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Il cadavere La narrativa di Pier Vittorio Tondelli La ... - Telecom Italia

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Ottobre 2011 • Numero 1<br />

pretesti<br />

Occasioni <strong>di</strong> letteratura <strong>di</strong>gitale<br />

<strong>Il</strong> <strong>cadavere</strong><br />

<strong>di</strong> Nicolai Lilin<br />

<strong>La</strong> <strong>narrativa</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Pier</strong> <strong>Vittorio</strong> <strong>Tondelli</strong><br />

<strong>di</strong> Roberto Carnero<br />

<strong>La</strong> pista del leopardo<br />

<strong>di</strong> Mariel Hemingway<br />

e Boris Vejdovsky<br />

Charly<br />

<strong>di</strong> Lorenza Ghinelli


I TUOI LIBRI SEMPRE CON TE<br />

E UN’INTERA LIBRERIA A DISPOSIZIONE<br />

APERTA 24 ORE SU 24!<br />

www.biblet.it


<strong>Il</strong> giornale entra nel vivo e in questo numero abbiamo voluto offrirvi alcune delle voci più rappresentative della scrittura<br />

under 40. <strong>La</strong> copertina è de<strong>di</strong>cata a Nicolai Lilin, scrittore russo <strong>di</strong> origine siberiana (ma ormai italiano <strong>di</strong> adozione),<br />

noto al pubblico <strong>di</strong> tutto il mondo per il romanzo Educazione siberiana, dal quale Gabriele Salvatores sta girando un film<br />

con John Malkovich tra i protagonisti. Sempre per la <strong>narrativa</strong> possiamo leggere il racconto Charly <strong>di</strong> Lorenza Ghinelli e<br />

un’anticipazione del libro che Mariel Hemingway de<strong>di</strong>ca a suo nonno Ernest. Ai vent’anni dalla scomparsa <strong>di</strong> un giovane<br />

<strong>di</strong> talento quale fu <strong>Pier</strong> <strong>Vittorio</strong> <strong>Tondelli</strong> è de<strong>di</strong>cato invece il saggio <strong>di</strong> Roberto Carnero.<br />

Per <strong>Il</strong> mondo dell’ebook Roberto Dessì compie un’analisi attenta e documentata dei vari formati <strong>di</strong> ebook illustrando le ultime<br />

novità sul versante ePub, mentre Daniela De Pasquale ci riporta all’attenzione la questione delle tipologie <strong>di</strong> strumenti<br />

per la lettura <strong>di</strong>gitale con alcuni dati <strong>di</strong> mercato in<strong>di</strong>spensabili per un approccio serio alla questione “quale eBook?”.<br />

Tra le rubriche, la prima su Céline e un appetitoso Vargas Llosa ci ricordano che non tutta la scrittura viene per nuocere,<br />

ma che anzi essa è il luogo imprescin<strong>di</strong>bile per la <strong>di</strong>ffusione della fantasia, come emerge dal contributo a cura <strong>di</strong> <strong>Vittorio</strong><br />

Coletti, dell’Accademia della Crusca, in Sulla punta della lingua.<br />

Saper scrivere e volersi <strong>di</strong>vertire sono in fondo le due questioni sempre aperte per qualsiasi approccio ai testi, <strong>di</strong>gitale o<br />

cartaceo che sia.<br />

Buoni PreTesti a tutti.<br />

Roberto Murgia<br />

TesTI <strong>Il</strong> mONdO<br />

dell’ebOOk<br />

02-05<br />

Racconto<br />

<strong>Il</strong> <strong>cadavere</strong><br />

<strong>di</strong> Nicolai Lilin<br />

06-09<br />

Saggio<br />

<strong>La</strong> <strong>narrativa</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Pier</strong> <strong>Vittorio</strong> <strong>Tondelli</strong><br />

<strong>di</strong> Roberto Carnero<br />

10-11<br />

Anticipazione<br />

<strong>La</strong> pista del leopardo<br />

<strong>di</strong> Mariel Hemingway<br />

e Boris Vejdovsky<br />

12-15<br />

Racconto<br />

Charly<br />

<strong>di</strong> Lorenza Ghinelli<br />

16-18<br />

L’evoluzione della specie eBook<br />

<strong>di</strong> Roberto Dessì<br />

19-21<br />

L’esperienza <strong>di</strong> lettura dal contenuto<br />

al contenitore<br />

<strong>di</strong> Daniela De Pasquale<br />

In<strong>di</strong>ce<br />

RubRIche<br />

22-23<br />

Buona la prima<br />

Louis-Fer<strong>di</strong>nand Céline<br />

“Viaggio al termine della notte”<br />

(1932)<br />

<strong>di</strong> Luca Bisin<br />

24-25<br />

Sulla punta della lingua<br />

<strong>La</strong> parola al romanzo<br />

<strong>di</strong> <strong>Vittorio</strong> Coletti<br />

26<br />

Anima del mondo<br />

Lisbona, la finestra sull’infinito<br />

<strong>di</strong> Sergio Bassani<br />

27-29<br />

Alta cucina<br />

A pranzo con Arquímedes,<br />

il costruttore <strong>di</strong> frangiflutti<br />

<strong>di</strong> Francesco Baucia<br />

31<br />

Gli appuntamenti<br />

30<br />

Recensioni<br />

32<br />

Tweets / Bookbugs


2<br />

<strong>Il</strong> <strong>cadavere</strong><br />

<strong>di</strong> Nicolai Lilin<br />

Racconto


I<br />

l fiume <strong>di</strong> notte era coperto da un leggero manto <strong>di</strong> nebbia che si muoveva in continuazione<br />

creando nella sua materia bizzarri ornamenti che mutavano come figure caleidoscopiche<br />

mosse dal tenero soffio <strong>di</strong> un vento vagante. In alcuni istanti il vento soffiava più forte del<br />

solito, con una rapi<strong>di</strong>tà innaturale, e allora nel bianco corpo della nebbia si creava un vuoto,<br />

un foro largo qualche metro, sul fondo del quale si poteva osservare il cielo pieno <strong>di</strong> stelle<br />

rispecchiato nello scintillante scorrere del fiume, e a volte qualche raggio argentato proveniente<br />

dalla luce della luna colpiva quello specchio in movimento, illuminando un enorme flusso<br />

dell’acqua buia che sembrava un essere vivente gigantesco, una creatura che proveniva dal mondo<br />

preistorico. Nell’aria umida e fresca si respirava il lieve odore della palude mischiato con i profumi<br />

delle erbe e fiori selvatici che crescevano lungo le rive. <strong>Il</strong> silenzio era così assoluto che il battito del<br />

proprio cuore poteva sembrare il rumore <strong>di</strong> una locomotiva che correva sulla ferrovia qualche chilometro<br />

lontano, mentre il respiro, il ritmo dell’aria che entrava e usciva dai polmoni somigliava al<br />

tuono del temporale in avvicinamento, quando arriva da oltre la linea dell’orizzonte. Solo qualche<br />

pesce che saliva sulla superficie per prendere una boccata d’aria creava un rumore talmente forte e<br />

vicino che nelle nostre barche qualcuno addormentato si svegliava <strong>di</strong> colpo e involontariamente si<br />

irrigi<strong>di</strong>va, scaricando nel telaio della barca la propria tensione, come succede con l’energia elettrica.<br />

All’epoca avevo quattor<strong>di</strong>ci anni, e spesso con gli amici andavamo a pesca sul fiume con le reti,<br />

un’attività proibita dalla legge e per questo aveva il fascino <strong>di</strong> un affare<br />

criminale, e dato che si svolgeva <strong>di</strong> notte, era circondata anche<br />

<strong>Il</strong> silenzio era così<br />

assoluto che il battito<br />

del proprio cuore<br />

poteva sembrare<br />

il rumore <strong>di</strong> una<br />

locomotiva che<br />

correva sulla ferrovia<br />

qualche chilometro<br />

lontano<br />

da una specie <strong>di</strong> macabro mistero, come quando si andava al cimitero<br />

cercando <strong>di</strong> spiare i fantasmi in mezzo alle pietre tombali. Quella<br />

notte eravamo usciti con due barche, in tutto otto ragazzi, quattro per<br />

barca. Prima che fosse calata la notte, attorno alle nove <strong>di</strong> sera siamo<br />

saliti qualche chilometro su per il fiume, andando controcorrente con<br />

la forza dei motori. Poi ci siamo fermati in un posto nascosto su una<br />

delle rive del fiume, abbiamo aspettato che scendesse la notte profonda,<br />

e usando i remi per non fare rumore abbiamo tirato da una<br />

barca all’altra una lunga rete, chiudendo una grande parte del fiume<br />

e abbiamo cominciato a scendere giù lungo il suo corso, seguendo la<br />

velocità della corrente. <strong>La</strong> rete si appesantiva <strong>di</strong> pesce catturato e noi<br />

volta per volta la tiravamo fuori dall’acqua per alleggerirla, estraendo<br />

il pesce catturato e sistemandolo nei sacchi <strong>di</strong> lino immersi nell’acqua,<br />

attaccati ai bor<strong>di</strong> delle nostre barche. Così i pesci catturati stavano<br />

nell’acqua e non morivano subito, ma soprattutto non facevano<br />

rumore sbattendo sul fondo della barca con i loro corpi agonizzanti,<br />

come facevano quando gli mancava l’acqua.<br />

Tiravamo la rete in due, uno stava in pie<strong>di</strong> nella barca e tirava verso <strong>di</strong> sé la corda con i galleggianti<br />

alla quale era attaccata la parte alta della rete, un altro stava in ginocchio oppure seduto sulle gambe<br />

piegate, si sporgeva dal bordo della barca e raccoglieva la parte bassa della rete, quella che <strong>di</strong> solito<br />

scendeva nella profon<strong>di</strong>tà del fiume ed era piena <strong>di</strong> pesci. Mentre i due in questo modo tiravano su<br />

la rete, gli altri due raccoglievano i pesci, poi si cambiavano <strong>di</strong> posto, per evitare che il lavoro <strong>di</strong>ventasse<br />

troppo monotono. Stavo liberando uno dei pesci imprigionati nella nostra rete, spostando con<br />

delicatezza uno per uno i fili sottili nei quali era intrappolato, tenendolo in modo delicato, per non<br />

ucciderlo, ma allo stesso tempo in modo deciso, per non farlo scappare. Di fronte a me c’era il mio<br />

amico Mel, anche lui stava estraendo i pesci dalla rete, mentre gli altri due amici, Gagarin e Mesa,<br />

stavano tirando la rete fuori dall’acqua. Gagarin stava in pie<strong>di</strong>, tirava la corda dall’acqua lentamente,<br />

cercando <strong>di</strong> non fare rumore e Mesa sistemava la rete dalla parte bassa, in modo che scivolasse<br />

meglio e senza rumori nella barca. Concentrati sui nostri compiti ci muovevamo come in una specie<br />

<strong>di</strong> connessione telepatica, cosa che capita quando si fa qualcosa con altre persone, quando ognuno è<br />

parte integrante <strong>di</strong> un meccanismo preciso e concreto, e per qualche motivo non si può comunicare<br />

con gli altri, per questo si sviluppa una sorta <strong>di</strong> sensibilità <strong>di</strong> gruppo basata sui piccoli dettagli legati<br />

alle circostanze, come lievi rumori <strong>di</strong> sottofondo, immagini <strong>di</strong> alcuni movimenti, la memoria visiva<br />

delle esatte posizioni delle ombre. In questi casi anche se non guar<strong>di</strong> <strong>di</strong>rettamente i tuoi compagni<br />

riesci comunque a sapere con esattezza cosa fa ognuno <strong>di</strong> loro. Questi momenti <strong>di</strong> sentimento <strong>di</strong><br />

3


4<br />

unione quasi psicofisica con il gruppo sono molto intensi<br />

e spesso molti ragazzi che conoscevo accettavano qualsiasi<br />

impresa, anche crimini pericolosi oppure risse in cui si rischiava<br />

<strong>di</strong> morire, perché erano spinti dalla sola voglia <strong>di</strong><br />

provare quel sentimento.<br />

Improvvisamente il silenzio sospeso attorno a noi è esploso<br />

come una struttura <strong>di</strong> cristallo colpita in pieno da un<br />

proiettile, era l’urlo <strong>di</strong> Mesa. Ha lasciato cadere la rete ed è<br />

in<strong>di</strong>etreggiato all’interno della barca, coprendosi la bocca<br />

con la mano, come se il riflesso fisico <strong>di</strong> tappare la bocca<br />

fosse più veloce del pensiero che gli suggeriva <strong>di</strong> farlo. Gagarin<br />

ha smesso <strong>di</strong> tirare la corda e si è chinato verso l’acqua,<br />

con una mano continuava a tenere la rete e con l’altra<br />

si è allungato verso la parte abbandonata da Mesa. Noi siamo<br />

rimasti seduti ai nostri posti, zitti e sorpresi, facevamo<br />

<strong>di</strong>fficoltà a capire cosa stesse succedendo. Ancora prima<br />

che nella mia testa si fosse formata una domanda precisa,<br />

Gagarin si è girato verso <strong>di</strong> noi e con un’espressione tra<br />

rabbia e fasti<strong>di</strong>o, ha sussurrato – Basta, per oggi la pesca è<br />

finita, abbiamo pescato un annegato.<br />

– E chi se ne frega, mica siamo noi che l’abbiamo annegato?<br />

– ha detto Mel, senza fare una piega e con imbarazzante<br />

calma – Stacchiamolo dalla rete, spingiamolo con il remo<br />

dall’altra parte della barca e che vada dove Dio lo porta!<br />

Mesa lo ha guardato con imbarazzo, come se in quel momento<br />

avesse realizzato che sulla testa dell’amico erano uscite due corna.<br />

– Dove Dio lo porta? Ma che cosa stai <strong>di</strong>cendo? Non sai niente della male<strong>di</strong>zione che gli annegati<br />

portano a chi non li aiuta a trovare riposo nella tomba, sotto la croce, come tutti i cristiani? Ti <strong>di</strong>co io<br />

dove Dio porta quel <strong>cadavere</strong> se lo lasci nell’acqua, lo porta ogni notte sotto le finestre <strong>di</strong> casa tua,<br />

brutto imbecille!<br />

Mel ha guardato me in cerca <strong>di</strong> approvazione <strong>di</strong> quello che stava <strong>di</strong>cendo Mesa, e io ho fatto un segno<br />

con la testa a sostegno delle sue parole. Mel si è arrabbiato.<br />

– Imbecilli siete voi se credete a quelle stron-<br />

Non sai niente della<br />

male<strong>di</strong>zione che gli annegati<br />

portano a chi non li aiuta a<br />

trovare riposo nella tomba,<br />

sotto la croce, come tutti i<br />

cristiani?<br />

zate! Dove volete che vada quello lì? È morto,<br />

annegato, non può più fare niente, semplicemente<br />

ci ha rovinato la pesca, porcaccia<br />

la miseria!<br />

Gagarin ha interrotto la <strong>di</strong>scussione, alzando<br />

il tono, per calmare tutti.<br />

– Basta chiacchiere, tiriamolo fuori. Che<br />

c’entrano le male<strong>di</strong>zioni, è un uomo morto,<br />

non possiamo lasciarlo qui nell’acqua.<br />

Dall’altra barca i ragazzi hanno sentito le nostre<br />

voci e hanno capito che doveva essere<br />

successo qualcosa, si sono avvicinati, uno <strong>di</strong> loro ha chiesto – Che succede, perché gridate? Se ci<br />

sentono gli sbirri siamo rovinati!<br />

Mesa si è girato verso loro e ha detto – Tirate fuori la vostra parte della rete, abbiamo finito, c’è un<br />

annegato qui, dobbiamo portarlo a riva.<br />

L’annegato era molto deformato, si capiva che stava nell’acqua da qualche giorno, il suo corpo aveva<br />

cominciato a decomporsi e i gas lo avevano spinto dal fondo del fiume alla superficie, finché non è<br />

finito nelle nostri reti. Noi l’abbiamo staccato dalla rete tentando <strong>di</strong> toccarlo il meno possibile, poi<br />

legando la corda attorno alla sua mano destra l’abbiamo trascinato nell’acqua <strong>di</strong>etro la barca verso<br />

la riva del nostro quartiere, non l’abbiamo messo a bordo perché i cadaveri degli annegati sono pesanti<br />

e anche perché lasciano su ogni cosa che toccano un odore nauseante che non passa per giorni.


Andavamo lentamente, usando i remi, per non tirare troppo e non danneggiare il corpo del morto,<br />

abbiamo mandato avanti la barca dei nostri amici per avvertire qualcuno al nostro quartiere della triste<br />

trovata. Quando siamo arrivati al posto dove <strong>di</strong> solito lasciavamo le barche ci aspettavano alcuni<br />

uomini che abitavano nelle case vicine al fiume.<br />

Tirando il <strong>cadavere</strong> a terra gli uomini indossavano guanti <strong>di</strong> gomma spessa, quelli che <strong>di</strong> solito<br />

usavano per pulire le barche. Nel buio della notte, illuminato dalla luce debole e gialla <strong>di</strong> due vecchie<br />

torce elettriche che avevamo acceso, il corpo dell’annegato sembrava non appartenere più a un<br />

umano, la sua pelle era piena <strong>di</strong> tagli provocati strisciando sul fondo del fiume spinto dalla corrente.<br />

Tirandolo via dall’acqua gli uomini lo hanno messo per terra a pancia in giù, per far uscire l’acqua<br />

dal corpo. Era gonfio, la pelle era opaca e scura, a macchie nere nei posti dove gli erano venuti i livi<strong>di</strong><br />

nelle prime ore dopo la morte, quando il sangue era ancora tiepido e coagulava. Lo stavo osservando<br />

e provavo un’enorme pietà. <strong>Il</strong> pensiero che qualche giorno fa quest’uomo era vivo come tutti noi lo<br />

avvicinava a me in modo incre<strong>di</strong>bile, era un sentimento naturale, era come quel pensiero che ti aiuta<br />

a <strong>di</strong>stinguere i colori, non ti accorgi quando succede, però sai che quando guar<strong>di</strong> un determinato<br />

colore quello è lui.<br />

Quando gli uomini hanno girato il corpo a pancia in su, l’aspetto della sua faccia ha colpito tutti<br />

noi, non era gonfia o rovinata, per qualche strana coincidenza era rimasta intatta e aveva perfino<br />

un’espressione <strong>di</strong> totale calma, sembrava un uomo che stava dormendo.<br />

Giorni dopo con Mesa e Gagarin abbiamo deciso <strong>di</strong> fare uno scherzo a Mel, per punire la sua mancanza<br />

<strong>di</strong> sensibilità nei confronti <strong>di</strong> un povero annegato. Di notte ci siamo riuniti sotto le finestre<br />

della sua stanza, scavalcando il recinto <strong>di</strong> casa sua, per fargli provare il brivido della visita del fantasma<br />

dell’annegato. Gagarin indossava un lenzuolo bianco con due piccoli buchi all’altezza degli<br />

occhi e camminava piano attorno alla finestra <strong>di</strong> Mel fermandosi e agitando nell’aria le mani strette<br />

in pugni, in segno <strong>di</strong> rabbia, io e Mesa stavamo sotto la finestra della camera da letto <strong>di</strong> Mel, attaccati<br />

al muro, battendo il vetro con dei rametti secchi e chiamando il suo nome con voci storpiate e <strong>di</strong>aboliche.<br />

Abbiamo passato più <strong>di</strong> tre ore ad esibirci in quel ri<strong>di</strong>colo spettacolo senza riuscire ad attirare<br />

l’attenzione del nostro insensibile amico, sprofondato in un sonno quasi comatoso. Per tutto il tempo<br />

i nostri inutili sforzi sono stati accompagnati dal forte rumore che provocava Mel russando, finché<br />

abbiamo perso le speranze e siamo tornati alle nostre case.<br />

<strong>Il</strong> <strong>cadavere</strong> dell’annegato aveva finalmente trovato la sua pace.<br />

Nicolai lilin<br />

Nicolai Lilin è uno scrittore russo <strong>di</strong> origine siberiana, nato nel 1980 a Bender, in<br />

Transnistria (stato in<strong>di</strong>pendente riconosciuto oggi ufficialmente come Repubblica<br />

Moldava, ma all’epoca facente parte dell’Unione Sovietica). Nel 2004 si è trasferito<br />

in <strong>Italia</strong>. Nel 2009 pubblica per Einau<strong>di</strong> Educazione siberiana, il suo primo romanzo,<br />

scritto <strong>di</strong>rettamente in italiano. <strong>Il</strong> libro è stato tradotto in 19 lingue e <strong>di</strong>stribuito in<br />

24 paesi, e ha suscitato l’interesse del mondo del cinema. Diventerà presto un film<br />

per la regia <strong>di</strong> Gabriele Salvatores e interpretato da John Malkovich nei panni <strong>di</strong><br />

Nonno Kuzja. Ad aprile 2010 è uscito il suo secondo romanzo, Caduta libera, per la<br />

stessa casa e<strong>di</strong>trice. <strong>Il</strong> libro conferma la sua capacità <strong>narrativa</strong> ed è stato finalista in<br />

cinque premi nazionali, vincendone due. Educazione siberiana e Caduta libera sono<br />

entrambi <strong>di</strong>sponibili in ebook da Biblet. <strong>Il</strong> 25 ottobre 2011 è attesa l’uscita del nuovo<br />

romanzo <strong>Il</strong> respiro del buio.<br />

Oltre a de<strong>di</strong>carsi alla scrittura, Nicolai Lilin collabora con “L’Espresso” e ha fondato<br />

Kolima Contemporary Culture, uno spazio espositivo che ospita eventi culturali<br />

a Milano. Tra le sue attività ricor<strong>di</strong>amo anche quella <strong>di</strong> tatuatore, avendo stu<strong>di</strong>ato<br />

per tanti anni i tatuaggi della tra<strong>di</strong>zione criminale siberiana e imparato le tecniche<br />

e i co<strong>di</strong>ci complessi che li regolano.<br />

Disponibile su www.biblet.it<br />

5


6<br />

<strong>La</strong> <strong>narrativa</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Pier</strong> <strong>Vittorio</strong><br />

<strong>Tondelli</strong><br />

<strong>di</strong> Roberto Carnero<br />

Saggio


Mentre si avvicina il ventennale<br />

della morte (avvenuta<br />

il 16 <strong>di</strong>cembre<br />

1991), <strong>Pier</strong> <strong>Vittorio</strong> <strong>Tondelli</strong><br />

appare come un<br />

autore centrale nel panorama<br />

della <strong>narrativa</strong><br />

italiana degli anni Ottanta e fondamentale per<br />

una riflessione sulla letteratura <strong>di</strong> oggi. Nato a<br />

Correggio, in provincia <strong>di</strong> Reggio Emilia, il 14<br />

settembre 1955, nonostante la scomparsa prematura,<br />

riletto oggi, <strong>Tondelli</strong> mantiene intatto<br />

tutto il suo smalto.<br />

Per parlare <strong>di</strong> questo scrittore, conviene forse<br />

partire dal valore extra-testuale e sociologico<br />

della sua opera. <strong>La</strong> centralità <strong>di</strong> <strong>Tondelli</strong> negli<br />

anni Ottanta si comprende appieno se si guarda<br />

a che cosa hanno rappresentato lui e i suoi libri<br />

per i sempre più numerosi lettori che conquistava<br />

a sé. <strong>Tondelli</strong> ha affrontato nei suoi libri<br />

la tematica omosessuale in un modo <strong>di</strong>sinibito,<br />

pur senza sottracerne le varie problematiche<br />

legate al contesto sociale italiano. Tale atteggiamento<br />

è figlio <strong>di</strong> quella rivoluzione sessuale i<br />

cui frutti un autore come Pasolini non aveva<br />

fatto in tempo a cogliere.<br />

Per la prima volta con <strong>Tondelli</strong> (e con gli altri<br />

della sua generazione, come Enrico Palandri,<br />

Clau<strong>di</strong>o <strong>Pier</strong>santi, Daniele Del Giu<strong>di</strong>ce, Aldo<br />

Busi, Andrea De Carlo) i romanzi italiani incominciano<br />

a essere ambientati, in tutto o in parte,<br />

fuori dai confini patri: segno <strong>di</strong> una sprovincializzazione<br />

in atto nel Paese, non solo a<br />

livello letterario. In <strong>Tondelli</strong> è feconda quella<br />

<strong>di</strong>alettica tra provincia e metropoli, periferia e<br />

centro, ovvero tra desiderio <strong>di</strong> fuga e richiamo<br />

delle origini che caratterizza molti (giovani)<br />

italiani, al punto da cercare un’evasione negli<br />

Stati Uniti o nell’Europa del Nord, ma poi con<br />

la nostalgia <strong>di</strong> casa.<br />

<strong>Tondelli</strong> è uno scrittore giovane che piace ai<br />

giovani, perché ne rappresenta la vita, i problemi,<br />

le ansie, gli entusiasmi, le frustrazioni,<br />

i gusti, la lingua, tanto che si è spesso abusato<br />

dell’etichetta <strong>di</strong> “autore generazionale”.<br />

Del resto <strong>Tondelli</strong> ha saputo attraversare e interpretare<br />

il decennio <strong>di</strong> cui è stato protagonista<br />

forse come nessun altro scrittore a lui coetaneo<br />

(significative a questo proposito le date<br />

dei suoi libri, che aprono e chiudono gli anni<br />

Ottanta: Altri libertini, 1980, e Camere separate,<br />

1989). Ma i suoi giovani lettori non sono solo<br />

quelli della sua generazione. <strong>Il</strong> gra<strong>di</strong>mento<br />

da parte del pubblico giovanile continua ancora<br />

oggi. I suoi continuano a essere dei veri<br />

“romanzi <strong>di</strong> culto”. Tuttavia, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> questi<br />

aspetti, c’è un versante dell’attività <strong>di</strong> <strong>Tondelli</strong><br />

che ne ha determinato, in gran parte, le fortune<br />

postume. Si tratta del “Progetto Under 25”,<br />

grazie al quale, attraverso tre antologie <strong>di</strong> racconti<br />

pubblicate tra l’86 e il ’90, ventisei autori<br />

con meno <strong>di</strong> venticinque anni esor<strong>di</strong>scono nella<br />

<strong>narrativa</strong>. L’idea non era tanto quella <strong>di</strong> un<br />

concorso letterario. <strong>Il</strong> “Progetto Under 25” voleva<br />

essere piuttosto un’indagine sulla creatività<br />

giovanile condotto attraverso lo strumento<br />

della narrazione.<br />

Si trattò pertanto – come lo stesso scrittore<br />

ebbe ad ammettere – <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> ibrido “fra<br />

un’inchiesta <strong>di</strong> sociologia culturale e un <strong>di</strong>scorso<br />

specificamente letterario”. Le in<strong>di</strong>cazioni<br />

<strong>di</strong> <strong>Tondelli</strong>, che svolge a stretto contatto con i<br />

giovani scrittori un’intensa pratica <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ting,<br />

sono tutte nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> scritture fortemente<br />

centrate sull’io, dalla cui somma emerge<br />

però alla fine il sentore <strong>di</strong> “una lunghezza<br />

d’onda collettiva”.<br />

<strong>La</strong> vali<strong>di</strong>tà del progetto si comprende (sebbene<br />

questo non sia l’aspetto più importante dell’intera<br />

vicenda) se si guarda quanti dei ragazzi<br />

che hanno esor<strong>di</strong>to sulle pagine <strong>di</strong> “Under 25”<br />

abbiano poi proseguito “in proprio” il lavoro<br />

<strong>di</strong> scrittori, ottenendo successo: da Andrea Canobbio<br />

a Gabriele Romagnoli, da Andrea Mancinelli<br />

a Romolo Bugaro, da Andrea Demarchi<br />

a Silvia Ballestra, da Guido Conti a Giuseppe<br />

Culicchia. Tanto che si potrebbe parlare <strong>di</strong> una<br />

“funzione <strong>Tondelli</strong>” nella <strong>narrativa</strong> italiana degli<br />

ultimi vent’anni.<br />

A vent’anni dalla morte dello scrittore, però, si<br />

impone una necessità: quella <strong>di</strong> separare l’opera<br />

<strong>di</strong> <strong>Tondelli</strong> dal mito <strong>di</strong> <strong>Tondelli</strong>, i libri dai<br />

tempi in cui si sono prodotti. Nessuno vuole<br />

qui mettere in <strong>di</strong>scussione la posizione dei suoi<br />

libri. Non ci sono dubbi sul fatto che essi riescano<br />

a coinvolgere i lettori attraverso la loro<br />

emotività. <strong>Tondelli</strong> è un maestro nel sollecitare<br />

in chi legge una risposta emotiva (o “emozionale”,<br />

per usare un aggettivo a lui caro), e lo<br />

fa attraverso il sound del parlato, trasgressivo<br />

ed eversivo, dei primi libri (Altri libertini e Pao<br />

Pao), e poi con la scrittura riflessiva e poematica<br />

che caratterizza la produzione più tarda<br />

(Rimini e Camere separate). L’attenzione alla <strong>di</strong>mensione<br />

stilistica in lui è sempre vigile, coniugando<br />

l’urgenza autobiografica <strong>di</strong> un vissuto<br />

intenso e alla fine drammatico con una ricerca<br />

letteraria in cui la presenza dei suoi auctores,<br />

dei suoi “classici”, <strong>di</strong>venta determinante: Céline,<br />

Selby jr, Arbasino, Celati prima, Isherwood,<br />

la Bachmann, Peter Handke, Carson McCullers<br />

poi.<br />

7


8<br />

<strong>La</strong> modernità delle sue scelte <strong>di</strong> poetica, che<br />

contaminano, in un collage tutto postmoderno,<br />

cultura alta e bassa, riferimenti dotti e popolari,<br />

letteratura e cinema, musica rock e pop,<br />

fumetto, è già al <strong>di</strong> là dell’oltranzismo neosperimentale<br />

e avanguar<strong>di</strong>stico degli anni Sessanta<br />

e Settanta. Si innesta al contrario su quella<br />

ripresa della narrazione in senso classico che,<br />

a partire dall’inizio degli anni Ottanta, avrebbe<br />

poi caratterizzato gli ultimi trent’anni <strong>di</strong> produzione<br />

<strong>narrativa</strong> nostrana.<br />

<strong>Tondelli</strong> ha saputo<br />

attraversare e interpretare<br />

il decennio <strong>di</strong> cui è stato<br />

protagonista forse come<br />

nessun altro scrittore a lui<br />

coetaneo<br />

<strong>Il</strong> libro d’esor<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un <strong>Tondelli</strong> appena venticinquenne<br />

è Altri libertini (1980). Si tratta <strong>di</strong><br />

una raccolta <strong>di</strong> racconti, che però, considerati<br />

unitamente, possono essere letti come “romanzo<br />

ad episo<strong>di</strong>”, come lo scrittore stesso ha voluto<br />

definire questo lavoro. Protagonisti sono<br />

personaggi marginali ed emarginati, o comunque<br />

ragazzi che rifiutano la normalità borghese<br />

e perseguono la propria “alterità” attraverso la<br />

pratica <strong>di</strong> un “libertinaggio” trasgressivo.<br />

<strong>La</strong> lingua del libro è parecchio originale: <strong>Tondelli</strong><br />

cerca <strong>di</strong> restituire sulla pagina, attraverso<br />

lo stile, “il sound del linguaggio parlato”; ma<br />

non si tratta tanto della semplice trascrizione<br />

dell’oralità, quanto piuttosto della riscrittura<br />

dell’esperienza in termini linguistici forti da<br />

parte <strong>di</strong> un autore consapevole dei molteplici<br />

risvolti dell’operazione. <strong>Il</strong> linguaggio è una mimesi<br />

totale del parlato, o meglio una fusione<br />

del parlato dei personaggi con quello dell’autore.<br />

<strong>Tondelli</strong> in alcuni dei racconti non rinuncia<br />

alla scurrilità e ad<strong>di</strong>rittura alla bestemmia.<br />

Anche da qui il processo per oscenità cui fu<br />

sottoposto il libro a poche settimane dalla sua<br />

uscita.<br />

<strong>Il</strong> secondo libro, Pao Pao (1982), è il racconto<br />

della vita <strong>di</strong> una “tribù”: quella dei giovani <strong>di</strong><br />

leva che compiono il servizio militare in quel<br />

territorio straniero che è la caserma, dominata<br />

dal mondo gerarchico della burocrazia militare.<br />

<strong>Il</strong> titolo del romanzo, infatti, altro non è che<br />

la sigla <strong>di</strong> “Picchetto Armato Or<strong>di</strong>nario”.<br />

Tra le pagine più belle del libro, vanno segnalate<br />

quelle incentrate sul tema dell’amicizia, che<br />

è l’aspetto più importante dell’esperienza (so-<br />

prattutto nella prima metà del romanzo, mentre<br />

nella seconda comparirà anche l’amore).<br />

Amicizia vissuta intensamente nelle camerate,<br />

nei solai della caserma, al riparo dalla pervasività<br />

della struttura gerarchica opprimente, o<br />

nelle libere uscite, nelle gite domenicali in pulmino<br />

per le campagne umbre. Su <strong>di</strong> essa però<br />

si proietta fin dall’inizio l’ombra della separazione,<br />

sempre incombente nel servizio militare<br />

(“questo essere in balia <strong>di</strong> trasferimenti e or<strong>di</strong>ni<br />

e coman<strong>di</strong>”), metafora dell’esistenza.<br />

Con Rimini (1985) ci troviamo <strong>di</strong> fronte a un<br />

prodotto profondamente <strong>di</strong>verso dai primi due<br />

romanzi. L’autore ha voluto reinventarsi come<br />

scrittore, cambiando ra<strong>di</strong>calmente i propri<br />

connotati narrativi. Tale <strong>di</strong>versità non è sfuggita<br />

alla critica, che ha per lo più valutato negativamente,<br />

o quantomeno con forti riserve,<br />

questa terza prova <strong>di</strong> <strong>Tondelli</strong>, in<strong>di</strong>viduando<br />

in essa i tratti tipici <strong>di</strong> un “romanzo <strong>di</strong> consumo”<br />

che nasconderebbero e corromperebbero<br />

la vena più autentica dello scrittore.<br />

In Rimini <strong>Tondelli</strong> abbandona la strada del<br />

racconto generazionale, per tentare quella del<br />

romanzo d’ambiente, <strong>di</strong> costume, ma soprattutto<br />

<strong>di</strong> genere. E in tale <strong>di</strong>rezione riesce a mescolare<br />

tutti gli ingre<strong>di</strong>enti per un romanzo <strong>di</strong><br />

successo, <strong>di</strong>mostrando buona perizia tecnica e<br />

capacità affabulatoria. <strong>Il</strong> vivace, frizzante, carnevalesco<br />

plurilinguismo cede il passo ad una<br />

lingua talora ricercata, persino letteraria. <strong>La</strong><br />

chiave per intendere il processo in atto è proprio<br />

quella <strong>di</strong> interpretarlo come evoluzione,<br />

tassello <strong>di</strong> un work in progress. È probabile<br />

che Rimini sia, tra i quattro che <strong>Tondelli</strong> ci ha<br />

lasciato, il romanzo meno riuscito. Ma tale giu<strong>di</strong>zio<br />

comparativo non deve impe<strong>di</strong>re <strong>di</strong> cogliere<br />

le peculiarità <strong>di</strong> un’opera che costituisce<br />

un punto <strong>di</strong> snodo fondamentale per accedere<br />

a quello che sarà l’ultimo romanzo <strong>di</strong> <strong>Tondelli</strong>:<br />

Camere separate.<br />

Camere separate (1989) è il romanzo della maturità,<br />

e purtroppo l’ultima opera <strong>narrativa</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Tondelli</strong>. Protagonista è Leo, scrittore che – al<br />

momento in cui il testo comincia – ha da pochi<br />

mesi compiuto trentadue anni. <strong>La</strong> scena iniziale<br />

ce lo presenta a bordo <strong>di</strong> un aereo (in volo<br />

fra Parigi e Monaco <strong>di</strong> Baviera). Egli non può<br />

fare a meno <strong>di</strong> specchiarsi nel vetro dell’oblò<br />

e <strong>di</strong> riconoscere i primi segni del proprio invecchiamento.<br />

<strong>La</strong> triste me<strong>di</strong>tazione e i lugubri<br />

pensieri <strong>di</strong> Leo sono giustificati, poche righe<br />

più avanti, da un fatto terribile: la morte del<br />

compagno Thomas, avvenuta due anni prima,<br />

che ha gettato Leo nella più completa e nera<br />

solitu<strong>di</strong>ne.<br />

Attraverso una serie <strong>di</strong> lunghi flash-back appren<strong>di</strong>amo<br />

gli antefatti. Conosciuto il tedesco


Thomas ad una festa, a Parigi, Leo se ne innamora<br />

da subito. Inizia così un rapporto <strong>di</strong><br />

amicizia e <strong>di</strong> passione che si prolunga per tre<br />

anni. Anni <strong>di</strong> scoperte, <strong>di</strong> allegria, <strong>di</strong> viaggi, <strong>di</strong><br />

un relazione intensa e travolgente (ma la cui<br />

rappresentazione è avvelenata, nel lettore, dal<br />

fatto <strong>di</strong> sapere già in partenza della morte <strong>di</strong><br />

Thomas). Eppure non tardano ad emergere le<br />

<strong>di</strong>fficoltà: la percezione da parte <strong>di</strong> Leo <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>somogeneità del loro rapporto e la sua paura<br />

<strong>di</strong> una relazione troppo coinvolgente e soffocante.<br />

Inoltre la non riconoscibilità sociale del<br />

rapporto omosessuale rende ancora più <strong>di</strong>fficile<br />

la situazione. Per superare questa sensazione<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio, Leo vagheggia una forma <strong>di</strong> rapporto<br />

che illumina e spiega lo stesso titolo del<br />

<strong>La</strong> vita e le opere<br />

1955 Nasce a Correggio, in provincia <strong>di</strong> Reggio Emilia, il 14 settembre.<br />

1967 A do<strong>di</strong>ci anni incomincia a frequentare la biblioteca comunale, dove sviluppa la passione della lettura.<br />

Legge, tra gli altri, Salgari, Verne, Stevenson, Molnàr.<br />

1969-1974 Frequenta il liceo classico a Correggio e partecipa alle attività oratoriane della sua parrocchia.<br />

1975-1978 Si iscrive al Dams <strong>di</strong> Bologna, dove frequenta i corsi <strong>di</strong> Umberto Eco e Gianni Celati, partecipando alla ’contestazione’<br />

del ’77.<br />

1980 A gennaio esce da Feltrinelli Altri libertini, che ottiene subito attenzione <strong>di</strong> critica e pubblico. A venti giorni dall’uscita<br />

in libreria, quando già è pronta la terza e<strong>di</strong>zione, il libro viene sequestrato dall’autorità giu<strong>di</strong>ziaria per oscenità<br />

e vilipen<strong>di</strong>o della religione. Ad aprile <strong>Tondelli</strong> parte per il servizio militare (sarà prima a Orvieto e poi a Roma).<br />

1981 Nel processo celebrato a Mondovì (Cuneo), <strong>Tondelli</strong> e il suo e<strong>di</strong>tore vengono assolti con formula piena.<br />

1982 A giugno esce da Feltrinelli il secondo romanzo, Pao Pao.<br />

1984 <strong>La</strong>vora al testo della comme<strong>di</strong>a Dinner Party. Vive a Bologna ma è spesso a Firenze.<br />

1985 Esce Rimini, presso Bompiani, che sarà d’ora in poi il suo nuovo e<strong>di</strong>tore. Prende avvio il “Progetto Under 25”, che si<br />

svilupperà negli anni a seguire.<br />

1986 Si trasferisce a Milano. A maggio esce il primo volume del “Progetto Under 25”, con il titolo Giovani Blues.<br />

Per il piccolo e<strong>di</strong>tore bolognese Baskerville esce il ’libro privato’ Biglietti agli Amici.<br />

1987 A <strong>di</strong>cembre viene pubblicato il secondo volume del “Progetto Under 25”, Belli & perversi.<br />

1989 In primavera Bompiani pubblica Camere separate. <strong>Tondelli</strong> incontra il critico Fulvio Panzeri, con il quale lavorerà al<br />

progetto <strong>di</strong> Un weekend postmoderno.<br />

1990 Esce in autunno da Bompiani il primo volume del progetto: Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni Ottanta.<br />

A novembre esce il terzo e ultimo volume del “Progetto Under 25”, Papergang (l’e<strong>di</strong>tore è Transeuropa, come per gli<br />

altri due).<br />

1991 Ad aprile si trasferisce a Bologna. Alla fine dell’estate viene ricoverato presso l’ospedale <strong>di</strong> Reggio Emilia, dove<br />

affronta cristianamente la malattia (Aids). Muore il 16 <strong>di</strong>cembre. Viene sepolto nel piccolo cimitero <strong>di</strong> Canolo, una<br />

frazione <strong>di</strong> Correggio.<br />

I testi e la critica<br />

romanzo: vivere e amarsi in “camere separate”<br />

significa cercare un’alternativa a un’esperienza<br />

troppo totalizzante per poter essere vissuta.<br />

Tuttavia Thomas non sa accettare questa soluzione<br />

e l’epilogo della sempre crescente incomunicabilità<br />

sarà l’abbandono, un tema alla cui<br />

fenomenologia <strong>Tondelli</strong> aveva de<strong>di</strong>cato una<br />

vera e propria ricerca letteraria. A questo punto<br />

Leo intraprende un vero e proprio viaggio alla<br />

riscoperta <strong>di</strong> sé, <strong>di</strong> cui fa parte anche il ritorno<br />

a casa, alla prima casa, quella dell’infanzia, alla<br />

famiglia d’origine, al paese natale. Anche qui<br />

c’è un che <strong>di</strong> autobiografico: un cerchio che si<br />

chiude ritornando nei luoghi in cui si è nati, recuperando<br />

anche quella fede religiosa che negli<br />

anni della <strong>di</strong>ssipazione si era messa da parte.<br />

Oltre che nella raccolta complessiva dei “Classici” Bompiani, in due tomi a cura <strong>di</strong> Fulvio Panzeri, i singoli testi <strong>di</strong> <strong>Tondelli</strong><br />

sono reperibili nelle seguenti e<strong>di</strong>zioni: Altri libertini (Feltrinelli); Pao Pao (Feltrinelli); Rimini (Bompiani); Dinner Party<br />

(Bompiani); Camere separate (Bompiani); Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni Ottanta (Bompiani); L’abbandono.<br />

Racconti dagli anni Ottanta (Bompiani); Biglietti agli Amici (Bompiani). Per un inquadramento critico dell’opera tondelliana<br />

riman<strong>di</strong>amo a due libri <strong>di</strong> Roberto Carnero, Lo spazio emozionale. Guida alla lettura <strong>di</strong> <strong>Pier</strong> <strong>Vittorio</strong> <strong>Tondelli</strong> (Interlinea 1998)<br />

e Under 40. I giovani nella nuova <strong>narrativa</strong> italiana (Bruno Mondadori 2010).<br />

Roberto Carnero insegna Letteratura italiana all’Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano. È autore dei volumi Guido Gozzano esotico (De Rubeis 1996), Morire per le idee. Vita<br />

letteraria <strong>di</strong> <strong>Pier</strong> Paolo Pasolini (Bompiani 2010) e ha curato le antologie <strong>La</strong> poesia scapigliata (BUR 2007) e <strong>La</strong> nuova letteratura italiana dagli anni Ottanta a oggi (Principato<br />

2009). Collabora con l’Istituto dell’Enciclope<strong>di</strong>a <strong>Italia</strong>na e con varie testate, tra cui l’“Unità” e “Famiglia cristiana”.<br />

9


NNel 1955 Ernest <strong>di</strong>chiara:<br />

«Nessuno dei racconti che<br />

ho scritto contiene tanto <strong>di</strong><br />

me stesso quanto Le nevi del<br />

Kilimangiaro». Lo <strong>di</strong>ce all’amico<br />

e confidente “Hotch”,<br />

durante un soggiorno a Key West nella villetta<br />

in cui lo scrittore ha composto il racconto<br />

quasi vent’anni prima, aggiungendo che esso<br />

rappresenta «uno dei migliori esempi della<br />

mia produzione letteraria». Ha concentrato<br />

così tanto delle sue esperienze e dei suoi affetti<br />

in questo racconto, che per molto tempo non<br />

saprà più cosa scrivere. Ernest pubblica Le nevi<br />

del Kilimangiaro nel 1936, esattamente un anno<br />

dopo Ver<strong>di</strong> colline d’Africa, che ripercorre la sua<br />

prima esperienza africana; il libro riceve una<br />

tiepida accoglienza dalla critica. <strong>Il</strong> racconto inizia<br />

con una citazione anonima in cui si evoca la<br />

carcassa rinsecchita e irrigi<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un leopardo<br />

ritrovata tra le nevi <strong>di</strong> questa montagna che i<br />

Masai chiamano “Casa <strong>di</strong> Dio”. «Nessuno ha<br />

10<br />

<strong>La</strong> pista<br />

del leopardo<br />

<strong>La</strong> leggenda <strong>di</strong> Ernest Hemingway in Africa<br />

<strong>di</strong> Mariel Hemingway e Boris Vejdovsky<br />

mai saputo spiegare che cosa questo leopardo<br />

andasse a cercare a quell’altitu<strong>di</strong>ne», conclude<br />

la citazione tratta dall’opera <strong>di</strong> un geologo che<br />

sarebbe stato il primo europeo ad aver raggiunto<br />

la vetta <strong>di</strong> questa montagna. Ma Ernest<br />

ha cambiato animale: l’antilope citata nell’originale<br />

<strong>di</strong>venta nel suo racconto un leopardo,<br />

invece del ruminante abbiamo una fiera solitaria.<br />

Forse il leopardo ha seguito una pista<br />

che ha finito per farlo smarrire… Che andava a<br />

fare, dunque, Ernest in Africa?<br />

Ci saranno due safari, in Kenya e in Tanganica.<br />

In occasione del primo, Ernest ha trentaquattro<br />

anni; ha da poco sposato Pauline ed è una stella<br />

in ascesa della letteratura. Uno zio della novella<br />

sposa anticipa alla coppia la somma esorbitante<br />

necessaria ad affrontare questo lussuoso<br />

viaggio mascherato da avventura selvaggia.<br />

Al tempo del secondo safari, Ernest ha cinquantaquattro<br />

anni; si è sposato per la quarta<br />

volta, ed è con Mary che ritorna, debitamente<br />

vestito da capo a pie<strong>di</strong> da Abercrombie & Fitch<br />

Anticipazione


(la marca <strong>di</strong> abbigliamento outdoor preferita<br />

dai presidenti e dalle star), sulle pen<strong>di</strong>ci della<br />

più alta montagna d’Africa. Tra i due viaggi,<br />

la vita, l’amore, l’alcol, le lotte, le malattie, gli<br />

incidenti, la pressione del pubblico, l’angoscia<br />

della pagina vuota hanno tutti riscosso il loro<br />

tributo. Se il primo soggiorno è una ricerca <strong>di</strong><br />

nuovi confini e l’ingresso <strong>di</strong> un uomo ancora<br />

giovane in un territorio inesplorato, il secondo<br />

è un ritorno verso luoghi segnati dall’ombra<br />

lunga della memoria ma anche dalla paura della<br />

vecchiaia e della morte.<br />

In ogni caso, è da questi due viaggi che emergerà<br />

gran parte della leggenda popolare <strong>di</strong><br />

“Hemingway”. E ancora da essi, le reazioni<br />

talvolta brutali che suscita l’uomo vestito <strong>di</strong><br />

kaki. Lo si è già visto a pesca <strong>di</strong> marlin a Bimini,<br />

nelle Bahamas, lo si è visto intorno alle piste<br />

<strong>di</strong> sabbia delle arene. Se una parte del pubblico<br />

ne è affascinata (soprattutto alcuni uomini<br />

che cercano <strong>di</strong> somigliargli, anche fisicamente),<br />

un’altra incomincia a trovare irritante questo<br />

personaggio un po’ troppo sopra le righe, con<br />

le sue pose da maschio virile e trionfante. Nel<br />

1933, Ernest viene alle mani con il suo e<strong>di</strong>tore<br />

newyorkese Max Eastman, nonostante la loro<br />

amicizia, perché quest’ultimo ha pubblicato un<br />

articolo su Morte nel pomeriggio intitolato Bulls<br />

in the Afternoon, letteralmente “Tori nel pomeriggio”,<br />

ma anche, con un sottile gioco <strong>di</strong><br />

parole “Ciance (bulls) nel pomeriggio”. Come<br />

faranno anche altri in seguito, Eastman dà ad<br />

intendere che Ernest è così insicuro della sua<br />

"Nessuno dei racconti che<br />

ho scritto contiene tanto <strong>di</strong><br />

me stesso quanto Le nevi del<br />

kilimangiaro"<br />

mascolinità da doverla sban<strong>di</strong>erare a destra e<br />

a manca. A questa critica si aggiungono quelle<br />

<strong>di</strong> numerosi intellettuali secondo cui, in un<br />

mondo schiacciato da una crisi che ha gettato<br />

sul lastrico migliaia <strong>di</strong> persone, costringendone<br />

migliaia <strong>di</strong> altre ad andare raminghe alla ricerca<br />

<strong>di</strong> quelli che Steinbeck chiamerà «i grappoli<br />

del furore» – un mondo che si <strong>di</strong>rige a capofitto<br />

verso gli orrori <strong>di</strong> un secondo conflitto mon<strong>di</strong>ale<br />

–, è assurdo che uno scrittore della statura <strong>di</strong><br />

Ernest si crogioli al sole dei Caraibi, pescando<br />

sul suo yacht, si <strong>di</strong>verta a veder soffrire un toro<br />

nelle arene spagnole o massacri animali per<br />

puro <strong>di</strong>letto in un’Africa in preda alla carestia.<br />

<strong>La</strong> pista africana seguita da Ernest inizia sin<br />

dalla sua infanzia, con i racconti del safari compiuto<br />

da Teddy Roosevelt nel 1909. E il “cacciatore<br />

bianco” della spe<strong>di</strong>zione del 1934 sarà proprio<br />

Philip Percival, lo stesso che aveva guidato<br />

l’ex presidente degli Stati Uniti. Sulla falsariga<br />

<strong>di</strong> quello <strong>di</strong> Roosevelt – l’esploratore e creatore<br />

del mito del West americano – il primo safari<br />

<strong>di</strong> Ernest rappresenta l’occasione <strong>di</strong> lanciarsi<br />

in imprese virili in uno spazio che sembra essere<br />

l’ultima frontiera della mascolinità bianca<br />

conquistatrice. <strong>La</strong> romanziera e attivista sudafricana<br />

Na<strong>di</strong>ne Gor<strong>di</strong>mer, Premio Nobel per<br />

la Letteratura, <strong>di</strong>rà che Ernest amava l’Africa,<br />

ma che sotto il peso dell’emozione ha costruito<br />

una terra a immagine e somiglianza dei suoi<br />

desideri e dei suoi bisogni, che aveva poco a<br />

che vedere con la realtà. Allo stesso modo, Toni<br />

Morrison, la scrittrice afro-americana, anche lei<br />

Premio Nobel, ammetterà <strong>di</strong> aver appreso cose<br />

importanti dalla prosa <strong>di</strong> Hemingway, ma gli<br />

rimprovererà <strong>di</strong> aver svuotato l’Africa dei suoi<br />

abitanti e averla riempita <strong>di</strong> esseri invisibili.<br />

Questo brano e le immagini sono sono tratti da Hemingway.<br />

<strong>La</strong> vita e <strong>di</strong>ntorni (ed. De Agostini Libri, testi <strong>di</strong> Mariel<br />

Hemingway e <strong>di</strong> Boris Vejdovsky, euro 39, in libreria dal 20<br />

ottobre).<br />

11


12<br />

Charly<br />

<strong>di</strong> Lorenza Ghinelli<br />

Racconto


Giugno falce<br />

in pugno<br />

(detto popolare)<br />

O<br />

re 12:00<br />

Loro entreranno. È un fatto.<br />

Abbassano la maniglia, la porta del garage agricolo è inchiavata dall’interno.<br />

«Nonno, apri».<br />

Nonno suda, suda e suda. Le ossa rotte, i gomiti si escoriano contro le piastrelle; nonno vuole<br />

trascinarsi avanti, verso il telefono che ghigna sul piano da lavoro, troppo in alto.<br />

Loro entreranno, anche se la porta è chiusa.<br />

Loro troveranno il modo. Anche questo, è un fatto.<br />

Ore 09:00<br />

I capelli dei campi sono bion<strong>di</strong> <strong>di</strong> spighe, a correrci quasi ci si perde. Si mangia i sentieri il grano, punge le gambe. I<br />

pie<strong>di</strong>ni incuranti invece pestano e stanano locuste e ragni. Nina e Riccardo giocano a prendersi e cadono. Ridono. È il<br />

primo giorno <strong>di</strong> vacanza.<br />

«Posso giocare con voi?», chiede una voce. Gli occhi la seguono e trovano un bambino. Biondo come il grano, gli occhi<br />

neri come i ragni.<br />

Nina e Riccardo si guardano le domande negli occhi.<br />

«Come ti chiami?», chiede Nina.<br />

«Charly».<br />

«Come ci sei arrivato qui? Questo è il campo del nostro nonno», gli fa Riccardo, nessuna prepotenza nella voce.<br />

Charly punta l’in<strong>di</strong>ce verso il canneto selvatico che recinta il campo. Poi guarda i bambini.<br />

«Se volete vi faccio vedere».<br />

Nina e Riccardo si <strong>di</strong>cono che non dovrebbero, che nonno non avrebbe piacere, che non conoscono Charly. Ma forse<br />

basta non <strong>di</strong>rlo a nonno, in fondo quel bambino ha più o meno nove anni, proprio come loro. In meno <strong>di</strong> tre secon<strong>di</strong>,<br />

nel silenzio più assoluto, si sono detti tutto questo.<br />

Charly s’incammina. Non aspetta. Nina e Riccardo lo seguono, tenendosi per mano.<br />

Un mese prima<br />

<strong>La</strong> cagna è gravida, ha le doglie, gira su se stessa. Le gambe posteriori cedono. Si rialzano.<br />

Nonno ha steso un cartone e ci ha buttato sopra due stracci. Per il sangue.<br />

<strong>La</strong> cagna è un bracco. Di quelli che piacciono ai conta<strong>di</strong>ni. Di quelli che i conta<strong>di</strong>ni sono <strong>di</strong>sposti a pagare.<br />

Nonno l’ha fatta montare la cagna, da un allevatore del paese. Ora la guarda camminare e si vede che ha male, si vede<br />

che ha bisogno <strong>di</strong> svuotarsi. <strong>La</strong> prende per il collare e con l’altra mano la spinge sulla schiena. <strong>La</strong> cagna va giù, sul<br />

cartone, si sistema gonfia sul fianco.<br />

Le mani callose del nonno improvvisano una carezza storpia.<br />

«Spingi bella, fammeli vedere, avanti».<br />

<strong>La</strong> prima testa squarcia. <strong>La</strong> vagina espelle una sacca violacea e stretta che soffoca. <strong>La</strong> cagna lecca, ne beve gli umori<br />

ancestrali e la spacca.<br />

<strong>Il</strong> cucciolo è nero. <strong>Il</strong> sopracciglio <strong>di</strong> nonno s’inarca, spezza il sereno della fronte, perché la cagna ha fatto la puttana<br />

per le campagne e non arriveranno sol<strong>di</strong>, solo problemi. Perché i nipoti si sveglieranno e vorranno vedere, vorranno<br />

giocare, ci faranno affezione. E allora deve far presto nonno.<br />

E mentre la cagna si sgrava degli altri e continua a leccare, ad aprire e a mettere alla vita, nonno va nel garage agricolo.<br />

A prendere il sacco.<br />

Sono settanta lune che nonno si schianta la schiena nei campi. Settanta lune <strong>di</strong> terra e sudore.<br />

Per arrivare alla strada potrebbe tagliare per il campo, due chilometri e ancora avanti, oltre il canneto. Là i nipoti non<br />

ci vanno. Ci passano le macchine.<br />

Ma col mal <strong>di</strong> ossa e quel sacco pieno che puzza occorre l’auto.<br />

Due minuti e arriva. Accosta la 126 al fosso e appoggia il sacco sul ciglio della strada, aperto. Se qualcuno li vorrà,<br />

pensa, saranno trovati.<br />

E comunque, son solo bestie che pesano.<br />

Nina e Riccardo scendono le scale con passi freschi e risa, fanno a gara a chi arriva prima. Nonno li aveva avvertiti:<br />

manca poco, aveva detto. Magari stanotte. E per loro è un po’ come scoprire i regali sotto l’abete. <strong>Il</strong> garage è chiuso e<br />

dentro c’è la cagna. Se il garage è chiuso, pensano i bambini, è per non far scappare i cuccioli. Nina e Riccardo entrano<br />

con le immagini prestampate negli occhi, che non aderiscono alla realtà delle cose. E così che gli muore il sorriso. Perché<br />

la cagna è secca. Sgonfia. <strong>Il</strong> muso atterrito sulle zampe. Non sco<strong>di</strong>nzola. I regali sono stati scartati e qualcuno ha<br />

predato. Nina e Riccardo guardano il nonno, lui li precede. Dice che sono nati morti.<br />

«Mi <strong>di</strong>spiace», <strong>di</strong>ce. Dice che non li ha svegliati, perché non era cosa. Dice <strong>di</strong> averli seppelliti.<br />

«Dove?», chiede Nina col labbro che trema.<br />

«Nel campo», conclude nonno. Li lascia così, con le domande appese che gocciolano.<br />

<strong>La</strong> chiamano Lupa, ma non è mica vero. È un incrocio tra un pastore tedesco e qualcos’altro. Scappa spesso dai suoi<br />

padroni e non prende mai botte, perché torna e non fa danni, non guasta i pollai. Scappa quand’è in calore. Ma oggi<br />

non è l’odore del maschio a stanarla, oggi non è in calore, anzi, ha mammelle che pesano e il passo stanco. Ha lasciato<br />

i suoi cuccioli dormire satolli e s’è presa del tempo per sgranchire le ossa. Non aveva intenzione <strong>di</strong> andare lontano,<br />

non questa volta, davvero. Ma è arrivato l’odore e le s’è aggrappato alle narici, ha sovvertito i programmi: l’ha portata<br />

dritta dritta a un sacco nero, sul ciglio della strada. Qualcuno dentro al sacco ancora resiste, respira, supplica muto da<br />

quel buio che puzza. Gli odori creano sentieri. E le minuscole bocche voraci, finalmente, trovano.<br />

13


14<br />

<strong>Il</strong> mese dopo<br />

«Dovete venire più vicino», <strong>di</strong>ce Charly, e sembra piantato nella terra della banchina, dritto e fiero, lo sguardo adulto,<br />

fisso, autorevole. <strong>Il</strong> vento non gli scompiglia i capelli, lo lascia stare. <strong>La</strong> luce non gli riverbera negli occhi bui.<br />

Nina e Riccardo, stretti per la mano, si sporgono <strong>di</strong>ffidenti sul ciglio del fosso. Poi sorridono e slacciano le mani.<br />

«Belli!», <strong>di</strong>ce Nina. Si avvicina, poi si arresta. Non sono così belli. Sono deturpati, sono cuccioli vecchi, sporchi. Sono<br />

cuccioli usati.<br />

<strong>La</strong> bocca <strong>di</strong> Charly s’incrina in un sorriso malevolo, troppo lieve per essere colto:<br />

«Avranno un mese».<br />

«Guarda Nina! Guarda questo!», grida Riccardo in<strong>di</strong>cando un cucciolo pezzato.<br />

Nina si accovaccia <strong>di</strong> fianco al fratello e guarda. Riccardo ha ragione. È uguale alla cagna. Quel piccolo bastardo che<br />

trema è uguale alla cagna <strong>di</strong> nonno. I fratelli si guardano, seri. Poi tornano con gli occhi su Charly: sorride e annuisce.<br />

Lentamente. Una volta sola.<br />

Gli occhi ciechi <strong>di</strong> nonno<br />

le fanno quasi tenerezza,<br />

non fosse per lo strano<br />

impulso <strong>di</strong> spingerlo nel fosso<br />

Nonno li vede salire dal campo, l’espressione<br />

funerea.<br />

«Dove siete stati? Ve l’ho detto <strong>di</strong> non<br />

andare lontano».<br />

«Hai detto che i cuccioli erano nati<br />

morti!», ringhia Riccardo.<br />

«E che li avevi seppelliti!», incalza<br />

Nina.<br />

Nonno non afferra subito il senso,<br />

deve tornare in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> trenta giorni<br />

<strong>di</strong> lavoro nei campi, sudore e fatica.<br />

Deve tornare alla cagna.<br />

«È quello che ho fatto», <strong>di</strong>ce col secco nella voce.<br />

«Digli che te li faccia vedere allora», fa Charly a Riccardo.<br />

«Giusto, Charly ha ragione, facceli vedere!».<br />

<strong>Il</strong> nonno sperde lo sguardo, c’è qualcosa, nella frase del nipote, che stride.<br />

«Chi è Charly?».<br />

Nina e Riccardo si voltano verso il bambino colorato a ragni e grano, si voltano piano. Non capiscono.<br />

C’è qualcosa, fra nonno e Charly, che non torna. Qualcosa che <strong>di</strong>scorda.<br />

«Lui fa finta», <strong>di</strong>ce Charly. «Lui non vuole capire che ha torto marcio».<br />

I bambini annuiscono. <strong>La</strong> faccia del nonno s’indurisce, la voce buia scortica la gola:<br />

«Ho da lavorare io, ve lo chiedo per l’ultima volta. Chi è Charly? Lo sapete che non dovete allontanarvi dal campo».<br />

Riccardo in<strong>di</strong>ca il bambino con la faccia da adulto, ma più viva, più affilata, più presente:<br />

«È lui, nonno. Ci ha mostrato i cuccioli».<br />

Le ombre sulla faccia del nonno scivolano via, gli increspano il viso <strong>di</strong> rughe. Sorride.<br />

«E così questo bel giovanotto sarebbe Charly… Ma certo». Accenna un inchino.<br />

Lo sguardo <strong>di</strong> Charly sul nonno, pesante come pietre. Muto.<br />

Nonno torna ai nipoti, avverte solo un senso <strong>di</strong> freddo: è <strong>di</strong>ventato vecchio per lavorare la terra, pensa. Forse è bene<br />

fermarsi, forse è bene giocare a quel gioco che i nipoti hanno in testa.<br />

«Sentite un po’. Perché non mi portate a vedere questi cuccioli? Se sono i figli della mia cagna, giuro che ne teniamo<br />

uno».<br />

Nina e Riccardo sorridono, finalmente. Come ci si aspetta che i bambini sorridano.<br />

Nonno guida, come ci aspetta che gui<strong>di</strong> chi ha preso la patente prima che inventassero le strade. Le buche sull’asfalto<br />

sono tutte sue. Si lamenta della schiena.<br />

Sul se<strong>di</strong>le posteriore Nina, Riccardo e Charly.<br />

«È vero nonno?», chiede Nina.<br />

«Cosa, bella?».<br />

«Quello che ha detto Charly, che chi abbandona i cani uccide le persone».<br />

Lo sguardo <strong>di</strong> nonno nello specchietto retrovisore: gli occhi <strong>di</strong> Nina, in attesa.<br />

«Dì a Charly che è una scemenza. Un uomo è un uomo, una bestia è una bestia».<br />

Lo sguardo <strong>di</strong> Charly nello specchietto retrovisore: gli occhi <strong>di</strong> nonno, ciechi.<br />

«Charly <strong>di</strong>ce che una macchina l’ha investito mentre camminava perché un cane randagio le ha tagliato la strada».<br />

Nonno tace. Quel gioco lo stanca, è insano.<br />

«Fermati qui!», gli urla Riccardo.<br />

«Perché? Che c’è?».<br />

«È qui che ci sono i cuccioli, il sacco è scivolato verso il fosso, è qui che ci ha portato Charly!».<br />

Nonno sente freddo. Ancora. Gli manca il sudore bruciante dei campi. Pensa che deve far presto. Pensa che c’è qualcosa<br />

che non è normale. Qualcosa fuori posto. Qualcosa che non controlla, e che invece dovrebbe.<br />

Accosta e scende. Fa uscire i bambini e <strong>di</strong>ce:<br />

«E uno!» Scende Riccardo. «E due!» Scende Nina. «E tre!» <strong>di</strong>ce la nipote, mentre Charly scende.<br />

Nina prende nonno per la mano e lo tira verso il fosso.<br />

«Guarda!», gli <strong>di</strong>ce.<br />

E nonno vede. Cerca <strong>di</strong> vedere meglio. E più vede e meno ci capisce. <strong>Il</strong> sacco è lo stesso. I cani pochi, erano <strong>di</strong> più.<br />

Li avranno presi, pensa.


«Sembrano loro», sussurra.<br />

«Sono loro», <strong>di</strong>ce Charly. Questa volta nonno lo sente e si volta <strong>di</strong> scatto, come quando sente le bisce strisciare nel<br />

grano.<br />

«Chi ha parlato?», suda.<br />

«È stato Charly», <strong>di</strong>ce Nina.<br />

Gli occhi ciechi <strong>di</strong> nonno le fanno quasi tenerezza, non fosse per lo strano impulso <strong>di</strong> spingerlo nel fosso. Ma è un<br />

pensiero che scheggia via, ineffabile.<br />

«An<strong>di</strong>amo. Questo gioco è durato anche troppo», <strong>di</strong>ce nonno.<br />

«E il cucciolo?».<br />

«Ve ne prendo uno nuovo».<br />

Nonno apre la portiera.<br />

«E uno!», grida Riccardo salendo.<br />

«E due!», ribatte Nina.<br />

«E basta». Conclude nonno sbattendo la porta. Perentorio.<br />

«No, lui deve venire con noi!», strillano i bambini picchiando sul vetro.<br />

«Mi avete seccato», sibila nonno. Monta in macchina e parte. Rapido.<br />

Charly se ne sta fisso, i pugni stretti, gli occhi neri come spilli. Li guarda allontanarsi.<br />

«Vogliamo restare con lui!», implorano.<br />

Nonno si volta, l’espressione truce:<br />

«Ho detto basta».<br />

Gli occhi dei nipoti si allargano in un terrore che lo scavalca, che va a posarsi oltre il vetro, sulla strada.<br />

«Nonno!».<br />

Nonno si volta. C’è Charly in mezzo alla strada. In pie<strong>di</strong>. Insanguinato, fiero, feroce.<br />

Nonno grida. Frena. <strong>La</strong> 126 sbanda. Lo schianto violento contro il tronco <strong>di</strong> un noce, il noce che gran<strong>di</strong>na proiettili<br />

acerbi, ver<strong>di</strong>: un colore che non rispetta la 126 grigia spruzzata <strong>di</strong> rosso. Spruzzata <strong>di</strong> rosso anche la vista <strong>di</strong> nonno, che<br />

forza la maniglia e cade fuori. E trema. E prega.<br />

Riverso sull’asfalto, Charly. Fissa il nonno come se gli avesse fatto un torto minore, tipo bucargli il pallone da calcio,<br />

non certo spaccargli le ossa con l’auto.<br />

Charly si alza. Si spolvera i vestiti. E nonno in<strong>di</strong>etreggia e <strong>di</strong>ce no. Dice no, nonno. Anche quando <strong>di</strong>etro Charly vede<br />

Nina e Riccardo. Imbrattati. Nina e Riccardo <strong>di</strong> seconda mano.<br />

«Hai visto cos’hai fatto? Aveva ragione Charly!», <strong>di</strong>cono.<br />

Nonno deambula e cade, si rialza e striscia. Per i campi. È più veloce nonno, o forse no. Forse i bambini camminano per<br />

sfinirlo, per prolungare l’agonia. Come i predatori che spingono la preda nell’angolo sbavando. Famelici.<br />

Un’auto sopraggiunge sulla strada dello schianto. Si ferma. Due ragazze. Vedono quello che c’è da vedere: due cuccioli<br />

<strong>di</strong> cane oltraggiati dalle ruote. Gli intestini sull’asfalto. E dentro l’auto l’oltraggio più grave. Due bambini col cranio<br />

sfondato. Nessun altro. Nessuno. Nessun conducente.<br />

«Cristo <strong>di</strong> <strong>di</strong>o», <strong>di</strong>ce la ragazza bionda.<br />

E <strong>di</strong>stoglie lo sguardo. È così che vede l’albero, e i fiori appassiti legati con nastro giallo al tronco. Vede la foto. Un<br />

bambino coi capelli colore del grano e gli occhi neri. Come i ragni. Sorride. Come ci si aspetta che sorrida un bambino.<br />

Ore 12:01<br />

Loro entreranno. È un fatto.<br />

«Dove le tiene vostro nonno le chiavi <strong>di</strong> scorta?».<br />

«Nel vaso. Qui, guarda», <strong>di</strong>ce Nina a Charly.<br />

<strong>La</strong> chiave graffia il metallo nella toppa. È un suono sgradevole. <strong>Il</strong> tintinnio che provoca facendo cadere quella interna<br />

dovrebbe esserlo <strong>di</strong> meno. Eppure.<br />

<strong>La</strong> serratura scatta. <strong>La</strong> porta è aperta, ora.<br />

Nina ferma Charly per la spalla.<br />

«Perché hai scelto noi?».<br />

«Mi sentivo solo».<br />

Nina sorride, riflessa nel colore del ragno.<br />

Lorenza Ghinelli<br />

Disponibile su www.biblet.it<br />

Lorenza Ghinelli, nata nel 1981 a Cesena, ha<br />

pubblicato da Newton Compton nel 2011 il<br />

romanzo <strong>Il</strong> <strong>di</strong>voratore. Con Daniele Rudoni e<br />

Simone Sarasso ha scritto J.A.S.T. – Just Another<br />

Spy Tale (Marsilio 2010). Entrambi i suoi<br />

libri sono <strong>di</strong>sponibili in ebook da Biblet.<br />

15


16<br />

<strong>Il</strong> mondo dell’ebook<br />

L’evoluzione della<br />

specie eBook<br />

<strong>di</strong> Roberto Dessì<br />

Si fa presto a <strong>di</strong>re eBook. Perché se<br />

è vero che il libro <strong>di</strong>gitale guadagna<br />

quoti<strong>di</strong>anamente estimatori,<br />

erodendo fette <strong>di</strong> mercato al suo<br />

concorrente fatto <strong>di</strong> cellulosa e inchiostro,<br />

è altrettanto vero che un po’ <strong>di</strong> cultura<br />

tecnologica a riguardo non è un vezzo da<br />

“geek”, ma un’esigenza inderogabile per non<br />

inciampare in acquisti incauti.<br />

Pren<strong>di</strong>amo ad esempio i formati: l’estensione<br />

“pdf” è entrata <strong>di</strong> prepotenza nel lessico quoti<strong>di</strong>ano<br />

<strong>di</strong> chi ha una minima confidenza con<br />

l’informatica, ma si può <strong>di</strong>re altrettanto dei<br />

suffissi “epub” e “azw”? Meno conosciuti forse,<br />

ma anche in questo caso trattasi <strong>di</strong> formati<br />

per la riproduzione <strong>di</strong> libri <strong>di</strong>gitali, o eBook<br />

che <strong>di</strong>r si voglia: files contenenti successioni<br />

<strong>di</strong> bit, zeri e uno che si ricombinano per rappresentare<br />

ora un testo, ora un’illustrazione.<br />

In soldoni, quali sono le <strong>di</strong>fferenze tra l’uno e<br />

l’altro? E soprattutto: esiste un formato “migliore”<br />

dell’altro?<br />

<strong>Il</strong> presente: pdf, ePub e Amazon<br />

Cominciamo col <strong>di</strong>re che esiste un formato più<br />

<strong>di</strong>ffuso degli altri, ed è il PDF. Un’indagine<br />

O’Reilly (2010) ha messo in evidenza come lo<br />

standard Adobe sia ancora al top nelle preferenze<br />

dei lettori <strong>di</strong> eBook: per ogni 10 venduti<br />

o scaricati gratuitamente dalla Rete, 5 sono<br />

Portable Document Format. Rapporto che,<br />

fino al 2008, si attestava su percentuali bulgare


– 9 su 10 – e che è andato calando dall’inizio del<br />

2009, in concomitanza con l’affermarsi <strong>di</strong> un<br />

nuovo antagonista. <strong>Il</strong> suo nome è per l’appunto<br />

ePub, è libero, gratuito, basato sul linguaggio<br />

XML (a sua volta derivante dall’HTML) e<br />

creato dal consorzio IDPF, che riunisce il gotha<br />

dell’e<strong>di</strong>toria <strong>di</strong>gitale mon<strong>di</strong>ale. In poco più <strong>di</strong><br />

un anno l’ePub ha ottenuto il 25% delle preferenze<br />

complessive, e continua a crescere a ritmi<br />

esponenziali. Non occorrerà attendere a lungo<br />

per assistere allo storico sorpasso.<br />

<strong>La</strong> ragione <strong>di</strong> questo successo? Risiede in una<br />

maggiore versatilità, tanto per cominciare. Gli<br />

eBook creati con lo standard ePub si adattano<br />

facilmente a qualsiasi supporto sul quale vengono<br />

riprodotti, sia esso il capiente schermo<br />

<strong>di</strong> un notebook o il piccolo monitor eInk <strong>di</strong> un<br />

eBook reader. Altro vantaggio non da poco è la<br />

possibilità <strong>di</strong> variare la <strong>di</strong>mensione dei caratteri,<br />

ingrandendoli o rimpicciolendoli a piacere.<br />

C’è infine da <strong>di</strong>re che il formato ePub nasce<br />

espressamente per la creazione degli eBook, al<br />

contrario del versatile (ma meno specializzato)<br />

PDF. Sembrerebbe un semplice duopolio, ma a<br />

vestire i panni del terzo incomodo – o almeno<br />

a provarci – è il formato proprietario Amazon,<br />

In poco più <strong>di</strong> un anno l’ePub è stato<br />

capace <strong>di</strong> rosicchiare il 25% delle<br />

preferenze complessive, e continua<br />

a registrare una crescita esponenziale<br />

estensione .AZW. Da anni l’azienda americana<br />

creatrice dell’eReader Kindle <strong>di</strong>fende a spada<br />

tratta il proprio standard, rifiutandosi <strong>di</strong> aprire<br />

il proprio device agli ePub. Chi desidera leggerne<br />

uno sul Kindle deve (ammesso che non<br />

sia protetto da DRM) prima convertirlo in un<br />

altro formato che l’eReader sia in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>gerire<br />

e riprodurre. Rumors degli scorsi mesi<br />

parlavano della possibilità che la società <strong>di</strong><br />

Jeff Bezos aprisse finalmente all’ePub; voci<br />

che sono rimaste tali, con l’AZW che rimane<br />

<strong>di</strong> fatto il formato per eccellenza nel micromacrocosmo<br />

Amazon.<br />

<strong>Il</strong> futuro: html5, app ed enhanced<br />

eBook<br />

Neanche il tempo <strong>di</strong> affermarsi, che già all’ePub<br />

è richiesta una nuova evoluzione. Le aspettative<br />

sugli eBook stanno crescendo, riprodurre fedelmente<br />

il contenuto <strong>di</strong> un libro e l’esperienza<br />

<strong>di</strong> lettura del cartaceo non è più sufficiente, e<br />

non basterà aggiungere qualche collegamento<br />

ipertestuale e qualche utility per appagare le<br />

aspettative del lettore 2.0.<br />

Che richiede multime<strong>di</strong>alità, interattività, ed<br />

effetti speciali come davanti al maxischermo<br />

<strong>di</strong> un cinema, ma nell’intimità della lettura.<br />

Elementi che Apple ha sposato e integrato nel<br />

<strong>di</strong>spositivo best seller del 2010 e 2011: l’iPad.<br />

Grazie alla potenza <strong>di</strong> elaborazione del tablet,<br />

unita alla versatilità e nitidezza dei colori sul<br />

touchscreen e all’infinito database garantito<br />

dalla connettività alla Rete, i semplici eBook<br />

si arricchiscono <strong>di</strong> immagini, commenti au<strong>di</strong>o<br />

dell’autore e dei personaggi, musica, video e<br />

funzioni “social”, trasformandosi da semplice<br />

elemento <strong>di</strong> svago passivo a intrattenimento<br />

interattivo.<br />

È l’era dell’enhanced eBook, tradotto letteralmente<br />

“eBook arricchito”, o più semplicemente<br />

eBook 2.0. Le case e<strong>di</strong>trici USA, fiutando per<br />

prime il cambiamento, si lanciano nelle prime<br />

iniziative sperimentali: eBook e animazioni,<br />

gallerie fotografiche, clip, giochi.<br />

A offrire un primo saggio delle potenzialità del<br />

mezzo è la traslazione in app <strong>di</strong> un best seller:<br />

17


18<br />

I pilastri della terra <strong>di</strong> Ken Follett, realizzata da<br />

Penguin poco più <strong>di</strong> un anno fa.<br />

Non passano molte settimane, ed è un fiorire <strong>di</strong><br />

lo standard ePub,<br />

arrivato alla terza<br />

versione, si è arricchito<br />

<strong>di</strong> tutte le potenzialità<br />

dell’hTml 5<br />

nuove iniziative e<strong>di</strong>toriali: gli eBook arricchiti<br />

spopolano tra le app più scaricate <strong>di</strong> iTunes, sia<br />

quando ripropongono vecchi classici integrati<br />

da contenuti speciali, sia con eBook ine<strong>di</strong>ti,<br />

scritti e programmati in un solo corpo. Inutile<br />

mettere in risalto le potenzialità narrative <strong>di</strong><br />

queste applicazioni, subito prese in prestito dal<br />

settore istruzione: le app <strong>di</strong>dattiche e i libri <strong>di</strong><br />

testo multime<strong>di</strong>ali catturano l’attenzione degli<br />

studenti e dei professori, arricchiscono la preparazione<br />

e parlano lo stesso linguaggio della<br />

generazione Y.<br />

E l’ePub? L’abbiamo tralasciato per un istante,<br />

ma non si è lasciato cogliere impreparato. Lo<br />

standard, arrivato alla terza versione, si è arricchito<br />

<strong>di</strong> tutte le potenzialità dell’HTML 5,<br />

ultima evoluzione del linguaggio <strong>di</strong> programmazione<br />

del Web. Così, superando la piatta<br />

riproduzione del testo avremo presto effetti<br />

sonori ad accompagnare ed enfatizzare le fasi<br />

salienti della lettura, gallerie fotografiche esplicative,<br />

video <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento e giochi a<br />

tema per “spezzare” tra un capitolo e l’altro.<br />

Certo non pane per semplici eReader in bianco<br />

e nero, ma adattissimi ad essere riprodotti sui<br />

tablet <strong>di</strong> ultima generazione, l’evoluzione dei<br />

Personal Computer.<br />

<strong>Il</strong> lettore 2.0 si immergerà perciò nella lettura<br />

<strong>di</strong> un eBook 2.0 su un eBook reader o tablet <strong>di</strong><br />

seconda generazione. Manca solo un tassello:<br />

una seconda generazione <strong>di</strong> scrittori-programmatori-sceneggiatori<br />

delle proprie fantasie<br />

multime<strong>di</strong>ali.


<strong>di</strong> Daniela De Pasquale<br />

“C<br />

he cosa c’è in un nome? Quella<br />

che chiamiamo rosa, pur con<br />

un altro nome, avrebbe lo stesso<br />

dolce profumo”.<br />

Così Giulietta contesta l’o<strong>di</strong>o<br />

che da generazioni <strong>di</strong>vide le famiglie Capuleti<br />

e Montecchi, ostacolando il suo amore<br />

per Romeo. A partire dalla sua osservazione<br />

possiamo fare altri esempi, come sostituire<br />

al nome libro il termine eBook.<br />

Una licenza poetica in apparenza pertinente,<br />

perché rimaniamo in ambito letterario.<br />

Eppure qualcosa non torna. Non cambia<br />

la <strong>di</strong>fferenza tra i due tipi<br />

<strong>di</strong> schermo rende l’eReader<br />

lo strumento più adatto per la<br />

lettura, mentre i tablet sacrificano<br />

la leggibilità in favore <strong>di</strong> nuove<br />

funzionalità<br />

il contenuto: anche se <strong>di</strong>gitale, la fine dei<br />

due giovani amanti è ugualmente tragica.<br />

A cambiare è il contenitore, e questo alza il<br />

sipario su una nuova storia, tutta da scoprire,<br />

che si compone almeno <strong>di</strong> quattro<br />

capitoli.<br />

<strong>Il</strong> primo vede lo scontro tra la famiglia dei<br />

<strong>di</strong>fensori della carta e quella che guarda<br />

<strong>Il</strong> mondo dell’ebook<br />

L’esperienza <strong>di</strong> lettura<br />

dal contenuto al<br />

contenitore<br />

agli eBook con entusiasmo. A chi resta legato<br />

all’esperienza <strong>di</strong> lettura del libro, che<br />

si può sfogliare, profuma <strong>di</strong> colla e inchiostro,<br />

permette <strong>di</strong> inserire note e arricchisce<br />

la libreria <strong>di</strong> casa, i lettori <strong>di</strong>gitali rispondono<br />

con motivazioni <strong>di</strong>fficili da contestare.<br />

Innanzitutto la portabilità: un’intera libreria<br />

che ci segue ovunque con l’ingombro e<br />

il peso <strong>di</strong> un solo libro. In secondo luogo il<br />

risparmio, perché la spesa del device viene<br />

ammortizzata dal costo più basso degli<br />

eBook rispetto agli equivalenti cartacei. Infine,<br />

l’appeal ecofriendly della possibilità <strong>di</strong><br />

salvare gli alberi dall’abbattimento. Non<br />

è necessario che un mondo fagociti l’altro:<br />

libro ed eBook posso convivere ed essere<br />

scelti <strong>di</strong> volta in volta in base alle esigenze<br />

e ai contesti.<br />

<strong>Il</strong> secondo capitolo riguarda le due facce<br />

della lettura <strong>di</strong>gitale: su eReader o su tablet.<br />

Secondo una ricerca Forrester, il tablet<br />

è una scelta soprattutto maschile. Un’indagine<br />

Nielsen dello scorso agosto conferma<br />

il dato: il rapporto tra donne e uomini che<br />

possiedono un eReader in USA è 61 a 39;<br />

per i tablet invece è 43 a 57. Emerge, inoltre,<br />

che anche gli uomini over 55 preferiscono<br />

gli eReader, forse per la possibilità <strong>di</strong><br />

ingran<strong>di</strong>re i caratteri.<br />

<strong>La</strong> principale <strong>di</strong>fferenza tra i due <strong>di</strong>spositivi,<br />

infatti, sta nello schermo. Gli eReader<br />

sono dotati <strong>di</strong> schermo e-ink, o inchiostro<br />

19


20<br />

elettronico, in grado <strong>di</strong> assicurare un’esperienza<br />

<strong>di</strong> lettura simile a quella della carta:<br />

il <strong>di</strong>splay necessita <strong>di</strong> luce esterna, perché<br />

non è retroilluminato, e dunque non affatica<br />

la vista.<br />

I tablet, invece, hanno uno schermo LCD<br />

come quello dei pc che, nella maggioranza<br />

dei casi, è touchscreen, ossia permette<br />

<strong>di</strong> interagire <strong>di</strong>rettamente con l’interfaccia<br />

grafica, attraverso lo sfioramento delle <strong>di</strong>ta<br />

o l’uso <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> puntamento.<br />

<strong>La</strong> <strong>di</strong>fferenza tra i due tipi <strong>di</strong> schermo rende<br />

l’eReader lo strumento più adatto per la<br />

lettura, mentre i tablet sacrificano in parte<br />

la leggibilità in favore dell’integrazione <strong>di</strong><br />

funzionalità come la visualizzazione <strong>di</strong> immagini<br />

e video, la navigazione e l’accesso<br />

ad applicazioni e giochi. Gli eReader sono<br />

arrivati prima in or<strong>di</strong>ne cronologico: al<br />

1993 risale un primo prototipo, realizzato<br />

proprio in <strong>Italia</strong> come tesi <strong>di</strong> laurea da due<br />

architetti <strong>di</strong> Varese. <strong>Il</strong> suo nome, Incipit,<br />

non è stato profetico nell’annunciare l’avvento<br />

<strong>di</strong> un nuovo tipo <strong>di</strong> testo: il progetto<br />

fu rifiutato da due aziende, tra cui Microsoft,<br />

che non vi vedevano alcuna portata<br />

commerciale. In seguito sono stati messi in<br />

commercio i primi veri <strong>di</strong>spositivi, sbaragliati<br />

nel 2007 dall’arrivo del Kindle, che<br />

da allora è <strong>di</strong>ventato sinonimo <strong>di</strong> eReader<br />

ed è ancora il più venduto al mondo.<br />

Oggi siamo arrivati alla sua quarta generazione,<br />

e Amazon ha appena annunciato<br />

il proprio ingresso nel mercato dei tablet<br />

con il Kindle Fire. C’è solo un rivale che, al<br />

momento, può destare qualche preoccupazione<br />

negli uffici <strong>di</strong> Seattle: il Nook Color <strong>di</strong><br />

Se finora la sfida dell’eRea<strong>di</strong>ng<br />

si è giocata tra il kindle e<br />

l’iPad, oggi Amazon e Apple<br />

si contendono il primato<br />

assoluto della lettura <strong>di</strong>gitale<br />

su tablet<br />

Barnes & Noble. Un eReader ibrido, non<br />

dotato <strong>di</strong> schermo in bianco e nero, ma a 16<br />

milioni <strong>di</strong> colori, per integrare quasi tutte<br />

le funzionalità <strong>di</strong> un tablet.<br />

I tablet veri e propri sono i protagonisti del<br />

terzo capitolo, caratterizzato da una guerra<br />

intestina, che al momento ha un unico e<br />

incontrastato vincitore: l’iPad <strong>di</strong> Apple.<br />

<strong>La</strong> tavoletta <strong>di</strong> Steve Jobs ha <strong>di</strong>viso il mondo<br />

secondo l’asse del tempo (prima dell’i-<br />

Pad e dopo l’iPad) e dello spazio (esistono<br />

solo iPad e anti iPad).<br />

vs.


Percentuale femminile<br />

che possiede un<br />

<strong>di</strong>spositivo elettronico<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

47%<br />

46%<br />

39%<br />

Dalla sua nascita, nel maggio 2010, gli analisti<br />

<strong>di</strong> mezzo mondo si sono preoccupati<br />

<strong>di</strong> trovare un prodotto in grado <strong>di</strong> competere<br />

con un tale inaspettato successo. Si è<br />

partiti con il Galaxy Tab <strong>di</strong> Samsung, un<br />

ottimo device, penalizzato da un prezzo<br />

troppo alto. È stata poi la volta dei cloni,<br />

soprattutto cinesi, che proponevano device<br />

a basso costo ma <strong>di</strong> scarsa qualità. Si è<br />

arrivati infine agli exploit, subito rientrati,<br />

dei gran<strong>di</strong> competitor che hanno tentato<br />

<strong>di</strong> conquistare il mercato <strong>di</strong> massa ma non<br />

hanno mantenuto le aspettative <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta:<br />

Toshiba Folio, Motorola Xoom e RIM Play-<br />

Book.<br />

È bastato dunque l’iPad a trascinare il mercato,<br />

che ha visto i tablet superare le ven<strong>di</strong>te<br />

degli eReader. Nel primo quadrimestre<br />

del 2011 il mercato dei tablet è cresciuto<br />

dell’88%: per la fine dell’anno si prevede la<br />

ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> 62 milioni <strong>di</strong> pezzi.<br />

L’ultimo capitolo si sta scrivendo in questi<br />

giorni, ed è una guerra tra titani. Se<br />

finora la sfida dell’eRea<strong>di</strong>ng si è giocata<br />

proprio tra il Kindle e l’iPad, oggi le due<br />

Big A (Amazon e Apple) si contendono il<br />

primato assoluto della lettura <strong>di</strong>gitale su<br />

56%<br />

48%<br />

42%<br />

61%<br />

50%<br />

43%<br />

q3 - 2010 q1 -2011 q2 -2011<br />

Smartphone eReader Tablet<br />

fonte: Nielsen<br />

tablet. Una lotta che le vede fronteggiarsi<br />

sullo stesso terreno, perché anche Amazon,<br />

al pari <strong>di</strong> Apple e a <strong>di</strong>fferenza degli altri<br />

player, può contare su un proprio ecosistema:<br />

un negozio <strong>di</strong> prodotti e applicazioni,<br />

servizi cloud e advertising.<br />

Da una parte c’è l’iPad che, stando ai rumors,<br />

sta per essere nuovamente aggiornato.<br />

Dall’altra il nuovissimo Kindle Fire, il<br />

primo tablet <strong>di</strong> Amazon, con una dotazione<br />

basic rispetto al suo concorrente ma dal<br />

prezzo davvero competitivo: 199 $, meno<br />

della metà dell’iPad 2 (499 $ per il modello<br />

base). Anche in questo caso, i bene informati<br />

assicurano che a breve uscirà una versione<br />

più performante.<br />

<strong>La</strong> grande battaglia è appena cominciata, e<br />

la saga dell’eRea<strong>di</strong>ng non ha ancora il suo<br />

finale.<br />

21


Louis-Fer<strong>di</strong>nand Céline<br />

“Viaggio al termine<br />

della notte”<br />

22<br />

(1932)<br />

Buona la prima<br />

Storie <strong>di</strong> libri ed e<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> Luca Bisin<br />

Se, come voleva Roland Barthes, la funzione dello scrittore è <strong>di</strong> <strong>di</strong>re in ogni occasione e senza ritardo ciò che egli<br />

pensa, si può <strong>di</strong>re che Céline abbia usato <strong>di</strong> questa licenza fino alla sfrenatezza. Un certo gusto per l’occasione<br />

importuna e per il tempo sincopato saranno le cifre tanto della sua scrittura, quanto <strong>di</strong> una presenza letteraria<br />

con cui, tra libelli antisemiti e scelte politiche <strong>di</strong>ssennate, Céline si guadagnerà la fama scandalosa che ancora<br />

oggi, nel cinquantenario della sua morte, ce lo rende <strong>di</strong>fficile. È tanto più curioso, allora, che la pubblicazione<br />

del suo primo romanzo, Viaggio al termine della notte, giungesse invece nel 1932 con la precisione esatta del tempo<br />

debito, tempestiva come Céline non ha forse più saputo essere in seguito: a un’Europa tesa tra due carneficine, presa<br />

nelle incertezze economiche della Grande crisi, percorsa dalla violenza delle ideologie, pochi libri parranno più puntuali e<br />

opportuni nel rappresentare un’umanità <strong>di</strong>sorientata e feroce, <strong>di</strong> quanto siano state le allucinate peregrinazioni del me<strong>di</strong>co<br />

Fer<strong>di</strong>nand Bardamu, sospinto per tre continenti da non più che la “voglia <strong>di</strong> scappare da ogni posto, alla ricerca <strong>di</strong> non so<br />

cosa”. Eppure, c’è forse ancora il segno <strong>di</strong> quella ostinata intempestività celiniana nel fatto che la pubblicazione del Viaggio<br />

sia stata anzitutto una storia <strong>di</strong> tempi e <strong>di</strong> occasioni, colte o mancate <strong>di</strong> un soffio: “Ho mandato il manoscritto a Denoël<br />

e alla NRF nello stesso tempo. Entrambi lo hanno accettato nello stesso giorno, ma Denoël due ore prima della NRF”.


Da una parte, la prontezza del giovane<br />

e<strong>di</strong>tore Robert Denoël nell’afferrare<br />

la novità e l’importanza <strong>di</strong> quelle<br />

novecento pagine dattiloscritte che<br />

un ancora sconosciuto Céline gli fa<br />

pervenire: è forse l’effetto <strong>di</strong> una leggenda<br />

che s’insinua, talvolta, nelle<br />

gran<strong>di</strong> occasioni, a volere che quelle<br />

pagine siano giunte senza in<strong>di</strong>cazione<br />

dell’autore o <strong>di</strong> un recapito, con<br />

Denoël che in una lotta contro il tempo<br />

rincorre gli in<strong>di</strong>zi fino al numero<br />

98 <strong>di</strong> rue Lepic, vicino a Montmartre,<br />

dove abita il me<strong>di</strong>co (anch’egli,<br />

come il suo Bardamu) Louis Destouches,<br />

non ancora <strong>di</strong>venuto “Céline”.<br />

Dall’altra parte, l’accurata ma lenta<br />

procedura <strong>di</strong> valutazione della Nouvelle<br />

Revue Française (la futura Gallimard)<br />

che, apposto al manoscritto<br />

celiniano il numero d’or<strong>di</strong>ne 6127, lo<br />

in<strong>di</strong>rizza all’abituale trafila dei consiglieri<br />

letterari e dei comitati <strong>di</strong> redazione,<br />

rispondendo alle irrequiete<br />

sollecitazioni dell’autore con la flemma<br />

burocratica del ragguaglio procedurale.<br />

Infine, la decisione giunge<br />

positiva ma con due ore <strong>di</strong> ritardo:<br />

Céline ha già firmato. Due ore, un<br />

soffio. E l’indugio non sarà privo <strong>di</strong><br />

conseguenze per Gallimard come per<br />

Céline: l’uno chiamato nuovamente<br />

a scagionarsi da un certo imbarazzo,<br />

dopo il clamoroso incidente della<br />

Recherche proustiana; l’altro deluso<br />

nella prospettiva imminente del premio<br />

Goncourt, che Céline mancherà<br />

nonostante l’impegno promozionale<br />

<strong>di</strong> Denoël e che egli si sarebbe forse<br />

aggiu<strong>di</strong>cato sotto il più influente patrocinio<br />

<strong>di</strong> Gallimard.<br />

Eppure, a segnare qui i destini è forse<br />

non tanto l’esitazione <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>tore<br />

quanto invece l’impazienza <strong>di</strong> un<br />

autore, che anche nella sua scrittura<br />

vorrà sempre assecondare il cruccio<br />

<strong>di</strong> un ritardo e la foga <strong>di</strong> un certo<br />

inseguire: ad Alberto Arbasino, che<br />

gli fa visita nel suo ritiro <strong>di</strong> Meudon,<br />

Céline spiega che la parola non viene<br />

per prima, ma per seconda, sempre<br />

lanciata alla rincorsa <strong>di</strong> un’emozione<br />

più urgente e improrogabile con la<br />

quale può incontrarsi solo nell’espe<strong>di</strong>ente<br />

stilistico <strong>di</strong> “una certa deformazione,<br />

un artificio tale che quando<br />

uno legge il libro gli sembra che gli si<br />

stia parlando all’orecchio”.<br />

In fondo, più ancora che un libro<br />

dell’ossessione e del risentimento,<br />

del delirio e della <strong>di</strong>sperazione, come<br />

verrà soprattutto letto, il Viaggio è un<br />

libro dell’impazienza. Impazienti <strong>di</strong><br />

morire, i pazzi eroici e scatenati che si<br />

gettano come niente nel delirio della<br />

guerra mon<strong>di</strong>ale; impazienti <strong>di</strong> possedere,<br />

i funzionari che nel torrido<br />

delle colonie africane si consumano<br />

nell’opera meschina dei traffici e delle<br />

furberie; impazienti <strong>di</strong> produrre, le<br />

macchine che nelle fabbriche dell’America<br />

for<strong>di</strong>ana si torcono senza sosta,<br />

nella continuità ininterrotta del<br />

frastuono e del tremore; impazienti<br />

<strong>di</strong> pena e d’illusione, i malati e gli<br />

alienati dei sobborghi <strong>di</strong> Parigi che<br />

si affannano in “questo gran darsi<br />

da fare, per restare ragionevoli”, per<br />

evitare <strong>di</strong> essere semplicemente se<br />

stessi, cioè assur<strong>di</strong>. E forse, alla fine,<br />

anche le peregrinazioni inquiete che<br />

Céline fa compiere al suo Bardamu,<br />

non sono che un tale artificio d’esistenza<br />

affinché egli possa incontrare<br />

quei “lapsus <strong>di</strong> delicatezza” (come<br />

li ha chiamati Ernesto Ferrero) che si<br />

affacciano puntuali dalle pagine del<br />

Viaggio: il sergente Alcide, che in un<br />

infernale recesso d’Africa consuma<br />

la de<strong>di</strong>zione paziente e <strong>di</strong>sinteressata<br />

a una nipotina mai conosciuta, a cui<br />

paga gli stu<strong>di</strong> offrendole “tanta tenerezza<br />

da rifare il mondo e questo non<br />

si vedeva”; e poi la “buona, ammirevole<br />

Molly”, lasciata in una stazione<br />

d’America per inseguire l’ennesimo<br />

altrove, a cui Bardamu offre la devozione<br />

<strong>di</strong> una promessa incerta:<br />

“vorrei se può ancora leggermi, da<br />

un posto che non conosco, che lei sapesse<br />

che non sono cambiato per lei,<br />

che può venire qui quando vuole a<br />

<strong>di</strong>videre il mio pane e il mio destino<br />

furtivo”.<br />

Se Bardamu si aggira tra le pagine del<br />

Viaggio con la svagatezza <strong>di</strong> chi non<br />

sa dare un nome alla propria impazienza,<br />

il giovane Céline non è forse<br />

da meno nell’affacciarsi al mondo letterario<br />

parigino. Così, quando Gallimard,<br />

in ossequio alla precisione dei<br />

generi, gli chiederà <strong>di</strong> dare un nome<br />

al tema del proprio libro, egli non saprà<br />

rispondere altrimenti che con la<br />

stessa vaga inquietu<strong>di</strong>ne che agita il<br />

suo protagonista: “Qualcosa! Ah! Tutto<br />

il romanzo è questo qualcosa!”.<br />

23


24<br />

la parola al romanzo<br />

<strong>di</strong> <strong>Vittorio</strong> Coletti<br />

<strong>La</strong> lingua letteraria da tempo, in sostanza dagli<br />

anni dell’Unità, ha smesso <strong>di</strong> far da pilota<br />

alla lingua comune. Semmai, se si guarda alla<br />

lingua del romanzo, si è messa a seguire e ad<br />

emulare la lingua quoti<strong>di</strong>ana e parlata, cercando<br />

<strong>di</strong> rifarne lo stile informale, la sintassi slabbrata,<br />

<strong>di</strong> restituirne il lessico approssimativo e<br />

povero, <strong>di</strong> rinnovarne le declinazioni regionali.<br />

Negli ultimi decenni, però, anche questa de<strong>di</strong>zione<br />

al reale è in parte venuta meno, per lasciare<br />

spazio a un più vario sperimentare, a una<br />

nuova libertà. Si confronti il valore del <strong>di</strong>aletto<br />

o dell’impronta regionale in Verga con quella<br />

che questi tratti linguistici hanno in Camilleri.<br />

Là erano segno <strong>di</strong> fedeltà alla realtà sociolinguistica<br />

locale, veicolo <strong>di</strong> scrittura realistica e<br />

quasi documentaria. Qui sono espressione <strong>di</strong><br />

invenzione personale, <strong>di</strong> libera manipolazione<br />

della lingua; non <strong>di</strong> <strong>di</strong>aletto (lingua <strong>di</strong> una<br />

comunità) si tratta in Camilleri, ma <strong>di</strong> i<strong>di</strong>oletto<br />

(cioè <strong>di</strong> lingua personale).<br />

<strong>La</strong> lingua del romanzo ha, in effetti, da ultimo<br />

cercato <strong>di</strong> esplorare percorsi espressivi non<br />

scontati, non previsti nelle lingue della società,<br />

ora lavorando sulla libertà sintattica (si pensi<br />

a Sostiene Pereira <strong>di</strong> Tabucchi, in cui tutto il<br />

romanzo è fatto da <strong>di</strong>pendenti lunghissime <strong>di</strong><br />

una principale sintetica come quella del titolo),<br />

ora su quella lessicale (il vocabolario prezioso<br />

<strong>di</strong> Gesualdo Bufalino), ora su quella testuale (la<br />

costruzione sperimentale del libro in Baricco, la<br />

sua stessa <strong>di</strong>sinvolta mise en page), a volte ad<strong>di</strong>rittura<br />

su quella stessa linguistica (l’opzione<br />

fortemente <strong>di</strong>alettale della Pariani nel Paese delle<br />

vocali). Per la verità, non è mai venuta meno<br />

una linea <strong>di</strong> sperimentazione linguistica nella<br />

nostra <strong>narrativa</strong>, dall’Ottocento <strong>di</strong> Carlo Dossi<br />

al Novecento <strong>di</strong> Gadda. Ma ora non si tratta<br />

più <strong>di</strong> gioco e rovesciamento espressionistico<br />

della grammatica, ma <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> nuovi territori<br />

e <strong>di</strong>verse modalità espressive all’interno<br />

della lingua me<strong>di</strong>a e comune.<br />

<strong>La</strong> decisione prevalente dei narratori è andata<br />

in effetti a favore <strong>di</strong> un italiano me<strong>di</strong>o, senza<br />

troppi scarti dalla lingua comune, né in alto né<br />

in basso; <strong>di</strong> recente, si è aggiunta la ricerca <strong>di</strong><br />

una lingua con<strong>di</strong>visa sì, ma non imprecisa. In<br />

effetti, via via che è <strong>di</strong>ventato più comune e<br />

<strong>di</strong>ffuso, l’italiano ha perso <strong>di</strong> precisione e ricchezza.<br />

Se “forte” vale per “bello”, “profondo”,<br />

“eccezionale”, “intelligente” ecc. si capisce<br />

quanto la lingua perda in precisione e ricchezza.<br />

I migliori narratori hanno cercato <strong>di</strong> ovviare<br />

a questo <strong>di</strong>fetto, usando una lingua sì comune,<br />

me<strong>di</strong>a, ma anche precisa e ricca. Si legga qualche<br />

pagina a caso <strong>di</strong> Italo Calvino e si coglierà<br />

subito la proprietà e la varietà del suo vocabolario.<br />

Per esempio, all’inizio del Barone rampante,<br />

il racconto delle scenate a tavola attacca così:<br />

“Cominciò una serie <strong>di</strong> sgridate, <strong>di</strong> ripicchi, <strong>di</strong><br />

Sulla punta della lingua<br />

Come parliamo, come scriviamo<br />

Rubrica a cura<br />

dell’Accademia<br />

della Crusca


castighi, d’impuntature…”: ogni sostantivo ha<br />

una sua specificità, pur concorrendo tutti insieme<br />

a <strong>di</strong>segnare il clima <strong>di</strong> baruffa permanente<br />

al desco dei Pievasco.<br />

<strong>La</strong> precisione e la variazione sono <strong>di</strong>fficili da<br />

ottenere. In un recente e fortunato romanzo,<br />

quando si racconta che un bambino, sentendo<br />

dei rumori, si avvicina a un muretto a secco,<br />

si scrive che “scavalcò il manufatto”, con una<br />

parola burocratica impropria nel contesto, che<br />

varia sì il lessico appena usato, ma lo rende<br />

generico e astratto. Per questo, alcuni scrittori<br />

hanno cercato nella frequentazione della scienza<br />

l’aiuto per un vocabolario più preciso, in<br />

certi casi ad<strong>di</strong>rittura tecnico. Basti pensare a<br />

Primo Levi, chimico nel mestiere e nella scrittura.<br />

O a Daniele Del Giu<strong>di</strong>ce, che ha adoperato<br />

il linguaggio della tecnologia aeronautica per<br />

effetti <strong>di</strong> precisione e competenza nominativa<br />

straor<strong>di</strong>narie.<br />

Come si <strong>di</strong>ceva, ad ogni modo, nei romanzieri<br />

prevale un italiano standard, che ammette certe<br />

<strong>di</strong>sinvolture morfosintattiche del parlato e<br />

dà atto dell’assottigliarsi del lessico, anche se<br />

il perdurante gusto nostrano per la variazione<br />

continua ad alimentare la tra<strong>di</strong>zionale ricerca<br />

dei sinonimi. Da questa base gli scrittori partono<br />

per brevi ricerche <strong>di</strong> libertà, ansiosi <strong>di</strong><br />

firmare con qualche originalità loro esclusiva<br />

una lingua tanto con<strong>di</strong>visa. Nella prima pagina<br />

del recentissimo, pregevole romanzo <strong>di</strong> Valeria<br />

Parrella, Lettera <strong>di</strong> <strong>di</strong>missioni, dentro una lingua<br />

Alcuni scrittori hanno<br />

cercato nella frequentazione<br />

della scienza l’aiuto per un<br />

vocabolario più preciso,<br />

in certi casi ad<strong>di</strong>rittura tecnico<br />

molto comune e preve<strong>di</strong>bile, si legge a un tratto<br />

“dal comò <strong>di</strong> questa mia casa pristina” (<strong>di</strong> una<br />

volta, originaria) oppure “della finestra che<br />

precipitava sulle colline abusate dall’amministrazione<br />

<strong>La</strong>uro” (sulle quali l’amministrazione<br />

aveva consentito abusi e<strong>di</strong>lizi), con una mescolanza<br />

voluta ma non proprio felice <strong>di</strong> comune<br />

(comò), ad<strong>di</strong>rittura giornalistico (l’amministra-<br />

zione <strong>La</strong>uro) e letterario (pristina) o agrammaticale<br />

(colline abusate). Poco più avanti, nella<br />

stessa pagina, ci sono un dotto “o<strong>di</strong>o contenitivo”<br />

e il <strong>di</strong>alettale “fuitina”, in una mescolanza<br />

<strong>di</strong> risorse volta a movimentare la me<strong>di</strong>età troppo<br />

preve<strong>di</strong>bile della lingua.<br />

Certo, la poesia si è spinta molto più avanti del<br />

romanzo nell’introdurre spazi <strong>di</strong> libertà in<strong>di</strong>viduale<br />

nell’italiano. Ha manipolato liberamente<br />

o ad<strong>di</strong>rittura abolito perfino la punteggiatura,<br />

per non <strong>di</strong>re dell’assetto testuale, così mo<strong>di</strong>ficato<br />

(specie negli inizi <strong>di</strong> componimento) da<br />

dare risultati, a volte, <strong>di</strong> assoluta incomprensibilità.<br />

E non parliamo delle invenzioni lessicali.<br />

Ma questa attitu<strong>di</strong>ne alla devianza linguistica<br />

in poesia non è una novità. Sono nuovi gli strumenti,<br />

ma non l’obiettivo. Nella prosa <strong>narrativa</strong>,<br />

più legata alla grammatica e al vocabolario<br />

correnti, gli scarti fanno più effetto e colpiscono<br />

(gradevolmente o sgradevolmente) <strong>di</strong> più. Ma<br />

entrambi i casi sono segno del fatto che la lingua<br />

letteraria è sì oggi più vicina a quella comune,<br />

ma anche che, proprio per questo, non<br />

può fare a meno <strong>di</strong> scostarsene un poco, <strong>di</strong> farne<br />

un uso originale, <strong>di</strong> battere nuove strade.<br />

<strong>La</strong> lingua letteraria, si <strong>di</strong>ceva, non guida più<br />

quella della società. Ma non accetta neppure<br />

più <strong>di</strong> farsene guidare passivamente o troppo<br />

fedelmente. Vuole essere <strong>di</strong> tutti, ma anche recuperare<br />

la propria antica libertà in<strong>di</strong>viduale.<br />

25


26<br />

Anima del mondo<br />

Paesaggi della letteratura<br />

Lisbona,<br />

la finestra<br />

sull’infinito<br />

<strong>di</strong> Sergio Bassani<br />

Per coloro che arrivavano in nave, la torre <strong>di</strong><br />

Belém e il vicino Mosteiro dos Jerónimos erano<br />

le prime immagini dell’Europa che potevano<br />

stamparsi nella memoria ancora fresca delle<br />

grandezze americane o del sole africano. Coloro<br />

che arrivavano dall’Oriente <strong>di</strong> Goa e Macao<br />

potevano ad<strong>di</strong>rittura scambiare le architetture<br />

manueline per la vegetazione umida e lussureggiante<br />

degli avamposti portoghesi nell’Oceano<br />

In<strong>di</strong>ano.<br />

Sebbene oggi la maggior parte degli arrivi a Lisbona<br />

sia per via aerea, non c’è persona che salendo<br />

sulla torre <strong>di</strong> Belém non si senta improvvisamente<br />

proiettato nell’Ultramar, le terre della<br />

conquista coloniale dei gran<strong>di</strong> esploratori quattrocenteschi.<br />

E chi si affaccia al monumentale ingresso<br />

del Mosteiro dos Jerónimos non può non<br />

pensare alla notte che Vasco da Gama e il suo<br />

equipaggio passarono in preghiera nella Ermida<br />

do Restelo prima <strong>di</strong> intraprendere il viaggio<br />

per la scoperta della nuova rotta verso le In<strong>di</strong>e.<br />

Su questa chiesetta Dom Manuel I volle e<strong>di</strong>ficare<br />

l’immenso Mosteiro in segno <strong>di</strong> riconoscenza<br />

a Dio per avergli concesso <strong>di</strong> cambiare la storia<br />

dell’umanità.<br />

Chi arriva a Lisbona sente una storia immensa<br />

<strong>di</strong> ricchezza e decadenza e non può non pensare,<br />

attraverso la luce prepotente che il sole concede<br />

ai suoi abitanti, che questa città reale sia la<br />

più ideale dei nostri sogni. Forse per questo Fernando<br />

Pessoa, uno dei figli più illustri della città<br />

portoghese, poteva ben <strong>di</strong>re che “a un uomo è<br />

sufficiente una grande capacità <strong>di</strong> meravigliarsi<br />

per viaggiare in ogni dove attraverso lo sguardo<br />

da una finestra puntata sull’infinito”.


<strong>di</strong> Francesco Baucia<br />

L’estate del 1950, a Lima, fu un un’estate straor<strong>di</strong>naria,<br />

in cui alle feste “tutti quanti smisero<br />

<strong>di</strong> ballare valzer, corrido, blues, bolero e huaracha<br />

perché il mambo spopolò”. Furono mesi<br />

in<strong>di</strong>menticabili per i giovani abitanti dell’agiato<br />

quartiere <strong>di</strong> Miraflores e in particolare per<br />

Ricardo Somocurcio, perché conobbe l’amore<br />

della sua vita. Era una quattor<strong>di</strong>cenne <strong>di</strong> nome<br />

Lily, che insieme alla sorella Lucy, <strong>di</strong> un anno<br />

più giovane, turbava i sonni dei maschi miraflorini.<br />

Lily e Lucy, le chilenitas, ballavano come<br />

nessun’altra ragazza peruviana osava fare, e<br />

in particolare Lily, con il suo corpicino “modellato<br />

con tanta malizia e tante curve dalle<br />

gonne e dalle camicette che indossava”, sembrava<br />

vibrare dalla testa ai pie<strong>di</strong> quando si lasciava<br />

trascinare dalla musica. Non altrettanto<br />

la eccitavano invece le <strong>di</strong>chiarazioni d’amore<br />

<strong>di</strong> Ricardo, anche se con lui si comportava in<br />

pubblico come una fidanzatina: si tenevano per<br />

mano ai matinée dei cinema, andavano a mangiare<br />

“paste da milleunanotte – le bizcotelas, gli<br />

alfajores ripieni <strong>di</strong> biancomangiare, i piononos”<br />

al caffé la Tiendecita blanca, spesso accompagnati<br />

dalla sorella Lucy per non dare scandalo.<br />

C’era qualcosa <strong>di</strong> misterioso, però, nelle due<br />

sorelle e <strong>di</strong> questo non se n’era accorto solo Ricardo:<br />

tutti nel quartiere, forse un po’ per invi<strong>di</strong>a,<br />

sospettavano delle millantate origini cilene<br />

delle ragazze, e soprattutto non si spiegavano<br />

il riserbo che queste si ostinavano a mantenere<br />

Alta cucina<br />

Leggere <strong>di</strong> gusto<br />

A pranzo con Arquímedes,<br />

il costruttore <strong>di</strong> frangiflutti<br />

<strong>Il</strong> ceviche e la cucina peruviana nelle Avventure della ragazza<br />

cattiva <strong>di</strong> Mario Vargas Llosa<br />

circa il resto della famiglia. <strong>Il</strong> mistero fu <strong>di</strong>ssolto<br />

durante una festa, quando un’intrigante<br />

zia della festeggiata sbugiardò i racconti sul<br />

Cile <strong>di</strong> Lily e Lucy. Mettendo a nudo con questo<br />

la loro reale con<strong>di</strong>zione sociale – modesta<br />

– e provocandone la scomparsa dalle file snob,<br />

ma segretamente puritane, della jeunesse dorée<br />

<strong>di</strong> Miraflores. Non però dal cuore <strong>di</strong> Ricardo<br />

Somocurcio, che inseguirà la falsa chilenita Lily<br />

per tutta la vita.<br />

Avventure della ragazza cattiva, romanzo del 2006<br />

del premio Nobel Mario Vargas Llosa, racconta<br />

la storia d’amore <strong>di</strong> Ricardo e Lily, da quel<br />

favoloso 1950 fino alla fine degli anni Ottanta.<br />

Una storia d’amore che è un duello, un inseguimento<br />

dal Perù all’Europa, al Giappone, con<br />

Ricardo nei panni, suo malgrado, dell’inseguitore<br />

e Lily, la niña mala, in quelli dello stupendo<br />

animale da preda che in ogni occasione beffa il<br />

cacciatore. Ma è vero anche che i ruoli possono<br />

essere invertiti, perché l’unica vittima <strong>di</strong> questa<br />

caccia è in realtà il cuore <strong>di</strong> Ricardo, incapace<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare quei fuggevoli i<strong>di</strong>lli che Lily,<br />

a ogni incontro separato dagli altri da lunghi<br />

anni, gli concede. E tutte le volte Lily è <strong>di</strong>versa,<br />

ha un’identità nuova che solo Ricardo riesce a<br />

ricondurre alla falsa chilenita dei tempi <strong>di</strong> Miraflores.<br />

È prima un’aspirante guerrigliera rivoluzionaria,<br />

poi la moglie <strong>di</strong> un <strong>di</strong>plomatico<br />

francese, e ancora una seducente protagonista<br />

della Swinging London e per giunta la schiava<br />

27


28<br />

“Tu non vivrai mai tranquillo<br />

con me, ti avverto. Perché<br />

non voglio che ti stanchi <strong>di</strong><br />

me, che ti abitui a me”<br />

sessuale <strong>di</strong> un losco giapponese. E alla fine, “madame Ricardo Somocurcio”,<br />

anche se non per sempre e senza sorprese. Infatti, <strong>di</strong>ce la niña mala<br />

al suo inguaribile innamorato: “Tu non vivrai mai tranquillo con me, ti<br />

avverto. Perché non voglio che ti stanchi <strong>di</strong> me, che ti abitui a me. […]<br />

Perché così ti avrò sempre pazzo <strong>di</strong> me”.<br />

Anche quando, ormai felicemente sposato a Parigi con la niña mala, Ricardo<br />

si allontanerà da lei per andare a visitare un vecchio parente in Perù,<br />

sarà perseguitato dal suo fantasma. E <strong>di</strong>re che aveva cercato <strong>di</strong> convincerla<br />

a seguirlo: “Non hai nostalgia del cibo peruviano?”,<br />

le aveva chiesto prima <strong>di</strong> partire. Ma niente,<br />

la niña mala si era rifiutata <strong>di</strong> tornare anche per poco<br />

tempo nel suo paese d’origine. Durante questo soggiorno<br />

a Lima Ricardo si troverà per caso a pranzo<br />

con un personaggio singolare, una specie <strong>di</strong> stregone<br />

moderno: Arquímedes, il costruttore <strong>di</strong> frangiflutti.<br />

Un uomo che sa interpretare i segni incisi<br />

sulla <strong>di</strong>stesa del mare e decidere, su questa base,<br />

qual è il punto esatto in cui devono essere costruite<br />

le barriere. Un’arte magica <strong>di</strong> fronte a cui anche gli ingegneri si inchinano.<br />

Arquímedes è un vecchio ossuto e allampanato, impregnato dell’odore<br />

“forte e piccante” del pisco, il vigoroso liquore nazionale peruviano che tra<br />

l’altro è la base del pisco sour, uno degli aperitivi più bevuti del Sudamerica.<br />

Ricardo è venuto a sapere che Arquímedes ha una figlia a Parigi, e chissà<br />

perché si è sentito subito attanagliare le budella. Ricardo non ha mai<br />

saputo nulla delle vere origini della moglie, e così decide <strong>di</strong> seguire quella<br />

che gli sembra un’assurda intuizione. Invita a pranzo il vecchio, in una<br />

bettola del quartiere Callao. In un viaggio nella memoria che parte, quasi<br />

proustianamente, dalle pietanze che vengono loro servite – ceviche, salsicce<br />

<strong>di</strong> maiale accompagnate da pane francese e salsa <strong>di</strong> lattuga, cipolla e<br />

peperoncino, il tutto annaffiato da birra Pilsen ghiacciata – Ricardo scopre<br />

<strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong> fronte al padre del suo amore. E scopre anche, dal suo racconto,<br />

le <strong>di</strong>fficoltà passate da Lily (il cui vero nome è Otilita) nel tentativo<br />

<strong>di</strong> scrollarsi <strong>di</strong> dosso le origini misere, e comprende per la prima volta le<br />

ragioni <strong>di</strong> quel cinismo che la niña mala aveva sempre esibito con lui come<br />

un vanto, e che in realtà era solo un’arma <strong>di</strong> sopravvivenza datale in dono<br />

da un’infanzia <strong>di</strong>fficile. Come da copione, in ogni femme fatale si nasconde<br />

un’anima <strong>di</strong> porcellana. E così, dopo il pranzo con il vecchio Arquímedes,<br />

Ricardo è pronto a tornare in Europa dalla niña mala, più innamorato <strong>di</strong><br />

prima, e pronto a cadere vittima dell’ultima delle sue intemperanze. Ma<br />

non sa ancora che la sua tormentata storia d’amore con Lily è il più grande<br />

tesoro che la vita gli ha regalato. Ne <strong>di</strong>venterà consapevole solo quando,<br />

abbandonato questa volta per sempre dalla niña mala, seguirà il consiglio<br />

<strong>di</strong> lei <strong>di</strong> assecondare il sogno <strong>di</strong> tutta una vita: <strong>di</strong>ventare uno scrittore.


<strong>La</strong> cucina peruviana è una delle più antiche e<br />

ricche <strong>di</strong> tutto il continente sudamericano. <strong>La</strong><br />

sua base tra<strong>di</strong>zionale affonda le ra<strong>di</strong>ci nell’età<br />

precolombiana, e chi si trovi a leggere i famosi<br />

Commentari reali degli Inca <strong>di</strong> Garcilaso de la<br />

Vega (il primo scrittore meticcio <strong>di</strong> lingua spagnola)<br />

vi può riconoscere abitu<strong>di</strong>ni gastronomiche<br />

immutate nei secoli. In molte pagine delle<br />

Avventure della ragazza cattiva Mario Vargas<br />

Llosa, autore peruviano che da anni vive lontano<br />

dal suo paese, pur continuando ad amarlo<br />

e a raccontarlo, costruisce un piccolo poema<br />

de<strong>di</strong>cato alla cucina del Perù. E regala alla regina<br />

delle sue portate la ribalta <strong>di</strong> una delle scene<br />

più toccanti del libro, il pranzo <strong>di</strong> Ricardo<br />

con Arquímedes. Si tratta appunto del ceviche,<br />

una marinatura <strong>di</strong> pesce e frutti <strong>di</strong> mare che in<br />

molti casi viene servita piccantissima, come nel<br />

pranzo del romanzo. Assaporandola Ricardo<br />

vi riconosce le note infuocate del peperoncino<br />

rocoto arequipeño.<br />

Chi voglia provare a preparalo può usare gamberetti,<br />

salmone, ricciola, rana pescatrice o<br />

pesce San Pietro. L’importante è che sia tutto<br />

pesce freschissimo. Contando <strong>di</strong> utilizzare circa<br />

due etti per tre o quattro tipi <strong>di</strong> pesce scelti,<br />

per la marinata servono tre limoni e tre lime,<br />

due pomodori tagliati a da<strong>di</strong>ni, una cipolla<br />

tritata, sale, pepe e peperoncino a piacere. Si<br />

taglia il pesce a fettine, lo si mette a marinare<br />

con i gamberetti e poi si lascia il tutto in frigo<br />

per circa otto ore. Prima <strong>di</strong> servire si spolverizza<br />

con prezzemolo fresco. <strong>La</strong> maggior parte dei<br />

peruviani beve con il ceviche birra chiara molto<br />

fredda, come Ricardo e Arquímedes.<br />

ceVIche<br />

Ingre<strong>di</strong>enti:<br />

2 etti <strong>di</strong> salmone<br />

2 etti <strong>di</strong> ricciola<br />

2 etti <strong>di</strong> rana pescatrice<br />

o pesce San Pietro<br />

2 etti <strong>di</strong> gamberetti<br />

Per la marinata:<br />

3 limoni<br />

3 lime<br />

2 pomodori<br />

1 cipolla<br />

Sale<br />

Pepe<br />

Peperoncino<br />

Prezzemolo fresco<br />

29


30<br />

l’epoca <strong>di</strong> un libro<br />

Storia della mia gente<br />

<strong>di</strong> edoardo Nesi<br />

Disponibile su<br />

www.biblet.it<br />

Recensioni<br />

<strong>La</strong> finale del Premio Strega si presenta ogni anno<br />

come il thriller più appassionante per gli amanti<br />

della letteratura nostrana. Quasi come per l’elezione<br />

<strong>di</strong> un pontefice, si pensa <strong>di</strong> solito che chi<br />

tra i finalisti arriva alla serata <strong>di</strong> premiazione<br />

da Papa, se ne tornerà a case poche ore dopo da<br />

car<strong>di</strong>nale. Non è stato questo il caso <strong>di</strong> Edoardo<br />

Nesi. <strong>Il</strong> suo libro Storia della mia gente, che già era<br />

entrato nella cinquina dei finalisti con un cospicuo<br />

numero <strong>di</strong> voti, ha confermato le attese piazzandosi<br />

al primo posto e in nettissimo vantaggio,<br />

per numero <strong>di</strong> preferenze, sul<br />

secondo classificato.<br />

<strong>La</strong> ragione <strong>di</strong> questo successo<br />

sta nel fatto che Storia della<br />

mia gente è un libro epocale.<br />

Riflette il <strong>di</strong>sorientamento e la<br />

rabbia che affliggono oggi il<br />

mondo del lavoro, visto dalla<br />

prospettiva <strong>di</strong> chi, come l’autore,<br />

ha svolto la professione<br />

<strong>di</strong> impren<strong>di</strong>tore per molti anni.<br />

L’industria però, per Nesi, non<br />

è solo sinonimo <strong>di</strong> professione,<br />

ma anche <strong>di</strong> famiglia. Come<br />

racconta nel primo capitolo del<br />

libro, il <strong>La</strong>nificio T.O. Nesi e figli<br />

S.p.A. è stato fondato da suo<br />

nonno e in quella <strong>di</strong>citura “e figli”<br />

era già incisa una promessa e una speranza<br />

<strong>di</strong> felicità per le future generazioni della famiglia.<br />

Edoardo Nesi nel 2004 ha venduto l’azienda tessile<br />

fondata dai suoi avi e in questo atto si è sentito<br />

come l’ultimo anello <strong>di</strong> una catena che ha origini<br />

profonde. Non è facile sbarazzarsi dell’impresa a<br />

cui la propria storia personale è legata a doppio<br />

filo, soprattutto quando lo si fa per un’evidente<br />

<strong>di</strong>fficoltà a mantenerla prospera e solida come<br />

un tempo. Così Nesi, pur raccontando una storia<br />

intima e struggente, alza lo sguardo oltre la sua<br />

azienda e oltre la drammatica realtà industriale<br />

della sua città (Prato), e il suo travaglio si espande<br />

ad analisi e requisitoria verso il mondo contemporaneo<br />

e verso le sue premesse, siano esse economiche,<br />

politiche o sociali. Per affrontare fino in<br />

fondo le fattezze <strong>di</strong> quell’incubo che ha il nome <strong>di</strong><br />

Storia, dal quale, come Stephen Dedalus <strong>di</strong> Joyce,<br />

vorremmo risvegliarci.<br />

Per raccontare questa vicenda così unica, Nesi ha<br />

scelto una forma <strong>narrativa</strong> altrettanto particolare.<br />

Storia della mia gente, infatti, non è classificabile<br />

né come romanzo, né come autobiografia, né<br />

come pamphlet. È tutto questo insieme, eppure<br />

le definizioni <strong>di</strong> genere non aiutano a comprendere<br />

meglio il libro. Nesi è un profondo conoscitore<br />

dell’opera <strong>di</strong> David Foster Wallace (<strong>di</strong> cui ha<br />

tradotto il capolavoro Infinite Jest), e se si vuole<br />

trovare un ascendente per il suo libro, bisognerà<br />

forse cercarlo negli straor<strong>di</strong>nari reportages <strong>di</strong><br />

Wallace, così pieni <strong>di</strong> intelligenza, pietas e umorismo<br />

agrodolce.<br />

<strong>Il</strong> libro <strong>di</strong> Nesi si arricchisce inoltre del racconto<br />

delle sue passioni letterarie (Wallace, Lowry,<br />

Fitzgerald, a cui è ispirato il titolo <strong>di</strong> Storia della<br />

mia gente), che accompagnano come una sorta <strong>di</strong><br />

controcanto la traccia principale del testo. Nesi rivisita<br />

così, in modo innovativo, quel binomio <strong>di</strong><br />

lavoro e letteratura, professione e vocazione, che<br />

non è estraneo alla storia della letteratura italiana<br />

e che ha illustri precedenti novecenteschi, tra cui,<br />

ad esempio, Primo Levi. In questo senso, Storia<br />

della mia gente si può leggere come un racconto <strong>di</strong><br />

formazione, come uno sguardo intimo sulla costruzione<br />

<strong>di</strong> una delle voci autoriali italiane più<br />

interessanti del nostro tempo, <strong>di</strong>visa tra passione<br />

per il reale e slancio poetico.


Appuntamenti<br />

Frankfurter<br />

buchmesse<br />

e gli altri eventi del mese<br />

FRANKFURTER<br />

BUCHMESSE<br />

Protagonista assoluta nell’agenda<br />

annuale dei professionisti<br />

del libro, la fiera <strong>di</strong> Francoforte<br />

è senza dubbio l’evento internazionale<br />

più importante per la<br />

galassia dell’e<strong>di</strong>toria. Nell’e<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> quest’anno non poteva<br />

mancare un’attenzione particolare<br />

agli ebook, che sempre più<br />

stanno convincendo il pubblico<br />

e gli addetti ai lavori. <strong>Il</strong> “Professional<br />

Programme” della fiera<br />

de<strong>di</strong>ca tre seminari ai temi<br />

principali dell’e<strong>di</strong>toria <strong>di</strong>gitale:<br />

il 12 ottobre si parlerà, in due<br />

<strong>di</strong>verse sessioni, della ancora<br />

controversa questione dei <strong>di</strong>ritti<br />

<strong>di</strong>gitali e dei supporti per<br />

la lettura degli ebook, mentre il<br />

14 si esamineranno le strategie<br />

che un e<strong>di</strong>tore deve affrontare<br />

per avviare un’attività <strong>di</strong> <strong>di</strong>gital<br />

publishing <strong>di</strong> successo. Sul côté<br />

letterario, invece, è da segnalare<br />

la presenza dell’Islanda come<br />

paese ospite d’onore della Buchmesse.<br />

Negli spazi della fiera e<br />

delle più importanti istituzioni<br />

culturali <strong>di</strong> Francoforte prenderà<br />

vita un calendario <strong>di</strong> eventi<br />

culturali che toccherà non soltanto<br />

la letteratura islandese, ma<br />

tutta la scena artistica <strong>di</strong> questo<br />

affascinante e vivace paese, con<br />

mostre <strong>di</strong> architettura e design,<br />

perfomances <strong>di</strong> artisti e concerti<br />

<strong>di</strong> musica rock, folk e classica.<br />

Dal 12 al 16 ottobre.<br />

PISA BOOK FESTIVAL<br />

Al Palazzo dei Congressi e alla<br />

Stazione Leopolda <strong>di</strong> Pisa oltre<br />

centocinquanta e<strong>di</strong>tori si danno<br />

appuntamento per la fiera<br />

dell’e<strong>di</strong>toria in<strong>di</strong>pendente, giunta<br />

ormai al settimo anno <strong>di</strong> vita.<br />

Paese ospite <strong>di</strong> questa e<strong>di</strong>zione è<br />

la Francia; tra i numerosi eventi<br />

de<strong>di</strong>cati alla letteratura francese<br />

è da segnalare, domenica 23 ottobre,<br />

l’incontro con lo scrittore<br />

e critico Philippe Forest, che <strong>di</strong>alogherà<br />

con Gabriella Bosco sul<br />

tema del rapporto tra autobiografia<br />

e romanzo.<br />

Dal 21 al 23 ottobre.<br />

FESTIVAL DELLA SCIENZA<br />

Dal 2003 Genova si trasforma,<br />

nell’arco <strong>di</strong> questa rassegna ogni<br />

anno più ricca, in vera e propria<br />

capitale della scienza e in punto<br />

<strong>di</strong> riferimento per gli appassionati<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione scientifica.<br />

I temi più attuali del <strong>di</strong>battito<br />

internazionale sono affrontati<br />

in conferenze e <strong>di</strong>scussioni in<br />

compagnia dei protagonisti della<br />

ricerca e anche attraverso<br />

spettacoli, laboratori e mostre.<br />

Quest’anno saranno ospiti del<br />

Festival, tra gli altri, Roger<br />

Penrose, professore emerito <strong>di</strong><br />

matematica a Oxford e autore<br />

bestseller <strong>di</strong> saggi scientifici, l’astrofisica<br />

fiorentina Margherita<br />

Hack e Derrick De Kerckhove,<br />

considerato il principale stu<strong>di</strong>oso<br />

mon<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> comunicazione e<br />

nuove tecnologie.<br />

Dal 21 ottobre a 2 novembre.<br />

31


32<br />

Tweets<br />

@ultimabooks<br />

Volevo solo <strong>di</strong>rvi che no, non<br />

vi consiglierò gli ebook che<br />

parlano <strong>di</strong> Steve Jobs. Non<br />

voglio guadagnarci sopra.<br />

@Passerino<br />

<strong>Il</strong> 12 ottobre al via la<br />

Fiera <strong>di</strong> Francoforte, sarà<br />

incentrata sugli ebook<br />

bookbugs<br />

@martamanfio<br />

Arriverà prima o poi quel<br />

giorno <strong>di</strong> fratellanza universale<br />

in cui cartaceo, pdf<br />

e epub potranno avere un<br />

solo isbn?<br />

@Pianeta_eBook<br />

Si accettano scommesse: quando<br />

verrà pubblicato l’ultimo<br />

libro cartaceo? Techcrunch<br />

punta tutto sul 2019:<br />

@xalira<br />

Stupidamente, non avevo mai pensato<br />

che gli ebook volendo li puoi<br />

leggere anche sul computer :P<br />

Ve<strong>di</strong>amo come funziona questo<br />

Calibre (epub).<br />

@Geekissimo<br />

iBookstore <strong>di</strong>sponibile anche<br />

per l’<strong>Italia</strong>: <strong>Il</strong> negozio online<br />

targato Apple me<strong>di</strong>ante cui<br />

poter acquistare eBook<br />

@lukealb<br />

Come scegliamo gli ebook?<br />

206 persone ci <strong>di</strong>cono come<br />

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pretesti<br />

Occasioni <strong>di</strong> letteratura <strong>di</strong>gitale<br />

PreTesti • Occasioni <strong>di</strong> letteratura <strong>di</strong>gitale<br />

Ottobre 2011 • Numero 1 • Anno I<br />

<strong>Telecom</strong> <strong>Italia</strong> S.p.A.<br />

Direttore responsabile:<br />

Roberto Murgia<br />

Coor<strong>di</strong>namento e<strong>di</strong>toriale:<br />

Francesco Baucia<br />

Direzione creativa e progetto grafico:<br />

Fabio Zanino<br />

Alberto Nicoletta<br />

Redazione:<br />

Sergio Bassani<br />

Luca Bisin<br />

Fabio Fumagalli<br />

Patrizia Martino<br />

Francesco Picconi<br />

Progetto grafico ed e<strong>di</strong>toriale:<br />

Hoplo s.r.l. • www.hoplo.com<br />

In copertina: Nicolai Lilin - foto <strong>di</strong> Andrea Chisesi ®<br />

L’E<strong>di</strong>tore <strong>di</strong>chiara la propria <strong>di</strong>sponibilità ad adempiere agli obblighi <strong>di</strong> legge verso<br />

gli eventuali aventi <strong>di</strong>ritto delle immagini pubblicate per le quali non è stato possibile<br />

reperire il cre<strong>di</strong>to.<br />

Per informazioni info@pretesti.net<br />

www.biblet.it

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