NEWS N. 25 - The Venice International Foundation
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I ferri di prua oggi vengono fabbricati<br />
pressoché tutti in acciaio<br />
inossidabile, qualcuno in alluminio<br />
e rari sono in ferro; negli ultimi anni la forma slanciata dei<br />
ferri di fine Ottocento sta lasciando il passo a forme più tozze e meno<br />
sottili sulle estremità, tuttavia è ancora in uso decorare la pala<br />
con incisioni che riportino<br />
stemmi e decorazioni di<br />
pregio. Come per tutta la<br />
gondola, il perché delle forme<br />
si perde nel tempo ma è<br />
comunque ravvisabile storicamente<br />
una continua evoluzione<br />
anche per i ferri. Attualmente<br />
vengono realizzati per la maggior parte con sistemi moderni<br />
tramite fresatura e/o saldatura di lastre tagliate, l’unica ditta<br />
a fabbricare i ferri con il metodo tradizionale della forgiatura è la<br />
Ervas a Preganziol in provincia di Treviso, suo, ad esempio, è il ferro<br />
della gondola reale conservata in Palazzo Ducale, riproduzione<br />
fedele di un ferro da gondola granda in sostituzione dell’originale<br />
rubato anni addietro. L’uso di tecniche tradizionali, lungi dall’essere<br />
un’operazione nostalgica, permette di realizzare le forme con<br />
maggiore libertà e raggiungere risultati formali altrimenti difficilmente<br />
ottenibili con metodi moderni.<br />
Nel campo delle fusioni a risaltare maggiormente nella gondola<br />
sono i cavallini in ottone che sorreggono i cordoni dei braccioli<br />
fabbricati con la tecnica della fusione a staffa e rifiniti a mano uno<br />
per uno. Le forme sono quelle<br />
della tradizione consolidatasi tra<br />
Otto e Novecento e di cui la<br />
fonderia Valese conserva i mo-<br />
[111-112] Cavallino di ottone realizzato<br />
dalla fonderia Valese e, a destra,<br />
elemento decorativo del bracciolo.<br />
[108-110] Ferri da prua realizzati da<br />
Tenderini e, in basso, due esempi di<br />
decorazione sulla pala del ferro.<br />
delli tramandati da generazioni di fonditori. La forma di fusione<br />
viene costruita con sabbia pressata all’interno di appositi telai di legno<br />
(staffe) dove viene impresso il negativo della forma da ottenere<br />
usando il modello dell’opera.<br />
La sinuosità delle forme degli ottoni e dei ferri della gondola,<br />
disegnati magistralmente da anonimi artigiani, rimanda ai tempi<br />
in cui gli scultori si ispiravano ancora ai modelli classici della natura<br />
e alla leggiadria del corpo femminile, spiccando contrapposti<br />
alla squadrata rigidità del moderno design. Non a caso infatti lo<br />
squerariol Nedis Tramontin definiva le sue gondole “creature”, a<br />
sottolineare l’importanza di quanto l’azione creativa sia intrinsecamente<br />
legata all’esecuzione materiale di questo complesso organismo<br />
che chiamiamo gondola.<br />
<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> Internationl <strong>Foundation</strong><br />
22<br />
L’antica arte del battiloro*<br />
NICOLÒ SCIBILIA<br />
La storica azienda “Mario Berta Battiloro” a Cannaregio, in<br />
quella che fu la bottega di Tiziano, è gestita oggi dalla figlia<br />
Sabrina Berta e da Marino Menegazzo, maestro battitore<br />
nonché marito di Sabrina. Il nome dell’azienda è tuttora quello registrato<br />
nel 1969, dopo che Mario aveva rilevato da due suoi cugini<br />
la ditta “Rivani Alberto”, fondata nel 1926 dalla zia di Mario<br />
che decise, anziché confezionarne solo<br />
i “libretti”, di produrre anche la<br />
foglia d’oro e per questo chiamò un<br />
maestro torinese affinché istruisse i<br />
propri figli – i cugini di Mario Berta<br />
– sul metodo settecentesco della<br />
battitura della foglia d’oro.<br />
Nonostante le intestazioni sempre<br />
al maschile dell’azienda, la linea<br />
di trasmissione e la gestione dell’a-<br />
zienda è stata quasi sempre al femminile:<br />
prima la zia che iniziò a produrre<br />
la foglia d’oro, poi la moglie<br />
di un cugino di Mario, infine Sabri-<br />
na, erede di Mario. A proseguire la tradizione in futuro sarà probabilmente<br />
Eleonora, figlia di Sabrina e Marino, che già lavora come<br />
tagliaoro. I laboratori di battiloro sono sempre stati costruiti sull’unione<br />
fra forza maschile e gentilezza femminile: la bravura del<br />
battitore è nulla senza le tagliaoro che riquadrano le foglie e confezionano<br />
i “libretti” da mettere in vendita. Ancora oggi tutti i dipendenti<br />
dell’azienda sono donne, ma il maestro battiloro è un uomo,<br />
Marino, entrato in azienda nel 1976 a ventidue anni come apprendista<br />
di Mario Berta, dopo aver conseguito un diploma di perito<br />
metallurgico che, negli anni, gli ha permesso di ampliare l’offerta<br />
dell’azienda anche agli ori legati.<br />
Il metodo di battitura è lo stesso in uso<br />
nel Settecento. L’oro, dopo essere stato fuso,<br />
viene laminato in strisce poi tagliate in piccoli<br />
quadrati, ancora piuttosto spessi, che<br />
vengono inseriti tra fogli di carta perg a m i-<br />
no. Questi vengono battuti una prima volta<br />
quindi le singole foglie vengono di nuovo<br />
tagliate in quattro e posizionate in astucci<br />
che vengono battuti dal maestro per più di<br />
un’ora, con martelli che vanno dai tre agli<br />
[113] Giovanni Grevembroch,<br />
B a t t i l o r o, da Gli abiti dei<br />
v e n e z i a n i, Venezia, Museo Correr.<br />
[114-118] Crogiuoli per<br />
fusione e, a sinistra,<br />
realizzazione della<br />
lamina che poi, tagliata<br />
a quadrati, viene<br />
inserita tra fogli di carta<br />
pergamino. In basso, il<br />
taglio dei fogli e la<br />
battitura a martello.<br />
otto chili. Completata<br />
la battitura, le<br />
foglie vengono poi<br />
ripassate alle t a g l i a o -<br />
r o che le confezionano<br />
nei “libretti”<br />
pronti per la vendita.