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l'eclettico Thomas Griffiths Wainewright - Urbinoir

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“Un artista non certo mediocre”: l’eclettico <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> <strong>Wainewright</strong>***<br />

di Michele Lopez<br />

“He would talk of nothing but art, of which he had the crudest ideas, from our<br />

leaving the gallery until we found ourselves at the Northumberland Hotel.”<br />

[HOUN, 692]<br />

*** Questo articolo è apparso in una prima stesura col titolo “Uno studio in verde” sulla fanzine<br />

sherlockiana The Strand Magazine, n. 18 N.S., Dicembre 2007, pp. 35-58. Si ringrazia il<br />

direttore Stefano Guerra per l’autorizzazione.<br />

Nell’analizzare l’attitudine di Sherlock Holmes verso i criminali famosi, ho già avuto occasione di<br />

notare come raramente il detective di Baker Street si sia interessato di un caso solo per la<br />

sensazione che questo suscitava presso il pubblico. 1 In quella circostanza affermavo che, dato<br />

questo atteggiamento di Holmes, coloro che erano stati da lui espressamente nominati nel Canone<br />

dovevano essere considerati degli esempi di particolare talento nel campo del crimine e pertanto<br />

degni di attenzione da parte degli studiosi holmesiani. Dopo avere discusso in quell’articolo la<br />

figura di Charlie Peace, ci occuperemo nel presente lavoro di quel talento multiforme che risponde<br />

al nome di <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> <strong>Wainewright</strong>, citato da Holmes insieme al famoso scassinatore nel<br />

seguente passaggio: “Una mente complessa,” disse Holmes. “Tutti i grandi criminali ne sono dotati.<br />

[…] Wainwright (sic) non era certo un artista mediocre. 2 ”<br />

Penna, matita e veleno.<br />

<strong>Thomas</strong> <strong>Wainewright</strong> nacque a Chiswick il 4 ottobre 1794, da una buona famiglia: il suo nonno<br />

paterno, Robert <strong>Wainewright</strong>, era un avvocato di Gray’s Inn; suo nonno materno era il dottor Ralph<br />

<strong>Griffiths</strong>, fondatore ed editore della Monthly Review, e personalità di spicco nella Londra letteraria<br />

dei suoi tempi. La madre Ann 3 morì, appena ventunenne, nel darlo alla luce, e suo padre, <strong>Thomas</strong><br />

<strong>Wainewright</strong>, non le sopravvisse a lungo 4 . Il piccolo <strong>Thomas</strong> fu allevato dal nonno e, dopo la morte<br />

di quest’ultimo nel 1803, da suo zio, George Edward <strong>Griffiths</strong>. Il cognome materno fu aggiunto<br />

naturalmente dal nonno <strong>Griffiths</strong>, che comunque non provò mai grande affetto per il nipote: riflesso<br />

probabilmente di un rapporto già difficile con il genero. I termini del testamento del nonno furono<br />

una delle cause indirette degli avvenimenti più drammatici nella vita di <strong>Wainewright</strong>: infatti,<br />

affermando di avere già sostenuto a suo tempo le spese per dare alla figlia una dote, Ralph <strong>Griffiths</strong><br />

si limitò a lasciare al nipote l’usufrutto di 5.000 sterline vita natural durante (vale a dire una rendita<br />

di circa 250 sterline l’anno) senza però che potesse entrare in possesso del capitale, che restava<br />

affidato ai fiduciari, i suoi zii Robert <strong>Wainewright</strong> e Edward Smith Foss e in seguito il figlio di<br />

quest’ultimo, suo cugino Edward Foss jr.<br />

Il giovane <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> <strong>Wainewright</strong> (d’ora in poi TGW), crebbe immerso fin dall’infanzia<br />

in un ambiente letterario e cresciuto in una dimora, Linden House, costruita da suo nonno senza<br />

badare a spese e dotata di un meraviglioso parco, e sviluppò abbastanza naturalmente un gusto per<br />

1 Vedi LOPEZ, Michele, Un virtuoso del violino, The Strand Magazine, anno 9 N.S. n. 17, giugno 2006, pp. 11-31. Ringrazio inoltre lo<br />

Strand Magazine per aver consentito a ripubblicare in questa sede il presente saggio, apparso col titolo “Uno studio in Verde”.<br />

2 “A complex mind,” said Holmes. “All great criminals have that. […] Wainwright (sic) was no mean artist.” [ILLU, 987]<br />

3 Nel necrologio di Ann <strong>Griffiths</strong> apparso sul Gentleman’s Magazine il 7 ottobre 1794, l’articolista faceva un curioso riferimento alla sua<br />

intelligenza, affermando che la defunta “aveva compreso gli scritti di Locke altrettanto bene, forse, di qualunque persona di entrambi i<br />

sessi oggi vivente.”<br />

4 La data della morte di <strong>Thomas</strong> <strong>Wainewright</strong> senior non è conosciuta con precisione, ma deve essere anteriore al 1803, come si può<br />

dedurre dal testamento di Ralph <strong>Griffiths</strong> steso in quell’anno.


tutto ciò che era bellezza, lusso e agiatezza. La sua educazione si svolse presso la scuola di Charles<br />

Burney 5 a Greenwich, scuola che aveva un’ottima reputazione per quanto riguardava i classici greci<br />

e latini (dei quali infatti TGW ebbe una conoscenza profonda), molto meno per altre materie. In<br />

ogni caso, fu qui che TGW mostrò i primi esempi del suo talento come disegnatore, talento che –<br />

con una notevole eccezione alla rigida disciplina dell’istituto – fu incoraggiato a coltivare.<br />

Terminata la sua istruzione nel 1812, lo zio George (che alla morte della nonna era diventato il<br />

suo unico tutore) assecondò il desiderio del giovane TGW di seguire la carriera artistica e si adoperò<br />

per farlo entrare come apprendista presso un maestro di pittura, dapprima con John Linnell 6 e<br />

poi con <strong>Thomas</strong> Phillips.<br />

<strong>Thomas</strong> Phillips (1770–1845) rivaleggiava all’epoca con Sir <strong>Thomas</strong> Lawrence 7 per la palma di<br />

ritrattista più alla moda. TGW non apprezzò, del suo maestro, la finitura eccessivamente patinata e<br />

soprattutto la tendenza a uno stile di pittura che venisse incontro ai desideri del committente,<br />

ammorbidendone i difetti e falsificando, così riteneva TGW, la realtà. In anni successivi, scrivendo<br />

di Phillips, affermò che era inferiore a Lawrence nell’arte di mettere a loro agio i soggetti ritratti e<br />

ottenere l’atteggiamento più naturale possibile, ma lodò il suo grande senso del colore e<br />

l’ammirazione (vivamente condivisa da TGW) per i grandi della pittura del Rinascimento, da<br />

Michelangelo a Raffaello, e per Rembrandt.<br />

La differenza tra maestro e allievo è ben esemplificata dal confronto tra il famoso ritratto di<br />

Byron (il “cloak portrait”) che Phillips dipinse nel 1814 e lo stesso soggetto realizzato da TGW<br />

fianco a fianco con il maestro. Il dipinto di TGW è più crudo, più realistico; la figura del poeta non<br />

è idealizzata come nel tratto di Phillips. Dal disegno delle labbra traspare sensualità e lo sguardo è<br />

molto meno angelico; le occhiaie sono più fonde e i riccioli non sono artisticamente scompigliati.<br />

Non pochi critici ritengono che TGW sia andato più vicino di Phillips a cogliere l’essenza della<br />

personalità di Byron.<br />

TGW restò con Phillips solo un anno, in capo al quale maturò una decisione che, come disse in<br />

seguito, lo fece diventare un “rinnegato” nei confronti dell’arte: infatti scelse di rinunciare alla<br />

carriera di pittore per darsi alla vita militare.<br />

Probabilmente una certa insicurezza sul suo talento artistico e l’insoddisfazione dell’apprendistato<br />

con Phillips furono le principali cause di questa decisione. TGW certamente apprezzava<br />

soprattutto l’eleganza delle divise e non a caso scelse un reggimento famoso per la bellezza delle<br />

sue uniformi e per essere stato il meno impiegato in battaglia nella storia dell’esercito inglese. In<br />

ogni caso, il 14 aprile 1814, TGW acquistò per 400 sterline una commissione nel 16° fanteria del<br />

Bedfordshire. Subito dopo, il reggimento partì per il Canada e rientrò in Europa nel 1815, arrivando<br />

con due mesi di ritardo per partecipare alla battaglia di Waterloo; TGW fu destinato invece di<br />

stanza a Fermoy, in Irlanda, e in seguito a Portsmouth. In capo a un anno la noia di conversazioni<br />

non certo appaganti per uno spirito artistico e di un ambiente dove l’unico divertimento erano “dieci<br />

bicchieri di whisky senz’acqua” ogni sera, fu sufficiente per convincere TGW di averne avuto<br />

abbastanza della vita militare. Il 23 maggio 1815 vendette la sua commissione e il 25 lasciò il<br />

reggimento a Portsmouth per rientrare a Linden House.<br />

Il ritorno nell’ambiente che più di ogni altro si confaceva ai gusti di TGW non fu però sufficiente<br />

a dargli quella tranquillità di spirito che cercava. Poco dopo il suo congedo infatti cadde vittima di<br />

un collasso nervoso e di uno stato di depressione che durò quasi un anno. I vari biografi di TGW<br />

hanno avanzato diverse ipotesi sull’influenza che questa malattia possa avere avuto sulle sue successive<br />

azioni: il romanziere Ladbroke Black suggerisce che TGW possa avere sofferto di encefalite<br />

letargica, o malattia del sonno, e che gli effetti di questa malattia abbiano permanentemente alterato<br />

5 Charles Burney jr. (1757–1817), figlio di Charles Burney sr., musicologo e autore di una famosa Storia della Musica.<br />

6 John Linnell (1792-1882), all’epoca pittore di buona fama, era stato un enfant prodige ed era entrato come studente alla Royal Academy a<br />

soli tredici anni. Fu amico e confidente di molti personaggi della Londra artistica; è ricordato sopratutto per la sua amicizia con William<br />

Blake, di cui fu generoso mecenate.<br />

7 <strong>Thomas</strong> Lawrence (1769-1830) fu il pittore inglese più importante di quegli anni; studente alla Royal Academy nel 1787, allievo di Sir<br />

Joshua Reynolds, dopo soli quattro anni era già insegnante nella stessa istituzione; divenne il principale ritrattista di Re Giorgio III, fu<br />

nominato Baronetto nel 1815 e presidente dell’Academy nel 1820. Personaggio ben noto nelle corti di tutta Europa, ritrasse molti nobili e<br />

principi.


la sua salute mentale; Havelock Ellis 8 nel suo The Criminal (1890) afferma esplicitamente che<br />

TGW era sull’orlo della follia, se non completamente pazzo; Jonathan Curling si limita a dire che<br />

“la sua melanconia giovanile può certamente avere alterato il suo senso morale 9 ”. Comunque, le<br />

medicine che infine lo fecero uscire dal suo stato depressivo furono soprattutto le cure prestategli da<br />

Eliza Frances Ward, una ragazza di cui TGW si innamorò e che in seguito sposò, e la lettura delle<br />

poesie di Wordsworth, di cui divenne fervente ammiratore; passione condivisa all’epoca da pochi,<br />

sebbene qualificati lettori (tra gli altri, de Quincey, Keats e Hazlitt) e che dimostra una certa<br />

indipendenza di gusto e di giudizio da parte di TGW (molto più forti erano, all’epoca, i detrattori<br />

del poeta).<br />

Nel 1816 TGW si era ripreso e si trasferì in città per iniziare a tempo pieno la carriera di pittore.<br />

Contemporaneamente, iniziò ad adottare i modi e l’abbigliamento di un ricercatissimo dandy, ai limiti<br />

– se non oltre – della stravaganza, con le sue delicate mani bianche, gli anelli alle dita,<br />

l’occhialetto (che portava sempre, lamentandosi della debolezza della sua vista), i guanti color limone,<br />

il fazzoletto da taschino profumato. Il suo desiderio era quello di essere a man about town,<br />

un uomo al centro della vita mondana, non meno che artistica, di Londra: ma i suoi mezzi limitati<br />

non gli consentivano di condurre il tenore di vita che avrebbe voluto. Questo era un grave impedimento<br />

per un uomo che, come osserva acutamente Oscar Wilde, “cercava di essere qualcuno,<br />

piuttosto che fare qualcosa 10 ”. La scarsa rendita che gli veniva dall’eredità materna veniva<br />

comunque rimpinguata dall’aiuto dello zio, e dalle rette di alcuni allievi che frequentavano il suo<br />

studio. Fondamentale, per la sua formazione pittorica e artistica in generale, fu in questo periodo la<br />

frequentazione di tre grandi pittori: Henry Fuseli 11 , Theodore von Holst e William Blake.<br />

Non si sa esattamente quando iniziò l’amicizia tra TGW e Fuseli: potrebbe risalire all’infanzia<br />

del primo, quando probabilmente Fuseli frequentava Linden House in compagnia di altri grandi<br />

artisti come Flaxman 12 , oppure potrebbero essersi incontrati tramite il primo maestro di TGW, John<br />

Linnell, che di Fuseli era stato allievo (Fuseli definiva Linnell “il mio piccolo gigante”). Comunque,<br />

è certo che essi erano in termini amichevoli già nel 1818, come è dimostrato da lettere tuttora esistenti.<br />

Fuseli fu colui che più di tutti influenzò TGW dal punto di vista artistico; egli lo definì,<br />

senza ombra di iperbole o di ironia, “il Dio della mia adorazione”. In Fuseli TGW trovò non solo un<br />

maestro di pittura, ma quasi, potremmo dire con termine moderno, un guru: la sua vastissima<br />

cultura (Fuseli leggeva e scriveva in otto lingue) e soprattutto le sue idee sui fini dell’arte trovavano<br />

piena risonanza nell’animo di TGW. In sostanza, essi privilegiavano una pittura che desse corpo<br />

alle fantasie e alle creazioni della mente, anziché limitarsi a imitare la realtà: i dipinti di Fuseli<br />

nascevano dalla raffigurazione dei suoi incubi, delle sue fantasie erotiche, di quelli che con termine<br />

moderno potremmo chiamare i fantasmi dell’inconscio; oppure dalla visualizzazione di scene di<br />

romanzi di argomento romantico con un tocco di sovrannaturale, con riferimento soprattutto alla<br />

vasta corrente della letteratura romantica tedesca che, praticamente sconosciuta in Inghilterra per<br />

tutto il XVIII secolo, diveniva allora di moda (uno dei principali artefici della sua divulgazione era<br />

stato proprio il nonno di TGW con la sua Monthly Review). TGW, che conosceva bene il tedesco, fu<br />

uno dei primi a recensire favorevolmente (sulla London Magazine) il Faust di Goethe, ben prima<br />

8 Havelock Ellis (1859-1939), medico e psicologo, è famoso per essere stato uno dei fondatori della sessuologia moderna, oltre che per i<br />

suoi lavori nel campo della psicologia criminale.<br />

9 CURLING, Jonathan, Janus Weathercock; the life of <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> <strong>Wainewright</strong>, 1794-1847, London, T. Nelson and sons, 1938, p. 83.<br />

10 WILDE, Oscar, Pen, pencil and poison: a study in green, Fortnightly Review, January 1889.<br />

11 Henry Fuseli (1741-1825), nato Johann Heinrich Füssli a Zurigo, si trasferì in Inghilterra nel 1764. Nel 1768, incoraggiato da Sir Joshua<br />

Reynolds, iniziò a studiare pittura e trascorse otto anni a Roma. La sua fama di pittore crebbe rapidamente dopo che espose nel 1781 il<br />

suo famoso quadro The Nightmare alla Royal Academy. Nel 1790 divenne membro dell’Academy, nel 1799 entrò a far parte del corpo<br />

docente e dal 1804 ricoprì l’incarico di Custode, che mantenne fino alla sua morte. Fu amico di Blake e in vita gli arrisero fama, onori e<br />

ricchezza: la sua pittura visionaria non incontrò tuttavia i più puritani gusti vittoriani della seconda metà del XIX secolo e il suo nome<br />

perse di importanza fino a essere quasi dimenticato: solo nel tardo XX secolo la sua opera fu grandemente rivalutata.<br />

12 John Flaxman (1755-1826) pittore e scultore di buona fama; divenne celebre sopratutto per le sue illustrazioni di preziose edizioni di<br />

classici (Omero, Dante, Eschilo) e per i suoi bassorilievi; fu professore di scultura (cattedra creata appositamente per lui) alla Royal<br />

Academy a partire dal 1810. Molti anni dopo TGW, nella sua petizione per ottenere la semilibertà, elencò fra i propri meriti quello di<br />

essere stato amico di Flaxman.


della sua traduzione in inglese nel 1833. Troviamo qui un primo punto di contatto con Holmes, il<br />

quale a sua volta conosceva e apprezzava Goethe, che cita in lingua originale ([SIGN, 115 e 158].)<br />

Holst 13 condivideva appieno questa visione, e ancora più di TGW subiva l’influsso del loro<br />

comune maestro Fuseli, data anche la sua più giovane età: TGW e Holst erano molto simili, non<br />

solo nelle idee ma anche nell’atteggiamento e nell’aspetto fisico. In anni successivi, quando tutti i<br />

suoi amici di un tempo lo avevano abbandonato, Holst fu l’unico a offrire assistenza e aiuto al<br />

reietto TGW, ospitandolo in casa sua mentre era ricercato dalla legge e correndo il rischio di essere<br />

arrestato per favoreggiamento.<br />

Il 13 novembre 1817 TGW sposò la sua amata. Eliza Ward (nata nel 1796) era figlia di una certa<br />

signora Abercromby (née Weller) di Mortlake, due volte vedova: aveva avuto Eliza dal suo primo<br />

marito, mentre dal secondo ebbe due figlie: Helen (nata nel 1804) e Madeleine (nata nel 1810).<br />

Dopo il matrimonio la coppia andò a vivere a Mortlake, ma TGW continuò a recarsi in città ogni<br />

giorno e a condurre vita di società. Se le sue entrate erano a malapena sufficienti per uno scapolo, a<br />

maggior ragione dovevano esserlo per un uomo sposato, che per di più continuava a condurre<br />

un’intensa vita mondana, passando incessantemente da una mostra, al teatro, a una cena in locali<br />

alla moda in compagnia di amici pittori e artisti; il che gli lasciava ben poco tempo per dedicarsi a<br />

una qualsiasi occupazione produttiva, incluso dipingere. TGW aveva inoltre preferenze costose in<br />

fatto di arte e l’ambizione e il gusto del collezionista. In questo periodo frequentava spesso il<br />

negozio di Paul Colnaghi, vera Mecca degli appassionati d’arte, specializzato nella vendita di<br />

stampe e riproduzioni di quadri famosi, allora uno dei pochi modi accessibili per poter conoscere i<br />

classici della pittura. Le stampe eseguite da incisori famosi raggiungevano spesso quotazioni<br />

piuttosto alte, e TGW spendeva cifre rilevanti presso il suo amico, cui faceva però una grande<br />

pubblicità. Nel negozio di Colnaghi (dove spesso si poteva incontrare anche Keats) TGW fece<br />

conoscenza con John Scott 14 (che aveva sposato la figlia di Colnaghi) e questa relazione aprì una<br />

pagina nuova nella sua carriera.<br />

Lo spensierato Janus Weathercock<br />

Nel gennaio del 1820 una nuova rivista faceva il suo esordio nel panorama letterario nazionale. La<br />

London Magazine nasceva sotto i migliori auspici: sotto la direzione del carismatico John Scott si<br />

erano raccolti collaboratori del calibro di Charles Lamb 15 e William Hazlitt 16 . In seguito si<br />

sarebbero aggiunti nomi come John Keats, <strong>Thomas</strong> de Quincey, Barry Cornwall, John Clare, H.F.<br />

Cary e Benjamin Haydon. Di questa sceltissima pattuglia faceva parte TGW, che contribuì fin dal<br />

primo numero – gennaio 1820 – con un articolo a firma “Egomet Bonmot”.<br />

La London Magazine si occupava principalmente di letteratura, nonché di musica, arti figurative,<br />

teatro e attualità. I collaboratori, seguendo la tradizione del periodo, erano soliti firmarsi con pseudonimi;<br />

Lamb si faceva chiamare “Elia”, Hazlitt era “Mr. Drama”, de Quincey era “Il Nano”, e<br />

John Clare “L’Uomo Verde”. TGW fu quello che più di tutti si divertì a giocare con le sue false<br />

identità, creandosene ben tre: l’erudito “Egomet Bonmot”, il burbero “Cornelius Van Vinkbooms” e<br />

lo spumeggiante, pirotecnico “Janus Weathercock”. I contributi critici di TGW alla rivista, so-<br />

13 Theodore von Holst (1810-1844) era stato un altro enfant prodige della pittura: divenne allievo di Fuseli nel 1820, a soli dieci anni di età.<br />

L’anno successivo Sir <strong>Thomas</strong> Lawrence comprò un suo schizzo a matita per tre ghinee. Nel 1824 entrò come studente alla Royal<br />

Academy, e i suoi disegni erotici furono tra i preferiti del Principe di Galles. Sebbene i suoi lavori non abbiano mai avuto la profondità<br />

di quelli di Fuseli, raggiunsero a volte livelli di intensità (e di violenza) simili.<br />

14 John Scott (1784-1821), scozzese di Aberdeen, fu direttore di vari periodici, tutti di ispirazione liberale; nel 1819 accettò l’incarico di<br />

direttore della London Magazine, e nel corso della sua direzione riunì intorno a sé un impressionante numero di collaboratori di altissimo<br />

livello.<br />

15 Charles Lamb (1765-1834) scrittore e saggista di origine gallese, fu amico di Coleridge, di Wordsworth e di Shelley; ebbe una vita<br />

privata alquanto tormentata, con una sorella che uccise la madre in un accesso di follia e della quale egli ottenne il rilascio dal<br />

manicomio sotto la sua responsabilità, prendendosene cura fino alla morte. Lamb stesso trascorse sei settimane in manicomio nel 1795.<br />

La notorietà gli arrise sopratutto per il suo adattamento delle tragedie e commedie di Shakespeare per bambini, Tales from Shakespeare,<br />

da lui curato insieme alla sorella Mary e che ottenne un grande successo editoriale, e per i suoi saggi, molti dei quali pubblicati sulla<br />

London Magazine, mentre non ebbe uguale fortuna come commediografo.<br />

16 William Hazlitt (1778-1830), scrittore e saggista, è spesso considerato il più grande critico letterario inglese dopo il dottor Johnson;<br />

famosi sono i suoi lavori su Shakespeare. Amico di Coleridge, Wordsworth, Lamb, propugnò per tutta la vita idee fortemente liberali, al<br />

limite del rivoluzionario, e questo gli alienò alla lunga molte simpatie; morì in relativa miseria, dopo essersi ritirato dalla vita pubblica.


prattutto come Janus (un nom de plume singolarmente adatto per TGW) sono caratteristici della sua<br />

personalità: arzigogolati e fantasiosi nello stile, saltano spesso da un argomento all’altro, con<br />

continue divagazioni, tra le quali però l’osservatore attento può cogliere una linea costante di<br />

attenzione al gusto del “bello” al di là degli stereotipi classici delle scuole ufficiali. Non mancano<br />

gli accenni vanitosi, autoreferenziali, alle ricchezze del suo boudoir, di cui il Janus della finzione<br />

(ancora più dandy di quanto non fosse nella realtà TGW) elenca tutti i singoli pezzi, quadri, mobili,<br />

stampe, libri, precisandone il prezzo d’acquisto; ma questi tratti, che alcuni intesero come un<br />

atteggiamento da snob, sono volutamente caricaturali: TGW fa rappresentare a Janus le proprie idee<br />

artistiche e i propri gusti raffinati, esagerandoli di proposito, in un’ottica autoironica che però cela<br />

sempre un’intenzione seria.<br />

Se i virtuosismi verbali di TGW irritavano talvolta Scott, che in più di un’occasione dovette<br />

tagliare interi paragrafi dagli articoli del novello critico d’arte, essi piacquero molto invece ai<br />

colleghi scrittori. Per TGW si apriva una nuova prospettiva: quella di poter essere un Autore riconosciuto,<br />

amico e collega dei migliori rappresentanti del mondo letterario. Soprattutto l’amicizia con<br />

Lamb fu immediata e profonda; i Londoners crearono un circolo letterario informale (in cene, riunioni<br />

conviviali e chiacchierate) di cui TGW non era certo l’esponente più oscuro.<br />

Nel 1821 TGW e sua moglie si trasferirono in città, questa volta in una residenza all’altezza delle<br />

sue nuove aspirazioni. L’appartamento nella casa al numero 49 di Great Marlborough Street, che<br />

era stata definita nel 1734 “la più bella strada d’Europa”, divenne il santuario e la vetrina delle sue<br />

visioni decorative, riccamente arredato con profusioni di stampe preziose e pezzi di ogni epoca e<br />

stile. È lecito chiedersi come TGW potesse permettersi tutto questo: probabilmente suo zio pagava<br />

in questo periodo l’affitto, o almeno parte di esso; le tariffe della London Magazine erano generose<br />

– sedici ghinee alla pagina – anche se per un certo periodo, forse irritato dalle sue critiche<br />

impertinenti sempre dispensate a cuor leggero, Scott non gli aveva più commissionato articoli. Ma a<br />

questo punto una tragedia improvvisa si abbatté sull’ambiente dei Londoners.<br />

Le polemiche letterarie raggiungevano in quell’epoca una violenza inaudita, coinvolgendo, come<br />

era inevitabile, anche tutta la linea politica e morale delle varie riviste. Scott, che era animato dal<br />

sacro fuoco della passione e considerava il suo mestiere come una missione, aveva pubblicato diversi<br />

editoriali in polemica con il direttore della Blackwood Magazine, la rivista rivale, di<br />

ispirazione fortemente conservatrice. Costui, John Gibson Lockhart, sfidò Scott a duello;<br />

quest’ultimo si rifiutò, ma il comportamento del padrino di Lockhart, Jonathan Henry Christie, fu<br />

così offensivo che Scott stesso lo sfidò a sua volta. Lo scontro ebbe luogo presso Chalk Farm nella<br />

notte del 16 febbraio 1821; John Scott fu colpito a morte e spirò undici giorni dopo.<br />

In seguito alla morte di Scott, la rivista fu acquistata dagli editori Taylor e Hessey 17 che intesero<br />

farne una sorta di vetrina per i loro autori. Grazie al forte supporto degli amici, Lamb in prima fila,<br />

fin dal primo numero edito da Taylor TGW riapparve sulle pagine della London con un articolo a<br />

firma Van Vinkbooms. I due editori erano soliti riunire in cene presso la sede della rivista, con<br />

cadenza più o meno mensile, molti collaboratori e grandi nomi della scena letteraria londinese; in<br />

breve tempo TGW iniziò a fare lo stesso nella sua casa di Great Marlborough Street. Sotto lo stesso<br />

tetto si poteva così trovare riunito il gotha della letteratura inglese dell’epoca; Lamb, Taylor,<br />

Hazlitt, Cary 18 , Bryan Procter 19 erano ospiti regolari; in occasione delle sue visite a Londra nel 1822<br />

e nel 1824 anche Clare 20 fu della partita; occasionalmente facevano parte della compagnia anche T.<br />

17 La casa editrice di John Taylor e James Hessey era allora la più prestigiosa di Londra; il loro catalogo comprendeva autori quali<br />

Coleridge, Keats, de Quincey, Lamb, Clare, Carlyle e Cary.<br />

18 H.F.Cary (1772-1844), educato a Rugby e a Oxford, seguì la carriera ecclesiastica e divenne sacerdote; nel 1814 pubblicò a proprie<br />

spese la sua traduzione di Dante, che passò inosservata. Dietro suggerimento di Coleridge, nel 1819 essa fu ripubblicata da Taylor e<br />

Hessey ed ottenne un successo travolgente. La sua versione inglese del poema dantesco è tuttora considerata eccellente e non è<br />

improbabile, visti i gusti letterari di Holmes, che una copia di essa si trovasse sugli scaffali del salotto di Baker Street.<br />

19 Bryan Procter (1787-1874), meglio noto con il suo pseudonimo letterario di Barry Cornwall, pubblicò diversi volumi di versi e di<br />

prosa; contribuiva regolarmente alla London Magazine. Fu dapprima praticante avvocato e in seguito ottenne un incarico di Commissario<br />

per le Malattie Mentali.<br />

20 John Clare (1793-1864) era figlio di un contadino del Northamptonshire; i suoi Poems descriptive of rural life furono un best seller nel<br />

1820. Quando venne a Londra fu considerato una curiosità letteraria, snobbato da alcuni, ma accolto e lodato pubblicamente da tutto il


N. Talfourd 21 e Allan Cunningham 22 mentre de Quincey si rammaricò di non aver potuto accettare<br />

un invito nel novembre 1821 ad una cena alla quale era presente anche Sir David Wilkie, grande<br />

pittore e uomo schivo che raramente frequentava ambienti mondani. Lo scrittore e poeta <strong>Thomas</strong><br />

Hood, l’attore William Macready e John Forster, che fu in seguito il primo biografo di Dickens,<br />

erano presenze non insolite. A capotavola, come il più ospitale e generoso degli anfitrioni, TGW<br />

regnava su questa élite di artisti.<br />

In tutto questo periodo egli continuava a frequentare il suo maestro Fuseli e coltivava inoltre<br />

l’amicizia con William Blake. Sebbene poco nota anche nell’ambiente artistico, l’attività di mecenate<br />

di TGW verso Blake non fu affatto trascurabile: alcune copie delle migliori e più costose edizioni<br />

delle opere del grande poeta e pittore furono acquistate proprio da TGW, che ne aveva cantato<br />

le lodi in un articolo sulla London Magazine nel settembre 1820. La sua attività di pittore restava<br />

però molto limitata; a TGW mancava, del resto, la capacità di sacrificio e di costante esercizio di<br />

cui avrebbe necessitato per sviluppare il suo indubbio talento. Il suo primo quadro a venire<br />

ammesso alla mostra della Royal Academy fu, nel 1821, A subject from the romance of Undine<br />

(uno dei romanzi gotici tedeschi preferiti da TGW, scritto dal barone la Motte Fouqué, una storia<br />

tragica di amore e morte con elementi sovrannaturali, tipico del romaticismo germanico del<br />

periodo 23 ). Né questo né gli altri quadri che espose negli anni seguenti (Paris in the chamber of<br />

Helen, 1822; An attempt from Undine of la Motte Fouqué, 1823; The Milkmaid’s song, 1824)<br />

ottennero grandi riconoscimenti, anche se Blake, come riferito dal suo biografo Samuel Palmer, nel<br />

visitare la mostra del 1824 si fermò ad ammirare The Milkmaid’s song, che era appeso in una<br />

posizione tutt’altro che favorevole vicino al soffitto, e commentò: “Very fine. 24 ” Questo non è un<br />

risultato di poco conto; molti intellettuali ritenevano allora che le grandi mostre, rendendo l’arte un<br />

fenomeno fruibile dalle masse e non solo più dall’élite come avveniva in passato, la<br />

volgarizzassero 25 .<br />

Come abbiamo già detto, il tenore di vita di TGW era assolutamente sproporzionato ai suoi<br />

mezzi; la rendita del suo capitale non era sufficiente a consentirgli di pagare i pezzi da collezione, le<br />

dispendiose cene per i suoi amici, la servitù e l’affitto di un appartamento di prestigio, le sue<br />

generose sovvenzioni a colleghi artisti in difficoltà finanziarie. Per soddisfare le sue esigenze, già<br />

nel 1822 TGW aveva compiuto il primo passo sulla via del crimine. Il 5 luglio il capitale lasciatogli<br />

in usufrutto, che era costituito da 5.000 sterline in azioni della Royal Navy al 5%, fu convertito in<br />

5.250 sterline nelle nuove Annualità al 4%. TGW fu presente allo svolgimento delle necessarie formalità<br />

presso la Banca d’Inghilterra, che comprendevano la firma dei tre amministratori fiduciari<br />

del patrimonio. Dieci giorni dopo, TGW presentò alla banca una procura che lo autorizzava a<br />

prelevare la somma di 2.250 sterline. In essa, le firme dei tre fiduciari erano state accuratamente<br />

falsificate da TGW stesso. Due anni dopo, il 17 maggio 1824, una nuova procura analogamente<br />

falsificata gli consentì di mettere le mani sulle rimanenti 3.000 sterline.<br />

Desta meraviglia la leggerezza con la quale TGW si imbarcasse in un’impresa che, se fosse stato<br />

scoperto – e poteva esserlo in qualunque momento, alla prima verifica contabile – avrebbe potuto<br />

portarlo sulla forca. Il fatto è che, come scrisse anni dopo, nell’entrare in possesso di quel denaro<br />

egli non faceva che prendere quanto era suo: il denaro era l’eredità dei suoi genitori, gli spettava di<br />

diritto, e solo le inique disposizioni del nonno lo tenevano lontano da un patrimonio che avrebbe<br />

dovuto trovarsi nelle sue tasche e consentirgli di vivere da gentiluomo come era suo diritto per<br />

circolo della London Magazine, incluso TGW. In anni successivi le sue poesie non ottennero lo stesso successo e la sua fine fu triste e<br />

tragica; entrò in manicomio nel 1834, per rimanervi sino alla morte trent’anni dopo.<br />

21 <strong>Thomas</strong> Noon Talfourd (1795-1854) era allora un giovane e brillante avvocato, che scriveva per varie riviste ed era amico di Lamb,<br />

Hazlitt e Coleridge; in seguito ottenne successo anche come commediografo, fu membro del Parlamento e infine giudice; curò l’edizione<br />

delle memorie di Lamb e fu il primo a scrivere un resconto della carriera criminale di TGW.<br />

22 Allan Cunningham (1784-1842) autore di Vite dei maggiori pittori, scultori e architetti inglesi, conosciuto anche come autore di canzoni,<br />

scriveva spesso sulla London Magazine ed era amico di TGW.<br />

23 Sebbene TGW avesse curato la recensione della mostra dell’Academy in un articolo sulla London nel luglio 1821, fu così corretto da<br />

non fare parola della propria opera.<br />

24 MOTION, Andrew, <strong>Wainewright</strong> the poisoner, London, Faber and Faber, 2000, p. 128.<br />

25 In proposito vedi STEWART, David, T.G. <strong>Wainewright</strong>’s art criticism and metropolitan magazine style, Romantic Textualities: Literature<br />

and print culture 1780-1840, n. 17 (Summer 2007), pp. 7-23 (http://www.cf.ac.uk/encap/romtext/articles/rt17_no1.pdf)


nascita. Così pensava TGW. Del resto, in questo periodo egli riteneva probabilmente che fosse solo<br />

una questione di tempo prima che il patrimonio familiare passasse nelle sue mani: era l’unico<br />

parente vivente di suo zio George <strong>Griffiths</strong>, e poteva dunque legittimamente aspettarsi che alla sua<br />

morte avrebbe ereditato Linden House e la fortuna accumulata dal nonno <strong>Griffiths</strong>. Allora, se la<br />

falsificazione fosse stata scoperta, avrebbe potuto tranquillamente rifondere la somma di cui si era<br />

appropriato. In ogni caso, sia la banca sia i fiduciari si dimostrarono così trascurati nei loro doveri<br />

che la contraffazione non fu scoperta fino al gennaio 1835.<br />

Il primo serio inciampo nella carriera artistica di TGW fu la cessazione della sua collaborazione<br />

con la London Magazine. Le circostanze furono curiose: nel gennaio 1823 Lamb aveva pubblicato il<br />

primo volume dei saggi di “Elia”, che raccoglieva gli articoli da lui pubblicati sulla rivista con<br />

questo pseudonimo: contemporaneamente, nello stesso mese firmò con il suo nome un “necrologio”<br />

intitolato The Character of the Late Elia, in cui descriveva la morte del suo alter ego. Sullo stesso<br />

numero, apparve l’ultimo articolo di TGW, a firma Janus Weathercock, nel quale commemorava<br />

anch’egli la scomparsa dell’amico Elia, dicendosi moribondo e prossimo a raggiungerlo nell’aldilà.<br />

Un paio di mesi dopo, tuttavia, la notizia della “morte” di Elia fu smentita in un editoriale del direttore,<br />

e altri saggi furono pubblicati in seguito da Lamb con quello pseudonimo; ma gli editori non<br />

richiesero più articoli di TGW per la pubblicazione. L’impertinente Janus Weathercock era morto<br />

sul serio, e non per finta.<br />

Senza dubbio questo fu un brutto colpo per l’ego di TGW e per le sue aspirazioni artistiche<br />

(anche se per un paio d’anni la sua vita di allegro animatore dei circoli letterari non ne risentì).<br />

D’altro canto la London iniziò proprio in questo periodo il suo declino. Taylor aveva diretto e<br />

gestito bene la rivista per qualche tempo, ma, senza il genio di Scott che l’aveva creata,<br />

evidentemente non era in grado di consolidare e mantenere il grande successo di pubblico che aveva<br />

avuto all’inizio. Tra il 1823 e il 1824 sia le vendite sia la qualità della rivista iniziarono a calare<br />

inesorabilmente.<br />

Lo spartiacque nella vita di TGW fu il tragico anno 1825. Una serie di eventi negativi lo colpirono<br />

in quel periodo, a iniziare dalla morte del suo maestro Fuseli. Il profondo legame di amicizia<br />

tra i due è dimostrato dal fatto che alla solenne cerimonia con la quale il 25 aprile 1825 la bara del<br />

grande pittore fu sepolta nella Cattedrale di St. Paul furono ammessi solo i membri della Royal<br />

Academy e pochissimi amici del defunto, tutti nobili e aristocratici di grande fama, tranne TGW. La<br />

perdita di una figura di riferimento come Fuseli fu un durissimo colpo per la sua psiche, proprio<br />

quando gli sarebbe stato necessario un sostegno morale e psicologico. Nel giro di poche settimane,<br />

altre due brutte notizie giunsero alle sue orecchie: Taylor e Hessey vendettero la London Magazine,<br />

ormai in forte crisi 26 ; suo zio George <strong>Griffiths</strong> vendette la Monthly Review. In un colpo solo gli si<br />

precludeva così la speranza di poter un giorno tornare a scrivere sulle pagine della rivista che aveva<br />

ospitato i suoi primi successi come autore e insieme la possibilità di apparire sulla rivista “di<br />

famiglia”, per così dire, anche se non vi aveva mai pubblicato nulla.<br />

Il suo ultimo tentativo letterario fu Some passages in the life etc. of Egomet Bonmot Esq., edited<br />

by Mr. Mwaughmaim and now first published by me, pubblicato anch’esso nel 1825. Scritto parte in<br />

prosa e parte in versi, il libro, sulla falsariga del finto necrologio di Elia di Charles Lamb, descrive<br />

la vita e le aspirazioni letterarie ed artistiche del “defunto” Egomet Bonmot (che era stato uno dei<br />

tre alias di TGW come collaboratore della London, la personalità per mezzo della quale aveva<br />

espresso le sue più alte ambizioni). Non è difficile rintracciarvi dei tratti autobiografici, e vedere,<br />

nelle aspirazioni frustrate di Bonmot, un riflesso degli stessi smacchi cui era andato incontro TGW.<br />

Come scrive Andrew Motion, l’opera è “Il ritratto di qualcuno che sta cadendo a pezzi e che studia<br />

il modo di restare intero” e che “cerca di scherzare sulla propria delusione, senza riuscirci del<br />

tutto 27 .” Il suo insuccesso pose la parola fine alla carriera di TGW come scrittore.<br />

Nello stesso anno 1825, in luglio, TGW espose i suoi ultimi due lavori alla Royal Academy:<br />

Sketch from La Gerusalemme Liberata e First Idea of a Scene from Der Freischutz. Come già i<br />

26 Si stima che durante i suoi quattro anni come editore della London, Taylor abbia perso qualcosa come 2.000 sterline.<br />

27 MOTION, Andrew, <strong>Wainewright</strong> the poisoner, op. cit., p. 139.


dipinti precedenti, anche questi non ottennero alcun riscontro particolare. Il tragico anno fu<br />

completato dal fallmento del suo tentativo di entrare a far parte, come associato, della Royal<br />

Academy: si presentarono quaranta aspiranti, per tre posti, e TGW non fu tra i prescelti. In seguito a<br />

questa débâcle, la sua attività di pittore si ridusse ulteriormente e TGW cessò di esporre<br />

all’Academy.<br />

Agli inizi del 1826 il denaro del lascito che TGW si era procacciato illegalmente per mezzo delle<br />

sue falsificazioni era probabilmente finito ed egli iniziava ad essere pesantemente indebitato. In<br />

quell’anno infatti concluse un accordo con uno strozzino di nome John Atkinson, in base al quale<br />

TGW si impegnava a versare al suddetto Atkinson e a diversi suoi parenti un totale di 150 sterline<br />

l’anno vita natural durante, in cambio del saldo di un debito di 3.000 sterline che Atkinson aveva<br />

già versato a TGW, più un ulteriore prestito di 1.500 sterline. Atkinson si impegnava inoltre a non<br />

denunciare TGW per debiti. A garanzia di questa transazione era costituito un pegno di “libri,<br />

quadri e stampe non specificati” che avrebbero dovuto essere affidati in custodia a un tale Robert<br />

Atcheson, avvocato e socio di Atkinson. Questo ci dice che TGW aveva speso in cinque anni qualcosa<br />

come 8.000 sterline, che a una stima prudente corrisponderebbero a circa 700.000 sterline<br />

attuali, intorno a un milione di Euro!<br />

La situazione era insostenibile e TGW decise, sebbene a malincuore, che era necessario<br />

abbandonare il suo amato appartamento londinese, tanto più che, dopo anni di apparente sterilità,<br />

Eliza era incinta. L’unica soluzione dignitosa che consentisse loro di salvare capra e cavoli era<br />

quella di andare a vivere a Linden House con suo zio, con il pretesto di assisterlo date le sue<br />

precarie condizioni di salute (il che era vero), risparmiando allo stesso tempo le spese di vitto e<br />

alloggio cui ormai TGW non era più in grado di fare fronte. Il trasloco avvenne nel settembre 1827.<br />

“I fatti, dunque, sembrano sostenere la teoria di un veleno…” [DEVI, 964]<br />

Veniamo ora a quello che molti ritengono l’inizio della carriera di TGW come avvelenatore. Nel<br />

giro di poche settimane dall’arrivo della coppia a Linden House, la salute di George <strong>Griffiths</strong> iniziò<br />

a peggiorare rapidamente. Colto da forti dolori allo stomaco, spirò alla fine del gennaio 1828.<br />

La sua morte fu naturale, o fu invece frutto di un omicidio premeditato? In anni seguenti, quando<br />

la fama delle azioni criminose di TGW crebbe, mescolandosi alla leggenda, ben pochi dubitarono<br />

che suo zio fosse stata la prima delle sue vittime. Di sicuro aveva il movente: la situazione finanziaria<br />

di TGW rimaneva disastrosa, e solo l’eredità dello zio avrebbe potuto rimetterla in sesto: senza<br />

contare il desiderio di impadronirsi della meravigliosa villa che fin dall’infanzia aveva rappresentato<br />

per lui la dimora ideale. Quanto prima George <strong>Griffiths</strong> fosse passato a miglior vita, tanto<br />

meglio sarebbe stato per il giovane nipote. Una delle cameriere, Sarah Handcock, testimoniò che il<br />

suo padrone era morto in preda a un attacco di convulsioni, del tutto compatibili con una diagnosi di<br />

avvelenamento da stricnina. Ma, d’altra parte, questa testimonianza fu resa solo alcuni anni dopo,<br />

quando altre due morti – di cui una certamente tra le convulsioni – erano avvenute in sua presenza;<br />

e non sappiamo se questi ricordi fossero genuini, oppure aggiunti a posteriori sulla base di quello<br />

cui la donna assistette in seguito. La mia opinione è che certamente ci sono elementi per sospettare<br />

fortemente TGW di avere avvelenato suo zio, ma non sufficienti per emettere con certezza assoluta<br />

un verdetto di colpevolezza.<br />

Il testamento fu letto e omologato il 5 febbraio 1828 e un’amara sopresa attendeva TGW. Gli ultimi<br />

anni di gestione della Monthly Review avevano grandemente prosciugato il patrimonio familiare.<br />

Invece della fortuna che si aspettava di ereditare, e che lo avrebbe reso un ricco gentiluomo<br />

libero dall’obbligo di guadagnarsi da vivere, TGW scoprì che il patrimonio di George <strong>Griffiths</strong><br />

ammontava in tutto ad appena 5.000 sterline; mentre la sola manutenzione di Linden House costava<br />

1.000 sterline all’anno. Lungi dall’essere definitivamente sistemata, la sua situazione finanziaria era<br />

addirittura peggiorata.<br />

Uno spirito più fragile, al posto di TGW, sarebbe potuto crollare sotto il peso del disastro; una<br />

persona dal carattere più pratico si sarebbe resa conto che l’unica soluzione per trarsi dai pasticci<br />

era quella di vendere Linden House e con il ricavato saldare i debiti e condurre un tenore di vita più


modesto. Ma entrambe queste opzioni non erano contemplate nella filosofia di TGW. Invece, egli<br />

continuò a vivere largamente come se nulla fosse, confidando nella reputazione di ricchezza della<br />

famiglia per ottenere credito dai fornitori di Turnham Green.<br />

Suo figlio <strong>Griffiths</strong> nacque pochi mesi dopo e fu battezzato il 4 giugno 1828. Si dice che TGW<br />

provasse poco affetto per il bambino; questo, insieme al lungo lasso di tempo senza figli trascorso<br />

dal matrimonio, portò alcuni (tra cui Barry Cornwall) a ipotizzare che potesse essere un figlio<br />

illegittimo. D’altro canto, tutte queste riflessioni ed insinuazioni furono espresse molti anni dopo, e<br />

comunque TGW ebbe poco tempo per affezionarsi al suo erede; quando lo vide per l’ultima volta,<br />

<strong>Griffiths</strong> aveva meno di tre anni.<br />

Sebbene non facesse più parte della scena letteraria, TGW non aveva interrotto i contatti con i<br />

vecchi amici della London: H. F. Cary e Lamb cenarono a Linden House almeno in un’occasione<br />

nell’estate del 1829, e Cornwall fu suo ospite una sera del 1830, insieme a Richard Westall 28 .<br />

Secondo Cornwall, in questo periodo TGW arrotondava i suoi guadagni con alcune transazioni<br />

fraudolente nel campo dell’arte: acquistava stampe preziose, che poi rivendeva, trattenendo però le<br />

cornici, che riportavano i prezzi, molto alti, scritti di pugno da Colnaghi e da altri commercianti<br />

prestigiosi. Nelle cornici vuote TGW inseriva stampe di valore assai inferiore, che rivendeva,<br />

facendole passare per originali, ad acquirenti non esperti. Che queste voci siano o meno vere, certo<br />

è che comunque gli eventuali profitti illeciti non bastavano per ripianare i suoi debiti. Una soluzione<br />

radicale era necessaria, e doveva essere trovata nel più breve tempo possibile.<br />

A complicare le cose era intanto intervenuta la situazione patrimoniale della suocera, la signora<br />

Abercromby. Costei viveva a Mortlake con le due figlie, le sorellastre della moglie di TGW, mantenendosi<br />

principalmente con gli affitti di alcune case che possedeva. Ma gradualmente le rendite<br />

andarono calando, e nel 1828 la famiglia Abercromby non era più in grado di tirare avanti. I<br />

rapporti tra Eliza e le sorellastre erano sempre stati molto buoni; Helen e Madeleine frequentavano<br />

la casa di TGW e la sorella maggiore (che diversi commentatori descrivono come “molto bella”)<br />

aveva posato come modella per Fuseli. Perciò era naturale che la coppia proponesse il suo aiuto ai<br />

parenti in difficoltà.<br />

A questo punto i resoconti sull’esatto svolgersi degli avvenimenti divergono: secondo i biografi<br />

più antichi, Mrs. Abercromby si trasferì a Linden House insieme con le figlie tra il dicembre del<br />

1829 e il giugno del 1830, e ivi morì improvvisamente, in un attacco di convulsioni, il 19 agosto<br />

1830, sei giorni dopo avere fatto testamento 29 . Ma Andrew Motion, nel suo libro pubblicato nel<br />

2000, fa riferimento a fonti che attestano la sua morte nella parrocchia di Mortlake quasi un anno<br />

prima, il 22 agosto 1829 30 . Se quest’ultima informazione è esatta, perde credito la diffusa leggenda<br />

secondo la quale Mrs. Abercromby sarebbe stata la seconda vittima degli esperimenti di TGW<br />

nell’arte del veleno. Come per la morte di George <strong>Griffiths</strong>, anche questa diceria si basa sulla<br />

testimonianza della cameriera Sarah Handcock e su poco altro. Il movente finanziario era infatti<br />

alquanto scarso; la morte di Mrs. Abercromby avrebbe fruttato a TGW solo un centinaio di sterline<br />

che la signora lasciò alla figlia maggiore Eliza. È però vero che la presenza della signora avrebbe<br />

potuto rivelarsi un grave ostacolo ai piani di TGW per risolvere definitivamente il problema dello<br />

stato delle sue finanze, piani che erano andati sviluppandosi dagli inizi del 1830 e che ora stavano<br />

entrando in una fase decisiva.<br />

“Omicidio, se mai ce n’è stato uno al mondo.” [WIST, 871]<br />

Il 23 marzo 1830 Helen Abercromby, accompagnata dalla sorellastra Eliza <strong>Wainewright</strong> e da TGW<br />

stesso, si presentò negli uffici della Palladium Insurance Company, allo scopo di stipulare<br />

un’assicurazione sulla vita per 3.000 sterline per un periodo di tre anni. Questa polizza fu perfezionata<br />

il 20 aprile e il relativo premio di 29 sterline fu pagato da TGW. Interrogata sul motivo per<br />

28 Richard Westall (1765–1836) pittore, membro della Royal Academy dal 1794; è ricordato per le illustrazioni di classici (quali i poemi di<br />

Milton) e per i suoi ritratti di personaggi celebri, tra cui Byron e la Regina Vittoria, di cui fu insegnante di disegno dal 1827 al 1836.<br />

29 CURLING, Jonathan, Janus Weathercock, op. cit., p. 232.<br />

30 MOTION, Andrew, <strong>Wainewright</strong> the poisoner, op. cit., p. 156.


il quale voleva stipulare una polizza per un periodo di tempo così breve, Helen rispose che vi era<br />

una causa pendente in tribunale, che si sarebbe certamente risolta in suo favore entro tre anni e che<br />

le avrebbe fatto incassare una notevole somma di denaro; ma, se fosse morta nel frattempo, non<br />

voleva che la sua famiglia si trovasse in difficoltà. Disse che “le era stato consigliato che questa era<br />

la cosa giusta da fare”.<br />

Fino al 1808 era praticamente impossibile impiegare denaro in questa forma di investimento;<br />

dopo il 1809 il governo inglese aveva disposto leggi che regolavano il settore, ma rimanevano<br />

oscurità e confusioni normative che lasciavano ampio spazio a trucchi e imbrogli. In questa zona<br />

d’ombra si inserì astutamente TGW. Senza entrare nei dettagli delle varie transazioni, basti dire che,<br />

tra il marzo e l’ottobre del 1830, la vita di Helen Abercromby fu assicurata per una somma complessiva<br />

di 16.000 sterline con cinque diverse compagnie, per un periodo di tempo fra i due e i tre<br />

anni. Nel corso delle varie visite alle compagnie coinvolte Helen mentì diverse volte, in particolare<br />

sulla sua età e sulla ragione per la quale desiderava stipulare la polizza; e negò ripetutamente di<br />

essersi assicurata presso altre compagnie. I premi, per un ammontare di 220 sterline, furono tutti<br />

pagati di tasca da TGW.<br />

Non c’è dubbio che l’intento di TGW fosse quello di intascare prima della scadenza le 16.000<br />

sterline delle polizze. Nessun’altra ragione potrebbe spiegare il suo investimento di una somma così<br />

ingente per un motivo apparentemente futile come quello di assicurare la vita di una donna<br />

giovanissima e in perfetta salute. Una truffa ai danni dell’assicurazione era il fine chiaro ed evidente<br />

del suo piano. Però Helen si era presentata personalmente negli uffici delle compagnie e aveva<br />

sostenuto le varie menzogne che erano state elaborate da TGW e da Eliza per ingannare gli assicuratori.<br />

È impossibile credere che ella fosse all’oscuro dei piani di TGW, a meno di non ipotizzare<br />

che fosse talmente ingenua da sfociare nell’imbecillità totale. Quindi era una complice consapevole<br />

del piano.<br />

Ma le polizze avrebbero potuto essere incassate solo se Helen Abercromby fosse morta entro tre<br />

anni. Nessuno, evidentemente, parteciperebbe volontariamente ad un piano che si potrebbe realizzare<br />

solo con la propria morte. Una osservazione di Helen ad un impiegato di una delle compagnie<br />

assicurative getta un po’ di luce sulla faccenda; la ragazza disse che si assicurava perché<br />

“doveva andare all’estero per qualche tempo”. Il piano di TGW dunque prevedeva probabilmente<br />

che Helen si sarebbe dovuta recare all’estero, presumibilmente in Francia, e lì scomparire, fingendo<br />

la propria morte con l’aiuto di testimonianze compiacenti.<br />

Le difficoltà finanziarie di TGW erano in questo periodo più gravi che mai. I creditori di<br />

Turnham Green lo assillavano da presso, e per fare fronte alle spese spicciole TGW aveva contratto<br />

altri debiti, verso uno strozzino di nome Sharpus per 610 sterline e per altre 200 sterline verso un<br />

banditore all’asta di Piccadilly, tale Wheatley. L’8 luglio 1830 TGW fu costretto a concedere a<br />

Sharpus una procura per un atto di vendita di tutti gli arredi e il contenuto di Linden House. Un<br />

rappresentante dello Sceriffo della Contea del Middlesex si installò in casa per sorvegliare gli<br />

oggetti dati in garanzia. Sharpus comunque concesse a TGW un rinvio dell’atto fino al 21 dicembre.<br />

Poiché era consuetudine pagare i fornitori a Natale, per la fase finale del suo piano TGW scelse<br />

di trasferirsi in una nuova base di operazioni. Il 12 dicembre 1830, insieme a sua moglie, suo figlio,<br />

le due cognate e due domestiche – Sarah Handcock e Harriet Grattan – si trasferì in un<br />

appartamento ammobiliato al n. 12 di Conduit Street, una traversa di Regent Street. Qui furono<br />

compiuti gli ultimi passi. Il 13 dicembre Helen si recò da un avvocato che non l’aveva mai vista<br />

prima, e stese un testamento con il quale nominava erede universale sua sorella Madeleine. Nello<br />

stesso giorno, presso un altro studio legale, firmò un trasferimento in favore di TGW della polizza<br />

per 2.000 sterline emessa dalla Hope Insurance Company. Il cognato riconoscente aveva<br />

organizzato una serata di svago: tutta la compagine familiare si recò a teatro, al Covent Garden 31 ,<br />

cui fece seguito una robusta cena a base di aragosta e birra chiara. Il giorno dopo ebbe luogo una<br />

sequenza quasi identica di eventi: Helen si presentò da un altro avvocato e firmò un altro<br />

trasferimento di polizza in favore di TGW, questa volta di 3.000 sterline emessa dalla Palladium.<br />

31 Si ricorderà che il Covent Garden era uno dei teatri frequentati da Holmes, sopratutto per l’opera. [REDC, 913]


Nel pomeriggio invece stese un altro testamento, con il quale nominava eredi universali la<br />

sorella, Eliza Frances <strong>Wainewright</strong>, e suo marito. La sera, dopo essere stati nuovamente a teatro (al<br />

Drury Lane questa volta, dove recitava Macready, l’amico di TGW) e avere consumato un’altra<br />

cena indigesta a base di ostriche e birra scura, tutti rincasarono a piedi malgrado la sera umida e<br />

piovosa. Durante la notte Helen si sentì male e trascorse la giornata successiva a letto.<br />

E veniamo così alla mossa conclusiva del piano, quella che portò alla morte di Helen<br />

Abercromby. TGW aveva preparato il terreno molto bene, organizzando due cene indigeste di<br />

seguito e facendo sì che tutti attribuissero il successivo malessere della ragazza alle ostriche e al<br />

freddo preso la sera precedente. In realtà, TGW somministrò a Helen, insieme alla cena, del veleno,<br />

probabilmente antimonio in basso dosaggio, i cui effetti principali sono mal di testa e vomito,<br />

alterazione del battito cardiaco, debolezza generale, sudori freddi e annebbiamento della vista,<br />

esattamente i sintomi che caratterizzarono la malattia di sua cognata. Se non si esagera con la dose,<br />

questi sintomi possono essere facilmente scambiati per quelli di una gastrite. Tale fu la conclusione<br />

del medico che venne chiamato il 16 dicembre, quando si vide che Helen non migliorava: il dottor<br />

Charles Locock 32 , basando la sua diagnosi sulle ostriche e l’infreddatura, prescrisse quindi tinture di<br />

calomelano e sena. Il 17 Helen, assistita continuamente dalle sorelle e dal cognato, stava ancora<br />

male e un salasso arrecò solo un sollievo temporaneo. Il sabato 18, vedendo che il polso era ancora<br />

frequente e irregolare, il dottor Locock prescrisse tartaro emetico. TGW deve avere sorriso<br />

sinistramente tra sé nel vedere il medico rendersi complice inconsapevole del suo piano: il tartaro<br />

emetico è infatti il principale sale dell’antimonio, che era con tutta probabilità il veleno che egli<br />

stava somministrando a Helen. Il risultato di questa terapia fu un peggioramento del vomito che<br />

durò tutta la notte. La domenica la paziente stava meglio, e per cena prese del brodo: ma in seguito<br />

peggiorò e passò una notte molto agitata. Lunedì Locock prescrisse quindi pillole di canfora come<br />

sedativo. Martedì mattina, il 21 dicembre, Helen stava piuttosto bene, meglio di come si fosse<br />

sentita nell’ultima settimana. Il dottore la lasciò in buone condizioni dopo la visita mattutina.<br />

Poco prima dell’ora di pranzo, secondo la testimonianza della cameriera Harriet Grattan, Eliza<br />

<strong>Wainewright</strong> somministrò a sua sorella una polvere in gelatina. Dopodiché, lei e TGW uscirono per<br />

una passeggiata. Quasi immediatamente Helen iniziò a sentirsi male e a delirare. Le cameriere,<br />

spaventate, mandarono subito a chiamare il dottor Locock, che giunse insieme al signor Hanks,<br />

l’assistente di una vicina farmacia. La paziente era perfettamente cosciente, ma in preda a<br />

convulsioni simili a quelle del tetano. Il medico e il farmacista le somministrarono degli anti<br />

spasmodici che fecero subito effetto, tanto che la paziente esclamò: “Oh, dottore, ero andata in<br />

Paradiso, ma lei mi ha riportato sulla terra!”. Fu allora che la cameriera Sarah Handcock fece<br />

l’infelice osservazione che la madre di Helen era morta nella stessa maniera. Tranquillizzati dalla<br />

cessazione delle convulsioni, Locock e Hanks se ne andarono. Pochi minuti dopo, la paziente fu<br />

colta da un altro spasmo. Quando il dottor Locock ritornò, alle quattro del pomeriggio, Helen<br />

Abercromby era morta.<br />

TGW e sua moglie, ritornando dalla loro passeggiata, apparirono stupiti e scioccati. Il dottor<br />

Locock emise un verdetto di morte per emorragia cerebrale, ma richiese il permesso di eseguire<br />

un’autopsia. TGW acconsentì prontamente.<br />

Helen Abercromby fu avvelenata da TGW? La risposta non può che essere positiva. Tutti i<br />

sintomi riscontrati sulla ragazza coincidono con quelli tipici di un avvelenamento da stricnina:<br />

convulsioni (caratterizzate da un intervallo di remissione), piena coscienza del paziente, assenza di<br />

vomito. Anche i risultati dell’autopsia confermano indirettamente questa ipotesi: nessuna irritazione<br />

dello stomaco, congestione dei polmoni, iperemia (eccesso di sangue) nel cervello e nel midollo<br />

spinale. Questi sintomi condussero il dottor Locock a confermare la propria diagnosi di morte per<br />

congestione cerebrale dovuta ad una gastrite e all’infreddatura cui la paziente era andata soggetta.<br />

32 Charles Locock (1799-1875) non era un medico qualunque: divenne ginecologo e ostetrico personale della Regina Vittoria, fece nascere<br />

tutti i suoi figli, e per questi meriti fu nominato baronetto. Nel 1857 scoprì l’uso del bromuro di potassio come primo vero rimedio<br />

efficace contro le crisi di epilessia.


Il dottor Locock fu colpevole di negligenza? Decisamente no. I sintomi dell’avvelenamento da<br />

stricnina sono ben noti al giorno d’oggi, e sarebbero stati riconosciuti prontamente anche ai tempi di<br />

Sherlock Holmes, ma nel 1830 erano praticamente sconosciuti non solo al medico comune ma<br />

anche allo specialista in tossicologia. La sostanza era stata sintetizzata per la prima volta solo nel<br />

1818. L’astuzia veramente diabolica di TGW nel servirsene fece il resto: egli non commise l’errore<br />

di causare la morte improvvisa di una persona giovane e in buona salute, ma ebbe cura di indebolirla<br />

con un lento avvelenamento da antimonio e di fornire un pretesto plausibile per le sue<br />

condizioni di salute, prima di somministrarle la dose fatale il giorno stesso della morte. Sia il signor<br />

Culverton Smith sia il dottor Grimesby Roylott avrebbero, con minore successo, avuto un’idea<br />

analoga in anni seguenti. “L’idea di usare un tipo di veleno che non potesse essere scoperto da<br />

nessuna analisi chimica era proprio quella che poteva venire in mente a un uomo intelligente e privo<br />

di scrupoli… 33 ”<br />

Due domande si pongono obbligatoriamente. La prima è: Eliza fu complice di suo marito<br />

nell’omicidio della sorellastra? La seconda: TGW aveva premeditato di uccidere Helen fin<br />

dall’inizio della sua macchinazione o cambiò il suo piano strada facendo?<br />

La risposta alla prima domanda è la più difficile. Senza dubbio fu Eliza a somministrare a Helen<br />

la gelatina che conteneva una polvere non prescritta dal medico: una gelatina dolce, particolarmente<br />

adatta a mascherare il sapore fortemente amaro della stricnina. Questo non implica che ella fosse al<br />

corrente, prima del delitto, della natura della sostanza che somministrò a sua sorella dietro istruzioni<br />

di TGW, ma deve essersene resa conto per forza di cose dopo il fatto. A questo punto però, anche se<br />

avesse voluto, non avrebbe più potuto denunciare suo marito senza accusare anche sé stessa. La mia<br />

impressione è che questa sia la spiegazione più plausibile, anche alla luce di quanto accadde in<br />

seguito tra i due coniugi.<br />

La risposta alla seconda domanda può essere ipotizzata in base ad alcuni elementi. Helen morì il 21<br />

dicembre, lo stesso giorno in cui scadeva la proroga dell’atto di vendita che Sharpus vantava nei<br />

confronti degli arredi di Linden House. I creditori si presentarono in Conduit Street mentre Helen<br />

giaceva ancora sul letto di morte. TGW riuscì infine a persuadere Sharpus a rinviare la sua azione<br />

mostrandogli i due testamenti (che erano in suo possesso) che gli consentivano di rendere erede di<br />

Helen e quindi beneficiario delle polizze sé stesso oppure Madeleine, a sua discrezione. Questa<br />

coincidenza di date ci porta a supporre che probabilmente il piano originale di TGW fosse<br />

effettivamente quello di fingere la morte di Helen all’estero, ma che dietro la pressione delle scadenze<br />

dei suoi debiti, mancandogli il tempo di organizzare un finto decesso, egli si decise a sacrificare<br />

la vita della ragazza.<br />

“Non può continuare per sempre a giocare con strumenti affilati senza tagliarsi quelle manine<br />

delicate.” [3GAB, 1033]<br />

Lo schema di TGW, che avrebbe dovuto fruttargli 16.000 sterline, incontrò subito delle difficoltà. Il<br />

4 gennaio 1831 le compagnie di assicurazione tennero una riunione: misero insieme le loro informazioni,<br />

dalle quali vennero in luce le varie menzogne di Helen Abercromby. Le compagnie formarono<br />

un fronte comune e rifutarono di pagare in base al concetto di “misrepresentation”: cioè<br />

l’assenza di un reale interesse di Helen ad assicurare la propria vita, e il fatto che le polizze fossero<br />

invece state emesse nell’interesse esclusivo di una terza persona (TGW) che aveva anche pagato di<br />

tasca propria tutti i premi. Le circostanze della morte di Helen, per quanto sospette, non rientravano<br />

nella competenza diretta degli assicuratori. (D’altro canto, se Helen si fosse legittimamente<br />

assicurata sulla vita a favore della sorella o di una terza persona e TGW l’avesse assassinata, questo<br />

non avrebbe inficiato la regolarità delle polizze, che avrebbero dovuto essere pagate). Coraggiosamente,<br />

TGW scelse di lottare e di intentare causa contro la Imperial. Ma c’era una grossa difficoltà:<br />

la mancanza di denaro per sostenere le spese legali. Qui gli venne in aiuto l’avvocato<br />

33 “The idea of using a form of poison which could not possibly be discovered by any chemical test was just such a one as would occur<br />

to a clever and ruthless man…” [SPEC, 273]


Atcheson, socio del suo principale creditore Atkinson, il quale esaminò la causa e si disse pronto a<br />

sostenerla con esito favorevole. Dietro il parere del socio, Atkinson accettò di accollarsi le spese<br />

necessarie con la prospettiva di rifarsi sul premio che la compagnia sarebbe stata costretta a pagare.<br />

Un accordo fu siglato il 27 gennaio, in base al quale Atkinson concedeva a TGW un prestito di circa<br />

1.000 sterline a fronte di un pagherò di 2.000 sterline, a garanzia del quale Atkinson tenne la polizza<br />

di 3.000 sterline con la Eagle Company che era stata girata in suo favore, più Linden House e i suoi<br />

arredi, nonché le altre due polizze che erano state girate da Helen in favore di TGW. Con il<br />

ricavato, TGW saldò il suo debito con Sharpus e iniziò le procedure legali, avendo cura di agire<br />

apparentemente nella semplice veste di esecutore testamentario di Helen e in favore della sorella<br />

Madeleine, sua erede.<br />

Malgrado il suo ottimismo riguardo l’esito finale della causa, nel frattempo TGW doveva pur vivere,<br />

e i fornitori di Turnham Green non erano stati soddisfatti. Pertanto, egli decise di lasciare<br />

l’Inghilterra e di rifugiarsi in Francia in attesa della conclusione, allo scopo di evitare la prigione<br />

per debiti. In una data imprecisata tra il maggio e l’ottobre del 1831 TGW salpò per Boulogne,<br />

lasciando in un alloggio a Pimlico la moglie e il figlio <strong>Griffiths</strong>, che non avrebbe mai più rivisti.<br />

I sei anni che TGW trascorse in Francia sono un periodo quasi totalmente oscuro e del quale si sa<br />

ben poco, il che favorì, specie da parte dei primi biografi, la nascita di ogni sorta di speculazioni<br />

non verificate. In particolare, ebbe molto credito la leggenda di un non meglio precisato<br />

“gentiluomo del Norfolk” che TGW avrebbe assassinato dopo averlo convinto a stipulare una<br />

polizza sulla vita con la Pelican Insurance Company, “al solo scopo,” scrive Oscar Wilde, “di<br />

vendicarsi della compagnia che si era rifiutata di pagargli il prezzo del suo delitto. 34 ” Altrettanto<br />

fantasiosi sono coloro i quali gli attribuiscono il possesso di un anello come quello dei Borgia,<br />

contenente stricnina, con il quale TGW sarebbe andato in giro ad avvelenare la gente per<br />

passatempo (l’assurdità di una simile leggenda balza agli occhi se solo consideriamo il fatto che la<br />

stricnina ha un sapore talmente amaro da rendere quasi impossibile avvelenare con essa cibi o<br />

bevande senza prendere particolari precauzioni).<br />

Quello che si sa di certo è che visitò la Normandia e la Bretagna; che nell’estate del 1832 era a<br />

St. Omer, dove un impiegato di Atcheson lo raggiunse per fargli firmare dei documenti inerenti al<br />

processo; che nel 1833 era a Parigi, dove trascorse parecchi mesi di stenti e miseria, e da dove<br />

mandò una lettera al suo vecchio amico Barry Cornwall, chiedendogli denaro con le semplici<br />

parole: “Signore, muoio di fame.” Nel corso di questi anni probabilmente TGW passò anche un<br />

periodo in carcere nella capitale francese, sebbene, come altre, questa circostanza sia avvolta dalle<br />

nebbie del mito.<br />

Nel frattempo, la macchina della giustizia procedeva con estrema lentezza: l’assenza di TGW, la<br />

sua scarsità di fondi e l’errore di trascrizione di un cancelliere rallentarono a tal punto la pratica<br />

della causa contro la Imperial che la prima udienza venne infine fissata per il 29 giugno 1835.<br />

Intanto, però, una circostanza assai peggiore per TGW era venuta alla luce. Nel gennaio 1835 la<br />

Banca d’Inghilterra aveva scoperto la frode da lui messa in atto undici anni prima. Due messi di<br />

Bow Street, i fratelli John e Daniel Forrester, andarono a trovare TGW a Boulogne, dove si era<br />

stabilito, e gli notificarono il mandato di arresto che pendeva sul suo capo se avesse rimesso piede<br />

sul suolo inglese.<br />

La sfida legale con la Imperial si giocò sul filo delle insinuazioni, da parte della difesa, della possibilità<br />

di omicidio ad opera di TGW, pur senza affermarla esplicitamente, mentre gli avvocati del<br />

querelante sottolinearono la giovinezza e l’innocenza di Helen per confutare l’esistenza di un<br />

intento truffaldino da parte sua, respingendo le allusioni sulla natura della sua malattia avanzate in<br />

particolare dalle cameriere. Il giudice raccomandò alla giuria di concentrarsi sul punto principale,<br />

cioè sulla possibilità di false dichiarazioni da parte dell’assicurata nello stipulare la polizza. La<br />

giuria non riuscì a raggiungere una decisione e si spaccò esattamente a metà: sei contro sei.<br />

Sembrava finita, ma TGW ordinò ai suoi avvocati di rinnovare la querela. La seconda causa si<br />

tenne nel dicembre 1835, e questa volta la difesa ebbe buon gioco nel non insistere ad insinuare la<br />

34 WILDE, Oscar, Pen, pencil and poison: a study in green, op. cit.


possibilità di un avvelenamento per concentrarsi invece sulle bugie e le false dichiarazioni di Helen,<br />

e provando ampiamente che tutte le polizze erano state pagate direttamente da TGW. Il verdetto<br />

questa volta fu unanime e favorevole alla Imperial.<br />

Per TGW ogni possibilità di tornare alla sua vecchia vita era ormai definitivamente sfumata. La<br />

dimora per avere la quale aveva forse ucciso suo zio e per mantenere la quale aveva certamente ucciso<br />

sua cognata fu venduta per soddisfare i creditori. Se avesse rimesso piede in Inghilterra sarebbe<br />

stato arrestato e processato per falso, un’accusa da pena capitale. Eppure, ciò nonostante, TGW<br />

ritornò a Londra nel maggio 1837.<br />

Sulle ragioni del suo ritorno i biografi si sono sbizzarriti: alcuni sostengono (senza alcuna prova)<br />

che fu per amore di una donna della quale si era invaghito; altri pensano che la miseria della sua<br />

vita in Francia, unita alla sua spavalderia nel pensare di poterla fare franca, lo spinse infine ad<br />

imbarcarsi per il suo paese. Qui prese alloggio in una squallida pensione nei pressi del Covent<br />

Garden, uscendo solo la notte, per andare a volte a fare visita a Holst, l’unico amico che gli fosse<br />

rimasto dai vecchi tempi. Ma la sua latitanza non era destinata a durare a lungo.<br />

La sera del 9 giugno 1837, TGW fu riconosciuto in Howland Street da Daniel Forrester mentre<br />

chiacchierava con una donna non identificata (alcuni hanno ipotizzato che fosse stata pagata dalla<br />

polizia per attirarlo in trappola). Fu prontamente tratto in arresto e la mattina seguente venne rinviato<br />

a giudizio per falsificazione. Quando gli venne chiesta la sua occupazione, TGW rispose<br />

semplicemente: “I am nothing.” Appariva stordito e confuso dal colpo improvviso che si era abbattuto<br />

su di lui.<br />

In carcere, TGW sembrò avere cambiato atteggiamento nei confronti della sua situazione. Diverse<br />

volte si lasciò andare, forse per il gusto di stupire l’ascoltatore, ad affermazioni che in seguito<br />

alimentarono la sua reputazione di assassino senza scrupoli. A un incaricato delle compagnie di<br />

assicurazione che era andato a trovarlo in carcere, alla domanda se, ora che si trovava, prigioniero e<br />

umiliato, in una cella di Newgate, non pensasse che in fin dei conti il delitto, considerato come pura<br />

speculazione, non rende, rispose semplicemente: “Voi uomini della City vi imbarcate nelle vostre<br />

speculazioni e ne accettate i rischi. Alcune di queste speculazioni hanno successo, altre falliscono. È<br />

capitato che le vostre abbiano avuto successo e le mie siano fallite. Questa è la sola differenza tra<br />

voi e me.” E, per quanto riguardava la sua condizione, affermò altezzoso: “Ma vi dirò una cosa<br />

nella quale ho avuto successo. Per tutta la vita sono stato ben deciso a tenere la posizione di un<br />

gentiluomo. Lo sono sempre stato e lo sono tuttora. È consuetudine di questo posto che tutti gli<br />

occupanti di una cella facciano il loro turno nello spazzare per terra. I miei compagni di cella qui<br />

sono un muratore e uno spazzino e, per Dio, loro non mi offrono mai la scopa! 35 ” Ad un avvocato<br />

che gli chiedeva perché avesse avvelenato Helen Abercromby, replicò: “Per l’anima mia, non lo so<br />

davvero, a meno che non sia stato perché aveva le caviglie così grosse. 36 ”<br />

Nella sua cella di Newgate, TGW ebbe visitatori anche più illustri. Il 27 giugno 1837 Charles<br />

Dickens, insieme con l’attore Macready e il suo futuro biografo John Forster, era in visita nel carcere,<br />

per indagare sulle condizioni dei detenuti. Sbirciando dentro una cella, Macready vide un<br />

uomo che leggeva, e riconoscendolo esclamò inorridito: “Mio Dio! È <strong>Wainewright</strong>!” Forster descrive<br />

nella sua Vita di Dickens l’orrore provato dall’attore nel trovare in quel luogo di infamia un<br />

uomo alla cui tavola avevano entrambi cenato una decina d’anni prima 37 . Il grande scrittore fu<br />

anch’egli indubbiamente colpito dall’episodio, tanto che si ispirò a TGW per il suo racconto Braccato<br />

a morte (Hunted down), di cui parleremo più avanti. Alcuni hanno visto echi di TGW anche<br />

nel Jonas Chuzzlewit di Martin Chuzzlewit.<br />

Il viavai di legali e funzionari delle assicurazioni nella cella di TGW non era dovuto a pura<br />

curiosità: vi erano diversi interessi in gioco. Nel dicembre del 1836 Madeleine Abercromby (che nel<br />

frattempo aveva sposato il vecchio creditore di TGW, Wheatley) aveva intentato causa alla Eagle<br />

35 CURLING, Jonathan, Janus Weathercock, op. cit., pp. 308-309. Dickens si ispirò a questo episodio, che inserì alla lettera nel suo romanzo<br />

La piccola Dorrit, facendo pronunciare in carcere al fellone della storia, Rigaud Blandois, quasi esattamente le stesse parole.<br />

36 MOTION, Andrew, <strong>Wainewright</strong> the poisoner, op. cit., p. 171.<br />

37 CURLING, Jonathan, Janus Weathercock, op. cit., pp. 306-307.


per la polizza di 3.000 sterline sottoscritta da Helen nel 1830. L’assicurazione era dunque interessata<br />

ad ottenere da TGW qualche sorta di confessione che rendesse vano il tentativo della sorella<br />

superstite di incassare il premio. Allo stesso tempo, la legge che prevedeva la pena di morte per il<br />

reato di falso era da qualche anno bersaglio di un vasto movimento d’opinione che la considerava<br />

una barbara eredità del passato. La Banca d’Inghilterra non era quindi particolarmente desiderosa di<br />

spingere l’accusa alle estreme conseguenze e vedersi additare come responsabile di una sentenza<br />

sanguinosa. Purtroppo non esistono registrazioni delle trattative che ebbero luogo tra le parti in<br />

causa; certo è che a TGW venne offerta una qualche mitigazione della pena in cambio di<br />

ammissioni di colpevolezza almeno parziali (stante l’impossibilità di raccogliere prove sufficienti a<br />

farlo condannare per omicidio). L’esito non fu certamente favorevole come egli probabilmente si<br />

attendeva.<br />

Il 5 luglio 1837 TGW apparve in tribunale alle nove del mattino e si dichiarò “non colpevole” di<br />

tutte le accuse. La seduta fu sospesa e una consultazione dell’ultimo minuto ebbe luogo. In base agli<br />

accordi presi, un’ora dopo l’imputato ritornò in aula e si dichiarò colpevole delle accuse minori (di<br />

avere presentato le due procure falsificate per ottenere le due somme, di 2.250 prima e di 3.000 sterline<br />

poi) in cambio della rinuncia da parte dell’accusa a presentare prove per l’imputazione di<br />

falsificazione. In tal modo TGW sperava di ottenere una sentenza lieve, forse di qualche mese di<br />

carcere (dopo tutto, come non si stancò mai di ripetere, il denaro era suo), ma così non fu. La<br />

condanna fu di deportazione a vita in Tasmania (allora Van Diemen’s Land).<br />

Nella petizione per ottenere la semilibertà, scritta sette anni dopo, TGW parlò della “perfidia<br />

senza scrupoli” dalla quale si era sentito ingannato. “La sentenza che gli era stata comminata,”<br />

scrive Wilde, “era per un uomo della sua cultura una specie di morte. 38 ” Pensando all’entità dei suoi<br />

crimini, qualcuno potrebbe tutto sommato affermare che TGW se la fosse cavata relativamente a<br />

buon mercato, ma in realtà l’inferno della deportazione era molto peggio di una rapida fine sul<br />

patibolo.<br />

TGW fu trasferito a Southampton, dove venne imbarcato su una nave da trasporto galeotti, la<br />

Susan, che salpò il 29 luglio 1837. Sfortunatamente per lui, nessun Jack Prendergast si trovava a<br />

bordo per far fare al vascello la stessa fine del Gloria Scott e quindi, dopo un viaggio nelle terribili<br />

condizioni tipiche del trasporto forzati, sbarcò a Hobart Town il 21 novembre.<br />

Era prassi, sancita dal regolamento, che tutti i galeotti, all’arrivo sull’isola, dovessero passare<br />

attraverso un periodo di lavori forzati, incatenati a spaccare pietre o costruire strade, senza riguardo<br />

per la loro precedente condizione, istruzione o attidtudini. Solo un ininterrotto periodo di buona<br />

condotta durante questa fase poteva farli in seguito assegnare a lavori meno logoranti e a un<br />

trattamento più umano 39 . La vita alla catena era un vero inferno: la crudeltà dei carcerieri veniva<br />

espressamente incoraggiata e vitto e vestiario erano a livelli più che squallidi. Tali erano le condizioni<br />

dei prigionieri che il suicidio era una via d’uscita comune. Non era raro che tre galeotti si<br />

unissero in un patto nel quale si tirava a sorte il più fortunato, che veniva ucciso da un suo compagno,<br />

il quale sarebbe poi finito sulla forca grazie alla testimonianza del terzo, il più sfortunato,<br />

che avrebbe dovuto cercarsi altri due compagni per una nuova estrazione a sorte e un nuovo patto<br />

suicida. Testimonianze ufficiali riferiscono che quando nelle adunate venivano annunciati i nomi<br />

dei condannati a morte costoro si gettavano in ginocchio ringraziando Dio perché stavano per essere<br />

liberati da quel supplizio, mentre coloro che venivano risparmiati piangevano e si disperavano.<br />

Torna ad onore della tenacia di TGW, la cui precedente esistenza non lo aveva certo preparato a<br />

resistere ad una simile ordalia, il fatto di essere sopravvissuto alla prova. Dopo poco più di un anno,<br />

nel dicembre del 1838, egli fu assegnato all’ospedale di Hobart Town in qualità di infermiere<br />

generico.<br />

38 WILDE, Oscar, Pen, pencil and poison: a study in green, op. cit.<br />

39 Andrew Motion fa notare però che, sebbene il regolamento prescrivesse una simile prassi, solo 23 dei 193 uomini sbarcati dalla Susan<br />

vennero assegnati ai lavori forzati, e TGW era l’unico di essi che non avesse mai svolto prima lavori manuali. Vedi MOTION, Andrew,<br />

<strong>Wainewright</strong> the poisoner, op. cit., p. 243.


Nel 1840 il ruolo di ufficiale medico per la Tasmania venne assunto dal dottor Frederick John<br />

Clarke, un chirurgo dell’esercito 40 che aveva alle sue dipendenze come assistente chirurgo il cognato,<br />

il dottor Robert Kennedy Nuttall. Costui prese in simpatia TGW (che del resto si era sempre<br />

comportato impeccabilmente ed era diventato un assistente prezioso), e lo incoraggiò a riprendere a<br />

dipingere, al di là degli occasionali schizzi anatomici che erano connessi ai suoi doveri presso<br />

l’ospedale.<br />

Dal 1840 in poi TGW ritrasse numerosi esponenti della buona società di Hobart Town,<br />

cimentandosi con successo nella tecnica per lui insolita dell’acquerello. I dipinti da lui realizzati in<br />

Tasmania sono praticamente gli unici che siano giunti fino a noi; non esiste infatti traccia di quasi<br />

tutta la sua produzione londinese (salvo un dipinto custodito dal British Museum), incluse le opere<br />

che furono esposte alla Royal Academy. Parallelamente, il regime al quale era sottoposto andò<br />

gradualmente attenuandosi, tanto che gli venne infine consentito di uscire dall’ospedale senza scorta<br />

quando andava nelle case dei suoi soggetti per ritrarli e persino per dare lezioni di disegno.<br />

La sua impeccabile buona condotta lasciava tuttavia trasparire di tanto in tanto lampi di crudeltà,<br />

come quando un detenuto verso il quale egli aveva ragioni di rancore venne portato all’ospedale in<br />

fin di vita. TGW sussurrò nelle orecchie dell’uomo, di cui aveva riconosciuto gli inevitabili segni<br />

della prossima fine: “Domani a quest’ora la tua anima sarà all’inferno e il mio braccio sarà immerso<br />

nelle tue viscere fino al gomito, mentre ti starò sezionando. 41 ” È altresì probabile che, come molti<br />

altri condannati, TGW facesse uso di oppio, per lenire le sofferenze dei lavori forzati prima e delle<br />

fatiche del servizio poi.<br />

In ogni caso, la buona salute che l’aveva sostenuto all’inizio della sua vita da carcerato venne<br />

gradualmente meno e il 12 gennaio 1842 TGW fu ricoverato come paziente nell’ospedale in cui lavorava.<br />

Vi rimase per più di due anni, vittima di sintomi non ben chiari, caratterizzati da uno stato<br />

di prostrazione generale, con occasionali riprese. Crossland, nel suo <strong>Wainewright</strong> in Tasmania<br />

(1954) ha ipotizzato che la malattia di cui soffriva fosse sclerosi multipla 42 .<br />

Abbiamo accennato alla buona reputazione che TGW si era costruito, specialmente tra i medici<br />

dell’ospedale. Il suo migliore amico, il dottor Nuttall, era anche il suo più ardente sostenitore per<br />

l’ottenimento della semilibertà. Sebbene i tempi non fossero ancora maturi, Nuttall convinse TGW<br />

a presentare ugualmente domanda per ottenere un “ticket of leave” nell’aprile 1844, in quanto di lì a<br />

poco lui e Clarke sarebbero stati trasferiti in India. Un “ticket of leave” era un permesso, revocabile<br />

in qualsiasi momento, che consentiva a un condannato di stabilirsi in un luogo qualsiasi della<br />

colonia e di esercitare qualunque mestiere legittimo, purché facesse rapporto alla polizia ogni sei<br />

mesi e comunicasse in anticipo i dettagli di ogni suo viaggio sull’isola. La domanda fu presentata il<br />

18 aprile e venne immediatamente respinta, in quanto TGW aveva scontato una parte troppo breve<br />

della condanna. Tuttavia, il 31 maggio, il pittore ricevette inaspettatamente un “Probation Pass” di<br />

terza classe che testimoniava l’atteggiamento favorevole delle autorità e lasciava ben sperare per il<br />

futuro. Poco più di un anno dopo, il 18 dicembre 1845, il “ticket of leave” di TGW fu ricevuto e<br />

confermato dal direttore dell’amministrazione penitenziaria.<br />

Subito dopo avere ottenuto la semilibertà, TGW affittò un piccolo alloggio nei pressi<br />

dell’ospedale dove mise su uno studio di pittore. Sfortunatamente per lui, non era destinato a godere<br />

a lungo della sua nuova situazione. Il 14 novembre 1846 il governatore della colonia incluse il suo<br />

nominativo tra quelli proposti per il perdono condizionale. Questa era una forma più ampia di indulgenza,<br />

che consentiva a chi ne beneficiava di viaggiare e lavorare a suo piacimento entro i limiti<br />

delle colonie di Australia e Nuova Zelanda. Entro la fine del mese, però, (la data esatta non è conosciuta)<br />

TGW fu colpito da apoplessia e perse l’uso della mano sinistra. Fu portato nel nuovo ospedale<br />

di St. Mary, dove rimase per nove mesi. Nell’agosto del 1847 ebbe un temporaneo miglioramento<br />

e chiese di poter essere dimesso. Ma improvvisamente, il 17 agosto 1847, morì per un<br />

40 La Tasmania, chissà, sarebbe potuta essere una delle destinazioni anche del dottor Watson, se non fosse stato costretto a lasciare il<br />

servizio attivo.<br />

41 Aneddoto riferito dal figlio del dottor Nuttall. Vedi CURLING, Jonathan, Janus Weathercock, op. cit., p. 332.<br />

42 MOTION, Andrew, <strong>Wainewright</strong> the poisoner, op. cit., p. 274.


aneurisma cerebrale. Non ci sono tracce della sua sepoltura, ed è possibile che il suo corpo sia stato<br />

sezionato per scopi anatomici. L’ultima traccia di TGW in Tasmania è il necrologio apparso sul Britannia<br />

& Trade Advocate di Hobart il 26 agosto 1847:<br />

“Morto, il 17 c.m., di apoplessia, <strong>Thomas</strong> <strong>Wainewright</strong>, artista.”<br />

Cosa scrissero di lui: gli altri…<br />

Da vivo, TGW aveva aspirato alla fama, e spesso l’aveva sfiorata. Da morto, la ebbe, anche se non<br />

proprio quella che avrebbe desiderato.<br />

Il mormorio di voci che correva su di lui in Inghilterra divenne un rombo assordante quando, nel<br />

novembre 1846, venne pubblicato il romanzo Lucretia, or: the Children of Night, scritto da Edward<br />

Bulwer Lytton. Quasi del tutto (giustamente) dimenticato al giorno d’oggi, Lytton godeva allora di<br />

una discreta fama come romanziere popolare, soprattutto grazie a lavori quali la satira politica Paul<br />

Clifford (1831) e il romanzo Eugene Aram (1832), basato sulla storia del famoso criminale. Nella<br />

prefazione, l’autore dichiarava testualmente: “Per quanto possa sembrare incredibile, i crimini di cui<br />

si parla in questo romanzo ebbero realmente luogo nel corso degli ultimi diciassette anni. Non vi è<br />

stata nessuna esagerazione […] né mi sono allontanato molto dai loro dettagli […] racconto fatti<br />

storici, non invento una finzione. 43 ” Con buona pace di Lytton, però, il romanzo si prende molte<br />

libertà con la realtà storica di TGW. Il criminale della vicenda, Gabriel Varney, è un assassino per<br />

vocazione e per educazione, allevato allo scopo da un padre sadico e torturatore. L’omicidio è per<br />

lui una cosa naturale, il frutto di un ambiente criminale. Il personaggio femminile, Lucrezia<br />

Clavering, è ispirato, come scrisse lo stesso Lytton, ad una criminale francese: ciò nonostante, molti<br />

lettori la identificarono con Eliza <strong>Wainewright</strong>, confondendo inestricabilmente realtà e invenzione<br />

letteraria. L’anello contenente veleno con il quale i due seminano vittime a destra e a manca è più<br />

in tono con i leggendari crimini dei Borgia (cui rimanda anche il nome della protagonista) che non<br />

con il pratico modus operandi di TGW. Soltanto nei dettagli dell’ultimo crimine (l’omicidio della<br />

nipote di Lucrezia allo scopo di incassare il denaro della sua assicurazione) troviamo un parallelo<br />

quasi esatto con la vita reale di TGW: come pure nel destino finale del protagonista, che non viene<br />

condannato per i suoi delitti, ma deportato per il reato di falso. Lucretia ottenne un enorme<br />

successo, e il pubblico si appassionò con tale fervore al romanzo che per la seconda edizione (1853)<br />

Lytton fu costretto a cambiare il finale, poiché la morte della giovane eroina per mano della coppia<br />

omicida aveva suscitato indignazione e rabbia nei lettori; nella versione riveduta e corretta, la<br />

ragazza sopravvive al tentativo di avvelenamento.<br />

Bulwer Lytton aveva avuto accesso ad alcuni documenti che i funzionari delle assicurazioni avevano<br />

raccolto nei vari alloggi di TGW in Francia, e probablimente si servì di allusioni e frammenti<br />

in essi contenuti per introdurre nel racconto degli elementi autenticamente biografici. Da questo<br />

momento, la realtà dei crimini di TGW fu definitivamente contaminata dalla leggenda e i “si dice”<br />

divennero indistinguibili dai fatti reali. Purtroppo, i documenti in possesso di Lytton sono andati<br />

perduti senza lasciare traccia.<br />

Charles Dickens contribuì per la sua parte. Nel suo racconto Hunted down 44 (1859), cui abbiamo<br />

già accennato, presenta un personaggio – Julius Slinkton, nel cui nome è facile cogliere un’eco del<br />

nom de plume di TGW, Janus – il cui mezzo per vivere consiste nell’avvelenare la gente per incassare<br />

il denaro della loro assicurazione: uccide una sua nipote, tenterà di fare lo stesso con la sorella<br />

di lei e infine con un vicino di casa alcolizzato, incoraggiato a bere e indebolito con dosi sistematiche<br />

di veleno. Ma costui si rivelerà essere la sua nemesi: un funzionario della compagnia di<br />

assicurazione con cui la morta aveva stipulato la polizza, innamorato di lei e deciso a vendicarne<br />

l’omicidio. È, senza mezzi termini, un raccontino da poco, non all’altezza nemmeno delle cose<br />

meno riuscite del grande scrittore: d’altro canto fu buttato giù in breve tempo (anche se Dickens era<br />

interessato alla figura di TGW e aveva steso un abbozzo di trama molti anni prima) in seguito a<br />

43 BULWER LYTTON, Edward, Lucretia, or: The Children of Night (1846), Project Gutenberg, http://www.gutenberg.org/etext/ 7691<br />

44 DICKENS, Charles, Hunted Down (1859), Project Gutenberg, http://www.gutenberg.org/etext/807


un’offerta che sarebbe stato difficile rifiutare: una rivista americana infatti, pur di avere un racconto<br />

dickensiano da pubblicare, pagò la strabiliante somma di mille sterline! Hunted down è probabilmente<br />

una delle opere con il peggiore rapporto qualità-prezzo della storia della letteratura. A<br />

Dickens va fatta risalire un’altra idea che entrò nell’immaginario collettivo intorno alla figura di<br />

TGW: il diario in cui Slinkton annota meticolosamente le dosi di veleno somministrate e i relativi<br />

effetti. La pubblicazione del racconto in volume (1870) portò in seguito altra carne al fuoco della<br />

leggenda: la prefazione di John C. Hotten conteneva infatti un breve resoconto della vita di TGW<br />

(associato apertamente al Julius Slinkton della finzione), comprese le leggende, ormai date per vere,<br />

circa il gentiluomo del Norfolk e il mitico diario.<br />

Uno dei temi principali di entrambi questi racconti è la sorpresa e il disgusto scandalizzato degli<br />

autori di fronte ad un individuo dotato sia di raffinate doti artistiche sia di una spietata attitudine al<br />

crimine. La stessa condanna moralistica è anche alla base del primo resoconto biografico in assoluto<br />

di TGW, scritto da T. N. Talfourd come parte del suo compito di editore dei Final Memorials<br />

di Charles Lamb. Trovando impossibile conciliare arte e crimine, con un moralismo tipicamente<br />

vittoriano Talfourd getta l’ombra del degrado morale del TGW criminale sull’opera del TGW<br />

artista. La veemenza con la quale attacca i gusti “superficiali” di Janus è veramente eccessiva e fa<br />

supporre che lui, come uomo di legge, non si perdonasse per essere stato intimo e ospite di un<br />

simile individuo. È significativo che tutti i biografi di epoca vittoriana, ma anche edoardiana, dei<br />

grandi scrittori che furono amici di TGW (Lamb, Cary, Clare) si siano sforzati di minimizzare la<br />

profondità del legame che li univa allo spensierato Janus Waethercock: un tentativo spesso ridicolo,<br />

se si pensa agli attestati di stima lasciati dal solo Lamb (che usa l’aggettivo “capitale” riferendosi<br />

alla prosa di TGW), per fare un esempio, o al resoconto di <strong>Thomas</strong> de Quincey del suo incontro con<br />

TGW nel novembre 1821, a una cena offerta dagli editori Taylor e Hessey. “In un giorno in cui<br />

odiavo la sola vista di un volto umano”, scrive de Quincey alludendo alle proprie cattive condizioni<br />

di salute, “quest’uomo… suscitò in me una scintilla d’interesse” e si rammarica del fatto di non<br />

avere potuto presenziare ad un invito a cena a casa di TGW 45 . Come riassume efficacemente<br />

Maurizio Ascari, i suoi critici “…si concentravano sulla crudeltà e sull’astuzia di <strong>Wainewright</strong> – facendo<br />

della propensione letteraria, del talento pittorico e dell’abito di gentiluomo segni di ipocrisia<br />

e decadenza… 46 ” La morale della rispettabile borghesia vittoriana non può riconoscere la<br />

compatibilità di un’istruzione superiore e del talento artistico con le azioni criminali (che si<br />

suppongono patrimonio esclusivo delle “degenerate” classi inferiori): ergo, per ristabilire<br />

l’equilibrio e riconciliarsi con i propri pregiudizi, occorre necessariamente supporre che istruzione e<br />

talento non siano genuini. Così la denigrazione dell’opera di TGW raggiunge il suo picco in un<br />

articolo pubblicato sulla rivista Notes and Queries nel 1866: deformazione di una lettera scritta inizialmente<br />

per appoggiare la domanda di TGW per il “ticket of leave”, diventa una furiosa invettiva<br />

che investe sia la sua opera (si afferma che TGW infondeva nei ritratti, anche di giovani e innocenti<br />

fanciulle, la sua stessa espressione diabolica) sia la sua storia, alla quale sono aggiunti nuovi<br />

particolari leggendari, tra i quali due avvelenamenti avvenuti in Tasmania (difficili da conciliare<br />

con la concessione della semilibertà da parte delle severe autorità coloniali). Nessuna azione<br />

sembrava eccessiva o inverosimile, se attribuita a un mostro simile: “… l’interesse principale della<br />

sua storia stava nel fatto che era stato allevato per condurre la vita di un gentiluomo colto, e poi<br />

aveva tradito il suo lignaggio. Come potevano combinarsi queste due vite nella stessa storia? Solo,<br />

apparentemente, infamando il suo nome e sostenendo che il suo lavoro era orribilmente infettato<br />

dalla sua malignità. 47 ”<br />

Tutti i resoconti della vita di TGW scritti in seguito si basano su queste leggende ormai accettate<br />

come vere: su questa falsariga scriveranno Thornbury nel 1870 in Old stories re-told e Seccombe<br />

nel 1894 in Twelve bad men, e su questi dati baserà la sua analisi psicologica Ellis in The Criminal.<br />

45 DE QUINCEY, <strong>Thomas</strong>, Biographical Essays (1851), Project Gutenberg, http://www.gutenberg.org/etext/6314<br />

46 ASCARI, Maurizio, Dealers in poison: il mito dell’avvelenatore nell’Ottocento inglese, Linguæ, 1/2006, p. 71 (www.ledonline.it/ linguae/)<br />

47 MOTION, Andrew, <strong>Wainewright</strong> the poisoner, op. cit., p. 282.


Per arrivare alla pubblicazione della prima vera biografia di TGW che indaghi i fatti separandoli dal<br />

mito occorrerà aspettare il 1938 e il volume Janus Weathercock di Jonathan Curling.<br />

La prima voce a staccarsi dal rispettabile coro di gentiluomini scandalizzati dalla nequizia di<br />

TGW è, prevedibilmente, quella di un grande anticonformista come Oscar Wilde. Nel gennaio 1889<br />

lo scrittore irlandese pubblica infatti un articolo (dal quale abbiamo già più volte citato), Pen, pencil<br />

and poison, nel quale rivaluta apertamente la figura artistica di Janus Weathercock. Seguendo e<br />

amplificando il breve giudizio che già il poeta Swinburne aveva dato nella sua Life of Blake, dove<br />

TGW era definito “ammirevole sia come pittore, sia come scrittore, sia come assassino 48 ”, e sulla<br />

scia della pubblicazione, nel 1880, dei saggi di TGW in volume 49 , Wilde analizza gli articoli da lui<br />

pubblicati sulla London e ne proclama i meriti critici non indifferenti. “È chiaro che egli fu uno dei<br />

primi a riconoscere quella che è la chiave dell’eclettismo estetico, voglio dire la vera armonia di<br />

tutte le cose belle senza riguardo per l’età o il luogo… 50 ” scrive Wilde, riferendosi in particolare<br />

alle descrizioni dell’arredamento del boudoir di Janus. La sincerità di TGW nel suo amore per la<br />

grande letteratura e per i grandi pittori è debitamente messa in risalto e Wilde gli riconosce il<br />

merito, giudicandolo in questo addirittura un precursore, di avere introdotto la mescolanza tra le<br />

varie forme artistiche: “L’idea di trarre dalla pittura un poema in prosa è eccellente” dice, parlando<br />

delle sue descrizioni critiche di quadri famosi. “Molta della migliore letteratura moderna nasce<br />

dallo stesso scopo… Per lui, tutte le arti erano una cosa sola. 51 ” Wilde non nasconde i suoi difetti,<br />

soprattutto nello stile letterario, “anche se per alcuni di essi dobbiamo incolpare l’epoca in cui<br />

visse 52 ”, e con il suo tipico umorismo paradossale sottolinea, riguardo al reato di falso: “se<br />

ricordiamo la sua fatale influenza sulla prosa del giornalismo moderno, non era certamente il<br />

peggiore dei suoi peccati. 53 ” Ma il saggio è importante perché per la prima volta l’opera del critico<br />

d’arte è separata da quella del criminale e giudicata imparzialmente: “Il fatto che un uomo sia un<br />

avvelenatore non è un argomento contro la sua prosa. […] Non c’è nessuna incongruità essenziale<br />

tra crimine e cultura. Non possiamo riscrivere la Storia intera allo scopo di gratificare il nostro<br />

senso morale di ciò che dovrebbe essere. 54 ”<br />

Il ritratto psicologicamente più accurato è forse quello di John Dickson Carr. Nel suo romanzo<br />

Occhiali neri (The black spectacles, 1939) Carr fa pronunciare al suo investigatore, il dottor Gideon<br />

Fell, una conferenza sugli avvelenatori che non sfigurerebbe in nessun manuale di criminologia. La<br />

psicologia dell’avvelenatore è mirabilmente tratteggiata con una serie di esempi presi dalle<br />

cronache criminali, tra i quali spicca il nome di TGW: “… qual è la prima e più importante caratteristica<br />

dell’avvelenatore? Questa. Fra gli amici ha di solito reputazione di buon ragazzo, è gioviale,<br />

alla mano. […] Invece c’è nei loro caratteri, come rovescio della medaglia e quasi complemento<br />

necessario, una tale assoluta indifferenza per il dolore degli altri, una tale freddezza nel dare<br />

la morte nelle forme più orribili, che la nostra mente umana comune non può capacitarsene. 55 ”<br />

TGW corrisponde perfettamente a questa descrizione; di lui Fell afferma: “<strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> <strong>Wainewright</strong><br />

[…] era il più ospitale dei padroni di casa un centinaio di anni fa. 56 ” E ancora, citando la<br />

famosa risposta di TGW sulle caviglie di Helen Abercromby: “Questo è naturalmente un paradosso,<br />

ma realmente esprime l’attitudine dell’ avvelenatore verso la vita umana: <strong>Wainewright</strong> aveva<br />

bisogno di denaro, perciò (naturalmente) qualcuno doveva morire. 57 ” Carr, per bocca del dottor<br />

Fell, va molto vicino secondo me a cogliere l’essenza dei crimini di TGW: delitti amorali, più che<br />

immorali. Difficile vedere nel gaio, spensierato Janus Weathercock un serial killer psicopatico,<br />

oppure un sadico tormentatore, quale lo vorrebbero Talfourd, Ellis o Bulwer-Lytton. A mio avviso<br />

48 SWINBURNE, Algernon Charles, Life of Blake (1868), citato in: MOTION, Andrew, <strong>Wainewright</strong> the poisoner, op. cit., p. 290.<br />

49 La pubblicazione fu curata da William C. Haziltt, nipote del William Hazlitt collaboratore della London e amico di TGW.<br />

50 WILDE, Oscar, Pen, pencil and poison, op. cit.<br />

51 Ibidem.<br />

52 Ibidem.<br />

53 Ibidem.<br />

54 Ibidem.<br />

55 CARR, John Dickson, Occhiali neri (The black spectacles, 1939), in: Il delitto perfetto non esiste, Milano, Mondadori, 1976, p. 148.<br />

56 Ibidem, p. 148.<br />

57 Ibidem, p. 148.


l’analisi di Carr è più verosimile: TGW (come molti altri suoi illustri colleghi avvelenatori) era un<br />

assoluto egoista, privo di qualsiasi senso morale, incapace di comprendere a fondo la realtà dei suoi<br />

crimini perché simili cose non trovavano posto nella sua scala di valori, in base alla quale la sua<br />

posizione di gentiluomo era la cosa più importante. Se non si fosse trovato in difficoltà finanziarie,<br />

TGW non avrebbe mai fatto del male ad una mosca in vita sua: invece, avendo bisogno di denaro<br />

per mantenere il suo tenore di vita, divenne dapprima falsario e poi assassino con la massima<br />

indifferenza.<br />

Anche ai giorni nostri la figura di TGW non ha esaurito il suo interesse agli occhi degli studiosi.<br />

Nel 2000 è stato pubblicato <strong>Wainewright</strong> the poisoner, un libro che ha suscitato vasto clamore per<br />

due motivi. Innanzitutto l’autore, Andrew Motion, è un letterato di primo piano: non solo è poet<br />

laureate, cioè il poeta ufficiale di corte della monarchia britannica, ma è famoso anche come biografo,<br />

avendo pubblicato libri su Keats e su Philip Larkin. In secondo luogo, il suo lavoro su TGW<br />

non è una biografia ortodossa, bensì un tentativo di ricostruire la sua vita attraverso una “confessione”<br />

apocrifa, scritta ostensibilmente in prima persona da TGW stesso e nello stile del primo diciannovesimo<br />

secolo, mentre i fatti autentici sono esposti nelle note al termine di ogni capitolo.<br />

Questo esperimento letterario ha lo scopo, secondo l’autore, “di recuperare <strong>Wainewright</strong><br />

dall’oscurità e di riportarlo in vita come forza dinamica e plausibile. 58 ” Il perché è presto detto: “La<br />

sua carriera drammatizza idee che occuparono profondamente Wordsworth, Coleridge, Byron,<br />

Keats, de Quincey, Lamb e molti altri scrittori e artisti del Romanticismo. Combinando in sé una<br />

vita di cultura e una vita di crimine, egli impersonifica una versione estrema di ciò che essi<br />

consideravano una verità generale: che il bene e il male nascono dalla stessa radice. 59 ” L’ideale del<br />

Sé dei Romantici e l’importanza di una figura come TGW che ne esplorò sia gli aspetti teorici nei<br />

suoi scritti, sia gli aspetti pratici nello sconfinato egoismo dei suoi crimini, sono al centro<br />

dell’interesse di Motion. L’esperimento non può forse dirsi completamente riuscito, e ha suscitato<br />

reazioni contrastanti nella critica: ma ha dimostrato che a centosessant’anni dalla sua morte la<br />

personalità ambigua e profondamente duplice di TGW continua ancora ad eccitare la curiosità del<br />

pubblico.<br />

… e Sherlock Holmes.<br />

A questo punto, ritorniamo all’affermazione di Holmes dalla quale siamo partiti. Dobbiamo ora<br />

chiederci: in base a quali elementi il detective arriva a formulare il suo giudizio?<br />

Collochiamo innanzitutto la frase di Holmes nel suo adeguato contesto temporale e canonico.<br />

Siamo nel settembre del 1902: Watson è appena andato a vivere da solo in Queen Anne Street –<br />

presumibilmente in attesa di sposarsi di lì a poco – e a Holmes è stato proposto un delicato incarico<br />

riguardante un temibile criminale. Tanto temibile, in effetti, che sir James Damery lo definisce<br />

“l’uomo più pericoloso d’Europa” [ILLU, 985]. Ma il detective è già al corrente delle imprese del<br />

barone Gruner, perlomeno in ambito criminale: ed è quando sir James descrive i molteplici interessi<br />

culturali dell’assassino austriaco che Holmes pronuncia la frase nella quale cita TGW.<br />

(Dobbiamo purtroppo constatare che il dottor Watson, nel riportare le parole di Holmes, commette<br />

un’altra delle sue molteplici disattenzioni: infatti trascrive l’ortografia del nome come<br />

“Wainwright” anziché, correttamente, “<strong>Wainewright</strong>”. Il dottore è peraltro in buona compagnia:<br />

questo errore abbonda nella bibliografia su TGW.)<br />

Teniamo presenti due cose, per iniziare: la sconfinata cultura di Holmes in fatto di letteratura criminale<br />

(“immensa”, secondo Watson [STUD, 22]) e il fatto che Holmes, con la sua “passione per la<br />

conoscenza esatta e sistematica” [STUD, 17] difficilmente si sarebbe formato un’opinione in base<br />

ad elementi superficiali. Questo ci fa supporre che la bibliografia disponibile all’epoca su TGW gli<br />

fosse ben nota: in particolare, che avesse familiarità con i resoconti di Talfourd, Thornbury, Ellis e<br />

Seccombe, e forse anche con le opere letterarie di Dickens e Bulwer Lytton.<br />

58 MOTION, Andrew, <strong>Wainewright</strong> the poisoner, op. cit., p. xviii<br />

59 Ibidem, p. xvi


Abbiamo visto che il giudizio prevalente su TGW in epoca vittoriana era pesantemente negativo:<br />

non solo i suoi delitti ispiravano orrore, ma l’intera sua opera di critico e di artista era considerata<br />

viziata, contaminata dai suoi crimini. Questa visione era ancora predominante nel momento in cui<br />

Holmes, tranquillamente, afferma invece che “era un artista non certo mediocre”: quasi tutte le<br />

informazioni a lui disponibili andavano in senso opposto all’idea che egli si forma di TGW. Quindi<br />

Holmes va controcorrente rispetto all’opinione della massa, e non certo per la prima volta.<br />

Dobbiamo ricordare in primo luogo che Holmes è per vocazione un anticonformista: il<br />

moralismo vittoriano e il conformismo ipocrita non fanno parte del suo bagaglio culturale. Il<br />

detective si lascia guidare dai fatti e non lascia che pregiudizi sociali interferiscano con le sue<br />

valutazioni. Inoltre Holmes è convinto che “Per il logico ogni cosa dovrebbe essere vista<br />

esattamente come è 60 “; perciò, se un uomo è contemporaneamente criminale e artista, entrambi<br />

questi attributi devono essere riconosciuti e valutati. Questo appare evidente nel suo riconoscimento<br />

del valore degli avversari, persino di un genio del crimine come il professor Moriarty: “Il mio<br />

orrore per i suoi crimini si stemperò nella mia ammirazione per la sua abilità. 61 ” Davide De Pretto<br />

ha messo bene in evidenza questa sua caratteristica discutendo di Holmes come filosofo: “…il<br />

nostro detective non considera un assassino solamente un ‘assassino’, ossia non commette l’errore<br />

di pensare astrattamente e ‘per universali’, scordando tutti i contesti e le diverse motivazioni che<br />

hanno portato ad un determinato atto. 62 ” Se ritorniamo al contesto canonico della frase di Holmes<br />

su TGW riceviamo ulteriori conferme di ciò nella sua inclusione del pittore avvelenatore e del<br />

nobile uxoricida (insieme a Charlie Peace, lo scassinatore violinista) nella stessa categoria di<br />

criminali “dalla mentalità complessa”. Vediamo infatti che anche la competenza del barone Gruner<br />

in fatto di ceramiche cinesi viene correttamente ammessa dal detective: “…su questo argomento,<br />

sul quale è un’autorità riconosciuta… 63 ” Persino Kitty Winter, del resto, pur avendo le migliori<br />

ragioni del mondo per odiare a morte il barone Gruner, afferma che “Adelbert non è un codardo.<br />

Nemmeno il suo peggiore nemico potrebbe dire questo di lui. 64 ”<br />

In questo stesso racconto, troviamo un’altra affermazione di Holmes che deve indurci alla<br />

riflessione. “Avrà notato”, dice a Watson riferendosi al legame tra il barone e la signorina De Merville,<br />

“come gli estremi si attraggano, lo spirituale con l’animalesco e l’uomo delle caverne con<br />

l’angelo. 65 ” Questo dell’attrazione tra bene e male e della compresenza di entrambi in un unico<br />

individuo è un concetto tipico del Romanticismo, come abbiamo già visto. È curioso che anche<br />

Holmes sia affascinato da queste idee: un altro esempio lo troviamo in SIGN, con la sua citazione di<br />

Goethe: ”Schade, daß die Natur nur einen Mensch aus dir schuf, Denn zum würdigen Mann war<br />

und zum Schelmen der Stoff. (Peccato che la natura abbia fatto di te soltanto un uomo, perché c’era<br />

materiale a sufficienza sia per un uomo onesto sia per un furfante) [SIGN, 158] Qui Holmes si<br />

riferiva a sé stesso (anche se il crimine di cui si autoaccusava non era più grave della pigrizia), ma è<br />

significativo che il detective dimostri in più di una occasione di avere familiarità con le proprie<br />

tendenze criminali, al punto di scherzarci sopra e di non provarne alcun particolare orrore, e certo<br />

non dimostrando verso di esse alcuna ipocrisia. 66<br />

Perciò, non ci stupisce che Holmes fosse moralmente e intellettualmente nella posizione migliore<br />

per giudicare il talento del TGW artista in maniera indipendente dalle azioni del TGW assassino.<br />

Ma su quali basi critiche forma il suo giudizio? La risposta a questa domanda ci porta<br />

inevitabilmente a discutere dei gusti artistici di Holmes e della sua competenza critica.<br />

La fonte principale sulle preferenze holmesiane in materia di pittura è naturalmente HOUN.<br />

Dopo aver perso le tracce del misterioso uomo barbuto che pedinava Sir Henry Baskerville, Holmes<br />

propone a Watson di andare a passare il tempo in una galleria d’arte di Bond Street, in attesa di<br />

60 “To the logician all things should be seen exactly as they are…” [GREE, 435]<br />

61 “My horror at his crimes was lost in my admiration at his skill.” [FINA, 471]<br />

62 DE PRETTO, Davide, Mr.Sherlock Holmes, the Philosopher, The Strand Magazine, anno 2 N.S. n. 10, dicembre 2002, pp. 42-59.<br />

63 “…on this subject, on which he is an acknowledged authority…” [ILLU, 995]<br />

64 “Adelbert is no coward. His worst enemy couldn’t say that of him.” [ILLU, 991]<br />

65 “You may have noticed how extremes call to each other, the spiritual to the animal, the cave-man to the angel.” [ILLU, 991]<br />

66 Vedi GUERRA, Stefano, Tra Antigone e Creonte: Sherlock Holmes, la legge e la giustizia, The Strand Magazine, anno 2 N.S. n. 13, giugno<br />

2004, pp. 16-20.


itrovarsi a pranzo con il baronetto e con il dottor Mortimer. Qui ammirano le opere dei “modern<br />

Belgian masters”. A quali “maestri moderni” si riferisse Watson, possiamo solo ipotizzarlo. Nel<br />

1889 molte correnti artistiche nascevano o si affermavano in Europa, e il Belgio, Bruxelles in<br />

particolare, era uno dei crocevia delle nuove tendenze della pittura. In ogni caso, Holmes dimostra<br />

di interessarsi molto ai nuovi movimenti artistici, al punto che Watson afferma che in materia di<br />

arte il detective aveva “the crudest ideas”: cioè idee grezze, poco raffinate, ma anche audaci,<br />

soprattutto in materia di pittura: un utilizzo ad esempio di colori violenti o fortemente contrastanti<br />

può ben essere definito “crude” da chi ami toni più sfumati e meno accesi. Tali gusti più conservatori<br />

possiamo supporli nel nostro dottore, che del resto anche in fatto di musica preferiva pezzi<br />

tradizionali come i Lieder di Mendelssohn alle bizzarre improvvisazioni del suo amico [STUD, 22].<br />

Il noto violinista e sherlockiano Jens Byskov Jensen, del resto, ha già avanzato l’ipotesi,<br />

analizzando i gusti musicali di Holmes, che il suo interesse per ciò che usciva dai sentieri già battuti<br />

fosse comune alla musica e ad altri settori artistici: “Forse le ‘crude ideas’ di Holmes si riferivano<br />

all’arte in generale, non solo alla pittura ma anche alla musica. 67 ”<br />

Quindi un Holmes anticonformista anche nei suoi gusti artistici. Ma non per questo scarsamente<br />

dotato di competenze tecniche, se è vero che nel maniero dei Baskerville [HOUN, 749] dichiara di<br />

riconoscere a colpo d’occhio un Kneller e un Reynolds, 68 ammesso che il suo non sia solo un<br />

espediente per sviare l’attenzione di Sir Henry dal suo interesse per l’identità del personaggio che si<br />

rivelerà essere il malvagio Hugo. Del resto, se è vero che “l’arte nel sangue può assumere le forme<br />

più strane 69 ” è anche vero che può ben prenderne di più consuete, e se Holmes avesse ereditato dal<br />

suo ramo materno, oltre alle particolari doti mentali, anche un pizzico del talento pittorico del suo<br />

prozio Horace Vernet, la cosa non ci stupirebbe. Un’altra prova della competenza critica di Holmes<br />

la troviamo in riferimento al dipinto di Greuze che stava appeso nello studio del professor Moriarty<br />

[VALL, 775-776] e sul quale Holmes, pur avendolo visto solo di sfuggita, non ha il minimo dubbio<br />

che si tratti dell’originale (costoso, e quindi sospetto) e non di una copia, che il professore avrebbe<br />

legittimamente potuto possedere: altro indizio della profondità delle cognizioni del detective. E,<br />

infine, non dimentichiamo la somiglianza, evidenziata da diversi autori, tra alcuni metodi di critica<br />

artistica (soprattutto quello di Morelli) e il metodo holmesiano 70 .<br />

Ricapitolando, Holmes ha certamente una buona conoscenza quantomeno degli elementi fondamentali<br />

della pittura; ha un certo gusto artistico in senso generale (basterebbe a testimoniarlo il suo<br />

talento come strumentista e compositore, ma ci sono anche i suoi raffinati gusti letterari); ha una<br />

naturale inclinazione per la sperimentazione e l’avanguardia. In questo senso, potrebbe darsi benissimo<br />

che le opere tendenti al fantastico e al sovrannaturale della “scuola poetica” di Fuseli, cui<br />

apparteneva anche TGW, avessero suscitato l’interesse di Holmes (che aveva in comune con i due<br />

pittori la passione per Goethe), anche se non abbiamo prove concrete per dimostrarlo. Del resto,<br />

sappiamo che Holmes amava esplorare i lati più oscuri di ogni argomento che lo interessasse (vedi i<br />

mottetti polifonici di Orlando di Lasso); e cosa poteva esserci di più oscuro, in epoca vittoriana,<br />

delle dimenticate concezioni visionarie di Fuseli (il cui capolavoro The Nightmare fu venduto nel<br />

1868 per una sterlina)? Aggiungiamo a questo mix di ingredienti il fascino specifico del personaggio<br />

di TGW derivante dal fatto che si trattava di un grande criminale e possiamo concludere che<br />

Holmes se ne sarebbe interessato in maniera approfondita e che dunque il suo giudizio, per quanto<br />

stringato, abbia un peso non indifferente.<br />

Quali gli elementi materiali in base ai quali Holmes si sarebbe potuta formare un’opinione?<br />

Abbiamo già detto che in epoca vittoriana dei dipinti di TGW non restava praticamente traccia.<br />

Pochi ritratti e schizzi si trovavano presso collezioni private: del resto egli non era mai stato par-<br />

67 JENSEN, Jens Byskov, The Avant-garde Sherlock Holmes, The Baker Street Journal, vol. 53 n. 1 (Spring 2003), pp. 13-21.<br />

68 Sir Godfrey Kneller (1646-1723), tedesco di nascita, fu il pittore di corte della monarchia britannica da Giacomo II a Giorgio I e fu il più<br />

grande ritrattista della sua epoca. Sir Joshua Reynolds (1723-1792) fu a sua volta grande ritrattista, fondatore e primo presidente della<br />

Royal Academy.<br />

69 “Art in the blood is liable to take the strangest forms.” [GREE, 435]<br />

70 GINZBURG, Carlo, Spie. Radici di un paradigma indiziario, in: ECO, Umberto, e <strong>Thomas</strong> A. SEBEOK (a cura di), Il segno dei tre: Holmes,<br />

Dupin, Peirce, Milano, Bompiani, 1983.


ticolarmente prolifico. Gli acquerelli dipinti in Tasmania erano anch’essi nelle mani delle famiglie<br />

che li avevano commissionati. Solo in anni recenti, in seguito alla riscoperta di TGW come pittore<br />

“coloniale” e alla rivalutazione delle sue opere in Australia e in Tasmania, alcuni dei suoi quadri<br />

sono stati esposti in mostre pubbliche (due si trovano alla National Gallery of Australia). Dunque<br />

Holmes non ebbe occasione di giudicare direttamente TGW come pittore. Ma poteva benissimo, nel<br />

definirlo “un artista non mediocre” riferirsi alla sua opera di scrittore e critico d’arte. I saggi di<br />

TGW erano stati raccolti in volume già nel 1880 ed è a questo punto inevitabile concludere che<br />

Holmes li avesse letti. Non sappiamo quanto concordasse con i giudizi artistici spensierati e spesso<br />

volubili di TGW; possiamo essere però ragionevolmente certi che riconobbe nelle parole appassionate<br />

del giovane dandy, sotto la patina della vanità esteriore, come già Oscar Wilde, il tono<br />

sincero del vero amante delle cose belle, della grande pittura e della grande letteratura. Quanto basta<br />

per giustificare la sua osservazione rivolta a Sir James Damery e a Watson, contro i facili giudizi di<br />

chi vedeva in TGW soltanto l’assassino e il truffatore, negandone il talento artistico.<br />

Vorrei accennare brevemente ad una ulteriore – e più sottile – plausibile chiave di lettura. È<br />

possibile che Holmes si riferisse anche ad un altro aspetto della personalità di TGW. Da de Quincey<br />

in poi, con il suo famoso saggio Il delitto considerato come una delle belle arti, l’estetica del<br />

crimine – un concetto che nasce nell’ambito del Romanticismo – aveva portato al riconoscimento<br />

del crimine come arte in sé. In questo senso, TGW può a buon diritto essere considerato un artista<br />

del crimine. Andrew Motion cita John Lanchester sottolineando come “il desiderio dell’artista di<br />

lasciare memoria di sé raggiunge una perversa apoteosi nel ‘lavoro compiuto’ dell’assassino […]<br />

Quale prova più irrefutabile di avere vissuto che quella di avere preso una vita umana e averla<br />

rimpiazzata con il niente, con pochi ricordi sbiaditi? 71 ” Il legame tra le teorie Romantiche e i<br />

moventi psicologici dei crimini di TGW può essere solo supposto, non provato. Ma una singolare<br />

coincidenza mi pare suggestiva. TGW non firmò mai alcuna delle sue opere: a Londra perché<br />

riteneva che ciò fosse incompatibile con la sua posizione di gentiluomo (e anche forse nella<br />

convinzione egoistica che le sue opere non necessitassero di firma per essere riconosciute come<br />

frutto della sua personalità) e in Tasmania perché, in quanto deportato, gli era proibito dalla legge.<br />

Analogamente, è chiaro che il delitto è un’opera d’arte che non può essere firmata, sebbene di essa<br />

si possa a volte identificare l’autore in base all’impronta della sua personalità 72 : e infatti TGW non<br />

confessò mai nessuno dei suoi crimini. Ora, se TGW era un artista del crimine, Holmes era il<br />

migliore dei critici d’arte possibili: “Si può identificare un vecchio maestro dalla sua pennellata.<br />

Riconosco un Moriarty quando ne vedo uno. 73 ”<br />

Per concludere, una piccola annotazione sul titolo di questo articolo. “Uno studio in verde” è il<br />

sottotitolo che Oscar Wilde appose al suo saggio Pen, pencil and poison, già più volte citato, che fu<br />

pubblicato sulla “Fortnightly review” nel gennaio del 1889. Viene da chiedersi se lo scrittore<br />

irlandese si fosse ispirato al titolo della prima avventura di Sherlock Holmes, il ben più famoso (ai<br />

nostri giorni) “Uno studio in rosso”. Ma non credo che la prima fatica letteraria di John H. Watson,<br />

allora relativamente oscura, potesse influenzare in questo senso Wilde. Piuttosto, mi sembra più<br />

probabile, e molto significativo, che due dei più grandi uomini di lettere di quel periodo abbiano<br />

avuto indipendentemente la stessa idea: quella di utilizzare il termine tecnico “studio”, mutuato dal<br />

linguaggio della pittura, per battezzare un ritratto d’ambiente e di personalità. Un drammatico caso<br />

umano e criminale per Watson e il suo amico detective (infatti è di Holmes l’idea stessa di usare la<br />

parola “studio” applicata all’indagine criminale. Ma Watson è pronto a cogliere il suggerimento e a<br />

scegliere proprio quell’espressione del suo amico come titolo per il racconto), una critica artistica e<br />

psicologica per Wilde. Sintomo e indizio di una concezione “visiva” della letteratura, e di un approccio<br />

interdisciplinare all’arte, che lo stesso TGW avrebbe caldamente apprezzato. Per citare le<br />

parole di Holmes, “Perché non dovremmo usare un po’ di gergo pittorico? 74 ”<br />

71 LANCHESTER, John, The debt to pleasure, citato in: MOTION, Andrew, <strong>Wainewright</strong> the poisoner, op. cit., p. 173.<br />

72 Questo concetto è alla base del “metodo psicologico” che S.S. Van Dine attribuisce al suo Philo Vance. Vedi VAN DINE, S.S., La strana<br />

morte del signor Benson, Milano, Mondadori, 1988.<br />

73 “You can tell an old master by the sweep of his brush. I can tell a Moriarty when I see one.” [VALL, 866]<br />

74 “Why shouldn’t we use a little art jargon.” [STUD, 36]


Bibliografia<br />

Per tutte le citazioni dal Canone date nel testo la traduzione in italiano è mia e l’originale inglese è<br />

riportato in nota a piè di pagina. Ho utilizzato la versione del sito http://camdenhouse.ignisart.com<br />

con l’annotazione dei numeri di pagina dell’edizione Doubleday, 1929.<br />

ASCARI, Maurizio, “Dealers in poison”: il mito dell’ avvelenatore nell’Ottocento inglese, Linguæ,<br />

1/2006 (www.ledonline.it/linguae/)<br />

BULWER LYTTON, Edward, Lucretia, or: The Children of Night (1846), Project Gutenberg,<br />

http://www.gutenberg.org/etext/7691<br />

CARR, John Dickson, Occhiali neri (The black spectacles, 1939), in: Il delitto perfetto non esiste,<br />

Milano, Mondadori, 1976.<br />

CORNWALL, Barry (pseud. di Bryan Waller PROCTER), Charles Lamb: A memoir (1866),<br />

Project Gutenberg, http://www.gutenberg.org/etext/6166<br />

CURLING, Jonathan, Janus Weathercock; the life of <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> <strong>Wainewright</strong>, 1794-1847,<br />

London, T. Nelson and sons, 1938.<br />

DE QUINCEY, <strong>Thomas</strong>, Biographical Essays (1851), Project Gutenberg,<br />

http://www.gutenberg.org/etext/ 6314<br />

DE QUINCEY, <strong>Thomas</strong>, On murder, considered as one of the fine arts (1839), Project Gutenberg,<br />

http://www.gutenberg.org/etext/10708<br />

DICK, Alex, “Andrew Motion, <strong>Wainewright</strong> the Poisoner” (recensione), Romanticism on the Net,<br />

n. 20, November 2000 (http://www.erudit.org/revue/ ron/2000/v/n20)<br />

DICKENS, Charles, Hunted Down (1859), Project Gutenberg, http://www.gutenberg.org/etext/ 807<br />

MOTION, Andrew, <strong>Wainewright</strong> the poisoner, London, Faber and Faber, 2000.<br />

Poisoning Through The Ages. 14 Nov 2006. (http://<br />

www.portfolio.mvm.ed.ac.uk/studentwebs/session2/group12/index.htm)<br />

STEWART, David, T.G. <strong>Wainewright</strong>’s art criticism and metropolitan magazine style, Romantic<br />

Textualities: Literature and print culture 1780-1840, n. 17 (Summer 2007), pp. 7-23 (http://www.cf.<br />

ac.uk/encap/romtext/articles/rt17_no1.pdf)<br />

WILDE, Oscar, Pen, pencil and poison: a study in green, Fortnightly Review, January 1889<br />

(http://www.online-literature.com/wilde/1308/).<br />

“<strong>Wainewright</strong>, <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> (1794-1847)”. Australian Dictionary of Biography, Volume 2,<br />

Melbourne, Melbourne University Press, 1967, pp. 558-559.<br />

“<strong>Wainewright</strong>, <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> (1794-1847)”. Dictionary of Australian Biography, Sydney,<br />

Angus and Robertson, 1949.<br />

“<strong>Wainewright</strong>, <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> (1794-1852[sic])”. Encyclopædia Britannica, undicesima<br />

edizione, 1911. (http://encyclopedia.jrank.org)<br />

“<strong>Wainewright</strong>, <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> (1794-1852[sic])”. The Dictionary of National Biography,<br />

London, Smith, Elder & Co., 1901.<br />

“<strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> <strong>Wainewright</strong>”. Wikipedia, The Free Encyclopedia, 20 Oct 2006, 04:41 UTC.<br />

(http://en.wikipedia.org/wiki/<strong>Thomas</strong>_<strong>Griffiths</strong>_<strong>Wainewright</strong>)<br />

Altre fonti che non ho potuto consultare, ad alcune delle quali, comunque, si fa riferimento nella<br />

bibliografia qui sopra:<br />

ALLEN, A.G., <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> <strong>Wainewright</strong>, poisoner, in: SECCOMBE, <strong>Thomas</strong> (a cura di),<br />

Lives of twelve bad men, New York, G. P. Putnam’s sons, 1894.


CROSSLAND, Robert, <strong>Wainewright</strong> in Tasmania, Melbourne, G. Cumberlege - Oxford University<br />

Press, 1954.<br />

ELLIS, Havelock, The criminal, New York, Scribner & Welford, 1890.<br />

KENNY, Tom, <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> <strong>Wainewright</strong> in New South Wales, Sydney, J.C. Trenear, 1974.<br />

KENNY, Tom, From an unknown cradle to an unknown grave, <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> <strong>Wainewright</strong>,<br />

Sydney, J.C. Trenear, 1978.<br />

LINDSEY, John, Suburban gentleman; the life of <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong> <strong>Wainewright</strong>, poet, painter, and<br />

poisoner, London, Rich & Cowan, 1942.<br />

NORMAN, Charles, The genteel murder, New York, Macmillan, 1956.<br />

TANI, Cinzia, Nero di Londra, Milano, Mondadori, 2002. Contiene un capitolo su <strong>Wainewright</strong><br />

intitolato “Penna, pennello e veleno”.<br />

WAINEWRIGHT, <strong>Thomas</strong> <strong>Griffiths</strong>, Essays and criticisms (a cura di HAZLITT, William Carew),<br />

London, Reeves and Turner, 1880.<br />

Lavori di fantasia più o meno ispirati alla storia e al personaggio di <strong>Wainewright</strong>, oltre alle già<br />

citate opere di Dickens e Bulwer Lytton, sono:<br />

BLACK, Ladbroke Lionel Day, The prince of poisoners, London, Nicholson & Watson, 1932.<br />

PORTER, Hal, The tilted cross, London, Faber and Faber, 1961.

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