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Quando non si sa dove si va, si sappia almeno da dove si ... - Libera

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<strong>Quando</strong> <strong>non</strong> <strong>si</strong> <strong>sa</strong> <strong>dove</strong> <strong>si</strong> <strong>va</strong>,<br />

<strong>si</strong> <strong>sa</strong>ppia <strong>almeno</strong> <strong>da</strong> <strong>dove</strong> <strong>si</strong> viene.<br />

Proverbio Dogon<br />

Ai miei genitori, Renzo e Lui<strong>sa</strong>, per il coraggio<br />

1


Indice<br />

Introduzione pag 4<br />

CAPITOLO 1<br />

IL LEONE IN GABBIA<br />

1.1 LION of the DESERT in Italia pag 7<br />

1.2 Il caso politico pag 10<br />

1.2.1 La proiezione punita pag 13<br />

1.3 Disobbedienti pag 16<br />

I°parte: Il pas<strong>sa</strong>to che racconta: il cinema<br />

CAPITOLO 2<br />

RECENSIONE<br />

2.1 Discorso sulla veridicità del film pag 18<br />

2.1.2 Cinema e costruzione del pas<strong>sa</strong>to pag 20<br />

2.1.3 Il film <strong>non</strong> ricostruisce una verità, ne crea una completamente nuo<strong>va</strong> pag 23<br />

2.2 LION OF THE DESERT come lavoro storiografico pag 23<br />

2.2.1 Buio in <strong>sa</strong>la pag 25<br />

2.2.2 Sharif el Gariani pag 26<br />

2.2.3 Documenti pag 28<br />

2.2.4 Parole e immagini pag 29<br />

2.2.5 Eroi a sud pag 31<br />

2.2.6 L’invenzione pag 33<br />

2.2.6.1 Errori o indizi? Pag 34<br />

2.2.6.2 Monumenti pag 35<br />

2.2.7 Il progresso, <strong>da</strong> lontano pag 36<br />

2.3 Making of pag 37<br />

2


2.3.1 Lion of the Desert pag 38<br />

2.4 Profili pag 41, 2.4.1 Moustapha Akkad, 2.4.2 H.A.L. Craig, 2.4.3 Produzione e<br />

De<strong>si</strong>gn,<br />

Maurice Jarre,<br />

2.5 CAST pag 47<br />

CAPITOLO 3<br />

I PROTAGONISTI<br />

3.1 I protagonisti del film pag 49<br />

3.1.1 Mussolini<br />

2.4.4 Controfigure ed effetti speciali, 2.4.5 Jack Hildyard, 2.4.6<br />

2.4.7 Il Barbiere di Mussolini, 2.4.8 Pas<strong>sa</strong>to e Presente<br />

3.1 2 La nuo<strong>va</strong> politica coloniale del fascismo pag 50<br />

3.1.3 La politica di “ruralizzazione” pag 52<br />

3.2 Rodolfo Graziani vicegovernatore della Cirenaica pag 53<br />

3.4 Sidi Umar al­Mukhtàr pag 57<br />

3.5 Struttura sociale degli arabi della Cirenaica: la Senus<strong>si</strong>a pag 60<br />

3.5.1 I collaborazionisti pag 64<br />

3.5.2 I “sottomes<strong>si</strong>”<br />

3.5.3 Famiglia Senus<strong>si</strong> pag 65<br />

CAPITOLO 4<br />

ALLA CONQUISTA DEL DESERTO<br />

4.1 Guerra e guerriglia pag 66<br />

4.2 La secon<strong>da</strong> guerra italo­senus<strong>si</strong>ta pag 69<br />

4.3 A Kufra! pag 79<br />

3


4.4 Negoziati pag 82<br />

4.4.1 Sottomis<strong>si</strong>one? Pag 83<br />

4.4.2 Riprende la linea dura pag 88<br />

4.5 La deportazione dei Beduini ­ Zavie<br />

4.5.1 Deportazioni pag 90<br />

4.5.2 Cifre pag 93<br />

4.6 Il reticolato confinario pag 95<br />

CAPITOLO 5<br />

LA MORTE DEL LEONE<br />

5.1 Un passo indietro pag 97<br />

5.2 La cattura pag 99<br />

5.3 Il processo pag 101<br />

5.4 L’impiccagione pag 102<br />

III° parte: Il presente che produce<br />

CAPITOLO 6<br />

LA SPONDA DI GHEDDAFI<br />

6.1 La Libia felix di Ghed<strong>da</strong>fi pag 105<br />

6.2 Gli occhiali del Leone del Deserto pag 108<br />

CAP. 7<br />

“Il ricordo è il segreto della redenzione” (precetto ebraico)<br />

7.1 L’Italia <strong>da</strong>lla memoria corta pag 111<br />

7.1.1 La logica della guerra fred<strong>da</strong> pag 113<br />

4


7.1.2 La vergogna nell’Armadio pag 114<br />

7.2 Storiografia e colonialismo italiano pag 116<br />

Una rifles<strong>si</strong>one attuale pag 118<br />

Bibliografia pag 120<br />

Limiti di questo studio pag 124<br />

Introduzione<br />

Questo lavoro è una storia, la storia di una ricerca. Una ricerca personale. Il de<strong>si</strong>derio di<br />

<strong>sa</strong>pere se e come (soprattutto come) l’audiovi<strong>si</strong>vo può essere u<strong>sa</strong>to per trattare il pas<strong>sa</strong>to.<br />

Forse questo documento <strong>non</strong> dovrebbe essere scritto ma filmato. Bisognerebbe “scrivere”<br />

per immagini per parlare di immagini, le (mie) parole hanno una forma che rende difficile<br />

parlare di cinema senza annoiare, con dettagli sulla trama e anali<strong>si</strong> del linguaggio filmico.<br />

Ma la sfi<strong>da</strong> che oggi il cinema (e i media più in generale) lancia agli storici è la capacità<br />

per questi ultimi di giudicare un film <strong>non</strong> solo in funzione della sua e<strong>sa</strong>ttezza rispetto a ciò<br />

che sta scritto nei libri. In un mondo post letterario la stes<strong>sa</strong> natura dei mezzi di<br />

comunicazione ci deve spingere a ridefinire e/o ampliare il <strong>si</strong>gnificato del concetto di<br />

storia. Come contribuiscono i film alla costruzione della nostra concezione del pas<strong>sa</strong>to? E<br />

come prodotto culturale ed ideologico del mondo occidentale in un momento preciso <strong>non</strong><br />

bisogna dimenticare che il film riflette probabilmente più il momento storico in cui viene<br />

prodotto che il pas<strong>sa</strong>to che narra.<br />

La doman<strong>da</strong> chiave <strong>non</strong> è tanto quanta informazione una pellicola può contenere ma se<br />

pos<strong>si</strong>amo as<strong>si</strong>milare conoscenza attraverso i fotogrammi, se un film può rappresentare<br />

una forma di conoscenza della storia, <strong>va</strong>li<strong>da</strong>.<br />

Il cinema offre nuove pos<strong>si</strong>bilità di rappresentare la storia ma al tempo stesso sfi<strong>da</strong> la<br />

forma narrati<strong>va</strong>. Il documentario etnografico, per esempio, nato per documentare scoperte<br />

scientifiche, ha tagliato il cordone ombelicale con la base narrati<strong>va</strong> e cerca quello che<br />

5


potremo definire un nuovo paradigma, <strong>non</strong> neces<strong>sa</strong>riamente incompatibile con la forma<br />

scritta ma retto <strong>da</strong> differenti criteri.<br />

Volendo spingere all’estremo i termini del paragone pos<strong>si</strong>amo dire che la sfi<strong>da</strong> della<br />

cultura visuale a quella scritta è dello stesso tipo di quella che Erodoto e Tucidide<br />

contrapposero ai narratori di leggende storiche. Prima di Erodoto e<strong>si</strong>ste<strong>va</strong> il mito, che era<br />

un mezzo perfettamente adeguato per raccontare e <strong>da</strong>re <strong>si</strong>gnificato al pas<strong>sa</strong>to di una tribù<br />

o di una città. In un mondo post letterario bisognerebbe cominciare a pen<strong>sa</strong>re che la<br />

cultura visuale pos<strong>sa</strong> cambiare la nostra relazione con il pas<strong>sa</strong>to, <strong>non</strong> per questo le<br />

conoscenze maturate fino ad oggi sono false, ma è neces<strong>sa</strong>rio riconoscere che e<strong>si</strong>ste più<br />

di una verità storica, a volte scritta e altre volte visuale. Perché la storia <strong>non</strong> e<strong>si</strong>ste fino a<br />

quando <strong>non</strong> viene ricostruita e il lavoro di ricostruzione è sempre frutto di idee e <strong>va</strong>lori che<br />

sottostanno alla mentalità che ricrea. La nostra storia “scientifica” è risultato di quella<br />

stes<strong>sa</strong> concezione che riser<strong>va</strong> al <strong>sa</strong>pere una particolare relazione con la carta stampata,<br />

all’interno di una civiltà caratterizzata <strong>da</strong> una economia razionalizzata, <strong>da</strong> determinate<br />

idee su diritti umani e stati nazionali, ma <strong>non</strong> occorre ricor<strong>da</strong>re che a molte culture questi<br />

elementi manca<strong>va</strong>no, eppure ce l’hanno fatta anche loro! Questa affermazione è<br />

provocatoria solo nella misura in cui <strong>sa</strong>ppiamo ma volutamente ignoriamo che e<strong>si</strong>stono<br />

molti modi (a volte <strong>non</strong> abbastanza son<strong>da</strong>ti) di ricostruire e spiegare il pas<strong>sa</strong>to.<br />

Una concezione dinamica delle fonti <strong>si</strong> è pertanto rivelata l’unico <strong>va</strong>lido metodo per <strong>non</strong><br />

cadere nella vecchia trappola di controllare unicamente autenticità ed e<strong>sa</strong>ttezza secondi i<br />

ca<strong>non</strong>i po<strong>si</strong>tivistici e ritro<strong>va</strong>r<strong>si</strong> ad analizzare la pellicola come se fosse un libro cercandovi<br />

le stesse informazioni.<br />

In quella che chiameremo appros<strong>si</strong>mazione formale al film vediamo quante strutture<br />

informative esso contenga e come ogni produzione pos<strong>sa</strong> diventare, se adeguatamente<br />

interrogata, crocevia di differenti percor<strong>si</strong> conoscitivi a ca<strong>va</strong>llo della cronologia. Il nostro<br />

percorso parte <strong>da</strong>lla vicen<strong>da</strong> che ha visto protagonista LION OF THE DESERT in Italia nel<br />

corso degli anni ’80, e la sua mancata commercializzazione ci riman<strong>da</strong> alla più <strong>va</strong>sta<br />

questione di come la divulgazione e la memoria del fascismo vengano trattate nel nostro<br />

paese e ci permette di <strong>da</strong>re uno sguardo ad un tema as<strong>sa</strong>i attuale nel dibattito<br />

storiografico. Ma nel film che diventa fonte, dopo avere e<strong>sa</strong>minato l’attendibilità ai fatti<br />

narrati e perciò a quel “pas<strong>sa</strong>to” che il film racconta, <strong>da</strong>ll’emergere di ine<strong>sa</strong>ttezze storiche<br />

pos<strong>si</strong>amo conoscere quegli indizi ed intenzionalità che appartengono al “presente” che ha<br />

6


prodotto il film: in questa maniera un film che presenta evidenti limiti connes<strong>si</strong> alla scelta di<br />

un linguaggio hollywoodiano ed ine<strong>sa</strong>ttezze diventa una interes<strong>sa</strong>nte fonte che permette<br />

una proficua ricognizione critica delle storie che racconta.<br />

Si sente dire che i film sono carenti di rigore, inventano e mistificano il pas<strong>sa</strong>to, <strong>da</strong>nno<br />

un’idea in buona sostanza fal<strong>sa</strong> di come sono an<strong>da</strong>te le cose. Ma questo dimostra che gli<br />

storici <strong>non</strong> controllano il cinema e i media, questi film, oltre ad essere un inquietante<br />

<strong>si</strong>mbolo di un mondo post letterario, dimostrano che il pas<strong>sa</strong>to <strong>non</strong> è proprietà di chi lo<br />

studia! Anzi il nocciolo sta proprio qui, <strong>dove</strong> la ricostruzione del pas<strong>sa</strong>to diventa ogni<br />

giorno di più monopolio di chi controlla i mezzi di comunicazione, una ricostruzione che<br />

s’impone più per la potenza del mezzo che <strong>non</strong> per la scientificità con cui viene affrontata.<br />

La conoscenza del pas<strong>sa</strong>to <strong>si</strong> ritro<strong>va</strong> quindi a fare i conti con le proprie caratteristiche di<br />

vendibilità mediatica, di scoperta abbastanza sen<strong>sa</strong>zionale <strong>da</strong> parlarne, la storia viene<br />

riscritta continuamente, in funzione di progetti politici che se ne infischiano dell’uso critico<br />

delle fonti e dei normali percor<strong>si</strong> di ricerca e sembra perciò inevitabilmente con<strong>da</strong>nnata a<br />

strumentalizzazioni e u<strong>si</strong> pubblici che <strong>sa</strong>nno di revi<strong>si</strong>onismo. Ecco perché la sfi<strong>da</strong> che il<br />

cinema lancia a chi <strong>si</strong> occupa di storia <strong>non</strong> è unicamente metodologica, sulla concezione<br />

della natura della conoscenza storica, ma è un invito per gli storici a confrontar<strong>si</strong> e a fare<br />

propri i mezzi di comunicazione, attraverso i quali divulgare le proprie ricerche, intese<br />

come lavoro scientifico nella misura in cui sono riconosciute come univer<strong>sa</strong>lmente <strong>va</strong>lide.<br />

In questo senso <strong>va</strong> il mio piccolo contributo alla divulgazione: sottotitolare il film <strong>non</strong><br />

permetterà di aggirare i divieti o <strong>non</strong> renderà la pellicola più aderente agli avvenimenti che<br />

racconta, se <strong>non</strong> altro rappresenta la mia pre<strong>sa</strong> di po<strong>si</strong>zione, contro la costante rimozione<br />

di memoria che su certi (molti) fatti viene fatta nel mio paese, su tante problematiche sulle<br />

quali <strong>si</strong> evita di riflettere perché “appartengono al pas<strong>sa</strong>to”. Non neces<strong>sa</strong>riamente dietro<br />

questa superficialità generalizzata e<strong>si</strong>ste un progetto politico definito, sembra solo che la<br />

conoscenza di queste vicende <strong>si</strong>a inutile poiché <strong>non</strong> facilmente monetizzabile e in<br />

definiti<strong>va</strong> <strong>non</strong> troppo a<strong>da</strong>tta ad una società che vorrebbe già essere nel futuro che viene<br />

promesso <strong>da</strong>lla tecnocrazia.<br />

I sottotitoli vogliono essere anche un servizio per chi invece all’accrescimento della propria<br />

con<strong>sa</strong>pevolezza è interes<strong>sa</strong>to ma a cui mancano gli strumenti e il tempo, il film di per sé<br />

7


presenta molti difetti ma i fatti che narra sono in sostanza realmente accaduti e la vicen<strong>da</strong><br />

censoria che subì in Italia in un certo senso lo conferma, magari questo bisognerebbe<br />

<strong>sa</strong>perlo.<br />

CAP. 1<br />

IL LEONE IN GABBIA<br />

1.1 LION of the DESERT in Italia<br />

Nel 1931 Omar Al Mukhtar ha 74 anni e, quando viene trascinato in catene al cospetto dei<br />

giudici militari italiani, ha l’aria mite di un vecchio e lo sguardo indomito di chi <strong>da</strong>lle<br />

circostanze fu costretto a diventare un guerriero inafferrabile: il Leone del deserto.<br />

“LION OF THE DESERT” è perciò il titolo del film diretto <strong>da</strong>l regista <strong>si</strong>ro­americano<br />

Moustapha Akkad nel 1979, anno in cui <strong>si</strong> cominciò a parlare, in Italia e nel mondo, di una<br />

pellicola che avrebbe dovuto narrare le gesta del <strong>va</strong>loroso e sfortunato eroe libico, capo<br />

della re<strong>si</strong>stenza al regime coloniale italiano, poi catturato ed impiccato a Soluch il 16<br />

settembre 1931 dopo un processo­far<strong>sa</strong>, per volontà del generale Rodolfo Graziani,<br />

inviato in Libia <strong>da</strong>l duce per stroncare la ribellione, dopo vent’anni di lotta.<br />

Nell’estate dello stesso 1979 il film entrò in produzione e nelle re<strong>da</strong>zioni dei giornali<br />

cominciarono a giungere le immagini tratte <strong>da</strong>lle prime sequenze girate in cui il<br />

leggen<strong>da</strong>rio mujhiaidin era interpretato <strong>da</strong> Anthony Quinn e Oliver Reed vesti<strong>va</strong> i panni del<br />

generale italiano Rodolfo Graziani. A quel punto fu chiaro che <strong>si</strong> sta<strong>va</strong> producendo un<br />

8


kolos<strong>sa</strong>l di argomento storico per il quale <strong>si</strong> prevede<strong>va</strong> un budget di 35 milioni di dollari, 0<br />

un cast internazionale di tutto rispetto ( Rod Steiger è ancora una volta Mussolini dopo<br />

averlo già interpretato nel film di Carlo Lizzani “Mussolini ultimo atto” del 1974; Irene<br />

Papas è la triste e fiera Mabrouka <strong>si</strong>mbolo del sostegno che i beduini diedero ad Omar<br />

fino all’ultimo, Raf Vallone il commis<strong>sa</strong>rio del Gebel Daodiace e Gastone Moschin il<br />

maggiore Tomelli, John Gielgud impersona Sharif El Gariani, rappresentante della<br />

Senus<strong>si</strong>a), circa 8500 comparse, 5 mila ca<strong>va</strong>lli e 250 preparatis<strong>si</strong>mi tecnici internazionali. 0<br />

Le notizie <strong>da</strong>l Gebel cirenaico, <strong>dove</strong> Akkad gira<strong>va</strong> i primi esterni, giunsero in Italia<br />

solle<strong>va</strong>ndo polemiche: quando <strong>si</strong> scoprì che a finanziare l’impre<strong>sa</strong> per il 90 per cento era il<br />

colonnello Muammar Ghed<strong>da</strong>fi, <strong>non</strong>ostante la produzione restasse formalmente britannica<br />

(Falcon International Productions) 0 , il finanziamento che lo stato libico diede al film fu <strong>da</strong>lla<br />

stampa italiana affrettatamente collegato all’intenzione di utilizzarlo come atto d’accu<strong>sa</strong><br />

all’Italia fascista. Nel film vengono infatti apertamente rappresentate le politiche di<br />

repres<strong>si</strong>one attuate <strong>da</strong>ll’Italia fascista in Cirenaica, a partire <strong>da</strong>lle rappre<strong>sa</strong>glie sulle<br />

popolazioni civili, il reticolato lungo 300 chilometri al confine con l’Egitto e soprattutto la<br />

deportazione dell’intera popolazione nomade e seminomade della Cirenaica (circa 100<br />

mila persone) in campi di concentramento nel deserto, <strong>dove</strong> perirono 40 mila deportati,<br />

tutti avvenimenti che fanno parte della storia della nostra penisola e ai quali <strong>non</strong> viene<br />

<strong>da</strong>ta la neces<strong>sa</strong>ria divulgazione, a partire <strong>da</strong>ll’ambito scolastico.<br />

Omar Al Mukhtar infatti è popolaris<strong>si</strong>mo in Libia, un vero eroe nazionale, ma rimane<br />

sconosciuto in Italia, che pure lo fece impiccare nel 1931, e in occa<strong>si</strong>one del film ci <strong>si</strong><br />

<strong>dove</strong>tte perciò rivolgere a storici specializzati perché lo inquadrassero nelle nostre vicende<br />

coloniali 0 .<br />

Si tornò a parlare del film in Italia quando venne proiettato nel 1980 negli Stati Uniti e se<br />

ne riparlò nel 1982 quando, giunto in Europa, fu programmato a Parigi in agosto. Chi <strong>si</strong><br />

aspetta<strong>va</strong> di vederlo in Italia restò però deluso, il film, infatti, <strong>non</strong> vi giunse mai, <strong>almeno</strong><br />

attraverso i normali canali distributivi che ogni film percorre per giungere alle <strong>sa</strong>le<br />

cinematografiche.<br />

0 Grasset Alain, Anthony Quinn: Le Lion du Désert financé par Kha<strong>da</strong>fi, Journal du Dimanche, 25 luglio 1982, Angelo<br />

Del Boca nel suo articolo Chi ha paura di Omar? Il Mes<strong>sa</strong>ggero del 14 marzo 1983 parla di 50 miliardi di lire.<br />

0 Del Boca A. Chi ha paura di Omar? , Il Mes<strong>sa</strong>ggero, 14 marzo 1983 .<br />

0 Ivi Del Boca A.<br />

0 Ve<strong>da</strong><strong>si</strong> l’intervista ad Angelo Del Boca rilasciata a Enzo Magri Il garibaldi della Libia, “Oggi”, 10 agosto 1979 e<br />

quella a Luigi Goglia intervistato <strong>da</strong> Rolando Giglio Sconfitto, ma nella leggen<strong>da</strong>, “Il Mes<strong>sa</strong>ggero” 6 febbario 1981.<br />

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Del film poi <strong>non</strong> <strong>si</strong> seppe più molto, i più curio<strong>si</strong> ed intraprendenti an<strong>da</strong>rono a Nizza o<br />

Lugano a vederlo e diffusero così le notizie sul fatto che <strong>non</strong> <strong>si</strong> trattasse di un capolavoro<br />

come <strong>si</strong> era letto in molte recen<strong>si</strong>oni di critici americani, che nella migliore tradizione<br />

hollywoodiana l’opera di Akkad sta<strong>va</strong> in bilico tra i ca<strong>non</strong>i di narrazione dei film western (in<br />

cui gli indiani sono sempre stupidi) e quelli di guerra (in cui sono i tedeschi ad essere<br />

stupidi) e che <strong>da</strong>l western prende<strong>va</strong> la suddivi<strong>si</strong>one tra “buoni” e “cattivi” facendola<br />

culminare nella sfi<strong>da</strong> Al Mukhtar/Graziani. I sol<strong>da</strong>ti italiani che <strong>si</strong> vedono nel film (gli ascari<br />

eritrei appaiono raramente e ancor più <strong>sa</strong>ltuariamente sparano qualche colpo) giocano un<br />

doppio ruolo: crudeli nelle rappre<strong>sa</strong>glie con la popolazione e tanto stupidi quanto vigliacchi<br />

in battaglia. La loro prepotenza tecnologica è espres<strong>si</strong>one di una nuo<strong>va</strong> barbarie tutta<br />

occidentale, che contrasta con la semplice modernità del villaggio cirenaico <strong>dove</strong> invece<br />

Omar al­Mukhtàr insegna il Corano ai ragazzini.<br />

In merito alle qualità espres<strong>si</strong>ve di questa “faraonica 0 ” produzione ci sono diverse<br />

po<strong>si</strong>zioni: lo storico inglese Denis Mack Smith definì “questo solido, bel film”<br />

assolutamente inno<strong>va</strong>tivo: “raramente nel cinema il pae<strong>sa</strong>ggio nor<strong>da</strong>fricano è stato<br />

presentato in maniera altrettanto suggesti<strong>va</strong>: mai prima di questo film gli orrori ma anche<br />

la nobiltà della guerriglia sono stati espres<strong>si</strong> in modo così memorabile, in scene di<br />

battaglia così impres<strong>si</strong>onanti; mai l’ingiustizia del colonialismo è stata denunciata con<br />

tanto vigore”. E sottolinea “Chi giudica questo film col criterio dell’attendibilità storica <strong>non</strong><br />

può <strong>non</strong> ammirare l’ampiezza della ricerca che ha sovrinteso alla ricostruzione minuzio<strong>sa</strong><br />

e preci<strong>sa</strong> di ogni episodio. I personaggi principali sono tutti convincenti, anche se<br />

caratterizzati con un lieve sovrappiù di virtuo<strong>si</strong>smo che li e<strong>sa</strong>spera naturalisticamente”. 0<br />

Secondo altri il film <strong>non</strong> è privo di difetti: “Ripetizioni, lungaggini, compiacimenti”. Ma ha<br />

pure dei pregi: “cast di primis<strong>si</strong>ma qualità, ottima sceneggiatura, dialoghi, fotografia e<br />

natura polemica del racconto”. 0<br />

Ad ogni modo, per ammis<strong>si</strong>one dello stesso Akkad, il film fu un flop: gua<strong>da</strong>gnò, in giro per<br />

il mondo, circa un milione di dollari 0 . A questo propo<strong>si</strong>to, la testimonianza di Drew<br />

Middleton, corrispondente militare del New York Times e New Republic, <strong>non</strong> suscettibile di<br />

0 La preparazione e realizzazione del film hanno richiesto comples<strong>si</strong><strong>va</strong>mente tre anni e mezzo, il montaggio e la post<br />

produzione dodici me<strong>si</strong>. Cinema Nuovo, n° 275, Febbraio 1982<br />

0 Cinema Nuovo, n° 275, Febbraio 1982, pag. 20.<br />

0 Ser<strong>va</strong>dio Gaia, Cinema Nuovo, n° 275, Febbraio 1982.<br />

0 Intervista di Akkad rilasciata a Luke Ford, rivista di cinema online, testo scaricato il 26 marzo 2003. La rivista<br />

parlando del film “One of the largest financial di<strong>sa</strong>ster in history, though one of the greatest films I’ve seen.”<br />

www.lukeford.net /profiles/profiles/Moustapha_akkad.htm<br />

10


nutrire particolari <strong>si</strong>mpatie verso il mondo arabo, è illuminante: “Il film affondò al box office,<br />

fu stroncato <strong>da</strong> critiche prevenute che videro parallelismi con la lotta palestinese contro<br />

Israele, pur essendo essenzialmente preciso” 0 , è perciò molto interes<strong>sa</strong>nte venire a<br />

<strong>sa</strong>pere che il film, sul <strong>si</strong>to internet Amazon.com, che <strong>si</strong> occupa della commercializzazione<br />

della ver<strong>si</strong>one home video, <strong>si</strong> ven<strong>da</strong> molto bene e che l’80% dei consumatori <strong>si</strong> dica<br />

soddisfatto dell’acquisto (novembre 2002).<br />

Il film <strong>non</strong> venne dunque programmato in Italia, e questo diede la pos<strong>si</strong>bilità, a chi teme<strong>va</strong><br />

che quelle immagini venissero divulgate, con un mezzo potente e spettacolare come il<br />

cinema, di accu<strong>sa</strong>re la pellicola di essere uno strumento di propagan<strong>da</strong> anti­italiana: ben<br />

presto però <strong>dove</strong>tte abbandonare la propria intran<strong>si</strong>genza: coloro che lo ave<strong>va</strong>no visto<br />

all’estero testimonia<strong>va</strong>no che sostanzialmente la verità storica veni<strong>va</strong> rispettata e lo<br />

storico Paolo Calchi No<strong>va</strong>ti aggiungerà qualche anno più tardi, che il film “è fin troppo<br />

tenero sul comportamento italiano e di Graziani in particolare in Libia”, 0 e finalmente “offre<br />

il punto di vista arabo, così raramente rappresentato, ignorato e a volte per<strong>si</strong>no<br />

disprezzato. (…) Si guarderà il film facendo attenzione ai suoi contenuti, <strong>va</strong>lidi, seri, veri”. 0<br />

Lo stesso Akkad dichiarò che “<strong>non</strong> è un film politico, è la grande avventura di un uomo”, e<br />

Angelo Del Boca, più di recente, ha preci<strong>sa</strong>to: “Ghed<strong>da</strong>fi ha commis<strong>si</strong>onato il film più per<br />

ragioni di politica interna che estera, per rafforzare il nazionalismo libico”. 0<br />

Non fu insomma pos<strong>si</strong>bile vederlo in “prima vi<strong>si</strong>one”, e i quattro pacifisti del<br />

Coordinamento per la pace Marta Anderle, Franco Espo<strong>si</strong>to, Renato Paris e Paolo Terzan<br />

che pro<strong>va</strong>rono a proiettarlo la sera del 10 marzo 1987in piazza Pa<strong>si</strong> a Trento, videro la<br />

Digos intervenire per impedirne la proiezione per mancanza del visto ministeriale e furono<br />

incriminati <strong>da</strong>lla magistratura. 0<br />

Più di un anno dopo, nel settembre 1988, al festi<strong>va</strong>l Riminicinema, che quell’anno<br />

presenta<strong>va</strong> una sezione monografica sul cinema coloniale e anticolonialista, fu pos<strong>si</strong>bile<br />

aggirare il divieto e proiettare la pellicola alla presenza dello stesso Akkad. Chiamato a<br />

<strong>da</strong>re la sua spiegazione alla “censura” che il suo film ha subìto nel nostro paese, il regista<br />

0 www.pakistanlink.com/Mowahid/09­22­2000.html<br />

0 D’Agostini Paolo, Noi colonialisti diventati censori, La Repubblica, 20 settembre 1988, pag. 24.<br />

0 Ser<strong>va</strong>dio Gaia, Cinema Nuovo, n° 275, Febbraio 1982<br />

0 Sia l’intervento di Del Boca che la dichiarazione di Akkad <strong>si</strong> tro<strong>va</strong>no nell’intervento che Angelo Del Boca fece il 23<br />

gennaio 2002 in occa<strong>si</strong>one della proiezione del film presso il cinema Mas<strong>si</strong>mo di Torino nell’ambito del “Giorno della<br />

Memoria”.<br />

0 Per l’approfondimento dell’intera vicen<strong>da</strong> giudiziaria seguita alla proiezione <strong>si</strong> riman<strong>da</strong> alla specifica trattazione più<br />

a<strong>va</strong>nti: 1.2.1 La proiezione punita.<br />

11


icor<strong>da</strong> che la doman<strong>da</strong> alla censura fu presentata ma il visto venne negato. “Furono fatti<br />

dei discor<strong>si</strong> in parlamento, contro il film, per questo venne probabilmente negato il visto di<br />

censura, questo <strong>almeno</strong> mi rispose il distributore, che la doman<strong>da</strong> era stata respinta, <strong>non</strong><br />

so altro” 0 .<br />

Da allora il veto <strong>non</strong> è caduto e per quel che <strong>si</strong> <strong>sa</strong> il film <strong>non</strong> può essere liberamente<br />

proiettato in qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> <strong>sa</strong>la cinematografica, sono però numerose le attività di carattere<br />

culturale che, in questi ultimi anni, nell’ambito di precise manifestazioni, sono riuscite a<br />

superare gli impedimenti.<br />

1.2 Il caso politico<br />

Per la verità, il film, fin <strong>da</strong> quando giunsero in Italia le prime notizie ed immagini che lo<br />

riguar<strong>da</strong><strong>va</strong>no, interessò molto il mondo politico. In una intervista rilasciata a La<br />

Repubblica 0 lo stesso regista Moustapha Akkad ammette che per le riprese effettuate a<br />

Roma (il set venne montato nelle stanze di Palazzo Farnese presso Caprarolla <strong>da</strong>to che<br />

Palazzo Venezia <strong>non</strong> era disponibile, poi a Latina e infine al Centro Sperimentale di<br />

Cinematografia <strong>dove</strong> furono ricostruiti una cittadina della Cirenaica ed il tribunale Militare<br />

di Benga<strong>si</strong>) 0 fu messo in guardia nei confronti di pos<strong>si</strong>bili atti di violenza: decise perciò di<br />

sottoporre la sceneggiatura ad alcuni esponenti dell’allora M<strong>si</strong> ed alcuni di loro vennero<br />

perfino invitati sul set quando veni<strong>va</strong> girata la scena dell’entrata di Graziani a Benga<strong>si</strong>.<br />

Sempre secondo il racconto di Akkad i mis<strong>si</strong>ni <strong>si</strong> dissero soddisfatti, in particolare della<br />

meticolo<strong>si</strong>tà della ricostruzione storica che provoca<strong>va</strong> loro forti nostalgie, tanto più che la<br />

scena alle cui riprese parteciparono (la festa ufficiale in occa<strong>si</strong>one dell’insediamento di<br />

Rodolfo Graziani a Benga<strong>si</strong> come vicegovernatore) veni<strong>va</strong> girata al suono di “Giovinezza”,<br />

nota marcetta fascista. Akkad aggiunge che “in quell’occa<strong>si</strong>one la reazione della troupe fu<br />

di vera rivolta” nel vedere il poco edificante spettacolo di questi nostalgici del colonialismo<br />

italiano 0 .<br />

Una volta scemato l’entu<strong>si</strong>asmo provocato <strong>da</strong>l set, qualcuno evidentemente ebbe timore<br />

per le reazioni che questo film avrebbe potuto suscitare, e fu proprio un esponente del<br />

0 A quanto invece ci risulta, <strong>da</strong> nostre consultazioni effettuate nel febbraio 2003 presso l’Ufficio Censura della<br />

Direzione Generale del Cinema (tel. 06 – 77321), <strong>non</strong> venne mai presentata doman<strong>da</strong> per ottenere il visto della censura<br />

che permettesse la libera commercializzazione del film.<br />

0 D’Agostini Paolo, Noi colonialisti diventati censori, La Repubblica, 20 settembre 1988, pag. 24<br />

0 Magrelli Enrico, C’è uno scheletro nel deserto, Panorama, 18 settembre 1988, pag. 163<br />

0 D’Agostini Paolo, Noi colonialisti diventati censori, La Repubblica, 20 settembre 1988, pag. 24<br />

12


Movimento sociale, il deputato Olindo Del Donno, a fare una interrogazione parlamentare<br />

nel 1982 chiedendo quale atteggiamento il Governo italiano intendesse assumere in<br />

merito alla distribuzione commerciale di un film che lancia “duris<strong>si</strong>me accuse ai sol<strong>da</strong>ti<br />

italiani, trattati come nazisti assetati di <strong>sa</strong>ngue” e che ­ a suo dire ­ già ave<strong>va</strong> sdegnato i<br />

diplomatici che ave<strong>va</strong>no as<strong>si</strong>stito alla proiezione . 0<br />

A rispondere venne chiamato l’on. Raffaele Costa, allora sottosegretario per gli affari<br />

esteri, il quale informò il parlamento che fin <strong>da</strong>l maggio 1981 erano state acqui<strong>si</strong>te<br />

informazioni e <strong>va</strong>lutazioni relative alla pellicola presso la rappresentanza italiana a<br />

Washington ed il consolato a New York, <strong>da</strong>lle quali risulta<strong>va</strong> la forte impostazione anti­<br />

italiana. Ciò veni<strong>va</strong> attribuito al finanziamento che Ghed<strong>da</strong>fi ave<strong>va</strong> <strong>da</strong>to alla produzione e<br />

alle e<strong>si</strong>genze di carattere politico­propagandistiche del governo libico. Nel discorso ­ l’on.<br />

Costa – ribadi<strong>va</strong> che in sede storica il giudizio sull’umanità del sol<strong>da</strong>to italiano appare<br />

sostanzialmente definito e <strong>non</strong> certo suscettibile di revi<strong>si</strong>one, tanto meno in sede<br />

cinematografica. 0<br />

L’on. Costa affermò testualmente: “Le vicende narrate nella pellicola <strong>si</strong> riferiscono ad un<br />

pas<strong>sa</strong>to lontano – in cui tuttavia l’Italia ha messo in atto una politica morbi<strong>da</strong> e<br />

sostanzialmente civile – pas<strong>sa</strong>to che è estraneo al profilo attuale del nostro paese; resta<br />

però il fatto che i giudizi <strong>da</strong> es<strong>sa</strong> provocati potrebbero essere este<strong>si</strong> alla realtà dell’Italia<br />

d’oggi, creando presupposti sfavorevoli allo sviluppo delle relazioni bilaterali”. A ricor<strong>da</strong>rci<br />

che in quel periodo le relazioni politico­commerciali tra Italia e Libia attraver<strong>sa</strong><strong>va</strong>no un<br />

momento favorevole è Emo Egoli, allora pre<strong>si</strong>dente dell’Associazione per l’amicizia italo­<br />

araba, parlando proprio del film: “La proiezione del film <strong>non</strong> era mai stata autorizzata<br />

perché nessuno ave<strong>va</strong> mai chiesto la prescritta autorizzazione al Ministero dello<br />

Spettacolo. Tutto questo per <strong>non</strong> deteriorare i rapporti tra Italia e Libia che intorno ai primi<br />

anni Ottanta erano molto buoni”. 0 Per completezza d’informazione l’on. Costa aggiunse<br />

che in occa<strong>si</strong>one della Settimana del cinema italiano, tenuta<strong>si</strong> a Tripoli <strong>da</strong>l 1° al 7 giugno<br />

0 Del Donno Olindo, Discus<strong>si</strong>oni, <strong>da</strong> Atti Parlamentari della Camera dei Deputati, VIII Legislatura, seduta dell’11<br />

gennaio 1982, pag. 5405.<br />

0 Da Atti Parlamentari della Camera dei Deputati, VIII Legislatura, seduta dell’11 gennaio 1982, pag. 5405. Il cor<strong>si</strong>vo<br />

è nostro.<br />

0 Per il film “Il leone del Deserto” la “parola” pas<strong>sa</strong> alla Pretura, Il Gazzettino, 30 settembre 1987. Ricordiamo che<br />

nel 1981 la Libia <strong>va</strong>rò un nuovo Piano quinquennale, in gennaio il ministro del Commercio con l’estero Enrico Manca<br />

<strong>si</strong> recò a Tripoli, e in aprile fu la volta del ministro degli Esteri libico Abdes<strong>sa</strong>lam Jallud a venire in vi<strong>si</strong>ta in Italia. Il<br />

1981 può essere con<strong>si</strong>derato un anno record negli affari tra Libia e Italia, Tripoli importò merci italiane per 4800<br />

miliardi. Del Boca A., Italiani in Libia – Dal fascismo a Ghed<strong>da</strong>fi, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 2001, pag. 502 – 503.<br />

13


1981, nella <strong>sa</strong>la del cinema Uad<strong>da</strong>n, in cui veni<strong>va</strong> proiettato “LION OF THE DESERT”, “la<br />

programmazione venne sospe<strong>sa</strong> e <strong>non</strong> più ripre<strong>sa</strong>, senza alcun vi<strong>si</strong>bile segno di<br />

re<strong>si</strong>stenza o perples<strong>si</strong>tà <strong>da</strong> parte ufficiale” 0 .<br />

Nonostante questa sua affermazione, che sostanzialmente smentisce il carattere anti<br />

italiano della pellicola, il sottosegretario torna<strong>va</strong> a ripetere che i fatti rappresentati <strong>da</strong> parte<br />

libica erano volutamente ine<strong>sa</strong>tti a cau<strong>sa</strong> del fine propagandistico della pellicola 0 , Costa<br />

informa<strong>va</strong> inoltre che la rappresentanza italiana a Tripoli era stata invitata ad esprimere il<br />

proprio di<strong>sa</strong>ppunto alle autorità libiche e comunque il film veni<strong>va</strong> proiettato in Libia con<br />

normale affluenza di pubblico, senza particolari clamori pubblicitari e tuttavia <strong>non</strong> era stata<br />

a<strong>va</strong>nzata alcuna richiesta di proiezione del film sul territorio italiano.<br />

L’onorevole Costa venne poi maldestramente indicato <strong>da</strong> Panorama 0 (fonte poi ripre<strong>sa</strong> <strong>da</strong><br />

tutti coloro che <strong>si</strong> occuparono dell’argomento in questi anni) come il grande censore, che,<br />

nel 1982, pose il veto alla libera circolazione della pellicola in quanto “le<strong>si</strong><strong>va</strong> dell’esercito”.<br />

A nostra preci<strong>sa</strong> sollecitazione in merito, l’europarlamentare ha smentito tale<br />

informazione, come ave<strong>va</strong> già fatto all’epoca in cui era appar<strong>sa</strong> sul settimanale e<br />

aggiunse “<strong>non</strong> ho mai avuto occa<strong>si</strong>one di vi<strong>si</strong>onare e tanto meno di giudicare la pellicola.” 0<br />

E’ difficile credere che, dopo aver solle<strong>va</strong>to un tale polverone ancor prima di entrare nel<br />

nostro paese, il film <strong>non</strong> fosse un buon investimento per i distributori cinematografici che<br />

operano in Italia: evidentemente la pellicola venne bandita per moti<strong>va</strong>zioni attinenti alla<br />

politica come nella mede<strong>si</strong>ma intervista conces<strong>sa</strong> a “La Repubblica” Akkad conferma 0 , ma<br />

<strong>si</strong>ccome “la censura, <strong>almeno</strong> nei pae<strong>si</strong> democratici, con<strong>si</strong>ste <strong>non</strong> tanto in tagli imposti <strong>da</strong>l<br />

potere, quanto in sottili compromes<strong>si</strong> e complicità di fatto tra le società di produzione e i<br />

pubblici poteri” sul fronte interno <strong>si</strong> preferì attribuire la mancata commercializzazione della<br />

pellicola allo scarso interesse che questa ave<strong>va</strong> suscitato fra coloro che, in Italia, <strong>si</strong><br />

occupano di distribuzione cinematografica. 0<br />

Il film venne comunque presentato al Mifed (Cinema and Televi<strong>si</strong>on International<br />

Multimedia Market, e cioè la “vetrina” commerciale per prodotti audiovi<strong>si</strong>vi più importante<br />

0 Da Atti Parlamentari della Camera dei Deputati, VIII Legislatura, seduta dell’11 gennaio 1982, pag. 5406.<br />

0 Queste le parole dell’on. Costa: “Resta inteso che, se <strong>da</strong> parte libica <strong>si</strong> intende mettere in ri<strong>sa</strong>lto fatti e vicende<br />

storicamente ine<strong>sa</strong>tte a fini di propagan<strong>da</strong> politica interna o internazionale, es<strong>sa</strong> ha naturalmente piena capacità di<br />

azione ma dovrà poi assumer<strong>si</strong> tutte le conseguenze del suo operato”. Da Atti Parlamentari della Camera dei Deputati,<br />

VIII Legislatura, seduta dell’11 gennaio 1982, pag. 5405.<br />

0 Magrelli Enrico, C’è uno scheletro nel deserto, Panorama, 18 settembre 1988, pag. 163<br />

0 On. Raffaele Costa, Corrispondenza all’Autore, 02 dicembre 2002.<br />

0 D’Agostini Paolo, Noi colonialisti diventati censori, La Repubblica 20 settembre 1988, pag. 24<br />

0 Sorlin Pierre, Immagine ed Evento, uso storico delle fonti audiovi<strong>si</strong>ve, Paravia Scriptorium, Torino, 1999, (..) .<br />

14


in Italia), il che testimonia interesse <strong>da</strong> parte di qualche distributore che ce lo portò 0 , ma<br />

anche in quell’occa<strong>si</strong>one “Il Leone del Deserto” <strong>non</strong> ebbe vita facile con gli italiani: <strong>si</strong><br />

scomodò lo stesso pre<strong>si</strong>dente dell’Ente Fiera, per sbattere fuori il film <strong>da</strong>lla<br />

manifestazione 0 . In ogni caso <strong>si</strong>a la solerzia del <strong>va</strong>loroso pre<strong>si</strong>dente che l’attenta vigilanza<br />

della Digos, che intervenendo a Trento il 10 marzo 1987 impedì la proiezione del film<br />

“perché privo dei visti della censura amministrati<strong>va</strong> e dell’autorizzazione ministeriale” 0 ,<br />

contribuirono a riportare in Parlamento la questione: nel novembre dello stesso anno<br />

furono gli esponenti di Democrazia Proletaria a richiedere alla pre<strong>si</strong>dente Iotti che “LION<br />

OF THE DESERT” venisse proiettato in aula in quanto “testimonianza di elementi della<br />

storia colonialista d’Italia”.<br />

Il 1988 pare<strong>va</strong> essere l’anno in cui i divieti avrebbero finalmente potuto cadere ed il film<br />

avrebbe avuto libera circolazione sul territorio nazionale. Infatti <strong>da</strong>l 17 al 24 settembre il<br />

festi<strong>va</strong>l Riminicinema riuscì ad aggirare la proibizione proiettando la pellicola, contando<br />

per<strong>si</strong>no con la presenza al festi<strong>va</strong>l del regista Akkad ed ottenendo una buona attenzione<br />

presso la stampa nazionale tanto <strong>da</strong> far sperare in un approfondimento del dibattito sul<br />

pas<strong>sa</strong>to colonialista del nostro paese. A novembre poi, in occa<strong>si</strong>one della vi<strong>si</strong>ta ufficiale a<br />

Roma del ministro degli esteri libico, il maggiore Abdes<strong>sa</strong>lam Jallud, il segretario generale<br />

del PSI ed ex pre<strong>si</strong>dente del Con<strong>si</strong>glio Bettino Craxi, espresse, a titolo personale, una<br />

ferma con<strong>da</strong>nna al colonialismo italiano in Libia 0 . Alle sue dichiarazioni fecero seguito le<br />

parole chiarificatrici dell’allora pre<strong>si</strong>dente della Commis<strong>si</strong>one Dife<strong>sa</strong> alla Camera, on. Lelio<br />

Lagorio: “Gli italiani <strong>non</strong> amano sentir<strong>si</strong> dire che il nostro Paese ha grosse respon<strong>sa</strong>bilità<br />

storiche nei confronti della Libia. Ecco perché la verità che è raccolta nei nostri archivi <strong>non</strong><br />

viene mai fuori. Ecco perché, ad esempio, il film sull’eroe nazionale libico Al Mukhtàr <strong>non</strong><br />

è mai stato proiettato in Italia” 0 . Allo scalpore suscitato <strong>da</strong>lla portata di queste<br />

esternazioni, Craxi volle aggiungere un gesto che rendesse tangibile il suo de<strong>si</strong>derio di<br />

essere ricor<strong>da</strong>to anche come colui che chiuse il lungo contenzioso tra Libia ed Italia:<br />

0 Lo storico e giornalista Al<strong>va</strong>ro Romei, autore tra l’altro di un libro <strong>da</strong>l <strong>si</strong>gnificativo titolo “Il Leone del Deserto” ed.<br />

Napoleone, s’interessò alla vicen<strong>da</strong> negli anni ’80, fu lui a indicarci tra i distributori che <strong>si</strong> interes<strong>sa</strong>rono al film in<br />

questione la Gaumont Italia in quel periodo diretta <strong>da</strong> Renzo Rossellini e una <strong>non</strong> meglio specificata “ca<strong>sa</strong> distributrice<br />

di <strong>si</strong>nistra” indicatagli <strong>da</strong> Roberto Napoleone, suo editore. Questi è venuto a mancare alcuni anni or sono, mentre<br />

Renzo Rossellini <strong>non</strong> ha mai risposto alle numerose comunicazioni <strong>da</strong> noi tentate.<br />

0 Sanguineti Tatti, Faccette nere, Europeo, 23 settembre 1988. Questo è quanto indicato nell’articolo e quanto il suo<br />

autore ci ha confermato telefonicamente, pur <strong>non</strong> potendo essere più preciso in merito alle generalità del pre<strong>si</strong>dente.<br />

0 Del Boca Angelo, L’Africa nella coscienza degli italiani, Milano, Mon<strong>da</strong>dori, 2002, pag. 126.<br />

0 Pas<strong>sa</strong>rini Paolo, Craxi: “Le nostre colpe verso Tripoli”, La Stampa, 30 novembre 1988.<br />

0 Articolo apparso sull’A<strong>va</strong>nti!, 1 dicembre 1988, ripreso in LAGORIO Lelio, L’ultima Italia, F. Angeli, Milano, 1991.<br />

15


espresse perciò l’intenzione di far programmare “LION OF THE DESERT” sul secondo<br />

canale della televi<strong>si</strong>one di stato italiana.<br />

Ma il film <strong>non</strong> venne mai proiettato e Craxi <strong>non</strong> mantenne neppure le altre promesse che<br />

ave<strong>va</strong> fatto ai libici: quello speciale interes<strong>sa</strong>mento alle vicende d’oltremare,<br />

quell’attivismo che lo ave<strong>va</strong> portato ad esprimere la propria con<strong>da</strong>nna altro <strong>non</strong> erano che<br />

un colpo di scena nello “spettacolo politico” di cui l’ex pre<strong>si</strong>dente del Con<strong>si</strong>glio fu gran<br />

interprete 0 .<br />

“LION OF THE DESERT” continua così ad essere vietato, senza che all’opinione pubblica<br />

<strong>si</strong>a stata <strong>da</strong>ta una spiegazione. Dopotutto <strong>non</strong> ci vuole molto ad identificare le moti<strong>va</strong>zioni<br />

del divieto: la vergogna che suscita il nostro pas<strong>sa</strong>to colonialista, capace di as<strong>sa</strong>s<strong>si</strong>nare<br />

un vero patriota, capace di impiccare un maestro di scuola settantatreenne, ma alla fine il<br />

film è solo un episodio di una campagna di mistificazione e <strong>si</strong>lenzi ben più ampia che ha il<br />

chiaro fine di mantenere, della nostra storia coloniale, una vi<strong>si</strong>one edulcorata.<br />

Probabilmente gli italiani, così as<strong>si</strong>llati <strong>da</strong> gravi e più contingenti problemi possono fare a<br />

meno della lezione di storia (peraltro oggi as<strong>sa</strong>i poco spettacolare) della coppia Akkad ­<br />

Ghed<strong>da</strong>fi. Ma quel che disturba è preci<strong>sa</strong>mente la mancata circolazione, cioè che <strong>non</strong> <strong>si</strong>a<br />

stata <strong>da</strong>ta agli italiani la pos<strong>si</strong>bilità di vedere e liberamente giudicare il film. Ciò che mette<br />

a di<strong>sa</strong>gio è l’in<strong>si</strong>dia che sta dietro ad una censura immoti<strong>va</strong>ta. Soprattutto perché il film,<br />

<strong>non</strong>ostante alcuni inevitabili difetti, ha <strong>da</strong>lla sua un argomento di grande natura polemica<br />

in grado di avvicinare la lettura estetica della rappresentazione a quella storica: lo<br />

spettatore italiano difficilmente potrebbe restare indifferente e limitare il proprio giudizio<br />

alla godibilità del film, le vicende narrate innescherebbero neces<strong>sa</strong>riamente una<br />

rifles<strong>si</strong>one sulle relazioni che intercorrono tra il testo del film e le nozioni personali sulla<br />

storia del colonialismo italiano, magari con<strong>si</strong>derando la propria po<strong>si</strong>zione e<br />

con<strong>sa</strong>pevolezza rispetto al pas<strong>sa</strong>to imperialista che vide l’Italia tristemente all’azione in<br />

Africa negli anni ’30.<br />

La mes<strong>sa</strong> in on<strong>da</strong> de “IL LEONE DEL DESERTO” su una rete nazionale <strong>non</strong> <strong>sa</strong>rebbe<br />

certo indolore per una opinione pubblica come quella italiana <strong>da</strong> tempo allenata a fare<br />

della rimozione il modo abituale di rapportar<strong>si</strong> al pas<strong>sa</strong>to del proprio paese. Le<br />

informazioni che generalmente <strong>si</strong> ricevono rimangono annacquate, diluite nel luogo<br />

0 Del Boca Angelo, L’Africa nella coscienza degli italiani, Milano, Mon<strong>da</strong>dori, 2002, pag.404.<br />

16


comune che dipinge il colonialismo italiano come quello <strong>da</strong>l volto “più umano” rispetto a<br />

ciò che compirono altre potenze europee.<br />

Ulteriore dimostrazione della potenza del mezzo audiovi<strong>si</strong>vo nella formazione dell’opinione<br />

pubblica e della memoria storica è rappresentata <strong>da</strong>l fatto che i numero<strong>si</strong> articoli appar<strong>si</strong><br />

sui giornali a suo tempo <strong>non</strong> bastarono a sfon<strong>da</strong>re il “muro” della rimozione. Cinema e<br />

televi<strong>si</strong>one adeguatamente u<strong>sa</strong>ti potrebbero svolgere un ruolo cruciale nel risvegliare la<br />

rifles<strong>si</strong>one sul colonialismo e più in generale sul pas<strong>sa</strong>to fascista italiano 0 .<br />

1.2.1 La proiezione punita<br />

La vicen<strong>da</strong> di LION OF THE DESERT <strong>non</strong> è solo fatta di mancate proiezioni, ma anche di<br />

proiezioni punite. Il caso degli attivisti per la pace puniti a Trento nel corso del 1987 è<br />

emblematico di come i mezzi utilizzati per la repres<strong>si</strong>one <strong>si</strong>ano ereditati <strong>da</strong>ll’epoca fascista<br />

e risultino <strong>non</strong> solo anacronistici, ma pure assolutamente privi di efficacia nel proibire<br />

questo genere di cose. Come abbiamo già detto sopra gli accordi tra operatori del<br />

mercato dei media e la politica oggi avvengono preci<strong>sa</strong>mente per evitare clamori<br />

pubblicitari che <strong>non</strong> gioverebbero a nessuno. E in effetti la storia che andiamo a narrare è<br />

anche quella di un “corto circuito” giudiziario, in cui una procura della Repubblica troppo<br />

zelante <strong>si</strong> ritro<strong>va</strong> a dichiarar<strong>si</strong> incompetente al giudizio e pas<strong>sa</strong> il tutto alla pretura, proprio<br />

per evitare che scoppi un “caso” che avrebbe generato più imbarazzi che altro. Chissà se<br />

un processo avrebbe potuto aiutare a ricor<strong>da</strong>re quella triste pagina della nostra storia, chi<br />

lo ritenne inopportuno probabilmente pensò di sì.<br />

Il film LION OF THE DESERT venne proiettato in una fred<strong>da</strong> sera del marzo 1987, il 10<br />

per l’e<strong>sa</strong>ttezza, in piazza Pa<strong>si</strong>, a Trento, montando due videoregistratori in cima a due<br />

automobili. Ad as<strong>si</strong>stere all’evento poche persone. La proiezione del film <strong>si</strong> inseri<strong>va</strong> in un<br />

piano di mobilitazione in vista di un altro processo in corte d’as<strong>si</strong>se, che vede<strong>va</strong> imputato<br />

Renato Paris, accu<strong>sa</strong>to di vilipendio alla bandiera italiana: in qualità di direttore della<br />

rivista “S – Contro”, Paris ave<strong>va</strong> <strong>da</strong>to alle stampe una poe<strong>si</strong>a che paragona<strong>va</strong> il tricolore<br />

nazionale ad uno straccio in<strong>sa</strong>nguinato. Attorno al processo per vilipendio <strong>si</strong> erano riuniti i<br />

militanti del Comitato Popolare della Pace, molto attivi in Trentino in quel periodo,<br />

impegnati sulle questioni dei mis<strong>si</strong>li a Comiso, della Jolly Rubino nel golfo Per<strong>si</strong>co e delle<br />

mis<strong>si</strong>oni “di pace” a cui prende<strong>va</strong>no parte pure i militari italiani. In nome della libertà di<br />

0 Pianciola Niccolò, “Il Giorno della Memoria Seletti<strong>va</strong>”,Web Magazine, www.wema.com scaricato il 05 aprile 2002.<br />

17


pen<strong>si</strong>ero, in forte polemica con l’idea degli italiani bra<strong>va</strong> gente contro cui <strong>si</strong> scaglia<strong>va</strong> la<br />

poe<strong>si</strong>a incriminata <strong>si</strong> decise di proiettare il film vietato.<br />

Ma LION OF THE DESERT era già stato criticato <strong>da</strong>ll’Associazione nazionale degli Alpini<br />

perché mostra<strong>va</strong> uomini con il tipico cappello dei nostri sol<strong>da</strong>ti di montagna impegnati a<br />

truci<strong>da</strong>re patrioti libici 0 . Per questo e probabilmente per altri <strong>non</strong> abbastanza verificabili<br />

motivi, la questura decise di <strong>non</strong> concedere ai promotori della proiezione la <strong>sa</strong>la<br />

auditorium dell’ex Santa Chiara, una <strong>sa</strong>la comunale normalmente utilizzata per mostrare<br />

quelle pellicole che normalmente <strong>non</strong> tro<strong>va</strong>no spazio nelle normali <strong>sa</strong>le cinematografiche<br />

e per tutte le attività culturali delle locali associazioni.<br />

Perciò <strong>si</strong> decise per la mobilitazione: proiettare il film senza la prescritta autorizzazione<br />

ministeriale in piazza <strong>dove</strong><strong>va</strong> essere “un’azione di disobbedienza civile ma te<strong>sa</strong> in un<br />

contributo contro le guerre”, come ebbe ad affermare la sera di quel 10 marzo, poco prima<br />

della proiezione, Francesco Espo<strong>si</strong>to, uno degli attivisti.<br />

Colpevoli di aver proiettato un film senza l’autorizzazione ministeriale per essere visto nel<br />

nostro Paese, Renato Paris, Marta Anderle, Francesco Espo<strong>si</strong>to e Paolo Terzan, vennero<br />

accu<strong>sa</strong>ti di rappresentazioni teatrali e cinematografiche abu<strong>si</strong>ve nella denuncia alla<br />

magistratura che seguì l’intervento della Digos ad impedire la proiezione. Per questo reato<br />

la legge prevede un procedimento con rito direttis<strong>si</strong>mo 0 , chiunque reciti in pubblico drammi<br />

o altre opere o dà in pubblico produzioni teatrali di qualunque genere viene punito con<br />

ammen<strong>da</strong> o arresto. Alla stes<strong>sa</strong> pena soggiace chi mostra in pubblico pellicole<br />

cinematografiche senza averle prima sottoposte al visto dell’autorità. L’immagine di<br />

censura che questa norma ci restituisce, ri<strong>sa</strong>le agli anni trenta quando <strong>si</strong> teme<strong>va</strong> di poter<br />

vedere a cinema o teatro lo sberleffo al potere o negli anni cinquanta quando <strong>si</strong> tenta<strong>va</strong> di<br />

porre un argine alle prime apparizioni di nudo. In questo senso l’atto di disobbedienza<br />

civile che era giunto alla proiezione del film per riaffermare la libertà di espres<strong>si</strong>one dei<br />

cittadini di un paese che <strong>si</strong> dice democratico, adesso <strong>si</strong> ritro<strong>va</strong><strong>va</strong> a porre l’accento sulle<br />

eredità fasciste tutt’oggi presenti nel codice penale, spingendo la provocazione sul terreno<br />

giudiziario e mettendo in luce un procedimento, in procinto di cominciare, piuttosto<br />

bizzarro e fuori <strong>da</strong>l tempo.<br />

0 L. Sardi, Disobbedienza dimenticata la procura ha deciso di richiamarla, in “ L’Alto Adige”, 8 maggio 1987.<br />

0 L’Alto Adige, Film senza visto, tre gio<strong>va</strong>ni sotto inchiesta, 15 maggio 1987.<br />

18


All’udienza nel settembre 1987, dopo che gli imputati <strong>si</strong> erano rifiutati di rispondere al<br />

sostituto procuratore Ca<strong>va</strong>lieri, il tribunale, dopo un’ora e mezza di camera di con<strong>si</strong>glio, <strong>si</strong><br />

dichiarò incompetente al giudizio e decise di inviare il fascicolo processuale e gli imputati<br />

alla pretura. Con questa sentenza i giudici hanno evitato di esprimere giudizi, consci che a<br />

margine del processo sta<strong>va</strong> montando il caso: a Trento, il giorno del processo, una<br />

manifestazione di studenti delle scuole superiori giunse <strong>da</strong><strong>va</strong>nti al tribunale per<br />

comunicare agli imputati la propria soli<strong>da</strong>rietà e tentò di proiettare nuo<strong>va</strong>mente il film che<br />

venne pertanto sequestrato <strong>da</strong>lle forze di polizia presenti 0 , mentre tutta una serie di politici<br />

locali (con<strong>si</strong>glieri comunali e provinciali del Partito Comunista e di Democrazia Proletaria)<br />

<strong>si</strong> stringe<strong>va</strong> attorno agli imputati, la questione giunge<strong>va</strong> addirittura in Parlamento: qualche<br />

giorno dopo i deputati di Democrazia Proletaria chiede<strong>va</strong>no con una lettera inviata alla<br />

pre<strong>si</strong>dente Iotti che il film venisse “proiettato alla Camera perché testimonia elementi della<br />

storia colonialista d’Italia” 0 .<br />

Nel dibattimento venne ascoltato come teste il pre<strong>si</strong>dente dell’Associazione per l’amicizia<br />

italo­araba Emo Egoli, il quale confermò che la proiezione del film <strong>non</strong> era mai stata<br />

autorizzata perché nessuno ave<strong>va</strong> mai richiesto il visto del Ministero dello spettacolo.<br />

L’accu<strong>sa</strong> del p.m Gianni Kessler negò che <strong>da</strong> parte delle forze di polizia ci fosse stata<br />

alcuna censura verso gli organizzatori, e chiuse affermando: “Sottoporre il film al visto<br />

preventivo del Ministero <strong>non</strong> contrasta con la Costituzione. Diverso <strong>sa</strong>rebbe se il film fosse<br />

stato proibito per ragioni politiche”.<br />

Qualcuno definì la vicen<strong>da</strong> del film una “<strong>sa</strong>cra rappresentazione all’italiana”, definendo<br />

così la vicen<strong>da</strong> della pellicola nel nostro Paese.<br />

<strong>Quando</strong> il film entrò nel circuito di distribuzione i rapporti tra Italia e Libia erano più che<br />

buoni, ma poiché la pellicola ave<strong>va</strong> suscitato malumori e <strong>sa</strong>rebbero sorti troppi problemi a<br />

rivederci come oppressori, il nostro Paese fece intendere ai produttori che <strong>non</strong> avrebbe<br />

gradito tro<strong>va</strong>r<strong>si</strong> in imbarazzo per questo film, del quale <strong>non</strong> era pos<strong>si</strong>bile proibire la<br />

circolazione (vietata solo per ragioni d’oscenità) ma che <strong>non</strong> avrebbe comunque gradito<br />

concedere. Si giunse ad un accordo di questo tipo: <strong>non</strong> <strong>si</strong> presentò formalmente una<br />

richiesta di nulla osta, in maniera <strong>da</strong> giustificare le mancate proiezioni ed impedirne di<br />

eventuali senza <strong>dove</strong>r censurare, parola che nella società odierna suona obsoleta,<br />

0 L’Alto Adige, Quanta polizia per quel “Leone”, 30 settembre 1987.<br />

0 Agenzia An<strong>sa</strong> riportata <strong>da</strong> “La Stampa”, 11 settembre 1987.<br />

19


odio<strong>sa</strong>mente repres<strong>si</strong><strong>va</strong> e, come in questo caso, controproducente per chi esercita la<br />

giustizia.<br />

A generare ten<strong>si</strong>one fu il meccanismo giudiziario più che il fatto che lo generò, <strong>da</strong>ndo<br />

peso <strong>non</strong> certo ad un reato ma ad una provocazione, nel senso più ampio del termine,<br />

seguendo il codice l’unica co<strong>sa</strong> che <strong>si</strong> ottenne fu di trasformare in vittime dei diritti civili<br />

coloro che proiettarono la pellicola: una pena <strong>sa</strong>rebbe risultata sproporzionata in una<br />

società in cui il diritto ad esprimere le proprie opinioni viene vissuto come una pras<strong>si</strong> ormai<br />

consoli<strong>da</strong>ta, <strong>dove</strong> la capacità di provocare verbalmente o vi<strong>si</strong><strong>va</strong>mente è con<strong>si</strong>derata un<br />

indiscutibile talento, in particolare quando la giustizia u<strong>sa</strong> mezzi inadeguati nel tentativo,<br />

ormai inutile, di difendere le nostre case <strong>da</strong>lle produzioni audiovi<strong>si</strong>ve, <strong>da</strong>ll’industria dello<br />

spettacolo, <strong>da</strong>lle reti telematiche e <strong>sa</strong>tellitari.<br />

Ma a Trento era in corso uno scontro giudiziario tra la Procura, gui<strong>da</strong>ta <strong>da</strong> Francesco<br />

Simeoni e i gruppi pacifisti locali 0 , pertanto il pretore Corrado Pascucci, nel febbraio 1988,<br />

con<strong>da</strong>nnò con una multa di centomila lire gli imputati, che nel frattempo erano diventati<br />

nove. Oltre a Paris, Anderle, Terzan ed Espo<strong>si</strong>to, ave<strong>va</strong>no voluto mostrare la propria<br />

soli<strong>da</strong>rietà agli imputati partecipando al processo pure Aldo Marzari, con<strong>si</strong>gliere<br />

provinciale del partito comunista, Paolo Tonelli con<strong>si</strong>gliere provinciale di Democrazia<br />

proletaria e i con<strong>si</strong>glieri comunali Elia Bonfanti, Carla Casetti e Antonella De Matté. Oltre<br />

alla multa il pretore ordina<strong>va</strong> la distruzione del corpo del reato tramite rogo della pellicola<br />

incriminata.<br />

LION OF THE DESERT diventa<strong>va</strong> così nuo<strong>va</strong>mente <strong>si</strong>mbolo di una battaglia per la libertà,<br />

d’opinione questa volta. Il rogo della pellicola fu infatti polemicamente tenuto in piazza<br />

Battisti a Trento, con un corteo organizzato <strong>da</strong>l Comitato popolare per la pace. L’interesse<br />

degli attivisti <strong>non</strong> era uno scontro con i giudici, la protesta rientra in una battaglia contro<br />

quelle norme del nostro codice penale che impongono restrizioni alla libertà<br />

d’espres<strong>si</strong>one. Dopo il decreto penale di con<strong>da</strong>nna all’ammen<strong>da</strong> emesso <strong>da</strong>l pretore, i<br />

nove imputati, che <strong>si</strong> opposero al pagamento, riuscirono a riportare in aula il processo e il<br />

13 aprile 1988 veni<strong>va</strong>no “assolti perché il fatto <strong>non</strong> è previsto <strong>da</strong>lla legge come reato” 0 .<br />

0 A puro titolo di curio<strong>si</strong>tà, sul procuratore Francesco Simeoni, riportiamo quanto disse il giudice Carlo Palermo, il<br />

quale ricor<strong>da</strong> che, in occa<strong>si</strong>one dell’interrogatorio dell’attore Ros<strong>sa</strong>no Brazzi per traffico d’armi “alla fine gli chiese<br />

l’autografo”. Per una panoramica più ampia delle inchieste della Procura di Trento e i movimenti pacifisti locali negli<br />

anni ’80 <strong>si</strong> con<strong>si</strong>glia M. Sartori, Pacifisti in tribunale a Trento “Quel film <strong>non</strong> <strong>dove</strong><strong>va</strong>no vederlo”, L’Unità, 5 ottobre<br />

1987.<br />

0 Il “Leone del deserto” torna libero. Tutti assolti gli imputati a Trento. “Il Gazzettino del Trentino” 13 aprile 1988.<br />

20


La requi<strong>si</strong>toria <strong>si</strong> ritro<strong>va</strong><strong>va</strong> d’improvviso a “lo<strong>da</strong>re” le moti<strong>va</strong>zioni morali ed ideali che<br />

ave<strong>va</strong>no spinto gli imputati alla proiezione e probabilmente l’emis<strong>si</strong>one di questa sentenza<br />

dimostra che gli inquirenti ave<strong>va</strong>no finalmente capito quanto inutili e controproducenti<br />

<strong>si</strong>ano i provvedimenti persecutori di questo tipo. Per il resto il film continua ad essere<br />

proiettato semi clandestinamente, nel senso che nessun nulla osta è stato concesso ma in<br />

diverse occa<strong>si</strong>oni il film può essere visto, sempre, ben inteso, no profit e in delimitati<br />

ambiti culturali “di nicchia”. Eppure i divieti <strong>non</strong> sono caduti, le autorità chiudono un occhio<br />

proprio perché le proiezioni <strong>non</strong> puntano ad un pubblico nazional popolare. A questo<br />

punto <strong>sa</strong>rebbe interes<strong>sa</strong>nte vedere co<strong>sa</strong> succederebbe se qualche distributore, a distanza<br />

di più di vent’anni, acquistasse i diritti del film e richiedesse l’autorizzazione alla Direzione<br />

Generale del Cinema presso la pre<strong>si</strong>denza del Con<strong>si</strong>glio per proiettarlo.<br />

1.3 Disobbedienti<br />

La pellicola è stata proiettata più volte e la lunghezza dell’elenco che ne risulta testimonia<br />

che, ad un certo livello culturale, e<strong>si</strong>ste forte interesse per le vicende del colonialismo<br />

italiano, e<strong>si</strong>ste la con<strong>sa</strong>pevolezza che la mancata circolazione del film rimandi ad un<br />

mancato dibattito sulle avventure d’oltremare che ci videro protagonisti, e<strong>si</strong>ste il sospetto<br />

che gli italiani <strong>non</strong> <strong>si</strong>ano più “bra<strong>va</strong> gente” degli altri. La maggior parte delle rassegne<br />

cinematografiche, dei forum ed incontri in cui la pellicola è stata programmata hanno<br />

infatti per tema la memoria: nel luglio del 2000 il film è stato proiettato presso la Fattoria di<br />

San Pancrazio a Bucine Val<strong>da</strong>rno, luogo di una strage nazi­fascista nel 1944 e oggi<br />

centro culturale che organizza campus <strong>da</strong>l titolo “La memoria degli altri”.<br />

Nel maggio dello stesso anno la città di Palermo, ricor<strong>da</strong>ndo Omar al Mukhtàr, gli<br />

intitola<strong>va</strong> una stra<strong>da</strong> “come mes<strong>sa</strong>ggio ­ commentò l’assessore alla Cultura Giusto<br />

Catania ­ di disten<strong>si</strong>one, fratellanza e soli<strong>da</strong>rietà per un popolo che ha dovuto subire la<br />

politica coloniale italiana.” Nel corso del 2002 “Il Leone del deserto” è stato proiettato in<br />

gennaio a Torino in occa<strong>si</strong>one di “Memoria Presente”, giornata della memoria organizzata<br />

<strong>da</strong> Goethe Institut, Comunità Ebraica di Torino e <strong>da</strong>ll’Archivio Nazionale Cinematografico<br />

della Re<strong>si</strong>stenza, in febbraio è stato mostrato ai partecipanti al forum “Europa – Islam,<br />

dialogo pos<strong>si</strong>bile?” presso l’Univer<strong>si</strong>tà di Udine. Ad aprile è stata la sezione <strong>va</strong>re<strong>si</strong>na di<br />

Rifon<strong>da</strong>zione Comunista a programmarlo all’interno della rassegna “Materiali per la<br />

memoria” poi in luglio, a Bolzano nel corso della manifestazione “Euromediterranea”. A<br />

21


settembre di nuovo a Torino al festi<strong>va</strong>l “Lontano <strong>da</strong> Hollywood”, rassegna di cinema<br />

proveniente <strong>da</strong>ll’A<strong>si</strong>a, <strong>da</strong>ll’Africa e <strong>da</strong>ll’America Latina ed in novembre è stato riproposto al<br />

“Festi<strong>va</strong>l dei Popoli” a Firenze, alla presenza di un grande esperto di cinema e storia<br />

come Pierre Sorlin e di uno studioso del colonialismo italiano quale Nicola Labanca.<br />

I°parte: Il pas<strong>sa</strong>to che racconta: il cinema<br />

Cap. 2<br />

RECENSIONE<br />

22


2.1 Discorso sulla veridicità del film<br />

Il discorso sul grado di attendibilità storica del film ci riman<strong>da</strong> ad un discorso più ampio<br />

sulla natura del linguaggio cinematografico, la sua <strong>va</strong>lidità nel costruire un racconto ed i<br />

criteri con cui esso debba, <strong>da</strong> coloro che <strong>si</strong> interes<strong>sa</strong>no di storia, venire giudicato e più in<br />

generale su come la storia è raccontata (<strong>non</strong> solo <strong>da</strong>i registi).<br />

“Il film organizza sequenze narrative che sono anche documenti. Allora raccontare è<br />

quello che fanno gli storici, raccontare è quello che fa il cinema, raccontare è quello che<br />

fanno i romanzi” 0 . La storia è, in buona sostanza, narrazione, i <strong>da</strong>ti storici <strong>non</strong> e<strong>si</strong>stono di<br />

per sé in maniera indipendente <strong>da</strong>ll’opera degli studio<strong>si</strong>: né la gente né le nazioni vivono<br />

“momenti” storici, le narrazioni intese come trame coerenti con un esordio ed una<br />

conclu<strong>si</strong>one, sono elaborate <strong>da</strong>gli storici con l’intenzione di <strong>da</strong>re un senso al pas<strong>sa</strong>to.<br />

Robert A. Rosenstone 0 individua i limiti delle convenzioni del genere narrativo e i<br />

condizionamenti al concetto di storia che <strong>da</strong> esso provengono:<br />

a. i racconti degli storici sono, di fatto, “finzioni narrative”, la storia scritta è una<br />

ricreazione del pas<strong>sa</strong>to, <strong>non</strong> il pas<strong>sa</strong>to in sé.<br />

b. la realtà della storia, nel discorso narrativo, è condizionata <strong>da</strong>lle convenzioni del<br />

genere e <strong>da</strong>l punto di vista di chi scrive (come in qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> opera di finzione –<br />

ironico, tragico, eroico, romantico).<br />

c. il linguaggio <strong>non</strong> è mai asettico e di conseguenza <strong>non</strong> può riflettere il pas<strong>sa</strong>to<br />

proprio come fu, al contrario il linguaggio crea, struttura la storia e la imbeve di<br />

<strong>si</strong>gnificato.<br />

Posto che in ogni caso la narrazione rimane, per lo storico, <strong>non</strong> il fine del proprio lavoro,<br />

ma un mezzo, attraverso il quale lo studioso può esporre i risultati delle proprie ricerche, le<br />

prove dei propri argomenti, trasmettere conoscenza storica. La soggettività dello storico<br />

ricade inevitabilmente nel suo lavoro: le espres<strong>si</strong>oni les<strong>si</strong>cali che vengono u<strong>sa</strong>te in<br />

funzione della strategia esplicati<strong>va</strong> 0 scelta <strong>da</strong>llo studioso sembrerebbero as<strong>si</strong>milare il<br />

0 De Luna Gio<strong>va</strong>nni, La pas<strong>si</strong>one e la ragione, La Nuo<strong>va</strong> Italia, Milano, 2001, p. 272.<br />

0 . Rosenstone Robert A, El pa<strong>sa</strong>do en imàgenes Ed. Ariel, S.A. 1995 p. 36. Traduzione a cura dell’Autore.<br />

0 La problematica sulla forma narrati<strong>va</strong> della storia (incompatibilità tra retorica e pro<strong>va</strong>) è di grande rilievo nel dibattito<br />

storiografico e ri<strong>sa</strong>le a Nietzsche. Sul finire degli anni ’70 una on<strong>da</strong>ta di anarchia epistemologica travolse il mondo<br />

accademico, tra questi soggettivisti, animati <strong>da</strong> una sorta di “furia provocatoria” <strong>va</strong> segnalato Jarvie, che con una battuta<br />

ridusse la storia soprattutto “alle controver<strong>si</strong>e tra storiografi”, Jarvie I.C. “Seeing through movies”, Philosophy of the<br />

social sceinces, 8 (1978) p. 378. Risulta comunque impos<strong>si</strong>bile una trattazione e<strong>sa</strong>uriente della questione in questa<br />

sede, <strong>si</strong> con<strong>si</strong>glia pertanto la lettura di. Feyerabend P. K, Against method: outline of an anarchistic theory of knowledge,<br />

London, NLB, Atlantic Highlands, Humanities Press, 1975, e White H., Retorica e storia, Gui<strong>da</strong>, Napoli, 1978.<br />

23


discorso storiografico a quello del romanzo, determinando come fine ultimo <strong>non</strong> la ricerca<br />

della verità ma la ricerca delle forme espres<strong>si</strong>ve più efficaci per raccontare il lavoro dello<br />

storico.<br />

Con una semplificazione un po’ azzar<strong>da</strong>ta <strong>si</strong> potrebbe dire che il mezzo di comunicazione<br />

(narrazione) viene confuso con il fine della comunicazione (narrazione della verità) e<br />

parebbe quindi che la verità “scoperta” <strong>da</strong> uno storico <strong>si</strong>a tanto più <strong>va</strong>li<strong>da</strong> quanto più egli<br />

<strong>si</strong>a in grado di esporla in termini di narrazione avvincente, chiara, con semplificazioni ed<br />

esempi adeguati.<br />

A porre però un paletto alla <strong>va</strong>stità di questo discorso è la neces<strong>si</strong>tà, per chi de<strong>si</strong>dera <strong>da</strong>re<br />

alle proprie ricerche un <strong>sa</strong>ldo fon<strong>da</strong>mento scientifico, di fornire ai propri lettori un “ordine di<br />

conoscenza controllabile e verificabile” 0 , che è ciò che rende la storia una disciplina e <strong>non</strong><br />

un genere letterario. La storia resta pertanto una narrazione, perché quella è la sua forma,<br />

ma grazie ad un in<strong>si</strong>eme di regole (che definiscono il metodo di lavoro dello storico) ci<br />

troviamo <strong>da</strong><strong>va</strong>nti ad un <strong>sa</strong>pere verificabile e quindi potenzialmente univer<strong>sa</strong>le 0 . Il concetto<br />

attorno al quale Carlo Ginzburg lega lo statuto scientifico della disciplina è la pro<strong>va</strong>, nella<br />

sua accezione giudiziaria 0 . “Pertanto – aggiunge De Luna ­ compito dello storico è la<br />

verifica certa del reale accadimento di un evento, (…) una storia che fon<strong>da</strong> la propria<br />

conoscenza sulle fonti e sui metodi per in<strong>da</strong>garle, introduce nel suo statuto disciplinare<br />

preci<strong>si</strong> vincoli epistemologici che garantiscano sulle intenzioni dello storico di ricercare la<br />

verità” 0 , costruendo così un argine alle concezioni po<strong>si</strong>tiviste ottocentesche che vede<strong>va</strong>no<br />

nelle fonti finestre spalancate e ai soggettivisti che le con<strong>si</strong>derano dei muri. La forma<br />

narrati<strong>va</strong> della storia è pertanto solo più “l’involucro” attraverso il quale vengono<br />

organizzati i risultati di una ricerca: un racconto di senso compiuto.<br />

In ogni caso la storia scritta rimane condizionata <strong>da</strong>lle convenzioni narrative e linguistiche,<br />

e la stes<strong>sa</strong> co<strong>sa</strong> succede alla storia visuale in cui le convenzioni sono quelle del genere<br />

cinematografico.<br />

0 De Luna G., La pas<strong>si</strong>one e la ragione, La Nuo<strong>va</strong> Italia, Milano, 2001, pag. 60.<br />

0 De Certeau M., L’écriture de l’histoire, Paris, Gallimard, 1975, p. 43.<br />

0 Ginzburg C., Rapporti di forza. Storia, retorica, pro<strong>va</strong>, Feltrinelli, Milano, 2000, p. 66<br />

0 De Luna G., op. cit. pag. 61.<br />

24


I racconti attraverso le immagini, in quanto “finzioni visuali”, <strong>non</strong> sono specchio del<br />

pas<strong>sa</strong>to ma sue rappresentazioni e come tali <strong>va</strong>nno con<strong>si</strong>derate 0 .<br />

La neces<strong>si</strong>tà culturale con<strong>si</strong>ste quindi nel liberar<strong>si</strong> <strong>da</strong> una lunghis<strong>si</strong>ma tradizione che vede<br />

nella parola scritta l’unico mezzo di conoscenza e sviluppo del pen<strong>si</strong>ero. Senza per<br />

questo togliere nulla alla letteratura dobbiamo renderci conto che nella società di oggi la<br />

cultura viaggia attraverso le immagini più che tramite scritti e questa cultura visuale può<br />

cambiare il nostro modo di vedere il pas<strong>sa</strong>to. Questo <strong>non</strong> implica per forza che le nostre<br />

conoscenze fino a qui <strong>si</strong>ano sbagliate o debbano essere abbandonate, <strong>si</strong> tratta di<br />

riconoscere che e<strong>si</strong>ste più di una verità storica, che la verità proposta attraverso gli<br />

audiovi<strong>si</strong>vi può essere differente, <strong>non</strong> neces<strong>sa</strong>riamente contraria, <strong>da</strong> quella scritta.<br />

Vedere i film come libri tradotti in immagini e pertanto soggetti alle mede<strong>si</strong>me norme di<br />

verifica, documentazione, struttura e logica, suppone che lo scritto <strong>si</strong>a l’unico mezzo di<br />

relazione tra noi ed il pas<strong>sa</strong>to e che funzioni come specchio della realtà.<br />

E’ perciò neces<strong>sa</strong>rio an<strong>da</strong>re più a fondo, cioè distinguere <strong>da</strong> chi e come i fatti sono narrati,<br />

e tenere presenti potenzialità e carenze del linguaggio cinematografico, ed in particolare<br />

quelle del cinema di genere che l’estetica hollywoodiana è an<strong>da</strong>ta negli anni definendo<br />

come il film storico. La tendenza dell’industria cinematografica ha ormai <strong>da</strong> tempo<br />

organizzato il discorso storico dei suoi film attorno alla forma drammatica, <strong>dove</strong> il tutto<br />

diventa un racconto di pas<strong>si</strong>oni o avventure in cui la cornice è un pas<strong>sa</strong>to lontano e<br />

affascinante, svuotato di ogni <strong>va</strong>lore sociologico. La natura e le neces<strong>si</strong>tà del mezzo<br />

audiovi<strong>si</strong>vo nei film storici ricreano un pas<strong>sa</strong>to fatto di immagini ricche di fascino,<br />

personaggi e dialoghi di grande effetto ignorando le e<strong>si</strong>genze di verifica che animano gli<br />

storici. Ma il maggior problema <strong>non</strong> sono la mancanza di rigore o l’eccesso di finzione,<br />

strumenti che hanno una loro logica nel processo di produzione commerciale del film<br />

(contenere i costi e creare uno spettacolo), è nella natura del film come prodotto e nelle<br />

sue strategie narrative che ri<strong>si</strong>edono i maggiori problemi: la tendenza alla compres<strong>si</strong>one<br />

del pas<strong>sa</strong>to inteso come qualco<strong>sa</strong> di chiuso, mediante una spiegazione lineare, una<br />

interpretazione escludente e un’unica concatenazione di avvenimenti.<br />

Queste critiche ai film storici <strong>non</strong> avrebbero quest’importanza se <strong>non</strong> vives<strong>si</strong>mo in un<br />

mondo dominato <strong>da</strong>lle immagini, <strong>dove</strong> sempre più gente forma la propria idea del pas<strong>sa</strong>to<br />

0 Hayden White ha scritto molto anche su questo aspetto, alcuni suggerimenti Metahistory: The historical imagination<br />

in 19th century Europe, Johns Hopkins Univer<strong>si</strong>ty Press, Baltimore, 1973. Anche in Topics of Discorse: Es<strong>sa</strong>ys in<br />

cultural criticism Johns Hopkins Univer<strong>si</strong>ty Press, Baltmore, 1978.<br />

25


attraverso il cinema e la televi<strong>si</strong>one. E’ pos<strong>si</strong>bile per il cinema spiegare la storia attraverso<br />

le immagini in maniera soddisfacente, continuando a giungere al grande pubblico?<br />

I.C. Jarvie 0 centra la questione chiedendo<strong>si</strong> se un racconto che a<strong>va</strong>nza a 24 fotogrammi<br />

per secondo ci lasci il tempo e la pos<strong>si</strong>bilità di riflettere, di verificare e dibattere. Se anche<br />

fosse pos<strong>si</strong>bile raccontare “i fatti” in una maniera interes<strong>sa</strong>nte e plau<strong>si</strong>bile, come fare per<br />

includervi tutti gli elementi chiave del discorso storico? Il film può per sua natura<br />

contenere molte informazioni (un’immagine <strong>va</strong>l più di mille parole – <strong>si</strong> dice), ma quanto <strong>si</strong><br />

può as<strong>si</strong>milare la storia mediante i fotogrammi e quanto pos<strong>si</strong>amo con<strong>si</strong>derare questo tipo<br />

di conoscenza <strong>va</strong>lido per la storia?<br />

Le produzioni dei film storici hollywoodiani sembrano privilegiare le scenografie, il<br />

decorato, i costumi ed il lavoro degli attori confi<strong>da</strong>ndo nella preci<strong>si</strong>one di questi elementi<br />

come garanzia di fedeltà ai fatti, in realtà, come tutti i film di genere pos<strong>si</strong>ede le proprie<br />

caratteristiche narrative: moti<strong>va</strong>zioni sentimentali, azione, sfide personali, climax, e<strong>si</strong>to<br />

finale.<br />

Anche con poca informazione “tradizionale” (descrizioni) il grande schermo riproduce con<br />

facilità aspetti della vita: i film ci permettono di contemplare pae<strong>sa</strong>ggi, sentire rumori,<br />

pro<strong>va</strong>re emozioni tramite i personaggi o as<strong>si</strong>stere a conflitti individuali e collettivi.<br />

La capacità di ricostruzione del cinema ha grande pre<strong>sa</strong> sul pubblico, <strong>da</strong>ndo a chiunque la<br />

pos<strong>si</strong>bilità di “vedere” e “sentire” qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> <strong>si</strong>tuazione o personaggio storico, ma nello<br />

stesso istante in cui il cinema privilegia un’informazione visuale ed emozionale sta<br />

sottilmente cambiando il nostro concetto di pas<strong>sa</strong>to.<br />

2.1.2 Cinema e costruzione del pas<strong>sa</strong>to<br />

Il mondo che i film convenzionali ricostruiscono ci è talmente familiare <strong>da</strong> farci dimenticare<br />

la co<strong>si</strong>ddetta “mes<strong>sa</strong> in scena”, come cioè <strong>si</strong> è originato il processo produttivo che dà vita<br />

al film.<br />

In fondo è proprio così che funziona il cinema, pretendendo che gli spettatori cre<strong>da</strong>no che<br />

quella proiettata sullo schermo <strong>si</strong>a la realtà. Il film è una creazione visuale, immagini<br />

selezionate e prese <strong>da</strong> una realtà normalmente già ricostruita, e pure quando ne <strong>si</strong>amo<br />

con<strong>sa</strong>pevoli è facile dimenticarlo, travolti in quanto spettatori <strong>da</strong> “l’effetto cinema 0 ”. Questa<br />

0 Jarvie I.C. “Seeing through movies”, Philosophy of the social sceinces, 8 (1978) p. 378.<br />

0 Sorlin Pierre, Sociologia del cinema, Garzanti, Milano, 1979, pp. 306 – 307, ripreso anche in Ortole<strong>va</strong> Peppino, Scene<br />

<strong>da</strong>l pas<strong>sa</strong>to, Loescher, Torino 1991, p. 56 e ss.<br />

26


sequenza di immagini che è il film, è retta <strong>da</strong> codici di rappresentazione piuttosto stabili,<br />

norme che <strong>si</strong> sono sviluppate produzione dopo produzione al fine di creare quello che<br />

normalmente viene chiamato “realismo cinematografico”: un realismo fatto di piani montati<br />

in forma continua attraverso sequenze rafforzate <strong>da</strong> una colonna sonora in grado di <strong>da</strong>re<br />

allo spettatore la fal<strong>sa</strong> sen<strong>sa</strong>zione che nulla <strong>si</strong>a stato manipolato 0 . La finzione<br />

fon<strong>da</strong>mentale dei film storici tradizionali è la prete<strong>sa</strong> di questi a mostrare direttamente un<br />

mondo “reale”, <strong>si</strong>a esso presente, pas<strong>sa</strong>to o pure futuro, attraverso delle immagini. Se il<br />

grande schermo è dunque una “finestra aperta” al mondo reale come l’estetica di<br />

Hollywood ci vuol far credere, il genere cinematografico del film storico presenta una serie<br />

di problemi nel modo di ricostruire la storia a cau<strong>sa</strong> delle strutture narrative a cui <strong>si</strong> affi<strong>da</strong>:<br />

1.Il film storico hollywoodiano ci spiega la storia come un racconto con un principio,<br />

uno sviluppo e un e<strong>si</strong>to finale. Questa maniera di raccontare porta con sé un mes<strong>sa</strong>ggio<br />

morale, generalmente ottimista, impregnato di una concezione della storia che <strong>si</strong> articola<br />

in termini di progresso, la conclu<strong>si</strong>one <strong>sa</strong>rà più o meno la mede<strong>si</strong>ma: l’umanità migliora<br />

e/o ha migliorato. Anche i film sugli orrori dell’Olocausto o sulla sconfitta di chi <strong>si</strong> batte per<br />

la libertà e la giustizia, che sembrerebbero rifiutare questa idea della storia, sono<br />

strutturati in maniera <strong>da</strong> trasmetterci la sen<strong>sa</strong>zione di quanta fortuna abbiamo a <strong>non</strong><br />

vivere in quelle epoche “buie”, che tutto sommato c’è ancora qualcuno che tiene alta la<br />

bandiera degli ideali e, in definiti<strong>va</strong>, che oggi viviamo molto meglio di un tempo.<br />

2.Il cinema ci spiega la storia mediante il racconto delle avventure degli individui,<br />

uomini e donne che sono importanti o che comunque lo <strong>sa</strong>ranno <strong>da</strong>l momento che la<br />

macchina <strong>da</strong> pre<strong>sa</strong> li ha scelti affinché nel film abbiano questa dimen<strong>si</strong>one. Gente<br />

normale che ha realizzato atti eroici o ammirabili, che hanno sofferto oppres<strong>si</strong>one e<br />

sfruttamento ad un livello estremo. Nel caso di LION OF THE DESERT, il film pone<br />

l’individuo al­Mukhtàr <strong>da</strong><strong>va</strong>nti al processo storico, facendo coincidere le sue questioni<br />

personali con i problemi generali: la morte dell’eroe Omar fa pas<strong>sa</strong>re in secondo piano la<br />

sorte delle migliaia di beduini deportati nel campo di concentramento di Soluch, <strong>dove</strong> il<br />

capo dei patrioti viene impiccato. In questo caso la personificazione è un meccanismo<br />

attraverso il quale <strong>si</strong> evita di trattare i problemi di maggior respiro, spesso senza<br />

soluzione, proposti <strong>da</strong>l film.<br />

0 Rosenstone R., op. cit., pag. 49.<br />

27


3.Il cinema ci mostra la storia come una narrazione di un pas<strong>sa</strong>to chiuso e<br />

semplice. Non presenta alternative a ciò che è proiettato, <strong>non</strong> ammette dubbi, tutto ciò<br />

che il film afferma ha lo stesso grado di credibilità che tende all’infallibilità. Quello che<br />

preoccupa è la semplicità con cui vengono trattati gli argomenti, <strong>non</strong> c’è spazio per le<br />

incertezze e pare che allo spettatore interes<strong>sa</strong>to a conoscere il racconto dei fatti piaccia<br />

proprio la linearità della spiegazione <strong>da</strong>ta <strong>da</strong>i film, <strong>dove</strong> gli aspetti problematici sono<br />

eliminati per cui tutto pare più chiaro, <strong>dove</strong> <strong>non</strong> ci sono alternative e lo sviluppo, le cause<br />

e le conseguenze di un avvenimento sono unificate nel racconto. Alla stes<strong>sa</strong> maniera in<br />

cui i personaggi secon<strong>da</strong>ri <strong>non</strong> hanno altra funzione nel film che farci amare<br />

maggiormente il protagonista anche i gli eventuali punti di vista alternativi sono edulcorati,<br />

hanno poco impatto e servono in definiti<strong>va</strong> a sottolineare la solidità e la certezza della<br />

vi<strong>si</strong>one di chi ha realizzato il film.<br />

4.Il cinema personalizza, drammatizza e conferisce emozioni alla storia. Attraverso<br />

gli attori ci viene offerta la vi<strong>si</strong>one del pas<strong>sa</strong>to in chiave di trionfo, angoscia, avventura,<br />

sofferenza, eroismo, felicità e disperazione. I film utilizzano le potenzialità proprie del<br />

cinema (primi piani, effetti del montaggio, contributi d’epoca, potenza della mu<strong>si</strong>ca e del<br />

suono più in generale) al fine di inten<strong>si</strong>ficare i sentimenti che i fatti narrati risvegliano nel<br />

pubblico. La storia scritta invece preferisce descriverci emozioni piuttosto che invitarci a<br />

viverle, e uno storico deve essere un grande scrittore per farcene vivere mentre un regista<br />

può riuscirci con maggiore facilità. Quello che dobbiamo chiederci è se quindi l’emozione<br />

pos<strong>sa</strong>, in qualche misura, convertir<strong>si</strong> in una categoria storica o in una parte della<br />

conoscenza del pas<strong>sa</strong>to, quali <strong>si</strong>ano i <strong>va</strong>ntaggi che ne derivino e se in definiti<strong>va</strong> il cinema<br />

aiuti la nostra compren<strong>si</strong>one degli avvenimenti avvicinando la nostra esperienza<br />

emozionale a quella dei personaggi storici protagonisti di determinati fatti e <strong>si</strong>tuazioni.<br />

5.Il cinema ci offre l’apparenza del pas<strong>sa</strong>to: edifici, pae<strong>sa</strong>ggi e oggetti. Questo<br />

influenza la nostra idea della storia perché nei film viene rappresentata l’immagine di un<br />

oggetto in uso, altra co<strong>sa</strong> <strong>sa</strong>rebbe vedere un vestito in un museo, nei film lo stesso<br />

indumento e<strong>sa</strong>lta, adorna e dona <strong>si</strong>gnificato a corpi in movimento. Non più fotografie di un<br />

libro, gli oggetti sono uten<strong>si</strong>li, strumenti che la gente u<strong>sa</strong>, <strong>da</strong>i quali dipendono e che<br />

aiutano a definire le personalità, le vite, i destini. Questo è il “mito del realismo 0 ” o storicità<br />

dello spettacolo che <strong>da</strong> sempre governa i film di argomento storico provenienti <strong>da</strong><br />

0 Rosenstone R. A, op. cit., pag. 52.<br />

28


Hollywood, cristallizzando gli stereotipi del pubblico rispetto ad un luogo o ad un’epoca in<br />

una <strong>si</strong>mulazione del pas<strong>sa</strong>to, confermando la fal<strong>sa</strong> idea che il pas<strong>sa</strong>to altro <strong>non</strong> <strong>si</strong>a che il<br />

ritratto di un periodo, <strong>dove</strong> gli oggetti sono storia di per se stes<strong>si</strong> e <strong>non</strong> in funzione di ciò<br />

che <strong>si</strong>gnificarono per la gente in un momento e in un luogo determinati.<br />

6.Punto di indiscutibile forza del cinema rispetto alla storia scritta è quella di unire<br />

elementi che, per motivi di anali<strong>si</strong> o struttura, la storia scritta separa. Insomma i film<br />

presentano la storia come un processo in cui economia, politica, razze, clas<strong>si</strong> e questioni<br />

sessuali appaiano <strong>si</strong>multaneamente nelle vite e negli avvenimenti degli individui, dei<br />

gruppi e delle nazioni. In questa maniera il cinema sembra in grado di <strong>da</strong>rci una vi<strong>si</strong>one<br />

integrale che <strong>si</strong> avvicina maggiormente alla realtà di una determinata epoca, lad<strong>dove</strong>, per<br />

e<strong>si</strong>genze di anali<strong>si</strong> e spiegazione la storia scritta preferisce frammentare il pas<strong>sa</strong>to in<br />

capitoli, temi e categorie.<br />

La storia fatta attraverso le immagini è un processo di relazioni sociali e politiche in cui<br />

tutte le componenti del pas<strong>sa</strong>to, <strong>non</strong> ultimo il linguaggio, possono essere in relazione tra<br />

loro 0 .<br />

La nostra idea di pas<strong>sa</strong>to <strong>sa</strong>rà quindi limitata alle potenzialità del mezzo di comunicazione<br />

attraverso il quale la trattiamo, il grado di conoscenza storica che ci proviene <strong>da</strong> un film<br />

hollywoodiano <strong>si</strong> fermerà alle convenzioni che abbiamo appena descritto: storia delimitata,<br />

idea di progresso predefinita, enfa<strong>si</strong> sugli individui, interpretazione unica, potenziamento<br />

dell’esperienza emozionale e “riproduzione” del pas<strong>sa</strong>to.<br />

Tutto ciò è dovuto alla neces<strong>si</strong>tà della macchina <strong>da</strong> pre<strong>sa</strong> di filmare qualco<strong>sa</strong> di concreto<br />

e funzionale ai fini del discorso, di creare una sequenza coerente e continua, il che implica<br />

sempre un grado di invenzione <strong>da</strong> parte del regista al fine di mantenere inten<strong>si</strong>tà nella<br />

narrazione, evitare di mostrare che di un tale personaggio storico e<strong>si</strong>stano aspetti <strong>non</strong><br />

documentati (la storia <strong>non</strong> è lineare come viene mostrata nei film) e semplificare la<br />

comples<strong>si</strong>tà di un evento pas<strong>sa</strong>to all’interno di una struttura drammatica delimitata <strong>da</strong>l<br />

tempo filmico.<br />

0 Walkowitz Daniel J., Visual History: The craft of the Historian Filmmaker, Public Historian (numero invernale)<br />

1985, p.57.<br />

29


2.1.3 Il film <strong>non</strong> ricostruisce una verità, ne crea una completamente nuo<strong>va</strong><br />

Il linguaggio cinematografico <strong>si</strong> av<strong>va</strong>le di meccanismi narrativi come la <strong>si</strong>nte<strong>si</strong>,<br />

l’alterazione dei fatti, la metafora che rendono impos<strong>si</strong>bile filmare la verità “letterale”, cioè<br />

la copia e<strong>sa</strong>tta di quel che accadde nel pas<strong>sa</strong>to, è chiaro che la ricostruzione debba<br />

ba<strong>sa</strong>r<strong>si</strong> su ciò che è successo ma, per sua natura il cinema riassume, generalizza e<br />

<strong>si</strong>mbolizza attraverso le immagini e il meglio che ci <strong>si</strong> pos<strong>sa</strong> aspettare è che quanto è<br />

storicamente noto venga <strong>si</strong>ntetizzato mediante invenzioni e immagini appropriate.<br />

Il film <strong>non</strong> <strong>sa</strong>rà perciò la finestra aperta verso il pas<strong>sa</strong>to: ciò che <strong>si</strong> vede sullo schermo è<br />

un suggerimento di quello che accadde, <strong>non</strong> più la descrizione. Perché un film pos<strong>sa</strong><br />

essere veramente con<strong>si</strong>derato “storico” dovrà inserir<strong>si</strong> nel dibattito e<strong>si</strong>stente attorno al<br />

tema trattato, deve occupar<strong>si</strong> delle idee e dei ragionamenti degli storici, <strong>non</strong> può limitare il<br />

pas<strong>sa</strong>to ad una scenografia più o meno esotica e lontana per raccontare avventure ed<br />

amori.<br />

Come qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> altro lavoro riguar<strong>da</strong>nte il pas<strong>sa</strong>to, anche il film deve rientrare in quel<br />

corpus delle conoscenze relative ad un argomento e al dibattito sull’importanza ed il<br />

<strong>si</strong>gnificato del pas<strong>sa</strong>to. Data questa premes<strong>sa</strong>, magari lunga, ma assolutamente<br />

neces<strong>sa</strong>ria per determinare i termini del discorso, pos<strong>si</strong>amo finalmente pro<strong>va</strong>re a<br />

rispondere alla doman<strong>da</strong> che ha animato la nostra ricerca fin <strong>da</strong> principio: LION OF THE<br />

DESERT è un’opera storica?<br />

Alla luce di questa introduzione un film come “Il Leone del Deserto” senza dubbio<br />

semplifica, generalizza, cade negli stereotipi che un determinato linguaggio<br />

cinematografico (il kolos<strong>sa</strong>l hollywoodiano) sembra imporgli, ma in definiti<strong>va</strong> <strong>non</strong> mostra<br />

nulla che contraddica la verità sulle vicende della “pacificazione” della Cirenaica <strong>da</strong> parte<br />

italiana fra 1929 e 1931, periodo in cui il film è ambientato.<br />

Ancora una volta <strong>sa</strong>rà meglio addentrarci però in alcuni ca<strong>si</strong> <strong>si</strong>gnificativi che il film ci<br />

presenta per comprendere in che senso esso pos<strong>sa</strong> essere con<strong>si</strong>derato un lavoro di<br />

storia.<br />

2.2 LION OF THE DESERT come lavoro storiografico<br />

Il titolo del film richiama direttamente l’eroismo dell’uomo che <strong>si</strong> meritò tale appellativo,<br />

cita una straordinaria biografia senza rinunciare però a un tocco di esotismo che tenta di<br />

30


introdurre gli spettatori al racconto che fa il film. Anzi, sdoganando la vicen<strong>da</strong> della<br />

re<strong>si</strong>stenza cirenaica e di Omar al­Mukhtàr <strong>da</strong> polvero<strong>si</strong> archivi coloniali e portandola sul<br />

grande schermo, forte del proprio credo religioso che lo accomuna al protagonista del suo<br />

film, Moustapha Akkad pare divenire il portavoce ufficiale dei patrioti libici. E la vicen<strong>da</strong><br />

umana di Omar, tanto eroica <strong>da</strong> <strong>non</strong> poter essere ignorata <strong>da</strong>l cinema, così come<br />

raccontata <strong>da</strong>l film di Akkad, sembra diventare perciò la verità storica. Lasciando <strong>da</strong> parte<br />

le problematiche relative alla scelta di raccontare la storia attraverso un film di tipo<br />

hollywoodiano e alle questioni metodologiche che questa scelta comporta al momento in<br />

cui gli storici analizzano la pellicola 0 , pos<strong>si</strong>amo dire che Akkad, rispettando<br />

sostanzialmente gli eventi, <strong>non</strong> compiacendo<strong>si</strong> della sola spettacolarità delle scenografie,<br />

dei costumi, delle sequenze di battaglia, affi<strong>da</strong>ndo<strong>si</strong> quando pos<strong>si</strong>bile a dialoghi originali e<br />

utilizzando frammenti di filmati d’epoca in chiave documentaria, realizza un lavoro storico.<br />

Il primo punto su cui è importante in<strong>si</strong>stere è che <strong>si</strong> tratta di un film realizzato <strong>da</strong> un<br />

<strong>si</strong>riano, quindi <strong>non</strong> americano, e anche se Akkad ha studiato in U<strong>sa</strong>, anche se il film è<br />

fatto con lo stile, i mezzi e le finalità tipiche dei film hollywoodiani e <strong>da</strong> questo influenzato,<br />

in realtà, nel grande calderone del cinema coloniale, qua<strong>si</strong> sempre raccontato <strong>da</strong> potenze<br />

imperialiste, questa esperienza produtti<strong>va</strong> segna una piccola differenza pro<strong>va</strong>ndo a<br />

narrare l’epopea della re<strong>si</strong>stenza cirenaica e del suo leader, eroico ma sconfitto, <strong>da</strong> un<br />

punto di vista “nuovo” rispetto a quello tradizionalmente filooccidentale. Non <strong>si</strong> può ancora<br />

affermare che <strong>si</strong>amo compiutamente di fronte al punto di vista arabo della questione (e ciò<br />

è dovuto ai limiti del narrare la storia attraverso un film in stile Hollywood) ma pos<strong>si</strong>amo<br />

dire che <strong>si</strong> tratta <strong>almeno</strong> di un passo in quella direzione: i problemi che il film incontrò in<br />

Italia, <strong>dove</strong> <strong>non</strong> è mai stato distribuito, depongono a suo favore se lo <strong>si</strong> vuole con<strong>si</strong>derare<br />

prima di tutto un documento di denuncia dell’ingiustizia e brutalità del colonialismo.<br />

Se finora i fermenti di liberazione nazionale di qualche paese vittima del colonialismo<br />

veni<strong>va</strong>no raccontati, pro domo sua, <strong>da</strong> qualche potenza concorrente 0 , è però neces<strong>sa</strong>rio<br />

ammettere che LION OF THE DESERT <strong>non</strong> è un film au<strong>da</strong>ce, ovvero <strong>non</strong> è una pellicola<br />

che sfrutta tutte le potenzialità del mezzo cinematografico per denunciare gli orrori della<br />

pacificazione della Cirenaica, 0 <strong>non</strong> può perciò essere compreso nei cinema di liberazione<br />

0 Di tali problematiche <strong>si</strong> è trattato già in 2.1 Discorso sulla veridicità del film.<br />

0 Ad esempio, nel 1941 Hans Steinhoff girò Ohm Kruger, film sulla guerra dei Boeri contro gli Ingle<strong>si</strong>, che venne<br />

commis<strong>si</strong>onato in corrispondenza con l’entrata in guerra della Gran Bretagna contro il III Reich.<br />

0 Storici autorevoli come Angelo Del Boca e Paolo Calchi No<strong>va</strong>ti, (D’Agostini Paolo Noi colonialisti diventati censori,<br />

La Repubblica, 20 settembre 1988) dichiararono in diverse occa<strong>si</strong>oni che il film risulta fin troppo tenero sul<br />

31


nazionale che fiorirono in buona parte del co<strong>si</strong>ddetto Terzo Mondo nel corso delle lotte per<br />

l’indipendenza 0 (tentando una appros<strong>si</strong>mati<strong>va</strong> periodizzazione <strong>si</strong> <strong>va</strong> <strong>da</strong>lla vittoria<br />

vietnamita sui france<strong>si</strong> nel 1954, pas<strong>sa</strong>ndo per la rivoluzione cubana del 1959 per<br />

giungere all’indipendenza dell’Algeria nel 1962). In un certo senso, nella ricchezza della<br />

produzione, nella ricostruzione meticolo<strong>sa</strong> dei costumi, nelle ambientazioni autentiche, nel<br />

<strong>non</strong> ba<strong>da</strong>re a spese e realizzare un kolos<strong>sa</strong>l, questo film sembra avere per la Libia la<br />

mede<strong>si</strong>ma funzione celebrati<strong>va</strong> e propagandistica che i film coloniali di finzione ebbero per<br />

esempio, nell’Italia negli anni ’30 0 .<br />

2.2.1 Buio in <strong>sa</strong>la<br />

Akkad contrappone nel film una realtà in bianco e nero, che è la documentazione d’epoca,<br />

per la quale <strong>si</strong> av<strong>va</strong>le di filmati di cinegiornale, ad una narrazione a colori: il racconto che<br />

egli fa della repres<strong>si</strong>one italiana in Cirenaica. L’uso del bianco e nero serve ad incastrare<br />

gli eventi nel loro tempo e portare anche gli spettatori al 1929, per introdurre il racconto a<br />

colori e dotarlo di una maggiore attendibilità.<br />

Il film comincia con scene che descrivono la tranquillità della Cirenaica: il sole che sorge<br />

sul Gebel sta ad indicare un tempo ben superiore alle e<strong>si</strong>stenze umane (<strong>da</strong> sempre è<br />

così), il sole che sorge e mostra la <strong>sa</strong>goma di un minareto a ricor<strong>da</strong>re che Dio era qui ben<br />

prima dell’uomo e che per questo, l’uomo lo ricor<strong>da</strong> con la giusta devozione. Poi le<br />

immagini di una fila di cammelli in marcia nel deserto ed in contrasto il Gebel verde di<br />

vegetazione, una vera oa<strong>si</strong> <strong>dove</strong> gli uomini possono vivere, un prato con fiori ed immagini<br />

di pastorizia e di gente impegnata nell’agricoltura sulla Montagna Verde, immagini in cui<br />

gli stes<strong>si</strong> colori e la magnificenza del formato Panavi<strong>si</strong>on sottolineano una grande armonia<br />

tra uomo e natura, quest’ultima a fare <strong>da</strong> cornice ad una civiltà che <strong>da</strong> secoli la u<strong>sa</strong> ma la<br />

rispetta senza cercarne il dominio, che vede in es<strong>sa</strong> l’operato di un Dio creatore e che nel<br />

rispetto di questo creato fon<strong>da</strong> il suo patto d’amicizia con Dio. A distruggere questo<br />

incanto sopraggiungono una serie di esplo<strong>si</strong>oni, qualcuna ancora a colori e poi in bianco<br />

comportamento di Graziani in Libia.<br />

0 Cineasti e teorici del cinema del Terzo Mondo, in quegli anni, denuncia<strong>va</strong>no il dominio di Hollywood <strong>non</strong> solo nel<br />

circuito produttivo e distributivo, ma pure le rappresentazioni caricaturali che veni<strong>va</strong>no <strong>da</strong>te della storia e cultura dei<br />

pae<strong>si</strong> appena liberati<strong>si</strong> <strong>da</strong>l dominio coloniale. Maggiori approfondimenti su Stam R., Teorìas del cine, Paidòs<br />

Comunicaciòn 126, Buenos Aires, p. 115 – 124.<br />

0 I film italiani coloniali di finzione degli anni ’30 <strong>si</strong> contano sulle dita di una mano, ricordiamo “Luciano Serra, pilota”,<br />

“Lo squadrone bianco”, “Abuna Mes<strong>si</strong>as” e pochi altri. In “Luciano Serra, pilota”, Amedeo Nazzari, ca<strong>va</strong>liere solitario<br />

dei cieli, impersona<strong>va</strong> la volontà imperiale e aviobombar<strong>da</strong>nte dell’Italia fascista.<br />

32


e nero, <strong>si</strong>mbolo della capacità distrutti<strong>va</strong> dell’uomo, esponente questa volta di un’altra<br />

civiltà, che ha <strong>da</strong> tempo distrutto l’equilibrio uomo­natura che ancora regge la Cirenaica,<br />

un nuovo essere umano che fon<strong>da</strong> il proprio <strong>va</strong>lore sulla tecnologia e che la u<strong>sa</strong> per<br />

sostituir<strong>si</strong> a Dio.<br />

Ecco in poche immagini già delineato lo scenario storico di scontro di civiltà, che la<br />

narrazione farà culminare poi nello scontro pri<strong>va</strong>to tra uomini pubblici (Graziani e Omar al­<br />

Mukhtàr), che sottende a tutto il film: una vi<strong>si</strong>one as<strong>sa</strong>i semplificatrice della storia che però<br />

sul piano della narrazione storica al cinema ha avuto grande successo e soprattutto in<br />

questo caso dimostra una grande aderenza alla realtà degli avvenimenti.<br />

Come già detto il film ben presto perde i colori ed il formato <strong>da</strong> 70 millimetri e per<br />

introdurre i fatti che andrà a narrare, il regista Akkad <strong>si</strong> affi<strong>da</strong> allo stile di quello che a quel<br />

tempo ave<strong>va</strong> il cinema con cui giunge<strong>va</strong>no le informazioni: i cinegiornali 0 . Sullo schermo<br />

diviso in quattro parti scorrono contemporaneamente immagini di sbarchi di truppe, di<br />

morti in guerra e di sol<strong>da</strong>ti che marciano, <strong>si</strong> sentono can<strong>non</strong>eggiamenti e spari, e ancora<br />

immagini di carri armati, di sol<strong>da</strong>ti a ca<strong>va</strong>llo e città distrutte, popolazioni deportate e altre<br />

in fuga mentre al centro campeggia una immagine del globo terrestre attorno a cui queste<br />

immagini ruotano.<br />

Nel tentativo di <strong>si</strong>ntetizzare come <strong>si</strong> giunse al fatidico, <strong>almeno</strong> per la Libia, anno 1911, le<br />

immagini dei cinegiornali <strong>si</strong> sovrappongono creando una certa confu<strong>si</strong>one di informazioni<br />

che in realtà <strong>non</strong> permette di capire molto se <strong>non</strong> che il periodo di cui <strong>si</strong> parla fu ricco di<br />

sconvolgimenti mondiali.<br />

In aiuto giunge l’enciclopedica voce fuori campo che spiega la tardi<strong>va</strong> partecipazione<br />

dell’Italia all’avventura coloniale sull’esempio di altre potenze europee, la rapi<strong>da</strong><br />

occupazione della costa (nella carta geografica del Mediterraneo centrale due frecce<br />

partono <strong>da</strong> Roma ed esplodono giungendo a Tripoli e Benga<strong>si</strong>) e la difficile penetrazione<br />

nell’interno <strong>dove</strong> la fiera re<strong>si</strong>stenza dei beduini porta la guerra ad un punto morto, <strong>almeno</strong><br />

fino al 1922, anno di grandi cambiamenti in Italia. Le immagini adesso sono quelle dei<br />

can<strong>non</strong>eggiamenti della marina italiana verso la costa della Libia nel 1911.<br />

Dopo la marcia su Roma il fascismo <strong>va</strong> al potere ed ecco Mussolini annunciare, di fronte<br />

ad una adunata oceanica che lo <strong>sa</strong>luta romanamente inneggiando al suo ruolo di gui<strong>da</strong><br />

0 Il regista Moustapha Akkad afferma che tra le <strong>va</strong>rie fonti sulle quali <strong>si</strong> documentò per girare il film la migliore furono<br />

senza dubbio i cinegiornali del ventennio mussoliniano. Purtroppo <strong>non</strong> ne indica nemmeno una in maniera specifica!<br />

Lettera all’autore, 4 marzo 2003.<br />

33


carismatica, il cambio di trattamento che la nuo<strong>va</strong> politica porterà anche al “problema<br />

libico”. Un cielo carico di nubi lascia partire fulmini e i boati dei tuoni fanno eco alle<br />

esplo<strong>si</strong>oni di prima. Il Duce promette battaglia e truppe schierate sfilano ai fori imperiali tra<br />

gli applau<strong>si</strong> della folla: mentre il destino torna sui colli fatali di Roma in Libia sono in molti<br />

a pendere <strong>da</strong>lla forca.<br />

2.2.2 Sharif el Gariani<br />

Alla nuo<strong>va</strong> Libia, uscita <strong>da</strong>lla rivoluzione gui<strong>da</strong>ta <strong>da</strong> Ghed<strong>da</strong>fi, servi<strong>va</strong>no antenati illustri, di<br />

ele<strong>va</strong>ta e riconosciuta statura morale, come Al­Mukhtàr, per legittimar<strong>si</strong> creando una<br />

continuità tra la lotta di liberazione dei Beduini cirenaici e la rivoluzione contro re Idris, la<br />

famiglia Senus<strong>si</strong>, rappresentanti degli anglo­americani, visti <strong>da</strong> Ghed<strong>da</strong>fi come i nuovi<br />

in<strong>va</strong>sori. Non è un caso che nel film l’autorità di Omar al­Mukhtàr <strong>non</strong> <strong>si</strong>a mai mes<strong>sa</strong> in<br />

discus<strong>si</strong>one e gli provenga direttamente <strong>da</strong>ll’amore e <strong>da</strong>lla fiducia che il popolo dei<br />

Beduini nutre per lui, mentre nella realtà egli ebbe una carica ben preci<strong>sa</strong>, 0 <strong>da</strong>tagli <strong>da</strong>l<br />

Gran Senusso Idris al – Senus<strong>si</strong> (a capo del movimento, ritirato<strong>si</strong> in Egitto durante la<br />

pacificazione della colonia e, alla fine della secon<strong>da</strong> guerra mondiale, nominato re e<br />

sostenuto <strong>da</strong>lla Senus<strong>si</strong>a, rovesciato infine <strong>da</strong>llo stesso Ghed<strong>da</strong>fi il 1 settembre 1969), al<br />

quale Omar obbedì fino alla morte. Non è un caso, quindi, che nel film i rappresentanti<br />

della Senus<strong>si</strong>a (Sharif el­Gariani) <strong>si</strong>ano praticamente presentati come dei traditori: sono<br />

presenti ed offrono il proprio aiuto agli Italiani alla festa a Benga<strong>si</strong> in occa<strong>si</strong>one dell’arrivo<br />

di Graziani, tentano di convincere Omar a scendere a patti con gli Italiani, ad abbon<strong>da</strong>re<br />

la lotta e la Cirenaica, a rifugiar<strong>si</strong> in Egitto. Questa scena, scrive Rochat, “è peggio che<br />

fal<strong>sa</strong>. Fu la Senus<strong>si</strong>a a organizzare e dirigere la straordinaria re<strong>si</strong>stenza delle popolazioni<br />

del Gebel cirenaico” 0 .<br />

Sharif el Gariani può, a ragione, essere con<strong>si</strong>derato un collaborazionista degli Italiani: <strong>non</strong><br />

a caso, in occa<strong>si</strong>one della conquista di Giarabub, era al seguito delle truppe italiane e<br />

venne nominato <strong>da</strong>lle autorità coloniali custode dei luoghi <strong>sa</strong>cri 0 . Di lui abbiamo notizia già<br />

fin <strong>da</strong>l 1927, quando Teruzzi governa la regione: grazie infatti al tradimento dello sceicco<br />

senus<strong>si</strong>ta fu pos<strong>si</strong>bile organizzare in giugno un’assemblea nella Braga el­Be<strong>da</strong><br />

coinvolgendo un certo numero di sceicchi tribali, tredici dei quali, appartenenti alla tribù<br />

0 Al Naib al­‘Amm e cioè, il rappresentante generale della Senus<strong>si</strong>a in Cirenaica.<br />

0 Rochat Giorgio, Il film e il leone, il Manifesto, 5 ottobre 1988.<br />

0 Del Boca A. Italiani in Libia, Dal fascismo a Ghed<strong>da</strong>fi, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1994, p. 104.<br />

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dei Mogarba Shammak, fecero atto di sottomis<strong>si</strong>one. Il risultato immediato per gli Italiani<br />

fu di occupare senza re<strong>si</strong>stenza el­Gtafia in settembre e el­Aghelia qualche giorno più<br />

tardi 0 . Ma l’episodio a cui <strong>si</strong> riferisce la sequenza del film è <strong>si</strong>curamente l’incontro,<br />

avvenuto nel maggio 1929, tra Omar al­Mukhtàr e un gruppo di notabili fedeli al governo<br />

italiano, tra i quali era presente Sharif el Gariani. Questi contatti an<strong>da</strong>rono a vuoto: la<br />

delegazione giunta <strong>da</strong> Benga<strong>si</strong> sul Gebel <strong>si</strong> rivelò troppo filo­italiana 0 e i suoi membri<br />

vennero apertamente minacciati <strong>da</strong>i ribelli per il loro comportamento anti­nazionale. Ad<br />

ogni modo <strong>si</strong> giunse ad un accordo di mas<strong>si</strong>ma mediante il quale <strong>sa</strong>rà pos<strong>si</strong>bile iniziare a<br />

trattare la pace con Siciliani prima e più tardi con Badoglio.<br />

Nel film, Sharif el Gariani, è però l’unico rappresentante della Senus<strong>si</strong>a ad apparire e lo fa<br />

in veste di traditore della patria: in questa maniera, coloro che <strong>non</strong> avranno avuto altra<br />

pos<strong>si</strong>bilità che vedere il film per conoscere questi eventi estenderanno il concetto secondo<br />

cui tutti i Senus<strong>si</strong>ti <strong>non</strong> coinvolti nella lotta (come invece lo fu Omar) erano<br />

collaborazionisti 0 . Si tratta di un meccanismo narrativo che potrebbe esser chiamato<br />

“conden<strong>sa</strong>zione”: invece di ricreare il personaggio di Sharif el – Gariani ba<strong>sa</strong>ndo<strong>si</strong> sulle<br />

notizie che ci provengono <strong>da</strong>i documenti, il regista preferisce centrare l’attenzione su un<br />

personaggio che diventi stereotipo e perciò rappresenti un punto di vista, un’attitudine<br />

rispetto, in questo caso, alla re<strong>si</strong>stenza. Oltre all’errore commesso in sede di ricostruzione<br />

storiografica (e della cui intenzionalità parleremo più a<strong>va</strong>nti) questo procedimento di<br />

narrazione cinematografica suscita interrogativi che <strong>va</strong>nno al di là della pura attendibilità<br />

storica e implica una interpretazione del pas<strong>sa</strong>to e del presente. In questo senso perciò,<br />

Ghed<strong>da</strong>fi, che ha spazzato via i Senus<strong>si</strong> con l’ “Operazione Geru<strong>sa</strong>lemme” nel 1969,<br />

risulta il vero patriota e il successore naturale di Al­Mukhtàr. La rivoluzione libica, per<br />

ragioni di politica interna, negò il ruolo fon<strong>da</strong>mentale della Senus<strong>si</strong>a durante la re<strong>si</strong>stenza<br />

e questo film sembra voler sottolineare che Omar al Mukhtàr fu beduino prima che<br />

membro della confraternita che lo abbandonò e che tradì tutta la Libia durante la<br />

re<strong>si</strong>stenza. Ed è perciò pieno diritto dei Beduini, inte<strong>si</strong> <strong>da</strong> Ghed<strong>da</strong>fi come vera identità<br />

nazionale libica, governare il paese. Es<strong>si</strong> lo conquistarono sul campo, attraverso la<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard E., Colonialismo e re<strong>si</strong>stenza religio<strong>sa</strong> nell’Africa settentrionale – I Senus<strong>si</strong> della Cirenaica, Ed. Del<br />

Prisma, Catania,1979, p. 186­187.<br />

0 Nel film Sharif el Gariani raggiunge Omar al­Mukhtàr con un’auto italiana.<br />

0 Nel film, nel corso del colloquio tra Omar al­Mukhtàr e Sharif el­Gariani, i riferimenti ai componenti della Senus<strong>si</strong>a<br />

sono fatti <strong>da</strong> Omar come se egli <strong>non</strong> ne facesse parte: all’offerta del <strong>sa</strong>l<strong>va</strong>condotto per l’Egitto risponde: “L’Egitto?<br />

Per nascondermi come tuo fratello…(Mohammed Idris) Tu sei il solo senusso rimasto qui, (rivolgendo<strong>si</strong> ai suoi<br />

uomini) Guar<strong>da</strong>telo!”. In una parola i Senus<strong>si</strong>ti sono con<strong>si</strong>derati vigliacchi o traditori.<br />

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e<strong>si</strong>stenza, mentre i Senus<strong>si</strong>ti (re Mohammed Idris primo tra tutti) prima voltarono le spalle<br />

al paese rifugiando<strong>si</strong> in Egitto durante l’occupazione italiana e dopo la secon<strong>da</strong> guerra<br />

mondiale divennero i “burattini” di U<strong>sa</strong> e Inghilterra, tradendo nuo<strong>va</strong>mente il paese,<br />

creando un regime corrotto e occupando il posto che appartene<strong>va</strong> legittimamente ai<br />

Beduini. Questa è in poche parole l’idea che emerge <strong>da</strong> questa sequenza del film,<br />

peccato <strong>si</strong> tratti di una fal<strong>si</strong>tà, sulla cui intenzionalità adesso nutriamo pochi dubbi. A<br />

venirci in aiuto è ancora Rochat: “Fu la Senus<strong>si</strong>a ad organizzare e dirigere la straordinaria<br />

re<strong>si</strong>stenza delle popolazioni del Gebel cirenaico – e Omar al­Mukhtàr era un uomo della<br />

Senus<strong>si</strong>a, il coman<strong>da</strong>nte delle sue formazioni armate e agì sempre come rappresentante<br />

del Senusso Idris”. 0<br />

In questa maniera il film <strong>non</strong> solo legittima la svolta ghed<strong>da</strong>ffiana ma avvia anche tutta<br />

una retorica sull’identità beduina della vera Libia, sulla conser<strong>va</strong>zione delle tradizioni del<br />

deserto, sull’illu<strong>si</strong>one petrolifera della nuo<strong>va</strong> Libia (che però le permette lus<strong>si</strong> che i vicini<br />

africani neppure <strong>si</strong> sognano, tra i quali, per esempio, finanziare un film che ne celebri il<br />

nuovo corso politico), sull’eterno confronto tra costa e deserto 0 .<br />

2.2.3 Documenti<br />

In ogni caso Akkad, al di là delle moti<strong>va</strong>zione per le quali il film gli venne commis<strong>si</strong>onato e<br />

i motivi politici suoi propri, 0 <strong>si</strong> av<strong>va</strong>le di grandi profes<strong>si</strong>onisti a ogni livello della produzione<br />

cinematografica e ciò gli permette grande meticolo<strong>si</strong>tà nella ricostruzione: <strong>si</strong>a dell’intreccio<br />

narrativo, in cui ritroviamo dialoghi realmente avvenuti e riprodotti con grande fedeltà, <strong>si</strong>a<br />

nei materiali, nei costumi, nelle scenografie, nei mezzi militari, nei combattimenti. Senza<br />

quindi rinunciare alla finzione puramente cinematografica il regista inserisce alcune<br />

sequenze dell’epoca, probabilmente tro<strong>va</strong>te tra i materiali dell’Istituto Luce, con la<br />

funzione di documentare la crudeltà colonialista 0 .<br />

Nei fatti però la parte di finzione del film ha il sopravvento su quella documentaria: ancora<br />

una volta la divulgazione dei fatti viene affi<strong>da</strong>ta alla spettacolarità delle sequenze di<br />

battaglia, mentre le sequenze d’epoca sono troppo e<strong>si</strong>gue e distanti tra loro per imbastire<br />

0 Rochat Giorgio, Il film e il leone, Il Manifesto, 5 ottobre 1988.<br />

0 Per un e<strong>sa</strong>uriente excursus sulla Libia contemporanea ve<strong>da</strong><strong>si</strong> A. Del Boca, Ghed<strong>da</strong>fi, una sfi<strong>da</strong> del deserto Ed.<br />

Laterza, Roma – Bari, 1998.<br />

0 La questione palestinese e la disten<strong>si</strong>one tra Egitto ed Israele.<br />

0 Akkad <strong>non</strong> rivela preci<strong>sa</strong>mente <strong>dove</strong> le succitate sequenze <strong>si</strong>ano state rinvenute, per le ricerche, afferma: “Ci <strong>si</strong>amo<br />

rivolti a tutte le fonti pos<strong>si</strong>bili, referenze storiografiche e testimoni ancora in vita, (…) ma la miglior fonte sono stati i<br />

cinegiornali girati nel periodo mussoliniano”. M. Akkad, Lettera all’Autore, 4 marzo 2003. Vedere Crescenti<br />

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la spina dor<strong>sa</strong>le di un discorso storiografico. In altri termini, Akkad avrebbe forse dovuto<br />

soffermar<strong>si</strong> meno sulle gambe dei mujiahidin schiacciate <strong>da</strong>i carri armati italiani o sulle<br />

pirotecniche esplo<strong>si</strong>oni (eventi <strong>si</strong>curamente accaduti in Libia in quegli anni) e fare luce<br />

sulla relazione che animò la re<strong>si</strong>stenza del popolo cirenaico, completamente deportato, e<br />

la Senus<strong>si</strong>a, in particolare nella figura del suo rappresentante Omar al­Mukhtàr, a capo<br />

della re<strong>si</strong>stenza.<br />

Il lavoro del regista sembra perciò <strong>non</strong> voler<strong>si</strong> addentrare troppo all’interno della<br />

problematica storiografica affi<strong>da</strong>ndo tutta la narrazione dei fatti alla mes<strong>sa</strong> in scena del<br />

film, e i venti secondi di filmato che testimoniano i campi di concentramento e la<br />

deportazione <strong>non</strong> bastano a stabilire continuità tra finzione e documento, tra l’orrore<br />

pro<strong>va</strong>to in qualità di spettatori di un film che ci crea un’emozione e l’orrore come individui<br />

nel <strong>sa</strong>pere che queste cose accaddero per <strong>da</strong>vvero. Il filmato d’epoca è una sorta di coro,<br />

per un attimo veniamo mes<strong>si</strong> al corrente di ciò che avvenne in Cirenaica nei primi anni ’30,<br />

ma poi torniamo subito nel mondo della finzione, perfettamente autonomo ed isolato, retto<br />

<strong>da</strong> proprie regole di spettacolarità e perciò capace di parlare di storia solo secondo i<br />

ca<strong>non</strong>i del genere cinematografico: eroico­romantico in questo caso.<br />

La giustappo<strong>si</strong>zione di immagini e del commento sonoro riesce insomma molto bene<br />

nell’intento di creare emozione e sgomentare lo spettatore (anche chi è già al corrente<br />

delle vicende rimane comunque impres<strong>si</strong>onato nel vedere le riprese aeree dei campi di<br />

concentramento che <strong>da</strong>ll’alto paiono campi colti<strong>va</strong>ti mentre <strong>si</strong> tratta di distese di miserabili<br />

tende di cui <strong>non</strong> <strong>si</strong> vede la fine), però, a parte alcuni secondi di sorpre<strong>sa</strong>, <strong>non</strong> crediamo <strong>si</strong><br />

pos<strong>sa</strong> affermare che queste immagini provochino discus<strong>si</strong>oni e rifles<strong>si</strong>oni, innestando un<br />

discorso storico sui fatti narrati. Il film fa discutere certamente per la vicen<strong>da</strong> che narra, e<br />

le peripezie che ne impedirono l’uscita nelle <strong>sa</strong>le in Italia contribuiscono ulteriormente a<br />

renderlo interes<strong>sa</strong>nte e meritevole di venir diffuso, ma ciò <strong>non</strong> <strong>si</strong>gnifica che debba venire<br />

accettato acriticamente in ogni sua parte.<br />

2.2.4 Parole e immagini<br />

Anche se il titolo <strong>si</strong> riferisce alla sola figura di Al­Mukhtàr in realtà i protagonisti sono due:<br />

oltre all’eroe libico c’è anche Rodolfo Graziani. Lo stesso Akkad afferma che “la storia<br />

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narrata nel film è il confronto tra due uomini e le loro culture intese come background<br />

filosofico che gui<strong>da</strong> le loro azioni” 0 .<br />

Il film <strong>non</strong> è perciò un dramma p<strong>si</strong>cologico su di una persona – sui suoi interrogativi in<br />

merito alla vita – ma è principalmente la vicen<strong>da</strong> dello scontro e incontro tra protagonista<br />

e antagonista, condizione che relega la narrazione degli avvenimenti sullo sfondo. E lo<br />

stesso manifesto 0 con cui viene presentato il film <strong>non</strong> potrebbe rappresentare meglio<br />

questa condizione: sotto il titolo ci sono i vi<strong>si</strong> di Reed ­ Graziani che scruta il proprio<br />

futuro, Quinn – Mukhtàr concentrato invece sulla tragedia del presente e sul fondo, in<br />

scala <strong>da</strong>vvero ridotta, una scena di battaglia. Diciamo che il ruolo di vero protagonista<br />

rimane di Quinn – Mukhtàr nel suo essere personaggio interes<strong>sa</strong>nte, che evolve nel<br />

corso del racconto: <strong>non</strong> solo la guerriglia riesce a restituire colpo su colpo ai militari<br />

italiani, ma più <strong>si</strong> avvicina la sconfitta più la sua figura <strong>si</strong> definisce come quella dell’eroe<br />

puro, anche per i suoi nemici che hanno occa<strong>si</strong>one di incontrarlo. Reed –Graziani è un<br />

personaggio monolitico come potrebbe venire definita “monolitica” la politica di riconquista<br />

fascista della Libia. All’Italia che <strong>non</strong> vuole scendere a compromes<strong>si</strong> con la Senus<strong>si</strong>a<br />

corrisponde un Graziani ancora di più monoliticamente in<strong>da</strong>ffarato a risolvere i propri<br />

problemi di carriera. Nel più puro stile hollywoodiano ci troviamo di fronte alle<br />

caratterizzazioni della giustizia (Mukhtàr) e della mal<strong>va</strong>gità (Graziani) contrapposte in<br />

questo film: storiograficamente una semplificazione inaccettabile ma funzionale al<br />

processo di immede<strong>si</strong>mazione che il film deve provocare negli spettatori: proprio la<br />

neces<strong>si</strong>tà di <strong>da</strong>re efficacia alla caratterizzazione di un personaggio a volte richiede che i<br />

toni vengano caricati di<strong>sa</strong>ttendendo la fedeltà alla storia. Nel cinema le neces<strong>si</strong>tà dei<br />

meccanismi narrativi solitamente hanno la meglio sulla meticolo<strong>si</strong>tà della ricostruzione<br />

storiografica. Con<strong>si</strong>derando il film come un prodotto commerciale è molto più importante<br />

creare delle emozioni per gli spettatori che offrire una perfetta ricostruzione filologica degli<br />

avvenimenti se poi questa <strong>non</strong> risulta apprezzata <strong>da</strong>l pubblico. A questo propo<strong>si</strong>to fu lo<br />

stesso Hitchcock a dirlo: “Più riuscito è il cattivo, più riuscito <strong>sa</strong>rà il film 0 ”. A un Graziani,<br />

quindi, oppresso <strong>da</strong>lla neces<strong>si</strong>tà di una vittoria definiti<strong>va</strong>, <strong>da</strong>l bisogno di fare carriera e<br />

riuscire lad<strong>dove</strong> altri prima di lui ave<strong>va</strong>no fallito, vero uomo nuovo del fascismo e<br />

0 Nel Making of del film, presente nei supporti home video. Falcon International Production. Distribuito <strong>da</strong> Anchor<br />

Bay Entertainment.<br />

0 Oggi pure la copertina dei supporti digitali home video.<br />

0 Truffaut Francois, Il cinema secondo Hitchcock, Net , Milano , 2002.<br />

38


costruttore della grandezza d’Italia fa <strong>da</strong> contro altare Omar al­Mukhtàr, strumento nelle<br />

mani del proprio destino che lo vuole combattente della fede, qua<strong>si</strong> stupito dell’impegno<br />

italiano per annientarlo 0 e, pur essendo fine politico, incapace di intendere le logiche<br />

secondo cui l’Italia accampa diritti sulla sua terra.<br />

L’incontro tra i due, una volta che Omar è stato catturato, consente a Graziani di sentir<strong>si</strong><br />

come un leggen<strong>da</strong>rio condottiero dell’antica Roma, a colloquio con il proprio acerrimo<br />

nemico vorrebbe dimostrargli che la vittoria, inevitabile, coincide con la superiorità morale<br />

dei vincitori oltre che con quella tecnica, che il naturale destino di civiltà e progresso per la<br />

Libia <strong>si</strong> può compire solo sotto la gui<strong>da</strong> dell’Italia fascista.<br />

Alla <strong>va</strong>nito<strong>sa</strong> manifestazione di potere <strong>da</strong> parte di Graziani 0 , il regista Akkad contrappone,<br />

attraverso risposte semplici e piene di buon senso, la grande <strong>sa</strong>ggezza di Omar al­<br />

Mukhtàr, forte della sua lotta per la libertà, dei <strong>va</strong>lori della sua religione, combattente per<br />

neces<strong>si</strong>tà. La vittoria morale di Omar su Graziani, durante il loro incontro, è schiacciante e<br />

più importante di tutte quelle ottenute in battaglia.<br />

Al­Mukhtàr ha combattuto per la sua patria per vent’anni e <strong>non</strong> può essere facilmente<br />

catalogato come un bandito:<br />

Graziani: “Ma <strong>non</strong> t’importa di essere la rovina della tua patria?”<br />

Mukhtàr “Siete voi la rovina della mia patria, co<strong>sa</strong> fareste se qualcuno occupasse il vostro<br />

paese?”, alla mis<strong>si</strong>one civilizzatrice dell’Italia (come quella delle altre nazioni europee in<br />

Nord Africa (Francia in Algeria e Tuni<strong>si</strong>a, Spagna in Marocco, Inghilterra in Egitto) e al<br />

ripristino della gloria di Roma di cui parla il generale italiano, G. “…abbiamo secoli di diritti<br />

su queste terre, noi <strong>si</strong>amo solo tornati, ecco tutto”, Omar ribatte che “Nessuna nazione ha<br />

diritto di occuparne un’altra”.<br />

<strong>Quando</strong> Graziani vuole legittimare le pretese italiane mostrandogli una moneta “…dei<br />

tempi di Ce<strong>sa</strong>re, coniata in Libia”, Mukhtàr gli dà una breve lezione di storia, ricor<strong>da</strong>ndo<br />

che “troverete anche monete turche, greche e fenicie in Libia”, dimostra rispetto per la<br />

storia e la cultura che coniò quella moneta “io rispetto questa vostra moneta e voi<br />

0 Nel film, dopo il primo combattimento in cui gli italiani lasciano sul terreno molti veicoli distrutti, Omar guar<strong>da</strong><br />

dispiaciuto “quelle macchine…” come le definisce, pen<strong>sa</strong>ndo a quanto potrebbero essere utili invece che essere u<strong>sa</strong>te<br />

per seminare morte contro il suo popolo.<br />

0 Nel film, Oliver Reed rende in maniera convincente la brama di carriera di Rodolfo Graziani, forte con i deboli e<br />

vicever<strong>sa</strong>: fiero ed arrogante a Benga<strong>si</strong> offre <strong>sa</strong>l<strong>va</strong> la vita a Omar schioccando le dita in cambio della sua<br />

collaborazione, a Roma, al cospetto di Mussolini che ne lo<strong>da</strong> i succes<strong>si</strong> afferma, con umiltà mal <strong>si</strong>mulata, di <strong>non</strong><br />

esserne degno.<br />

39


ispettate le nostre!”, ma ne chiede pure per la propria civiltà “ anche noi abbiamo una<br />

storia e una scienza: matematica, medicina … nei secoli bui della vostra civiltà <strong>si</strong>amo stati<br />

noi la gui<strong>da</strong> del mondo” e profetizza la fine degli arroganti, e<strong>sa</strong>minando le prove della<br />

grandezza di Roma: “questa moneta ha un pas<strong>sa</strong>to interes<strong>sa</strong>nte, ma <strong>non</strong> fateci troppo<br />

affi<strong>da</strong>mento oggi. I vostri soldi, come la vostra gloria <strong>non</strong> sono eterni”.<br />

Omar <strong>non</strong> ha combattuto accarezzando i sogni di gloria che nutre invece Graziani, il quale<br />

vorrebbe che avesse un tono epico <strong>almeno</strong> questo colloquio, come se <strong>da</strong> solo bastasse a<br />

nobilitare la crudeltà della guerra e le infamie delle deportazioni:<br />

G. “Sai… ho sempre pen<strong>sa</strong>to che tu e io, implacabili nemici, ci <strong>sa</strong>remmo seduti il giorno<br />

della tua cattura a discutere come Ce<strong>sa</strong>re…”, ma Mukhtàr, sorridendo, lo riporta alla<br />

realtà: “Generale… Omar al­Mukhtàr <strong>non</strong> può offrirvi le conquiste di Ce<strong>sa</strong>re…”.<br />

Infine diventa chiara la contrappo<strong>si</strong>zione dei <strong>va</strong>lori che gui<strong>da</strong>no le scelte dei due<br />

combattenti, Omar al­Mukhtàr, con una freddezza che impres<strong>si</strong>ona, decide di <strong>sa</strong>l<strong>va</strong>re il<br />

proprio onore e rifiuta ogni tipo di patto con l’Italia, Graziani che gli ha appena offerto uno<br />

spiraglio (collaborazione in cambio della vita) s’infuria e gli as<strong>si</strong>cura l’esecuzione per<br />

l’indomani:<br />

Graziani: “Perché <strong>non</strong> mi chiedi <strong>sa</strong>l<strong>va</strong> la vita? Potrei offrirtela…(schiocca le dita) così”.<br />

Mukhtàr <strong>sa</strong> che ogni tipo di collaborazione con l’Italia equi<strong>va</strong>rrebbe a un tradimento per il<br />

suo popolo che tanta fiducia ha riposto in lui e tanto ha sofferto partecipando alla guerra di<br />

re<strong>si</strong>stenza, ma soprattutto è qualco<strong>sa</strong> che egli <strong>non</strong> sopporterebbe e ha profon<strong>da</strong>mente<br />

disprezzato i Senus<strong>si</strong>ti 0 che hanno fatto atto di sottomis<strong>si</strong>one.<br />

Omar rifiuta l’offerta di Graziani: “E in cambio vuoi la mia collaborazione? No, no!”, e il<br />

generale italiano <strong>si</strong> adira, frustrato nel suo piccolo momento di gloria: “E’ tardi per<br />

contrattare, Mukhtàr…troppo tardi”. Al­Mukhtàr gli chiede che venga rispettato il proprio<br />

onore: “Io <strong>non</strong> vi ho chiesto <strong>sa</strong>l<strong>va</strong> la vita. Non dite al mondo che nel chiuso di questa<br />

stanza vi ho chiesto <strong>sa</strong>l<strong>va</strong> la vita”.<br />

Graziani, che nel film dà forma al mal<strong>va</strong>gio che mette a morte il protagonista è presentato<br />

un po’ in soprappeso, su<strong>da</strong>ticcio e ridon<strong>da</strong>nte nella sua costante retorica del più forte,<br />

<strong>non</strong>ostante questa rappresentazione (in cui al mal<strong>va</strong>gio corrispondono pure caratteristiche<br />

fi<strong>si</strong>che piuttosto disprezzabili) rimane colpito <strong>da</strong> tanta deci<strong>si</strong>one: “No, <strong>non</strong> lo farò. Non<br />

0 Sharif el­Gariani è l’unico Senus<strong>si</strong>ta (a parte lo stesso Mukhtàr) che appare nel film, ma è rappresentato come un<br />

collaborazionista.<br />

40


mentirò. Sei un coraggioso…ma conser<strong>va</strong>lo per domani il tuo coraggio”. Non è certo una<br />

novità 0 per Omar che semplicemente sentenzia: “La cor<strong>da</strong> della vostra giustizia ha<br />

sempre penzolato <strong>da</strong><strong>va</strong>nti ai miei occhi”.<br />

In verità <strong>non</strong> fu Graziani ad ordinare l’impiccagione. La sorte di Omar fu deci<strong>sa</strong> a Roma, il<br />

maresciallo Badoglio, conferito con il ministro delle Colonie De Bono, telegrafò<br />

immediatamente a Benga<strong>si</strong> ordinando una con<strong>da</strong>nna esemplare 0 .<br />

2.2.5 Eroi a sud<br />

Nel film la conquista di Kufra risulta essere un’idea di Graziani, che in un colloquio con il<br />

principe Amedeo di Savoia – Aosta, duca delle Puglie 0 , confi<strong>da</strong> il suo de<strong>si</strong>derio di pas<strong>sa</strong>re<br />

alla storia. Ma, lamenta il principe, alle storiche imprese di cui Graziani è protagonista, i<br />

giornali italiani dedicano troppo poco spazio e pronuncia una frase involontariamente<br />

profetica: “E se fos<strong>si</strong>mo ricor<strong>da</strong>ti in Libia e dimenticati a Roma?”, in effetti, oggi, nei libri<br />

italiani il nome di Graziani, personaggio scomodo 0 , è raramente citato. Nei testi libici è<br />

invece as<strong>si</strong>duamente indicato come un criminale di guerra!<br />

Fra Rodolfo Graziani ed il principe Amedeo e<strong>si</strong>ste<strong>va</strong> un rapporto di una certa qual<br />

confidenza, costituito<strong>si</strong> nel corso della campagna di riconquista del Fezzan 0 , in cui furono<br />

compagni d’armi. Gli elogi pieni di retorica che Graziani gli tributa sono <strong>si</strong>curamente <strong>da</strong><br />

legger<strong>si</strong> nel quadro più generale della continua ricerca di appoggi funzionali alla propria<br />

carriera, ma <strong>non</strong> è <strong>da</strong> escludere che i due fossero animati <strong>da</strong> reciproca <strong>si</strong>mpatia. In<br />

0 Nel corso del film e pure durante i titoli di co<strong>da</strong> risuonano le parole di Omar al­Mukhtàr sul pen<strong>si</strong>ero che anima<strong>va</strong> i<br />

patrioti alla guerra: “Vittoria o morte, noi <strong>non</strong> ci arrenderemo mai, la pros<strong>si</strong>ma generazione combatterà e poi la<br />

succes<strong>si</strong><strong>va</strong> e la succes<strong>si</strong><strong>va</strong> ancora.”<br />

0 Per un più ampia trattazione della cattura e processo di al­Mukhtàr ve<strong>da</strong><strong>si</strong> di questo stesso lavoro.<br />

0 Nel film, il principe Amedeo, interpretato <strong>da</strong> Sky Dumont, viene definito solamente come Duca d’Aosta.<br />

0 Il dibattito su Rodolfo Graziani riman<strong>da</strong> alla questione più ampia della rimozione della memoria colletti<strong>va</strong> in Italia,<br />

tema as<strong>sa</strong>i spinoso e tutt’oggi in piena discus<strong>si</strong>one storiografica. Sicuramente egli rimane un personaggio scomodo per<br />

quell’Italia che cerca di far dimenticare gli atti di grande crudeltà di cui <strong>si</strong> macchiò e che sono documentati nei suoi<br />

scritti. Per altra parte la sua statura di militare e di convinto fascista lo rendono ancor oggi un modello insuperato per<br />

coloro che <strong>si</strong> richiamano, con nostalgia, a quel periodo della nostra storia. Pos<strong>si</strong>amo ricor<strong>da</strong>re brevis<strong>si</strong>mamente che<br />

pure in Etiopia viene ricor<strong>da</strong>to come un <strong>sa</strong>nguinario per la crudeltà con cui condusse la guerra e la repres<strong>si</strong>one, fu poi<br />

coman<strong>da</strong>nte delle truppe italiane in Libia durante la secon<strong>da</strong> guerra mondiale, sconfitto in Africa tornò in Italia <strong>dove</strong><br />

divenne ministro della guerra e coman<strong>da</strong>nte dell’esercito della Repubblica Sociale. Proces<strong>sa</strong>to al termine della guerra fu<br />

con<strong>da</strong>nnato a 19 anni di reclu<strong>si</strong>one, ma usufruì di un’amnistia e divenne pre<strong>si</strong>dente onorario del Movimento Sociale<br />

Italiano. La bibliografia su di lui è este<strong>sa</strong>, <strong>si</strong> con<strong>si</strong>glia Pax Romana in Libia, dello stesso Graziani, che contiene Verso il<br />

Fezzan, Cirenaica pacificata, La riconquista del Fezzan, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1933; il libro di Paolo Orano, Rodolfo<br />

Graziani, generale scipionico, ed. Pinciana, Roma, 1936, opera assolutamente agiografica e <strong>almeno</strong>, per una vi<strong>si</strong>one<br />

più completa <strong>si</strong> con<strong>si</strong>gliano le opere di Angelo Del Boca, Giorgio Rochat ed Eric Salerno utilizzate nel presente lavoro.<br />

0 Sulle operazioni della riconquista del Fezzan in cui Amedeo di Savoia partecipò agli ordini di Graziani, ve<strong>da</strong><strong>si</strong> A. Del<br />

Boca, op. cit., pag. 143 – 145.<br />

41


occa<strong>si</strong>one della pre<strong>sa</strong> di Tagrift, nel febbraio 1928 viene così descritto: “ Ecco S.A.R. il<br />

Duca delle Puglie precedere i suoi gruppi, tra il grandinare della fucileria nemica, che lo<br />

ber<strong>sa</strong>glia nell’alta statura, bello di regale <strong>va</strong>lore e superbo nello sprezzo del pericolo. (…)<br />

Egli fu come una bandiera spiegata su di un altis<strong>si</strong>mo baluardo, che a tutti indicò la via<br />

dell’onore”. 0<br />

Amedeo di Savoia ­ Aosta giunse in Tripolitania nell’ottobre 1925 con il grado di tenente<br />

colonnello, assegnato <strong>da</strong>pprima a coman<strong>da</strong>re il pre<strong>si</strong>dio di Buerat el Hsun, venne poi<br />

incaricato di costituire i reparti meharisti. Rimase in Libia <strong>si</strong>no al termine delle operazioni<br />

di riconquista anche se <strong>non</strong> <strong>si</strong> hanno <strong>da</strong>ti certi sulla sua partecipazione alla conquista di<br />

Kufra. 0<br />

Nello stesso colloquio che i due hanno in LION OF THE DESERT, il principe <strong>non</strong> riesce in<br />

effetti a capire quale <strong>si</strong>a il motivo che spinge Graziani verso Kufra.<br />

“La Libia è una corona di pietra” dice nel film il principe, è un compito gravoso ma di<br />

scarso <strong>va</strong>lore, come può sperare Graziani di ottenere qualco<strong>sa</strong> conquistando il vento e la<br />

<strong>sa</strong>bbia del deserto? “La Libia è una carriera”, ribatte il generale che nella facile vittoria e<br />

nelle operazioni in grande stile che previste per la pre<strong>sa</strong> di Kufra vede gloria per Roma,<br />

esten<strong>si</strong>one dell’Impero, la ribellione costretta a ritirar<strong>si</strong> sulle montagne perché pri<strong>va</strong>ta della<br />

via di fuga a sud, una nuo<strong>va</strong> pagina della storia militare che dovrà ricor<strong>da</strong>re una<br />

spedizione di tali proporzioni nel deserto e soprattutto la gloria personale.<br />

Graziani era a Benga<strong>si</strong> <strong>da</strong>l 27 marzo 1930 e appena giunto ave<strong>va</strong> <strong>va</strong>rato una serie di<br />

“misure profilattiche” 0 per imprimere una svolta che ritene<strong>va</strong> deci<strong>si</strong><strong>va</strong> nel modo di trattare<br />

la ribellione, ma le operazioni militari sul Gebel Ach<strong>da</strong>r <strong>non</strong> ave<strong>va</strong>no <strong>da</strong>to i frutti sperati.<br />

Proseguendo nel riordino della colonia era pas<strong>sa</strong>to all’esproprio della zauie già nel<br />

maggio 1930 e più in là, <strong>si</strong> era giunti, in luglio e agosto alla deportazione dei Beduini.<br />

Nonostante questa grande attività la ribellione continua<strong>va</strong> a restare in piedi mentre, nel<br />

suo primo anno di vice governatorato, Graziani <strong>non</strong> pote<strong>va</strong> ancora dire di aver ottenuto un<br />

successo militare rile<strong>va</strong>nte, di quelli che lo ave<strong>va</strong>no fatto conoscere e che <strong>da</strong> lui <strong>si</strong><br />

attende<strong>va</strong>no in Italia. Kufra sembra<strong>va</strong> essere la soluzione immediata a tutta questa serie<br />

0 Graziani R., Pax Romana in Libia, pag. 106 – 107.<br />

0 Sull’attività del principe in Libia Del Boca con<strong>si</strong>glia: Edoardo Borra, Amedeo di Savoia, Mur<strong>si</strong>a, Milano, 1985;<br />

Sandro Sandri, Il principe <strong>sa</strong>hariano, Arti Grafiche Bertarelli, Roma, 1935; Amedeo Tosti, Vita eroica di Amedeo di<br />

Savoia, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1952.<br />

0 Riduzione del corpo di truppa <strong>da</strong> 23 mila a 13 mila uomini, inizio di lavori stra<strong>da</strong>li sul Gebel, di<strong>sa</strong>rmo della<br />

popolazione, creazione del famigerato “tribunale volante”. A. Del Boca, op. cit. p. 166.<br />

42


di questioni, come lo era stato Giarabub a suo tempo, es<strong>sa</strong> rappresenta<strong>va</strong> la pos<strong>si</strong>bilità<br />

per le autorità militari italiane (Graziani in testa) di poter inviare a Roma dei rapporti in cui<br />

<strong>si</strong> parla<strong>va</strong> di una grande ed importante vittoria, con i quali ben figurare di fronte a<br />

Mussolini, accrescere i propri meriti, insomma poter affermare che la colonia era ad un<br />

passo <strong>da</strong>lla pacificazione anche se nei fatti <strong>non</strong> era così.<br />

Nel film invece, per il regista Akkad, l’episodio di Kufra rappresenta la pos<strong>si</strong>bilità per<br />

mettere in scena una grande battaglia nel deserto e quindi un grande spettacolo. Già in<br />

fase di ideazione e scrittura del soggetto del film <strong>si</strong> prevede<strong>va</strong> che le sequenze più<br />

spettacolari <strong>sa</strong>rebbero state quelle di battaglia: per questo vennero mes<strong>si</strong> sotto contratto<br />

un piccolo esercito di stuntmen, allenati i ca<strong>va</strong>lli a pericolose cadute, e tutti furono gui<strong>da</strong>ti<br />

<strong>da</strong> Glenn Ran<strong>da</strong>ll, che in queste attività a Hollywood pote<strong>va</strong> <strong>va</strong>ntare un curriculum di tutto<br />

rispetto, venne pure contrattato Kit West, esperto di esplo<strong>si</strong>vi. Anche la ricostruzione di<br />

divise militari e dei mezzi <strong>da</strong> guerra (che immaginiamo ebbero un peso <strong>si</strong>gnificativo nella<br />

produzione del film) sono parte dell’idea secondo la quale gran parte della spettacolarità<br />

del film verrà affi<strong>da</strong>ta alle scene di battaglia, idea che viene ovviamente ribadita in fase di<br />

promozione del film. Senza nulla togliere alla spettacolarità di queste scene è neces<strong>sa</strong>rio<br />

ricor<strong>da</strong>re che il loro <strong>va</strong>lore cinematografico, ancora una volta, <strong>non</strong> è convertibile in <strong>va</strong>lidità<br />

storiografica: condividiamo pienamente quello che dice Rochat: “Le scene di guerra <strong>non</strong><br />

hanno nessuna vero<strong>si</strong>miglianza storica. La distruzione di una colonna di autoblindo<br />

italiane nel deserto per opera di partigiani libici nascosti nella <strong>sa</strong>bbia è degna dei peggiori<br />

western­spaghetti. Nella realtà le autoblindo italiane erano efficaci strumenti di morte<br />

verso popolazioni e guerrieri privi di armi adeguate di dife<strong>sa</strong>. E la distruzione di decine di<br />

carri armati italiani è ancora più fal<strong>sa</strong>: i libici <strong>non</strong> dispone<strong>va</strong>no di campi minati e gli italiani<br />

<strong>non</strong> impiegarono carri armati. L’epopea della re<strong>si</strong>stenza libica ha dimen<strong>si</strong>oni e<br />

caratteristiche che <strong>non</strong> <strong>va</strong>nno offese e fal<strong>si</strong>ficate”. 0<br />

Akkad, che ha già volutamente dimenticato Badoglio in tutto il film per <strong>non</strong> avere troppe<br />

complicazioni, mostra Graziani così tanto preoccupato per la propria asce<strong>sa</strong>, finora<br />

bloccata <strong>da</strong>l coraggio e <strong>da</strong>lla tenacia di al­Mukhtàr, <strong>da</strong> ridurre i negoziati ad un’idea del<br />

solo vicegovernatore: ha bisogno di gua<strong>da</strong>gnare tempo per far sbarcare a Benga<strong>si</strong> truppe<br />

e attrezzature per la conquista di Kufra, nella quale vede, appunto, un importante<br />

successo militare e personale. Egli man<strong>da</strong> quindi il buon Daodiace, commis<strong>sa</strong>rio del<br />

0 Rochat G., Il film e il leone, Il Manifesto, 5 ottobre 1988.<br />

43


Gebel, a intavolare colloqui con Omar al­Mukhtàr, solo per distrarre i patrioti <strong>da</strong>lle<br />

operazioni di sbarco.<br />

2.2.6 L’invenzione<br />

A con<strong>si</strong>derare la storia al cinema come un racconto drammatico attraverso immagini è<br />

inevitabile che <strong>si</strong> scoprano vere e proprie invenzioni del regista, <strong>si</strong>a per quel che riguar<strong>da</strong><br />

piccoli dettagli che fatti importanti. Questo è dovuto alla neces<strong>si</strong>tà per la macchina <strong>da</strong><br />

pre<strong>sa</strong> di filmare sempre qualco<strong>sa</strong> di concreto o di creare sequenze coerenti e continue<br />

che costringono, anche la migliore ricostruzione ad essere una rappresentazione<br />

appros<strong>si</strong>mati<strong>va</strong> di una realtà pas<strong>sa</strong>ta. LION OF THE DESERT che, pur nella sua<br />

meticolo<strong>si</strong>tà prevede le ambientazioni originali, ci dice come, più o meno, deve essere<br />

stato l’agguato di Uadi el­Kuf 0 , o la conquista di Kufra oppure come all’incirca <strong>dove</strong><strong>va</strong>no<br />

essere le tende in cui <strong>si</strong> tennero i negoziati. Lo stesso accade con i protagonisti e in<br />

questo caso in maniera lampante: <strong>non</strong> solo e<strong>si</strong>stono personaggi fittizi o invenzioni nel<br />

carattere dei personaggi e<strong>si</strong>stiti, ma in questo caso la figura di Badoglio è completamente<br />

as<strong>si</strong>milata a quella di Graziani. I <strong>va</strong>ri interventi che Badoglio, in carica come governatore<br />

della Libia e diretto superiore di Graziani, fece in occa<strong>si</strong>one della pacificazione della<br />

Cirenaica (la convocazione dei negoziati e aver preso parte nelle deci<strong>si</strong>oni sulle<br />

deportazioni e sull’esecuzione di Omar, per citare solo gli eventi maggiori) nel film<br />

vengono ascritti unicamente a Graziani. Pos<strong>si</strong>amo far rientrare questa strategia narrati<strong>va</strong><br />

nel novero delle invenzioni e <strong>non</strong> negli errori. Il regista Akkad ignora deliberatamente la<br />

presenza di Badoglio e l’importanza delle deci<strong>si</strong>oni <strong>da</strong> lui prese in Libia a principio degli<br />

anni ‘30 0 : in questa maniera semplifica tutto lo scenario, annulla buona parte della<br />

gerarchia militare assegnando al solo Graziani tutte la respon<strong>sa</strong>bilità 0 , <strong>si</strong>ntetizza in un<br />

unico personaggio l’antagonista di Omar, il “cattivo” del film, evitando di <strong>dove</strong>r<br />

0 Ultimo scontro presente nel film prima della cattura di Al­Mukhtàr. Il parere di Rochat è che i Libici <strong>non</strong> disponessero<br />

di campi minati e gli Italiani <strong>non</strong> impiegarono carri armati. Al di là delle invenzioni cinematografiche queste scene<br />

contengono perciò pale<strong>si</strong> errori. Rochat, Il Film e il leone, Il Manifesto, 5 ottobre 1988.<br />

0 Venne nominato Governatore unico e giunse a Tripoli nel gennaio 1929.<br />

0 Sui tra<strong>va</strong>gliati rapporti tra Badoglio e Graziani, sulle ri<strong>va</strong>lità tra il ministro De Bono e lo stesso Badoglio e la tendenza<br />

di Graziani a conferire direttamente con Mussolini, su tutta questa comples<strong>sa</strong> trama di relazioni fra le autorità italiane<br />

ve<strong>da</strong>n<strong>si</strong> i capitoli relativi. Per una trattazione più approfondita l’opera di Angelo Del Boca Italiani in Libia, ­ Tripoli<br />

bel suol d’amore (1860 – 1922) e Dal fascismo a Ghed<strong>da</strong>fi, oltre a Omar al­Mukhtàr e la riconquista fascista della<br />

Libia, Marzorati Editore, Milano, 1981, che raccoglie i lavori di E. Santarelli, G. Rochat, R. Rainero, L. Goglia, sono<br />

testi <strong>da</strong> con<strong>si</strong>derar<strong>si</strong> imprescindibili.<br />

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appresentare i comples<strong>si</strong> rapporti tra le autorità italiane e risolvendo le relazioni di<br />

Graziani unicamente tra Mussolini e Omar al­Mukhtàr. Tutti i film inventano personaggi<br />

fittizi dei quali risolvono poi, in maniera <strong>non</strong> sempre rispetto<strong>sa</strong> della verità storica, gli<br />

elementi del carattere, aspetti p<strong>si</strong>cologici e come in questo caso relazioni interpersonali.<br />

Di un personaggio storico il film realista tenta qualco<strong>sa</strong> di impos<strong>si</strong>bile: descrivere<br />

letteralmente (perché è così che viene percepito <strong>da</strong>l pubblico) come questa persona era,<br />

in quale maniera parla<strong>va</strong> e <strong>si</strong> muove<strong>va</strong>. Il semplice fatto che <strong>si</strong>a un attore a “riprodurre” un<br />

personaggio è già finzione. Ma queste semplificazioni sono intenzionali a gradi diver<strong>si</strong>:<br />

includere Badoglio nel personaggio di Graziani in questo caso serve a mantenere<br />

l’inten<strong>si</strong>tà della narrazione e riduce la comples<strong>si</strong>tà della storia in una struttura drammatica<br />

che rientra nei 163 minuti di durata della pellicola.<br />

2.2.6.1 Errori o indizi?<br />

E’ neces<strong>sa</strong>ria una digres<strong>si</strong>one relati<strong>va</strong> all’uso di meccanismi narrativi, in quali ca<strong>si</strong> cioè<br />

l’invenzione cinematografica è solo funzionale alla narrazione cinematografica, quando<br />

invece ci troviamo di fronte a veri e propri errori e a quel punto se la storia venga di<strong>sa</strong>tte<strong>sa</strong><br />

in maniera intenzionale oppure no 0 .<br />

Il cinema, pur <strong>da</strong>ndoci l’impres<strong>si</strong>one di ricostruire fedelmente quel che accadde nel<br />

pas<strong>sa</strong>to, in realtà crea un’altra verità. Nel caso de LION OF THE DESERT <strong>non</strong> ci sono<br />

dubbi che la storia narrata <strong>da</strong>l film ca<strong>da</strong> spesso in semplificazioni, generalizzazioni e<br />

stereotipi tipici della ricostruzione storica fatta <strong>da</strong>l realismo hollywoodiano, ma il film <strong>non</strong><br />

mostra nulla che contraddica la verità. Insomma se con<strong>si</strong>deriamo una verità storico­<br />

politica, inte<strong>sa</strong> come fatti accertati (le deportazioni, l’impiccagione di Omar) il film è un<br />

buon lavoro storiografico, ma se prendiamo in e<strong>sa</strong>me la verità “filologica” inte<strong>sa</strong> come<br />

ricostruzione e rappresentazione degli eventi, il film la di<strong>sa</strong>ttende in alcuni punti (assenza<br />

di Badoglio, ruolo della Senus<strong>si</strong>a) e <strong>non</strong> solo per la semplificazione della narrazione a cui<br />

il linguaggio cinematografico hollywoodiano costringe la pellicola: dietro gli errori di Akkad<br />

<strong>si</strong> scoprono le e<strong>si</strong>genze di propagan<strong>da</strong> di Ghed<strong>da</strong>fi, oltre le buone intenzioni del progetto<br />

politico e culturale del regista 0 nel film rimangono “impigliati” elementi che manifestano<br />

0 De Luna G., La pas<strong>si</strong>one e la ragione , La Nuo<strong>va</strong> Italia, Milano, 2001, p. 211.<br />

0 La questione palestinese, la disten<strong>si</strong>one tra Egitto ed Israele e l’epopea della re<strong>si</strong>stenza cirenaica.<br />

45


una strumentalizzazione del pas<strong>sa</strong>to a cui ci ave<strong>va</strong>no abituati soprattutto le<br />

cinematografie delle ex potenze coloniali.<br />

2.2.6.2 Monumenti<br />

L’invenzione cinematografica, spesso inevitabile per e<strong>si</strong>genze narrative, <strong>non</strong> sempre <strong>si</strong><br />

oppone alla pos<strong>si</strong>bilità che il film ci faccia conoscere la storia. <strong>Quando</strong> però gli elementi<br />

inventati <strong>da</strong>l regista contraddicono la conoscenza che abbiamo della storia <strong>si</strong> può parlare<br />

di errori, e di questi è neces<strong>sa</strong>rio <strong>va</strong>lutare l’intenzionalità.<br />

Non <strong>si</strong>amo certi, per esempio, quali statue decorassero la famo<strong>sa</strong> Sala del Mappamondo,<br />

ma Akkad <strong>si</strong> diverte a u<strong>sa</strong>re le statue in chiave fortemente espres<strong>si</strong><strong>va</strong>: mentre il Duce<br />

ordina a Graziani di conquistare la Libia 0 c’è lo sguardo severo di un busto di Ce<strong>sa</strong>re che<br />

fis<strong>sa</strong> il generale, a rappresentare la pres<strong>si</strong>one cui era sottoposto Graziani per la propria<br />

carriera, a rappresentare l’Italia che crede<strong>va</strong> nel ritorno all’impero e face<strong>va</strong> buoni affari<br />

con la guerra e il fascismo, a <strong>si</strong>mboleggiare le attese di Mussolini e la sua politica di<br />

ruralizzazione, a mostrare la respon<strong>sa</strong>bilità che Graziani sente verso la Storia, se <strong>sa</strong>rà<br />

insomma capace di meritar<strong>si</strong> gli onori tributati al busto del grande condottiero romano.<br />

Tutti questi fatti fanno parte della storia ed emergono <strong>da</strong>i documenti 0 , la piccola<br />

invenzione del regista li <strong>si</strong>ntetizza ma <strong>non</strong> li contraddice: <strong>non</strong> <strong>sa</strong>ppiamo se veramente<br />

Mussolini abbia avuto un busto di Ce<strong>sa</strong>re in ufficio ma conosciamo la sua e<strong>sa</strong>sperazione<br />

per la guerra in Cirenaica e la fiducia che ripone<strong>va</strong> in Graziani 0 come definitivo pacificatore<br />

della colonia, ne deduciamo quindi che ci fosse grande atte<strong>sa</strong> nel vederlo in azione <strong>dove</strong><br />

tutti ave<strong>va</strong>no, per ora, fallito 0 .<br />

Akkad gioca ancora con le statue, un busto severo di Mussolini fis<strong>sa</strong> le autorità che a<br />

Benga<strong>si</strong> festeggiano l’arrivo di Graziani, a ricor<strong>da</strong>re che sono tutti sotto lo stretto controllo<br />

0 “An<strong>da</strong>te in Libia, generale, e riportatemi Mukhtàr! Corrompetelo o spezzategli il collo!” In Trama e testo del film, a<br />

cura di Amato Barbagianni, pag. 6. Opuscolo edito <strong>da</strong>ll’Ass. Culturale Il Gufo in occa<strong>si</strong>one della proiezione del film il<br />

4 novembre 1987 a Je<strong>si</strong>, Palazzo dei Convegni.<br />

0 Sulla nomina di Graziani e le sue aspettative di carriera Rochat G., La repres<strong>si</strong>one della re<strong>si</strong>stenza in Cirenaica (1927<br />

– 1931), in AA.VV. Omar al­Mukhtàr e la riconquista fascista della Libia, Marzorati Editore, Milano, 1981, pag. 107.<br />

Sulla politica di ruralizzazione De Felice R., Mussolini il Duce. Gli anni del consenso 1929 – 1936, Torino, Einaudi,<br />

1974. Sugli affari degli Italiani in Libia Del Boca A., op. cit. pag. 13 e ss, pag. 48 e ss. , pag. 121 e ss., pag. 174, pag.<br />

233, pag. 256.<br />

0 La nomina di Graziani <strong>da</strong> parte di Mussolini fu agevolata <strong>da</strong>lle pres<strong>si</strong>oni che su quest’ultimo fece il ministro De Bono,<br />

in rotta con Badoglio e deciso a sostituire il gen. Siciliani, suo protetto, a Benga<strong>si</strong>. In ogni caso, come ricor<strong>da</strong> Rochat:<br />

“La scelta di Graziani (…) era logica <strong>da</strong>to il suo prestigio di coman<strong>da</strong>nte e la sua fama di durezza”. Rochat G. , op. cit.<br />

pag. 107.<br />

0 Tra il 1923 e il 1933 i governatori della Cirenaica furono: Bongio<strong>va</strong>nni, Mombelli, Teruzzi, Siciliani e Graziani.<br />

E<strong>va</strong>ns­Pritchard, op. cit., pag. 182.<br />

46


dello Stato e per lo stesso Stato <strong>si</strong> tro<strong>va</strong>no in Libia, poi una Nike di Samotracia fa bella<br />

mostra di sé fuori <strong>da</strong>lla Sala del Mappamondo, a <strong>si</strong>mboleggiare che finché la Cirenaica<br />

<strong>non</strong> <strong>sa</strong>rà domata po<strong>si</strong>zionare <strong>da</strong> qualche parte una statua della Vittoria <strong>sa</strong>rebbe<br />

interpretato come un gesto di cattivo gusto.<br />

2.2.7 Il progresso, <strong>da</strong> lontano<br />

E’ <strong>si</strong>gnificativo che alla fine del film,che narra una vicen<strong>da</strong> segnata <strong>da</strong> un forte<br />

manicheismo di fondo, in cui Graziani è il mal<strong>va</strong>gio per antonoma<strong>si</strong>a che fa uccidere il<br />

buon Omar, difensore degli oppres<strong>si</strong> e giusto come lo sono tutti i veri patrioti, appaiano le<br />

parole che ci dicono co<strong>sa</strong> è successo “dopo”:<br />

“Subito dopo la caduta di Mussolini il generale Graziani fu proces<strong>sa</strong>to ed imprigionato.<br />

Morì nel 1955”.<br />

Questa frase racchiude la morale del film, che <strong>si</strong>ccome è un prodotto fatto di un principio,<br />

uno sviluppo e un finale, porta implicitamente con sé un mes<strong>sa</strong>ggio morale che<br />

generalmente, come in questo caso, è ottimista e impregnato di una concezione della<br />

storia che <strong>si</strong> articola in termini di progresso. Non importa quali <strong>si</strong>ano le ideologie che<br />

sottostanno al trattamento di un argomento, al cinema la conclu<strong>si</strong>one è qua<strong>si</strong> sempre la<br />

stes<strong>sa</strong>: l’umanità migliora.<br />

In un film come LION OF THE DESERT, segnato <strong>da</strong>gli orrori della repres<strong>si</strong>one che narra,<br />

<strong>si</strong> possono ravvi<strong>sa</strong>re le caratteristiche del film di propagan<strong>da</strong> ad uso interno. I Libici<br />

certamente <strong>non</strong> avranno scoperto gli orrori della colonizzazione italiana grazie a questo<br />

film: ma la pellicola serve a creare una memoria unitaria rispetto a quel periodo della<br />

storia nazionale e in particolare il film è strutturato (con la frase posta proprio alla fine) in<br />

maniera <strong>da</strong> <strong>da</strong>re la sen<strong>sa</strong>zione che comunque giustizia <strong>si</strong>a stata fatta, che la giustizia<br />

e<strong>si</strong>sta e che oggi, in definiti<strong>va</strong>, i libici, gui<strong>da</strong>ti <strong>da</strong> Ghed<strong>da</strong>fi, vi<strong>va</strong>no molto meglio che in<br />

“quell’ epoca oscura” 0 . La stes<strong>sa</strong> giustizia che ha punito la tracotanza di Graziani ha<br />

0 Ben lungi anche solo <strong>da</strong>l tentare un paragone tra la condizione dei Libici di oggi e quelli che subirono la<br />

colonizzazione italiana, sulla Libia attuale ci sono <strong>da</strong> fare una serie di con<strong>si</strong>derazioni: lo stesso Ghed<strong>da</strong>fi, proprio in<br />

questi giorni, ha ammesso il fallimento della sua politica di nazionalizzazione cominciata nel 1973 e ha affi<strong>da</strong>to il<br />

governo a Shukti Ghanem, un economista formato<strong>si</strong> in U<strong>sa</strong>. Nel paese <strong>si</strong> riscontra una certa indifferenza sui<br />

cambiamenti che il governo cerca di promuovere: lo stesso Leader <strong>da</strong> tempo <strong>non</strong> è più presente, <strong>non</strong> passeggia più per<br />

le strade né parla con i cittadini, <strong>non</strong> celebra neppure la festa della Rivoluzione, il 1 settembre sulla piazza Verde. Nella<br />

nazione più ricca del Nord Africa l’economia viaggia a due velocità e la maggior parte dei libici fa fatica a destreggiar<strong>si</strong><br />

tra diver<strong>si</strong> impieghi per arri<strong>va</strong>re alla fine del mese con i 250 euro di <strong>sa</strong>lario minimo: eppure il reddito annuo pro capite<br />

è seimila dollari! Il di<strong>sa</strong>gio aumenta e nessuno è autorizzato ad esprimerlo. In Internazionale, n° 514, 14 novembre<br />

2003, pubblica un articolo di Carla Fibla, “La Vanguardia”, quotidiano spagnolo, articolo scritto in occa<strong>si</strong>one della<br />

47


permesso che il <strong>sa</strong>crificio di Omar al­Mukhtàr generasse la rivoluzione nazionalista con<br />

cui Ghed<strong>da</strong>fi, che in questo film <strong>si</strong> candi<strong>da</strong> a suo vero e unico successore, gui<strong>da</strong><br />

attualmente la Libia.<br />

2.3 Making of<br />

Per portare “LION OF THE DESERT” sullo schermo cinematografico furono neces<strong>sa</strong>ri più<br />

di quattro anni di meticolo<strong>sa</strong> preparazione <strong>da</strong> parte del regista Moustapha Akkad e della<br />

sua equipe di creatori, cerchiamo ora di narrare la storia di come realizzarono questo film.<br />

I brani che seguono sono liberamente tratti <strong>da</strong>lla brochure informati<strong>va</strong> e promozionale del<br />

film che l’autore ha ricevuto direttamente <strong>da</strong>l regista Akkad. La brochure, che venne a suo<br />

tempo pen<strong>sa</strong>ta per presentare il film ai pos<strong>si</strong>bili compratori, diviene oggi importante<br />

testimonianza delle fa<strong>si</strong> della lavorazione del film e soprattutto dell’approccio con cui<br />

questo fu realizzato. A questo propo<strong>si</strong>to è pos<strong>si</strong>bile notare alcuni punti in grado di<br />

stimolare la rifles<strong>si</strong>one: i continui riferimenti alla <strong>va</strong>stità dell’impre<strong>sa</strong>, alla fatica del lavoro<br />

nel deserto, ai dodici me<strong>si</strong> di post produzione, ai numero<strong>si</strong> profes<strong>si</strong>onisti intervenuti nel<br />

film, per arri<strong>va</strong>re fino alle quantità di cibo quotidianamente consumate <strong>da</strong> troupe e<br />

comparse <strong>da</strong>nno l’idea, all’eventuale compratore, di quanto il film <strong>si</strong>a un prodotto di alta<br />

qualità. A questo servono gli elenchi impres<strong>si</strong>onanti di alimenti o i comfort che le soluzioni<br />

abitative possono <strong>da</strong>re a tecnici e attori. Per questo motivo <strong>non</strong> <strong>si</strong> ba<strong>da</strong> a spese: la<br />

meticolo<strong>sa</strong> ricostruzione dei costumi e del decorato, i mezzi militari dell’epoca ricostruiti in<br />

Inghilterra 0 e l’ambientazione nei luoghi originali affrontando la sfi<strong>da</strong> del deserto e le<br />

ingenti spese che questa scelta comporta, tutto concorre ad ottenere un film di grande<br />

qualità, che <strong>si</strong>gnifica: grande spettacolarità (azione, sentimento, esotismo) unita ad una<br />

meticolo<strong>sa</strong> ricostruzione storica (luoghi, costumi, dialoghi) per narrare una biografia eroica<br />

e accatti<strong>va</strong>nte. Il film, in buona sostanza, <strong>si</strong> fece per motivi strettamente commerciali e<br />

l’idea di fare un film su Omar al­Mukhtàr ronza<strong>va</strong> nella testa del regista già <strong>da</strong> alcuni anni.<br />

Come <strong>si</strong> legge più sotto “il grande patriota libico che per vent’anni lottò per liberare il suo<br />

vi<strong>si</strong>ta di J. M. Aznar a Tripoli nel settembre 2003.<br />

0 Nel filmato “Making of” presente nelle ver<strong>si</strong>oni home video del film, Akkad dice: “E’ stato terribilmente difficile<br />

tro<strong>va</strong>re mezzi militari italiani dell’epoca, è molto facile tro<strong>va</strong>re armi, divise ed equipaggiamenti della secon<strong>da</strong> guerra<br />

mondiale ma qua<strong>si</strong> impos<strong>si</strong>bile quelli di qualche anno prima”.<br />

48


popolo (…) divenne così protagonista di una delle più eroiche <strong>sa</strong>ghe del vente<strong>si</strong>mo<br />

secolo”: quello che dunque emerge <strong>da</strong>lla presentazione del film è quindi una storia che il<br />

cinema, per assolvere alla propria funzione di spettacolo di<strong>da</strong>scalico che Hollywood gli<br />

assegnò con prepotenza negli anni ’50, <strong>dove</strong><strong>va</strong> assolutamente raccontare, <strong>non</strong> pote<strong>va</strong><br />

perder<strong>si</strong> 0 . Ed in certo qual modo il racconto della realizzazione del film è per<strong>va</strong>so <strong>da</strong>llo<br />

spirito di un film western: <strong>si</strong>amo abituati a vedere il cinema americano rappresentare i<br />

pionieri che an<strong>da</strong><strong>va</strong>no all’Ovest come degli idealisti in mis<strong>si</strong>one (cercare un luogo <strong>dove</strong><br />

creare un mondo più giusto e felice) con una <strong>sa</strong>na dose di incoscienza e senza temere la<br />

fatica se c’è <strong>da</strong> fare un bel lavoro, alla stes<strong>sa</strong> maniera il racconto della realizzazione del<br />

film descrive tecnici e attori alle prese con un mastodontico lavoro in mezzo al deserto, ma<br />

senza timore se c’è <strong>da</strong> raccontare una storia che meriti di essere narrata. Tutto il cinema<br />

americano, proprio in quanto prodotto commerciale e soprattutto in quanto prodotto<br />

americano, è per<strong>va</strong>so <strong>da</strong> questa epica che fa coincidere progresso umano e<br />

accumulazione tecnologica, che vede nel dispiegamento di mezzi e organizzazione le<br />

prove dell’inevitabile progredire della civiltà umana, in grado oggi di compiere qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong><br />

impre<strong>sa</strong> come a suo tempo, con questi presupposti, <strong>si</strong> costruirono gli Stati Uniti. Buona<br />

parte del cinema western e<strong>sa</strong>lta lo spirito dei pionieri e del progresso che es<strong>si</strong> portarono,<br />

giustificando così il mas<strong>sa</strong>cro dei nativi americani, ritenendolo inevitabile <strong>da</strong>ta la loro<br />

arretratezza e la durezza con cui <strong>si</strong> opposero al neces<strong>sa</strong>rio cammino dell’umanità. Perciò<br />

il Far West è una terra che progres<strong>si</strong><strong>va</strong>mente appartiene solo più agli uomini e diventa<br />

spazio <strong>dove</strong> immaginare un “nuovo mondo” e poi costruirlo.<br />

Il western clas<strong>si</strong>co (anni ’40 e ’50) racconta le origini della nazione americana e diventa<br />

fon<strong>da</strong>mento per la creazione dei suoi miti e leggende, è senza dubbio il genere<br />

cinematografico che pro<strong>va</strong> nel migliore dei modi la fiducia assoluta degli Stati Uniti nel<br />

potere del proprio cinema, come apparato produttivo e come divulgatore della loro<br />

potenza 0 .<br />

Solo l’organizzazione ed il piglio americani sono in grado di assegnare una mis<strong>si</strong>one al<br />

cinema trasformando in emozione ed avventura il lavoro di produzione di un film, ed il<br />

racconto del making of de “LION OF THE DESERT” mantiene intatta questa magia del<br />

cinema che <strong>non</strong> è lavoro ma mis<strong>si</strong>one, che <strong>non</strong> è produzione commerciale ma fabbrica di<br />

0 In merito a questo <strong>si</strong> pen<strong>si</strong> al contributo che il cinema western diede in tutto il secondo dopoguerra all’identità<br />

nazionale americana e alla idea di democrazia inevitabilmente legata al progresso di matrice po<strong>si</strong>tivista.<br />

0 Fraisse Philippe Po<strong>si</strong>tif numero di Luglio/Agosto 2003.<br />

49


sogni; in cui la meticolo<strong>si</strong>tà della ricostruzione storica <strong>non</strong> <strong>si</strong> fa documento o<br />

testimonianza ma puro attributo spettacolare.<br />

Ribadiamo quindi che la scelta della biografia di Al­Mukhtàr, alla luce di quel che emerge<br />

<strong>da</strong>lla brochure (che è poi la linea promozionale che la produzione sceglie di seguire nel<br />

proporre il prodotto/film al mercato) è stata una deci<strong>si</strong>one di carattere prettamente<br />

commerciale, e pos<strong>si</strong>amo aggiungere che fu una scelta assolutamente azzeccata, <strong>almeno</strong><br />

finché Akkad <strong>non</strong> manifestò, in fase di promozione del film, le proprie idee politiche di<br />

arabo che vive negli U<strong>sa</strong> in riferimento alla <strong>si</strong>tuazione palestinese di quegli anni ed il<br />

proprio dissenso nei confronti della disten<strong>si</strong>one egiziano – israeliana 0 . A conferma di ciò il<br />

corrispondente militare del New York Times Drew Middleton scrisse chiaramente che il<br />

film “al box office in U<strong>sa</strong> affondò, <strong>si</strong>ccome fu stroncato <strong>da</strong> critiche prevenute che videro<br />

parallelismi con la lotta palestinese contro Israele (…). Comunque il film era<br />

essenzialmente preciso. Ma la maggior parte dei critici cedettero ai propri pregiudizi e<br />

ignorarono le qualità che esso possede<strong>va</strong>” 0 .<br />

2.3.1 Lion of the desert 0<br />

Girare un film di proporzioni epiche come LION OF THE DESERT richiese un approccio<br />

nella pianificazione e direzione <strong>si</strong>mile a quello richiesto in una <strong>va</strong>sta campagna militare.<br />

Questa fu in effetti l’attitudine che Akkad e il suo team produttivo ebbero nel realizzare un<br />

film spettacolare del costo di 30 milioni di dollari sulla storia di Omar al­Mukhtàr, il grande<br />

patriota libico che per vent’anni lottò per la liberare il suo popolo <strong>da</strong>lla dominazione delle<br />

forze d’occupazione italiane e divenne così protagonista pure di una delle più eroiche<br />

<strong>sa</strong>ghe del vente<strong>si</strong>mo secolo.<br />

L’idea di portare sullo schermo la storia di Omar venne ad Akkad nel 1974, nel corso delle<br />

riprese del film “The Mes<strong>sa</strong>ge” ma <strong>non</strong> <strong>si</strong> concretizzò <strong>almeno</strong> fino al 1978, quando lo<br />

sceneggiatore H.A.L. Craig terminò un soggetto e <strong>si</strong> cominciò a parlare seriamente di<br />

farne un film.<br />

0 D’Agostini Paolo, Noi colonialisti diventati censori, La Repubblica, Martedì 20 settembre 1988. Il viaggio di Sa<strong>da</strong>t a<br />

Geru<strong>sa</strong>lemme avvenne nel 1977 e fu il primo passo per la conferenza di Camp David tra Egitto ed Israele propiziando<br />

la firma del trattato di pace e la restituzione all’Egitto del Sinai (1979). Questa apertura costò all’Egitto l’espul<strong>si</strong>one<br />

<strong>da</strong>lla Lega Araba.<br />

0 Apparso su New Republic, un periodico americano solitamente <strong>non</strong> tenero con le problematiche arabe, riportato <strong>da</strong><br />

www.pakistanlink.com/Mowahid /09­22­2000.html<br />

0 De<strong>si</strong>gn and artwork by Downton Adverti<strong>si</strong>ng, Typesetting by Flowery typesetters LTD, Printing by John French<br />

Printing, Conceived and supervised by Derek Coyte Limited, Printed in England.<br />

50


Venne messo sotto contratto un poderoso cast di fama internazionale e un gruppo di 250<br />

preparati tecnici cominciò a lavorare. Akkad, che già ave<strong>va</strong> lavorato nel deserto girando<br />

“The Mes<strong>sa</strong>ge”, decise che la Libia <strong>sa</strong>rebbe stata la scelta naturale per girare le sequenze<br />

drammatiche e d’azione che dominano gran parte del film e che richiesero oltre sei me<strong>si</strong> di<br />

estenuante lavoro. A preoccupare ulteriormente la troupe giunsero poi i problemi di<br />

carattere logistico. Pur offrendo ambientazioni autentiche e scenografie naturali ideali al<br />

film, la Libia <strong>non</strong> possede<strong>va</strong> attrezzature per la produzione cinematografica: tutto ciò che<br />

<strong>si</strong> de<strong>si</strong>dera<strong>va</strong> avere per il film fu neces<strong>sa</strong>rio importarlo: macchine <strong>da</strong> pre<strong>sa</strong>,<br />

equipaggiamenti di illuminazione, mezzi di trasporto e l’organizzazione di vitto e<br />

alloggiamenti per il cast e tutti coloro che lavora<strong>va</strong>no al film: <strong>si</strong> tratta<strong>va</strong> di 400 persone che<br />

<strong>dove</strong><strong>va</strong>no vivere nel deserto per un lungo periodo di tempo! Fu perciò deciso di costruire<br />

due “villaggi” per artisti e tecnici – uno a Aujallah, 350 chilometri <strong>da</strong> Benga<strong>si</strong>, in pieno<br />

deserto del Sahara e un altro a Shahat, a 200 chilometri <strong>da</strong> Benga<strong>si</strong>. La costruzione dei<br />

due villaggi fu commis<strong>si</strong>onata a esperti in costruzioni prefabbricate della Portakabin<br />

Limited: ogni villaggio era costituito di 120 unità abitative che con<strong>si</strong>ste<strong>va</strong>no in 2 camere <strong>da</strong><br />

letto, bagno con acqua cal<strong>da</strong> e fred<strong>da</strong>, aria condizionata e riscal<strong>da</strong>mento. In aggiunta a<br />

queste confortevoli soluzioni abitative ogni campo era dotato di una piscina 75 x 40, una<br />

biblioteca fornita di 3000 volumi, una zona ricreati<strong>va</strong> con biliardi, tavoli <strong>da</strong> ping­pong,<br />

freccette e flipper, un ristorante <strong>da</strong> 300 coperti, servizio di la<strong>va</strong>nderia e un teatro,<br />

attrezzato <strong>non</strong> solo per il “vitale” lavoro di vi<strong>si</strong>one quotidiana della pellicola stampata<br />

(sviluppata) ma un vero e proprio cinema del “villaggio” in cui films e documentari giunti <strong>da</strong><br />

Los Angeles e Londra veni<strong>va</strong>no proiettati ogni sera.<br />

Un centro medico con un dottore inglese a tempo pieno e due infermiere <strong>si</strong> prende<strong>va</strong> cura<br />

di ogni malanno cau<strong>sa</strong>to <strong>da</strong> punture di scorpione, intestini in disordine e colpi di calore<br />

oltre ad una gran quantità di os<strong>sa</strong> rotte che le controfigure riporta<strong>va</strong>no nelle scene di<br />

battaglia.<br />

L’approvvigionamento di un così gran numero di persone era complesso – in alcune<br />

scene di mas<strong>sa</strong> erano presenti fino a 8500 comparse – e venne affi<strong>da</strong>to a Len Nieder<br />

della Location Caterers Limited e i suoi cuochi. Provvedere cibo e be<strong>va</strong>nde per 400<br />

persone sei volte al giorno fu una vera e propria impre<strong>sa</strong>. Più di 10 tonnellate di cibo in<br />

scatola venne spedito via nave <strong>da</strong> Londra, ma tutto il cibo fresco pos<strong>si</strong>bile fu tro<strong>va</strong>to<br />

presso mercati e distributori locali. Una tipica lista della spe<strong>sa</strong> per una giornata prevede<strong>va</strong><br />

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114 libbre di patate, 200 pagnotte, 600 uo<strong>va</strong>, 62 polli e 7 agnelli, ogni giorno 50 galloni di<br />

te e caffè e 100 di be<strong>va</strong>nde fredde veni<strong>va</strong>no serviti. Durante il film vennero utilizzate più di<br />

un milione di tazze di plastica. Sette cuochi ingle<strong>si</strong> oltre i 20 aiutanti locali provvede<strong>va</strong>no<br />

quotidianamente alle preferenze gastronomiche di tutta l’equipe composta <strong>da</strong> 27 diverse<br />

nazionalità. Per questo furono neces<strong>sa</strong>ri cinque container per trasportare <strong>da</strong>l porto di Hull<br />

in Inghilterra la mole di equipaggiamento e materiali neces<strong>sa</strong>ri a realizzare la<br />

mastodontica idea nel deserto – attrezzature tecniche, le soluzioni abitative Portakabins e<br />

i mezzi di trasporto, generatori e refrigeratori, impianti idraulici, costumi,<br />

approvvigionamenti e i mezzi per il catering. Grazie ad una meticolo<strong>sa</strong> preparazione ogni<br />

co<strong>sa</strong> giunse a tempo e in breve <strong>si</strong> cominciarono le riprese.<br />

Le spettacolari sequenze delle battaglie furono pianificate parecchie settimane prima<br />

dell’arrivo in Libia della troupe. Una “stanza della guerra” fu creata agli Twickenham<br />

Studios, il centro di produzione londinese di Moustapha Akkad, poi lo stesso Akkad,<br />

in<strong>si</strong>eme a Jack Hildyard, direttore della fotografia, Miguel Gil, primo as<strong>si</strong>stente alla regia e<br />

Glenn Ran<strong>da</strong>ll, organizzatore delle controfigure, vi<strong>si</strong>tarono il deserto per sco<strong>va</strong>re<br />

ambientazioni a<strong>da</strong>tte, fatto ciò tornarono a Londra per pro<strong>va</strong>re le scene u<strong>sa</strong>ndo modellini<br />

di sol<strong>da</strong>ti, mezzi militari e ca<strong>va</strong>lli. In collaborazione con lo scenografo Syd Cain e il<br />

manager construction Albert Blackshaw venne preparato uno story – board, una serie di<br />

scene dettagliatamente illustrate e suddivise per episodio.<br />

L’allenamento dei ca<strong>va</strong>lli, che giocarono un ruolo importante nelle scene di battaglia, durò<br />

parecchie settimane, e c’è <strong>da</strong> riconoscere che l’impeccabile organizzazione del lavoro di<br />

Glenn Ran<strong>da</strong>ll e Juan Majan So<strong>sa</strong>, l’allenatore dei ca<strong>va</strong>lli, garantì l’incolumità agli<br />

stuntmen, nessuno riportò serie ferite anche se in alcune scene erano più di venti i<br />

ca<strong>va</strong>lieri ad essere di<strong>sa</strong>rcionati.<br />

Preci<strong>sa</strong> strategia, attenta pianificazione e una equipe di lavoro eccellente, realizzarono<br />

una delle più vivide messe in scena di cinema di guerra di quella decade, con l’aiuto degli<br />

uomini mes<strong>si</strong> dispo<strong>si</strong>zione <strong>da</strong>ll’esercito della Libia, la cui collaborazione fu indispen<strong>sa</strong>bile<br />

ai fini della riuscita dell’immenso progetto.<br />

Dopo ben sei estenuanti me<strong>si</strong> di riprese in Nord Africa le macchine <strong>da</strong> pre<strong>sa</strong> <strong>si</strong> fermarono<br />

e tutta l’attività rallentò: gran parte del gruppo tornò indietro per rimetter<strong>si</strong> <strong>da</strong>lla fatica di<br />

aver lavorato in una così straordinaria ambientazione per un film. Tutto l’equipaggiamento<br />

venne rispedito indietro e cominciò una interminabile proces<strong>si</strong>one di convogli stipati di<br />

52


attrezzature, costumi e mezzi militari in direzione del porto di Benga<strong>si</strong> <strong>dove</strong> avrebbero poi<br />

preso la via per l’Inghilterra.<br />

Per qualcuno invece, tutte le strade portano a Roma, infatti là le riprese continuarono per<br />

altre cinque settimane. Dal momento che le riprese nel deserto erano terminate con<br />

successo, a Roma <strong>si</strong> decise di girare le sequenze chiave – l’incontro di Graziani con<br />

Mussolini, un certo numero di esterni e il processo a Omar al­Mukhtàr. Le ambientazioni<br />

furono scelte a Palazzo Farnese a Caprarolla, diver<strong>si</strong> luoghi nel centro di Roma, al Centro<br />

Sperimentale di Cinematografia e a Latina, <strong>dove</strong> venne rappresentata la costa libica,<br />

come se fosse presso Sou<strong>sa</strong>.<br />

Moustapha Akkad, Jack Hildyard e Miguel Gil raggiunsero la città eterna con attrezzature<br />

di mis<strong>sa</strong>ggio audio e ottiche Panavi<strong>si</strong>on per unir<strong>si</strong> alla troupe italiana, già al lavoro e<br />

gui<strong>da</strong>ta <strong>da</strong> Mara Blasetti, direttore di produzione: iniziò così la parte finale delle riprese.<br />

Il 2 ottobre 1979 le macchine <strong>da</strong> pre<strong>sa</strong> riprende<strong>va</strong>no l’ultima scena e veni<strong>va</strong> selezionata la<br />

stampa finale. Entro ventiquattr’ore, Moustapha Akkad face<strong>va</strong> ritorno agli Twickenham<br />

Studios, <strong>dove</strong> l’editor John Shirley e il compo<strong>si</strong>tore Maurice Jarre lo attende<strong>va</strong>no. Egli<br />

pote<strong>va</strong> adesso dedicar<strong>si</strong> completamente al lavoro, che durò altri 12 me<strong>si</strong>, di edizione,<br />

rifinitura e assemblaggio che fu neces<strong>sa</strong>rio perché LION OF THE DESERT potesse<br />

essere mostrato al mondo.<br />

I me<strong>si</strong> di attenta preparazione, di creazioni, di ingenti spese e duro lavoro <strong>da</strong> parte di<br />

Akkad e del suo team alla fine diedero forma a uno dei più grandi spettacoli<br />

cinematografici del vente<strong>si</strong>mo secolo. Il film uscì nel 1980 negli Stati Uniti e nel 1982 in<br />

Europa.<br />

2.4 Profili<br />

2.4.1 Moustapha Akkad: Produttore e Regista<br />

Oggi cittadino americano, nacque e venne educato ad Aleppo, in Siria. Dopo aver<br />

terminato la scuola secon<strong>da</strong>ria americana in Siria attraversò l’oceano deciso a lavorare<br />

nell’industria cinematografica.<br />

“Nacqui ad Aleppo, Siria. Volevo diventare un regista di cinema a Hollywood. E per<br />

questo ero lo zimbello della città. Noi era<strong>va</strong>mo una famiglia media, mio padre lavora<strong>va</strong><br />

come funzionario governativo alle dogane. Mi disse, ­ Se vuoi an<strong>da</strong>re, per la verità <strong>non</strong> ti<br />

53


posso aiutare. – Avevo un insegnante di teatro che <strong>si</strong> chiama Douglas Hill, lui mi fece<br />

entrare alla UCLA. Nel 1954, quando avevo diciott’anni, ero all’aeroporto per partire e mio<br />

padre mi disse “arrivederci”, mi mise 200 dollari in una tasca e una copia del Corano in un<br />

pacchetto: “Questo è tutto quel che ti posso <strong>da</strong>re” 0 Terminò con successo l’univer<strong>si</strong>tà<br />

della California laureando<strong>si</strong> in teatro e frequentando poi un master in arti cinematografiche<br />

all’univer<strong>si</strong>tà della California meridionale.<br />

“Rima<strong>si</strong> alla UCLA per quattro anni e mi laureai nel 1958. A quel tempo la UCLA ave<strong>va</strong> il<br />

migliore programma per cinema, face<strong>va</strong>no tre produzioni per semestre. La USC a quel<br />

tempo <strong>non</strong> ave<strong>va</strong> tanto denaro quanto la UCLA e il dipartimento di cinema era più piccolo.<br />

Se volevi fare un film caricavi l’attrezzatura in macchina e <strong>si</strong> an<strong>da</strong><strong>va</strong> a filmare. La “New<br />

Wave” ( nel fare film) <strong>si</strong> sviluppò in quel periodo. Intendo dire un approccio di realismo<br />

documentaristico nel fare film. Deci<strong>si</strong> di lasciarmi influenzare <strong>da</strong> ciò e scel<strong>si</strong> la USC per i<br />

tre anni del mio master” 0 . L’incontro con il regista Sam Peckinpah, con cui lavorò come<br />

as<strong>si</strong>stente alla produzione in “Ride the High Country” della MGM, lo aiutò ad entrare nel<br />

mondo del cinema <strong>da</strong> profes<strong>si</strong>onista: “Cominciò poi il mio periodo di fame. Bus<strong>sa</strong>i ai sette<br />

grandi studios, a tutte le emittenti televi<strong>si</strong>ve e le agenzie pubblicitarie per tro<strong>va</strong>re un<br />

lavoro…Sam (Peckinpah) vole<strong>va</strong> fare un film sulla rivoluzione algerina. Chiese quindi<br />

aiuto alla UCLA perché gli tro<strong>va</strong>ssero un consulente, qualcuno che fosse di quei posti e<br />

parlasse la lingua. Gli diedero il mio nome e iniziammo. L’Algeria raggiunse la sua<br />

indipendenza e il progetto venne cancellato. Ma mi prese in <strong>si</strong>mpatia. Sta<strong>va</strong> sviluppando<br />

in quel periodo un film per la Metro Golding Mayer intitolato “Ride the High Country”. Mi<br />

chiese di lavorarci con lui. Io <strong>non</strong> venivo pagato. Però sempre mi disse di <strong>non</strong> cominciare<br />

<strong>da</strong>l basso – Tu sei an<strong>da</strong>to a scuola per sette anni, <strong>non</strong> puoi lavorare come il runner.<br />

Siediti e scrivi qualco<strong>sa</strong> ­ . Comincia a scrivere ogni giorno e a farglielo avere. Lui lo<br />

prende<strong>va</strong>, lo legge<strong>va</strong> e lo straccia<strong>va</strong>, mi applicavo in ogni maniera per lavorare e mi<br />

face<strong>va</strong> sempre la stes<strong>sa</strong> doman<strong>da</strong>: ­ Che hai fatto? Fondò in seguito la Akkad<br />

International Productions, occupando<strong>si</strong> di produrre e dirigere documentari, alcuni<br />

lungometraggi e serie per la tv. Fra gli altri uno che ebbe grande successo fu “Ce<strong>sa</strong>r’s<br />

World” di Ce<strong>sa</strong>r Romero, che fu man<strong>da</strong>to in on<strong>da</strong> negli U<strong>sa</strong> in più di 100 emittenti<br />

0 Intervista rilasciata <strong>da</strong> Akkad a Luke Ford, rivista on line, scaricata in marzo 2003.<br />

www.lukeford.net/profiles/profiles/Moustapha_Akkad.htm<br />

0 Ivi.<br />

54


televi<strong>si</strong>ve: “Ricordo i tempi alla UCLA, mi invita<strong>va</strong>no spesso in famiglie americane. E mi<br />

chiede<strong>va</strong>no sempre – Co<strong>sa</strong> pen<strong>si</strong> del cibo americano?­ Co<strong>sa</strong> pen<strong>si</strong> delle donne<br />

americane?­ Co<strong>sa</strong> pen<strong>si</strong> dell’educazione americana? Qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> co<strong>sa</strong> pen<strong>sa</strong>s<strong>si</strong><br />

dell’America, gli <strong>sa</strong>rebbe piaciuto <strong>sa</strong>perlo. Pen<strong>sa</strong>i che avrebbe potuto essere un buon<br />

soggetto per farci un programma –Come gli altri ci vedono. Feci una breve presentazione<br />

in tre emittenti televi<strong>si</strong>ve, prendere studenti africani, europei, a<strong>si</strong>atici e latino­americani<br />

con un moderatore americano e un differente argomento ogni settimana…Sia la CBS che<br />

la NBC vole<strong>va</strong>no farne un programma di discus<strong>si</strong>one aperta per la domenica pomeriggio,<br />

la NBC mi offrì 400 $ a settimana senza che apparis<strong>si</strong> nei titoli. La CBS me ne offrì 100<br />

ma ero indicato nei titoli come produttore. Mi recai <strong>da</strong> Sam Peckinpah e gli dis<strong>si</strong> delle due<br />

offerte. Mi chiese quale delle due mi alletta<strong>va</strong> di più e stavo per scegliere. Rispo<strong>si</strong> –NBC.<br />

Mi disse, e <strong>non</strong> l’ho mai dimenticato –Razza di cretino. Che vuoi farci col denaro? Fatti<br />

mettere nei titoli! Scel<strong>si</strong> l’offerta della CBS. Allora ero diventato un produttore alla CBS,<br />

quando chiamavo qualcuno questi era tenuto a rispondermi. Contattai United Artists e<br />

piazzai uno show itinerante come associato (produttore) Ce<strong>sa</strong>r’s World, presentato <strong>da</strong><br />

Ce<strong>sa</strong>r Romero. Ogni settimana viaggia<strong>va</strong>mo in un paese diverso. 0 ”<br />

Dopodiché fu la volta del gravoso impegno di portare a termine, con un budget di tutto<br />

rispetto, un progetto a lungo accarezzato – “The Mes<strong>sa</strong>ge” – prodotto per 17 milioni di<br />

dollari, narra la nascita dell’Islam. Il denaro ottenuto <strong>da</strong> <strong>va</strong>rie fonti internazionali permise<br />

ad Akkad di girare <strong>si</strong>multaneamente due ver<strong>si</strong>oni del film – una con un cast anglofono e<br />

l’altra con un cast che parla<strong>va</strong> arabo: “Io ripeto sempre il con<strong>si</strong>glio di Sam (Peckinpah) a<br />

coloro che aspirano ad entrare in questo bu<strong>si</strong>ness. <strong>Quando</strong> hai qualco<strong>sa</strong> che piace a<br />

qualcuno, <strong>non</strong> trattare troppo dell’aspetto remunerativo. Di’ loro di parlarne col tuo legale<br />

o agente, ma <strong>non</strong> scendere mai a compromes<strong>si</strong> sulla questione di essere presente nei<br />

titoli. Nel 1976 giun<strong>si</strong> a fare The Mes<strong>sa</strong>ge, stavo facendo documentari in giro per il mondo<br />

e pen<strong>sa</strong>i che avrei dovuto fare qualco<strong>sa</strong> sull’Islam, che <strong>non</strong> era abbastanza compreso. Da<br />

principio pen<strong>sa</strong>i a farne un documentario. Po incontrai il mio sceneggiatore irlandese<br />

Harry Craig, lui mi convinse a fare un film. Fui in grado di raggranellare il denaro nel<br />

mondo arabo. Il film ebbe una fantastica accoglienza ma <strong>non</strong> fu un successo commerciale<br />

in America per due ragioni. Non <strong>si</strong> vede il profeta. Mi irrita quando vedo Gesù o Mosè<br />

0 Ivi.<br />

55


appresentati <strong>da</strong> un attore. Per me, <strong>non</strong> <strong>si</strong> possono toccare certe cose. Il film è su<br />

Maometto ma lui <strong>non</strong> <strong>si</strong> vede. La macchina <strong>da</strong> pre<strong>sa</strong> fa delle soggettive. Questo <strong>va</strong> bene<br />

per chi la religione la conosce. Il film è an<strong>da</strong>to molto bene in home video.” 0<br />

Il 1978 fu nuo<strong>va</strong>mente un anno di impegni produttivi: il finanziamento e il lancio di<br />

“Halloween”, un film del terrore a basso costo scritto e diretto <strong>da</strong> John Carpenter, battè al<br />

box office tutti i records dei film indipendenti. “Ero molto occupato con LION OF THE<br />

DESERT quando John Carpenter mi disse che vole<strong>va</strong> fare un film del costo di 300.000 $.<br />

Mi venne <strong>da</strong> ridere. Sono sempre infastidito quando il budget è troppo alto o basso. Gli<br />

chie<strong>si</strong> di che trattasse. Me lo raccontò in quattro parole e mi ebbe in pugno, ­ Baby <strong>si</strong>tter<br />

ucci<strong>sa</strong> <strong>da</strong> un ballerino – mi disse. La parte della baby <strong>si</strong>tter mi intriga<strong>va</strong> particolarmente<br />

perché ogni bambino americano <strong>sa</strong> cos’è una baby <strong>si</strong>tter. Gli dis<strong>si</strong> “Facciamolo!” Stavo<br />

spendendo 300.000 $ al giorno per LION OF THE DESERT. Diedi a John i points (una<br />

percentuale al lordo dei ricavi) e in seguito fece un mucchio di soldi. Il film stette dentro al<br />

budget previsto. Fu <strong>da</strong>vvero il film di John Carpenter, io curai l’aspetto commerciale e lo<br />

distribuimmo teatro per teatro, stato per stato. Sta<strong>va</strong>mo facendo mucchio di soldi e <strong>non</strong> lo<br />

pote<strong>va</strong>mo credere” 0 .<br />

Quindi uscì “LION OF THE DESERT”, un soggetto sul quale Akkad sta<strong>va</strong> lavorando già<br />

<strong>da</strong> anni e fu infine in grado di realizzare in maniera ottimale, potendo<strong>si</strong> permettere un<br />

ottimo budget e un gran cast per rappresentare la storia del più grande patriota Beduino:<br />

“Amo la storia, i migliori films sono commedie ma io <strong>non</strong> sono capace di farle. Non potrei<br />

mai dirigere un western. Devi essere in grado di viverlo per farlo diventare un buon film.<br />

Sennò producilo”.<br />

Ma mai soddisfatto dei propri succes<strong>si</strong> Moustapha Akkad <strong>si</strong> tro<strong>va</strong> già al lavoro per<br />

preparare altre due multimilionarie (in dollari) produzioni – una storia d’amore “The<br />

Princess of Alhambra” e “Saladin and the Cru<strong>sa</strong>des”: “L’ attuale atmosfera post 11<br />

settembre è in verità ottimale per un film su Saldino che è l’e<strong>sa</strong>tto ritratto dell’Islam. In<br />

questo momento l’Islam è raffigurato come una religione di terroristi. Siccome alcuni<br />

terroristi sono musulmani l’intera religione pos<strong>si</strong>ede quest’immagine. Se mai ci furono<br />

delle guerre di religione piene di terrore sono <strong>si</strong>curamente le crociate. Ma <strong>non</strong> è pos<strong>si</strong>bile<br />

bia<strong>si</strong>mare l’intero Cristiane<strong>si</strong>mo perché pochi avventurieri vi parteciparono. Questo è il<br />

0 Ivi.<br />

0 Ivi.<br />

56


mio mes<strong>sa</strong>ggio. Ci sono sempre stati fanatici ma Saladino ha protetto la libertà religio<strong>sa</strong> e<br />

diver<strong>si</strong> luoghi <strong>sa</strong>cri. Le mie fonti su Saladino sono tutte occidentali. Tutte concor<strong>da</strong>no sulla<br />

ca<strong>va</strong>lleria di Saladino. La BBC ha fatto un bellis<strong>si</strong>mo speciale di quattro ore sulle<br />

crociate” 0 .<br />

2.4.2 H.A.L. Craig: sceneggiatore<br />

Harry Craig, sceneggiatore, <strong>non</strong> visse abbastanza per vedere il film terminato. La sua<br />

morte prematura all’età di 57 anni addolorò <strong>non</strong> solo la sua famiglia e molti amici ma pure<br />

tutti coloro che lavorarono con lui a questo film e che ave<strong>va</strong>no lavorato con lui al primo<br />

film di Akkad “The Mes<strong>sa</strong>ge”. Nato in Irlan<strong>da</strong> fu professore al Trinity College di Dublino ed<br />

ebbe occa<strong>si</strong>one di fare tirocinio con Sean O’Faolain, famoso scrittore di novelle, con il<br />

quale pubblicò la rivista letteraria “The Bell”. A Londra lavorò alla B.B.C. scrivendo per il<br />

terzo canale televi<strong>si</strong>vo e per il World Service drammi di argomento storico. Riuscì a<br />

combinare il lavoro di giornalista con quello di autore televi<strong>si</strong>vo. Cominciò a scrivere per il<br />

cinema negli anni ses<strong>sa</strong>nta e fra gli altri vogliamo ricor<strong>da</strong>re “Waterloo”, “Fraulein Doctor”,<br />

“Anzio”, “The Adventures of Gerard” e “Airport 77”.<br />

Per molti anni Harry Craig visse e lavorò a Roma, nella sua amata Trastevere. Così come<br />

fu scrittore di dialoghi di straordinaria capacità, egli fu anche un maestro per<br />

approfondimenti e scrupolo<strong>si</strong>tà nella ricostruzione e attendibilità storica delle sue<br />

sceneggiature. Lavorare con Akkad a “The Mes<strong>sa</strong>ge” accese il suo interesse per il mondo<br />

arabo e per l’Islam e nella vicen<strong>da</strong> di Omar al­Mukhtàr egli trovò un soggetto che gli<br />

permise di combinare questo interesse con la sua conoscenza della storia italiana. Nel<br />

1974, durante le riprese di “The Mes<strong>sa</strong>ge” Akkad rimase affascinato <strong>da</strong>lla vicen<strong>da</strong> di<br />

Omar al­Mukhtàr e decise che ne avrebbe fatto un film. Quattro anni dopo Harry Craig gli<br />

presentò un soggetto completo, che tutti ritengono oggi la sua più bella eredità.<br />

2.4.3 Produzione e De<strong>si</strong>gn<br />

I fatti narrati <strong>da</strong> “Lion of the Desert” hanno luogo in Libia e a Roma, ed è in questi due<br />

differenti ambientazioni che il film venne girato. Prima in Libia. I piani di restauro e<br />

ripristino degli ambienti originali furono re<strong>da</strong>tti <strong>da</strong> Syd Cain, scenografo della produzione<br />

inglese. Albert Blackshaw, il construction manager, oltre al resto, <strong>si</strong> occupò della<br />

0 Ivi.<br />

57


costruzione del forte italiano vicino alla città costiera di Shahat e la riproduzione dei<br />

famigerati campi di concentramento di Graziani. Nessuno dei veicoli originariamente u<strong>sa</strong>ti<br />

nelle campagne militari nel deserto e<strong>si</strong>ste<strong>va</strong> ancora e l’abilità di Syd Cain fu mes<strong>sa</strong> alla<br />

pro<strong>va</strong> per ricostruire repliche di vecchi carri armati, autoblindo, biplani e veicoli per il<br />

trasporto truppe, ba<strong>sa</strong>ndo<strong>si</strong> sulle approfondite ricerche storiche sui materiali che egli<br />

accumulò <strong>da</strong> fonti d’archivio. La maggior parte dei veicoli neces<strong>sa</strong>ri vennero costruiti in<br />

Corno<strong>va</strong>glia, Inghilterra, <strong>da</strong> Military Vehicle Museum Limited: i carri armati furono montati<br />

sulle motrici della Harvester International e le autoblindo e i veicoli per il trasporto truppe<br />

vennero costruiti sui telai dei moderni camions Commer.<br />

Intanto a Roma, Mario Garbuglia, uno dei più noti scenografi italiani, prepara<strong>va</strong> le<br />

spettacolari ambientazioni italiane. Il suo compito più importante era Palazzo Venezia,<br />

quartier generale di Mussolini a quei tempi. Non fu però pos<strong>si</strong>bile girare nello stesso<br />

palazzo e Garbuglia scelse perciò Palazzo Farnese, a Caprarolla, un’ora e mezzo di<br />

automobile <strong>da</strong> Roma. Qui ricreò il quartier generale del Duce, includendovi pure la<br />

magnifica Stanza del Mappamondo in tutto il proprio splendore originario. I carpentieri<br />

riprodussero gli ornamenti del mobilio, i tappezzieri cucirono magnifici drappeggi in velluto<br />

e addirittura gli intricati mo<strong>sa</strong>ici del pavimento vennero appo<strong>si</strong>tamente rifatti. Nel frattempo<br />

a Roma, la costumista Orietta Na<strong>sa</strong>lli Rocca era occupata nella creazione delle repliche<br />

delle complicate uniformi indos<strong>sa</strong>te <strong>da</strong>ll’esercito italiano in quel periodo come pure dei<br />

semplici abiti portati, tanto allora quanto oggi, <strong>da</strong>i Beduini. Furono tro<strong>va</strong>ti specialisti in<br />

grado di riprodurre le me<strong>da</strong>glie e le decorazioni, il copricapo peculiare di ogni reggimento<br />

italiano, tutto l’equipaggiamento di un esercito <strong>va</strong>nitoso. Le penne furono tro<strong>va</strong>te, i tessuti<br />

tinti, perfino i cordoncini dorati delle spalline vennero cuciti a mano <strong>da</strong> esperti di Firenze.<br />

Me<strong>si</strong> di accurate ricerche consentirono all’equipe di costumisti e scenografi di ricreare<br />

l’apparenza e la sen<strong>sa</strong>zione di quel periodo al più alto grado pos<strong>si</strong>bile di attendibilità<br />

storica.<br />

2.4.4 Controfigure ed effetti speciali<br />

Durante le riprese de “Lion of the Desert”, l’incontro tra Kit West, supervisore degli effetti<br />

speciali e Glenn Ran<strong>da</strong>ll, organizzatore delle comparse, produsse alcune delle più<br />

spettacolari sequenze di combattimento mai viste su uno schermo. In una scena una<br />

vecchia autoblindo di nove tonnellate è fatta <strong>sa</strong>ltare in aria ad <strong>almeno</strong> venti piedi,<br />

58


atterrando con la parte superiore nel mezzo di una carica di 300 ca<strong>va</strong>lieri, facendo<br />

schizzare uomini e animali in ogni direzione. L’autoblindo era gui<strong>da</strong>ta <strong>da</strong> Ran<strong>da</strong>ll, che<br />

partecipò pure all’addestramento, durato alcuni me<strong>si</strong>, dei ca<strong>va</strong>lli. L’esplo<strong>si</strong>one fu preparata<br />

e gestita <strong>da</strong> West. Nessun ca<strong>va</strong>llo né attore riportò ferite nelle scene di battaglia.<br />

Kit West ama preparare esplo<strong>si</strong>oni ma <strong>sa</strong> molto bene che, quando la sua mano è<br />

sull’interruttore, il più lieve errore nelle tempistiche potrebbe <strong>si</strong>gnificare un di<strong>sa</strong>stro per tutti<br />

coloro che vi lavorano. Ciò <strong>si</strong>gnifica infinite prove con le controfigure coinvolte per essere<br />

certi che ognuno <strong>si</strong>a nel posto giusto nel momento e<strong>sa</strong>tto in cui egli azionerà il detonatore.<br />

Glenn Ran<strong>da</strong>ll venne scelto in qualità di organizzatore delle comparse <strong>non</strong> solo per la<br />

reputazione delle sue spettacolari ed originali imprese, ma anche perché ­ per quanto<br />

pericolose le sue acrobazie appaiano sullo schermo – nessuno tra le controfigure o gli<br />

animali <strong>si</strong> fece seriamente male. In una drammatica sequenza del film, una linea di<br />

ca<strong>va</strong>lieri Beduini alla carica viene distrutta <strong>da</strong>l fuoco di una fila di can<strong>non</strong>i. Venti ca<strong>va</strong>lli<br />

<strong>dove</strong><strong>va</strong>no an<strong>da</strong>re a gambe all’aria di<strong>sa</strong>rcionando i ca<strong>va</strong>lieri controfigura spagnoli e<br />

gettandoli disordinatamente nella <strong>sa</strong>bbia. Grazie alle meticolose istruzioni di Ran<strong>da</strong>ll né<br />

un uomo né un animale rimasero malconci.<br />

2.4.5 Jack Hildyard: Direttore della fotografia<br />

Per Jack Hildyard, uno dei più stimati tecnici dell’industria cinematografica, LION OF THE<br />

DESERT fu un ricordo di altri film dotati di drammaticità epica e spettacolare in cui lavorò<br />

quali “55 Days of Peking” e “The Bridge on the River Kwai” (con il quale <strong>si</strong> aggiudicò un<br />

Academy Award). Egli ave<strong>va</strong> già lavorato con Akkad in occa<strong>si</strong>one di “The Mes<strong>sa</strong>ge” e fu<br />

perciò naturale che venisse scelto per un film di tale respiro. In più <strong>si</strong> distinse come<br />

operatore delle luci in produzioni come “Henry V”, “Ce<strong>sa</strong>r and Cleopatra”, “The Deep Blue<br />

Sea”, “Suddenly Last Summer”, “The Millionairess”, “The V.I.P.’s” e, più recentemente<br />

“The Wild Geese”.<br />

2.4.6 Maurice Jarre: Compo<strong>si</strong>tore<br />

Due Academy Award e sei nominations attestano i rile<strong>va</strong>nti succes<strong>si</strong> nel mondo della<br />

mu<strong>si</strong>ca <strong>da</strong> film ottenuti<br />

59


<strong>da</strong> Maurice Jarre, compo<strong>si</strong>tore della magnifica colonna sonora del film. Dopo aver diretto i<br />

110 elementi della London Symphony Orchestra agli Anvil Recording Studios, la<br />

collaborazione di Maurice Jarre è ricercata a livello internazionale. Anche se i suoi lavori<br />

maggiormente conosciuti rimangono le colonne sonore di “Doctor Zi<strong>va</strong>go” e “Lawrence of<br />

Arabia” egli ha composto la mu<strong>si</strong>ca per <strong>almeno</strong> una trentina di film in Francia e un<br />

centinaio circa negli U<strong>sa</strong>, in Gran Bretagna e altri pae<strong>si</strong> in tutto il mondo. Ha lavorato con<br />

molti famo<strong>si</strong> registi quali David Lean, Alfred Hitchcock, Luchino visconti, Franco Zeffirelli e<br />

John Huston. Pure gli osses<strong>si</strong>onanti ritmi che Jarre compose per “The Mes<strong>sa</strong>ge” di<br />

Moustapha Akkad, mes<strong>si</strong> in<strong>si</strong>eme alla sua approfondita conoscenza della mu<strong>si</strong>ca e degli<br />

strumenti della tradizione araba portarono il produttore e regista Akkad a chiedere a Jarre<br />

di mu<strong>si</strong>care LION OF THE DESERT.<br />

2.4.7 Il Barbiere di Mussolini<br />

<strong>Quando</strong> Rod Steiger venne ra<strong>sa</strong>to per assegnargli le sembianze del suo personaggio <strong>da</strong><br />

Luigi Galbani, il ses<strong>sa</strong>ntatreenne barbiere dell’Hotel Excel<strong>si</strong>or di Roma, insorse una<br />

questione tra il truccatore ed il produttore/regista Moustapha Akkad riguardo a Rod<br />

Steiger se <strong>dove</strong>sse essere completamente calvo oppure no. “Il Duce era completamente<br />

calvo” in<strong>si</strong>stette Galbani. “ne sono ceto, lo ra<strong>sa</strong>i parecchie volte, ­ <strong>si</strong>a sul viso che in<br />

testa”. Risultò infatti che Galbani, in gioventù, al servizio militare, fu barbiere presso il<br />

Ministero degli Interni durante gli anni del fascismo in Italia.<br />

2.4.8 Pas<strong>sa</strong>to e Presente<br />

Fortunatamente per i ricercatori che lavorarono così alacremente a così a lungo per<br />

as<strong>si</strong>curare una meticolo<strong>sa</strong> ricostruzione storica in ogni fotogramma del film, gli Italiani<br />

ave<strong>va</strong>no la pas<strong>si</strong>one di registrare in pellicola ogni evento dell’era fascista. Una qua<strong>si</strong><br />

incredibile quantità di materiale fotografico d’archivio fu re<strong>sa</strong> disponibile <strong>da</strong>lla<br />

cooperazione delle autorità italiane, la cui importanza, per lo sceneggiatore H.A.L. Craig e<br />

per gli scenografi che ave<strong>va</strong>no il compito di ricreare gli ambienti <strong>dove</strong> il film <strong>sa</strong>rebbe stato<br />

girato, è impos<strong>si</strong>bile <strong>da</strong> definire. Fra le altre foto provoca grande emozione quella che<br />

60


mostra Omar al­Mukhtàr in catene, arreso, in mezzo a un gruppo di burocrati e militari tutti<br />

an<strong>si</strong>o<strong>si</strong> di essere presenti a questo evento storico registrato per la posterità. La mede<strong>si</strong>ma<br />

foto, ricreata per la stes<strong>sa</strong> scena del film, scattata <strong>da</strong> David Farrell, mostra l’accuratezza<br />

sorprendente con la quale <strong>si</strong> giunse a riprodurre l’originale.<br />

L’ambizione di Anthony Quinn di recitare nel ruolo di Omar al­Mukhtàr era forse maggiore<br />

che l’entu<strong>si</strong>asmo di Moustapha Akkad di fare un film sulla storia del leggen<strong>da</strong>rio capo<br />

della re<strong>si</strong>stenza Beduina. Già fin <strong>da</strong>l 1974, mentre lavora<strong>va</strong>no a “The Mes<strong>sa</strong>ge” (in cui<br />

Quinn interpretò il ruolo di Hamza, zio di Maometto), in Nord Africa, Akkad e Quinn<br />

discussero del progetto e pas<strong>sa</strong>rono parecchio tempo a sperimentare con il truccatore le<br />

pos<strong>si</strong>bili trasformazioni perché Quinn diventasse Al­Mukhtàr. Nel film è pos<strong>si</strong>bile vedere il<br />

lu<strong>si</strong>nghiero risultato a cui <strong>si</strong> giunse dopo questi esperimenti. “Mi sono identificato nel<br />

<strong>sa</strong>crificio di Omar al­Mukhtàr che <strong>sa</strong>pe<strong>va</strong> di <strong>non</strong> poter vincere, ma <strong>non</strong> ha e<strong>si</strong>tato a<br />

<strong>sa</strong>crificar<strong>si</strong> con pas<strong>si</strong>one. Non dimenticate le mie origini: un padre irlandese, vecchio<br />

compagno di Pancho Villa durante la rivoluzione, e una madre mes<strong>si</strong>cana di ascendenza<br />

azteca. Mi hanno <strong>da</strong>to un carattere forte, uno spirito progres<strong>si</strong>sta e una certa <strong>sa</strong>ggezza” 0 .<br />

D’altronde nel panorama hollywoodiano Akkad <strong>non</strong> avrebbe potuto scegliere meglio, la<br />

carriera di Anthony Quinn era costellata di interpretazioni di ribelli: uno sceicco in<br />

Avventura in Marocco (1942), un guerrigliero filippino in Gli eroi del Pacifico (1945), il<br />

fratello di Zapata in Vi<strong>va</strong> Zapata! (1952) per il quale ottenne il premio Oscar, un partigiano<br />

greco in I can<strong>non</strong>i di Na<strong>va</strong>rone (1961) e ancora un capo beduino in Lawrence d’Arabia<br />

(1962).<br />

2.5 CAST 0<br />

Anthony QUINN Omar al­Mukhtàr<br />

Oliver REED Generale Rodolfo Graziani<br />

Irene PAPAS Mabrouka<br />

Raf VALLONE Commis<strong>sa</strong>rio Daodiace<br />

Rod STEIGER Benito Mussolini<br />

0 A. Grasset, Anthony Quinn: Le Lion du Desert, Journal de Dimanche, 25 luglio 1982.<br />

0 Monthly Film Bulletin v. 48 n. 571, Agosto 1981.<br />

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John GIELGUD Sharif el – Gariani<br />

Andrew KEIR Salem<br />

Gastone MOSCHIN Maggiore Tomelli<br />

Stefano PATRIZI Tenente Sandrini<br />

Adolfo LASTRETTI Sar<strong>sa</strong>ni<br />

Sky DUMONT Principe Amedeo<br />

Takis EMMANUEL Bu ­ Matari<br />

Rodolfo BIGOTTI Ismail<br />

Robert BROWN Al Fadeel<br />

Eleonora STATHOPOULOU Madre di Ali<br />

Luciano BARTOLI Capitano Lontano<br />

Claudio GORA Pre<strong>si</strong>dente del tribunale<br />

Gior<strong>da</strong>no FALZONI Giudice<br />

Franco FANTASIA Aiutante di Graziani<br />

Ihab WERFALY Ali<br />

Ewen SOLON Ufficiale fascista<br />

Loris BAZOKI Sergente grasso<br />

Alec MANGO Coman<strong>da</strong>nte carro armato<br />

Filippo DEGARA Capitano plotone d’esecuzione<br />

George SWEENEY Capitano Biagi<br />

Luciano CATENACCI Sergente Maggiore<br />

Victor BARING Colonnello fanteria<br />

Pietro BRAMBILLA Gio<strong>va</strong>ne sol<strong>da</strong>to<br />

Pietro TORDI e Pietro GERLINI Marescialli di campo<br />

Mas<strong>si</strong>miliano BARATTA Capitano che effettua la cattura<br />

Mario FELICIANI Lobitto<br />

Gianfranco BARRA Sentinella<br />

Lino CAPOLICCHIO Capitano Bedendo<br />

14,656 piedi 163 minuti. U.K. 1980 Regia:<br />

Moustapha Akkad<br />

Ca<strong>sa</strong> di produzione – Falcon International Productions.<br />

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Produttore ­ Moustapha Akkad, produttore associato ­ Roy Stevens, as<strong>si</strong>stente alla<br />

produzione – June Bordcosh, produttore esecutivo – Geoffrey Helman, coordinatore di<br />

produzione – Reyad Akkad, controllore di produzione – Maurice Landsberger, direttori di<br />

produzione – Ray Frift, Mara Blasetti, direttore unità di produzione – John Oldknow,<br />

ambientazioni – Frank Sherwin Green, Moustapha Hijaouy, Claude Grasset, Umberto<br />

Sambuco, Mohammed Bufana.<br />

Regista secon<strong>da</strong> troupe – Glenn Ran<strong>da</strong>ll, as<strong>si</strong>stenti alla regia – Miguel Gil, Carlos Gil,<br />

Roberto Cirla, Giorgio Venturo<strong>si</strong>, Ali Ahmed Salem, Mohammed Naim.<br />

Sceneggiatura – H.A.L. Craig. As<strong>si</strong>stente – Ramzi Thomas.<br />

Fotografia – Jack Hildyard. Panavi<strong>si</strong>on.<br />

Colore – Eastman Color<br />

Cameramen –James Bawden, Jimmy Turrell. Editore –John Shirley. Camera Focus –<br />

David Worley, Roger McDonald.<br />

Scenografie – Mario Garbuglia, Syd Cain, as<strong>si</strong>stenti – Giorgio De<strong>si</strong>deri, Maurice Cain, Bob<br />

Bell.<br />

Supervisore effetti speciali – Kit West.<br />

Mu<strong>si</strong>ca scritta e composta – Maurice Jarre, suonata –The London Symphony Orchestra.<br />

Costumi – Orietta Na<strong>sa</strong>lli Rocca, Piero Cicoletti, Has<strong>sa</strong>n Ben Dar<strong>da</strong>f, supervisore<br />

guar<strong>da</strong>roba – Paul Vachon. Trucco – Neville Smallwood, Alan Boyle, Ahmed Has<strong>sa</strong>n<br />

Has<strong>sa</strong>n. Acconciature – Adelgi<strong>sa</strong> Favella.<br />

Casting – Maude Spector, Paola Rolli.<br />

Sonoro –Chris Greenham, (mu<strong>si</strong>che) Robin Clarke. Fonici – Norman Bolland, Jim Willis,<br />

(mu<strong>si</strong>che) Eric Tomlinson. Fonico di pre<strong>sa</strong> diretta – Gerry Humphreys. Registrato in Dolby<br />

Stereo.<br />

Con<strong>si</strong>gliere tecnico – Franco Fanta<strong>si</strong>a, as<strong>si</strong>stenti – Marguerite Green, May Jabri, Ro<strong>sa</strong>lba<br />

Tonti, Carole Sacripanti, Giulia Gionta. Capo elettricisti – Al<strong>va</strong>ro Romagnoli, John Fenner.<br />

Coordinatore controfigure – Glenn Ran<strong>da</strong>ll, addestramento ca<strong>va</strong>lli – Juan Majan So<strong>sa</strong>.<br />

Operatori alle esplo<strong>si</strong>oni – John Stevenson, Eric Chohan.<br />

Coordinamento – (Londra) Tere<strong>sa</strong> Bolland, (Madrid) Maria Dolores Gutierrez, (Cairo)<br />

Takvor Antonian, (Los Angeles) Merrilu Nelson.<br />

63


II° parte: Il pas<strong>sa</strong>to che racconta: la storia<br />

Cap. 3<br />

I PROTAGONISTI<br />

3.1 I protagonisti del film<br />

Dopo aver proposto immagini in bianco e nero con lo scopo di contestualizzare gli<br />

avvenimenti e l’epoca in cui <strong>si</strong> verificarono, il film riprende il formato normale. La voce fuori<br />

campo termina il suo racconto ricor<strong>da</strong>ndo l’escalation di violenza che il conflitto subisce di<br />

64


fronte alla dura re<strong>si</strong>stenza che i beduini oppongono ai militari italiani. Siamo nel 1929 ed<br />

as<strong>si</strong>stiamo alla fucilazione di tre ribelli libici in una pubblica piazza. Tra i militari c’è pure un<br />

fotografo i cui scatti scopriamo giungeranno nientemeno che a Mussolini il quale, a Roma,<br />

di fronte ai propri generali fa il punto. Il Duce è adirato, le foto dei ribelli fucilati e i rapporti<br />

dei generali parlano di vittorie eppure i beduini <strong>non</strong> sono ancora sconfitti. Decide pertanto<br />

di conferire al generale Rodolfo Graziani la nomina di vicegovernatore della Cirenaica con<br />

il compito di stroncare, con ogni mezzo la re<strong>si</strong>stenza nella regione.<br />

Nella scena Mussolini e<strong>sa</strong>spera i toni per incutere maggior rispetto nei propri generali e<br />

farli sentire un po’ colpevoli per il lento procedere delle operazioni, fra il ricatto morale e la<br />

la<strong>va</strong>ta di capo fa il buon padre di famiglia molto arrabbiato: parla schiettamente di denari,<br />

rinfaccia le bugie dei rapporti che parlano di vittorie, ricor<strong>da</strong> il tempo perduto, calibra i<br />

<strong>si</strong>lenzi per creare ten<strong>si</strong>oni fra chi ascolta, insomma gri<strong>da</strong> ma fa paura solo ai sol<strong>da</strong>ti<br />

semplici e l’interpretazione di Rod Steiger ci consegna un duce stanco delle proprie pose<br />

e ridicolo nella recita in cui egli è il primo a <strong>non</strong> credere più. <strong>Quando</strong> infatti <strong>si</strong> allontana con<br />

Graziani camminando nei corridoi i toni <strong>si</strong> smorzano per un momento, finché <strong>non</strong> cita “la<br />

logica militare del fascismo che <strong>non</strong> scende a compromes<strong>si</strong> 0 ”, <strong>si</strong> ricor<strong>da</strong> di essere il Duce<br />

e <strong>si</strong> irrita di nuovo, ma subito dopo, voltando<strong>si</strong> verso la guardia che impas<strong>si</strong>bile ha<br />

as<strong>si</strong>stito a tutta la scena, gli pare qua<strong>si</strong> di avere e<strong>sa</strong>gerato.<br />

Mussolini è interpretato <strong>da</strong> Rod Steiger che già lo ave<strong>va</strong> reso in maniera convincente nel<br />

film di Carlo Lizzani “Mussolini – Ultimo atto” del 1974.<br />

Akkad tenta di delineare il profilo dell’uomo Mussolini, adirato per i continui insucces<strong>si</strong> e<br />

per questo stanco della scenografia di regime che egli stesso ha creato, qua<strong>si</strong> un attore<br />

che fatica a restare nella parte assegnatagli. In questa vi<strong>si</strong>one pri<strong>va</strong>ta del duce è<br />

<strong>si</strong>mbolica la “<strong>sa</strong>la del mappamondo” 0 in cui un Mussolini, così basso <strong>da</strong> <strong>non</strong> arri<strong>va</strong>re a<br />

toccare il suolo coi piedi una volta seduto, è sovrastato <strong>da</strong>l gigantesco affresco che<br />

rappresenta il mondo e la sua mania di grandezza. L’immagine che Akkad u<strong>sa</strong>: il dittatore<br />

frustrato nei suoi sogni di dominio mondiale, <strong>si</strong> rifà a quella, famo<strong>si</strong>s<strong>si</strong>ma, del dittatore che<br />

gioca con un mappamondo gonfiabile, qua<strong>si</strong> un topos cinematografico creato ne “Il<br />

grande dittatore” <strong>da</strong> Charlie Chaplin del 1940: <strong>da</strong>i suoi generali Mussolini vuole risposte e<br />

0 Nel film Mussolini ­ Rod Steiger afferma “ Anche stavolta la logica militare del fascismo <strong>sa</strong>prà trarre il <strong>da</strong>do!”.<br />

Trama e testo del film a cura di Amato Barbagianni, opuscolo edito <strong>da</strong>ll’Ass. Culturale Il Gufo in occa<strong>si</strong>one della<br />

proiezione del film del 4 novembre 1987 a Je<strong>si</strong>, Palazzo dei Convegni.<br />

0 Così viene indicata <strong>da</strong>lla produzione del film. Dalla brochure informati<strong>va</strong> ufficiale della Falcon International, p.11.<br />

65


<strong>non</strong> spiegazioni (per questo lamenta il tempo sprecato, le bugie nei rapporti che parlano di<br />

vittoria), accetta, in maniera infantile, una sola realtà: quella che corrisponde ai propri<br />

piani, riducendo il mondo ad un meccanismo di risposta corrispondente all’ideologia del<br />

fascismo.<br />

3.1 2 La nuo<strong>va</strong> politica coloniale del fascismo<br />

Anche se al momento della conquista del potere Mussolini <strong>non</strong> ave<strong>va</strong> le idee ben chiare in<br />

fatto di politica coloniale 0 , egli con<strong>si</strong>derò sempre il Mediterraneo come un settore di<br />

mas<strong>si</strong>ma importanza, perciò la soluzione del problema libico acquistò <strong>da</strong> subito grande<br />

rilievo. L’impo<strong>si</strong>zione dell’autorità del governo italiano sulla questione coloniale fu quindi<br />

una svolta deci<strong>si</strong><strong>va</strong> che tagliò i ponti con il pas<strong>sa</strong>to, la funzione di controrivoluzione<br />

preventi<strong>va</strong> attribuita al fascismo possede<strong>va</strong> una retorica del taglione in cui ogni offe<strong>sa</strong><br />

<strong>dove</strong><strong>va</strong> essere scongiurata <strong>da</strong> una minaccia (dichiarazioni sulla <strong>si</strong>tuazione cirenaica) ed<br />

ogni atto <strong>dove</strong><strong>va</strong> essere, appunto, prevenuto (caso delle masse italiane): sulle questioni<br />

estere il fascismo d’ora innanzi adotterà nuovi metodi e anziché accatti<strong>va</strong>r<strong>si</strong> i propri<br />

avver<strong>sa</strong>ri li annienterà.<br />

Ma questo nuovo indirizzo fu dettato anche <strong>da</strong>l sorgere di nuove condizioni per un rilancio<br />

fra il grande capitale e la piccola e media borghe<strong>si</strong>a 0 che era emerso con la fine della<br />

prima guerra mondiale, le aspirazioni di quella parte di italiani erano state frustrate con la<br />

pace <strong>da</strong>gli alleati dell’Inte<strong>sa</strong> e che sfoceranno in un colonialismo che punterà in particolar<br />

modo sulla Libia, la sua riconquista e <strong>va</strong>lorizzazione economica come primo passo del<br />

rilancio del ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e trampolino di una più inten<strong>sa</strong> politica<br />

coloniale 0 .<br />

Lo stesso espan<strong>si</strong>onismo coloniale fascista <strong>si</strong> innestò quindi nelle ampie rivendicazioni<br />

nazionaliste che sostene<strong>va</strong>no il mito della “vittoria mutilata”, e a Mussolini piace<strong>va</strong> molto<br />

e<strong>sa</strong>ltare gli italiani parlando loro dei più disparati obiettivi coloniali <strong>sa</strong>lvo poi fis<strong>sa</strong>r<strong>si</strong> di volta<br />

in volta su un programma più immediato e realizzabile 0 .<br />

0 La parabola che giunge al mito del Mare Nostrum durerà un decennio e la prima uscita di Mussolini in qualità di<br />

ministro degli Esteri, per il trattato di Lo<strong>sa</strong>nna nel luglio 1923, dimostra quanto in quel momento fossero ancora <strong>va</strong>ghe<br />

le sue idee in merito all’espan<strong>si</strong>onismo italiano. Per un e<strong>sa</strong>me della politica coloniale fascista negli anni ’20 <strong>si</strong> ve<strong>da</strong> A.<br />

Del Boca Gli Italiani in Africa Orientale. La conquista dell’impero. Laterza, Roma­Bari, 1979. pp. 3 – 23.<br />

0 Enzo Santarelli, Omar al­Mukhtàr e la riconquista fascista della Libia, Marzorati Editore, Milano, 1981, p. 18.<br />

0 Per una breve <strong>si</strong>nte<strong>si</strong> delle tendenze espan<strong>si</strong>oniste <strong>va</strong>gheggiate sulla pubblicistica durante l’era fascista ve<strong>da</strong><strong>si</strong><br />

Santarelli E., op. cit. p.24.<br />

0 Salvemini Gaetano, Mussolini diplomatico, Bari, 1952, pas<strong>si</strong>m.<br />

66


In questo senso la Libia, pur essendo una e<strong>si</strong>gua base di partenza per nuove espan<strong>si</strong>oni<br />

coloniali, era a portata di mano ed in grado di soddisfare una <strong>va</strong>sta gamma di<br />

rivendicazioni africane e mediterranee, posto che <strong>si</strong> realizzasse <strong>almeno</strong> il “programma<br />

minimo” di rioccupazione delle terre e assoggettamento delle popolazioni.<br />

Se la parola d’ordine fin <strong>da</strong>ll’inizio fu perciò superare la politica liberale 0 , inte<strong>sa</strong> come<br />

caduta della ten<strong>si</strong>one colonialista italiana e vergognoso dialogo con i capi indigeni<br />

cominciato con la conces<strong>si</strong>one degli “Statuti” del 1919 0 , il duce cominciò quella che il<br />

governatore della Tripolitania <strong>da</strong>l 1921 al 1925 Giuseppe Volpi definì una “politica di<br />

prestigio” 0 : azione di governo che dia alle popolazioni soggette la chiara sen<strong>sa</strong>zione di<br />

superiorità militare innanzitutto e poi morale <strong>si</strong>ccome <strong>da</strong> secoli l’Italia assolve un grande<br />

compito civilizzatore.<br />

La volontà di liqui<strong>da</strong>re in modo nuovo l’intero problema politico suggerì pure mezzi militari<br />

nuovi, nella guerra agli arabi verranno d’ora innanzi utilizzate colonne leggere,<br />

motorizzate, appoggiate <strong>da</strong>ll’aviazione e collegate via radio, a<strong>da</strong>tte a manovre di<br />

logoramento ad ampio raggio. Parlando delle azioni militari condotte sotto il suo<br />

governatorato lo stesso Volpi affermò di “<strong>non</strong> essere incappato nei <strong>si</strong>stemi di guerra<br />

metropolitani (…) il segreto intrinseco fu di aver affi<strong>da</strong>te le operazioni a forti colonne di<br />

truppe di colore, leggere e mobilis<strong>si</strong>me, capaci di opporre agli arabi la loro stes<strong>sa</strong> tattica e<br />

gui<strong>da</strong>te <strong>da</strong> sperimentati e <strong>va</strong>loro<strong>si</strong> ufficiali italiani. Ca<strong>va</strong>lleria ed aviazione furono<br />

con<strong>si</strong>derate elementi di prim’ordine”. Truppe <strong>da</strong> controguerriglia pressoché interamente<br />

composte <strong>da</strong> mercenari africani <strong>va</strong>loro<strong>si</strong> e a buon mercato (eritrei, etiopici, yemeniti,<br />

su<strong>da</strong>ne<strong>si</strong> e libici) 0 , sulla scorta degli insegnamenti della prima guerra mondiale e con<br />

nuove tecnologie, dovranno as<strong>si</strong>curare all’Italia, che qua<strong>si</strong> <strong>non</strong> avvertirà il peso di una<br />

guerra destinata a durare dieci anni, un trionfo che il fascismo stesso e<strong>si</strong>ge<strong>va</strong> per<br />

mostrare al mondo la propria forza e determinazione e in vista di una politica di<br />

insediamento demografico sulla Quarta spon<strong>da</strong>.<br />

0 Anche se in realtà fu Gio<strong>va</strong>nni Amendola, socialista e ministro delle Colonie con Facta II, il governo che cadde subito<br />

dopo la marcia su Roma, ad inaugurare la “riconquista” ponendola in primo piano nel proprio programma e<br />

permettendo l’occupazione di Misurata Marina già nel gennaio 1922.<br />

0 Concesso alla Tripolitania il 1° giugno 1919 ed esteso il 31 ottobre alla Cirenaica <strong>dove</strong> già e<strong>si</strong>ste<strong>va</strong> una spartizione di<br />

fatto tra Italia e Senus<strong>si</strong>a fin <strong>da</strong>gli accordi di Acroma (17 aprile 1917) rinno<strong>va</strong>ti a Er – Regima (25 ottobre 1920) e Bu<br />

Mariam (20 ottobre 1921).<br />

0 Volpi Giuseppe, La politica coloniale del fascismo, CEDAM, Pado<strong>va</strong>, 1937, p. 12.<br />

0 Del Boca A., Gli Italiani in Libia – Dal Fascismo a Ghed<strong>da</strong>fi, Mon<strong>da</strong>tori, Milano, 2002, p. 7.<br />

67


Al rinno<strong>va</strong>mento di strategia corrisposero pure nuovi metodi di governo, sempre Volpi<br />

preci<strong>sa</strong> che erano terminati i tempi dei regali e dei denari u<strong>sa</strong>ti nella <strong>va</strong>na illu<strong>si</strong>one di<br />

accaparrar<strong>si</strong> l’animo dei capi influenti, <strong>non</strong> più spettacoli dimostrativi di forze inerti, né<br />

trattative <strong>da</strong> pari a pari, così inutili e degra<strong>da</strong>nti 0 . Il fascismo <strong>si</strong> con<strong>si</strong>dera<strong>va</strong> in un certo<br />

senso la tappa succes<strong>si</strong><strong>va</strong> a quella liberale nel cammino dell’Italia verso il progresso, la<br />

vecchia politica coloniale veni<strong>va</strong> con<strong>si</strong>derata umiliante, costo<strong>sa</strong> e <strong>va</strong>na, ammalata di<br />

fraternità e favoritismi in cambio di false sottomis<strong>si</strong>oni e di arabi che approfitta<strong>va</strong>no della<br />

debolezza e ingenuità degli Italiani. Una politica più matura e <strong>sa</strong>na giunse con il fascismo,<br />

affinché fosse ripristinato in colonia il prestigio della forza del popolo dominante, la<br />

sovranità dell’Italia, superiorità degli italiani ed il loro diritto a governare.<br />

Ma il fascismo, negli anni che <strong>va</strong>nno della pre<strong>sa</strong> del potere fino al 21 gennaio 1929, <strong>da</strong>ta<br />

dell’arrivo del maresciallo Badoglio a Tripoli, pur avendo ottenuto innegabili acqui<strong>si</strong>zioni<br />

sul piano territoriale (Tripolitania, Fezzan e costa della Cirenaica), ancora <strong>non</strong> era riuscito<br />

ad aver definiti<strong>va</strong>mente ragione dei ribelli senus<strong>si</strong>ti e <strong>da</strong>re all’Italia il successo promesso.<br />

Il Gebel Ach<strong>da</strong>r, che studi e piani di colonizzazione demografica <strong>da</strong><strong>va</strong>no quale unica sede<br />

pos<strong>si</strong>bile di un vero e proprio insediamento agricolo italiano rimane<strong>va</strong> totalmente in<strong>si</strong>curo.<br />

Ad accrescere gli appetiti degli speculatori e le mire dei coloniali nel 1926 alcuni son<strong>da</strong>ggi<br />

geologici misero in luce una secon<strong>da</strong> fal<strong>da</strong> freatica di notevole portata, nel maggio dello<br />

stesso anno il governatore della Cirenaica Mombelli pote<strong>va</strong> annunciare che la Cirenaica <strong>si</strong><br />

tro<strong>va</strong><strong>va</strong> nelle condizioni migliori per assorbire una parte del nostro eccesso di<br />

popolazione, per la mitezza del clima e per l’abbon<strong>da</strong>nza di buone terre disponibili 0 e in<br />

una conferenza stampa a Tripoli appena qualche tempo dopo il proprio insediamento<br />

Badoglio traccia<strong>va</strong> così le linee essenziali del rilancio agricolo della colonia: “La Cirenaica<br />

oggi è la cenerentola delle colonie; ne diventerà presto la perla. Chi <strong>non</strong> ha visto il Gebel<br />

cirenaico <strong>non</strong> ha visto nulla di veramente bello e rigoglioso”. 0<br />

L’importanza della riuscita della colonizzazione demografica ave<strong>va</strong> pure grande <strong>va</strong>lenza<br />

sul piano politico, come, nel 1927 in un memorandum destinato al Duce il ministro<br />

Federzoni scrisse “la colonizzazione della Libia deve essere un mezzo piuttosto che un<br />

fine: deve permetterci di collocare laggiù qualche centinaia di migliaia di connazionali che<br />

0 Volpi G., ASMAI Libia, pos. 122/30 f. 275, Attuale <strong>si</strong>tuazione politica della Tripolitania p. 7.<br />

0 Del Boca Angelo, Italiani in Libia, Dal fascismo a Ghed<strong>da</strong>fi, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 2001 p. 128.<br />

0 Sacchetti Renzo, Legionario romano, “Rivista delle colonie italiane” n.5, maggio 1929, p. 434.<br />

68


endono di fatto e <strong>non</strong> solo di diritto italiana una parte della costa mediterranea<br />

dell’Africa” 0 .<br />

3.1.3 La politica di “ruralizzazione”<br />

La tendenza demagogica a soprav<strong>va</strong>lutare l’Italia rurale e provinciale corrisponde<strong>va</strong> in<br />

Mussolini al tentativo di operare trasformazioni nella società italiana, fornirla di una<br />

economia <strong>sa</strong>na fon<strong>da</strong>ta pre<strong>va</strong>lentemente su una forte agricoltura e allontanarla <strong>da</strong>lle<br />

problematiche incombenti sulle civiltà industriali dell’Occidente, <strong>va</strong>le a dire l’urbane<strong>si</strong>mo, la<br />

decadenza demografica e le lotte di classe 0 .<br />

E proprio questo ritorno dell’Italia alla terra e alla civiltà contadina avrebbe <strong>si</strong>gnificato, oltre<br />

che la riscoperta di <strong>va</strong>lori morali e sociali anche l’avvio di una fase di sviluppo demografico<br />

coronata poi <strong>da</strong> una politica di espan<strong>si</strong>one e di grandezza. Ruralizzando, anche se può<br />

sembrare anacronistico, il duce sogna<strong>va</strong> di risolvere tutti in<strong>si</strong>eme i problemi della “vecchia”<br />

Italia e realizzare le aspirazioni della “nuo<strong>va</strong>” Italia, socialmente <strong>si</strong>gnifica<strong>va</strong> trasformare<br />

alla radice le caratteristiche più intime degli italiani, <strong>da</strong> quelle economiche a quelle morali,<br />

al fine di gettare le premesse demografiche (“il numero è potenza”) per il nuovo ruolo di<br />

potenza che attende<strong>va</strong> il Paese.<br />

Ma nel 1929, malgrado ogni sforzo, la Cirenaica (“verde di piante, ros<strong>sa</strong> di <strong>sa</strong>ngue” come<br />

dirà Mussolini nel dicembre 1930) resta<strong>va</strong> in mano ai ribelli, e la colonizzazione<br />

dell’altipiano, con<strong>si</strong>derato <strong>da</strong>gli enti di appoderamento un irrinunciabile perno per ogni<br />

serio insediamento agricolo italiano, praticamente impos<strong>si</strong>bile <strong>da</strong>to che la cri<strong>si</strong> cirenaica<br />

<strong>non</strong> accenna<strong>va</strong> a risolver<strong>si</strong>.<br />

In questo quadro di riconquista o “pacificazione” della colonia pure la morte di Omar al­<br />

Mukhtàr <strong>non</strong> può essere un episodio che <strong>si</strong> discosta <strong>da</strong>ll’intera politica fascista e <strong>da</strong>lle sue<br />

e<strong>si</strong>genze imperiali.<br />

Appena infatti terminò la re<strong>si</strong>stenza beduina e con le popolazioni del Gebel<br />

completamente deportate, con il RDL n. 696 dell’11 giugno 1932 venne creato l’appo<strong>si</strong>to<br />

Ente per la Colonizzazione della Cirenaica con il preciso scopo di costituirvi la proprietà<br />

colti<strong>va</strong>trice, quindi di portare in Libia famiglie di contadini, creare loro un ambiente<br />

confacente alle loro e<strong>si</strong>genze e alla loro vita, legarle alla terra ed interes<strong>sa</strong>rle alla<br />

0 Federzoni Luigi, A.O.Un posto al sole, Zanichelli, Bologna, 1936, p. 114.<br />

0 De Felice R., Mussolini il duce. Gli anni del consenso:1929­1936, Torino, Einaudi, 1974.<br />

69


produzione, allo scopo di ottenere oltre alla bonifica agraria una formazione mentale negli<br />

uomini colà immigrati. 0 L’ECC operò liberamente senza neppure la neces<strong>si</strong>tà di<br />

indemaniare i terreni, cominciò il suo lavori di appoderamento e bonifica mentre in Italia<br />

ricomincia<strong>va</strong> quella “febbre libica” che ave<strong>va</strong> già investito gli organi di stampa nel 1911:<br />

vi<strong>si</strong>one di esotici granai dell’impero <strong>si</strong> mescola<strong>va</strong>no alla scena dell’altipiano redento <strong>da</strong>l<br />

genio e <strong>da</strong>lla fatica degli italiani. 0<br />

3.2 Rodolfo Graziani vicegovernatore della Cirenaica<br />

La novità del 1929 fu la nomina del maresciallo Badoglio a governatore unico delle due<br />

province (Tripolitania e Cirenaica) che <strong>sa</strong>nci<strong>va</strong> una netta superiorità gerarchica e di azione<br />

rispetto a coloro che quel potere lo ave<strong>va</strong>no esercitato prima. Già fin <strong>da</strong>ll’estate del 1928<br />

Mussolini ha idea di cambiare i due governatori delle province libiche: <strong>non</strong> è soddisfatto di<br />

Teruzzi in Cirenaica e De Bono, del cui operato in Tripolitania <strong>non</strong> può lamentar<strong>si</strong>,<br />

comincia a manifestare certa stanchezza 0 . Badoglio chiede però carta bianca e annuncia<br />

la fine della ribellione entro cinque anni. Mussolini lo lascia fare in maniera qua<strong>si</strong><br />

arrendevole 0 , ed il maresciallo <strong>si</strong> ritro<strong>va</strong> libero di agire come preferisce. Giunge a Tripoli il<br />

24 gennaio 1929 e prima ancora di interes<strong>sa</strong>r<strong>si</strong> alle questioni di ordine pubblico decide di<br />

circon<strong>da</strong>r<strong>si</strong> di funzionari a lui devoti, praticando tagli fra i funzionari italiani, ex collaboratori<br />

di Emilio De Bono, nel frattempo nominato sottosegretario al ministero delle Colonie e <strong>da</strong>l<br />

12 settembre dello stesso anno ministro. Al nuovo ministro <strong>non</strong> piace questa iniziati<strong>va</strong> del<br />

nuovo governatore e neppure il suo atteggiamento che tende a sca<strong>va</strong>lcarlo per rivolger<strong>si</strong><br />

direttamente a Mussolini. Saranno proprio questi violenti rapporti tra i due ad agevolare<br />

l’ingresso di Graziani a Benga<strong>si</strong>: quando a fine ottobre Badoglio <strong>sa</strong>rà costretto ad<br />

ammettere il fallimento delle trattative con Omar al­Mukhtàr (avremo modo di parlare più<br />

diffu<strong>sa</strong>mente di questi negoziati più a<strong>va</strong>nti) a Roma, De Bono, <strong>non</strong> potendo chiedere<br />

l’allontanamento di Badoglio <strong>da</strong>ll’incarico chiederà la testa del suo protetto, il colonnello<br />

Domenico Siciliani, nominato <strong>da</strong> Badoglio vicegovernatore della Cirenaica che ave<strong>va</strong><br />

condotto le trattative con i ribelli senus<strong>si</strong>ti. Le ten<strong>si</strong>oni tra Badoglio e De Bono<br />

0 ASMAI Miscellanea, vol III, Tripolitania, pacco 1.<br />

0 Pomilio Marco, Apriamo lo scatolone di <strong>sa</strong>bbia. Aspetti della Cirenaica fascista. Edizioni “L’Azione coloniale”<br />

Roma, 1935, p. 70.<br />

0 Del Boca A., op. cit. pag. 134.<br />

0 Sulle ipote<strong>si</strong> di tale atteggiamento del duce ve<strong>da</strong><strong>si</strong> Piero Pieri, Giorgio Rochat, Badoglio, UTET, Torino, 1974, p. 590<br />

e ss.<br />

70


continueranno anche perché “Mussolini ama<strong>va</strong> i conflitti di potere tra i propri collaboratori,<br />

in quanto gli permette<strong>va</strong>no di riaffermare la sua superiorità attraverso un’opera di<br />

mediazione” 0 .<br />

La liqui<strong>da</strong>zione di Siciliani (15 marzo 1930) e la nomina di Graziani a vicegovernatore<br />

hanno <strong>va</strong>lore determinante sul piano politico: la fama di durezza 0 e di intran<strong>si</strong>genza che<br />

accompagna affos<strong>sa</strong><strong>va</strong>no una volta di più i tentativi di soluzione diplomatica che, in<br />

maniera <strong>si</strong>curamente poco chiara per metodi ed intenti, erano stato colti<strong>va</strong>ti <strong>da</strong> Badoglio e<br />

affi<strong>da</strong><strong>va</strong>no alle armi la “pacificazione” della regione.<br />

Graziani è coman<strong>da</strong>nte di settore al Fezzan quando accade tutto ciò, viene perciò<br />

richiamato a Roma l’8 marzo 1930. E’ in Libia <strong>da</strong> nove anni, nove anni di ininterrotta<br />

azione di riconquista che hanno visto crescere la sua reputazione di militare au<strong>da</strong>ce,<br />

terribile coi nemici e di grande efficacia, ma soprattutto di “uomo nuovo”, <strong>non</strong><br />

appartenente alle gerarchie militari che in quel periodo erano tutte di fede monarchica,<br />

che conquista i suoi gradi sul campo di battaglia, che <strong>si</strong> ispira, come dichiarerà in più<br />

occa<strong>si</strong>oni, a principi nettamente fascisti nel gui<strong>da</strong>re la propria azione.<br />

Ricor<strong>da</strong>rne in breve le imprese può aiutare a far<strong>si</strong> un’idea della sua costante presenza in<br />

tutte le attività delle armate italiane in Libia fra 1921 e la <strong>da</strong>ta della sua nomina a<br />

vicegovernatore, ma risulta impos<strong>si</strong>bile elencare le improvvi<strong>sa</strong>te marce di centinaia di<br />

chilometri nel deserto a cui costrinse i suoi uomini per cogliere di sorpre<strong>sa</strong> i duar ribelli o<br />

gli inseguimenti protratti fino alle frontiere per annientare anche l’ultimo fuggitivo 0 , gesta<br />

per le quali ricevette il 21 marzo 1930 il plauso della Camera e gli elogi dello stesso<br />

Mussolini.<br />

Per una curio<strong>sa</strong> coincidenza il 28 ottobre 1922 Graziani, mentre le camicie nere <strong>si</strong><br />

imposses<strong>sa</strong><strong>va</strong>no del potere a Roma, era l’unico militare italiano operativo in Tripolitania,<br />

muove<strong>va</strong> <strong>da</strong> Giado a Yefren che occupa<strong>va</strong> tre giorni dopo e la dichiarazione fatta in<br />

quell’occa<strong>si</strong>one, a poche ore <strong>da</strong>lla pre<strong>sa</strong> del potere del fascismo, è <strong>si</strong>gnificati<strong>va</strong> della<br />

novità che Graziani ed il suo stile rappresentano:<br />

0 Pieri P. e Rochat G., op.cit. p. 596.<br />

0 Nel film Graziani viene definito <strong>da</strong>i ribelli della Cirenaica “il macellaio del Fezzan”, sulla scorta delle sue recenti<br />

imprese nella campagna di conquista della regione.<br />

0 Nel film, durante il colloquio in cui Mussolini incarica Graziani di catturare Omar al­Mukhtàr e lo e<strong>sa</strong>lta come l’uomo<br />

più a<strong>da</strong>tto a risolvere la <strong>si</strong>tuazione per il terrore che il suo nome suscita tra i beduini, Graziani umilmente risponde:<br />

“Mio duce, quando ammazzo un nemico lo faccio con la profes<strong>si</strong>onalità di un sol<strong>da</strong>to!”.<br />

71


“Volli che ivi le nostre truppe vittoriose presentassero le armi all’avvento del fascismo e<br />

glorificassero ai quattro venti ed in cospetto del deserto la nostra grande vittoria<br />

finalmente vendicata e redenta, traendo i migliori auspici per il prestigio d’Italia in terra<br />

d’Africa” 0 .<br />

In <strong>si</strong>nte<strong>si</strong> parteciperà alla riconquista delle regioni della Gefara, il Gebel tripolitano, la<br />

Ghibla e l’Hamma<strong>da</strong> durante le operazioni sul 29° parallelo, terrà il governo militare delle<br />

regioni <strong>non</strong> del tutto occupate (Sciati e Gha<strong>da</strong>mes), farà sentire la sua presenza in Sirtica<br />

durante le manovre di sutura territoriale tra le due province e <strong>sa</strong>rà grande protagonista<br />

nella conquista del Fezzan, <strong>dove</strong> <strong>si</strong> consoliderà la sua fama e quella dei suoi ascari eritrei<br />

che <strong>non</strong> fanno prigionieri.<br />

Secondo Rochat il Graziani che emerge <strong>da</strong>lla propagan<strong>da</strong> di regime e <strong>da</strong>lla storiografia<br />

coloniale è ben diverso <strong>da</strong> quello che viene fuori <strong>da</strong>l lavoro svolto <strong>da</strong>llo studioso in<br />

archivio: il generale “coloniale” di maggior fama, indubbiamente capace e fortunato,<br />

fi<strong>si</strong>camente prestante e con un debole per i gesti e le pose spettacolari, per gli slogan<br />

altisonanti e le dichiarazioni di fede al fascismo traman<strong>da</strong>to <strong>da</strong>lla tradizione storiografica<br />

coloniale è in gran parte il personaggio che Graziani, nel suo inces<strong>sa</strong>nte lavoro di<br />

autopromozione, è riuscito a far pas<strong>sa</strong>re e che la storiografia ha sempre accettato<br />

criticamente 0 . Nel clima di arrivismo e corruzione che <strong>si</strong> vive<strong>va</strong> negli ambienti coloniali<br />

durante il fascismo Graziani è qua<strong>si</strong> osses<strong>si</strong>onato <strong>da</strong>lla ricerca della propria affermazione<br />

personale, <strong>non</strong> e<strong>si</strong>ta ad assumer<strong>si</strong> respon<strong>sa</strong>bilità delle atroci azioni contro le popolazioni<br />

della Cirenaica se le ritiene utili alla propria carriera, 0 ad ingannare superiori e sottoposti<br />

solo per riser<strong>va</strong>re a se stesso tutti i meriti, lamentando l’invidia dei colleghi presso i propri<br />

superiori (in questo caso il legame con De Bono ministro delle Colonie <strong>sa</strong>rà forte in nome<br />

dell’odio che entrambi nutrono per Badoglio). Anche le sue qualità di condottiero,<br />

sperimentate con grandi risultati nella guerra nel deserto ebbero limitata applicazione nel<br />

Gebel, che presenta caratteristiche sociali e geografiche diverse: fu grande organizzatore<br />

più che geniale stratega e la presunta conoscenza della mentalità araba invece che <strong>da</strong> un<br />

interesse genuino per la cultura e società nor<strong>da</strong>fricana gli veni<strong>va</strong> <strong>da</strong>lla lunga pratica di<br />

0 Del Boca Angelo, Italiani in Libia – Tripoli bel suol d’amore 1860­1922, Oscar Mon<strong>da</strong>tori, Milano, 1993, p. 411.<br />

0 Rochat G., op. cit., pag. 104 e ss.<br />

0 Nel film “La Libia è solo una carriera…”. Graziani al principe Amedeo Duca d’Aosta. Graziani lo scrisse pure nelle<br />

sue opere, ma pare fosse opinione diffu<strong>sa</strong> che la colonia è una carriera. Ad esempio Lord Macaulay, protagonista del<br />

Tancred, il romanzo scritto <strong>da</strong>llo statista britannico Benjamin Disraeli, in pieno spirito vittoriano con<strong>si</strong>dera<strong>va</strong> la<br />

“colonia” una <strong>va</strong>stis<strong>si</strong>ma regione barbarica, fonte di potenziali ricchezze ma con urgente bisogno di essere civilizzata,<br />

in sostanza ricca e indolente e in ultima anali<strong>si</strong> spregevole.<br />

72


governo in colonia, attenta ai rapporti di forza e fon<strong>da</strong>mentalmente razzista. Altro aspetto<br />

su cui è il caso di soffermar<strong>si</strong> e<strong>sa</strong>minando la figura di Rodolfo Graziani è la profon<strong>da</strong><br />

pas<strong>si</strong>one per la scrittura che lo anima, funzionale alla sua ambizione gli risulta neces<strong>sa</strong>rio<br />

produrre opere celebrative (<strong>non</strong> gli mancheranno in ogni caso scribacchini e adulatori)<br />

delle sue imprese, attraverso gli scritti crea il proprio mito, e<strong>sa</strong>lta la propria vena<br />

romantica, ad imitazione dei grandi condottieri romani e fornisce a chi oggi <strong>si</strong> interes<strong>sa</strong> di<br />

quel periodo e di quei fatti una fonte prezio<strong>si</strong>s<strong>si</strong>ma, qua<strong>si</strong> praticamente senza censure<br />

<strong>da</strong>ta la copertura che solo il regime pote<strong>va</strong> disporre e minuzio<strong>sa</strong> nella ricostruzione dei<br />

fatti per un militare che narra le battaglie su cui costrui<strong>va</strong> la propria carriera. Pubblicato un<br />

solo anno dopo le vicende narrate Cirenaica pacificata rimane quindi il più esplicito<br />

documento della riconquista della Libia in cui <strong>si</strong> riflette pienamente l’ideologia fascista.<br />

Graziani paragona<strong>va</strong> la <strong>si</strong>tuazione della Cirenaica ad un “organismo intos<strong>si</strong>cato che<br />

emette su un punto del corpo un purulento bubbone, In questo caso il bubbone erano le<br />

bande di Al­Mukhtàr ed erano il prodotto di una <strong>si</strong>tuazione interamente infetta”. Le oculate<br />

e<strong>si</strong>genze di propagan<strong>da</strong> personale cui mira<strong>va</strong> lo porteranno ad e<strong>sa</strong>gerare l’efficienza dei<br />

nemici sminuendo il lavoro compiuto <strong>da</strong>lle precedenti amministrazioni italiane a Benga<strong>si</strong><br />

per <strong>va</strong>ntare poi tutto il merito della riconquista. 0<br />

L’aspirazione di Graziani a trasformare il proprio proconsolato in piattaforma privilegiata di<br />

affermazione personale a discapito del suo diretto superiore Badoglio (interes<strong>sa</strong>nte è<br />

soffermar<strong>si</strong> a pen<strong>sa</strong>re alle scelte dei due nelle incertezze della guerra mondiale per far<strong>si</strong><br />

un’idea dei rispettivi profili caratteriali) maturarono nella deci<strong>si</strong>one di u<strong>sa</strong>re lo stile “nuovo”<br />

come base per assolvere le dispo<strong>si</strong>zioni del Duce:<br />

­ Netta e materiale distinzione tra sottomes<strong>si</strong> e <strong>non</strong>, <strong>si</strong>a in sede di ubicazione <strong>si</strong>a in<br />

sede di rapporti e traffici.<br />

­ Dare ai sottomes<strong>si</strong> <strong>si</strong>curezza e protezione, ma vigilarne ogni attività.<br />

­ Sottrarre nettamente i sottomes<strong>si</strong> <strong>da</strong> ogni influenza senus<strong>si</strong>ti, evitando<br />

assolutamente la riscos<strong>si</strong>one <strong>da</strong> parte dei rappresentanti della Senus<strong>si</strong>a o di<br />

checches<strong>si</strong>a di qualunque genere di decime<br />

0 L’anali<strong>si</strong> della relazione che Graziani inviò a Badoglio e al ministero delle Colonie il 5 aprile 1930, appena giunto a<br />

Benga<strong>si</strong>, e che <strong>si</strong> tro<strong>va</strong> in ASMAI pos. 150/22, fasc. 98, è presente in Rainero Romain La cattura, il processo e la<br />

morte di Omar al­Mukhtàr nel quadro della politica fascista di “riconquista” della Libia, facente parte di “Omar al<br />

Mukhtàr e la riconquista fascista della Libia” Marzorati editore, Milano, 1981, pag. 210.<br />

73


­ Controllo costante e preciso dei mercati e rigoro<strong>sa</strong> chiusura del confine egiziano in<br />

modo <strong>da</strong> evitare ogni pos<strong>si</strong>bilità di rifornimento all’avver<strong>sa</strong>rio. 0<br />

L’uomo d’azione per eccellenza, per come viene definito <strong>da</strong>gli ambienti coloniali italiani,<br />

<strong>sa</strong>rà l’esecutore materiale del genocidio che <strong>si</strong> abbatte sugli arabi della Cirenaica ma la<br />

respon<strong>sa</strong>bilità della gene<strong>si</strong> del piano è <strong>da</strong> suddivider<strong>si</strong> tra governo, Badoglio e le opinioni<br />

fasciste in materia di colonie che sulla stampa agiranno come gruppo di pres<strong>si</strong>one,<br />

Graziani è quello che <strong>si</strong> può con<strong>si</strong>derare l’uomo giusto al momento giusto ed egli ne è<br />

pienamente cosciente, quando nella primavera del 1930 <strong>si</strong> propone come l’uomo del<br />

destino coloniale della nazione:<br />

“Sono nato l’11 agosto 1882 nella Valle dell’Aniene, <strong>da</strong> madre romana e padre latino, (…).<br />

Fin <strong>da</strong>ll’infanzia fui di sentimenti romantici inoculatimi <strong>da</strong> mio padre (…) <strong>non</strong> riuscii mai a<br />

comprendere il movimento socialista che in quegli anni dilaga<strong>va</strong> (…) credo di essere stato<br />

fascista <strong>da</strong>lla nascita. Così oggi mi pare di rian<strong>da</strong>re alla mia vita (…). Ho disprezzato ogni<br />

bassezza e tutte mi sono state attribuite (…). Nato sentimentale e romantico sono riuscito<br />

a <strong>non</strong> divenire scettico e cinico, ma a rendermi realista assoluto (…).Dopo due anni di vita<br />

di guarnigione l’Africa mi attirò e mi avvinse. Mi redense <strong>da</strong> ogni fiacchezza, mi diede i<br />

segni del carattere”. 0<br />

Continuando su questo tono Graziani <strong>non</strong> <strong>si</strong> tira indietro neppure <strong>da</strong><strong>va</strong>nti alle accuse di<br />

crudeltà che la stampa internazionale gli mosse criticando i suoi metodi di “pacificazione”.<br />

Sfruttando la copertura e l’impunità che solo il regime in Italia pote<strong>va</strong> <strong>da</strong>rgli, il generale<br />

espone serenamente le proprie convinzioni (stillanti romanità) <strong>da</strong> solido fascista: ai<br />

mas<strong>sa</strong>cri perpetrati pone un suggello di autoassoluzione “culturale” ed arricchisce le sue<br />

“confes<strong>si</strong>oni” con citazioni mirate a glorificare le proprie capacità militari e far divenire la<br />

sua povertà morale il requi<strong>si</strong>to essenziale per il successo personale: “Spesso mi sono<br />

e<strong>sa</strong>minato la coscienza in relazione alle accuse di crudeltà, atrocità, violenza che mi sono<br />

state attribuite. Non ho mai dormito tanto tranquillo quanto le sere in cui questo e<strong>sa</strong>me mi<br />

è accaduto di fare. So <strong>da</strong>lla storia che di tutte le epoche che nulla di nuovo <strong>si</strong> costruisce,<br />

se <strong>non</strong> <strong>si</strong> distrugge in tutto o in parte un pas<strong>sa</strong>to che <strong>non</strong> regge più al presente (<strong>da</strong><br />

Nietzsche, ndA). Che se poi mi acca<strong>da</strong> qualche volta di sentire le mie forze oscillanti, amo<br />

abbeverarmi alla grande fonte della clas<strong>si</strong>cità per cui anche in tema di conquiste coloniali<br />

0 De Bono a Badoglio e Graziani, 24 marzo 1930, in ACS­FG, 1/2/2 e in ASMAI, pos. 150/22 fasc. 98, pubblicato con<br />

leggere modifiche <strong>da</strong> Graziani in Cirenaica pacificata, Milano, 1932 p. 49<br />

0 Graziani Rodolfo, L’autobiografia di un sol<strong>da</strong>to d’Africa, in “Oltremare” anno IV n° 4, aprile 1930.<br />

74


nulla più la vita ci ha <strong>da</strong> insegnare. E Ce<strong>sa</strong>re, Livio, Tacito, Sallustio mi sono maestri e<br />

domini 0 ”.<br />

Questo militare <strong>sa</strong>nguinario che la sera <strong>si</strong> <strong>si</strong>ede accanto a un fuoco nel deserto convinto<br />

di aver “fatto la storia” è <strong>da</strong> con<strong>si</strong>derar<strong>si</strong> compiutamente quell’uomo nuovo che ogni<br />

rivoluzione <strong>si</strong> <strong>va</strong>nta di poter creare (in questo caso la rivoluzione è quella fascista), colui<br />

che più di ogni altro <strong>sa</strong>prà sfruttare le pos<strong>si</strong>bilità di asce<strong>sa</strong> sociale che il fascismo offre ai<br />

propri militari, ben più a<strong>va</strong>nti dei suoi colleghi egli è (né mai lo nascose) perfettamente<br />

fascista: se la <strong>si</strong>mbologia di regime <strong>si</strong> imposses<strong>sa</strong> di una tradizione come quella romana<br />

per giustificare la propria ineluttabilità Graziani ne diventa l’icona per eccellenza. <strong>Quando</strong><br />

gli eventuali spazi negoziazione verranno bruciati <strong>da</strong>lla pes<strong>si</strong>ma manovra di Badoglio <strong>sa</strong>rà<br />

la “romanità vendicati<strong>va</strong>” di Graziani ad intervenire e punire. In questo senso Rodolfo<br />

Graziani può venire con<strong>si</strong>derato una importante pedina nelle mani del Duce per la<br />

costruzione della identità italiana fascista: era facile veder<strong>si</strong> come i discendenti di un<br />

antico impero con migliaia di reperti spar<strong>si</strong> per la penisola, ma era neces<strong>sa</strong>rio poter<br />

restituire senso a quelle vestigia ripetendo le gesta romane e a questo servi<strong>va</strong> un<br />

generale abile e fortunato, profes<strong>si</strong>onalmente ambizioso e sen<strong>si</strong>bile alla retorica del<br />

regime: Graziani <strong>sa</strong>rà in grado di essere tutto ciò ben oltre le aspettative dei propri<br />

superiori.<br />

3.4 Sidi Umar al­Mukhtàr<br />

L’immagine di Omar al­Mukhtàr presentata <strong>da</strong>l film è quella dell’insegnante del Corano,<br />

che, alla notizia della nomina di Graziani a vicegovernatore della Cirenaica, torna nel<br />

luogo <strong>dove</strong> abitualmente fa lezione ai ragazzi e “abbandona” l’insegnamento per far<strong>si</strong><br />

maestro di una lezione ancora più grande, quella del mujaidin, il combattente della fede,<br />

che infatti esce <strong>da</strong>lla ca<strong>sa</strong> (noi <strong>non</strong> vediamo l’interno) con il fucile in mano. C’è in questa<br />

continuità tra luogo <strong>sa</strong>cro e preparazione alla guerra una essenza che identifica la lotta<br />

per la libertà come <strong>dove</strong>re supremo del credente. E in questa sequenza Akkad dichiara il<br />

carattere “<strong>sa</strong>cro” di tutte le lotte di liberazione, quella dei beduini cirenaici in prima istanza<br />

e poi quella palestinese per il periodo in cui il film venne girato 0 . Religione e lotta per la<br />

0 Graziani R., Cirenaica pacificata, Milano, 1932.<br />

0 Il regista Akkad <strong>si</strong> espresse così: “Sono un musulmano che vive a New York e il mio approccio a questa<br />

problematica, <strong>da</strong> arabo, <strong>non</strong> può essere che atto di dissenso verso la disten<strong>si</strong>one egiziano­israeliana propiziata <strong>da</strong>l<br />

viaggio di Sa<strong>da</strong>t a Geru<strong>sa</strong>lemme”. Paolo D’Agostini Noi colonialisti diventati censori La Repubblica, Martedì 290<br />

settembre 1988. Il viaggio di Sa<strong>da</strong>t a Geru<strong>sa</strong>lemme avvenne nel 1977 e fu il primo passo per la conferenza di Camp<br />

75


libertà della patria stanno nello stesso recinto e ne escono in forma di virtù. Omar al­<br />

Mukhtàr fu il patriota cirenaico che ha rappresentato la più alta espres<strong>si</strong>one della lotta<br />

contro la dominazione italiana, <strong>si</strong>a per le sue doti militari, <strong>si</strong>a per le sue capacità di uomo<br />

politico e per la lealtà e devozione che lo legò alla confraternita senus<strong>si</strong>ta di cui fu<br />

esponente di primo piano e rappresentante in Cirenaica dell’emiro Idris durante l’e<strong>si</strong>lio di<br />

quest’ultimo in Egitto. La sua statura di uomo di religione gli conferi<strong>va</strong> un grande<br />

ascendente morale che, unito alle sue qualità militari fanno di lui l’esponente più<br />

prestigioso e <strong>va</strong>lido di tutta la re<strong>si</strong>stenza delle popolazioni libiche <strong>da</strong>l 1911 al 1932.<br />

Sicuramente ci furono molti altri combattenti di grande <strong>va</strong>lore con i quali condivise i<br />

vent’anni di re<strong>si</strong>stenza al colonialismo italiano, ma nessuno uni<strong>va</strong> in sé con tale forza la<br />

personalità del combattente e il carisma del capo, che per tutta la vita fu in campo a dife<strong>sa</strong><br />

degli interes<strong>si</strong> della confraternita senus<strong>si</strong>ta e dei Beduini, fino al <strong>sa</strong>crificio supremo della<br />

propria vita.<br />

La guerra tra Italiani e Senus<strong>si</strong>a divenne in breve la lotta dei Beduini per la sopravvivenza,<br />

per le loro terre e la libertà di vivere secondo i propri antichi costumi, l’in<strong>va</strong><strong>si</strong>one italiana li<br />

fece sentire, <strong>non</strong>ostante le loro divi<strong>si</strong>oni tribali, un popolo unito a dife<strong>sa</strong> della propria terra.<br />

I Beduini furono sempre coscienti, fin <strong>da</strong> principio, che la posta in gioco era il loro diritto a<br />

vivere sulle proprie terre, ma al contempo era uno scontro tra il loro <strong>si</strong>stema tribale e una<br />

potenza cristiana, così la guerra scoprì pure il suo contenuto religioso: musulmani che,<br />

lottando per le proprie terre e per il proprio bestiame, difendono anche la propria fede.<br />

Senza tenere nella dovuta con<strong>si</strong>derazione l’elemento religioso che animò la re<strong>si</strong>stenza<br />

<strong>sa</strong>rebbe impos<strong>si</strong>bile capire come es<strong>sa</strong> abbia potuto an<strong>da</strong>re a<strong>va</strong>nti tanto tempo contro<br />

forze tanto preponderanti, oppure come le tribù, divise <strong>da</strong> odi secolari, <strong>si</strong>ano riuscite a<br />

collaborare così fortemente come fecero sotto la gui<strong>da</strong> della Senus<strong>si</strong>a.<br />

Gli Italiani 0 , agli occhi dei Beduini ave<strong>va</strong>no subito una perdita di prestigio a partire <strong>da</strong><br />

quando ave<strong>va</strong>no messo piede in Libia nel 1911. Tanto in Tripolitania quanto in Cirenaica<br />

se <strong>non</strong> erano stati sconfitti <strong>non</strong> erano certo risultati vittorio<strong>si</strong>! I Beduini li ave<strong>va</strong>no visti<br />

David tra Egitto ed Israele propiziando la firma del trattato di pace e la restituzione all’Egitto del Sinai (1979). Questa<br />

Apertura costò all’Egitto l’espul<strong>si</strong>one <strong>da</strong>lla Lega Araba. Per conoscere le questioni relative alla po<strong>si</strong>zione filopalestinese<br />

di Akkad e le ricadute che ebbe sul film ve<strong>da</strong><strong>si</strong> 2.3 Making of, pag. 36.<br />

0 Nel film, alla notizia dell’arrivo di un nuovo governatore a Benga<strong>si</strong> Al­Mukhtàr dice “Arri<strong>va</strong>no come i leoni e <strong>va</strong>nno<br />

via come caproni”, esprimendo, con questa battuta che ha tutto il <strong>sa</strong>pore di un antico a<strong>da</strong>gio beduino, fiducia nella<br />

vittoria (un altro governatore se ne <strong>va</strong> ma la re<strong>si</strong>stenza è sempre in piedi), disprezzo per la tracotanza dei colonizzatori<br />

(il governatorato in Libia <strong>non</strong> è altro che una tappa del cursus honorum dei gerarchi) e che, in Libia, c’è posto per un<br />

solo leone.<br />

76


a<strong>va</strong>nzare con pe<strong>sa</strong>nti colonne all’interno della Libia e occupare i centri di maggiore<br />

importanza per poi ritirar<strong>si</strong> sulla costa, pre<strong>si</strong> letteralmente <strong>da</strong>l panico, e sulla base della<br />

loro esperienza ave<strong>va</strong>no giudicato l’italiano un cattivo sol<strong>da</strong>to. I diver<strong>si</strong> governatori erano<br />

ricor<strong>si</strong> alle minacce, alle lu<strong>si</strong>nghe e alla corruzione per ottenere quei risultati che i<br />

coraggio<strong>si</strong> perseguono con le armi. I <strong>va</strong>ntaggi che a prima vista l’Italia fascista ave<strong>va</strong><br />

rispetto a quella del 1911 – 17, all’epoca di quella che <strong>si</strong> potrebbe definire la prima guerra<br />

italo­senus<strong>si</strong>ta, erano una maggiore volontà politica nel perseguire la colonizzazione,<br />

l’esperienza militare della guerra mondiale e il possesso di ba<strong>si</strong> stabili in Cirenaica, ma<br />

veni<strong>va</strong>no compen<strong>sa</strong>ti <strong>da</strong>l discredito con cui i Beduini giudica<strong>va</strong>no adesso i propri nemici.<br />

Per questo motivo, limitare, come fa il film perseguendo i propri fini narrativi, tutto il<br />

discorso della re<strong>si</strong>stenza in Cirenaica alla sola figura di Omar al Mukhtàr, senza dubbio<br />

grande protagonista e uomo di qualità straordinarie, <strong>si</strong>gnifica ridurre il <strong>va</strong>lore che questa<br />

lotta ebbe per tutta la popolazione, che vi partecipò. La capacità per queste genti, divise<br />

<strong>da</strong> sempre in tribù, di scoprir<strong>si</strong> popolo, l’incredibile coraggio con cui affrontarono le<br />

avver<strong>si</strong>tà e le pri<strong>va</strong>zioni della guerra, la tenacia con cui es<strong>si</strong> per vent’anni tennero testa<br />

alla dominazione italiana con il loro “governo della notte” 0 devono farci riflettere sulla loro<br />

grandezza morale: di un popolo che con alcuni anni d’anticipo subì l’orrendo destino che<br />

attende<strong>va</strong> il resto del mondo e la cui esperienza di re<strong>si</strong>stenza patriottica <strong>non</strong> ha motivo di<br />

essere con<strong>si</strong>derata minoritaria rispetto a quelle europee, e dell’odioso razzismo in<strong>si</strong>to nel<br />

colonialismo italiano (come in tutti i colonialismi) che <strong>non</strong> riuscì né volle mai comprendere<br />

la millenaria civiltà araba, tentò sempre di distruggerla radicalmente con<strong>si</strong>derandola<br />

“primiti<strong>va</strong>, <strong>non</strong> neces<strong>sa</strong>riamente catti<strong>va</strong> ma comunque inferiore ed infantile”, 0 e che nella<br />

sua fase fascista fu in grado di generare una organica legislazione razzista fra le più<br />

brutali della storia.<br />

Per questi motivi <strong>non</strong> deve essere dimenticato che la re<strong>si</strong>stenza dei Beduini della<br />

Cirenaica fu lotta di popolo come e forse più che le lotte patriottiche che avranno l’Europa<br />

per teatro di lì a qualche anno, che ebbe luogo e durò a lungo grazie alla partecipazione<br />

di tutta la popolazione, cui le bande di Omar al­Mukhtàr rappresentano il braccio armato.<br />

Per questo la biografia di Sidi Umar è scarna e limitata, e generalmente le fonti su di lui<br />

0 Sempre nel film, a Sharif­al­Gariani che tenta di indurlo a scendere a patti con gli Italian,i Omar risponde: “No, <strong>si</strong><br />

sono impadroniti di questa terra di giorno, ma noi, con l’aiuto do Dio, ce la riprenderemo di notte”. Lo stesso Graziani<br />

dedica alcune pagine della sua antologia Pace romana in Libia Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1937 p. 237 – 248, a questa<br />

espres<strong>si</strong>one u<strong>sa</strong>ta <strong>da</strong>i ribelli per identificare il potere senus<strong>si</strong>ta alternativo a quello italiano.<br />

0 Rochat G., Il colonialismo italiano, Loescher ed., Torino, 1972, p.222.<br />

77


sono principalmente scritti italiani (Graziani primo tra tutti). Ne farò brevemente cenno ma<br />

è utile soffermar<strong>si</strong> anche sulla struttura della società cirenaica.<br />

E<strong>va</strong>ns – Pritchard fu political officer in Cirenaica, fra il 1942 e 1944, quando fu campo di<br />

battaglia di Italiani e Tedeschi contro gli Ingle<strong>si</strong>, in quell’occa<strong>si</strong>one svolse il suo lavoro sui<br />

Senus<strong>si</strong>, ed egli descrive Sidi Umar al­Mukhtàr “l’indomito, l’anima della re<strong>si</strong>stenza, una<br />

rara combinazione di beduino e sceicco senus<strong>si</strong>ta. Nacque nel 1882 (…) venne educato<br />

<strong>da</strong>pprima alla scuola senus<strong>si</strong>ta di Gianzur e in seguito a Giarabub, Ahmad al­Sharif lo<br />

nominò sceicco del monastero di el­Gsur <strong>dove</strong> rimase solo due anni prima di essere<br />

richiamato a Cufra per combattere contro i France<strong>si</strong> nel Wa<strong>da</strong>i. Più tardi ebbe una parte di<br />

rilievo nella guerra contro gli Italiani e poi nella re<strong>si</strong>stenza negli anni che seguirono. Nel<br />

1923 venne chiamato alla direzione della lotta, ave<strong>va</strong> già pas<strong>sa</strong>to i ses<strong>sa</strong>nt’anni: era un<br />

uomo semplice, religioso, coraggioso, sprezzante degli onori e dei succes<strong>si</strong> mon<strong>da</strong>ni, e<br />

dotato di una tenacia e una capacità di re<strong>si</strong>stenza fi<strong>si</strong>ca <strong>si</strong>ngolari 0 ”. Sempre l’antropologo<br />

inglese racconta che al­Mahdi di lui disse: “Se aves<strong>si</strong> dieci uomini come Umar <strong>non</strong><br />

avremmo bisogno di averne altri”, e lo stesso Graziani parla<strong>va</strong> di lui come “il nostro<br />

irriducibile nemico, il fedele e abile servitore di Idris, il cuore e l’anima della rivolta<br />

cirenaica 0 ”.<br />

<strong>Quando</strong> assunse il comando generale delle operazioni nel 1923 Omar al­Mukhtàr ave<strong>va</strong><br />

già 63 anni e ave<strong>va</strong> pas<strong>sa</strong>to la vita insegnando il Corano nella zavia di el Gsur e a<br />

difendere la sua terra <strong>da</strong>i france<strong>si</strong> prima e <strong>da</strong>gli italiani poi. Graziani lo descrive: “di statura<br />

media, piuttosto tarchiato, con capelli, barba e baffi bianchi, dotato di intelligenza pronta e<br />

vi<strong>va</strong>ce, colto in materia religio<strong>sa</strong>, pale<strong>sa</strong><strong>va</strong> carattere energico ed irruente, di<strong>si</strong>nteres<strong>sa</strong>to<br />

ed intran<strong>si</strong>gente, ed era rimasto molto religioso e povero <strong>non</strong>ostante fosse diventato una<br />

delle personalità più rile<strong>va</strong>nti della Senus<strong>si</strong>a” 0 . Un ritratto incredibilmente lu<strong>si</strong>nghiero<br />

con<strong>si</strong>derando che a scriverlo è l’acerrimo nemico che lo farà impiccare. Ma Graziani<br />

minimizza il genio militare di questo patriota che <strong>da</strong>rà filo <strong>da</strong> torcere a lui e all’Italia per<br />

vent’anni. Infatti Omar, dotato di grande carisma e rispettato <strong>da</strong> tutti i beduini per la sua<br />

vita povera ed il <strong>va</strong>lore dimostrato in battaglia ha il grande merito di costruire una vera<br />

organizzazione politico­militare in grado di tener testa alle truppe italiane, composte <strong>da</strong><br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard E., Colonialismo e re<strong>si</strong>stenza religio<strong>sa</strong> nell’Africa settentionale­ I Senus<strong>si</strong> di Cirenaica, Ed. Del<br />

Prisma, Catania, 1979, p. 170.<br />

0 “La pacificazione della Cirenaica” in Rivista delle Colonie Italiane, 1932, p.235.<br />

0 Graziani Rodolfo, Cirenaica pacificata, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1932, p. 265.<br />

78


circa 20 mila uomini contro i suoi 2 o 3 mila (ma in alcuni periodi solo un migliaio), dotate<br />

di mezzi moderni, rifornite puntualmente e coperte <strong>da</strong>ll’aviazione che perlustra e<br />

bombar<strong>da</strong> 0 .<br />

Al Naib al­‘Amm e cioè, il rappresentante generale della Senus<strong>si</strong>a in Cirenaica, questo è il<br />

titolo con cui la Senus<strong>si</strong>a defini<strong>va</strong> il suo incarico, per nulla in soggezione di fronte ad un<br />

così grande dispiegamento di forze, era qua<strong>si</strong> sempre all’attacco: lo testimoniano i 53<br />

combattimenti e 210 scontri che <strong>si</strong> successero nell’ultimo anno di guerriglia. Grazie a<br />

questa au<strong>da</strong>cia il suo nome diventò presto <strong>si</strong>mbolo della re<strong>si</strong>stenza e s’impose tra i<br />

mujiahidin come autentico capo, il rispetto e la devozione con cui i suoi sol<strong>da</strong>ti lo<br />

segui<strong>va</strong>no gli permisero di mantenere unite le tribù nelle vicis<strong>si</strong>tudini della guerra in<br />

Cirenaica, co<strong>sa</strong> che <strong>non</strong> era avvenuta in Tripolitania e che ave<strong>va</strong> favorito il gioco degli<br />

italiani 0 . Dimostrando grandi capacità di mediazione Omar al­Mukthàr cuce e ricuce le<br />

alleanze, appiana i contrasti e liqui<strong>da</strong> gli antagonismi. <strong>Quando</strong> un uomo assomma<strong>va</strong> in sé<br />

le qualità di <strong>sa</strong>nto marabat e di combattente della fede mujhiaid, i Beduini erano pronti a<br />

seguirlo fino all’estremo <strong>sa</strong>crificio. E’ lo stesso Graziani a descrivercelo come marabutto,<br />

cioè un <strong>sa</strong>ntone dotato di baraka, letteralmente di “benedizione”, potere magico e<br />

carismatico, quando lo avrà a colloquio, appena catturato, il 14 settembre 1931, il giorno<br />

prima di venire proces<strong>sa</strong>to: “Mi <strong>si</strong> presenta all’ingresso del mio ufficio, sotto l’aspetto dei<br />

mille marabutti che ho incontrato nelle mie peregrinazioni desertiche. E’ ammanettato, <strong>si</strong><br />

trascina male sui piedi gotto<strong>si</strong>; ha il volto pressoché coperto <strong>da</strong>l barracano. In complesso<br />

ho l’impres<strong>si</strong>one di avere di fronte a me un uomo modesto e dimesso, pur se umiliato<br />

<strong>da</strong>lla prigionia” 0 .<br />

0 Le cifre sono in Del Boca A., Italiani in Libia, Dal fascismo a Ghed<strong>da</strong>fi, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1994, pag. 67. Sul<br />

numero degli scontri e combattimenti nell’ultimo anno concor<strong>da</strong> pure E<strong>va</strong>ns Pritchard, op. cit., pag 172.<br />

0 Il movimento di re<strong>si</strong>stenza in Tripolitania <strong>non</strong> può essere comparato a quello cirenaico per l’assenza di un apparato<br />

direzionale unitario quale la Senus<strong>si</strong>a, che pure operò nella regione. Molti capi mehalla veni<strong>va</strong>no nominati <strong>da</strong> Idris capi<br />

dell’esercito nazionale islamico, ma altri erano semplicemente capi tribali che scende<strong>va</strong>no in battaglia coi propri<br />

uomini. Manca<strong>va</strong> insomma un capo di prestigio che <strong>sa</strong>pesse riunire i ribelli facendoli superare le loro ri<strong>va</strong>lità come<br />

invece è stato Omar al­Mukhtàr in Cirenaica. Un episodio <strong>si</strong>gnificativo delle cri<strong>si</strong> che indeboli<strong>va</strong>no il movimento di<br />

re<strong>si</strong>stenza in Del Boca A., op. cit., pag. 41.<br />

0 Graziani Rodolfo, Cirenaica pacificata, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1936, pag. 272.<br />

79


3.5 Struttura sociale degli arabi della Cirenaica: la Senus<strong>si</strong>a<br />

In Cirenaica la maggior parte del territorio è desertico, se pos<strong>si</strong>bile ancora più povero di<br />

quello della Tripolitania, ma nella parte settentrionale, a ridosso della costa, sorge il Gebel<br />

Ach<strong>da</strong>r, un altopiano grande all’incirca come la Sicilia, che raggiunge i 1000 metri vicino<br />

alla costa per poi dira<strong>da</strong>re lentamente verso il deserto. Grazie a piogge invernali più<br />

intense che nel resto della Libia, l’altopiano presenta sorgenti e pascoli anche nella<br />

stagione esti<strong>va</strong>. Negli anni ’20 ave<strong>va</strong> una popolazione di circa 100.000 seminomadi che<br />

alle<strong>va</strong><strong>va</strong>no oltre un milione di capre e pecore e probabilmente 150.000 cammelli, ca<strong>va</strong>lli e<br />

bovini (le fonti sono <strong>da</strong> cen<strong>si</strong>menti turchi, condotti in maniera piuttosto appros<strong>si</strong>mati<strong>va</strong>), le<br />

tribù <strong>si</strong> sposta<strong>va</strong>no secondo percor<strong>si</strong> fis<strong>si</strong>, utilizzando in inverno e primavera i pascoli dei<br />

ver<strong>sa</strong>nti meridionali più poveri di piogge e in estate ed autunno i terreni più umidi, a<strong>da</strong>tti<br />

pure alla colti<strong>va</strong>zione di cereali.<br />

Dal punto di vista militare, il Gebel, con un territorio rotto <strong>da</strong> frequenti spaccature e<br />

intran<strong>si</strong>tabile <strong>da</strong> mezzi motorizzati, coperto <strong>da</strong> vegetazione <strong>si</strong>mile alla macchia<br />

mediterranea, limita<strong>va</strong> fortemente l’impiego della superiorità tecnologica, con cui le forze<br />

italiane domina<strong>va</strong>no le zone desertiche pianeggianti, e invece favori<strong>va</strong> la guerriglia.<br />

La re<strong>si</strong>stenza delle tribù del Gebel Ach<strong>da</strong>r era condotta <strong>da</strong> un’organizzazione unitaria ed<br />

efficiente: la Senus<strong>si</strong>a. La civiltà musulmana <strong>non</strong> conosce una distinzione tra potere<br />

politico e religioso e la Senus<strong>si</strong>a era proprio una confraternita nata a metà ‘800 come<br />

movimento per il risveglio dell’Islam, la cui organizzazione politico­religio<strong>sa</strong> la diffuse in<br />

una <strong>va</strong>sta area a ovest dell’Egitto come un potere politico di fatto. Inizialmente infatti il<br />

movimento mira<strong>va</strong> solo al risveglio di un sentimento d’unità religio<strong>sa</strong> islamica tra tribù<br />

“tiepide”, secondo ideali di pacifismo, giustizia, educazione e proselitismo. Ma i fattori di<br />

unità sociale su cui poggia<strong>va</strong> il movimento Senus<strong>si</strong>ta, <strong>si</strong>a <strong>da</strong> un punto di vista<br />

organizzativo che religioso, era di <strong>sa</strong>per<strong>si</strong> volgere a nuove funzioni in rapporto alla<br />

<strong>si</strong>tuazione ambientale rappresentata <strong>da</strong>l deserto (limitati terreni <strong>da</strong> pascolo, limitati posti<br />

d’acqua, ospitalità verso i caro<strong>va</strong>nieri) e alle e<strong>si</strong>genze più <strong>va</strong>rie.<br />

Fon<strong>da</strong>ta nel 1843 <strong>da</strong> Alì al­Senus<strong>si</strong>, detto il “Gran Senusso”, la confraternita seppe<br />

<strong>da</strong>pprima conglobare le esperienze di altri ordini islamici diffu<strong>si</strong> nell’Africa mediterranea e<br />

in Arabia al fine di soddisfare le e<strong>si</strong>genze di autonomia dei Beduini <strong>da</strong>l califfato ottomano,<br />

80


che nel 1835 ave<strong>va</strong> ripreso il controllo della regione; poi la “<strong>sa</strong>ntificazione” del suo<br />

fon<strong>da</strong>tore (marabutto) gli diede un carattere più chiaro e definito: rispondendo al bisogno<br />

di identità culturale e religio<strong>sa</strong> ma pure politica della società beduina nei confronti delle<br />

interferenze straniere.<br />

L’organizzazione per logge dette zauie corrispondenti alle sezioni tribali e gui<strong>da</strong>te <strong>da</strong> uno<br />

sceicco scelto per prestigio, influenza, educazione, coraggio e ricchezza, slegato <strong>da</strong><br />

vincoli locali di faide e lealtà e perciò a<strong>da</strong>tto a svolgere un ruolo di mediazione tra tribù,<br />

creò i presupposti per una unità “supertribale”.<br />

Il cui nucleo organizzativo della rete di logge, la zauia, era un centro di culto e di studio e<br />

un punto d’incontro e commercio, il suo sceicco ave<strong>va</strong> il compito di amministrare la<br />

giustizia e riscuotere le decime religiose, cioè le tasse, regolando di fatto la vita locale <strong>da</strong>l<br />

punto di vista economico, militare ed amministrativo. Questa base di tendenziale unità <strong>si</strong><br />

emancipò in un vero e proprio spirito di liberazione politico­religio<strong>sa</strong> nel momento in cui<br />

venne sottoposta alla pres<strong>si</strong>one dell’in<strong>va</strong><strong>si</strong>one italiana. Poiché la rete di zauie era retta<br />

con criteri unitari <strong>da</strong>l Senusso, capo della famiglia discendente <strong>da</strong>l fon<strong>da</strong>tore e <strong>da</strong>i suoi<br />

rappresentanti, la Senus<strong>si</strong>a veni<strong>va</strong> a costituire una vera organizzazione statale che<br />

risponde<strong>va</strong> pienamente alle e<strong>si</strong>genze dei nomadi e seminomadi delle regioni desertiche<br />

<strong>sa</strong>hariane. La Senus<strong>si</strong>a <strong>non</strong> riuscì ad estendere il proprio dominio in Tripolitania, ma<br />

ave<strong>va</strong> influenza sulla Cirenaica, nelle regioni centrali del Sahara fino al lago Ciad.<br />

Questo <strong>va</strong>sto dominio venne già messo in cri<strong>si</strong> <strong>da</strong>ll’espan<strong>si</strong>one francese nel Sahara<br />

all’inizio del Novecento: la Senus<strong>si</strong>a fu respinta a nord, verso la Cirenaica (formalmente<br />

dominio turco ma che in realtà <strong>si</strong> limita<strong>va</strong> al solo controllo della costa) e l’Egitto<br />

occidentale. Nel Gebel cirenaico il radicamento della confraternita risultò forte e capace di<br />

regolare la vita delle tribù. Così pose fine alle tradizionali lotte per il controllo dei pascoli e<br />

organizzò gli scambi con l’Egitto, vitali per le popolazioni che pote<strong>va</strong>no ottenere cereali,<br />

zucchero, the e manufatti industriali in cambio di bestiame e prodotti d’alle<strong>va</strong>mento.<br />

L’affermazione della confraternita coincide <strong>non</strong> a caso con l’inizio dell’in<strong>va</strong><strong>si</strong>one italiana. I<br />

Beduini furono animati alla dife<strong>sa</strong> delle loro terre, in particolare durante la tenace<br />

re<strong>si</strong>stenza nella secon<strong>da</strong> guerra italo­senus<strong>si</strong>ta (1923­1932) <strong>da</strong>ll’ispirazione che proveni<strong>va</strong><br />

loro <strong>da</strong>lla comune appartenenza alla confraternita senus<strong>si</strong>ta. Scrive E<strong>va</strong>ns Pritchard “quel<br />

che conferì stabilità al rapporto fra tribù beduine e la confraternita, quel che trasformò un<br />

capo religioso in un leader secolare e un’organizzazione religio<strong>sa</strong> in un movimento politico<br />

81


ed una sconnes<strong>sa</strong> organizzazione di tribù in un organismo nazionale fu l’intru<strong>si</strong>one degli<br />

stranieri, in primo luogo degli Italiani”. 0 Le autorità politiche e militari italiane sbagliarono<br />

pen<strong>sa</strong>ndo che i beduini li avrebbero riconosciuti come liberatori <strong>da</strong>l dominio secolare dei<br />

Turchi, questi ultimi risultarono invece i naturali alleati dei cirenaici: anch’es<strong>si</strong> musulmani e<br />

culturalmente più affini e<strong>si</strong>ge<strong>va</strong>no tributi pecuniari, a differenza degli Italiani, cristiani, che<br />

sottrae<strong>va</strong>no le loro terre.<br />

Il comportamento della Senus<strong>si</strong>a dinanzi agli Italiani in Cirenaica fu in sostanza lineare:<br />

scarso impegno nella guerra del 1911­12 <strong>dove</strong> la re<strong>si</strong>stenza delle popolazioni costiere fu<br />

gui<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>gli ufficiali turchi, piena disponibilità ad una trattati<strong>va</strong> che lasciasse i porti e la<br />

barga 0 agli Italiani, ferma oppo<strong>si</strong>zione ad ogni tipo di penetrazione sull’altopiano e<br />

nell’entroterra desertico. Pertanto ai primi scontri del 1913­14 fece seguito un lungo<br />

periodo di relati<strong>va</strong> tranquillità poiché le autorità italiane, preoccupate di controllare la<br />

<strong>si</strong>tuazione as<strong>sa</strong>i difficile in Tripolitania e poi impegnate nel conflitto mondiale, rinunciarono<br />

ad una politica di forza in Cirenaica.<br />

Nel 1916, dopo che gli Ingle<strong>si</strong> respinsero una breve puntata offen<strong>si</strong><strong>va</strong> della Senus<strong>si</strong>a in<br />

Egitto occidentale, la direzione dell’organizzazione fu assunta <strong>da</strong>l gio<strong>va</strong>nis<strong>si</strong>mo e<br />

moderato Mohammed Idris (futuro re di Libia <strong>da</strong>l 1951 al 1969) il quale nell’aprile del 1917<br />

strinse con le autorità italiane il patto di Acroma, che di fatto divide<strong>va</strong> la Cirenaica in due<br />

zone d’influenza: fascia costiera agli Italiani e il restante territorio ai senus<strong>si</strong>ti.<br />

Da parte italiana <strong>si</strong> proseguì questa politica di compromesso pure nell’immediato<br />

dopoguerra e perciò <strong>si</strong> giunse con la Senus<strong>si</strong>a, che <strong>non</strong> ave<strong>va</strong> interesse a scendere in<br />

conflitto nel tentativo di estendere il proprio dominio sulla costa, agli accordi di er Regima<br />

nell’ottobre 1920 confermati l’anno seguente a Bu Mariam. Il governo italiano riconobbe a<br />

Idris il titolo di emiro dei Senus<strong>si</strong>, cioè il rango di sovrano e in cambio di laute sovvenzioni<br />

questi accettò la sovranità italiana in Cirenaica, pur conser<strong>va</strong>ndo tuttavia<br />

l’amministrazione delle oa<strong>si</strong> e delle regioni desertiche e di fatto il controllo del Gebel e di<br />

tenervi degli armati.<br />

Con questi accordi l’Italia rinunciò ad imporre il proprio dominio diretto sul paese,<br />

puntando così su una penetrazione pacifica e sullo sfruttamento delle risorse economiche.<br />

0 E. Pritchard, op. cit., p. 69.<br />

0 Barga, così veni<strong>va</strong> chiamata la zona pianeggiante vicino alla costa.<br />

82


Le cose cambiarono con all’avvento al potere del fascismo, ripudiati gli accordi, tentò<br />

subito di stabilire un dominio diretto sul Gebel e sulle altre terre controllate <strong>da</strong>lla Senus<strong>si</strong>a.<br />

La guerra, che venne via via facendo<strong>si</strong> più aspra, fu rivolta solo contro i Beduini e <strong>non</strong><br />

contro gli Arabi della Cirenaica, che vive<strong>va</strong>no nelle città della costa e che, pur <strong>non</strong><br />

nascondendo le proprie <strong>si</strong>mpatie per i ribelli, <strong>non</strong> presero mai parte alla re<strong>si</strong>stenza. Tra le<br />

stesse tribù beduine alcune restarono neutrali a cau<strong>sa</strong> della propria vulnerabilità: i<br />

Baraghtha e altre sezioni Auaghir, gli Arafa, gli Ha<strong>sa</strong>, alcuni Dor<strong>sa</strong> e gran parte degli<br />

Abei<strong>da</strong>t. 0<br />

Queste sezioni, tradizionalmente pacifiche, gravita<strong>va</strong>no verso il nord, verso la costa e<br />

ave<strong>va</strong>no sempre mantenuto buoni rapporti con la popolazione urbana e l’amministrazione<br />

turca, nel momento in cui i funzionari italiani <strong>si</strong> sostituirono a quelli turchi i contatti venere<br />

ripre<strong>si</strong> prontamente.<br />

Le sezioni tribali più nomadi e bellicose erano costrette a gravitare verso il sud, verso il<br />

deserto, spinte lontano <strong>da</strong>gli insediamenti stabili a cau<strong>sa</strong> dell’in<strong>va</strong><strong>si</strong>one. Questi coraggio<strong>si</strong><br />

ca<strong>va</strong>lieri, la cui storia <strong>non</strong> era altro che una lunga serie di guerre tribali, ave<strong>va</strong>no rivolto<br />

poca attenzione ai Turchi, <strong>si</strong> erano rifiutati di scendere a patti nel corso della prima guerra<br />

con gli italiani, ave<strong>va</strong>no sdegno<strong>sa</strong>mente ignorato chi, nei succes<strong>si</strong>vi anni di pace in<br />

Cirenaica, ave<strong>va</strong> cercato di intrometter<strong>si</strong> e seminar zizzania fra le tribù e <strong>si</strong> prepara<strong>va</strong>no<br />

ad opporre ostinata re<strong>si</strong>stenza alle nuove mire dell’Italia fascista.<br />

Negli anni di pace in Cirenaica, quelli in cui l’Italia era impegnata nel conflitto mondiale, il<br />

lavoro della propagan<strong>da</strong> italiana <strong>non</strong> cessò: l’amministrazione cerca<strong>va</strong> di attrarre nella<br />

propria sfera d’influenza, attraverso i commerci ed i legami amministrativi, il maggior<br />

numero di sezioni tribali pacifiche e sedentarie. Per parte sua la Senus<strong>si</strong>a cerca<strong>va</strong> di<br />

strapparle al controllo italiano, di <strong>non</strong> far loro pas<strong>si</strong><strong>va</strong>mente accettare il controllo degli<br />

stranieri e di eliminare la propagan<strong>da</strong> dei colonialisti.<br />

<strong>Quando</strong> la guerra riprese, l’Italia, rispetto al 1911, ave<strong>va</strong> il <strong>va</strong>ntaggio di occupare tutti i<br />

centri più importanti della regione, ma crede<strong>va</strong> pure di aver definiti<strong>va</strong>mente relegato,<br />

grazie ai genero<strong>si</strong> sus<strong>si</strong>di e all’inces<strong>sa</strong>nte propagan<strong>da</strong>, la Senus<strong>si</strong>a in qualche lontana<br />

oa<strong>si</strong> dell’interno. Le sezioni costiere rimasero fuori <strong>da</strong>lla guerra e furono con<strong>si</strong>derate <strong>da</strong>gli<br />

Italiani “i sottomes<strong>si</strong>”, in oppo<strong>si</strong>zione ai “ribelli” che è come veni<strong>va</strong>no indicate le sezioni in<br />

0 L’elenco è in E<strong>va</strong>ns Pritchard, op. cit., p. 161.<br />

83


aperta ribellione. 0 In maniera piuttosto superficiale la politica italiana <strong>si</strong> limitò a con<strong>si</strong>derare<br />

amici i collaborazionisti e cercò di creare inimicizie tra costoro e i ribelli. Dalle sezioni<br />

sottomesse i patrioti <strong>si</strong> aspetta<strong>va</strong>no aiuto, rifugio, e ogni altra co<strong>sa</strong> potesse servire loro e<br />

se <strong>non</strong> lo ottene<strong>va</strong>no lo prende<strong>va</strong>no con la forza: il prestigio e l’autorità<br />

dell’amministrazione italiana <strong>si</strong> verifica<strong>va</strong>no nella capacità che es<strong>sa</strong> ave<strong>va</strong> di proteggere i<br />

sottomes<strong>si</strong> e di impedire che i ribelli li utilizzassero come ba<strong>si</strong> per le loro operazioni. La<br />

tattica italiana prevede<strong>va</strong> quindi il costante pattugliamento o la fornitura d’armi alla<br />

popolazione sottomes<strong>sa</strong> perché difendesse i propri averi <strong>da</strong>lle confische dei ribelli, che<br />

erano con<strong>si</strong>derate brigantaggio <strong>da</strong>gli Italiani e decime religiose <strong>da</strong>i patrioti. Il fine ultimo di<br />

questa politica tende<strong>va</strong> a creare uno stato di perenne guerra civile in Cirenaica tra le tribù,<br />

cercando di approfittare delle storiche inimicizie tra le <strong>va</strong>rie sezioni e sperando che i<br />

Beduini avrebbero iniziato a combatter<strong>si</strong> l’un l’altro. Il ministro delle colonie Federzoni<br />

auspico che con questo metodo <strong>si</strong> stabilissero in Cirenaica, tra ribelli e sottomes<strong>si</strong> dei<br />

“solchi di <strong>sa</strong>ngue”, che il problema della connivenza venisse risolto una volta per tutte in<br />

questa maniera 0 .<br />

Entrambe queste misure <strong>si</strong> ritorsero contro gli in<strong>va</strong>sori: per essere efficaci nel<br />

pattugliamento, infatti, le pattuglie <strong>dove</strong><strong>va</strong>no essere mobili, quindi piccole e dunque<br />

costantemente alla mercè dei guerriglieri e con la fornitura di armi gli Italiani divennero in<br />

pratica una delle maggiori fonti di rifornimento dei patrioti che le sottrae<strong>va</strong>no o se le<br />

face<strong>va</strong>no consegnare <strong>da</strong>i sottomes<strong>si</strong>. Gli Italiani collezionarono delu<strong>si</strong>oni a cau<strong>sa</strong> di<br />

queste superficiali con<strong>si</strong>derazioni che gui<strong>da</strong><strong>va</strong>no la loro politica, i continui tradimenti nel<br />

campo “amico” semina<strong>va</strong>no un clima di sospetto e risentimento tra le autorità a Benga<strong>si</strong>.<br />

Ciò che sfuggi<strong>va</strong> loro era che tutta la Cirenaica era in lotta contro l’Italia: i sottomes<strong>si</strong><br />

erano, al pari dei ribelli, dei Beduini, gelo<strong>si</strong> gli uni degli altri e ostili verso le altre tribù, ma<br />

uniti <strong>da</strong> vincoli di <strong>sa</strong>ngue e <strong>non</strong> di rado legami personali e <strong>da</strong> un comune stile di vita che<br />

comprende<strong>va</strong> la stes<strong>sa</strong> fede, la stes<strong>sa</strong> lingua, la stes<strong>sa</strong> legge. Tutti con<strong>si</strong>dera<strong>va</strong>no gli<br />

Italiani degli oppressori che <strong>si</strong> possono servire ma <strong>non</strong> amare, 0 e fu propria la nuo<strong>va</strong> linea<br />

politica del <strong>non</strong> compromesso inaugurata col fascismo ad aprire gli occhi alle autorità<br />

0 Nelle fonti italiane del periodo, per definire i beduini, <strong>si</strong> parla di ribelli, mentre E<strong>va</strong>ns Pritchard parla di guerra e <strong>non</strong><br />

di ribellione e li indica con il nome di patrioti: “Poiché ho avver<strong>si</strong>one per il linguaggio dell’imperialismo coloniale che<br />

clas<strong>si</strong>fica come ribellione il rispettabile sforzo di difendere i propri averi e la propria terra <strong>da</strong>ll’aggres<strong>si</strong>one straniera”,<br />

op. cit., p. 162.<br />

0 ASMAI Libia, pos. 122/31 f.287 Federzoni a Teruzzi, telegramma 7803 del 16 dicembre 1927.<br />

0 E. Pritchard, op. cit., p. 165.<br />

84


italiane incaricate della repres<strong>si</strong>one: “l’intera popolazione prese così parte, direttamente o<br />

indirettamente alla ribellione”. 0<br />

Si spiega così la manifesta connivenza tra sottomes<strong>si</strong> e ribelli alle spalle delle autorità<br />

italiane che cercarono di estirparla con metodi brutali e <strong>va</strong>ni senza intendere la realtà in<br />

cui <strong>si</strong> tro<strong>va</strong><strong>va</strong>no ad operare.<br />

3.5.1 I collaborazionisti<br />

I collaborazionisti o mtalyanin, come li chiama<strong>va</strong>no i patrioti, beduini poveri che vive<strong>va</strong>no<br />

vicino alla costa e che <strong>si</strong> erano arruolati nelle forze italiane come poliziotti, irregolari,<br />

mano<strong>va</strong>li e cammellieri, ma pure come guide, informatori e funzionari, <strong>non</strong> e<strong>si</strong>ta<strong>va</strong>no ad<br />

appoggiare i patrioti quando <strong>si</strong> presenta<strong>va</strong> l’occa<strong>si</strong>one. Spesso fucili e munizioni italiane e<br />

pure la paga che costoro riceve<strong>va</strong>no <strong>da</strong>gli Italiani erano consegnate ai patrioti, molti<br />

scontri tra sottomes<strong>si</strong> e guerriglieri erano dei pretesti per coprire doni di munizioni e altre<br />

vetto<strong>va</strong>glie, oppure dopo un combattimento il terreno veni<strong>va</strong> lasciato cosparso di<br />

munizioni in maniera che i ribelli potessero poi raccoglierle. Si giunse a scoprire che le<br />

popolazioni sottomesse face<strong>va</strong>no pascolare i propri ca<strong>va</strong>lli lontano <strong>da</strong>gli accampamenti in<br />

maniera che i patrioti se ne potessero servire per le loro operazioni. 0 Questi battaglioni<br />

indigeni rappresenta<strong>va</strong>no per i patrioti “una sorta di depo<strong>si</strong>to di uomini, armi e informazioni<br />

per le formazioni senus<strong>si</strong>te” 0 .<br />

In effetti una popolazione sottomes<strong>sa</strong> risulta<strong>va</strong> talmente utile ai patrioti che alcune volte<br />

furono gli stes<strong>si</strong> sceicchi tribali ad accor<strong>da</strong>r<strong>si</strong> tra loro per decidere chi <strong>dove</strong>sse<br />

sottometter<strong>si</strong> e chi invece <strong>dove</strong>sse restare a combattere.<br />

3.5.2 I “sottomes<strong>si</strong>”<br />

D’altronde la condizione delle sezioni sottomesse <strong>non</strong> era certo delle migliori: costrette a<br />

vivere vicino alle postazioni italiane subi<strong>va</strong>no continuamente ispezioni nei propri<br />

accampamenti <strong>dove</strong> gli Italiani face<strong>va</strong>no ostaggi e confisca<strong>va</strong>no ca<strong>va</strong>lli, per di più le zone<br />

di pascolo e semina a cui i sottomes<strong>si</strong> ave<strong>va</strong>no accesso erano rigi<strong>da</strong>mente delimitate.<br />

0 Graziani, op. cit., p. 60.<br />

0 E. Pritchard, op. cit., p. 164.<br />

0 La pulizia del Gebel cirenaico” <strong>da</strong> “Gadria”, L’Oltremare, dicembre 1930.<br />

85


Se le autorità italiane scopri<strong>va</strong>no connivenze tra i membri delle sezioni e le bande di<br />

ribelli ( e spesso <strong>si</strong> tratta<strong>va</strong> di relazioni tra parenti) i sottomes<strong>si</strong> veni<strong>va</strong>no multati in cereali<br />

ed animali, gli accampamenti bruciati, spesso erano gettati in prigione e qualche volta<br />

fucilati. Per altra parte, se es<strong>si</strong> <strong>non</strong> riforni<strong>va</strong>no i patrioti di vetto<strong>va</strong>glie o se <strong>non</strong> paga<strong>va</strong>no<br />

le decime per supportare la re<strong>si</strong>stenza corre<strong>va</strong>no il rischio di subire azioni punitive <strong>da</strong><br />

parte degli stes<strong>si</strong> guerriglieri. Così, ves<strong>sa</strong>ti <strong>da</strong>gli Italiani, lasciati in balìa dei patrioti,<br />

soggetti alle rappre<strong>sa</strong>glie di entrambi, per il sottomes<strong>si</strong> era più conveniente combattere<br />

nelle bande come mujhiaidin che vivere sotto la qua<strong>si</strong> ine<strong>si</strong>stente protezione italiana. E<br />

infatti, <strong>non</strong>ostante il mas<strong>sa</strong>cro a cui i patrioti furono sottoposti nel corso delle guerre<br />

contro l’Italia, in cui il numero dei caduti supera di gran lunga quello degli uomini<br />

impegnati negli scontri in ogni tempo, il numero dei guerriglieri rimase praticamente<br />

in<strong>va</strong>riato fino al termine della guerra: ogni volta che un uomo cade<strong>va</strong> ce n’era uno pronto<br />

a sostituirlo.<br />

Oltre alla connivenza tra popolazione sottomes<strong>sa</strong> e bande beduine c’era poi la difficoltà<br />

per gli Italiani nel distinguere tra un beduino guerrigliero e uno sottomesso: dopo uno<br />

scontro i ribelli <strong>non</strong> face<strong>va</strong>no altro che nascondere le proprie armi e disperder<strong>si</strong> tra i<br />

pastori. Non di rado i militari italiani scoprirono carte d’identità italiane addosso a<br />

guerriglieri catturati o ucci<strong>si</strong>, rilasciate loro mentre erano negli accampamenti “mascherati”<br />

<strong>da</strong> sottomes<strong>si</strong> 0 . Con queste stesse carte d’identità era poi pos<strong>si</strong>bile ricevere le razioni<br />

italiane o as<strong>si</strong>stenza <strong>sa</strong>nitaria ed è probabile che qualche guerrigliero ferito in<br />

combattimento <strong>si</strong> fece curare in ospe<strong>da</strong>li italiani affermando di essere stato colpito mentre<br />

difende<strong>va</strong> il proprio gregge.<br />

In Cirenaica, negli ambienti italiani, <strong>si</strong> pro<strong>va</strong><strong>va</strong> un forte senso di in<strong>si</strong>curezza in relazione<br />

alla concretezza dei risultati a cui <strong>si</strong>a era giunti. Si ave<strong>va</strong> a che fare con un nemico di<br />

implacabile ostilità ma così informe <strong>da</strong> risultare inestirpabile, una apparente calma<br />

regna<strong>va</strong> in tutta la colonia, ma solo fino alla pros<strong>si</strong>ma mos<strong>sa</strong> dei guerriglieri, che pote<strong>va</strong><br />

arri<strong>va</strong>re <strong>da</strong> qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> direzione: “<strong>si</strong> diffuse un clima di sospetto in cui ogni arabo era<br />

nemico, ogni cespuglio un agguato e ogni roccia e sporgenza un nido di franchi tiratori, la<br />

campagna assunse una fi<strong>si</strong>onomia distorta e irreale. Si trasformò in un fantastico gioco<br />

0 E. Pritchard, op. cit., p. 166.<br />

86


d’ombre in cui dozzine di episodi senza relazione tra di loro veni<strong>va</strong>no proiettati<br />

contemporaneamente su uno schermo gigante”. 0<br />

3.5.3 Famiglia Senus<strong>si</strong><br />

La famiglia Senus<strong>si</strong> giocò un ruolo di scarso rilievo e abbastanza inglorioso nella<br />

re<strong>si</strong>stenza. Gli stes<strong>si</strong> Italiani <strong>si</strong> stupirono per il fatto che i Beduini continuassero a portare<br />

rispetto per personaggi il cui carattere mostra<strong>va</strong> avere così poche di quelle qualità che<br />

es<strong>si</strong> ammira<strong>va</strong>no. Sicuramente i patrioti <strong>si</strong> <strong>sa</strong>rebbero aspettato altro comportamento <strong>da</strong><br />

alcuni membri della famiglia, in linea con le loro tradizionali respon<strong>sa</strong>bilità di capi, ma <strong>non</strong><br />

pretende<strong>va</strong>no che i membri della famiglia Senus<strong>si</strong> <strong>si</strong> distinguessero come capi militari:<br />

<strong>non</strong>ostante avesse dimostrato certe capacità pure sul campo di battaglia durante la prima<br />

guerra tra Italia e Senus<strong>si</strong>a e la lotta contro il cugino Ahmed esc­Sherìf per l’investitura nel<br />

1917, il Gran Senusso Mohammed Idris fuggì <strong>da</strong> Age<strong>da</strong>bia, <strong>dove</strong> vive<strong>va</strong> fin <strong>da</strong>l 1915,<br />

proprio all’appros<strong>si</strong>mar<strong>si</strong> della secon<strong>da</strong> guerra italo­senus<strong>si</strong>ta, e giunse ad Ales<strong>sa</strong>ndria<br />

d’Egitto il 26 gennaio 1923 0 . Non rimetterà piede in Libia per più di vent’anni, fino al<br />

termine della guerra mondiale. In seguito all’arresto a Roma del grande mediatore della<br />

Senus<strong>si</strong>a Omar Mansur el Chechiyya 0 , la sua fuga <strong>non</strong> giovò alla sua immagine,<br />

soprattutto dopo la secon<strong>da</strong> guerra mondiale, anche se con<strong>si</strong>derando la piega re<strong>sa</strong> <strong>da</strong>gli<br />

avvenimenti con il fascismo al potere in Italia, potrebbe essere con<strong>si</strong>derata una scelta<br />

ragionevole. L’emiro <strong>non</strong> seguirà più <strong>da</strong> vicino l’an<strong>da</strong>mento della guerra ma <strong>si</strong> adopererà<br />

in più di una occa<strong>si</strong>one per trattare con l’Italia <strong>almeno</strong> il ripristino dei degli accordi del<br />

1919 e proprio per rispetto ai patrioti rinuncerà agli onori che il fascismo gli offrì: gli Italiani<br />

pretendono la pura e semplice sottomis<strong>si</strong>one della Senus<strong>si</strong>a e Idris <strong>non</strong> pote<strong>va</strong> “perdere<br />

del tutto la faccia” dinanzi ai patrioti cirenaici e al mondo arabo 0 .<br />

Educati nelle oa<strong>si</strong> ad una vita sedentaria e di studi e <strong>non</strong> duramente come i Beduini i<br />

membri della famiglia Senus<strong>si</strong> erano poco avvezzi alla frugalità e alle incredibili fatiche<br />

della vita del guerrigliero. Loro compito, attraverso lo studio, la preghiera e la meditazione<br />

era di perseguire la <strong>sa</strong>ntità e la conoscenza affinché la loro presenza tra il popolo fosse<br />

0 E. Pritchard, op. cit., p. 167.<br />

0 Del Boca A. Italiani in Libia ­ Tripoli bel suol d’amore, p. 443.<br />

0 Del Boca A. Italiani in Libia ­ Dal fascismo a Ghed<strong>da</strong>fi, p. 56.<br />

0 Del Boca A. op. cit., Dal fascismo a Ghed<strong>da</strong>fi, p. 74.<br />

87


apportatrice di benedizione divina. Non possede<strong>va</strong>no dunque le qualità fon<strong>da</strong>mentali di<br />

coraggio e re<strong>si</strong>stenza che vengono tanto ammirate <strong>da</strong>i Beduini, ma il loro ruolo e la loro<br />

importanza erano accreditate per la loro erudizione e per la vita <strong>da</strong> religio<strong>si</strong> che<br />

conduce<strong>va</strong>no. Omar al­Mukhtàr con il suo esempio e carisma rinforza<strong>va</strong> questa vi<strong>si</strong>one<br />

del mondo in cui i compiti erano stati assegnati <strong>da</strong> Dio a secon<strong>da</strong> delle neces<strong>si</strong>tà del<br />

momento: se i membri della famiglia Senus<strong>si</strong> ave<strong>va</strong>no il compito di mantenere la<br />

benedizione di Dio sulle vicende della guerra attraverso la loro vita qua<strong>si</strong> <strong>da</strong> asceti, alla<br />

popolazione erano richiesti quei <strong>sa</strong>crifici che mai avrebbero potuto sopportare senza la<br />

certezza che ciò che <strong>si</strong> sta<strong>va</strong> compiendo era la volontà di Dio.<br />

Sidi Umar era un confratello della Senus<strong>si</strong>a, capo di tutti gli sceicchi tribali in quanto al<br />

Naib al­‘Amm, cioè rappresentate generale della Senus<strong>si</strong>a: sotto la sua gui<strong>da</strong> i capi tribali<br />

ebbero un ruolo preminente nella guerra, il grande <strong>va</strong>lore dimostrato in battaglia era<br />

tutt’uno con una inces<strong>sa</strong>nte opera di incitamento alla lotta alla popolazione sottomes<strong>sa</strong> e<br />

ribelle. Il loro esempio e le loro esortazioni resero la guerra qualco<strong>sa</strong> di più di una<br />

re<strong>si</strong>stenza a <strong>si</strong>nghiozzo condotta <strong>da</strong> un popolo barbaro contro la conquista coloniale o<br />

una serie di razzie che i Beduini conduce<strong>va</strong>no <strong>da</strong> secoli.<br />

La partecipazione popolare la rese una vera e propria guerra di liberazione nazionale e la<br />

Senus<strong>si</strong>a <strong>si</strong> radicò nel cuore dei Beduini come un movimento nazionalista oltre che<br />

religioso.<br />

CAP. 4<br />

ALLA CONQUISTA DEL DESERTO<br />

4.1 Guerra e guerriglia<br />

Omar al­Mukhtàr, investito del comando generale delle operazioni militari <strong>da</strong>lla Senus<strong>si</strong>a<br />

<strong>si</strong> rivelò il vero genio della guerriglia. Colpi<strong>va</strong>, poi <strong>si</strong> ritira<strong>va</strong> e s<strong>va</strong>ni<strong>va</strong> nel nulla, creando<br />

negli avver<strong>sa</strong>ri, che in<strong>va</strong>no cerca<strong>va</strong>no una battaglia conclu<strong>si</strong><strong>va</strong>, rabbia e senso di<br />

frustrazione. Nella spietata guerra per bande, Al­Mukhtàr fu facilitato <strong>da</strong>lla natura dei<br />

territori in cui <strong>si</strong> svolsero gli scontri e <strong>da</strong>ll’organizzazione civile che lo coadiu<strong>va</strong><strong>va</strong>. Il<br />

generale Cane<strong>va</strong>ri osser<strong>va</strong> che “qui le difficoltà erano moltiplicate <strong>da</strong>lla mancanza di centri<br />

abitati analoghi alle oa<strong>si</strong> o ai villaggi gebelici della Tripolitania: tutta la popolazione è, in<br />

Cirenaica, dedita alla pastorizia e quindi <strong>si</strong> può dire che <strong>non</strong> e<strong>si</strong>stano obiettivi <strong>da</strong> colpire” 0<br />

0 Cane<strong>va</strong>ri Emilio, La guerra italiana. Retroscena della disfatta, To<strong>si</strong>, Roma, 1948, p. 304.<br />

88


e neppure obiettivi <strong>da</strong> pre<strong>si</strong>diare, gli italiani furono quindi costretti ad accettare la guerra<br />

imposta <strong>da</strong> Omar, fatta di continuo movimento e rinunciando ad occupazioni territoriali<br />

fisse. La conquista della Cirenaica risultò lentis<strong>si</strong>ma, provvisoria e costantemente in<strong>si</strong>diata<br />

<strong>da</strong>i ribelli che <strong>non</strong> possede<strong>va</strong>no “un aspetto ben definito, <strong>non</strong> hanno né continuità di<br />

movimento né postazioni fisse, apparentemente <strong>non</strong> ci sono più nemici eppure i loro<br />

attacchi sono inces<strong>sa</strong>nti” 0 .<br />

Nel corso del 1923, all’inizio della secon<strong>da</strong> guerra italo­senus<strong>si</strong>ta <strong>si</strong> venne delineando una<br />

sostanziale divi<strong>si</strong>one della regione anche se risulterebbe impos<strong>si</strong>bile tracciarne il confine<br />

su una mappa. Una parte delle popolazioni, quella che vive<strong>va</strong> stabilmente vicino ai centri<br />

costieri accettò il dominio italiano e venne con<strong>si</strong>derata “sottomes<strong>sa</strong>”, la restante parte,<br />

as<strong>sa</strong>i più numero<strong>sa</strong>, <strong>si</strong> schierò con i mujiahidin e ne condivise le vicis<strong>si</strong>tudini.<br />

Tutte le duar (adwar) o bande di guerriglieri erano agli ordini di Omar. Ogni tribù ave<strong>va</strong> la<br />

sua ban<strong>da</strong> (dor) composta <strong>da</strong> 100 a 300 uomini secondo E<strong>va</strong>ns Pritchard, altre fonti ci<br />

dicono però che la loro con<strong>si</strong>stenza <strong>va</strong>ria<strong>va</strong>, a secon<strong>da</strong> delle circostanze, <strong>da</strong> 200 a 800 0 .<br />

Ogni dor ave<strong>va</strong> un coman<strong>da</strong>nte militare, un caimacàm per gli affari civili, un cadi per le<br />

questioni religiose e giuridiche, un intendente ed alcuni ufficiali che ave<strong>va</strong>no prestato<br />

servizio nelle scuole militari turche. Come spesso accade nella guerriglia, a prendere<br />

parte alla lotta vera e propria furono solo piccole bande, ma il loro successo dipese<br />

<strong>da</strong>ll’appoggio dell’intera popolazione. Le bande subi<strong>va</strong>no sempre perdite, ma queste<br />

erano continuamente rimpiazzate <strong>da</strong> un “costante flusso di spiriti avventuro<strong>si</strong> delle sezioni<br />

sottomesse come di quelle <strong>non</strong> sottomesse” 0 . Non erano quindi solamente le tribù ribelli a<br />

fornire ai duar uomini, viveri, ca<strong>va</strong>lli, cammelli, vestiario, armi e munizioni, anche le tribù<br />

sottomesse veni<strong>va</strong>no regolarmente tas<strong>sa</strong>te e concorre<strong>va</strong>no al mantenimento delle bande.<br />

Nessuno in Cirenaica, neppure i sol<strong>da</strong>ti collaborazionisti (mtalyanin) o i capi tribù<br />

regolarmente sovvenzionati <strong>da</strong>ll’Italia, riusci<strong>va</strong> a sottrar<strong>si</strong> al pagamento della decima.<br />

Le bande guerrigliere <strong>si</strong> mantene<strong>va</strong>no in costante contatto con il nemico: uno degli aspetti<br />

sorprendenti della guerra fu proprio la frequenza dei combattimenti: per circa nove anni, in<br />

primavera o nei me<strong>si</strong> estivi, in qualche punto dell’altipiano ave<strong>va</strong>no luogo qua<strong>si</strong><br />

quotidianamente scaramucce o scontri più ampi. Lo stesso Graziani osser<strong>va</strong><br />

0 Nel film così <strong>si</strong> esprime Graziani a colloquio con Mussolini per chiedere il finanziamento della costruzione del<br />

reticolato confinario con l’Egitto, proprio alla vigilia della cattura di Omar al­Mukhtàr.<br />

0 Del Boca A. op. cit., p. 68.<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard E., Colonialismo e re<strong>si</strong>tenza religio<strong>sa</strong> nell’Africa settentrionale – I Senus<strong>si</strong> della Cirenaica, Ed. Del<br />

Prisma Catania,1979, pag. 171.<br />

89


l’indebolimento della re<strong>si</strong>stenza poiché nell’ultimo anno gli scontri <strong>si</strong> fecero più sporadici in<br />

confronto agli anni precedenti, infatti egli conta 53 combattimenti e 210 conflitti. 0<br />

Ma questo tipo di combattimento impegna<strong>va</strong> gli Italiani e sconvolge<strong>va</strong> la loro logica<br />

militare tradizionale che prevede<strong>va</strong> un esercito in manovra di combattimento di fronte ad<br />

un altro esercito, schierato e contrapposto in una battaglia deci<strong>si</strong><strong>va</strong>. Le armate italiane<br />

<strong>dove</strong>ttero a<strong>da</strong>ttar<strong>si</strong> a questo tipo di combattimento poiché di fronte ave<strong>va</strong>no <strong>non</strong> un<br />

esercito ma un intero popolo, che pote<strong>va</strong> essere sconfitto solo con la sua cattura totale o<br />

con lo sterminio. 0 La superiorità italiana di uomini e mezzi avrebbe distrutto facilmente<br />

l’“esercito” dei Beduini, se mai costoro ne avessero avuto uno, ma le strategie militari<br />

ortodosse <strong>non</strong> funziona<strong>va</strong>no quando di fronte ci <strong>si</strong> tro<strong>va</strong><strong>va</strong> un avver<strong>sa</strong>rio che <strong>si</strong> sposta<strong>va</strong> a<br />

suo piacimento con piccole bande mobili <strong>da</strong> un capo all’altro di una regione che<br />

conosce<strong>va</strong> fin <strong>da</strong>lla propria infanzia, in mezzo ad una popolazione amica sempre pronta a<br />

fornirgli aiuto, rifugio ed informazioni 0 . La strategia dei Beduini an<strong>da</strong><strong>va</strong> ben aldilà dei<br />

semplici imperativi della battaglia – attaccare improvvi<strong>sa</strong>mente, inces<strong>sa</strong>ntemente e<br />

duramente e ritirar<strong>si</strong> con rapidità – e la loro maniera di fare la guerra, che li mescola<strong>va</strong><br />

continuamente alla popolazione annullando il confine tra sottomes<strong>si</strong> e <strong>non</strong>, li rende<strong>va</strong><br />

senza una forma preci<strong>sa</strong> e pertanto, inafferrabili. Es<strong>si</strong> <strong>non</strong> ave<strong>va</strong>no nulla che <strong>si</strong> potesse<br />

definire un esercito, né delle linee <strong>da</strong> sfon<strong>da</strong>re, né roccaforti <strong>da</strong> conquistare e <strong>da</strong><br />

trasformare in a<strong>va</strong>mposti. Non servi<strong>va</strong> occupare città e villaggi poiché es<strong>si</strong> <strong>si</strong> rifugia<strong>va</strong>no in<br />

regioni meno acces<strong>si</strong>bili o circola<strong>va</strong>no liberamente tra le guarnigioni italiane. Anche il<br />

controllo delle vie di comunicazione per terra e per mare lascia<strong>va</strong>no indifferenti i Beduini<br />

che dipende<strong>va</strong>no <strong>da</strong>ll’Egitto per i rifornimenti neces<strong>sa</strong>ri alla prosecuzione della guerra.<br />

Proprio per facilitare i rifornimenti e colpire con maggior efficacia le colonne e i rifornimenti<br />

italiani, le bande dei guerriglieri erano tenute piccole e mobili, capaci di concentrar<strong>si</strong>,<br />

colpire e poi sparire 0 . Sembra<strong>va</strong> <strong>non</strong> ci fossero forze nemiche <strong>da</strong> combattere eppure<br />

l’attacco era inces<strong>sa</strong>nte. Non e<strong>si</strong>ste<strong>va</strong> un fronte ben delineato ma indefinito e dislocato.<br />

La sconfitta delle bande di guerriglieri <strong>si</strong> riduce<strong>va</strong> spesso ad una rotta temporanea, perché<br />

<strong>non</strong> e<strong>si</strong>ste<strong>va</strong>no <strong>si</strong>stemi tattici organizzati o piani di operazioni <strong>da</strong> sconvolgere. I Beduini<br />

0 Rivista delle colonie italiane, vol VI (I), 1932, pp. 52 – 53.<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard E., op. cit., pag. 173<br />

0 Sempre Cane<strong>va</strong>ri osser<strong>va</strong> “Il <strong>si</strong>stema di spionaggio tra i sottomes<strong>si</strong> e duar era così bene organizzato che la sorpre<strong>sa</strong><br />

<strong>da</strong> parte nostra era difficilis<strong>si</strong>ma, mentre ogni nostra imprudenza veni<strong>va</strong> immediatamente pagata as<strong>sa</strong>i cara” op. cit., p.<br />

305.<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard E., op. cit., pag. 173.<br />

90


sconfitti <strong>si</strong> limita<strong>va</strong>no a disperder<strong>si</strong> e a dileguar<strong>si</strong> tra i sottomes<strong>si</strong> <strong>dove</strong> <strong>si</strong> mimetizza<strong>va</strong>no<br />

(<strong>non</strong> indos<strong>sa</strong><strong>va</strong>no infatti divise), e questo accresce<strong>va</strong> ulteriormente il disorientamento<br />

degli Italiani, certi di aver pacificato una provincia e ottenuto le sottomis<strong>si</strong>oni degli sceicchi<br />

tribali ma incapaci di arrestare il flusso di uomini e vetto<strong>va</strong>glie che continua<strong>va</strong> a giungere<br />

ai ribelli <strong>da</strong> quella stes<strong>sa</strong> provincia. “I risultati delle operazioni fin qui condotte – riconosce<br />

il colonnello Gaibi nel 1924 – erano praticamente irrile<strong>va</strong>nti. All’infuori delle perdite<br />

materiali, del resto <strong>non</strong> gravi, l’efficienza militare dell’organizzazione avver<strong>sa</strong>ria <strong>non</strong><br />

apparve seriamente intaccata”. 0<br />

Questa <strong>si</strong>tuazione rende<strong>va</strong> as<strong>sa</strong>i teorico tutto il campo delle operazioni, e i colpi inflitti<br />

<strong>da</strong>gli Italiani alle bande di Omar an<strong>da</strong><strong>va</strong>no sostanzialmente a vuoto.<br />

Il carattere atipico della guerra è analizzato con lucidità <strong>da</strong> Teruzzi 0 , governatore della<br />

Cirenaica, che, lamentando la par<strong>si</strong>monia di Roma nell’affrontare i problemi della colonia,<br />

afferma che la superiorità italiana di uomini e mezzi era una <strong>va</strong>na illu<strong>si</strong>one avendo di<br />

fronte un nemico senza forma e altrettanto illusorio risulta<strong>va</strong> perciò per gli italiani tentare<br />

di mantenere l’iniziati<strong>va</strong> dell’azione nella lotta contro la ribellione. La maggior parte delle<br />

volte veni<strong>va</strong>no costretti <strong>da</strong>i mujiahidin a stare sulla difen<strong>si</strong><strong>va</strong>: “Così contro 200, 500 o 1000<br />

ribelli, vestiti di stracci pittoreschi e male armati, 5000 o 10.000 dei nostri sol<strong>da</strong>ti <strong>si</strong><br />

rivelano spesso insufficienti, poiché i ribelli <strong>non</strong> sono legati a nessuna co<strong>sa</strong>, né trattenuti<br />

<strong>da</strong> alcun legame, <strong>non</strong> hanno niente <strong>da</strong> difendere o proteggere e possono mostrar<strong>si</strong> oggi in<br />

un posto, domani a 50 km <strong>da</strong> esso e dopodomani a 100 km, per riapparire una settimana<br />

dopo, sparire per un mese, disperder<strong>si</strong> per sparare <strong>da</strong> lontano su un pastore di<strong>sa</strong>rmato,<br />

su una pattuglia in perlustrazione o su una colonna allineata al margine di un bosco o ai<br />

piedi di una collina”. 0<br />

Occorre<strong>va</strong> una schiacciante superiorità numerica per pas<strong>sa</strong>re all’attacco contro un nemico<br />

così frammentato ed elu<strong>si</strong>vo, le forze italiane presenti in colonia erano tenute in costante<br />

allarme e movimento per far fronte agli infiniti attacchi a sorpre<strong>sa</strong>, scorrerie ed imboscate<br />

dei ribelli.<br />

0 Gaibi A., Storia delle colonie italiane, Tip. Schioppo, Torino, 1934, p. 378.<br />

0 Teruzzi Attilio, Cirenaica verde, 1931, p. 338­339.<br />

0 Sempre in A. Teruzzi, op. cit., p. 399.<br />

91


4.2 La secon<strong>da</strong> guerra italo­senus<strong>si</strong>ta<br />

L’inizio della secon<strong>da</strong> guerra italo­senus<strong>si</strong>ta può essere ricondotto al marzo del 1923,<br />

quando il governatore generale Bongio<strong>va</strong>nni <strong>si</strong> impadronì e sciolse i “campi misti” 0 , che <strong>da</strong><br />

espediente temporaneo per controllare gli armati senus<strong>si</strong>ti era diventato una istituzione<br />

permanente in cui erano i senus<strong>si</strong>ti a controllare gli italiani e <strong>dove</strong> gli ordini dell’ufficiale<br />

italiano a capo di ogni campo erano puntualmente di<strong>sa</strong>tte<strong>si</strong>. A questa azione di<br />

Bongio<strong>va</strong>nni, che occupò pure Age<strong>da</strong>bia, quartier generale della Senus<strong>si</strong>a, tro<strong>va</strong>ndo poca<br />

re<strong>si</strong>stenza e illudendo<strong>si</strong> che la campagna <strong>sa</strong>rebbe stata breve e vittorio<strong>sa</strong>, Omar rispose<br />

con le schiaccianti vittorie a Bir Bilal e Bu Gra<strong>da</strong> gui<strong>da</strong>ndo i bellico<strong>si</strong> Mogarba e uccidendo<br />

13 ufficiali, 40 sol<strong>da</strong>ti e 279 ascari 0 . Abituato a coman<strong>da</strong>re grandi unità militari,<br />

Bongio<strong>va</strong>nni <strong>si</strong> ritrovò impreparato ad affrontare la guerriglia. Le pe<strong>sa</strong>nti colonne che<br />

a<strong>va</strong>nza<strong>va</strong>no scoperte in linea dritta su obiettivi ben definiti <strong>non</strong> pote<strong>va</strong>no portare che a<br />

qualche scaramuccia, i Beduini erano troppo prudenti per far<strong>si</strong> coinvolgere in uno scontro<br />

deci<strong>si</strong>vo ed erano abbastanza mobili per evitarlo. Fra i comandi italiani <strong>si</strong> avvertì<br />

l’inadeguatezza del metodo con cui <strong>si</strong> persegui<strong>va</strong> lo schiacciamento della re<strong>si</strong>stenza,<br />

sempre nel 1924, il generale Ernesto Mombelli che subentrò a Bongio<strong>va</strong>nni nel governo<br />

della colonia cercò di conseguire quella mobilità e rapidità indispen<strong>sa</strong>bili per <strong>da</strong>re<br />

efficacia alla controguerriglia. Fece costruire alcuni fortini in concomitanza dei principali<br />

punti d’acqua a ridosso del Gebel per u<strong>sa</strong>rli come ba<strong>si</strong> logistiche, creò nuovi campi<br />

d’aviazione nei centri costieri e nei capoluoghi della regione, il che permise all’aviazione<br />

un più stretto dialogo con le truppe di terra e la pos<strong>si</strong>bilità di colpire con bombar<strong>da</strong>menti<br />

tutti gli obiettivi della Cirenaica. La nuo<strong>va</strong> tattica prevede<strong>va</strong> incur<strong>si</strong>oni a sorpre<strong>sa</strong> con unità<br />

motorizzate negli accampamenti beduini, <strong>dove</strong> <strong>si</strong> uccide<strong>va</strong>no uomini e animali e veni<strong>va</strong>no<br />

distrutte le scorte di cibo, allo scopo di uccidere il maggior numero di Beduini là <strong>dove</strong><br />

s’incontra<strong>va</strong>no e più in generale seminare terrore. <strong>Quando</strong> sopraggiunge<strong>va</strong>no le piogge e<br />

<strong>non</strong> era più pos<strong>si</strong>bile utilizzare i mezzi motorizzati, i campi veni<strong>va</strong>no bombar<strong>da</strong>ti con<br />

0 Campi, creati di comune accordo tra Italia e Senus<strong>si</strong>a, in cui ri<strong>si</strong>ede<strong>va</strong>no tra i 100 e 300 armati senus<strong>si</strong>ti regolarizzati<br />

ed un numero alquanto superiore di militari italiani, questi ultimi, <strong>non</strong>ostante il loro gran numero <strong>si</strong> ritro<strong>va</strong><strong>va</strong>no isolati<br />

in una terra ostile, praticamente alla mercè dei senus<strong>si</strong>ti. Gli Italiani in Cirenaica controlla<strong>va</strong>no una fascia costiera<br />

profon<strong>da</strong> circa 50/60 km, a ridosso di questa e<strong>si</strong>ste<strong>va</strong> la fascia dei campi misti Soluch­Gerdès­Maraua­el Mechili­<br />

Acroma. Al di là della linea dei campi misti, <strong>si</strong> estende<strong>va</strong> la zona controllata <strong>da</strong>lla Senus<strong>si</strong>a, fino a Cufra. Rochat<br />

sottolinea che malgrado la sorpre<strong>sa</strong> la maggior parte degli armati riuscì a sottrar<strong>si</strong> agli Italiani, le perdite ammonta<strong>va</strong>no<br />

a 12 morti, 168 prigionieri e 198 fucili. La repres<strong>si</strong>one della re<strong>si</strong>stenza in Cirenaica (1927 – 1931), in AA.VV. Omar<br />

al­Mukhtàr e la riconquista fascista della Libia, Marzorati Editore, Milano, 1981, pag. 63.<br />

0 Rochat G., op. cit., p. 63.<br />

92


spezzoni, frecce, bombe­mina e gas tos<strong>si</strong>ci o mitragliati <strong>da</strong>ll’aviazione 0 . La stima italiana<br />

delle vittime beduine di questi bombar<strong>da</strong>menti, riportata ma con<strong>si</strong>derata discutibile <strong>da</strong><br />

E<strong>va</strong>ns Pritchard (probabilmente <strong>si</strong> tratta dell’unico <strong>da</strong>to disponibile), <strong>da</strong>l marzo al<br />

settembre dello stesso anno conta 800 morti, 230 prigionieri e 1000 feriti oltre alla perdita<br />

di 700 cammelli e 22000 pecore. Queste cifre <strong>si</strong> riferiscono solo alla parte occidentale<br />

della Cirenaica 0 .<br />

La facilità con cui gli Italiani ave<strong>va</strong>no sconfitto la re<strong>si</strong>stenza nella barga, la zona<br />

pianeggiante vicino alla costa cirenaica, cogliendo di sorpre<strong>sa</strong> con l’aviazione i Beduini<br />

impreparati e senza la protezione di una foresta come invece succede<strong>va</strong> per le tribù del<br />

Gebel, li fece pen<strong>sa</strong>re che avrebbero incontrato poca re<strong>si</strong>stenza anche altrove. Pure la<br />

calma sull’altopiano, dovuta ai tempi relati<strong>va</strong>mente lunghi di “formazione” delle bande dei<br />

Beduini, i quali <strong>non</strong> dispone<strong>va</strong>no di un esercito pronto a scendere in campo in ogni<br />

momento per rispondere agli attacchi italiani, li trasse in inganno. <strong>Quando</strong> gli sforzi <strong>si</strong><br />

concentrarono alla conquista dell’altopiano ci <strong>si</strong> rese ben presto conto che né gli<br />

spostamenti di grandi truppe né le incur<strong>si</strong>oni motorizzate negli accampamenti né le<br />

ricognizioni aeree per segnalare la po<strong>si</strong>zione dei duar, azioni che ave<strong>va</strong>no caratterizzato<br />

la conquista della barga, erano a<strong>da</strong>tte all’asperità e alla vegetazione del nuovo campo di<br />

battaglia. La guerra in cui gli Italiani ave<strong>va</strong>no mantenuto l’iniziati<strong>va</strong> <strong>si</strong> ridusse ben presto in<br />

una guerriglia punteggiata di infinite scaramucce ed imboscate. La strategia di Omar al­<br />

Mukhtàr con<strong>si</strong>ste<strong>va</strong> nel mantenere le proprie po<strong>si</strong>zioni nei ver<strong>sa</strong>nti meridionali, queste<br />

zone così rotte <strong>non</strong> permette<strong>va</strong>no l’uso dei mezzi motorizzati e offri<strong>va</strong>no una superiorità<br />

tattica alle truppe appie<strong>da</strong>te o a ca<strong>va</strong>llo. Dai ver<strong>sa</strong>nti meridionali egli pote<strong>va</strong> minacciare le<br />

postazioni italiane che ormai “cinge<strong>va</strong>no d’assedio” l’altipiano e difendere le famiglie dei<br />

guerriglieri che vive<strong>va</strong>no in campi posti a sud del Gebel. Ma quello che <strong>si</strong> rivelò più grave<br />

era che nella regione del Kuf e sulla costa tra Tolmetta e Hania i ribelli mantene<strong>va</strong>no una<br />

base di riserve di derrate e bestiame, il con<strong>va</strong>lescenziario dei feriti e un attivo centro di<br />

raccolta delle decime. La linea dei caracol 0 (i cui armati ammonta<strong>va</strong>no a 2000) che<br />

attraver<strong>sa</strong><strong>va</strong> il Gebel praticamente spezza<strong>va</strong> in due l’occupazione italiana 0 .<br />

0 Del Boca A. op. cit., p. 70<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard E., op. cit., pag. 177.<br />

0 Il caracol è un reparto minore di un dor, termine u<strong>sa</strong>to più di frequente quando <strong>si</strong> tratta di bande armate del Gebel,<br />

comunemente u<strong>sa</strong>to è pure mehalla, <strong>si</strong><strong>non</strong>imo di dor.<br />

0 Rochat G., op. cit., pag. 65.<br />

93


La risposta italiana fu di ritornare sul terreno pianeggiante: <strong>si</strong>ccome era impos<strong>si</strong>bile<br />

impedire ai guerriglieri di circolare sull’altopiano, riparati <strong>da</strong>lla foresta e <strong>da</strong>lla natura del<br />

territorio, le pattuglie motorizzate <strong>si</strong> dedicarono ad attaccare gli accampamenti dei civili<br />

nella steppa meridionale 0 . Questi accampamenti erano un facile ber<strong>sa</strong>glio per gli aerei che<br />

li bombar<strong>da</strong><strong>va</strong>no o mitraglia<strong>va</strong>no.<br />

Nel 1925 le bande beduine <strong>si</strong> ritro<strong>va</strong><strong>va</strong>no però progres<strong>si</strong><strong>va</strong>mente scacciate ed operative<br />

solo in quelle zone le cui foreste o una natura particolarmente accidentata del suolo li<br />

pote<strong>va</strong>no proteggere <strong>da</strong> incur<strong>si</strong>oni aeree o <strong>da</strong>lle pattuglie motorizzate.<br />

La strategia di Mombelli fon<strong>da</strong>ta sui “perni di manovra” pare<strong>va</strong> quindi funzionare ma col<br />

pas<strong>sa</strong>re del tempo <strong>si</strong> rivelò meno efficace. La maggior libertà di movimento delle truppe<br />

dell’esercito italiano fini<strong>va</strong> con lo stremare queste più dei patrioti cirenaici, e pure questi<br />

ultimi cambiarono strategia attaccando solo le pattuglie più piccole e disperdendo<strong>si</strong> di<br />

norma di fronte alle più grandi. Il problema dei rifornimenti fu risolto <strong>da</strong>i beduini<br />

mescolando una volta di più “le carte” in maniera che gli Italiani <strong>non</strong> potessero più<br />

distinguere tra le proprietà dei ribelli e quelle dei sottomes<strong>si</strong>: procurar<strong>si</strong> il cibo presso le<br />

sezioni sottomesse, utilizzare il loro territorio per accamparvi le famiglie, seminare i loro<br />

campi e pascolare le loro greggi era una ottima copertura, gli Italiani avrebbero potuto<br />

tagliare i rifornimenti ai ribelli solo distruggendo i campi ed il bestiame di quella parte di<br />

popolazione <strong>non</strong> ancora apertamente contro di loro, rischiando però una ulteriore<br />

ribellione. Il risultato fu che le truppe italiane riuscirono ad impedire ai Beduini di<br />

concentrar<strong>si</strong> ma per essere così mobili erano costrette a disperder<strong>si</strong>, ben <strong>sa</strong>pendo di<br />

diventare una facile pre<strong>da</strong> e che l’incontro con un dor avrebbe potuto risultare fatale. Il<br />

sostanziale fallimento delle operazioni della campagna in Cirenaica durante il 1925<br />

mette<strong>va</strong> in grande imbarazzo le autorità italiane a Benga<strong>si</strong>, soprattutto in relazione ai<br />

succes<strong>si</strong> che, nello stesso arco di tempo, gli Italiani ave<strong>va</strong>no ottenuto in Tripolitania,<br />

approfittando dell’incapacità delle tribù nell’appianare i loro tradizionali contrasti per<br />

costituir<strong>si</strong> in un fronte di dife<strong>sa</strong> unitario.<br />

Il piano di Mombelli venne pertanto accantonato a cau<strong>sa</strong> dei suoi alti costi anche se i<br />

risultati ottenuti erano senz’altro po<strong>si</strong>tivi: pur <strong>non</strong> avendo definiti<strong>va</strong>mente sconfitto Omar<br />

al­Mukhtàr i grandi rastrellamenti lo ave<strong>va</strong>no fiaccato e ridotto sulla difen<strong>si</strong><strong>va</strong>. 0<br />

0 Rochat G., op. cit., pag. 63.<br />

0 Del Boca A. op. cit., p. 103<br />

94


Si giunse così al 1926 e per un momento l’attenzione dei comandi militari italiani <strong>non</strong> fu<br />

rivolta al Gebel ma all’inizio dell’anno <strong>si</strong> allestì una imponente spedizione per occupare la<br />

piccola oa<strong>si</strong> di Giarabub, sede storica della Senus<strong>si</strong>a e luogo di sepoltura del suo<br />

fon<strong>da</strong>tore, pur <strong>non</strong> avendo notizia di grandi movimenti della Senus<strong>si</strong>a per approntarne la<br />

dife<strong>sa</strong> 0 . Siccome il 6 dicembre 1925 a Il Cairo <strong>si</strong> erano concluse le trattative tra Egitto ed<br />

Italia per la definizione della frontiera orientale della Cirenaica e la città <strong>sa</strong>nta ricade<strong>va</strong> in<br />

territorio cirenaico: ne venne immediatamente deci<strong>sa</strong> l’occupazione nella speranza di<br />

impadronir<strong>si</strong> di strategiche località e bloccare il contrabbando di armi e viveri. Dopo sei<br />

giorni di marcia la colonna venne raggiunta <strong>da</strong>l capo della zavia di Giarabub che fece atto<br />

di sottomis<strong>si</strong>one e promise che la popolazione <strong>non</strong> avrebbe opposto re<strong>si</strong>stenza.<br />

La colonna entrò a Giarabub senza incontrare re<strong>si</strong>stenza il 7 febbraio 1926 0 e la grande<br />

esultanza italiana dimostrò una volta di più la grande incompren<strong>si</strong>one dei colonizzatori<br />

per lo spirito beduino: prendere la città <strong>sa</strong>cra della Senus<strong>si</strong>a e pen<strong>sa</strong>re di infliggere un<br />

duro colpo al prestigio personale di Omar al­Mukhtàr che, <strong>non</strong> essendo stato in grado di<br />

difenderla, <strong>sa</strong>rebbe poi abbandonato <strong>da</strong>i suoi seguaci, è pro<strong>va</strong> di grande ingenuità e di<br />

scar<strong>sa</strong> conoscenza del proprio avver<strong>sa</strong>rio. Contemporaneamente, sulla base di questi<br />

errati convincimenti, gli Italiani attaccarono in forze anche l’altopiano per impedire ad<br />

Omar di scendere con i suoi in dife<strong>sa</strong> di Giarabub. L’occupazione di Giarabub fu<br />

comunque avvertita come un grave smacco ai Senus<strong>si</strong> rifugiati in Egitto, es<strong>si</strong> <strong>si</strong> erano<br />

battuti perché le autorità egiziane <strong>non</strong> la cedessero all’Italia e poi ave<strong>va</strong>no in<strong>va</strong>no raccolto<br />

fondi in tutto il mondo arabo al fine di allestirne la dife<strong>sa</strong>. Agli Italiani la conquista giovò il<br />

controllo della pista caro<strong>va</strong>niera che pas<strong>sa</strong><strong>va</strong> <strong>da</strong> Giarabub per an<strong>da</strong>re verso Gialo, d’ora<br />

in poi il contrabbando passerà per Kufra, allungando di molto il cammino. Inoltre ai<br />

comandi militari italiani face<strong>va</strong> gola poter <strong>va</strong>ntare in Italia una vittoria definiti<strong>va</strong> anche se<br />

strategicamente di poco <strong>va</strong>lore e politicamente deludente 0 . Se questo era l’effetto sperato<br />

<strong>da</strong>i militari italiani in colonia, a Roma <strong>si</strong> decise comunque di sostituire Mombelli con il<br />

generale Teruzzi, fascista fi<strong>da</strong>to che ave<strong>va</strong> già prestato servizio in Tripolitania. In realtà<br />

Mombelli <strong>non</strong> venne sostituito per particolari attriti con i propri superiori in madrepatria o<br />

per aver dimostrato gravi carenze, <strong>si</strong> trattò di una più generale insoddisfazione delle<br />

0 Del Boca A. op. cit., p. 104.<br />

0 Del Boca conta un solo morto, per incidente aereo. Al seguito delle truppe c’era Sciaref pascià el Gariani, il quale<br />

venne nominato custode dei luoghi <strong>sa</strong>cri di Giarabub. Del Boca A. op. cit., p. 104.<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard E., op. cit., pag. 181.<br />

95


autorità fasciste per l’incapacità dei propri governatori di sconfiggere la re<strong>si</strong>stenza di pochi<br />

Beduini 0 .<br />

Il generale Attilio Teruzzi <strong>si</strong> rese conto che, <strong>non</strong>ostante i succes<strong>si</strong> riportati in ogni parte<br />

della regione, pure in un momento così a<strong>va</strong>nzato della guerra, è il 1927, gli Italiani<br />

ave<strong>va</strong>no scarso controllo effettivo del territorio oltre le immediate vicinanze delle proprie<br />

fortificazioni. Riferisce così E<strong>va</strong>ns Pritchard: “Il nemico era ancora proteiforme e<br />

onnipresente. Era come combattere le zanzare. Si uccidono una a una e ne resta sempre<br />

qualcuna. Al tramonto del giorno dopo esse tornano di nuovo e sono numerose come<br />

prima”. 0<br />

Il piano di Teruzzi era di ripulire la zona del Uadi el­Cuf, <strong>dove</strong> profondi burroni e un fitto<br />

sottobosco ave<strong>va</strong>no <strong>da</strong> sempre offerto rifuigio ai patrioti, per ottenere una continuità<br />

territoriale tra Benga<strong>si</strong> e Derna, fino ad allora costrette ad u<strong>sa</strong>re il mare come unica e<br />

<strong>si</strong>cura via di comunicazione: “Fare dell’occupazione della Cirenaica una sola unità<br />

territoriale, <strong>sa</strong>l<strong>da</strong>mente tenuta, a traverso la quale fosse pos<strong>si</strong>bile ogni nostro movimento,<br />

liberandoci <strong>da</strong>lla capriccio<strong>sa</strong> tirannia del mare, cui erano ancora riser<strong>va</strong>te troppe delle più<br />

importanti comunicazioni tra i <strong>va</strong>ri punti della colonia”. 0 Nuo<strong>va</strong> attenzione venne <strong>da</strong>ta<br />

pure alla connivenza tra patrioti e sottomes<strong>si</strong> e le direttive di Federzoni, ministro delle<br />

colonie, <strong>si</strong> impernia<strong>va</strong>no su una esten<strong>si</strong>one dei metodi di repres<strong>si</strong>one. Egli lamenta<strong>va</strong> che<br />

le punizioni colpi<strong>va</strong>no soltanto i ribelli, qua<strong>si</strong> sempre pas<strong>sa</strong>ti per le armi, e <strong>non</strong> il loro<br />

complici, pertanto in<strong>si</strong>stette con Teruzzi affinché “tutti gli elementi sovvertitori dell’ordine<br />

debbano, tosto o tardi, cadere nel giusto castigo stabilito <strong>da</strong>lle leggi”. 0 E<strong>sa</strong>minando<br />

comunque i <strong>da</strong>ti relativi all’operato di Mombelli <strong>si</strong> scopre che pur senza precise direttive<br />

ministeriali il governatore uscente <strong>non</strong> andò certo per il sottile: oltre alle centinaia di<br />

mujiahidin impiccati dopo sommari proces<strong>si</strong> o fucilati direttamente sul campo di battaglia<br />

dopo la cattura, durante il 1926 per “partecipazione a bande armate o favoreggiamento”<br />

0 A questo propo<strong>si</strong>to è bene tener presente che tra il 1923 e il 1933 ne vennero sostituiti ben cinque: Bongio<strong>va</strong>nni,<br />

Mombelli, Teruzzi, Siciliani e Graziani.<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard E., op. cit., pag. 182.<br />

0 Del Boca A. op. cit., pag. 109.<br />

0 Del Boca A. op. cit., p. 107. Con la stes<strong>sa</strong> durezza Federzoni intervenne alla Camera il 21 maggio 1928: “Insomma,<br />

l’Italia fascista, come ha schiacciato senza pietà i ribelli, impone ai sottomes<strong>si</strong> l’obbedienza e la disciplina. Non vi è più<br />

traccia dell’arcaico colonialismo anticoloniale che era la vera specialità della socialdemocrazia nostrana. Repudiate<br />

anche nelle colonie tutte le condiscendenze demagogiche, vi <strong>si</strong> è instaurato un <strong>si</strong>stema di governo fon<strong>da</strong>to sull’autorità<br />

assoluta e paterna dello Stato Sovrano”. L. Federzoni, Sul bilancio delle colonie, Tip. Camera dei Deputati, Roma,<br />

1928, pag.24.<br />

96


vennero sentenziate 67 con<strong>da</strong>nne all’ergastolo, 83 pene detentive <strong>da</strong> 5 a 30 anni, mentre<br />

altri 42 cirenaici furono inviati a Ustica e 162 resta<strong>va</strong>no in atte<strong>sa</strong> di giudizio 0 .<br />

Le operazioni della primavera 1927 <strong>non</strong> portarono a nulla di <strong>si</strong>gnificativo, alcune vittorie<br />

italiane contribuirono a disperdere gli uomini di Al­Mukhtàr, impedendone però il<br />

rastrellamento nel Uadi el­Cuf, ma già in marzo una colonna, in marcia notturna per<br />

cogliere di sorpre<strong>sa</strong> i ribelli segnalati <strong>da</strong>ll’aviazione, incrociò il grosso delle forze di Omar<br />

al­Mukhtàr e venne parzialmente distrutta a er­Raheiba. Per il resto della primavera la<br />

regione fu in mano ad Omar, nuo<strong>va</strong>mente in forze, che <strong>non</strong> disdegnò qualche scontro<br />

diretto con le forze italiane. Solo in estate le truppe di Teruzzi, impegnate a preparare le<br />

ba<strong>si</strong> per le operazioni sul 29° parallelo che servirono a unire Tripolitania e Cirenaica,<br />

vennero lanciate in un’offen<strong>si</strong><strong>va</strong> contro gli uomini di Omar con l’intento di risolvere una<br />

volta per tutte la questione dei ribelli. Solo in luglio l’aviazione scaricò sul Gebel Ach<strong>da</strong>r<br />

336 quintali di esplo<strong>si</strong>vi 0 mentre la strategia italiana prevede<strong>va</strong> che le truppe italiane, una<br />

volta preso contatto con il nemico <strong>non</strong> lo abbandonassero più, lo incalzassero con attacchi<br />

continui facendolo rimbalzare <strong>da</strong> una colonna all’altra finché il dor, e<strong>sa</strong>usto e terrorizzato,<br />

<strong>si</strong> sciogliesse per evitare il mas<strong>sa</strong>cro 0 .<br />

Con tale inesorabilità e tenacia, le forze italiane riuscirono a sgomberare la Sirtica e la<br />

zona di Uadi el­Cuf, con<strong>si</strong>derata “la base principale d’alimentazione della ribellione” 0 e a<br />

togliere ai ribelli l’iniziati<strong>va</strong> nella lotta con una campagna che <strong>si</strong> protrasse fino a metà<br />

settembre. Abid e Bra<strong>sa</strong>, le tribù che fin <strong>da</strong>ll’inizio erano state tenaci sostenitrici di Omar,<br />

furono duramente colpite e <strong>dove</strong>ttero ritirar<strong>si</strong> nella zona boschi<strong>va</strong> ed accidentata della<br />

Gescia, <strong>dove</strong> era pos<strong>si</strong>bile sottrar<strong>si</strong> alle ricognizioni aeree e riorganizzare le bande. Qui<br />

Sidi Umar <strong>dove</strong>tte constatare le gravi perdite subite in una campagna durata 80 giorni (le<br />

cifre italiane, riportate <strong>da</strong> E<strong>va</strong>ns Pritchard parlano di 1296 patrioti ucci<strong>si</strong>, 2844 cammelli e<br />

5000 pecore macellati più un gran numero di capi di bestiame catturati), 0 e la forte<br />

0 Del Boca A. op. cit., pag. 108.<br />

0 Del Boca A. op. cit., pag. 112.<br />

0 Teruzzi A., Cirenaica verde, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1931, p. 127.<br />

0 Mezzetti Ottorino, Guerra in Libia, Cremonese, Roma, 1933. pag. 173. Mezzetti fu capace generale attivo nelle<br />

operazioni in Libia come conferma pure Del Boca A. op. cit., p. 112 citando pure De Bono il quale era costretto ad<br />

ammettere: “Mezzetti è quello che so; in<strong>va</strong>dente; buon coman<strong>da</strong>nte, ma di quelli che vogliono tutto per loro”. (ACS,<br />

Diario De Bono, vol IX, p. 26).<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard E., op. cit., pag. 184. Le uniche stime sul numero di ribelli ucci<strong>si</strong>, sui capi di bestime ucci<strong>si</strong> o<br />

confiscati, sui fucili recuperati, che ci sono pervenute sono italiane. Sulla loro attendibilità E<strong>va</strong>ns Pritchard muove<br />

spesso forti dubbi, “a volte veni<strong>va</strong>no e<strong>sa</strong>gerate per giustificare gli insucces<strong>si</strong> o aumentate per <strong>da</strong>re maggior peso alle<br />

vittorie”, ma Teruzzi, nel suo Cirenaica Verde, 1931, dimostra di essere piuttosto rigoroso.<br />

97


iduzione che la zona d’attività della guerriglia ave<strong>va</strong> subito. Il generale Teruzzi, lasciando<br />

la colonia alla fine del 1928, pote<strong>va</strong> affermare in un certo senso il vero dicendo che la<br />

guerra sull’altopiano era diventata una operazione di polizia su <strong>va</strong>sta scala, gli face<strong>va</strong> eco<br />

Mezzetti dicendo che “la ribellione alla fine di ottobre pote<strong>va</strong> dir<strong>si</strong> domata” 0 pur <strong>non</strong><br />

sotto<strong>va</strong>lutando la pos<strong>si</strong>bilità di una sua ripre<strong>sa</strong> offen<strong>si</strong><strong>va</strong>. Sia Teruzzi che Mezzetti erano<br />

dunque al corrente della forte cri<strong>si</strong> che attanaglia<strong>va</strong> il movimento di re<strong>si</strong>stenza cirenaico 0 e<br />

il momento era senz’altro il più opportuno <strong>da</strong>ll’inizio della guerra per <strong>da</strong>re il colpo di grazia<br />

alla ribellione, ma le casse del governo della colonia erano e<strong>sa</strong>ngui. Alle richieste di<br />

Teruzzi e Federzoni però Mussolini rispose negando nuovi fondi e anzi, invitò le autorità di<br />

Benga<strong>si</strong> ad alleggerire il pe<strong>sa</strong>nte apparato militare, nell’intento di conciliare la retorica<br />

dell’invincibilità dell’Italia in camicia nera con le più pro<strong>sa</strong>iche e<strong>si</strong>genze di bilancio 0 .<br />

L’anali<strong>si</strong> di Mezzetti alla fine del 1927, sulle capacità di ripre<strong>sa</strong> della ribellione <strong>non</strong>ostante i<br />

colpi inferti, <strong>si</strong> rivelò piuttosto preci<strong>sa</strong>: aver lasciato per tutto l’inverno Omar e i suoi<br />

tranquillamente accampati nel Gebel poiché le operazioni erano concentrate nella Sirtica,<br />

ha permesso loro di riorganizzar<strong>si</strong> e di ripristinare il proprio apparato militare. Tra rincalzi e<br />

veterani Omar può contare ancora su circa 1000 uomini circa. Gli e<strong>si</strong>ti della campagna<br />

esti<strong>va</strong> del 1928, che nei piani <strong>dove</strong><strong>va</strong> essere risoluti<strong>va</strong>, furono <strong>si</strong>ntetizzati <strong>da</strong> una battuta<br />

del telegramma che Federzoni, stizzito, mandò a Teruzzi: “Si vede subito che anche<br />

l’e<strong>si</strong>to di queste ultime operazioni gebeliche <strong>non</strong> rappresenta certamente un contributo<br />

risolutivo all’opera di pacificazione del paese” 0 . Al­Mukhtàr continua<strong>va</strong> perciò a riscuotere<br />

le decime della Senus<strong>si</strong>a, a <strong>si</strong>mulare razzie per ottenere bestiame e derrate e a ricevere<br />

rifornimenti <strong>da</strong>ll’Egitto, <strong>non</strong>ostante una più forte presenza italiana sul Gebel e<br />

nell’entroterra semidesertico.<br />

A principio del 1929, con una maggiore coordinazione tra i reparti italiani che<br />

combatte<strong>va</strong>no contro i ribelli in Tripolitania e quelli che cerca<strong>va</strong>no di fare lo stesso in<br />

Cirenaica le due colonie vennero unificate sotto l’unica gui<strong>da</strong> del maresciallo Badoglio e<br />

Teruzzi sostituito a Benga<strong>si</strong> <strong>da</strong>l generale Domenico Siciliani, protetto del maresciallo,<br />

nominato alla carica di vicegovernatore. Pure in Italia a Federzoni <strong>si</strong> sostituì Mussolini in<br />

0 Mezzetti O., op. cit., pag. 191.<br />

0 Mohammed er­Ridà, che nel 1927 venne chiamato <strong>da</strong>l senusso Idris a ricoprire una carica as<strong>si</strong>milabile a quella di<br />

ministro degli esteri, nel corso di un’ambasceria <strong>si</strong> sottomise alle autorità italiane, tradendo di fatto il movimento di<br />

re<strong>si</strong>stenza. A questo propo<strong>si</strong>to ve<strong>da</strong>n<strong>si</strong> Del Boca A., op. cit., pag. 115, e Rochat G., op. cit., pag. 73.<br />

0 Del Boca A. op. cit., p. 114 e 115.<br />

0 ASMAI Libia pos. 150/6 f. 12. tel. 5404.<br />

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persona, formalmente titolare del dicastero, che venne però effetti<strong>va</strong>mente affi<strong>da</strong>to al<br />

sottosegretario De Bono, già governatore in Tripolitania <strong>da</strong>l 1925 al 1928.<br />

Badoglio <strong>si</strong> presentò agli Arabi con un contraddittorio mes<strong>sa</strong>ggio: la pace <strong>da</strong> tutti atte<strong>sa</strong><br />

era nelle mani dei ribelli: sta<strong>va</strong> a loro sceglierla accettando la re<strong>sa</strong> incondizionata,<br />

altrimenti <strong>si</strong> <strong>sa</strong>rebbe pas<strong>sa</strong>ti allo sterminio dei patrioti 0 In ogni caso, o a cau<strong>sa</strong> della<br />

<strong>si</strong>tuazione <strong>non</strong> particolarmente felice in cui <strong>si</strong> tro<strong>va</strong><strong>va</strong> 0 o, come affermano alcuni scrittori<br />

italiani dell’epoca 0 , per la forza persua<strong>si</strong><strong>va</strong> del proclama stesso, Sidi Umar fu indotto ad<br />

avvicinare gli Italiani e ad intavolare dei negoziati. Le due parti <strong>si</strong> accor<strong>da</strong>rono perciò per<br />

una tregua che durò cinque me<strong>si</strong> mentre an<strong>da</strong><strong>va</strong>no a<strong>va</strong>nti le trattative per la pace. Le<br />

ver<strong>si</strong>oni araba ed italiana dei negoziati sono as<strong>sa</strong>i contraddittorie e <strong>da</strong>lle fonti viene fuori<br />

piuttosto chiaramente il basso tentativo di doppio gioco attraverso il quale Badoglio vole<strong>va</strong><br />

as<strong>si</strong>curar<strong>si</strong> tutto il merito di una rapi<strong>da</strong> soluzione ad una guerra che dura<strong>va</strong> <strong>da</strong> ormai sei<br />

anni senza rinunciare alla totale sottomis<strong>si</strong>one di Omar al­Mukhtàr che il fascismo<br />

pretende<strong>va</strong> 0 . Omar, <strong>non</strong> solo <strong>non</strong> <strong>si</strong> sottomise, ma per tutta la durata delle trattative <strong>si</strong><br />

proclamò il rappresentante del capo di uno stato sovrano, condizione inaccettabile per gli<br />

Italiani, e in questa maniera le trattative vennero interrotte. La fine dei negoziati <strong>non</strong> fu<br />

seguita immediatamente <strong>da</strong>lla ripre<strong>sa</strong> delle ostilità, <strong>non</strong> <strong>si</strong> <strong>sa</strong> con preci<strong>si</strong>one quando Omar<br />

annunciò alle popolazioni e ai comandi italiani che avrebbe abbandonato il tavolo delle<br />

conver<strong>sa</strong>zioni, mentre le autorità coloniali ignorarono il suo proclama per accu<strong>sa</strong>rlo di<br />

tradimento, in novembre 1929, una pattuglia cade<strong>va</strong> in un’imboscata a Gasr Benigdem. A<br />

Benga<strong>si</strong> però gli Italiani, riuscirono a strappare la firma del gio<strong>va</strong>ne el­Ha<strong>sa</strong>n er­Ridà, un<br />

ragazzo della famiglia Senus<strong>si</strong> che era sull’altopiano al seguito di Omar, proponendogli un<br />

accordo as<strong>sa</strong>i favorevole per l’Italia e <strong>va</strong>ntaggioso per lui personalmente. Omar al­<br />

Mukhtàr respinse prontamente tale accordo e abbandonò el­Ha<strong>sa</strong>n er­Ridà e i suoi uomini<br />

(guerrieri dei duar delle tribù Dor<strong>sa</strong> e Braha<strong>sa</strong>) agli Italiani, soprannominandoli con<br />

0 Per una di<strong>sa</strong>mina più dettagliata del governatorato di Badoglio e il suo proclama ve<strong>da</strong><strong>si</strong> in Negoziati, cap. 4, par 4.<br />

0 In questo periodo Omar al­Mukhtàr ave<strong>va</strong> riorganizzato le sue forze in due soli duar, il più occidentale dei quali,<br />

formato <strong>da</strong> 350 uomini delle tribù Auaghir, Abid e Braha<strong>sa</strong>, il 13 marzo in un combattimento a Gerdes Abid contro due<br />

battaglioni italiani, uccise 23 sol<strong>da</strong>ti italiani, perdendo 20 uomini e 20 cammelli. Menzio Clemente, Dieci anni di storia<br />

cirenaica, re<strong>da</strong>tta <strong>da</strong>l cap. Menzio consta di circa 200 cartelle era una destinata al comando del Reale Corpo di truppe<br />

coloniali della Cirenaica. 25­12­1931, conser<strong>va</strong>ta in ACS 3/5. Rochat ipotizza <strong>si</strong>a questa la fonte che venne u<strong>sa</strong>ta <strong>da</strong><br />

E<strong>va</strong>ns Pritchard che pure <strong>non</strong> la cita, anche se i <strong>da</strong>ti spesso corrispondono. Rochat G. op. cit., pag. 62.<br />

0 Graziani R. op. cit., pag. 21­46, e De Leone E. La colonizzazione dell’Africa del nord, Pado<strong>va</strong>, Ce<strong>da</strong>m, 1960, pp. 549­<br />

555.<br />

0 E’ però lo stesso Graziani a documentare che in aprile­maggio le trattative <strong>non</strong> furono avviate sulla base della<br />

sottomis<strong>si</strong>one senza condizioni prete<strong>sa</strong> nel proclama di Badoglio. Giglio Carlo, La confraternita senus<strong>si</strong>ta <strong>da</strong>lle sue<br />

origini ad oggi, Pado<strong>va</strong>, Ce<strong>da</strong>m, 1932.<br />

99


disprezzo “l’esercito della farina” per bia<strong>si</strong>marli di esser<strong>si</strong> venduti in cambio di razioni di<br />

cibo. 0<br />

Dunque i combattimenti sul Gebel furono ripre<strong>si</strong> in autunno, mentre nel gennaio 1930, i<br />

seguaci di er­Ridà fecero re<strong>si</strong>stenza ad un tentativo italiano di di<strong>sa</strong>rmarli, con il risultato<br />

che ne vennero ucci<strong>si</strong> 80 mentre i restanti, compreso lo stesso er­Ridà, <strong>si</strong> arresero 0 . Nei<br />

giorni seguenti fu Omar al­Mukhtàr a venire battuto presso l’Uadi el Mahaggia, ferito,<br />

riuscì a stento a <strong>sa</strong>l<strong>va</strong>r<strong>si</strong>. Siciliani infatti, con<strong>sa</strong>pevole di quanto la sua po<strong>si</strong>zione <strong>si</strong> fosse<br />

deteriorata con la brusca interruzione dei colloqui, <strong>si</strong> mise immediatamente ad organizzare<br />

rastrellamenti e manovre di accerchiamento in forze, più a <strong>sa</strong>l<strong>va</strong>guardia della propria<br />

“poltrona” che con un chiaro progetto militare.<br />

Nell’ultimo anno di guerra, <strong>da</strong>l febbraio 1929 a febbraio 1930 altri 800 patrioti erano stati<br />

ucci<strong>si</strong> e oltre 2000 cammelli erano periti nel corso degli scontri. Almeno altri 2000 Beduini<br />

erano pas<strong>sa</strong>ti in Egitto con i propri beni ed animali.<br />

Il 1930 fu pure l’anno dell’arrivo in Cirenaica di Rodolfo Graziani come vice governatore al<br />

posto di Siciliani, la cui testa era caduta per il pasticcio dei negoziati. Il ministro De Bono 0<br />

<strong>non</strong> ave<strong>va</strong> gradito lo stile e la politica di Badoglio in colonia che tende<strong>va</strong> a sca<strong>va</strong>lcarlo per<br />

conferire direttamente con Mussolini: il fallimento dei negoziati era divenuto pertanto<br />

l’occa<strong>si</strong>one per De Bono di riaffermare la propria supremazia. Chiese ed ottenne <strong>da</strong>l Duce<br />

la sostituzione di Siciliani con Graziani, che nel gennaio 1930 sta<strong>va</strong> ultimando la conquista<br />

del Fezzan.<br />

Graziani, deciso ad affrancar<strong>si</strong> <strong>da</strong>ll’ingombrante tutela di Badoglio e arrogar<strong>si</strong> tutto il<br />

merito della campagna militare tracciò <strong>da</strong> subito un programma di “misure profilattiche” 0 :<br />

riduzione del corpo d’armata <strong>da</strong> 23mila a 13 mila uomini, eliminando i battaglioni libici, gli<br />

irregolari e le <strong>da</strong>urie 0 : anche se ridotto il corpo di spedizione mantenne intatta la sua forza<br />

essendo costituito per un terzo <strong>da</strong> italiani e per il resto <strong>da</strong>lle fi<strong>da</strong>te truppe eritree cui<br />

0 E. E<strong>va</strong>ns Pritchard op. cit., pag. 185.<br />

0 Rochat G. op. cit., pag 99. Omar sollevò il dor che decise di abbandonare er­Ridà per ricongiunger<strong>si</strong> ai ribelli.<br />

0 Nel settembre 1929 Mussolini lasciò a De Bono il titolo di ministro, il quale ebbe Lessona come sottosegretario. A<br />

parte la formalità dei titoli <strong>non</strong> ci furono particolari cambiamenti: Mussolini dimostrò sempre interesse per le vicende<br />

della Cirenaica e continuò ad intervenire in tutte le deci<strong>si</strong>oni più importanti.<br />

0 Del Boca A., op. cit. pag. 166.<br />

0 Le <strong>da</strong>urie, costituite <strong>da</strong> irregolari, <strong>non</strong> erano ritenute affi<strong>da</strong>bili. Così scrive Badoglio a Graziani il 9 aprile 1930:<br />

“Proce<strong>da</strong> al radicale di<strong>sa</strong>rmo di tutti. Il primo passo è stato fatto ponendo le <strong>da</strong>urie sotto i carabinieri. Ora di<strong>sa</strong>rmi<br />

tutti fi<strong>da</strong>ndo<strong>si</strong> solo delle truppe regolari.” ACS, Carte Graziani, b. 9, f. 16, sottof. 3 telegramma 2209.<br />

100


Graziani concede<strong>va</strong> il diritto di pre<strong>da</strong> (obbligo di <strong>non</strong> fare prigionieri) 0 . Con il denaro<br />

risparmiato con la riduzione della truppa <strong>si</strong> avviarono lavori stra<strong>da</strong>li sul Gebel, a lungo<br />

riman<strong>da</strong>ti per il permanere della ribellione, e fu così pos<strong>si</strong>bile migliorare le comunicazioni<br />

nella colonia facilitando i rifornimenti per le truppe italiane ed economizzando<br />

manodopera. Si passò quindi al di<strong>sa</strong>rmo della popolazione che fruttò migliaia di fucili e<br />

munizioni e <strong>si</strong> inasprirono le pene contro i disertori, per il reato di connivenza con i ribelli<br />

fu prevista la pena di morte. Al fine di offrire una immagine di giustizia presente e temibile<br />

Graziani istituì il “tribunale volante”, un tribunale militare che <strong>si</strong> trasferi<strong>va</strong> in volo <strong>da</strong> un<br />

punto all’altro della colonia per colpire con prontezza ed efficacia là <strong>dove</strong> <strong>si</strong> tro<strong>va</strong>ssero<br />

libici che ave<strong>va</strong>no avuto rapporti di qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> genere con i guerriglieri, colti in flagranza di<br />

reato. I proces<strong>si</strong> veni<strong>va</strong>no svolti <strong>da</strong><strong>va</strong>nti alle popolazioni e <strong>si</strong> conclude<strong>va</strong>no con<br />

l’immediata esecuzione dei con<strong>da</strong>nnati a morte: nel primo anno di istituzione <strong>si</strong> contano<br />

520 procedimenti, 119 esecuzioni e 117 con<strong>da</strong>nne a pene detentive 0 .<br />

Graziani riorganizzò anche le truppe per poter condurre una guerra senza quartiere:<br />

reparti mobili per controllare tutta la foresta, attaccare il nemico dovunque e <strong>non</strong> <strong>da</strong>rgli<br />

tregua, ormai sta<strong>va</strong> accerchiando i ribelli <strong>da</strong>ll’altopiano e <strong>da</strong>lla regione della steppa<br />

meridionale e gli pare<strong>va</strong> di tenerli in pugno. La politica di rigore avrebbe senz’altro<br />

indebolito i duar ribelli ma l’azione resta<strong>va</strong> imprescindibile per distruggerli.<br />

Ma alla pro<strong>va</strong> dei fatti, in un <strong>va</strong>sto rastrellamento sul Gebel in giugno 0 , alla ricerca di ribelli,<br />

il nuovo vicegovernatore <strong>non</strong> ottenne che modesti risultati, Omar e il suo dor riuscirono<br />

filtrare attraverso le colonne italiane e ad evitare lo scontro con perdite di scarso rilievo.<br />

Pur conscio che la <strong>si</strong>tuazione an<strong>da</strong><strong>va</strong> peggiorando, che le perdite, in termini relativi,<br />

fossero comunque as<strong>sa</strong>i ingenti, che molte delle ba<strong>si</strong> beduine erano state distrutte, fino<br />

all’arrivo di Graziani, Omar mantenne l’iniziati<strong>va</strong> 0 . La mobilità e la conoscenza della<br />

0 Nella guerra sul Gebel di norma <strong>non</strong> <strong>si</strong> face<strong>va</strong>no prigionieri (anche la cattura di donne e bambini era rara), perché gli<br />

ascari italiani e pure i ribelli <strong>non</strong> <strong>si</strong> ferma<strong>va</strong>no nella lotta se <strong>non</strong> per ca<strong>si</strong> eccezionali: rese di mas<strong>sa</strong> o cattura di<br />

personalità di rilievo. I battaglioni italiani, composti principalmente di volontari arruolati in Eritrea o giunti <strong>da</strong> zone<br />

vicine (etiopici, su<strong>da</strong>ne<strong>si</strong>, somali, yemeniti e trigrini) arri<strong>va</strong><strong>va</strong>no in media a 750 uomini, inquadrati <strong>da</strong> ufficiali italiani.<br />

0 Rochat G. op. cit., pag. 111. Pre<strong>si</strong>dente del tribunale volante era il gen. Olivieri, avvocato militare che seguirà<br />

Graziani pure in Etiopia. “Secon<strong>da</strong> una voce largamente diffu<strong>sa</strong> ­ dice Rochat ­ Graziani introdusse in Cirenaica la<br />

pras<strong>si</strong> di giustiziare i ribelli facendoli precipitare <strong>da</strong> un aeroplano; <strong>non</strong> ne abbiamo tro<strong>va</strong>to conferma alcune nei<br />

documenti”.<br />

0 Rochat elenca la compo<strong>si</strong>zione delle forze italiane: 13.000 uomini (1000 ufficiali, 3000 italiani e 9000 ascari in<br />

pre<strong>va</strong>lenza eritrei) 3 squadriglie di autoblindo, 1 compagnia speciale autocarrata di frontiera, 2 gruppi <strong>sa</strong>hariani, 4<br />

squadroni <strong>sa</strong><strong>va</strong>ri, 2 batterie mobili, un autogruppo di 500 mezzi e 30 – 35 aeroplani <strong>da</strong> ricognizione e bombar<strong>da</strong>mento<br />

leggero. In Graziani, op. cit., pag. 80 – 84.<br />

0 Menzio Clemente, Dieci anni di storia cirenaica, conser<strong>va</strong>ta in ACS 3/5.<br />

101


egione gli permisero di colpire <strong>dove</strong> preferi<strong>va</strong>, costringendo le postazioni, le pattuglie e i<br />

convogli avver<strong>sa</strong>ri a restare sempre all’erta.<br />

Il fallimento di queste misure, evidentemente ancora insufficienti, portò i comandi italiani a<br />

decider<strong>si</strong> per utilizzare metodi ancora più terribili per ottenere la fine della ribellione: la<br />

deportazione dell’intera popolazione cirenaica nell’inospitale regione della Sirtica in veri e<br />

propri campi di concentramento 0 . Fu Badoglio a riprendere l’iniziati<strong>va</strong> politica dopo il<br />

fallimento dell’operazione militare di Graziani sul Gebel Ach<strong>da</strong>r, dopo una puntuale anali<strong>si</strong><br />

della <strong>si</strong>tuazione in Cirenaica, tracciò la soluzione al problema della re<strong>si</strong>stenza: cioè per<br />

raggiungere il controllo assoluto della <strong>si</strong>tuazione attraverso la disgregazione dell’assetto<br />

politico­sociale tradizionale l’unica maniera era la creazione di un “distacco territoriale<br />

largo e ben preciso tra formazioni ribelli e popolazione sottomes<strong>sa</strong> (…) urge dunque far<br />

rifluire in uno spazio ristretto tutta la popolazione sottomes<strong>sa</strong>”. 0<br />

In uno scritto tratto <strong>da</strong>l suo diario, De Bono, ministro delle Colonie, <strong>non</strong> nasconde la<br />

propria fiducia, certo che questa drastica misura risolverà definiti<strong>va</strong>mente il problema della<br />

ribellione senza costringere il prestigio del fascismo italiano a scendere a compromes<strong>si</strong>:<br />

“La ribellione era una pacchia per tutti. Tutti, anche buona parte dei metropolitani erano<br />

conniventi con i ribelli. Pur di far soldi. Una co<strong>sa</strong> vergogno<strong>sa</strong>. Adesso, con i campi di<br />

concentramento, <strong>si</strong> avrà un periodo di estrema miseria. Ma risolveremo finalmente la<br />

<strong>si</strong>tuazione.” 0<br />

Nel fare questa scelta gli Italiani <strong>si</strong> comportarono semplicemente come chi <strong>si</strong> trovò a<br />

combattere la guerriglia già prima di loro: poiché un esercito che combatte la guerriglia<br />

combatte tutto un popolo è naturale, nella logica militare, che l’eliminazione della ribellione<br />

cominci con lo sterminio della popolazione che la sostiene 0 . Addirittura in un primo<br />

momento i campi di concentramento risultarono troppo vicini al teatro di guerra, tanto che<br />

<strong>non</strong>ostante la sorveglianza i prigionieri riusci<strong>va</strong>no a rifornire i guerriglieri, solo in un<br />

0 Ve<strong>da</strong>n<strong>si</strong> le parti del presente capitolo ad es<strong>si</strong> dedicate: 4.5.1 Deportazioni e 4.5.2 Cifre.<br />

0 Badoglio a Graziani, 20 giugno 1930, ACS – FG 1/2/2. (parzialmente pubblicato in Rochat p. 16 – 17) Rochat G. op.<br />

cit., p. 117.<br />

0 ACS Diario De Bono, vol. XVI p. 25. Per un più ampio approfondimento della questione delle deportazioni ve<strong>da</strong><strong>si</strong> più<br />

a<strong>va</strong>nti 4.5.1 Deportazioni.<br />

0 L’anali<strong>si</strong> dello stesso Graziani, appena giunto a Benga<strong>si</strong>, dimostra che il vicegovernatore <strong>si</strong> era già fatto un’idea<br />

definita delle relazioni tra confraternita e popolazione: “L’azione della Senus<strong>si</strong>a <strong>si</strong> stende su tutti ovunque. Tutti<br />

sperano che, <strong>non</strong> riuscendo con le armi a stabilire la pace, il governo <strong>si</strong>a costretto a cedere, addivenendo a<br />

conces<strong>si</strong>oni <strong>va</strong>rie. Tutti, notabili di qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> impronta e genti sottomesse o no, fanno perciò quello che possono per<br />

tenere in piedi la ribellione, e cioè il turbamento della pubblica tranquillità”. Graziani a Badoglio e De Bono, 5 aprile<br />

1930, ACS – FG 1/2/2 e in ASMAI, 150/22/98.<br />

102


secondo momento <strong>si</strong> decise per l trasferimento delle popolazioni nella Sirtica e nella zona<br />

di Barga el­Be<strong>da</strong>. Le cifre che E<strong>va</strong>ns Pritchard riporta parlano di <strong>almeno</strong> 80.000 uomini,<br />

donne, bambini e circa 600.000 animali. 0<br />

La morìa per fame, malattie e violenze fu altis<strong>si</strong>ma 0 e pure il bestiame, che <strong>non</strong> tro<strong>va</strong><strong>va</strong><br />

pascoli decenti vicino ai campi, perì in grandis<strong>si</strong>ma parte: confrontando le cifre, in parte<br />

desunte <strong>da</strong>l cen<strong>si</strong>mento turco del 1910, <strong>da</strong>lle relazioni di Graziani e <strong>da</strong>lle ricerche di<br />

E<strong>va</strong>ns Pritchard <strong>si</strong> evince che il 90 – 95% degli ovini, caprini e ca<strong>va</strong>lli e l’80% dei bovini e<br />

cammelli morirono 0 .<br />

I guerriglieri <strong>si</strong> ritro<strong>va</strong>rono perciò tagliati fuori <strong>da</strong>lle fonti di rifornimento a cui erano abituati:<br />

per il proprio sostentamento es<strong>si</strong> avrebbero dovuto seguire a distanza il movimento delle<br />

popolazioni, abbandonando così le zone protette dell’altopiano e risultando più vulnerabili<br />

agli attacchi italiani. Pertanto furono costretti a poter contare esclu<strong>si</strong><strong>va</strong>mente<br />

sull’Egitto per il neces<strong>sa</strong>rio alla sopravvivenza e alla guerra. Già <strong>da</strong> anni un parte<br />

con<strong>si</strong>derevole delle provviste giunge<strong>va</strong> <strong>da</strong> oltre confine e veni<strong>va</strong> pagata con i prodotti dei<br />

Beduini e con fondi raccolti in tutto il mondo arabo. Gli approvvigionamenti arri<strong>va</strong><strong>va</strong>no al<br />

porto di es­Sollum e le guardie di frontiera egiziane chiude<strong>va</strong>no un occhio in cambio del<br />

pagamento di tariffe doganali maggiorate. Anche la Marmarica venne quindi dichiarata<br />

zona militare <strong>da</strong>gli Italiani e la popolazione fu internata nei lager della Sirtica, la frontiera<br />

pattugliata <strong>da</strong> aerei e autoblindo con l’ordine di annientare ogni caro<strong>va</strong>na avvistata. Lo<br />

spazio che le truppe italiane <strong>si</strong> tro<strong>va</strong>rono a <strong>dove</strong>r sorvegliare venne di molto ridotto e<br />

aumentò invece l’efficacia dell’azione militare: sempre alle calcagna dei ribelli un nucleo di<br />

truppa ave<strong>va</strong> il compito di attaccare inces<strong>sa</strong>ntemente e cercare contatti per fornire notizie<br />

al grosso del battaglione, mobile e di grande spirito offen<strong>si</strong>vo, pronto all’intervento: “così<br />

<strong>non</strong> <strong>si</strong> avranno, come <strong>non</strong> è pos<strong>si</strong>bile avene, fatti d’arme conclu<strong>si</strong>vi, ma <strong>si</strong> avrà un’azione<br />

di logoramento, che ci fa sperare in una soluzione di consunzione”. 0<br />

Nonostante tutto ciò i rifornimenti riusci<strong>va</strong>no ancora a raggiungere i patrioti. Graziani<br />

decise perciò di far costruire un reticolato che an<strong>da</strong>sse <strong>da</strong>l mare, (porto di Bardia) fino a<br />

Giarabub e <strong>si</strong> perdesse praticamente fra le dune del deserto, coprendo il tratto di confine<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard E., op. cit., pag. 191.<br />

0 Pur risultando difficile calcolare con e<strong>sa</strong>ttezza il numero di persone (ve<strong>da</strong><strong>si</strong> il capitolo ad esso dedicato), Rochat dopo<br />

attente con<strong>si</strong>derazioni conta 100.000 deportati e <strong>almeno</strong> la metà morti nel corso della repres<strong>si</strong>one. Rochat, op. cit., pag.<br />

163.<br />

0 Rochat, op. cit., p. 161.<br />

0 Badoglio a De Bono, 1 luglio 1930, in ACS – FG, 1/2/2.<br />

103


con l’Egitto per circa 270 chilometri, 0 rallentando il pas<strong>sa</strong>ggio delle caro<strong>va</strong>ne, favorendo<br />

l’inseguimento dei gruppi beduini <strong>da</strong> parte delle pattuglie autocarrate o costringendo il<br />

contrabbando ad un lunghis<strong>si</strong>mo aggiramento a sud, attraverso il deserto.<br />

Il lavoro venne completato <strong>da</strong> lavoratori reclutati nei campi di concentramento alla fine di<br />

settembre 1931 ed il reticolato venne attrezzato con fortificazioni, una rete telefonica e<br />

alcuni campi d’aviazione che garanti<strong>va</strong>no il controllo lungo il muro di filo spinato.<br />

“Forse niente dimostra più chiaramente il lento imprigionamento delle popolazioni<br />

cirenaiche: l’uso sempre maggiore di filo spinato per recluderle in campi di<br />

concentramento all’interno della loro patria e per eliminare ogni loro contatto con il mondo<br />

esterno” così E<strong>va</strong>ns Pritchard 0 commentò l’orribile evoluzione che la repres<strong>si</strong>one dei ribelli<br />

subì, investendo di una tragedia ben maggiore alla sola guerra tutta la Cirenaica,<br />

individuando nelle azioni degli in<strong>va</strong>sori italiani una determinazione omici<strong>da</strong> che <strong>si</strong> nutri<strong>va</strong><br />

di razzismo e che contribuì senza dubbio alla degenerazione che di lì a pochi anni <strong>si</strong> ebbe<br />

nel corso della guerra mondiale.<br />

L’ingente spe<strong>sa</strong> per costruire il reticolato <strong>non</strong> ebbe però il tempo di dimostrare la sua vera<br />

utilità: i 14.111.000 lire 0 che vennero spe<strong>si</strong> in filo spinato <strong>non</strong> indussero i ribelli ad<br />

arrender<strong>si</strong> o a lasciare il paese, le bande continuarono ad infastidire i distaccamenti<br />

italiani e a razziare il bestiame dei sottomes<strong>si</strong>, ma l’attività dell’esercito italiano <strong>si</strong> ridusse<br />

ad operazioni di rastrellamento ed alcune scaramucce isolate. In una di queste, l’11<br />

settembre 1931, (prima che il lavoro di po<strong>sa</strong> del filo spinato al confine fosse terminato) lo<br />

stesso Sidi Umar fu ferito, di<strong>sa</strong>rcionato ed infine catturato.<br />

Condotto a Soluch, <strong>dove</strong>, il 16 settembre 1931, dopo un sommario quanto insen<strong>sa</strong>to<br />

processo la cui sentenza era già stata deci<strong>sa</strong> di comune concerto tra le autorità italiane<br />

della colonia e quelle in Italia 0 , fu impiccato <strong>da</strong><strong>va</strong>nti a 20.000 beduini fatti affluire lì <strong>da</strong>i<br />

campi di prigionia per as<strong>si</strong>stere alla sua fine 0 .<br />

0 Rochat, op. cit., pag. 139.<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard E., op. cit., pag. 192.<br />

0 La nuo<strong>va</strong> Italia d’Oltremare, 1933­34, vol I, p. 239.<br />

0 “Qualora individuo catturato fosse realmente Omar al­Mukhtàr, ravviso opportunità fare regolare processo e<br />

conseguente sentenza, che <strong>sa</strong>rà senza dubbio pena di morte, farla eseguire in uno dei grandi concentramenti<br />

popolazione indigena.” Badoglio a De Bono, 12 settembre 1931, in ACS – FG 2/3/2, Rochat, op. cit. pag. 149. Ad<br />

arrogar<strong>si</strong> tutto il merito dell’azione ci provò ancora una volta Graziani per le proprie e<strong>si</strong>genze di propagan<strong>da</strong> personale,<br />

ma ci pare che la respon<strong>sa</strong>bilità debba essere ripartita tra tutte le più alte autorità competenti.<br />

0 Ve<strong>da</strong><strong>si</strong> la parte del presente lavoro dedicato alla cattura, processo e esecuzione di Omar.<br />

104


Gli Italiani esultarono, e questa volta a ragione, perché la re<strong>si</strong>stenza morì con Sidi Umar<br />

al­Mukhtàr. Sull’altopiano c’erano ancora 700 guerriglieri ma nessuno di loro ave<strong>va</strong> il<br />

carisma di Umar e di colpo la ribellione divenne un corpo senza più vita. Già il 17<br />

settembre Graziani, con un proclama, promise il perdono per quei ribelli che <strong>si</strong> fossero<br />

arre<strong>si</strong>, ma <strong>non</strong> ebbe successo: dopo un mese e mezzo <strong>si</strong> pote<strong>va</strong>no contare solamente<br />

una decina di sottomis<strong>si</strong>oni. Ma il collasso della re<strong>si</strong>stenza era comunque vicino <strong>da</strong>ta<br />

l’assoluta mancanza di rifornimenti. Il 9 dicembre 1931 sul Gebel <strong>si</strong> riunì un’assemblea di<br />

ses<strong>sa</strong>nta esponenti della guerriglia 0 che decise la fine della lotta, lasciando ai <strong>si</strong>ngoli la<br />

scelta tra lo sconfinamento in Egitto o la re<strong>sa</strong>. Chi riuscì a sfon<strong>da</strong>re il reticolato di Graziani<br />

riparò in Egitto, altri preferirono morire combattendo <strong>va</strong>loro<strong>sa</strong>mente contro gli Italiani o<br />

arrender<strong>si</strong>. Le iniziative di Graziani erano però osteggiate <strong>da</strong> Badoglio timoroso “di questi<br />

ultimi ribelli che rappresentano i più irriducibili, preferirei vederli soppres<strong>si</strong> che sottomes<strong>si</strong>,<br />

giacché rappresenteranno sempre elemento disordine. Ad ogni modo, giacché bando è<br />

stato fatto occorre mantenere parola <strong>da</strong>ta” 0 .<br />

In realtà la re<strong>si</strong>stenza organizzata, dopo la deci<strong>si</strong>one dell’assemblea dei patrioti, era<br />

praticamente terminata e le pattuglie italiane liqui<strong>da</strong><strong>va</strong>no solo più alcuni strenui patrioti<br />

isolati e stremati <strong>da</strong>lle pri<strong>va</strong>zioni. Anche Badoglio se ne convinse con l’inizio del 1932 e<br />

per <strong>non</strong> perdere il primo posto alle celebrazioni della vittoria, con un ordine del giorno del<br />

24 gennaio 1932, dichiarò conclu<strong>sa</strong> con successo la guerra italo­senus<strong>si</strong>ta: se <strong>si</strong><br />

escludono i cinque me<strong>si</strong> di tregua del 1929, la guerra era durata poco meno di nove anni<br />

ininterrottamente.<br />

4.3 A Kufra!<br />

Il piano delle operazioni previsto per il 1929 era di<strong>sa</strong>rmare le tribù della Tripolitania<br />

meridionale, rioccupare l’intero Fezzan e prendere la lontana oa<strong>si</strong> di Kufra, ritenuta base<br />

dei rifornimenti dei ribelli e luogo di raccolta dei fuoriusciti tripolitani, oltre che città <strong>sa</strong>nta<br />

della Senus<strong>si</strong>a. La parte del programma relativo alla Cirenaica cominciò con l’espul<strong>si</strong>one<br />

delle bande senus<strong>si</strong>te <strong>da</strong>ll’entroterra del Barga el­Be<strong>da</strong> mentre nel frattempo tutto il<br />

Fezzan veni<strong>va</strong> occupato. Con la creazione dei campi di concentramento e la loro<br />

dislocazione lontano <strong>da</strong>l Gebel Ach<strong>da</strong>r Omar al­Mukhtàr e i suoi <strong>si</strong> tro<strong>va</strong>rono in gravi<br />

0 La notizia ci giunge <strong>da</strong> Graziani, op. cit. pp. 291 – 92.<br />

0 Badoglio a Graziani 21 dicembre 1931, in ACS – FG 1/2/2.<br />

105


difficoltà, <strong>non</strong> potendo più fare affi<strong>da</strong>mento sulla popolazione per i propri rifornimenti.<br />

L’Italia era adesso in grado di schierare forze esorbitanti contro queste piccole bande di<br />

patrioti, le oa<strong>si</strong> inoltre pote<strong>va</strong>no inoltre essere facilmente avvistate e bombar<strong>da</strong>nte <strong>da</strong>gli<br />

aerei e altrettanto facilmente venire raggiunte <strong>da</strong>lle autoblindo e <strong>da</strong>i mezzi che<br />

trasporta<strong>va</strong>no sol<strong>da</strong>ti.<br />

Ma Omar, pur indebolito, riusci<strong>va</strong> ancora a sfruttare a proprio <strong>va</strong>ntaggio la conoscenza dei<br />

luoghi; il colonnello Na<strong>si</strong>, <strong>va</strong>luta che i duar raggiungessero in questo periodo il numero di<br />

600 effettivi, ma aggiunge: “Ci <strong>si</strong> chiede come mai 13 mila uomini <strong>non</strong> riescano a farne<br />

fuori 600. A questa semplicistica doman<strong>da</strong> conviene rispondere altrettanto<br />

semplicemente: appunto perché sono 600 ribelli, disper<strong>si</strong>, però, in un territorio grande due<br />

volte l’Italia. (…) Il nemico principale <strong>non</strong> è qui il ribelle, è l’immen<strong>si</strong>tà del territorio, la<br />

mancanza di strade. In alcuni scacchieri la sete: ecco il solo, grande nemico” 0 .<br />

La <strong>si</strong>tuazione per Omar <strong>si</strong> aggra<strong>va</strong><strong>va</strong> ulteriormente: le perdite avute perché<br />

continuamente incalzato <strong>da</strong>lle forze italiane <strong>non</strong> erano alte, ma <strong>non</strong> c’erano più sottomes<strong>si</strong><br />

a portata di mano per fornire rincalzi: il numero dei suoi uomini <strong>si</strong> sta<strong>va</strong> tragicamente<br />

assottigliando.<br />

Non e<strong>si</strong>ste<strong>va</strong> alcun <strong>va</strong>ntaggio strategico nell’occupazione dell’oa<strong>si</strong> di Kufra: come pure in<br />

occa<strong>si</strong>one della pre<strong>sa</strong> di Giarabub, furono solo la grandezza dell’impre<strong>sa</strong>, la sua<br />

preparazione ed esecuzione, in particolare l’opportunità di conquistare “La Mecca della<br />

Senus<strong>si</strong>a 0 ” come Graziani la defini<strong>va</strong>, che divennero un richiamo irre<strong>si</strong>stibile per il<br />

vicegovernatore e i suoi collaboratori. Alcune bande di fuoriusciti tripolitani <strong>si</strong> erano<br />

rifugiati a Taizerbo, un’oa<strong>si</strong> a 250 chilometri a nord ovest di Kufra e tenta<strong>va</strong>no di aiutare<br />

Omar compiendo frequenti scorrerie nel sud della Cirenacia, tra la Sirtica e l’oa<strong>si</strong> di Gialo.<br />

Il 31 luglio 1930 Graziani fece bombar<strong>da</strong>re l’oa<strong>si</strong> <strong>da</strong> 4 aerei armati di 24 bombe <strong>da</strong> 21 chili<br />

di iprite, oltre che <strong>da</strong> un gran numero di comuni bombe con esplo<strong>si</strong>vo 0 .<br />

Eric Salerno ha rinvenuto un prezioso documento sugli effetti del bombar<strong>da</strong>mento, che<br />

merita di venire riportato qui di seguito, sco<strong>va</strong>ndo la testimonianza di un libico, raccolta <strong>da</strong>l<br />

coman<strong>da</strong>nte dei carabinieri Vincenzo Cassone di stanza a el Agheila il 13 novembre<br />

0 Guglielmo C. Na<strong>si</strong>, La guerriglia e l’impiego delle truppe in Cirenaica, in Governo della Cirenaica, Organizzazione<br />

marciante, Pavone, Benga<strong>si</strong>, 1931, pag. 56.<br />

0 Nel 1926 cade<strong>va</strong> in mano italiana l’oa<strong>si</strong> di Giarabub, sede storica della Senus<strong>si</strong>a dov’era conser<strong>va</strong>ta la tomba del<br />

fon<strong>da</strong>tore della confraternita al­Senu<strong>si</strong>. Ciò costrinse i Senus<strong>si</strong> a trasferire la propria sede presso la lontanis<strong>si</strong>ma oa<strong>si</strong> di<br />

Kufra, protetta <strong>da</strong>l deserto e di scarso interesse strategico. E<strong>va</strong>ns Pritchard, Colonialismo e re<strong>si</strong>stenza religio<strong>sa</strong><br />

nell’Africa settentrionale – I Senus<strong>si</strong> della Cirenaica, Ed. Del Prisma, Catania,1979. p. 186 – 187.<br />

0 Del Boca A., Italiani in Libia, Dal fascismo a Ghed<strong>da</strong>fi, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1994, pag. 191.<br />

106


1930: (…) ieri ho interrogato il ribelle Mohammed bu Ali, circa gli effetti prodotti <strong>da</strong>l<br />

bombar<strong>da</strong>mento effettuato a Taizerbo. Egli giunse colà <strong>da</strong> Kufra parecchi giorni dopo il<br />

bombar<strong>da</strong>mento e seppe che come conseguenze immediate vi furono quattro morti.<br />

Moltis<strong>si</strong>mi infermi vide invece colpiti <strong>da</strong>i gas. Ne vide diver<strong>si</strong> che presenta<strong>va</strong>no il loro<br />

corpo ricoperto di piaghe come provocate <strong>da</strong> forti bruciature. Riesce a specificare che in<br />

un primo tempo il corpo dei colpiti veni<strong>va</strong> ricoperto <strong>da</strong> <strong>va</strong>sti gonfiori, che dopo qualche<br />

giorno <strong>si</strong> rompe<strong>va</strong>no con fuoriuscita di liquido incolore. Rimane<strong>va</strong> così la carne vi<strong>va</strong>, pri<strong>va</strong><br />

di pelle, piagata” 0 .<br />

I ribelli in fuga <strong>da</strong> Taizerbo <strong>si</strong> rifugiarono a Kufra. Ma agli italiani manca<strong>va</strong>no i sei milioni 0<br />

neces<strong>sa</strong>ri per portare a termine la campagna continuando ad inseguirli.<br />

In atte<strong>sa</strong> del finanziamento Graziani fece comunque bombar<strong>da</strong>re Kufra.<br />

Anche a Roma, a cau<strong>sa</strong> delle pres<strong>si</strong>oni che De Bono sta<strong>va</strong> facendo per ottenere lo<br />

stanziamento di fondi <strong>da</strong> Mussolini, la questione di Kufra prende<strong>va</strong> quota: con<strong>si</strong>derata il<br />

rifugio degli ultimi ribelli tripolitani e tappa fon<strong>da</strong>mentale verso la pacificazione della<br />

Cirenaica, <strong>si</strong> decise che la sua conquista fosse neces<strong>sa</strong>ria.<br />

L’operazione mostrò ancora una volta la perizia degli Italiani per le imprese su <strong>va</strong>sta scala<br />

che <strong>non</strong> richiede<strong>va</strong>no alcun combattimento 0 : <strong>non</strong> ci <strong>si</strong> pote<strong>va</strong> aspettare nessuna<br />

ragionevole dife<strong>sa</strong> di Kufra <strong>da</strong> parte di un mehalla di 600 uomini mes<strong>sa</strong> contro i 3321<br />

ascari, 654 nazionali (ufficiali, sottufficiali e truppa) attrezzati con 378 automezzi, una<br />

sezione di autoblindo, 7 mila cammelli, 3 can<strong>non</strong>i, 70 mitragliatrici e 25 aerei. La<br />

preparazione all’impre<strong>sa</strong> durò cento giorni e per rifornire le tre colonne che punta<strong>va</strong>no su<br />

Kufra (<strong>da</strong> Age<strong>da</strong>bia, punto di partenza della colonna principale, sono più di 800 chilometri<br />

di deserto) fu neces<strong>sa</strong>rio trasportare 20 mila quintali di viveri, carburanti, lubrificanti,<br />

munizioni e altri materiali, tramite autocarro o cammello.<br />

Le altre due colonne motorizzate, con funzione di sostegno, partirono <strong>da</strong> Zella e Uan el­<br />

Chebir.<br />

0 Salerno Eric, Genocidio in Libia, Sugarco, Milano, 1979 pag. 60 – 61.<br />

0 Del Boca A., op. cit., pag. 192, riporta la riser<strong>va</strong>tis<strong>si</strong>ma lettera di Badoglio a De Bono in cui appare questa cifra.<br />

L’occupazione di Giarabub era costata molto di più, pare.<br />

0 A dirlo è lo stesso De Bono a Mussolini: “Chiedo il consenso per eseguire questa operazione militare che <strong>non</strong> presenta<br />

rischi né difficoltà”. ASMAI, Libia, pos. 150/6, f. 14. Lettera n. 66641.<br />

107


Nel frattempo, a Kufra, <strong>si</strong> attende<strong>va</strong> con grande preoccupazione un esercito così<br />

imponente e il fronte dei patrioti era spaccato sull’opportunità di difendere la città <strong>sa</strong>nta 0 .<br />

Mentre Scems ed­Din, membro della famiglia Senus<strong>si</strong>, era deciso a ritirar<strong>si</strong> in Egitto con<br />

tutta la popolazione, il capo degli Zeuia, Abd el Hamid bu Matari 0 , la tribù dei Mogarba<br />

gui<strong>da</strong>ta <strong>da</strong> Saleh el Atèusc e gli Ulad con Suleiman Abd el gelil Sef en­Nasser 0 decisero di<br />

re<strong>si</strong>stere e <strong>da</strong>r battaglia alle porte della città, confi<strong>da</strong>ndo sull’affaticamento delle colonne<br />

italiane dopo la lunga marcia nel deserto.<br />

Il 20 dicembre1930 le forze italiane della colonna principale lascia<strong>va</strong>no Age<strong>da</strong>bia per<br />

Gialo, ma veni<strong>va</strong>no travolte <strong>da</strong> una tempesta di <strong>sa</strong>bbia che le ritar<strong>da</strong><strong>va</strong>: fino al 31<br />

dicembre <strong>almeno</strong> <strong>non</strong> <strong>si</strong> rimetteranno in marcia. L’11 gennaio le colonne secon<strong>da</strong>rie<br />

giunsero in vista di Taizerbo mentre la principale <strong>si</strong> tro<strong>va</strong><strong>va</strong> già ai pozzi di Bir Zighen.<br />

Graziani, entu<strong>si</strong>asta per la preci<strong>si</strong>one e compattezza con cui la marcia è stata portata a<br />

termine 0 , il 12 <strong>si</strong> trasferisce in aereo <strong>da</strong> Benga<strong>si</strong> a Bir Zighen per condurre personalmente<br />

la fase conclu<strong>si</strong><strong>va</strong> della spedizione. All’alba del 19 gennaio un aereo avvista la mehalla<br />

dei patrioti, attestata sul margine settentrionale di Kufra, mentre ormai le colonne<br />

giungono a vedere le prime oa<strong>si</strong> e <strong>si</strong> sono praticamente ricongiunte. Dopo alcune ore di<br />

scontri la mehalla è costretta a cedere e lasciare l’oa<strong>si</strong> di el­Hauari, <strong>dove</strong> sta<br />

combattendo, per ritirar<strong>si</strong> nelle oa<strong>si</strong> di et­Tag e di el­Giof e riorganizzar<strong>si</strong>.<br />

Ma il ripiegamento divenne ben presto fuga che per molti terminerà solo in Egitto.<br />

Graziani, che il giorno dopo pianta<strong>va</strong> la bandiera tricolore a et­Tag, il <strong>sa</strong>ntuario di al­Mahdi<br />

al­Senus<strong>si</strong> 0 , riconosce<strong>va</strong> così il <strong>va</strong>lore degli avver<strong>sa</strong>ri: “La mehalla ribelle (…), pur<br />

essendo<strong>si</strong> tro<strong>va</strong>ta di fronte a forze molto superiori di quelle contro le quali ritene<strong>va</strong> di<br />

<strong>dove</strong>r combattere, <strong>si</strong> batté con au<strong>da</strong>cia ed accanimento <strong>si</strong>ngolari e <strong>non</strong> cedette se <strong>non</strong><br />

0 Anche il film parla di questa spaccatura nel fronte dei ribelli sulla questione della dife<strong>sa</strong> di Kufra, ma è sempre Omar<br />

al­Mukhtàr che sostiene che l’oa<strong>si</strong> <strong>non</strong> <strong>si</strong>a difendibile nella riunione con i suoi. In realtà lo stesso Mohammed Idris<br />

inviò un suo corriere per invitare, chi era dell’idea di abbandonare la città, a restare. Del Boca A., op. cit., pag. 194.<br />

0 Appare nel film interpretato <strong>da</strong> Takis Emmanuel, descritto come segretario di Mukhtàr e suo vice fino alla morte,<br />

avvenuta a Kufra, appunto.<br />

0 Le tribù Mogarba e Ulad furono senza dubbio tra le più bellicose e sempre lottarono contro il dominio italiano, el<br />

Atèusc e Sef en­Nasser sono due dei grandi e <strong>va</strong>loro<strong>si</strong> condottieri della guerriglia in Tripolitania. In Del Boca A.,<br />

Italiani in Libia, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1994, entrambi i volumi.<br />

0 Graziani lo<strong>da</strong> in questo modo il corpo di spedizione “in 10 giorni attraversò, con marcia ammirevole per regolarità e<br />

disciplina, i 400 chilometri di desolato serir che separano Gialo <strong>da</strong> Bir Zighen, senza lasciare indietro, nel lungo e<br />

<strong>non</strong> facile percorso, né un uomo né una macchina”. La perdita <strong>si</strong> ridusse ad un centinaio di cammelli, Cirenaica<br />

pacificata , p. 192.<br />

0 E<strong>si</strong>ste una lieve discor<strong>da</strong>nza tra le <strong>da</strong>te che ci provengono <strong>da</strong> E<strong>va</strong>ns Pritchard e A. Del Boca: in Colonialismo e<br />

re<strong>si</strong>stenza religio<strong>sa</strong> nell’Africa settentrionale pag. 189, l’antropologo inglese indica il 10 gennaio 1931 la definiti<strong>va</strong><br />

caduta di Kufra, mentre in Italiani in Libia – Dal fascismo a Ghed<strong>da</strong>fi pag. 195 Del Boca parla del 19 gennaio dello<br />

stesso anno.<br />

108


quando <strong>si</strong> vide irreparabilmente sopraffatta e quando capì che se avesse in<strong>si</strong>stito <strong>sa</strong>rebbe<br />

stata pre<strong>sa</strong> fra due fuochi e totalmente annientata”. 0<br />

I patrioti persero circa cento uomini tra i quali lo stesso Adb el Hamid bu Matari, gli italiani<br />

contarono 2 ufficiali e 2 ascari morti oltre a 16 feriti.<br />

Ai Beduini che abbandona<strong>va</strong>no Kufra rimane<strong>va</strong>no quattro vie di fuga, tutte e quattro molto<br />

rischiose pure in tempo di pace: attraverso il deserto era pos<strong>si</strong>bile raggiungere le oa<strong>si</strong><br />

egiziane, le oa<strong>si</strong> di Siwa e Awainat, il Su<strong>da</strong>n anglo­egiziano e il mas<strong>si</strong>ccio del Tibesti.<br />

Badoglio ordinò a Graziani di inseguire le caro<strong>va</strong>ne in fuga <strong>si</strong>a con i reparti dotati di<br />

cammelli che con l’aviazione 0 , la quale <strong>si</strong> dedicò a bombar<strong>da</strong>re e mitragliare<br />

<strong>si</strong>stematicamente le caro<strong>va</strong>ne perché abbandonassero le vetto<strong>va</strong>glie, al fine di render<strong>si</strong> la<br />

fuga più agevole 0 . I superstiti degli inseguimenti e delle duris<strong>si</strong>me peregrinazioni nel<br />

deserto (Saleh el­Atèusc <strong>va</strong>gò nel deserto per 70 giorni e ben 170 persone al suo seguito<br />

perirono per la mancanza di cibo ed acqua) <strong>si</strong> ritroveranno in Egitto, a el­Minya, nei<br />

possedimenti del grande protettore dei fuorusciti libici, Ali bey el Masri.<br />

4.4 Negoziati<br />

Mentre Rodolfo Graziani era ancora impegnato nelle operazioni di riconquista del Fezzan,<br />

nella primavera del 1929, E<strong>va</strong>ns Pritchard parla di Omar al­Mukhtàr, sconfitto<br />

pe<strong>sa</strong>ntemente il 31 marzo e costretto, per la prima volta, a stabilire contatti con gli Italiani<br />

e negoziare una tregua. 0<br />

Nelle ver<strong>si</strong>oni, marcatamente di parte, degli scrittori coloniali italiani 0 , lo stesso Omar<br />

approfittò dell’inesperienza, dell’ambizione e del proclama di Badoglio 0 , appena<br />

insediato<strong>si</strong> come governatore unico della colonia sul finire del 1928, per compiere un falso<br />

atto di sottomis<strong>si</strong>one.<br />

0 Graziani R., op. cit. pag. 201.<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard, op. cit., pag. 189. Si tratta<strong>va</strong> di 25 apparecchi.<br />

0 La vera strage ebbe luogo durante l’inseguimento dei difensori di Kufra e le loro famiglie: Graziani, il cui bilancio è,<br />

secondo Del Boca, <strong>da</strong> con<strong>si</strong>derar<strong>si</strong> appros<strong>si</strong>mativo, parla di 100 ucci<strong>si</strong>, 14 pas<strong>sa</strong>ti per le armi e 250 prigionieri. op. cit.,<br />

pag. 195.<br />

0 E. Pritchard, op. cit. pag. 184.<br />

0 Rochat ricor<strong>da</strong> Enrico De Leone, La colonizzazione dell’Africa del nord, Pado<strong>va</strong>, Ce<strong>da</strong>m, 1960, pag. 549­55 oltre a<br />

Graziani op. cit. pag. 21­46.<br />

0 Badoglio promette<strong>va</strong> ai ribelli il perdono in cambio della piena sottomis<strong>si</strong>one e della consegna delle armi, ma allo<br />

stesso tempo minaccia<strong>va</strong> chi <strong>non</strong> <strong>si</strong> fosse arreso: “Se obbligato, la guerra la farò con <strong>si</strong>stemi e mezzi potenti, che di es<strong>si</strong><br />

rimarrà il ricordo. Nessun ribelle avrà pace, né lui né la sua famiglia, né i suoi armenti né i suoi eredi. Distruggerò<br />

tutto, uomini e cose”. G. Rochat, La repres<strong>si</strong>one della re<strong>si</strong>stenza in Cirenaica (1927 – 1931), in AA.VV. Omar al­<br />

Mukhtàr e la riconquista fascista della Libia, Marzorati Editore, Milano, 1981, pag. 81.<br />

109


Il capo dei patrioti libici, secondo le ricostruzioni espresse <strong>da</strong>gli ambienti coloniali italiani,<br />

fu costretto ad intavolare colloqui di pace <strong>si</strong>ccome ave<strong>va</strong> bisogno di tempo per<br />

riorganizzare le proprie forze e ripartire con la guerriglia dopo aver appianato i contrasti<br />

interni alla Senus<strong>si</strong>a. Purtroppo, <strong>da</strong>ta la scar<strong>sa</strong> attendibilità delle fonti italiane <strong>non</strong> ci è<br />

pos<strong>si</strong>bile conoscere il reale stato di cri<strong>si</strong> interna alla confraternita, ma è lo stesso Graziani<br />

a testimoniare che in aprile­maggio le trattative <strong>non</strong> furono assolutamente avviate sulla<br />

base della sottomis<strong>si</strong>one senza condizioni prevista <strong>da</strong>l proclama di Badoglio 0 . Quel che ci<br />

preme adesso è comunque esser certi che i negoziati <strong>non</strong> furono un’idea di Graziani<br />

come invece mostra il film, il quale in quel periodo <strong>non</strong> era neppure presente in Cirenaica<br />

e che venne nominato vice governatore proprio per prendere il posto del generale<br />

Siciliani, scaricato in seguito al fallimento delle trattative di pace.<br />

4.4.1 Sottomis<strong>si</strong>one?<br />

Il tema sul quale abbiamo maggiori informazioni e sul quale <strong>si</strong> gioca l’interpretazione, in<br />

sede storiografica, dei negoziati di pace, è la sottomis<strong>si</strong>one, reale o presunta, di Omar al­<br />

Mukhtàr. E’ bene chiarire subito che di veri e propri negoziati di pace <strong>si</strong> trattò e <strong>non</strong> di atto<br />

di sottomis<strong>si</strong>one dei ribelli, come racconterà poi Badoglio per scaricare su al­Mukhtàr la<br />

colpa del fallimento delle trattative. Entrambi i contendenti ave<strong>va</strong>no interesse nel<br />

negoziare una pace: Omar punta<strong>va</strong> al ripristino degli accordi di er­Regima e Bu Mariam<br />

stretti tra Italia e Senus<strong>si</strong>a all’inizio degli anni ’20, in ogni caso qualche mese di tregua gli<br />

avrebbe permesso di potenziare i dor e alleviare i tragici effetti sulle popolazioni dello<br />

stato di guerra, costante ormai <strong>da</strong> anni. Anche Badoglio ave<strong>va</strong> bisogno di tempo per<br />

organizzare le proprie forze in Cirenaica. Ma, come osser<strong>va</strong> Rochat: “Badoglio <strong>non</strong> ave<strong>va</strong><br />

imboccato la via della pacificazione per intima convinzione, ma nella speranza di<br />

conseguire un successo personale ottenendo in pochi me<strong>si</strong> la fine dello stato di guerra”, 0<br />

in cambio della fine della guerriglia e dell’accettazione della presenza e sovranità italiana<br />

Siciliani e Badoglio offri<strong>va</strong>no il riconoscimento della Senus<strong>si</strong>a e dei suoi compiti<br />

tradizionali, 0 prospettando, <strong>almeno</strong> sulla carta, un’ambigua spartizione del potere. Ciò che<br />

0 Rochat, op. cit. pag. 85.<br />

0 Rochat G., op. cit. pag. 90<br />

0 Nelle fonti italiane le ba<strong>si</strong> dell’accordo prevede<strong>va</strong>no la pos<strong>si</strong>bilità di rientro in Cirenaica per alcuni membri della<br />

Senus<strong>si</strong>a tra i quali lo stesso Mohammed Idris, i beni della zavie <strong>sa</strong>rebbero rimasti intatti e i capi zavia avrebbero<br />

ricevuto uno stipendio, i beni degli esponenti della Senus<strong>si</strong>a <strong>sa</strong>rebbero stati riconosciuti come proprietà pri<strong>va</strong>te ed<br />

esentati <strong>da</strong>lle tasse, così pure i beni delle zavie. In cambio i ribelli avrebbero dovuto consegnare subito <strong>almeno</strong> metà<br />

110


il governatore sta<strong>va</strong> tentando di realizzare era una “penetrazione italiana più duttile ed<br />

efficace di quella tradizionale ba<strong>sa</strong>ta sulle armi” 0 , <strong>non</strong> pen<strong>sa</strong><strong>va</strong> <strong>si</strong>curamente ad una reale<br />

spartizione di potere con la Senus<strong>si</strong>a.<br />

A questo punto è neces<strong>sa</strong>rio allargare il nostro campo d’anali<strong>si</strong> e renderci conto che la<br />

guerra che Badoglio sta combattendo è differente <strong>da</strong> quella con cui hanno dovuto fare i<br />

suoi predecessori: se <strong>da</strong> una parte è impegnato nello scontro tra Italia e Senus<strong>si</strong>a<br />

<strong>da</strong>ll’altra il confronto è con gli ambienti coloniali italiani, <strong>da</strong> subito ostili nei suoi confronti e,<br />

per motivi di orgoglio nazionale, carriera, interes<strong>si</strong> commerciali ed una buona dose di<br />

razzismo, convinti sostenitori della politica di forza nella repres<strong>si</strong>one della ribellione. De<br />

Bono in particolare, ministro delle Colonie, nutre verso Badoglio forte gelo<strong>si</strong>a a cau<strong>sa</strong><br />

della grande autonomia che Mussolini gli ave<strong>va</strong> concesso al momento della nomina e <strong>non</strong><br />

perderà occa<strong>si</strong>one mettere in catti<strong>va</strong> luce il maresciallo piemontese, in particolare<br />

denunciando la sua politica di debolezza e compromesso come <strong>non</strong> conforme alle<br />

direttive fasciste, <strong>da</strong> sempre improntate a <strong>da</strong>re del regime un’immagine di forza<br />

irre<strong>si</strong>stibile 0 .<br />

Badoglio <strong>si</strong> ritrovò stretto fra due fronti, le cui parti erano Senus<strong>si</strong>a e colonialisti italiani,<br />

pronti ad approfittare di ogni suo errore, e come soluzione scelse un pericoloso doppio<br />

gioco: mise a tacere per un momento gli ambienti coloniali a Roma presentando una<br />

definiti<strong>va</strong> (quanta fal<strong>sa</strong>) sottomis<strong>si</strong>one di Omar al­Mukhtàr, questo gli permise di avere<br />

libertà di azione nel perseguire la propria politica con la Senus<strong>si</strong>a, convinto che qualche<br />

mese di tregua e un’abile opera di corruzione avrebbero finito per aprire la via alla<br />

pacificazione che avrebbe coinciso con la completa dominazione italiana. L’ottimismo di<br />

Badoglio <strong>non</strong> lo differenzia<strong>va</strong> <strong>da</strong> chi lo ave<strong>va</strong> preceduto: era <strong>si</strong>ntomo infatti dell’incapacità<br />

dei comandi italiani di <strong>va</strong>lutare adeguatamente le radici della ribellione e l’influenza politica<br />

della Senus<strong>si</strong>a.<br />

Il 13 giugno 1929 dunque, presso Barce, Omar al­Mukhtàr incontra<strong>va</strong> finalmente Siciliani.<br />

La ver<strong>si</strong>one di Graziani ci parla dell’avvenuta sottomis<strong>si</strong>one del mujiahidin e della sua<br />

accettazione delle condizioni di mas<strong>si</strong>ma poste <strong>da</strong>gli italiani in cambio del riconoscimento<br />

delle armi <strong>da</strong> loro detenute dietro il corrispettivo di 1000 lire per ogni fucile. I restanti uomini in armi <strong>sa</strong>rebbero stati<br />

inquadrati e controllati <strong>da</strong>l governo italiano. Del Boca, op. cit., pag. 155.<br />

0 Rochat G., op. cit. pag. 90<br />

0 Emilio De Bono assunse il governo della sola Tripolitania nel 1925 mentre Badoglio riuscì ad ottenere il titolo di<br />

governatore unico.<br />

111


dei compiti tradizionali della Senus<strong>si</strong>a 0 . Sempre secondo la stes<strong>sa</strong> fonte Sidi Umar<br />

avrebbe fatto atto di sottomis<strong>si</strong>one pure in occa<strong>si</strong>one degli incontri del 19 giugno, a Sidi<br />

Rahuma alla presenza di Badoglio e del 28 giugno, nuo<strong>va</strong>mente, e per l’ultima volta, con<br />

Siciliani.<br />

Convinto che, pur senza arri<strong>va</strong>re ad accordi scritti, <strong>si</strong> potesse blandire la Senus<strong>si</strong>a<br />

promettendo quanto es<strong>sa</strong> richiede<strong>va</strong> e che i contrasti interni alla ribellione e la stanchezza<br />

della popolazione avrebbero fatto il resto, Badoglio dichiarò a Mussolini e De Bono che la<br />

sottomis<strong>si</strong>one di Al­Mukhtàr era <strong>da</strong> con<strong>si</strong>derar<strong>si</strong> completa. Sull’incontro del 13 giugno il<br />

governatore dichiara<strong>va</strong>, direttamente al Duce, queste parole, attribuendole a Sidi Umar: “<br />

Non dire però che io ero ribelle perché mai prima di oggi mi ero sottomesso al governo e<br />

anzi l’ho sempre combattuto. (…) Oggi mi sottometto; per me il gen. Badoglio è il primo<br />

governatore italiano che ha avuto la Cirenaica. Da oggi in Cirenaica c’è un governo, quello<br />

italiano. (…) La Cirenaica entra <strong>da</strong> oggi in una nuo<strong>va</strong> era, quella della pace. Io sono a<br />

dispo<strong>si</strong>zione del governo”. 0<br />

Le prove della fal<strong>si</strong>tà di questa dichiarazione sono molteplici, primo tra tutti Cane<strong>va</strong>ri 0 , il<br />

quale sottolinea che Omar al­Mukhtàr, in occa<strong>si</strong>one dell’incontro del 19 giugno, quello con<br />

Badoglio, <strong>si</strong> presentò accompagnato <strong>da</strong> un dor di 400 armati che occuparono e<br />

pre<strong>si</strong>diarono l’intera zona <strong>dove</strong> <strong>si</strong> svolge<strong>va</strong>no i colloqui. Inoltre Sidi Umar <strong>non</strong> fece<br />

nessuno dei tradizionali gesti di sottomis<strong>si</strong>one, anzi <strong>si</strong> può seriamente affermare che i due<br />

capi trattarono alla pari.<br />

Poi è lo stesso Graziani, pur <strong>non</strong> potendo attaccare apertamente il proprio superiore, a<br />

riportare la dichiarazione di Sidi Umar del 20 ottobre 1929, a trattative ormai fallite, in cui il<br />

capo dei patrioti afferma chiaramente che negli incontri di giugno venne concor<strong>da</strong>ta<br />

unicamente una tregua di due me<strong>si</strong> neces<strong>sa</strong>ria allo sviluppo dei negoziati. 0 E questa è<br />

pure la ver<strong>si</strong>one di Sidi Umar, desunta <strong>da</strong>i giornali egiziani che ne parlarono, ai quali lo<br />

stesso Umar fece pervenire una nota informati<strong>va</strong> 0 . Le condizioni poste <strong>da</strong>i senus<strong>si</strong>ti<br />

all’incontro di Sidi Rahuma, prevede<strong>va</strong>no innanzitutto “un’armistizio di due me<strong>si</strong> perché<br />

ciascuno potesse metter<strong>si</strong> in contatto con i propri superiori”. Perché <strong>si</strong> potesse giungere a<br />

0 Graziani R., op. cit., pag. 30.<br />

0 De Leone E., La colonizzazione dell’Africa del nord, Pado<strong>va</strong>, Ce<strong>da</strong>m, 1960, pag. 551. Lo stesso De Leone, che pur<br />

giustifica ogni aspetto della politica fascista in Cirenaica, ammette che Omar al­Mukhtàr <strong>non</strong> <strong>si</strong> sottomise mai. Ivi pag.<br />

559.<br />

0 Cane<strong>va</strong>ri Emilio, La guerra italiana. Retroscena della disfatta, Roma, To<strong>si</strong>, 1948 pag. 325 e ss.<br />

0 Graziani, op. cit., pag. 44 – 46.<br />

0 Del Boca A., op. cit., pag. 156.<br />

112


qualco<strong>sa</strong> di più concreto che una tregua i patrioti chiede<strong>va</strong>no un’amnistia generale che<br />

comprendesse pure gli esuli, il ritiro dei pre<strong>si</strong>di italiani fis<strong>sa</strong>ti durante le operazioni del<br />

1922 – 23, compre<strong>si</strong> quindi Giarabub e Gialo ed il diritto per la confraternita di continuare<br />

a riscuotere le decime <strong>da</strong>gli arabi della costa.<br />

C’è <strong>da</strong> supporre che la ver<strong>si</strong>one <strong>da</strong>ta <strong>da</strong> Al­Mukhtàr <strong>si</strong>a la più attendibile: le sue richieste<br />

ricalcano infatti gli accordi stipulati fra Italia e Senus<strong>si</strong>a nel 1919 a er­Regima e confermati<br />

nel 1920 a Bu Mariam e crediamo che egli <strong>non</strong> avrebbe avuto motivo di venire a colloqui<br />

di pace che <strong>non</strong> gli garantissero l’indipendenza delle tribù del Gebel e l’autorità della<br />

Senus<strong>si</strong>a. Alle dichiarazioni di ostentata fiducia fatte <strong>da</strong> Badoglio e Siciliani (e pure <strong>da</strong> De<br />

Bono che riuscì addirittura ad assumer<strong>si</strong> un po’ il merito della sottomis<strong>si</strong>one!) 0 face<strong>va</strong><br />

seguito la chiara dimostrazione di come fosse l’autorità di al­Mukhtàr a garantire la<br />

tranquillità su tutto l’altopiano e <strong>non</strong> la forza degli Italiani: i duar <strong>non</strong> veni<strong>va</strong>no sciolti<br />

proprio perché per il loro mantenimento Sidi Umar percepi<strong>va</strong> le decime, né le popolazioni<br />

veni<strong>va</strong>no di<strong>sa</strong>rmate e la Senus<strong>si</strong>a torna<strong>va</strong> ad esercitare i propri poteri alla luce del sole.<br />

Badoglio e Siciliani, liberati<strong>si</strong> <strong>da</strong>lle ingerenze politiche della metropoli, adesso <strong>dove</strong><strong>va</strong>no<br />

solo sfruttare a proprio favore i contrasti interni alla Confraternita che comincia<strong>va</strong>no ad<br />

emergere: tra i beduini <strong>si</strong> <strong>va</strong>nno affermando infatti due tendenze, <strong>da</strong> un rapporto di<br />

Siciliani al governatore in agosto apprendiamo che il gio<strong>va</strong>ne Has<strong>sa</strong>n er­Ridà, figlio di<br />

Mohammed er­Ridà che Badoglio ave<strong>va</strong> fatto rimpatriare in marzo <strong>da</strong>l confino di Ustica 0 ,<br />

gui<strong>da</strong><strong>va</strong> la corrente disposta ad accettare una pace di compromesso mentre Sidi Umar<br />

preferi<strong>va</strong> la ripre<strong>sa</strong> delle ostilità ad una re<strong>sa</strong> vergogno<strong>sa</strong> che consegnasse la Cirenaica<br />

agli Italiani liqui<strong>da</strong>ndo così la Senus<strong>si</strong>a. 0 La dichiarazione di Has<strong>sa</strong>n er­Ridà annulla<strong>va</strong><br />

formalmente gli accordi stipulati <strong>da</strong> Badoglio con Al­Mukhtàr, pur <strong>non</strong> avendone notizia<br />

diretta c’è <strong>da</strong> supporre che la ten<strong>si</strong>one all’interno del fronte senus<strong>si</strong>ta debba essere stata<br />

forte se il dor Braha<strong>sa</strong> Dor<strong>sa</strong> <strong>si</strong> sottrasse al controllo di al­Mukhtàr e, pur mantenendo la<br />

propria organizzazione, accettò il denaro italiano per il mantenimento.<br />

A questo punto Badoglio pote<strong>va</strong> certo dir<strong>si</strong> soddisfatto per come il suo piano sembra<strong>va</strong><br />

realizzar<strong>si</strong> e attende<strong>va</strong> la re<strong>sa</strong> dei ribelli, ma proprio <strong>da</strong> un suo telegramma del 25 agosto<br />

0 Nel suo diario De Bono, alla <strong>da</strong>ta del 15 giugno, annota<strong>va</strong>: “Fatto grande. La sottomis<strong>si</strong>one dei capi in Cirenaica,<br />

compreso Omar al­Mukhtàr. Questa è conseguenza della politica ferma del governo e dell’atteggiamento ultimo <strong>da</strong> poi<br />

che io sono qui”. ACS, Diario De Bono, vol. XIV, pag. 39.<br />

0 Rochat, op. cit. pag. 84.<br />

0 Del Boca, op. cit. pag. 158. Dal rapporto di Siciliani apprendiamo che Has<strong>sa</strong>n er­Ridà accettò le condizioni imposte<br />

<strong>da</strong>l governo italiano e <strong>si</strong> impegnò a <strong>non</strong> riscuotere più le decime ma a mantenere i suoi col denaro italiano.<br />

113


1929 a De Bono apprendiamo che Idris ha scritto ad al­Mukhtàr “dichiarando privo di ogni<br />

autorità er­Ridà (padre e figlio), nominando suo unico rappresentante Omar ed<br />

ordinandogli di astener<strong>si</strong> <strong>da</strong> ogni atto ostile, ma di <strong>non</strong> addivenire ad ulteriori accordi con il<br />

Governo se <strong>non</strong> per tramite suo e di mantenere gli armati con le elemo<strong>si</strong>ne della<br />

popolazione” 0 . In questa maniera Idris smascherò il doppio gioco di Badoglio che invece<br />

continua<strong>va</strong> a mostrare grande <strong>si</strong>curezza e sperare che l’esempio dei Braha<strong>sa</strong> Dor<strong>sa</strong><br />

venisse seguito <strong>da</strong> altre tribù. Ma l’azione di corruzione e disgregamento del fronte ribelle<br />

ad opera degli Italiani ave<strong>va</strong> evidentemente raggiunto risultati limitati: Badoglio <strong>si</strong><br />

mostra<strong>va</strong> largo di conces<strong>si</strong>oni ma rifiuta<strong>va</strong> di assumer<strong>si</strong> impegni formali che dessero alla<br />

Senus<strong>si</strong>a ciò che de<strong>si</strong>dera<strong>va</strong>, in particolar modo rifiuta<strong>va</strong> di trattare con Idris apposta per<br />

<strong>non</strong> riconoscerne il ruolo di unico capo della Senus<strong>si</strong>a. Pure Mussolini e De Bono ormai<br />

comincia<strong>va</strong>no a nutrire seri dubbi sulla veridicità della sottomis<strong>si</strong>one dei ribelli, De Bono<br />

rile<strong>va</strong><strong>va</strong> che a fine agosto “<strong>non</strong> è stata consegnata una sola arma” 0 e intanto a Roma <strong>si</strong><br />

face<strong>va</strong> stra<strong>da</strong> l’idea che fosse giunto il momento di interrompere l’armistizio, che<br />

l’esperimento di Badoglio era fallito e che fosse perciò neces<strong>sa</strong>rio ritornare alle maniere<br />

forti. In Cirenaica, la Senus<strong>si</strong>a, temendo l’ingombrante presenza dell’Italia impegnata ad<br />

accendere discordie e distribuire viveri, rischiando perciò di perdere progres<strong>si</strong><strong>va</strong>mente<br />

terreno presso le popolazioni e <strong>non</strong> potendo accettare una pace di fatto senza garanzie,<br />

decise anch’es<strong>sa</strong> di porre fine alla tregua.<br />

La tregua stipulata in giugno avrebbe potuto divenire una pace più duratura solo se<br />

l’evoluzione dei colloqui tra Italia e Al­Mukhtàr fosse stata giudicata po<strong>si</strong>ti<strong>va</strong>mente <strong>da</strong>i<br />

Senus<strong>si</strong>ti, i quali <strong>non</strong> erano giunti ai negoziati perché battuti in battaglia, ma <strong>si</strong> tro<strong>va</strong><strong>va</strong>no a<br />

poter trattare <strong>da</strong> po<strong>si</strong>zioni di forza. I tentativi italiani mira<strong>va</strong>no invece a protrarre l’armistizio<br />

senza avviare trattative politiche. Il 9 ottobre Omar al­Mukhtàr scrive pertanto a Badoglio<br />

per informarlo che <strong>non</strong> concederà ulteriori proroghe, <strong>non</strong> rinnoverà la tregua e che<br />

riprenderà le ostilità a partire <strong>da</strong>l 24 ottobre 0 . In questa lettera, che verrà poi inviata anche<br />

ad alcuni giornali egiziani, Omar ricostruisce brevemente le trattative sottolineando che è<br />

stato a cau<strong>sa</strong> del comportamento degli italiani, che <strong>non</strong> riconoscono l’autorità politica di<br />

Mohammed Idris es­Senus<strong>si</strong>, che <strong>non</strong> hanno altro scopo se <strong>non</strong> dissolvere l’unione del<br />

fronte senus<strong>si</strong>ta e che, in una parola, <strong>non</strong> <strong>si</strong> propongono come fine il reale conseguimento<br />

0 Del Boca, op. cit., pag. 159.<br />

0 ACS Diario De Bono, vol. XV pag. 1.<br />

0 Del Boca, op. cit., pag. 160.<br />

114


della pace, se <strong>si</strong> è giunti alla conclu<strong>si</strong>one dell’armistizio: “Noi ora difendiamo la nostra<br />

e<strong>si</strong>stenza e <strong>sa</strong>crifichiamo il nostro <strong>sa</strong>ngue per il riscatto della patria e per il<br />

raggiungimento dei fini che ci proponiamo. Pertanto noi <strong>non</strong> <strong>si</strong>amo respon<strong>sa</strong>bili del<br />

permanere di tale stato di cose fino a che quegli individui che <strong>si</strong> propongono di u<strong>sa</strong>re la<br />

violenza contro di noi (…) u<strong>si</strong>no la lealtà invece della lu<strong>si</strong>nga e dell’inganno”. 0<br />

A Roma questo proclama venne ricevuto con forte risentimento, ma in misura maggiore<br />

nei confronti di Badoglio che verso al­Mukhtàr.<br />

Ma solo l’8 novembre <strong>si</strong> riaprirono le ostilità, quando una pattuglia di zaptié nei pres<strong>si</strong> di<br />

Gasr Beni Gdem venne mas<strong>sa</strong>crata <strong>da</strong>i ribelli. A questo propo<strong>si</strong>to il commento di Rochat<br />

esclude “una respon<strong>sa</strong>bilità diretta di Omar al­Mukhtàr nell’imboscata di Gasr Beni Gdem<br />

(ben altri mezzi avrebbe impiegato il leggen<strong>da</strong>rio capo se avesse voluto riprendere le<br />

ostilità con un’azione di sorpre<strong>sa</strong>) ma l’episodio <strong>va</strong> comunque inquadrato nella deci<strong>si</strong>one<br />

di Omar e della Senus<strong>si</strong>a di riprendere l’offen<strong>si</strong><strong>va</strong> sul Gebel, attestata <strong>da</strong>lla denuncia<br />

dell’armistizio”. 0 Le autorità italiane in Libia, convennero che gli avvenimenti delle ultime<br />

24 ore conferma<strong>va</strong>no la ripre<strong>sa</strong> aggres<strong>si</strong><strong>va</strong> della ribellione e che “ormai è inutile far<strong>si</strong><br />

illu<strong>si</strong>oni: fino a quando <strong>sa</strong>rà qui Omar al­Mukhtàr la pace in Cirenaica <strong>non</strong> potrà<br />

consoli<strong>da</strong>r<strong>si</strong>”. 0<br />

Chi in Italia qua<strong>si</strong> <strong>non</strong> riesce a credere di aver lasciato an<strong>da</strong>re la <strong>si</strong>tuazione ad un tale<br />

punto è il titolare alle Colonie De Bono, che ha un bel ripetere “purtroppo quanto<br />

prevedevo e che ho fatto noto con <strong>va</strong>rie mie comunicazioni <strong>si</strong> sta avverando”. 0 Mentre nel<br />

suo diario personale tratta il vicegovernatore della Libia con la consueta trivialità (“Siciliani<br />

è un fesso” 0 ) dà il via al proprio piano politico per il ripristino della linea dura in Cirenaica:<br />

nello stesso telegramma del 10 novembre ordina a Badoglio (con l’appro<strong>va</strong>zione del<br />

Duce) di rompere qualunque forma di trattati<strong>va</strong> coi ribelli attaccandoli senza quartiere, di<br />

aumentare la sorveglianza sugli esponenti della Senus<strong>si</strong>a in mano agli Italiani e di<br />

impiccare tutti i capi che cadessero prigionieri ed infine gli intima di <strong>non</strong> parlare più di<br />

0 Rochat, op. cit., pag. 95 Per la <strong>da</strong>tazione e per il testo del proclama di al­Mukhtàr <strong>si</strong>amo costretti a dipendere sempre<br />

<strong>da</strong> Graziani op. cit. pag. 45, pertanto <strong>non</strong> è pos<strong>si</strong>bile <strong>sa</strong>pere quando il testo giunse alle autorità italiane e quando le<br />

popolazioni ne vennero a conoscenza. Questo proclama è comunque importantis<strong>si</strong>mo per definire la lealtà della<br />

condotta di Omar al­Mukhtàr, tutta la storiografia coloniale italiana di norma lo ignora per poter accu<strong>sa</strong>re il capo dei<br />

patrioti di tradimento.<br />

0 Rochat, op. cit., pag. 96.<br />

0 Siciliani a Badoglio 8 e 9 novembre 1929, in ASMAI 150/21/90.<br />

0 De Bono a Badoglio 10 novembre 1929, in ASMAI 150/21/90. Il telegramma è parzialmente pubblicato in De Leone,<br />

op. cit. pag. 554.<br />

0 Del Boca op. cit., pag. 161.<br />

115


sottomis<strong>si</strong>oni “se effetti<strong>va</strong>mente <strong>non</strong> avvengano in atto”. 0 Intanto Siciliani, reso<strong>si</strong> conto del<br />

deterioramento della propria po<strong>si</strong>zione, <strong>si</strong> dà un gran <strong>da</strong>ffare ordinando rastrellamenti e<br />

manovre d’accerchiamento, bombar<strong>da</strong>menti e fucilazioni e diffondendo proclami che<br />

accu<strong>sa</strong>no Omar al­Mukhtàr di tradimento, destinati in gran parte a ri<strong>va</strong>lutare la propria<br />

figura negli ambienti coloniali e metropolitani che già meditano il suo <strong>si</strong>luramento. 0<br />

Dall’anali<strong>si</strong> delle comunicazioni avvenute tra Benga<strong>si</strong>, Tripoli e Roma sul finire del 1929 <strong>si</strong><br />

resta disorientati: <strong>non</strong> abbiamo più a che fare con i grandi esecutori del progetto imperiale<br />

italiano, brillanti generali ispirati <strong>da</strong>lla gloria di Roma come ce li ha fatti conoscere la<br />

retorica, bensì <strong>si</strong>amo di fronte ad una rid<strong>da</strong> di piccoli funzionari e burocrati interes<strong>sa</strong>ti<br />

unicamente alla propria carriera.<br />

Al cospetto di Mussolini, severo direttore di scena, es<strong>si</strong> sono costretti alla recita del<br />

perfetto fascista, dopo vent’anni pas<strong>sa</strong>ti a riconquistare la Libia però <strong>non</strong> basta più una<br />

continua coreografia di gesti e pose che funzionari e militari hanno imparato ormai bene,<br />

servono risultati, che il duce <strong>sa</strong>prà poi premiare adeguatamente. In questo senso, nella<br />

capacità di sfruttare quella grande opportunità di mobilità sociale che il fascismo<br />

rappresentò per tutta una casta militare, Graziani <strong>sa</strong>rà il più compiutamente fascista di tutti<br />

i suoi colleghi: con solerzia annoterà le proprie gesta di umile servo della patria e <strong>non</strong> <strong>si</strong><br />

lascerà sfuggire nessuna occa<strong>si</strong>one per fare qualche altisonante dichiarazione in cui<br />

ribadire la propria fede fascista. Ma proprio il film, in una scena di pas<strong>sa</strong>ggio, rivela il<br />

carattere artificioso che questa continua recita <strong>dove</strong><strong>va</strong> avere: all’inizio del secondo tempo<br />

Graziani torna a Roma per conferire con Mussolini sulla <strong>si</strong>tuazione in Cirenaica e proporre<br />

il progetto del muro di filo spinato al confine con l’Egitto, all’arrivo a Palazzo Venezia il<br />

generale scende <strong>da</strong>ll’auto e alla schiera di sol<strong>da</strong>ti italiani che lo <strong>sa</strong>luta romanamente come<br />

fossero un sol uomo egli risponde stizzito movendo appena una mano, e sul tappeto<br />

rosso che lo accoglie spegne la <strong>si</strong>garetta. Ma probabilmente, <strong>da</strong>to che la fama delle sue<br />

vittorie lo ave<strong>va</strong> preceduto, in una certa misura un atteggiamento tanto “rilas<strong>sa</strong>to” gli era<br />

pure consentito.<br />

0 De Bono a Badoglio, 10 novembre 1929, ASMAI 150/21/90. De Bono con<strong>si</strong>dera<strong>va</strong> la <strong>si</strong>tuazione di tale gravità <strong>da</strong><br />

proporre a Badoglio il rinvio delle operazioni per la riconquista del Fezzan. Badoglio rispose di avere forze a<br />

sufficienza <strong>si</strong>a per il controllo della <strong>si</strong>tuazione in Cirenaica <strong>si</strong>a per portare a termine l’occupazione del Fezzan.<br />

(Badoglio a De Bono, 12 novembre 1929, ASMAI, 150/21/90).<br />

0 Nel mede<strong>si</strong>mo telegramma De Bono scrive chiaramente a Badoglio: “Siciliani ha dimostrato oramai troppo<br />

evidentemente <strong>non</strong> essere altezza sua po<strong>si</strong>zione. Bisognerà mutarlo <strong>non</strong> appena ciò pos<strong>sa</strong> far<strong>si</strong> senza <strong>da</strong>re il senso<br />

dello scacco subito”.<br />

116


Dagli scritti di De Bono invece risulta netta la preoccupazione di aver fatto “una figura più<br />

o meno buona” dinanzi a Mussolini ma pure in sede internazionale: “Badoglio ha man<strong>da</strong>to<br />

dei telegrammi <strong>da</strong> fare pietà. (..) il colmo è stato quello di telegrafare, contro la mia<br />

affermazione che <strong>non</strong> ci ave<strong>va</strong>mo fatto una bella figura, che al caso, la catti<strong>va</strong> figura ce<br />

l’ave<strong>va</strong> fatta al­Mukhtàr” 0 e ancora, in relazione alla po<strong>si</strong>zione di Siciliani “bisogna mutarlo<br />

senza <strong>da</strong>re il senso dello scacco politico subito, che prestò <strong>sa</strong>lterà fuori per quel che ne<br />

diranno ingle<strong>si</strong>, egiziani e france<strong>si</strong>”. 0<br />

As<strong>si</strong>stere alla costruzione della storia del “tradimento” di Omar, che <strong>sa</strong>rà poi l’accu<strong>sa</strong> con<br />

cui verrà con<strong>da</strong>nnato a morte, fatta <strong>da</strong> Badoglio e Siciliani per <strong>non</strong> perdere del tutto la<br />

credibilità agli occhi dei superiori, è <strong>si</strong>ntomatico del carattere di improvvi<strong>sa</strong>zione e<br />

pres<strong>sa</strong>ppochismo del fascismo italiano: dinanzi a noi prende forma uno scenario di<br />

funzionari (il generale Siciliani in questo caso) in cerca di coperture ed improvvi<strong>sa</strong>mente in<br />

fuga perché il piano è fallito, perché il potente <strong>da</strong> cui <strong>si</strong> invoca<strong>va</strong> protezione <strong>non</strong> è più in<br />

grado di proteggere, perché le respon<strong>sa</strong>bilità ricadono sempre sugli inferiori e perché<br />

Badoglio <strong>non</strong> <strong>si</strong> pote<strong>va</strong> colpire in nessun modo; ed è pre<strong>sa</strong>gio della catastrofe che<br />

travolgerà questa debole architettura alla prima, vera, pro<strong>va</strong> in uno scenario<br />

internazionale per quest’Italia, e cioè la guerra mondiale.<br />

Non è quindi la pacificazione della colonia ciò che interes<strong>sa</strong> a tutti personaggi coinvolti,<br />

ma solo figurare il meglio pos<strong>si</strong>bile agli occhi dei superiori, la pace che vogliono è<br />

unicamente quella funzionale allo scatto di carriera. I beduini pertanto rappresentano un<br />

ostacolo <strong>da</strong> rimuovere <strong>non</strong> tanto per il destino imperiale d’Italia quanto per le e<strong>si</strong>genze di<br />

asce<strong>sa</strong> sociale dei funzionari timoro<strong>si</strong> del Duce in atte<strong>sa</strong> di risultati. Siciliani <strong>non</strong> fa altro<br />

che pagare il fallimento della politica di Badoglio: per De Bono e gli ambienti coloniali “un<br />

capro espiatorio ci vuole, perché troppo grande è stato lo scacco” 0 , ma soprattutto è<br />

l’occa<strong>si</strong>one per prender<strong>si</strong> una rivincita con Badoglio rilanciando la politica di repres<strong>si</strong>one e<br />

togliendogli la gui<strong>da</strong> delle operazioni in Cirenaica.<br />

Siciliani è dunque impegnato a stanare Al­Mukhtàr, il 16 novembre in particolare lo<br />

colpisce con l’aviazione 0 e tenta di accerchiarlo ma buona parte del dor riesce a metter<strong>si</strong><br />

0 ACS, Diario De Bono pag. 38.<br />

0 Telegramma 10 novembre 1929, De Bono a Badoglio, ASMAI Libia, pos. 150/21/90.<br />

0 Del Boca, op. cit., pag. 164.<br />

0 Tra il 12 e il 25 novembre l’aviazione in Cirenaica eseguì dieci bombar<strong>da</strong>menti per un totale di 360 ore di volo<br />

bellico, prendendo a ber<strong>sa</strong>glio formazioni ribelli, caro<strong>va</strong>ne e accampamenti. Rochat, op. cit., pag 98.<br />

117


in <strong>sa</strong>lvo, nel frattempo Badoglio continua a scrivere telegrammi di inspiegabile ottimismo<br />

in Italia: “ Se il movimento di Omar resterà isolato <strong>sa</strong>rà facile averne ragione e potremo<br />

dire di aver conseguito un buon risultato (…) la <strong>si</strong>tuazione <strong>non</strong> deve destare la minima<br />

preoccupazione e ne verremo a capo in poco tempo” 0 e in<strong>si</strong>ste nell’incolpare Al­Mukhtàr di<br />

tradimento “Non so ancora che quali fandonie tirerà fuori per accu<strong>sa</strong>re il Governo di aver<br />

mancato di parola. V.E. <strong>sa</strong> che l’immaginazione dei capi arabi è fertilis<strong>si</strong>ma quando <strong>si</strong><br />

tratta di mascherare la verità”. 0<br />

Dal dicembre 1929 il fallimento della politica di pacificazione ba<strong>sa</strong>ta sulla corruzione dei<br />

capi, sulle trattative fasulle e sulla disgregazione del fronte senus<strong>si</strong>ta, sulla quale Badoglio<br />

face<strong>va</strong> affi<strong>da</strong>mento per liqui<strong>da</strong>re la ribellione, <strong>si</strong> può dire definiti<strong>va</strong>mente conclu<strong>sa</strong>: l’errore<br />

di <strong>va</strong>lutazione commesso <strong>da</strong> Siciliani, che disobbedisce a De Bono 0 e <strong>si</strong> rifiuta di<br />

di<strong>sa</strong>rmare il dor Braha<strong>sa</strong> Dor<strong>sa</strong>, convinto che l’ascendente di Omar Al­Mukhtàr presso la<br />

popolazione, ora che ha ripreso le ostilità, <strong>si</strong>a diminuito, gli costerà il posto e riporterà<br />

definiti<strong>va</strong>mente, nelle mani del ministro delle Colonie, le redini della politica di repres<strong>si</strong>one.<br />

In poco tempo infatti, Omar riuscì a riassumere il controllo dell’altopiano e a solle<strong>va</strong>re il<br />

dor Braha<strong>sa</strong> Dor<strong>sa</strong> contro er­Ridà, che <strong>si</strong> rifiuta<strong>va</strong> di tornare in battaglia, in gennaio il dor<br />

infranse la sorveglianza italiana e riprese il suo posto fra i duar ribelli. 0 Nel telegramma<br />

che De Bono invia a Badoglio lo stesso 10 gennaio 1930 rileviamo la deci<strong>si</strong>one, pre<strong>sa</strong> di<br />

concerto <strong>da</strong>l ministro e Mussolini, di sostituire Siciliani con Rodolfo Graziani, che proprio in<br />

quei giorni ultima<strong>va</strong> l’occupazione del Fezzan, e per la prima volta viene ventilata l’idea<br />

dei campi di concentramento come soluzione alla ribellione in Cirenaica. 0<br />

4.5 La deportazione dei Beduini ­ Zavie<br />

Nel programma di “misure profilattiche” che Graziani attua a principio del suo man<strong>da</strong>to di<br />

vicegovernatore della Cirenaica, seguendo le direttive <strong>da</strong>tegli <strong>da</strong> Mussolini, <strong>si</strong> nota la<br />

0 Badoglio a De Bono, ASMAI Libia, pos. 150/21/90. Teleg. 11026.<br />

0 Ivi.<br />

0 A commento della perdita della neutralità dei Braha<strong>sa</strong> Dor<strong>sa</strong> De Bono scrive a Siciliani: “E’ purtroppo avvenuto<br />

quanto io prevedevo anche questa volta. (…) Per lo meno cinque volte ho in<strong>si</strong>stito perché <strong>si</strong> procedesse di<strong>sa</strong>rmo dor<br />

ma v.e. <strong>si</strong> è sempre pasciuta di illu<strong>si</strong>oni”. 10 gennaio 1930 Teleg. 130.<br />

0Già fin <strong>da</strong>l 2 gennaio 1930 Siciliani informò Badoglio che il dor ave<strong>va</strong> compiuto razzia ed era fuori <strong>da</strong>l controllo di er­<br />

Ridà. Si tentò pertanto di procedere al di<strong>sa</strong>rmo ma <strong>si</strong> giunse ben presto ad uno scontro: rimasero a terra 80 beduini<br />

mentre altri 100 furono fatti prigionieri, il grosso delle forze riuscì però a rompere l’accerchiamento italiano a fuggire<br />

verso il Gebel.<br />

0 De Bono a Badoglio 10 gennaio 1930 ASMAI Libia, pos. 150/21/90 teleg. 133: “Mia opinione è che dovrà venir<strong>si</strong> ai<br />

campi di concentramento e di ciò tratteremo <strong>non</strong> appena <strong>si</strong>stemata la Tripolitania”.<br />

118


neces<strong>si</strong>tà, per i comandi italiani, di creare una “netta e materiale distinzione tra sottomes<strong>si</strong><br />

e <strong>non</strong>, <strong>si</strong>a in sede di ubicazione che in sede di rapporti e di traffici” 0 , cercare cioè di isolare<br />

fi<strong>si</strong>camente il più pos<strong>si</strong>bile i ribelli sull’altipiano. E proseguendo il riordino della colonia<br />

Graziani, nella prima decade di maggio, raggruppa le popolazioni indigene nelle vicinanze<br />

dei pre<strong>si</strong>di italiani. Procedendo a radunare 900 tende Abid nella piana di Barce, 1400<br />

tende Dor<strong>sa</strong> a Tolmetta e 3600 tende Abei<strong>da</strong>t intorno a Derna il nuovo vicegovernatore<br />

decide l’esproprio integrale dei beni delle zavie senus<strong>si</strong>te: il 29 maggio i carabinieri<br />

entrano nelle 49 zavie arrestandone i capi e mettendo i <strong>si</strong>gilli sulle proprietà 0 . I capi<br />

religio<strong>si</strong> vengono prima confinati e in un secondo momento man<strong>da</strong>ti ad Ustica, fra di loro<br />

c’è pure Has<strong>sa</strong>n er­Ridà. Il 14 giugno Graziani scrive “Con<strong>si</strong>dero la chiusura delle zavie<br />

un provvedimento fon<strong>da</strong>mentale per lo stroncamento della ribellione” 0 , in questo senso ha<br />

ragione perché il colpo per i patrioti è duris<strong>si</strong>mo: seconde le stime italiane il reddito annuo<br />

delle zavie, escluse Giarabub e Kufra, supera<strong>va</strong> le 200 mila lire, che fini<strong>va</strong>no nelle tasche<br />

dei ribelli 0 .<br />

Graziani ave<strong>va</strong> analizzato approfonditamente la <strong>si</strong>tuazione e nel corso dei tanti anni<br />

pas<strong>sa</strong>ti a combattere <strong>si</strong> era fatto idee precise su come agire per reprimere con efficacia,<br />

tanto <strong>da</strong> poter tracciare una <strong>va</strong>lutazione dei legami tra popolazioni e senus<strong>si</strong>ti già solo<br />

alcuni giorni dopo esser<strong>si</strong> insediato a Benga<strong>si</strong> 0 : egli rile<strong>va</strong> che l’azione della Senus<strong>si</strong>a <strong>si</strong><br />

stende su tutti e che “ave<strong>va</strong>mo contro di noi tutte le popolazioni della Cirenaica che<br />

partecipa<strong>va</strong>no alla ribellione, <strong>da</strong> una parte allo stato potenziale: i co<strong>si</strong>ddetti sottomes<strong>si</strong>;<br />

<strong>da</strong>ll’altra apertamente in campo: gli armati: tutta la Cirenaica in una parola, era ribelle” 0 .<br />

All’anali<strong>si</strong>, tecnicamente ineccepibile, della <strong>si</strong>tuazione, e cioè del “carattere di mas<strong>sa</strong> della<br />

re<strong>si</strong>stenza senus<strong>si</strong>ta” 0 <strong>non</strong> face<strong>va</strong> seguito il tentativo di rispondere alla più semplice delle<br />

0 De Bono a Badoglio e Graziani, 24 marzo 1930, in ACS – FG, 1/2/2, e in ASMAI 150/22/98.<br />

0 Il provvedimento di esproprio era già allo studio <strong>da</strong> qualche anno, ne abbiamo cenno in una corrispondenza tra<br />

Federzoni e Teruzzi nel 1928. Era però sempre stato rinviato poiché le zavie, oltre ad essere organi di propagan<strong>da</strong><br />

politica e a funzionare come collegamento tra ribelli e popolazione erano centri spirituali ed as<strong>si</strong>stenziali. Ad eccezione<br />

quindi per la zavia di Giarabub, Graziani <strong>non</strong> ebbe perples<strong>si</strong>tà nell’agire <strong>da</strong>to che lo scontro con la Senus<strong>si</strong>a <strong>si</strong> era fatto<br />

totale e la confraternita ricorre<strong>va</strong> sempre più alle zavie per ottenere aiuti morali e materiali. Del Boca, op. cit. pag. 174<br />

– 175.<br />

0 Graziani a Badoglio, 14 giugno 1930 ASMAI Libia, 150/8/25, Lettera n. 2230.<br />

0 Del Boca, op. cit., pag. 176.<br />

0 Graziani sbarcò a Benga<strong>si</strong> il 27 marzo 1930 e trovò la guerriglia in pieno svolgimento, nel film la sua festa di<br />

insediamento è guastata <strong>da</strong>lla notizia di una imboscata in cui periscono 20 uomini, <strong>non</strong> ne abbiamo notizia, quel che è<br />

certo è che <strong>si</strong> mise subito al lavoro se il telegramma che inviò a Badoglio e De Bono è <strong>da</strong>tato 5 aprile 1930.<br />

0 Graziani a Badoglio e De Bono, 5 aprile 1930, in ACS – FG, 1/2/2, e in ASMAI 150/22/98, la mede<strong>si</strong>ma più<br />

approfondita <strong>si</strong> può tro<strong>va</strong>re in Graziani, op. cit. pag. 57.<br />

0 Rochat, op. cit., pag. 110.<br />

119


domande: quali erano le cause che spinge<strong>va</strong>no le popolazioni del Gebel ad immolar<strong>si</strong> in<br />

una guerra che dura<strong>va</strong> ormai <strong>da</strong> vent’anni e le cui pos<strong>si</strong>bilità di vittoria erano nulle? La<br />

cultura coloniale <strong>non</strong> è mai stata in grado di interrogar<strong>si</strong> fino in fondo sulla natura delle<br />

società che incontra<strong>va</strong>, e di dimenticar<strong>si</strong>, <strong>almeno</strong> per un momento, i compiti civilizzatori<br />

intri<strong>si</strong> di razzismo che <strong>si</strong> era <strong>da</strong>ta: a Graziani, come ai suoi predecessori, interes<strong>sa</strong><strong>va</strong> solo<br />

raggiungere il dominio assoluto attraverso la dissoluzione dell’assetto sociale e politico<br />

tradizionale. A questo propo<strong>si</strong>to l’immagine di una pianta del deserto, abituata a vivere<br />

sopportando condizioni di vita estreme, ben descrive la <strong>si</strong>tuazione in cui la società<br />

cirenaica <strong>si</strong> ritrovò con l’arrivo degli Italiani: “Nella prima guerra (italo­senus<strong>si</strong>ta ndA) era<br />

stata tolta la corteccia esterna dell’amministrazione turca, nella secon<strong>da</strong> guerra venne<br />

tolta la corteccia interna dell’organizzazione senus<strong>si</strong>ta lasciando nudo sotto di es<strong>sa</strong> il duro<br />

legno del <strong>si</strong>stema tribale”. 0<br />

4.5.1 Deportazioni<br />

Alla politica di riordino Graziani abbinò operazioni militari in grande stile e con largo<br />

impiego di mezzi 0 ; nel giugno 1930, mentre Omar al­Mukhtàr <strong>si</strong> ritro<strong>va</strong><strong>va</strong> ormai privo di<br />

rifornimenti, il generale italiano era convinto di avere in pugno la vittoria definiti<strong>va</strong>, anche<br />

questa volta però i duar, tempesti<strong>va</strong>mente informati <strong>da</strong>lla popolazione, <strong>si</strong> frazionarono e<br />

filtrarono attraverso le colonne italiane. La pro<strong>va</strong> sul campo, che tanta gloria ave<strong>va</strong> <strong>da</strong>to in<br />

pas<strong>sa</strong>to a Graziani questa volta invece gli procurò una la<strong>va</strong>ta di capo <strong>da</strong> parte di Badoglio,<br />

che colse l’occa<strong>si</strong>one per illustrare il <strong>sa</strong>lto di qualità che la repres<strong>si</strong>one <strong>dove</strong><strong>va</strong> fare per<br />

creare veramente il vuoto attorno a Omar al­Mukhtàr:<br />

“In Cirenaica tutte le operazioni (…) chiamate a largo raggio sono sempre fallite. (…) Ciò<br />

perché la popolazione ed i disertori collaborano così strettamente con il vigilantis<strong>si</strong>mo<br />

servizio di protezione e di informazione dei ribelli che ogni nostra mos<strong>sa</strong> è segnalata loro<br />

a tempo opportuno. A questo (…) fa degno riscontro l’abilità di al­Mukhtàr (…) freddo e<br />

sereno <strong>va</strong>lutatore delle sue forze e delle conseguenti pos<strong>si</strong>bilità rifiuta il combattimento e<br />

disperde le sue forze. Disper<strong>si</strong>one sempre pos<strong>si</strong>bile eseguire tempesti<strong>va</strong>mente (…)<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard Colonialismo e re<strong>si</strong>stenza religio<strong>sa</strong> nell’Africa settentrionale­ I Senus<strong>si</strong> di Cirenaica, Ed. Del Prisma,<br />

Catania, 1979, pag. 168.<br />

0 Le truppe agli ordini di Graziani conta<strong>va</strong>no 13mila uomini (9mila ascari eritrei, 3mila sol<strong>da</strong>ti italiani e mille fra<br />

ufficiali e sottufficiali), 3 squadre di autoblindo, 1 compagnia speciale di autocarri, 2 gruppi <strong>sa</strong>hariani, 4 squadroni<br />

<strong>sa</strong><strong>va</strong>ri, 2 batterie mobili, un autogruppo di 500 mezzi e 35 aerei <strong>da</strong> ricognizione e bombar<strong>da</strong>mento leggero. Rochat, op.<br />

cit., pag. 113.<br />

120


informazione nostre mosse giunge in tempo (…) può inviare i suoi a fare <strong>da</strong> sottomes<strong>si</strong>.<br />

(…) Se e<strong>sa</strong>mina la storia di tutte le operazioni vede che sovente abbiamo preso delle<br />

greggi, ma <strong>non</strong> abbiamo mai inferto colpi severi all’avver<strong>sa</strong>rio. (…) Il vero risultato <strong>non</strong> è<br />

mai stato raggiunto, <strong>non</strong> per difetto di ordini o per mancanza di esecuzione, ma<br />

puramente e semplicemente per quanto sopra ho detto. (…)<br />

Quale la via <strong>da</strong> seguire? Bisogna anzitutto creare un distacco territoriale largo e ben<br />

preciso fra formazioni ribelli e popolazione sottomes<strong>sa</strong>. Non mi nascondo la portata e la<br />

gravità di questo provvedimento che vorrà dire la rovina della popolazione co<strong>si</strong>ddetta<br />

sottomes<strong>sa</strong>. Ma ormai la via ci è stata tracciata e noi dobbiamo perseguirla fino alla fine<br />

anche se <strong>dove</strong>sse perire tutta la popolazione della Cirenaica” 0 .<br />

De Bono e Badoglio erano intenzionati a rendere ben più <strong>va</strong>sta e radicale l’operazione di<br />

raggruppamento coatto che Graziani ave<strong>va</strong> cominciato in maggio, continua<strong>va</strong> così il<br />

governatore: “Urge far rifluire in uno spazio ristretto tutta la popolazione sottomes<strong>sa</strong>, in<br />

modo <strong>da</strong> poterla adeguatamente sorvegliare (…)”. 0 Il 25 giugno Graziani diede il via al<br />

“totale sgombero del Gebel con spostamento di tutte le popolazioni sotto il primo gradino<br />

di esso, <strong>da</strong> Tolmetta al mare” 0 , il provvedimento colpi<strong>va</strong> circa 100 mila persone: tutte le<br />

popolazioni nomadi e seminomadi della Cirenaica. A differenza di quanto il film mostra,<br />

Omar <strong>non</strong> fu in grado di oppor<strong>si</strong> allo sgombero e <strong>si</strong> <strong>sa</strong>rebbe scoperto troppo attaccando<br />

gli italiani che scorta<strong>va</strong>no le caro<strong>va</strong>ne di profughi.<br />

Nella giornata del 7 luglio Badoglio <strong>si</strong> compiace<strong>va</strong> che “i movimenti di concentramento<br />

della popolazione sottomes<strong>sa</strong>, <strong>non</strong>ostante la loro imponenza <strong>si</strong> <strong>va</strong>nno eseguendo con<br />

grandis<strong>si</strong>mo ordine.(…). La popolazione ha accolto il grave provvedimento senza alcuna<br />

reazione, anzi con supina obbedienza, (…). Es<strong>sa</strong> ha perfettamente compreso che al forza<br />

è nelle mani del governo, <strong>non</strong> solo, ma che il governo è deciso a qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> estremo<br />

provvedimento pur di ottenere l’esecuzione perfetta degli ordini impartiti”. 0 E aggiunge<strong>va</strong><br />

un <strong>si</strong>ntetico programma sul comportamento che gli italiani avrebbe dovuto tenere con i<br />

beduini una volta concentrati: “Adottare verso le popolazioni(…) tutti quei provvedimenti<br />

0 Badoglio a Graziani 20 giugno 1930, in ACS – FG 1/2/2, pubblicato interamente in Rochat, op. cit., pag. 115 ­ 6 ­ 7.<br />

0 Badoglio a Graziani 20 giugno 1930, in ACS – FG 1/2/2. Non bisogna comunque ritenere Badoglio l’unico<br />

respon<strong>sa</strong>bile di questa deci<strong>si</strong>one: egli, senza dubbio, ha un conto aperto con Omar al –Mukhtàr che ha smascherato il<br />

suo doppio gioco e teorizza quindi i <strong>va</strong>ntaggi della deportazione in funzione ad un fatto personale, ma anche il ministro<br />

De Bono sollecita<strong>va</strong> ormai <strong>da</strong> tempo l’applicazione di tale misura e lo stesso Mussolini pare abbia appro<strong>va</strong>to senza<br />

batter ciglio.<br />

0 Graziani op. cit. pag. 101 – 2.<br />

0 ACS – FG, 1/2/2 Circolare di Badoglio ai comandi in Cirenaica.<br />

121


inte<strong>si</strong> ad alleggerire i più gravi di<strong>sa</strong>gi, ma <strong>non</strong> allentare su di esse la pres<strong>si</strong>one, qualunque<br />

<strong>si</strong>ano le conseguenze alle quali <strong>si</strong> può an<strong>da</strong>re incontro”. 0<br />

Le autorità italiane stimarono il termine della raccolta dell’orzo per il 20 di luglio e per<br />

quella <strong>da</strong>ta <strong>si</strong> decise che l’altopiano <strong>dove</strong><strong>va</strong> essere sgombro: chiunque vi <strong>si</strong> fosse tro<strong>va</strong>to<br />

<strong>sa</strong>rebbe stato pertanto con<strong>si</strong>derato un ribelle e pas<strong>sa</strong>to per le armi. Badoglio conclude<strong>va</strong><br />

compiaciuto affermando che “è diffuso in tutta la popolazione senso vero sgomento e<br />

disorientamento, perché ormai comprendono che ribelli così isolati, <strong>non</strong> potranno durarla” 0<br />

E’ impos<strong>si</strong>bile analizzare <strong>da</strong>ll’esterno i cambiamenti che la società cirenaica subisce a<br />

questo punto, per di più sulla base di fonti infide come quelle coloniali italiane. Non<br />

approfondiamo perciò il problema, ma ci limitiamo a ricor<strong>da</strong>re che la re<strong>si</strong>stenza delle genti<br />

del Gebel <strong>non</strong> fu mai così compatta come appare <strong>da</strong>gli studi sulla guerriglia. Una aliquota<br />

di sottomes<strong>si</strong>, specie tra quelli più integrati nell’economia delle zone urbane, <strong>si</strong> era<br />

schierata apertamente e fedelmente con gli italiani, mentre i battaglioni libici, gli squadroni<br />

di <strong>sa</strong><strong>va</strong>ri ed i gruppi meharisti ave<strong>va</strong>no sempre tro<strong>va</strong>to tutti i volontari che cerca<strong>va</strong>no (e se<br />

i battaglioni libici furono sciolti perché sospettati di connivenza, <strong>sa</strong><strong>va</strong>ri e meharisti diedero<br />

prove indubbie di fedeltà ed efficienza proprio nella lotta contro la re<strong>si</strong>stenza senus<strong>si</strong>ta).<br />

Fino al 1930, tuttavia, la società del Gebel nel suo complesso era stata straordinariamente<br />

soli<strong>da</strong>le con la ribellione, assorbendo tutti gli elementi di contraddizione interni, perché la<br />

Senus<strong>si</strong>a ave<strong>va</strong> <strong>sa</strong>puto esprimere una capacità di egemonia politico­religio<strong>sa</strong> che tro<strong>va</strong><strong>va</strong><br />

base nelle particolari condizioni ambientali ed economico­sociali. La deportazione delle<br />

popolazioni determinò la cri<strong>si</strong> dell’egemonia senus<strong>si</strong>ta e dei tradizionali meccanismi di<br />

controllo sociale, aprendo la via all’esplo<strong>si</strong>one di dinamiche di sopravvivenza e<br />

affermazione personale e settoriale; <strong>da</strong> qui la relati<strong>va</strong> facilità con cui gli italiani tro<strong>va</strong>rono<br />

nei campi di concentramento gli esploratori di cui ave<strong>va</strong>no bisogno, mentre sul Gebel i<br />

duar, che continua<strong>va</strong>no a sentir<strong>si</strong> parte di una società organica (scompar<strong>sa</strong> però durante<br />

la guerra e in particolare con la deportazione), re<strong>si</strong>ste<strong>va</strong>no incrollabili e proprio nella<br />

capacità di re<strong>si</strong>stere agli in<strong>va</strong>sori italiani, percepi<strong>va</strong>no la vitalità della società tradizionale 0 .<br />

Nella secon<strong>da</strong> settimana di luglio il ministro De Bono e il governatore Badoglio (che <strong>da</strong><br />

tutta la documentazione risulta aver assunto l’iniziati<strong>va</strong> e la respon<strong>sa</strong>bilità della<br />

0 Badoglio a De Bono 1 luglio 1930, in ACS – FG 1/2/2.<br />

0 Badoglio a De Bono 1 luglio 1930, in ACS – FG 1/2/2.<br />

0 Rochat, op. cit., pag. 142<br />

122


deportazione) 0 vi<strong>si</strong>tano la Cirenaica, il ministro teme<strong>va</strong> le ripercus<strong>si</strong>oni internazionali che<br />

la concentrazione avrebbe suscitato, in particolare le proteste degli ambienti arabi<br />

nazionalisti. In ogni caso <strong>si</strong> compiace<strong>va</strong> di come “è stato impostato il problema politico­<br />

militare della colonia 0 ”, mentre Badoglio, che <strong>si</strong> fermò a Benga<strong>si</strong> circa un mese,<br />

controlla<strong>va</strong> come lo spostamento dei nomadi del Gebel avveni<strong>va</strong>. Come già detto prima, i<br />

duar <strong>non</strong> o<strong>sa</strong>rono <strong>da</strong>re battaglia alle truppe italiane che scorta<strong>va</strong>no i deportati durante gli<br />

spostamenti di luglio e agosto, ma riuscirono comunque a mantenere i contatti anche nei<br />

nuovi accampamenti, e cioè “fenomeno connivenza abbia perduto molto della sua<br />

essenza ma che <strong>non</strong> <strong>si</strong>a scomparso e che occorra inesorabile costante ritmo di rigore<br />

attuale per riuscire a stroncarlo”. 0<br />

Fu deciso pertanto, a fine agosto, un nuovo spostamento della maggior parte degli<br />

accampamenti che fra l’autunno e l’inverno furono concentrati nella fascia costiera tra<br />

Benga<strong>si</strong> e el – Agheila. Per rendere più efficace il distacco tra popolazioni e guerriglieri del<br />

Gebel vennero inasprite le condizioni di vita negli accampamenti: i campi furono circon<strong>da</strong>ti<br />

<strong>da</strong> doppio reticolato, i viveri razionati, i pascoli controllati e permes<strong>si</strong> in zone fis<strong>sa</strong>te e<br />

delimitate <strong>da</strong>lle autorità italiane, la pos<strong>si</strong>bilità di muover<strong>si</strong> e di uscire <strong>da</strong>i campi, solo dietro<br />

rilascio di speciali permes<strong>si</strong> 0 . Come ebbe modo di preci<strong>sa</strong>re Graziani: “Il governo è<br />

fred<strong>da</strong>mente disposto a ridurre la popolazione alla più squalli<strong>da</strong> fame se es<strong>si</strong> <strong>non</strong> <strong>si</strong><br />

assoggetteranno definiti<strong>va</strong>mente agli ordini.” 0<br />

La deportazione delle popolazioni diventa premes<strong>sa</strong> essenziale per il successo della<br />

strategia italiana nella conquista del Gebel: l’eliminazione della base di mas<strong>sa</strong> della<br />

guerriglia, della sua fonte di rifornimento e la trasformazione dell’altipiano in un deserto<br />

senza vita né risorse as<strong>si</strong>cura<strong>va</strong>no alle autorità italiane, in<strong>si</strong>eme al blocco dei rifornimenti<br />

e alla costante pres<strong>si</strong>one militare nella regione, il collasso della re<strong>si</strong>stenza nel medio<br />

periodo.<br />

0 Tuttavia Badoglio <strong>non</strong> rivendicò in seguito la parte deci<strong>si</strong><strong>va</strong> avuta nello schiacciamento della re<strong>si</strong>stenza cirenaica,<br />

permettendo così a Graziani di arrogar<strong>si</strong> ogni merito.<br />

0 Rochat, op. cit., pag. 122.<br />

0 Graziani a Badoglio, 21 agosto 1930, in ACS – FG, 1/2/2.<br />

0 Per ottenere maggiore obbedienza <strong>da</strong> parte dei sottomes<strong>si</strong> fu introdotto il principio della respon<strong>sa</strong>bilità colletti<strong>va</strong>, che<br />

chiama<strong>va</strong> tutto l’accampamento a rispondere dell’azione dei <strong>si</strong>ngoli: in nome di questo principio Graziani punì, a cau<strong>sa</strong><br />

della fuga, per unir<strong>si</strong> ai ribelli, di 5 uomini <strong>da</strong>l campo, con il trasferimento a el – Agheila, un aggregato di 80 tende.<br />

Rochat, op. cit., pag. 126.<br />

0 Graziani, op. cit pag. 105.<br />

123


4.5.2 Cifre<br />

Sui campi di concentramento il materiale documentario è as<strong>sa</strong>i scarso, la storiografia<br />

coloniale abituata ad incen<strong>sa</strong>re l’operato del regime in questo caso ha pochi motivi per<br />

glorificare il fascismo. Lo stesso Rochat ipotizza, a cau<strong>sa</strong> delle informazioni veramente<br />

frammentarie sull’argomento raccolte negli archivi dell’Africa italiana, dell’esercito e di<br />

Graziani, “che dell’argomento <strong>si</strong> parlasse e soprattutto <strong>si</strong> scrivesse il meno pos<strong>si</strong>bile”. 0<br />

Secondo una relazione di Graziani del 2 maggio 1931, cioè a trasferimento ultimato, la<br />

dislocazione dei lager più importanti risulta nella Sirtica e a sud di Benga<strong>si</strong>: Mar<strong>sa</strong> Brega<br />

raccoglie 21.117 Abei<strong>da</strong>t e Marmarici. A Soluch ci sono 20.123 Auaghir, Abid, Orfa,<br />

Fuacher e Mogarba; Sidi Ahmed el Magrun conta 13.050 Braha<strong>sa</strong> e Dor<strong>sa</strong> e el­Agheila fa<br />

10.900 Mogarba, Marmarici e funge <strong>da</strong> campo di punizione per i parenti dei ribelli del<br />

Gebel, ad Age<strong>da</strong>bia sono concentrate 10.000 persone e a el Abiar 3123 Auaghir. In<br />

totale, in questi sei campi, sono imprigionati 78.313 cirenaici. Campi minori elencati <strong>da</strong><br />

Graziani solo con il numero di tende sono: Derna con 145 tende, Apollonia (1354), Barce<br />

(538), Driana (225), Sidi Chalifa (130), Suani el Terria (100) en Nufilia (375) e i due di<br />

Benga<strong>si</strong>, Coefia e Guarscia (245), in questi, contando una media di 4 persone per ten<strong>da</strong>,<br />

ci sono 12.448 prigionieri, che sommati a quelli dei campi maggiori fanno un comples<strong>si</strong>vo<br />

di 90.761 0 . A questa cifra è neces<strong>sa</strong>rio aggiungere le persone abbattute durante le marce<br />

di trasferimento, i morti per denutrizione, malattie, tentativi di fuga nei campi durante i<br />

primi me<strong>si</strong> (<strong>si</strong>amo in maggio e i trasferimenti <strong>non</strong> <strong>sa</strong>ranno completati che nell’inverno 1930<br />

– 31). Si arri<strong>va</strong> così a circa 100.000 deportati.<br />

Il cen<strong>si</strong>mento turco del 1911 <strong>da</strong><strong>va</strong> alla Cirenaica una popolazione di 198.300 abitanti,<br />

mentre <strong>da</strong>llo studio del colonnello Enrico De Agostini del 1922 – 23 ne risultano 185.400 0 .<br />

E<strong>va</strong>ns Pritchard parla di una cifra leggermente superiore che <strong>si</strong> avvicina<strong>va</strong> a quella del<br />

cen<strong>si</strong>mento turco. Se con<strong>si</strong>deriamo che <strong>si</strong>a Graziani che E<strong>va</strong>ns Pritchard ci parlano di<br />

circa 20.000 cirenaici fuggiti in Egitto ad essere deportata fu più della metà dell’intera<br />

0 Rochat, op. cit., pag. 156.<br />

0 ASMAI, Libia, pos, 150/22, f. 98, Graziani a De Bono, rapporto n. 1058 del 2 maggio 1931.<br />

0 Le cifre del cen<strong>si</strong>mento turco e il lavoro di De Agostini sono confermate <strong>da</strong> Rochat, op. cit., pag. 156 e Del Boca, op.<br />

cit., pag. 182. In ogni caso <strong>si</strong> può consultare direttamente lo stesso Enrico De Agostini, Le popolazioni della Cirenaica,<br />

Benga<strong>si</strong>, 1923, a cura del governo della colonia.<br />

124


popolazione della regione 0 . Il cen<strong>si</strong>mento del 21 aprile 1931, il primo ad avvenire con<br />

tecniche moderne e con una buona copertura territoriale, conta<strong>va</strong> 142.000 indigeni 0 !<br />

Sulle questioni di opportunità politica più che scientifica relati<strong>va</strong>mente ai cen<strong>si</strong>menti italiani<br />

rimandiamo all’ottimo lavoro di Rochat 0 , quel che emerge in sostanza è comunque un calo<br />

di popolazione in Cirenaica di 60 mila unità in vent’anni: 20 mila fuggiti in Egitto e altri 40<br />

mila, <strong>da</strong> addebitar<strong>si</strong> in piccola parte alle operazioni belliche e in misura maggiore alle<br />

condizioni create <strong>da</strong>lla repres<strong>si</strong>one italiana (fame, miseria ed epidemie) e <strong>da</strong>lla<br />

deportazione delle popolazioni (marce di trasferimento e mortalità nei campi per<br />

denutrizione, malattia ed esecuzioni sommarie).<br />

Nella relazione del commis<strong>sa</strong>rio regionale di Benga<strong>si</strong>, Egidi, apprendiamo per esempio<br />

che i reclu<strong>si</strong> del campo di Soluch scesero, in un anno circa, <strong>da</strong> 20.123 a 15.830 e quelli di<br />

Sidi Ahmed el Magrun <strong>da</strong> 13.050 a 10.197 0 . Non <strong>si</strong> dimentichi infine che questo mas<strong>sa</strong>cro<br />

colpì prettamente le popolazioni del Gebel e delle aree semidesertiche e risparmiò invece<br />

le città: in nessun’altra colonia italiana la repres<strong>si</strong>one assunse le caratteristiche di un vero<br />

e proprio genocidio come avvenne qui in Cirenaica.<br />

A condividere la sorte delle popolazioni seminomadi fu la loro unica ricchezza e fonte di<br />

sostentamento, <strong>va</strong>le a dire il bestiame, che subì un costante calo durante gli anni della<br />

riconquista ma un vero e proprio tracollo nel periodo della deportazione a cau<strong>sa</strong> della<br />

mancanza di pascolo e delle misure restrittive prese <strong>da</strong>lle autorità italiane per impedire<br />

che cadesse nelle mani dei ribelli: Rochat calcola che morirono il 90 – 95% degli ovini,<br />

caprini e ca<strong>va</strong>lli e l’80% dei bovini e dei cammelli 0 .<br />

A gui<strong>da</strong>rci all’interno di un campo è il giornalista Felici che vi<strong>si</strong>tò il campo di Sidi Ahmed el<br />

Magrun 0 : “Il campo ha la forma del castrum romano, ogni lato misura milleduecento metri.<br />

Dentro, vi sono otto quadrati, disposti in maniera che, <strong>da</strong><strong>va</strong>nti ad ogni gruppo di due di<br />

es<strong>si</strong>, vi è altrettanto spazio libero <strong>da</strong> poter ospitare gli animali.Ogni quadrato conta <strong>da</strong><br />

quindici a venti file di tende. (…) Che co<strong>sa</strong> <strong>si</strong>ano le tende <strong>non</strong> è pos<strong>si</strong>bile dire. Le vele<br />

marinaresche più pro<strong>va</strong>te e rabberciate <strong>non</strong> avrebbero nulla <strong>da</strong> invidiare. Le pezze di<br />

0 Promemoria Graziani per De Bono, 1 aprile 1932, in ACS – FG 6/11/1, E<strong>va</strong>ns Pritchard op. cit. pag. 197.<br />

0 Annuario statistico italiano dell’anno relativo. La cifra venne sostanzialmente confermata <strong>da</strong>l cen<strong>si</strong>mento del 21 aprile<br />

1936 che riporta<strong>va</strong> 142.500 abitanti in Cirenaica.<br />

0 Rochat, op. cit., pag, 155 – 170, in questo caso particolare pag. 158.<br />

0 ASMAI vol. V, Inventari e supplementi, pacco 5. Commis<strong>sa</strong>riato regionale di Benga<strong>si</strong>, Relazione sugli<br />

accampamenti, 28 luglio 1932, pag. 13 e 24.<br />

0 Rochat, op. cit., pag. 161.<br />

0 Felici Os., Terra nostra di Cirenaica, Sin<strong>da</strong>cato arti grafiche italiano, Roma, 1932.<br />

125


Arlecchino sono infinitamente minori delle pezze che la donna beduina s’industria ad<br />

applicare a queste case del deserto”. 0<br />

Il raggiungimento dell’autosufficienza alimentare dei campi veni<strong>va</strong> con<strong>si</strong>derata<br />

fon<strong>da</strong>mentale, in particolare perché le autorità misero <strong>da</strong> subito in chiaro che <strong>non</strong> era fra i<br />

loro compiti provvedere al sostentamento dei prigionieri: solo una parte dei concentrati era<br />

dotata di tessera e ave<strong>va</strong> perciò “diritto a ritirare ogni dieci giorni tanto orzo in ragione di<br />

mezzo chilo a testa” 0 , pertanto gli uomini <strong>va</strong>lidi vengono impiegati nella costruzione di<br />

strade e le donne <strong>si</strong> dedicano alla colti<strong>va</strong>zione di alcuni orti sorti nelle vicinanze dei campi.<br />

Altri prigionieri custodiscono il bestiame al pascolo sotto scorta di reparti di ascari o<br />

carabinieri.<br />

Nei campi <strong>si</strong> lotta per la sopravvivenza e ben presto la denutrizione, accompagnata <strong>da</strong><br />

una di<strong>sa</strong>stro<strong>sa</strong> <strong>si</strong>tuazione <strong>sa</strong>nitaria, 0 rende inevitabile l’esplodere di epidemie: “… il tifo<br />

petecchiale e<strong>si</strong>ste e <strong>si</strong> estende. Prego codesta onorevole direzione di volermi fornire le<br />

istruzioni ed i mezzi neces<strong>sa</strong>ri per fronteggiare l’epidemia”. 0 Alla fame e alle malattie <strong>si</strong><br />

aggiunge<strong>va</strong>no poi le violenze, Reth Belgassem, un sopravvissuto dei campi di prigionia<br />

della Sirtica ha raccontato ad Eric Salerno la sua personale esperienza: “Ogni giorno<br />

qualcuno <strong>si</strong> prende<strong>va</strong> la sua razione di botte. E per mangiare ricordo solo un pezzo di<br />

pane duro del peso di centocinquanta o al mas<strong>si</strong>mo duecento grammi, che <strong>dove</strong><strong>va</strong><br />

bastare per tutto il giorno. (…) Le nostre donne <strong>dove</strong><strong>va</strong>no tenere un recipiente nella ten<strong>da</strong><br />

per fare i loro bisogni. Ave<strong>va</strong>no paura di uscire. Fuori rischia<strong>va</strong>no di essere prese <strong>da</strong>gli<br />

etiopi 0 o <strong>da</strong>gli italiani. Non lascia<strong>va</strong>mo mai sole le nostre donne”. 0 Infine le punizioni per i<br />

tentativi di fuga o ribellione: “Le esecuzioni avveni<strong>va</strong>no sempre verso mezzogiorno in uno<br />

spiazzo al centro del campo e gli italiani porta<strong>va</strong>no tutta la gente a guar<strong>da</strong>re. Ci<br />

costringe<strong>va</strong>no a guar<strong>da</strong>re mentre mori<strong>va</strong>no i nostri fratelli” 0 .<br />

0 Felici Os., op. cit., pag. 44 – 45.<br />

0 Ivi, pag. 45.<br />

0 L’organizzazione <strong>sa</strong>nitaria pote<strong>va</strong> contare in tutto su due medici (ognuno dei quali ave<strong>va</strong> la respon<strong>sa</strong>bilità di due<br />

campi e oltre 30mila persone), su qualche ten<strong>da</strong> ambulatorio e qualche infermiere, che ave<strong>va</strong>no provveduto a <strong>va</strong>ccinare<br />

tutti contro il <strong>va</strong>iolo.<br />

0 ACS, Carte Graziani, b. 4, f. 8, sottof. 8. Relazione di Egidi al Governo della Cirenaica, 6 marzo 1933. Migliaia di<br />

prigionieri furono colpiti pure <strong>da</strong> deperimento organico, oligoemie (diminuzione della quantità di <strong>sa</strong>ngue), dissenteria<br />

bacillare e <strong>da</strong> elmintia<strong>si</strong> (vermi).<br />

0 Si riferisce agli ascari reclutati nel Corno d’Africa.<br />

0 Salerno Eric, Genocidio in Libia, Sugarco, Milano, 1979, pag. 90 – 91.<br />

0 Ivi, pag. 90.<br />

126


Il quadro che risulta <strong>si</strong> compone quindi di decine di migliaia di persone ammas<strong>sa</strong>te le une<br />

addosso alle altre, senza mezzi di sus<strong>si</strong>stenza, costrette a vivere di un magro <strong>sa</strong>lario <strong>da</strong><br />

lavori stra<strong>da</strong>li, alcuni spacci come luogo di ritrovo, un’as<strong>si</strong>stenza <strong>sa</strong>nitaria praticamente<br />

nulla e sottoposte alla quotidiana ed arbitraria violenza degli italiani, come racconta Salem<br />

Omran Abu Shabur: “Ogni giorno usci<strong>va</strong>no <strong>da</strong> el Agheila cinquanta ca<strong>da</strong>veri. Veni<strong>va</strong>no<br />

sepolti in fosse comuni. Cinquanta ca<strong>da</strong>veri al giorno, tutti i giorni. Li conta<strong>va</strong>mo sempre.<br />

Gente che veni<strong>va</strong> ucci<strong>sa</strong>. Gente impiccata o fucilata. O persone che mori<strong>va</strong>no di fame e<br />

malattia” 0<br />

4.6 Il reticolato confinario<br />

Altro aspetto della politica repres<strong>si</strong><strong>va</strong> e senza compromes<strong>si</strong> del fascismo italiano fu il<br />

reticolato, posto al confine tra Cirenaica ed Egitto, e fortemente voluto <strong>da</strong> Graziani. Il fatto<br />

che, un gran numero di cirenaici, primo tra tutti il gran Senusso, <strong>si</strong> fossero rifugiati in<br />

Egitto, ave<strong>va</strong> “allargato” il teatro delle operazioni. Omar e i suoi uomini con<strong>si</strong>derarono<br />

sempre questo paese come un elemento di peso nella strategia comples<strong>si</strong><strong>va</strong> della<br />

re<strong>si</strong>stenza, affi<strong>da</strong>ndo alle poco definite frontiere desertiche della colonia italiana, la<br />

certezza di poter sfuggire agli inseguimenti.<br />

Per questa stes<strong>sa</strong> frontiera poi pas<strong>sa</strong><strong>va</strong>no armi e rifornimenti di ogni genere che<br />

contribui<strong>va</strong>no al sostentamento dei patrioti. La deportazione delle popolazioni del Gebel e<br />

la conquista di Kufra (con il conseguente controllo italiano della sua pista caro<strong>va</strong>niera)<br />

allontanò <strong>da</strong>i patrioti le tradizionali fonti di rifornimento e li costrinse a contare sempre di<br />

più sull’Egitto per lo stretto neces<strong>sa</strong>rio alla vita e alla guerra.<br />

Da anni infatti una parte con<strong>si</strong>derevole delle provviste giunge<strong>va</strong> <strong>da</strong> est e veni<strong>va</strong> pagata coi<br />

prodotti dei Beduini a prezzi maggiorati <strong>da</strong>lle tariffe doganali e con fondi raccolti in tutto il<br />

mondo arabo che contribui<strong>va</strong> alla re<strong>si</strong>stenza.<br />

“Gli approvvigionamenti arri<strong>va</strong><strong>va</strong>no attraverso il porto di es­Sollum e le guardie di frontiera<br />

egiziane chiude<strong>va</strong>no un occhio sulla merce che entra<strong>va</strong> in Cirenaica così come sui<br />

rifugiati che lascia<strong>va</strong>no la regione”. 0 La Marmarica era stata dichiarata zona militare<br />

<strong>da</strong>ll’Italia e pertanto sgomberata e la sua popolazione concentrata, la frontiera era chiu<strong>sa</strong><br />

e continuamente perlustrata <strong>da</strong> autoblindo e aerei con l’ordine di distruggere ogni<br />

0 Salerno E, op. cit. pag. 95.<br />

0 E<strong>va</strong>ns Pritchard, op. cit., pag. 191.<br />

127


caro<strong>va</strong>na. Nonostante queste precauzioni però, i rifornimenti continua<strong>va</strong>no a giungere ai<br />

patrioti.<br />

Dal porto di Bardia fino a Giarabub e oltre, il reticolo confinario, lungo 270 chilometri,<br />

<strong>dove</strong><strong>va</strong> funzionare come una trappola per coloro che nel vicino Egitto vede<strong>va</strong>no un rifugio<br />

e una base di rifornimento. Questa barriera di filo spinato era vigilata <strong>da</strong> tre ridotte<br />

(Amseat, Scegga e Giarabub) e <strong>da</strong> sei fortini e dispone<strong>va</strong> di tre campi di aviazione. Notte<br />

e giorno veni<strong>va</strong> sorvegliata <strong>da</strong> aeroplani e pattuglie montate su autocarri.<br />

Per la sua costruzione, per la quale furono neces<strong>sa</strong>ri 20 mila quintali di cemento, 270<br />

milioni di paletti di ferro e 50 milioni di filo spinato, vennero impiegati 2500 indigeni<br />

controllati <strong>da</strong> 1200 sol<strong>da</strong>ti. Il costo totale raggiunse i 20 milioni di lire 0 .<br />

Il reticolato, iniziato in aprile e completato a principio di settembre 1931, chiude<strong>va</strong> la<br />

ribellione in una “trappola per topi” come la definì l’ “Afrique Francaise”, 0 e rese evidente,<br />

con le difficoltà tecniche che crea<strong>va</strong> ai Beduini e il suo ele<strong>va</strong>tis<strong>si</strong>mo costo per l’Italia, 0 la<br />

convinta deci<strong>si</strong>one del governo fascista di ricercare la vittoria con l’eliminazione fi<strong>si</strong>ca di<br />

Omar al­Mukhtàr e i suoi.<br />

CAP. 5<br />

LA MORTE DEL LEONE<br />

5.1 Un passo indietro<br />

Nel film, la parte che riguar<strong>da</strong> la cattura, il processo e la morte di Omar al­Mukhtàr può<br />

essere con<strong>si</strong>derata il culmine di tutto il discorso, e anche nel nostro lavoro è giunto il<br />

momento di concentrare l’attenzione sul Leone del deserto e sulla statura di uomo ed eroe<br />

0 Del Boca, op. cit., pag. 200.<br />

0 Rainero R., La cattura, il processo e la morte di Omar al­Mukhtàr nel quadro della politica fascista di “riconquista”<br />

della Libia, in AA.VV. Omar al­Mukhtàr e la riconquista fascista della Libia, Marzorati editore, Milano, 1981, pag.<br />

221.<br />

0 Alla fine del 1930 la spe<strong>sa</strong> per il filo spinato in Cirenaica raggiunse i 14.111.000 di lire, a mo’ di confronto <strong>si</strong> pen<strong>si</strong><br />

che nel biennio 1922 –23, la somma spe<strong>sa</strong> in filo spinato per la Cirenaica ammonta<strong>va</strong> a 27.000 lire. La cifra del 1930 è<br />

però <strong>da</strong> attribuir<strong>si</strong> qua<strong>si</strong> esclu<strong>si</strong><strong>va</strong>mente al filo u<strong>sa</strong>to per i campi di concentramento in Sirtica. La Nuo<strong>va</strong> Italia<br />

d’Oltremare, 1933 – 34, vol. I, pag. 239, ripreso in E. Pritchard, op. cit., pag. 192.<br />

128


che risulta <strong>da</strong> tutta la vicen<strong>da</strong> che lo vide protagonista. Ben diver<strong>si</strong> erano i funzionari, i<br />

militari e le istituzioni italiane che s’affrettarono ad eliminarlo, incapaci di accorger<strong>si</strong> del<br />

coraggio che animò Omar fino all’ultimo, tutti in cerca di gloria personale, <strong>da</strong>nari e<br />

promozioni a tal punto <strong>da</strong> <strong>non</strong> render<strong>si</strong> conto che disconoscere il suo status di belligerante<br />

e accu<strong>sa</strong>rlo di “fellonia” lo avrebbe reso un eroe e un martire dell’Islam.<br />

Sarebbe comunque sbagliato dimenticare che fu la realizzazione e la <strong>si</strong>multanea<br />

attuazione delle dispo<strong>si</strong>zioni di cui <strong>si</strong> è parlato precedentemente e cioè: riorganizzazione<br />

delle truppe, concentramento della popolazione nomade lontano <strong>da</strong>l Gebel, e costruzione<br />

del reticolo confinario con l’Egitto, a far nascere l’episodio finale della cattura di Omar al­<br />

Mukhtàr, e di conseguenza pure la fine della re<strong>si</strong>stenza dei suoi.<br />

La politica di Rodolfo Graziani e la sua aspirazione a trasformare il proprio man<strong>da</strong>to in una<br />

piattaforma privilegiata per una affermazione personale a discapito in particolare di<br />

Badoglio fece sì che l’oltranzismo e lo stile “nuovo” nel trattare la risoluzione dei problemi<br />

della Cirenaica fosse la base di ogni dispo<strong>si</strong>zione. Dopo la pre<strong>sa</strong> di Kufra nel gennaio<br />

1931, che <strong>dove</strong><strong>va</strong> servire al rilancio dei succes<strong>si</strong> militari di Graziani e segnare l’agonia dei<br />

ribelli ormai intrappolati nel Gebel, il vicegovernatore <strong>si</strong> chiede<strong>va</strong> per quale motivo,<br />

<strong>non</strong>ostante l’evidente superiorità italiana, i ribelli re<strong>si</strong>stessero ancora: “Omar al­Mukhtàr<br />

<strong>non</strong> <strong>si</strong> sottometterà mai, (…) egli re<strong>si</strong>sterà fino al pos<strong>si</strong>bile sperando, <strong>non</strong> più in un<br />

successo che pos<strong>sa</strong> comunque risolle<strong>va</strong>re la sua <strong>si</strong>tuazione materiale e morale, ma<br />

nell’intervento di Dio, fedele in ciò al fatalismo musulmano. Egli spera inoltre, come tutti<br />

con lui, sottomes<strong>si</strong> e ribelli, che un mutamento improvviso nelle direttive del Governo<br />

pos<strong>sa</strong> ricondurre la lotta sul terreno dei vecchi ed ormai sorpas<strong>sa</strong>ti compromes<strong>si</strong>”.<br />

E ribadisce il proseguimento della “linea dura” per <strong>non</strong> <strong>da</strong>re ai ribelli false speranze e per<br />

proteggere la popolazione: “Perché infine il turbamento portato <strong>da</strong>i suoi disgraziati uomini<br />

alla pacifica vita della Cirenaica, può fargli lontanamente sperare che il governo torni<br />

indietro <strong>da</strong>i provvedimenti adottati per porre fine alla attuale <strong>si</strong>tuazione anormale” 0 .<br />

La <strong>si</strong>tuazione dei ribelli ci viene descritta <strong>da</strong> alcune lettere, scritte in occa<strong>si</strong>oni diverse, <strong>da</strong><br />

Omar al­Mukhtàr a <strong>va</strong>ri capi cirenaici rifugiati in Egitto. Un lucido giudizio sulla gravità<br />

della <strong>si</strong>tuazione che vede ormai compromes<strong>sa</strong> ogni prospetti<strong>va</strong> di re<strong>si</strong>stenza è il<br />

0 Circolare n. 1890 del 17 agosto 1930, pag. 11. Direttive politico – militari di Graziani. Rainero Romain, La cattura, il<br />

processo e la morte di Omar al­Mukhtàr nel quadro della politica fascista di “riconquista” della Libia, in AA.VV.<br />

Omar al­Mukhtàr e la riconquista fascista della Libia, Marzorati editore, Milano, 1981.<br />

pag. 225.<br />

129


denominatore comune di tutta questa corrispondenza composta di 41 documenti, rinvenuti<br />

il 25 agosto 1931 presso Bir Hamerin durante una azione italiana contro una caro<strong>va</strong>na di<br />

5 cammelli. Finalmente è pos<strong>si</strong>bile avere testimonianza delle appren<strong>si</strong>oni e dei problemi<br />

che afflissero la re<strong>si</strong>stenza ed il suo capo nel suo ultimo periodo di attività. Finalmente<br />

Omar prende la parola e <strong>si</strong> occupa del suo popolo, delle cri<strong>si</strong> interne al fronte senus<strong>si</strong>ta,<br />

finalmente <strong>non</strong> è più solamente un abilis<strong>si</strong>mo guerriero, un inafferrabile predone del<br />

deserto, in più, leggendo quanto scrisse, cade definiti<strong>va</strong>mente ogni dubbio sul presunto<br />

tradimento di cui lo accu<strong>sa</strong><strong>va</strong> Badoglio o che fosse un bandito e la rovina della propria<br />

patria, come verrà definito <strong>da</strong> Graziani 0 . Emerge, al di là dell’eroe votato al supremo<br />

<strong>sa</strong>crificio, al di là del combattente della fede la cui abnegazione <strong>non</strong> può lasciarci<br />

indifferenti, un uomo la cui normalità fatta di paure e speranze ci turba, se pen<strong>si</strong>amo al<br />

compito che <strong>si</strong> era <strong>da</strong>to e che cercò di assolvere fino alla propria fine <strong>non</strong>ostante <strong>si</strong><br />

rendesse conto dell’inevitabile sconfitta e di essere stato abbandonato <strong>da</strong>i suoi fratelli.<br />

Il 22 agosto 1931 scrive ad un principe della ca<strong>sa</strong> regnante in Egitto delle “inaudite<br />

atrocità contro i deboli fratelli musulmani di Libia” e in quale maniera “un nucleo di<br />

musulmani <strong>da</strong> circa 20 anni vive alla mercé della fame, della sete e di altre con<strong>si</strong>mili<br />

pri<strong>va</strong>zioni senza essere ascoltato <strong>da</strong> nessuno, senza tro<strong>va</strong>re pietà <strong>da</strong> nessuno eccetto <strong>da</strong><br />

Dio” per <strong>da</strong>re poi un giudizio riguardo alla soli<strong>da</strong>rietà che realmente la cau<strong>sa</strong> cirenaica<br />

ave<strong>va</strong> ricevuto: “Mi notificate che alcune persone che <strong>si</strong> recano (in Egitto) <strong>si</strong> rammaricano<br />

dei tempi che corrono <strong>da</strong> noi: il rammarico è troppo poco per esprimere la <strong>si</strong>tuazione;<br />

piuttosto chi <strong>si</strong> mette al corrente della <strong>si</strong>tuazione in cui ci troviamo deve piangere poiché<br />

la nostra <strong>si</strong>tuazione <strong>non</strong> <strong>si</strong> è mai verificata (così grave) in nessun secolo dell’umanità!” e a<br />

coloro che gli ave<strong>va</strong>no fatto pervenire alcune misure di arachidi ricor<strong>da</strong><strong>va</strong>: “Non è di<br />

arachidi che abbiamo bisogno; a noi occorrono viveri per alimentare la povera gente che<br />

sta sotto le armi <strong>da</strong> tanti giorni e tante notti…”. 0<br />

0 Ecco uno stralcio del colloquio avvenuto a Benga<strong>si</strong> tra Graziani e al­Mukhtàr così come il vicegovernatore lo riporta<br />

nelle proprie memorie: “Perché hai combattuto? chiede Graziani – Per la mia religione. Risponde Omar. – No, per la<br />

Senus<strong>si</strong>a hai combattuto, che è una co<strong>sa</strong> ben diver<strong>sa</strong>: una losca speculazione politico­commerciale, sulla quale tutti<br />

avete vissuto, <strong>da</strong> Idris a te, col <strong>da</strong>nno estremo delle genti cirenaiche, di cui tu hai più volte dichiarato di di<strong>si</strong>nteres<strong>sa</strong>rti<br />

anche se fossero tutte an<strong>da</strong>te alla rovina”. Alla doman<strong>da</strong> relati<strong>va</strong> la morte di due aviatori italiani Omar <strong>non</strong> nega la<br />

propria respon<strong>sa</strong>bilità: “(…) – Sì, tutte le colpe del resto sono del capo e la guerra è guerra. ­ <strong>Quando</strong> è realmente<br />

guerra, e <strong>non</strong> brigantesco as<strong>sa</strong>s<strong>si</strong>nio come il tuo” ribatte Graziani. Graziani Rodolfo Cirenaica pacificata Mon<strong>da</strong>dori,<br />

Milano, 1932.<br />

0 Rainero Romain, op. cit., pag. 228.<br />

130


Le difficoltà nella quale vive<strong>va</strong>no Omar al­Mukhtàr e i suoi uomini alla fine di agosto 1931<br />

ci sono note pure <strong>da</strong> Mohammed A<strong>sa</strong>d che lo incontrò proprio qualche settimana prima<br />

della cattura, l’inviato del Gran Senusso ce lo descrive: “vi era una profon<strong>da</strong> serietà ma<br />

<strong>non</strong> abbattimento, nella voce di Omar, allorquando mi narra<strong>va</strong> l’inevitabile sbocco della<br />

sua lunga lotta per la libertà, <strong>sa</strong>pe<strong>va</strong> che <strong>non</strong> vi era null’altro <strong>da</strong> aspettar<strong>si</strong> se <strong>non</strong> la<br />

morte, ma la morte <strong>non</strong> gli face<strong>va</strong> paura. Non la rincorre<strong>va</strong>, ma <strong>non</strong> tenta<strong>va</strong> neppure di<br />

sottrar<strong>si</strong>. E sono <strong>si</strong>curo che anche se avesse <strong>sa</strong>puto quale tipo di morte <strong>sa</strong>rebbe stata la<br />

sua <strong>non</strong> avrebbe tentato di evitarla. Pare<strong>va</strong> cosciente in ogni fibra del proprio corpo e<br />

della propria azione del fatto che ogni uomo reca in sé il proprio destino ovunque egli<br />

<strong>va</strong><strong>da</strong> e qualunque co<strong>sa</strong> faccia…” 0<br />

5.2 La cattura<br />

La <strong>si</strong>tuazione dei ribelli, ai primi di settembre, appari<strong>va</strong> dunque disperata a cau<strong>sa</strong> della<br />

fame, della scar<strong>si</strong>tà di munizioni, dell’egoismo dei senus<strong>si</strong>ti d’Egitto, dell’aggres<strong>si</strong>vità<br />

militare italiana, del reticolo confinario che taglia<strong>va</strong> i rifornimenti e dell’aviazione che<br />

controlla<strong>va</strong> costantemente ogni loro spostamento. Per questo la cattura di Omar al­<br />

Mukhtàr segna deci<strong>sa</strong>mente la fine della ribellione. Gli eventi che portarono alla sua<br />

cattura sono abbastanza semplici e l’anali<strong>si</strong> d’archivio <strong>non</strong> ha confermato la ver<strong>si</strong>one<br />

dell’arresto propiziato <strong>da</strong>l presunto tradimento di un capo ribelle (tale Hamrusc) 0 anche se,<br />

<strong>da</strong>ll’arrivo di Graziani a Benga<strong>si</strong>, <strong>si</strong> era formato un corpo di informatori indigeni (reclutati<br />

all’interno dei campi di concentramento ave<strong>va</strong>no l’opportunità di uscire <strong>da</strong>i campi in<br />

cambio della loro collaborazione) as<strong>sa</strong>i <strong>va</strong>lido che permette<strong>va</strong> alle truppe italiane di<br />

essere più efficaci.<br />

Sulla vicen<strong>da</strong> della cattura Graziani scrisse un’intera relazione, cui <strong>sa</strong>rà meglio rifar<strong>si</strong>, e<br />

riporta le relazioni dei <strong>va</strong>ri gruppi impegnati nell’operazione 0 : già nei primi giorni di<br />

settembre, notizie che giunge<strong>va</strong>no <strong>da</strong> fonti diverse al Comando del Gebel, indica<strong>va</strong>no<br />

“che il dor Braha<strong>sa</strong> Dor<strong>sa</strong>, con Omar al­Mukhtàr era concentrato in zona sud Be<strong>da</strong>”,<br />

immediatamente veni<strong>va</strong> disposto un piano d’accerchiamento al comando del col. Malta<br />

0 A<strong>sa</strong>d Mohammed, Le chemin de la Mecque, Parigi, Fayard, 1979, pag. 309. Rainero ci ricor<strong>da</strong> che queste memorie<br />

appartengono all’austriaco Leopold Weiss, convertito<strong>si</strong> all’Islam e presente in numerose vicende nor<strong>da</strong>fricane del<br />

periodo.<br />

0 Rainero R. op. cit. pag. 230.<br />

0 Relazione sugli avvenimenti che condussero alla cattura di Omar al­Mukhtàr, lettera 16972 del 18 settembre 1931 di<br />

Graziani a De Bono, in ASMAI, Fondo Volpi, 5/2.<br />

131


che impegna<strong>va</strong> 4 colonne mobili, i gruppi (Ragazzi, Squadroni, Piatti, Marone), tre<br />

aeroplani, il XV battaglione eritreo ed il settimo <strong>sa</strong><strong>va</strong>ri della Cirenaica oltre ad alcuni<br />

blin<strong>da</strong>ti che già <strong>si</strong> tro<strong>va</strong><strong>va</strong>no nella zona. L’azione merita di essere descritta poiché è<br />

esemplare, nella sua esecuzione, di come avveni<strong>va</strong>no gli scontri tra patrioti ed italiani sul<br />

finire della re<strong>si</strong>stenza: all’alba dell’11 settembre tutte le unità sopraelencate attaccarono il<br />

dor, composto <strong>da</strong> un centinaio di ribelli nell’uadi Bu Taga 0 . I ribelli <strong>si</strong> divisero rapi<strong>da</strong>mente<br />

in piccoli gruppi e filtrarono attraverso lo schieramento italiano, uno di questi piccoli gruppi<br />

venne però avvistato <strong>da</strong>ll’aviazione e segnalato alla truppe di terra, uno squadrone di<br />

<strong>sa</strong><strong>va</strong>ri che <strong>si</strong> tro<strong>va</strong><strong>va</strong> in zona <strong>si</strong> lanciò all’inseguimento e ben presto raggiunse i ribelli<br />

uccidendone undici e risparmiando il dodice<strong>si</strong>mo, che venne riconosciuto come Omar al­<br />

Mukhtàr e catturato.<br />

Il fascicolo di Graziani contiene pure il rapporto del capitano Bertè, che gui<strong>da</strong><strong>va</strong> lo<br />

squadrone di <strong>sa</strong><strong>va</strong>ri che catturò al­Mukhtàr: “…poco dopo le 8, a 6­7 chilometri <strong>da</strong> Slonta,<br />

il nucleo era meno compatto ed ebbi l’impres<strong>si</strong>one che volesse frazionar<strong>si</strong> per la vicinanza<br />

del bosco folto. Un <strong>sa</strong><strong>va</strong>ri uccise un ca<strong>va</strong>llo di ribelle: il ca<strong>va</strong>liere cadde e <strong>si</strong> rialzò<br />

tentando poi di allontanar<strong>si</strong> con an<strong>da</strong>tura piuttosto lenta e pe<strong>sa</strong>nte. Due altri <strong>sa</strong><strong>va</strong>ri gli<br />

furono sopra con i ca<strong>va</strong>lli, lo di<strong>sa</strong>rmarono (né ave<strong>va</strong> tentato di difender<strong>si</strong> poiché ave<strong>va</strong><br />

mantenuto il moschetto in spalla) e uno sta<strong>va</strong> per ucciderlo quando l’altro ne arrestò l’atto<br />

riconoscendo nel ribelle Omar al­Mukhtàr”.<br />

Dell’episodio disponiamo pure la ver<strong>si</strong>one che i ribelli diedero ai senus<strong>si</strong>ti d’Egitto, che,<br />

tutto sommato, <strong>non</strong> <strong>si</strong> discosta <strong>da</strong> quella italiana: “…il Saied Omar al­Mukhtàr il giorno<br />

venerdì 12 settembre 1931 <strong>si</strong> reca<strong>va</strong> a far vi<strong>si</strong>ta alla tomba di Sidi Ràfa, (…) nei pres<strong>si</strong> di<br />

Zavia Be<strong>da</strong>, accompagnato <strong>da</strong> ses<strong>sa</strong>nta ca<strong>va</strong>lieri della sua scorta quando, (…) la notizia<br />

giunse a conoscenza del governo italiano che gli sbarrò la via con circa cinquemila tra<br />

fanti e ca<strong>va</strong>lieri che as<strong>sa</strong>lirono lui e i suoi compagni. L’azione durò otto ore senza parlare<br />

dei velivoli e dei carri armati. Con il Saied tro<strong>va</strong>rono la morte <strong>da</strong> martiri circa cinquanta<br />

ca<strong>va</strong>lieri…”. 0<br />

Alla notizia della cattura il ministro De Bono reagisce con scetticismo ribadendo la scar<strong>sa</strong><br />

fiducia che nutre nei propri collaboratori in colonia: “…<strong>non</strong> credo che Omar al­Mukhtàr <strong>si</strong>a<br />

0 Rochat G., Omar al­Mukhtàr e la riconquista fascista della Libia, Marzorati Editore, Milano, 1981, pag. 148.<br />

0 Lettera di due caimacan ribelli al Senusso, 14 settembre 1931, doc. n. 6 tra quelli rinvenuti <strong>da</strong>lla cattura del corriere<br />

Mohammed Mumen presso Uadi Maaten, in AMAE. Libia, pos. 1 – 3.<br />

132


stato così idiota <strong>da</strong> far<strong>si</strong> catturare stop occorre quindi <strong>si</strong>ncerar<strong>si</strong> in tutti i modi sua<br />

identità” 0 , mentre tutte le autorità italiane vengono più o meno colpite <strong>da</strong>lla notizia.<br />

Graziani, a Roma in quel momento, sta partendo per l’espo<strong>si</strong>zione coloniale di Parigi, 0<br />

quando apprende la notizia torna in tutta fretta a Benga<strong>si</strong> <strong>dove</strong> nel frattempo il<br />

commis<strong>sa</strong>rio per il Gebel Daodiace, che ave<strong>va</strong> incontrato al­Mukhtàr in occa<strong>si</strong>one dei<br />

colloqui del 1929 a Sidi Rahuma, ha confermato l’identità del prigioniero 0 .<br />

Il colloquio che Omar al­Mukhtàr ebbe con Graziani e i frenetici contatti tra le autorità<br />

coloniali italiane per definirne la fine restituiscono ancora più intatta la grande dignità di<br />

questo eroe che serenamente, di fronte a Graziani che gli promette <strong>sa</strong>l<strong>va</strong> la vita e che<br />

sogna un incontro tra Scipione l’Africano ed Annibale, 0 rifiuta ogni intervento personale<br />

per propiziare la re<strong>sa</strong> dei patrioti del Gebel. A questo propo<strong>si</strong>to ci pare opportuno riportare<br />

uno stralcio dell’incontro fra Graziani e Omar nell’ufficio del vicegovernatore a Benga<strong>si</strong><br />

così come Graziani ce lo ha riportato nel suo Cirenaica pacificata (Graziani parla in prima<br />

persona):<br />

­ In quanti giorni ­ gli dico improvvi<strong>sa</strong>mente – sei in condizioni, con la tua autorità, di<br />

far sottomettere i ribelli del Gebel?<br />

­ Mai – risponde – <strong>da</strong> prigioniero <strong>non</strong> posso far più nulla. Del resto – soggiunge – noi<br />

abbiamo giurato di morire tutti, uno per uno, ma <strong>non</strong> di sottometterci e io <strong>non</strong> mi<br />

<strong>sa</strong>rei mai consegnato spontaneamente. Questo è certo.<br />

­ Forse, ­ in<strong>si</strong>sto in<strong>si</strong>nuante – se ci fos<strong>si</strong>mo conosciuti in un altro periodo, per la<br />

lunga pratica che io ho di voi avremmo potuto fare qualco<strong>sa</strong> di buono per la<br />

pacificazione.<br />

0 De Bono a Badoglio, 12 settembre 1931, ACS, Fondo Graziani 2/3/2.<br />

0 Rainero R., op. cit. pag. 233.<br />

0 A confermare che fu grazie al comm. Daodiace che avvenne il riconoscimento è pure il testo del comunicato ufficiale<br />

che i comandi italiani diramano alla stampa qualche giorno dopo: “Omar al­Mukhtàr è stato catturato in azione<br />

disposta <strong>da</strong> Comando Gebel per accerchiare dor segnalato Uadi Bu Taga sud Be<strong>da</strong> (…) Squadrone settimo <strong>sa</strong><strong>va</strong>ri<br />

lanciato inseguimento a fondo contro gruppo cinquanta ca<strong>va</strong>lieri riusci<strong>va</strong> a catturare predetto achuan che era<strong>si</strong><br />

separato <strong>da</strong>l gruppo stesso (…). Egli è giunto ad Apollonia ieri sera. Comm. Daodiace che lo ha riconosciuto, informa<br />

che mostra<strong>si</strong> rassegnato e tranquillo propria sorte e risponde a tono a tutte le domande rivoltegli (…).” , in AMAE,<br />

Libia, pos. 1 – 3.<br />

0 Nella propagan<strong>da</strong> fascista la figura di Graziani venne spesso paragonata a quella di Scipione Africano e la<br />

pacificazione della Cirenaica alla guerra di Roma contro Cartagine, Amato Barbagianni L’occupazione coloniale<br />

italiana della Libia, fascicoletto inviato all’autore, pag. 19. L’incontro a cui qui <strong>si</strong> accenna è quello avvenuto tra i due<br />

avver<strong>sa</strong>ri prima della deci<strong>si</strong><strong>va</strong> battaglia di Zama nel 202 a.C. narrato <strong>da</strong> Polibio, Storie, cap. VIII.<br />

133


La scena del congedo fra i due nemici descritta <strong>da</strong>llo stesso Graziani <strong>non</strong> fa che<br />

sottolineare ancora di più l’estrema povertà morale e l’odioso razzismo che<br />

contraddistingue<strong>va</strong>no il colonialismo dell’Italia fascista, a parlare è sempre Graziani:<br />

“Ha chiara la vi<strong>si</strong>one della sua sorte (fin <strong>da</strong>l colloquio con il vicegovernatore Omar <strong>sa</strong> che<br />

il processo <strong>non</strong> <strong>sa</strong>rà regolare e cha la sentenza è già stata deci<strong>sa</strong> ndA). Lo congedo.<br />

Cerca di stendermi la mano, serrata, ma <strong>non</strong> può, perché <strong>non</strong> arri<strong>va</strong>. Del resto, <strong>non</strong> l’avrei<br />

toccata. Se ne <strong>va</strong>, strascicante, come era entrato” 0<br />

A un Graziani in pre<strong>da</strong> ai propri sogni di gloria fa <strong>da</strong> contraltare il pragmatismo di<br />

Badoglio, il quale <strong>non</strong> può permetter<strong>si</strong> di venire smascherato per il doppio gioco fatto<br />

durante i negoziati del 1929, e scrivendo a De Bono come intende procedere, illustra già<br />

la propria sentenza: “… qualora individuo catturato fosse realmente Omar al­Mukhtàr<br />

ravviso opportunità fare regolare processo e conseguente sentenza che <strong>sa</strong>rà senza<br />

dubbio pena di morte farla eseguire in uno dei grandi concentramenti popolazione<br />

indigena…” 0 , e <strong>non</strong> perde tempo, appena gli giunge conferma <strong>da</strong> Roma, a dettare le<br />

precise dispo<strong>si</strong>zioni anche a Graziani a Benga<strong>si</strong>.<br />

5.3 Il processo<br />

Sulla definizione di processo “regolare” come afferma Badoglio e “conseguente sentenza<br />

che <strong>sa</strong>rà senza dubbio pena di morte” per Sidi Umar, viene mes<strong>sa</strong> in luce la base su cui<br />

viene fon<strong>da</strong>ta tutta l’istruttoria: l’accu<strong>sa</strong> di tradimento e quindi di ribellione. Il tradimento,<br />

secondo le te<strong>si</strong> fasciste, era conseguente all’accordo di Sidi Rahuma ed alla re<strong>sa</strong> senza<br />

condizioni che <strong>sa</strong>rebbe stata sottoscritta <strong>da</strong>l capo cirenaico: la ripre<strong>sa</strong> delle ostilità era la<br />

pro<strong>va</strong> della perfidia di Omar, ma soprattutto di aver mancato la parola <strong>da</strong>ta a Badoglio.<br />

Come però <strong>si</strong> è già visto in precedenza su questa ver<strong>si</strong>one dei fatti e<strong>si</strong>stono seri dubbi e<br />

nasce qui l’incon<strong>si</strong>stenza della base stes<strong>sa</strong> del processo.<br />

Nei pochi giorni intercor<strong>si</strong> tra la cattura e l’esecuzione la vicen<strong>da</strong> subì un’evoluzione,<br />

soprattutto grazie all’operato della propagan<strong>da</strong> e della pubblicistica fascista, che <strong>si</strong><br />

affrettarono a spo<strong>sa</strong>re le te<strong>si</strong> dell’accu<strong>sa</strong>, ricor<strong>da</strong>ndo “la perfidia e la doppiezza che <strong>si</strong><br />

manifestarono nel modo più impres<strong>si</strong>onante col vilis<strong>si</strong>mo tradimento … con cui ripagò la<br />

longanimità e la genero<strong>si</strong>tà dimostrategli <strong>da</strong>l governo della colonia, quand’egli ave<strong>va</strong><br />

0 Graziani R. Cirenaica pacificata pag. 273 –274.<br />

0 Badoglio a De Bono, 12 settembre 1931, ACS, Fondo Graziani 2/3/2.<br />

134


offerto la sottomis<strong>si</strong>one sua e dei suoi.” 0 Ma la co<strong>sa</strong> che sconcerta maggiormente è che<br />

nell’Elenco dei capi di imputazione, tra i 26 reati contestati, <strong>non</strong> <strong>si</strong> fa cenno a patti di<br />

sottomis<strong>si</strong>one violati oppure no, ma <strong>si</strong> parla esclu<strong>si</strong><strong>va</strong>mente di furti di bestiame, rapine a<br />

mano armata, violenza e razzia a <strong>da</strong>nno di pri<strong>va</strong>ti e militari, omicidi e tentati omicidi.<br />

Dell’interrogatorio fatto <strong>da</strong>l comm. Daodiace a bordo del cacciatorpediniere “Or<strong>si</strong>ni”, che<br />

porta<strong>va</strong> Omar al­Mukhtàr <strong>da</strong> Apollonia a Benga<strong>si</strong> il 12 settembre, <strong>non</strong> abbiamo tracce<br />

documentarie, mentre <strong>sa</strong>ppiamo che nell’interrogatorio avvenuto nelle carceri di Benga<strong>si</strong> il<br />

giudice istruttore Giuseppe Fraceschino e l’avvocato militare Giuseppe Bedendo,<br />

ottennero senza difficoltà <strong>da</strong>ll’imputato la conferma delle attività di guerriglia <strong>da</strong> egli svolte<br />

contro l’Italia. Sulla questione relati<strong>va</strong> agli incontri del 1929, colpisce la serenità di Omar e<br />

la sua ver<strong>si</strong>one dei fatti pare oggi la te<strong>si</strong> più accettabile: “…per me nel ’29 la rottura delle<br />

trattative avvenne per colpa del governo italiano…scris<strong>si</strong> anche al governatore Badoglio,<br />

<strong>non</strong> avendo ottenuto risposta me ne an<strong>da</strong>i via e ripre<strong>si</strong> la guerriglia” 0 e nella stes<strong>sa</strong><br />

occa<strong>si</strong>one, in merito al suo “tradimento”: “Non mi sono mai sottomesso al Governo<br />

italiano: con esso ho avuto solo delle conver<strong>sa</strong>zioni”. Il sospetto che questa affermazione<br />

poggi su una realtà che veni<strong>va</strong> riconosciuta e condivi<strong>sa</strong> <strong>si</strong>a <strong>da</strong>gli italiani che <strong>da</strong>i beduini ci<br />

viene nel momento in cui scopriamo che durante il processo, il pubblico ministero<br />

Bedendo, 0 nel corso della propria arringa assolutamente polemica e tendenzio<strong>sa</strong>, <strong>non</strong><br />

respinse apertamente queste parole di al­Mukhtàr: semplicemente evitò di entrare nel<br />

merito dell’argomento. Ma proprio in questa affermazione, che la pubblica accu<strong>sa</strong> <strong>non</strong> fu<br />

mai in grado di smentire, sta l’accu<strong>sa</strong> di tradimento con la quale <strong>si</strong> procedette<br />

all’impiccagione.<br />

Nel pomeriggio del 15 settembre, nell’aula del tribunale a Benga<strong>si</strong>, gremita di militari<br />

italiani e “sottomes<strong>si</strong>” ha dunque inizio il procedimento, il p.m. Bedendo preci<strong>sa</strong> la sua<br />

linea di attuazione assolutamente fascista sottolineando che “la politica di altri tempi era<br />

tramontata” e che il risultato del processo e quindi la sorte di Omar al­Mukhtàr “<strong>dove</strong><strong>va</strong><br />

0 La cattura di Omar al­Mukhtàr, in “Il Mes<strong>sa</strong>ggero” 16 settembre 1931, di dichiarazioni <strong>si</strong>mili era zeppa la stampa<br />

italiana di quei giorni.<br />

0 Rainero R., op. cit. pag. 238.<br />

0 L’avv. militare Giuseppe Bedendo fu il vero protagonista del processo: cominciò il proprio intervento ricor<strong>da</strong>ndo che<br />

lo stesso 15 settembre ricorre<strong>va</strong> il genetliaco del Principe di Piemonte il che gli diede occa<strong>si</strong>one di far<strong>si</strong> interprete “del<br />

sentimento della popolazione” e di gri<strong>da</strong>re “il suo più fervido alalà”, mentre qualche anno dopo diede alle stampe un<br />

libro <strong>da</strong>l titolo Le gesta e la politica del generale Graziani, Roma, CESA, 1936, un poema in romanesco per celebrare<br />

processo e fine di Omar al – Mukhtàr.<br />

135


<strong>da</strong>re il senso di questa nuo<strong>va</strong> svolta imperiale” 0 , per poi lasciar<strong>si</strong> an<strong>da</strong>re a trivialità e<br />

<strong>sa</strong>rcasmi nei confronti dell’imputato elencando i capi d’accu<strong>sa</strong>. L’in<strong>si</strong>eme del processo sta<br />

in questa arringa polemica che rivela lo spirito coloniale del fascismo fatto di denigrazione<br />

e insulto per il nemico definito “<strong>non</strong> un combattente ma un bandito” e che avvia il<br />

procedimento ad essere “regolare” nella misura prevista <strong>da</strong> Badoglio.<br />

Il difensore d’ufficio che viene assegnato a Omar al – Mukhtàr, il capitano Lontano, riuscì<br />

a centrare una sola volta il nocciolo della questione della re<strong>sa</strong> concor<strong>da</strong>ta con le autorità<br />

italiane. Siccome alla sottomis<strong>si</strong>one era direttamente connesso il pagamento di men<strong>si</strong>lità<br />

<strong>da</strong> parte del governo italiano al “sottomesso”, la risposta che l’imputato dà alla preci<strong>sa</strong><br />

doman<strong>da</strong> del suo difensore, e cioè di <strong>non</strong> aver mai percepito denaro <strong>da</strong>l Governo, è<br />

determinante ai fini del chiarimento della vicen<strong>da</strong> e mette in imbarazzo chi sostene<strong>va</strong> la<br />

te<strong>si</strong> del “tradimento”. Il capitano Lontano chiese le circostanze attenuanti per al­Mukhtàr<br />

“tenendo conto dell’età e del suo fanatismo religioso” ma la sua appas<strong>si</strong>onata dife<strong>sa</strong> <strong>non</strong><br />

<strong>sa</strong>lvò il suo difeso <strong>da</strong>lla pena capitale e anzi gli fruttò dieci giorni di arresti di rigore per<br />

aver pronunciato “la dife<strong>sa</strong> con tono apologetico in contrasto con la figura del reo e colle<br />

particolari condizioni di luogo e di ambiente in cui <strong>si</strong> svolge<strong>va</strong> il dibattito…”. 0<br />

5.4 L’impiccagione<br />

La sentenza di pena di morte, che venne decretata dopo solo mezz’ora di camera di<br />

con<strong>si</strong>glio ci pare la logica conclu<strong>si</strong>one di un procedimento giudiziario far<strong>sa</strong>, <strong>non</strong> essendo<strong>si</strong><br />

mai sottomesso Omar al­Mukhtàr <strong>non</strong> pote<strong>va</strong> essere accu<strong>sa</strong>to di tradimento ma <strong>dove</strong><strong>va</strong><br />

essere con<strong>si</strong>derato un prigioniero di guerra. 0 Non ci <strong>si</strong> pote<strong>va</strong> aspettare rispetto della<br />

legge <strong>da</strong> parte delle autorità fasciste: Omar <strong>non</strong> nega<strong>va</strong> di aver diretto la ribellione ma<br />

ritene<strong>va</strong> fosse suo preciso <strong>dove</strong>re verso i propri capi senus<strong>si</strong>ti e la patria, la propagan<strong>da</strong><br />

fascista e la storiografia coloniale lo presentarono invece sempre come “un capo ribelle<br />

reo confesso di ogni capo d’accu<strong>sa</strong>” 0 . La mede<strong>si</strong>ma premura con cui le autorità decisero<br />

ed attuarono la sentenza di morte è <strong>si</strong>gnificati<strong>va</strong> di quanto questo procedimento penale<br />

0 Rainero R., op. cit. pag. 239.<br />

0 La punizione risulta <strong>da</strong> una circolare del colonnello Na<strong>si</strong>, vice di Graziani, che il 12 novembre 1931 comunica<strong>va</strong> una<br />

serie di provvedimenti pre<strong>si</strong>, a titolo di ammonimento, verso alcuni colleghi. Pur <strong>non</strong> portando il nome del cap.<br />

Lontano gli è <strong>si</strong>curamente attribuibile, <strong>non</strong> risultando nessun altro processo a capi senus<strong>si</strong>ti nello stesso periodo. ACS,<br />

Fondo Graziani, 6/11/1.<br />

0 De Leone E., op. cit. Pag. 559.<br />

0 Tro<strong>va</strong><strong>si</strong> sempre nella circolare con cui venne punito il difensore d’ufficio cap. Lontano. ACS, Fondo Graziani, 6/11/1.<br />

136


<strong>si</strong>a stato istituito unicamente per “<strong>da</strong>re il senso della nuo<strong>va</strong> svolta imperiale” del fascismo<br />

italiano – come ribadisce il p.m. Bedendo a principio della propria arringa ­ e l’esecuzione<br />

diviene quindi occa<strong>si</strong>one per l’enne<strong>si</strong>ma coreografia di regime. La cornice di estrema<br />

povertà morale dei funzionari italiani contrasta e offende il contegno dignitoso e nobile di<br />

Omar al­Mukhtàr e viene ben esemplificata nell’unica immagine fotografica del Leone del<br />

deserto che ci è pervenuta e che il film riproduce piuttosto fedelmente: di questa<br />

immagine colpisce <strong>non</strong> tanto la figura vestita di bianco del vecchio Omar in catene, quanto<br />

invece l’alto numero di funzionari e militari italiani che gli <strong>si</strong> accalcano attorno an<strong>si</strong>o<strong>si</strong> di<br />

essere presenti a questo evento storico e di poter essere visti <strong>da</strong>i posteri nella fotografia.<br />

Dinnanzi a ventimila deportati (Graziani parla di notabili intendendo i capi tribù prigionieri)<br />

convocati per l’occa<strong>si</strong>one, alle 9 della mattina il 16 settembre 1931 a Soluch Omar al­<br />

Mukhtàr veni<strong>va</strong> impiccato 0 , secondo le dichiarazioni di Graziani affrontò la con<strong>da</strong>nna con<br />

“contegno coerente, fermo e deciso” e aggiunge che “l’impres<strong>si</strong>one prodotta fu enorme”. 0<br />

L’Italia fascista, neppure sfiorata <strong>da</strong> dubbi relativi a questo gesto, porta<strong>va</strong> a<strong>va</strong>nti la sua<br />

politica di repres<strong>si</strong>one con una vendetta assolutamente controproducente: <strong>non</strong>ostante le<br />

fanta<strong>si</strong>ose anali<strong>si</strong> dello spirito cirenaico fatte <strong>da</strong> Graziani 0 la dignità con cui Omar affrontò<br />

la morte lo trasformò in un martire dell’indipendenza araba e della fede islamica, motivi<br />

che in gran parte hanno ispirato pure il film LION OF THE DESERT.<br />

La morte di Omar al­Mukhtàr aggravò la <strong>si</strong>tuazione della guerriglia, pri<strong>va</strong>ndola del suo<br />

capo nel momento in cui il completamento del reticolato confinario chiude<strong>va</strong><br />

definiti<strong>va</strong>mente ogni traffico tra Egitto e Gebel. Per approfittare del disorientamento<br />

prodotto <strong>da</strong>lla morte di Omar, Graziani emanò un bando in cui promette<strong>va</strong> il perdono a chi<br />

<strong>si</strong> fosse sottomesso, ma <strong>non</strong> ebbe successo: la fine della re<strong>si</strong>stenza venne <strong>da</strong>lla assoluta<br />

mancanza di rifornimenti e <strong>da</strong>lla distanza creata tra combattenti e popolazione: le<br />

deportazioni, le morti nei campi di concentramento e la moria del bestiame ave<strong>va</strong>no<br />

distrutto la società del Gebel e il 24 gennaio 1932 Graziani pote<strong>va</strong> diffondere un ordine<br />

del giorno in cui <strong>si</strong> dichiara<strong>va</strong> la fine della ribellione 0 .<br />

0 Negli atti ufficiali e nella stampa <strong>non</strong> <strong>si</strong> parla mai chiaramente di impiccagione ma di con<strong>da</strong>nna a morte secondo gli<br />

u<strong>si</strong> locali, che invece era la pena capitale prevista <strong>da</strong>ll’Italia in colonia.<br />

0 Entrambe le citazioni sono in Graziani, op. cit. pag. 273.<br />

0 “Le genti cirenaiche, nomadi o no, a ribellione finita, svincolate <strong>da</strong>lla inesorabile legge di omertà che loro<br />

incombe<strong>va</strong>, bollarono Omar el Muktar di infamia: quest’uomo che più di tutti ave<strong>va</strong> sfruttato l’ignoranza, il fatalismo<br />

e l’e<strong>sa</strong>ltazione dei suoi correligionari, seminando al suo pas<strong>sa</strong>ggio, ovunque e senza pietà, morte e distruzione”<br />

Graziani op. cit. p. 275.<br />

0 Badoglio scrisse a Graziani già il 7 gennaio 1932 ma ordinò che venisse <strong>da</strong>ta diffu<strong>si</strong>one al testo dell’o.d.g. solo il 24.<br />

137


“Il momento deci<strong>si</strong>vo della repres<strong>si</strong>one ­ scrive Rochat – fu lo sgombero delle genti e delle<br />

greggi <strong>da</strong>ll’altopiano: quando fu completato, Omar al­Mukhtàr e i suoi <strong>si</strong> tro<strong>va</strong>rono a<br />

combattere su un terreno ben noto, ma divenuto estraneo perché privo di vita, in cui <strong>non</strong><br />

ave<strong>va</strong>no più radici e <strong>da</strong> cui <strong>non</strong> pote<strong>va</strong>no più trarre nulla. Pri<strong>va</strong>ta della sua base di popolo,<br />

la guerriglia senus<strong>si</strong>ta era destinata a finire rapi<strong>da</strong>mente”. 0<br />

0 G. Rochat op. cit. p. 155.<br />

138


III° parte: Il presente che produce<br />

CAP. 6<br />

LA SPONDA DI GHEDDAFI<br />

6.1 Libia felix: Ghed<strong>da</strong>fi<br />

Le relazioni economiche e diplomatiche tra Italia e Libia stanno pas<strong>sa</strong>ndo un momento di<br />

“luna di miele”. La diplomazia italiana è stata in prima linea nell’agevolare il ritorno della<br />

sua ex colonia sullo scenario internazionale: può senz’altro <strong>va</strong>ntar<strong>si</strong> di aver contribuito allo<br />

sblocco dell’affaire Lockerbie 0 , e più in generale, all’apertura della Libia al termine delle<br />

<strong>sa</strong>nzioni internazionali decretate <strong>da</strong>lle Nazioni Unite fin <strong>da</strong>l 1992. Ghed<strong>da</strong>fi ha inoltre<br />

dimostrato la sua buona volontà prendendo una netta po<strong>si</strong>zione antiterrorismo nel clima<br />

post 11 settembre e partecipando agli interventi per la ricostruzione in Afghanistan e la<br />

cau<strong>sa</strong> palestinese 0 .<br />

Il petrolio libico copre un terzo del fabbisogno italiano e sempre più aziende riscoprono gli<br />

affari nell’ex “Quarta spon<strong>da</strong>”. Eppure tutto questo <strong>non</strong> crea scambi culturali soddisfacenti<br />

tra le due società, come se e<strong>si</strong>stessero sedimentate diffidenze e una insuperabile<br />

indifferenza che <strong>non</strong> permettono di an<strong>da</strong>re al di là di una curio<strong>si</strong>tà turistica molto di mo<strong>da</strong><br />

alimentata <strong>da</strong> esotismo a basso costo.<br />

Con la leadership di Ghed<strong>da</strong>fi la Libia oggi arri<strong>va</strong> a otto miliardi di dollari all’anno in entrate<br />

petrolifere, ma per l’autore del Libro Verde la sfi<strong>da</strong> attuale è ancora politica: riuscire a fare<br />

della Libia un argine contro il fon<strong>da</strong>mentalismo islamico, un paese che pos<strong>sa</strong> aspirare a<br />

gui<strong>da</strong>re le nazioni africane sulla stra<strong>da</strong> verso la modernizzazione 0 , in una parola erger<strong>si</strong> a<br />

0 Saif Al Islam Ghed<strong>da</strong>fi, figlio trentunenne del leader libico, <strong>da</strong> molti indicato come pos<strong>si</strong>bile successore, ha creato un<br />

fondo per ri<strong>sa</strong>rcire le famiglie delle vittime dell’attentato di Lockerbie contro il jumbo Pan Am, la co<strong>sa</strong> ha aperto la<br />

stra<strong>da</strong> alla revoca di alcune <strong>sa</strong>nzioni e un riavvicinamento con gli Stati Uniti. In Afrique Magazine, ottobre 2003,<br />

riportato <strong>da</strong> Internazionale, 511, 24 ottobre 2003, pag. 55.<br />

0 Negli ultimi anni la Libia <strong>si</strong> è <strong>da</strong>ta un gran <strong>da</strong>ffare per uscire <strong>da</strong>l novero delle “nazioni canaglia”, proponendo<strong>si</strong> come<br />

interlocutore privilegiato tra mondo occidentale e mondo islamico: nel 2000 la mediazione libica ottenne il rilascio di<br />

alcuni europei rapiti <strong>da</strong>l gruppo terroristico Abu Sayyaf nelle Filippine (Internazionale, 511, 24 ottobre 2003, pag. 55),<br />

nel 1999, mentre <strong>si</strong> defini<strong>va</strong> l’affaire Lockerbie con la consegna alla giustizia internazionale degli attentatori, Ghed<strong>da</strong>fi<br />

<strong>si</strong> dice<strong>va</strong> disposto a mettere a dispo<strong>si</strong>zione degli Stati Uniti i propri servizi segreti per eliminare O<strong>sa</strong>ma bin Laden. Di<br />

E. Franceschini Tutta un’altra storia. Se <strong>non</strong> fosse stato per questi tre <strong>si</strong>gnori, in “Il Venerdì”, supplemento al numero<br />

di “La Repubblica” del 25 aprile 2003, pag. 52 e ss.<br />

0 Per una panoramica delle iniziative libiche in seno all’Unione Africana ve<strong>da</strong><strong>si</strong> A. Del Boca, Ghed<strong>da</strong>fi, una sfi<strong>da</strong> <strong>da</strong>l<br />

deserto, Laterza, Roma­Bari, 1998, pag. 323 e ss.<br />

139


“difensore dell’Occidente”; quand’era ancora sotto embargo, Ghed<strong>da</strong>fi ne ave<strong>va</strong> già<br />

coscienza e afferma<strong>va</strong>:<br />

“Il mondo occidentale sta sbagliando tutto, se crollo io, il Mediterraneo diverrà un mare<br />

in<strong>si</strong>curo e l’Europa conterà i morti (…) Se la rivoluzione libica cadesse in mano agli<br />

islamisti, i fon<strong>da</strong>mentalisti potrebbero dominare tutto il Nord Africa. (…) Sarebbero<br />

minacciate Grecia, Spagna e Italia. In Albania potrebbe scoppiare una rivoluzione<br />

islamica. In Bosnia <strong>sa</strong>rebbe aperta la caccia al cristiano” 0 e, sempre nella stes<strong>sa</strong><br />

intervista, centra<strong>va</strong> il nocciolo di una questione strettamente attuale, riflettendo sul ruolo<br />

“planetario” degli Stati Uniti: “Chiunque <strong>si</strong> oppone a dio diventa un diavolo e deve essere<br />

punito. Ma io mi chiedo: chi è <strong>da</strong>vvero il diavolo? Noi che re<strong>si</strong>stiamo o loro che ci<br />

aggrediscono?”.<br />

Ghed<strong>da</strong>fi continua a criticare, ed è difficile <strong>da</strong>rgli torto, le scelte fatte <strong>da</strong>lle amministrazioni<br />

americane di alimentare, fin <strong>da</strong>gli anni Cinquanta, il fon<strong>da</strong>mentalismo islamico nell’intento<br />

di indebolire i nazionalismi progres<strong>si</strong>sti come il suo, che <strong>si</strong> ispira<strong>va</strong>no al modello<br />

nasseriano, a suo tempo sostenuto <strong>da</strong>ll’Unione Sovietica. Sono gli stes<strong>si</strong> fon<strong>da</strong>mentalisti<br />

che oggi provocano grosse preoccupazioni agli Stati Uniti e sembrano voler spingere il<br />

mondo verso uno “scontro fra civiltà”, e il leader libico, nella <strong>si</strong>tuazione contingente, <strong>si</strong><br />

rende conto che deve neces<strong>sa</strong>riamente rinunciare al ruolo di rivoluzionario permanente e<br />

planetario con cui il mondo lo ha conosciuto e <strong>da</strong>re pro<strong>va</strong> di agire come uomo di stato<br />

respon<strong>sa</strong>bile.<br />

Ma l’uomo venuto <strong>da</strong>l deserto trent’anni fa, ha gui<strong>da</strong>to quella che veni<strong>va</strong> definita “nuo<strong>va</strong><br />

generazione” di rivoluzionari arabi, cresciuti all’ombra delle gesta di Nasser e<br />

straordinariamente puri, in lotta contro il nemico mortale: l’imperialismo che vole<strong>va</strong> pri<strong>va</strong>rli<br />

della loro identità di musulmani, di africani. Ci tengono a far <strong>sa</strong>pere che dietro la loro<br />

conquista del potere <strong>non</strong> c’è nessun piano ideologicamente definito, se <strong>non</strong> la liberazione<br />

del popolo libico <strong>da</strong>lla disuguaglianza, <strong>da</strong>ll’arretratezza e <strong>da</strong>lla corruzione che il neo ­<br />

colonialismo sta provocando. In questo senso la riuscita del colpo di Stato e la leadership<br />

del colonnello sono in perfetta linea con la tradizione beduina e islamica, in una parola<br />

sono dovute unicamente al destino: “In verità io <strong>non</strong> mi aspettavo di diventare capo. Sono<br />

0 Dall’intervista conces<strong>sa</strong> <strong>da</strong> Ghed<strong>da</strong>fi a Pino Buongiorno e Maurizio Molinari, Ghed<strong>da</strong>fi: Io, difensore dell’Occidente,<br />

su “Panorama” 27 febbraio 1997.<br />

140


stati gli avvenimenti che mi hanno fatto scoprire me stesso. Mi tocca ora un compito<br />

arduo, ma credo tuttavia di poterlo assolvere, perché questo è il mio <strong>dove</strong>re e anche il mio<br />

destino”. 0<br />

Ghed<strong>da</strong>fi, per la sua condotta di vita e per il suo rigore morale, è certamente un esempio<br />

per i suoi compagni di lotta negli anni della cospirazione contro re Idris, e una gui<strong>da</strong> certa<br />

per il suo popolo che all’indomani della rivoluzione accetta senza discutere la sua<br />

supremazia. I suoi occhi trasmettono energia e pas<strong>si</strong>one, le sue capacità retoriche<br />

convincono ed incantano, egli pos<strong>si</strong>ede, come a suo tempo Omar al­Mukhtàr 0 , la baraka,<br />

una sorta d’investitura e di benedizione divina, un carisma al quale <strong>non</strong> <strong>si</strong> può re<strong>si</strong>stere. E<br />

in effetti <strong>da</strong>l vecchio patriota cirenaico Ghed<strong>da</strong>fi fa il pieno di tematiche beduine (religione,<br />

destino, deserto) per legittimare la propria azione di governo e <strong>da</strong>re un’identità nazionale<br />

a un paese in cui manca una concezione laica del potere (Idris era il Gran Senusso prima<br />

che essere re) e una società <strong>non</strong> integrata dovuta a una millenaria contrappo<strong>si</strong>zione tra<br />

popolazioni costiere stanziali e i nomadi dell’interno.<br />

Ghed<strong>da</strong>fi continua a vivere in una ten<strong>da</strong> e solo lì <strong>si</strong> tro<strong>va</strong> suo agio, nel microcosmo del<br />

villaggio, <strong>da</strong> sempre tranquillo, pulito e omogeneo. Ghed<strong>da</strong>fi è un beduino, e quindi odia<br />

le città affollate di mercanti avidi, burocrati ozio<strong>si</strong> e perditempo, le città che definisce<br />

“nemiche dell’agricoltura, perché costruite su terreno colti<strong>va</strong>bile, spogliato di alberi <strong>da</strong><br />

frutta” 0 , e avverte i libici: “Voi potete abbandonare tutto <strong>sa</strong>lvo la terra. Non c’è che la terra<br />

di cui <strong>non</strong> <strong>si</strong> pos<strong>sa</strong> fare a meno. Se voi distruggete qualche altra co<strong>sa</strong>, può <strong>da</strong>r<strong>si</strong> che <strong>non</strong><br />

perdiate nulla. Ma fate attenzione a <strong>non</strong> distruggere la terra perché perderete tutto. (…)<br />

<strong>Quando</strong> noi bitumiamo la terra o la ricopriamo di selciati, noi la uccidiamo impedendole di<br />

essere fertile e utile. (…) Il paradiso è stato fatto di alberi, <strong>non</strong> di strade o marciapiedi, di<br />

piazze pubbliche, di fabbricati” 0 . Il colonnello <strong>si</strong> sente gui<strong>da</strong> ed educatore del suo popolo e<br />

utilizza una forma di comunicare che trae origine <strong>da</strong>lla cultura popolare tradizionale: le<br />

favole, per trasmettere il proprio mes<strong>sa</strong>ggio e articolare il proprio discorso su cadenze<br />

profetiche con l’intenzione di indurre alla rifles<strong>si</strong>one, al miglioramento e all’educazione. Si<br />

scaglia contro i nemici mortali del popolo libico: l’integralismo arabo, gli europei pu<strong>si</strong>llanimi<br />

e gli americani arroganti ma con la sua rivoluzione <strong>non</strong> è riuscito a cambiare i libici quanto<br />

0 Bartholani Daniel Lybie: les incorruptibles au pouvoir, Le Monde, 13 dicembre 1969.<br />

0 Vedi nel presente lavoro 3.4 Sidi Umar al –Mukhtàr.<br />

0 Ghed<strong>da</strong>fi ha pubblicato anche delle raccolte di novelle pubblicate in francese : Mouamar Kadhafi, Escapade en enfer<br />

et autres nouvelles, Favre, Lau<strong>sa</strong>nne, 1996, pag 36..<br />

0 Ivi. pag. 27.<br />

141


avrebbe voluto, il Leader è stanco e deluso dei suoi compatrioti: “I principi contenuti nel<br />

Libro Verde sono ovviamente dei principi utopistici. Se però la mia gente li avesse<br />

adottati, oggi vivremmo in un mondo più felice, più verde. Ma è difficile, (…) di<br />

conseguenza il nostro mondo è ancora, purtroppo, di colore nero” 0 . Però <strong>non</strong> <strong>si</strong> arrende e<br />

continua ad esortarli a <strong>non</strong> abbandonare le poche terre fertili per as<strong>si</strong>epar<strong>si</strong><br />

tumultuo<strong>sa</strong>mente nelle città, <strong>dove</strong> molti di es<strong>si</strong> diventeranno inevitabilmente “paras<strong>si</strong>ti,<br />

disoccupati, mendicanti”. Continua ad essere un esempio di rigore morale per il suo<br />

popolo, come lo è stato fin <strong>da</strong>ll’inizio. E tutta la sua azione politica è stata fin <strong>da</strong> principio<br />

indirizzata alla risoluzione di problemi pratici con la semplicità e schiettezza del beduino,<br />

per questo “bacchetta” i suoi connazionali quando rivelano le stesse, banali,<br />

preoccupazioni consumistiche dell’Occidente.<br />

Del recupero dell’identità culturale beduina, semplice e senza compromes<strong>si</strong>, fa la propria<br />

bandiera ideologica: la Libia che Ghed<strong>da</strong>fi <strong>si</strong> ritrovò nel 1969 all’indomani della<br />

rivoluzione, era pri<strong>va</strong> di ba<strong>si</strong> storiche su cui costruire un regime nazionale, per questo, per<br />

<strong>da</strong>re un fon<strong>da</strong>mento alla ricostruzione sociale che sta<strong>va</strong> operando, ha mescolato un<br />

orientamento ideologico panarabo, islamico e propenso all’internazionalismo<br />

rivoluzionario, fin <strong>da</strong>ll’inizio ha comunque gettato le ba<strong>si</strong> per un regime autoritario e<br />

populista con una forte connotazione religio<strong>sa</strong> 0 , attribuendo all’Islam la funzione di unità,<br />

identità e liberazione del paese. Ghed<strong>da</strong>fi <strong>non</strong> trascura nessuno degli elementi che<br />

caratterizzano il ritorno dell’Islam e alle sue fonti: adozione del Corano come legge della<br />

società, (anche se la shari’a, la legge islamica, <strong>non</strong> viene applicata ma serve solo <strong>da</strong><br />

deterrente) e una rilettura del testo <strong>sa</strong>cro con l’obiettivo di individuarvi gli strumenti per<br />

edificare il nuovo stato e garantire legittimità al nuovo regime. Questa è la preoccupazione<br />

che giustifica il grande attivismo del dittatore libico: se l’ispirazione divina (baraka) gli ha<br />

permesso di diventare il Leader e di prendere il potere <strong>non</strong> è detto che tutti i libici<br />

accettino il piano di rifon<strong>da</strong>zione sociale che ha in mente per la Libia, qualcuno potrebbe<br />

chieder<strong>si</strong> se il 1° settembre 1969 ci <strong>si</strong>a stata una rivoluzione libertaria ed espres<strong>si</strong>one del<br />

popolo o un golpe, che ha solo rinno<strong>va</strong>to il gruppo al potere. Per questo Ghed<strong>da</strong>fi as<strong>si</strong>mila<br />

al proprio potere personale un <strong>si</strong>mbolo panarabo la cui popolarità in Libia è fuori<br />

discus<strong>si</strong>one: Omar al­Mukhtàr.<br />

0 Del Boca A., Ghed<strong>da</strong>fi, una sfi<strong>da</strong> del deserto, Laterza, Roma – Bari, 2001, pag. 310<br />

0 L’art. 2 del cap. I della Costituzione provvisoria dell’11 dicembre 1969 definisce l’Islam religione di Stato.<br />

142


Re Idris, il vecchio sovrano, vive<strong>va</strong> lontano <strong>da</strong>i suoi sudditi immerso nelle preghiere<br />

piuttosto che negli affari di stato. Ghed<strong>da</strong>fi <strong>non</strong> può dimenticare i racconti di guerra del<br />

padre in cui il Gran Senusso figura come un collaborazionista 0 , un servo degli italiani, ma<br />

soprattutto <strong>non</strong> dimentica che re Idris ha ceduto agli ingle<strong>si</strong> l’uso di alcune ba<strong>si</strong> aeree,<br />

na<strong>va</strong>li e terrestri in Cirenaica e Tripolitania 0 e agli americani la grande base aerea di<br />

Wheelus Field, alle porte di Tripoli, mentre in Egitto Nasser <strong>si</strong> batte<strong>va</strong> per la totale ed<br />

effetti<strong>va</strong> indipendenza dell’Africa e nel ’56 0 sfi<strong>da</strong><strong>va</strong> Francia e Inghilterra nazionalizzando lo<br />

stretto di Suez perché “il destino di 200 milioni di africani è ancora in mano ai 5 milioni di<br />

bianchi che li governano” 0 .<br />

Mentre re Idris era diventato un fantoccio manovrato <strong>da</strong>lle potenze imperialistiche,<br />

Ghed<strong>da</strong>fi vuol <strong>da</strong>re l’idea che con il colpo di stato le redini della Libia <strong>si</strong>ano finalmente<br />

giunte in mano ai patrioti, che la lotta condotta contro i Senus<strong>si</strong> compromes<strong>si</strong> con gli<br />

stranieri, altro <strong>non</strong> <strong>si</strong>a che la naturale prosecuzione di quella che Omar al­Mukhtàr<br />

condusse contro gli in<strong>va</strong>sori italiani e che il proprio incarico <strong>si</strong>a unicamente espres<strong>si</strong>one<br />

del potere che gli deri<strong>va</strong> direttamente <strong>da</strong>l popolo.<br />

6.2 Gli occhiali del Leone del Deserto<br />

“Ho voluto mostrare alla gio<strong>va</strong>ne generazione araba che il cinema è un mezzo per<br />

glorificare il pas<strong>sa</strong>to pen<strong>sa</strong>ndo all’avvenire”. 0 Data questa premes<strong>sa</strong> l’incontro tra<br />

Ghed<strong>da</strong>fi e Moustapha Akkad sembra<strong>va</strong> inevitabile, e che potesse risultare soddisfacente<br />

per entrambi: all’inizio della sua carriera Akkad produsse e diresse “The Mes<strong>sa</strong>ge” (1977),<br />

un film che racconta la storia della nascita dell’Islam e rappresenta i musulmani come eroi,<br />

succes<strong>si</strong><strong>va</strong>mente, nella figura del leader Beduino Omar al­Mukhtàr tro<strong>va</strong> il <strong>si</strong>mbolo, di<br />

grande attualità, della re<strong>si</strong>stenza araba contro l’imperialismo occidentale. Coniugare la<br />

0 Dopo il patto di Acroma, sottoscritto tra Italia e Senus<strong>si</strong>a nell’aprile 1917, il gran Senusso Idris ebbe la supremazia per<br />

l’investitura sulla fazione che face<strong>va</strong> capo a Ahmed esc­Sherif. Adoperò il proprio prestigio per collaborare con gli<br />

Italiani al di<strong>sa</strong>rmi dei seguaci di esc­Sherif. A. Del Boca, Italiani in Libia, Tripoli bel suol d’amore 1860 ­ 1922,<br />

Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1993, pag. 340.<br />

0 Ghed<strong>da</strong>fi e suoi erano persua<strong>si</strong> che le ba<strong>si</strong> libiche affittate agli ingle<strong>si</strong> fossero state u<strong>sa</strong>te come appoggio <strong>da</strong>gli<br />

israeliani per distruggere l’aviazione egiziana durante la “Guerra dei Sei Giorni” del giugno 1967.<br />

0 Preci<strong>sa</strong>mente il 29 ottobre 1956 una coalizione anglo­franco­i<strong>sa</strong>eliana attaccò l’Egitto con l’intenzione di riappropria<strong>si</strong><br />

del canale di Suez.<br />

0 Discorso di Nasser del 22 luglio 1959, in occa<strong>si</strong>one del 7° anniver<strong>sa</strong>rio della rivoluzione egiziana, in L’Afrique <strong>da</strong>ns<br />

les déclarations du Pré<strong>si</strong>dent Gamal Abdel Nasser, Administration de l’Information, Le Caire, 1964, pag. 9.<br />

0 Dichiarazione di Moustapha Akkad, riportata in A. Del Boca, Chi ha paura di Omar?, in “Il Mes<strong>sa</strong>ggero” 14 marzo<br />

1983.<br />

143


figura del vecchio eroe a ca<strong>va</strong>llo con quella del Libero Ufficiale che gui<strong>da</strong> la rivoluzione<br />

libica risultò una operazione di grande facilità.<br />

Moustapha Akkad respinge ogni implicazione politica al proprio lavoro dichiarando che<br />

LION OF THE DESERT “<strong>non</strong> è un film politico, è la grande avventura di un uomo 0 ”. E<br />

ribadisce, provocatoriamente, la propria libertà creati<strong>va</strong> <strong>non</strong>ostante le inevitabili pres<strong>si</strong>oni<br />

che, immaginiamo, debba aver ricevuto <strong>da</strong> un finanziatore così politicamente esposto, alla<br />

cui leadership face<strong>va</strong> <strong>si</strong>curamente comodo un film a uso propagandistico interno: “Non ho<br />

avuto scrupoli morali ad accettare denaro <strong>da</strong> Ghed<strong>da</strong>fi. Tutto dipende <strong>da</strong> ciò che ne faccio<br />

io. Se avesse posto delle condizioni… se aves<strong>si</strong> dovuto servire il suo regime, alla fine lui<br />

avrebbe voluto fare un film su di sé e sulla sua rivoluzione. Mi sono rifiutato. Non mi<br />

importa <strong>da</strong> <strong>dove</strong> giungano i finanziamenti. E’ quello che ci fai. Posso tro<strong>va</strong>re denaro<br />

ovunque. (…) Prenderei soldi pure <strong>da</strong> O<strong>sa</strong>ma bin Laden. Ma co<strong>sa</strong> poi ci faccio, questo è<br />

quello che conta. Vorrei correggere la sua prospetti<strong>va</strong> e il suo approccio animalesco verso<br />

la religione” 0 .<br />

“Fu facile avere il denaro <strong>da</strong> Ghed<strong>da</strong>fi per LION OF THE DESERT. Finalmente avevo<br />

delle credenziali. E il soggetto riguar<strong>da</strong><strong>va</strong> l’occupazione italiana della Libia. Ebbi la libertà<br />

di lavorare con tutti i materiali disponibili. Non era un film di argomento religioso, <strong>dove</strong> <strong>non</strong><br />

puoi mostrarlo, <strong>non</strong> puoi dirlo…, andò male al box office poiché ci <strong>da</strong>nneggiò rendere nota<br />

la vicinanza di Ghed<strong>da</strong>fi. Venne strumentalizzato politicamente. Le critiche erano buone.<br />

Io credo nel pubblico, se l’audience <strong>non</strong> viene, io <strong>non</strong> posso spingere il film più di tanto. In<br />

più abbiamo avuto difficoltà a tro<strong>va</strong>re un distributore a cau<strong>sa</strong> sempre di Ghed<strong>da</strong>fi, i<br />

pregiudizi e tutto il resto… lo distribuì la United Artists, all’incirca nel periodo della debacle<br />

di “Heavens Gate” di Cimino” 0 .<br />

Nonostante la <strong>va</strong>stità della ricostruzione storico – politica, nella narrazione della storia<br />

fatta <strong>da</strong>l film, rimangono impigliati alcuni indizi a testimoniare che Akkad <strong>si</strong> è invece<br />

piegato alle e<strong>si</strong>genze della propagan<strong>da</strong>, dimenticando<strong>si</strong> talvolta della verità storica. La<br />

rivoluzione di Ghed<strong>da</strong>fi negò e cancellò il ruolo che la Senus<strong>si</strong>a ricoprì nel corso della<br />

guerra contro gli Italiani perché la stes<strong>sa</strong> confraternita era diventata il principale supporto<br />

del regno di Idris, che venne spazzato via <strong>da</strong>l colpo di Stato del 1 settembre 1969. Il<br />

nuovo corso politico però <strong>non</strong> pote<strong>va</strong> ignorare una figura di indubbia fama e rispetto per<br />

0 Del Boca A., Chi ha paura di Omar?, in “Il Mes<strong>sa</strong>ggero” 14 marzo 1983.<br />

0 Intervista rilasciata a www.lukeford.net /profiles/profiles/Moustapha_akkad.htm il 26 marzo 2002.<br />

0 Ivi.<br />

144


tutto il <strong>da</strong>r al Islam (il mondo musulmano) quale quella di Omar al­Mukhtàr, che però fu<br />

sempre uomo della Senus<strong>si</strong>a e agì come emis<strong>sa</strong>rio dello stesso Gran Senusso Idris,<br />

detronizzato <strong>da</strong> Ghed<strong>da</strong>fi nel ‘69. La funzione propagandistica del film è proprio di riuscire<br />

a ricucire con lo stesso filo le vicende di Sidi Umar e di Ghed<strong>da</strong>fi, dimostrando che il<br />

colonnello altri <strong>non</strong> è che il più autentico e meritevole seguace del leone del deserto. E’<br />

riallineare i due dimostrando che la lotta del colonnello contro Idris, re fantoccio delle<br />

potenze imperialiste, è la stes<strong>sa</strong> guerra di liberazione <strong>da</strong>gli in<strong>va</strong>sori che ha combattuto<br />

Omar al­Mukhtàr a suo tempo. La scena in cui Omar respinge e maledice Sharif el Gariani<br />

e gli altri senus<strong>si</strong>ti collaborazionisti serve a creare una frattura fra Omar al – Mukhtàr e la<br />

confraternita, se già durante il film la Senus<strong>si</strong>a è pressoché assente, <strong>da</strong> quel momento<br />

Omar <strong>non</strong> ha nulla con senus<strong>si</strong>ti, che <strong>da</strong>l quella sequenza escono come veri nemici del<br />

popolo, lo stesso Akkad rammenta che “dopo tutto Omar al­Mukhtàr <strong>non</strong> è un guerriero<br />

dell’anima ma un insegnante deciso a <strong>sa</strong>l<strong>va</strong>re il suo popolo <strong>da</strong>l totalitarismo”. 0<br />

Akkad investe Ghed<strong>da</strong>fi della baraka di Omar attraverso gli occhiali che il bambino Ali<br />

raccoglie al momento dell’esecuzione di al­Mukhtàr. La figura del piccolo Ali, che perde il<br />

padre guerrigliero al seguito di Omar, che viene consolato <strong>da</strong>llo stesso capo della<br />

re<strong>si</strong>stenza che gli affi<strong>da</strong> la madre ed il Corano che il padre porta<strong>va</strong> con sé in battaglia,<br />

incarna il “piccolo Ghed<strong>da</strong>fi” che forse a quell’epoca <strong>non</strong> era ancora nato ma di lì a<br />

qualche anno lo <strong>sa</strong>rà. La presenza del bambino mostra il carattere assolutamente<br />

popolare di Ghed<strong>da</strong>fi, la sua provenienza <strong>da</strong>l basso e la sua formazione all’ombra delle<br />

gesta e del mito di al­Mukhtàr. Il bambino ha poi una <strong>va</strong>lenza emoti<strong>va</strong> molto forte, in<br />

particolare quando <strong>si</strong> ha che fare con film di guerra, l’innocenza dei più piccoli stride<br />

accanto alle tragedie a cui sono costretti ad as<strong>si</strong>stere, ed in certa misura questo mette a<br />

tacere chi giudica il Leader un pazzo e un guerrafon<strong>da</strong>io: questa è l’infanzia che un<br />

qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> bambino beduino deve aver vissuto in quegli anni.<br />

Ali “gioca” con gli occhiali di Omar al­Mukhtàr, conosce Omar attraverso i suoi occhiali e<br />

comincia a prendere confidenza con questo oggetto strano e utile, che è qua<strong>si</strong> la secon<strong>da</strong><br />

anima di Omar. Lo scopriamo al colloquio con Graziani:<br />

0 A. Del Boca, Chi ha paura di Omar?, in “Il Mes<strong>sa</strong>ggero” 14 marzo 1983.<br />

145


­ Conosci questi occhiali? – dis<strong>si</strong> (è sempre Graziani a parlare in prima persona ndA)<br />

mostrandogli il suo astuccio argenteo.<br />

­ Sì, sono i miei, li ho perduti nel combattimento di Nadi es Sania.<br />

­ Da quel giorno – rispo<strong>si</strong> – io sono stato <strong>si</strong>curo che tu <strong>sa</strong>resti stato mio prigioniero.<br />

­ Mektub: era destino. Restituiscimeli, perché <strong>non</strong> ci vedo. Del resto è inutile, ­<br />

aggiunse – ora hai in mano me ed es<strong>si</strong> 0 .<br />

Quegli stes<strong>si</strong> occhiali, attraverso i quali <strong>si</strong> compie il destino di al­Mukhtàr e con i quali il<br />

piccolo Ali/Ghed<strong>da</strong>fi <strong>si</strong> avvicina ad Omar e a tutto ciò che egli rappresenta per i beduini<br />

della Cirenaica, costituiscono il veicolo cinematografico attraverso cui al­Mukhtàr<br />

trasferisce alla nuo<strong>va</strong> generazione la sua eredità di combattente. “Noi <strong>non</strong> ci arrenderemo<br />

mai. O vincere o morire. E la pros<strong>si</strong>ma generazione combatterà e la pros<strong>si</strong>ma… 0 ” Il<br />

piccolo Ali infatti raccoglie gli occhiali che sfuggono di mano al vecchio mujihaidin mentre<br />

viene impiccato e il regista in quel gesto inserisce una sorta di lezione di vita che Mukhtàr<br />

ha <strong>da</strong>to al suo popolo con la sua e<strong>si</strong>stenza ed il suo <strong>sa</strong>crificio. Adesso che gli Italiani<br />

hanno vinto eliminando Omar il suo popolo aspetta un nuovo liberatore. La figura di<br />

Ghed<strong>da</strong>fi <strong>si</strong> innesta in maniera preci<strong>sa</strong> in questo quadro: gli esponenti della famiglia<br />

Senus<strong>si</strong> <strong>si</strong> sono (nel film) già compromes<strong>si</strong> con gli in<strong>va</strong>sori e <strong>non</strong> hanno più diritto a<br />

reggere la Libia, infatti l’investitura con la quale Idris recupera il potere al termine della II<br />

guerra mondiale viene <strong>da</strong>gli anglo americani <strong>non</strong> <strong>da</strong>l popolo libico che ha subito la<br />

colonizzazione italiana prima e la guerra mondiale poi.<br />

Ghed<strong>da</strong>fi e il nazionalismo libico di cui <strong>si</strong> fa portavoce, e che spazzeranno via re Idris con<br />

l’operazione Geru<strong>sa</strong>lemme nel 1969 sono dunque gli unici ad avere diritto a governare il<br />

paese, perché sono gli unici a possedere quegli occhiali, sono gli unici ad essere stati<br />

“presenti” all’esecuzione, sono gli unici ad aver raccolto quell’eredità di beduino<br />

combattente per la fede che è la vera identità libica.<br />

Questa <strong>almeno</strong> l’ideologia che fa <strong>da</strong> gui<strong>da</strong> al pen<strong>si</strong>ero di Ghed<strong>da</strong>fi, che comunque<br />

commis<strong>si</strong>ona il film per e<strong>si</strong>genze interne, per <strong>non</strong> essere con<strong>si</strong>derato un usurpatore o uno<br />

dei numero<strong>si</strong> dittatori, ma per dimostrare che le idee nazionaliste che lo hanno gui<strong>da</strong>to<br />

0 R. Graziani, Pace romana in Libia, Mon<strong>da</strong>dori, 1936.<br />

0 Dal film, sono le parole che Omar dice a Graziani che gli chiede in quanti giorni egli <strong>si</strong>a in grado di far terminare la<br />

ribellione e vengono ripetute anche prima dello scorrere dei titoli di co<strong>da</strong>. In Pace romana in Libia, Graziani le riporta<br />

lievemente differenti, così: “(…) noi abbiamo giurato di morire tutti, uno per uno, ma <strong>non</strong> di sottometterci…”. Il<br />

riferimento alle generazioni di combattenti pronti al <strong>sa</strong>crificio che viene fatto nel film, ci pare un altro indizio di<br />

legittimazione del nazionalismo ghed<strong>da</strong>fiano.<br />

146


alla conquista del potere <strong>non</strong> sono invenzioni ma hanno nella vita dell’illustre antenato<br />

beduino un solido riferimento, la lotta di Ghed<strong>da</strong>fi contro gli stranieri è la continuazione di<br />

quella di Omar, e in questo caso è la realtà a battere il cinema: lad<strong>dove</strong> il film termina<strong>va</strong><br />

con la tragedia della morte dell’eroe ed il trionfo dei “mal<strong>va</strong>gi” italiani, la realtà ci mostra<br />

invece che <strong>da</strong>l <strong>sa</strong>ngue sparso <strong>da</strong>gli italiani, il nazionalismo arabo è rinato, ha preso vigore<br />

e oggi è una realtà che nessuno può ignorare: la Jamahiriyya.<br />

Per quel che riguar<strong>da</strong> Akkad, e del suo grande impegno nel divulgare l’Islam, dice che di<br />

<strong>non</strong> sentir<strong>si</strong> sminuito ad essere maggiormente conosciuto per i film di Halloween. “Solo tra<br />

i ragazzi. Gli adulti <strong>non</strong> l’hanno visto. Ma quando sono attorniato <strong>da</strong> ragazzini mi sento<br />

bene. Come mi sento dipende <strong>da</strong> <strong>dove</strong> sono. <strong>Quando</strong> sono con i ragazzi mi sento un re<br />

per via di Halloween. Gli adulti mi conoscono più che altro per “LION OF THE DESERT”.<br />

Nel mondo arabo mi con<strong>si</strong>derano un grande poiché mi vedono come uno (di loro) che ha<br />

fatto qualco<strong>sa</strong> del genere a Hollywood” 0 .<br />

0 www.lukeford.net/profiles/profiles/Moustapha_akkad.htm<br />

147


CAP. 7<br />

“Il ricordo è il segreto della redenzione” (precetto ebraico)<br />

7.1 L’Italia <strong>da</strong>lla memoria corta<br />

Qual è la differenza tra una generica informazione e una pre<strong>sa</strong> di coscienza, tra il <strong>sa</strong>pere<br />

e l’essere con<strong>sa</strong>pevoli? Che ruolo svolge il cinema, il documentario, anche di finzione,<br />

sull’acqui<strong>si</strong>zione della con<strong>sa</strong>pevolezza storica? Quale <strong>sa</strong>rebbe la nostra con<strong>sa</strong>pevolezza<br />

su eventi del secolo appena terminato (pen<strong>si</strong>amo per un istante alla Shoah e ai filmati<br />

degli alleati che mostrano i mucchi di ca<strong>da</strong>veri nei lager appena liberati) senza filmati che<br />

ce li mostrano, ma anche senza film o serial che <strong>da</strong>l pas<strong>sa</strong>to traggono spunto? E infine<br />

che co<strong>sa</strong> penseremmo se questi materiali e<strong>si</strong>stessero ma <strong>non</strong> fossero mai stati mes<strong>si</strong> in<br />

on<strong>da</strong> <strong>da</strong>lle televi<strong>si</strong>oni o nei cinema? Il questo senso LION OF THE DESERT e la sua<br />

mancata circolazione in Italia rappresentano un caso interes<strong>sa</strong>nte delle logiche che<br />

stanno dietro al processo di mancata divulgazione e rimozione che <strong>si</strong> è verificato nel<br />

nostro Paese durante il dopoguerra.<br />

Non ci è pos<strong>si</strong>bile tracciare un’approfondita anali<strong>si</strong> sulla pratica della rimozione delle colpe<br />

e come questa abbia creato una fal<strong>sa</strong> coscienza “pulita” che è diventata poi base su cui<br />

fon<strong>da</strong>re l’identità dell’intera nuo<strong>va</strong> Europa liberata <strong>da</strong>i fascismi alla fine del secondo<br />

conflitto mondiale, quel che <strong>si</strong> può invece fare è contribuire a conoscere quali eredità e<br />

conseguenze un potere totalitario lascia dietro di sé, anche a distanza di decenni,<br />

148


accontandone la storia, breve e parziale, ma neces<strong>sa</strong>ria a comprendere e superare il<br />

pas<strong>sa</strong>to.<br />

Al termine della II° guerra mondiale le forme d’identità colletti<strong>va</strong> che le nazioni europee<br />

fecero corrispondere alle rispettive frontiere furono senza dubbio condizionate <strong>da</strong>l<br />

modello di divi<strong>si</strong>one politica del continente deciso a Yalta e poi cristallizzato nella Guerra<br />

Fred<strong>da</strong> ma anche <strong>da</strong>l de<strong>si</strong>derio di dimenticare gli orrori del conflitto e costituire una nuo<strong>va</strong><br />

identità continentale. Nella retorica dell’“an<strong>da</strong>re oltre” l’esperienza della guerra e<br />

dell’occupazione e nella speranza del progresso materiale <strong>si</strong> legge<strong>va</strong>, <strong>da</strong> parte degli<br />

europei, la voglia di dimenticare la follia e la violenza che ave<strong>va</strong>no segnato il continente;<br />

in questa <strong>si</strong>tuazione <strong>si</strong> innesta<strong>va</strong> la creazione di una memoria colletti<strong>va</strong> sublimata e<br />

distorta ad uso politico, fal<strong>si</strong>ficando i modelli d’identità e creando una serie di<br />

contraddizioni irrisolte.<br />

La maggior parte dell’Europa occupata <strong>si</strong> era a<strong>da</strong>ttata a collaborare con i nazisti<br />

attraverso i propri ceti dirigenti, apparati di governo e burocrazia, la Re<strong>si</strong>stenza atti<strong>va</strong> era<br />

rimasta, fino a pochi me<strong>si</strong> <strong>da</strong>lla fine della guerra, una questione di pochi (socialisti,<br />

comunisti, ultranazionalisti). Al termine delle ostilità quindi la popolazione europea fu<br />

costretta a tro<strong>va</strong>re qualche maniera per identificar<strong>si</strong> con i vincitori Alleati e con la fazione<br />

dei “giusti”, nelle <strong>va</strong>rie guerre civili che scoppiarono nell’ultima fase del conflitto. Ognuno<br />

cercò insomma di <strong>sa</strong>lire sul carro dei vincitori invocando giustizia e punizioni per gli altri.<br />

Ma questa sete di giustizia <strong>si</strong> scontrò presto con il nuovo assetto politico che <strong>si</strong> sta<strong>va</strong><br />

costruendo in Europa, improvvi<strong>sa</strong>mente divi<strong>sa</strong>, ave<strong>va</strong> bisogno di una memoria pubblica<br />

ufficiale che reggesse i diver<strong>si</strong> progetti strategici del blocco sovietico e quello atlantico. Da<br />

subito <strong>si</strong> decise con il processo di Norimberga che la respon<strong>sa</strong>bilità della guerra fosse<br />

imputata alla sola Germania. L’Austria <strong>da</strong> complice passò ad essere la prima vittima del<br />

nazismo e nella stes<strong>sa</strong> Germania la fase di “denazificazione” fu rapi<strong>da</strong>mente chiu<strong>sa</strong><br />

stendendo un velo di fal<strong>sa</strong> coscienza su tutto il paese che adesso servi<strong>va</strong> in chiave di<br />

contenimento anticomunista.<br />

Le altre nazioni europee, tornate quindi innocenti perché mai compromesse con<br />

l’ordinamento che i nazisti ave<strong>va</strong>no <strong>da</strong>to al continente, <strong>si</strong> ritro<strong>va</strong>rono a <strong>dove</strong>r confermare<br />

la propria purezza creando il mito della Re<strong>si</strong>stenza come espres<strong>si</strong>one della maggioranza<br />

della popolazione, questa invenzione garantì la coe<strong>si</strong>one sociale e la continuità dello<br />

149


Stato, delegittimato <strong>da</strong>lla caduta delle clas<strong>si</strong> dirigenti che lo ave<strong>va</strong> gui<strong>da</strong>to alla guerra e<br />

potenziale pre<strong>da</strong> delle guerre rivoluzionarie in cui i <strong>va</strong>ri conflitti civili pote<strong>va</strong>no sfociare.<br />

In Italia furono ben pochi i proces<strong>si</strong> ai respon<strong>sa</strong>bili del <strong>si</strong>stema di occupazione tedesco ad<br />

essere effetti<strong>va</strong>mente celebrati 0 . Appena terminata la guerra la <strong>si</strong>tuazione nel nostro<br />

paese evolve<strong>va</strong> a gran velocità: in gioco c’era il diritto dell’Italia ad un trattamento diverso<br />

<strong>da</strong> quello riser<strong>va</strong>to alla Germania e la prete<strong>sa</strong> di legittimare un’immagine del paese in<br />

gran parte contrario alla guerra già prima del 1943 facendo dimenticare il consenso che in<br />

realtà il fascismo ave<strong>va</strong> ricevuto fino a conflitto inoltrato. Questa ambigua <strong>si</strong>tuazione<br />

diplomatica che l’Italia vive<strong>va</strong> <strong>da</strong>l 13 settembre 1943 (lo status di cobelligerante<br />

assegnatogli) era sfociata al termine del conflitto in un braccio di ferro tra governo italiano<br />

e Alleati su chi avesse il diritto di giudicare i militari italiani che ave<strong>va</strong>no commesso crimini<br />

nei territori occupati <strong>da</strong>l regio esercito e sotto controllo italiano prima del 25 luglio 1943. Le<br />

richieste italiane per avere facoltà di giudicare i tedeschi, <strong>da</strong> cui ci <strong>si</strong> era staccati al<br />

momento opportuno, erano però accompagnate <strong>da</strong>lle reazioni di pae<strong>si</strong> come Unione<br />

Sovietica, Jugoslavia e Grecia, deci<strong>si</strong> a perseguire i respon<strong>sa</strong>bili italiani colpevoli delle<br />

atrocità commesse in Grecia e nei Balcani. Le autorità italiane cominciarono ad agire con<br />

più prudenza nel richiedere i colpevoli, e una gran quantità di procedimenti aperti nel<br />

nostro paese contro criminali di guerra venne in<strong>sa</strong>bbiata per evitare che venisse aperta la<br />

questione sui criminali di guerra italiani. Questa operazione politica sulla memoria ave<strong>va</strong><br />

come fine di ridurre il fascismo ad episodio o accidente nell’e<strong>si</strong>stenza dell’Italia unitaria,<br />

man<strong>da</strong>ndo assolti ceti dirigenti e monarchia e con<strong>si</strong>derando i nazisti gli unici colpevoli per<br />

le sofferenze del popolo italiano. Neppure uno dei 1200 italiani indiziati per crimini di<br />

guerra <strong>dove</strong>tte affrontare un processo 0 .<br />

Il 1947 vide l’impegno degli anglo americani nel sostenere la ricostruzione economica ed<br />

istituzionale della Germania, processo che culminerà nel 1949 con la nascita della<br />

Repubblica Federale, in quest’ottica <strong>si</strong> con<strong>si</strong>glia<strong>va</strong> di rallentare l’attività istruttoria sui<br />

criminali di guerra. La soluzione dell’oblio fu reputata opportuna <strong>da</strong>gli Alleati, che <strong>si</strong><br />

limitarono a celebrare pochi proces<strong>si</strong> contro i respon<strong>sa</strong>bili del <strong>si</strong>stema d’occupazione<br />

nazista in Italia, per poi spegnere gradualmente l’attenzione su tutta la questione.<br />

0 Sulla mancata Norimberga italiana <strong>si</strong> con<strong>si</strong>glia la lettura di M. Battini Peccati di memoria, Laterza, Roma­Bari, 2003.<br />

0 Battini M., Peccati di memoria, Laterza, Roma­Bari, 2003, pag. 95.<br />

150


7.1.1 La logica della guerra fred<strong>da</strong><br />

“E’ emerso con tutta evidenza che l’inerzia in ordine all’accertamento dei crimini<br />

nazifascisti <strong>si</strong>a stata determinata <strong>da</strong>lla ­ ragion di Stato ­ le cui radici in mas<strong>si</strong>ma parte<br />

devono essere rintracciate nelle linee di politiche internazionali che hanno gui<strong>da</strong>to i pae<strong>si</strong><br />

del blocco occidentale durante la guerra fred<strong>da</strong>” 0 .<br />

All’inizio degli anni Cinquanta la neces<strong>si</strong>tà per i due schieramenti di affrontare e definire la<br />

<strong>si</strong>tuazione internazionale ebbe la meglio sulle questioni interne, e l’asprezza dello scontro<br />

giocò a favore dei criminali di guerra: l’irrisolta questione dei crimini di guerra costitui<strong>va</strong> la<br />

grande rimozione nei rapporti tra Germania e altri pae<strong>si</strong>, fino a qualche anno prima<br />

occupati <strong>da</strong>i nazisti e improvvi<strong>sa</strong>mente alleati della nuo<strong>va</strong> Repubblica Federale Tedesca.<br />

L’estradizione degli imputati era un provvedimento sgradito <strong>si</strong>a ai governanti tedeschi che<br />

alle autorità dei pae<strong>si</strong> “riceventi”. L’esempio italiano è lampante: mentre il procuratore<br />

generale militare Arrigo Mirabella concor<strong>da</strong><strong>va</strong> con il ministero degli Affari Esteri una linea<br />

di assoluta inerzia, il liberale Gaetano Martino, ministro degli Esteri scrisse il 10 ottobre<br />

1956 una lettera “riser<strong>va</strong>ta personale” al ministro della Dife<strong>sa</strong> il democristiano Paolo<br />

Emilio Taviani “…<strong>non</strong> ho bisogno di sottolineare a te, che segui <strong>da</strong> vicino i problemi della<br />

collaborazione atlantica ed europea, quali interrogativi potrebbe far sorgere <strong>da</strong> parte del<br />

governo di Bonn una nostra iniziati<strong>va</strong> che venisse ad alimentare la polemica sul<br />

comportamento del sol<strong>da</strong>to tedesco. Proprio in questo momento infatti tale governo <strong>si</strong><br />

vede costretto a compiere presso la propria opinione pubblica il mas<strong>si</strong>mo sforzo, allo<br />

scopo di vincere la re<strong>si</strong>stenza che incontra oggi in Germania la ricostruzione di quelle<br />

Forze Armate, di cui la Nato reclama con impazienza l’allestimento 0 ”. Il titolare alla Dife<strong>sa</strong><br />

concordò pienamente, la po<strong>si</strong>zione di Martino <strong>non</strong> era dovuta a superficialità o<br />

di<strong>si</strong>nformazione: il ministro ave<strong>va</strong> letto attentamente le carte e, a puro titolo<br />

esemplificativo, gli era subito <strong>sa</strong>ltato all’occhio che il nome di uno degli imputati, il<br />

generale d’aviazione Wilhelm Speidel, attivo in Grecia durante la guerra mondiale, era<br />

de<strong>si</strong>gnato <strong>da</strong>lla Nato al comando delle truppe di terra nel settore centrale di Shape. Ce<br />

0 Dal documento conclu<strong>si</strong>vo appro<strong>va</strong>to all’unanimità <strong>da</strong>lla Commis<strong>si</strong>one giustizia della Camera, In<strong>da</strong>gine conosciti<strong>va</strong><br />

sul rinvenimento dei fascicoli relativi a crimini nazi­fascisti,seduta 8 febbraio 2001, pubblicata il 6 marzo 2001.<br />

0 Franzinelli M., Le stragi nascoste, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 2003, p. 127.<br />

151


n’era già così abbastanza per bloccare un’in<strong>da</strong>gine che comunque <strong>da</strong> più parti veni<strong>va</strong><br />

con<strong>si</strong>derata inopportuna.<br />

Martino e Taviani <strong>non</strong> ave<strong>va</strong>no fatto altro che attener<strong>si</strong> alla linea dei rispettivi<br />

predecessori, Carlo Sforza, agli Esteri <strong>da</strong>l febbraio 1947 al settembre 1952 <strong>da</strong>ta della sua<br />

morte e Randolfo Pacciardi, alla Dife<strong>sa</strong> <strong>da</strong>l maggio 1948 fino a giugno 1953, tutti<br />

esponenti del partito repubblicano. Intanto ai vertici della magistratura militare giunse<br />

Enrico Santacroce, il procuratore generale che <strong>da</strong>l 1958 al 1974 as<strong>si</strong>curerà l’immobilismo<br />

più totale. Anch’egli <strong>non</strong> farà altro che portare a naturale completamento l’operato che<br />

Umberto Bor<strong>sa</strong>ri (1944­54) e Arrigo Mirabella (1954­58), procuratori prima di lui, ave<strong>va</strong>no<br />

dimostrato essere la linea d’azione della procura militare in tema di in<strong>da</strong>gini sui criminali di<br />

guerra, e cioè omis<strong>si</strong>oni d’atti d’ufficio, <strong>si</strong>lenzi compiacenti, inerzie per<strong>si</strong>stenti e iniziative di<br />

facciata <strong>da</strong> <strong>da</strong>re in pasto all’opinione pubblica. Ma <strong>non</strong> <strong>si</strong> può certo affermare che l’attività<br />

giudiziaria della magistratura italiana segnasse il passo: mentre i proces<strong>si</strong> contro i<br />

criminali di guerra veni<strong>va</strong>no bloccati per “ragion di Stato”, quelli contro i partigiani<br />

prosegui<strong>va</strong>no rigoro<strong>sa</strong>mente. Questa azione puniti<strong>va</strong> a senso unico sminui<strong>va</strong> il <strong>va</strong>lore<br />

della Re<strong>si</strong>stenza creando l’impres<strong>si</strong>one che solo gli antifascisti <strong>si</strong> fossero macchiati di<br />

delitti come esecuzioni capitali o torture. Nel 1955­56 <strong>si</strong> giunse addirittura ad inqui<strong>si</strong>re gli<br />

ex ufficiali della divi<strong>si</strong>one Acqui colpevoli di aver re<strong>si</strong>stito ai tedeschi a Cefalonia fra 8 e 13<br />

settembre 1943! L’ex capitano Amos Pampaloni commentò amaramente: “Se fascisti e<br />

tedeschi avessero vinto la guerra, avrei avuto lo stesso identico processo” 0 .<br />

7.1.2 La vergogna nell’Armadio<br />

La <strong>si</strong>tuazione di stallo sui crimini di guerra fu invece del tutto congelata quando il 14<br />

gennaio 1960 il procuratore Santacroce archiviò “provvisoriamente” (istituto giuridico del<br />

tutto estraneo all’ordinamento italiano) una gran quantità di documenti, soprattutto quelli<br />

relativi ai reati più gravi e in cui i colpevoli veni<strong>va</strong>no chiaramente indicati, lasciando fuori<br />

unicamente quei fascicoli che, per la genericità dei riferimenti, difficilmente avrebbero<br />

permesso di individuare i respon<strong>sa</strong>bili ed aprire quindi un procedimento. In questa<br />

maniera Santacroce poté inviare alle procure militari ben 1300 fascicoli (i meno<br />

<strong>si</strong>gnificativi e presumibilmente destinati all’archiviazione) tra il 1965 – 68, a testimoniare<br />

0 Dall’intervista di Amos Pampaloni rilasciata a G. Rochat e M. Venturi (a cura di), La divi<strong>si</strong>one Acqui a Cefalonia.<br />

Settembre 1943, Mur<strong>si</strong>a, Milano, 1993, p. 258.<br />

152


l’attività della procura e nel contempo interpreta<strong>va</strong> la volontà governati<strong>va</strong> (<strong>da</strong> cui<br />

dipende<strong>va</strong> la sua nomina a procuratore generale) gua<strong>da</strong>gnando tempo a favore dei<br />

colpevoli, la cui impunità era garantita <strong>da</strong>ll’occultamento dei 695 fascicoli loro relativi.<br />

Santacroce morì improvvi<strong>sa</strong>mente nel 1975 senza avere la pos<strong>si</strong>bilità di trasmettere<br />

formalmente al suo successore gli incartamenti nascosti in un armadio di legno con le<br />

ante appoggiate contro un muro, dentro uno sgabuzzino il cui ingresso era protetto <strong>da</strong> un<br />

cancello di ferro chiuso a chiave. Lo sgabuzzino era la pian terreno di Palazzo Ce<strong>si</strong>, in via<br />

degli Acquasparta a Roma, presso la Procura generale militare.<br />

Tutto ciò finché il procuratore militare presso il tribunale militare di Roma, Antonino<br />

Inteli<strong>sa</strong>no, impegnato nell’estate del 1994 nel processo contro l’ex capitano delle SS Erich<br />

Priebke per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, ricercando tra i fondi d’archivio rinvenne<br />

l’armadio occultato. Dei 695 fascicoli 280 erano a carico di ignoti e 415 contene<strong>va</strong>no<br />

notizie che avrebbero consentito l’individuazione dei militari indiziati, inoltre l’armadio<br />

custodi<strong>va</strong> pure il registro generale dei <strong>va</strong>ri fascicoli <strong>da</strong>l quale risultano 2274 di crimini 0 .<br />

Secondo i vertici della magistratura militare “la scoperta <strong>non</strong> è stata frutto di pura<br />

cau<strong>sa</strong>lità, e tuttavia le mo<strong>da</strong>lità dell’evento indicano come <strong>non</strong> vi <strong>si</strong>a stata <strong>da</strong> parte di<br />

alcuno una ricerca con<strong>sa</strong>pevole di quanto <strong>si</strong> <strong>sa</strong>rebbe poi tro<strong>va</strong>to, bensì soltanto di un<br />

carteggio che più genericamente pote<strong>va</strong> riguar<strong>da</strong>re i reati di quel periodo”. 0<br />

L’intera vicen<strong>da</strong> può essere con<strong>si</strong>derata come la soluzione italiana alle neces<strong>si</strong>tà<br />

internazionali che coinvolge<strong>va</strong>no il nostro paese: <strong>si</strong>ccome rientra<strong>va</strong> nello schieramento<br />

occidentale, alla Repubblica Federale Tedesca era stato assegnato, nell’ambito della<br />

“guerra fred<strong>da</strong>”, un importante ruolo di contenimento politico – militare dell’imperialismo<br />

sovietico, la regola era perciò di impedire qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> iniziati<strong>va</strong> che avrebbe potuto<br />

influenzare negati<strong>va</strong>mente il riarmo della Germania. In caso di processo, lo sdegno<br />

dell’opinione pubblica unito all’azione propagandistica delle <strong>si</strong>nistre, avrebbero rallentato<br />

l’integrazione dell’armata tedesca nell’Alleanza Atlantica. Eventuali perples<strong>si</strong>tà vennero<br />

poi rapi<strong>da</strong>mente fugate <strong>da</strong>l comportamento sovietico in Ungheria (ottobre 1956) e il<br />

mancato distacco <strong>da</strong> Mosca di buona parte della <strong>si</strong>nistra italiana rafforzò maggiormente il<br />

0 Franzinelli M., Le stragi nascoste, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 2003, pag. 187 – 188.<br />

0 Dalla Relazione conclu<strong>si</strong><strong>va</strong> del Con<strong>si</strong>glio della Magistratura militare su “Le dimen<strong>si</strong>oni, le cause, le mo<strong>da</strong>lità della<br />

provvisoria archiviazione e del trattenimento nell’ambito della Procura generale militare presso il Tribunale supremo<br />

militare di procedimenti per crimini di guerra”, plenum 23 marzo 1999, pag. 5­6.<br />

153


convincimento dei governanti che dimenticare le vittime del nazismo <strong>si</strong>gnificasse, in<br />

qualche modo, dimostrare agli Stati Uniti la propria affi<strong>da</strong>bilità.<br />

L’ex ministro Taviani ha ammesso le proprie respon<strong>sa</strong>bilità rispetto al blocco delle in<strong>da</strong>gini<br />

su Cefalonia nel 1956, inquadrando il proprio comportamento entro i condizionamenti<br />

della <strong>si</strong>tuazione internazionale: “l’Unione Sovietica sta<strong>va</strong> in<strong>va</strong>dendo l’Ungheria…un<br />

eventuale processo per l’orrendo crimine di Cefalonia avrebbe colpito l’opinione pubblica<br />

impedendo forse per molti anni la pos<strong>si</strong>bilità per l’esercito tedesco di risorgere <strong>da</strong>lle ceneri<br />

del nazismo. Io sono stato uno dei precursori della neces<strong>si</strong>tà del riarmo della Germania” 0 .<br />

Il principio di riferimento nei nuovi ambiti disegnati <strong>da</strong>lla guerra fred<strong>da</strong> <strong>non</strong> fu la giustizia<br />

su cui <strong>si</strong> <strong>dove</strong><strong>va</strong>mo fon<strong>da</strong>re le nostre democrazie, ma l’opportunismo politico contingente.<br />

Quel che importa comunque <strong>non</strong> è solo la denuncia di un mancato atto di giustizia, ma è<br />

neces<strong>sa</strong>rio, per noi oggi, capire perché la giustizia fu condizionata <strong>da</strong>lla politica nel<br />

costruire una memoria pubblica della guerra funzionale alla nuo<strong>va</strong> identità dell’Italia e<br />

dell’Europa dopo la guerra.<br />

I proces<strong>si</strong> <strong>non</strong> celebrati <strong>si</strong>gnificarono la distruzione di una memoria europea pagata a caro<br />

prezzo <strong>non</strong> solo con la secon<strong>da</strong> guerra mondiale: a chi imputare il fallimento delle<br />

democrazie parlamentari e il consenso alle soluzioni autoritarie degli anni ’20 e ‘30 se <strong>non</strong><br />

alle clas<strong>si</strong> dirigenti di tutti i pae<strong>si</strong>, che giunsero poi qua<strong>si</strong> intatte al ’45 e oltre, come <strong>non</strong><br />

vedere che la “nazificazione” della Germania era funzionale ad un disegno di equilibrio<br />

europeo ricercato per controbilanciare il consoli<strong>da</strong>r<strong>si</strong> a est dell’Unione Sovietica appena<br />

uscita vincitrice <strong>da</strong>lla guerra contro i “bianchi”? E i crimini di cui <strong>si</strong> macchiarono le nazioni<br />

“giuste” durante la guerra mondiale?<br />

Si elaborò una verità parziale che attribui<strong>va</strong> crimini contro l’umanità alla sola nazione<br />

tedesca che venne così democratizzata senza essere veramente denazificata.<br />

La questione della tran<strong>si</strong>zione <strong>da</strong> una dittatura all’auspicata stabilità democratica è<br />

sempre connes<strong>sa</strong> al modo in cui la giustizia viene garantita di fronte ai crimini che la<br />

dittatura ha commesso, affrontando e comprendendo contemporaneamente il pas<strong>sa</strong>to che<br />

li ha prodotti.<br />

0 Paolo Emilio Taviani in un’intervista rilasciata a F. Giustoli<strong>si</strong> Sì, ho in<strong>sa</strong>bbiato Cefalonia, in “L’Espresso”, 16<br />

novembre 2000.<br />

154


7.2 Storiografia e colonialismo italiano<br />

C’è <strong>da</strong> dire che tutto questo discorso riguar<strong>da</strong> principalmente gli europei e il fatto che il<br />

nostro continente <strong>si</strong>a stato il principale teatro della guerra fred<strong>da</strong>: il dibattito sul crimine<br />

commesso <strong>da</strong> quelle nazioni che <strong>si</strong> macchiarono di “imperialismo coloniale”, in Italia, <strong>non</strong><br />

ha mai raggiunto la dimen<strong>si</strong>one pubblica. Lo studio del colonialismo italiano <strong>non</strong> ha avuto<br />

molto successo nel dopoguerra, soprattutto in relazione alla quantità di materiale prodotto<br />

sulle vicende nazionali. Fu senz’altro facile per i governanti che firmarono il Trattato di<br />

pace a Parigi il 10 febbraio 1947, con cui l’Italia veni<strong>va</strong> pri<strong>va</strong>ta dei suoi possedimenti<br />

coloniali, evitare che venisse avviato un vero dibattito sulla questione coloniale. In effetti le<br />

colonie <strong>non</strong> c’erano più, di co<strong>sa</strong> <strong>si</strong> <strong>sa</strong>rebbe dovuto parlare? Anzi, la rinuncia alle colonie<br />

imposta al nostro paese venne vista <strong>da</strong> tutta la classe politica di allora come<br />

inaccettabile 0 .<br />

I governi del dopoguerra <strong>non</strong> solo sono venuti meno a precise respon<strong>sa</strong>bilità di carattere<br />

giuridico 0 e obblighi di trasparenza che ave<strong>va</strong>no contratto con i cittadini di un paese<br />

democratico, ma <strong>non</strong> hanno fatto nulla per impedire che organi dello Stato, compromes<strong>si</strong><br />

con le avventure coloniali, colti<strong>va</strong>ssero miti e leggende di un colonialismo “<strong>da</strong>l volto<br />

umano”, e<strong>sa</strong>ltassero i meriti della colonizzazione italiana e facessero di tutto per evitare<br />

che la verità emergesse 0 . In questo clima di autoassoluzione, i principali archivi coloniali,<br />

militari e diplomatici vennero affi<strong>da</strong>ti alla vecchia lobby colonialista che produsse una<br />

memorialistica apologetica e mitica di quel periodo, mentre manca<strong>va</strong>no ricerche di storia<br />

coloniale di un certo livello scientifico, proprio perché agli studio<strong>si</strong> capaci, quegli stes<strong>si</strong><br />

archivi, erano preclu<strong>si</strong> 0 .<br />

0 Per <strong>sa</strong>pere quali e quanti furono i tentativi di mantenere il controllo della Libia <strong>da</strong> parte dei governanti italiani ve<strong>da</strong><strong>si</strong><br />

A. Del Boca, Gli italiani in Libia ­ Dal Fascismo a Ghed<strong>da</strong>fi, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1994. A puro titolo di curio<strong>si</strong>tà <strong>si</strong><br />

<strong>sa</strong>ppia che e<strong>si</strong>ste<strong>va</strong> un accordo tra il ministro italiano Sforza ed il titolare del Foreign Office Ernest Bevin che<br />

prevede<strong>va</strong> la spartizione della Libia tra Inghilterra, Italia e Francia. In sede di voto alle Nazioni Unite il piano di<br />

spartizione venne bocciato per un solo voto, quello del delegato haitiano Emile Saint­Lot, ubriaco al momento della<br />

consultazione. In questa maniera <strong>si</strong> evitò alla Tripolitania la trusteeship italiana. Ivi, pag. 384.<br />

0 Rodolfo Graziani, di cui abbiamo narrato alcune vicende in questo lavoro, venne con<strong>da</strong>nnato a 19 anni di reclu<strong>si</strong>one<br />

dopo la fine della guerra, usufruì di un’amnistia nel 1950 (in tutto scontò alcuni me<strong>si</strong> di reclu<strong>si</strong>one) e divenne<br />

pre<strong>si</strong>dente onorario del MSI, fino al 1955, anno della sua morte. A. Del Boca fa un breve elenco degli italiani re<strong>si</strong><strong>si</strong><br />

autori di genocidi africani durante le campagne coloniali in E. Collotti (a cura di) Fascismo e antifascismo, Ed. Laterza,<br />

Roma – Bari, 2000, pag.329.<br />

0 In merito a ciò ve<strong>da</strong><strong>si</strong> le difficoltà incontrate nel consultare gli archivi descritte <strong>da</strong> G. Rochat, in Il colonialismo<br />

italiano, Loescher, Torino, 1973, pag. 13 e il giudizio che A. Del Boca dà ai 50 volumi dell’opera “L’Italia in Africa”<br />

voluta <strong>da</strong>l Ministeri degli Affari Esteri, in E. Collotti (a cura di) op. cit.,pag. 327.<br />

0 Rochat lamenta “per quello che abbiamo fatto in Africa <strong>da</strong>l 1913 al 1943, (..) dobbiamo contentarci di memorie<br />

spesso romanzate e di documenti di origine <strong>va</strong>ria e spesso casuale, talvolta addirittura trafugati per una redditizia<br />

pubblicazione sui grandi rotocalchi” Rochat G., op. cit, pag. 9.<br />

155


E’ mancato quindi il dibattito e in generale, oggi, in Italia, regna una <strong>va</strong>sta ignoranza su<br />

quest’argomento, tanto che sembra strano che qualcuno abbia tempo ed interesse a<br />

parlarne. A differenza dei nostri cugini europei (france<strong>si</strong> e tedeschi in special modo)<br />

l’opinione pubblica italiana <strong>non</strong> dà segni di autocritica o anche solo di interesse su questi<br />

temi. La regola generale è la<strong>va</strong>rsene le mani dimenticandosene, atteggiamento agevolato<br />

proprio <strong>da</strong>lla classe dirigente. A subire le ripercus<strong>si</strong>oni di questo atteggiamento è poi pure<br />

la stes<strong>sa</strong> storiografia relati<strong>va</strong> al colonialismo, che <strong>si</strong> presenta fortemente ambigua,<br />

vincolata alla stes<strong>sa</strong> ambiguità del fatto coloniale italiano: opera di una “volontà<br />

governati<strong>va</strong>” de<strong>si</strong>dero<strong>sa</strong> trasmettere una vi<strong>si</strong>one ben definita delle avventure d’oltremare,<br />

più che espres<strong>si</strong>one di una reale aspirazione nazional popolare a conoscere il proprio<br />

pas<strong>sa</strong>to.<br />

Più in generale la storiografia del dopoguerra riguar<strong>da</strong>nte il fascismo ha riflettuto quello<br />

che è stato un gran male della vita italiana e che pare esser<strong>si</strong> venuto rafforzando in questi<br />

ultimi anni: far finta di <strong>non</strong> vedere che il fascismo <strong>non</strong> <strong>si</strong> riduce<strong>va</strong> alle rituali apparizioni del<br />

Duce al balcone <strong>da</strong><strong>va</strong>nti a “folle oceaniche”, ma che in diver<strong>sa</strong> misura il fascismo<br />

coinvolse tutto il paese.<br />

L’anali<strong>si</strong> <strong>si</strong> è spesso soffermata su soggetti come “il capitale”, “i monopoli”, “la reazione dei<br />

grandi proprietari”, attori fon<strong>da</strong>mentali perché <strong>da</strong>nno il proprio imprimatur all’avvento del<br />

fascismo, però viene trascurata la succes<strong>si</strong><strong>va</strong> diffu<strong>si</strong>one dell’ideologia nel corso del<br />

ventennio fino alla sua dimen<strong>si</strong>one sociale ed individuale più profon<strong>da</strong> ed interiorizzata.<br />

Ed è proprio su questa profon<strong>da</strong> interiorizzazione che ha potuto attecchire la vulgata che<br />

riduce<strong>va</strong> l’avventura coloniale italiana ad un colonialismo magari straccione, rozzo, però<br />

umanitario e buono, che ave<strong>va</strong> profuso energie e capitali oltremare in misura maggiore di<br />

quanto avesse effetti<strong>va</strong>mente raccolto 0 .<br />

Quello che maggiormente interes<strong>sa</strong> <strong>non</strong> è solo la politica coloniale italiana, quel che<br />

<strong>sa</strong>rebbe <strong>dove</strong>roso è fare l’e<strong>sa</strong>me degli effetti della colonizzazione sulla storia e sulla<br />

cultura dei popoli che hanno subito la dominazione italiana. Certi fal<strong>si</strong> miti umanitari sul<br />

carattere italiano, della disponibilità verso gli altri, dell’incapacità di “sfruttare” permangono<br />

e <strong>si</strong> tende ad ignorare la realtà della dominazione e della conquista di un territorio e dei<br />

suoi abitanti ed il loro bagaglio storico. Per <strong>non</strong> in<strong>da</strong>gare troppo a fondo le peculiari forme<br />

di repres<strong>si</strong>one che l’Italia inaugurò in Cirenaica.<br />

0 Del Boca A., L’Africa nella coscienza degli italiani, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 2002, pag 402.<br />

156


Nei confronti della loro storia il colonialismo, finanziario o as<strong>si</strong>milatore, straccione o altro,<br />

rimane una forma di violenza ed una cesura <strong>da</strong>lle forti ripercus<strong>si</strong>oni. L’occupazione<br />

nazifascista dell’Italia nel 1943 – 45 ha fatto scrivere fiumi di inchiostro a questo propo<strong>si</strong>to!<br />

Questa ambiguità della cultura italiana contribuisce a farle perdere credibilità (sembra<br />

mancare il coraggio di giungere in fondo agli argomenti) e rende urgente un processo di<br />

revi<strong>si</strong>one critica finora mancato affinché la nostra cultura <strong>si</strong>a in grado di affrancar<strong>si</strong> <strong>da</strong>l<br />

provincialismo che la condiziona e la relega alla periferia dell’impero.<br />

Ecco perciò che un film prodotto e fortemente voluto <strong>da</strong> Ghed<strong>da</strong>fi per rappresentare,<br />

identificare e riassumere i tratti fon<strong>da</strong>mentali dell’identità nazionale libica (lunga tradizione<br />

di lotta all’imperialismo, nel 1931 come sul finire degli anni ’70) per soddisfare e<strong>si</strong>genze di<br />

politica interna ed estera e<strong>si</strong>bendo un presunto “punto di vista libico” sulla colonizzazione<br />

italiana, diviene occa<strong>si</strong>one di maturazione per un’altra identità nazionale, la nostra, che<br />

<strong>non</strong> potrà liberar<strong>si</strong> completamente di quelle sopravvivenze di mentalità fascista presenti<br />

nella formazione degli italiani se <strong>non</strong> attraverso una piena pre<strong>sa</strong> di coscienza. L’ignoranza<br />

o la dimenticanza di questo rie<strong>sa</strong>me getta ombre pe<strong>sa</strong>nti sulla coscienza civile e<br />

democratica del nostro paese, l’anticolonialismo e l’antimperialismo restano confinati ai<br />

grandi temi di politica internazionale con una genericità che riflette una sostanziale<br />

ignoranza di fondo.<br />

I lavori di Angelo Del Boca e Giorgio Rochat, che sono stati fon<strong>da</strong>mentali nell’interes<strong>sa</strong>rmi<br />

ed avvicinarmi alla problematica e più in generale per questo lavoro, e con loro <strong>va</strong>nno<br />

ricor<strong>da</strong>ti Eric Salerno, Enrico Serra, Francesco Malgari, Enzo Santarelli, Giuliano<br />

Procacci, Carlo Zaghi, Renato Mori, Gianluigi Ro<strong>si</strong>, Romain Rainero, Francesco Surdich,<br />

Gianpaolo Calchi No<strong>va</strong>ti, Nicola Labanca, Ales<strong>sa</strong>ndro Triulzi, segnano <strong>si</strong>curamente una<br />

rottura con l’apatia generale e con tutta una tradizione storiografia apologetica del<br />

colonialismo 0 .<br />

Quello che purtroppo manca ancora è il punto di vista africano sulle vicende.<br />

L’interesse di questi studio<strong>si</strong> rimane incentrato sull’Italia pur cominciando a venir meno<br />

l’aspetto puramente descrittivo del fenomeno coloniale, finalmente la politica coloniale<br />

viene inserita nel quadro di quella italiana senza ridurla ad un aspetto puramente<br />

0 Siccome con le carte uscite <strong>da</strong>ll’ “Armadio della Vergogna” <strong>sa</strong>rà praticamente impos<strong>si</strong>bile celebrare dei proces<strong>si</strong>, <strong>va</strong><br />

segnalata l’iniziati<strong>va</strong> di studio su quei documenti delle Univer<strong>si</strong>tà di Pi<strong>sa</strong>, Bologna, Napoli e Bari che <strong>si</strong> stanno<br />

occupando delle stragi dimenticate perpetrate <strong>da</strong>i nazisti in Toscana, Emilia Romagna, Campania e Puglia. E’ uscito <strong>da</strong><br />

poco il primo volume, sulla Campania, curato <strong>da</strong> Gabriella Gribaudi.<br />

157


diplomatico, sdoganando finalmente questi argomenti all’ambito scientifico e costituendo<br />

un primo antidoto alla rimozione delle colpe coloniali.<br />

Com’è successo che nella coscienza colletti<strong>va</strong> degli italiani la pagina relati<strong>va</strong> al<br />

colonialismo è stata rimos<strong>sa</strong>? Vogliamo apparire culturalmente diver<strong>si</strong> <strong>da</strong> quello che<br />

<strong>si</strong>amo stati in occa<strong>si</strong>one delle nostre conquiste coloniali? L’immagine “italiani bra<strong>va</strong> gente”<br />

dirige la rimozione, la sconfitta nella secon<strong>da</strong> guerra mondiale e la caduta del fascismo ci<br />

illudono che le colpe sono di altri e <strong>non</strong> c’è continuità di respon<strong>sa</strong>bilità fra fascismo e<br />

repubblica? E’ questo l’antifascismo che la nostra cultura ufficiale e la nostra politica sono<br />

riuscite ad elaborare? Non bisognerebbe mai dimenticare che quando parliamo del<br />

fascismo parliamo soprattutto di noi e facciamo quella “autobiografia della nazione” di cui<br />

parlò già Gobetti.<br />

Si può affermare che questa è la direzione <strong>da</strong> seguire per agevolare l’a<strong>va</strong>nzamento degli<br />

strumenti storiografici creando le condizioni per un processo di osmo<strong>si</strong> tra ricerche su<br />

popoli ex coloniali e ricerche sulle civiltà occidentali senza continuare ad ignorare e<br />

ghettizzare un problema storico.<br />

Una rifles<strong>si</strong>one attuale<br />

A riaccendere per un momento il dibattito sul colonialismo e le specifiche colpe dell’Italia è<br />

stato il 3 novembre 2001 uno dei personaggi più ricercati del momento sulla scena<br />

internazionale, il famigerato O<strong>sa</strong>ma Bin Laden. La sua frase: “Gli italiani <strong>si</strong> sono spartiti il<br />

mondo arabo con france<strong>si</strong> e ingle<strong>si</strong> dopo la prima guerra mondiale e <strong>da</strong> allora ci<br />

perseguitano 0 ”, riportata <strong>da</strong> tutte le agenzie, ha fatto cadere <strong>da</strong>lle nuvole gli italiani,<br />

increduli che fos<strong>si</strong>mo stati chiamati in cau<strong>sa</strong> con Francia e Gran Bretagna a rispondere<br />

delle angherie e sofferenze cau<strong>sa</strong>te a popoli arabi. Ma l’Italia è stata una potenza<br />

0 In “La Repubblica”, 06 novembre 2001, pag. 14.<br />

158


colonialista, <strong>almeno</strong> per quel che concerne il poderoso impegno militare e l’aggres<strong>si</strong>vità<br />

con cui venne pacificata l’intera Libia e la conquista dell’Etiopia ad opera del fascismo nel<br />

1935 – 36.<br />

La risposta che lo “Sceicco del terrore” ha ottenuto è comunque <strong>si</strong>gnificati<strong>va</strong> di come<br />

questi argomenti <strong>si</strong>ano trattati e liqui<strong>da</strong>ti nel nostro paese: Sergio Romano commenta<strong>va</strong><br />

che “il cenno a noi concerne soprattutto Ghed<strong>da</strong>fi” 0 , qualcuno ha rimproverato il <strong>sa</strong>udita di<br />

<strong>non</strong> conoscere la storia e “La Repubblica” ne ha fatto un bel “dos<strong>si</strong>er biparti<strong>sa</strong>n” come <strong>va</strong><br />

di mo<strong>da</strong> adesso, in cui Lucio Villari esorta a ripen<strong>sa</strong>re la “pagina nera” del nostro<br />

colonialismo, ma conclude: “Ben <strong>sa</strong>pendo però di quanti crimini molto più grandi <strong>si</strong> <strong>si</strong>ano<br />

macchiate nei secoli potenze coloniali come Spagna, Portogallo, Olan<strong>da</strong>, Belgio, Gran<br />

Bretagna e Francia” 0 , mentre in un’intervista conces<strong>sa</strong> a Nello Ajello, Angelo Del Boca<br />

ribadisce il contrario: “E’ fatale che lo sceicco <strong>sa</strong>udita pren<strong>da</strong> a ber<strong>sa</strong>glio quei pae<strong>si</strong><br />

europei che, <strong>da</strong> potenze coloniali, oppressero gli islamici. E nel condurre questa<br />

operazione dimostra di conoscere abbastanza bene la storia, (…) in Libia, durante la<br />

riconquista, vi <strong>si</strong> affermarono i metodi più brutali che <strong>si</strong>ano stati adoperati in una guerra<br />

coloniale”. 0<br />

E anche questa volta, l’Italia, del suo colonialismo, ne avrà parlato abbastanza per <strong>almeno</strong><br />

un decennio.<br />

Nel nostro paese <strong>si</strong> crede che pen<strong>sa</strong>re post­coloniale <strong>non</strong> abbia ragion d’essere, per il<br />

poco tempo in cui <strong>si</strong>amo stati “<strong>da</strong> quelle parti” ci <strong>si</strong>amo comportati <strong>da</strong> “bra<strong>va</strong> gente” com’è<br />

nelle nostre abitudini, come dimenticare le “opere di civilizzazione che il lavoro italiano era<br />

an<strong>da</strong>to a costruire in quelle lande deserte” o, ristampando direttamente fra<strong>si</strong> della<br />

propagan<strong>da</strong> fascista “le azioni di <strong>va</strong>loro<strong>si</strong> sol<strong>da</strong>ti di Roma contro le bande della barbarie” 0 :<br />

questo reiterato rifiuto a riportare alla luce, a conoscere con rigore ed ampiezza d’in<strong>da</strong>gini<br />

il nostro pas<strong>sa</strong>to, a collegarlo alla storia europea e mondiale facendolo diventare diffu<strong>sa</strong><br />

coscienza critica e quindi materia di formazione dimostra come la rimozione delle nostre<br />

colpe <strong>si</strong>a perfetta, immancabile ed atti<strong>va</strong>.<br />

0 Romano Sergio, “Corriere della Sera”, 04 novembre 2001.<br />

0 Villari Lucio, <strong>Quando</strong> l’Italia aggredì l’Islam, “La Repubblica”, 06 novembre 2001.<br />

0 Ajello Nello, La repres<strong>si</strong>one in Libia fu brutale e feroce, “La Repubblica”, 06 novembre 2001.<br />

0 Farid Adly, Mukhtàr e la re<strong>si</strong>stenza libica, Il Manifesto, 16 settembre 2000. Nell’anniver<strong>sa</strong>rio dell’impiccagione di<br />

Omar al­Mukhtàr il cronista dell’agenzia Anbamed ha scritto un bell’articolo sulla rimozione che <strong>si</strong> opera nel nostro<br />

paese, delle colpe coloniali.<br />

159


Piuttosto che a scontri fra civiltà o a guerre preventive occidentali con cui la nostra<br />

comunicazione di mas<strong>sa</strong> ci i<strong>non</strong><strong>da</strong>, <strong>non</strong> <strong>sa</strong>rebbe meglio pen<strong>sa</strong>re che le <strong>va</strong>rie realtà<br />

colonizzate <strong>da</strong>lle nazioni imperialiste (Italia compre<strong>sa</strong>) a partire <strong>da</strong> Colombo per giungere<br />

fino alla ces<strong>si</strong>one del “fardello dell’uomo bianco” agli Stati Uniti perché tenessero il<br />

controllo del pianeta, <strong>si</strong> <strong>si</strong>ano venute comunque decolonizzando, in maniere diverse,<br />

imprevedibili e pienamente attuali? Una lunga on<strong>da</strong> liberatoria e di contrappasso che <strong>si</strong><br />

potrebbe far cominciare con le rivoluzioni americane e che oggi bus<strong>sa</strong> alla nostra porta<br />

sottoforma di correnti migratorie <strong>da</strong>l sudest al nor<strong>dove</strong>st del globo è storia quanto e più di<br />

Bush e Sad<strong>da</strong>m, o di Hitler e Mussolini, perché viene taciuta e rimos<strong>sa</strong>, se è questa la<br />

storia che stiamo vivendo?<br />

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Relazione conclu<strong>si</strong><strong>va</strong> del Con<strong>si</strong>glio della Magistratura militare su “Le dimen<strong>si</strong>oni, le cause,<br />

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164


Abbreviazioni<br />

ACS Archivio Centrale dello Stato<br />

AMAE Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri<br />

ASMAI Archivio Storico del Ministero del Ministero dell’Africa Italiana<br />

Le cifre che seguono le indicazioni dell’archivio centrale dello stato e dei suoi relativi fondi<br />

(Graziani, Volpi …) stanno rispetti<strong>va</strong>mente per la busta, il fascicolo e (quando c’è) il<br />

sottofascicolo. In ASMAI le tre cifre indicano po<strong>si</strong>zione, cartella e foglio. Spesso Fondo<br />

Graziani viene abbreviato FG.<br />

Articoli <strong>da</strong> periodici<br />

Annuario statistico italiano dell’anno 1928 e 1931, pubblicati in MIGLIORINI Elio, Il<br />

territorio, AAVV., Il territorio e le popolazioni, Roma, 1955, a cura del Comitato per la<br />

documentazione dell’opera dell’Italia in Africa.<br />

ADLY Farid, Mukhtàr e la re<strong>si</strong>stenza libica, Il Manifesto, 16 settembre 2000.<br />

Afrique Magazine, ottobre 2003, riportato <strong>da</strong> Internazionale, 511, 24 ottobre 2003, pag.<br />

55.<br />

AJELLO Nello, La repres<strong>si</strong>one in Libia fu brutale e feroce, “La Repubblica”, 06 novembre<br />

2001.<br />

Articolo a firma LAGORIO Lelio su l’A<strong>va</strong>nti! 1 dicembre 1988. Ripreso in LAGORIO Lelio,<br />

L’ultima Italia, F. Angeli, Milano, 1991.<br />

BARTHOLANI Daniel Lybie: les incorruptibles au pouvoir, Le Monde, 13 dicembre 1969.<br />

BUONGIORNO Pino e MOLINARI Maurizio, Ghed<strong>da</strong>fi: Io, difensore dell’Occidente, su<br />

“Panorama” 27 febbraio 1997, intervista a Ghed<strong>da</strong>fi.<br />

D’AGOSTINI Paolo, Noi colonialisti diventati censori, La Repubblica 20 settembre 1988,<br />

pag. 24.<br />

DEL BOCA Angelo, Chi ha paura di Omar? in “Il Mes<strong>sa</strong>ggero” 14 marzo 1983.<br />

FRAISSE Philippe, Po<strong>si</strong>tif Luglio/Agosto 2003.<br />

FRANCESCHINI E. Tutta un’altra storia. Se <strong>non</strong> fosse stato per questi tre <strong>si</strong>gnori, in “Il<br />

Venerdì”, supplemento al numero di “La Repubblica” del 25 aprile 2003, pag. 52 e ss.<br />

165


GIGLIO Rolando in Sconfitto, ma nella leggen<strong>da</strong>, “Il Mes<strong>sa</strong>ggero” 6 febbario 1981<br />

intervista a Luigi Goglia.<br />

GIUSTOLISI F. Sì, ho in<strong>sa</strong>bbiato Cefalonia, in “L’Espresso”, 16 novembre 2000, intervista<br />

a Paolo Emilio Taviani<br />

GRASSET Alain, Anthony Quinn: Le Lion du Désert financé par Kha<strong>da</strong>fi, Journal du<br />

Dimanche, 25 luglio 1982<br />

Il “Leone del deserto” torna libero. Tutti assolti gli imputati a Trento. “Il Gazzettino del<br />

Trentino” 13 aprile 1988.<br />

Internazionale, n° 511, 24 ottobre 2003, pag. 55.<br />

Internazionale, n° 514, 14 novembre 2003, “Il colonnello sedotto <strong>da</strong>l capitalismo”, un<br />

articolo di Carla Fibla, “La Vanguardia”, Spagna, scritto in occa<strong>si</strong>one della vi<strong>si</strong>ta di J. M.<br />

Aznar a Tripoli nel settembre 2003.<br />

L’Alto Adige, Film senza visto, tre gio<strong>va</strong>ni sotto inchiesta, 15 maggio 1987.<br />

L’Alto Adige, Quanta polizia per quel “Leone”, 30 settembre 1987.<br />

La cattura di Omar al­Mukhtàr, in “Il Mes<strong>sa</strong>ggero”, 16 settembre 1931.<br />

MAGRELLI Enrico, C’è uno scheletro nel deserto, Panorama 18 settembre 1988.<br />

MAGRI Enzo Il garibaldi della Libia, “Oggi”, 10 agosto 1979. Intervista ad Angelo Del<br />

Boca.<br />

Monthly Film Bulletin v. 48 n. 571, Agosto 1981.<br />

PASSARINI Paolo, Craxi: “Le nostre colpe verso Tripoli”, La Stampa, 30 novembre 1988.<br />

Per il film “Il leone del Deserto” la “parola” pas<strong>sa</strong> alla Pretura, Il Gazzettino, 30 settembre<br />

1987<br />

Relazione sugli avvenimenti che condussero alla cattura di Omar al­Mukhtàr, lettera<br />

16972 del 18 settembre 1931 in<br />

Rivista delle colonie italiane, vol. VI (I), 1932.<br />

ROCHAT G. Il film e il leone, Il Manifesto, 5 ottobre 1988.<br />

ROMANO Sergio, “Corriere della Sera”, 04 novembre 2001.<br />

SANGUINETI Tatti, Faccette nere, Europeo, 23 settembre 1988.<br />

SARDI L. Disobbedienza dimenticata la procura ha deciso di richiamarla, in “Alto Adige”, 8<br />

maggio 1987.<br />

SARTORI Michele, Pacifisti in tribunale a Trento “Quel film <strong>non</strong> <strong>dove</strong><strong>va</strong>no vederlo”,<br />

L’Unità, 5 ottobre 1987.<br />

SERVADIO Gaia, Cinema Nuovo, n° 275, Febbraio 1982.<br />

166


VILLARI Lucio, <strong>Quando</strong> l’Italia aggredì l’Islam, “La Repubblica”, 06 novembre 2001.<br />

Limiti di questo studio<br />

Questo tipo di ricerca <strong>si</strong> è affi<strong>da</strong>ta <strong>non</strong> agli archivi ufficiali ma <strong>si</strong> è av<strong>va</strong>l<strong>sa</strong> in particolare del<br />

lavoro di due studio<strong>si</strong> sulla cui onestà intellettuale <strong>non</strong> nutriamo dubbi (Giorgio Rochat e<br />

Angelo Del Boca), l’intento è pertanto quello di presentare una panoramica ampia ed<br />

articolata delle vicende, in maniera <strong>da</strong> stimolare la discus<strong>si</strong>one ed eventualmente una<br />

pre<strong>sa</strong> di po<strong>si</strong>zione. Ben lontani quindi <strong>da</strong> garantire la completezza della ricostruzione<br />

storica degli eventi degli anni ’30 ribadiamo che l’oggetto di questo studio <strong>non</strong> era<br />

unicamente il periodo in cui Omar al­Mukhtàr visse, ma anche la vicen<strong>da</strong> italiana del film e<br />

gli anni in cui la pellicola venne prodotta, oltre che le caratteristiche del linguaggio<br />

cinematografico impegnato nella rappresentazione della storia. Questo lavoro ha perciò la<br />

prete<strong>sa</strong> di fornire su queste problematiche una traccia informati<strong>va</strong> chiara e<br />

sufficientemente equilibrata, proprio per chi <strong>non</strong> è al corrente di certe questioni.<br />

Il limite più grave di questo lavoro ri<strong>si</strong>ede comunque nell’ottica completamente italiana su<br />

una questione che invece mette in gioco in maniera inequivocabile il punto di vista libico<br />

sulle vicende del colonialismo italiano e dell’accoglienza che il film ha ricevuto in Italia.<br />

Questa sorta di mancanza di comunicazione tra le due sponde del mediterraneo è una<br />

caratteristica portante delle attuali relazioni tra il nostro Paese e la Libia, e, pur in maniera<br />

minore, <strong>si</strong> ripercuote sulle attività culturali che interes<strong>sa</strong>no i due pae<strong>si</strong>.<br />

Il presente studio è costretto quindi ad occupar<strong>si</strong> quindi del colonialismo italiano e <strong>non</strong><br />

delle vicende delle popolazioni che lo subirono, un po’ per la difficoltà già detta nel<br />

rinvenire (e tradurre <strong>da</strong>ll’arabo) fonti e materiali provenienti <strong>da</strong>lla Libia e in secondo luogo<br />

poiché, se isolate <strong>da</strong>l proprio contesto, avrebbero avuto un inutile <strong>sa</strong>pore esotico che le<br />

avrebbe pri<strong>va</strong>te di <strong>va</strong>lore. Allo stesso modo per i nomi di persone e località <strong>si</strong> è mantenuta<br />

la tradizionale grafia italiana, è nostro convincimento infatti che il nostro rispetto per gli<br />

altri popoli e la loro cultura <strong>non</strong> pas<strong>si</strong> neces<strong>sa</strong>riamente per piccoli omaggi formali ma<br />

debba venir fuori <strong>da</strong>ll’in<strong>si</strong>eme di questo lavoro.<br />

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