Franco Parise - Labrenta

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14 la strada, Prima del decollo Nel frattempo Giordano si sposa, la moglie anche lei lavora, si ricorda bene di quella volta che col pancione di 8 mesi, che custodiva Gianni, l’attuale presidente della Brenta Sugheri, prese il furgone per andare a fare le consegne. Poi si sposa anche Franco con Doriana, nel 1978, e da Mirabella va a vivere a Breganze. Gli affari vanno bene, c’è molto lavoro, arrivano le prime macchine, due presse ad iniezione, dai tappi in sughero si passa alla produzione di tappi in plastica, perché questo richiedeva il mercato. Franco imparò ad usarle un po’ alla volta ed in poco tempo la produzione era a regime, c’era da faticare, si andava a prendere il materiale alla Sacne, azienda di Malo, che è ancora fornitore della Brenta Sugheri, poi a spalla si scaricava, ancora non c’era il muletto, (cosa che gli è costata un tendine della spalla e due ernie) e si rifornivano le macchine. Il lavoro era tanto e Giordano e Franco erano una squadra affiatata, unita dalla fiducia, da una profonda amicizia e dalla passione vera per il proprio lavoro. La rivedi tutta la passione negli occhi dei due protagonisti, anche se sono passati 40 anni. La vedi non solo nell’entusiasmo di quello che è stato, ma anche nelle piccole cose. Per esempio basta far parlare Franco dell’ultima pressa meccanica che hanno mandato a rottamare.
Come si vede nello sguardo tutto un commiato emotivo, una macchina che è arrivata che lui c’era, testimone di un progresso che era solo timido preludio di quello che sarebbe stato, e chissà quanti ordini sono passati attraverso di lei, quanto materiale caricato con fatica, quanti tappi pronti per essere confezionati. Come se in quegli ingranaggi ci fosse un patto non scritto di reciproca dedizione. Franco si dedicava alle macchine e loro, le macchine, onoravano il suo lavoro con una produzione precisa e solida. Proprio come lui. In Giordano la passione è ancora tutta viva, nel racconto, di quello che ha fatto, delle sue eccentriche modalità di trattativa, delle sue piccole follie, come quando arrivava nel primo pomeriggio e prendeva tutti quelli che c’erano, Franco, Palmira, la moglie e altri occasionali e li portava a vendemmiare, perché oltre la passione per il lavoro c’era anche quella per il vino. Aveva comprato tutte le macchine necessarie per farlo, il torchio, la pigatrice, la sgranatrice. Le botti. Bottiglie vuote un carico intero. Poi c’era la convivialità. Quando arrivava il camion dalla Sardegna, i fornitori, ormai amici, portavano il porcelleddu che veniva cucinato e consumato assieme a tutti in taverna. Oppure, quando il buon Luciano Zanvittori, che ora non c’è più ma che è stato per trent’anni loro fornitore, portava uno stampo nuovo, tutti a festeggiare, salame, pan 15
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