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Febbraio 2012 • Numero 2<br />

1<br />

pretesti<br />

Occasioni di letteratura digitale<br />

L'acquedotto di Cervia<br />

di Gene Gnocchi<br />

L'incantesimo di Dickens<br />

di Edoardo Rialti<br />

Il miracolo della parola<br />

di Marek Halter<br />

Messico e nuvole<br />

di Gianni Biondillo<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


I TUOI LIBRI SEMPRE CON TE<br />

E UN’INTERA LIBRERIA A DISPOSIZIONE<br />

APERTA 24 ORE SU 24!<br />

www.biblet.it


Editoriale<br />

3<br />

Sono trascorsi duecento anni dalla nascita di Charles Dickens e Alessandro Mari propone un<br />

romanzo digitale a puntate. Roberto Saviano riscuote uno straordinario successo con un racconto<br />

ebook. Sono passati più di cinquecento anni dall’invenzione della stampa e nel 2015 si<br />

celebreranno i quarant’anni dal primo Olivetti da tavolo con floppy disk incorporato.<br />

Nel valutare la contrazione del tempo di impatto di una nuova tecnologia sicuramente bisognerà<br />

tenere presente che, affinché il romanzo si affermasse, sarebbero dovuti passare almeno<br />

tre secoli dall’invenzione della stampa a caratteri mobili, mentre nel mondo contemporaneo<br />

invece bastano poco meno di quarant’anni dall’invenzione di un elaboratore da tavolo alla<br />

formazione di una nuova letteratura. Che già mostra in nuce quanto potrà essere radioso il<br />

suo futuro. Si attende infatti un’esplosione del mercato degli ebook. Ma ci si dimentica che il<br />

successo economico è dato dalla risposta adeguata a un bisogno reale. Come potranno affermarsi<br />

nuovi canali di intrattenimento se non si adegueranno i messaggi da trasmettere?<br />

Gene Gnocchi si misura allora con la scrittura digitale e dal mondo dello spettacolo e del<br />

teatro traghetta una simpatia amara e un dolore inaspettato. Il suo racconto è forte come un<br />

pugno nello stomaco e la storia appare veloce e intensa nella mente di chi la legge tra una<br />

fermata e l’altra del metrò. Gianni Biondillo ci fa sognare il Messico e con Edoardo Rialti viaggeremo<br />

nei sogni di Dickens. Con Il cabalista di Praga scopriremo invece il destino del figlio di<br />

un tipografo, l’autore Marek Halter: sarà bestseller?<br />

Roberto Dessì e Daniela De Pasquale per Il mondo dell’ebook fanno luce sui nuovi mezzi e le<br />

fortune tecnologiche della letteratura tra social reading e feuilleton. In Buona la prima Francesco<br />

Baucia ricorda un capolavoro della letteratura fantastica curato da Carlo Fruttero (recentemente<br />

scomparso) e Sergio Solmi per Einaudi mentre con Lorenzo Coveri dell’Accademia<br />

della Crusca entreremo nei testi delle canzoni del Festival di Sanremo 2012. Sulla punta della<br />

lingua celebra così chi già da tempo è stato costretto a confrontarsi con il cambio delle tecnologie<br />

per la diffusione dei propri contenuti. In Anima del mondo e in Alta cucina sentiremo<br />

Berlino e mangeremo New York.<br />

“Entertainment” dicono gli inglesi, e “intrattenimento” possiamo tradurre in italiano: ecco<br />

quello che da sempre cercano gli uomini, in ogni forma. Risiede qui la forza della letteratura,<br />

nella risposta a questa domanda di “compagnia” che da sempre abita la solitudine dell’umanità.<br />

Per questo sogniamo, per questo viviamo, per questo amiamo.<br />

Buoni <strong>PreTesti</strong> a tutti.<br />

Roberto Murgia<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


4<br />

Indice<br />

TEsTI<br />

05-07<br />

Racconto<br />

L'acquedotto di Cervia<br />

di Gene Gnocchi<br />

8-13<br />

Saggio<br />

L'incantesimo di Dickens<br />

di Edoardo Rialti<br />

14-18<br />

Anticipazione<br />

Il miracolo della parola<br />

di Marek Halter<br />

19-23<br />

Racconto<br />

Messico e Nuvole<br />

di Gianni Biondillo<br />

IL MONDO<br />

DELL’EBOOk<br />

24-27<br />

Quattro passi nel fenomeno<br />

del social reading<br />

di Roberto Dessì<br />

28-31<br />

Feuilleton 2.0:<br />

il nuovo formato del libro è<br />

l'ebook in progress<br />

di Daniela De Pasquale<br />

RubRIChE<br />

32-34<br />

Buona la prima<br />

Le meraviglie del possibile<br />

(1959)<br />

di Francesco Baucia<br />

35-37<br />

Sulla punta della lingua<br />

L'italiano canterino<br />

di Lorenzo Coveri<br />

38-40<br />

Anima del mondo<br />

La città invisibile<br />

di Luca Bisin<br />

41-44<br />

Alta cucina<br />

A Roman Punch in New<br />

York<br />

di Francesco Baucia<br />

45<br />

Recensioni<br />

46<br />

Appuntamenti<br />

47<br />

Tweets / Bookbugs<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


5<br />

di Gene Gnocchi<br />

Racconto<br />

L'ACQUEDOTTO<br />

DI CERVIA<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


6<br />

Una settimana fa ho tentato il suicidio.<br />

Erano le 19,30 e sono salito<br />

in cima all'acquedotto di Cervia<br />

a circa ventisette metri d'altezza,<br />

anzi a ventiquattro, perché proprio sotto<br />

c'è il perlinato della pizzeria "L'origano",<br />

un perlinato abusivo, non ancora sanato.<br />

Era una giornata fredda e umida, se ben ricordo<br />

era il giorno che avevano trovato Antonio<br />

Di Pietro schiacciato dal suo trattore<br />

a Montenero di Bisaccia, forse aveva cercato<br />

di dissodare un calanco<br />

troppo scosceso, e<br />

se ne sono accorti perché<br />

non aveva ancora ‒ erano<br />

quasi le 18 ‒ rilasciato<br />

nessuna dichiarazione<br />

contro il malaffare. L'avevano<br />

trovato proprio<br />

sotto il trattore, in maniche<br />

di camicia, sotto il<br />

peso, come succede sempre<br />

ai morti da trattore.<br />

Ricordo anche che nessuno<br />

aveva pensato all'omicidio,<br />

neanche l'<strong>Italia</strong><br />

dei Valori tranne Donadi<br />

che, testuali parole,<br />

"aspettava le risultanze<br />

del rapporto della polizia<br />

anche se a un primo<br />

esame gli interrogativi<br />

erano parecchi".<br />

Comunque sia io ero lì per tentare il suicidio<br />

dall'acquedotto di Cervia; in quel momento,<br />

in quel preciso momento non sapevo<br />

neanche che Di Pietro era rimasto schiacciato<br />

sotto il suo trattore perdendo la vita.<br />

L'ho saputo dopo, quando è finito tutto.<br />

Io mi sono ricordato<br />

in quel momento che<br />

quando ero felice<br />

mangiavo dei biscotti,<br />

oppure andavo al Gran<br />

sasso con un mio<br />

amico che ha le chiavi<br />

del telescopio del<br />

Gran sasso<br />

Sono stato sull'acquedotto di Cervia per<br />

quasi otto ore. Siccome non ho minacciato<br />

di buttarmi per avere del lavoro o per delle<br />

pene amorose, ma per una normalissima crisi<br />

esistenziale che mi ha portato a concludere<br />

che non volevo più niente dalla vita, una<br />

ventina, forse diciotto persone sono salite, e<br />

per cercare di convincermi a non buttarmi<br />

sul perlinato della pizzeria "L'origano" mi<br />

hanno dovuto parlare di quanto sia bello<br />

vivere e di quante cose belle potesse ancora<br />

riservarmi l'esistenza.<br />

Io avevo spiegato fin da<br />

subito che mi buttavo di<br />

sotto perché non mi interessava<br />

più niente del<br />

mondo, non vedevo nessuna<br />

luce, solo buio più<br />

altro buio e ancora buio, e<br />

i giorni mi passavano via<br />

lentissimi e non aspetta­<br />

vo niente. Ma tutti questi<br />

non se ne sono dati per<br />

inteso e ognuno a turno<br />

si è sentito in dovere di<br />

dirmi che la vita doveva<br />

essere vissuta tutta fino<br />

all'ultimo giorno, e anche<br />

se io gli rispondevo<br />

che per me l'ultimo giorno<br />

era quello, loro hanno<br />

insistito tutti così tanto<br />

che sono rimasto ad ascoltarli.<br />

È arrivato anche uno con un cappotto scuro,<br />

uno magrino senza occhiali che per convincermi<br />

a non farla finita mi ha detto che<br />

se mi fossi buttato avrei perso i benefici del<br />

ridursi della spinta inflattiva e i vantaggi<br />

che sarebbero venuti dalla manovra bis e<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


7<br />

dalle liberalizzazioni, oltre al fatto che con<br />

gli sgravi fiscali e gli incentivi alle aziende<br />

sarebbero ripartiti i consumi, anche non tenendo<br />

aperti i negozi tutta la notte.<br />

Io mi sono ricordato in quel momento che<br />

quando ero felice mangiavo dei biscotti,<br />

oppure andavo al Gran Sasso con un mio<br />

amico che ha le chiavi del telescopio del<br />

Gran Sasso. Arrivavamo lì, finito l'orario<br />

di lavoro, entravamo in questo salone dove<br />

c'era l'enorme aggeggio e mettevamo fuori<br />

fuoco le lenti del telescopio per fare un<br />

scherzo, così che la mattina dopo arrivavano<br />

gli astrofisici, puntavano il telescopio,<br />

che so, su Marte o su Plutone o su Saturno<br />

e li vedevano tutti sfuocati; così dovevano<br />

chiamare il tecnico, che era un nostro amico<br />

‒ uno che lavorava all'Euronics di Chieti e<br />

che montava anche le lavatrici e le lavastoviglie,<br />

e non era sempre disponibile ‒ e lui<br />

ci dava la percentuale. Così il telescopio del<br />

Gran Sasso stava fuori fuoco anche due o<br />

tre giorni e si era tutti, dico tutti in <strong>Italia</strong>,<br />

ignari delle cose che succedevano su Plutone<br />

o Saturno o Marte, sapendo poi che là ne<br />

succedevano di tutti i colori. Ecco, quando<br />

la gente saliva sull'acquedotto di Cervia e<br />

mi parlava, io ascoltavo un po' poi mi venivano<br />

in mente questi momenti che non torneranno<br />

più. Così, ridisceso anche l'ultimo<br />

che era venuto su per convincermi, si è formato<br />

in cima all'acquedotto un bel silenzio<br />

rotondo, pieno, lo stesso silenzio di poche<br />

notti piene di grilli che cantano tutti insieme<br />

e dopo un po' smettono per rifiatare, e<br />

in quel momento si sente solo il respiro assente<br />

dei grilli. Era venuto dunque un silenzio<br />

ottuso, senza speranza, pieno di silenzi<br />

singoli confluenti in quell'unico grande, un<br />

bel silenzio buono per decidere.<br />

Così mi sono lanciato e posso dire che dopo<br />

non c'è niente, neanche il rimpianto di non<br />

esserci più. Non c'è paradiso, non c'è l'inferno,<br />

non c'è il purgatorio, e questo ve lo<br />

voglio dire: tutte le volte che ricevete posta<br />

dall'aldilà, diffidate. •<br />

Eugenio Ghiozzi, in arte Gene Gnocchi, è autore di Una lieve<br />

imprecisione (Garzanti 1991), Stati di famiglia (Einaudi 1993), Il signor<br />

Leprotti è sensibile (Einaudi 1995), La casa di chi (Il Melangolo 1996,<br />

insieme a Mauro Bellei), Sistemazione provvisoria del buio (Einaudi<br />

2001), Sai che la Ventura dal vivo è quasi il doppio? (Einaudi 2002) e<br />

Il mondo senza un filo di grasso (Bompiani 2004). Il suo ultimo libro<br />

L'invenzione del balcone (Bompiani 2011) è disponibile in ebook da<br />

Biblet.<br />

Disponibile su www.biblet.it<br />

Gene Gnocchi<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


L'INCANTESIMO<br />

DI DICKENS<br />

8<br />

Prodigi e portenti dell'esistenza quotidiana<br />

nei capolavori del maestro inglese<br />

di Edoardo Rialti<br />

saggio<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


In mezzo a quel gran mare spumeggiante<br />

d'allegria che è Il circolo<br />

Pickwick, con le sue farse e le sue avventure<br />

picaresche, dove, come nel<br />

Don Chisciotte, la ridicola goffaggine dei<br />

protagonisti si carica pagina dopo pagina<br />

d'un aureola di gioiosa santità, d'un tratto il<br />

lettore si trova esposto alla gelida corrente<br />

di un racconto del tutto diverso, e rabbrividisce:<br />

si racconta la storia di una famigliola<br />

imprigionata per debiti. La madre ed il<br />

bambino muoiono di stenti, e l'uomo rimane<br />

solo. Ed ecco che il narratore fa un passo<br />

avanti, come incapace a trattenersi dal<br />

ribadire qualcosa di decisivo: “Non sa, chi<br />

definisce freddamente la morte dei poveri<br />

come una benefica liberazione dal dolore<br />

per chi se ne va, e una provvidenziale diminuzione<br />

delle spese per chi gli sopravvive,<br />

non sa, dicevo, quale sia l'angoscia di questi<br />

lutti. Uno sguardo affettuoso e premuroso<br />

scambiato in silenzio quando tutti hanno<br />

distolto freddamente il loro, la sicurezza di<br />

aver conservato la simpatia e l'affetto di un<br />

essere umano quando tutti ci hanno voltato<br />

le spalle, sono un'àncora, un sostegno,<br />

un conforto nella più profonda afflizione, e<br />

nessuna ricchezza può comprarli, nessuna<br />

potenza può renderli obbligatori”.<br />

Tanta parte della forza artistica di Dickens<br />

costituisce proprio una vasta cassa di risonanza<br />

a quel “non sa”: la sua forza nell'additare<br />

ancora e ancora la glaciale indifferenza<br />

di chi (come lo Scrooge che vedrebbe<br />

di buon grado la morte dei senza tetto, se<br />

questo può abbassare l'eccesso di popolazione)<br />

riposa nello stato attuale delle cose,<br />

ben disposto a conservarlo se ciò comporta<br />

il proprio benessere e la propria sicurezza,<br />

ma anche dell'altrettanto gelida astrazione<br />

9<br />

dei cosiddetti riformatori sociali, così innamorati<br />

delle proprie buone intenzioni e dal<br />

proprio amore per l'umanità intera per lasciarsi<br />

davvero commuovere e coinvolgere<br />

dalle vite di coloro che incontrano. Se Manzoni<br />

ci ha regalato Donna Prassede e il suo<br />

stolido moralismo, i romanzi di Dickens<br />

pullulano di figure simili, la cui apparente<br />

benevolenza si è fatta indistinguibile dalla<br />

crudeltà. Basti pensare al grottesco ritratto<br />

in Casa desolata della Signora Pardiggle, che<br />

si pavoneggia nel presentare alle amiche i<br />

figli che ha coinvolto a forza nelle sue attività<br />

benefiche: “Egbert, il maggiore (dodici<br />

anni), è il ragazzino che spedì tutto quello<br />

che aveva in tasca, ossia cinque scellini e tre<br />

pence, agli Indiani Tockahoopo. Oswald, il<br />

secondogenito (dieci anni e mezzo) è il bam­<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


10<br />

bino che ha donato due scellini e nove pence<br />

al monumento dei Grandi Frammenti Nazionali.<br />

Francis, il terzo (nove), uno scellino,<br />

sei pence e mezzo; Felix, il quarto (sette)<br />

otto pence alle Vedove Decrepite; Alfred, il<br />

più giovane (cinque anni) si è iscritto di sua<br />

volontà nelle Alleanze Infantili della Gioia,<br />

e ha giurato di non far mai uso di tabacco in<br />

vita sua”. Il laconico commento della voce<br />

narrante è che “non avevamo mai visto<br />

bambini così scontenti”. La signora trascina<br />

le ospiti in una delle sue ronde nei quartieri<br />

poveri, entrando in<br />

una casa dove il marito<br />

ha da poco battuto la<br />

moglie e che all'ingresso<br />

della pia donna le vomita<br />

addosso bestemmie<br />

e volgarità: “Se ho letto<br />

il libretto che mi avete<br />

lasciato? No, non ho<br />

letto il libretto che mi<br />

avete lasciato”, sbotta<br />

esasperato, ma la donna<br />

non demorde: “prese un<br />

buon libro, come fosse<br />

la mazza di una guardia,<br />

e dichiarò in arresto tutta la famiglia.<br />

Intendo naturalmente in arresto religioso;<br />

ma in realtà così fece, come se fosse un inesorabile<br />

poliziotto morale pronto a trasportarla<br />

tutta in guardina”. Non si potrebbe<br />

immaginare una distanza più abissale di<br />

questo totale scarto di immedesimazione.<br />

Certo, ciò che manca ai miserabili è anche<br />

un alleviarsi delle indigenze (quel “Ne vorrei<br />

ancora, signore” di Oliver Twist) ma<br />

dentro e oltre tale bisogno, prima e aldilà di<br />

qualsiasi riforma, è proprio la mancanza di<br />

quello “sguardo premuroso” ciò che strazia<br />

"Fermati, tu che leggi,<br />

e medita per un<br />

momento sulla lunga<br />

catena di bronzo e<br />

d'oro, di spine o di fiori,<br />

che mai ti avrebbe<br />

soggiogato se in un<br />

solo memorabile<br />

giorno non si fosse<br />

formato e chiuso il<br />

primo anello"<br />

più a fondo. Lo sa bene lo Smike di Nicholas<br />

Nickelby, lo zoppo che tutti ritengono un<br />

idiota buono solo per le staffilate del sadico<br />

Squeers; lo afferma chiaramente il galeotto<br />

Magwitch, sorpreso dal Pip di Grandi speranze<br />

ad aggirarsi braccato nelle fetide paludi.<br />

Non occorre molto, alle persone come<br />

lui, per raccontare la propria storia: “In prigione<br />

e fuori, in prigione e fuori, in prigione<br />

e fuori. Ecco fatto... Per quel che ricordo,<br />

non ci fu mai anima viva che guardasse il<br />

giovane Abel Magwitch, con quel poco che<br />

aveva dentro di lui e su<br />

di lui, se non con paura<br />

o per cacciarlo via o<br />

per arrestarlo”. Ma l'arte<br />

di Dickens ci rammenta<br />

che tale ferita è<br />

possibile in qualsiasi<br />

contesto e condizione;<br />

si può essere sommamente<br />

ricchi e potenti,<br />

invidiati e temuti, eppure<br />

soffrire la stessa<br />

fondamentale mancanza,<br />

come testimonia la<br />

Signorina Havisham di<br />

Grandi speranze che ha trasformato i propri<br />

beni favolosi in un museo delle cere, raggelato<br />

al giorno, all'ora e al momento preciso<br />

in cui il suo promesso sposo l'aveva<br />

abbandonata per profitto. Ed è ciò che, con<br />

un sorprendente colpo di scena, Dickens fa<br />

vivere al lettore nelle ultime ore di vita perfino<br />

del perfido Fagin: l'ebreo criminale che<br />

strisciava come una vipera e aveva rapito<br />

e acconsentito alla morte di Oliver, al momento<br />

del processo finale ci viene presentato<br />

inerme dinanzi a una foresta di occhi<br />

ostili, e sull'ombra dell'untuoso malvivente<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


11<br />

si sovrappone quella di un altro Ebreo processato<br />

nella riprovazione generale, mille e<br />

ottocento anni prima.<br />

Ma quello sguardo, di cui Dickens esprime<br />

la mancanza in una così vasta gamma di<br />

sfumature e conseguenze, è anche l'unica<br />

forza, l'unico “incantesimo” capace di ribaltare<br />

qualsiasi situazione, qualsiasi percorso,<br />

gettando una luce diversa su ciò che<br />

pareva determinato<br />

senza speranza.<br />

Jill Kriegel la definì<br />

“la paradossale<br />

combinazione<br />

in Dickens di una<br />

critica insistente<br />

dell'ordine sociale<br />

ed una persistente<br />

fede nell'individuo”.<br />

Dickens era<br />

convinto che “così<br />

accade a tutti gli<br />

esseri umani. Cercate<br />

col pensiero di<br />

eliminare un dato<br />

giorno speciale<br />

della vostra vita e<br />

pensate a come diverso<br />

potrebbe esser stato il suo corso! Fermati,<br />

tu che leggi, e medita per un momento<br />

sulla lunga catena di bronzo e d'oro, di<br />

spine o di fiori, che mai ti avrebbe soggiogato<br />

se in un solo memorabile giorno non si<br />

fosse formato e chiuso il primo anello”. E le<br />

sue opere traboccano non solo di momenti<br />

in cui, in silenzio o con clamore, si forgiano<br />

le ferree catene dell'odio e della solitudine,<br />

ma anche di come basti un solo istante<br />

nel quale si faccia strada uno sguardo di<br />

vera, reale compassione e commozione, per<br />

Dickens coi suoi romanzi e<br />

personaggi ci ha ricordato la<br />

divina dignità per cui “tutti gli<br />

uomini sono tragici, e tutti gli<br />

uomini sono comici”<br />

schiudere una possibilità del tutto diversa,<br />

un “salto” che non è appunto determinato<br />

dalla “quantità” dei vantaggi elargibili,<br />

ma dalla “qualità” della disposizione di chi<br />

decide di coinvolgere la sua vita con quella<br />

dell'altro. In Casa desolata la Signora Pardiggle,<br />

col suo sermoneggiare, non si sofferma<br />

davvero a guardare chi le sta intorno, ma<br />

l'amica che ha trascinato con sé si accosta in<br />

silenzio alla donna<br />

battuta e si accorge<br />

che costei stringe<br />

al seno un bambino<br />

morto: “la compassione,<br />

la pura<br />

bontà con la quale<br />

si curvò piangendo<br />

per poi mettere la<br />

sua mano su quella<br />

della madre” hanno<br />

un solo effetto,<br />

per cui “la donna<br />

dapprima la fissò<br />

stupita, e poi scoppiò<br />

in lacrime”.<br />

Non si è potuto<br />

fare niente, eppure<br />

tutto è cambiato, e<br />

persino il marito violento e bestemmiatore<br />

“si era alzato, continuando a fumare la pipa<br />

con aria di sfida, ma in silenzio”. Un simile<br />

sguardo si fa largo in qualsiasi situazione,<br />

ed è possibile non solo a eroi limpidi e cavallereschi<br />

come il giovane Nicklebly che<br />

ritorce su Squeers la frusta con cui questi<br />

flagellava Smike o la dignitosa e silenziosa<br />

bontà del fabbro Joe che in Grandi speranze è<br />

pronto a scomparire pur di non far sfigurare<br />

l'amico Pip nella sua nuova vita da gran<br />

signore, ma traluce anche nelle eccentriche<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


12<br />

bizzarrie della zia Betsy in David Copperfield<br />

e nella compassione con cui la prostituta<br />

Nell cerca di aiutare Oliver Twist, ma anche<br />

nell'affetto che il tenebroso Steerforth<br />

ha sempre conservato per David Copperfield,<br />

fin da quando lo proteggeva a scuola,<br />

e persino nel contorto affetto con cui Fagin<br />

ha accolto lo stesso Oliver, insegnandogli a<br />

rubare perché è l'unica arma con cui crede<br />

si possa sopravvivere in un mondo di belve<br />

feroci. È lo sguardo che Pip rivolge al forzato<br />

Magwitch mentre lo trascinano via in<br />

catene, senza sapere che quell'occhiata ne<br />

cambierà per sempre l'esistenza, ed è sempre<br />

così che il ragazzo alla fine guarderà<br />

anche alla infernale Signorina Havisham,<br />

cogliendone tutta la segreta miseria: “al vederla<br />

così con i capelli bianchi e il volto distrutto<br />

in ginocchio ai miei piedi, fui scosso<br />

da un brivido che mi penetrò fino alle ossa.<br />

Le scongiurai di alzarsi e le tesi le mani”.<br />

Tutto può restare quantitativamente immutato,<br />

eppure si è aperta la breccia di un<br />

mondo nuovo, e lo storpio Smike, alla domanda<br />

se abbia una casa da qualche parte,<br />

può ribattere a Nicholas Nickelby che “La<br />

mia casa sei tu.” È così che una pietra di selce,<br />

sgradevole e gelido come una pioggia<br />

invernale, come lo strozzino Scrooge, che<br />

scopre di aver già addosso le invisibili catene<br />

dell'inferno, può vederle spezzarsi per<br />

la pietà che il suo cuore rivolge in silenzio<br />

al figlio malato del suo dipendente, prima<br />

ancora di poter fare alcunché per migliorarne<br />

la sorte. Per il critico Anthony Esolen<br />

in Dickens sono proprio i bambini a essere<br />

spesso “gli araldi” di questo mondo diverso,<br />

sebbene sia “facile per il cinico spazzar<br />

via la resa dickensiana dei bambini come<br />

sentimentalismo. Ma i cinici hanno poco<br />

Il circolo Pickwick<br />

da insegnarci sulla profondità di qualsiasi<br />

cosa, figuriamoci dei bambini”. La loro<br />

unica forza sta nella possibilità di risvegliare<br />

in chi li incontra il riconoscimento della<br />

propria medesima indigenza, esistenziale e<br />

non sociale. Ma questa commozione in Dickens<br />

è ben lontana dall'essere solo tragica,<br />

e ancor più distante dall'essere seriosa.<br />

Come ha notato quello che resta il suo critico<br />

migliore, G.K. Chesterton, Dickens coi<br />

suoi romanzi e personaggi ci ha ricordato<br />

la divina dignità per cui “tutti gli uomini<br />

sono tragici, e tutti gli uomini sono comici”.<br />

La stessa commossa attenzione, che può<br />

dare speranza alla circostanza più dolorosa,<br />

è all'origine della inesauribile simpatia<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


13<br />

con cui Dickens si rivolge a qualsiasi tipo<br />

umano, come dinanzi a un evento unico e<br />

irripetibile nella sua immensità; ecco, per<br />

Chesterton, “la lezione conclusiva e più<br />

profonda di Dickens: è nella nostra vita di<br />

tutti i giorni che dobbiamo guardare in cerca<br />

di portenti e di prodigi”, giacché questo<br />

è in effetti “il vero vangelo di Dickens, le<br />

inesauribili opportunità offerte dalla libertà<br />

e dalla varietà dell'uomo. A paragone con<br />

una vita simile, tutta la cosa pubblica, tutta<br />

la fama, tutta la sapienza è per sua natura<br />

un affare rattrappito, freddo e piccolo”.<br />

Ecco perché, secondo Mario Praz, egli risulta<br />

secondo solo a Shakespeare nel tratteggiare<br />

una galleria di personaggi così vasti<br />

e indimenticabili (Micawber e la sua inesauribile<br />

riserva di allegria, Picwick e Sam<br />

Weller, la zia Betsy o l'attorucolo Crummles...),<br />

che il lettore lascia a libro concluso<br />

con l'affetto e la nostalgia che si riserva ad<br />

un amico, o a un parente conosciuto da<br />

Edoardo Rialti<br />

sempre, e caro persino nei suoi difetti e nei<br />

suoi tic; C.S. Lewis ha definito Dickens il<br />

cantore di quello che i Greci chiamavano<br />

storghé, l'affetto, parola che nell'originale<br />

antico è tutt'altro che sdolcinata, e possiede<br />

anzi una strana forza: solo l'affetto può<br />

sorridere senza sarcasmo, godendo, per<br />

così dire, dell'altro, proprio perché capace<br />

di vedere dentro di lui, cogliendo qualcosa<br />

del “cuore del suo mistero”, come notava<br />

l'Amleto di Shakespeare. Per Chesterton<br />

“c'è il grand'uomo che fa sentire tutti piccoli.<br />

Ma l'uomo davvero grande è colui che fa<br />

sentire grande ciascuno” e Dickens è stato<br />

grande proprio in tal senso: lo sguardo agognato<br />

dal prigioniero in Pickwick è anzitutto<br />

lo sguardo dell'autore stesso, che attraverso<br />

i suoi personaggi raggiunge e contagia i lettori,<br />

palesando ancora una volta la dignità<br />

dell'esistenza quotidiana, donandoci occhi<br />

rinnovati a cogliere la grandezza di chi ci<br />

sta attorno, e perfino di noi stessi. •<br />

Edoardo Rialti insegna Letteratura presso l'Istituto teologico<br />

di Assisi. È collaboratore del quotidiano "Il Foglio". Studioso<br />

e traduttore di letteratura inglese, ha curato opere di C.S.<br />

Lewis, M.D. O' Brien, T. Howard, G.K. Chesterton per Rizzoli,<br />

Marietti, San Paolo. Ha pubblicato per Cantagalli L'uomo che<br />

ride, biografia letteraria di G.K. Chesterton che raccoglie il<br />

ciclo di articoli "Chestertoniana" comparsi settimanalmente<br />

su "Il Foglio". Ha curato nel 2011 il volume Una gioia antica<br />

e nuova. Scritti su Charles Dickens e la letteratura di G.K.<br />

Chesterton (Marietti).<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


14<br />

Pubblichiamo, in esclusiva per i lettori di <strong>PreTesti</strong>,<br />

un brano tratto dalle prime pagine del romanzo<br />

di Marek Halter Il cabalista di Praga (Newton<br />

Compton) in libreria e in ebook in questi giorni.<br />

Mi chiamo David Gans. Sono<br />

nato a Lippstadt, in Vestfalia,<br />

nell’anno 1541 del calendario<br />

cristiano, ovvero l’an no<br />

5301 dalla creazione del mondo per opera<br />

dell’Onni potente, sempre sia lodato. Sono<br />

morto a Praga, settan tadue anni più tardi.<br />

Nel vecchio cimitero ebraico una lapide por­<br />

Praga 1600. Il racconto di un segreto<br />

millenario tra storia e leggenda<br />

Anticipazione<br />

IL MIRACOLO<br />

DELLA PAROLA<br />

di Marek Halter<br />

ta il mio nome. Sopra i sei bracci dello scudo<br />

di Davide è incisa un’oca.<br />

Due piccoli segni, scavati nella roccia, che<br />

parlano della mia vita. In tempi remoti,<br />

quello scudo, quella stella a sei bracci, era<br />

l’emblema degli ebrei di Praga prima ancora<br />

di divenire quello di un popolo intero.<br />

Oggi nessuno sa che io fui il primo a inciderla<br />

accanto al mio nome. Un oblio che ha una<br />

ragion d’essere. I sei bracci così perfetti – il<br />

triangolo sulla cima che si rispecchia in uno<br />

uguale alla base – avevano per me ancor<br />

più valore del ricordo di Salomone. In quei<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


15<br />

tratti rivelavo la passione e il pia cere della<br />

mia vita, la purezza infinita della geometria,<br />

capace di tracciare, nel cuore della scienza<br />

astronomica, il cammino del Padreterno.<br />

E l’oca, allo stesso modo,<br />

apparteneva solo a me. Non<br />

era certo l’uccello più grazioso<br />

o coraggioso del Creato,<br />

bisogna ammetterlo.<br />

Ciò nonostante, portiamo<br />

lo stesso nome: gans [Gans<br />

significa "oca" sia in tedesco<br />

che in yiddish]. A lungo<br />

questo fatto mi è bastato<br />

per convincermi che ero<br />

de stinato a spiccare il volo<br />

nel mondo, senza sperare<br />

tutta via di regnarvi come<br />

un’aquila.<br />

In effetti, le aquile le ho frequentate<br />

da vicino. Si chiamavano<br />

Galileo Galilei, Giordano Bruno,<br />

Giovanni Keplero, Tycho Brahe, Isaac Luria,<br />

e la più immensa, il re dei saggi e prodigio<br />

della mia generazione: il rabbino Judah<br />

Loew ben Bezalel, Gran Rabbino di Poznań<br />

e di Praga, colui che noi tutti chiamiamo<br />

MaHaRaL.<br />

La grandezza del loro spirito fu per me, loro<br />

discepolo appassionato, una costante lezione<br />

di umiltà e al tempo stesso una manifestazione<br />

straordinaria della realizzazio ne<br />

dell’opera dell’Onnipotente. Perché nessuna<br />

bellezza di spirito si compie senza accostarsi<br />

alla volontà del Pa dreterno.<br />

Devo ammetterlo: a volte, il volo di quei mae­<br />

stri era così elevato, di un’intelligenza così<br />

ardente, da rendermi cieco. Mi sono fatto<br />

prendere dall’illusione di potermi elevare<br />

Disponibile su<br />

www.biblet.it<br />

alla loro altezza. Il tempo mi ha richiamato<br />

alle mie proporzioni. Ho appreso la misura<br />

di ciò che devo loro e dell’apertura delle mie<br />

ali. Sono diventato, per così dire, un veicolatore<br />

dei loro pensieri. Un<br />

corriere della loro grandezza,<br />

alla quale tutta la<br />

mia vita fu ed è ancora<br />

dedicata.<br />

Forse per questo la brava<br />

gente di Praga ha fatto incidere<br />

sulla lapide del mio<br />

trapasso, sotto i due simboli<br />

della mia vita, queste<br />

parole altisonanti: "qui<br />

giace héasid morenu david<br />

gans, baal zemach david<br />

[Il giusto pio rabbino David<br />

Gans, autore dello Zemach<br />

David]".<br />

La frase suona bene. Ancora<br />

oggi riesce a solleticare la mia vanità.<br />

Quella della modestia è una dura scuola.<br />

Non basta una vita per apprenderla e non<br />

passa giorno senza che io mi ci dedichi...<br />

Ah! Sento che la tua pazienza e la tua intelligenza,<br />

let tore, iniziano a vacillare. Ti chiedi<br />

se colui che parla in queste pagine sia vivo<br />

o morto. Questo Gans che dice di essere polvere<br />

tra la polvere, oca nel vasto cortile del<br />

Padreterno, e che fa discorsi come un vivo<br />

mentre da quattrocento lunghi anni il suo<br />

corpo è tornato a essere argilla tra l’argilla!<br />

Eppure, è così. Il mio corpo non esiste più e<br />

la mia parola è viva.<br />

L’Onnipotente ci ha concesso il mondo come<br />

lo ve diamo. Noi crediamo di riconoscervi<br />

l’unica verità. Ci ha donato la materia. Noi<br />

conferiamo a essa il potere di un inizio e di<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


16<br />

una fine. Ciechi e presuntuosi, ecco cosa siamo.<br />

Ed è perché non si sono accontentati di<br />

quest’il lusione che i nostri maestri, il MaHa­<br />

RaL, Tycho Brahe, il grande Keplero e pochi<br />

altri, hanno raggiunto quel fir mamento della<br />

Conoscenza che si nega ai comuni esseri<br />

umani.<br />

Per quel che riguarda me, David Gans, in verità<br />

Dio solo sa quando sparirò, poiché abito<br />

la Sua dimora, e la Sua dimora è quella del<br />

Verbo. Sin dal primo respiro dell’uomo, va<br />

così: la parola è la scintilla vitale dell’es sere.<br />

Certo, donne, uomini, bambini o anziani,<br />

noi siamo parole di carne, movimenti di carne,<br />

vite ed emozioni di carne. E il tempo che<br />

le attraversa sfugge e, passando, le logora.<br />

Riduce la più sublime delle materie, la pelle<br />

di seta e l’incarnato di rosa, a un granello di<br />

polvere che il respiro di un bambino basta a<br />

disperdere.<br />

Ma il Verbo sì che è immortale. Non viene<br />

sopraffat to dalla furia, non si lascia ridurre<br />

in frantumi da alcun maglio. Nessun rogo,<br />

neanche tra quelli più insensati di quei secoli<br />

pieni di violenze, l’ha consumato. È giunto<br />

con lo spirito dell’uomo, non con la sua car­<br />

ne. E mai, mai sin dal primo giorno, ha taciuto.<br />

Ecco: niente si crea al di fuori del Verbo,<br />

tutto soccom be in sua presenza. Coloro<br />

che lo ignorano sono deboli; grandi coloro<br />

che sanno inchinarsi di fronte a tale po tere.<br />

Esseri umani, semplici esseri umani, noi crediamo<br />

che solo la carne generi la carne. Cecità,<br />

ignoranza! Il re spiro, i battiti di un cuore<br />

colmo di sangue sono anch’es si il frutto<br />

delle parole che il Padreterno ha messo nelle<br />

nostre bocche. Oh lettori, lo sento, molti di<br />

voi mostrano già il sorriso dell’incredulità!<br />

Permettetemi, prima di lanciarmi nella nostra<br />

grande storia comune, di narrarvi un<br />

piccolo epi sodio, e, prima di entrare nel pie­<br />

sin dal primo respiro<br />

dell’uomo, va così:<br />

la parola è la scintilla<br />

vitale dell’es sere<br />

no della festa, accenna re insieme a voi amici<br />

un passo di danza. Il Talmud (Sanhedrin 65b)<br />

racconta che rabbi Chanina e rabbi Oshaya<br />

conducevano una vita ritirata e di studio.<br />

Durante le veglie dello shabbat, perdevano<br />

ogni cognizione della realtà studiando fino<br />

alla nausea i rotoli del Sefer Yetsirah, il Libro<br />

della Creazione. Ben presto, le ve glie dello<br />

shabbat non bastarono più alla loro passione.<br />

Dedicarono a essa i giorni comuni. Poi<br />

le notti comuni. Leggevano, imparavano,<br />

meditavano senza tregua. Can cellando dalla<br />

propria coscienza il peso delle loro carni e<br />

ossa, consideravano solo l’esilità della propria<br />

istruzio ne. Se dormivano o dedicavano<br />

un anche minimo tem po allo svago, dovevano<br />

moltiplicare gli sforzi in seguito. Non si<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


17<br />

rendevano conto che l’esilità del loro corpo<br />

era ben più grave di quella del loro sapere.<br />

La fame iniziò a sfinirli. La pelle del viso e<br />

del collo era ridotta a una pergamena più<br />

ruvida delle pagine del Sefer Yetsirah. Le loro<br />

rughe divennero profonde come un sentiero<br />

trac ciato nel deserto.<br />

Ancora uno shabbat,<br />

e la vita li avreb be<br />

abbandonati. Ma né<br />

l’uno, né l’altro aveva<br />

la forza di andare<br />

in cerca di cibo. Rabbi<br />

Chanina dichiarò:<br />

«L’Onnipotente ha<br />

detto: “Ho messo le<br />

Mie parole nella tua<br />

bocca”. Le parole<br />

che esco no da labbra<br />

pure generano la<br />

Vita. Ho fame, devo<br />

am metterlo. Cosa rischiamo<br />

a creare un<br />

vitello con le nostre<br />

parole, che sono il Verbo dell’Eterno, se non<br />

scoprire quanta purezza vi sia nelle nostre<br />

labbra?». Rabbi Oshaya rispose: «La nostra<br />

stupidità e la nostra punizione stanno proprio<br />

nel fatto di non averci pensato prima!».<br />

Tutti e due, con una sola voce, pronunciarono<br />

le parole necessarie. Ed ecco: un vitello di<br />

tre anni, dal pelo folto e lo sguardo stupito,<br />

si erse di fronte a loro.<br />

Rabbi Oshaya e rabbi Chanina, anche se era<br />

ciò che speravano, restarono di stucco. Malgrado<br />

la loro grande debolezza, si alzarono e<br />

si avvicinarono al vitello, che sta va tranquillo.<br />

Gli toccarono il collo, i fianchi, la groppa.<br />

Tutto era reale e squisitamente commestibi­<br />

Il MahaRaL era giunto al<br />

prodigio dei prodigi.<br />

Aveva eretto la scala che<br />

unisce la Terra al Cielo.<br />

Che sgomen to,<br />

che terrore!<br />

le. Il grande sapere della Cabala li avrebbe<br />

saziati. Si presero il tempo di un banchetto.<br />

Questa storia l’ho letta tanto tempo fa. Mi faceva<br />

sorri dere come ne sorridete voi, lettori.<br />

Ci credevo solo in parte.<br />

Pensavo che fosse una cosa impossibile nel<br />

nostro mondo, più<br />

simile a ciò che i retori<br />

greci chiamavano<br />

parabola: parole<br />

con la forza di<br />

un’im magine. Parole<br />

che all’apparenza<br />

racchiudono solo<br />

l’om bra del proprio<br />

potere.<br />

Ignoravo che la volontà<br />

dell’Eterno mi<br />

avrebbe presto reso<br />

testimone di un prodigio<br />

ancor più stupefacente,<br />

una prova<br />

del potere talmente<br />

forte del Verbo che<br />

ancor oggi il suo mistero m’incute timore.<br />

Un miracolo che ha dato una direzione e un<br />

senso a tutta la mia esistenza e che l’ha resa<br />

quello che è oggi: l’eternità della parola, che<br />

è anche la nostra memoria e la nostra vita<br />

futura.<br />

Un essere fatto di parole, ecco cos’è oramai<br />

David Gans.<br />

Alcuni uomini possono sentirsi orgogliosi<br />

della pro pria scoperta, della propria creazione.<br />

La mia unica fie rezza è la vastità della<br />

mia memoria. Io sono il testimone. Il messaggero<br />

e il mezzo del ricordo. Porto su di me la<br />

grandezza degli altri e a volte faccio in modo<br />

che non sprofondi nella vostra indifferenza...<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


18<br />

Ogni giorno mi sembra abbastanza duro da<br />

essere l’ultimo, ma poi si leva l’alba successiva<br />

e le mie palpebre si schiudono, indicandomi<br />

che la mia missione non è anco ra compiuta.<br />

golem !<br />

Ecco la parola e il fuoco della mia esistenza!<br />

Ecco il mistero che ha fatto di me il gilgul, la<br />

metamor fosi, questo ebreo errante senz’altra<br />

dimora che la paro la, che va e viene in<br />

mezzo a voi, invisibile in mezzo alla folla e<br />

tuttavia presente nella vostra memoria di secoli,<br />

qualunque siano le vostre credenze, le<br />

vostre paure e le vostre conoscenze.<br />

Ecco cosa è successo quel giorno di gennaio<br />

del 1600 nel cortile della yeshiva del mio mae­<br />

stro il MaHaRaL, luce d’Israele, sia benedetto<br />

il suo nome. Quel giorno, sì, la potenza di<br />

Dio si è mostrata nel potere dell’uomo.<br />

Il MaHaRaL era giunto al prodigio dei prodigi.<br />

Aveva eretto la scala che unisce la Terra<br />

al Cielo. Che sgomen to, che terrore!<br />

Quale inaudito sapere!<br />

Marek Halter<br />

Marek Halter è nato a Varsavia nel 1936. La madre era una poetessa<br />

yiddish e il padre un tipografo. Nel 1940 fugge dal ghetto di Varsavia<br />

e trova rifugio in Ucraina, dove una pattuglia di soldati sovietici lo<br />

arresta e lo trasferisce a Mosca. Il suo romanzo Abraham, pubblicato in<br />

Francia nel 1983, ottiene il premio Livre Inter e resta per otto settimane<br />

nella lista dei bestseller stilata dal "New York Times". Nel 1994 realizza<br />

il film I giusti, che apre nel 1995 il Festival del Cinema di Berlino.<br />

Il cabalista di Praga è disponibile in eBook da Biblet.<br />

Disponibile su www.biblet.it<br />

E, in seguito, le schiere vollero seguirlo unicamente<br />

per accaparrarsi la sua conoscenza.<br />

Le schiere dell’innocenza e dell’orgoglio. Le<br />

legioni del Male, soprattutto.<br />

Invano, invano si sono consacrati al mistero<br />

del Go lem. Mai con successo. Nessuno,<br />

dopo il rabbi Loew, il mio Maestro, ha saputo<br />

risalire la scala di Giacobbe, quella che<br />

unisce la Terra al Cielo.<br />

Nessuno è stato in grado di penetrare così a<br />

fondo nel le parole, nelle lettere e nella saggezza<br />

della Cabala.<br />

Gli sforzi non sono mancati. Mentre sterminava<br />

gli ebrei, Hitler, in eterno sia maledetto<br />

il suo nome, ci pro vò. Che amara ironia!<br />

Per lo meno, temendo un simile prodigio,<br />

le truppe na ziste non osarono distruggere<br />

l’imponente statua del cre atore del Golem<br />

che veglia sul ghetto di Praga.<br />

E poco tempo dopo nemmeno i russi si arrischiarono<br />

a farlo. Ma ora basta. Ne sapete<br />

abbastanza perché possa rac contarvi la vera<br />

storia del Golem, io, David Gans, che fui testimone<br />

di questa stupefacente avventura.•<br />

© 2012 Newton Compton editori s.r.l.<br />

Traduzione dal francese di Federica Romano.<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


19<br />

Messico<br />

e nuvole<br />

di Gianni Biondillo<br />

Racconto


20<br />

ACittà del Messico vivono gli angeli.<br />

È quello che penso quando<br />

guardo Ana Maria, che è venuta<br />

a prendermi all'aeroporto. Ana<br />

Maria è una scrittrice messicana, l'ho conosciuta<br />

a Gijon, durante la Semana Negra, ed è<br />

subito nata fra noi quella curiosa solidarietà<br />

fra scrittori errabondi. Lei ora mi fa salire<br />

su un taxi e mi racconta della sua città, che<br />

ama appassionatamente, dello stesso amore<br />

che ritrovo nelle parole che spendo per la<br />

mia città, così tanto bistrattata dall'immaginario<br />

collettivo, Milano.<br />

Non che Città del Messico sia da meno.<br />

A chiunque dicessi qual era la meta del<br />

mio viaggio vedevo gli occhi sbarrarsi: non<br />

prendere i taxi per strada, mi dicevano,<br />

non bere nulla col<br />

ghiaccio, vai in giro<br />

con una mascherina,<br />

non prendere<br />

la metropolitana,<br />

non mangiare nulla<br />

dalle bancarelle improvvisate<br />

per strada,<br />

muoviti circospetto,<br />

attento alle<br />

rapine. La cosa più<br />

inverosimile che mi<br />

è stata detta sembra<br />

persino divertente<br />

tanto è assurda: Città<br />

del Messico è così<br />

inquinata che gli uccelli<br />

di passo cadono<br />

a terra tramortiti!<br />

Racconto alla spicciolata<br />

queste cose a Ana Maria che sorride,<br />

anche se vedo un velo di amarezza nei suoi<br />

occhi. Ovviamente io non credo a nulla di<br />

sono un animale<br />

metropolitano, le città<br />

non mi spaventano, basta<br />

entrare in risonanza col<br />

battito del cuore urbano<br />

e il resto viene da solo<br />

tutto ciò. È semplicemente una questione<br />

di buon senso: chi di noi prenderebbe un<br />

taxi abusivo a Milano? Chi salirebbe su un<br />

mezzo pubblico con un fascio di cartamoneta<br />

che gli spunta dalla tasca della camicia?<br />

Chi si aggirerebbe di notte nei vicoli<br />

bui della città?<br />

Sono un animale metropolitano, le città non<br />

mi spaventano, basta entrare in risonanza<br />

col battito del cuore urbano e il resto viene<br />

da solo. In fondo viaggiare è anche questo:<br />

fare a pezzi i luoghi comuni che ci portiamo<br />

dentro, smantellare i pregiudizi. Dunque<br />

nei pochi giorni che ho vissuto a Città del<br />

Messico (perché sì, io vivo le città, non le<br />

visito e basta) ho cercato di fare tutto quello<br />

che mi era stato sconsigliato. Grazie anche<br />

ad Ana Maria, che,<br />

depositati i bagagli<br />

in albergo, mi porta<br />

subito verso lo Zocalo,<br />

l'enorme piazza<br />

prospiciente la<br />

Cattedrale cittadina.<br />

Enorme anch'essa.<br />

Tutto è enorme a Città<br />

del Messico. Tutto<br />

ha una dimensione<br />

quasi favolistica:<br />

Avenida des Insurgentes,<br />

per capirci,<br />

la strada che taglia<br />

da sottinsù la città, è<br />

lunga 42 chilometri.<br />

È come partire da<br />

Milano e arrivare a<br />

Como e restare sempre<br />

nella stessa città. Neppure sanno quanti<br />

abitanti faccia, Città del Messico. C'è chi<br />

dice venti milioni, chi trenta. Metà della<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


21<br />

popolazione italiana concentrata in un unico<br />

agglomerato urbano. Sono le persone, il<br />

numero sterminato di persone, ovunque,<br />

che mi colpisce di più: per strada, nei bar, in<br />

metropolitana, nei parchi. Sembrano scaturire<br />

dalla terra, piovere dal cielo. Sono dappertutto.<br />

Nel frattempo saltiamo sopra un<br />

pesero, uno dei trabiccoli che portano verso<br />

il centro (“non prendere i mezzi pubblici!”).<br />

Sono sul Paseo de la Reforma, attraversiamo<br />

la Zona Rosa ‒ un quartiere inizio Novecento,<br />

dal gusto europeo ‒ fermandoci<br />

ogni tanto al richiamo di chi vuole salire.<br />

Non ci sono fermate stabilite, il mezzo non<br />

ha neppure un numero di riconoscimento.<br />

Si sale e si scende quando si vuole, o quando<br />

si può. Io butto gli occhi fuori dal finestrino<br />

e mi faccio puro sguardo. I palazzi<br />

crescono di altezza, diventano grattacieli.<br />

La città pulsa di vita, sembra un misto fra<br />

Berlino e Napoli. Ma è una semplificazione<br />

del mio cervello. Sto cercando, con i modelli<br />

urbani che conosco, quelli europei, un senso<br />

a questa città, ma comprendo che Città<br />

del Messico è qualcos'altro. È un po' come<br />

il figlio di due genitori, che per quanto ci<br />

si ossessioni a ritrovare il sorriso del padre<br />

europeo o il taglio d'occhi della madre india,<br />

lui, di suo, il bambino cresciuto, la città<br />

enorme, è qualcos'altro di autonomo e indipendente.<br />

Ci fermiamo all'Alameda Central – lo storico<br />

parco del centro città, quello dipinto dal<br />

meraviglioso murales di Diego Rivera – a<br />

comprare un po' di chicharones da una bancarella<br />

abusiva (“non comprare nulla per<br />

strada!”), li mangio goloso, come un bimbo<br />

ad una fiera. Poi, più avanti è la volta di un<br />

tacos alla carne. Ana Maria ci aggiunge un<br />

po' di guacamole, una salsa piccante all'avocado.<br />

In prossimità della cattedrale è la volta<br />

del dolce: polpa di platano glassata. Bene,<br />

se la maledizione di Montezuma non mi<br />

colpisce ora, penso, non mi colpirà mai più.<br />

La voce del povero Montezuma, invece, la<br />

sento soffrire nelle pietre degli scavi archeologici<br />

a due passi dalla cattedrale. L'ultimo<br />

regnante atzeco accolse con tutti gli onori<br />

Cortés, mostrando la sua città con orgoglio,<br />

pochi anni dopo non ne rimase più nulla.<br />

O quasi. Ché la storia non si può cancellare<br />

mai per davvero. Soprattutto quando ha<br />

saputo dare luce a civiltà così complesse. È<br />

quello che penso andando con Jorge, il mio<br />

nuovo angelo custode, il giorno appresso,<br />

verso Teotihuacàn. Mi mostra una foto, Jorge:<br />

è gualcita, in bianco e nero, mostra una<br />

valle con dei curiosi montarozzi erbosi, alcuni<br />

bassi, altri più prominenti, alle loro<br />

spalle le vette dei vulcani innevati. Ecco<br />

com'era Teotihuacàn un secolo fa. Nessuno<br />

sapeva che là sotto, ricoperta dalla polvere<br />

della storia, dormivano la Piràmide de<br />

la Luna, la Piràmide del Sol, la Calle de los<br />

Muertos. Ci arriviamo in macchina e ad<br />

ogni rilievo vagamente conico penso che<br />

là sotto potrebbe assopirsi chissà quale al­<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


22<br />

tro gioiello millenario. Ma prima beviamo<br />

un tequila (“un”, non “una”. Il tequila è<br />

maschile in Messico) da Jesus. Niente sale<br />

nell'incavo fra pollice e indice, mi dicono,<br />

è roba da gringos. Poi Jesus mi mostra tutta<br />

la procedura: dopo aver riempito alcuni<br />

bicchierini, taglia in spicchi alcuni frutti di<br />

lime, e li spolvera di sale. Infine addenta lo<br />

spicchio salato e risparmiandone la buccia,<br />

a bocca piena, ingolla il tequila, d'un fiato.<br />

Io, di mio, avevo già assaggiato il liquore<br />

e mi sembrava abbastanza forte, ma non<br />

oso contraddirlo. Ripeto l'intera operazione,<br />

da buon scolaretto che vuole la lode dal<br />

suo maestro. Strappo la polpa dell'agrume<br />

salato e la faccio seguire dal bicchierino di<br />

tequila, che in bocca cambia radicalmente<br />

sapore. Il mio palato assiste a una reazione<br />

chimica misteriosa, mi sento come una<br />

ampolla di un alchimista che mescola gli<br />

ingredienti alla ricerca di una pozione magica.<br />

Al terzo tequila Jorge mi rammenta le<br />

ragioni del mio viaggio. Lascio dispiaciuto<br />

Jesus per inerpicarmi verso la cima della Piràmide<br />

del Sol. E finalmente in cima, mentre<br />

attendo che il battito del cuore rallenti<br />

dopo la fatica della salita, sotto un sole caldo<br />

e asciutto, una brezza lieve che raffresca<br />

le membra, lì, mentre osservo la valle come<br />

sul precipizio di un burrone, nella mia perfetta<br />

solitudine, mi rendo conto di essere<br />

davvero felice.<br />

Nei giorni a seguire girerò spesso da solo la<br />

città, e spesso incontrerò persone che portano<br />

con sé una storia, un mondo da raccontare:<br />

come Rafael, artigiano dell'argento,<br />

che sotto i miei occhi ha inciso il volto<br />

di un guerriero atzeco con una precisione<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


23<br />

Ovunque fossi, ciò che vedevo,<br />

ciò che non vedo più da anni in <strong>Italia</strong>, era il popolo.<br />

Da noi, ormai, c'è solo “la gente”<br />

degna dei monili che ho ammirato al meraviglioso<br />

museo Antropologico, come la<br />

piccola india che mi ha venduto i due ponchos<br />

che ho acquistato per le mie bambine<br />

in uno degli infiniti mercati abusivi della<br />

città, come Clara della Libreria Morgana,<br />

che vende solo libri in italiano (che cosa curiosa<br />

ritrovarsi dall'altra parte dell'oceano),<br />

come Leonardo, che nel parco di Chapultepec<br />

– enorme e bellissimo – mi ha raccontato<br />

del suo amore per l'<strong>Italia</strong>, cercando però<br />

poi di vendermi un trattamento per lucidare<br />

le scarpe (e inutile è stato mostrargli le<br />

scarpe da ginnastica ai piedi. “Possibile che<br />

un uomo non abbia delle scarpe di cuoio a<br />

casa?” sembrava pensare...). Ho girato per<br />

le undici linee metropolitane (“non prendere<br />

la metro!”), mangiando quello che capitava<br />

(“non entrare in locali sconosciuti”) e<br />

soprattutto ho camminato continuamente,<br />

per chilometri e chilometri – San Angel,<br />

Coyacàn, Tacubaya, Polanco – come un<br />

folle, quasi cercassi di misurarla tutta, conscio<br />

che era come cercare di contenere in<br />

un bicchiere l'oceano. Ci vorrebbe un'intera<br />

esistenza per raccontarla tutta questa città.<br />

Ché ovunque fossi c'erano persone, facce,<br />

corpi, vita che brulicava.<br />

Ovunque fossi, ciò che vedevo, ciò che non<br />

vedo più da anni in <strong>Italia</strong>, era il popolo. Da<br />

noi, ormai, c'è solo “la gente”, qui, il popolo<br />

gremisce ancora le piazze, riempie i parchi,<br />

scambia, lavora, corre, sosta, ride, canta,<br />

soffre; si distende nelle strade della città,<br />

se ne impossessa, la ammanta come fosse<br />

un unico drappo multicolore cucito con pazienza<br />

dalle sapienti mani artigiane delle<br />

donne di questo paese.<br />

Questo penso mentre sotto di me scorre la<br />

città che si perde a vista d'occhio. Ho visto<br />

il popolo, penso, mentre l'aereo mi riporta<br />

verso casa. Anche se mi sembra, con una<br />

punta di tristezza, che in realtà la stia lasciando,<br />

casa mia. •<br />

Gianni Biondillo<br />

Gianni Biondillo è nato a Milano, dove vive, nel 1966.<br />

Architetto, ha pubblicato saggi su Figini e Pollini, Giovanni<br />

Michelucci, Pier Paolo Pasolini, Carlo Levi, Elio Vittorini.<br />

Fa parte della redazione di Nazione Indiana. Ha scritto<br />

numerosi romanzi tra cui, più recente, I materiali del killer,<br />

una nuova indagine della serie che ha per protagonista<br />

l'ispettore Ferraro e che è stato vincitore del premio Giorgio<br />

Scerbanenco 2011 come miglior romanzo noir italiano del<br />

Courmayeur Noir in Festival.<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


24<br />

Il mondo<br />

dell’ebook<br />

QUATTRO PASSI<br />

NEL FENOMENO<br />

DEL SOCIAL READING<br />

I libri, da sempre fulcro di conversazioni e scambi d’idee,<br />

amplificano il loro raggio d’azione grazie ai social network.<br />

Da Twitter a Pottermore, ecco i circoli letterari nell’era del web 2.0.<br />

di Roberto Dessì<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


25<br />

Cosa c’è di più sociale di un libro?<br />

Quante amicizie, amori, discussioni<br />

e idee sono nate attorno<br />

a una storia ben scritta? Quanti<br />

volumi abbiamo visto passare di mano,<br />

sottolineati o annotati qua e là su margini<br />

fino ad allora immacolati? E ora i terribili<br />

eBook vorrebbero portarci via questa magia,<br />

ingabbiandola in fredde sequenze binarie?<br />

Non sia mai. Il libro si evolve, ma la<br />

sua anima è immortale. Parafrasando Shakespeare,<br />

cambia la materia di cui sono fatti,<br />

ma non i sogni che contengono, divenuti<br />

liquidi e condivisibili in<br />

tempo reale grazie<br />

ai social network,<br />

declinati nel social<br />

reading. Tredici<br />

semplici lettere che<br />

al loro interno nascondono<br />

un intero<br />

universo, gravitante<br />

attorno ai libri<br />

e alla Rete, popolato<br />

di avatar virtuali<br />

dietro i quali si celano<br />

lettori, scrittori,<br />

case editrici e addetti<br />

ai lavori, che trovano<br />

in Rete un fertile terreno di discussione.<br />

Nell’era Avanti Web 2.0,<br />

per entrare in contatto con un autore<br />

o si assisteva alla presentazione del suo<br />

ultimo romanzo ‒ cercando di agganciarlo<br />

nella pausa aperitivo ‒ o gli si scriveva<br />

un’email, attendendo speranzosi una risposta.<br />

Oggi è sufficiente fare un giro tra i<br />

social network, ed ecco spuntare come funghi<br />

scampoli della quotidianità di chi, fino<br />

a poco tempo prima, era un’irraggiungibile<br />

Twitter offre a tante<br />

penne più o meno<br />

celebri un rifugio e un<br />

podio da cui arringare i<br />

propri follower, a patto di<br />

rimanere entro il limite di<br />

140 caratteri<br />

icona letteraria. Twitter è l’emblema dell’anima<br />

social­letteraria della Rete. Il servizio<br />

di microblogging, ormai celebre anche<br />

nel nostro Paese, offre a tante penne più o<br />

meno celebri un rifugio e un podio da cui<br />

arringare i propri follower, a patto di rimanere<br />

entro il limite dei 140 caratteri. Tra i<br />

più social Paulo Coelho, che dispensa benedizioni<br />

virtuali e pillole dei suoi celebri<br />

aforismi, Patricia Cornwell, che cinguetta<br />

per sé e per il proprio alter ego letterario<br />

Kay Scarpetta, e William Gibson, papà del<br />

cyberpunk e non a caso appassionato di in­<br />

novazionitecnologiche. Rimanendo nei patri<br />

confini, ecco tra i tanti<br />

Alessandro Baricco<br />

(che posta solo in spagnolo)<br />

, Michela Murgia (che<br />

a volte lo fa anche in sardo),<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


26<br />

Roberto Saviano e Beppe Severgnini, attivissimi<br />

twittatori. La cosa fantastica dei<br />

social network è che sanno essere democratici,<br />

dando a tutti le stesse chance di successo.<br />

Chi è celebre offline non ha difficoltà<br />

a farsi degli amici online, ma anche quando<br />

si è semisconosciuti, con un po’ di tattica e<br />

pazienza si può mettere in vetrina e vender<br />

bene il proprio brand. John Locke e Amanda<br />

Hocking, entrambi nel club dei “milionari”<br />

dell’eBook, hanno costruito le loro fortune<br />

usando i social network come ufficio<br />

stampa e marketing. Tralasciando gli aspetti<br />

voyeuristici del Web, il social reading è tale<br />

quando crea un rapporto paritario e orizzontale<br />

tra lettori. Condivisione è la parola<br />

chiave, che si tratti di una generica recensione<br />

sul libro appena letto, o si vada nel dettaglio<br />

annotando e integrando note a margine<br />

sull’eBook. Senza tirare in ballo l’osannato<br />

duo Facebook­Twitter, l’universo sociale dei<br />

libri ‒ digitali e non ‒ comincia da Anobii,<br />

capostipite dei book social network. Qui si può<br />

dar sfogo alle proprie frustrate aspirazioni<br />

di critici letterari, rendendo partecipi gli altri<br />

iscritti del proprio entusiasmo per la lettura<br />

appena conclusa, o spulciare le opinioni dei<br />

propri contatti e trovare così ispirazione per<br />

il prossimo titolo da acquistare. Parlando di<br />

scaffali non si può non citare GoodReads,<br />

che emula – in salsa sociale – il meccanismo<br />

di suggerimento dei libri usato da Amazon.<br />

Qui però basta votare venti libri per far sì<br />

che il sistema intuisca i più adatti al nostro<br />

gusto, e ce li segnali. Se poi oltre ad un libro<br />

volete cercare anche una dolce metà con cui<br />

leggerlo accoccolati sotto le coperte, potete<br />

rivolgervi a Alikewise. A metà tra il social<br />

network e l’agenzia matrimoniale, il sito<br />

offre un singolare modo per conoscere l’anima<br />

gemella: l’affinità di preferenze letterarie.<br />

Si aggiungono sul profilo i titoli letti,<br />

qualche informazione personale, una bella<br />

foto e… si attende che il sistema selezioni<br />

per noi dei potenziali partner con i quali, se<br />

non altro, non si litigherà sui libri da acquistare.<br />

Per la categoria degli impazienti, che non<br />

sanno resistere alla foga del commento e<br />

leggono l’eBook annotandolo immediatamente<br />

con le proprie impressioni, ecco un<br />

social network che parla italiano, con spiccato<br />

accento sabaudo: su Bookliners ogni<br />

appunto si trasforma in una discussione,<br />

ogni sottolineatura in un momento di confronto,<br />

aggregando gli utenti non più sul<br />

libro ma sulla singola frase, rendendo la<br />

narrazione teoricamente infinita. Gli spagnoli<br />

di 24 Symbols strizzano invece l’occhio<br />

ai bulimici della lettura, e offrono una<br />

piattaforma dalla quale leggere e commentare<br />

a sazietà. Un’integrazione tra recensio­<br />

Condivisione è la parola chiave, che si tratti di<br />

una generica recensione sul libro appena letto,<br />

o si vada nel dettaglio annotando e integrando<br />

note a margine sugli ebook<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


27<br />

ne e commento in tempo reale è quella di<br />

BookGlutton, che ambisce a raccogliere<br />

l’eredità dei circoli letterari al grido di<br />

“books are conversation”, slogan di cluetrainiana<br />

memoria: annotazioni e commenti<br />

avvengono all’interno di cerchie di contatti<br />

talvolta aperte a tutti, in altre più selettive.<br />

Rasenta la genialità (o la follia?) uno degli<br />

ultimi arrivati: Small Demons. Così come<br />

del maiale non si butta via nulla, anche il<br />

libro può essere “tagliato” e catalogato per<br />

gruppi musicali, celebrità, prodotti e brand<br />

citati nella narrazione, collegati e incrociati<br />

con altre letture per creare e tracciare sorprendenti<br />

percorsi tematici.<br />

Fin qui i social network sui libri. Che dire invece<br />

dei libri che diventano social network?<br />

Esiste un solo caso, ma merita una categorizzazione<br />

a sé: Pottermore è il rifugio virtuale<br />

di migliaia di aspiranti maghette e maghetti<br />

fan di Harry Potter e offre, oltre alla<br />

possibilità di leggere in esclusiva gli eBook<br />

della fortunata creatura di J.K. Rowling,<br />

un’immersiva esperienza di role play tra i<br />

corridoi della Scuola di Hogwarts.<br />

Non temano, comunque, i nostalgici del<br />

profumo di carta, né gli apocalittici che predicano<br />

un futuro privo di relazioni sociali<br />

vis à vis. Il passo da virtuale e reale è breve,<br />

tanto quanto quello da libro a eBook. •<br />

J.K. Rowling<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


28<br />

New York 1841. La nave in arrivo<br />

da Londra fu assalita da una<br />

folla che chiedeva: “Ma Nell è<br />

ancora viva?”. Il più impaziente<br />

andò incontro alla nave con<br />

una barchetta di fortuna. Poco<br />

importava se Nell Trent era una<br />

bambina di carta e inchiostro. I<br />

lettori americani non potevano<br />

aspettare un’ora di più per<br />

conoscere la sua sorte, nell’ultimo<br />

episodio de La bottega<br />

dell’antiquario, storia pubblicata<br />

a puntate sul giornale Master<br />

Humphrey's Clock dall’autore­editore<br />

Charles Dickens. E<br />

racconta ancora la critica letteraria<br />

Paola Colaiacomo che Dickens<br />

ricevette molte lettere dai suoi lettori<br />

perché non facesse morire Nell e altrettante<br />

proteste dopo la lettura della sua triste<br />

sorte. Emerge in questo racconto la forza<br />

dirompente del feuilleton, forma letteraria<br />

Il mondo<br />

dell’ebook<br />

Feuilleton 2.0:<br />

il nuovo formato del libro<br />

è l'eBook in progress<br />

un viaggio letterario nel tempo, dai romanzi a puntate<br />

dell’Ottocento alle nuove forme narrative seriali in<br />

formato digitale, in compagnia di Charles Dickens<br />

di Daniela De Pasquale<br />

in voga nella Francia e nell’Inghilterra di<br />

fine Ottocento, nata da pure logiche commerciali<br />

ma rivelatasi un potente diffusore<br />

di cultura popolare e letteratura di massa.<br />

Nel 1836 émilie de Girardin<br />

fondò La Presse, quotidiano low<br />

cost che ambiva a fidelizzare un<br />

ampio pubblico. Ripensando a<br />

due casi di successo, il feuilleton<br />

di Louis­François Bertin di<br />

fine Settecento ‒ un insieme di<br />

rubriche di critica teatrale allegato<br />

al Jounal des débats ‒ e la<br />

pubblicazione su un giornale<br />

di Honoré de Balzac di alcuni<br />

capitoli del suo libro per creare<br />

interesse e attesa, de Girardin<br />

decise di dedicare lo spazio che<br />

altri giornali riservavano alla critica letteraria<br />

alla pubblicazione di romanzi a puntate.<br />

Nacque così il feuilleton (foglio, pagina<br />

di libro), conosciuto anche come romanzo<br />

d’appendice (perché pubblicato in ultima o<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


29<br />

penultima pagina), da non considerare solo<br />

come letteratura di serie B, dal momento<br />

che ha dato vita a grandi classici. Tre su<br />

tutti: I tre moschettieri (Alexandre Dumas), I<br />

misteri di Parigi (Eugène Sue) e Le avventure<br />

di Pinocchio (Carlo Collodi).<br />

L’idea fu rivoluzionaria e con effetti a lungo<br />

termine: nella seconda metà del XIX secolo<br />

la cultura era un lusso e non esistevano altri<br />

mezzi di informazione se non i giornali.<br />

La borghesia leggeva le storie a puntate per<br />

svagarsi, le fasce più povere e meno istruite<br />

avevano finalmente accesso facile ed economico<br />

alla lettura. In <strong>Italia</strong>, per lo storico<br />

Michele Giocondi fino alla Grande Guerra<br />

un bestseller era un libro che in cinque anni<br />

vendeva 10.000 copie, col fascismo si salì a<br />

20.000. I romanzi d’appendice potevano superare<br />

quota 100.000, forte segnale dell’alfabetizzazione<br />

del Paese.<br />

Certamente l’iniezione di serialità crea dipendenza<br />

dalle storie, ma quali sono gli ingredienti<br />

magici del siero che trasformava<br />

tutti in lettori e che oggi vorremmo tanto riscoprire,<br />

visti i 723mila lettori italiani persi<br />

nel 2011, secondo l’ISTAT? Per Aldo Grasso<br />

sono quattro: l’oleografia, la presenza di<br />

stereotipi riconoscibili che permettono al<br />

lettore di identificarsi col personaggio per<br />

trarne gratificazione; la contrapposizione<br />

eroe positivo/eroe negativo e bene/male,<br />

in cui i valori borghesi sono perfettamente<br />

codificati e difesi con il riscatto finale e il<br />

trionfo dei primi sui secondi. Infine l’agnizione,<br />

il colpo di scena: una rivelazione improvvisa<br />

che determina una svolta decisiva<br />

nella vicenda.<br />

Caratteristiche superbamente e lucidamente<br />

mixate nella serialità televisiva americana,<br />

tanto che per lo stesso Grasso oggi l’e­<br />

ducazione sentimentale degli adolescenti<br />

non si forma più con la grande narrativa<br />

ottocentesca ma con i teen-drama. A supporto<br />

di questa tesi, alcuni critici hanno definito<br />

l’autore della serie The Sopranos David<br />

Chase come il Charles Dickens di oggi.<br />

Per Jonathan Franzen, le serie tv “stanno<br />

rimpiazzando il bisogno che veniva soddisfatto<br />

da un certo tipo di realismo del XIX<br />

secolo. Quando leggi Dickens ottieni gli<br />

stessi effetti narrativi”. In realtà, prima di<br />

soap-opera e fiction con mafiosi, dottori e<br />

Oggi, grazie alla tecnologia,<br />

gli stilemi della narrazione<br />

seriale tipici del feuilleton<br />

dell’Ottocento si<br />

ripresentano in nuove forme<br />

letterarie sul web e altre<br />

piattaforme, coinvolgendo<br />

anche gli ebook<br />

casalinghe, a ereditare le strategie narrative<br />

del feuilleton sono stati i fotoromanzi<br />

e i fumetti, i radiodrammi e il cinema.<br />

E il pensiero torna ancora a Dickens e alla<br />

sua incredibile modernità, perché, sostiene<br />

John Bowen ‒ tra i suoi massimi studiosi<br />

‒ “è facile da adattare per la tv, il cinema<br />

e il teatro e usa tutte le strategie moderne<br />

di pubblicità per far conoscere i suoi libri.<br />

È multimediale”. E non aveva Facebook.<br />

Oggi, grazie alla tecnologia, i meccanismi<br />

della serialità si ripresentano in nuove forme<br />

letterarie: sul web e sui blog si moltiplicano<br />

i romanzi a puntate e alcune aziende<br />

stanno realizzando storie a episodi per<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


30<br />

nuove piattaforme, sull’onda del successo<br />

dei keitai shosetsu, i romanzi giapponesi per<br />

cellulare scaricabili da iTunes una puntata<br />

al giorno. E, naturalmente, arriviamo agli<br />

eBook. Il processo di convergenza fonde<br />

più media, compaiono nuovi device e le<br />

storie non sono più un semplice travaso<br />

da un formato all’altro, ma fluidi narrativi<br />

che si adattano ai nuovi contenitori. D’altra<br />

parte il leit motiv di queste settimane, dopo<br />

“If Book Then”, incontro internazionale dedicato<br />

al futuro del libro, è proprio la necessità<br />

di innovare per costruire nuovi modelli<br />

di ricavi e nuove logiche di funzionamento<br />

per l'editoria. Lo sa bene Alessandro Mari,<br />

che ha abbracciato il nuovo progetto di Feltrinelli<br />

aggiungendo un significativo tassello<br />

al concetto di social writer. Banduna è stato<br />

il primo titolo della collana Zoom interamente<br />

digitale: un eBook a puntate settimanali<br />

da € 0,99 con prima uscita gratuita.<br />

Lo sforzo creativo autoriale è alto, il racconto<br />

ha un ritmo sincopato e ogni capitolo<br />

deve raggiungere un cliffhanger, quel­<br />

la pausa narrativa con cui sul più bello si<br />

conclude l’episodio, lasciando il lettore con<br />

l’impaziente curiosità di scoprire cosa succederà<br />

nel successivo. Tra un’uscita e l’altra,<br />

c’è il tempo di dialogare con i lettori su<br />

banduna, l’eBook a puntate di Alessandro Mari nella collana<br />

Zoom di Feltrinelli, non è una storia già scritta e distribuita<br />

un capitolo per volta, ma un ebook in progress,<br />

che si evolve con l’interazione dei lettori<br />

un sito creato ad hoc, per ricevere feedback<br />

immediati da inserire “nella centrifuga<br />

dell’immaginazione” e, come un attore di<br />

teatro che sente l’umore della sala, decidere<br />

l’evoluzione della narrazione. Banduna non<br />

è dunque una storia già scritta e distribuita<br />

un capitolo per volta, ma un eBook in progress.<br />

Ci sono poi altri esempi di offerta di<br />

contenuti digitali a rate. L’azienda BookRiff<br />

offre un servizio di DJ letterario: smembra<br />

gli eBook in capitoli vendibili singolarmente,<br />

e permette di creare nuovi eBook­compilation<br />

assemblando testi di diversi autori.<br />

DripRead è un’applicazione che suddivide<br />

eBook e altri file in piccole parti, inviandone<br />

una ogni giorno tramite email. Nell’attesa<br />

che altre aziende italiane si lancino in<br />

progetti di questo tipo, sul territorio nazionale<br />

arriva Chichili Agency, editore tedesco<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


31<br />

che vanta il maggior numero di vendita di<br />

eBook in Germania e già nelle classifiche di<br />

Amazon.it con l’horror seriale Chills. La sua<br />

mission è stare al passo con un lettore moderno<br />

hi­tech e sempre in movimento: chi<br />

legge in metropolitana probabilmente è un<br />

lettore forte che non vuole rinunciare alla<br />

lettura durante i suoi spostamenti. L’offerta<br />

è quindi un libro digitale di massimo trenta<br />

pagine, da leggere in quindici minuti e dal<br />

prezzo contenuto. Anche Banduna ha un limite<br />

di battute tra le 23 e le 26mila a puntata,<br />

l'equivalente di circa mezz'ora di lettura.<br />

L’idea di presentare contenuti, non necessariamente<br />

seriali, per tempo di lettura non è<br />

nuova, basti pensare allo store EmmaBooks<br />

o al sito giornalistico Longreads, focalizzato<br />

su forme di long journalism godibili<br />

proprio su tablet e eReader. Aggiungendo<br />

il fattore prezzo al tempo di lettura, il pensiero<br />

vola ai Kindle Single che Amazon ha<br />

lanciato oltre un anno fa: racconti low cost<br />

di 10­30mila caratteri, lunghezza “perfetta<br />

per buttar giù una singola idea geniale,<br />

ben sviluppata argomentata e illustrata”.<br />

La stessa collana Zoom di Feltrinelli contiene<br />

singoli racconti delle sue firme di punta,<br />

estratti da raccolte già pubblicate o inediti<br />

digitali.<br />

La tecnologia riduce le barriere d’accesso<br />

alla pubblicazione dei contenuti tanto che,<br />

per David Houle, oggi si pubblicano più<br />

libri in una settimana che in tutto il 1950.<br />

La serialità può essere allora considerata<br />

un valido terreno di esplorazione per una<br />

nuova concezione di letteratura prêt­à­porter<br />

al costo di un caffè: per l’editore 2.0 è un<br />

nuovo modello di business; per lo scrittore<br />

2.0 è una nuova sfida creativa; per il lettore<br />

2.0 è un nuovo prodotto economico che<br />

si inserisce nel flusso veloce delle sue giornate,<br />

e lo aiuta ad acquisire familiarità con<br />

nuovi dispositivi e nuovi modi di concepire<br />

l’oggetto­libro.•<br />

La serialità può essere<br />

considerata un valido<br />

terreno di esplorazione per<br />

una nuova concezione di<br />

letteratura prêt-à-porter al<br />

costo di un caffè<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


" LE MERAVIGLIE<br />

DEL POSSIBILE"<br />

“N<br />

essuno è al sicuro, nessuno si salva, la nostra civiltà è fragilissima e può crollare in<br />

ogni momento”: chi negli ultimi mesi, leggendo le notizie economiche e politiche,<br />

non ha sussurrato tra sé frasi di questo genere? Chi, pensando al sistema<br />

della finanza globale che sembra strangolare i destini di nazioni e individui,<br />

non lo ha immaginato come una sorta di mostro fantascientifico? La frase che abbiamo citato<br />

qui in apertura è di Carlo Fruttero, che la scrisse con negli occhi le immagini dell'attentato<br />

alle Twin Towers. Nel testo da cui è estrapolata, lo scrittore torinese meditava sulla capacità<br />

della science-fiction di essere “profetica” nel senso più alto, ossia di mettere la mente<br />

32<br />

(1959)<br />

buona la prima<br />

storie di libri<br />

ed edizioni<br />

A CURA DI SERGIO SOLMI E CARLO FRUTTERO<br />

di Francesco Baucia<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


33<br />

dell'uomo in assonanza con il proprio tempo<br />

per coglierne quelle linee direttrici che<br />

conducono al domani. Una missione, inoltre,<br />

quasi filosofica, se come diceva Hegel<br />

la filosofia è "apprendere il proprio tempo<br />

con il pensiero". Su questa scia, si potrebbe<br />

tentare una definizione della fantascienza<br />

dicendo che essa è "apprendere il proprio<br />

tempo con la fantasia". I mondi possibili e<br />

i futuri immaginari che questo genere eleva<br />

a proprio orizzonte sono infatti solo un<br />

modo trasfigurato per<br />

parlare di noi, della nostra<br />

vita attuale e di ciò<br />

che le può accadere da<br />

un momento all'altro.<br />

Tra i molti meriti letterari<br />

ed editoriali che vanno<br />

ascritti a Carlo Fruttero,<br />

morto di recente a<br />

85 anni nella sua casa<br />

di Castiglione della Pescaia,<br />

c'è senza dubbio<br />

quello di aver promosso<br />

instancabilmente la diffusione<br />

della science-fiction<br />

in <strong>Italia</strong>. Lo ha fatto<br />

in due modi: dirigendo<br />

dal 1961 al 1986 (per un<br />

lungo periodo anche in<br />

coppia con Franco Lucentini)<br />

la mitica collana<br />

mondadoriana Urania<br />

e prima ancora curando a quattro mani<br />

con Sergio Solmi l'antologia di fantascienza<br />

Le meraviglie del possibile, apparsa per Einaudi<br />

nel 1959. L'intento che soggiaceva a<br />

questa operazione editoriale era quello di<br />

porre sotto l'egida severa e autorevole dello<br />

Struzzo un genere di narrativa che veniva<br />

considerato perlopiù come di puro intrattenimento,<br />

in un periodo in cui l'engagement<br />

della letteratura era visto come una priorità<br />

assoluta. A questa nobilitazione del genere<br />

contribuiva in modo decisivo la dotta introduzione<br />

al volume firmata da Solmi, in cui<br />

tra l'altro si indicavano i lontani ascendenti<br />

della fantascienza addirittura in Platone e<br />

Luciano di Samosata. Ma ai lettori sarebbe<br />

bastato addentrarsi nelle pagine dei racconti<br />

collezionati nel libro per convincersi,<br />

anche senza articolate<br />

arringhe, dell'assoluta<br />

nobiltà di quei testi.<br />

Perché sfogliando<br />

le pagine si sarebbero<br />

imbattuti nel distillato<br />

dell'arte dei maestri del<br />

genere, partendo dal<br />

precursore H.G. Wells<br />

per arrivare agli "assi"<br />

Ray Bradbury, Philip<br />

K. Dick, Isaac Asimov<br />

e Robert Heinlein.<br />

L'idea programmatica<br />

del libro, indica Solmi<br />

nell'introduzione, è di<br />

mostrare attraverso la<br />

narrativa come dopo<br />

le numerose crisi filosofiche<br />

e religiose della<br />

modernità alla sola<br />

scienza è ancora possibile<br />

nel presente "riaprire le porte del Meraviglioso,<br />

che l'uomo aveva chiuse da un<br />

pezzo". Leggendo i racconti dell'antologia,<br />

però, ci si accorge che forse la vista di quel<br />

Meraviglioso nuovamente dischiuso è insostenibile,<br />

presaga com'è di scenari foschi<br />

i quali non fanno che ripetere in ingegnose<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


34<br />

variazioni le oscurità della storia passata.<br />

Una vena rigogliosa di pessimismo serpeggia<br />

nelle pagine di molti racconti, insinuando<br />

più di un sospetto sulle "magnifiche<br />

sorti e progressive" che la scienza sembra<br />

spalancare all'umanità. Così, i naufraghi<br />

sul piovoso pianeta Venere del racconto<br />

Pioggia senza fine di Bradbury ci appaiono<br />

come soldati sull'orlo della follia nella<br />

giungla vietnamita; la riscoperta capacità<br />

dell'umanità futura di contare<br />

senza calcolatrici viene piegata<br />

a fini bellici in Nove volte sette di<br />

Asimov; l'utilizzo di robot umanoidi<br />

con obiettivi spionistici<br />

scardina l'affidamento nell'amicizia<br />

e negli affetti in Impostore<br />

di Philip K. Dick; e la volontà di<br />

serafici monaci tibetani di calcolare<br />

tutti i possibili nomi di Dio<br />

attraverso un supercomputer<br />

nasconde il desiderio di causare<br />

la fine del mondo, nel racconto<br />

I nove miliardi di nomi di Dio di Arthur C.<br />

Clarke. Ma il capolavoro assoluto della raccolta<br />

è forse il racconto più breve, il fulminante<br />

Sentinella di Fredric Brown, lungo<br />

una pagina scarsa. Vi leggiamo i pensieri di<br />

un soldato di trincea in una guerra intergalattica,<br />

lontano cinquantamila anni luce<br />

dalla sua patria e piegato alle dinamiche di<br />

un conflitto che non comprende. Si trova a<br />

compiere quello che è richiesto a ogni buon<br />

soldato, ossia uccidere una di quelle schifose<br />

creature nemiche contro cui combatte.<br />

Ma l'identità della sua vittima non è così<br />

scontata come il lettore sarebbe portato a<br />

pensare fin dalle prime righe, e non la riveliamo<br />

qui per consentire a chi vorrà cimentarsi<br />

con Le meraviglie del possibile di godersi<br />

in pieno la sorpresa. Basti indicare però che,<br />

in consonanza con i suoi "colleghi", l'autore<br />

suggerisce che la Storia, e anche la fanta­<br />

Storia, obbedisce alla solita eterna logica di<br />

prevaricazione e violenza, da qualunque<br />

prospettiva la si guardi.<br />

In un intervento di qualche<br />

mese fa su "TuttoLibri" della<br />

Stampa, Tullio Avoledo (l'autore<br />

italiano che si è cimentato con<br />

più successo nel genere fantascientifico)<br />

ha scritto che leggere<br />

testi di science-fiction può alimentare<br />

la fiducia nel futuro. Di<br />

primo acchito sembrerebbe difficile<br />

affermarlo visto l'orizzonte<br />

oscuro che tracciano numerosi<br />

racconti dell'antologia di Solmi<br />

e Fruttero. Ma guardando<br />

le cose da un altro versante, ci accorgiamo<br />

che in fondo ha perfettamente ragione. Se i<br />

maestri­veggenti della fantascienza hanno<br />

molte volte espresso vaticini così cupi è per<br />

farci comprendere che il futuro è davvero<br />

nelle nostre mani, che la fantasia è tutt'uno<br />

con la libertà, e che possiamo inventare<br />

sul serio un avvenire differente da quello<br />

che gli istinti del genere umano sembrano<br />

invariabilmente suggerire. Ci ribadiscono<br />

che il "mondo migliore" è alla nostra portata,<br />

al pari dei molti altri possibili. E poi c'è<br />

chi dice che la fantascienza non è engagée…<br />

pretesti| Febbraio 2012


35<br />

L'ITALIANO<br />

CANTERINO<br />

di Lorenzo Coveri<br />

Che italiano è quello della canzone?<br />

Che rapporti (di dare e di<br />

avere) vi sono tra la lingua usata<br />

nei testi delle canzoni e quella<br />

di tutti i giorni? È possibile tracciare una<br />

storia linguistica della canzone italiana?<br />

Sono interrogativi che si può porre tanto<br />

l’appassionato di musica leggera, magari<br />

in procinto di seguire, come ogni anno, di<br />

questa stagione, il Festival di Sanremo (nato<br />

nel 1951 e oggi diventato più un evento televisivo<br />

che una gara di canzoni), quanto<br />

il linguista, che ormai da qualche decennio<br />

ha sdoganato il fenomeno, se non altro per<br />

il suo rilievo sociale, culturale, economico<br />

nel paese del Bel canto.<br />

Prima di tutto occorre sgomberare il terreno<br />

da un equivoco: il testo della canzone non<br />

ha, salvo rarissimi casi, una propria autonomia;<br />

esiste solo in quanto è destinato ad<br />

essere messo in musica, è al servizio della<br />

struttura musicale (la cosiddetta mascherina),<br />

e non viceversa. E ciò dovrebbe essere<br />

sufficiente a smentire chi voglia considerare<br />

la canzone come poesia (la quale esaurisce<br />

in sé tutti i sensi, mentre il testo canzo­<br />

sulla punta<br />

della lingua<br />

Come parliamo,<br />

come scriviamo<br />

Rubrica a cura<br />

dell’Accademia della Crusca<br />

nettistico ha bisogno di quell’“aggiunta di<br />

senso” che sono le note), i cantautori come i<br />

“nuovi poeti” da antologizzare (ma è credibile<br />

che essi contribuiscano ad instillare un<br />

certo gusto della poesia nelle giovani generazioni).<br />

Se è vero che le parole delle canzoni<br />

sono “parole per musica”, è dunque<br />

conseguente che la lingua italiana (adatta<br />

alla melodia, meno adatta dell’inglese e del<br />

francese al ritmo) venga piegata alle esigenze<br />

musicali. Altrimenti, come si spiegherebbero,<br />

in fine di verso, tanti monosillabi (te,<br />

me, io), tante parole tronche, magari in verbi<br />

al futuro (vivrò, lavorerò, piangerò, in Io vivrò<br />

di Battisti e Mogol, ma anche in Francesco<br />

De Gregori, La donna cannone), tante zeppe<br />

(e sai, e poi), tante inversioni sintattiche (“e<br />

all’improvviso venivo / dal vento rapito”,<br />

Nel blu, dipinto di blu di Modugno e Migliacci)?<br />

Questo vale certamente per la canzone<br />

cosiddetta ancien régime del primo secolo<br />

unitario, con le sue radici nel melodramma<br />

e nella grande tradizione napoletana, fino<br />

alla svolta interpretativa rappresentata, nel<br />

1958, dal teatrale “volo” di Domenico Modugno<br />

a Sanremo.<br />

Le cose cambiano a partire dagli anni Sessanta<br />

(e poi, più marcatamente, Settanta),<br />

con la nascita del fenomeno (tipicamente<br />

italiano, ma con modelli Oltralpe e Oltreoceano)<br />

dei cantautori, che per la prima volta<br />

riuniscono in sé le figure, prima distinte,<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


36<br />

dell’autore del testo (il paroliere, l’artigiano<br />

delle parole), del musicista, dell’interprete.<br />

Anche il linguaggio, prima desueto<br />

e retorico (“Signorinella pallida / dolce dirimpettaia<br />

del quinto piano”, Signorinella,<br />

di Bovio e Valente, 1931) si abbassa decisamente<br />

di tono, diventa dimesso, più vicino<br />

all’italiano quotidiano (“Mi sono innamorato<br />

di te / perché / non avevo niente da<br />

fare”, Mi sono innamorato di te, di Tenco), se<br />

non altro confrontandosi con l’evoluzione<br />

del linguaggio poetico e anche con una più<br />

ampia diffusione dell’italiano, cui proprio<br />

la canzone avrà, almeno in parte, contribuito.<br />

Dagli anni Ottanta in avanti la canzone<br />

italiana conosce una grande varietà di generi<br />

(accanto alla canzone d’autore, il rock,<br />

il pop, il rap), tra i quali ha particolare rilievo<br />

il recupero del dialetto (in funzione lirica,<br />

come nel grande esempio di Fabrizio De<br />

André; in funzione polemica e ideologica,<br />

come nelle posse). Tale compresenza di ge­<br />

neri, di forme e di modelli (e di tipo di pubblico)<br />

è la chiave della situazione attuale.<br />

Basta leggere (ma non senza, per le ragioni<br />

che si sono dette, ascoltarli in musica) i testi<br />

di Sanremo 2012 per averne conferma. Qui,<br />

accanto a moduli tipici della vecchia canzonetta<br />

(“Io non voglio amare / solo libertà /<br />

sono chiusa a chiave / e ci resterò / so di<br />

farmi male / male non mi fa”, Respirare,<br />

interpretata da Gigi D’Alessio e Loredana<br />

Berté; “baci come spine, sulla bocca mia”,<br />

Sei tu, dei Matia Bazar; “Se un giorno tu /<br />

tornassi da me / dicendo che”, Per sempre,<br />

Nina Zilli; ma sparsi qua e là un po’ in tutti<br />

i testi), troviamo esempi ed echi dell’esperienza<br />

cantautorale (“Un pallone rubato /<br />

è dovuto passare / dalla noia di un prato<br />

all’inglese / a un asfalto che fu Garibaldi a<br />

donare, / dalle scarpe di Messi / alle scarpe<br />

ignoranti, / a una rabbia calciata di punta<br />

che lo / fa volare più in alto dei santi”, Un<br />

pallone, di Samuele Bersani; “Seguo l’imma­<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


37<br />

ginazione / la strada dei passi passati da<br />

qui / sento una dolce evasione negli occhi /<br />

che mi hanno guardato così”, Al posto del<br />

mondo, Chiara Civello).<br />

Si nota una ricerca espressiva più sofisticata,<br />

meno consueta, tendente a liberarsi<br />

dalle pastoie della canzone “all’italiana” (si<br />

pensi anche alle decisive innovazioni metriche<br />

e sintattiche introdotte dalla “cantantessa”<br />

Carmen Consoli), come è evidente<br />

nella presenza di versi più lunghi e sintatticamente<br />

più complessi (“No questo no, non<br />

è l’inferno ma non / comprendo com’è possibile<br />

pensare che / sia più facile morire”,<br />

Non è l’inferno, Emma; “Avere l’impressione<br />

di restare sempre al punto di partenza”,<br />

Sono solo parole, Noemi), nella sostituzione<br />

di assonanze alle rime baciate (“appena io<br />

mi rendo conto / di avere perso la metà del<br />

tempo, / e quello che mi resta è di trovare<br />

un senso”, E tu lo chiami Dio, Eugenio Finardi),<br />

nelle figure retoriche (similitudine:<br />

“Come sassi in un torrente / come fanno i<br />

nostri sogni”, La tua bellezza, di Francesco<br />

Renga), nell’uso di un lessico più quotidiano<br />

(“c’è un camionista da accontentare”,<br />

Nanì, di Pierdavide Carone e Lucio Dalla;<br />

“per chi ci vuol fregare”, Ci vediamo a casa,<br />

di Dolcenera). Paradossalmente, è la presenza<br />

meno “sanremese” di tutte, quella<br />

del gruppo rock dei Marlene Kuntz, a tener<br />

conto giudiziosamente del contesto (il<br />

tipo di pubblico, il supporto di una grande<br />

orchestra) e a presentare la loro Canzone<br />

per un figlio (di ispirazione letteraria, come<br />

spesso succede nel repertorio della band)<br />

meno trasgressiva di quanto ci si sarebbe<br />

atteso (altrove il congiuntivo disperda rimava<br />

provocatoriamente con merda), affidando<br />

alla musica e soprattutto all’interpreta­<br />

zione la forza di un testo che rivela dimestichezza<br />

con la scrittura poetica, con litoti<br />

(“La felicità non è impossibile”), similitudini<br />

(“come un’ebbrezza effimera che può<br />

imbrogliare”), personificazioni (“la felicità<br />

che sorride”), e via dicendo. Parole per musica,<br />

appunto. E persino a Sanremo, a lungo<br />

considerato il tempio inespugnabile della<br />

conservazione, si può affacciare alla scena<br />

un nuovo italiano. •<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


38<br />

Non c’è più il battipalo a vapore<br />

ad Alexanderplatz, sbuffante<br />

e strillante mentre al ritmo cadenzato<br />

dei suoi colpi trafigge<br />

un suolo scavato, rimestato, squarciato,<br />

lacerato, nel frastuono dei cantieri per la<br />

metropolitana e nello stridere incessante<br />

dei tram. Non c’è più l’umanità variopinta<br />

che si aggira per le strade nei dintorni, chi<br />

sgobba, chi osserva, chi si affanna, chi sta<br />

fermo, chi beve, chi ha freddo, chi esce da<br />

un negozio, chi s'infila in una bettola, chi attraversa<br />

la piazza, chi si accalca su un marciapiede,<br />

ma allo sferzare indifferente del<br />

vento i loro volti sono tutti uguali e “cosa<br />

succede in loro? chi potrebbe dirlo?”, a scriverlo<br />

ne verrebbe un libro enorme ma poi<br />

Anima del<br />

mondo<br />

Paesaggi della letteratura<br />

LA CITTà<br />

INVISIBILE<br />

Berlino: immagini in dissolvenza<br />

di Luca Bisin<br />

nessuno lo leggerebbe. Se non bastassero<br />

già i nomi mutati di certe vie o di certe insegne,<br />

ci penserebbe la torre della televisione,<br />

col suo profilo così sfacciatamente sovietico,<br />

tanto insolente da riuscire alla fine quasi<br />

bello, a raccontarci quanta storia è trascorsa<br />

all’Alex da quel 1929 in cui Alfred Döblin,<br />

in Berlin Alexanderplatz, ne sanciva la potenza<br />

simbolica di una città lanciata senza<br />

freni alla costruzione della propria identità<br />

di metropoli. I turisti ordinatamente in<br />

fila, mentre attendono di salire a gettare da<br />

212 metri uno sguardo alla Berlino degli architetti,<br />

delle sperimentazioni, delle nuove<br />

tendenze, dei giovani con pochi soldi, della<br />

musica elettronica, dell'estro che reinventa<br />

gli spazi, non hanno certo più molto del­<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


39<br />

lo smarrimento che, nel romanzo, provava<br />

Franz Biberkopf appena uscito dal carcere<br />

di Tegel, mentre col tram 41 s'inoltrava nelle<br />

viscere della città babelica e implacabile,<br />

e "dentro di lui qualcosa gridava con terrore:<br />

attenti, attenti, si comincia!".<br />

Eppure, non è che Berlino ci parli oggi con<br />

meno irruenza. In un certo senso, anzi, la<br />

città è divenuta quasi il prodotto vivente<br />

di quel montaggio frenetico che Döblin<br />

esercitava nelle pagine del suo romanzo,<br />

sgretolandone la for­<br />

ma narrativa in un<br />

arruffio di segni,<br />

voci, balenii, schegge,<br />

mentre da dietro<br />

il più piccolo dettaglio<br />

(l'insegna di un<br />

negozio, lo scorcio di<br />

un caffè, il titolo di<br />

giornale…) poteva<br />

far capolino lo sguardo di un futuro troppo<br />

irrefrenabile e incerto per non riuscire minaccioso.<br />

A chi passeggi oggi per Berlino,<br />

quasi ogni batter d'occhio è come un gioco<br />

audace di stacchi, dissolvenze, incroci lungo<br />

una narrazione di cui la storia stessa si<br />

è incaricata di mescolare i tempi e gli spazi:<br />

le linee inflessibili del vecchio aeroporto di<br />

Tempelhof, nella cui severità ancora s'indovina<br />

l'allucinata monumentalità della capitale<br />

Germania vagheggiata da Hitler, accolgono<br />

senza imbarazzo l'atmosfera svagata<br />

e un po' fricchettona di un parco; e sulle<br />

facciate solenni degli edifici lungo la Karl-<br />

Marx-Allee, réclame architettonica del socialismo<br />

reale nella Berlino divisa, si aprono<br />

come nulla fosse le vetrine chiassose dei<br />

supermercati e dei fast­food. Ma tutto questo<br />

ci arriva nella figura già rasserenata di<br />

una storia che conosciamo, di una città che<br />

è proprio quella che ci hanno raccontato e<br />

che siamo venuti a vedere.<br />

È forse vero, come ha<br />

osservato Wim Wenders,<br />

che a parlare oggi di berlino<br />

sono soprattutto i suoi<br />

spazi vuoti<br />

È forse vero allora, come ha osservato Wim<br />

Wenders, che a parlare oggi di Berlino sono<br />

soprattutto i suoi spazi vuoti, come gli scorci<br />

in cui la città dei simboli storici e delle<br />

arditezze architettoniche offre al nostro<br />

sguardo un varco d'incertezza, il pretesto<br />

di uno smarrimento che non avevamo previsto<br />

e che ci lascia più interdetti di quanto<br />

possa mai fare la vista, improvvisa ma non<br />

davvero inattesa, di una Trabant. Del resto,<br />

proprio Döblin affermava che "Berlino è<br />

per la maggior parte<br />

invisibile", a ricordarci<br />

come quel balenare<br />

di segni, quel<br />

tramestare beffardo<br />

della storia sia ancora<br />

niente o quasi:<br />

Berlino trapela altrove,<br />

in un certo nostro<br />

sguardo più sottile e<br />

involontario, e nel remoto turbamento che<br />

ci procura.<br />

Vista da una finestra all'angolo della Taubenstrasse,<br />

come in un racconto di E.T.A.<br />

Hoffman, la Berlino del 1822 poteva già<br />

produrre "una piccola vertigine che assomigliava<br />

al delirio non sgradevole di un sogno<br />

a venire", solo nell'ondeggiare della folla in<br />

una piazza durante un giorno di mercato. E<br />

la Berlino guglielmina dei romanzi di Theodor<br />

Fontane, appena sbozzata negli interni<br />

ordinati della case borghesi, nelle passeggiate<br />

lungo la Sprea, nei balconi affacciati<br />

sul Tiergarten, sapeva però già pungolare<br />

crucci inconfessati e smascherare inquietudini<br />

a lungo represse: una passeggiata<br />

per l'Unter den Linden poteva rivelare alla<br />

giovane Effi ciò che la signora von Briest<br />

ignorava, compiaciuta della bontà d'animo<br />

della propria figlia che viveva senza pretese,<br />

"fra fantasticherie e sogni": il fatto che,<br />

nondimeno, in certe questioni Effi aveva<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


40<br />

delle pretese; e durante l'afflitta monotonia<br />

del matrimonio con il barone Instetten,<br />

è la prospettiva di un trasferimento a Berlino<br />

ad estorcerle l'involontaria ammissione<br />

di un'infelicità che il costume borghese<br />

voleva invece inconfessabile: "Dio, ti ringrazio!",<br />

sussurra Effi in tono di preghiera,<br />

abbracciata alle ginocchia del marito. Berlino,<br />

in fondo, ha sem­<br />

pre avuto la natura<br />

sfuggente e un po'<br />

scorbutica di una città<br />

che non accoglie,<br />

non sorride, non lancia<br />

seduzioni appariscenti,<br />

ma ci tocca in<br />

un modo più misterioso<br />

e importuno,<br />

quasi intimo e per<br />

questo inquietante.<br />

Come in certi romanzi berlinesi di Nabokov,<br />

dove la città può sorprendere con non più<br />

che una strada in una notte di pioggia, con<br />

"l'opaco luccichio dell'asfalto" sul quale le<br />

cose e le persone si rifrangono in un caleidoscopio<br />

di riflessi e di colori "sparendo<br />

tra le ombre e riemergendo nella luce obliqua<br />

riflessa dalle vetrine" (Re, donna, fante).<br />

O come nel fulminante racconto Dettagli<br />

di un tramonto, sempre di Nabokov, dove<br />

È certo solo a berlino che il<br />

giovane Walter benjamin,<br />

passeggiando per il<br />

Tiergarten, poteva imparare<br />

a "smarrirsi in una città<br />

come ci si smarrisce in una<br />

foresta"<br />

l'estasi di un uomo che torna a casa dopo<br />

l'incontro con la sua promessa sposa, incerto<br />

sulle sue gambe per la troppa felicità e il<br />

troppo bere, sembra quasi risplendere nelle<br />

strade e negli edifici trasfigurati alla luce<br />

del crepuscolo, fino alla disillusione di un<br />

finale agghiacciante.<br />

È certo solo a Berlino che il giovane Walter<br />

Benjamin, passeg­<br />

giando per il Tiergarten,<br />

poteva imparare<br />

a "smarrirsi in<br />

una città come ci si<br />

smarrisce in una foresta";<br />

o che Joseph<br />

Roth poteva riconoscere<br />

nella vista innocua<br />

di uno snodo<br />

ferroviario l'immagine<br />

più evocativa e<br />

pregnante di una vita intera, "il cuore di un<br />

mondo". E a Berlino, ancora oggi, potrebbe<br />

succedere che un dettaglio inoffensivo,<br />

uno scorcio apparentemente scialbo o perfino<br />

brutto ci tocchi tanto nel profondo da<br />

risvegliare in noi quello sgomento che provava<br />

Franz Biberkopf di fronte a un futuro<br />

ancora vago, quella smania di "pretendere<br />

dalla vita qualcosa di più che il pane quotidiano".<br />

•<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


41<br />

Edith Wharton<br />

Alta cucina<br />

Leggere di gusto<br />

A ROMAN PUNCH<br />

IN NEW YORK<br />

Il cocktail dei papi nell'Età dell'innocenza di Edith Wharton<br />

di Francesco Baucia<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


“ C<br />

42<br />

iò che stava o non stava 'bene' giocava<br />

un ruolo nella New York di<br />

Newland Archer altrettanto importante<br />

di quello degli inscrutabili<br />

totemici terrori che avevano governato i destini<br />

dei suoi progenitori migliaia di anni fa.” L'età<br />

dell'innocenza, romanzo di Edith Wharton<br />

vincitore nel 1921 del premio Pulitzer, è uno<br />

struggente racconto d'amore e, come molte<br />

storie d'amore, è anche una storia spietata.<br />

Perlomeno nella misura in cui rappresenta<br />

lo scontro di un sentimento con un sistema<br />

di rigide regole che ne ostacola la completa<br />

maturazione. Dalla vicen­<br />

da archetipica di Romeo<br />

e Giulietta a quella narrata<br />

nell'Età dell'innocenza<br />

il passo è breve, perché<br />

anche qui ci troviamo di<br />

fronte al consumarsi di<br />

una passione all'ombra di<br />

convenzioni sociali tanto<br />

radicate e articolate quanto<br />

assurde. E buona parte<br />

del libro è dedicata appunto<br />

al ritratto accurato<br />

dell'insieme di dettami in<br />

cui sono impigliati, come<br />

in una ragnatela, i personaggi<br />

principali della vicenda. Non è un<br />

caso infatti che Martin Scorsese, un cineasta<br />

che ha dedicato parte significativa del proprio<br />

lavoro al racconto delle ferree regole<br />

delle comunità criminali (Mean streets, Quei<br />

bravi ragazzi, The departed, solo per citarne<br />

alcuni), sia stato attratto da questo romanzo<br />

tanto da trarne nel 1993 una straordinaria<br />

versione cinematografica.<br />

Protagonista della vicenda è Newland Archer,<br />

giovane esponente dell'alta borghesia<br />

I modi di imbandire<br />

le tavole, i piatti che<br />

vi si consumano<br />

abitualmente, l'abilità<br />

dei servitori sono un<br />

insieme di segni che<br />

rivela le caratteristiche<br />

profonde di chi dà<br />

i ricevimenti, oltre<br />

l'immagine che essi<br />

vogliono offrire di sé<br />

newyorchese di fine Ottocento. All'inizio del<br />

libro lo vediamo in un palco dell'Academy<br />

of Music di New York, dove si sta rappresentando<br />

il Faust di Gounod. Più che al melodramma,<br />

Newland è attento a quanto succede<br />

in un palco dirimpetto al suo in cui si<br />

trova la giovane promessa sposa May Welland<br />

insieme al parentado. Nella balconata<br />

fa il suo ingresso una figura femminile inattesa,<br />

una più matura cugina della ragazza, la<br />

contessa Ellen Olenska. La donna sta divorziando<br />

da un nobiluomo europeo, e questo<br />

episodio ha suscitato molte chiacchiere nel<br />

milieu da cui provengo­<br />

no sia Newland che May.<br />

Archer è un individuo<br />

il cui animo è conteso<br />

da empiti di ribellione<br />

e da prepotenti rigurgiti<br />

di conformismo. Inutile<br />

dire che l'incontro<br />

con l'affascinante Ellen,<br />

di cui finirà per innamorarsi<br />

perdutamente,<br />

metterà a repentaglio le<br />

sue già piuttosto labili<br />

certezze riguardo al proprio<br />

futuro. E il rischio<br />

cui va incontro dando<br />

seguito a quella passione è proprio lo spauracchio<br />

più temibile per un animo timoroso<br />

come il suo: la messa al bando dall'abbraccio<br />

confortante ma crudele di quella società<br />

che non tollera sbandamenti dai propri modelli<br />

di riferimento.<br />

Il largo della prosa di Edith Wharton segue<br />

così lo svilupparsi di questo conflitto nell'animo<br />

del protagonista fino a quando, molti<br />

anni dopo il primo incontro, Newland e<br />

Ellen si ritroveranno, finalmente liberi dai<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


43<br />

rispettivi legami sociali e matrimoniali, e<br />

lontani dall'ambiente di provenienza. Le<br />

decisioni dettate nel passato dagli scrupoli<br />

avranno ancora un peso sulle loro scelte?<br />

A conclusione della vicenda, nelle ultimissime<br />

pagine del libro l'autrice saprà regalarci<br />

un esito sconsolato e commovente per<br />

questa avventura d'amore "impossibile".<br />

Ma ciò che avvince i lettori, forse più che<br />

la suspense per<br />

l'eventuale coronamentodella<br />

passione, è<br />

l'affresco dettagliato<br />

che Edith<br />

Wharton restituisce<br />

di una società<br />

allo stesso<br />

tempo opulenta<br />

e severa, una<br />

versione raffinata<br />

della comunità dei padri fondatori d'America,<br />

potentemente ritratta da Nathaniel<br />

Hawthorne nella Lettera scarlatta. E un affresco<br />

così accurato non poteva mancare di<br />

soffermarsi sul palcoscenico in cui le regole<br />

di comportamento trovano spesso la loro<br />

rappresentazione più sontuosa, ossia le riunioni<br />

conviviali. Nell'Età dell'innocenza sono<br />

raccontati infatti numerosi pranzi, feste e<br />

rinfreschi: i modi di imbandire le tavole, i<br />

piatti che vi si consumano abitualmente, l'abilità<br />

dei servitori sono un insieme di segni<br />

che rivela le caratteristiche profonde di chi<br />

dà i ricevimenti, oltre l'immagine che essi<br />

vogliono offrire di sé. Ad esempio, quando<br />

Sillerton Jackson, un noto pettegolo dell'alta<br />

società, viene invitato a pranzo dalla signora<br />

Archer, madre del protagonista, sa che è<br />

solo perché questa desidera qualche notizia<br />

indiscreta di prima mano. La non perfetta<br />

cura della cucina in casa Archer denota d'altronde<br />

un fatto noto e irrevocabile, quasi<br />

una legge, che Jackson così compendia nel<br />

suo pensiero: "New York, a memoria d’uomo,<br />

era sempre stata divisa nei due grandi<br />

gruppi fondamentali dei Mingott­Manson e<br />

tutto il loro clan, ai quali importava il cibo, i<br />

vestiti e il denaro, e degli Archer­Newlandvan<br />

der Luyden,<br />

tribù dedita ai<br />

viaggi, all’orticoltura<br />

e ai migliori<br />

romanzi e che disdegnava<br />

le forme<br />

di piacere più<br />

grossolane." Così<br />

chi è ospite degli<br />

Archer può aspettarsi<br />

ad accoglierlo<br />

conversazioni<br />

"sui panorami alpini e sul Fauno di marmo",<br />

mentre chi va dai Mingott­Manson può godere<br />

pasti in cui sono serviti "anatra moretta,<br />

zuppa di tartaruga e vini d'annata".<br />

Non è un caso dunque che proprio in uno dei<br />

ricercati pranzi organizzati dai Lovell Mingott<br />

(ramo del clan Manson­Mingott di cui fa<br />

parte la fidanzata di Newland) faccia capolino<br />

una pietanza dalla storia curiosa. Si tratta<br />

del Roman punch, una sorta di cocktail­dessert<br />

che, invece di essere servito a fine pasto,<br />

si consumava tra le due portate principali,<br />

come si usa a volte fare con i sorbetti. Le sue<br />

origini affondano nientemeno che nelle cucine<br />

vaticane del Settecento, dove la bevanda<br />

era nata per rinfrescare il palato dei papi<br />

nei mesi estivi. Pare che la ricetta sia rimasta<br />

segreta fintanto che, con la campagna d'<strong>Italia</strong><br />

di Napoleone, il figlio di un cuoco di Pio<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


44<br />

VI decise di unirsi al seguito di Bonaparte,<br />

diventando prima servitore di Giuseppina<br />

di Beauharnais, poi di altri aristocratici europei<br />

e diffondendo con i suoi viaggi la deliziosa<br />

bevanda. Chi voglia infrangere l'antica<br />

segretezza dei ricettari papali può prepararsi<br />

un bicchiere di Roman punch tenendo presenti<br />

questi ingredienti e proporzioni: 1/5<br />

di succo d'arancia, 2/5 di limonata, 1/5 di<br />

champagne, 1/5 di rum, la crema ricavata<br />

da un albume montato a neve con una spolverata<br />

di zucchero a velo e qualche goccia<br />

di succo di limone.Si serve mescolando delicatamente<br />

gli ingredienti base del punch in<br />

un bicchiere capiente con cubetti di ghiaccio.<br />

Poi si guarnisce la bevanda con uno strato<br />

della crema di albume, limone e zucchero.<br />

È consigliato inserire uno stirrer nel cocktail<br />

in modo che si possa mescolare il punch con<br />

la crema soffice prima di berlo.•<br />

Il Roman punch, è una sorta di cocktail-dessert che, invece<br />

di essere servito a fine pasto, si consumava tra le due portate<br />

principali, come si usa a volte fare con i sorbetti<br />

ROMAN PUNCH<br />

Ingredienti:<br />

1/5 di succo d'arancia<br />

2/5 di limonata<br />

1/5 di champagne<br />

1/5 di rum<br />

1 albume montato a neve<br />

1 cucchiaino di zucchero a velo<br />

succo di limone<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


45<br />

La nostra coscienza digitale<br />

SUPER SANTOS<br />

di Roberto saviano<br />

Roberto Saviano sbarca sul web e sbanca. Feltrinelli<br />

Zoom lancia un’iniziativa a 99 centesimi<br />

di euro che subito porta l’autore di Gomorra<br />

a confermarsi scrittore leader anche per il<br />

digitale. Eppure il testo è un racconto breve,<br />

55mila caratteri, che riconduce buona parte<br />

degli italiani a un’infanzia mai dimenticata e<br />

vissuta come nostalgia. Il Super Santos contro<br />

il Super Tele, qualità a basso prezzo contro il<br />

solo basso prezzo. Il racconto<br />

è in realtà una ripubblicazione<br />

di un inedito<br />

uscito con il Corriere della<br />

Sera il 2 giugno del 2011,<br />

festa della Repubblica del<br />

centocinquantesimo anniversario<br />

dell’Unità d’<strong>Italia</strong>.<br />

L’infanzia degli italiani e<br />

l’infanzia dell’<strong>Italia</strong>, quindi,<br />

sulla carta. Ma la carta<br />

è stata scavalcata dal web<br />

e allora da questo successo<br />

in nuova forma dovremo<br />

ripartire, anche per chiederci<br />

se non sia finita la nostra<br />

infanzia di carta e ora vogliamo tutti ricordare,<br />

ma senza lasciare davanti a noi resti<br />

di questa memoria. Quante angherie abbiamo<br />

fatto e quante subito da ragazzini per una partita<br />

vietata a un compagno, per un vetro rotto,<br />

per non arrivare tardi a casa? Dario, Rino,<br />

Giovanni e Giuseppe sono le tentazioni che<br />

tutti abbiamo vissuto da piccoli, quando c’era<br />

da capire cosa fosse il bene e cosa il male<br />

e un pallone diventava occasione per un’azzuffata<br />

o per imparare delle regole. I quattro<br />

ragazzi di Super Santos imparano anche loro<br />

Disponibile su<br />

www.biblet.it<br />

Recensioni<br />

delle regole, hanno i loro arbitri che intervengono<br />

quando qualcuno le infrange, ma sono<br />

regole di boss, di sottomissione e spavento.<br />

“Per i ragazzi essere pali significava poter vivere<br />

giocando a pallone. Per il clan giocare a<br />

pallone significava poter vivere mentre i ragazzi<br />

facevano i pali”, così sintetizza Saviano<br />

le due prospettive differenti con le quali venivano<br />

viste le regole del gioco (del calcio o della<br />

camorra). E proprio nel momento<br />

in cui il gioco diventa occasione di<br />

formazione per lo stato di diritto,<br />

quello sulla carta, la cultura criminale<br />

innesta i propri rami. Che bello<br />

allora poter leggere Super Santos<br />

sul pc o sul tablet o sul telefonino,<br />

se possiamo in un istante cancellare<br />

questa memoria dell’infanzia<br />

perduta che si annida in ciascuno<br />

di noi. Per questo forse vogliamo<br />

leggere Super Santos in ebook: per<br />

poterlo cancellare subito dopo. È il<br />

rischio più grande della nostra infanzia<br />

digitale, quello di rimuovere<br />

il male compiuto, ma in fondo<br />

anche il futuro della nostra coscienza collettiva<br />

di giocatori di pallone. “Guagliò, o Super<br />

Santos s’è bucato. Guagliò accattamm’ n’ato<br />

Super Santos”. La carta non muore mai (“carta<br />

canta”, si dice) i palloni invece si bucano, i<br />

files si perdono o si cancellano, ma quell’ora<br />

di curiosità che ci ha fatto ricordare chi siamo<br />

ci ha senz’altro lavati dalle impurità e rianimati<br />

di uno spirito nuovo: non ci si ricorda del<br />

male compiuto senza la nostalgia per l’innocenza<br />

perduta. Sta a noi scegliere ogni giorno<br />

se essere pali o capocannonieri.<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


46<br />

BUk. FESTIVAL DELLA<br />

PICCOLA E MEDIA EDITORIA<br />

e gli altri eventi del mese<br />

BUK. FESTIVAL DELLA PICCOLA<br />

E MEDIA EDITORIA<br />

Programmato in origine per il 4 e il 5 febbraio, a<br />

causa del maltempo che ha colpito buona parte<br />

d'<strong>Italia</strong> la quinta edizione del Festival di Modena<br />

è stata ufficialmente posticipata al 3 e 4 marzo. La<br />

manifestazione, che si terrà presso il Foro Boario<br />

(via Bono da Nonantola 2), rimane uno dei fiori<br />

all'occhiello nell'agenda dei lettori più attenti alle<br />

proposte editoriali "di nicchia". Molto intenso il<br />

programma della kermesse: tra i numerosi eventi<br />

proposti (presentazioni, reading e conferenze)<br />

segnaliamo gli incontri con il giornalista Stefano<br />

Feltri del "Fatto Quotidiano" che parlerà del suo<br />

libro Il giorno in cui l'euro morì (Aliberti Editore) e<br />

con l'ex maresciallo dei Ris Luciano Garofano e la<br />

reporter Andrea Vogt, autori del volume Uomini<br />

che uccidono le donne (Rizzoli), che dialogheranno<br />

con Rossella Diaz sui casi più scottanti della<br />

cronaca italiana recente. All'interno della cornice<br />

del festival saranno inoltre annunciati i nomi dei<br />

vincitori del premio letterario "Due Vittorie" e del<br />

premio di giornalismo scolastico "Prima pagina".<br />

3 e 4 marzo<br />

LIBRI COME.<br />

FESTA DEL LIBRO E DELLA LETTURA<br />

L'Auditorium Parco della Musica di Roma ospita<br />

la terza edizione di "Libri come", un evento che<br />

si propone già dal suo titolo di portare i lettori<br />

dietro alle quinte dell'officina del libro, sia sul<br />

versante degli autori che su quello degli editori.<br />

Saranno presenti infatti scrittori big della letteratura<br />

nazionale (Gianrico Carofiglio, Enzo Bianchi)<br />

e internazionale (John Banville, Carlos Ruíz<br />

Zafón, Tzvetan Todorov), e non mancheranno<br />

spazi per workshop e laboratori sulla scrittura e<br />

le professioni dell'editoria. Molto si parlerà del<br />

destino del libro, coinvolgendo gli scenari digitali<br />

che già ne costituiscono un solido presente.<br />

Dall'8 all'11 marzo<br />

Appuntamenti<br />

INCONTRI LETTERARI<br />

DI CASA MELANDRI<br />

Nella sala D'Attorre di Casa Melandri a Ravenna<br />

(via Ponte Marino 2), sede del Centro relazioni<br />

culturali, è in svolgimento la trentottesima edizione<br />

di una fortunata serie di incontri con scrittori,<br />

poeti e artisti. A oggi l'iniziativa, nata nel 1975,<br />

si pregia di aver presentato nel corso degli anni<br />

più di 1250 opere letterarie. Tra gli appuntamenti<br />

di febbraio segnaliamo, venerdì 17, l'intervento<br />

di Francesco Fioretti, autore del recente bestseller<br />

targato Newton Compton Il libro segreto di Dante;<br />

la settimana successiva sarà invece ospite della<br />

rassegna il critico Flavio Caroli (personaggio noto<br />

anche al pubblico televisivo per la rubrica sulle<br />

vite degli artisti nella trasmissione Che tempo che<br />

fa di Fabio Fazio) che presenterà il suo volume<br />

sulla storia dell'arte edito nel 2011 da Mondadori<br />

Electa. Fino al 24 febbraio<br />

TUTTI MATTI PER I GATTI<br />

"Dio ha creato il gatto perché l'uomo provasse il<br />

piacere di accarezzare la tigre" ha scritto Charles<br />

Baudelaire, e il poeta francese non è l'unico letterato<br />

ad aver tratto ampia ispirazione dalla Musa<br />

felina. Da otto anni presso la Libreria Mursia di<br />

Milano (Via Galvani 24) si tiene la rassegna "Tutti<br />

matti per i gatti", dedicata tanto agli amanti dei<br />

libri quanto agli appassionati dei più seducenti<br />

amici dell'uomo. Il tema di questa edizione è<br />

la curiosa predilezione di molti dei potenti della<br />

Storia per i felini. Chi non ricorda, ad esempio, la<br />

celebre foto di sir Winston Churchill che si inchina<br />

per accarezzare il suo inseparabile gatto Jock? Lo<br />

spunto per discutere di questo argomento è fornito<br />

dal libro di Marina Alberghini Gatti di potere.<br />

I gatti consiglieri dei grandi della terra (Ugo Mursia<br />

Editore), che l'autrice presenterà all'interno della<br />

manifestazione venerdì 17 febbraio, insieme con<br />

lo storico Luca Gallesi. Contestualmente alla rassegna<br />

si potrà visitare, sempre nei locali della libreria<br />

Mursia, la mostra "Gatti famosi" con opere<br />

del pittore Franco Bruna. Fino al 17 febbraio<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


47<br />

Tweets<br />

@Finzioni<br />

Eccola la domanda da un milione<br />

di euro: ma dopo quanto escono<br />

i libri in ebook? Nessuno ci sa<br />

rispondere?<br />

@pandemia<br />

Una spruzzatina sul<br />

tuo ebook reader e risolvi<br />

l’assenza del profumo della<br />

carta > Smell of Books<br />

Bookbugs<br />

@la_stampa<br />

crescere sul digitale non significa<br />

in alcun modo intaccare la<br />

qualità del giornale di carta.<br />

@criboavida<br />

sto leggendo editoria digitale sul<br />

kindle. Navigo, condivido e non<br />

provo nostalgia per il profumo<br />

della carta:)<br />

@LACASEBooks<br />

Ebook, il mercato decolla sulle<br />

ali del Tablet e fa nascere<br />

nuovi editori<br />

@Pianeta_eBook<br />

Jonathan #Franzen sugli – o<br />

meglio contro – gli #eBook:<br />

“danneggiano la società”<br />

pretesti|<br />

Febbraio 2012


I TUOI LIBRI SEMPRE CON TE<br />

E UN’INTERA LIBRERIA A DISPOSIZIONE<br />

APERTA 24 ORE SU 24!<br />

www.biblet.it


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Occasioni di letteratura digitale<br />

<strong>PreTesti</strong> • Occasioni di letteratura digitale<br />

Gennaio 2012 • Numero 2 • Anno II<br />

<strong>Telecom</strong> <strong>Italia</strong> S.p.A.<br />

Direttore responsabile:<br />

Roberto Murgia<br />

Coordinamento editoriale:<br />

Francesco Baucia<br />

Direzione creativa e progetto grafico:<br />

Fabio Zanino<br />

Alberto Nicoletta<br />

Redazione:<br />

Sergio Bassani<br />

Luca Bisin<br />

Fabio Fumagalli<br />

Patrizia Martino<br />

Francesco Picconi<br />

Progetto grafico ed editoriale:<br />

Hoplo s.r.l. • www.hoplo.com<br />

In copertina: Gene Gnocchi<br />

L’Editore dichiara la propria disponibilità ad adempiere agli obblighi<br />

di legge verso gli eventuali aventi diritto delle immagini pubblicate<br />

per le quali non è stato possibile reperire il credito.<br />

Per informazioni info@pretesti.net<br />

www.biblet.it

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