La storia è Investigare, esplorare, indagare, far ricerche, interrogare, venire a sapere, vedere, esporre. Nar- rare le gesta del passato. Interpretarle. Dare un senso al nostro vivere in comunità. Tanti significati per rispondere a un solo quesito: che cosa è la storia? Storia raccontata attraverso i documenti d’archivio oppure le testimonianze orali. Storia con la S maiuscola – come dice qualcuno – o storia delle culture subalterne, come ha provato a dire qualcun’altro. E pensare che in fin dei conti la parola deriva dal Greco Ιστωρ, Colui che sa, saggio, che conosce le leggi, il diritto. Quindi giudice, arbitro, testimone. La storia come proposizione di una realtà. Realtà che può essere anche parallela, fittizia: un costrutto. Costruire dei percorsi fatti di tanti anelli mancanti, tanti non detti. La storia come restauro. Dunque, parafrasando Cesare Brandi, come “momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro”. La storia come opera d’arte, manufatto… in vista della sua trasmissione al futuro. Tempo della realtà che si frappone alla realizzazione ovvero all’Essere nel Tempo. Pertanto la storia come ipnosi, come forma di conoscenza del tutto in tutto, innanzi-tutto. Come riflessione di una totalità. La storia come esperienza della morte e ritrarsi di Dio dal mondo. Creazione e Decreazione, gioco della mente. Teorema incompiuto. Maestra di vita o promessa di felicità collettiva? Terribile, come forma di rimosso e pacificazione. Calcolo ed epifania al tempo stesso. In sé e per sé la storia è. Apodosi. Punto e basta. Frase principale senza alcuna velleità di esprimere la conseguenza dell'ipotesi esposta nella protasi. Che in tal caso, sul piano della descrizione storica, non ha ragione di esistere. Perché è l’azione degli uomini e delle donne a determinarla, indipendentemente dall’interpretazione – anch’essa storica – che altri uomini Le interviste impossibili Grafica: Romalive e donne descriveranno. Apodosi essa stessa, questa volta sì con la pretesa di analizzare le proponibili conseguenze classificabili nella protasi. Tuttavia in forma assiomatica, principio vero ma nient’affatto verificabile. Gödel docet. Proviamo dunque a raccontarla anche noi, la storia, immaginando delle interviste a personaggi non più in vita. Non solo della politica. Il tutto avvalendoci della nozione di sussunzione, così come elaborata da Kant nella Critica del Giudizio (die Subsumtion, derivata dal verbo subsumieren, cioè inquadrare in una classificazione). Sussunzione del particolare all’universale nel giudizio riflettente e in quello determinante ovvero la riconduzione di un termine al rapporto insieme di inclusione e di subordinazione che gli è proprio rispetto ad un termine più esteso. Interviste attraverso le quali proporre una nuova chiave di lettura degli eventi storici, a partire dalle opere e dalle azioni dei personaggi interpellati. A puntate, una di seguito all’altra. Una realtà fittizia (l’universale) attraverso una personale visione (il particolare) del percorso storico. Mediante infine, una personale discesa agli Inferi (rapporto di inclusione e di subordinazione). Senza alcuna distinzione tra Inferno, Purgatorio e Paradiso. “Semplicemente” un solo termine più esteso, dove inquadrare e ricondurre la nostra particolare immaginazione. Nessuna condanna, nessun’anima malvagia e colpevole. Un percorso all’interno di una sintesi (Inferi) che si distribuisce secondo una classificazione che adotta come unico criterio l’etica della responsabilità (Verantwortungsethik), weberianamente intesa. Criterio che proponiamo nella scelta di uomini e donne che in vita hanno impostato la loro azione in base al rapporto mezzi/fini e alle possibili conseguenze che ne potevano derivare. Tenendo pertanto presenti le conseguenze del loro agire e agendo guardando soprattutto a queste. Opponendosi infine ad un’azione incentrata ] a cura di Daniele Camilli [ sui principi assoluti (Gesinnungsethik), ossia a prescindere dalle conseguenze a cui essi avrebbero condotto. Tutto qua. Alla prima intervista, dunque… a presto! Hieronymus Bosch, Trittico del giardino delle delizie, L'Inferno musicale, 1503-1504.
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