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Laudatio in honorem Imre Kertész I. Sono profondamente onorato e ...

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Pèter Sàrkozy (Università di Roma, La Sapienza)<br />

<strong>Laudatio</strong> <strong>in</strong> <strong>honorem</strong> <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong><br />

I.<br />

<strong>Sono</strong> <strong>profondamente</strong> <strong>onorato</strong> e mi sento, nello stesso<br />

tempo, gravato da una grande responsabilità poiché, da professore<br />

di letteratura ungherese della Sapienza, sono stato <strong>in</strong>vitato a<br />

presentare una laudatio, nel tempo massimo di dieci m<strong>in</strong>uti – alla<br />

presenza dell'Autore, <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong>, il primo scrittore ungherese<br />

<strong>in</strong>signito del premio Nobel - <strong>in</strong>discutibilmente uno dei<br />

rappresentanti più significativi della letteratura ungherese della<br />

f<strong>in</strong>e del XX secolo. Deportato ancora bamb<strong>in</strong>o dall'Ungheria ad<br />

Auschwitz dai tedeschi e dai gendarmi ungheresi e a lungo escluso<br />

– addirittura per tre decenni - come scrittore dalla cultura<br />

ungherese "ufficiale" del „socialismo irreale” è del tutto<br />

comprensibile che <strong>Kertész</strong> si relazioni con scetticismo e<br />

condizionato da profonde riserve morali all'Ungheria del XX<br />

secolo, dove tra le due guerre mondiali un regime borghese<br />

ipocrita lo discrim<strong>in</strong>ò, <strong>in</strong>sieme ai suoi compagni di sventura, su<br />

base razziale, permettendone la deportazione e l'annientamento;<br />

dove poi, dopo gli anni difficili della guerra, seguirono un nuovo<br />

periodo difficile e nuove discrim<strong>in</strong>azioni, e dove, dopo la<br />

repressione della rivoluzione del 1956, <strong>in</strong> un nuovo regime<br />

totalitario, ipocrita f<strong>in</strong> nel midollo e chiamato beffardamente<br />

„socialismo reale”, ancora una volta non vi fu posto per figure<br />

desiderose di una vera autonomia, tanto meno per chi, come artista<br />

- ed è il caso di <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> - <strong>in</strong>tendeva rappresentare nelle<br />

proprie opere proprio questa epoca assurda, la disumanità assurda<br />

del regime totalitario.<br />

L'assegnazione del premio Nobel a <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> ha<br />

suscitato profonda gioia e, diciamo la verità, anche grande sorpresa<br />

<strong>in</strong> Ungheria. Da una parte <strong>in</strong>fatti erano almeno cent’anni che<br />

"aspettavamo" l'attribuzione di questo riconoscimento a uno dei<br />

rappresentanti della letteratura ungherese del XX secolo e ai suoi<br />

valori autenticamente europei e, ora che f<strong>in</strong>almente è accaduto, e<br />

che f<strong>in</strong>almente uno scrittore ungherese è premio Nobel, il premio<br />

ha <strong>onorato</strong> non <strong>in</strong> primis la "letteratura ungherese", bensì un autore<br />

1


ungherese <strong>in</strong> quel tempo ancora poco noto al cosiddetto "grande<br />

pubblico" <strong>in</strong> Ungheria, con una motivazione che va ben al di là<br />

della "letteratura ungherese”, <strong>in</strong> quanto è stata riferita<br />

all'elaborazione filosofico-letteraria e alla trasposizione <strong>in</strong> forme<br />

l<strong>in</strong>guistiche artistiche della quaestio più importante e "più<br />

<strong>in</strong>ternazionale" della storia dell'Europa moderna, ossia la tragedia<br />

di Auschwitz, il che spiega del resto anche il perché a questo<br />

eccellente autore ungherese venga assegnato oggi un nuovo<br />

riconoscimento <strong>in</strong>ternazionale proprio qui a Cass<strong>in</strong>o, dove si<br />

svolse una delle battaglie più <strong>in</strong>ternazionali e più <strong>in</strong>sensate della<br />

seconda guerra mondiale.<br />

II.<br />

In seguito all'assegnazione del Nobel nel 2002, tutti coloro<br />

che si <strong>in</strong>teressano di letteratura contemporanea conoscono oramai<br />

la biografia e la carriera di scrittore di <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong>. Nato nel 1929<br />

a Budapest <strong>in</strong> una famiglia della "piccola borghesia", nel bel<br />

mezzo del suo corso di studi subì la deportazione <strong>in</strong>sieme a più di<br />

mezzo milione di ebrei ungheresi, prima ad Auschwitz, poi nel<br />

campo di concentramento di Buchenwald, all'età di qu<strong>in</strong>dici anni.<br />

Dopo la liberazione dal campo di concentramento tornò <strong>in</strong> patria,<br />

prese la maturità nel 1948 e lavorò per un certo periodo di tempo<br />

come giornalista. Dopo due anni di servizio militare diventa libero<br />

scrittore e traduttore di opere letterarie e filosofiche tedesche<br />

(Hofmannsthal, Schnitzler, J. Roth, E. Canetti, nonché Kant,<br />

Nietzsche, Freud, Wittgenste<strong>in</strong>), vivendo <strong>in</strong> condizioni modeste<br />

s<strong>in</strong>o agli anni Novanta, quando "si è scoperta" <strong>in</strong> Ungheria e<br />

anche all'estero la sua arte letteraria. Da allora vive e scrive<br />

soprattutto a Berl<strong>in</strong>o, oramai premio Nobel, come membro stimato<br />

e ospite dell'Accademia Artistica Tedesca (possiamo solo sperare<br />

che ora, dopo il primo premio che gli viene assegnato <strong>in</strong> Italia, egli<br />

possa presto essere <strong>in</strong>vitato allo stesso modo anche dall'Accademia<br />

d'Ungheria <strong>in</strong> Roma, per poter vivere per un periodo di tempo nella<br />

città eterna e per riprendere i suoi studi italiani di gioventù).<br />

La stesura di Essere senza dest<strong>in</strong>o, il suo primo<br />

romanzo, la sua opera pr<strong>in</strong>cipale determ<strong>in</strong>ante per tutta la sua<br />

carriera letteraria, <strong>in</strong>iziò nel 1961. Il romanzo non nasce come<br />

autobiografia né come libro di memorie: è stato scritto perché vi<br />

2


trovasse espressione, con l'aiuto di un l<strong>in</strong>guaggio consapevolmente<br />

forgiato e capace di astrarre a tratti la narrazione dal tempo, il<br />

fenomeno della storia dell'uomo del XX secolo che costituisce un<br />

assoluto „scandalo”: la tragedia di Auschwitz, tragedia che, per il<br />

solo fatto di aver avuto modo di accadere, ha messo<br />

temporaneamente <strong>in</strong> discussione l'<strong>in</strong>tero sistema di valori<br />

bimillenario della cultura europea fondato sul cristianesimo.<br />

Secondo la testimonianza di Gályanapló (Diario di galea) <strong>Imre</strong><br />

<strong>Kertész</strong> lavorò a questo primo romanzo per anni e anni, quasi come<br />

"<strong>in</strong>vasato", riscrivendolo, limandolo, cesellandolo, perché potesse<br />

esprimere nella maniera più puntuale possibile la filosofia<br />

esistenziale dell'„essere privi di un dest<strong>in</strong>o” a seguito<br />

dell'Olocausto (nell'ottobre del 1969, dopo otto anni di scrittura,<br />

l’autore annotavanel suo diario: „Nel prossimo capitolo arriverò ad<br />

Auschwitz).<br />

l primo editore al quale lo scrittore propose Essere<br />

senza dest<strong>in</strong>o, nel 1973, si rifiutò di pubblicare il romanzo, che non<br />

si confaceva <strong>in</strong> alcun modo - né per argomento né tantomeno sotto<br />

l'aspetto del contenuto morale e filosofico - al falso ottimismo<br />

ipocrita e mendace dell'Ungheria degli anni Settanta, all'atmosfera<br />

culturale che manifestava nei confronti dell'Olocausto un<br />

approccio pseudoumanitario di tipo pietistico e rivelando nello<br />

stesso tempo l'<strong>in</strong>tento di prenderne le distanze. Essere senza<br />

dest<strong>in</strong>o venne f<strong>in</strong>almente edito per i tipi di un altro editore due anni<br />

dopo, nell'aprile del 1975 (nello stesso anno <strong>in</strong> cui veniva dato alle<br />

stampe lo studio storico di György Száraz sulla tragedia degli ebrei<br />

ungheresi 1 ). Dopo la pubblicazione, l'autore appuntò nel suo diario:<br />

„è un'opera fiera, non lo perdoneranno (né a lei, né a me). Così è<br />

stato. Sebbene i critici letterari riconoscessero il valore morale e il<br />

pregio artistico del nuovo romanzo, la politica culturale "ufficiale",<br />

determ<strong>in</strong>ante <strong>in</strong> quegli anni per la sorte di tutto e di tutti, non<br />

accolse nel „gotha degli scrittori” l'opera né tantomeno il suo<br />

autore anticonformista: vi si percepiva <strong>in</strong>fatti che il suo romanzo<br />

rappresentava l'uomo come „vittima della logica del totalitarismo<br />

<strong>in</strong> un altro totalitarismo” (Discorso tenuto a Stoccolma, 14). Al di<br />

là della tragedia di Auschwitz Essere senza dest<strong>in</strong>o mostrava anche<br />

come determ<strong>in</strong>ati pr<strong>in</strong>cipî secondo i quali <strong>in</strong>tere generazioni<br />

avevano vissuto e vivono ancora, potessero dissolversi e<br />

scomparire <strong>in</strong> un attimo, così come era effettivamente accaduto.<br />

1 Gy. Szàraz, Egy előítélet nyomában (Seguendo un pregiudizio), „Valóság”, 8, 1975)<br />

3


L'<strong>in</strong>comprensione con la quale fu accolto il suo libro<br />

<strong>in</strong>dusse <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> a dedicare all’apologia di Essere senza<br />

dest<strong>in</strong>o e della stessa tragedia di Auschwitz una serie di altri scritti,<br />

consapevole del valore dell'opera (come ha ben confermato<br />

l’assegnazione del massimo riconoscimento letterario a distanza di<br />

27 anni) e della sua unicità nell'ambito della cosiddetta letteratura<br />

sull'Olocausto, e conscio <strong>in</strong>oltre del fatto che la freddezza<br />

dimostrata nei confronti del romanzo era frutto delle caratteristiche<br />

del mondo detto della società socialista, nel cui "pantano" veniva<br />

presa sul serio "soltanto la menzogna" (Discorso tenuto a<br />

Stoccolma, 7, 13).<br />

Dopo Essere senza dest<strong>in</strong>o <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> scrittore<br />

negli anni Ottanta si pose come obiettivo da una parte quello di<br />

avviare una riflessione <strong>in</strong>torno al proprio romanzo e alle sue sorti;<br />

dall'altra, quello di chiedersi quale significato avesse essere senza<br />

dest<strong>in</strong>o dopo Auschwitz negli anni C<strong>in</strong>quanta e nell'Ungheria<br />

dell'era di Kádár dopo la repressione della rivoluzione del 1956.<br />

Pubblicò pertanto nel 1977 due piccoli romanzi brevi: Il cercatore<br />

di tracce, nel quale lo scrittore compie un viaggio a Buchenwald e<br />

nei ricordi legati al campo, e Storia poliziesca, presentata come<br />

allegoria politica ambientata <strong>in</strong> una dittatura sudamericana fittizia;<br />

nel 1988 uscì poi Insuccesso, sul tema della via crucis editoriale di<br />

Essere senza dest<strong>in</strong>o. L'ultima parte della "trilogia di Essere senza<br />

dest<strong>in</strong>o", il libro confessione <strong>in</strong>titolato Caddish per un bamb<strong>in</strong>o<br />

non nato, è stata pubblicata nel 1990 e nel 1992 è uscito il Diario<br />

di galea, che accompagna e motiva le opere precedenti.<br />

Nel frattempo anche nei sistemi totalitari <strong>in</strong> via di<br />

dissoluzione aveva com<strong>in</strong>ciato a cambiare il clima culturale e una<br />

trasformazione aveva subito <strong>in</strong> tutto il mondo la valutazione stessa<br />

del fenomeno Auschwitz. Nel 1983 l'allora giovane György Spíró,<br />

già considerato all'epoca scrittore di grande successo, dedicò alla<br />

seconda edizione ungherese di Essere senza dest<strong>in</strong>o un importante<br />

studio e, <strong>in</strong> contemporanea con il successo <strong>in</strong>ternazionale partito<br />

dalla Germania, anche <strong>in</strong> Ungheria Caddish, pubblicato nel 1990,<br />

divenne un vero successo librario. L'autore com<strong>in</strong>ciò di<br />

conseguenza a ottenere i riconoscimenti e a ricevere i premi<br />

letterari che avrebbe meritato da tempo (premio Milán Füst, 1983;<br />

premio Attila József, 1989: premio Soros, 1992; premio Sándor<br />

Márai, 1996; premio Kossuth, 1997). <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> <strong>in</strong>iziò per<br />

contro proprio a partire da allora ad allontanarsi progressivamente<br />

dall'Ungheria, recandosi all'estero con grande frequenza, quasi a<br />

4


sottrarsi all'accesa conflittualità politica ungherese degli anni<br />

Novanta, scegliendo di vivere e lavorare a Berl<strong>in</strong>o, dove grazie alle<br />

traduzioni tedesche delle sue opere divenne uno dei più importanti<br />

e apprezzati scrittori e pensatori della f<strong>in</strong>e del secolo XX,<br />

ottenendo a coronamento della sua attività il premio Nobel per la<br />

letteratura del 2002.<br />

La fortuna "italiana" di <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> deriva proprio dal<br />

Nobel. Essere senza dest<strong>in</strong>o esce nell'ottobre 2002 per i tipi di<br />

Feltr<strong>in</strong>elli (tradotto <strong>in</strong> base alla traduzione tedesca...) e viene<br />

ripubblicato nel giro di un anno anche da Bompiani <strong>in</strong>sieme a Il<br />

vessillo britannico, mentre Feltr<strong>in</strong>elli ha pubblicato la seconda<br />

parte della trilogia, Fiasco e, nel 2003, anche Liquidazione nella<br />

traduzione (dall’ungherese) di Antonio Sciacovelli. La critica<br />

italiana ha dato ampio spazio ed entusiastica accoglienza al premio<br />

Nobel di <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> e ai suoi romanzi di impronta filosofica che<br />

sottol<strong>in</strong>eano la specificità della Shoah, accostando naturalmente il<br />

più delle volte i libri sull'Olocausto di <strong>Kertész</strong> alle opere di Primo<br />

Levi.<br />

III.<br />

Primo Levi e <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> hanno vissuto ad Auschwitz<br />

la stessa tragedia e per entrambi quell'esperienza disumana ha<br />

segnato <strong>in</strong> maniera determ<strong>in</strong>ante la loro vita, entrambi hanno<br />

sentito la necessità, come uom<strong>in</strong>i e come scrittori, di impegnarsi a<br />

darne testimonianza artistica <strong>in</strong> maniera tale che non potesse essere<br />

mai più negata né dimenticata. La pr<strong>in</strong>cipale differenza fra i due<br />

scrittori risiede <strong>in</strong> primo luogo nel fatto che Primo Levi, che<br />

dovette attraversare l'<strong>in</strong>ferno di Auschwitz da adulto, descrisse le<br />

proprie tragiche esperienze immediatamente dopo la guerra <strong>in</strong><br />

forma di memorie (il suo meraviglioso, dolente libro<br />

testimonianza, Se questo è un uomo venne pubblicato nel 1947,<br />

anche se ottenne il riconoscimento che gli spettava solamente a<br />

distanza di dieci anni, nel 1956; ma rappresenta da allora uno dei<br />

libri italiani più conosciuti); <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong>, il quale fu deportato da<br />

ragazzo appena cresciuto, ha scritto <strong>in</strong>vece su Auschwitz a distanza<br />

di qu<strong>in</strong>dici anni un romanzo, un'opera di narrativa. Essere senza<br />

dest<strong>in</strong>o non è un romanzo autobiografico. „Il protagonista di<br />

Essere senza dest<strong>in</strong>o non ricorda bensì vive la sua esistenza….<br />

Nella mia autobiografia il fatto più autobiografico è che <strong>in</strong> Essere<br />

5


senza dest<strong>in</strong>o non c'è niente di autobiografico. Il fattore<br />

autobiografico risiede proprio nell'aver tralasciato qualsiasi<br />

elemento autobiografico <strong>in</strong> funzione della massima aderenza alla<br />

realtà”, Diario di galea, 141), coerentemente con l'op<strong>in</strong>ione<br />

dell'autore <strong>in</strong> merito alla „nuova prosa”: „La grande <strong>in</strong>venzione<br />

della nuova prosa consiste nell'esclusione dell'uomo dal centro<br />

delle cose. Tale cambiamento sostanziale trasforma il romanzo –<br />

ma anche la poesia - <strong>in</strong> testo, testo allo stato puro, dal quale il<br />

soggetto viene estrapolato allo stesso modo <strong>in</strong> cui la personalità<br />

dell'uomo è stata ridotta a semplici impulsi <strong>in</strong> via di annientamento<br />

dalle strutture del potere politico ed economico del mondo”.<br />

Secondo il filosofo ungherese Ágnes Heller <strong>Imre</strong><br />

<strong>Kertész</strong> ha scritto il primo romanzo sull'Olocausto „che risulta<br />

perfetto dalla prima all'ultima parola”. 2 Il romanzo, soprattutto<br />

dopo l'assegnazione del Nobel al suo autore, è stato oggetto di<br />

<strong>in</strong>numerevoli analisi, possiamo pertanto esimerci dall'affrontarne<br />

l’esame <strong>in</strong> questa sede, sottol<strong>in</strong>eando tuttavia soltanto che, al di là<br />

dell'<strong>in</strong>segnamento morale, il valore letterario e artistico dell'opera è<br />

dato anche dall'elaborazione di una prosa composita assolutamente<br />

nuova nell’ambito della produzione letteraria ungherese, prosa che<br />

ha costituito nello stesso tempo l'unico possibile strumento che lo<br />

scrittore potesse utilizzare per dare forma al rapporto, determ<strong>in</strong>ante<br />

per tutta la sua vita e per il suo pensiero, che lo lega al fenomeno<br />

Auschwitz. Sotto tale aspetto di tecnica letteraria il testo di <strong>Imre</strong><br />

<strong>Kertész</strong> si <strong>in</strong>serisce organicamente nel processo di trasformazione<br />

della narrativa moderna ungherese avviato negli anni Sessanta e<br />

Settanta da Géza Ottlik, Miklós Mészöly, Péter Hajnóczy, e che<br />

prosegue oggi nelle opere di Péter Esterházy, Péter Nádas e László<br />

Krasznahorkai.<br />

Nel discorso tenuto <strong>in</strong> occasione del riconoscimento<br />

della sua attività di scrittore a Stoccolma <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> non si è<br />

opposto all'etichetta assegnatagli di „scrittore dell'Olocausto”, ma<br />

non sussiste alcun dubbio <strong>in</strong> merito all’impossibilità di classificare<br />

la sua opera all’<strong>in</strong>terno della tradizione letteraria europea della<br />

Shoah, che tratta degli orrori della guerra e del dest<strong>in</strong>o degli Ebrei<br />

(Améry, Levi, Semprun), né <strong>in</strong> quella dei romanzi e delle memorie<br />

della loro persecuzione <strong>in</strong> Ungheria (come gli scritti di Tibor Déry,<br />

Ferenc Kar<strong>in</strong>thy, Mária Ember e di altri, o i romanzi, tradotti anche<br />

2 Vö: Temesi L., Sors és sorstalanság. <strong>Kertész</strong> <strong>Imre</strong> Nobel-díja, Miskolc, 2002, 17.<br />

6


<strong>in</strong> l<strong>in</strong>gua italiana, sulla vita degli ebrei emigrati <strong>in</strong> Palest<strong>in</strong>a di<br />

György G. Kardos 3 ), né ancora nel gruppo delle opere sui ricordi<br />

della persecuzione e sull'<strong>in</strong>fanzia degli scrittori italiani di orig<strong>in</strong>e<br />

ungherese e che vivono <strong>in</strong> Italia, come Edith Bruck, Giorgio<br />

Pressburger o Paolo Santarcangeli 4 . Essere senza dest<strong>in</strong>o, a<br />

dispetto del fatto che descrive la discrim<strong>in</strong>azione, la deportazione e<br />

la vita ad Auschwitz di un ragazz<strong>in</strong>o nel quadro di un<br />

„Bildungsroman” assolutamente particolare, nega nello stesso<br />

tempo <strong>in</strong> certa misura e addirittura demolisce la tradizione<br />

(psuedo)umanista che aveva s<strong>in</strong>o ad allora caratterizzato la<br />

valutazione della tragedia degli Ebrei d'Europa. Come lo stesso<br />

<strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> ha detto nel Discorso di Stoccolma: „Non ho mai<br />

cercato di considerare la questione dell'Olocausto come una sorta<br />

di conflitto irrisolto fra tedeschi ed ebrei; non ho mai pensato si<br />

trattasse del capitolo più recente della storia delle sofferenze del<br />

popolo ebraico… non l'ho mai visto ... come un progetto di più<br />

ampio respiro rispetto ai precedenti, come condizione prelim<strong>in</strong>are<br />

della nascita dello stato ebraico. … Nell'Olocausto io ho visto la<br />

condizione dell'uomo, il capol<strong>in</strong>ea della grande avventura cui sono<br />

arrivati, dopo duemila anni di cultura etica e morale, gli europei”.<br />

(Discorso di Stoccolma, 18, 19.). 5 Sotto questo punto di vista <strong>Imre</strong><br />

<strong>Kertész</strong> giunge alle medesime conclusioni del poeta Miklós<br />

Radnóti, assass<strong>in</strong>ato dai nazisti ungheresi, il quale cont<strong>in</strong>uò a<br />

scrivere versi nel campo di lavoro di Bor e ancora nel corso della<br />

marcia forzata che lo stava conducendo alla morte 6 , o del poeta<br />

cattolico János Pil<strong>in</strong>szky, prigioniero di guerra nel campo di<br />

Mauthausen, che traspose nella sua poesia e <strong>in</strong> forma d'arte nel suo<br />

Oratorio RZ (tradotto anche <strong>in</strong> italiano) quello che era il vero<br />

„scandalo” dell'umanità: che Auschwitz fosse potuta accadere<br />

nell'ambito della cultura cristiana. 7<br />

3 György G. Kardos, I sette giorni di Avraham Bogatir, Roma, Ed. e/o, 1988.<br />

4 E. Bruck, Chi ti ama così, 1958, Lettera alla madre; 1988; G. Pressburger, Storie<br />

dell’ottavo distretto, 1986; L’elefante verde, 1986; P. Santarcangeli, In cattività<br />

babilonese.Avventure e disavventure <strong>in</strong> tempo di guerra du un giovane giuliano ebreo e<br />

fiumano per giunta, Ud<strong>in</strong>e, del Biaco, 1986.<br />

5 „Auschwitz è stato il punto zero, ma non è un evento <strong>in</strong>aspettato e <strong>in</strong>spiegabile, è accaduto<br />

perché si erano create certe condizioni nel mondo di vivere diffuso. Tutte le dittature europee<br />

del ventesimo secolo vengono da quella cultura e da quegli ambienti.” (Intervista con <strong>Imre</strong><br />

Kertèsz, „ La Repubblica”, 27-01-2006, 56.)<br />

6 P. Sàrkozy, La „strada ripida” di Miklòs Radnòti, <strong>in</strong> M. Radnòti, Ero fiore, sono diventato<br />

radice, a cura di G. Toti, Roma, Fahrenheit 451, 1995; T. Melczer, Testimonianze dal Lager,<br />

<strong>in</strong> M. Radnóti, Poesie, a cura di B. Dell’Agnese, Roma, Bulzoni, 1999.<br />

7 „Oggi Auschwitz è un museo. … Tutte le cose ivi accadute sono uno scandalo <strong>in</strong> quanto<br />

sono potute accadere e senza eccezione alcuna sono sacre, <strong>in</strong> quanto sono accadute.” J.<br />

7


Essere senza dest<strong>in</strong>o ha rappresentato nella letteratura<br />

ungherese moderna anche l'<strong>in</strong>troduzione di una nuova modalità<br />

narrativa e la realizzazione di una nuova tecnica. L'autore assume<br />

l'impegno di perfezionare ulteriormente questa modalità, il tipo del<br />

ricordo che commenta se stesso, già sperimentato nel primo<br />

romanzo, e approfondisce l'esame della questione dell'identità nelle<br />

opere scritte dopo Essere senza dest<strong>in</strong>o, nella doppia autobiografia<br />

fittizia, <strong>in</strong> Fiasco, e nel lungo racconto <strong>in</strong>titolato Il vessillo<br />

britannico (1991), nel quale narra la storia <strong>in</strong>iziale della propria<br />

formazione di scrittore e umana nella fase precedente la<br />

rivoluzione ungherese del 1956 <strong>in</strong> un monologo estremamente<br />

articolato, all'<strong>in</strong>terno del quale il protagonista narrante si scontra<br />

cont<strong>in</strong>uamente con la questione della possibilità espressiva. Nei<br />

due romanzi-diario degli anni Novanta, il Diario di galea e<br />

Qualcun’altro, l'autore si propone di <strong>in</strong>terpretare attraverso la<br />

propria vita la "mancanza di dest<strong>in</strong>o" del dest<strong>in</strong>o dell'uomo.<br />

Il vessillo britannico, che narra la sua formazione di uomo<br />

e di scrittore nel corso degli anni C<strong>in</strong>quanta, a parte la<br />

particolarissima forma del l<strong>in</strong>guaggio può risultare <strong>in</strong>teressante per<br />

il lettore italiano perché riporta che il narratore ebbe notizia dello<br />

scoppio della rivoluzione del '56 nell'Istituto Italiano di Cultura di<br />

Budapest (esattamente come l'autore delle presenti note) e da lì,<br />

<strong>in</strong>terrotta la lezione di italiano, corse fuori e vide su un'automobile<br />

che si stava facendo largo attraverso la folla che assediava il<br />

palazzo della Radio la bandiera <strong>in</strong>glese, segno della nuova<br />

liberazione.<br />

Fiasco, uscito nel 1988, è costituito da due testi tra loro <strong>in</strong><br />

contraltare. Il protagonista della prima parte è il vecchio, quello<br />

della seconda è <strong>in</strong>vece un giovane che porta lo stesso nome del<br />

protagonista di Essere senza dest<strong>in</strong>o. Sulla base dei riferimenti<br />

<strong>in</strong>crociati che rimandano dall'una parte all'altra possiamo ipotizzare<br />

che la storia di Köves venga scritta dal vecchio e che altro non sia<br />

che la riproposizione degli eventi vissuti nella sua gioventù. Nella<br />

terza opera della trilogia dell' „essere senza dest<strong>in</strong>o”, Caddish per<br />

un bamb<strong>in</strong>o mai nato, pubblicata nel 1990, ancora una volta al<br />

Pil<strong>in</strong>szky, In luoo di ars poetica, <strong>in</strong> Poesie, a cura di E. Molteni, Bologna, CLUEB 1983, 259-<br />

260. L’Oratorio K.Z. è stato pubblicato <strong>in</strong> traduzione italiana nell’antologia Ungheria<br />

antiromantica, a cura di M. Dallos e J. Tognelli, Roma, 1970.<br />

8


centro della "storia" è collocato il "sopravvissuto". Il discorso<br />

autobiografico dell'io narrante si sviluppa a partire da un dialogo<br />

svoltosi nel giard<strong>in</strong>o di un luogo di vacanza con un filosofo (di<br />

nome Obláth), dialogo nel corso del quale gli viene chiesto se<br />

abbia figli e perché non ne abbia voluti, rievocando <strong>in</strong> lui la<br />

risposta negativa da lui data un tempo all'ex moglie. Caddish si<br />

scompone <strong>in</strong> vari monologhi costruiti uno sull'altro, <strong>in</strong>trodotti tutti<br />

da una risposta "no". Nel suo Diario di galea <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> ancora<br />

nel 1961 annotava – analogamente a molti altri sopravvissuti<br />

all'Olocausto – „non potrei mai essere padre di un altro essere<br />

umano”.<br />

Caddish si chiude con l'analisi della questione<br />

dell'identità ebraica: „… s<strong>in</strong> da bamb<strong>in</strong>o ero perfettamente<br />

consapevole di esserne <strong>in</strong>capace, di essere <strong>in</strong>capace di assimilarmi<br />

al mondo vigente, all'esistente, alla vita… e sotto questo aspetto è<br />

assolutamente <strong>in</strong>differente che io sia ebreo o meno, sebbene ciò<br />

costituisca <strong>in</strong>negabilmente un grande vantaggio, e sono disposto a<br />

essere ebreo solo … solo ed esclusivamente da quest'unico punto<br />

di vista… che con il marchio di ebreo ho avuto la possibilità di<br />

stare ad Auschwitz e che grazie al mio essere ebreo ho purtuttavia<br />

comunque vissuto un'esperienza e affrontato qualcosa, e che so,<br />

ora e per sempre, so, irrevocabilmente, qualcosa che non cedo, che<br />

mai cederò” – grida B., il narratore, scrittore e traduttore, il quale si<br />

rende conto della "vera natura del suo lavoro", „che <strong>in</strong> f<strong>in</strong> dei conti<br />

non consiste <strong>in</strong> altro se non nello scavare, nel cont<strong>in</strong>uare a scavare<br />

la fossa che altri hanno <strong>in</strong>iziato a scavare per me nelle nubi, nei<br />

venti, nel nulla” (164-165).<br />

Sulla stessa questione Primo Levi rispondeva nel 1975 agli<br />

studenti che lo <strong>in</strong>terrogavano: „<strong>Sono</strong> diventato ebreo ad<br />

Auschwitz. La coscienza di sentirmi diverso mi è stata imposta.<br />

Qualcuno senza nessuna ragione al mondo stabilì che io ero<br />

diverso e <strong>in</strong>feriore: per naturale reazione io mi sentii <strong>in</strong> quegli anni<br />

diverso e superiore… In questo senso Auschwitz mi ha dato<br />

qualcosa che è rimasto. Facendomi sentire ebreo, mi ha sollecitato<br />

a recuperare dopo un patrimonio culturale che prima non<br />

possedevo.” 8<br />

Nel discorso pronunciato nel momento <strong>in</strong> cui veniva<br />

<strong>in</strong>signito del premio Nobel <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> è ritornato sulla questione<br />

8 P. Levi, Opere, Milano, E<strong>in</strong>audi, 1993, I., 17.<br />

9


della magiarità e dell'identità ebraica, senza più nascondersi dietro<br />

i protagonisti dei suoi romanzi: „E' per me una gioia particolare<br />

poter esprimere i miei pensieri nella mia madrel<strong>in</strong>gua. … Già per i<br />

miei nonni … era naturale considerare come loro religione quella<br />

ebraica e come loro patria l'Ungheria … I miei nonni materni<br />

furono vittime dell'olocausto, quelli paterni morirono per mano del<br />

potere comunista del tempo di Rákosi.” (Stockhomi beszéd, 20-21).<br />

E possiamo ancora aggiungere una delle annotazioni raccolte nel<br />

Diario di galea: „Io non ho alcun problema di "identità". Che io<br />

sia "ungherese" non è più assurdo di quanto non lo sia il mio essere<br />

ebreo; e che io sia "ebreo" non è più assurdo di quanto non lo sia il<br />

semplice fatto che io esista.” (Gàlyanaplò, 192.) 9<br />

Negli anni Novanta <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong>, oramai molto<br />

conosciuto e riconosciuto, tende a occuparsi sempre più<br />

frequentemente della sua missione di scrittore e del mito di<br />

Auschwitz <strong>in</strong> saggi e studi, esattamente come <strong>in</strong> passato Primo<br />

Levi, o Jean Amery. Nel 1992 viene pubblicato il Diario di galea,<br />

nel 1993 esce, nello stesso volume con un saggio di Péter<br />

Esterházy, il Verbale e lo scrittore tiene tre conferenze su<br />

L'Olocausto come cultura, nel 1998 pubblica Il silenzio che dura<br />

quanto un pensiero mentre il plotone di esecuzione ricarica le<br />

armi, costituito da monologhi e dialoghi; segue il volume dal titolo<br />

La l<strong>in</strong>gua esiliata, che raccoglie tutti i suoi saggi e studi (2001),<br />

serie <strong>in</strong>terrotta solo nel 1997 un nuovo romanzo <strong>in</strong> forma di diario,<br />

la Cronaca del cambiamento.<br />

Nelle annotazioni del Diario di galea e nei saggi, così come<br />

nel romanzo Liquidazione pubblicato nel 2003 e ricollegato ai<br />

saggi stessi, si manifesta sempre di più la piena disaffezione<br />

dell'autore rispetto all'Ungheria, caduta dalla padella del<br />

socialismo alla brace della conflittualità politica esasperata tra la<br />

cosidetta „destra” e „s<strong>in</strong>istra”, che lo deprime sempre di più e lo<br />

<strong>in</strong>duce a vedere davanti a se un mondo apocalittico e che corre<br />

9 (In relazione alla questione dell'identità il lettore italiano troverà <strong>in</strong>teressante il racconto<br />

<strong>in</strong>titolato Budapest, Bécs, Budapest, costituito da "qu<strong>in</strong>dici bagattelle", che figura nel volume<br />

La bandiera <strong>in</strong>glese del 1991 e descrive il viaggio compiuto a Vienna al tempo del<br />

cambiamento di regime, nel settembre del 1989. In esso il narratore „tende a celarsi”, non<br />

vuole rivelare la sua identità, la sua provenienza, la sua madrel<strong>in</strong>gua, e <strong>in</strong> un chiosco di<br />

Bratwurst, quando glielo chiedono, risponde <strong>in</strong> italiano, ossia si def<strong>in</strong>isce come italiano, da<br />

autentico Cittad<strong>in</strong>o del mondo e pellegr<strong>in</strong>o…)<br />

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verso la sua perdizione. E' evidente che lo scrittore, come ha del<br />

resto dichiarato, ha perso la sua "pazienza" (Verbale). Sotto tale<br />

punto di vista <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> si avvic<strong>in</strong>a notevolmente a Sándor<br />

Márai - ben conosciuto <strong>in</strong> Italia, da lui stimato - che <strong>in</strong> seguito alla<br />

tragica persecuzione degli Ebrei seguita poi dalla caccia all’uomo<br />

del secondo dopoguerra, non si riconobbe più <strong>in</strong> quella società<br />

borghese che era <strong>in</strong>capace di difendere i perseguitati, e nel suo<br />

libro-diario sul periodo travagliato dell'Ungheria tra il 1944 ed il<br />

1948, <strong>in</strong>titolato Terra, terra (recentemente tradotto <strong>in</strong> italiano<br />

presso l’Adelphi) analogamente a <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong> fornisce una<br />

visione precisa del crollo morale f<strong>in</strong>ale di una cultura e di una<br />

società e della sua impotenza di scrittore, impossibilitato a<br />

cambiare tutto questo, e di conseguenza dopo l’emigrazione,<br />

<strong>in</strong>terruppe ogni rapporto con la cultura dell’Ungheria degli anni<br />

C<strong>in</strong>quanta e Settanta.<br />

La nostra speranza è che il riconoscimento decretato<br />

all'attività letteraria di <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong>, riconoscimento che si è<br />

andato generalizzando a partire dal 2002 e del quale anche<br />

l'assegnazione oggi del Premio Internazionale Cass<strong>in</strong>o costituisce<br />

il frutto, potrà <strong>in</strong> futuro <strong>in</strong>durlo a credere nuovamente che vale la<br />

pena di cont<strong>in</strong>uare a vivere e a scrivere - <strong>in</strong> ungherese - per coloro<br />

che leggono e per le persone <strong>in</strong> grado di comprendere. Al pubblico<br />

di lettori ungherese e italiano possiamo <strong>in</strong>vece augurare di leggere,<br />

comprendere e accogliere uno degli scrittori ungheresi più<br />

importanti della f<strong>in</strong>e del XX e dell'<strong>in</strong>izio del XXI secolo.<br />

A chiusura della mia laudatio <strong>in</strong> onore di <strong>Imre</strong> <strong>Kertész</strong><br />

<strong>Imre</strong> e del pubblico qui convenuto, <strong>in</strong>ch<strong>in</strong>andomi davanti alla<br />

memoria delle vittime dell’Olocausto desidero leggere i versi che<br />

Primo Levi scrisse all’<strong>in</strong>izio del suo notissimo libro Se questo è un<br />

uomo accanto alla poesia Frammento di Miklòs Radnòti scritto<br />

qualche mese prima del suo martirio del 1944.<br />

„ Voi che vivete sicuri<br />

Nelle vostre tiepide case,<br />

Voi che trovate tornando a sera<br />

Il cibo caldo e visi amici:<br />

Considerate se questo è un uomo<br />

Che lavora nel fango,<br />

11


Che non conosce pace,<br />

Che lotta per mezzo pane<br />

Che muore per un sì o per un no.<br />

Considerate se questa è una donna<br />

Senza capelli e senza nome,<br />

Senza più forza di ricordare,<br />

Vuoti gli occhi e freddo il grembo,<br />

Come una rana d’<strong>in</strong>verno.<br />

Meditate che questo è stato.<br />

Vi comando queste parole.<br />

Scolpitele nel vostro cuore<br />

Stando <strong>in</strong> casa andando per via,<br />

Coricandovi, alzandovi,<br />

Ripetetele ai vostri figli.<br />

O vi si sfaccia la casa,<br />

La malattia vi impedisca,<br />

I vostri nati torcano il viso da voi.”<br />

(Primo Levi, Se questo è un uomo)<br />

Miklòs Radnòti: Frammento:<br />

Su questa terra ho vissuto <strong>in</strong> un’epoca<br />

<strong>in</strong> cui l’uomo era sceso così <strong>in</strong> basso<br />

che volontariamente, con piacere, non perché<br />

fosse commandato, uccideva<br />

e credeva <strong>in</strong> fedi s<strong>in</strong>istre e fremava di<br />

smarrite furie,<br />

e viveva <strong>in</strong> un groviglio di selvagge forzate fantasie.<br />

Su questa terra ho vissuto <strong>in</strong> un’epoca<br />

<strong>in</strong> cui fare la spia era un grande merito e un eroe<br />

era l’assas<strong>in</strong>o, il traditore, il ladro –<br />

e chi era muto, per caso, o soltanto pigro all’entusiasmo,<br />

l’odiavano come un ammalato di peste.<br />

....<br />

Su questa terra ho vissuto <strong>in</strong> un’epoca<br />

<strong>in</strong> cui taceva anche il poeta aspettando<br />

di poter parlare ancora, forse<br />

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perché nessuno qui degnamente potrebbe maladire<br />

se non il saggio della terribile parola Isaia.”<br />

(Traduzione di Gianni Toti, <strong>in</strong> M.<br />

Radnòti, Ero fiore sono diventato radice, Roma, Fahrenheit 451,<br />

1995.)<br />

Péter Sárközy,<br />

Università di Roma, La Sapienza<br />

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