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Maresca Sandra Faramondi Alessandro - Gruppo Servizio Ambiente

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XXX CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI<br />

UNA PRIMA STIMA DELLA CRESCITA ECONOMICA A LIVELLO SUB-REGIONALE<br />

<strong>Alessandro</strong> FARAMONDI, <strong>Sandra</strong> MARESCA<br />

Istat, Via Cesare Balbo, 16, 00184, Roma<br />

SOMMARIO<br />

A livello di NUTS-3 (corrispondenti alle nostre province) la contabilità nazionale considera la<br />

stima della sola variabile nominale del valore aggiunto. Questo lavoro rappresenta un primo<br />

tentativo di stima del valore aggiunto in termini reali. In particolare viene proposta una<br />

sperimentazione, in cui il valore aggiunto per provincia è stimato ai prezzi dell’anno<br />

precedente. L’elaborazione è condotta utilizzando la base informativa disponibile a livello<br />

territoriale per l’anno 2006, che coincide con l’ultimo anno di pubblicazione dei conti<br />

provinciali forniti dall’Istat.


1. ITRODUZIOE<br />

A tutt’oggi il regolamento comunitario sui conti territoriali non prevede che siano effettuate<br />

stime di aggregati territoriali in termini reali. Da anni, invece, l’Italia produce tali stime a<br />

livello regionale (NUTS-2) e dal 2007 queste stime vengono prodotte con il sistema degli<br />

indici a catena adottato nei conti nazionali.<br />

Per le 21 unità territoriali (le nostre regioni, con in più Trento e Bolzano in quanto province<br />

autonome) si pubblica il valore aggiunto ai prezzi base ed il prodotto interno lordo, entrambi<br />

ai prezzi dell’anno precedente ed in valori concatenati con anno di riferimento il 2000. La<br />

disaggregazione settoriale diffusa considera 24 branche economiche.<br />

L’Italia pubblica, oltre ai dati relativi al valore aggiunto anche le tavole per regione del conto<br />

economico delle risorse e degli impieghi, delle spese per consumi finali per settore e categoria<br />

di beni e servizi e degli investimenti fissi lordi.<br />

A livello sub-regionale la contabilità nazionale italiana, come quella internazionale, limita il<br />

campo di osservazione alla sola variabile nominale del valore aggiunto con evidenti carenze<br />

informative in termini di crescita economica. In tale ambito si colloca questo lavoro che<br />

rappresenta un primo tentativo di stima del valore aggiunto reale a livello NUTS-3 (107<br />

province). In particolare verrà proposta una sperimentazione, in cui verrà stimato il valore<br />

aggiunto complessivo per provincia ai prezzi dell’anno precedente, a partire da un livello di<br />

articolazione economica quanto più possibile dettagliato, al fine di cogliere la diversa<br />

dinamica della struttura produttiva sottostante. L’elaborazione sarà condotta utilizzando la<br />

base informativa più disaggregata disponibile a livello territoriale per l’anno 2006, che<br />

coincide con l’ultimo anno di pubblicazione dei conti provinciali forniti dall’Istat.<br />

2 LA METODOLOGIA DI STIMA DEL VALORE AGGIUTO PROVICIALE<br />

A PREZZI CORRETI<br />

Per la stima del valore aggiunto provinciale si è scelta una metodologia che seguisse in modo<br />

sostanziale, ancorché semplificato, l’approccio adottato a livello nazionale e regionale. Essa si<br />

basa sull’attribuzione alle stime dell’input di lavoro (espresso in unità di lavoro) di pro-capite<br />

di valore aggiunto specifici di provincia, branca di attività economica e classe dimensionale<br />

d’impresa. La stratificazione per branca e classe dimensionale alla base del calcolo è la stessa<br />

dei dati di occupazione (16 branche (cfr. prospetto 1) e 3 classi dimensionali (1-19, 20-99, 100<br />

e oltre addetti)).<br />

La relazione teorica alla base del modello è la seguente (<strong>Faramondi</strong>-Pascarella, 2004):<br />

(1) djk Y = djk b * djk X


dove:<br />

Y = valore aggiunto<br />

d = indicatore della Provincia (da 1 a 107)<br />

j = indicatore di branca di attività economica (da 1 a 16)<br />

k = indicatore della classe dimensionale d’impresa (da 1 a 3)<br />

b = valore aggiunto per unità di lavoro<br />

X = unità di lavoro (ULA)<br />

Tale relazione non è immediatamente applicabile, poiché dalle fonti disponibili non si<br />

conosce il valore del parametro b. Ne consegue la necessità di sviluppare la (1), per arrivare<br />

ad una formulazione che consenta di stimare il valore aggiunto.<br />

Il primo passo è quello di scomporre l’occupazione espressa in ULA nelle diverse<br />

componenti. Occupazione regolare, occupazione irregolare di residenti in Italia, occupazione<br />

di stranieri irregolari, occupazione di secondo lavoro.<br />

Ipotizzando che la produttività oraria (intesa come rapporto fra valore aggiunto e monte ore<br />

effettivamente lavorate) nell’ambito dello stesso strato (branca/classe dimensionale/porzione<br />

di territorio) sia indipendente dalla tipologia del rapporto di lavoro (regolare o irregolare) e<br />

dalla regolarità amministrativa del lavoratore rispetto al territorio (a- residenti e stranieri<br />

regolarmente presenti; b- stranieri irregolari e clandestini), è possibile assumere che il<br />

coefficiente b non cambia a seconda della componente di occupazione considerata.<br />

In questo modo la quota di valore aggiunto relativa all’occupazione regolare è calcolata<br />

utilizzando il valore aggiunto per posizione lavorativa regolare ed il numero delle ULA senza<br />

la riduzione delle posizioni regolari dovuta al part-time e all’utilizzo di ore di cassa<br />

integrazione guadagni da parte delle imprese, mentre le altre componenti sono calcolate sotto<br />

l’ipotesi che la produttività oraria delle posizioni lavorative non regolari coincida con quella<br />

delle posizioni regolari.<br />

Ottenute le stime per dominio di branca si passa alla fase di riallineamento al dato regionale,<br />

in modo che le stime a livello provinciale siano coerenti con quelle a livello regionale. Questa<br />

fase ricopre un ruolo particolarmente importante; infatti non si tratta di una semplice<br />

operazione algebrica, bensì di una vera e propria fase di stima, in cui si hanno stime<br />

preliminari a livello provinciale, e stime definitive coerenti con il dato regionale. In tale<br />

contesto la fase di riproporzionamento è interpretabile come una stima condizionata, in cui si<br />

vuole stimare il valore aggiunto provinciale, condizionatamente alle informazioni ad un<br />

livello territoriale più aggregato e cioè le Regioni.<br />

Questa operazione viene svolta in più fasi. Si effettua una prima stima condizionata al valore<br />

aggiunto regionale (riproporzionamento regionale) a livello di strato, valorizzando in tal modo<br />

l’informazione per classe dimensionale e poi si sommano i valori riproporzionati delle diverse<br />

classi dimensionali, ottenendo in tal modo una stima di branca. Quindi si effettua una seconda


stima condizionata, questa volta direttamente a livello di branca, non considerando così<br />

l’informazione della diversa composizione per classe dimensionale.<br />

Il risultato finale è dato dalla media dei valori per branca della prima stima condizionata e<br />

della seconda.<br />

Questo metodo scaturisce da una serie di considerazioni, riconducibili a problematiche di<br />

efficienza, che sono particolarmente rilevanti nei domini di piccole dimensioni, proprio in<br />

funzione del fatto che tanto più piccoli sono i domini tanto maggiore tende ad essere l’errore<br />

di stima. In particolare, si ritiene che la stima condizionata a livello di strato (48 domini),<br />

nonostante sia da considerarsi concettualmente la migliore, valorizzando l’informazione della<br />

struttura produttiva per classe dimensionale, possa presentare dei livelli di errore molto<br />

elevati, soprattutto nelle province di piccole dimensioni. Per tale motivo, tale stima è stata<br />

integrata da quella condizionata a livello di branca (16 domini provinciali), che nonostante<br />

non tenga conto di tutte le informazioni disponibili, presenta dei livelli di incertezza minori,<br />

essendo calcolata su un numero di domini inferiore.<br />

In ambito Eurostat, la stima degli aggregati di contabilità nazionale in base all’input di lavoro<br />

è considerata una delle tecniche più idonee, ai fini della qualità dei dati ed in particolare<br />

“dell’esaustività” delle stime del Pil. La tecnica ULA × pro-capite consente di stimare in<br />

modo esaustivo l’aggregato monetario, se nell’input di lavoro è contenuta, oltre<br />

all’occupazione regolare dichiarata dalle imprese, anche la stima di quella non regolare, e se il<br />

pro-capite, ricavato dalle dichiarazioni delle imprese, è sottoposto a verifiche ed eventuali<br />

correzioni per ovviare alla sottodichiarazione.<br />

Rispetto all’impianto generale finora descritto sono state distinte alcune branche, o parti di<br />

esse, in ragione della particolarità dei dati di base disponibili.<br />

Per la branca dell’agricoltura silvicoltura e pesca, il calcolo del valore aggiunto è stato<br />

eseguito con metodologia del tutto simile a quella dei conti regionali: stima della produzione e<br />

sottrazione dei costi intermedi. La stima della produzione si basa sul metodo di aggregazione<br />

quantità x prezzi di oltre 150 prodotti e servizi. Per quanto riguarda le stime della produzione<br />

nel settore della pesca ci si è avvalsi di dati relativi al pescato derivanti dall’Indagine<br />

congiunta Istat-Irepa (Istituto di ricerche economiche per la pesca e acquacoltura). Per i costi<br />

intermedi ci si è basati sui dati delle indagini Istat presso i distributori dei prodotti usati dal<br />

settore agricolo (concimi, sementi, fitosanitari, mangimi); la stima dei costi intermedi a livello<br />

provinciale risente, comunque, della revisione avvenuta sull’aggregato a livello regionale,<br />

basata anche sui dati dell’indagine RICA-REA, condotta congiuntamente dall’Istat e dall’Inea<br />

(Istituto nazionale di economia agraria). Per la pesca, i costi intermedi regionali sono stati<br />

divisi per provincia in rapporto al naviglio e alle tonnellate di stazza lorda.<br />

Nelle stime secondo la logica della branca di attività economica, si è tenuto conto, accanto ai<br />

risultati economici delle attività tipiche del settore (colturali, zootecniche, ittiche, ecc.), anche<br />

delle attività secondarie e, in primo luogo, dell’agriturismo, per le quali ci si è avvalsi delle


informazioni derivanti dall’indagine specifica effettuata dall’Istat in collaborazione con gli<br />

assessorati provinciali dell’agricoltura, indagine che fornisce indicazioni di tipo qualitativo<br />

(tipologia di servizio offerto) e strutturale (dotazioni, posti letto, ecc.), ma non di carattere<br />

strettamente economico (fatturato, costi, ecc.).<br />

Per le attività finanziarie la stima è stata effettuata, in analogia con quella dei conti regionali,<br />

con approccio dal lato della distribuzione del reddito, così come suggerito dai manuali<br />

dell’Eurostat. Ciò ha comportato la ripartizione provinciale del risultato lordo di gestione<br />

regionale sulla scorta di indicatori rappresentativi dell’attività produttiva della branca e<br />

l’assemblaggio ad esso dei redditi da lavoro dipendente.<br />

Per la ripartizione del risultato di gestione relativo all’intermediazione monetaria e alle altre<br />

intermediazioni finanziarie l’indicatore utilizzato è dato dalla somma degli impieghi e dei<br />

depositi in essere presso gli istituti di credito; per lo stesso aggregato relativo alle<br />

assicurazioni l’indicatore è costituito dalla somma dei premi dei rami vita e danni raccolti<br />

dalle imprese a livello provinciale. Per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente, questi<br />

sono stati costruiti in base alla struttura provinciale dell’input di lavoro della branca.<br />

Per la stima dei servizi domestici il dato regionale viene ripartito a livello provinciale in base<br />

alla distribuzione delle ULA dipendenti. Per la parte di valore aggiunto derivante dalla<br />

produzione non market del settore della pubblica amministrazione (ovviamente la stragrande<br />

maggioranza della sua produzione), la stima del valore aggiunto è stata effettuata attribuendo<br />

all’input di lavoro, distinto per branche e gruppi di enti, i valori pro-capite regionali<br />

corrispondenti.<br />

Infine, il valore aggiunto provinciale a 16 branche è stato aggregato a livello delle 6 branche<br />

di pubblicazione secondo il prospetto 2.<br />

3 LA STIMA DEL VALORE AGGIUTO I TERMII REALI<br />

3.1 La deflazione del valore aggiunto a livello di UTS 2<br />

Il Sistema dei conti economici europeo (SEC95) non prevede che siano effettuate stime di<br />

aggregati regionali a prezzi costanti. Da anni, invece, l’Italia produce stime in tal senso e dal<br />

2007 tali stime vengono prodotte con il sistema degli indici a catena adottato nei conti<br />

nazionali.<br />

In accordo con gli standard definiti dai regolamenti comunitari, in occasione della revisione<br />

generale dei conti economici nazionali del 2005 è stato introdotto in Italia il metodo degli<br />

indici a catena per la misura delle dinamiche reali degli aggregati economici annuali 1 . Il nuovo<br />

metodo degli indici a catena ha sostituito il precedente sistema a base fissa.<br />

1 SEC 1995, Decisione della Commissione 98/715.


Le misure in volume ottenute con la tecnica del concatenamento presentano, grazie<br />

all’aggiornamento annuale del sistema di ponderazione, tassi di crescita che meglio<br />

rappresentano l’effettiva dinamica delle grandezze economiche (<strong>Maresca</strong>-Squarcio, 2005;<br />

<strong>Maresca</strong>, 2006).<br />

Premesso che, così come nel conto regionale a prezzi correnti, in quello a prezzi costanti le<br />

importazioni nette sono ottenute come saldo fra il PIL regionale e gli aggregati costituenti gli<br />

impieghi, ciò che viene analizzato in questo paragrafo è il metodo di deflazione del PIL<br />

regionale, o, meglio, delle componenti costituenti il PIL regionale: valore aggiunto ai prezzi al<br />

produttore, imposte e contributi sui prodotti e sulla produzione, IVA e imposte sulle<br />

importazioni.<br />

La deflazione del valore aggiunto ai prezzi al produttore è effettuata a livello di 30 branche<br />

NACE Rev.1.1 con metodi differenti per i 5 segmenti produttivi (imprese market, PA market,<br />

ISV market, PA non market, ISV non market).<br />

Per l’agricoltura il calcolo a prezzi costanti del valore aggiunto è effettuato con il metodo<br />

della doppia deflazione. Questo è, infatti, l’unico settore economico in cui sono stimati a<br />

livello regionale i valori a prezzi correnti sia della produzione che dei costi intermedi. Tali<br />

aggregati sono ottenuti tramite la valutazione delle quantità prodotte e dei relativi prezzi di<br />

131 prodotti agricoli, nonché delle quantità consumate come input e dei relativi prezzi di circa<br />

100 voci di spesa. Le valutazioni a prezzi costanti della produzione e dei consumi intermedi<br />

sono, quindi, effettuate con metodo diretto, applicando i prezzi dell’anno precedente alle<br />

quantità dell’anno corrente. Le informazioni sui prezzi sono in massima parte dedotte dalle<br />

indagini correnti dell’Istat. Ad esse si aggiungono quelle dell’ISMEA (Istituto per studi,<br />

ricerche e informazioni sul mercato agricolo) e quelle dell’ENEL sui prezzi dell’energia<br />

elettrica.<br />

Per le branche della trasformazione industriale il valore aggiunto regionale a prezzi correnti è<br />

stimato a livello di singola branca e classe dimensionale (1-5, 6-19, 20-99, 100-249 e 250 e<br />

più addetti). La deflazione è eseguita a tale livello di dettaglio, utilizzando il corrispondente<br />

deflatore implicito nazionale. Questo è costruito tenendo conto delle differenti caratteristiche<br />

merceologiche dei prodotti e della differente propensione all’esportazione all’interno di<br />

ciascuna branca, a seconda della grandezza delle imprese. Quest’ultima informazione è<br />

ottenuta utilizzando i risultati del questionario settoriale dell’industria e dei servizi relativi al<br />

quesito sulle quote delle “vendite di prodotti secondo la destinazione”. Nella deflazione del<br />

valore aggiunto regionale dell’industria di trasformazione, quindi, si assume la diversa<br />

struttura per branca e classe dimensionale come elemento significativo di una differenziazione<br />

territoriale del deflatore di branca, in mancanza di altri elementi quali indicatori di prezzo alla<br />

produzione a livello regionale e nell’impossibilità di applicare metodi di doppia deflazione.<br />

Nella branca delle costruzioni viene stimato un deflatore regionale del valore aggiunto,<br />

applicando al deflatore nazionale il coefficiente di differenziazione regionale degli indici di


costo di costruzione dei fabbricati residenziali, rilevati dall’ISTAT presso i capoluoghi di<br />

regione.<br />

Per la branca del commercio si utilizza una procedura indiretta fondata sulla costruzione di un<br />

indicatore di volume. Tale indicatore si ricava calcolando l’incidenza del costo del servizio<br />

commerciale nell’anno precedente sull’ammontare dei flussi scambiati ed applicando<br />

quest’ultima ai flussi intermediati calcolati a prezzi costanti per tutti gli altri anni.<br />

Per la branca del credito e delle assicurazioni il metodo seguito si riconduce ad una<br />

estrapolazione del valore aggiunto dell’anno precedente attraverso un indicatore di volume<br />

sintetico del settore. Tale indicatore è ottenuto sulla base della distribuzione regionale dei<br />

depositi e impieghi bancari e dei premi assicurativi opportunamente deflazionati con un<br />

deflatore regionale della domanda interna.<br />

Per tutte le altre branche dei servizi vendibili e per quelle dell’industria energetica viene usato<br />

il deflatore nazionale del valore aggiunto di branca.<br />

La stima del valore aggiunto delle Amministrazioni pubbliche (AA.PP.) a prezzi costanti<br />

viene effettuata per estrapolazione applicando un indice di quantità al valore aggiunto<br />

regionale dell’anno base. Tale calcolo viene eseguito a livello analitico, distinguendo il valore<br />

aggiunto regionale per sottosettori produttori dello stesso:<br />

1. Amministrazione dello Stato<br />

2. Altri enti dell’Amministrazione centrale<br />

3. Enti territoriali (Regioni, Province, Comuni)<br />

4. Unità Sanitarie Locali, Policlinici universitari e Istituti di ricovero e cura a carattere<br />

scientifico<br />

5. Altri enti dell’Amministrazione locale<br />

6. Enti di Previdenza<br />

Con riferimento ad ogni sottosettore, al valore aggiunto prodotto nell’anno base in ciascuna<br />

regione viene applicato un indice specifico dell’input di lavoro, costruito come media mobile<br />

a tre termini delle serie regionali dell’occupazione dipendente del sottosettore considerato.<br />

Il procedimento utilizzato, coerente con quello adottato per le stime a livello nazionale,<br />

consente di tener conto del mix settoriale del valore aggiunto prodotto dalla Pubblica<br />

Amministrazione sul territorio regionale, attribuendo differente importanza relativa alle<br />

dinamiche dell’occupazione settoriale che possono essere territorialmente diversificate.<br />

La deflazione delle imposte e dei contributi viene effettuata applicando al valore aggiunto ai<br />

prezzi dell’anno precedente dell’anno di elaborazione, l’incidenza delle imposte/contributi sul<br />

valore aggiunto nell’anno base (precedente). Anche questa operazione è effettuata, per ogni<br />

regione, a livello di 30 branche, ad esclusione dell’agricoltura, nella quale la deflazione di<br />

imposte e contributi è effettuata con altri criteri. In questa branca, per quanto riguarda le<br />

imposte, si procede estrapolando il valore di tale aggregato attraverso l’indice di quantità della<br />

produzione lorda vendibile (PLV). Per quanto riguarda i contributi, fino al 1995 si è proceduto


in modo analogo, ma con un dettaglio spinto al singolo prodotto, estrapolando il valore dei<br />

contributi afferenti al prodotto attraverso l’indice di quantità della PLV del prodotto stesso; a<br />

partire dal 1996 tale indice è sostituito, per alcuni prodotti, con quello relativo alla superficie<br />

messa a coltura. A seguito dei cambiamenti della normativa sui contributi agricoli, infatti, per<br />

alcuni prodotti non viene più usata la quantità di PLV come parametro di distribuzione dei<br />

contributi, bensì l’estensione delle aree coltivate.<br />

L’IVA e le imposte sulle importazioni vengono trattate come unico aggregato, la cui<br />

deflazione è ottenuta con il metodo dell’estrapolazione, vale a dire, applicando la stessa<br />

incidenza sul valore aggiunto regionale complessivo osservata nell’anno base, al valore<br />

aggiunto a prezzi costanti (totale regionale) dell’anno di elaborazione.<br />

Il Pil ai prezzi di mercato è calcolato, secondo le definizioni del SEC95, aggiungendo al<br />

valore aggiunto, espresso ai prezzi base, l’Iva, le altre imposte sui prodotti, le imposte sulle<br />

importazioni e sottraendo i contributi sui prodotti.<br />

Per le 20 regioni italiane vengono pubblicati i dati del valore aggiunto ai prezzi base ed il<br />

prodotto interno lordo entrambi ai prezzi dell’anno precedente ed in valori concatenati con<br />

anno di riferimento il 2000. La disaggregazione settoriale diffusa considera 24 branche<br />

economiche.<br />

L’Italia pubblica, oltre ai dati relativi al valore aggiunto anche le tavole per regione del conto<br />

economico delle risorse e degli impieghi, delle spese per consumi finali per settore e categoria<br />

di beni e servizi e degli investimenti fissi lordi.<br />

3.2 Sperimentazione della deflazione a livello di UTS-3<br />

Sulla base di quanto detto nei paragrafi precedenti, l’Istat elabora le stime correnti del valore<br />

aggiunto ai prezzi base articolate per 16 branche di attività economiche. Sulla base di questo<br />

data set disponibile si è effettuato un primo tentativo di stima del valore aggiunto provinciale<br />

ai prezzi dell’anno precedente. La carenza di indici di prezzo a livello provinciale ha reso<br />

necessario il ricorso ai deflatori regionali del valore aggiunto articolati per attività economica.<br />

A differenza delle stime nazionali la deflazione a carattere territoriale viene condotta<br />

attraverso il metodo dell’indicatore singolo e dunque il valore aggiunto in termini reali si<br />

ottiene deflazionando direttamente la serie in valori correnti con un indicatore delle variazioni<br />

di prezzo.<br />

Indicando con:<br />

j<br />

d t Y = il valore aggiunto corrente ai prezzi base della provincia d, della branca di attività<br />

economica j al tempo t;


j<br />

d t P = i prezzi relativi al valore aggiunto corrente ai prezzi base della provincia d, della<br />

branca di attività economica j al tempo t;<br />

j<br />

d t Q = le quantità relative al valore aggiunto corrente ai prezzi base della provincia d, della<br />

branca di attività economica j al tempo t;<br />

j<br />

def = deflatore del valore aggiunto ai prezzi base della regione r della branca di attività<br />

r<br />

t<br />

economica j al tempo t;<br />

il valore del valore aggiunto della generica provincia espresso ai prezzi dell’anno precedente<br />

si ottiene come:<br />

dYPt<br />

−1<br />

=<br />

16<br />

∑<br />

d<br />

j=<br />

1<br />

P<br />

j<br />

t−<br />

1 d<br />

Q<br />

j<br />

t<br />

=<br />

16<br />

j<br />

j j<br />

d Pt<br />

d Qt<br />

j=<br />

1<br />

t<br />

j<br />

Pt<br />

−1<br />

dove la variazione di prezzo per la generica attività economica è stata ottenuta utilizzando il<br />

sistema di deflatori regionali disaggregati per settore economico. In altri termini l’indicatore<br />

di prezzo a livello regionale per branca di attività economica è stato ottenuto implicitamente<br />

dal rapporto del valore aggiunto corrente ai prezzi base e del valore aggiunto ai prezzi<br />

dell’anno precedente ai prezzi base:<br />

r<br />

def<br />

j<br />

t<br />

=<br />

Il deflatore così ottenuto per ciascuna delle 21 ripartizioni territoriali e per branca di attività<br />

economica è stato utilizzato per deflazionare il valore aggiunto corrente ai prezzi base delle<br />

province appartenenti alla stessa regione.<br />

Questa procedura è stata applicata considerando due articolazioni possibile delle serie<br />

provinciali del valore aggiunto e rispettivamente a 16 e a 6 branche di attività economica.<br />

4 AALISI EMPIRICA<br />

Come detto nel paragrafo 3 è stato calcolato il valore aggiunto a prezzi dell’anno precedente a<br />

livello provinciale, considerando l’articolazione settoriale per 16 classi di attività economiche<br />

e per 6 classi. L’analisi di sensitività è stata sviluppata per individuare il livello di<br />

disaggregazione minimale su cui eventualmente basare il sistema di deflazione stante il<br />

database disponibile attualmente.<br />

P<br />

P<br />

∑<br />

j<br />

t<br />

j<br />

t−1<br />

Q<br />

Q<br />

j<br />

t<br />

j<br />

t<br />

P


Nella presente sezione vengono messi a confronto i risultati per analizzare eventuali<br />

differenze e valutare l’incidenza della composizione settoriale nella definizione del valore<br />

aggiunto reale.<br />

In particolare si è voluto indagare se in assenza di indicatori di prezzo territoriali adeguati è<br />

possibile cogliere le specificità di un dato territorio sub-regionale attraverso la composizione<br />

settoriale.<br />

Nella Tavola 1 è riportato il valore aggiunto per abitante ai prezzi dell’anno precedente per il<br />

2006 delle 107 unità territoriali, calcolato a partire dai due livelli di disaggregazione<br />

settoriale, a 16 branche e a 6. Come si può osservare le differenze sono minime, al limite del<br />

percettibile. Al massimo si hanno differenze percentuali di 0,3%. In termini assoluti si tratta di<br />

differenze che al massimo arrivano ai 72 euro per abitante. Andando nel dettaglio si può<br />

osservare che la regione in cui si riscontrano le differenze maggiori è la Lombardia. E’ in<br />

questa regione che la differente disaggregazione settoriale fa emergere risultati relativamente<br />

differenti in tutte le province. E’ abbastanza chiaro che la spiccata industrializzazione della<br />

regione e lo sventagliamento a 6 tipologie industriali nella classificazione a 16 branche<br />

inducano a ricomposizioni significative. Viceversa la regione in cui i risultati sono<br />

sostanzialmente gli stessi nelle due elaborazioni è il Friuli-Venezia-Giulia.<br />

5 COCLUSIOI<br />

Nel presente lavoro si è voluto innanzitutto attivare una linea di ricerca, al fine di<br />

sperimentare e quindi individuare possibili soluzioni per la stima della crescita del valore<br />

aggiunto a livello sub-regionale. Per questo motivo è stata condotta una prima analisi di<br />

sensitività basata sulla differente disaggregazione dei dati di base su cui è stata effettuata<br />

l’elaborazione.<br />

L’obiettivo è stato quindi di valutare le criticità di soluzioni attualmente possibile ed allo<br />

stesso tempo individuare soluzioni praticabili.<br />

Dalla sperimentazione effettuata emerge una sostanziale analogia tra la scomposizione a 16<br />

branche e quella a 6 branche. Tale risultato mette in evidenza l’inadeguatezza della<br />

scomposizione a 16 branche, che non riesce a portare elementi di diversità nella stima dovuti<br />

alla diversa composizione settoriale. In sostanza la scomposizione a 16 branche non aggiunge<br />

nulla rispetto alla scomposizione a 6 branche. In futuro contributi sostanziali a questo filone di<br />

ricerca potranno derivare da due differenti linee di sviluppo: una scomposizione settoriale dei<br />

conti provinciali più fine di quella attuale, almeno analoga al livello regionale (30 branche),<br />

potrà aiutare a settorializzare le province ma, ancor più, la produzione di indicatori di prezzo<br />

e/o di quantità a carattere provinciale che coprano i principali settori economici potrà segnare<br />

l’avvio effettivo per la produzione di stime ufficiali in volume sub- regionali.


Tabella 1 Corrispondenza classificazione a 3 e 16 branche di attività economica<br />

3 SETTORI 16 BRANCHE<br />

Agricoltura 1. Agricoltura, silvicoltura e pesca<br />

Industria 2. Alimentari, bevande e tabacco<br />

Industria 3. Tessili, abbigliamento, pelli e calzature<br />

Industria 4. Coke, petrolio e prodotti chimici<br />

Industria 5. Prodotti metalmeccanici<br />

Industria 6. Altri prodotti industriali<br />

Industria 7. Elettricità, gas e acqua<br />

Industria 8 Costruzioni<br />

Servizi 9. Commercio<br />

Servizi 10. Alberghi e pubblici esercizi<br />

Servizi 11. Trasporti e comunicazioni<br />

Servizi 12. Credito e assicurazione<br />

Servizi 13. Servizi alle imprese<br />

Servizi 14. Pubblica amministrazione<br />

Servizi 15. Istruzione, sanità ed altri servizi<br />

Servizi 16. Servizi domestici<br />

Tabella 2 Corrispondenza fra la classificazione a 6 branche adottata nella<br />

pubblicazione dei conti provinciali e le 16 branche di elaborazione<br />

6 branche 16 branche<br />

Agricoltura, silvicoltura e pesca 1<br />

Industria in senso stretto da 2 a 7<br />

Costruzioni 8<br />

Commercio,riparazioni,alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni da 9 a 11<br />

Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immobiliari e imprenditoriali da 12 a 13<br />

Altre attività di servizi da 14 a 16


Tabella 3 Valore aggiunto totale (2006) a prezzi dell’anno precedente per<br />

Province<br />

abitante, calcolato a partire da 16 branche e da 6 branche di<br />

attività economica (euro)<br />

V.A./abit - 16 br<br />

V.A./abit - 6 br<br />

Differenze in<br />

valori<br />

assoluti<br />

TORINO 24,948.7 24,953.8 -5.0<br />

VERCELLI 24,160.7 24,132.3 28.5<br />

NOVARA 24,832.3 24,834.3 -2.0<br />

CUNEO 25,899.4 25,878.9 20.5<br />

ASTI 20,843.2 20,826.7 16.5<br />

ALESSANDRIA 23,138.1 23,140.6 -2.5<br />

BIELLA 23,189.2 23,218.8 -29.6<br />

VERBANO-CUSIO-OSSOLA 19,692.8 19,699.2 -6.4<br />

AOSTA 26,180.2 26,180.0 0.2<br />

VARESE 25,609.4 25,590.9 18.4<br />

COMO 23,268.1 23,245.6 22.5<br />

SONDRIO 23,729.6 23,697.9 31.7<br />

MILANO 33,798.6 33,855.1 -56.5<br />

BERGAMO 27,497.7 27,465.7 31.9<br />

BRESCIA 27,344.7 27,300.7 44.0<br />

PAVIA 22,010.2 21,958.7 51.5<br />

CREMONA 23,803.1 23,730.9 72.2<br />

MANTOVA 27,534.7 27,462.3 72.4<br />

LECCO 24,930.3 24,909.8 20.5<br />

LODI 23,553.1 23,496.8 56.4<br />

BOLZANO-BOZEN 29,076.2 29,075.5 0.6<br />

TRENTO 25,938.3 25,939.2 -0.8<br />

VERONA 26,873.8 26,884.3 -10.4<br />

VICENZA 26,223.6 26,223.9 -0.2<br />

BELLUNO 25,282.5 25,259.9 22.6<br />

TREVISO 25,790.9 25,799.3 -8.4<br />

VENEZIA 26,090.7 26,075.5 15.2<br />

PADOVA 26,571.9 26,578.5 -6.6<br />

ROVIGO 22,318.9 22,295.2 23.7<br />

UDINE 24,015.0 24,013.3 1.7<br />

GORIZIA 23,003.7 23,003.0 0.7<br />

TRIESTE 26,374.0 26,373.4 0.5<br />

PORDENONE 25,440.8 25,442.9 -2.2<br />

IMPERIA 20,407.4 20,437.4 -30.0<br />

SAVONA 23,455.2 23,444.8 10.3<br />

GENOVA 23,216.4 23,214.3 2.1<br />

LA SPEZIA 21,953.3 21,944.3 9.0<br />

PIACENZA 24,654.7 24,645.7 9.0<br />

PARMA 27,106.7 27,108.6 -1.9<br />

REGGIO NELL' EMILIA 27,293.5 27,306.4 -12.8<br />

MODENA 28,567.5 28,579.7 -12.2<br />

BOLOGNA 30,320.8 30,317.3 3.4<br />

FERRARA 22,474.4 22,449.6 24.8


RAVENNA 25,278.4 25,274.1 4.2<br />

FORLI-CESENA 25,770.8 25,770.7 0.1<br />

RIMINI 24,998.0 25,002.8 -4.8<br />

MASSA-CARRARA 19,160.6 19,141.9 18.7<br />

LUCCA 22,581.2 22,587.5 -6.3<br />

PISTOIA 21,628.6 21,624.7 3.8<br />

FIRENZE 27,744.9 27,755.5 -10.6<br />

LIVORNO 23,186.5 23,189.5 -3.0<br />

PISA 24,305.0 24,288.5 16.5<br />

AREZZO 23,153.6 23,149.2 4.4<br />

SIENA 24,275.9 24,284.0 -8.1<br />

GROSSETO 21,777.7 21,754.0 23.7<br />

PRATO 23,733.6 23,744.0 -10.3<br />

PERUGIA 21,119.2 21,119.6 -0.4<br />

TERNI 19,268.3 19,267.4 0.8<br />

PESARO E URBINO 21,986.2 21,985.8 0.5<br />

ANCONA 24,265.7 24,261.6 4.0<br />

MACERATA 21,473.2 21,474.3 -1.1<br />

ASCOLI PICENO 20,801.5 20,805.5 -4.0<br />

VITERBO 18,115.4 18,115.5 -0.1<br />

RIETI 17,761.9 17,736.3 25.6<br />

ROMA 29,175.9 29,187.4 -11.5<br />

LATINA 19,872.6 19,846.2 26.4<br />

FROSINONE 19,188.5 19,133.5 55.1<br />

L'AQUILA 17,459.3 17,438.6 20.7<br />

TERAMO 18,189.2 18,199.4 -10.2<br />

PESCARA 18,225.7 18,221.7 4.1<br />

CHIETI 18,425.9 18,437.2 -11.3<br />

CAMPOBASSO 16,365.3 16,369.7 -4.5<br />

ISERNIA 16,443.0 16,431.9 11.1<br />

CASERTA 13,451.3 13,439.3 12.0<br />

BENEVENTO 13,229.1 13,225.6 3.4<br />

NAPOLI 14,075.5 14,075.1 0.3<br />

AVELLINO 14,520.2 14,524.4 -4.2<br />

SALERNO 14,539.9 14,550.1 -10.2<br />

FOGGIA 12,813.4 12,824.4 -11.0<br />

BARI 15,623.5 15,626.4 -2.8<br />

TARANTO 14,949.0 14,937.2 11.8<br />

BRINDISI 13,603.3 13,598.9 4.4<br />

LECCE 13,423.0 13,418.7 4.3<br />

POTENZA 15,997.3 15,991.1 6.3<br />

MATERA 15,438.5 15,450.7 -12.2<br />

COSENZA 14,243.7 14,219.4 24.2<br />

CATANZARO 15,778.2 15,769.4 8.8<br />

REGGIO DI CALABRIA 14,358.8 14,381.3 -22.5<br />

CROTONE 13,501.0 13,536.7 -35.7<br />

VIBO VALENTIA 13,476.6 13,485.7 -9.0<br />

TRAPANI 13,386.3 13,390.6 -4.3<br />

PALERMO 14,808.9 14,810.6 -1.6<br />

MESSINA 14,759.1 14,748.9 10.2<br />

AGRIGENTO 11,931.7 11,937.6 -6.0<br />

CALTANISSETTA 13,595.2 13,579.0 16.2


ENNA 12,443.2 12,428.0 15.2<br />

CATANIA 14,125.7 14,129.9 -4.1<br />

RAGUSA 15,695.4 15,719.1 -23.7<br />

SIRACUSA 15,560.2 15,548.0 12.2<br />

SASSARI 15,933.5 15,943.0 -9.5<br />

NUORO 15,639.9 15,632.4 7.5<br />

CAGLIARI 19,739.3 19,727.2 12.1<br />

ORISTANO 14,762.8 14,765.3 -2.5<br />

OLBIA-TEMPIO 20,632.6 20,685.9 -53.3<br />

OGLIASTRA 14,333.2 14,320.5 12.7<br />

MEDIO-CAMPIDANO 11,450.8 11,457.7 -6.9<br />

CARBONIA-IGLESIAS 12,449.1 12,424.9 24.2


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ABSTRACT<br />

This paper is a first attempt about estimation of value added growth rate at NUTS-3 level.<br />

The sensitive analysis is carried out. In particular, the NUTS-3 value added growth rate is<br />

analyzed to check the accuracy.

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