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Filippo La Porta Da Italo Svevo a Sandro Veronesi: la ... - WebLearn

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iusciva a essere un’opera-mondo, capace di riassumere il significato di un’epoca(una cosa oggi<br />

inimmaginabile, almeno in questa parte di mondo, dove al<strong>la</strong> letteratura viene richiesto di intrattenere<br />

e di conso<strong>la</strong>re… ). Eppure <strong>Svevo</strong> e <strong>Veronesi</strong>, da un altro punto di vista, rientrano entrambi in una<br />

italianissima e<strong>la</strong>borazione del tragico attraverso l’ironia lieve e il tono del<strong>la</strong> commedia, conservando<br />

però - del tragico - il disincanto totale e <strong>la</strong> sfiducia in ogni sintesi, una percezione acuta del nul<strong>la</strong><br />

che sottende le nostre re<strong>la</strong>zioni sociali ( a proposito di questa disposizione ricordo solo come<br />

Leopardi nel Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani(1824) accennasse a un<br />

nichilismo istintivo e pratico degli italiani, direi pre-filosofico: i nostri connazionali sentono più di<br />

altri popoli “<strong>la</strong> vanità reale delle cose umane e del<strong>la</strong> vita”. Il che forse, oltre a generare secondo<br />

Leopardi una immoralità diffusa spiega in parte <strong>la</strong> scarsa dimestichezza con il romanzo, genere<br />

letterario legato indissolubilmente al<strong>la</strong> ricerca stendhaliana dell’aspra verità: non abbiamo mai<br />

creduto all’esame di coscienza o al<strong>la</strong> ricerca del<strong>la</strong> verità perché sappiamo che <strong>la</strong> coscienza ci<br />

inganna e che <strong>la</strong> verità ultima è il nul<strong>la</strong>…).<br />

Il protagonista del<strong>la</strong> narrativa di <strong>Veronesi</strong><br />

Il protagonista che attraversa le opere più recenti di <strong>Veronesi</strong>(benché si presenti sul<strong>la</strong> scena in<br />

versioni lievemente diverse) - non è distante dal<strong>la</strong> fisionomia di Zeno: insidiato dal fallimento,<br />

pieno di sensi di colpa e autoindulgente, e poi sentimentale e arido, inetto e velleitario. Insomma<br />

“duel<strong>la</strong>” incessantemente con <strong>la</strong> propria maschera(Geno Pampaloni su <strong>Svevo</strong> 4 ), in modi via via<br />

comici o drammatici, entro una commedia degli equivoci inesauribile che non rinuncia però a<br />

cercare oltre <strong>la</strong> recita sociale una ulteriore verità morale. Quando comincia una indagine su chi è<br />

veramente scopre di essere il contrario di quello che credeva. In un certo senso quel protagonista,<br />

con i suoi mutamenti interni, scandisce i capitoli di una “autobiografia del<strong>la</strong> nazione” che ritroviamo<br />

nel<strong>la</strong> antropologia del<strong>la</strong> nostra letteratura novecentesca. In un confronto sistematico tra i romanzi di<br />

<strong>Veronesi</strong> e <strong>La</strong> coscienza di Zeno bisognerebbe registrare le analogie tematiche(l’ossessione del<strong>la</strong><br />

famiglia, del rapporto genitori-figli, l’interesse per il mondo degli affari, poi sia Zeno che il Gianni<br />

del<strong>la</strong> Forza del passato provano vanamente a smettere di fumare, mentre nel recente XY di<br />

<strong>Veronesi</strong> c’è una critica del<strong>la</strong> psicanalisi…), le analogie strutturali(<strong>la</strong> predilezione per il romanzo<br />

digressivo), le ricorrenze diciamo così narratologiche(in entrambi si usano codici dell’infanzia in una<br />

funzione rituale, quasi scaramantica: “nel<strong>la</strong> Coscienza di Zeno, <strong>la</strong>rgamente dominata dai meccanismi<br />

infantili è spesso in opera il tentativo di addomesticare il mondo cercando d’imbrigliarne <strong>la</strong><br />

casualità, ma anche di ingannare l’ordine morale che governa le re<strong>la</strong>zioni adulte fra gli uomini” 5 ––<br />

nel Caos calmo l’uso reiterato di elenchi), e soprattutto i loro personaggi, scettici sul<strong>la</strong> possibilità di<br />

conoscere alcunché del reale, tentano di abbandonarsi al fluire degli eventi, semplicemente<br />

assecondandone l’inclinazione e , per parafrasare C<strong>la</strong>udio Magris su <strong>Svevo</strong>, “dopo aver messo in<br />

subbuglio tutto” si riconciliano beffardamente col reale: una singo<strong>la</strong>re, quasi istintiva arte del vivere<br />

che si traduce in non-scelta, rifiuto del rischio, senilità programmata, ipocondria, sospensione<br />

indefinita… Eppure - insisto su questo punto - il tragico benché dissimu<strong>la</strong>to nel “codice” del<strong>la</strong><br />

commedia, e in parte contraddetto dal ritmo narrativo frammentato, dal susseguirsi di scene<br />

umoristiche e di siparietti movimentati, si manifesta per intero: come impossibilità di “chiudere” le<br />

contraddizioni, come scarto ineliminabile tra essere e apparire, tra finzione e realtà, come<br />

presentimento apocalittico e presagio di un male radicale, inestirpabile. E infine come<br />

consapevolezza del re<strong>la</strong>tivismo di ogni punto di vista: secondo <strong>la</strong> fulminante definizione che ne<br />

diede Karl Jaspers in un libretto del 1952 “tragico è quel conflitto in cui le forze che si combattono<br />

4 Cfr. G.Pampaloni, Il critico giornaliero, Bol<strong>la</strong>ti Boringhieri, 2001, dove si stabilisce tra l’altro,<br />

sul<strong>la</strong> scia di una intuizione montaliana, una prossimità tra <strong>la</strong> Noia di Moravia e Senilità di <strong>Svevo</strong>,<br />

ricordo come Moravia è stato per <strong>Veronesi</strong> un autore decisivo(p. 212)<br />

5 C.D’Angeli-G.Paduano, Il comico, Il Mulino,1999, p.68

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