<br />
scompostamente via. Parte del treno, <strong>una</strong>, due, cinque carrozze,<br />
erano collegate e intatte. Ma il resto giaceva <strong>su</strong> un fianco, ferito a<br />
morte da uno spaventoso incidente, <strong>una</strong> carrozza a destra, <strong>una</strong> a<br />
sinistra, a zig-zag come <strong>una</strong> macabra fisarmonica. Era dolente, in<br />
agonia.<br />
I lamenti dei passeggeri parevano provenire dal metallo stesso<br />
più che da esseri umani. Un bambino strillava impazzito, sembrava<br />
che lo stessero torturando; piangeva, piangeva, piangeva. Poi,<br />
<strong>non</strong> più. Quel silenzio urtò la mia coscienza più di un pugno. Mi<br />
stordì ed iniziai a tremare. Mi accorsi di avere la bocca semiaperta<br />
solo quando strinsi i denti per <strong>non</strong> scoppiare in singhiozzi, ma le<br />
lacrime stavano già solcando il mio viso. Mi gettai in ginocchio<br />
coprendomi il volto con le mani e cominciai a singhiozzare convulsamente.<br />
Non avevo più la forza di controllarmi. Mi lasciai andare.<br />
“Tonino!”<br />
Qualcuno mi chiamò, e alzai lo sguardo, tenendomi le mani<br />
davanti, quasi volessi proteggermi da quella vista. Tra le mie dita e<br />
le lacrime vidi Franco che mi faceva segno di scendere ad aiutare.<br />
La <strong>su</strong>a mano era sporca di sangue.<br />
“Arrivo!”, riuscii a dire con voce tremante. Mi asciugai le lacrime,<br />
montai in sella e raggiunsi quelli della Baracca.<br />
“C’è quella signora che ha bisogno di te: vai, Tonino, vai!”, mi<br />
ordinò Franco, prima di correre da <strong>una</strong> coppia di ragazze ferite.<br />
Mentre sostenevo la vecchia signora e l’accompagnavo a <strong>una</strong><br />
delle ambulanze, vidi che Annalise si era caricata in spalla un uomo<br />
che <strong>non</strong> dava segni di vita, e che le stava sporcando di sangue
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la camicetta. Angelo, ancora stravolto dalla corsa, trasportava un<br />
omone con l’aiuto di Gianni. Incespicarono ad ogni passo, finché<br />
lo depositarono accanto a quella che era, mi accorsi con orrore,<br />
<strong>una</strong> fila di morti, nemmeno coperti.<br />
Altri uomini, gente della stazione, alcuni poliziotti, stavano aiutando<br />
ad uscire dagli scompartimenti i <strong>su</strong>perstiti, che piangevano<br />
disperatamente, o si lamentavano con voce flebile. Erano loro lo<br />
spettacolo peggiore: parevano destinati a spegnersi di lì a poco.<br />
Arrivò qualche altra ambulanza, ma i feriti erano decine, e <strong>non</strong><br />
bastavano. Assieme ai pompieri e qualche poliziotto caricammo i<br />
feriti dentro qualsiasi mezzo ci capitasse a tiro, dalle volanti a<br />
qualsiasi macchina arrivasse.<br />
Annalise tornò accanto alle carrozze accasciate a terra, portandosi<br />
dietro <strong>una</strong> barella che appoggiò lì vicino. Prese un anziano<br />
che veniva calato dal bordo del treno rovesciato, e lo accompagnò<br />
dolcemente fino a terra. L’uomo, tremante, con il sangue a<br />
grumi <strong>su</strong>lle braccia e gli occhi spalancati, si appese alla camicia già<br />
lercia di Annalise e le disse:<br />
“Sei un angelo salvatore...”<br />
Ma lei gli rivolse un sorriso amaro:<br />
“Tut mir Leid, gli <strong>angeli</strong> <strong>non</strong> <strong>esistono</strong>. Ci sono solo i salvatori.”<br />
I ragazzi erano tutti seri. La faccenda del treno li aveva davvero<br />
colpiti. Di tanto in tanto sparivano, da soli o a coppie, e <strong>non</strong><br />
tornavano che dopo giorni, soddisfatti, ma con un’aria sempre<br />
più distrutta. Portavano dentro e fuori dalla Baracca incartamenti,<br />
fotografie, manifesti, che mi proibivano tassativamente di guardare,<br />
e <strong>non</strong> mi mandavano neanche più a far stampare i volantini.<br />
Franco <strong>non</strong> <strong>su</strong>onava più da un pezzo, ormai, e la polvere imbrattava<br />
la <strong>su</strong>perficie lucida del pianoforte. Gianni scriveva qualcosa,<br />
ma dopo due righe appallottolava nervosamente i fogli, li gettava<br />
via e ricominciava da capo. Allora ci pensava Annalise a calmarlo.<br />
Lo aiutava nello scrivere, gli parlava, lo carezzava e gli sorrideva, e
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ELEONORA FORTI<br />
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qualche volta sparivano per riapparire dopo qualche ora, molto<br />
più rilassati.<br />
Col passare del tempo i discorsi dei ragazzi si fecero meno ermetici,<br />
<strong>non</strong> erano più in codice, o forse ero io che capivo meglio.<br />
Pensavano che quello del treno <strong>non</strong> fosse stato solo un incidente,<br />
perché ritenevano impossibile che si fosse trattato di un guasto<br />
tecnico improvviso, e anche i macchinisti del treno che avevano<br />
interrogato escludevano l’errore umano. Ma perché mai qualcuno<br />
avrebbe dovuto colpire un treno? E chi, poi?<br />
Tesi l’orecchio. Gianni e Annalise erano nella camera da letto a<br />
parlare e sentivo a stento le loro parole, mentre fingevo di riordinare<br />
l’ambiente più grande della Baracca.<br />
Angelo studiava dei fascicoli e buttava giù degli appunti, assorto.<br />
Potei avvicinarmi tranquillamente alla porta della stanza.<br />
“Ma perché allora nes<strong>su</strong>no ha sentito nulla?”, chiese Annalise.<br />
Angelo sbuffò e si mosse <strong>su</strong>lla sedia, senza farmi capire la risposta<br />
di mio cugino.<br />
“Vielleicht, Gianni.”, gli rispose Annalise. “Ma <strong>non</strong> si capisce<br />
da dove arrivi il denaro. <strong>Gli</strong> imprenditori di Reggio Calabria sembrano<br />
puliti, <strong>non</strong> capiremo mai chi ci ha messo i soldi.”<br />
“<strong>Gli</strong> stessi della rivolta. Chi c’ha i soldi, ce li mette. Hai visto le<br />
foto di Ciccio Franco, no? Lo striscione con ‘Boia chi molla!’... Si<br />
sa che ci sono i fascisti, a Reggio. Bastardi fascisti che si spacciano<br />
per salvatori con il loro Comitato d’Azione, ma che aggravano solo<br />
la situazione. Ciccio Franco e i <strong>su</strong>oi ci sono dentro fino al collo.<br />
Vogliono solo rompere le palle e controllare la città. Ci mandano<br />
in piazza per Reggio capoluogo, ma chi se ne frega? È tutta<br />
<strong>una</strong> strategia per distrarci dai nostri veri problemi, l’emigrazione<br />
per il lavoro, la disoccupazione, la fame!”<br />
Gianni si agitava molto, quando parlava.<br />
“Ma i fasci <strong>non</strong> ne hanno di soldi, Gianni!”, gli fece notare<br />
Annalise. “Qvalcuno deve pur darglieli!”
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ELEONORA FORTI<br />
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“Pensaci bene, Annalise. Chi altro vuole il potere? A chi altro<br />
sta bene se i reggini si ammazzano a vicenda? Chi altro ha i soldi<br />
per fare tutto questo?”<br />
“Già, chi?”, gli fece eco Annalise.<br />
Angelo si alzò rumorosamente dalla sedia, impedendomi ancora<br />
<strong>una</strong> volta di sentire tutta la risposta.<br />
“... Proprio loro.”, disse mio cugino con tono grave. “Ho<br />
mandato Angelo a tenere d’occhio i fascisti, e sono convinto che<br />
riuscirà a provare questa collaborazione.”<br />
Collaborazione di chi? Con chi si erano alleati i fascisti? Ero<br />
tutto assorto nel pensare, quando sentii <strong>una</strong> mano <strong>su</strong> <strong>una</strong> spalla.<br />
Sobbalzai e mi voltai di scatto.<br />
“È ora di tornare a casa.”, mi disse Angelo. Non osai disobbedire<br />
davanti al <strong>su</strong>o sguardo. Uscii, presi la bicicletta e me ne andai<br />
senza salutare. Però <strong>non</strong> sarei andato <strong>su</strong>bito a casa: <strong>non</strong> vedevo<br />
l’ora di dire al mio amico Carmine ciò che avevo appena sentito.<br />
“Tonino?”<br />
“Sì?”<br />
“Sono Gianni.” La voce era un po’ tesa. “Volevo avvisarti di<br />
<strong>non</strong> passare da noi la p<strong>rossi</strong>ma settimana, perché andiamo a stare<br />
a Roma per un po’.”<br />
La mia risposta fu immediata:<br />
“Vengo anch’io!”<br />
Mi rispose con voce cantilenante:<br />
“No, <strong>non</strong> c’è posto in macchina, dobbiamo tirare <strong>su</strong> anche<br />
Luigi Lo Celso, a Cosenza.”<br />
“Mi metto nel baule!”<br />
Gianni sbuffò: “<br />
“No, sei troppo piccolo e impiccione, <strong>non</strong> puoi venire con<br />
noi.”<br />
“E ridagli con ‘sta storia! Che rompipalle! Per <strong>una</strong> volta che ti<br />
costa?”, ribattei, cocciuto.
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ELEONORA FORTI<br />
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“Ho detto di no e basta, piantala. Non fare il bambino.”<br />
Mi irritai:<br />
“Il bambino? Ma sei davvero stronzo!” Ero ferito.<br />
“Piantala. Sei piccolo e impiccione. Ti abbiamo sopportato fin<br />
troppo, e ora dovremmo badarti anche a Roma? Non sai neanche<br />
farti la pappa da solo!”<br />
Non volevo credere a quello che mi stava dicendo, era davvero<br />
così? Sentii lacrime di rabbia salirmi agli occhi.<br />
“Sì che me la so fare!”, strillai, al limite della disperazione.<br />
“Saresti solo <strong>una</strong> palla al piede, e noi abbiamo già abbastanza<br />
da fare, anche senza stare dietro a un poppante, quindi fammi il<br />
piacere di levarti di mezzo. Di venire a Roma <strong>non</strong> se ne parla<br />
proprio, e sarebbe meglio se stessi anche lontano dalla Baracca<br />
per un po’. Chiaro? Salutami la zia.”, disse, e riattaccò.<br />
Mollai la cornetta e mi precipitai in sella alla bicicletta, pedalai<br />
come un forsennato, con un nodo in gola e le lacrime che lottavano<br />
per <strong>non</strong> uscire. Bastardo. Quello che mi aveva detto era<br />
dannatamente vero, ma <strong>non</strong> l’avrei mai ammesso. L’avrei preso a<br />
cazzotti!<br />
Arrivai nei pressi della Baracca in poco tempo, gettai la bici<br />
per terra e mi diressi verso la ca<strong>su</strong>pola, pronto a fare irruzione e<br />
menare quello stronzo di mio cugino. Ma la forza e i propositi mi<br />
morirono dentro quando vidi che il rifugio era stato imbrattato da<br />
scritte fasciste. Lo slogan ‘Boia chi molla!’ campeggiava <strong>su</strong> due<br />
pareti della Baracca, scritto in nero, a caratteri cubitali. Sembrava<br />
<strong>una</strong> condanna indelebile. Una finestra era stata infranta, e dentro<br />
intravedevo mio cugino e i <strong>su</strong>oi. Mi avvicinai senza farmi vedere,<br />
sbirciai dentro e vidi Franco abbandonato <strong>su</strong>l divano, con un labbro<br />
spaccato, la testa fasciata, e Angelo che gli stava avvolgendo<br />
<strong>una</strong> garza attorno a un polso steccato. Respirava piano.<br />
“T’han conciato per le feste, vecchio mio!”, gli disse Angelo.<br />
“Ora sei pronto per andare a ballare!”
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
20<br />
ELEONORA FORTI<br />
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
Franco fece un debole sorriso, con gli occhi semichiusi, e rispose:<br />
“Nurejev sicuramente apprezzerà la mia composta e raffinata<br />
performance <strong>su</strong>lle tombe dei loro antenati.”<br />
Angelo rise.<br />
Gianni scuoteva la testa, andava avanti e indietro e imprecava<br />
tra sé e sé:<br />
“Sporchi fascisti bastardi... sempre in branco... ignoranti carogne<br />
che <strong>non</strong> sono altro.”<br />
“Scheisse!”, imprecò Annalise a denti stretti. Stava frugando nei<br />
cassetti con <strong>una</strong> faccia a metà tra l’arrabbiato e il preoccupato. Solo<br />
allora mi accorsi che c’erano fogli mezzi bruciati, quaderni e<br />
mobili ovunque. C’erano persino delle stoviglie rotte <strong>su</strong>l pavimento.<br />
“Sono spariti dei rullini.”, annunciò Annalise.<br />
“Come sono venuti a sapere quello che stavamo facendo?”, si<br />
chiese Angelo.<br />
“Avevamo già mandato il dossier completo a Roma?”, domandò<br />
Gianni.<br />
Annalise annuì.<br />
“E ne abbiamo <strong>una</strong> copia?”<br />
Tutti gli fecero di sì con la testa.<br />
“Bene, questo è l’importante.”, disse Gianni. “Portiamolo con<br />
noi a Roma, dobbiamo evitare che finisca in mani sbagliate.” Si<br />
fermò, come se dovesse mandare giù qualcosa di amaro. “Abbiamo<br />
scoperto delle cose che faranno tremare l’Italia. Ora prepariamoci<br />
a <strong>su</strong>birne le conseguenze.”<br />
“Pronto”<br />
“Pronto... Tonino?” La voce di mia zia era affannata.<br />
“Sono io, zia. Dimmi.”
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
21<br />
ELEONORA FORTI<br />
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
“Oh, Tonino mio!” La <strong>su</strong>a voce si incrinò. La udii soffiarsi il<br />
naso dall’altra parte della cornetta. Strinsi la presa <strong>su</strong>l ricevitore.<br />
In attesa. Con un bruttissimo presentimento.<br />
“Sì, zia?...”, chiesi con voce titubante.<br />
Ancora niente. Solo rumori. Nulla. I secondi passavano. Un<br />
sospiro. La zia tirò <strong>su</strong> col naso. Un respiro. Silenzio. Finalmente<br />
interrotto:<br />
“Sono morti! Un incidente... Gianni e gli altri ragazzi sono<br />
morti!”<br />
Mia zia scoppiò in singhiozzi laceranti, perdendo anche quel<br />
minimo di autocontrollo che le era rimasto. Mi si strinse lo stomaco.<br />
Non dissi nulla. Non c’era niente da dire. Cercai di trattenermi<br />
dal piangere, ma <strong>non</strong> ce la feci e scoppiai in singhiozzi. Per<br />
quella che mi parve un’eternità mia zia ed io piangemmo insieme,<br />
uniti nel nostro dolore, diverso, ma di uguale intensità. Cercai di<br />
ricompormi poco a poco, tornai un po’ più lucido, e ne volli sapere<br />
di più.<br />
“Zia...” Mi schiarii la gola, lottando contro le lacrime. Respirai<br />
forte. “Zia, com’è <strong>su</strong>ccesso?”<br />
Lei si soffiò rumorosamente il naso, due volte. Che importava<br />
il contegno, che importava la buona educazione? Erano morti.<br />
“Pare che si siano schiantati contro un tir, mentre andavano a<br />
Roma... Erano così giovani...” Di nuovo <strong>non</strong> riuscì a trattenere i<br />
singhiozzi. Sentire qualcuno che piange quando si sta cercando di<br />
<strong>non</strong> farlo è davvero <strong>una</strong> tortura.<br />
Mia zia continuò a descrivere l’incidente, quasi che parlare della<br />
loro morte riuscisse ad alleviarle un po’ il dolore. “Angelo,<br />
Franco e quell’altro ragazzo sono morti <strong>su</strong>bito... Gianni l’hanno<br />
portato in ospedale ed è morto poco dopo... Oh, il mio Gianni...<br />
Se avessero fatto più in fretta si sarebbe salvato...”<br />
La <strong>su</strong>a voce <strong>non</strong> aveva più forza, era un flebile lamento rassegnato.<br />
“Annalise è in coma. Speriamo che almeno lei si salvi... E<br />
adesso passami mia sorella, per favore.”
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
22<br />
ELEONORA FORTI<br />
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
Il <strong>su</strong>o tono sembrava <strong>una</strong> <strong>su</strong>pplica. Mi asciugai le lacrime che<br />
<strong>non</strong> avevano smesso di scendere e passai la cornetta a mia madre.<br />
Poi andai di fuori a sedermi per terra, e ripresi a piangere.<br />
Dopo qualche giorno, il dolore <strong>non</strong> era affatto diminuito.<br />
Semmai, era cambiato il mio modo di sopportarlo. Dal giorno<br />
dell’incidente, tutti i pomeriggi andavo a sedermi <strong>su</strong>l ghiaino antistante<br />
la casa, a osservare i campi di grano, a pensare in maniera<br />
sempre più lucida. Dopo la telefonata mia zia mi aveva tenuto al<br />
corrente degli sviluppi delle indagini, che più venivano approfondite,<br />
più mi parevano strane.<br />
Tanto per cominciare, nello schianto contro il tir sembrava<br />
che fosse stata <strong>una</strong> terza macchina a spingere l’auto dei ragazzi<br />
contro il rimorchio, che era ammaccato solo di lato e aveva i fanalini<br />
posteriori intatti. In più avevo chiesto del dossier che mio<br />
cugino e i <strong>su</strong>oi avrebbero dovuto portare a Roma, ma di quello<br />
nes<strong>su</strong>na traccia. Era as<strong>su</strong>rdo che <strong>non</strong> lo avessero con loro, dato<br />
che lo scopo principale del viaggio era proprio la consegna di quel<br />
plico! Insomma, più che un incidente a me pareva un attentato.<br />
Sospirai. Mi bloccavo sempre in quel punto. Chi aveva voluto<br />
uccidere mio cugino e i <strong>su</strong>oi? E dove era finito il dossier che avrebbe<br />
dovuto far ‘tremare l’Italia’? Forse Annalise avrebbe potuto<br />
aiutarmi a capire qualcosa, ma il <strong>su</strong>o stato di coma sembrava<br />
essere irreversibile. Anzi, sembrava peggiorare sempre più.<br />
Fu a quel punto dei miei pensieri che vidi sbucare dalle spighe<br />
dei campi Carmine con la bicicletta. Sgommò poco lontano da<br />
me, scese, e mi fece un grande sorriso. Era <strong>su</strong>datissimo come al<br />
solito, ma si vestiva sempre di nero e <strong>non</strong> si notava.<br />
Di nero.<br />
La mia attenzione si cristallizzò <strong>su</strong> questo particolare. Carmine<br />
si vestiva sempre di nero, sempre con <strong>una</strong> camicia a maniche lunghe,<br />
anche con il caldo. Una camicia nera, come la scritta ‘Boia<br />
chi molla!’ <strong>su</strong>lle pareti della Baracca. Come la divisa dei fascisti.
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
23<br />
ELEONORA FORTI<br />
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
Serrai la mascella e lo osservai meglio. Sorrideva. Forse perché<br />
era felice di quello che era <strong>su</strong>ccesso ai miei amici?<br />
Se i fascisti erano riusciti a far saltare un treno, pensai, figurarsi<br />
quanto sarebbe stato facile, per loro, provocare un incidente <strong>su</strong><br />
<strong>una</strong> macchinina come quella dei ragazzi. Frena, Tonino, mi dissi.<br />
Cercai di controllare la rabbia che mi stava nascendo dentro. Frena.<br />
Annalise ha detto che i fascisti <strong>non</strong> hanno i soldi. Dunque?<br />
“Pensaci bene, Annalise. Chi altro vuole il potere? A chi altro<br />
sta bene se i reggini si ammazzano a vicenda? Chi altro ha i soldi<br />
per fare tutto questo?”<br />
“... Proprio loro.”<br />
La Lunga Mano!<br />
La ‘Ndrangheta!<br />
Sono loro, sempre loro che hanno i soldi. Imprenditori di<br />
mezza regione fanno affari con quelli della Lunga Mano, che può<br />
arrivare dappertutto. Anche a strappare la vita di cinque ragazzi<br />
combattivi. E anche a manipolare i fascisti, perché poi sono loro<br />
che fanno tutto. Me l’aveva detto Angelo che loro ci godono, a<br />
sporcarsi le mani.<br />
Osservai ancora Carmine che si avvicinava e la verità mi colpì<br />
con la forza di <strong>una</strong> randellata. Brividi di orrenda consapevolezza<br />
mi scuotevano con tanta violenza che cominciai proprio a tremare,<br />
lì in mezzo allo spiazzo, sotto il sole, al caldo.<br />
Carmine era un fascista. Ed ero stato io a raccontargli quello<br />
che facevano i ragazzi della Baracca. Io gli avevo detto che erano<br />
degli anarchici. Io gli avevo detto che nella <strong>strage</strong> di Gioia Tauro<br />
c’entravano i fascisti, che si erano accordati con qualcuno con<br />
molti soldi. Io gli avevo detto che mio cugino e i <strong>su</strong>oi stavano indagando<br />
per arrivare a dei nomi, che avevano raccolto materiale<br />
pericoloso, che volevano far sapere dei segreti alla gente. Io gli<br />
avevo spiegato dove si trovava la Baracca.
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
24<br />
ELEONORA FORTI<br />
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
E lui aveva detto tutto ai camerati. Che avevano picchiato<br />
Franco, imbrattato la Baracca, fatto sparire il dossier, tutto per far<br />
sì che neanche <strong>una</strong> parola venisse a galla.<br />
Due stragi: quella di Gioia Tauro e quella dei ragazzi. E<br />
c’entravano sempre loro, quei dannatissimi porci, contro cui<br />
Gianni si scagliava sempre con <strong>una</strong> foga di cui solo ora capivo<br />
davvero le ragioni.<br />
Mi avvilii. Ero stato io la causa di tutto, perché se avessi tenuto<br />
la bocca chiusa, i camerati <strong>non</strong> avrebbero saputo cosa stavano facendo<br />
quelli della Baracca, <strong>non</strong> se ne sarebbero interessati e i miei<br />
amici sarebbero rimasti vivi.<br />
Li avevo fatti ammazzare io.<br />
Li avevo ammazzati io.<br />
Non solo ero inutile, <strong>una</strong> palla al piede, un poppante. Ero anche<br />
un inaffidabile, un traditore, un assassino.<br />
Le lacrime brucianti di consapevolezza che rigavano le mie<br />
guance <strong>non</strong> sarebbero mai riuscite a lavare la colpa di cui mi ero<br />
macchiato.<br />
Sì, li avevo ammazzati io.
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
Anna Forti<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
25<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
Gianni concentrato nella guida.<br />
<strong>Gli</strong> altri che parlano.<br />
Quelle righe che <strong>non</strong> mi si scollano dalla memoria: “Roma, 5<br />
luglio 1970. Caro Demetrio, la lettera che sta per leggere è diversa<br />
da tutte quelle che avrà ricevuto in passato, quindi vi ponga ancora<br />
maggior attenzione”.<br />
Luce improvvisa negli occhi. Un camion? Il fischio dei freni.<br />
Lo schianto. Il buio. Una fitta al torace. Il silenzio. Il vuoto.<br />
Fari. Freni. Fitta.<br />
Dopo numerosi tentativi, ecco che la chiave gira nella toppa ed<br />
entro nella Baracca. Premo l’interruttore, ma la stanza <strong>non</strong> si illumina<br />
e rimane rivestita da un alone opaco, i colori dileguano<br />
dalla mia mente ed io mi ritrovo circondata da un mondo in bianco<br />
e nero come in <strong>una</strong> vecchia pellicola. In fondo alla stanza troneggia<br />
un’elegante scrivania in ebano intarsiato con un ripiano in<br />
vetro trasparente. Mi ci specchio, indosso quegli orecchini di rame<br />
a forma di spirale che <strong>non</strong> trovo più da tempo. La mia immagine<br />
è interrotta da <strong>una</strong> pila di fotografie: nella prima il bagliore<br />
fioco di un lampione lascia scorgere le sagome di due uomini in<br />
piedi mentre si stringono la mano. Uno di loro è il sindaco Battaglia,<br />
l’altro è “Mr. Black”, l’americano che Gianni e Franco hanno<br />
seguito per un’intera settimana e che poi è sparito. La sposto, coprendo<br />
così del tutto il mio riflesso e mi soffermo <strong>su</strong>lla fotografia<br />
<strong>su</strong>ccessiva: l’interno di un salotto e Demetrio Mauro seduto <strong>su</strong><br />
<strong>una</strong> poltrona. Inizo a sfogliarle, prima lentamente, poi sempre più<br />
in fretta: Battaglia con Ciccio il Biondo e Caracciolo, “Mr. Black”
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
26<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
che sale le scale di Palazzo Campanella, la stazione di Gioia Tauro,<br />
<strong>una</strong> valigetta ricolma di banconote... All’improvviso un colpo<br />
di vento spalanca la finestra. Le fotografie mi sfuggono di mano.<br />
Iniziano a volare in giro per la stanza. Cerco inutilmente di afferrarle.<br />
Le mie mani sono trasparenti. Le fotografie mi ruotano intorno.<br />
Giro anch’io con loro. Sempre più veloce. Sempre più veloce.<br />
Sempre più veloce. Perdo l’equilibrio. Cado a terra. Alzo lo<br />
sguardo. Le fotografie hanno creato un enorme vortice che lentamente<br />
le riassorbe. Mi ci affaccio per capire. Scorgo il vuoto.<br />
Poi il buio ed il silenzio.<br />
Una luce, un <strong>su</strong>ono sordo, un dolore intenso.<br />
Signorina Borth, mi sa dire in che anno si svolse la conferenza<br />
di Yalta e chi vi prese parte? Mein Got...<br />
Vuoto, buio totale, silenzio.<br />
Fari accecanti. Stridore di freni. Fiato spezzato.<br />
Gianni mi prende per mano ed entriamo. La gente applaude<br />
euforica. C’è anche Ferruccio Levanti, il miglior Amleto della storia<br />
del liceo. Elisa sorride e ci offre <strong>una</strong> birra. È così incredibilmente<br />
allegra, incontrarla mi mette sempre di buon umore. Ambrogio<br />
Lo Smunto e Camillo Rodrighi si fanno largo tra la folla. È<br />
strano che siano venuti, di solito <strong>non</strong> frequentano questo luogo,<br />
soprattutto da quando hanno deciso di entrare a far parte del<br />
Comitato d’Azione. Sono contenta che siano qui anche loro a godersi<br />
questo concerto, del resto il centro è aperto a tutti ed è straordinario<br />
notare come le persone sappiano <strong>su</strong>perare i pregiudizi e<br />
stare insieme. Ci si schiera da <strong>una</strong> parte o dall’altra più per trovare<br />
<strong>una</strong> propria identità che <strong>non</strong> per essere realmente diversi.<br />
People try to put us d-down (Talkin’ ‘bout my generation) Just because we<br />
g-g-get around... Incrocio lo sguardo di Gianni, ci avviciniamo ancor<br />
di più al palco. Things they do look awful c-c-cold (Talkin’ ‘bout my
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
27<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
generation)... In un attimo, il silenzio ed il buio... Non è possibile!<br />
Che sia saltata la corrente?<br />
Poi il vuoto.<br />
Cara Matilde,<br />
*<br />
Reggio Calabria, 19 settembre 1970<br />
ti scrivo seduta all’ombra di un piccolo pino marittimo, circondata dal<br />
profumo dei fiori di lavanda, che crescono liberi punteggiando di viola il verde<br />
del promontorio. Davanti a me il mare si stende come <strong>una</strong> tavola, che la<br />
brezza del mattino si diverte ad increspare in piccole onde. In lontananza si<br />
scorgono i pescherecci navigare in mare aperto, riscaldati dai primi raggi del<br />
sole, che lasciano prevedere un’altra calda giornata d’estate... Un’altra calda<br />
giornata di scontri e violenza per le strade e i quartieri di questa città sofferente,<br />
che sta cedendo il <strong>su</strong>o carattere gioioso ed accogliente in cambio dell’odio<br />
e della violenza. Di continuo l’aria si riempie del fumo dei lacrimogeni mentre<br />
il boato degli spari si alterna al grido della rivolta: “Boia chi molla!”. Se fossi<br />
qui stenteresti a riconoscerla, stenteresti a riconoscere le persone: anche le più<br />
innocue sembrano essere impazzite. Qualche sabato fa ero con Gianni ad un<br />
concerto dei White Rabbits al centro anarchico, quando improvvisamente<br />
nella sala è calato il buio ed un gruppo di ragazzi ha iniziato a sferrare colpi<br />
alla gente che si stava godendo l’esecuzione di My Generation degli Who...<br />
Beh, tra loro c’era pure Ferruccio Levanti (ricordi quello che recitava con noi<br />
nello spettacolo di fine anno?), cose da <strong>non</strong> credere. Il peggio è che fatti del genere<br />
si verificano con sempre maggior frequenza, per <strong>non</strong> parlare degli attentati<br />
veri e propri...<br />
Nell’ultima lettera dicevi di essere dispiaciuta di <strong>non</strong> poter essere qui con<br />
noi alla Baracca per provare a migliorare le cose, ma <strong>non</strong> devi davvero preoccuparti<br />
di questo! Goditi la vita festosa di Amsterdam, con i <strong>su</strong>oi locali e la<br />
<strong>su</strong>a atmosfera multiculturale, conosci tante persone nuove e sii fiera di studia-
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
28<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
re all’Amsterdamsch Conservatorium! Dico <strong>su</strong>l serio, sfrutta al massimo<br />
quest’opportunità che ti sei procurata e guarda al tuo futuro in <strong>una</strong> delle più<br />
prestigiose orchestre del mondo senza stare a voltarti troppo indietro!<br />
Quando ti immagino mentre fai scorrere l’arco <strong>su</strong>lle corde del violino tra<br />
quelle sale lus<strong>su</strong>ose, provo un sentimento di grande orgoglio e mi sale un po’<br />
di nostalgia ripensando ai tempi in cui ci esibivamo assieme... Sarà forse per<br />
questo che, dopo anni di pausa (quanto ti arrabbiasti quando io decisi di lasciare<br />
il conservatorio!?!), ho ricominciato a <strong>su</strong>onare. Ben inteso, niente di speciale,<br />
soltanto qualche concertino con Franco al bar di Mimmo, ma quel poco<br />
è bastato a <strong>non</strong>na Elvira per far circolare la voce della “nipote musicista” tra<br />
i bambini della catechesi e a far sì che la piccola Marta Mauro (sì, proprio la<br />
figlia di Demetrio Mauro, il “re del caffè”!) obbligasse il padre a chiamarmi<br />
perché le dessi alcune lezioni di piano. All’inizio ero scettica, l’idea di dovermi<br />
recare abitualmente in quella <strong>su</strong>pervilla mi metteva un po’ a disagio... Poi<br />
ho pensato a te e agli ambienti di classe che frequenti ultimamente e mi sono<br />
rassicurata...<br />
In realtà <strong>non</strong> avrei potuto fare cosa migliore!<br />
Non so se ricordi della controinchiesta che stiamo portando avanti, di cui<br />
ti avevo accennato nell’ultima lettera: beh, a mia insaputa credo di essere entrata<br />
proprio dentro la tana del lupo! Non ne sono ancora del tutto sicura,<br />
ma in quella casa avvengono degli spostamenti strani... Per esempio, qualche<br />
settimana fa Mauro stava tutto impegnato a conversare in giardino con Ciccio<br />
Franco, quello del Comitato d’Azione (è lui che, fra il resto, ha inventato<br />
l’idiotissimo slogan “Boia chi molla!”). Mercoledì scorso invece ho “ca<strong>su</strong>almente”<br />
origliato (Marta era uscita un attimo lasciando socchiusa la porta) un<br />
dialogo piuttosto inquietante tra il padrone di casa, il sindaco Battaglia ed un<br />
altro personaggio vestito di nero che <strong>non</strong> sono riuscita ad identificare, nel quale<br />
facevano riferimento a cambiamenti imminenti ed in particolare ad <strong>una</strong> certa<br />
lettera ricevuta da Mauro. Ho deciso che cercherò quella lettera, sento che<br />
potrebbe essere la chiave di tutte le nostre ricerche, che potrebbe svelarci delle<br />
verità importanti riguardo ciò che sta accadendo, che potrebbe davvero contenere<br />
informazioni in grado di far tremare l’Italia!
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
29<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
Lo so, forse sono un’illusa, ma io ci spero davvero tanto che in qualche<br />
modo tutto quello che stiamo facendo e faremo servirà a placare questo clima<br />
di violenza e a costruire un mondo più giusto...<br />
Per il resto, stiamo tutti bene. Io e Gianni stiamo vivendo un periodo particolarmente<br />
felice, è come se fossimo entrati in <strong>una</strong> fase di completa sintonia,<br />
nella quale le parole <strong>non</strong> sembrano essere necessarie per capirsi e ogni momento<br />
insieme si fa ancor più magico di quanto <strong>non</strong> lo sia stato fino ad ora...<br />
Non so bene come spiegarti, ma è un qualcosa di veramente intenso, è straordinario!<br />
Beh, dopo questa piccola digressione romantica, è proprio giunto il momento<br />
di salutarti, la vita chiama! Ti auguro tutto il bene e ti faccio un grande<br />
in bocca al lupo per il p<strong>rossi</strong>mo concerto (visto che <strong>non</strong> potrò assistere, tra<br />
sette giorni esatti mi teletrasporterò fino al Concertgebouw e sarò lì col pensiero!).<br />
Non vedo l’ora che arrivi Natale per poterti finalmente riabbracciare!<br />
Come sai, la Baracca è sempre aperta, ti aspettiamo!<br />
Un grande bacio,<br />
Annalise<br />
P.S.: Angelo ti ringrazia molto per l’introvabile regalo di compleanno che<br />
gli hai mandato! Fìdati, ha apprezzato molto... See Emily plays è <strong>una</strong><br />
droga, <strong>non</strong> riesce a fare a meno di continuare a canticchiarla!<br />
Die Scheinwerfer direkt in die Augen. Die Bremsen kreischen laut. Ein<br />
tiefer Stich am Brustkorb.<br />
Cammino a fianco di Suzanne. Oggi indossa quel berrettino<br />
verde che le ha cucito la <strong>non</strong>na per il compleanno, di cui va tanto<br />
orgogliosa. Mi mancano gli abbracci e i cannarìculi della <strong>non</strong>na.<br />
Che bello, tra poco è Natale e scenderemo a trovarla in Italia per<br />
le vacanze, papà <strong>non</strong> vede davvero l’ora di ritornare in quella ca-<br />
*
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
30<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
setta bianca vicino alla spiaggia, le palme, il mare, il gatto Ernesto...<br />
Woran denkst du gerade, Annalise? Na, sing mit uns!<br />
Laterne, Laterne,<br />
Sonne, Mond und Sterne...<br />
Mostro la mia lanterna gialla alle persone che seguono la sfilata<br />
stando in piedi ai bordi della strada. Facce sconosciute, finalmente<br />
i miei genitori che mi salutano felici, proseguo con un po’ più<br />
di fiducia...<br />
brenne auf mein Licht,<br />
brenne auf mein Licht,<br />
aber nur meine liebe Laterne nicht.<br />
Ecco finalmente San Martino <strong>su</strong>l <strong>su</strong>o cavallo. La maestra ci fa<br />
cenno di avvicinarci. Mentre gli passo a fianco, il cavaliere si allunga<br />
verso di me e mi strappa di mano la lanterna. Indignata mi<br />
giro per riprenderla. È troppo alta. Faccio un salto, ma <strong>non</strong> ci arrivo.<br />
Inizio a gridare, ma nes<strong>su</strong>no mi sente. Suzanne e gli altri<br />
bambini cantando occupano il loro posto <strong>su</strong>l piccolo palco. Disperata,<br />
incrocio lo sguardo dell’uomo a cavallo. Mr. Black ricambia<br />
con un’occhiata beffarda. Illuminato dalla lanterna, vedo il <strong>su</strong>o<br />
sorriso risolversi in un ghigno. Poi la fiamma si spegne.<br />
Intorno a me il buio, il silenzio, il vuoto.<br />
Luce. Fischio stridulo. Respiro spezzato.<br />
Attraverso il palcoscenico e mi siedo al pianoforte. Matilde attacca<br />
con le prime battute. La seguo. La platea è ferma come catturata<br />
da quelle note inquiete ed allo stesso tempo aggressive.<br />
Gradualmente i tasti si fanno pesanti, poi pesantissimi, finché la<br />
mia forza si fa in<strong>su</strong>fficiente, <strong>non</strong> esce <strong>una</strong> sola nota, riprovo con
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
31<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
tutta la mia forza, ma per quanto prema le mie dita rimangono<br />
ferme, cala il silenzio, e il buio, e il vuoto.<br />
Una luce improvvisa mi impedisce di vedere la linea bianca<br />
che prosegue lungo la strada, la cintura di sicurezza mi strattona<br />
mentre il rumore dei freni si fa assordante, cerco di voltarmi verso<br />
Gianni, ma sento un dolore profondo al torace...<br />
Le campane della chiesa annunciano il rito funebre che si celebrerà<br />
nel giro di qualche giorno.<br />
Do-Sol Do-Sol Mib-Sib Mib-Sib La-Mib. “Marta, <strong>non</strong> senti come<br />
<strong>su</strong>ona male quel La col Mib?!” Continua a sbagliare, così <strong>non</strong> ti<br />
accorgerai della mia assenza. Supero veloce il tappeto persiano e<br />
mi ritrovo dall’altra parte del corridoio, proprio di fronte allo studio<br />
di Mauro. Do-Sol Do-Sol Mib-Sib Mib-Sib Lab-Mib Lab-Mib.<br />
“Ora è giusto! Vai avanti!” Sospiro, <strong>non</strong> arriverà nes<strong>su</strong>no, vedi di<br />
sbrigarti, apri quella porta! Do-Sol Do-Sol. Entro nello studio.<br />
L’ambiente è scuro, solo un fascio di luce penetra tra le tende pesanti<br />
che coprono la grande vetrata, illuminando il pavimento di<br />
marmo e le gambe in ebano intarsiato di un’imponente scrivania.<br />
Dietro la scrivania un quadro, le altre pareti occupate da <strong>una</strong> libreria<br />
in stile antico. Mib-Sib Mib-Sib. Potrebbe essere ovunque,<br />
anche <strong>non</strong> in questa stanza. Lab-Mib Lab-Mib. “Riprova col ritmo<br />
giusto, Marta, riprova!” Tra le carte della scrivania. Do-Sol Do-Sol.<br />
Attraverso lo studio. Ripiano in vetro. La mia immagine riflessa.<br />
Una pila di carte. Le afferro. Mib-Sib Mib-Sib. Inizio a cercare.<br />
Lab-Mib La-Mib. Una busta. “Roma, 5 luglio 1970”. “Caro Demetrio”,<br />
firmato “G. F.”, “la lettera che sta per leggere è diversa...”.<br />
Trovata!<br />
Do. Ultimo rintocco delle campane. Silenzio totale. In un istante<br />
il buio, poi il vuoto.<br />
*
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
32<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
“Tranquillo Gianni, ho contattato l’avvocato Di Giovanni e ha<br />
detto di <strong>non</strong> preoccuparsi: <strong>una</strong> volta giunti a Roma, avremo qualcuno<br />
di fidato a cui fare riferimento e allora vedrai che tutti i responsabili<br />
di questo schifo saranno tenuti a pagare il prezzo delle<br />
loro azioni... Godiamoci il viaggio e cerchiamo di <strong>non</strong> pensarci,<br />
domani sarà tutto finito.”<br />
Franco è sempre così rassicurante...<br />
“Si-i-i-i-i- Emily pleiiis...”<br />
Gianni distoglie gli occhi dal volante e mi lancia un rapido sguardo<br />
d’intesa. Non se ne può proprio più di sentire questo ritornello...<br />
“Angelo, ti ringraziamo tutti molto per riuscire ad alleggerire<br />
costantemente i nostri pensieri con questo sottofondo musicale,<br />
ma <strong>non</strong> è che per caso ti è possibile cambiare disco di tanto in<br />
tanto?”<br />
“Giuro, ragazzi, <strong>non</strong> lo faccio apposta, è un atto involontario!<br />
Mi sto tramutando in un jukebox vivente, dovreste andare fieri<br />
della fort<strong>una</strong> che avete!”<br />
“Non vorrei deluderti ma un jukebox generalmente cambia le<br />
canzoni, tu assomigli più ad un giradischi rotto!”<br />
“Sono soltanto alle prime armi, datemi il tempo di concentrarmi<br />
e vi stupirò... Fatti mandare dalla maaammaaa!”<br />
Sguardi sconcertati.<br />
“Ehi ehi ehi, piano! Morandi?”<br />
Terribile! Morandi proprio <strong>non</strong> si può ascoltare!<br />
“A questo punto torna da Emily e restaci!”<br />
“Sì, magari ne vale pure la pena!”<br />
“Comunque voi scherzate, ma io ci sono rimasto male <strong>su</strong>l serio<br />
quando ho scoperto che Barrett aveva lasciato i Pink Floyd...<br />
In realtà <strong>non</strong> so se l’ho ancora digerita del tutto!”<br />
“Dai, Angelo, addirittura! Ci son cose ben più gravi, togliti<br />
quella faccia da anima in pena! E poi vorrei puntualizzare che son<br />
stati gli altri del gruppo a rompere con lui, <strong>non</strong> viceversa...”
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
33<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
“Sì esatto, e in ogni caso hanno fatto bene, lavorare con un<br />
pazzo <strong>non</strong> dev’essere stato proprio tanto piacevole...”<br />
“Piano, piano: Barrett <strong>non</strong> è un pazzo, è un genio!”<br />
O semplicemente uno che esagera con l’LSD...<br />
“Tempo fa ho letto un’intervista in cui Fields raccontava che<br />
Barrett passava la maggior parte del tempo a letto, contemplando<br />
il potenziale infinito che si estendeva davanti a lui senza fare altro<br />
poiché <strong>una</strong> qualsiasi decisione avrebbe annullato quella possibilità<br />
infinita. In quel momento si rendeva infinito... Ci pensate?”<br />
“È o <strong>non</strong> è geniale?”<br />
“Beh, però, Angelo, se ci pensi, alla fine lui fra tutte quelle<br />
possibilità sta scegliendo di essere uno sdraiato <strong>su</strong> un letto, forse<br />
<strong>non</strong> ne è consapevole ma <strong>non</strong> è che <strong>non</strong> stia scegliendo... Quindi<br />
può sognare di essere un gran musicista o un <strong>su</strong>per-eroe o quello<br />
che vuoi, ma in realtà sta vivendo al minimo delle <strong>su</strong>e possibilità...”<br />
“In pratica assomiglia più ad un morto... Non credi?”<br />
“Beh, io <strong>non</strong> sono ancora morto quindi <strong>non</strong> ti saprei proprio<br />
dire.”<br />
“Hei, ragazzi, basta con questi discorsi, ecco Lo Celso!”<br />
“Buon giorno a voi, anarchici della Baracca! Che novità da<br />
quel di Reggio? Pronti per manifestare contro quel bastardo assassino<br />
infame di Nixon?”<br />
“Più pronti che mai! Sali in macchina, Luigi, che <strong>non</strong> c’è tempo<br />
da perdere! Ci sono un sacco di cose di cui dobbiamo parlare!”<br />
Come volevasi dimostrare, Franco <strong>non</strong> ha aspettato un solo minuto per<br />
incominciare ad illustrare al povero Luigi tutta la documentazione che abbiamo<br />
raccolto. Arriverà anche alla lettera, <strong>non</strong> ci voglio pensare, mi mette<br />
ansia, vorrei tanto che questo brutto incubo finisse presto, vorrei poter tornare<br />
a passeggiare per il lungomare senza aver paura che qualcuno mi segua, vorrei...<br />
Apro la porta. Entro nello studio. Un raggio di luce filtra dalla vetrata.<br />
La scrivania. Non pensarci. Pensa ad altro.
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
34<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
“... fra il resto, anche alcuni quotidiani in quei giorni parlavano<br />
di un attentato, per esempio se cerchi ci dev’essere anche un articolo<br />
del 25 luglio tratto dall’Unità.”<br />
Pensa ad altro significa “pensa ad altro”! Non “spegni il cervello e ascolta<br />
gli altri”! Ok: sono le 19 e 27 del 26 settembre 1970, il sole <strong>non</strong> sembra<br />
essere interessato a calare e questa povera piccola Mini Morris <strong>su</strong> cui viaggiamo<br />
assomiglia ad un forno, il paesaggio scorre rapido fuori dal finestrino e<br />
il giallo delle ginestre si fonde col verde del mare, incrociamo un motociclista...<br />
“Ecco qui il titolo: ‘Il deragliamento del treno del sole a Gioia<br />
Tauro. I tecnici ferroviari <strong>non</strong> escludono l’attentato. La riunione<br />
dei dirigenti comunisti calabresi presso la Direzione del PCI: respingere<br />
il tentativo di paralizzare la Regione’.”<br />
Pensa ad altro! Una signora vende arance in un chiosco lungo la strada,<br />
classica sosta durante le gite in bicicletta con Matilde. Come mi manca Matilde,<br />
speriamo Natale arrivi in fretta... Anzi, tra poco inizierà il <strong>su</strong>o concerto!<br />
È seduta nel camerino del teatro, riapre le parti, le sfoglia, le richiude, respira<br />
profondamente, esce <strong>su</strong>l corridoio in cerca di qualcuno che la distragga,<br />
rientra... siamo insieme <strong>su</strong>l palco del conservatorio per il saggio di fine anno,<br />
mi dirigo verso il pianoforte, arrivo alla scrivania di vetro trasparente, Mauro<br />
è seduto <strong>su</strong>l lato opposto, a testa bassa. Lentamente alza lo sguardo verso di<br />
me come se cercasse aiuto. Lo guardo negli occhi, vedo un uomo che sta marcendo,<br />
lo prendo per le spalle e lo scrollo, gli grido: smettila! Smettila! Smettila!<br />
Lui mi fissa, immobile... Annalise...<br />
“Annalise!”<br />
“Eh?”<br />
“Annalise, scusami! Stavi dormendo? Beh, guarda, questa l<strong>una</strong><br />
proprio <strong>non</strong> te la puoi perdere!”<br />
“Mmmh... Ho fatto un sogno davvero strano, Gianni... Comunque,<br />
sì, bella! Ma è già notte? Dove siamo?”<br />
“Abbiamo passato Caserta da un po’, anzi in realtà ormai saremo<br />
quasi a Frosi<strong>non</strong>e.”<br />
“Bene, manca poco allora, <strong>non</strong> ce la faccio più a stare seduta!”
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
35<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
Dietro, dai sedili posteriori, continuano i discorsi seri... Devo ammettere<br />
che tutta questa situazione mi inquieta un po’... Prima arriviamo, meglio è.<br />
“In pratica, sono tutti d’accordo... Stanno mettendo in atto<br />
<strong>una</strong> sorta di guerra civile a bassa intensità...”<br />
“Non l’avevamo mai definita così, ma in effetti rende esattamente<br />
il concetto di ciò che sta avvenendo...”<br />
“È veramente incredibile come siano privi d’ogni sorta di<br />
scrupolo! Sacrificano le persone alla loro causa come se nulla fosse...<br />
Ma sì: facciamo esplodere <strong>una</strong> bomba in <strong>una</strong> piazza, facciamo<br />
deragliare un treno, tanto se muore la signora tal dei tali che<br />
stava andando a trovare la sorella che <strong>non</strong> vedeva da mesi, a noi<br />
che ce ne importa? A noi che ce ne importa della vita delle persone?<br />
A noi che ce ne importa delle persone? A noi ce ne importa<br />
solo di mantenere in vita il potere, siamo i <strong>su</strong>oi servi del cazzo!<br />
Noi facciamo ammazzare la gente senza ritegno e ce ne andiamo<br />
in giro come se nulla fosse, vendendo <strong>su</strong>bdolissimi sorrisi ai cronisti<br />
che ci intervistano, entrando in chiesa convinti di essere i<br />
migliori cristiani che possano esistere, senza renderci conto che<br />
stiamo stravolgendo il senso di tutto quanto, che <strong>non</strong> siamo altro<br />
che un continuo ed odiosissimo incoerente e schifoso paradosso!”<br />
“Sul serio, io <strong>non</strong> capisco perché si ricorra tanto facilmente all’uso<br />
della violenza... In fondo, credo che gli uomini, se davvero<br />
son uomini, dovrebbero riuscire a guardarsi negli occhi e parlare...”<br />
“Esatto. Beh, un po’ come Angelo durante la manifestazione<br />
pacifista... Cazzo, sembravi Gandhi!”<br />
An eye for an eye makes the whole World blind.<br />
“Addirittura Gandhi... In ogni caso <strong>non</strong> sono il solo qui ad essere<br />
disposto a soffrire per la verità al punto da farsi picchiare<br />
senza abbassarsi a rispondere nello stesso modo.”<br />
“In fondo è proprio per fare emergere la verità che stiamo rischiando<br />
tutti in continuazione... Se <strong>non</strong> credessimo che un
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
36<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
mondo più giusto sia possibile <strong>non</strong> avremmo fatto questo viaggio...<br />
O no?”<br />
Porta socchiusa. Voci nell’atrio. Io che mi avvicino...<br />
“Il contenuto della lettera parla chiaro, quello che stiamo facendo<br />
ha <strong>una</strong> finalità ben precisa.”<br />
“La situazione che si sta per realizzare farà comodo a tutti, anche<br />
a lei, Demetrio, si fidi.”<br />
L’accento di quell’uomo era davvero insolito... Un accento<br />
neutro, insipido, un <strong>non</strong> accento.<br />
“La mia posizione rimarrà invariata, potete continuare a contare<br />
<strong>su</strong>lla mia collaborazione... vivere circondati da nemici <strong>non</strong> piace<br />
a nes<strong>su</strong>no...”<br />
Le campane della chiesa. I bicordi lenti di Marta. La porta dello<br />
studio. La mano <strong>su</strong>lla maniglia. Il mio respiro. La luce <strong>su</strong>l pavimento<br />
in marmo. La scrivania. Passi. Fruscio di carte. Ancora le<br />
campane. Una busta. La sequenza di note.<br />
Gianni concentrato nella guida. <strong>Gli</strong> altri che parlano. Quelle<br />
righe che <strong>non</strong> mi si scollano dalla memoria. “Roma, 5 luglio 1970.<br />
Caro Demetrio, la lettera che sta per leggere è diversa da tutte<br />
quelle che avrà ricevuto in passato, quindi vi ponga ancora maggior<br />
attenzione”.<br />
Luce improvvisa negli occhi. Un camion? Il fischio dei freni.<br />
Lo schianto. Il buio. Una fitta al torace. Il silenzio. Il vuoto.<br />
Luce. Io che rincorro Suzanne tra i prati verdi della Baviera.<br />
Buio.<br />
Un fischio.<br />
Do-Sol Do-Sol, Mib-Sib Mib-Sib, Lab-Mib Lab-Mib, Do.<br />
Silenzio.<br />
Una fitta.<br />
L’abbraccio di Gianni.<br />
*
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
37<br />
ANNA FORTI<br />
IL CANTO DEL CUCULO<br />
Il vuoto.<br />
Luce accecante.<br />
Ciccio Franco che si allontana con <strong>una</strong> ventiquattrore. “La posta<br />
in gioco è alta, forze a me e a lei <strong>su</strong>periori dirigono la partita.”<br />
ll profumo dei cannarìculi di <strong>non</strong>na Elvira.<br />
Buio.<br />
Fischio stridulo.<br />
Il sindaco Battaglia davanti alla sede del Comitato d’Azione.<br />
“Il nostro unico compito è quello di aderire al gruppo di coloro<br />
che più salvaguardano il nostro comune interesse.”<br />
Le battute di Angelo.<br />
Silenzio.<br />
Le discussioni al centro anarchico, il giallo delle ginestre, il mio<br />
respiro che viene a mancare.<br />
“... ed eseguire le indicazioni.” Lo sguardo inespressivo di<br />
Mauro, il sorriso di Matilde, la voce sicura di Ciccio Franco,<br />
l’accento neutro di Mr. Black. “La situazione attuale <strong>non</strong> è più disposta<br />
a tollerare la presenza di nemici interni.”<br />
Di nuovo quella luce, ancora quel fischio assordante.<br />
Il saluto di mamma e papà, gli occhi di Gianni.<br />
Il vuoto.<br />
E poi io che mi dissolvo.
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
Paolo Bisesti<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
Roma, settembre 1970<br />
39<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
Il primo squillo lo svegliò. Al terzo fu in grado di rispondere,<br />
mascherando abilmente la sorpresa.<br />
“Pronto.”<br />
“Buonasera, spero di <strong>non</strong> averla disturbata chiamando a<br />
quest’ora, mi rendo conto che <strong>non</strong> è... beh, diciamo molto ortodosso...”<br />
Lo riconobbe <strong>su</strong>bito. C’era qualcosa in quella voce, l’accento,<br />
forse il tono, che la rendeva unica. Non aveva mai visto il <strong>su</strong>o interlocutore.<br />
Per Massimo era <strong>una</strong> voce, punto e basta. Mister X,<br />
lo chiamava. Non un nome, <strong>non</strong> un volto. Mai un errore,<br />
un’emozione; freddo come il ghiaccio. Eppure sapeva molto di<br />
lui. Doveva lavorare per i servizi. Ufficio affari riservati, questo<br />
era chiaro. Un ex fascista dell’ultima ora, riciclatosi in nome della<br />
sicurezza dello Stato? Non ne era sicuro, ma era plausibile. Non<br />
sarebbe stato il primo, né l’ultimo. La cosa <strong>non</strong> lo riguardava, in<br />
ogni caso. Non si era mai interessato più di tanto ai risvolti politici.<br />
Aveva <strong>una</strong> <strong>su</strong>a idea, ma questa era un’altra storia.<br />
Certo è che <strong>non</strong> lo aveva mai chiamato a casa, però, e mai a<br />
quell’ora. Non era un bel segnale.<br />
“Buonasera... no, si figuri, solo <strong>non</strong> sapevo che...”<br />
“Se mi vuole chiedere come faccio ad avere il <strong>su</strong>o numero, risparmi<br />
il fiato, <strong>non</strong> glielo dirò”<br />
“E il motivo di questa chiamata posso saperlo?”<br />
“Ho un lavoro per lei.”<br />
“Quando?”
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
40<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
“Questa sera.”<br />
“È tardi.”<br />
“Si tratta di <strong>una</strong> cosa veloce, alle porte di Roma. In un paio di<br />
ore avrà finito tutto.”<br />
“Dovrò avvertire il mio ufficio.”<br />
“Non ci pensi.”<br />
“Ma con tutto il casino che c’e in città per l’arrivo di Nixon...”<br />
“Sicurezza Nazionale.”<br />
Due parole d’ordine. Come <strong>una</strong> scossa. Massimo si rassegnò.<br />
“E adesso prenda carta e penna. Avrà bisogno di appunti.<br />
Non ho molto tempo, e lei deve partire <strong>su</strong>bito.”<br />
“Mi dica.”<br />
Guidare di notte gli era sempre piaciuto. Non c’era voluto<br />
molto per prepararsi, un quarto d’ora dopo quella telefonata era<br />
già per strada. Che fantastica città, Roma. Non ci abitava da molto<br />
tempo, e francamente durante il giorno <strong>non</strong> ne aveva apprezzato<br />
la caotica vitalità. Ma la notte, beh, la città cambiava forma,<br />
gli pareva di poterla dominare. Eppure, quella sera, a chiunque si<br />
fosse messo <strong>su</strong>lle <strong>su</strong>e strade <strong>non</strong> sarebbe sfuggita la presenza di<br />
molte più volanti di Polizia rispetto al solito. Effetto Nixon. Il<br />
giorno dopo a Roma era previsto l’arrivo del Presidente degli Stati<br />
Uniti. Ci si aspettava manifestazioni di protesta, la guerra del<br />
Vietnam, ad esempio. Comunisti, pacifisti, anarchici. Anarchici.<br />
Negli ultimi mesi, pensò, quella parola l’aveva udita spesso.<br />
Massimo aveva trentasette anni. Dopo il servizio militare nei<br />
carabinieri, aveva iniziato a lavorare al Ministero della Difesa, e là<br />
aveva conosciuto molte persone, quelli che contano, come si dice<br />
in questi casi. Il trasferimento al Ministero dell’Interno era stato<br />
rapido. Carriera particolare, la <strong>su</strong>a. Dedicata a ciò che si potrebbe<br />
chiamare “recupero di informazioni”, s’era trasformata spesso in<br />
“risoluzione di problemi particolari”. Servizio rapido ed efficace.<br />
In due parole: Sicurezza Nazionale. Sempre le stesse.
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
41<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
A Roma ci era arrivato dopo l’ultimo incarico, a Reggio Calabria<br />
a inizio luglio. Giorni difficili, quelli. Una città messa a ferro e<br />
fuoco, guerriglia nelle strade, morti. Doveva fermarcisi per qualche<br />
giorno, incontrare degli imprenditori locali. Sostanzialmente<br />
faceva da intermediario. Dare rassicurazioni, fornire un tramite<br />
per conto di Mister X tra Roma e la Calabria. Un affare di soldi,<br />
tanti soldi, soldi utili a chi in quei giorni si rivoltava contro lo Stato.<br />
Non capiva il perché del <strong>su</strong>o lavoro, ma obbediva. Un’azione<br />
contorta, as<strong>su</strong>rda forse. Sicurezza Nazionale. Sempre lì si tornava.<br />
Pochi giorni che erano diventati settimane, fino a quel 22 luglio, e<br />
a quel treno disgraziatamente deragliato a Gioia Tauro. Pagina<br />
chiusa? Forse no.<br />
<strong>Gli</strong> ci vollero quaranta minuti per arrivare <strong>su</strong>l posto. Neanche<br />
sessanta chilometri, un tratto di strada in salita dell’A2 tra Ferentino<br />
e Frosi<strong>non</strong>e. La scena: quella di un tragico incidente d’auto.<br />
“Tamponamento.”<br />
Il Comandante della Polizia Stradale <strong>non</strong> aveva dubbi.<br />
“Non so chi sia lei e nemmeno mi interessa.”, disse il Comandante.<br />
“Mi hanno ordinato di darle quello che chiede. Non pensavo<br />
fosse così veloce. Facciamo presto.”<br />
L’uomo <strong>non</strong> volle nemmeno vedere il tesserino da carabiniere<br />
che Massimo aveva sempre con sé. Si mosse verso i resti della<br />
piccola autovettura, o quello che ne rimaneva.<br />
“<strong>Tre</strong> morti, due feriti molto gravi, tutti passeggeri della Mini.”<br />
“Signore, ci hanno chiamato dal Comando”, intervenne un<br />
giovane agente. “È in arrivo il magistrato per l’indagine, sarà qui<br />
tra poco.”<br />
“Bene. Puoi andare adesso.” L’agente salutò e se ne andò.<br />
L’attenzione di Massimo era stata catturata dall’autotreno targato<br />
SA135371. Fermo, <strong>su</strong>lla normale corsia di marcia, le luci<br />
funzionanti tranne il gruppo del rimorchio, e i danni localizzati <strong>su</strong><br />
<strong>una</strong> fiancata. Strano per un tamponamento.
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
42<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
“Strano incidente questo”, disse. “Identificate le vittime?”<br />
“<strong>Tre</strong> giovani di Reggio Calabria”, rispose il Comandante.<br />
“Credo si tratti di anarchici, erano diretti a Roma. Ne sapremo di<br />
più tra qualche ora.”<br />
Reggio Calabria e anarchici. Massimo s’irrigidì di colpo.<br />
“Mi interessa quello che avete trovato nell’auto. Facciamo in<br />
fretta.”<br />
“E tutto là”, gli disse il Comandante indicando poco lontano,<br />
poi aggiunse: “Senta, io <strong>non</strong> sono abituato a fare domande... <strong>Gli</strong><br />
ordini sono ordini e ci tengo alla mia carriera. I <strong>su</strong>oi amici sono<br />
stati molto convincenti, e comunque sempre lo Stato è...”<br />
Massimo <strong>non</strong> lo ascoltava più. Ci mise un attimo a trovare<br />
quello che cercava. Appunti, documenti, un paio di agende. Uno<br />
sguardo veloce, un paio di minuti al massimo. Mise il tutto in<br />
un’ampia borsa di pelle, la chiuse e fece per andarsene. Ma prima<br />
aveva da fare un’ultima domanda.<br />
“Senta, un’ultima cosa... Di chi è il tir?”<br />
“Dei Fratelli Aniello, alla guida c’era lo stesso Alfonso Aniello.”<br />
La risposta bloccò Massimo. Aniello, anche questo un nome<br />
che ritornava. Ricordo dell’infuocato luglio appena trascorso. Un<br />
sinistro ricordo.<br />
Il viaggio di ritorno fu ancora più breve. Non c’era molto traffico<br />
e la voglia di arrivare a casa il prima possibile fece il resto.<br />
Sapeva di <strong>non</strong> avere molto tempo. Mister X avrebbe richiamato a<br />
breve. <strong>Gli</strong> avrebbe indicato un luogo di incontro, forse un uomo<br />
come intermediario. La prassi era quella, come in un romanzo di<br />
Le Carrè. Ma qua del romanzo c’era poco. Nes<strong>su</strong>n eroe senza<br />
macchia e paura, nes<strong>su</strong>n cattivo da eliminare. Qua i contorni si<br />
confondevano, i confini sparivano. Aveva poco tempo. Avrebbe<br />
preso qualche appunto, date, riferimenti, persone. Non poteva<br />
fare di più. Recupero di informazioni: il <strong>su</strong>o mestiere.
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
43<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
Non capiva perché si preoccupasse tanto. Di cose strane ne<br />
aveva viste già abbastanza e questa in fondo poteva essere <strong>una</strong><br />
delle tante. <strong>Tre</strong> morti, certo. Ma dopo tutto era un incidente.<br />
Strano, però, come incidente. Il tir, i danni, le luci, la ditta proprietaria.<br />
Quei nomi che ritornavano, settimane dopo. Sei morti<br />
ieri, tre oggi. In mezzo tanta, troppa gente.<br />
Arrivato a casa, si precipitò nello studio. Aprì la borsa e tirò<br />
fuori tutto. Incominciò a sfogliare le carte, le agende. Leggendoli,<br />
sbarrò più volte gli occhi. Infine sprofondò nell’elegante poltrona<br />
dello studio. Quei ragazzi avevano passato il limite. Non avavano<br />
capito che <strong>non</strong> si trattava più della periferia di Reggio, di beghe<br />
locali tra <strong>rossi</strong> e neri. Anarchici del cazzo, immischiati in qualcosa<br />
più grande di loro.<br />
Il telefono <strong>su</strong>onò improvvisamente. Era preparato, <strong>non</strong> si<br />
scompose.<br />
“Pronto.”<br />
“È stato veloce. Credo che ora lei abbia qualcosa per me.”<br />
“Può darsi.”<br />
“Non faccia il furbo, <strong>non</strong> è ora.”<br />
“Neanche per fare conversazione, se è per quello: facciamo in<br />
fretta.”<br />
“Sta per ricevere <strong>una</strong> visita, consegni tutto a lui.”<br />
“C’è da fidarsi?”<br />
“Lei <strong>non</strong> si deve preoccupare.”<br />
“Se ha così fretta da mandarmi fuori Roma nel cuore della<br />
notte, un po’ di preoccupazione...”<br />
“Sono solo quattro carte, materiale di propaganda comunista,<br />
bugiardi di merda! Se <strong>non</strong> glielo impediremo distruggeranno il<br />
Paese!”, lo interruppe improvvisamente Mister X. “Non devo di<br />
certo spiegarlo a lei!” Poi riprese il controllo. “Senta, lei ha reso<br />
un gran servizio allo Stato questa notte. Ce ne ricorderemo. Consegni<br />
il tutto e vada a dormire. Non è più affar <strong>su</strong>o.”
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
44<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
Non lo aveva mai sentito così. Per un attimo, un attimo solo,<br />
Mister X aveva perso il controllo.<br />
Anche il ghiaccio poteva sciogliersi, allora, in quella calda, caldissima<br />
notte d’autunno romano.<br />
Roma, febbraio 1993<br />
Il ristorante gli piaceva. Lo aveva scelto con cura: appena fuori<br />
Roma, un ampio parcheggio, elegante, clientela abituale. Nes<strong>su</strong>na<br />
domanda. Ci andava spesso, quando il pranzo era <strong>una</strong> scusa, e le<br />
parole il vero fine.<br />
Scendendo dalla macchina si accese <strong>una</strong> sigaretta. Era la prima,<br />
quel giorno. Un vizio, il <strong>su</strong>o, che coltivava da tempo, ma che <strong>non</strong><br />
l’aveva mai afferrato più di tanto. Cinque, sei al massimo, comunque<br />
mai più di mezzo pacchetto al giorno. Incostante in quello,<br />
come in tante cose della vita.<br />
Entrò a passo svelto. Il cameriere <strong>su</strong>lla porta, con un cordiale<br />
sorriso di benvenuto stampato in faccia, lo accolse servile come<br />
sempre. Sfigato. Neanche stavolta ti guadagnerai qualche lira di<br />
mancia, pensò Massimo mentre meccanicamente si levava il cappotto<br />
per passaglierlo.<br />
“Bentornato signore. Le abbiamo riservato il tavolo che ci aveva<br />
chiesto. Mi permetta di accompagnarla... aspetti che l’aiuto a<br />
sedersi... il <strong>su</strong>o ospite <strong>non</strong> è ancora...”<br />
“Grazie, gentilissimo, mi porti un Chivas con ghiaccio e soda<br />
intanto, poi l’avverto quando potremo ordinare”, lo interruppe<br />
bruscamente Massimo spegnendo la <strong>su</strong>a sigaretta nel posacenere<br />
sopra il tavolo.<br />
Il cameriere si allontanò velocemente, lasciando Massimo da<br />
solo. Chivas prima di pranzo, che idea. Sigaretta e whisky. Bella<br />
accoppiata, degna di un libro di James Bond. Sorrise. Quel pensiero<br />
lo divertiva. Era stato, il <strong>su</strong>o, un vero e proprio colpo di
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
45<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
fulmine per il protagonista dei romanzi di Fleming. Un duro dal<br />
carattere difficile, dai modi spicci e dal fascino incredibile. E con<br />
chiari problemi psicologici, avrebbe obiettato qualcuno. Un miscuglio<br />
di violenza, sesso e tecnologia. Eppure così romantico,<br />
nella cieca fedeltà all’idea di uno Stato da difendere a tutti i costi e<br />
contro tutti. Se poi ci scappa il morto, o i morti, beh, qualche intoppo<br />
c’è sempre. Ma anche per James Bond c’era un punto di<br />
<strong>non</strong> ritorno. Un punto di rottura. E Massimo quel punto lo aveva<br />
raggiunto.<br />
Non troppo lontano dal <strong>su</strong>o tavolo, un televisore acceso <strong>su</strong>l<br />
telegiornale nazionale lo riportò improvvisamente alla realtà.<br />
Guido Salvini, giudice istruttore di Milano, parlava tenendo gli<br />
occhiali in mano e indicando con la punta della stanghetta.<br />
“Lavorando <strong>su</strong>ll’estrema destra eversiva sono comparsi testimoni che hanno<br />
alzato un primo velo <strong>su</strong> quello che era stato inizialmente identificato come<br />
un errore umano dei macchinisti, e cioè il deragliamento del treno alla stazione<br />
di Gioia del Tauro. Deragliamento però <strong>non</strong> per errore dei macchinisti,<br />
ma perché fu messo dell’esplosivo <strong>su</strong>i binari, e i testimoni ci hanno raccontato<br />
che questo esplosivo era stato collocato da gruppi vicini a chi stava in quel<br />
momento fomentando la rivolta di Reggio Calabria.”<br />
La notizia era vecchia ormai di qualche giorno. Massimo ne<br />
era già a conoscenza. Per lui era stato come esser travolto da un<br />
fiume in piena, un fiume fatto di ricordi che lentamente ritornavano<br />
a galla. Da due giorni <strong>non</strong> riusciva praticamente a dormire.<br />
Le parole del giudice Salvini avevano sollevato un tappo, e, come<br />
dal famoso vaso di Pandora, anni di ricordi, luoghi, fatti, erano<br />
saltati fuori. Punto di <strong>non</strong> ritorno. E Massimo ci si trovava di<br />
fronte.<br />
Era stato un lungo percorso che la turbolenta storia degli ultimi<br />
anni aveva contribuito ad accelerare. L’eco delle bombe di Capaci<br />
e via D’Amelio aveva risvegliato in lui mostri che credeva<br />
sopiti, o che semplicemente voleva ignorare. E dire che gli anni<br />
Settanta e Ottanta <strong>non</strong> lo avevano scalfito per niente. Anni di
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
46<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
strategia della tensione, bombe <strong>su</strong>i treni e nelle piazze. Anni di<br />
omicidi e sequestri. Dalla Chiesa e Moro. Anni di scandali, come<br />
la P2. Massimo era sopravis<strong>su</strong>to a tutto, tenendosi alla larga da<br />
amicizie tentacolari e clientelari che avevano travolto molti nel<br />
<strong>su</strong>o ambiente. Era stato bravo, in questo. Istinto di sopravivenza,<br />
il <strong>su</strong>o. Eppure <strong>non</strong> si era nascosto: aveva visto cose, <strong>non</strong> sempre<br />
limpide, incontrato persone, <strong>non</strong> sempre pulite. Aveva fatto il <strong>su</strong>o<br />
lavoro, quello di difendere lo Stato sempre e comunque. Difenderlo<br />
dai nemici, difenderlo da se stesso se necessario. Non erano<br />
tempi buoni per fare domande, quelli. Anni difficili. Contavano i<br />
fatti. I fatti, già. Era un fatto che lo Stato fosse sotto attacco, ora.<br />
Era un fatto che quello stesso Stato fosse malato. Era un fatto<br />
che il mondo nel quale era cresciuto, nel quale aveva creduto, a<br />
<strong>su</strong>o modo combattuto, ora <strong>non</strong> ci fosse più. Un relitto della guerra<br />
fredda. E ora la storia presentava il conto.<br />
La notizia relativa alle indagini del giudice Salvini aveva riportato<br />
a galla i ricordi. L’incidente di Gioia Tauro, la <strong>su</strong>a presenza in<br />
Calabria in quei giorni per ordine di servizio, il fatto che fosse stato<br />
richiamato a Roma proprio il giorno dopo la <strong>strage</strong>. A Massimo<br />
era sembrato di esser stato catapultato indietro di vent’anni.<br />
L’arrivo di <strong>una</strong> affascinante cameriera lo riportò alla realtà. Un<br />
sorriso, gentile, un rapido e impeccabile movimento. Un servizio<br />
perfetto. Massimo, guardandola allontanarsi verso la cucina, rimpianse<br />
di <strong>non</strong> avere più vent’anni.<br />
La <strong>su</strong>a attenzione stava per essere attirata nuovamente dalle<br />
notizie del telegiornale, quando davanti a lui, quasi come si fosse<br />
materializzata dal nulla, apparve <strong>una</strong> figura elegante dentro un<br />
impeccabile cappotto nero.<br />
“Buongiorno Direttore. La prego di scusarmi per il ritardo. Ho<br />
impiegato un po’ per trovare il posto che mi aveva indicato.”<br />
“Buongiorno. Stia tranquillo, ero giusto un po’ in anticipo e ne<br />
ho approfittato per un drink”, sorrise educatamente Massimo in-
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TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
47<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
dicando all’uomo dove sedersi. “Inutile dirle che la ringrazio per<br />
esser venuto.”<br />
L’interlocutore annuì accomodandosi. Aveva detto di essere<br />
un poliziotto, ma <strong>non</strong> sembrava un poliziotto. I modi, cortesi e<br />
raffinati, e l’eleganza e la cura nel vestire lo facevano sembrare<br />
piuttosto il dirigente di <strong>una</strong> grande azienda. Massimo aveva deciso<br />
comunque di accettare quella mezza bugia. Non era affar <strong>su</strong>o,<br />
in fondo.<br />
L’appuntamento era stato fissato solo due giorni prima. La notizia<br />
<strong>su</strong>lle indagini del giudice Salvini lo aveva appena raggiunto,<br />
quando la segretaria del giudice stesso aveva telefonato a Massimo<br />
informandolo che il dottor Salvini voleva “avere uno scambio<br />
di vedute relativo ai recenti sviluppi di un’indagine di cui lei avrà<br />
sicuramente sentito parlare dagli organi di stampa”. Quella telefonata<br />
aveva contribuito a trasformare quell’odiosa sensazione di<br />
déjà vù che lo tormentava da qualche giorno in concreta realtà.<br />
Fantasmi dal passato che <strong>non</strong> volevano proprio lasciarlo in pace.<br />
La segretaria del giudice gli aveva comunicato che presto sarebbe<br />
stato ricontattato per fissare un incontro, e nemmeno ventiquattro<br />
ore dopo aveva ricevuto <strong>una</strong> seconda telefonata, di un<br />
uomo che si presentava come “un poliziotto impegnato nelle indagini<br />
condotte dal giudice Salvini”. Chiedeva di poter incontrare<br />
Massimo per conto del dottore. Massimo aveva acconsentito. Voleva<br />
capire di più, e avrebbe potuto, forse, togliersi qualche peso<br />
dallo stomaco.<br />
“Si figuri, sono io che debbo ringraziarla, avrei voluto fissare<br />
un incontro ma la <strong>su</strong>a proposta del pranzo mi è sembrata un’idea<br />
migliore. Qui potremo parlare tranquillamente.”<br />
La cameriera li interruppe per raccogliere le ordinazioni, elargendo<br />
<strong>una</strong> discreta quantità di sorrisi. Poi si dileguò nel retro del<br />
locale.<br />
“Credo fossimo rimasti al punto in cui lei mi diceva che il giudice<br />
Salvini vorrebbe sapere qualcosa da me”, iniziò Massimo. <strong>Gli</strong>
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
48<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
piaceva condurre il gioco, e sapeva benissimo che se voleva essere<br />
rispettato dal <strong>su</strong>o interlocutore avrebbe dovuto esser aggressivo.<br />
“Vedo che vuole andare <strong>su</strong>bito al sodo, Direttore.<br />
L’accontento.”<br />
Massimo annui silenziosamente.<br />
“In merito alle indagini condotte dal giudice Salvini, recentemente<br />
si è aperto un nuovo filone. Ma di questo sarà informato...”,<br />
disse l’uomo, che Massimo si ritrovò, chissà perché, a<br />
chiamare mentalmente Mister Y.<br />
“Esatto. Mi dica qualcosa che ancora <strong>non</strong> so...”, rispose. Il<br />
gioco era ancora nelle <strong>su</strong>e mani.<br />
Mister Y sorrise, si sistemò <strong>su</strong>lla sedia, bevve un sorso d’acqua<br />
e lasciò che la cameriera servisse il pranzo.<br />
“Forse <strong>non</strong> ha capito che sto facendo <strong>su</strong>l serio”, gli disse.<br />
Lo sguardo sicuro e deciso colpì Massimo.<br />
“Le racconto <strong>una</strong> storia”, proseguì Mister Y. “C’e un giovane<br />
avvocato che, dopo il servizio militare nei carabinieri, diventa un<br />
bravo funzionario dello Stato. Un uomo sveglio, discreto. Beh,<br />
questo giovane ha il brutto vizio di trovarsi sempre in posti poco<br />
raccomandabili, con persone poco raccomandabili. E il fatto particolare<br />
è che <strong>su</strong>ccedono sempre cose strane nei luoghi dove il<br />
nostro è in missione. Un treno deraglia, ad esempio, oppure <strong>una</strong><br />
macchina in sorpasso centra incredibilmente un tir fermo. Morale,<br />
tanti morti.”<br />
Un pugno. Massimo si sentiva come fosse stato centrato da un<br />
cazzotto in pieno stomaco. Come faceva a sapere tutto questo <strong>su</strong>l<br />
<strong>su</strong>o conto?<br />
“Mettiamo il caso che il nostro uomo avesse visto qualcosa di<br />
strano, di poco chiaro. Magari ad anni di distanza potrebbe ricordarsi<br />
qualcosa, e qualcuno potrebbe chiedergli di parlare...” Massimo<br />
cercò di riflettere. Il gioco <strong>non</strong> lo conduceva più lui. Non<br />
era più così lucido. Quello <strong>non</strong> era un investigatore normale. Sa-
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
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PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
peva troppe cose <strong>su</strong> di lui, <strong>su</strong>lle <strong>su</strong>e missioni. Il <strong>su</strong>o sguardo severo<br />
lo disorientava.<br />
“E cosa dovrebbe raccontare il nostro fedele difensore delle istituzioni?”,<br />
domandò ostentando <strong>una</strong> sicurezza che però stava<br />
perdendo.<br />
“Ad esempio di quella notte di fine settembre di oltre<br />
vent’anni fa. Della <strong>su</strong>a presenza, così poco spiegabile vista l’ora e i<br />
<strong>su</strong>oi abituali incarichi, <strong>su</strong>l luogo di quello strano incidente stradale<br />
alle porte di Roma.”<br />
Massimo annuì. Non ci voleva un genio per capire che quello<br />
era un esplicito invito a collaborare. Avrebbe dovuto dire quello<br />
che sapeva, inteferendo con meccanismi che neanche lui aveva<br />
mai capito fino in fondo. Nella testa le parole dell’intervista al<br />
giudice Salvini, negli occhi lo sguardo sicuro del <strong>su</strong>o interlocutore.<br />
Il punto di <strong>non</strong> ritorno.<br />
“Potrebbe parlare della coincidenza riguardante la proprietà di<br />
uno dei mezzi coinvolti. Strana ditta, quella di proprietà dei fratelli<br />
Aniello. Un trasporto qua, un tamponamento là, e in mezzo <strong>una</strong><br />
presenza praticamente costante a Reggio, in Calabria, nei giorni<br />
della rivolta del 1970.”, disse il signor Y estraendo dalla valigetta<br />
<strong>una</strong> relazione riservata, con un paragrafo evidenziato:<br />
“Bisogna respingere assolutamente l’idea che questa serie di stragi fosse<br />
opera di quattro fanatici o più esaltati degli altri. In realtà chi ha materialmente<br />
operato era sostenuto e aiutato da strutture molto importanti<br />
all’interno dei servizi italiani e stranieri.”<br />
“Potrebbe adattarsi al nostro caso, <strong>non</strong> crede?”<br />
Secondo pugno. Massimo andò al tappeto.<br />
Documenti altamente riservati. Chi era costui? Come faceva ad<br />
avere accesso a certe informazioni? No, <strong>non</strong> poteva essere un<br />
semplice poliziotto. Relazioni riservate, informazioni dettagliate,<br />
modi sicuri e decisi. Se <strong>non</strong> avesse saputo con sicurezza che il <strong>su</strong>o<br />
Mister X era stato pensionato in qualche paese del Sud America
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TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
50<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
in seguito alle indagini <strong>su</strong>lla P2, Massimo avrebbe pensato di trovarcisi<br />
di fronte in quell’istante.<br />
“Vede, Direttore, <strong>non</strong> vogliamo accusare nes<strong>su</strong>no. Non si parla<br />
di definire possibili reati. Facciamo solo delle ipotesi, ipotesi<br />
che andranno abbondantemente discusse...”<br />
Massimo si ritrovò a quel punto a pensare a <strong>una</strong> frase di Hemingway:<br />
“L’uomo <strong>non</strong> è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere<br />
distrutto, ma <strong>non</strong> può essere sconfitto”. Trovò che ci fosse<br />
qualcosa di immorale nell’aspettare fossero gli altri a prendere le<br />
decisioni che spettavano a lui. Quell’uomo gli stava presentando il<br />
conto. In quel paragrafo evidenziato c’era la condanna ad un modo<br />
di operare, che da tempo aveva perso ogni legame con il comune<br />
senso di giustizia. In quella ostentata sicurezza, la sensazione<br />
che il sistema avrebbe trovato il modo di resistere, <strong>non</strong>ostante<br />
tutto e tutti. Massimo poteva ancora scegliere. Qualunque fosse<br />
stato il prezzo, c’era <strong>una</strong> sola cosa da fare.<br />
Estrasse <strong>una</strong> penna e scrisse un indirizzo e <strong>una</strong> serie di numeri<br />
<strong>su</strong>l bordo di quei fogli.<br />
“Troverà qui le <strong>su</strong>e risposte. Ne sono sicuro. Per quanto riguarda<br />
il resto, ne parlerò solo con il giudice, se lo riterrà opportuno.<br />
Il pranzo è pagato. Ha vinto lei, se lo goda”, concluse Massimo<br />
alzandosi velocemente dalla sedia.<br />
Senza fare in tempo a leggere lo stupore negli occhi del <strong>su</strong>o interlocutore,<br />
si diresse velocemente all’uscita. Prese il cappotto e si<br />
catapultò fuori. Non arrivò alla macchina. Appoggiato ad uno dei<br />
tanti alberi del parcheggio, vomitò.<br />
Qualche giorno dopo, quel senso di nausea <strong>non</strong> si era ancora<br />
placato. Fino a che giunse, di sera, nel <strong>su</strong>o studio, la telefonata<br />
che aspettava. Uno, due tre squilli. Era preparato, rispose.<br />
“Pronto.”<br />
“Buonasera Direttore. Credo che lei sappia benissimo chi sono,<br />
e immagino si aspettasse questa telefonata...”
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
51<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
“Sì... certo.”<br />
Quella voce l’aveva riconosciuta immediatamente. Strana coincidenza,<br />
questa: due voci, nes<strong>su</strong>n nome, vent’anni in mezzo. Ma<br />
almeno stavolta c’era un volto.<br />
“Non la voglio disturbare oltre, Direttore, volevo ringraziarla,<br />
anche a nome del giudice Salvini, per la preziosa collaborazione,<br />
ma per il momento <strong>non</strong> si farà nulla.”<br />
“Come <strong>non</strong> si farà nulla? Forse <strong>non</strong> ha capito l’importanza<br />
dell’informazione che le ho dato. Forse è il caso che io parli con il<br />
giudice direttamente.”<br />
“Direttore, forse è lei che <strong>non</strong> ha capito. Il dottor Salvini la<br />
ringrazia ma per il momento gli sviluppi dell’indagine ci impongono<br />
di dare spazio ad un altro filone. Eseguo gli ordini anche io<br />
come lei. La ringraziamo per la collaborazione, ma adesso la priorità<br />
è un’altra. Si tranquillizzi, <strong>non</strong> ha niente di cui temere.”<br />
“Ma...”<br />
“Buonasera Direttore. Grazie per il tempo che mi ha dedicato.”<br />
L’improvviso silenzio interruppe la conversazione.<br />
Immobile, lo sguardo perso. La terribile sensazione che qualcosa<br />
<strong>non</strong> tornasse. Massimo si alzò stancamente dalla comoda<br />
poltrona, sistemò distrattamente il vecchio telefono da scrivania.<br />
Spense le luci e uscì. Un vecchio relitto. Una reliquia di anni lontani,<br />
troppo, per voler esser ricordati. Aveva perso, quello era il<br />
punto.<br />
Dall’altra parte della linea, invece, un uomo sorrideva compiaciuto.<br />
Comodamente seduto nell’elegante poltrona, davanti a lui<br />
un foglio bianco e un solo appunto scritto. Un indirizzo, via Appia,<br />
Roma. Accanto, alcuni vecchi fascicoli chiusi, ed uno aperto,<br />
con documenti ingialliti nel tempo, fogli scritti a macchina e un<br />
paio di agende impolverate. Dietro, <strong>su</strong>l mobile, alcune foto, vecchi<br />
ricordi, foto di gruppo in un’elegante villetta toscana: “Villa<br />
Wanda”. Accanto, ricordi ancora più antichi. Decima Flottiglia
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
52<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
Mas. Istantanee dimenticate di nostalgici camerati in posa. Sulla<br />
scrivania quel solo appunto: “Incidente stradale A2. Roma,<br />
26.09.1970. Materiale riservato. Da archiviare”. Pagine tinte di<br />
giallo, che improvvisamente diventavano nere.<br />
Roma, giugno 1996<br />
Erano passati tre anni da quei giorni di febbraio, e per Massimo<br />
tutto era cambiato. Aveva lasciato il servizio da circa un anno.<br />
Pensione anticipata. Avrebbe avuto il tempo per coltivare qualche<br />
hobby, trovare un passatempo. No, <strong>non</strong> erano cose per lui. Avrebbe<br />
voluto concentrarsi finalmente <strong>su</strong>i <strong>su</strong>oi figli, dedicar loro<br />
quel tempo che per anni aveva sistematicamente negato. Aveva<br />
giurato che avrebbe fatto di tutto per essere un buon padre quando<br />
erano nati. L’aveva voluto fin dal primo momento, e per molti<br />
anni, in fondo, ci aveva creduto. Un desiderio umano in un mondo,<br />
il <strong>su</strong>o, che di umano aveva sempre meno. Non ci era riuscito.<br />
E ora che era lui ad aver bisogno di loro, loro <strong>non</strong> avevano più<br />
bisogno di lui. Non aveva più niente da perdere.<br />
Da qualche giorno, <strong>una</strong> notizia lo tormentava. Il professor<br />
Giannuli, un con<strong>su</strong>lente della Commissione stragi e del giudice<br />
Salvini, aveva scoperto, nel corso di lunghe ricerche, un archivio<br />
nascosto. In un deposito della via Appia erano venuti alla luce<br />
migliaia di fascicoli del Ministero degli Interni, alcuni dei quali<br />
<strong>non</strong> protocollati e mai mostrati ai giudici interessati. Massimo,<br />
appresa la notizia, aveva immediatamente deciso di fare quello<br />
che avrebbe dovuto fare già tre anni prima.<br />
Seduto nella <strong>su</strong>a vecchia poltrona, in quell’elegante studio che<br />
per decenni era stato il <strong>su</strong>o ufficio privato, Massimo telefonò al<br />
giudice Salvini. L’argomento era uno solo. L’incidente alle porte<br />
di Roma. I cinque giovani anarchici morti. Il caso archiviato come
GLI ANGELI NON ESISTONO<br />
TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
53<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
semplice incidente stradale. Documenti trafugati, pagine di storia<br />
nascoste, un’indagine depistata.<br />
“No, mi scusi”, gli rispose il giudice, “ma proprio <strong>non</strong> ricordo<br />
di averla fatta contattare, tre anni fa.”<br />
Massimo restò di sasso: come poteva <strong>non</strong> ricordarsi?<br />
“In ogni modo”, proseguì il giudice, “quello che mi dice è di<br />
sicuro interesse, ma le indagini al riguardo si sono già concluse.”<br />
Massimo ebbe allora un moto di stizza:<br />
“Ma è importante! Controlli nell’elenco dei fascicoli rinvenuti<br />
in via Appia, ne troverà sicuramente uno intestato all’incidente di<br />
cui le ho parlato.”<br />
“Aspetti che controllo nell’archivio del computer... Sì, mi ri<strong>su</strong>lta<br />
qualcosa...”<br />
“Se lo faccia portare, troverà risposte utili alle <strong>su</strong>e indagini.”<br />
“Se la cosa fosse vera, dovrò parlare di nuovo con lei. Le faccio<br />
sapere qualcosa nel giro di un’ora.”<br />
Massimo riattaccò e si accese <strong>una</strong> sigaretta. La prima dopo<br />
molto tempo. Le mani leggermente tremanti. L’uomo di ghiaccio<br />
era un ricordo.<br />
Trascorsero sessanta interminabili minuti. Altre due sigarette.<br />
Una dietro l’altra. Poi, finalmente, lo squillo del telefono. La mano<br />
<strong>su</strong>bito pronta a sollevare la cornetta.<br />
Salvini.<br />
“Vede, il fascicolo di cui parlavamo in effetti esiste, ma...”<br />
“Legga con attenzione tutto quello che c’è dentro!”, lo interruppe<br />
bruscamente Massimo. “È importante!”<br />
“Non c’è niente. Il fascicolo che è stato trovato in via Appia è<br />
vuoto. Se c’era qualcosa, qualcuno in questi anni ha portato via<br />
tutto.”<br />
Il televisore trasmetteva le immagini delle vacanze degli italiani.<br />
<strong>Gli</strong> Europei di calcio, il sole, il mare. Spiagge affollate e le migliori<br />
hit del momento.
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TRE RACCONTI SU UNA STRAGE DIMENTICATA<br />
54<br />
PAOLO BISESTI<br />
IL PASSO DEL GAMBERO<br />
Non c’era più tempo per gli scandali.<br />
In <strong>una</strong> giornata di mezza estate, si perse anche il lieto fine.
APPENDICE STORICA<br />
Fatti che hanno liberamente ispirato la narrazione 1<br />
Il 26 settembre 1970 cinque giovani di vent’anni si schiantano contro<br />
un camion <strong>su</strong>ll’autostrada A2, tra Ferentino e Frosi<strong>non</strong>e. Muoiono<br />
tutti e cinque. Erano anarchici, venivano da Reggio Calabria ed erano<br />
diretti a Roma. Sembra un incidente, ma solo parecchio tempo dopo si<br />
capirà che <strong>non</strong> lo fu.<br />
La loro morte va collegata ai cosiddetti “fatti di Reggio”, iniziati un<br />
paio di mesi prima, nel luglio 1970, e al deragliamento a Gioia Tauro<br />
del “treno del sole”, il direttissimo Palermo-Torino, avvenuto il 22 luglio.<br />
Su tali fatti i cinque anarchici avevano indagato per due mesi. E<br />
oggi si ritiene che fu a causa di tali indagini e di quanto avevano scoperto<br />
che i cinque furono uccisi.<br />
I fatti di Reggio e il deragliamento del “treno del sole”. Nel<br />
1970 viene istituita la Regione Calabria. Si pone il problema di dove collocare<br />
il capoluogo. A contendersi l’assegnazione ci sono Reggio Calabria,<br />
che intende far valere il proprio primato amministrativo dal punto<br />
di vista storico, e Catanzaro, che si ritrova meglio “rappresentata” a<br />
Roma. Il 7 giugno si tengono le amministrative, e il 1 luglio il neo-eletto<br />
Consiglio Regionale viene convocato a Catanzaro. Il 5 luglio il sindaco<br />
democristiano di Reggio Calabria, Pietro Battaglia, invita la popolazione<br />
reggina a “tenersi pronta a sostenere con forza il diritto di Reggio alla<br />
guida della Regione”. La posizione del sindaco Battaglia è sostenuta con<br />
decisione anche dal Movimento Sociale Italiano, che a Reggio è rappresentato<br />
dal consigliere com<strong>una</strong>le Fort<strong>una</strong>to Aloi e dal sindacalista della<br />
CISNAL Ciccio Franco. Il 13 luglio compaiono le prime barricate in<br />
1 Tutte le informazioni contenute in questa appendice storica sono tratte da “Wikipedia<br />
– L’enciclopedia libera” (www.wikipedia.it), alle voci “Fatti di Reggio”, “Strage di Gioia<br />
Tauro” e “Anarchici della Baracca”, con<strong>su</strong>ltate nel gennaio 2012. A <strong>su</strong>a volta, Wikipedia<br />
indica come <strong>su</strong>e principali fonti bibliografiche: Fabio Cuzzola, Cinque Anarchici del <strong>su</strong>d.<br />
Una storia negata, Città del sole edizioni, 2001; Carlo Lucarelli, Misteri d'Italia. I casi di Blu<br />
notte, Torino, Einaudi, 2002; Mario Guarino, Poteri segreti e criminalità, Bari, Edizioni Dedalo,<br />
2004; Arcangelo Badolati, 'Ndrangheta eversiva, Cosenza, Klipper Edizioni, 2007.<br />
57
città. Il 14 si registrano i primi scontri tra i manifestanti e la Polizia, <strong>su</strong>bito<br />
cruenti, nei quali perisce il 15 luglio il quarantacinquenne Bruno<br />
Labate.<br />
In questo disordinato e violento contesto, il 22 luglio 1970 a Gioia<br />
Tauro (provincia di Reggio Calabria) deraglia il “treno del sole”, il direttissimo<br />
Palermo-Torino: il bilancio è di 6 morti e 66 feriti. Si parla <strong>su</strong>bito<br />
di un guasto meccanico o di un errore umano. Le indagini preliminari<br />
svolte dal commissariato di Pubblica Sicurezza della direzione compartimentale<br />
delle Ferrovie dello Stato di Reggio Calabria stabiliscono<br />
in un rapporto del 28 agosto che il fatto è dovuto a questioni tecniche,<br />
e considerano anche la possibilità di responsabilità colpose per il personale<br />
in servizio allo scalo cittadino. Il rapporto esclude totalmente l’uso<br />
di esplosivi.<br />
Nel frattempo, col clima reso ancor più rovente dal tragico deragliamento,<br />
a Reggio Calabria prosegue la rivolta. Proprio il 22 luglio nasce<br />
il “Comitato d’Azione per Reggio Capoluogo”, che sarà il vero motore<br />
della sommossa. Guidato da Ciccio Franco (inventore per<br />
l’occasione dello slogan “Boia chi molla!”), il Comitato d’Azione il 30<br />
luglio porta in piazza seimila persone: oltre a Franco, parlano Aloi e<br />
l’industriale del caffè Demetrio Mauro.<br />
Scioperi e azioni di guerriglia da parte dei manifestanti proseguono<br />
per tutta l’estate. Il 17 settembre si registra la seconda vittima: il quarantacinquenne<br />
Angelo Campanella muore a seguito di un’azione della Polizia<br />
contro i rivoltosi. Lo stesso giorno Franco viene arrestato con<br />
l’accusa di istigazione a delinquere e apologia di reato. Il giorno seguente,<br />
durante un assalto alla questura da parte dei manifestanti, muore il<br />
poliziotto quarantasettenne Vincenzo Curigliano.<br />
<strong>Gli</strong> “anarchici della Baracca”. “Baracca” è il nomignolo assegnato<br />
a <strong>una</strong> villetta liberty costruita nei pressi di Reggio Calabria come alloggio<br />
d’emergenza dopo il terremoto del 1908, diventata negli anni Sessanta<br />
centro d’aggregazione per gli anarchici e gli “alternativi” reggini.<br />
Lì sono soliti ritrovarsi, all’epoca dei “fatti di Reggio”, quattro giovani,<br />
età media vent’anni, anarchici: Gianni Aricò e la moglie tedesca Annalise<br />
Borth, Angelo Casile e Franco Scordo. I quali decidono, dopo il deragliamento<br />
del “treno del sole”, di indagare <strong>su</strong>lle vere ragioni nascoste<br />
58
dietro il tragico evento e, più in generale, dietro la rivolta di Reggio guidata<br />
dal Comitato d’Azione di Ciccio Franco.<br />
Per settimane raccolgono abbondante documentazione, che li porta<br />
a ipotizzare l’infiltrazione nella rivolta di Reggio di neofascisti di Ordine<br />
Nuovo e di Avanguardia Nazionale con l’obiettivo di strumentalizzare<br />
la piazza a fini eversivi, e che il deragliamento del “treno del sole” sia<br />
stato causato da <strong>una</strong> carica esplosiva piazzata da neofascisti in collaborazione<br />
con la ‘Ndrangheta, per alimentare il disordine, nel quadro della<br />
cosiddetta “strategia della tensione” avviata in Italia dalla bomba esplosa<br />
a Milano, a piazza Fontana, l’anno prima.<br />
Quando giudicano di aver raccolto abbastanza materiale, gli anarchici<br />
della Baracca decidono di recarsi a Roma per consegnare la documentazione<br />
alla redazione di “Umanità Nova” e incontrare l’avvocato<br />
Di Giovanni, che aveva collaborato alla contro-inchiesta <strong>su</strong>lla <strong>strage</strong> di<br />
piazza Fontana. Decidono di partire da Reggio il 26 settembre, visto<br />
che il giorno seguente intendono approfittare dell’occasione per prendere<br />
parte alle manifestazioni di protesta contro il Presidente statunitense<br />
Richard Nixon, in visita in Italia.<br />
Ricorda oggi Tonino Perna, docente universitario, cugino più piccolo<br />
di uno degli anarchici della Baracca, Gianni Aricò: “Ho sempre di<br />
fronte l’immagine di mio cugino prima di partire, scuro in viso, veramente<br />
terrorizzato. Credo che un paio di giorni prima di partire per<br />
Roma avessero capito di aver toccato un nervo vitale. Avevano paura.”<br />
A Roma Gianni e gli altri <strong>non</strong> giungeranno mai: trovano la morte tra<br />
Ferentino e Frosi<strong>non</strong>e, <strong>su</strong>ll’autostrada A2, dove la loro Mini Morris, <strong>su</strong><br />
cui viaggia anche l’anarchico cosentino Luigi Lo Celso, si schianta contro<br />
un camion. Luigi, Angelo e Franco muoiono <strong>su</strong>l colpo, Gianni appena<br />
giunto in ospedale. Annalise lotterà per altre tre settimane, per cedere<br />
definitivamente alla morte dopo 21 giorni di coma.<br />
L’inchiesta della Polizia Stradale stabilisce un probabile errore del<br />
guidatore della Mini che avrebbe portato l’auto a schiantarsi <strong>su</strong>l retro<br />
del camion fermo in corsia d’emergenza, con le luci spente. Il 28 gennaio<br />
del 1971 il procuratore generale di Roma restituisce il procedimento<br />
d’indagine alla procura di Frosi<strong>non</strong>e la quale, con decreto del giudice<br />
istruttore, archivia il caso come incidente stradale.<br />
59
La verità negata. Sono però tante, troppe le “stranezze” attorno alla<br />
morte dei cinque giovani, per poterla considerare un semplice “incidente”.<br />
Poco dopo lo schianto, accorre <strong>su</strong>l luogo dell’episodio la Polizia Politica<br />
da Roma, e i documenti e le agende dei giovani, seppur richiesti<br />
dalle famiglie, <strong>non</strong> saranno mai ritrovati.<br />
Secondo le contro-inchieste portate avanti negli anni da ambienti<br />
anarchici, i due camionisti coinvolti nell’incidente, i fratelli Aniello, erano<br />
dipendenti di <strong>una</strong> ditta facente capo al principe Junio Valerio Borghese,<br />
personaggio ben conosciuto nell’ambiente dell’estrema destra,<br />
già comandante della X Flottiglia MAS all’epoca della Repubblica Sociale<br />
Italiana, <strong>non</strong>ché futura guida del famoso Golpe Borghese, di pochi<br />
mesi <strong>su</strong>ccessivo all’incidente in cui morirono i cinque giovani. Pare anche<br />
che a comandare l’inchiesta della Polizia <strong>su</strong>ll’incidente vi fosse tale<br />
Crescenzio Mezzina, uno dei partecipanti al detto Golpe.<br />
Solo dopo oltre vent’anni la vicenda è tornata alla ribalta giudiziaria,<br />
seppure indirettamente. Nel 1993 Giacomo Lauro e Carmine Dominici,<br />
due collaboratori di giustizia, riferiscono al giudice istruttore milanese<br />
Guido Salvini, che si occupa dell’eversione nera degli anni Settanta, la<br />
pre<strong>su</strong>nta collusione tra ambienti d’estrema destra e ‘Ndrangheta, e sostengono<br />
la diretta responsabilità di questi nei “fatti di Reggio” e nell’attentato<br />
di Gioia Tauro. Dirà al giudice Carmine Dominici: “Personalmente<br />
ritengo che quello dei cinque ragazzi <strong>non</strong> sia stato un incidente<br />
ma un omicidio. E tale opinione è condivisa anche da altri militanti<br />
avanguardisti. Non sono assolutamente in grado di indicare chi potrebbe<br />
aver preso parte alla pre<strong>su</strong>nta azione omicidiaria e, peraltro, era illogico<br />
che ci si rivolgesse a militanti calabresi in quanto ciò avrebbe comportato<br />
un pericoloso spostamento geografico.”<br />
Nel 2001 si sollevano ulteriori dubbi <strong>su</strong>lla morte dei cinque anarchici:<br />
è il responsabile della Direzione Antimafia calabrese Salvo Boemi a<br />
definire, intervistato dal quotidiano “la Repubblica”, “logica e plausibile”<br />
l’ipotesi che l’incidente in cui morirono i cinque anarchici fosse stato,<br />
al pari di quello di Gioia Tauro, <strong>una</strong> <strong>strage</strong>. Una <strong>strage</strong> organizzata<br />
per coprirne un’altra: “Sono convinto che quei cinque giovani avessero<br />
trovato dei documenti importanti. Non riesco a spiegarmi in altro modo<br />
la sparizione di tutte le carte che si trasportavano nella loro utilitaria.<br />
È un caso che avrei desiderato approfondire ma <strong>non</strong> è stato possibile.<br />
60
Ci sono insormontabili problemi di competenza. Riaprire l’inchiesta?<br />
L’unica speranza è che, trent’ anni dopo, chi sa decida di parlare. Ma,<br />
onestamente, <strong>non</strong> ci credo”.<br />
I “fatti di Reggio”, dopo aver causato 5 vittime e decine di feriti,<br />
scemarono nel corso del 1971, soprattutto dopo il provvedimento governativo<br />
che compensò l’assegnazione del capoluogo a Catanzaro assegnando<br />
a Reggio la sede del Consiglio Regionale e di apparati produttivi<br />
che <strong>non</strong> furono mai realizzati o furono <strong>su</strong>bito oggetto di speculazioni<br />
da parte della ‘Ndrangheta.<br />
Scrissero gli anarchici della Baracca <strong>su</strong> un volantino diffuso prima<br />
della loro partenza per Roma: “Padroni bastardi, del capoluogo <strong>non</strong><br />
sappiamo che farcene! Il capoluogo va bene per i burocrati, gli speculatori,<br />
i parassiti, i padroni e i politicanti più g<strong>rossi</strong>; va bene per le manovre<br />
dei caporioni locali, per il sindaco Battaglia e per i caporioni falliti.<br />
Va bene per il tentativo di questi “uomini importanti” di accrescere il<br />
loro potere locale, la loro area di sfruttamento, facendoci sfogare anni<br />
di malcontento con la falsa lotta per il capoluogo, dopo che hanno<br />
mandato i nostri figli e i nostri fratelli a lavorare all’estero e continuano<br />
a sfruttarci nella stessa Reggio. I cosiddetti “datori di lavoro”, che in realtà<br />
sono luridi padroni, sono i nostri nemici, quegli stessi che ci mandano<br />
allo sbaraglio per il capoluogo, per la Madonna o per la squadra di<br />
calcio. Il capoluogo <strong>non</strong> ci serve! Lottiamo per farla finita con<br />
l’emigrazione, con la disoccupazione, con la fame!”.<br />
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GLI AUTORI<br />
Eleonora Forti (autrice del racconto “<strong>Gli</strong> <strong>angeli</strong> <strong>non</strong> <strong>esistono</strong>”)<br />
Nata nel 1995, frequenta la classe terza del liceo scientifico “Leonardo<br />
Da Vinci” di <strong>Tre</strong>nto.<br />
Non ha avuto alc<strong>una</strong> esperienza letteraria prima d’ora. Il racconto prodotto<br />
alla fine del corso “Metti un’inchiesta nel romanzo” è stato il <strong>su</strong>o<br />
primo approccio ad <strong>una</strong> forma completa di narrativa, che e<strong>su</strong>la dall’esperienza<br />
scolastica e personale.<br />
Anna Forti (autrice del racconto “Il canto del cuculo”)<br />
Nata nel 1990, studia Storia della Filosofia e Scienze Umane presso<br />
l’Università di <strong>Tre</strong>nto.<br />
Affianca agli impegni accademici la propria attività musicale ed il recente<br />
interesse per la scrittura, che l’ha portata a partecipare al corso “Metti<br />
un’inchiesta nel romanzo”, da cui è scaturito il racconto “Il canto del<br />
cuculo”.<br />
Paolo Bisesti (autore del racconto “Il passo del gambero”)<br />
Nato in <strong>una</strong> calda giornata di luglio nel mezzo dei ruggenti anni Ottanta,<br />
manifesta fin da <strong>su</strong>bito un’insana attrazione per il mito e la storia,<br />
passione che lo accompagna ancor oggi.<br />
Con l’Italia d’azzurro vestita, impegnata a cantare un’“estate italiana”,<br />
Paolo si ritrova a salutare la cara Emilia per trasferirsi nel paese natìo di<br />
Aldeno, in <strong>Tre</strong>ntino, dove manifesta ben presto i sintomi di un tipico<br />
“mal del campanile”. Bambino vivace ed irrequieto, trova nello sport, e<br />
nel calcio in particolare, <strong>una</strong> valvola di sfogo che in vari modi <strong>non</strong> accenna<br />
ancora ad esaurire la <strong>su</strong>a funzione.<br />
Attualmente collabora con Provincia di <strong>Tre</strong>nto e Comune di Aldeno<br />
nella gestione del Piano giovani di zona A.R.Ci.Ma.Ga e del Progetto<br />
Giovani com<strong>una</strong>le.<br />
Orgoglioso e curioso, <strong>non</strong> ha resistito alla tentazione di mettersi in gioco<br />
nella sfida lanciata dal progetto “Metti un’inchiesta nel romanzo”. Ai<br />
posteri l’ardua sentenza.<br />
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<strong>Tersite</strong> Rossi (curatore della raccolta di <strong>racconti</strong>)<br />
Nato nel 1978 (prima il 14 febbraio e poi di nuovo il 10 maggio), ama<br />
considerarsi l’erede contemporaneo del <strong>Tersite</strong> omerico, un antieroe<br />
che sfidò l’ipocrisia del potere ma finì bastonato e deriso.<br />
A guardare bene, dentro di lui convivono due anime distinte: quella del<br />
professore e quella del giornalista. Entrambe, però, gli stanno un po’<br />
strette.<br />
Ha esordito con il romanzo “È già sera, tutto è finito” (Pendragon<br />
2010), appartenente al genere della Narrativa d’Inchiesta (finalista al<br />
Premio Alessandro Tassoni 2011). È in uscita il <strong>su</strong>o secondo romanzo<br />
presso le edizioni e/o, nell’ambito della collana “SabotAge” curata da<br />
Massimo Carlotto.<br />
Tiene il corso di scrittura “Metti un’inchiesta nel romanzo”, nell’ambito<br />
del quale è stata prodotta la presente raccolta di <strong>racconti</strong>.<br />
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RINGRAZIAMENTI<br />
<strong>Gli</strong> autori del presente lavoro (docenti e corsisti) ringraziano il Piano<br />
Giovani di Zona A.R.Ci.Ma.Ga (in particolare Paolo Bisesti, nella <strong>su</strong>a<br />
veste di coordinatore del Piano) e l’Assessorato alla Cultura del Comune<br />
di Aldeno, per aver voluto organizzare un corso impegnativo e ambizioso<br />
come “Metti un’inchiesta nel romanzo”.<br />
Ringraziano inoltre il Progetto Giovani del Comune di Aldeno per avere<br />
ospitato le lezioni del corso presso la <strong>su</strong>a sede.<br />
I docenti del corso ringraziano i corsisti, per aver tenuto fede al motto<br />
“pochi, ma buoni”, con il loro impegno, la loro costanza, e, <strong>non</strong> ultime,<br />
le loro capacità.<br />
I corsisti, a loro volta, ringraziano i docenti, per essersi dedicati con autentico<br />
interesse allo svolgimento del corso, per la disponibilità dimostrata<br />
e per aver saputo trasmettere un nuovo e più completo approccio<br />
alla scrittura ed alla lettura.<br />
Infine, un ringraziamento corale a tutti gli autori italiani di Narrativa<br />
d’Inchiesta, per il loro contributo alla memoria di un Paese che troppo<br />
spesso tende a perderla.<br />
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INDICE<br />
Introduzione p. 7<br />
<strong>Gli</strong> <strong>angeli</strong> <strong>non</strong> <strong>esistono</strong> p. 11<br />
Il canto del cuculo p. 25<br />
Il passo del gambero p. 39<br />
Appendice storica p. 57<br />
<strong>Gli</strong> autori p. 63<br />
Ringraziamenti p. 65<br />
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Finito di stampare nel mese di gennaio 2012
26 settembre 1970, tarda sera, autostrada A2, tra Ferentino e Frosi<strong>non</strong>e, 58<br />
chilometri a nord di Roma. Provenienti da Reggio Calabria e diretti nella capitale,<br />
cinque ragazzi di vent’anni, a bordo della loro Mini Morris, si schiantano<br />
contro un camion. <strong>Tre</strong> di loro muoiono <strong>su</strong>l colpo, gli altri due poco dopo.<br />
I cinque ragazzi erano anarchici. <strong>Gli</strong> “anarchici della Baracca”, come venivano<br />
chiamati a Reggio Calabria, dal nome della villa Liberty dove erano soliti ritrovarsi.<br />
Nelle settimane precedenti avevano tentato di fare luce <strong>su</strong>i retroscena di<br />
un altro incidente, quello che il 22 luglio 1970 aveva portato al deragliamento<br />
del treno direttissimo Palermo-Torino a Gioia Tauro, causando sei morti. Guasto<br />
meccanico o errore umano, le ipotesi fatte <strong>su</strong>bito. <strong>Gli</strong> anarchici della Baracca<br />
<strong>non</strong> ci avevano creduto, e avevano indagato. Raccogliendo documenti<br />
che, come avevano riferito a parenti e amici prima di partire per Roma, dove<br />
intendevano consegnarli a un amico avvocato di loro fiducia, erano destinati a<br />
“far tremare l’Italia”.<br />
Ma poi giunse lo schianto <strong>su</strong>ll’A2. I documenti scomparvero. Il fatto fu archiviato<br />
come un semplice “incidente stradale”.<br />
Come si sarebbe appurato solo oltre vent’anni dopo, si trattò invece di uno dei<br />
tanti episodi legati a quella “strategia della tensione” che ha insanguinato l’Italia<br />
dalla bomba di Piazza Fontana del 1969 in poi, minando le basi democratiche e<br />
civili del nostro Paese. Altre cinque vite sacrificate <strong>su</strong>ll’altare del potere e della<br />
strategia per mantenerlo ad ogni costo.<br />
Oggi, a oltre quarant’anni anni di distanza, tre giovani, coetanei dei cinque anarchici<br />
uccisi nel 1970, li ricordano con altrettanti <strong>racconti</strong>, raccolti nella presente<br />
pubblicazione. Ogni racconto è diverso, per stile e punto di vista. Ma ognuno<br />
è uguale nel tentativo, tipico della cosiddetta Narrativa d’Inchiesta, di<br />
utilizzare la narrazione per riportare a galla la memoria storica di un fatto realmente<br />
accaduto e indurre il lettore ad approfondire. Perché in un Paese come<br />
l’Italia, dove la realtà tende a <strong>su</strong>perare spesso la fantasia, c’è spesso bisogno di<br />
fantasia per recuperare la realtà.<br />
Eleonora Forti, Anna Forti e Paolo Bisesti, gli autori dei tre <strong>racconti</strong> contenuti<br />
nella presente pubblicazione, hanno frequentato nell’autunno 2011 il corso<br />
di scrittura “Metti un’inchiesta nel romanzo”, organizzato dal Piano Giovani<br />
di Zona A.R.Ci.Ma.Ga e tenuto dal collettivo di scrittori noto con lo<br />
pseudonimo di <strong>Tersite</strong> Rossi. I loro <strong>racconti</strong> sono il frutto di quanto appreso<br />
a proposito del significato e delle tecniche della cosiddetta Narrativa<br />
d’Inchiesta.