Indizi di ambiguità omoerotiche nel Canone di Conan Doyle - Urbinoir

A Sherlock Holmes,
“the spirit of a town and of a time”
V. Starrett.
1

INDICE
INTRODUZIONE ................................................................................................................................... 4
CAPITOLO PRIMO: UNO STUDIO SUI PERSONAGGI ................................................................... 6
1.1 Il signor Sherlock Holmes ....................................................................................................... 6
1.1.1 La scienza dell’abduzione ............................................................................................... 7
1.1.2 Cognizioni di Sherlock Holmes ...................................................................................... 9
1.1.3 Le sue abitudini ............................................................................................................. 13
1.1.4 Holmes e il gentil sesso ................................................................................................. 17
1.2 Il Dottor J. H. Watson ........................................................................................................... 18
1.2.1 Il buon Watson .............................................................................................................. 20
1.2.2 Watson soldato .............................................................................................................. 22
1.2.3 Watson medico .............................................................................................................. 22
1.2.4 Watson scrittore ............................................................................................................. 24
1.2.5 La questione dei matrimoni ........................................................................................... 26
1.3 Il piccolo spazio femminile ................................................................................................... 27
1.3.1 Irene Adler: La Donna ................................................................................................... 27
1.3.2 Mary Morstan: La moglie ............................................................................................. 30
1.3.3 Martha Hudson: La donna di casa ................................................................................. 32
1.4 L’albo dei criminali ............................................................................................................... 34
1.4.1 Il professor Moriarty ..................................................................................................... 35
1.4.2 Il colonnello Moran ....................................................................................................... 37
CAPITOLO SECONDO: DOYLE, IL CANONE E GLI SHERLOCKIANI ....................................... 39
2.1 Sir Arthur Conan Doyle ........................................................................................................ 39
2.1.1 Cenni biografici ............................................................................................................. 39
2.1.2 Le opere non-sherlockiane ............................................................................................ 40
2.1.3 Il Canone ....................................................................................................................... 41
2.1.4 Conan Doyle vs Sherlock Holmes ................................................................................. 42
2.2 Il “Sacro” Canone.................................................................................................................. 44
2.2.1 Uno studio in rosso e Il segno dei quattro .................................................................... 44
2.2.2 Le avventure su The Strand Magazine .......................................................................... 45
2.2.3 “Resurrezione” di Sherlock Holmes – Il mastino dei Baskerville ................................. 47
2.2.4 La valle della paura e le ultime avventure .................................................................... 48
2

2.3 Sherlock Holmes: un mito senza tempo ................................................................................ 50
2.3.1 Le associazioni “sherlockiane” ..................................................................................... 50
2.3.2 Sherlockiani in Italia: Uno Studio in Holmes ............................................................... 51
2.3.3 I luoghi di “culto” – 221B di Baker Street .................................................................... 52
CAPITOLO TERZO: AMBIGUITÀ OMOEROTICHE NEL CANONE ............................................ 54
3.1 Ambiguità nel Canone .......................................................................................................... 54
3.1.1 “La sindrome di Conan Doyle” ..................................................................................... 55
3.1.2 Allusioni erotiche nel Canone ....................................................................................... 56
3.1.3 Allusioni omoerotiche nel Canone ................................................................................ 58
3.2 Holmes e Watson: più che semplici coinquilini? .................................................................. 59
3.2.1 Il dottor Watson, il signor Sherlock Holmes ................................................................. 60
3.2.2 La catena di spezza ........................................................................................................ 63
3.2.3 Una storia a distanza ..................................................................................................... 66
3.2.4 Ritorno di fiamma a Baker Street .................................................................................. 72
3.2.5 Holmes – Watson – Moran – Moriarty ......................................................................... 75
3.2.6 Caro vecchio Watson! Unico punto fisso in un’epoca di mutamento ........................... 76
3.2.7 Ambiguità su piccolo e grande schermo ....................................................................... 81
CONCLUSIONI .................................................................................................................................... 85
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................................... 87
SITOGRAFIA ....................................................................................................................................... 89
FILMOGRAFIA ................................................................................................................................... 89
RINGRAZIAMENTI ............................................................................................................................ 90
3

INTRODUZIONE
Il lavoro fatto in questa tesi di laurea è stato quello di scavare a fondo nelle opere che
compongono il famoso Canone di Sir Arthur Conan Doyle – quelle che vedono come
protagonista lo scaltro Sherlock Holmes – allo scopo di disseppellire e portare davanti agli
occhi dei lettori gran parte di quelle ambiguità e quei riferimenti ad un presunto (e
presumibile) rapporto omoerotico tra il detective e il suo fedele amico Watson.
L’idea di affrontare tale argomento è nata da alcuni dubbi sorti dopo la prima e
personale lettura dell’intera saga sherlockiana. Frasi e passaggi molto ambigui che si
prestavano ad un tipo di interpretazione un po’ più particolare, hanno catturato la mia
attenzione e mi hanno portato a voler analizzare in maniera più approfondita il forte legame di
amicizia e di rispetto che intercorre tra i due coinquilini più famosi della letteratura mondiale.
Per scovare questi fantomatici indizi che alludono ad un forse più stretto legame tra
Holmes e Watson, è stata effettuata una vera e propria investigazione che ha scandagliato
libro per libro, pagina per pagina, parola per parola, ogni testo appartenente al mitico Canone
doyliano. In ognuno dei romanzi e dei racconti si sono ricercate quelle situazioni, quei
pensieri e quelle affermazioni che potessero essere d’aiuto a questo tipo di analisi e che
costituiscono effettivamente delle vere e proprie ambiguità omoerotiche. Tale indagine tiene
sempre conto del fatto che nulla di tutto ciò è ufficialmente confermato – si tratta quindi di
mere supposizioni nate da alcune proposizioni dubbie ed enigmatiche – e non si prende,
quindi, l’onere di mettere in discussione la rispettabile vita sentimentale e sessuale dei
‘vittorianissimi’ Sherlock e John. Il lavoro di ricerca di tali passaggi incerti ed equivoci è stato
effettuato anche all’interno delle ultime trasposizioni filmiche e televisive delle avventure di
Sherlock Holmes, volendo mettere in luce il fatto che anche queste versioni, quasi apocrife,
giochino molto sull’ambiguo rapporto di più-che-amicizia tra Holmes e Watson.
4

Ciò che è importante ricordare, infine, è che questa peculiare teoria è stata supportata –
sebbene in modi leggermente differenti tra loro – anche da diversi studiosi sherlockiani con
alle spalle numerose pubblicazioni di libri e saggi riguardanti tale argomento, le quali mi sono
state di grande aiuto nella compilazione di questa tesi, fornendomi davvero un grande e
importante supporto bibliografico.
5

CAPITOLO PRIMO: UNO STUDIO SUI PERSONAGGI
1.1 Il signor Sherlock Holmes
“Attizza nel camino i ceppi inceneriti o dà morte sulle lande a un cane dell’inferno. Questo
alto cavaliere non sa di essere eterno” 1 . È con queste parole che Jorge Luis Borges descrive
poeticamente il più celebre tra i detective della letteratura vittoriana, il leggendario Sherlock
Holmes. Nato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle, il solitario e scaltro investigatore
londinese è una delle figure di fantasia più seguite e acclamate dal XIX secolo ad oggi.
Sherlock Holmes, insieme all’immancabile John Watson, compare per la prima volta nel 1887
all’interno del romanzo A Study in Scarlet 2 – in italiano Uno studio in rosso – scritto dal
succitato Conan Doyle, che volle cimentarsi con il genere della detective story. È
nell’Ottocento, infatti, che il romanzo poliziesco inizia a prendere piede: primo tra tutti Edgar
Allan Poe con il suo Auguste Dupin, protagonista del romanzo The Murders in the Rue
Morgue 3 e precursore del giallo deduttivo – genere che acquisterà ancora più visibilità e
consapevolezza proprio con l’avvento delle avventure di Sherlock Holmes. Ma è proprio con
Dupin, infatti, che si introduce il leitmotiv del detective dedito alla risoluzione di casi
misteriosi e oscuri mediante l’utilizzo di tecniche logico-deduttive che verrà ereditato e
rimodulato dall’investigatore di Baker Street. Un’altra importante figura, che potrebbe essere
definita come uno degli ‘antenati’ di Sherlock Holmes è certamente Monsieur Lecoq,
personaggio letterario ideato dallo scrittore francese Émile Gaboriau, che insieme a Dupin
viene nominato all’interno di A Study in Scarlet e apostrofato dallo stesso Holmes come “un
miserabile pasticcione” 4 per via delle sue ancora imprecise tecniche investigative. Tuttavia, a
differenza dei suoi predecessori, con Sherlock Holmes si ha per la prima volta l’immagine
dell’investigatore privato professionista, il cosiddetto consulting detective. Sia Dupin che
1 J. L. Borges, I congiurati, Milano, Mondadori, 1996.
2 A. C. Doyle, A Study in Scarlet, London, Ward Lock & Co, 1887.
3 E. A. Poe, The Murders in the Rue Morgue, USA, Graham’s Magazine, 1841.
4 A. C. Doyle, Uno studio in rosso, Milano, Oscar Mondadori, 2007, p. 24.
6

Lecoq, infatti, indagavano per ragioni diverse rispetto a quelle per le quali investigava
Sherlock Holmes: il primo lo faceva per il gusto dell’investigazione in sé; il secondo, invece,
era obbligato a farlo in quanto ispettore di polizia. Il suo essere un investigatore
professionista, quindi, è tra le caratteristiche più rappresentative della figura di Sherlock
Holmes; è un’immagine ricorrente, infatti, quella di Holmes sprofondato nella poltrona del
suo appartamento di Baker Street intento a ricevere i suoi clienti e ad ascoltare gli opprimenti
e misteriosi – quasi sempre delittuosi – casi che hanno da somministrargli. Ed è sempre nel
salotto del suo appartamento che Holmes, dopo aver appreso tutti i particolari del caso ed aver
raccolto ulteriori indizi in prima persona sul luogo del misfatto, si chiude in se stesso per
dedurre – più precisamente abdurre 5 – le dinamiche dell’avvenuto crimine e trovare il modo
di individuarne, smascherarne e acciuffarne il colpevole.
1.1.1 La scienza dell’abduzione
Le doti abduttive di Sherlock Holmes sono quasi sempre veloci e istantanee, basate sulle
osservazioni e sul colpo d’occhio, ma più volte lo scaltro detective anglosassone si è trovato a
dover spremere un po’ più a lungo le meningi prima di giungere ad una soluzione. La
meditazione di Sherlock Holmes, che viene descritta alla perfezione dall’attento osservatore,
nonché suo coinquilino, Watson, consiste spesso in ore e ore di silenzio, staticità e sbuffi – o
ghigni, a seconda dell’esito negativo o positivo dei suoi ragionamenti mentali – tutto quasi
sempre accompagnato dal fumo di una pipa. È interessante, ai fini di comprendere al meglio
questa tecnica di alienamento dall’immediata realtà, un passo tratto da The Hound of the
Baskervilles, in cui Sherlock Holmes chiede espressamente a Watson di rimanere fuori casa
più a lungo del solito, così da potergli garantire un isolamento più efficiente. La riflessione di
Watson dopo questa richiesta è la seguente:
I knew that seclusion and solitude were very necessary for my friend in those hours of intense
mental concentration during which he weighed every particle of evidence, constructed
5 Sull’abduzione vedi pag. 9
7

alternative theories, balanced one against the other, and made up his mind as to which points
were essential and which immaterial. 6
Una volta tornato a casa, Watson trova Holmes immerso nel fumo della sua pipa e, dopo un
breve scambio di battute, ci si ritrova davanti a questo dialogo chiarificatore:
“Where do you think that I have been?”
“A fixture also.”
“On the contrary, I have been to Devonshire.”
“In spirit?”
“Exactly. My body has remained in this armchair and has, I regret to observe, consumed in my
absence two large pots of coffee and an incredible amount of tobacco.” 7
Questo passo dà una dimostrazione scritta di quella che è la tecnica usata da Holmes nel
creare ipotesi e congetture immergendosi spiritualmente nel caso. Sul luogo del delitto,
invece, Holmes è spesso eccitato e iperattivo, si muove come un cane da tartufo, compie gesti
all’apparenza insensati e presta attenzione a dettagli giudicati dai più senza alcun valore:
“Twice as we ascended Holmes whipped his lens out of his pocket and carefully examined
marks which appeared to me to be mere shapeless smudges of dust” 8 . In merito a queste
azioni sistematiche ed apparentemente disordinate, si è espresso Stefano Guerra, noto studioso
sherlockiano, nel suo articolo “Holmes e la Psicanalisi” pubblicato sul secondo numero di The
Strand Magazine (rivista italiana che raccoglie saggi e articoli sempre nuovi riguardanti
l’arzillo detective londinese) scrivendo che:
Holmes bluffa, non si limita ad osservare ma in realtà va alla ricerca del particolare : Holmes
cerca il fiammifero lì perché ha già immaginato che le cose siano andate in un certo modo: e
può immaginarlo perché nel suo pensiero si è liberato di un certo modo di pensare. 9
Questa frase mette in luce il fatto che i metodi investigativi di Sherlock Holmes sono del tutto
anticonvenzionali e si allontanano non di poco da quella che Holmes stesso definisce “scienza
deduttiva”. Sulle capacità abduttive di Sherlock Holmes si è espresso lo studioso Thomas A.
6
A. C. Doyle, The Hound of the Baskervilles, in The Complete Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981,
p. 683.
7
Idem
8
A. C. Doyle, The Sign of Four, Harmondsworth, Penguin Classics, 2001, p. 38. (First published 1890).
9
S. Guerra, “Holmes e la psicanalisi”, The Strand Magazine n. 2 vol. 1, 1997.
8

Sebeok nel suo saggio “You Know My Method: A Juxtaposition of C. S. Peirce and Sherlock
Holmes” che è stato tradotto in italiano ed inserito nella raccolta di saggi Il segno dei tre 10 .
Nel suo scritto, Sebeok mette a confronto una delle figure più importanti (e reali) della
semiotica di fine Ottocento, lo statunitense Charles Sanders Peirce con la figura fantomatica
di Mr. Sherlock Holmes. Sebeok osserva come i metodi investigativi del detective doyliano,
seguano lo stesso schema che Peirce utilizzò per spiegare l’abduzione (o retroduzione), una
terza dimensione da unire a deduzione e induzione, che è quella che “ci permette di formulare
una predizione generale [quindi di indovinare], ma senza alcuna garanzia di risultato
positivo.” 11 Stando a quanto sostiene Sebeok, il metodo investigativo di Holmes,
contrariamente a quanto sosteneva egli stesso, altro non è che un tentativo di indovinare la
verità, espresso con decisione dopo aver analizzato i fatti, corollati dai piccoli dettagli, ed aver
“eliminato l’impossibile” 12 .
1.1.2 Cognizioni di Sherlock Holmes
Nel secondo capitolo di A Study in Scarlet, il dottor Watson compila una breve scheda in cui
appunta le doti e i limiti del suo nuovo coinquilino, che aiuta a comprendere al meglio la
particolare ed eccentrica personalità del signor Sherlock Holmes:
SHERLOCK HOLMES – his limits.
1. Knowledge of Literature. – Nil.
2. Philosophy. – Nil.
3. Astronomy. – Nil.
4. Politics. – Feeble.
5. Botany. – Variable. Well up in belladonna, opium, and poisons generally. Knows nothing
of practical gardening.
6. Geology. – Practical, but limited. Tells at a glance different soils from each other. After
walks has shown me splashes upon his trousers, and told me by their colour and
consistence in what part of London he had received them.
7. Chemistry. – Profound.
8. Anatomy. – Accurate, but unsystematic.
10
U. Eco, Il segno dei tre. Holmes, Dupin, Peirce, Milano, Bompiani, 2000.
11
Ibidem, p. 25.
12
Citazione tratta dalla celebre frase “dopo aver eliminato l’impossibile, ciò che rimane, per quanto
improbabile, deve essere la verità” (originale “when you have eliminated the impossible whatever remains,
however improbable, must be the truth”) che Holmes pronuncia ne Il segno dei quattro (The Sign of Four), p.42.
9

9. Sensational Literature. – Immense. He appears to know every detail of every horror
perpetrated in the century.
10. Plays the violin well.
11. Is an expert singlestick player, boxer, and swordsman.
12. Has a good practical knowledge of British law. 13
Anche se, andando avanti con la conoscenza, Watson si dovrà ricredere su alcuni punti
– Holmes non è per niente uno zero in letteratura, come dimostrerà citando vari autori tra i
quali Goethe e Carlyle – in linea di massima questa scheda aiuta molto a conoscere le
principali e più evidenti caratteristiche e abilità di Sherlock Holmes. Sono pochi infatti quelli
che sanno – e non mi riferisco, per ovvi motivi, ai lettori del Canone – delle abilità che
Sherlock Holmes possiede nello scontro corpo a corpo – abilità mostrate (anche se
“hollywoodianamente” spettacolarizzate) nei recentissimi film diretti da Guy Ritchie 14 – alle
quali si è trovato a dover ricorrere più volte nei racconti che lo vedono protagonista.
Memorabile tra tutti lo scontro con Moriarty, suo acerrimo nemico, all’interno del racconto
“The Final Problem”, inserito nella raccolta The Memoirs of Sherlock Holmes, in cui Holmes,
dopo un duro combattimento frontale, riesce a sopraffare l’avversario e a sopravvivere ad una
morte certa e annunciata grazie alla sua spiccata conoscenza del baritsu (una speciale ed
eclettica tecnica di autodifesa di matrice inglese). All’interno del romanzo The Sign of the
Four, invece, si viene a conoscenza del fatto che Holmes si dilettasse anche col pugilato.
Intervenendo nella discussione tra Thaddeus Sholto e il portiere/ex pugile di suo fratello,
McMurdo, Holmes si fa riconoscere da quest’ultimo per riuscire a convincerlo ad entrare in
casa di Bartholomew Sholto:
“Oh, yes you do, McMurdo,” cried Sherlock Holmes, genially. “I don’t think you can have
forgotten me. Don’t you remember the amateur who fought three rounds with you at Alison’s
rooms on the night of you benefit four years back?”
“Not Mr. Sherlock Holmes!” roared the prize-fighter. “God’s truth! How could I have mistook
you? If instead o’ standin’ there so quiet you had just stepped up and given me that cross-hit of
13
A. C. Doyle, A Study in Scarlet, Milano, Giunti, 2006, p. 22 (Prima edizione 1887).
14
G. Ritchie, Sherlock Holmes, 2009. Film. UK, USA, Australia: Lin Pictures, Silver Pictures, Village Roadshow
Pictures, Wigram, Warner Bros.
G. Ritchie, Sherlock Holmes: A Game of Shadows, 2011. Film. UK, USA, Australia: Silver Pictures, Village
Roadshow Pictures, Warner Bros.
10

yours under the jaw, I’d ha’ known you without a question. Ah, you’re one that has wasted
your gifts, you have! You might have aimed high, if you had joined the fancy.” 15
Sulle gravi mancanze in materia astronomica si ha un commento abbastanza eloquente
dello stesso Holmes nelle prime pagine di A Study in Scarlet: Watson, che sta descrivendo ai
lettori le lacune del suo nuovo coinquilino, si sofferma su un fatto in particolare che stuzzica
più di ogni altra cosa la sua curiosità, l’ignoranza di Holmes riguardo la teoria copernicana e
la composizione del sistema solare:
My surprise reached a climax, however, when I found incidentally that he was ignorant of the
Copernican Theory and of the composition of the Solar System. That any civilized human
being in this nineteenth century should not be aware that the earth travelled round the sun
appeared to be to me such an extraordinary fact that I could hardly realize it.
“You appear to be astonished,” he said, smiling at my expression of surprise. “Now that I
know it I shall do my best to forget it.” 16
Quest’ultima affermazione di Sherlock Holmes, oltre a confermare il suo completo
disinteresse per il campo dell’astronomia, introduce un’altra sua importante caratteristica e
cioè quella di considerare il cervello umano come una sorta di soffitta, il cui spazio è tutt’altro
che infinito, nella quale ognuno inserisce le proprie conoscenze sotto forma di ‘pacchetti’ che
verranno aperti all’occorrenza; quindi è dovere di ogni buon ragionatore (o, come dice lo
stesso Holmes in Uno studio in rosso, di ogni “studioso accorto”) cercare di mantenere più
spazio libero possibile nel proprio solaio/cervello in modo da poter incamerare con più facilità
quelle informazioni che gli saranno veramente utili. Una dimostrazione della veridicità di
questa teoria – almeno nel suo caso – è possibile trovarla nelle ultime righe di uno dei racconti
della raccolta The Case-Book of Sherlock Holmes, “The Adventure of The Lion’s Mane”,
avventura nella quale Holmes riesce a capire che a compiere l’omicidio di Mc Pherson e la
tentata uccisione del professor Murdoch, altri non era che una medusa velenosa della quale
lesse tempo addietro su un vecchio libro della sua vasta biblioteca personale. In merito a
questo argomento, sempre all’interno della storia, Holmes si rivolge ai lettori con queste
15 A. C. Doyle, The Sign of Four, Harmondswoth, Penguin Classics, 2001, p. 35. (First published 1890).
16 A. C. Doyle, A Study in Scarlet, Milano, Giunti, 2006, p. 20. (Prima edizione 1887).
11

parole: “My mind is like a crowded box-room with packets of all sorts stowed away therein –
so many that I may well have but a vague perception of what was there.” 17 E,
successivamente, dopo aver svelato la vera identità dell’‘assassino’, risponde alle curiose
domande di Stuckhurst e Murdoch dicendo “I am an omnivorous reader with a strangely
retentive memory for trifles. That phrase 'the Lion's Mane' haunted my mind. I knew that I
had seen it somewhere in an unexpected context.” 18 Questa sua peculiare capacità di stipare,
cercare e trovare le informazioni utili all’interno della sua mente, ha portato lo studioso
Caprettini a paragonare Holmes a un’enciclopedia nel suo saggio “Le orme del passato”:
Lo spazio interiore di Sherlock Holmes è a buon diritto paragonabile a un’enciclopedia non
soltanto per la vastità e la disparità delle cognizioni, ma anche per l’impossibilità di
padroneggiarle tutte nello stesso grado dal punto di vista mnemonico: “Spesso ho soltanto una
vaga percezione di quello che possiedo” 19 (The Adventure of the Lion’s Mane).
La passione per la musica, che Holmes esprime spesso suonando il suo Stradivarius a
qualsiasi ora (specialmente della notte) e frequentando più volte concerti musicali, viene
ricondotta da S. C. Roberts – uno dei più famosi biografi sherlockiani della storia – alla sua
innata indole artistica. Indole che il buon Watson mette espressamente in dubbio nel romanzo
The Hound of the Baskervilles, affermando che “He would talk of nothing but art, of which he
had the crudest ideas” 20 . Tuttavia lo stesso Holmes, nel medesimo libro, chiarisce la
precedente affermazione di Watson dicendo “Watson won’t allow that I know anything of art
but that is mere jealousy because our views upon the subject differ.” 21 Roberts, nella sua
biografia holmesiana intitolata Holmes & Watson. A Miscellany, sosteneva che Holmes
discendesse dal poeta francese Horace Vernet, in quanto sua nonna sarebbe stata la sorella
17
A. C. Doyle, ”The Aventure of the Lion Mane”, in The Case-Book of Sherlock Holmes, in The Complete Sherlock
Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 1090.
18
Ibidem, p. 1094.
19
G. P. Caprettini, “Le orme del pensiero”, in U. Eco, Il segno dei tre, Milano, Bompiani, 2000, p. 175.
20
A. C. Doyle, The Hound of the Baskervilles, in The Complete Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981,
p. 692.
21 Ibidem, p. 749.
12

della stesso Vernet e per questo scrisse che “Art was in his blood. He was not a painter, but he
was passionately fond of music and he was a competent actor.” 22
Quest’ultima affermazione porta a conoscere un’altra importante dote di Sherlock
Holmes, quella del travestimento. Holmes, infatti, oltre ad essere, come si è già visto, un
attento detective, un ottimo pugile e schermitore ed un bravo violinista, era anche un
abilissimo e truffaldino trasformista. In più occasioni, all’interno delle varie opere che
compongono il Canone, Holmes si traveste per raggiungere con più facilità i suoi obiettivi
come ad esempio riuscire a sfuggire al nemico (“The Final Problem”) o indagare senza
destare sospetti. In merito al travestimento di Sherlock Holmes si è espresso sempre Gian
Paolo Caprettini:
Va detto che, per Holmes, la mimetizzazione e la metamorfosi rappresentano un’autentica
necessità: come un eroe mitologico che assume le fattezze di altri per smascherarne le azioni,
egli deve simulare molte volte una falsa identità per potersi muovere efficacemente in un
mondo di indizi, di finzioni e di enigmi. La maschera gli consente di attivare (o di attivare più
rapidamente) circuiti comunicativi che altrimenti si bloccherebbero. 23
1.1.3 Le sue abitudini
Com’è stato già accennato in precedenza, Sherlock Holmes non era affatto una persona
ordinaria. Il suo carattere bohémien e le sue abitudini stravaganti, lo hanno reso un esemplare
curioso ed intrigante agli occhi degli studiosi e dello stesso Watson, che in A Study in Scarlet
afferma di volerlo proprio studiare: “As the weeks went by, my interest in him and my
curiosity as to his aims in life, gradually deepened and increased.” 24 Sempre in A Study in
Scarlet, Watson afferma che le abitudini di Sherlock Holmes sono comuni e regolari, ma
dovrà ricredersi una volta approfondita la conoscenza del suo stravagante coinquilino: Holmes
infatti non nasconde neppure all’inizio di avere strane abitudini. Nel primo capitolo del
suddetto libro, infatti, quando Holmes e Watson si conoscono per la prima volta, il primo
22 S. C. Roberts, Holmes & Watson. A Miscellany, Oxford, Oxford University Press, 1953, p. 18.
23 G. P. Caprettini, “Le orme del pensiero”, in U. Eco, Il segno dei tre, Milano, Bompiani, 2000, p. 178.
24 A. C. Doyle, A Study in Scarlet, Milano, Giunti, 2006, p. 18. (Prima edizione 1887).
13

inizia a elencare i vezzi della sua quotidianità: confessa infatti di fumare del tabacco forte in
casa, di condurre bizzarri esperimenti chimici e di suonare il violino. Oltre a questi piccoli
vizi, che il buon Watson accetta comunque subito e di buon grado, Holmes confessa anche di
essere una persona alquanto umorale: “I get in the dumps at times, and don’t open my mouth
for days on end. You must not think I’m sulky when I do that. Just let me alone, and I’ll soon
be right.” 25 Con questa affermazione si viene quindi a delineare un’altra importante
caratteristica della peculiare natura di Sherlock Holmes. Come si è già detto in precedenza,
parlando della meditazione di Holmes, quest’ultimo a volte necessita di lunghe pause di
silenzio per consentire al suo flusso di pensieri di scorrere con più rapidità e senza intoppi.
Watson non fatica ad accettare neanche questa fastidiosa particolarità del suo nuovo amico,
per questo motivo più volte la sua capacità di ascoltare in silenzio e di sopportare i capricci
più assurdi viene lodata dalla stesso Holmes, che di solito è molto sostenuto nel
complimentarsi.
Un’altra singolarità che caratterizza l’enigmatica figura del detective più famoso di
Londra, è costituita dalle sue irregolari abitudini alimentari. Non si può certo dire che Holmes
sia una buona forchetta, dal momento che il suo comportamento nei confronti del cibo si
avvicina molto all’odierna definizione di anoressia. A parte la modesta colazione che si fa
servire dalla signora Hudson (la proprietaria dell’appartamento di Baker Street) e qualche
cena sporadica in un qualche rinomato ristorante, Holmes sembra essere alquanto riluttante
nei confronti del cibo. Nei vari romanzi e nelle avventure, più volte vediamo uno Sherlock
che rifiuta di mangiare pur di concentrarsi al meglio sul caso che sta seguendo. Molto spesso,
in queste occasioni, lo si vede sostituire il tabacco al cibo: “Sherlock Holmes had pushed
away his untasted breakfast and lit the unsavoury pipe which was the companion of his
deepest meditations.” 26 Oltre al cibo, durante le estenuanti ricerche per la risoluzione di un
25 Ibidem, p. 15.
26 A. C. Doyle, The Valley of Fear, in The Complete Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 771.
14

caso, è il sonno ad essere messo da parte. Sherlock Holmes, infatti, in The Sign of the Four,
dopo aver passato un’intera notte in bianco alla ricerca di Jonathan Small e del suo complice,
dice a Watson di non sentirsi affatto stanco: “I am not tired. I have a curious constitution. I
never remember feeling tired by work, though idleness exhausts me completely. I am going
to smoke and to think over this queer business to which my fair client has introduced us.” 27
Un altro esempio è rintracciabile nell’avventura “The Man with the Twisted Lip” nella quale
Watson descrive la scena di un Holmes pronto a passare l’intera notte a meditare:
Sherlock Holmes was a man, however, who, when he had an unsolved problem upon his mind, would
go for days, and even for a week, without rest, turning it over, rearranging his facts, looking at it from
every point of view until he had either fathomed it or convinced himself that his data were insufficient.
It was soon evident to me that he was now preparing for an all-night sitting. 28
È quindi evidente che, anche in questo caso, Holmes utilizza il fumo del suo tabacco come
sostituto di quello che è uno dei bisogni principali dell’essere umano.
La precedente affermazione di Holmes, accennando il tema dell’idleness, cioè
dell’ozio, introduce il peggiore tra i vizi del consulting detective londinese: quello della droga.
Non molti sanno che il geniale investigatore di Baker Street assumeva cocaina per via
endovenosa in quei periodi di scarsa o nulla attività cerebrale. All’inizio di The Sign of the
Four è possibile vedere per la prima volta Sherlock Holmes assumere sostanze stupefacenti:
Sherlock Holmes took his bottle from the corner of the mantelpiece and his hypodermic
syringe from its neat morocco case. With his long, white, nervous fingers he adjusted the
delicate needle, and rolled back his left shirt-cuff. For some little time his eyes rested
thoughtfully upon the sinewy forearm and wrist all dotted and scarred with innumerable
puncture-marks. Finally he thrust the sharp point home, pressed down the tiny piston , and
sank back into the velvet-lined armchair with a long sigh of satisfaction. 29
Quando Watson, infastidito da questa cattiva abitudine dell’amico, gli chiede di cosa si tratti,
Holmes con totale nonchalance risponde “It is cocaine, a seven-per-cent. solution” 30 .
27
A. C. Doyle, The Sign of Four, Harmondsworth, Penguin Classics, 2001, p. 68. (First published 1890).
28
A. C. Doyle, “The Man with the Twisted Lip”, in The Adventures of Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin
Classics, 1994, p. 142. (First published 1892).
29
A. C. Doyle, The Sign of Four, Harmondsworth, Penguin Classics, 2001, p. 5. (First published 1890)
30 Ibidem, p. 6.
15

Successivamente, Watson cerca di far ragionare Holmes ricordandogli gli effetti collaterali
dell’assunzione di tali sostanze, e quest’ultimo spiega il vero motivo per cui si trova quasi
‘costretto’ a farlo:
“My mind,” he said, “rebels at stagnation. Give me problems, give me work, give me the most
abstruse cryptogram or the most intricate analysis, and I am in my own proper atmosphere. I
can dispense then with artificial stimulants. But I abhor the dull routine of existence. I crave
for mental exaltation. That is why I have chosen my own particular profession, - or rather
created it, for I am the only one the world.” 31
Si nota quindi, come d’altronde è già accennato in precedenza, che Holmes assume queste
droghe per evadere dalla routine di tutti i giorni che vede come una minaccia per la sua mente
geniale. Roberts, il succitato autore della biografia Sherlock Holmes & Watson. A Miscellany,
sostiene che una delle motivazioni per le quali Holmes sia caduto in questa dipendenza da
sostanze stupefacenti potrebbe essere una sua passata delusione amorosa. Secondo Roberts, il
primo ‘amore’ di Holmes è rintracciabile nella figura di Miss Trevor, sorella dell’amico e
collega di college di Sherlock, Victor Trevor, morta di difterite negli anni ’70 dell’Ottocento.
Nel libro, Roberts scrive: “it seems extremely probable that one of the more tragic symptoms
of this reaction is to be found in the cocaine habit, which was an object of very natural distress
to Watson.” 32 Tuttavia, dopo i vari ammonimenti di Watson, Holmes smette di fare uso di
queste sostanze e la prova di ciò si trova in un’affermazione dello stesso dottore inserita nel
racconto “The Adventure of the Missing Three-Quarter” della raccolta The Return of Sherlock
Holmes:
For years I had gradually weaned him from that drug mania which had threatened once to
check his remarkable career. Now I knew that under ordinary conditions he no longer craved
for this artificial stimulus, but I was well aware that the fiend was not dead, but sleeping. 33
31 Idem
32 S. C. Roberts, Holmes & Watson. A Miscellany, Oxford, Oxford University Press, 1953, p. 43.
33 A. C. Doyle, “The Adventure of the Missing Three-Quarter”, in The Return of Sherlock Holmes, in The
Complete Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 622.
16

1.1.4 Holmes e il gentil sesso
Uno degli argomenti più discussi per quanto riguarda l’austera ed energica figura del grande
detective londinese, Sherlock Holmes, è quello dei suoi particolari rapporti con le donne. Ad
una prima e disattenta analisi, chiunque potrebbe facilmente accusare Holmes di misoginia,
dal momento che più volte sembra esprimersi poco positivamente, o comunque con scarso
interesse sul genere femminile: “I am not a whole-souled admirer of womankind, as you are
aware, Watson” 34 . Tuttavia tale accusa non è propriamente fondata dal momento che più volte
Holmes dimostra un grande rispetto verso le donne ed il loro ruolo in società. Come ha notato
S. C. Roberts nel suo già più volte citato saggio sulla vita di Sherlock Holmes, più di una
volta il leggendario detective ha dimostrato di stimare le donne e addirittura di essere
protettivo e compassionevole nei confronti di quelle in difficoltà. L’analisi di Roberts passa
per vari racconti del Canone di Conan Doyle, come ad esempio “The Adventure of the
Speckled Band”, in cui “Holmes's protectiveness in regard to Miss Stoner is again evident” 35 ,
oppure “A Case of Identity”, in cui fa notare la particolare cortesia usata da Holmes nei
riguardi di una cliente: “Miss Sutherland enters the room. Holmes greets her with the easy
courtesy of the professional consultant. But as her story is unfolded, he displays a warmth of
feeling far beyond the limits of dispassionate inquiry. 'You have been very shamefully
treated'” 36 . Un altro esempio di protezione verso una donna lo si ha nel racconto “The
Adventure of the Veiled Lodger”, in cui Holmes prova espressamente compassione per la
triste storia di Mrs. Ronder e, dopo aver chiarito i misteri che si celavano dietro al velo che le
copriva il volto, le intima di non commettere il suicidio che aveva in mente. Anche Watson in
“The Adventure of the Dying Detective”, ci dà un esempio del comportamento cortese e
34 A. C. Doyle, The Valley of Fear, in The Complete Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 801.
35 S. C. Roberts, Holmes & Watson. A Miscellany, Oxford, Oxford University Press, 1953, p. 33.
36 Ibidem, p. 34.
17

affabile di Sherlock nei confronti delle donne dicendo che “he had a remarkable gentleness
and courtesy in his dealings with women.” 37
Ma la donna che più di tutte si è guadagnata la stima del grande detective è senza dubbio
Irene Adler, protagonista indiscussa della prima avventura della raccolta The Adventures of
Sherlock Holmes, “A Scandal in Bohemia” 38 . In questo racconto, Sherlock Holmes viene
consultato dal principe boemo in persona che, a pochi giorni dal suo matrimonio, viene
minacciato da una sua vecchia fiamma, la Adler, la quale possiede una foto che li ritrae
insieme che potrebbe causare un grosso scandalo nel paese d’origine del futuro regnante.
Holmes riesce con astuzia ad orchestrare un piano che gli permetterà di entrare in casa di
Irene Adler e vedere il luogo in cui tiene nascosta la suddetta fotografia per poi tornare a
sottrargliela in un secondo momento. Momento che però non arriverà mai, visto che la scaltra
ricattatrice, accorgendosi di essere nel mirino del detective decide di fuggire portando con sé
la fotografia della discordia. Quest’avventura segna una delle tre sconfitte più importanti di
Sherlock Holmes, una sconfitta perpetrata da una donna, il cui ritratto meriterà un posto
d’onore nella stanza dello stesso Sherlock, e il cui appellativo sarà sempre quello di The
Woman.
1.2 Il Dottor J. H. Watson
Quando si parla della figura di Sherlock Holmes, non si può non parlare anche di quella del
suo fidato ‘reporter’ e coinquilino, il celebre dottor Watson. La cosa che più mi preme
specificare, prima di entrare nel vivo dello studio del personaggio, è che l’immagine di un
Watson tonto, sottomesso, poco intelligente e addirittura in sovrappeso, alla quale siamo stati
abituati negli anni, è stata creata da zero dai produttori delle prime trasposizioni televisive
37
A. C. Doyle, “The Adventure of the Dying Detective”, in His Last Bow, in The Complete Sherlock Holmes,
Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 932.
38
A. C. Doyle, “A Scandal in Bohemia”, in The Adventures of Sherlock Holmes, London, George Newnes
Publisher, 1892.
18

delle opere sherlockiane, e non si avvicina neanche lontanamente a come è in realtà il
personaggio all’interno del Canone. Il vero Watson è agile e atletico – non si dimentichi che
era un soldato! – sempre pronto a dare una mano a Holmes durante le indagini più intricate e a
partecipare alle spedizioni più difficili e avventurose. S. C. Roberts, a tal proposito, afferma
che: “Watson was always ready to doff the bowler hat, to slip his revolver into his coat
pocket, and to face a mystery or a murder-gang with a courage which was as steady as it was
unostentatious” 39 . Il motivo per cui nei primi romanzi ci si trova davanti ad un Watson poco
attivo e sedentario è presto detto: l’ex soldato era appena stato rispedito a Londra
dall’Afghanistan dopo aver ricevuto una grave ferita alla gamba ed una alla spalla che non gli
avrebbero più permesso di svolgere il suo ruolo di chirurgo dell’esercito. A questa
convalescenza forzata va aggiunta una punta di depressione che aveva colpito il povero
Watson per via di questo suo pensionamento anticipato che lo aveva allontanato dai suoi
doveri di soldato e servitore del Paese. Ferite doloranti, periodo di convalescenza e
depressione, quindi, sono i motivi che hanno reso Watson poco più che un soprammobile
nelle prime avventure, ma ci si renderà conto, andando avanti con la lettura del Canone, che
una volta superati questi intoppi, Watson sarà un compagno attivo e prezioso per Sherlock
Holmes.
John H. Watson è un personaggio molto importante nel Canone in quanto detentore di
diversi ruoli: è la spalla del protagonista, lo scrittore-cronachista – fittizio si intende – delle
sue avventure e persino il narratore (a eccezione di quattro racconti) dei libri. È Watson infatti
che narra ai lettori le stupefacenti imprese del suo infallibile coinquilino ed è sempre Watson
a ricoprire la parte del primo a comparire in A Study in Scarlet, il primissimo romanzo
dell’intero Canone.
39 S. C. Roberts, Holmes & Watson. A Miscellany, Oxford, Oxford University Press, 1953, p. 64.
19

1.2.1 Il buon Watson
All’inizio del succitato romanzo, congedato dal suo ruolo di chirurgo dell’esercito coloniale
britannico, Watson si ritrova a Londra, completamente solo, alla ricerca di un appartamento
da prendere in affitto. Ed ecco che, quando meno se lo aspetta, arriva uno spiraglio di luce in
quei momenti di buio: Watson incontra un suo vecchio amico e collega, il giovane Stamford,
che, dopo aver appreso dei suoi problemi legati ai prezzi elevati degli affitti londinesi, fa
presente al buon dottore che anche un'altra persona stava cercando un appartamento,
possibilmente da condividere. È così che John Watson e Sherlock Holmes fanno la
conoscenza l’uno dell’altro, nel laboratorio del Saint Bartholomew’s Hospital, in mezzo ad
ampolle e resti di esperimenti chimici, introdotti dalla figura di Stamford, destinata a sparire
subito dopo la loro conoscenza.
Da quel momento comincia la storica e leggendaria amicizia tra i coinquilini più
famosi della letteratura mondiale, con un Watson che, da casalingo e svogliato, comincia a
diventare un affidabile e attento braccio destro per Holmes. Ed è proprio questo suo essere
affidabile e discreto che dà a Watson la possibilità di entrare con facilità nelle grazie
dell’umorale e diffidente Sherlock. Il buon Watson, così come lo chiamerà spesso l’amico
Holmes, è un perfetto Boswell 40 per il detective di Baker Street: fidato, accondiscendente,
volenteroso, e soprattutto – e questa è una delle doti che Holmes ammira e apprezza di più –
silenzioso nei suoi momenti di meditazione e rispettoso verso le sue bizzarre abitudini. Più
volte vediamo Holmes complimentarsi con Watson per questa sua abilità nel sopportare (e
talvolta supportare) nel migliore dei modi le stranezze del suo carattere e del suo modus
operandi, ed è possibile trovarne un esempio nell’avventura “The Man with the Twisted Lip”,
nella quale si legge quanto segue:
40
Il termine ‘Boswell’, che assume il significato di ‘assiduo e devoto ammiratore, studente e cancelliere dei
lavori e delle opere altrui’, viene dal cognome di James Boswell, scrittore e giurista scozzese vissuto nella
seconda metà del Settecento, autore della più famosa biografia su Samuel Jonson. Dal momento che il lavoro
da cronachista di Watson è molto simile a quello che fece Boswell al suo tempo per Jonson, è lo stesso Holmes
a rivolgersi al dottore con questo soprannome in “A Scandal in Bohemia” dicendo "I am lost without my
Boswell."
20

Holmes drove in silence, with his head sunk upon his breast, and the air of a man who is lost
in thought, while I sat beside him, curious to learn what this new quest might be which seemed
to tax his powers so sorely, and yet afraid to break in upon the current of his thoughts. 41
E successivamente, tramite le labbra di Holmes in persona, è possibile sentire il seguente
complimento:
“You have a grand gift of silence, Watson," said he. "It makes you quite invaluable as a
companion. 'Pon my word, it is a great thing for me to have someone to talk to, for my own
thoughts are not over-pleasant.” 42
Watson è una persona di sani principi, degno vittoriano e servitore della patria, uomo
virile e fortemente legato al senso dell’onore. Nel romanzo The Sign of Four, nei passaggi in
cui Watson inizia ad interessarsi a Mary Morstan, si nota nelle sue scelte e nei suoi
comportamenti, questa sua particolare forma di orgoglio che gli impedisce di dichiarare il suo
amore alla ragazza, solo perché vi era la possibilità che lei avesse ereditato una grande somma
di denaro ed avrebbe quindi superato di gran lunga ciò che Watson aveva da offrirle:
It was to take her at a disadvantage to obtrude love upon her at such a time. Worse still, she
was rich. If Holmes's researches were successful, she would be an heiress. Was it fair, was it
honourable, that a half-pay surgeon should take such advantage of an intimacy which chance
had brought about? Might she not look upon me as a mere vulgar fortune seeker? I could not
bear to risk that such a thought should cross her mind. This Agra treasure intervened like an
impassable barrier between us. 43
È evidente, quindi, che il rispettoso Watson, oltre a vedere il tesoro che la signorina
Morstan stava per ereditare come una barriera per il loro amore, si preoccupa anche di
sembrare opportunista ed invadente nel dichiarare al suo amore alla donna in un tale momento
di shock (Bartholomew Sholto, un altro degli aventi diritto al tesoro di Agra, era appena stato
trovato morto nel suo ufficio suscitando paura e preoccupazione nei presenti).
41
A. C. Doyle, “The Man with the Twisted Lip”, in The Adventures of Sherlock Holmes, London, Penguin Classics,
1994, p. 130 (First published 1892).
42
Idem
43
A. C. Doyle, The Sign of Four, Harmondsworth, Penguin Classics, 2001. (First published 1890), p. 50.
21

1.2.2 Watson soldato
Del passato di Watson si sa molto poco. Dal momento che il suo lavoro di cronachista è volto
più che altro a narrare le avventure dell’amico detective, a parte quel poco che ci dice lo
stesso Holmes, osservando il suo orologio da taschino, abbiamo ben pochi riferimenti alla vita
pre-londinese di Watson. Tuttavia, nel più volte citato romanzo A Study in Scarlet, veniamo a
sapere del suo passato militare: Watson faceva parte del regimento di fanteria Royal
Northumberland Fusiliers che nel 1880 lo portò a partecipare alla seconda guerra anglo-
afghana. Dal momento che possedeva una laurea in medicina, il ruolo di Watson nell’esercito
era quello di chirurgo militare, un incarico che esercita fino all’avvento della battaglia di
Maiwand, combattuta nello stesso anno, nella quale Watson rimane ferito ed è quindi costretto
a prendere congedo anticipato e a far ritorno a Londra. Dopo il primo periodo di
depressione/riabilitazione, le sue conoscenze militari garantiscono a Watson un posto d’onore
nelle indagini di Sherlock Holmes. Più volte infatti vediamo un Watson che sa rendersi utile a
livello pratico, pronto a far fuoco con la sua rivoltella, ad armeggiare utensili pericolosi, o
semplicemente ad aiutare Holmes in azioni fisiche come quella di sfondare una porta (The
Sign of Four).
1.2.3 Watson medico
Una volta ristabilita la sua pace interiore, essersi rimesso in sesto fisicamente ed aver sposato
miss Mary Morstan, Watson, che lascia Baker Street per trasferirsi con la sua consorte nella
zona di Paddington, intraprende una nuova carriera da medico chirurgo. Tra il 1887 e il 1891
(date approssimative) Watson esercita il suo nuovo lavoro in un piccolo studio situato nella
stessa zona della sua abitazione ed in questo periodo raramente fa visita all’amico di Baker
Street. Molte avventure però sono ambientate proprio in questo lasso di tempo: in “A Scandal
in Bohemia”, ad esempio, Watson si trova di passaggio a Baker Street di ritorno da una visita
a domicilio e, nell’intento di andare a fare un saluto all’amico, si ritrova coinvolto nelle
22

indagini relative al caso del re boemo e di Irene Adler; oppure, nell’avventura “The Final
Problem”, è Holmes che si reca presso l’abitazione del suo ex coinquilino, per chiedergli una
mano, nonché la sua compagnia, nella spedizione-fuga da Moriarty. Tuttavia, nei momenti in
cui Holmes resta fuori dalla sua vita, Watson si dedica completamente al suo nuovo lavoro.
Attività tuttavia non molto redditizia, dal momento che lo stesso Watson dice più volte nel
Canone che, dopo un primo momento di affollamento, il numero dei suoi pazienti era
diventato iniquo e il tempo libero a sua disposizione era considerevole.
Le doti mediche di Watson sono tenute in considerazione in due momenti in
particolare: il primo è quando, nel romanzo A Study in Scarlet, dichiara le cause dell’avvenuta
morte di Enoch Drebber e diagnostica, successivamente, un aneurisma a Jefferson Hope; il
secondo, che mette in luce, tramite le parole di Holmes, l’affidabilità e la bravura di Watson è
quando in “The Adventure of the Dying Detective”, nella quale Sherlock si finge malato e in
fin di vita, il detective farà di tutto per evitare che il buon dottore gli si avvicini e lo visiti.
Alla fine dell’avventura, quando Holmes rivela a Watson le ragioni di questa sua farsa, il
basito dottore gli domanda il motivo per il quale il detective si sia curato di non farsi visitare
dall’amico, e la risposta che riceve, come si diceva in precedenza, mette in luce il rispetto che
Holmes ha delle sue doti mediche:
“Can you ask, my dear Watson? Do you imagine that I have no respect of your medical
talents? Could I fancy that your astute judgment would pass a dying man who, however weak,
had no rise of pulse or temperature? At four yards I could deceive you.” 44
È per tutta la succitata avventura, in realtà, che viene elogiata la bravura di Watson nel campo
medico. Un altro esempio, preso sempre da “The Dying Detective”, è quando Mrs. Hudson,
disperata per le condizioni pietose del suo inquilino, gli comunica che, nonostante la sua
decisione nel non voler essere visitato, avrebbe chiamato un medico, gesto che portò Holmes
a dire “let it be Watson, then.”, “che sia Watson allora.” – alla fine però si scoprirà che il
44 A. C. Doyle, “The Adventure of the Dying Detective”, in His Last Bow, in The Complete Sherlock Holmes,
Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 941.
23

motivo per cui Holmes scelse proprio Watson era perché, non essendo realmente in fin di vita,
aveva bisogno di una persona fidata che cedesse ai suoi rifiuti categorici quando gli veniva
imposta una visita medica.
Dopo la morte di sua moglie, avvenuta tra il 1891 e il 1894, Watson, che cade
nuovamente in uno stadio depressivo, trova, per la seconda volta, una cura al suo dolore in
Holmes. Come dice Roberts nella sua più volte citata biografia su Holmes e Watson:
In the long run, nothing could have contributed so valuably to the restoration of Watson's
health and enthusiasm as the reappearance of Sherlock Holmes. “It was indeed like old times',
he writes” when I found myself seated beside him in a hansom, my revolver in my pocket and
the thrill of adventure in my heart” 45
È così che finisce la carriera di medico di John Watson, che ritorna a vivere a Baker Street,
dopo che un misterioso dottore di nome Verner 46 , – che si scoprirà, poi, essere un conoscente
di Holmes, usato dallo stesso come prestanome per riportare a casa il suo Watson – rileva il
suo studio medico per una cifra esorbitante, permettendo così all’ex dottore di esercitare
nuovamente, e a tempo pieno, il suo compito di cronachista e braccio destro di Sherlock
Holmes.
1.2.4 Watson scrittore
Tra i ruoli che Watson ha all’interno del Canone, quello più importante è sicuramente quello
di narrare le imprese di Sherlock Holmes. Fatta eccezione per quattro avventure (“The
Adventure of the Musgrave Ritual”, narrata dallo stesso Holmes a Watson, “The Adventure of
the Mazarin Stone”, scritta in terza persona, “The Adventure of the Blanched Soldier” e “The
Adventure of the Lion's Mane”, raccontate da Sherlock perché vissute in assenza di Watson),
tutti i romanzi e le storie del Canone prendono vita dalla romanzesca mano del fedele Boswell
di Mr. Sherlock Holmes, il buon Watson. Il fatto che John sia il narratore delle avventure
45 S. C. Roberts, Holmes & Watson. A Miscellany, Oxford, Oxford University Press, 1953, p. 84-85.
46 Il nome Verner potrebbe essere un rimando concettuale alla stirpe dalla quale (in teoria) discende Holmes, i
Vernet.
24

vissute da Holmes, implica la sua presenza nello svolgimento delle varie trame. È per questo
quindi, che molto spesso il detective chiede al suo fidato amico di leggere ad alta voce la
posta ricevuta, alcuni articoli di giornale o dei biglietti, cosicché, attraverso i suoi occhi e le
sue labbra (e, ovviamente, la sua penna), arrivino ai lettori tutti i dettagli sul caso, dei quali
Holmes è già a conoscenza.
Questo bisogno di far vivere a Watson le avventure dell’amico detective è quindi
un’espediente letterario che spiega anche l’insistenza di Holmes nell’averlo sempre attorno
durante l’esposizione dei fatti di un delitto, sul luogo del misfatto e spesso anche nel corso
delle indagini. Un esempio lampante di questa teoria lo si ha all’interno della pluricitata
avventura “The Final Problem”, nella quale Holmes insiste affinché Watson lo segua nel
cuore del Continente europeo: accettando questa proposta Watson compie una doppia scelta
meta-letteraria, ricoprendo quindi sia il ruolo del fedele amico che accompagna l’eroe al
patibolo, sia quello, appunto, dell’osservatore/scrittore/narratore della scena che si verrà a
creare e che sarebbe rimasta sconosciuta qualora lui non fosse stato presente in quel momento.
Il fatto che Watson sia lo scrittore/narratore delle avventure di Sherlock Holmes è quindi una
sorta di raison d'être del suo stesso personaggio. La particolarità – forse la più ovvia – che
ruota intorno al personaggio di Watson scrittore è il fatto che possa essere visto come un alter
ego dello stesso autore del Canone, ossia Arthur Conan Doyle. Watson, infatti, possiede
molte caratteristiche che rimandano alla biografia di Conan Doyle: entrambi erano medici,
tutti e due si dilettavano nella scrittura (mezzo che avrebbe dato un nome a entrambi), sia
l’uno che l’altro era attratto dal mondo del crimine e, dulcis in fundo, erano ambedue devoti
ad un ‘maestro’: Sherlock Holmes per Watson e Joseph Bell per Doyle (particolarità che verrà
analizzata nel secondo capitolo). Insomma, è proprio come se Watson e Conan Doyle fossero
la stessa persona (o, molto più semplicemente, è come se Doyle avesse plasmato a sua
immagine e somiglianza il personaggio di Watson) e, per questo motivo i sostenitori del
cosiddetto ‘Grande Gioco’ sostengono che in realtà Watson – e di conseguenza Holmes – sia
25

ealmente esistito e che Conan Doyle non sia stato altro che un prestanome se non addirittura
una pseudonimo dello stesso John.
1.2.5 La questione dei matrimoni
Prima di concludere il discorso su Watson, è importante fare cenno alla questione dei suoi
matrimoni. Del suo primo storico matrimonio con la signorina Mary Morstan abbiamo molte
notizie nel romanzo The Sign of Four. Nel libro infatti, sin dalla sua prima apparizione,
Watson descrive Mary come una donna candida e composta ed è da subito attratto da questa
sua soave bellezza. Sempre nel corso del romanzo viviamo l’avvicinamento dei due sia
attraverso i gesti (si tengono per mano, per esempio, oppure Watson va a trovarla spesso da
Mrs. Forrester, donna presso la quale Mary lavorava come governante) sia, e soprattutto,
attraverso il flusso dei pensieri e delle sensazioni dello stesso Watson, che si sente per la
prima volta tanto innamorato quanto inadeguato. Alla fine del libro, Watson dichiara a Mary
il suo amore e confida a Holmes che ha intenzione di prenderla in sposa. Nella prima
avventura della serie The Adventures of Sherlock Holmes, “A Scandal in Bohemia”, veniamo
a sapere che Watson è felicemente sposato e vive con Mrs. Watson in un appartamentino nella
zona di Paddington. Il suo matrimonio tuttavia, non è destinato a durare in eterno. Come è
stato già detto, tra il 1891 e il 1894 Mary, oramai ammalata da tempo, lascia Watson vedovo.
Dopo un lasso di tempo di circa otto anni, durante i quali Watson era tornato a convivere
con Holmes nello storico appartamento di Baker Street, si viene a sapere dalle parole dello
stesso Sherlock che “the good Watson had at that time deserted me for a wife” 47 , frase che
lascia intendere che Watson, intorno agli anni 1903 e 1907, si fosse risposato. Della seconda
moglie di Watson non si sa nulla, dal momento che lo stesso dottore non scrisse mai niente di
lei. Per via di alcune incongruenze temporali, alcuni studiosi sherlockiani sostengono che
Watson abbia avuto anche una terza moglie e addirittura una quarta. Tuttavia si tratta solo di
47 A. C. Doyle, “The Adventure of the Blanched Soldier”, in The Case-Book of Sherlock Holmes, in The Complete
Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 1000.
26

congetture scaturite dall’imprecisione di Watson (o di Doyle) nel datare le avventure delle
quali scriveva.
1.3 Il piccolo spazio femminile
All’interno dell’intero Canone sherlockiano, non molto spesso ci troviamo di fronte a figure
femminili che superino il ruolo di semplici vittime o parti lese di un crimine. Dal momento
che – e in questo la sua biografia è molto chiara – Conan Doyle non era certo un elemento di
spicco nella promozione del movimento femminista – all’epoca si espresse con molta
convinzione contro le suffragette e quindi contro il voto alle donne – si può accusare il grande
creatore del detective londinese di aver scritto un’opera tendenzialmente maschilista. I
personaggi di rilievo all’interno delle opere infatti – a parte pochissime eccezioni – sono tutti
uomini: Holmes, Watson, gli esponenti di Scotland Yard, Moriarty, Moran, ecc. Il piccolo
spazio riservato alle donne, viene quindi occupato solo da tre figure: Irene Adler, Mary
Morstan e Martha Hudson. In questo paragrafo si vedrà di analizzare i loro personaggi e di
vedere che ruoli svolgono all’interno dei romanzi e delle avventure.
1.3.1 Irene Adler: La Donna
Sin dalla sua prima apparizione all’interno dell’avventura “A Scandal in Bohemia”, Irene
Adler ha scalfito i cuori dei protagonisti e dei lettori. Descritta come una donna di eccezionale
bellezza da Watson, e considerata un’avversaria degna di rispetto da Holmes, Irene è
sicuramente il personaggio femminile più importante dell’intero Canone, sebbene compaia
solamente in un’avventura. Tuttavia la sua presenza aleggia anche in altre storie del Canone
come ad esempio “A Case of Identity”, “The Five Orange Pips”, “The Blue Carbuncle” 48 e
“His Last Bow”. Le curiose vicende che accadono all’interno di “A Scandal in Bohemia”,
48 A. C. Doyle, “The Blue Carbuncle”, in The Adventures of Sherlock Holmes, London, George Newnes Publisher,
1892.
27

legano in modo molto particolare la figura di Irene Adler a quella di Sherlock Holmes.
Quando per la prima volta il grande detective si esprime sulla giovane donna, lo fa con le
seguenti parole: “she was a lovely woman, with a face that a man might die for” 49 e poco
dopo si trova all’improvviso ingaggiato come testimone al suo matrimonio – gesto per il quale
riceve dalla neo sposa (totalmente ignara della sua identità) una sovrana che, come Holmes
rivela a Watson, verrà agganciata alla catena del suo orologio in memoria di quel momento.
Che Sherlock Holmes desse a Irene Adler una certa importanza, è possibile evincerlo
sin dalle primissime righe della storia:
To Sherlock Holmes she is always the woman. I have seldom heard him mention her under
any other name. In his eyes she eclipses and predominates the whole of her sex. It was not that
he felt any emotion akin to love for Irene Adler. All emotions, and that one particularly, were
abhorrent to his cold, precise but admirably balanced mind. He was, I take it, the most perfect
reasoning and observing machine that the world has seen, but as a lover he would have placed
himself in a false position. He never spoke of the softer passions, save with a gibe and a sneer.
They were admirable things for the observer--excellent for drawing the veil from men's
motives and actions. But for the trained reasoner to admit such intrusions into his own delicate
and finely adjusted temperament was to introduce a distracting factor which might throw a
doubt upon all his mental results. Grit in a sensitive instrument, or a crack in one of his own
high-power lenses, would not be more disturbing than a strong emotion in a nature such as his.
And yet there was but one woman to him, and that woman was the late Irene Adler, of dubious
and questionable memory. 50
Dalle parole di Watson traspare un certo sentimento di forte rispetto da parte di Holmes nei
riguardi della signorina (successivamente signora) Adler. Rispetto che, viste le particolari
azioni di Holmes – tenere e incorniciare il ritratto che Irene lasciò nel nascondiglio nel quale
precedentemente nascondeva la foto del principe, oppure la stessa azione del voler tenere
costantemente vivo il suo ricordo agganciando al suo orologio da taschino la moneta ricevuta
da lei – sembra avvicinarsi ad un sentimento amoroso. È per questo motivo che molti apocrifi,
nonché molte trasposizioni filmiche del Canone, vogliono un Holmes innamorato dell’unica
donna che sia mai riuscita a batterlo. Tuttavia, si tratta solo di congetture e ipotesi, dal
momento che più volte Holmes esprime la sua sfiducia nei confronti delle donne – sfiducia
49 A. C. Doyle, “A Scandal in Bohemia”, in The Adventures of Sherlock Holmes, London, Penguin Classics, 1994, p.
17 (First published 1892).
50 Ibidem, p. 3.
28

che perderà proprio alla fine di questa avventura, visto che Watson riporta che da quel
momento Holmes smise di ironizzare sul cervello delle donne. Nel precedente estratto è
possibile trovare anche un’importante affermazione, e cioè quella in cui si afferma che
Holmes chiami Irene “the woman” – “la donna”. Quest’appellativo è sicuramente
ricollegabile al fatto che Irene sia stata l’unica donna in grado di sconfiggerlo, nonché l’unica
che abbia mai stuzzicato il suo interesse. A questo proposito è importante leggere uno degli
ultimi dialoghi tra Holmes e il principe boemo:
"What a woman--oh, what a woman!" cried the King of Bohemia, when we had all three read
this epistle. "Did I not tell you how quick and resolute she was? Would she not have made an
admirable queen? Is it not a pity that she was not on my level?"
"From what I have seen of the lady she seems indeed to be on a very different level to your
Majesty," said Holmes coldly. 51
Da questo scambio di battute ci si accorge di come Holmes prenda in giro il principe, senza
che lui se ne accorga.
In “The Adventure of the Five Orange Pips” Holmes pronuncia la celebre frase “I have
been beaten four times--three times by men, and once by a woman.” 52 Una frase che sembra
chiaramente riferirsi a Irene Adler, anche se presenta un’incongruenza temporale, dal
momento che gli avvenimenti di “A Scandal in Bohemia” risultano essere successivi a quelli
di “The Five Orange Pips” – problema che può essere attribuito ad un errore di datazione di
Watson/Doyle, così come succede con la questione dei matrimoni del dottore. Una delle
particolarità più rilevanti della figura di Irene Adler è quella di essere una sorta di
corrispettivo femminile di Sherlock Holmes. Entrambi, infatti, sono molto scaltri e furbi ed
entrambi sono degli abilissimi trasformisti. Così come Holmes riusciva a calarsi nei panni di
qualsiasi personaggio volesse, grazie alle sue abilità di travestimento, anche Adler sapeva
destreggiarsi molto bene con questa attività. Infatti, sempre nell’avventura che la vede
protagonista, la si incontra, per l’ultima volta, travestita da uomo che dà la buonanotte ad un
51 Ibidem, p. 28.
52 A. C. Doyle, “The Adventure of The Five Orange Pips”, in The Adventures of Sherlock Holmes, Penguin Classics,
1994, p. 105. (First published 1892).
29

asito Sherlock Holmes prima di sparire per sempre: “Good night, Mister Sherlock
Holmes.” 53
1.3.2 Mary Morstan: La moglie
Il secondo personaggio femminile che acquista una rilevante importanza all’interno del
Canone è quello della fedele moglie del dottor Watson, Mary Morstan. Figlia del Capitano
Morstan, un ufficiale dell’esercito coloniale britannico di stanza in India, rimasta orfana di
madre da bambina e spedita da sola in un pensionato di Edimburgo fino all’età di diciassette
anni, la giovane Mary non ha certamente avuto una vita facile. La prima volta che la si
incontra, è nel romanzo The Sign of Four, quando la giovane donna fa il suo ingresso nel
celebre appartamento di Baker Street per esporre a Sherlock Holmes il suo problema legato
alla scomparsa del padre e al misterioso recapito di alcune perle giganti di elevato valore. In
quel periodo Mary lavorava come governante presso la casa di una signora benestante, Miss
Forrester, la quale si era servita a sua volta delle abilità di Sherlock Holmes; fu lei infatti a
consigliare alla giovane donna di rivolgersi allo scaltro detective di Baker Street per venire a
capo dei suoi problemi.
Il primo a offrire una descrizione fisica della signorina Morstan è il buon Watson che,
con gli occhi del futuro innamorato, intravede in Mary una rarissima amabilità di spirito:
Miss Morstan entered the room with a firm step and an outward composure of manner. She
was a blonde young lady, small, dainty, well gloved, and dressed in the most perfect taste.
There was, however, a plainness and simplicity about her costume which bore with it a
suggestion of limited means. The dress was a sombre grayish beige, untrimmed and unbraided,
and she wore a small turban of the same dull hue, relieved only by a suspicion of white feather
in the side. Her face had neither regularity of feature nor beauty of complexion, but her
expression was sweet and amiable, and her large blue eyes were singularly spiritual and
sympathetic. In an experience of women which extends over many nations and three separate
continents, I have never looked upon a face which gave a clearer promise of a refined and
sensitive nature. 54
53
A. C. Doyle, “A Scandal in Bohemia”, in The Adventures of Sherlock Holmes, Penguin Classics, 1994, p. 25.
(First published 1892).
54
A. C. Doyle, The Sign of Four, Harmondsworth, Penguin Classics, 2001, p. 13. (First published 1890).
30

Mary infatti non deluderà le aspettative di Watson: sarà sempre, fino alla sua morte, una
moglie amabile e disponibile (è lei che più volte spingerà Watson ad andare a trovare Holmes
durante il loro matrimonio o a partecipare comunque alle sue indagini). Come dice lo stesso
Watson nell’avventura “The Man with the Twisted Lip”, tutti quelli che avevano dei
problemi, spesso trovano sostegno in Mary: “That was always the way. Folk who were in
grief came to my wife like birds to a light-house.” 55 Nel romanzo citato in precedenza Watson
inizia sin da subito a provare una certa simpatia ed una particolare attrazione per Mary
Morstan e in occasione della scoperta della morte di Bartholomew Sholto capisce di esserne
innamorato e di avere il compito di proteggerla e difenderla:
Miss Morstan and I stood together, and her hand was in mine. A wondrous subtle thing is love,
for here were we two who had never seen each other before that day, between whom no word
or even look of affection had ever passed, and yet now in an hour of trouble our hands
instinctively sought for each other. I have marvelled at it since, but at the time it seemed the
most natural thing that I should go out to her so, and, as she has often told me, there was in her
also the instinct to turn to me for comfort and protection. So we stood hand in hand, like two
children, and there was peace in our hearts for all the dark things that surrounded us. 56
Watson quindi sente fin da subito il bisogno di dover prendersi cura di quella creatura sola al
mondo e abbandonata al suo destino, ma il terrore che ella potesse ereditare l’incredibile
tesoro di Agra lo faceva sentire inadeguato. Per sua “fortuna”, Jonathan Small, che aveva
rubato il suddetto tesoro, riuscì a disperderlo per intero nei fondali del Tamigi durante
l’inseguimento sui battelli, facendo così tornare la Morstan alla portata del modesto dottore.
Mary Morstan diventa la signora Watson nel 1889, anno in cui John lascia Baker Street per
andare a vivere con lei a Paddington. Tuttavia, nelle avventure presenti nella raccolta The
Memoirs of Sherlock Holmes, ci sono alcuni segnali di allontanamento tra Watson e la moglie,
dal momento che spesso quest’ultima si trova a fare lunghe visite ai familiari, che la tengono
lontana dai suoi doveri di moglie. Ad esempio, nell’avventura “The Final Problem”, Watson
55
A. C. Doyle, “The Man with the Twisted Lip”, in The Adventures of Sherlock Holmes, London, Penguin Classics,
1994, p. 125. (First published 1892).
56
A. C. Doyle, The Sign of Four, Harmondsworth, Penguin Classics, 2001, p.36. (First published 1890),
31

dice infatti di essere solo in casa, dal momento che la moglie si trovava in visita dai suoi
parenti per qualche settimana.
Le cause della morte della signora Watson (née Morstan) non vengono esplicate
all’interno del Canone. Si sa tuttavia che la sua dipartita deve essere avvenuta tra i fatti di
“The Final Problem” e “The Empty House”, dal momento che nella prima delle due
avventure, come si è da poco detto, Mary è in visita da alcuni parenti, in più, Holmes scrive a
Watson nel suo biglietto d’addio di porgere i suoi saluti a sua moglie, mentre nella seconda
John parla di un “grave lutto” che lo aveva colpito.
1.3.3 Martha Hudson: La donna di casa
Il terzo e ultimo personaggio femminile di spicco all’interno del Canone è quello di Mrs.
Hudson. Martha Hudson, questo è il nome completo, è la padrona del famoso appartamento
preso in fitto da Holmes e Watson al 221B di Baker Street. La signora Hudson compare
spesso nelle avventure di Sherlock Holmes anche se, quasi sempre, ha ruoli marginali come
quello di aprire la porta ai clienti di Holmes o di preparare e servire i pasti ai due affittuari.
Tuttavia ci sono due avventure nelle quali l’anziana donna è parte fondamentale della trama:
“The Adventure of the Empty House”, inserita nella raccolta The Return of Sherlock Holmes,
e “The Adventure of the Dying Detective”, nella raccolta His Last Bow. Nella prima storia, la
fedele e benevola signora, per aiutare Holmes nel compimento del suo piano per acciuffare il
Colonnello Sebastian Moran, si offre volontaria per spostare più volte il manichino dalle
fattezze del detective, creato per confondere i diabolici piani dell’assassino. Nella seconda
avventura sopracitata invece, quella in cui Holmes si finge in fin di vita per incastrare un
criminale che aveva circuito da tempo, è possibile finalmente vedere la signora Hudson agire
di sua spontanea volontà (costringerà Holmes a farsi visitare da un medico, che poi sarà
Watson) e pronunciare qualche frase più complessa della solita “c’è il signor tal dei tali alla
32

porta”. In quest’ultima avventura Watson descrive per la prima volta la figura di Mrs. Hudson
e il rapporto che intercorreva tra lei e Sherlock Holmes:
Mrs. Hudson, the landlady of Sherlock Holmes, was a long-suffering woman. Not only was
her first-floor flat invaded at all hours by throngs of singular and often undesirable characters
but her remarkable lodger showed an eccentricity and irregularity in his life which must have
sorely tried her patience. His incredible untidiness, his addiction to music at strange hours, his
occasional revolver practice within doors, his weird and often malodorous scientific
experiments, and the atmosphere of violence and danger which hung around him made him
the very worst tenant in London. On the other hand, his payments were princely. I have no
doubt that the house might have been purchased at the price which Holmes paid for his rooms
during the years that I was with him. The landlady stood in the deepest awe of him and never
dared to interfere with him, however outrageous his proceedings might seem. She was fond of
him, too, for he had a remarkable gentleness and courtesy in his dealings with women. 57
Da queste parole si capisce dunque che tra la signora Hudson e Sherlock Holmes c’era un
forte legame di rispetto e di affezione, ma non solo; si viene anche a sapere che Holmes paga
per l’affitto una cifra esorbitante che supera di gran lunga quella che paga il dottor Watson, e
questo potrebbe essere uno dei motivi per i quali, nonostante il fatto che il detective fosse un
terribile inquilino, Mrs. Hudson se lo tenesse così stretto. È importante ricordare ai fini di
quest’analisi che, quando Holmes deciderà di andare a vivere nel Sussex, Mrs. Hudson lo
seguirà e continuerà a svolgere i suoi compiti di donna di casa. La più accurata analisi del
personaggio di Martha Hudson è sicuramente quella fatta da Vincent Starrett nella sua famosa
biografia sherlockiana The Private Life of Sherlock Holmes 58 . Uno dei punti fondamentali
dell’analisi di Starrett, è proprio quello della fedeltà della signora Hudson nei confronti del
suo bizzarro inquilino, dovuta sicuramente in parte ad un senso di soggezione – quasi paura –
ma anche ad un certo affetto maturato negli anni della loro ‘convivenza’. A tal proposito,
ricordando le vicende dell’avventura “The Dying Detective”, Starrett si esprime dicendo:
Whatever may have been Mrs. Hudson’s awe of Sherlock Holmes, and no doubt it continued
throughout the years, here sincere affection for him cannot be questioned. She believed him to
be dying when she rushed off to Watson on that November 1888. For three days she has seen
him sinking, while he refused to allow her to call in a doctor, and her agitation was profound. 59
57
A. C. Doyle, “The Adventure of the Dying Detective”, in His Last Bow, in The Complete Sherlock Holmes,
Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 932.
58
V. Starrett, The Private Life of Sherlock Holmes, New York, Pinnacle Books, 1975.
59 Ibidem, p.91.
33

Una cosa curiosa che accade intorno alla figura di Mrs. Hudson è che nell’avventura “A
Scandal in Bohemia” viene chiamata da Holmes erroneamente Mrs. Turner. Secondo l’analisi
di Starrett, si tratterebbe di un’altra persona, magari una domestica; ma vi è un’altra scuola di
pensiero che vuole che la colpa sia della solita e discutibile memoria di Watson/Doyle.
1.4 L’albo dei criminali
Dopo aver analizzato le uniche tre figure femminili che ricoprono un ruolo di un certo
spessore all’interno del Canone, ci si addentrerà nell’analisi del lato oscuro e criminale della
Londra tardo-vittoriana. La ragione d’esistere del grande detective di Baker Street, nonché
dell’intera saga holmesiana, è costituita proprio dal filo conduttore del criminale da arrestare o
dell’assassino da scoprire. Cosa sarebbe stato il Canone senza la vendetta di Jefferson Hope in
A Study in Scarlet, senza i ricatti di Charles Augustus Milverton nell’omonima avventura o
senza il finto omicidio di John Douglas in The Valley of Fear? I criminali sono quindi delle
figura centrali e di tutto rispetto all’interno delle avventure di Sherlock Holmes. Ma c’è un
nome in particolare che risuona più volte e mestamente all’interno del Canone, è il nome
dell’acerrimo nemico di Sherlock Holmes, la nemesi per eccellenza: James Moriarty. In
questo paragrafo conclusivo ci si accingerà a scoprire l’inquietante figura del professore più
spietato di Londra e quella del suo braccio destro: il brutale e animalesco colonnello Sebastian
Moran.
34

1.4.1 Il professor Moriarty
Apparso per la prima volta nell’avventura “The Final Problem”, inserita nella raccolta The
Memoirs of Sherlock Holmes, Moriarty è da sempre considerato come l’avversario numero
uno del grande detective, l’anti-Holmes per eccellenza, colui che – come si è creduto prima
dell’avvento dell’avventura “The Empty House” – arrivò addirittura a causarne la presunta
morte.
Stimabile professore universitario, esperto in scienze matematiche – Holmes stesso ci
dice possegga delle doti matematiche fenomenali –, Moriarty sembrerebbe godere di una
brillante ed onesta carriera, se non fosse per le tendenze diaboliche che circolano nelle sue
vene. All’interno dell’avventura che lo vede come protagonista/antagonista, nella quale i fatti
vengono raccontati a posteriori da un addolorato Watson sofferente per la scomparsa del caro
amico, il personaggio minaccioso di Moriarty era diventato per Holmes quasi un’ossessione,
una mania (tesi avallata anche dall’ispettore MacDonald in The Valley of Fear: “I won't
conceal from you, Mr. Holmes, that we think in the C. I. D. that you have a wee bit of a bee in
your bonnet over this professor” 60 ). Nei fatti di “The Final Problem”, Watson racconta ai
lettori di aver ricevuto un’inattesa visita notturna dall’amico detective il quale, dopo essersi
curato di chiudere tutte le imposte, inizia a parlare al dottore, per la prima volta, della funesta
figura di Moriarty. Durante il suo racconto, Holmes dice di aver percepito più volte la
presenza della grande mano da burattinaio di Moriarty in molti dei casi ai quali si era
dedicato. Sherlock si dichiara stanco e privato di tutte le sue energie per via dei tentativi fatti
per smascherare il temibile, seppur insospettabile, professore ed afferma che, qualora fosse
mai riuscito a catturarlo, allora avrebbe raggiunto l’apice della sua carriera a si sarebbe potuto
dedicare ad un’attività più tranquilla:
“The man pervades London, and no one has heard of him. That's what puts him on a pinnacle
in the records of crime. I tell you, Watson, in all seriousness, that if I could beat that man, if I
60
A. C. Doyle, The Valley of Fear, in The Complete Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 775.
35

could free society of him, I should feel that my own career had reached its summit, and I
should be prepared to turn to some more placid line in life.” 61
Holmes continua la sua descrizione di questo “Napoleone del crimine” (epiteto dato a
Moriarty dallo stesso Sherlock) facendo capire ai lettori che il nefasto professore agisce in un
modo simile a quello di un alto esponente mafioso, muovendo i fili dei crimini da commettere
e facendo ben poco in prima persona:
“He is the Napoleon of crime, Watson. He is the organizer of half that is evil and of nearly all that is
undetected in this great city. He is a genius, a philosopher, an abstract thinker. He has a brain of the
first order. He sits motionless, like a spider in the center of its web, but that web has a thousand
radiations, and he knows well every quiver of each of them. He does little himself. He only plans. But
his agents are numerous and splendidly organized.” 62
La prima volta che si vede Moriarty comparire in carne ed ossa è sempre nel racconto di
Holmes, che rivela a Watson di aver ricevuto l’inaspettata visita del professore proprio quella
mattina. È stata quella terribile visita a scuotere i nervi dell’impavido Sherlock che,
minacciato da Moriarty, ne riconosce in quel momento il suo “intellectual equal” 63 . È curioso
infatti constatare il fatto che James Moriarty e Sherlock Holmes possano essere visti come
personaggi uguali e contrari. Oltre all’ovvia contrapposizione detective – criminale (quindi
bene – male), possiamo portare alla luce l’esempio delle intimidazioni di Moriarty, che
minaccia Holmes di portargli tanti problemi quanti gliene procurerà lui. Ciò rispecchia
questo loro essere due poli opposti, due entità di forza uguale e contraria che tramite uno
specchio si incontrano e si scontrano. Sempre nella succitata avventura, Holmes e Watson si
recano in Svizzera, a Meiringen, per sfuggire alle grinfie di Moriarty in attesa che
quest’ultimo cadesse nella trappola tesagli da Sherlock a Londra. Purtroppo però il perfido
professore, conscio di tutto quello che accade attorno a lui, arriva a Meiringen e riesce a
incontrare Holmes su una rupe accanto alle famose cascate di Reichenbach, dove tenterà di
ucciderlo. Tuttavia sarà solo lui a trovare la morte, poiché Holmes riuscirà a salvarsi.
61 A. C. Doyle, “The Final Problem”, in The Memoirs of Sherlock Holmes, in The Complete Sherlock Holmes,
Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 470.
62 Ibidem, 471.
63 Idem
36

La morte di Moriarty non farà però sì che la sua figura smetta di aleggiare nei crimini
affrontati da Holmes. Nel romanzo The Valley of Fear, infatti, Moriarty torna ad essere lo
spauracchio della situazione, sebbene non sia direttamente coinvolto nella trama. C’è da
precisare però che i fatti avvenuti nel romanzo sono antecedenti a quelli dell’avventura “The
Final Problem”. Moriarty viene nominato spesso anche nell’avventura “The Empty Room”, la
prima dopo la presunta morte di Sherlock Holmes, ma l’avversario principale della storia non
sarà lui, bensì il suo fidato secondo, il temibile e bestiale colonnello Moran.
1.4.2 Il colonnello Moran
Sebbene compaia ufficialmente in solo una delle avventure holmesiane, il colonnello
Sebastian Moran è sicuramente, dopo Moriarty, l’avversario più temibili che il detective
londinese abbia mai dovuto affrontare. Non a caso lo stesso Holmes, nell’avventura “The
Empty House”, che vede l’animalesco colonnello come protagonista, lo definisce come "the
second most dangerous man in London" 64 – “il secondo uomo più pericoloso di Londra”.
Nonostante venga nominato per la prima volta nell’avventura sopracitata, la prima
apparizione ufficiale di Moran è da ritrovarsi nell’avventura “The Final Problem”. Nella
suddetta, dopo che Holmes riesce a far cadere Moriarty nel baratro delle cascate di
Reichenbach, restando sospeso nel vuoto aggrappato ad alcune sporgenze rocciose, deve
vedersela che dei grossi massi rotolanti spinti giù proprio da Moran, che era lì e aveva
assistito alla fine del suo mentore e cercava, quindi, di vendicarne la morte.
Sebastian Moran, ex-colonnello del regimento britannico 1st Bangalore Pioneers,
servì nella seconda guerra anglo-afgana (la stessa per la quale servì Watson), ma venne
espulso dall’esercito e costretto a tornare a Londra per una serie di scandali che lo videro
coinvolto. Queste due particolarità della vita di Moran lo legano in modo particolare alla
figura di Watson. Entrambi sono il braccio destro di qualcuno, tutti e due hanno partecipato
64 A. C. Doyle, “The Adventure of the Empty House”, in The Return of Sherlock Holmes, in The Complete Sherlock
Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 494.
37

alla guerra anglo-afgana e – sebbene per motivi differenti – sono stati costretti a tornare a
Londra. Quindi, così come Holmes e Moriarty, anche Watson e Moran rappresentano
un’antitesi l’uno dell’altro, venendo a formare così l’equazione Holmes – Moriarty = Watson
– Moran. Sebbene l’antonimia tra Watson e Moran non sia palesata come quella che
intercorre tra Holmes e Moriarty, è possibile percepire nelle parole del dottore un certo
particolare disgusto nel descrivere la figura del colonnello come quella di un selvaggio:
He was an elderly man, with a thin, projecting nose, a high, bald forehead, and a huge grizzled
moustache. An opera-hat was pushed to the back of his head, and an evening dress shirt-front
gleamed out through his open overcoat. His face was gaunt and swarthy, scored with deep,
savage lines. 65
Alla fine dell’avventura “The Empty House”, della quale Moran è l’indiscusso
protagonista/antagonista, il feroce colonnello viene fatto prigioniero con l’inganno da Holmes
e Watson con l’ausilio dei poliziotti di Scotland Yard guidati dall’ispettore Lestrade. Il motivo
dell’arresto, oltre all’assassinio di Ronald Adair, è quello del tentato omicidio di Sherlock
Holmes per mezzo di uno speciale fucile ad aria compressa che Moran utilizzava spesso per i
crimini commissionati da Moriarty.
È con la descrizione di quest’ultimo personaggio che si conclude l’analisi delle figure
più importanti del Canone (sebbene ne siano state tralasciate altre come Mycroft e Lestrade,
che però non sarebbero state utili ai fini dell’argomento principale dell’elaborato), figure che
serviranno ad analizzare al meglio il discorso che si intende portare avanti con questo lavoro
di tesi e cioè quello inerente al rapporto che intercorre tra Holmes e Watson e i vari
personaggi satelliti.
65 Ibidem, p. 491.
38

CAPITOLO SECONDO: DOYLE, IL CANONE E GLI
SHERLOCKIANI
2.1 Sir Arthur Conan Doyle
Prima di entrare nel vivo dell’argomento, è giusto dare un po’ di spazio a chi ha contribuito
alla creazione di questi personaggi con la sua fantasia e la sua penna: Sir Arthur Conan Doyle.
2.1.1 Cenni biografici
Edimburghese di nascita, secondo di dieci figli, Arthur Ignatius Conan Doyle viene al mondo
il 22 maggio 1859. Sin da bambino, il piccolo Arthur manifesta una grande passione per la
scrittura che lo porterà, all’età di soli sei anni, a scrivere la sua prima storia e più tardi, nel
1879, a pubblicare la sua prima narrazione ufficiale: The Mystery of Sasassa Valley 66 , un
racconto del terrore. Avendo frequentato la facoltà di medicina all’Università di Edimburgo, il
giovane Arthur, oltre ad essere uno scrittore prodigio era anche – e soprattutto – un aspirante
medico. Tra i suoi professori di medicina troviamo il nome del dottor Joseph Bell, un docente
molto particolare – per il quale Doyle, per un breve periodo di tempo, lavorò anche come
assistente – al quale Arthur era molto devoto, e che verrà rincontrato nei romanzi del Canone
sotto le mentite spoglie di Sherlock Holmes. È proprio al suo professore, infatti, che il
giovane Doyle si ispira quando, intorno al 1887, inizia a narrare le avventure di un cinico e
infallibile detective dalla vasta conoscenza scientifica e dai modi all’apparenza burberi (figura
che ritornerà nel 2004, nuovamente rimodulata, con il dottor Gregory House della serie
televisiva statunitense Dr. House - Medical Division 67 ). E così, come la figura di Bell si
proietta in quella di Holmes, la stessa figura dello scrittore, Conan Doyle, si proietta in quella
del devoto e fedele Watson.
66 A. C. Doyle, “The Mystery of Sasassa Valley”, in Chamber’s Journal, London, 1879.
67 D. Shore, P. Attanasio, Dr. House – Medical Division, 2004 – 2012. TV. USA: Fox.
39

La fortuna di Doyle fu il dilagarsi delle riviste popolari nell’Inghilterra dell’Ottocento:
grazie a quelle, che si rivolgevano ad una fascia di pubblico medio-bassa e quindi più ampia,
Arthur ebbe la possibilità di pubblicare molti dei suoi racconti che lo resero famoso. Tra le
varie riviste per le quali lavorò, si ricorda la più importante, The Strand Magazine, sulla quale
videro la luce quasi tutte le avventure di Sherlock e Watson.
Doyle si dilettava in molti generi. Oltre a giallo deduttivo, infatti, è possibile trovare
opere di Conan Doyle che parlano di storia, fantascienza, avventura e addirittura di
sovrannaturale e spiritismo. E fu proprio questa improvvisa passione per il mondo degli spiriti
e delle potenze oscure che fece crollare la rispettabile figura di Conan Doyle e che finì col
coprirlo di ridicolo. Ciò che più nocque alla sua reputazione fu un suo articolo nel quale
affermava con indiscutibile sicurezza l’esistenza delle fate. A dimostrazione della sua tesi,
pubblicò una fotografia che ritraeva delle bambine circondate da alcuni esseri magici
luminosi, che si scoprì però essere il frutto di uno scherzo di cattivo gusto, architettato a
pennello per il povero e oramai vecchio Conan Doyle.
2.1.2 Le opere non-sherlockiane
Com’è possibile immaginare, sebbene Conan Doyle debba tutta la sua fama alle avventure
che vedono come protagonista lo scaltro Sherlock Holmes, gli intricati casi ai quali è
sottoposto il grande investigatore non sono gli unici lavori usciti dalla penna dello scrittore
edimburghese. Com’è stato anticipato nel sottoparagrafo precedente, infatti, Conan Doyle si è
dedicato alla scrittura di diversi generi letterari nel corso della sua vita. Uno dei generi che
contribuì – sebbene in piccola parte – ad accrescere la sua fama scrittoria, è quello del
romanzo storico. Doyle infatti scrisse diversi romanzi ambientati in vari momenti della storia,
tra i quali troviamo titoli come The White Company 68 , ambientata nella guerra dei cent’anni o
68 A. C. Doyle, The White Company, London, Smith, Elder & Co., 1891.
40

The Great Boer War 69 , che gli fece guadagnare il titolo di baronetto col quale viene ricordato
ancora oggi. Molti furono anche i libri di racconti fantastici e d’avventura, tra i quali va
sicuramente menzionato il celebre The Lost World 70 , – Il mondo perduto – forse il suo
romanzo più famoso che non rientri nel Canone sherlockiano. È infatti in questo romanzo che
fa la sua prima apparizione il celebre Professor Challenger, personaggio che Doyle riutilizzerà
in altri racconti fantastici. Per quanto riguarda invece la sua passione per lo spiritismo e il
paranormale, a parte i vari riferimenti rintracciabili in The Hound of the Baskervilles e nel
racconto “The Adventure of the Sussex Vampire”, della raccolta The Case Book of Sherlock
Holmes, è possibile trovare tra le opere di Doyle due testi importanti ossia: The History of
Spiritualism 71 e The Edge of Unknown 72 , la sua ultima opera in assoluto.
2.1.3 Il Canone
Ma, com’è stato detto già in precedenza, ciò che ha veramente regalato fama e notorietà al
medico/scrittore scozzese è stata la serie di romanzi e racconti su Sherlock Holmes.
Cominciata quasi per gioco nel 1887 con il primo romanzo A Study in Scarlet, la
mirabolante ed eterna carriera del detective più famoso di Londra inizia a farsi strada tra le
opere più importanti del periodo. Comincia quindi a prendere forma quello che i lettori
chiameranno più tardi il Canone (the Canon) – con la C maiuscola per il gioco di parole con
il primo cognome dell’autore – la serie completa delle avventure del detective di Baker Street,
Sherlock Holmes, e del suo fedele amico Watson. La stesura del Canone procede, a intervalli
più o meno regolari, dal 1887 al 1927, anno in cui viene pubblicata l’ultima raccolta The
Case-Book of Sherlock Holmes. Il Canone sherlockiano è composto da quattro romanzi e
cinquantacinque racconti, ripartiti in cinque raccolte. Fatta eccezione per tre dei quattro
romanzi (A Study in Scarlet (1887), The Sign of Four (1890) e The Valley of Fear (1915))
69 A. C. Doyle, The Great Boer War, London, Smith, Elder & Co., 1900.
70 A. C. Doyle, The Lost World, London, Hodder & Stoughton, 1912.
71 A. C. Doyle, The History of Spiritualism, London, Hodder & Stoughton, 1926.
72 A. C. Doyle, The Edge of Unknown, London, Hodder & Stoughton, 1930.
41

tutte le avventure di Sherlock Holmes sono state pubblicate sulla rivista londinese The Strand
Magazine e successivamente ripartite nelle raccolte The Adventures of Sherlock Holmes
(1892), che contiene i primi dodici racconti, The Memoirs of Sherlock Holmes (1894),
contenente altri undici racconti, The Return of Sherlock Holmes (1905), che conta ben tredici
avventure, His Last Bow (1917), che invece ne contiene solo sette e The Case-Book of
Sherlock Holmes (1927), comprensivo degli altri dodici racconti rimanenti. Il quarto romanzo,
The Hound of the Baskervilles (1902) fu pubblicato a puntate sempre sulla succitata rivista
popolare. Esiste inoltre un’ulteriore racconto breve, conosciuto come The Field Bazaar, che
Doyle avrebbe scritto tra il 1894 e il 1902, per sopperire alle pressanti richieste dei lettori
vogliosi di nuove storie su Sherlock Holmes. Il racconto non rientra ufficialmente nel Canone
in quanto molto breve e pubblicato nella rivista The Student dell’Università di Edimburgo.
La scrittura del Canone fece emergere dalle pagine delle sue avventura la vigorosa, e
destinata all’immortalità, figura di Sherlock Holmes che, sebbene diede a Doyle la tanto
agognata fama di scrittore, iniziò paradossalmente a metterlo sempre più in ombra e prendere
con ferocia il suo posto. È per questo motivo che tra il 1894 e il 1902 Doyle decide di
smettere con Sherlock Holmes con un espediente che non fece particolarmente piacere ai suoi
accaniti sostenitori: la sua morte.
2.1.4 Conan Doyle vs Sherlock Holmes
“I think of slaying Holmes...” 73 , sono queste le parole che Conan Doyle scrive a sua madre nel
1891, quando, durante la stesura delle avventure che avrebbero composto la raccolta The
Memoirs of Sherlock Holmes, si rende conto di aver creato un “mostro letterario” che stava
pian piano cancellando la sua stessa esistenza per imporre il suo irreale ed astratto dominio.
La figura di Sherlock Holmes, accresciuta da un vorace e fedele seguito di lettori, che la
idolatrava proprio come se il grande detective esistesse realmente, aveva acquistato una tale
73 “Penso che ucciderò Holmes…” - J. Lellenberg, D. Stashower, C. Foley, Arthur Conan Doyle: A Life in Letters,
London, Penguin Press, 2007.
42

visibilità, fama e autonomia che sembrava quasi vivesse di vita propria. Basti pensare al fatto
che i lettori, anziché scrivere all’autore, indirizzavano le loro missive di complimenti al 221B
di Baker Street, intestandole direttamente a mr. Holmes o al dottor Watson. Per questo motivo
e per la volontà di volersi dedicare anche ad altri generi che non fossero gialli deduttivi, il
padre e creatore del Great Detective di Baker Street decide di porre fine alla sua celebrità
facendolo sparire per sempre in un baratro di non ritorno. Per uccidere Sherlock Holmes,
Doyle ‘ingaggiò’ il Napoleone del crimine in persona: Moriarty. È proprio per mano di
Moriarty che Holmes sparisce nell’avventura “The Final Problem”, segnando così la fine
(provvisoria) del Canone.
La morte di Sherlock Holmes scatenò una feroce protesta tra i lettori, che tutti insieme
accusarono lo stesso Doyle di averlo assassinato. La stessa madre infatti, in risposta alla sua
lettera alla quale si è fatto riferimento prima, rispose con un echeggiante "You won't! You
can't! You mustn't!" 74 . Sebbene fosse riuscito a liberarsi ufficialmente della figura di Holmes,
nel 1898 l’attore teatrale William Gillette convinse Doyle a lasciargli interpretare a teatro il
grande detective. È così che nacquero, in quegli anni, le opere teatrali, dirette dallo stesso
Doyle, delle avventure holmesiane. Questa nuova aria respirata da Arthur, lo persuase
finalmente a far ‘resuscitare’ Sherlock Holmes che, dopo un ritorno fittizio in The Hound of
the Baskervilles (fittizio perché gli avvenimenti del romanzo erano antecedenti a quelli della
morte del detective), tornò effettivamente in vita – si scoprirà poi che in realtà si salvò
all’incidente di “The Final Problem”, e che quindi non era mai morto – nell’avventura “The
Empty House” nel 1903.
74 “Non lo farai! Non puoi! Non devi!” - J. Lellenberg, D. Stashower, C. Foley, Arthur Conan Doyle: A Life in
Letters, London, Penguin Press, 2007.
43

2.2 Il “Sacro” Canone
Dopo aver accennato in breve quelli che sono i romanzi e le raccolte che compongono il
Canone holmesiano, è doveroso prestar loro un po’ più d’attenzione, per entrare al meglio
nelle dinamiche delle avventure che vedono protagonisti Sherlock Holmes e John Watson.
L’appellativo “Sacro” in riferimento al Canone, è dovuto al fatto che per il seguito di
Sherlock Holmes – vorace e ingordo di avventure proprio come un tempo – la serie
sherlockiana è da considerarsi al pari di uno scritto divino. Ciò che contiene il Canone è
quindi, per gli incalliti lettori/sostenitori, una legge imprescindibile che mette fuorigioco ogni
tipo di apocrifo o interpretazione trasversale. Con questo paragrafo, si andrà quindi a vedere
ed analizzare nel dettaglio i romanzi e le raccolte che compongono questa grande collezione.
2.2.1 Uno studio in rosso e Il segno dei quattro
Com’è stato più volte scritto, il primissimo romanzo su Sherlock Holmes è il celebre A Study
in Scarlet, arrivato in Italia con il titolo Uno studio in rosso. Scritto nel 1886 e pubblicato
nell’anno successivo, A Study in Scarlet fu il primo romanzo poliziesco col quale si dilettò
Conan Doyle. È proprio con questo romanzo che si introduce al mondo la figura del grande ed
austero detective di Baker Street, il leggendario Sherlock Holmes. Sebbene al giorno d’oggi
viene difficile pensare che un’opera come quella che diede vita a Sherlock Holmes avesse
ricevuto poco credito al suo tempo, bisogna invece accettare il fatto che andò proprio così.
Dopo aver scritto il suo romanzo, Doyle ebbe non poche difficoltà nel trovare un editore
disposto a pubblicarglielo, ed è per questo motivo che, spinto dal bisogno, accettò di
pubblicarlo nella rivista Beeton's Christmas Annual 75 per una paga davvero irrisoria.
Il libro di per sé è molto importante proprio perché contenente l’incontro tra i due che
sarebbero diventati da lì a breve i coinquilini più famosi della letteratura mondiale. Vengono
introdotti anche i metodi investigativi di Holmes che, come è stato detto nel primo capitolo,
75 S. O. Beeton, Beeton's Christmas Annual, London, Ward – Lock and Co., 1860 – 1898.
44

altro non sono che abduzioni. Nell’intricata trama del romanzo si ha a che fare con l’omicidio
di Enoch Drebber (e successivamente del suo segretario Stangerson), attribuito, alla fine della
prima parte, ad un vendicativo Jefferson Hope. Nella seconda parte del romanzo, invece, è
possibile leggere una sorta di antefatto, raccontato dallo stesso assassino, che spiega i motivi
che lo hanno spinto a compiere un tale folle gesto nonché vedere un’immagine molto
suggestiva delle popolazioni mormoni.
Dopo il tardivo e poco esaustivo successo di A Study in Scarlet, Doyle viene
incentivato a scrivere un nuovo romanzo, avente Holmes come protagonista, da Joseph M.
Stoddart, editore della rivista americana Lippincott's Monthly Magazine 76 . Desideroso di
creare una versione britannica della rivista, Stoddard decise di rivolgersi ad alcuni scrittori
emergenti del posto tra cui, oltre al nome di Doyle, figurava quello di Oscar Wilde. Wilde
contribuì alla rivista col suo celebre romanzo The Picture of Dorian Gray 77 , mentre Doyle
diede vita al secondo grande romanzo del Canone: The Sign of Four, conosciuto in Italia
come Il segno dei quattro. Sebbene questo secondo romanzo ebbe molta più fortuna del
primo, non si può certo dire che – quantomeno all’epoca – fece brillare la carriera del suo
scrittore. Si può infatti affermare con una certa facilità che la fama vera e propria di Sherlock
Holmes e del suo inventore, arrivò più tardi con la pubblicazione delle prime avventure su
The Strand Magazine. Pubblicato nel 1890, The Sign of Four (anche conosciuto come The
Sign of the Four) contiene il caso inerente alla scomparsa del colonnello Morstan e quindi la
prima entrata in scena della futura moglie di Watson, Mary Morstan.
2.2.2 Le avventure su The Strand Magazine
Com’è stato appena anticipato, il successo delle saga sherlockiana, arriva nel 1892 con la
pubblicazione della prima raccolta di avventure dedicate al detective londinese, The
Adventures of Sherlock Holmes. È a partire dal 1891 che Conan Doyle inizia a pubblicare
76 J. M. Stoddard, Lippincott's Monthly Magazine, Philadelphia, J.B. Lippincott & Co., 1868 – 1915.
77 O. Wilde, The Picture of Dorian Gray, London, Lippincott's Monthly Magazine, 1890.
45

sulla rivista The Strand Magazine 78 , dei racconti brevi che narrano delle particolari e intriganti
indagini di Sherlock Holmes e del suo fedele amico Watson. Spesso le singole avventure
pubblicate sullo Strand, apparivano con la dicitura The Adventure of… seguito dal titolo vero
e proprio. È per questo motivo che nel citarle è possibile trovarle scritte sia con la suddetta
dicitura sia semplicemente con il titolo di base. La prima avventura è la più volte citata “A
Scandal in Bohemia”, che vede come protagonista indiscussa la bella Irene Adler. La raccolta
contiene anche avventure singolari quanto ridicole come ad esempio “The Red-Headed
League” 79 , nella quale si parla di un’associazione per sole persone dai capelli rossi, oppure
“The Man with the Twisted Lip”, in cui un rispettabile cittadino inglese si rende conto dei
guadagni dei mendicanti e comincia a chiedere l’elemosina. Senza citarle tutte, basti sapere
che la suddetta raccolta contiene avventure abbastanza note, nonché importanti per la trama
orizzontale dell’intera saga, come ad esempio “The Adventure of the Noble Bachelor”, “The
Adventure of the Speckled Band” oppure “The Adventure of the Five Orange Pips”.
Dopo l’incredibile successo ottenuto con le avventure raccolte in The Adventures, Conan
Doyle decise di continuare a pubblicare racconti holmesiani su The Strand, ed è così che, nel
1894, arriva la seconda raccolta di avventure: The Memoirs of Sherlock Holmes.
Pubblicate con lo stesso criterio delle prime dodici, queste nuove avventure
contribuirono ad una costruzione maggiore dei personaggi principali grazie all’espediente di
alcune storie sul passato di Holmes come ad esempio “The Adventure of the Musgrave
Ritual”, che è oltretutto narrata dallo stesso Sherlock. Oltre a storie di una certa importanza
come “The Adventure of the Naval Treaty” e “The Adventure of the Greek Interpreter”, si
può affermare con certezza che l’avventura che dà a The Memoirs un certo prestigio è proprio
l’ultima, ovvero “The Final Problem”. Com’è stato già detto nei paragrafi precedenti,
quest’avventura, in cui Holmes conoscerebbe la sua fine per mano del suo acerrimo nemico
78 G. Newnes, The Strand Magazine, London, Herbert Greenhough Smith, 1891 – 1930.
79 A. C. Doyle, “The Red-Headed League”, in The Adventures of Sherlock Holmes, London, Penguin Classics,
1994. (First published 1892).
46

Moriarty, fu scritta da Doyle per mettere un punto fisso ad una saga che oramai lo aveva
stancato. Tuttavia, com’è già stato reso noto, The Memoirs non costituirà l’ultima apparizione
di Sherlock Holmes.
2.2.3 “Resurrezione” di Sherlock Holmes – Il mastino dei Baskerville
Dovendo in qualche modo ovviare alle assillanti pressioni dei lettori accaniti, Conan Doyle fu
quasi costretto a scrivere di nuovo del detective di Baker Street. È così che vide la luce quello
che sarà il più celebre romanzo dell’intero Canone sherlockiano: The Hound of the
Baskervilles, Il mastino dei Baskerville (traduzione non del tutto corretta, dal momento che la
belva oscura protagonista del libro non era propriamente un mastino bensì una sorta di cane
da caccia, per questo motivo, nonostante la fama della prima traduzione, si preferisce la più
corretta Il cane dei Baskerville). Il romanzo iniziò a comparire a puntate, su The Strand
Magazine a partire dal 1901 per finire poi nel 1902, anno in cui ne venne pubblicata la prima
versione rilegata. Doyle, che non aveva tuttavia intenzione di resuscitare la sua creatura
letteraria, decise di ubicare i fatti del romanzo nell’anno 1889, rendendo, quindi, il tutto
antecedente a quanto accaduto in “The Final Problem”. The Hound of the Baskervilles è uno
dei pochissimi tentativi di Doyle di unire la sua tanto amata passione per il mondo oscuro
delle leggende magiche alle sue razionali e logiche detective stories. Nella trama infatti,
Holmes e Watson ricevono la visita del dottor Mortimer, che racconta ai due amici le oscure
vicende relative alla morte di Sir Charles Baskerville dovute ad una presunta maledizione
gettata da secoli sulla famiglia. Per proteggere, quindi, il futuro erede dei terreni della
famiglia Baskerville, Sir Henry, Watson si reca con lui e Mortimer a Baskerville Hall, la
residenza che apparteneva in precedenza a Sir Charles, e ancora prima al terribile Hugo
Baskerville. La maledizione dei Baskerville recitava che sarebbe apparso un grosso cane
infernale a portar via la vita ad ogni erede della casata ed è per questo motivo che Holmes
diede a Watson il compito di vegliare giorno e notte su Sir Henry. Il fantomatico cane
47

dell’inferno fa ad un certo punto il suo ingresso, ma si scoprirà alla fine essere un trucco di
Rodger, altro erede di casa Baskerville il cui padre fu creduto morto tempo addietro e che
cercava in tutti i modi di ottenere la sua eredità. Ecco quindi che, nonostante l’elemento
magico-demoniaco, il raziocinio naturale della detection torna a vincere sulla trama.
Ma non fu certo con questo espediente che Doyle riuscì a liberarsi delle folle inferocite
che volevano a tutti i costi che Holmes tornasse effettivamente a fare il suo mestiere. È così
che, dopo diverse pressioni e consigli anche da parte di amici e familiari, Doyle decise di far
tornare in vita Holmes a tutti gli effetti con delle nuove avventure che vennero raccolte nel
1905 nel volume The Return of Sherlock Holmes. Non avendo mostrato in “The Final
Problem” il cadavere di Sherlock Holmes, non fu difficile per Doyle farlo tornare in scena
nell’avventura “The Empty House”. Il periodo intercorso tra la sua presunta scomparsa nel
1891 e il suo ritorno nel 1894 viene definito dagli appassionati “Il grande iato”. Durante
questi tre anni, Holmes, che ne parla con Watson nella succitata avventura, racconta ai lettori
di aver viaggiato in lungo e in largo – in Tibet, in Persia, in Francia e addirittura in Italia, a
Firenze – e di aver contato sull’aiuto e sul silenzio del fratello Mycroft così da riuscire a
passare per morto e acciuffare il braccio destro di Moriarty, Sebastian Moran. In The Return
trovano spazio avventure significative e ancora più intricate come ad esempio “The
Adventure of the Norwood Builder”, “The Adventure of the Dancing Men” oppure “The
Adventure of Charles Augustus Milverton”.
2.2.4 La valle della paura e le ultime avventure
Nel 1915 Doyle pubblicò il quarto e ultimo romanzo del Canone che vedrà come protagonisti
Holmes e Watson alle prese con un assassinio avvenuto in un vecchio castello in circostanze
misteriose: The Valley of Fear – La valle della paura. Il protagonista del romanzo è la
presunta vittima, John Douglas, che, creduto morto per l’intero libro, viene trovato vivo e
vegeto in una camera segreta del castello. Il cadavere trovato sul pavimento del salone era in
48

ealtà quello di un sicario che avrebbe dovuto uccidere Douglas, in quanto traditore e disertore
di un’associazione criminale. L’avvincente romanzo termina con una seconda parte incentrata
sul passato americano di Douglas e sulla cosiddetta Valle della paura che dà il nome al
romanzo stesso.
Dopo la pubblicazione e il successo di The Valley of Fear, Doyle continuò a
pubblicare avventure sullo Strand, ed è così che, nel 1917 viene pubblicata ufficialmente la
penultima raccolta: His Last Bow, arrivata in Italia come L’ultimo saluto di Sherlock Holmes.
Questa raccolta contiene solamente sette racconti tra i quali è possibile trovare il più volte
citato “The Adventure of the Dying Detective” e “His Last Bow”, narrato da una sconosciuta
terza persona. Dopo qualche anno, nel 1927 andò invece in stampa l’ultima raccolta di
avventure sherlockiane: The Case-Book of Sherlock Holmes. Le avventure, sempre pubblicate
per la prima volta su The Strand tra il 1921 e il 1927, sono dodici e sono tra le più celebri. È
in questa raccolta infatti, che è possibile trovare le due avventure narrate in prima persona da
Holmes, ossia “The Adventure of the Blanched Soldier” e “The Adventure of the Lion's
Mane”. È sempre in The Case-Book, che è collocato il secondo esperimento di Doyle atto ad
unire esperienze paranormali e panorami gotici all’interno del razionale mondo di Sherlock
Holmes. Si tratta del famoso racconto “The Adventure of the Sussex Vampire”, nel quale
Holmes e Watson saranno alle prese con un presunto caso di vampirismo.
È così che si conclude, quindi, questa breve analisi sulle singole opere contenute nel
famoso Canone holmesiano. Una volta chiuso per sempre il capitolo Sherlock Holmes, Doyle
si dedicò ancora per qualche anno alla scrittura di racconti sul Professor Challenger e su
argomenti esoterici, fino a che, nel luglio 1930, si spense, lasciando incompiuta la sua ultima
opera The Edge of the Unknown.
49

2.3 Sherlock Holmes: un mito senza tempo
Il mito del detective più famoso di Londra è rimasto ben intatto, e tutt’oggi ci sono schiere di
sostenitori e ammiratori incalliti che idolatrano la figura di Holmes, così come l’intero
Canone, proprio come si fa con un dio e la rispettiva religione. Dopo la pubblicazione delle
opere canoniche di Conan Doyle, le avventure di Sherlock Holmes sono state riproposte più
volte nei campi più disparati: apocrifi, trasposizioni teatrali, serie tv, film e persino cartoni
animati. Il successo dell’investigatore di Baker Street, ha coinvolto – e continua a coinvolgere
– più generazioni e fasce d’età. È infatti molto facile affermare che il fandom sherlockiano è
davvero assai vario: uomini, donne, ragazzi, docenti, studenti e chi più ne ha più ne metta. La
passione che unisce tutte queste persone, quella per il Canone e per il caro Mr. Holmes, ha
portato alla creazione di gruppi e associazioni a tema, che agiscono come vere e proprie sette,
delle quali si parlerà nel primo sotto-paragrafo.
2.3.1 Le associazioni “sherlockiane”
Com’è stato già anticipato nell’introduzione di questo paragrafo, la voglia di rivivere,
condividere e discutere delle avventure di Sherlock Holmes, si è riversata nella creazione di
gruppi e associazioni dediti a questo tipo di attività. Grazie all’appassionato lavoro dello
studioso sherlockiano Peter E. Blau, presidente della Red Circle Society (associazione
holmesiana con sede a Washington DC), è possibile consultare un’aggiornatissima lista che
elenca tutte le organizzazioni sherlockiane del mondo, semplicemente cliccando su un link
disponibile online. La succitata lista, reperibile nel sito Sherlocktron 80 , aggiornata all’11
marzo 2012, conta la bellezza di quasi 900 associazioni holmesiane sparse sul Globo.
Solitamente queste organizzazioni prendono il nome dalle avventure o dai romanzi
sherlockiani, con le dovute modifiche; non è strano quindi trovarsi davanti a gruppi chiamati
A Case of Identifiers, The Norwood Building Inspectors, The Noble Bachelors of St. Louis,
80 http://sherlocktron.hostoi.com/Sherlocktron.html
50

The Silver Blazers, ecc. Altri invece devono il loro nome a persone, cose, o frasi celebri
comparse all’interno del Canone: si parla di gruppi come Mycroft’s League, Martha Hudson’s
Cronies, The Agra Treasures o The Persian Slipper Club of San Francisco. Ma tra tutte le
associazioni sherlockiane, quelle più famose sono sicuramente due: la celebre organizzazione
The Baker Street Irregulars di New York e la leggendaria The Sherlock Holmes Society of
London. Entrambe sono attive dagli anni ’30 del Novecento e, mentre per la seconda le
iscrizioni sono libere a partire dai 16 anni, nella prima si parla di vere e proprie investiture! Il
numero di iscritti è a predeterminato e il presidente (chiamato Wiggins, come il “capo” del
gruppetto di ragazzini – i Baker Street Irregulars appunto – che aiutavano Holmes in alcune
indagini) viene eletto a vita, ed è lui a scegliere il suo successore. Le associazioni includono
anche membri onorari tra scrittori di gialli o studiosi di ogni genere. Anche in Italia è presente
un’importante associazione holmesiana molto attiva e frequentata: Uno Studio in Holmes.
2.3.2 Sherlockiani in Italia: Uno Studio in Holmes
L’associazione italiana Uno Studio in Holmes (abbreviato, USiH) convoglia un incredibile
numero di appassionati sherlockiani di tutto il Bel Paese. Nata a Firenze nel 1987 – come
viene precisato nel sito 81 dell’organizzazione, proprio nell’anno del centenario della prima
avventura di Sherlock Holmes – USiH è un’associazione sherlockiana che gode di un certo
prestigio e vanta la partecipazione di volti noti come Enrico Solito, Alessandro Gebbia,
Alessandra Calanchi e Marco Zatterin. L’associazione, che si riunisce di solito almeno una
volta l’anno, organizza convegni o mostre fotografiche inerenti il Canone e cura una rivista
chiamata The Strand Magazine – proprio come la storica rivista che ospitò per prima le
avventure del Great Detective – che raccoglie articoli, apocrifi, recensioni e qualsiasi altra
notizia riguardante la sfera holmesiana. L’associazione è attiva anche sul social network più
81 www.unostudioinholmes.org
51

famoso del momento, Facebook, e ad oggi (giugno 2012) conta ben 4.348 iscritti, che sono
tuttavia in costante aumento.
2.3.3 I luoghi di “culto” – 221B di Baker Street
Tra gli appassionati sherlockiani ci sono alcuni luoghi che diventano dei must-visit per via del
fatto di essere luoghi importanti all’interno del Canone. È così che Meiringen viene visitata
dagli appassionati più incalliti a causa della presenza delle famose cascate di Reichenbach o
che luoghi come Norwood, il Sussex o (e soprattutto) la stessa Londra, acquistano un valore
aggiunto che per i non-sherlockiani è di dubbia comprensione. Tra i luoghi di culto più
visitati, il più importante è senza dubbio lo storico indirizzo di Sherlock e Watson, il 221B di
Baker Street a Londra. Ogni giorno, ogni mese, ogni anno, è possibile vedere lunghe file di
lettori incalliti, appassionati, studiosi o semplici curiosi, davanti al portone del celebre
indirizzo che, sebbene presenti la targhetta 221B, non si trova propriamente a quel numero
civico. Su Baker Street è possibile trovare un’infinità di riferimenti a Sherlock Holmes a
partire dalla stazione del Tube, mantenuta in stile ottocentesco e caratterizzata dalla presenza
di una miriade di adesivi raffiguranti la sagoma del profilo di Holmes. Uscendo dalla stazione
ci si trova davanti ad un’imponente statua di bronzo raffigurante il grande Sherlock e recante
la dicitura “The Great Detective”. Molti bar e locali nei dintorni riportano loghi e nomi che
richiamano Holmes così per sfruttare e celebrare allo stesso tempo la sua immortale fama.
Arrivando al presunto 221B ci si trova davanti ad un grande portone verde che introduce alla
casa-museo di Sherlock Holmes, un’abitazione mantenuta in stile vittoriano e ammobiliata
come se si trattasse del vero appartamento abitato dai due coinquilini più famosi di Londra.
All’interno è possibile vedere, oltre alle riproduzioni di oggetti appartenenti a Holmes e
Watson (il violino, la ciabatta porta-tabacco, il deerstalker, ecc), alcune tra le prime edizioni
in paperback delle opere del Canone e delle statue di cera raffiguranti i principali personaggi
del Canone come Holmes, Watson, Moriarty e Irene Adler e quelli più amati dai lettori:
52

Tonga, Milverton, il principe Boemo, l’uomo dal labbro spaccato dell’omonima avventura,
ecc. Ma non finisce qui, perché una volta usciti dal museo è possibile visitare un negozietto,
anch’esso in stile vittoriano, con tanto di commesse abbigliate secondo la moda del periodo,
nel quale è possibile acquistare ogni tipo di merchandising sherlockiano. Accanto al suddetto
negozio, inoltre, si trova lo Hudson’s Restaurant, una tavola calda che prende il nome dalla
padrona di casa dello storico appartamento. Ma non è solo a Baker Street che è possibile
trovare rimandi sherlockiani. Dal momento che molte sono le vie nelle quali il grande
detective si è mosso, altrettanti sono i riferimenti holmesiani sparsi nella grande capitale
inglese. Uno storico luogo d’incontro per gli appassionati sherlockiani è senza dubbio il
celebre Sherlock Holmes Pub, situato in Northumberland Road a pochi passi da Trafalgar
Square.
La passione per il Canone, e di conseguenza per il mitico Sherlock Holmes, quindi,
non è affatto scemata, anzi, è in continuo aumento anche grazie a nuovi fenomeni mediatici
quali Sherlock Holmes 82 e Sherlock Holmes: A Game of Shadows 83 , film diretti da Guy
Ritchie, o Sherlock 84 , serie TV sherlockiana mandata in onda da BBC, che hanno riportato
Holmes e Watson sulla cresta dell’onda. L’intramontabile figura del grande detective di Baker
Street, accompagnata da quella del suo fedele amico e reporter Watson, continua, quindi, a
sopravvivere e brillare nella nostra realtà come un tempo, proprio come dice Vincent Starrett
nel suo The Private Life of Sherlock Holmes:
But there can be no grave for Sherlock Holmes or Doctor Watson… Shall they not always live
in Baker Street? Are they not there this moment, as one writes? …Outside, the hansoms rattle
through the rain, and Moriarty plans his latest devilry. Within, the sea coal flames upon the
hearth and Holmes and Watson take their well-won ease… So they still live for all that love
them well: in a romantic chamber of the heart, in a nostalgic country of the mind, where it is
always 1895. 85
82
G. Ritchie, Sherlock Holmes, 2009. Film. UK, USA, Australia: Lin Pictures, Silver Pictures, Village Roadshow
Pictures, Wigram, Warner Bros.
83
G. Ritchie, Sherlock Holmes: A Game of Shadows, 2011. Film. UK, USA, Australia: Silver Pictures, Village
Roadshow Pictures, Warner Bros.
84
S. Moffat, M. Gatiss, Sherlock, 2010 – 2012. TV. UK: BBC Wales.
85
V. Starrett, The Private Life of Sherlock Holmes, New York, Pinnacle Books, 1975, p. 73.
53

CAPITOLO TERZO: AMBIGUITÀ OMOEROTICHE NEL
CANONE
3.1 Ambiguità nel Canone
Dopo aver analizzato per bene i personaggi principali del Canone sherlockiano ed aver
spiegato quali sono le opere in cui si sono mossi, si passerà, con questo capitolo conclusivo,
ad un’analisi molto particolare: si cercherà di portare alla luce, tramite citazione di passi e
battute presenti nelle opere originali del Canone, quelle che sono le ambiguità e le particolari
sfumature del rapporto che intercorre tra Sherlock Holmes e il suo caro vecchio Watson.
Come pochi sapranno – e come molti tendono a voler ignorare – all’interno del
Canone il rapporto d’amicizia, tacito sodalizio di fratellanza, tra Holmes e Watson
sembrerebbe intriso di una particolare forma di sentimentalismo. Il più volte discusso
atteggiamento di disinteresse di Holmes verso il genere femminile, l’ammirazione infinita di
Watson verso l’amico, la sorta di ‘concubinaggio’ in cui vivono i due rispettabili uomini
londinesi e molti altre particolarità sparse qua e là nelle varie opere della saga sherlockiana,
portano il lettore più attento – e open-minded – a farsi una fatidica domanda: ma quella tra
Sherlock Holmes e il dottor Watson era più di una mera amicizia?
Per quanto si possa scavare a fondo nel Canone, una risposta a questa semplice e
diretta questione non potrà, ovviamente, mai essere trovata. Tuttavia, ciò non toglie che si
possa avere la possibilità di affrontare in modo critico ed intelligente un’analisi che porti alla
luce tali indizi di ambiguità omoerotica tra Holmes e Watson. L’intento di questo capitolo
conclusivo sarà quindi quello di disseppellire tali indizi e portarli davanti agli occhi di chi
legge questo elaborato, analizzando queste ambiguità, man mano che si presentano nei
romanzi e nelle avventure del Canone.
54

3.1.1 “La sindrome di Conan Doyle”
Prima di iniziare con l’analisi dei singoli passi che evidenziano la presenza di ambiguità di
tipo erotico, nel Canone, è necessario fare un piccolo discorso sul perché un autore come
Conan Doyle, abbia potuto inserire tali riferimenti, tanto ‘profani’ in un’epoca di perbenismo
come l’Ottocento inglese, all’interno dei suoi scritti. Un visionario quanto eccentrico Samuel
Rosenberg, vide in Doyle una sorta di allegorista compulsivo con la mania di inserire elementi
storici, mitologici e autobiografici nella psiche dei suoi personaggi letterari, ed è proprio ciò
che scrisse nel suo celebre libro di critica holmesiana Naked is the Best Disguise:
[…] Conan Doyle was a highly compulsive, self-revealing allegorist who had artfully
implanted a large number of “purloined letter” clues among his stories. These clues
profoundly associate Doyle and Sherlock Holmes and his companions with the following reallife,
fictional, legendary, and Biblical figures. 86
Senza elencare tutte le figure che Rosenberg ritrovò all’interno del Canone, dal momento che
sono ben 24, basti sapere che tra di essere spiccano nomi di un certo rilievo come ad esempio
Friedrich Nietsche, Oscar Wilde, Gesù Cristo, Gaio Valerio Catullo, nonché riferimenti a
varie opere scritte come Frankenstein 87 di Mary Shelley o la scena della distruzione di
Sodoma e Gomorra presa dal Vecchio Testamento. Seguendo il discorso di Rosenberg quindi,
sembrerebbe che quella di Doyle, di inserire nel sottotesto dei suoi scritti dei significati lati o
delle allusioni di varia natura, sia una vera e propria sindrome.
Come sottolinea l’esperta sherlockiana Alessandra Calanchi, docente di letteratura
angloamericana all’Università di Urbino, nel suo libro 221B Baker Street. Sei ritratti di
Sherlock Holmes 88 , Conan Doyle, oltre a non amare affatto il suo personaggio letterario,
giudicava nonsense i racconti polizieschi, ed è “quasi per un desiderio di sfida [che Doyle],
decide di cimentarsi nell’impresa. È così che, nel 1886, nasce A Study in Scarlet” 89 . Stando a
86 S. Rosenberg, Naked is the Best Disguise, Indianapolis/New York, The Bobbs-Merrill Company, 1974, pp. 2-3.
87 M. Shelley, Frankenstein: or, the Modern Prometheus, London, 1818.
88 A. Calanchi, 221B Baker Street. Sei ritratti di Sherlock Holmes, Venezia, Marsilio, 2001, p. 35.
89 Idem
55

quanto detto quindi, non sarebbe così sorprendente pensare che Doyle possa aver inserito tra
le righe dei suoi gialli degli elementi disturbanti – quasi paranormali, tanto per citare una delle
passioni di Sir Arthur – che celano al loro interno segreti, verità nascoste e non dette sui
protagonisti del Canone.
Dal momento che Sir Arthur Conan Doyle non spiccava certamente per la sua apertura
mentale – ricordiamo ancora una volta che si espresse pubblicamente contro il voto alle donne
e che, in quanto medico, dichiarò l’omosessualità una patologia – sembra quasi impossibile
che abbia potuto intingere i due protagonisti del Canone con delle sfumature di omoerotismo.
Tuttavia, nella saga sherlockiana ci sono vari indizi che portano i lettori ad avere qualche
sospetto sulla vera natura del rapporto che lega Sherlock al Dottor Watson, che è proprio
quello che si andrà ad analizzare nei paragrafi a seguire.
3.1.2 Allusioni erotiche nel Canone
Prima di inoltrarsi nello studio delle allusioni omoerotiche intercorse tra Holmes e Watson,
bisogna considerare la possibilità che quella di tipo omosessuale non sia l’unica forma di
erotismo presente nel Canone. Secondo l’azzardata quanto folle analisi che Christopher
Redmond ha portato avanti nel suo In Bed With Sherlock Holmes: Sexual Elements in Arthur
Conan Doyle’s Stories of the Great Detective 90 , l’intero Canone sarebbe fortemente
impregnato di riferimenti di tipo sessuale. Sebbene possa sembrare strano che in un’epoca di
forte perbenismo e compostezza come il Victorian Age, opere letterarie di un certo rilievo
potessero riportare allusioni sessuali e/o erotiche al loro interno, la realtà voleva proprio
questo. Dovendo nascondersi dietro l’etichetta di ‘vittoriani’, gli scrittori del periodo, assillati
dall’idea proibita della sfera sessuale, erano come costretti a nascondere elementi di questo
tipo tra le righe dei loro scritti. Lo stesso Redmond infatti, nel succitato libro, dice che “No
doubt prudery flourished in the later Victorian decades, but it coexisted with prostitution and
90 C. Redmond, In Bed With Sherlock Holmes: Sexual Elements in Arthur Conan Doyle’s Stories of the Great
Detective, Toronto, Simon & Pierre Publishing Company Limited, 1984.
56

pornography” 91 . Ecco quindi che si disvela la vera identità della Londra vittoriana, per niente
così puritana e anzi incline ad ogni tipo di vizio, poiché quello di cui realmente si curavano i
vittoriani, non era non incorrere in situazioni giudicate immorali, ma semplicemente evitare di
parlarne pubblicamente.
Secondo l’analisi di Redmond, che dice di utilizzare la parola “sex” nel suo libro quasi
come un sinonimo della parola “woman”, le questioni amorose o addirittura l’adulterio sono
spesso i motivi portanti delle trame/indagini delle avventure vissute da Sherlock Holmes. Tra
i vari esempi Redmond porta alla luce uno dei più espliciti (secondo la sua analisi), e cioè
quello di “The Adventure of the Illustrious Client” 92 , avventura nella quale si parla di un
matrimonio da bloccare (elemento che riconduce al love affair) e dell’aiuto di una prostituta
di nome Kitty Winter (riferimento diretto all’adultery). Un’altra avventura che secondo
Redmond allude alla sfera sessuale è “The Disappearance of Lady Frances Carfax” 93 . Nella
suddetta avventura Holmes e Watson indagano sulla scomparsa di una nubile signora di
mezza età, Lady Frances, la quale si scoprirà, alla fine della storia, sia stata vittima di un
rapimento. Redmond collega i fatti accaduti in questa avventura più che al “kidnap” ad un
“rape”, ovvero ad una violenza sessuale. Le parole dello stesso Holmes che descrive lo status
della signora Carfax, lasciano intendere con facilità perché Redmond sia arrivato a questa
conclusione:
"One of the most dangerous classes in the world," said he, "is the drifting and friendless
woman. She is the most harmless and often the most useful of mortals, but she is the inevitable
inciter of crime in others. She is helpless. She is migratory. She has sufficient means to take
her from country to country and from hotel to hotel. She is lost, as often as not, in a maze of
obscure pensions and boardinghouses. She is a stray chicken in a world of foxes. When she is
gobbled up she is hardly missed. I much fear that some evil has come to the Lady Frances
Carfax." 94
91
Ibidem, p. 12.
92
A. C. Doyle, “The Adventure of the Illustrious Client”, in The Case-Book of Sherlock Holmes, John Murray
Publisher, 1927.
93
A. C. Doyle, “The Disappearance of Lady Frances Carfax”, in His Last Bow, John Murray Publisher, 1917.
94
A. C. Doyle, “The Disappearance of Lady Frances Carfax”, in His Last Bow, in The Complete Sherlock Holmes,
Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 943.
57

Secondo Redmond però le allusioni erotico-sessuali non vertono solamente verso la sfera
eterosessuale. Anche lui come altri prima – Rosenberg e Starrett ad esempio – ha puntato il
dito verso un presunto legame omosessuale tra Holmes e Watson, dedicando l’intero nono
capitolo del suo libro, intitolato “A World Without Women” 95 , a questa congettura. Il
suddetto capitolo analizza la cosiddetta “homosexual imagery” basandosi più che altro sulla
precedente analisi effettuata da Rosenberg e ritrovando alcune “love scenes” tra Sherlock e
John all’interno delle avventure del Canone. Redmond concluderà la sua analisi dicendo che,
nonostante la presenza e l’evidenza di tali scene, il legame omoerotico tra Holmes e Watson
rimane un qualcosa di “theoretical” se non addirittura “a joke” – uno scherzo.
3.1.3 Allusioni omoerotiche nel Canone
La presenza di ambiguità di tipo omoerotico all’interno del Canone di Conan Doyle sembra
essere uno dei più grandi tabù tra gli sherlockiani. L’idea che l’infallibile detective, un po’
bohémien un po’ dandy, Sherlock Holmes possa aver avuto nella sua ‘vita’ preferenze sessuali
che mettessero in discussione la sua austera immagine di uomo tardo-vittoriano, è vista di
cattivo occhio dagli appassionati più old-school. Tuttavia, la particolare supposizione sulla
sessualità di Holmes e sul vero rapporto intercorso con l’amico Watson, non è per nulla
nuova. Autori come Gavin Brend con il suo My Dear Holmes: A Study in Sherlock 96 , Vincent
Starrett e i succitati Christopher Redmond e Samuel Rosenberg, infatti, hanno affrontato in
modo critico questa tematica da più di mezzo secolo. Anche apocrifi piuttosto datati, come ad
esempio The Sexual Adventures of Sherlock Holmes 97 , risalente agli anni ’70 del Novecento, o
Sherlock Holmes, Sex & Fun 98 , sempre dello stesso periodo, si sono cimentati tranquillamente
con questo tipo di interpretazione, dando vita a veri e propri romanzi paralleli in cui Holmes e
Watson formano apertamente una coppia omosessuale (questo tipo di apocrifo continua ad
95
C. Redmond, In Bed With Sherlock Holmes: Sexual Elements in Arthur Conan Doyle’s Stories of the Great
Detective, Toronto, Simon & Pierre Publishing Company Limited, 1984, p. 126.
96
G. Brend, My Dear Holmes: A Study in Sherlock, London, George Allen & Unwin LTD, 1951.
97
L. Townsend (as J. Watson), The Sexual Adventures of Sherlock Holmes, New York, The Other Traveller, 1971.
98
K. F. Itsacon, Sherlock Holmes, Sex & Fun, New York, Merry Em, 1978.
58

andare avanti anche nel nostro presente con romanzi come My Dearest Holmes 99 oppure
rivisitazioni filmiche, e a fumetti come The Adventure of The Concussoris Magnus 100 .
Il sottofondo omoerotico che si porta avanti all’interno del Canone è scandito, com’è
stato già detto più volte in precedenza, dal particolare rapporto d’amicizia (o forse più che
amicizia) che si viene a creare tra Holmes e Watson a partire dal loro primo fatidico incontro
in A Study in Scarlet fino alle ultime battute che si scambiano nell’avventura conclusiva
dell’intero Canone, “The Adventure of Shoscombe Old Place”.
Nel paragrafo successivo si analizzeranno le opere originali della saga sherlockiana, al
fine di recuperare queste allusioni al rapporto omoerotico tra Holmes e Watson, direttamente
al loro interno.
3.2 Holmes e Watson: più che semplici coinquilini?
La domanda da cui prende il nome il titolo è quella che attanaglia da sempre i patiti e gli
studiosi sherlockiani. Due uomini austeri e rispettabili di fine Ottocento, vittoriani nel sangue
e dai princìpi saldi ed ineluttabili potrebbero nascondere dietro l’apparenza di una civile
convivenza un qualcosa più simile ad una relazione sentimentale? Come si è già detto, i dubbi
sono molti e vengono fuori da alcuni passi ambigui sparsi qua e là nel Canone. L’intento che
si ha con questo paragrafo è quello di ritrovare queste ambiguità all’interno delle varie opere
della saga sherlockiana e cercare di discuterle ed analizzarle in modo critico aggiungendo quel
pizzico di fantasia che basta per non essere troppo disincantati. È importante ricordare, che
niente di tutto ciò è ufficiale né tantomeno confermato; si tratta di mere congetture ed ipotesi
che però, una volta portate a galla, non si può fare a meno di tenere in considerazione.
Gli ‘indizi’ – tanto per usare una parola che rientri nel campo semantico della detective
story – che verranno riportati di seguito, sono stati personalmente individuati e pertanto si
99 R. Piercy, My Dearest Holmes, London, Gay Men’s Press, 1994.
100 Yayoi Neko, The Adventure of The Concussoris Magnus, Self Published, 2009.
59

avvalgono di un’interpretazione fortemente personale e soggettiva. Con questo lavoro di tesi
non si intende affermare nulla né tantomeno convincere nessuno; l’intento dell’intero
elaborato è solamente quello di portare alla luce tali passi ambigui per poi lasciare – come
sempre – ai posteri l’ardua sentenza.
3.2.1 Il dottor Watson, il signor Sherlock Holmes 101
Cosa c’è di meglio, per un’analisi accurata di un fatto, del modo in cui tale vicenda ha avuto
inizio? Per comprendere al meglio il forte legame che unisce Holmes e Watson è quindi
doveroso, nonché necessario, iniziare dagli albori della loro amicizia, dai fatti, quindi, di A
Study in Scarlet.
Il primo fatidico incontro tra Sherlock Holmes e il dottor Watson avviene a sole poche
pagine di distanza dall’inizio dell’intero romanzo. Watson è solo in giro per Londra e, dal
momento che cerca un alloggio meno dispendioso di quello che era riuscito a trovarsi, si
affida ai consigli dell’amico Stamford, incontrato per caso, di prendere in fitto una stanza
situata in Baker Street, condividendo però l’appartamento con un altro inquilino:
“What are you up to now?”
“Looking for lodgings.” I answered. “Trying to solve the problem as to whether it is possible
to get comfortable rooms at a reasonable price.”
“That’s a strange thing,” remarked my companion; “you are the second man to-day that has
used that expression to me.”
“And who was the first?” I asked
“A fellow who is working at the chemical laboratory up at the hospital. He was bemoaning
himself this morning because he could not get someone to go halves with him in some nice
rooms which he had found, and which were too much for his purse.”
“By Jove!” I cried, “if he really wants someone to share the rooms and the expense, I am the
very man for him. I should prefer having a partner to being alone.”
Young Stamford looked rather strangely at me over his wine-glass. “You don’t know Sherlock
Holmes yet,” he said; perhaps you would not care for him as a constant companion.”
“Why, what is there against him?”
“Oh, I didn’t say there was anything against him. He is a little queer in his ideas…” 102
101
Il titolo è una citazione tradotta in italiano del momento in cui, in A Study in Scarlet, Stamford introduce l’un
l’altro i due futuri coinquilino. “Doctor Watson, Mr. Sherlock Holmes”. A. C. Doyle, A Study in Scarlet, Milano,
Giunti, 2006, p. 12. (First published 1887).
102
A. C. Doyle, A Study in Scarlet, Milano, Giunti, 2006, p. 8. (First published 1887).
60

Da questo dialogo tra il giovane Stamford e il dottor Watson si evincono parecchie
particolarità. Innanzitutto, si viene a sapere che, proprio come un qualcosa di predestinato, sia
Watson che Holmes cercano la stessa cosa ed entrambi se ne lamentano apertamente con
Stamford, il quale diventerà, di lì a breve, l’anello di congiunzione tra i due. Un altro
elemento importante è il “I am the very man for him” di Watson. Con questa affermazione
Watson sembra predire quello che sarà il suo legame con Sherlock Holmes perché, come è
stato già visto nei capitoli precedenti, quest’ultimo dirà spesso a Watson di essere il migliore
dei compagni. Volendo scavare a fondo – o più che altro, volendo trovare il pelo nell’uovo –
anche il termine che usa Stamford per descrivere Holmes, queer ha qualcosa da dire: questo
vocabolo si traduce dall’inglese con termini come bislacco o bizzarro; tuttavia, nell’inglese
comune, questo lemma ricorre anche come sinonimo per gay o homosexual. Proseguendo
nella loro discussione, Watson usando frasi come “I should like to meet him” e “How could I
meet this friend of yours?” 103 sembra quasi insistere nel voler incontrare e quindi convivere
con Sherlock Holmes.
Il primo effettivo incontro tra Holmes e Watson avviene solo qualche pagina più tardi
presso il laboratorio dell’Ospedale St. Bartholomew. Lì avviene anche il primo contatto fisico
tra i due: una rapida stretta di mano seguita un entusiasta strattone che Holmes dà a Watson
tirandolo per la manica del cappotto per mostrargli i risultati positivi del suo ultimo
esperimento. Watson, da bravo vittoriano, rimane inizialmente basito e indispettito da questo
gesto un po’ sopra le righe, ma subito si associa all’allegria di Holmes per il successo del suo
lavoro. In tutto questo Stamford agisce quasi come un testimone di nozze che ufficializza il
futuro e tacito sodalizio tra Sherlock e il dottore dicendo “I thought that I had better bring you
together.” 104
Ma Watson non è l’unico ad essere contento per questa nuova prospettiva di vita;
anche Holmes, quantomeno agli occhi del dottore, lo è: “Sherlock Holmes seemed delighted
103 Ibidem, p. 9
104 Ibidem, p. 14.
61

at the idea of sharing his rooms with me.” 105 È come se entrambi avessero visto l’uno
nell’altro il compagno ideale sin dal primo sguardo. Dopo un rapido confronto per elencare i
loro vizi, la decisione è presa: Holmes e Watson andranno a vivere insieme nell’appartamento
di Baker Street e da quel momento Stamford scompare per sempre dalle scene.
Alla fine del primo capitolo, Watson dichiara apertamente al lettore di essere
interessato al suo nuovo coinquilino, specificando poi però che il suo interesse è di tipo
medico, dal momento che gli piacerebbe studiare da vicino una personalità così bizzarra.
Dopo primi giorni di convivenza a Baker Street, nei quali Watson è riuscito a studiare
al meglio il carattere del suo nuovo coinquilino, Holmes sfoggia davanti al dottore la sua arte
deduttiva, generando in quest’ultimo un naturale sentimento di antipatia per quella boria.
Quando arriva però il momento di dover lavorare ad un caso, Holmes chiede a Watson di
accompagnarlo. Sarà la prima di una lunga serie di avventure passate insieme. Durante
l’indagine Holmes, dopo aver spiegato a Watson il filo rosso dei suoi ragionamenti, si
preoccupa di apparire ordinario agli occhi del dottore e, quando questi gli fa un complimento
per le sue doti deduttive, il detective, che Watson paragonerà poi ad una ragazza vanitosa,
arrossisce:
“I’m not going to tell you much more of the case, Doctor. You know a conjuror gets no credit
when once he has explained his trick, and if I show you too much of my method of working,
you will come to the conclusion that I am a very ordinary individual after all.”
“I shall never do that,” I answered; “you have brought detection as near an exact science as it
ever will be brought in this world.”
My companion flushed up with pleasure at my words, and the earnest way in which I uttered
them. I had already observed that he was as sensitive to flattery on the score of his art as any
girl could be of her beauty. 106
Un altro accadimento importante in A Study in Scarlet, è lo scambio allegorico di un
anello nuziale che Holmes dà a Watson (cosicché potesse portarlo al legittimo proprietario)
che sembra quasi voler suggellare – metaforicamente – il loro eterno sodalizio. Per il resto,
nel succitato romanzo, si vede crearsi un costante avvicinamento tra Holmes e Watson che,
105 Idem
106 Ibidem, pp. 51-52.
62

dacché erano semplici coinquilini, diventano uno indispensabile per l’altro: Holmes chiede a
Watson di partecipare alle sue indagini e spiega solo a lui le sue conclusioni (che tiene invece
nascoste a Gregson e Lestrade di Scotland Yard), Watson si preoccupa quando Sherlock non
rientra in casa, si dispiace per il suo insuccesso e si risente quando non viene avvisato da
quest’ultimo della sua uscita mattutina; in poche parole, il tipo di comportamento che ci si
aspetterebbe dalle due parti di una coppia.
3.2.2 La catena di spezza 107
Ai tempi del secondo romanzo della saga sherlockiana, The Sign of Four, Sherlock e Watson
dividono lo stesso appartamento già da sette anni (la storia si svolge nel 1888, mentre i fatti di
A Study in Scarlet sono da ricondurre al 1881) e il loro legame è più saldo che mai. Watson è
oramai per Holmes un’abitudine, un qualcosa del quale non può più fare a meno – non a caso
nell’avventura “A Scandal in Bohemia” quest’ultimo, dopo che il dottore comunica di voler
lasciarlo solo, dal momento che si apprestava a risolvere un caso, si rivolge all’amico con un
invito molto esplicito a restare: “Not a bit, Doctor. Stay where you are. I am lost without my
Boswell.” 108 – ma è proprio in questo romanzo che avviene la prima rottura tra i due con
l’arrivo di Mary Morstan, futura moglie del dottore. L’intero The Sign of Four è pieno zeppo
di riferimenti all’innamoramento graduale di Watson per la signorina Morstan. Specularmente
all’interesse di Watson verso la nuova cliente dell’amico detective, si percepisce sempre di
più un certo astio nei suoi confronti – molto simile alla gelosia – da parte dello stesso Holmes:
"What a very attractive woman!" I exclaimed, turning to my companion.
He had lit his pipe again, and was leaning back with drooping eyelids. "Is she?" he said,
languidly. "I did not observe."
"You really are an automaton--a calculating-machine!" I cried. "There is something positively
inhuman in you at times."
He smiled gently. "It is of the first importance," he said, "not to allow your judgment to be
biased by personal qualities. A client is to me a mere unit--a factor in a problem. The
107 È il titolo (tradotto in italiano) del nono capitolo del romanzo The Sign of Four, “A Break in the Chain”. In
questo caso assume un significato diverso da quello che ha nel libro: qui rappresenta la separazione di Holmes
e Watson per via del matrimonio del secondo.
108 A. C. Doyle, “A Scandal in Bohemia”, in The Adventures of Sherlock Holmes, London, Penguin Classics, 1994,
p. 8. (First published 1892).
63

emotional qualities are antagonistic to clear reasoning. I assure you that the most winning
woman I ever knew was hanged for poisoning three little children for their insurance-money,
and the most repellant man of my acquaintance is a philanthropist who has spent nearly a
quarter of a million upon the London poor." 109
Da questo dialogo quindi è possibile notare in primis la risposta quasi stizzita di Holmes
all’apprezzamento di Watson su Mary Morstan, “Is she? I did not observe”, e
successivamente la sua sfiducia nei confronti delle donne (va ricordato che i fatti di The Sign
of Four sono precedenti a quelli di “A Scandal in Boemia”, nella quale Sherlock rivaluta il
genere femminile) parlando di una fantomatica “winning woman” che ha avvelenato i suoi
figli.
Nel corso delle indagini presso l’abitazione di Bartholomew Sholto, Mary e John,
entrambi spaventati, si tengono per mano, e lì il dottore comunica per la prima volta ai lettori i
suoi sentimenti amorosi nei confronti della ragazza, tramite il suo flusso di pensieri. Come per
voler allontanarlo da lei, in questa avventura più che mai, Holmes chiede spessissimo l’aiuto
di Watson: si fa aiutare a sfondare la porta sigillata dello studio di Bartholomew, gli dice di
guardare in una serratura, gli fa leggere un biglietto (c’è da precisare però, che queste ultime
due azioni possono essere state volute da Doyle per il bisogno di far vivere al narratore,
quindi a Watson, in prima persona le esperienze da raccontare ai lettori.)
La scena più suggestiva di questo romanzo è senza dubbio quella conclusiva
dell’ottavo capitolo: Watson è provato per via degli avvenimenti accaduti nel caso Sholto e
della notte passata in bianco, e Holmes, per aiutarlo a prendere sonno, suona per lui una dolce
melodia al violino che spedisce il dottore in mano a Morfeo. La particolarità della scena, però,
viene dal fatto che Watson si addormenta guardando “il volto intenso” di Holmes e si ritrova
nel mondo dei sogni fissato dal “dolce viso di Mary Morstan” quasi fondendo inconsciamente
le due persone delle quali è ‘innamorato’.
Look here, Watson; you look regularly done. Lie down there on the sofa, and see if I can put
you to sleep."
109 A. C. Doyle, The Sign of Four, Harmondsworth, Penguin Classics, 2001, p. 17. (First published 1890).
64

He took up his violin from the corner, and as I stretched myself out he began to play some
low, dreamy, melodious air,--his own, no doubt, for he had a remarkable gift for
improvisation. I have a vague remembrance of his gaunt limbs, his earnest face, and the rise
and fall of his bow. Then I seemed to be floated peacefully away upon a soft sea of sound,
until I found myself in dreamland, with the sweet face of Mary Morstan looking down upon
me. 110
Dopo aver letto questo passo, è veramente difficile dire che Holmes sia una persona senza
riguardi. Sebbene sia totalmente noncurante della sua stessa salute, si preoccupa per quella di
Watson e addirittura si offre di aiutarlo a prendere sonno.
Subito dopo, all’inizio del nono capitolo, un’altra conversazione tra i due coinquilini
rende sempre più vivida la gelosia di Holmes verso il nuovo love-interest di Watson e la sua
poca stima nei riguardi delle donne:
"Then I shall run over to Camberwell and call upon Mrs. Cecil Forrester. She asked me to,
yesterday."
"On Mrs. Cecil Forrester?" asked Holmes, with the twinkle of a smile in his eyes.
"Well, of course Miss Morstan too. They were anxious to hear what happened."
"I would not tell them too much," said Holmes. "Women are never to be entirely trusted,--not
the best of them."
I did not pause to argue over this atrocious sentiment. "I shall be back in an hour or two," I
remarked. 111
Alla fine del romanzo, il sentimento di astio di Holmes, verso la scelta di sposarsi
dell’amico, si fa sempre più nitido: quando Watson gli comunica della decisione del suo
imminente matrimonio con Mary, infatti, Sherlock gli dice chiaramente che non ha alcuna
intenzione di congratularsi con loro e fa l’ennesima battuta negativa nei confronti delle donne,
prima di buttarsi di nuovo, come preso da un sentimento improvviso di solitudine, nella
droga.
“Well, and there is the end of our little drama,” I remarked, after we had set some time
smoking in silence. “I fear that it may be the last investigation in which I shall have the chance
of studying your methods. Miss Morstan has done me the honor to accept me as a husband in
prospective.”
He gave a most dismal groan. “I feared as much,” said he. “I really cannot congratulate you.”
I was a little hurt. “Have you any reason to be dissatisfied with my choice?” I asked.
“Not at all. I think she is one of the most charming young ladies I ever met, and might have
been most useful in such work as we have been doing. She had a decided genius that way:
witness the way in which she preserved that Agra plan from all the other papers of her father.
110 Ibidem, p. 69.
111 Ibidem, p. 70.
65

But love is an emotional thing, and whatever is emotional is opposed to that true cold reason
which I place above all things. I should never marry myself, lest I bias my judgment.”
“I trust,” said I, laughing, “that my judgment may survive the ordeal. But you look weary.”
“"Yes, the reaction is already upon me. I shall be as limp as a rag for a week.”
[…]
“The division seems rather unfair,” I remarked. “You have done all the work in this business. I
get a wife out of it, Jones gets the credit, pray what remains for you?”
“For me,” said Sherlock Holmes, “there still remains the cocaine bottle.” And he stretched his
long white hand up for it. 112
3.2.3 Una storia a distanza
Durante il matrimonio di Watson, Holmes era ritornato a vivere in solitudine a Baker Street,
mantenendo, tuttavia, sempre saldo il legame col dottore, grazie a visite di piacere che
entrambi si facevano ogni tanto a vicenda. In storie come “A Scandal in Bohemia”, “The
Adventure of the Five Orange Pips”, “The Boscombe Valley Mystery”, “The Red-headed
League”, “The Blue Carbuncle” e molte altre ancora, infatti, Watson si ritrova ancora una
volta nel suo vecchio appartamento di Baker Street coinvolto nelle indagini dell’amico. In
alcuni casi, come ad esempio nella prima delle avventura sopracitate, si ferma a salutare
Holmes poiché si trovava di passaggio, in altri, si reca appositamente a Baker Street per
andare a fargli visita (ad esempio in “The Blue Carbuncle”, nella quale il buon dottore va a
fare visita a Holmes per gli auguri di Natale) e in altre ancora, quando Mary Morstan si trova
fuori casa per qualche giorno, si ritrova addirittura a soggiornare presso il suo vecchio
appartamento in compagnia del detective.
Nell’avventura “The Five Orange Pips”, Mary si trova in visita da una parente per
qualche giorno e Watson ne approfitta per tornare a passare un po’ di tempo nelle sue vecchie
camere di Baker Street. Durante la notte qualcuno bussa alla porta dell’appartamento e
Watson, sospettoso sulle nuove abitudini dell’amico in sua assenza, quasi preso da un moto di
gelosia, lancia a Holmes quella che sembra essere una frecciatina, alla quale il detective
risponde subitamente quasi a volersi giustificare:
112 Ibidem, pp. 117-118.
66

“Why,” said I, glancing up at my companion, “that was surely the bell. Who could come tonight?
Some friend of yours, perhaps?”
“Except yourself I have none,” he answered. “I do not encourage visitors.” 113
È importante notare anche come Holmes sottolinei il fatto che Watson sia il suo unico amico,
quasi a volerselo tenere buono.
Quando il visitatore notturno, John Openshaw, fa la sua entrata nell’appartamento dei
due coinquilini, pronuncia una frase molto dibattuta su blog e forum per la sua ambiguità: “I
owe you an apology,” he said, raising his golden pince-nez to his eyes. “I trust that I am not
intruding”, 114 tradotta in italiano con un singolare “spero di non aver disturbato la vostra
intimità”. La frase è alquanto ambigua perché lascia trasparire un certo disagio di Openshaw
nell’aver interrotto una situazione di intimità tra Holmes e Watson.
In “The Boscombe Valley Mystery”, Sherlock Holmes invita Watson a passare due
giorni in sua compagnia per indagare su un caso di omicidio in un luogo di campagna,
specificando la presenza di “Air and scenery perfect” 115 . Watson accetta di buon grado
l’invito dell’amico, e quando arriva alla stazione di Paddington, luogo in cui i due si sarebbero
incontrati, Holmes sembra davvero molto felice di vederlo: “It is really very good of you to
come, Watson,” said he. “It makes a considerable difference to me, having someone with me
on whom I can thoroughly rely.” 116
Nel romanzo The Hound of the Baskervilles sono presenti alcuni significavi passi
riguardanti il legame tra Holmes e Watson. Nel primo capitolo, ad esempio, Sherlock dice al
dottore che quest’ultimo è per lui un “portatore di luce”: “It may be that you are not yourself
luminous, but you are a conductor of light. Some people without possessing genius have a
remarkable power of stimulating it. I confess, my dear fellow, that I am very much in your
113
A. C. Doyle, “The Adventure of The Five Orange Pips”, in The Adventures of Sherlock Holmes, London,
Penguin Classics, 1994, p. 104. (First published 1892).
114
Ibidem, p. 105.
115
A. C. Doyle, “The Boscombe Valley Mystery”, in The Adventures of Sherlock Holmes, London, Penguin
Classics, 1994, p. 75. (First published 1892).
116 Ibidem, p. 76.
67

debt.” 117 Qualche riga dopo, Watson, nel descrivere le azioni dell’amico detective, si sofferma
a tratteggiarne, in modo quasi feticista, le dita: “He had long, quivering fingers as agile and
restless as the antennae of an insect.” 118 Più volte Watson descrive, facendo una particolare
attenzione ai dettagli, i connotati fisici di Sherlock Holmes e sembrerebbe quasi avere una
mania per le sue mani (particolarità che tocca il suo apice nell’avventura di “Charles
Augustus Milverton” 119 .)
Nei fatti di The Hound of the Baskervilles, Watson è solo a Baskerville Hall ad
indagare per conto di Holmes. Uno dei capitoli del romanzo, il decimo, è composto da alcune
pagine del suo diario personale, e si noterà che a un certo punto, come preso da un improvviso
senso di inadeguatezza mischiato ad un po’ di nostalgia, Watson, parlando di Holmes, scrive
un malinconico “I wish that he were here.” 120
Ma una delle avventura più intrise di sentimentalismo e di ambiguità che rimandano
alla presunta relazione amorosa tra Holmes e Watson, è senza dubbio la pluri-citata “The
Final Problem”. L’avventura, che è quella che vede l’incontro/scontro tra Holmes e la sua
nemesi, Moriarty, presso le cascate di Reichenbach a Meiringen, in Svizzera, vede i due
coinquilini londinesi avventurarsi sul Continente, durante quella che Alessandra Calanchi, nel
suo 221B Baker Street – Sei ritratti di Sherlock Holmes, chiama “quasi una luna di miele” 121 .
Il racconto, che si colloca sempre nel periodo in cui il dottore viveva con la moglie, comincia
con un Watson affranto dal dolore per la scomparsa del caro Holmes. La perdita dell’amico
detective ha causato in Watson anche un improvviso disinteresse verso la scrittura, in quanto,
come disse lui stesso in The Sign of Four, si trattava di “a work which had been specially
117
A. C. Doyle, The Hound of the Baskervilles, in The Complete Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin,
1981, p. 669.
118
Ibidem, p. 672.
119
A. C. Doyle, “The Adventure of Charles Augustus Milverton”, in The Return of Sherlock Holmes, London,
George Newnes Publisher, 1905.
120
A. C. Doyle, The Hound of the Baskervilles, in The Complete Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin,
1981, p. 730.
121
A. Calanchi, 221B Baker Street. Sei ritratti di Sherlock Holmes, Venezia, Marsilio, 2001, p. 21.
68

designed to please him.” 122 Watson è costretto a scrivere della tragica ultima avventura
vissuta da Holmes, dal momento che il fratello di Moriarty stava pubblicando in quel periodo
delle accuse che gettavano fango sulla reputazione del defunto detective. Durante la scrittura,
Watson è nostalgico, la sua vena affabulatoria non è più la stessa e ripercorre in due righe la
sua eterna amicizia con Sherlock Holmes citando il loro storico incontro in A Study in Scarlet.
Watson dice che la morte di Holmes ha causato un vuoto nella sua vita che, nonostante la
presenza di una moglie affettuosa e che fossero passati già ben due anni, non è riuscito a
colmare. “It was my intention to have stopped there, and to have said nothing of that event
which has created a void in my life which the lapse of two years has done little to fill.” 123
Iniziando a narrare i fatti accaduti prima del tragico incidente alle cascate, Watson
parla di come “the intimate relations” tra lui e Holmes si fossero modificate dopo il suo
matrimonio. Nel suo racconto, Watson è solo a casa, dal momento che la moglie era fuori per
qualche giorno, come accadeva oramai sempre più di frequente, e riceve l’inaspettata visita di
un pallido e spaventato Sherlock Holmes. I due si capiscono con lo sguardo, tant’è che
Holmes inizia a dare spiegazioni sul suo aspetto senza che Watson apra bocca. Poco dopo
Sherlock fa a al dottore una richiesta un po’ ambigua, cioè quella di chiudere le imposte di
casa:
”Have you any objection to my closing your shutters?”
”You are afraid of something?”
”Well, I am.”
“Of what?”
“Of air-guns.” 124
Sembra quasi che Doyle (così come Holmes) si diverta a buttare lì una richiesta ambigua per
poi annullarla subito dopo.
Poco dopo Holmes, che chiede a Watson di sua moglie, gioisce per il fatto che
Mrs.Watson sia assente e propone al dottore una ‘vacanza’ di una settimana nel Continente.
122 A. C. Doyle, The Sign of Four, Harmondsworth, Penguin Classics, 2001. (First published 1890), p. 7.
123 A. C. Doyle, “The Final Problem”, in The Memoirs of Sherlock Holmes, in The Complete Sherlock Holmes,
Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 469.
124 Ibidem, p. 470.
69

Tutto ciò insospettisce Watson, e Holmes, per la seconda volta, legge nello sguardo
dell’amico ed inizia a raccontargli il suo vero problema senza che il primo gli chieda nulla.
Holmes ha attuato un piano per far cadere in trappola il mefistofelico professor Moriarty e per
questo motivo deve allontanarsi per un periodo da Londra. Watson accetta subito e di buon
grado l’idea di partire con l’amico e, dopo aver deciso il luogo e l’ora del loro rendez-vous, i
due amici si congedano, dopo le insistenti proposte di Watson affinché Holmes passasse la
notte da lui, che Sherlock rifiuta categoricamente per paura di portare guai all’amico.
Sui motivi per i quali Holmes decide di portare Watson con sé, si è espressa
Alessandra Calanchi nel suo succitato libro dicendo che:
Possiamo immaginare almeno due ragioni che spiegano la scelta di Holmes. La prima è di tipo
sentimentale: Holmes ha bisogno della vicinanza dell’amico, ha nostalgia della loro
convivenza (non per niente parla dell’alloggio in Baker Street dicendo “le nostre stanze”, e
non “le mie”, nonostante ormai Watson abiti altrove), desidera inconsciamente una sorta di
tardiva luna di miele; e forse – anche questo è possibile – si sente meno sicuro di sé che non in
casi passati: questa volta ha paura, sa che il suo acerrimo nemico non lo risparmierà se
dovessero incontrarsi in un corpo a corpo, e vuole assicurarsi al suo fianco la confortante
presenza dell’amico (che in questo racconto apostrofa davvero molto spesso “mio caro”) tanto
da essere disposto a correre rischi di gran lunga maggiori – salvo poi lasciarlo generosamente
andare ad assistere alla presunta lady moribonda in modo da cadere in trappola da solo.
La seconda ragione è di tipo metanarrativo: Conan Doyle sa che perché la somma impresa di
Holmes venga ricordata è necessario che Watson sia con lui, armato di carta e penna. […] E lo
stesso Holmes sa bene che, qualora dovesse succedergli qualcosa, è necessario che Watson sia
con lui per registrarne e ricordarne le imprese, come un fidato reporter, onde poterle
trasmettere – in modo affabulatorio sì, ma verosimile – agli avidi lettori nonché ammiratori. 125
Holmes quindi sarebbe conscio del pericolo al quale va incontro, e per questo motivo vuole
che il suo fedele amico lo accompagni al patibolo e che sia l’unica persona presente a
testimoniare e celebrare metaforicamente il rito della sua estrema unzione.
The “Final Problem” porta avanti la passione di Sherlock Holmes per il travestimento.
Citando nuovamente la Calanchi, riguardo all’argomento del travestimento si può dire che “di
solito nel romanzo era legato a cause proibite in stretto rapporto con la sfera sessuale
[Traumnovelle 126 ] e omosessuale (Il ritratto di Dorian Gray). In Sherlock Holmes però il
travestimento non assume questi significati.” 127 È vero sì, che non assume quei significati, ma
125 A. Calanchi, 221B Baker Street. Sei ritratti di Sherlock Holmes, Venezia, Marsilio, 2001, pp. 23-24.
126 A. Schnitzler, Traumnovelle, Berlin, S.-Fischer-Verlag, 1926.
127 A. Calanchi, 221B Baker Street. Sei ritratti di Sherlock Holmes, Venezia, Marsilio, 2001, p. 364.
70

comunque è presente in questo racconto così intriso di omoerotismo, quindi, sebbene in
minima parte, potrebbe essere considerato come un’ennesima ambiguità.
Quando Holmes dice a Watson che l’appartamento di Baker Street è stato bruciato,
dice “They set fire to our rooms last night” 128 . L’uso dell’”our” tradisce il desiderio di Holmes
di avere ancora Watson come coinquilino. Infatti durante quest’avventura, Watson, com’è
stato già detto, viveva già con sua moglie e non più con Holmes. Dopo la notizia del mancato
arresto di Moriarty, il detective prega l’amico dottore di tornare a Londra per mettersi in
salvo, ma il fedele Watson si rifiuta categoricamente in quanto soldato e “old friend”.
Riferendosi al loro viaggio in giro per l’Europa, Watson usa espressioni come
“charming week” – “settimana incantevole” e “lovely trip” – “viaggio adorabile”, che
confermano secondo la Calanchi la possibilità che quel loro viaggio sia effettivamente una
luna di miele:
Sembra veramente una honey moon, una romantica luna di miele, questa insolita ‘vacanza’
che è sì una fuga, ma è anche una pausa di riflessione e di ritrovata intimità fra i due amici.
Sebbene il senso del pericolo e l’attesa della tragedia incombano sulla narrazione di Watson,
prevale ancora a questo punto del racconto il piacere del viaggio, dei panorami, delle cime
innevate. 129
Watson è restio a raccontare ciò che accadde a Meiringen. Descrive le cascate di
Reichenbach “a fearful place” riferendosi inconsciamente a quel che capitò al suo amico
Holmes in quel luogo. Watson-Doyle fa una dettagliata descrizione del luogo di (presunta)
morte di Sherlock Holmes, dal momento che è rimasto impresso nella sua memoria (come
momento terribile per Watson e momento di giubilo per essersi finalmente sbarazzato
dell’ingombrante figura del detective per Doyle): sarà una descrizione quasi infernale. Nel
fragore tumultuoso della cascate, Holmes e Watson si fermano ad osservare e contemplare lo
scintillio dei flutti e sembra quasi che il dottore accompagni l’amico al Calvario, stazione
dopo stazione, purificandolo prima con l’elemento ricorrente dell’acqua: “As I turned away I
128
A. C. Doyle, “The Final Problem”, in The Memoirs of Sherlock Holmes, in The Complete Sherlock Holmes,
Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 475.
129
A. Calanchi, 221B Baker Street. Sei ritratti di Sherlock Holmes, Venezia, Marsilio, 2001, p. 347.
71

saw Holmes with his back against a rock and his arms folded, gazing down at the rush of the
waters. It was the last that I was ever destined to see of him in this world.” 130
Quando Holmes si rende conto di essere caduto nella trappola di Moriarty, fa
recapitare a Watson una lettera dall’hotel nel quale alloggiavano, che richiedeva l’aiuto del
dottore per l’improvviso malore di una signora ospite dell’albergo. Watson corre verso il
capezzale di questo fantomatico malato, lasciando, non senza rimorsi, Holmes solo nei pressi
delle cascate di Reichenbach.
Dal momento in cui Watson scopre che la lettera era un falso, comincia la vera
tragedia. Il fedele dottore si dispera, corre verso il luogo in cui aveva lasciato l’amico, ma
trova solo il suo bastone da montagna a simboleggiarne la scomparsa. Watson grida a
squarciagola chiamando Holmes, sfiora lo svenimento e, in preda ad una convulsa iperattività,
scimmiotta i metodi dell’amico investigatore per cercare di capire cosa fosse successo. Ad un
certo punto, trova, incastonata tra alcune rocce, la lettera che Holmes gli aveva lasciato, dietro
concessione di Moriarty, prima di battersi contro quest’ultimo, nella quale Sherlock scrive, tra
le altre cose: “[…]though I fear that it is at a cost which will give pain to my friends, and
especially, my dear Watson, to you.” 131
Alla fine del racconto, Watson, malinconico ma soddisfatto per aver ridato dignità all’
amico scomparso, definisce Holmes “a friend”, “a comrade” e infine “The best and wisest
man” che egli abbia mai conosciuto.
3.2.4 Ritorno di fiamma a Baker Street
Dopo il ‘Grande Iato’, a partire dall’avventura “The Empty House”, Holmes e Watson
tornano a convivere nello storico appartamento di Baker Street. Nel cominciare la sua
narrazione, Watson, che sembra tornato lo scrittore attivo ed energico di un tempo, introduce
130 A. C. Doyle, “The Final Problem”, in The Memoirs of Sherlock Holmes, in The Complete Sherlock Holmes,
Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 478.
131 Ibidem, pp. 479-480.
72

il delitto di Ronald Adair, dicendo però che le sensazioni scaturite da tale avvenimento, non
sono nulla in confronto a quel che capitò a lui qualche giorno prima – qualcosa che lo riempì
di gioia e che ancora a quel tempo gli faceva venire i brividi: il ritorno del caro amico
Holmes:
The crime was of interest in itself, but that interest was as nothing to me compared to the
inconceivable sequel, which afforded me the greatest shock and surprise of any event in my
adventurous life. Even now, after this long interval, I find myself thrilling as I think of it, and
feeling once more that sudden flood of joy, amazement, and incredulity which utterly
submerged my mind. 132
Nel racconto, Watson è solo nel suo studio di Kensington, quando improvvisamente
un vecchio e deforme signore, col quale si era scontrato quella stessa mattina durante una
passeggiata al parco, si presenta nell’appartamento. Quando Watson si rigira, dopo aver
spostato per un attimo lo sguardo verso la sua libreria, scopre con immenso stupore che
l’uomo era in realtà l’amico Holmes in carne ed ossa, e sviene:
I moved my head to look at the cabinet behind me. When I turned again, Sherlock Holmes was
standing smiling at me across my study table. I rose to my feet, stared at him for some seconds
in utter amazement, and then it appears that I must have fainted for the first and the last time in
my life. 133
Watson, un ex-soldato, sviene alla vista dell’amico ricomparso, vivo e vegeto,
improvvisamente nel suo studio. Precisa anche che è la prima e ultima volta che la cosa
accade. La scena procede con Holmes che sveglia Watson, e più volte c’è contatto fisico tra i
due. (Si può anche intendere come il modo che usa Watson per constatare che non si tratti di
un fantasma). Successivamente Holmes chiede a Watson di accompagnarlo senza specificare
dove e il dottore accetta con zelo: “You’ll come with me to-night?”, “When you like and
where you like.” 134
Quando Holmes racconta a Watson di come sopravvisse all’incidente di Reichenbach,
si scusa con lui per non avergli rivelato prima la verità. Dice anche di aver desiderato più
132 A. C. Doyle, “The Adventure of the Empty House”, in The Return of Sherlock Holmes, in The Complete
Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 483.
133 Ibidem, p. 485.
134 Ibidem, p. 487.
73

volte di scrivergli e di non averlo fatto per paura che avesse potuto lasciarsi scappare questo
segreto (Holmes intendeva farsi credere morto dal braccio destro di Moriarty, Moran, per
poterlo incastrare una volte per tutte):
“Several times during the last three years I have taken up my pen to write to you, but always I
feared lest your affectionate regard for me should tempt you to some indiscretion which would
betray my secret.” 135
Holmes conclude il suo racconto a Watson dicendo una frase molto suggestiva:
“So it was, my dear Watson, that at two o’clock to-day I found myself in my old armchair in
my own old room, and only wishing that I could have seen my old friend Watson in the other
chair which he has so often adorned” 136
Sherlock confessa al dottore che, dopo il suo ritorno a Baker Street, il suo unico desiderio era
quello di avere il suo vecchio amico Watson seduto lì, insieme a lui; ed è proprio così che si
concluderà la storia, dal momento che Mary Morstan aveva già fatto la sua dipartita.
Durante l’appostamento nella casa vuota, Holmes guida Watson nell’oscurità
stringendogli il polso con la mano: “Holmes’s cold, thin fingers closed round my wrist and
led me forward down a long hall” 137 (da notare i riferimenti dalle dita), lasciando evincere il
suo particolare senso di protezione nei confronti dell’amico. Successivamente si avvicina a
Watson per sussurrargli nell’orecchio e il dottore descrive la scena in maniera molto
particolareggiata: “My companion put his hand upon my shoulder and his lips close to my
ear.” 138
A. Calanchi descrive questa scena dicendo che:
“è molto più affascinante lasciarsi trasportare dai messaggi subliminali che Conan Doyle
dissemina per il racconto, […] creando un’atmosfera intensamente erotica intorno ai due pur
sempre austeri e sentimentalmente corretti gentiluomini e alla loro ritrovata intimità…” 139
Il contatto fisico tra Holmes e Watson è presente ripetutamente in quest’avventura: “I
clutched Holmes’s arm”, “[…]he pulled me back into the blackest corner of the room, and I
135
Ibidem, p. 488.
136
Idem
137
Ibidem, p. 489.
138
Idem
139
A. Calanchi, 221B Baker Street. Sei ritratti di Sherlock Holmes, Venezia, Marsilio, 2001, p. 352.
74

felt his warning hand upon my lips. The fingers which clutched me were quivering.” 140 E si
ritrovano ancora i ripetuti riferimenti alle mani e alle dita di Holmes. L’avventura terminerà
con il ritorno di Watson a Baker Street e si scoprirà che Mycroft, il fratello di Holmes, aveva
mantenuto intatto il loro appartamento pagando l’affitto sia per Holmes che per lo stesso
Watson.
3.2.5 Holmes – Watson – Moran – Moriarty
Il particolare schema che si viene a creare con l’inserimento dei due antagonisti principali
dell’intera saga sherlockiana, Holmes-Watson-Moran-Moriarty, è molto importante poiché
porta avanti quell’idea di masculinity della quale è intriso l’intero Canone. Alessandra
Calanchi, nel suo succitato libro 221B Baker Street – Sei ritratti di Sherlock Holmes, si è
espressa molto chiaramente riguardo a questo schema, inizialmente composto solamente da
Holmes, Watson e Moriarty, dicendo che si tratti di “un triangolo maschile, epurato da ogni
interferenza sentimentale o ideologica, che vede la sua ragione d’essere nel reciproco scambio
di valori di segno uguale ed opposto (il rispetto, l’amicizia, la ricerca della verità; ma anche la
vanità, il conflitto, l’odio)” 141 .
Lo schema segue quindi un procedimento di eterna opposizione e complementarietà,
creando quindi un sistema binario portante all’interno delle avventure. Gli esempi di questa
dualità sono numerosi sia nel Canone, che nei fattori ai quali Doyle si è ispirato per la
creazione dei suoi personaggi. Da questo assunto è possibile dire che la dualità presente nei
romanzi e nelle avventure della saga holmesiana, si sviluppano su diversi piani: sul piano
della finzione romanzesca, si hanno le coppie Holmes-Watson (protagonisti), Moriarty-Moran
(antagonisti) e Holmes-Moriarty e Watson-Moran (nemesi). Sul piano storico-reale questa
dualità si riscontra nei personaggi dai quali sono state plasmate le figure di Holmes e Watson,
140
A. C. Doyle, “The Adventure of the Empty House”, in The Return of Sherlock Holmes, in The Complete
Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 491.
141
A. Calanchi, 221B Baker Street. Sei ritratti di Sherlock Holmes, Venezia, Marsilio, 2001, p. 345.
75

e quindi la coppia Bell-Doyle e il duo Jonson-Boswell. A livello storico-letterario invece, il
bipolarismo che regna sovrano nel Canone si può facilmente riscontrare con gli antenati di
Sherlock e Watson, ovvero con la coppia Dupin- Le Grand. Questo schema è stato mantenuto
anche nelle opere, o comunque nelle figure, che hanno preso ispirazione dalla saga
sherlockiana come ad esempio la celebre coppia dei fumetti Batman-Robin (che tra le altre
cose è stata spesso oggetto di innumerevoli dibattiti e discussioni per via dell’ambiguità del
rapporto tra i due personaggi) oppure House-Wilson, i due medici della serie Dr. House –
Medical Division, dichiaratamente ispirati a Holmes e Watson a partire dell’omofonia dei loro
cognomi.
3.2.6 Caro vecchio Watson! Unico punto fisso in un’epoca di mutamento 142
Tornando ad affrontare il discorso delle ambiguità omoerotiche presenti nel Canone, ci si
accingerà ora ad analizzare le ultime raccolte, da The Return a The Case-Book.
La prima avventura che verrà analizzata è “The Adventure of Charles Augustus
Milverton”, presente in The Return of Sherlock Holmes. Nella suddetta avventura, Holmes e
Watson devono introdursi furtivamente e nottetempo nell’abitazione di Milverton per
sottrargli alcune lettere che l’individuo utilizzava per minacciare delle persone. Durante il
tragitto dal cancello alla finestra dalla quale sarebbero dovuti entrare, Holmes tiene Watson
per mano così che corra alla sua stessa velocità, ma anche una volta entrati, continua a
stringere l’arto dell’amico, quasi a volerlo sentire accanto a lui e proteggerlo:
He seized my hand in the darkness and led me swiftly past banks of shrubs which brushed
against our faces. Holmes had remarkable powers, carefully cultivated, of seeing in the dark.
Still holding my hand in one of his he opened a door, and I was vaguely conscious that we had
entered a large room in which a cigar had been smoked not long before. 143
142
Il titolo è la traduzione della frase “"Good old Watson! You are the one fixed point in a changing age.” che
Holmes pronuncia nell’avventura “His Last Bow”, inserita nell’omonima raccolta.
143
A. C. Doyle, “The Adventure of Charles Augustus Milverton”, in The Return of Sherlock Holmes, in The
Complete Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 578.
76

Mentre Holmes e Watson cercano di sottrarre i documenti incriminati da una
cassaforte, si sentono dei passi provenire dall’esterno della stanza e i due decidono di
nascondersi dietro una lunga tenda. Watson è molto spaventato per via della situazione in cui
si sono cacciati e, improvvisamente, quasi come se gli avesse letto nel pensiero, Holmes
insinua la sua mano in quella dell’amico in una stretta rassicurante: “I felt Holmes's hand steal
into mine and give me a reassuring shake, as if to say that the situation was within his powers
and that he was easy in his mind.” 144
Successivamente, Milverton riceve la visita di una delle donne che teneva in pugno
con i suoi ricatti, la quale però, presa dalla disperazione, decide di sparare al disonesto e
meschino Charles per porre fine ai suoi problemi. Quando la donna spara il suo proiettile
contro il vile Milverton, l’onesto Watson fa per saltare fuori dal nascondiglio, ma Holmes gli
afferra vigorosamente il polso, facendogli capire che non era affar loro: “No interference upon
our part could have saved the man from his fate; but as the woman poured bullet after bullet
into Milverton's shrinking body I was about to spring out, when I felt Holmes's cold, strong
grasp upon my wrist.” 145
Da queste ultime citazioni di Watson è possibile ritrovare l’evidente ammirazione che
il dottore ha per la mani dell’amico; frasi come “I felt Holmes's hand steal into mine” o “I felt
Holmes's cold, strong grasp” enfatizzano molto sugli arti del detective. L’ammirazione quasi
feticista che Watson ha per l’amico, parte dalle dita e si espande pian piano verso l’intero
corpo di Holmes, che il dottore descrive sempre con minuziosa accuratezza.
La particolare attenzione che Holmes ha per Watson e il senso di protezione che ha
maturato nei suoi confronti, si ritrovano anche in avventure come “The Bruce-Partington
Plans” in His Last Bow e soprattutto in “The Three Garridebs” in The Case-Book of Sherlock
Holmes.
144 Ibidem, p. 579.
145 Ibidem, p. 581.
77

Nella prima, durante un dialogo tra Holmes e Watson, il secondo è indeciso se
partecipare o meno ad una spedizione un po’ pericolosa, ma quando accetta di accompagnare
l’amico nell’indagine, quest’ultimo lo dimostra mostrando per una attimo la sua felicità ed il
suo lato tenero:
“We are bound to go.”
My answer was to rise from the table.
“You are right, Holmes. We are bound to go.”
He sprang up and shook me by the hand.
“I knew you would not shrink at the last,” said he, and for a moment I saw something in his
eyes which was nearer to tenderness than I had ever seen. The next instant he was his
masterful, practical self once more. 146
Quello che accade nell’avventura “The Three Garridebs”, invece, è sicuramente ciò
che più esemplifica il forte legame tra Holmes e Watson. Nel cuore del racconto, il dottore
viene colpito da un colpo sparato da un arma da fuoco e Holmes, che ha assistito alla scena,
corre verso di lui, lo prende in braccio e rivolge all’amico insistenti parole di seria
preoccupazione per le sue condizioni:
Then my friend’s wiry arms were round me, and he was leading me to a chair.
“You’re not hurt, Watson? For God’s sake, say that you are not hurt!”
It was worth a wound–it was worth many wounds–to know the depth of loyalty and love
which lay behind that cold mask. The clear, hard eyes were dimmed for a moment, and the
firm lips were shaking. For the one and only time I caught a glimpse of a great heart as well as
of a great brain. All my years of humble but single-minded service culminated in that moment
of revelation.
“It’s nothing, Holmes. It’s a mere scratch.”
He had ripped up my trousers with his pocket-knife.
“You are right,” he cried with an immense sigh of relief. “It is quite superficial.” His face set
like flint as he glared at our prisoner, who was sitting up with a dazed face. “By the Lord, it is
as well for you. If you had killed Watson, you would not have got out of this room alive. 147
Quello precedente è forse uno dei dialoghi più belli tra Holmes e Watson e, come suggerisce
lo stesso dottore, la reazione protettiva e preoccupata di Holmes, che si toglie la maschera da
freddo calcolatore per mostrare il suo lato più umano, è una vera e propria rivelazione. “All
my years of humble but single-minded service culminated in that moment of revelation.”,
146
A. C. Doyle, “The Adventure of the Bruce-Partington Plans”, in His Last Bow, in The Complete Sherlock
Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 926.
147
A. C. Doyle, “The Adventure of the Three Garridebs”, in The Case-Book of Sherlock Holmes, in The Complete
Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 1053.
78

un’epifania che racchiude in sé quel sentimento vero e tangibile che i due coinquilini
condividono da sempre, un sentimento di “loyalty and love”. Da notare anche il fatto che
Watson faccia riferimento alle braccia di Holmes, descrivendole con un “wiry” – “muscolose”
– aggettivo del tutto superfluo, ma che il dottore tiene ad esprimere.
Ma gli indizi di omoerotismo tra i due coinquilini di Baker Street, non finisce con
queste due avventure. Nell’avventura “The Problem of Thor Bridge”, ad esempio, Holmes e
Watson viaggiano soli in uno scompartimento di treno, quando all’improvviso il detective
decide di sedersi difronte all’amico e poggiargli le mani sulle ginocchia, guardandolo negli
occhi con uno sguardo che lo stesso Watson descrive come malizioso:
Suddenly, however, as we neared our destination he seated himself opposite to me--we had a
first-class carriage to ourselves--and laying a hand upon each of my knees he looked into my
eyes with the peculiarly mischievous gaze which was characteristic of his more imp-like
moods. 148
Inutile dire che un’azione del genere ha un ché ambiguo: i due uomini soli nella carrozza, il
contatto fisico, lo sguardo malizioso. La scena parla da sé.
Per concludere questo paragrafo rivelatore, si farà cenno alle ultime ambiguità
omoerotiche presenti nelle avventure “The Creeping Man” e “The Lion’s Mane”, entrambe
nella raccolta The Case-Book of Sherlock Holmes.
Nella prima storia, ambientata tra i primi del Novecento, si viene a conoscenza che
Watson era diventato per Holmes un’abitudine al pari del suo violino e della sua pipa, nonché
un vero e proprio stimolo:
The relations between us in those latter days were peculiar. He was a man of habits, narrow
and concentrated habits, and I had become one of them. As an institution I was like the violin,
the shag tobacco, the old black pipe, the index books, and others perhaps less excusable. When
it was a case of active work and a comrade was needed upon whose nerve he could place some
reliance, my role was obvious. But apart from this I had uses. I was a whetstone for his mind. I
stimulated him. He liked to think aloud in my presence. 149
148
A. C. Doyle, “The Problem of Thor Bridge”, in The Case-Book of Sherlock Holmes, in The Complete Sherlock
Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 1068.
149
A. C. Doyle, “The Adventure of the Creeping Man”, in The Case-Book of Sherlock Holmes, in The Complete
Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 1071.
79

Il freddo e solitario detective nutre per Watson un affetto e una stima tali da potergli
permettere di ascoltare i suoi ragionamenti – cosa che nelle prime avventure non succedeva,
visto che Holmes taceva durante la sua fase deduttiva e esponeva i suoi ragionamenti solo a
caso risolto. Proprio per questo motivo Watson afferma, all’inizio della citazione precedente,
che negli ultimi tempi il loro rapporto era diventato peculiare.
L’ultima citazione che verrà presa in analisi è tratta, appunto, dall’avventura “The
Lion’s Mane” che, com’è stato già detto in precedenza, è segnata dall’assenza di Watson.
Tuttavia questa mancanza non è poi così totale in quanto, un nostalgico Holmes, all’inizio del
racconto, fa riferimento proprio all’amico dottore e a quanto sarebbe stato bello se lui fosse
stato lì ad assistere al caso:
At this period of my life the good Watson had passed almost beyond my ken. An occasional
week-end visit was the most that I ever saw of him. Thus I must act as my own chronicler. Ah!
had he but been with me, how much he might have made of so wonderful a happening and of
my eventual triumph against every difficulty! 150
Secondo Alessandra Calanchi, all’interno di questa avventura, regnano sovrane delle
inquietanti suggestioni omoerotiche di tipo sadomasochista: la prima vittima, infatti, viene
trovata a torso nudo, ricoperta di frustate alla schiena. Tuttavia, queste insinuazioni non sono
destinate a durare per tutto il racconto, dal momento che, come sostiene sempre Calanchi,
svaniscono nel momento in cui compare Maud Bellamy, la fidanzata dal morto.
Per chiudere, si potrebbe citare una battuta che Holmes fa, sempre all’interno del
succitato racconto, riguardo ai suoi rapporti con le donne: “Women have seldom been an
attraction to me, for my brain has always governed my heart” 151 – ma quell’”always” non la
racconta giusta a chi ha letto tutto del Canone, nonché questo elaborato; Holmes in più
occasioni ha aperto il suo cuore e mostrato il suo lato tenero e sentimentale: Irene Adler, Mrs.
Ronder, Mrs. Sutherland e il caro vecchio Watson, sono riusciti più volte a scalfire la
150 A. C. Doyle, “The Adventure of the Lion’s Mane”, in The Case-Book of Sherlock Holmes, in The Complete
Sherlock Holmes, Harmondsworth, Penguin, 1981, p. 1084.
151 Ibidem, p. 1088.
80

maschera di freddezza e impassibilità dell’austero detective lasciando intravedere la sua parte
sentimentale.
3.2.7 Ambiguità su piccolo e grande schermo
Le ambiguità omoerotiche tra i coinquilini più famosi della letteratura, non si sono fermate
neanche negli adattamenti televisivi e/o cinematografici che hanno visto Holmes e Watson
come protagonisti. Le trasposizioni su pellicola delle avventure sherlockiane sono davvero
innumerevoli, quindi, sorvolando le magistrali interpretazioni di Basil Rathbone, Nigel Bruce,
Jeremy Brett e David Burke, ci si soffermerà ad analizzare le ultime due importanti
trasposizioni filmiche: Sherlock Holmes e Sherlock Holmes - Gioco di ombre di Guy Ritchie,
e la serie TV andata in onda su BBC, Sherlock.
Guardando il primo film di Ritchie, in cui a vestire i panni del detective londinese e
del suo fidato amico e reporter sono due belli del cinema, Robert Downey Jr. e Jude Law, in
molti hanno notato una certa particolare intesa tra i due – non è difficile quindi trovare articoli
su giornali, riviste, siti, blog o forum che parlano di una ‘storia d’amore’ tra Holmes e Watson
(quantomeno nel film). Giochi di sguardi, battute maliziose e situazioni ambigue, hanno
intessuto un sotto-testo omoerotico non indifferente all’interno della pellicola. Nel film, la cui
trama – totalmente nuova – si colloca nel periodo subito precedente al matrimonio di Watson
con Mary Morstan, è possibile vedere una particolare forma di gelosia da parte di Holmes
verso la scelta dell’amico, che Watson concretizza nel seguente dialogo:
Sherlock Holmes: You've never complained about my methods before.
Dr. John Watson: I'm not complaining.
H: You're not? What do you call this?
W: I never complain! How am I complaining?! When do I ever complain about you practicing
the violin at three in the morning, or your mess, your general lack of hygiene, or the fact that
you steal my clothes?!
H: Uh, we have a barter system...
W: When have I ever complained about you setting fire to my rooms?
H: Our rooms...
W: The rooms! Or, or, the fact that you experiment on my dog?
H: Our dog...
W: The dog!
H: Gladstone is our dog!
81

W: Where I do take issue is your campaign to sabotage my relationship with Mary. 152
Il dialogo continua poi con Holmes che finge di capire Watson, ma in realtà – e qui comincia
la gag – dice che secondo lui il dottore è solo stanco e molto sensibile e quindi gli offre una
vacanza, solo per loro due, nella fattoria di Chichester del fratello Mycroft.
Tra le tante situazioni ambigue che si vengono a creare nel film, una delle più simpatiche è
senza dubbio quella in cui Watson tiene sulle spalle Irene Adler, che è ammanettata ad una
macchina da mattatoio, e Holmes, per cercare di liberarla, sfila la cintura dell’amico
dicendogli “don’t get excited” 153 .
Il secondo film diretto da Ritchie, Sherlock Holmes: A Game of Shadows, contiene
un’altra manciata di riferimenti al rapporto omoerotico tra Holmes e Watson. Il dottore si è
sposato e sta andando, in compagnia della novella moglie, in luna di miele. Ma ecco che
Holmes arriva nello stesso treno, vestito e truccato da donna, getta Mary dal vagone (che
viene salvata da Mycroft) e inizia ad azzuffarsi con Watson, assumendo posizioni equivoche.
Dopo essersi rifugiati in un vagone più sicuro, dal momento che erano inseguiti dagli
scagnozzi di Moriarty, Holmes, ancora truccato e a torso nudo dice a Watson un ambiguo: “lie
down with me Watson.” 154
Qualche scena dopo, Holmes e il dottore discutono ancora una volta ed è lì che, dopo
le accuse di Holmes su un matrimonio che poteva aspettare (quello di Watson e Mary),
avviene questo altro singolare scambio di battute:
Sherlock Holmes: Thus, our relationship--
Dr. John Watson: Relationship?
H: Very well, partnership-- Has not yet run its course.
[…]
W: Where is it we’re going?
H: Paris, the most sensible honeymoon destination of all.
152
G. Ritchie, Sherlock Holmes, 2009. Film. UK, USA, Australia: Lin Pictures, Silver Pictures, Village Roadshow
Pictures, Wigram, Warner Bros.
153
Ibidem
154
G. Ritchie, Sherlock Holmes: A Game of Shadows, 2011. Film. UK, USA, Australia: Silver Pictures, Village
Roadshow Pictures, Warner Bros.
82

La particolarità di questi passaggi sta quindi nel fatto che Watson, che stava partendo per la
sua luna di miele con moglie, finisce invece per andarci con Holmes.
Anche questo film, come il precedente, è pieno di scene e situazioni ambigue che
sarebbe impossibile elencare, quindi, il focus del discorso si sposterà ora sulla serie TV
Sherlock, diretta da Steven Moffat e interpretata da Benedict Cumberbatch e Martin Freeman
nei panni di Sherlock e John.
La particolarità di Sherlock è che la serie è ambientata nella Londra dei giorni nostri e
ripropone le stessa avventure vissute da Holmes e Watson rimodulate e riadattate per stare al
passo coi tempi e la tecnologia. Ecco allora che Holmes passa ore davanti al suo laptop o al
suo smart-phone, legge e-mail, scrive su Twitter e si droga con cerotti alla nicotina. Watson,
che è invece sempre un ex-soldato tornato dall’Afghanistan e, così come quello originale,
cerca un appartamento da condividere, viene indirizzato da un nuovo giovane Stamford a
contattare Sherlock Holmes. I due si incontrano e decidono di andare a vivere insieme nel
famoso appartamento di Baker Street e da lì comincia la gag, che verrà ripetuta più volte nelle
puntate successive, della gente che li scambia per una coppia omosessuale.
La prima è la stessa Mrs. Hudson la quale, mostrando ai due una stanza con un letto
matrimoniale dice: “There’s another bedroom upstairs…that is if you’ll be needing one.” 155
Successivamente, i due si ritrovano a cenare in un ristorante presso Soho, la zona gay
londinese per eccellenza, e il cameriere del locale, credendo che Watson sia il nuovo “date”
del detective, dice: “Sherlock, you can have anything on the menu for you and your date. I’ll
get a candle for the table. It’s more romantic.” 156
Per concludere, in una scena, Watson chiede a Holmes se abbia mai avuto una
fidanzata e quest’ultimo risponde con un limpido: “Girlfriend, no. Not really my area.” 157
155 S. Moffat, M. Gatiss, Sherlock, 2010 – 2012. TV. UK: BBC Wales. Ep. 01x01
156 Ibidem
157 Ibidem
83

Un’altra particolare reinterpretazione delle avventure sherlockiane sta per approdare
sul piccolo schermo, si parla della nuova serie diretta da Robert Doherty, Elementary 158 , che
vedrà quasi sicuramente in Watson il love-interest di Holmes per un motivo molto semplice: il
dottore sarà nientedimeno che una donna! Ad interpretare Joan Watson, questo sarà il nuovo
nome di battesimo del dottore divenuto donna, sarà la bella Lucy Liu, mentre nei panni di
Sherlock Holmes ci sarà Jonny Lee Miller. La serie comincerà a cavallo tra la fine del 2012 e
l’inizio del 2013, quindi non resta che aspettare e vedere come Doherty riproporrà le
leggendarie avventure holmesiane.
Si è visto, quindi, con questo ultimo paragrafo, come le ambiguità sessuali e
omoerotiche inerenti alle più importanti figure create da Conan Doyle non abbiano
abbandonato le scene, anzi, si ripresentano molto più palesi e meno tra le righe, ma sempre
intrise di quello humour che evita di farle sembrare fastidiose e/o stucchevoli.
158 R. Doherty, Elementary, 2012 – 2013. TV. USA: CBS Television Studio.
84

CONCLUSIONI
L’obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di dimostrare che esiste, all’interno del
Canone sherlockiano, una serie di riferimenti ambigui riguardanti un presunto rapporto di
omoerotismo tra Sherlock Holmes e l’immancabile John Watson.
Per portare avanti questo tipo di lavoro, si è fatto riferimento alle opere originali della
saga sherlockiana dal primo romanzo A Study in Scarlet, fino all’ultima raccolta, The Case-
Book of Sherlock Holmes, nonché alle più recenti trasposizioni filmiche di tali opere.
Prima di analizzare le ambiguità omoerotiche tra Holmes e Watson, sono state
analizzate in modo più o meno accurato le loro personalità e i loro caratteri, così come sono
stati presi in analisi anche personaggi satelliti – ma comunque importanti ai fini dell’elaborato
– come Irene Adler, Mary Morstan o James Moriarty. Questa analisi ha permesso ai lettori di
capire il modo di essere e di operare dei protagonisti, nonché le loro storie e la loro psiche,
così da poter passare all’analisi principale dell’elaborato avendo una buona conoscenza dei
soggetti presi in esame.
Successivamente si è passati a fare una breve ripassata sui lavori dell’autore dell’intero
Canone, Sir Arthur Conan Doyle, così da poter comprendere il contesto in cui tali opere sono
state scritte ed avere un quadro generale degli avvenimenti portanti dell’intera saga
holmesiana.
Dopo questo breve seppur necessario ripasso, ci si è finalmente addentrati nel vivo
della tesi ponendo la fatidica domanda: ma Holmes e Watson erano più che semplici
coinquilini? Per cercare di rispondere positivamente a questa istanza, è stato necessario
prendere in esame l’intero Canone e ricercare quei passi e quelle citazioni che contenessero
battute o situazioni ambigue, che sembrerebbero confermare la tesi di una presunta relazione
omoerotica tra i due protagonisti della saga.
85

Tale indagine si è svolta con ordine, ricercando man mano nei testi, in ordine di
pubblicazione, queste presunte ambiguità, alle quali si sono aggiunte una buona dose di
interpretazione personale e parte anche dell’interpretazione critica di diversi autori
contemporanei e non.
Essendo il fine ultimo della tesi semplicemente quello di portare a galla queste
ambiguità e dimostrare che in effetti ci sono, una risposta concreta alla precedente domanda
non è stata trovata. La cosa certa è che il forte legame tra Holmes e Watson non è stato per
nulla messo in discussione; la loro virile amicizia da uomini tardo-vittoriani è stata sempre
rispettata, anzi, è proprio da lì che partono, nella loro interezza, i presupposti dell’intero
elaborato, assumendo, cioè, che quella tra Sherlock e il buon dottore sia davvero una gran
bella amicizia, maschile, fondata su fiducia e collaborazione e impregnata di un gran rispetto
reciproco. Il fatto che entrambi preferissero rimanere soli in compagnia dell’altro a fumare
una pipa o due o che amassero appartarsi su due lettini lontani da tutti gli altri in un bagno
turco, danno alito a quelle che non sono altro che congetture ma comunque, e in modo
inevitabile, impiantano nel lettore attento e mentalmente aperto un interrogativo che,
purtroppo, o per fortuna, non avrà mai una risposta.
86

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88

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Ritchie, Guy, Sherlock Holmes, 2009. Film. UK, USA, Australia: Lin Pictures, Silver
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Ritchie, Guy, Sherlock Holmes: A Game of Shadows, 2011. Film. UK, USA, Australia: Silver
Pictures, Village Roadshow Pictures, Warner Bros.
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RINGRAZIAMENTI
Mi piacerebbe, infine, dedicare un po’ di spazio anche a coloro che mi sono stati vicini
durante il mio lavoro e per tutto l’arco della mia breve ma intensa carriera universitaria.
Ringrazio in primis i miei genitori, Lidio e Rina, che mi hanno sempre sostenuto in
tutte quelle che sono state le mia scelte passate e che continuano ad appoggiare e supportare
nel migliore dei modi anche le mie prospettive future. Insieme a loro ringrazio, ovviamente,
tutto il resto della mia famiglia, ed in particolare mia zia Patrizia, che ha costantemente
incoraggiato tutte le mie decisioni e che mi ha sempre considerato “un gradino più in alto”.
Ci tengo molto a ringraziare alcune persone che mi hanno fornito utilissimi aiuti
bibliografici e preziosi consigli per lo svolgimento della mia tesi: la prof.ssa Alessandra
Calanchi dell’Università di Urbino, che si è dimostrata di una disponibilità senza eguali nel
dare una mano a chi le scriveva da tutt’altra parte d’Italia; Michele (alias John Sebastian
Moran) dell’associazione Uno Studio in Holmes, che mi ha sempre dispensato informazioni
utilissime; e tutti i membri iscritti al forum e al gruppo Facebook di USiH, che sono sempre
stati pronti a rispondere ad ogni mia domanda o perplessità in materia sherlockiana.
Ringrazio poi tutti i miei amici storici, che da una vita mi stanno accanto, i miei
colleghi, che hanno condiviso con me le gioie e i dolori dell’essere iscritti a questa facoltà, gli
amici più lontani, che mi hanno sostenuto con chiamate e messaggi lungo l’intero arco della
scrittura della mia tesi, e tutte, ma veramente tutte, le fantastiche persone che ho conosciuto
durante questa esperienza di quattro anni, che mi hanno regalato sorrisi, lacrime e ricordi che
conserverò e custodirò gelosamente.
Ringrazio, infine, me stesso per la tenacia e la perseveranza che ho avuto in questo
breve cammino universitario e per il coraggio e la risolutezza che da sempre cerco di mettere
nelle mie decisioni, nella speranza di un futuro bello.
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