Campione - PHOTON
Campione - PHOTON
Campione - PHOTON
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Ricerca e tecnologia<br />
Illuminatevi!<br />
Le celle fotovoltaiche, oltre che<br />
generare elettricità, possono anche<br />
emettere luce: invertendo l’effetto fo-<br />
tovoltaico, se vi si applica una tensio-<br />
ne esse producono un’impercettibile<br />
emissione nel campo dell’infrarosso.<br />
Con particolari fotocamere, il fenome-<br />
no può essere evidenziato e le imma-<br />
gini risultano interessanti, perché i<br />
punti scuri, durante il funzionamento<br />
del modulo, sono quelli che non<br />
producono corrente. <strong>PHOTON</strong> propone<br />
una panoramica sui difetti diagnosti-<br />
cabili e sulle relative cause.<br />
Per Martin Regehly catturare immagini<br />
dalla superfi cie degli elementi fotovoltaici<br />
per scovarvi difetti è il pane quotidiano.<br />
In Germania, la sua azienda Greateyes<br />
GmbH sviluppa e vende particolari<br />
fotocamere per la rivelazione dell’elettroluminescenza<br />
(EL), e per l’esperto è un<br />
po’ come se questi scatti fossero in grado<br />
di sollevare il velo sulla vita interna del<br />
soggetto inquadrato. Lo scopo è naturalmente<br />
capire se le unità fotografate stiano<br />
operando correttamente, oppure presentino<br />
microfessurazioni o danneggiamenti<br />
d’altra natura. Quando a Regehly, a Rotterdam,<br />
è toccato recentemente di analizzare<br />
600 laminati di fabbricazione cinese,<br />
persino per lui la sorpresa è stata notevole:<br />
il 13 per cento di quei prodotti mostrava<br />
già microfessurazioni a livello delle celle.<br />
«Non avrei mai pensato di riscontrare il<br />
problema in così tanti casi», ha dichiarato<br />
l’esperto, che ha inoltre accertato un altro<br />
quattro per cento dei casi in cui si evidenziavano<br />
problemi e difetti riconducibili al<br />
processo produttivo. Dopo il trasporto di<br />
Elettroluminescenza<br />
I moduli fotovoltaici visti da dentro: come si<br />
osservano e cosa rivelano<br />
Sul banco di prova, un modulo fotovoltaico sotto tensione, per rivelarne l’elettroluminescenza: la luce emessa<br />
dalle celle è invisibile a occhio nudo.<br />
44 Dicembre 2012<br />
Norbert Michalke / photon-pictures.com
quella merce in un parco solare italiano,<br />
Regehly ha poi ripetuto le misurazioni, riscontrando<br />
fessurazioni nel 20 per cento<br />
del lotto di spedizione.<br />
Per fortuna, deterioramenti di simili<br />
entità sono fuori dal comune e, comunque,<br />
i difetti di produzione e i danneggiamenti<br />
da trasporto non sempre compromettono<br />
la resa dell’installato. Se anche<br />
piccole porzioni di cella in un modulo<br />
non generassero più corrente, non per<br />
questo la potenza complessiva necessariamente<br />
risulterebbe inferiore. I produt-<br />
Elettroluminescenza delle celle<br />
Rivelazione dell’elettroluminescenza di un modulo a<br />
base di silicio policristallino.<br />
Normalmente le celle convertono in elettricità<br />
la radiazione solare incidente, ma il processo<br />
fotovoltaico può anche funzionare all’inverso:<br />
così, quando viene loro applicata una tensione,<br />
la superfi cie delle celle libera fotoni, ovvero inizia<br />
a emettere luce (si veda il grafi co). Questo irraggiamento<br />
delle unità cristalline, verifi candosi nel<br />
campo del vicino infrarosso (IR), risulta tuttavia<br />
invisibile a occhio nudo, perciò per valutarlo si<br />
debbono impiegare particolari fotocamere elettroluminescenti<br />
(EL). Mentre fi no a pochi anni<br />
fa per catturare i fotoni erano necessari tempi<br />
di esposizione piuttosto lunghi, oggi si possono<br />
creare immagini ad alta risoluzione di una cella o<br />
di un modulo nel giro di pochi secondi. Venduti a<br />
un prezzo tra i 10.000 e i 35.000 euro, dispositivi<br />
di questo genere sono accessibili alla maggior<br />
parte delle aziende. È perfi no possibile trasfor<br />
photon-pictures.com<br />
tori sostengono di solito di aver messo<br />
in conto un certo numero di porzioni<br />
inattive delle celle, mentre il cliente, in<br />
fi n dei conti, paga, per avere un modulo<br />
di una determinata potenza, calcolabile<br />
solo alla fi ne della manifattura.<br />
I difetti suscettibili di diventare critici<br />
solitamente già emergono durante il processo<br />
industriale, se il produttore è dotato<br />
di un controllo qualità effi ciente, e la<br />
merce scadente viene così scartata. Non<br />
tutti i fabbricanti hanno però un monitoraggio<br />
di questo tipo. Inoltre non vengo-<br />
Misurazione dell'elettroluminescenza di una cella<br />
Generatore<br />
di corrente<br />
Portatore di carica<br />
Dalla superficie<br />
attiva della cella<br />
vengono emessi<br />
fotoni<br />
mare in rilevatori alcune delle comuni refl ex in<br />
commercio, come il modello «EOS 400D» di Canon,<br />
rimuovendo il fi ltro infrarosso posto di fronte<br />
al sensore e scegliendo un obiettivo non schermato<br />
a quelle frequenze. Bisogna poi mettere in<br />
conto tempi di esposizione lunghi e ottimizzare il<br />
contrasto delle immagini.<br />
Oggigiorno, sempre più fabbricanti di moduli e<br />
di celle integrano direttamente nelle proprie linee<br />
di produzione sistemi di misurazione professionali.<br />
In particolare, accade sempre più spesso che<br />
vengano effettuati controlli di qualità a valle di<br />
fasi di lavorazione critiche, come la disposizione<br />
delle celle per stringa (si veda il riquadro «Rottura<br />
dei contatti»). Se un determinato difetto supera<br />
una soglia di tolleranza, la cella interessata deve<br />
essere scartata e sostituita, prima che il relativo<br />
modulo venga sottoposto a ulteriori lavorazioni.<br />
no considerati i danni da trasporto. Altri<br />
difetti possono poi insorgere anche solo<br />
dopo l’installazione, in relazione alle<br />
condizioni climatiche del sito.<br />
Nella maggior parte dei casi l’acquirente<br />
può stabilire se un prodotto presenta<br />
un difetto talmente serio da tenerlo<br />
sotto osservazione appunto con una rivelazione<br />
di elettroluminescenza. Nelle<br />
pagine seguenti, <strong>PHOTON</strong> presenta una<br />
rassegna di guasti tipici a livello dei moduli<br />
e tenta di spiegarne le cause.<br />
Stefan Korn<br />
Fotocamera speciale<br />
Contatti lato anteriore<br />
Le particelle con carica negativa (elettroni) che<br />
sollecitano la cella si combinano con lacune con<br />
carica positiva, per cui la superficie attiva della<br />
cella irradia i fotoni e l'unità si illumina.<br />
Microfessurazione<br />
Superficie<br />
inattiva<br />
Gestori e compagnie di assicurazione possono,<br />
per parte loro, utilizzare il controllo dell’elettroluminescenza<br />
per identifi care danni non visibili.<br />
Laboratori specializzati offrono tale controllo a un<br />
prezzo di circa 100 euro per modulo. Le misurazioni<br />
dell’installato a domicilio consentono di ispezionare<br />
i laminati sospetti direttamente sul posto,<br />
senza neppure doverli smontare.<br />
Per le immagini scattate, valgono le seguenti<br />
considerazioni generali: quanti più fotoni vengono<br />
emessi da una determinata porzione di cella, tanto<br />
più questa sta generando energia, ragione per cui<br />
le aree elettricamente più attive risultano chiare,<br />
mentre quelle improduttive appaiono scure. In<br />
questo modo sono persino rilevabili problemi che<br />
non comportano ancora diminuzioni di potenza, ed<br />
è addirittura possibile prevedere la possibile futura<br />
insorgenza di determinate criticità. sk<br />
Dicembre 2012<br />
45<br />
»<br />
Grafica: Ah-Young Betsch / <strong>PHOTON</strong>
Microfessurazioni<br />
Ricerca e tecnologia<br />
Tra le complicazioni diagnosticabili per via<br />
di rivelazione di EL le microfessurazioni<br />
sono forse le più note: si tratta di piccole<br />
fratture, nella maggior parte dei casi neppure<br />
individuabili a occhio nudo, né riconducibili<br />
a un unico motivo. Nel silicio delle<br />
sottilissime unità fotovoltaiche bastano<br />
infatti un colpetto in fase di produzione o<br />
uno scrollone durante il trasporto a creare<br />
effetti di questo genere. Conseguenze<br />
analoghe potrebbero inoltre dipendere<br />
da differenti fasi di lavorazione, quali il<br />
taglio dei wafer o la saldatura delle celle<br />
in stringhe (si veda il riquadro «Rottura dei<br />
contatti»). Per questo le microfessurazioni<br />
sono presenti spesso anche in moduli<br />
appena usciti di fabbrica.<br />
In un modulo installato gli sbalzi termici,<br />
con dilatazioni e compressioni, logorano<br />
i materiali al punto di provocare o<br />
aggravare questo genere di screpolature<br />
al pari del vento, della neve e della grandine,<br />
che sottopongono i moduli a sollecitazioni<br />
meccaniche rilevanti.<br />
Minute crepe possono infl uire negativamente<br />
sia sulla resa che sulla durata<br />
di un elemento, ma non necessariamente:<br />
fi nché la microfessurazione non intacca<br />
la metallizzazione delle celle, infatti, la<br />
corrente può continuare a scorrere. L’incidenza<br />
sulla potenza di un’incrinatura<br />
può dipendere da vari fattori. Solo se una<br />
Effetti delle microfessurazioni<br />
Fessurazioni isolanti laterali Fessurazioni isolanti centrali<br />
In entrambe le celle, microfessurazioni hanno separato i contatti metallici in<br />
modo tale che la corrente generata da alcune aree non può più defluire verso<br />
le griglie di raccolta delle cariche, determinando porzioni inattive.<br />
Fessurazione trasversale Fessurazione longitudinale<br />
porzione di cella resta isolata, la corrente<br />
non può più passare dai contatti metallici<br />
alla griglia di raccolta delle cariche (si<br />
veda grafi co).<br />
I ricercatori dell’Institut für Solarenergieforschung<br />
della tedesca Hameln, hanno<br />
scoperto che la potenza di un modulo in<br />
cui l’otto per cento della superfi cie delle<br />
celle è compromessa da microfessurazioni,<br />
sarebbe inferiore del 2,5 per cento,<br />
sempre che i contatti superfi ciali non<br />
risultino interrotti. Per microfessurazioni<br />
isolate, la riduzione di potenza non sarebbe<br />
nemmeno registrabile. A seconda<br />
dell’aspetto della frattura si può prevedere<br />
in quale misura questa possa diventare<br />
problematica. Un produttore coscienzioso<br />
scarta sistematicamente le unità in cui<br />
individua aree di una certa dimensione<br />
isolate da una microfessurazione, perché<br />
questa, una volta sottoposta a sollecitazione<br />
meccanica o a sbalzi di temperatura,<br />
potrebbe allargarsi fi no a infl uire<br />
sull’effi cienza della conduzione elettrica<br />
(si veda riquadro «Rottura delle celle o<br />
fessurazioni attive»). Quanto più sottile<br />
è il wafer impiegato, tanto maggiore è il<br />
rischio di rottura. Dal momento che i fabbricanti<br />
vogliono risparmiare sui costi dei<br />
materiali, le celle diventano oggi sempre<br />
più sottili e il rischio di microfessurazioni,<br />
di conseguenza, aumenta. sk<br />
In questa cella, la fessurazione è La fessurazione longitudinale al centro<br />
trasversale alle griglie di raccolta delle della cella non comporta problemi e la<br />
cariche, per cui i contatti metallici possono corrente si riversa sulla griglia di raccolta<br />
trasportare comunque la corrente. delle cariche non danneggiata.<br />
Superficie inattiva<br />
della cella<br />
mbj-Solutions GmbH (2)<br />
Tracce di<br />
pneumatici da trattore<br />
PI Photovoltaik-Institut Berlin AG (2)<br />
No, non ci è passato sopra un trattore: l’impronta in questa<br />
rivelazione di EL si è prodotta durante la fabbricazione<br />
della cella. Come nella parte anteriore delle unità fotovoltaiche<br />
vengono inserite in sottili trame le griglie di<br />
raccolta delle cariche, anche sul retro, per creare contatti<br />
si fa ricorso a una pasta metallica nella maggior parte<br />
dei casi di alluminio. E pure questo strato, come la metallizzazione<br />
sul lato anteriore, viene cotto in un forno a<br />
una temperatura tra 800 e 900°C. Il nastro su cui le celle<br />
vengono trasportate può determinare una distribuzione<br />
non omogenea del calore e sul lato posteriore delle celle<br />
prende così forma l’impronta, invisibile a occhio nudo. Simili<br />
tracce non hanno sulle celle alcun infl usso e possono<br />
dunque essere considerate pure curiosità. sk<br />
46 Dicembre 2012<br />
Grafica: Ah-Young Betsch / <strong>PHOTON</strong>
mbj-Solutions GmbH (2)<br />
mbj-Solutions GmbH (2)<br />
photon-pictures.com [M]<br />
Celle «arrostite»<br />
Qui è come se si fosse versato dell’inchiostro: le<br />
grosse macchie scure sono un indicatore che questa<br />
cella non genera più corrente, probabilmente per<br />
come è stata fabbricata. I contatti in superficie che<br />
ricevono corrente, infatti, risultano distrutti dalla cosiddetta<br />
«sinterizzazione» che si compie all’interno<br />
del forno continuo: tale processo è realmente finalizzato<br />
a imprimere a fuoco nella cella i contatti metallici<br />
e le griglie di raccolta delle cariche, applicate<br />
Cortocircuiti<br />
Stringhe male assortite<br />
In questo elemento a base di silicio<br />
policristallino, è stata inserita una cella<br />
meno potente delle altre, che pertanto<br />
si presenta con un aspetto più scuro. La<br />
potenza di ciascuna unità viene misurata<br />
dal fabbricante alla fine del processo di<br />
lavorazione, per una successiva selezione<br />
in classi di potenza. Le differenze<br />
dipendono soprattutto dalla qualità del<br />
silicio impiegato. I produttori di moduli<br />
si affidano alle informazioni dei fornitori,<br />
per montare nei laminati celle tutte della<br />
medesima classe. L’inserimento in un<br />
modulo di una unità di classe di potenza<br />
differente diminuisce l’erogazione di tutta<br />
quanta la stringa. sk<br />
Impurità nella struttura del wafer, particelle di alluminio<br />
sulla superficie attiva oppure uno strato<br />
emettitore localmente danneggiato da microfessurazioni<br />
possono provocare cortocircuiti. Si parla, a<br />
tal proposito, di punti di «shunt», che compaiono<br />
nella rivelazione di EL come aree più scure, visto<br />
che la tensione intorno a loro si riduce. Se in un<br />
cortocircuito la potenza elettrica si disperde in calore,<br />
si possono creare degli «hotspot». Questo è<br />
un problema soprattutto in presenza di un ombreggiamento<br />
parziale, perché, per quanto una cella<br />
ombreggiata non generi energia, vi si formano<br />
le cosiddette correnti inverse, derivanti dal fatto<br />
che le altre celle continuano a essere attive. Si<br />
mediante un procedimento serigrafico, in modo che<br />
si connettano allo strato emettitore all’interno della<br />
cella. Soltanto in questo modo l’elettricità generata<br />
può essere trasferita. Nell’esempio, tuttavia, la metallizzazione<br />
è stata effettuata utilizzando un calore<br />
eccessivo. In un modulo, una cella del genere non<br />
deve comparire: al più tardi durante la misurazione<br />
della potenza il controllo di qualità dovrebbe individuare<br />
e scartare l’unità. sk<br />
tratta di flussi che scorrono di preferenza attraverso<br />
l’area interessata, dal momento che vi risulta<br />
presente una minor resistenza elettrica. A causa<br />
della forte sollecitazione a livello locale, l’area può<br />
anche surriscaldarsi e la cella fondersi. In tal caso,<br />
l’interruzione della produzione elettrica risulta inevitabile<br />
e, nella peggiore delle ipotesi, il modulo<br />
può persino prendere fuoco. Che un cortocircuito<br />
possa provocare degli «hotspot» si scopre tuttavia<br />
soltanto applicandovi una corrente inversa ed effettuando<br />
una termografia (si veda riquadro «Altri<br />
metodi di misurazione»): sull’immagine a elettroluminescenza,<br />
infatti, tutti i tipi di cortocircuito<br />
appaiono scuri allo stesso modo. sk<br />
Dicembre 2012<br />
47<br />
mbj-Solutions GmbH<br />
»
Ricerca e tecnologia<br />
Isolamento difettoso dei bordi<br />
Affinché le celle funzionino, i lati anteriore e<br />
posteriore del wafer di silicio utilizzati devono<br />
essere isolati elettricamente l’uno dall’altro<br />
e per separare lo strato drogato con fosforo<br />
di tipo «n», applicato durante la produzione<br />
del wafer, da quello interessato da drogaggio<br />
di tipo «p», i bordi vengono isolati. Di solito<br />
ciò avviene mediante decapaggio chimico a<br />
umido, oppure con l’aiuto di un laser. Se il<br />
procedimento di decapaggio non funziona<br />
correttamente oppure se il laser non è calibrato<br />
propriamente, l’isolamento può risulta<br />
Difetti nei contatti<br />
Durante la produzione del modulo, può accadere<br />
che una griglia di raccolta delle cariche<br />
non risulti connessa alla cella, o lo sia solo<br />
parzialmente, ad esempio a causa di un difetto<br />
di saldatura. In questo caso la corrente viene<br />
trasmessa solamente da una griglia, mentre<br />
l’area intorno all’altra appare più scura.<br />
Una cella con contatti difettosi provoca una<br />
diminuzione di potenza dell’intero modulo in<br />
cui è inserita. Allo stesso tempo, la porzione<br />
di cella in cui i contatti sono presenti si surriscalda,<br />
in quanto deve condurre tutta quanta<br />
l’elettricità generata dalla cella. sk<br />
Altri metodi di misurazione<br />
Grazie alla misurazione dell’elettroluminescenza<br />
si possono scoprire molti difetti<br />
nelle celle, tuttavia questo metodo presenta<br />
due svantaggi. Innanzitutto, dal momento che<br />
deve essere applicata una tensione, le prove<br />
possono essere eseguite soltanto su unità finite,<br />
ovvero già dotate di contatti, per cui il sistema<br />
non consente di rilevare i difetti durante<br />
le fasi precedenti della lavorazione come, ad<br />
esempio, nel taglio dei wafer. Per poter individuare<br />
i guasti a monte della metallizzazione,<br />
si deve far riscorso alla fotoluminescenza, in<br />
cui anziché mettere sotto tensione elettrica il<br />
silicio, il wafer viene colpito con un laser o con<br />
la luce emessa da diodi luminosi. Il semimetallo<br />
reagisce all’energia con cui è investito<br />
emettendo radiazioni nel campo del vicino<br />
infrarosso. I relativi fotoni possono essere<br />
evidenziati grazie a una speciale fotocamera.<br />
Per poter contemporaneamente effettuare la<br />
misurazione e generare un’immagine, al fine<br />
di eccitare la superficie attiva, viene utilizzata<br />
una lunghezza d’onda notevolmente inferiore<br />
allo spettro che la cella stessa emette.<br />
re difettoso. Le zone marginali interessate dal<br />
fenomeno, come quelle che si vedono nella<br />
foto, risultano poco attive elettricamente.<br />
Una riduzione di potenza come questa viene,<br />
di solito, messa in conto. Dal punto di vista<br />
elettrico, l’isolamento dei bordi mal riuscito<br />
rappresenta una variante di cortocircuito. Anche<br />
in queste aree, possono perciò formarsi<br />
degli «hotspot», evidenziabili mediante termografia<br />
(si veda riquadro «Altri metodi di<br />
misurazione»). Nella foto si possono anche<br />
osservare dei cortocircuiti puntiformi. sk<br />
Il secondo svantaggio dell’elettroluminescenza<br />
è che la misurazione di<br />
celle dotate di contatto non è in grado<br />
di identificare gli «hotspot»: soltanto una<br />
termografia è in grado di mostrare se un<br />
cortocircuito sviluppa calore a livello locale.<br />
Nella sua variante «dark lock in»,<br />
alla cella viene applicata una corrente,<br />
mentre una speciale fotocamera ne registra<br />
la produzione di calore; nella variante<br />
alternativa «illuminated lock in»,<br />
l’unità viene colpita da fasci di luce come<br />
nella fotoluminescenza, senza che sia necessaria<br />
la presenza di contatti. In base<br />
alla quantità di corrente trasformata<br />
dalla cella nei suoi diversi settori, si determina<br />
una distribuzione a livello locale<br />
della temperatura, da cui è riconoscibile<br />
anche la resistenza elettrica. Entrambi<br />
i metodi termografici risultano adatti a<br />
identificare settori con una resistenza<br />
particolarmente bassa (cortocircuiti, ovvero<br />
«shunt»), dove si forma calore come<br />
potenza dissipata. sk<br />
photon-pictures.com (2)<br />
48 Dicembre 2012<br />
photon-pictures.com (2)<br />
Errori di stampa<br />
photon-pictures.com (2)<br />
In questa immagine, alcuni contatti metallici risultano interrotti,<br />
come in un «pattern» che si replica su due celle,<br />
rivelando un errore nel procedimento serigrafico per mezzo<br />
del quale i contatti metallici e le griglie di raccolta delle<br />
cariche sono stati applicati sulle unità fotovoltaiche. Se la<br />
matrice risulta anche solo parzialmente contaminata, otturata<br />
o danneggiata, la pasta metallica non viene stesa in<br />
modo corretto e i punti difettosi risultano scuri. L’assenza<br />
di singoli contatti metallici, sebbene in pratica ininfluente<br />
sulla potenza della cella, indica però che c’è un potenziale<br />
di produzione non sfruttato: un’area priva di contatti non<br />
può nemmeno essere attiva elettricamente. sk
Dicembre 2012<br />
mbj-Solutions GmbH (2)<br />
photon-pictures.com [M]<br />
mbj-Solutions GmbH (2)<br />
Rottura dei contatti<br />
In questa immagine si può osservare un<br />
difetto tipico nella disposizione a stringa<br />
delle celle, in cui il polo positivo di un’unità<br />
fotovoltaica risulta collegato a quello negativo<br />
di un’altra mediante una piattina di<br />
collegamento. Queste connessioni vengono<br />
saldate automaticamente o a mano sulla<br />
griglia di raccolta delle cariche (busbar) precedentemente<br />
applicata. Durante tale procedimento,<br />
può accadere che i fi ni contatti<br />
Rottura delle celle o<br />
fessurazioni attive<br />
Una situazione di questo tipo dovrebbe<br />
essere notata già in fase di controllo<br />
visivo del modulo, ma non sempre accade:<br />
a parte il caso della separazione<br />
di una porzione di cella interessata da<br />
rottura, ci si può trovare di fronte a una<br />
fessurazione attiva, che ha intaccato la<br />
metallizzazione in superfi cie, in un punto<br />
in cui la corrente non può più transitare,<br />
per cui l’area interessata appare scura.<br />
Una rottura di questo tipo della cella o<br />
metallici che trasportano la corrente dalla<br />
superfi cie della cella, durante il raffreddamento,<br />
si stacchino dalla griglia di raccolta<br />
delle cariche. Se la saldatura è effettuata a<br />
temperature eccessive, la pasta di argento<br />
applicata in prossimità delle griglia di raccolta<br />
delle cariche può anche evaporare.<br />
Anche in questo caso, vale il principio che<br />
le porzioni di cella in cui non sono presenti<br />
contatti non producono corrente. sk<br />
Cause dei difetti prodotti in fase di saldatura<br />
caldo<br />
freddo<br />
1 Le temperature troppo elevate<br />
provocano l'evaporazione dei contatti<br />
metallici.<br />
2<br />
Piattine di collegamento vengono saldate sulle griglie<br />
di raccolta delle cariche della cella.<br />
freddo<br />
A causa della saldatura, si forma una<br />
forza di trazione termica: le microfessurazioni<br />
possono estendersi fino a<br />
procurare addirittura la rottura della cella.<br />
una fessurazione attiva possono insorgere<br />
in conseguenza di una sollecitazione<br />
meccanica, durante la manipolazione<br />
della cella, oppure già nel corso del processo<br />
produttivo, ad esempio, a causa<br />
della forza di trazione che si crea durante<br />
la saldatura della piattina di collegamento<br />
(si veda grafi co). Un cella come<br />
questa può avere effetti negativi sulla<br />
potenza com plessiva del modulo in cui<br />
è inserita. sk<br />
Grafica: Ah-Young Betsch / <strong>PHOTON</strong><br />
ıı<br />
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