Appunti per lo studio della Genetica - ITAS V.Luparia
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<strong>ITAS</strong> Vincenzo <strong>Luparia</strong><br />
<strong>Appunti</strong> di <strong>Genetica</strong><br />
Prof. Andrea Sacchetti<br />
<strong>ITAS</strong> VINCENZO LUPARIA<br />
2012-2013
<strong>ITAS</strong> Vincenzo <strong>Luparia</strong> – <strong>Appunti</strong> <strong>per</strong> <strong>lo</strong> <strong>studio</strong> <strong>della</strong> <strong>Genetica</strong> – Classe III – A.S. 2012-2013<br />
<strong>Genetica</strong><br />
Geni<br />
I geni sono unità ereditarie che vengono trasmesse alle generazioni successive. Sono <strong>lo</strong>calizzati nel<br />
DNA, esso è combinato con una matrice proteica e forma una nucleoproteina che si struttura in<br />
unità che si co<strong>lo</strong>rano in modo distinto i cromosomi contenuti nel nucleo <strong>della</strong> cellula. Il gene<br />
contiene informazioni codificate <strong>per</strong> la produzione di proteine. Il DNA è una molecola stabile in<br />
grado di duplicarsi. Ogni gene occupa una posizione definita nel cromosoma detto <strong>lo</strong>cus genico.<br />
Mutazioni<br />
In alcune rare occasioni è possibile che si verifichino dei cambiamenti in alcune parti che alterano<br />
le istruzioni codificate e che può dare come risultato una proteina difettosa che viene<br />
immediatamente b<strong>lo</strong>ccata. In altre condizioni il risultato di questo cambiamento è una diversità<br />
nell’aspetto fisico o un particolare attributo misurabile dell’organismo, detto carattere. Qua<strong>lo</strong>ra le<br />
mutazioni modifichino il gene in una forma alternativa esso prende il nome di allele.<br />
Si ritiene che le mutazioni siano fra le cause più importanti dell’evoluzione. Le specie di<br />
pluricellulari oggi viventi, su<strong>per</strong>iori a due milioni, sono derivate da una o da poche specie iniziali in<br />
meno di due miliardi d’anni e si sono probabilmente differenziate in seguito a mutazioni dei geni<br />
strutturali o delle frazioni regolatrici del genoma. Sono stati citati so<strong>lo</strong> i pluricellulari <strong>per</strong>ché la<br />
meiosi è soprattutto di <strong>lo</strong>ro <strong>per</strong>tinenza, ma anche l’evoluzione degli altri esseri viventi dipende<br />
essenzialmente dall’effetto selettivo dell’ambiente su mutazioni occasionali. Le mutazioni sono<br />
eventi rari: si calcola che ne insorga una ogni 10.000-1.000.000 di cellule. È statisticamente<br />
improbabile che una cellula accumuli più di una mutazione. Con la divisione mitotica, altamente<br />
conservativa, occorrono varie generazioni <strong>per</strong>ché una seconda mutazione si instauri nella stessa<br />
linea cellulare. Dal punto di vista evolutivo, la mitosi è quindi un evento poco utile <strong>per</strong> assicurare<br />
l’accumu<strong>lo</strong> di mutazioni. La vasta e rapida fioritura evolutiva degli organismi pluricellulari si deve a<br />
un diverso tipo di divisione, quella meiotica, che si è differenziata dalla mitosi parallelamente ai<br />
fenomeni <strong>della</strong> sessualità. Mediante la riproduzione sessuata, un nuovo organismo origina dalla<br />
fusione di due cellule appartenenti a individui diversi, accumulando così le mutazioni<br />
eventualmente presenti nel genoma dei genitori. Le cellule che si fondono si chiamano gameti e<br />
generalmente provengono da individui di sesso diverso.<br />
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<strong>ITAS</strong> Vincenzo <strong>Luparia</strong> – <strong>Appunti</strong> <strong>per</strong> <strong>lo</strong> <strong>studio</strong> <strong>della</strong> <strong>Genetica</strong> – Classe III – A.S. 2012-2013<br />
Mitosi e meiosi<br />
Cellule dip<strong>lo</strong>idi Cellule i cui nuclei contengono due serie di<br />
cromosomi omo<strong>lo</strong>ghi. Il numero totale di<br />
cromosomi è dip<strong>lo</strong>ide.<br />
Le cellule dip<strong>lo</strong>idi sono dette anche somatiche.<br />
Cellule ap<strong>lo</strong>idi Cellule i cui nuclei possiedono un numero di<br />
cromosomi pari alla metà dei cromosomi tipici<br />
<strong>della</strong> specie. Sono cellule germinali dette<br />
gameti, preposte alla riproduzione sessuata.<br />
Cromosomi omo<strong>lo</strong>ghi Sono due cromosomi <strong>della</strong> stessa coppia uno di<br />
origine materna e uno di origine paterna che<br />
portano informazioni genetiche <strong>per</strong> gli stessi<br />
caratteri<br />
Autosoma - Eterosomi ciascuno dei cromosomi presenti in ogni cellula<br />
a coppie identiche <strong>per</strong> la forma e il numero, e<br />
privi di influenza nella determinazione del<br />
sesso. I cromosomi che determinano il sesso<br />
sono invece detti eterosomi o cromosomi<br />
sessuali (X e Y)<br />
Geni Unità ereditarie che vengono trasmesse da una<br />
generazione a quella successiva<br />
Cromosomi Nucleoproteine co<strong>lo</strong>rabili di DNA<br />
Allele Gene modificato che occupa una particolare<br />
posizione nel cromatide (è uno dei caratteri<br />
ereditari: dominante o recessivo)<br />
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Cic<strong>lo</strong> vitale di una cellula somatica<br />
Il cic<strong>lo</strong> vitale di una cellula somatica è rappresentato dalla Mitosi distinta in quattro momenti: M,<br />
G1, S, G2. La Mitosi è, in sintesi, la duplicazione cellulare delle cellule somatiche di un organismo<br />
pluricellulare che discendono da una cellula originale (zigote). La funzione <strong>della</strong> mitosi è quella di<br />
costruire una copia esatta di ogni cromosoma <strong>della</strong> cellula madre e poi di cederli alle due cellule<br />
figlie. La duplicazione del DNA è resa evidente dai cromosomi, infatti di ogni cromatidio ne viene<br />
riprodotta una copia identica, entrambi sono attaccati <strong>per</strong> mezzo del centromero. Tutte le cellule,<br />
eccettuati i g<strong>lo</strong>buli rossi e le cellule nervose, sono suscettibili di divisione, possono cioè generare,<br />
<strong>per</strong> mitosi, due cellule figlie con le stesse caratteristiche morfo<strong>lo</strong>giche e fisio<strong>lo</strong>giche <strong>della</strong> cellula di<br />
partenza.<br />
Fasi del cic<strong>lo</strong> vitale <strong>della</strong> cellula somatica<br />
Timing<br />
FASI CELLULA VEGETALE CELLULA ANIMALE<br />
Fase G1 1-2 ore 5-10 ore (Variabile da alcuni minuti ad anni)<br />
Fase S 7-10 ore oppure 6-8 ore<br />
Fase G2 2-5 ore<br />
Fase M 1-2 ore<br />
Fase G1<br />
È un a fase di crescita <strong>della</strong> cellula che può durare variabilmente minuti, ore, giorni anni. Nell’arco<br />
delle 24 ore possono avvenire più mitosi cellulari. Il processo mitotico ha <strong>lo</strong> scopo di aumentare<br />
delle cellule senza variare le potenzialità ereditarie. Il generale la durata <strong>della</strong> mitosi rappresenta<br />
un 5-10% del tempo relativo il cic<strong>lo</strong> vitale <strong>della</strong> cellula somatica. La fase G1 è un <strong>per</strong>iodo di<br />
accrescimento dei materiali citoplasmatici (organelli). Vengono anche prodotte sostanze (enzimi o<br />
proteine) che possono inibire o stimolare la fase S. La fase G1 è caratterizzata da elevata sintesi<br />
proteica, regolata dall’attività dei geni. Ogni gene sintetizza una molecola di RNA che ha il compito<br />
essenziale di trasmettere al citoplasma le informazioni necessarie alla proteosintesi, da cui il nome<br />
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di RNA messaggero dato a questa molecola. Durante la fase G1 la sintesi di RNA messaggero<br />
assicura la produzione delle proteine necessarie alla crescita <strong>della</strong> cellula e il DNA responsabile<br />
<strong>della</strong> sintesi di tale RNA è contenuto nell’eucromatina.<br />
Fase S<br />
Viene duplicato il DNA e sintetizzate le proteine utili ai processi di mitosi.<br />
Fase G2<br />
Vengono preparate le strutture necessarie alla Mitosi come fibre e fuso.<br />
Fattori <strong>della</strong> crescita cellulare<br />
o Dipendenza dall’ancoraggio: le cellule <strong>per</strong> crescere hanno bisogno di avere continuità<br />
rispetto un substrato solido. In questo modo non si dis<strong>per</strong>dono nei fluidi.<br />
o Inibizione da contatto: le cellule non si duplicano se raggiungono un contatto tra <strong>lo</strong>ro. Ad<br />
esempio nella sutura dei tessuti non sopraccrescono quando rimarginano la ferita.<br />
o Fattori di crescita: sono rappresentati dalle interleuchine e dalle eritropoietine.<br />
Le interleuchine sono favorite da i g<strong>lo</strong>buli bianchi, assieme alle piastrine <strong>per</strong> una rapida<br />
ricostruzione dei tessuti. Le eritropoietine dispongono ad un aumento <strong>della</strong> produzione dei<br />
g<strong>lo</strong>buli rossi stimolando il midol<strong>lo</strong> osseo.<br />
Mitosi<br />
Timing<br />
Profase 10-15 minuti<br />
Metafase 25-30 minuti<br />
Anafase 5-8 minuti<br />
Te<strong>lo</strong>fase 20 minuti<br />
Profase<br />
La cromatina si organizza mediante proteine specifiche (istoni) a formare cromosomi che<br />
diventano visibili al microscopio. Al termine si strutturano i due cromatidi identici. A livel<strong>lo</strong><br />
nucleare: ogni cromosoma si avvicina all’involucro nucleare lasciando vuoto uno spazio centro<br />
nucleare. Il nucleo<strong>lo</strong> si riduce, fino a scomparire completamente, e il suo DNA si trova associato a<br />
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una costrizione secondaria del cromosoma. Nel frattempo l’involucro nucleare si frammenta in<br />
piccole vescicole. A livel<strong>lo</strong> citoplasmatico: Il centrosoma, <strong>lo</strong>calizzato a uno dei poli nucleari, è<br />
immerso in una sostanza densa, detta materiale <strong>per</strong>icentriolare. Dal centrosoma si differenziano<br />
due procentrioli, uno <strong>per</strong> ciascun centrio<strong>lo</strong>, con asse <strong>per</strong>pendicolare all’estremità di ogni centrio<strong>lo</strong>.<br />
Si formano così due dip<strong>lo</strong>somi, circondati dal materiale <strong>per</strong>icentriolare. Ogni complesso centriolare,<br />
costituito da dip<strong>lo</strong>soma + materiale centriolare, dà origine a microtubuli disposti a raggiera intorno<br />
a ciascun complesso. Tali microtubuli, con l’insieme dip<strong>lo</strong>soma-materiale <strong>per</strong>icentriolare,<br />
costituiscono l’aster. Si formano così due aster che migrano in direzione opposta rispetto ai poli<br />
del nucleo, mentre i microtubuli dei complessi centriolari si allungano. A metà <strong>della</strong> profase gli<br />
aster vengono a trovarsi in posizione opposta rispetto al nucleo. Il fuso è formato da due gruppi di<br />
microtubuli: le fibre polari che uniscono i poli del fuso e le fibre cinetocore che si attaccano ai<br />
cinetocori dei cromosomi duplicati e li trasportano ai poli. I cinetocori sono sostanze proteiche che<br />
scorrono a consolidare il centromero. L’insieme delle fibre polari e di quelle cinetocore formano<br />
l’aster.<br />
Metafase<br />
I cromosomi si dispongono sul piano equatoriale, sostenuti da una serie di fibrille tensili<br />
(microtubuli)<br />
Anafase<br />
I cromatidi che formano i cromosomi si separano e si dirigono verso i poli del fuso che si allunga<br />
ulteriormente in modo da facilitare la suddivisione. I cromosomi metacentrici assumono la forma a<br />
V, quelli sub-metacentrici a forma J e quelli te<strong>lo</strong>centrici a forma di bastoncino. Piu i cromatidi si<br />
avvicinano ai poli più si accorciano le fibre tensili.<br />
Te<strong>lo</strong>fase<br />
La te<strong>lo</strong>fase ha inizio quando termina la migrazione dei cromosomi. Ai poli <strong>della</strong> cellula i cromosomi<br />
si riuniscono a ventaglio in una massa compatta e prende il via la ricostituzione del nucleo. I<br />
cromosomi diventano meno compatti in quanto si despiralizzano, si ricostituisce l’involucro<br />
nucleare con l’intervento del retico<strong>lo</strong> endoplasmatico che, durante la mitosi, si presenta sotto<br />
forma di vescicole situate all’esterno del fuso. Alla fine di questo <strong>per</strong>iodo ricompaiono i nucleoli<br />
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<strong>ITAS</strong> Vincenzo <strong>Luparia</strong> – <strong>Appunti</strong> <strong>per</strong> <strong>lo</strong> <strong>studio</strong> <strong>della</strong> <strong>Genetica</strong> – Classe III – A.S. 2012-2013<br />
grazie agli organizzatori nucleolari di alcuni cromosomi. Al termine il fuso scompare e si forma il<br />
nucleo e il nucleo<strong>lo</strong>.<br />
La citodieresi avviene a livel<strong>lo</strong> <strong>della</strong> piastra equatoriale. Le fibre tensili, strozzano la cellula fino a<br />
dividerla, la membrana neo formata, che separa le due cellule figlie, va a strozzare il fuso. I<br />
mitocondri si suddividono a caso fra le due cellule figlie e le cellule si separano. È terminata così la<br />
te<strong>lo</strong>fase.<br />
NB. Nelle cellule vegetali, i costituenti <strong>della</strong> piastra equatoriale sono vescicole liquide che si<br />
fondono tra <strong>lo</strong>ro attorno le fibre del fuso. Terminata la te<strong>lo</strong>fase, la piastra cellulare assume il ruo<strong>lo</strong><br />
di strato lamellare mediano, costituito da pectina, una proteina polisaccaride, la cui funzione è<br />
quella di cementificare <strong>lo</strong> spazio tra una cellula e l'altra, tenendole unite e dando croccantezza al<br />
tessuto vegetale. Successivamente si forma una parete cellulare primaria composta da cellu<strong>lo</strong>sa<br />
prodotta dall’Apparato di Golgi. Più tardi la crescita cellulare fornirà la lignina <strong>per</strong> l’irrobustimento<br />
del fusto vegetale, anch’essa prodotta dall’ dall’Apparato di Golgi.<br />
Meiosi<br />
La riproduzione sessuale richiede la produzione di gameti (gametogenesi) e la <strong>lo</strong>ro unione<br />
(fecondazione). La gametogenesi avviene nelle gonadi. La meiosi porta alla formazione di gameti<br />
ap<strong>lo</strong>idi a partire da cellule dip<strong>lo</strong>idi. Presenta una sola fase S di sintesi del DNA, seguita da due<br />
divisioni nucleari consecutive, <strong>per</strong> cui dalla cellula dip<strong>lo</strong>ide di partenza si formano, in due tappe,<br />
quattro gameti ap<strong>lo</strong>idi.<br />
Fasi <strong>della</strong> meiosi<br />
Interfase - Fase S<br />
Viene duplicato tutto il DNA. La duplicazione del DNA è di<br />
tipo semiconservativo. La replicazione ha un orientamento<br />
e inizia in un punto particolare, detto sito d’inizio. I<br />
filamenti originali si separano dove avviene la sintesi di due<br />
nuovi filamenti, e rimangono uniti in due punti, detti punti<br />
di biforcazione. La zona nella quale i filamenti si presentano<br />
separati è detta occhiel<strong>lo</strong> di replicazione. Le due eliche di<br />
DNA originale (parentale) si svolgono a una ve<strong>lo</strong>cità che<br />
su<strong>per</strong>a i 10.000 avvolgimenti/min. Il cromosoma contiene<br />
300.000 spire e la replicazione avviene in 30 minuti. La<br />
despiralizzazione dipende dall’enzima elicasi. Proteine<br />
destabilizzatrici <strong>per</strong>mettono ai due filamenti di rimanere<br />
separati in corrispondenza dell’occhiel<strong>lo</strong> di replicazione. In<br />
questo modo al termine dell’Interfase il materiale<br />
cromosomico è doppio e può essere diviso<br />
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Prima fase (divisione) meiotica<br />
L’evento fondamentale <strong>della</strong> prima divisione meiotica è la distribuzione dei due cromosomi di<br />
ciascuna coppia di omo<strong>lo</strong>ghi nelle due cellule figlie derivanti dalla cellula originaria. Si ottengono<br />
due cellule ciascuna con un patrimonio genetico ap<strong>lo</strong>ide, ovvero di un so<strong>lo</strong> cromosoma <strong>per</strong> tipo.<br />
Profase I<br />
La cromatina presente nel nucleo, si condensa, in modo da formare i cromosomi. I cromatidi<br />
derivano da un processo di duplicazione del DNA; <strong>per</strong>tanto, ciascuno è geneticamente identico<br />
all’altro. In questa fase, possono avvenire scambi di frammenti di cromosoma tra i cromatidi dei<br />
due cromosomi omo<strong>lo</strong>ghi, fenomeno che prende il nome di crossing-over (nella figura si vede <strong>lo</strong><br />
scambio di porzioni di DNA) e di fondamentale importanza <strong>per</strong> il mantenimento <strong>della</strong> variabilità<br />
genetica tra individui <strong>della</strong> stessa specie. La membrana che avvolge il nucleo si disgrega.<br />
Si forma un fascio di microtubuli proteici (fuso), che si estende da un po<strong>lo</strong> all’altro <strong>della</strong> cellula e le<br />
cui due estremità fanno capo a due coppie di organuli, detti centrioli.<br />
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Metafase I<br />
I cromosomi omo<strong>lo</strong>ghi si dispongono simmetricamente lungo una immaginaria linea equatoriale,<br />
trasversale rispetto al fuso. In tal modo, ciascuna è rivolta verso uno dei due poli <strong>della</strong> cellula.<br />
Anafase I<br />
I cromosomi omo<strong>lo</strong>ghi si dispongono simmetricamente lungo una immaginaria linea equatoriale,<br />
trasversale rispetto al fuso. In tal modo, ciascuna è rivolta verso uno dei due poli <strong>della</strong> cellula.<br />
Te<strong>lo</strong>fase I<br />
Ai due poli <strong>della</strong> cellula madre si formano due agg<strong>lo</strong>merati di cromosomi ap<strong>lo</strong>idi, in cui è presente<br />
un so<strong>lo</strong> cromosoma <strong>per</strong> ciascun tipo. I cromosomi sono ancora al<strong>lo</strong> stadio di tetrade. Il citoplasma<br />
delle due cellule si ripartisce e avviene la citodieresi. Le fibre del fuso si disgregano; i cromosomi si<br />
despiralizzano.<br />
Seconda fase (divisione) meiotica<br />
La seconda divisione meiotica è una mitosi, i cromatidi di ciascun cromosoma si separano e si<br />
ripartiscono in due cellule figlie. Le due cellule che ne derivano risultano anch’esse ap<strong>lo</strong>idi.<br />
Profase II<br />
La cromatina si condensa nuovamente, in modo che si possono osservare i cromosomi, formati da<br />
due cromatidi uniti dal centromero. Si forma nuovamente il fuso di microtubuli.<br />
Metafase II<br />
I cromosomi si dispongono su una linea equatoriale in modo che ciascun cromatidio sia rivolto<br />
verso uno dei due poli <strong>della</strong> cellula. I centromeri prendono contatto con le fibre.<br />
Anafase II<br />
I cromatidi migrano ciascuno verso un po<strong>lo</strong> <strong>della</strong> cellula, spostandosi verso le fibre del fuso.<br />
Te<strong>lo</strong>fase II<br />
Ai poli <strong>della</strong> cellula, si formano due aggregati di cromatidi. Le fibre del fuso si disgregano, i<br />
cromatidi cominciano a decondensarsi, e si forma infine una membrana nucleare. Il citoplasma<br />
<strong>della</strong> cellula si ripartisce in due, così da portare alla formazione di due cellule figlie ap<strong>lo</strong>idi.<br />
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Formazione degli s<strong>per</strong>matozoi – s<strong>per</strong>matogenesi<br />
Dalla membrana del tubo seminifero si forma <strong>lo</strong> s<strong>per</strong>matogonio una cellula speciale dip<strong>lo</strong>ide che<br />
darà origine al<strong>lo</strong> s<strong>per</strong>matocita dip<strong>lo</strong>ide. La sua divisione meiotica produce un secondo<br />
s<strong>per</strong>matocita <strong>per</strong>ò ap<strong>lo</strong>ide. La meiosi produce una nuova divisione da due a quattro unità cellulari<br />
dette s<strong>per</strong>matidi sempre ap<strong>lo</strong>idi la <strong>lo</strong>ro maturazione, nella quale si forma il flagel<strong>lo</strong>, darà origine<br />
al<strong>lo</strong> s<strong>per</strong>matozoo.<br />
Formazione degli ovuli – oogenesi<br />
Nell’ovaia a seguito di numerosi mitosi da una cellula primaria si origina un follico<strong>lo</strong> che mediante<br />
la meiosi da origine ad una cellula uovo: l’oogonio. Quando inizia la meiosi si forma un oocita<br />
primario dip<strong>lo</strong>ide il quale si suddivide in due oociti secondari. A questo punto <strong>per</strong> successiva<br />
divisione che darà origine a quattro unità si forma un ootidio che darà forma all’uovo da fecondare<br />
e tre g<strong>lo</strong>buli polari (uno primario due secondari) che risulteranno sterili causa la mancanza di<br />
sufficienti risorse nutritive (albume).<br />
Oogenesi e s<strong>per</strong>matogenesi 1<br />
A-C appaiamento dei<br />
cromosomi e crossing-over<br />
D-E prima divisione meiotica<br />
che termina con la te<strong>lo</strong>fase 1ª<br />
Oogenesi e s<strong>per</strong>matogenesi 2<br />
F prodotti <strong>della</strong> prima divisione<br />
meiotica che stanno<br />
separandosi<br />
G prodotti <strong>della</strong> seconda<br />
divisione meiotica<br />
H risultato finale <strong>della</strong> meiosi:<br />
nella femmina si ottengono un<br />
uovo e 3 corpuscoli polari il<br />
maschio produce quattro<br />
s<strong>per</strong>matozoi.<br />
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Significato delle Meiosi<br />
1<br />
La meiosi produce cellule con un numero di cromosomi dimezzato rispetto alla cellula dip<strong>lo</strong>ide che<br />
è andata incontro a un cic<strong>lo</strong> meiotico, poiché due divisioni cellulari fanno seguito a un so<strong>lo</strong> cic<strong>lo</strong> di<br />
replicazione del DNA durante la fase S. La fusione dei nuclei ap<strong>lo</strong>idi, chiamata fecondazione o<br />
singamia, ristabilisce il numero dip<strong>lo</strong>ide. Negli organismi a riproduzione sessuale il numero<br />
cromosomico viene mantenuto attraverso un cic<strong>lo</strong> di meiosi e di fecondazione.<br />
2<br />
Nella metafase 1ª <strong>della</strong> meiosi 1ª ogni cromosoma di origine materna o paterna ha le stesse<br />
probabilità di allinearsi da una parte o dall’altra <strong>della</strong> piastra equatoriale metafasica. Per questo<br />
motivo ogni nucleo prodotto <strong>per</strong> meiosi sarà costituito da cromosomi di origine paterna e da<br />
cromosomi di origine materna. Il numero delle possibili combinazioni cromosomiche è grande,<br />
specialmente quando il numero cromosomico <strong>della</strong> specie è elevato. La formula generale afferma<br />
che il numero di combinazioni possibili cui possono andare incontro i cromosomi è uguale a 2n-1,<br />
dove n è il numero di coppie di cromosomi omo<strong>lo</strong>ghi. In Drosofila, che ha 4 coppie di cromosomi, il<br />
numero di combinazioni possibili e pari a 23 cioè 8; nell’uomo, che ha 23 coppie di cromosomi,<br />
sono possibili oltre 4 milioni di combinazioni sulla piastra metafasica. Poiché esistono molte<br />
differenze geniche tra i cromosomi di origine materna e quelli di origine paterna, i nuclei prodotti<br />
<strong>per</strong> meiosi saranno molto diversi sia da quelli <strong>della</strong> cellula genitrice che tra di <strong>lo</strong>ro.<br />
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Studio <strong>della</strong> genetica<br />
Lo <strong>studio</strong> <strong>della</strong> genetica si è sviluppato in tre direzioni:<br />
- <strong>lo</strong> <strong>studio</strong> statistico <strong>della</strong> trasmissione dei caratteri;<br />
- il comportamento dei cromosomi nel corso <strong>della</strong> divisione cellulare;<br />
- <strong>lo</strong> <strong>studio</strong> biochimico delle molecole che intervengono nella trasmissione dei caratteri.<br />
Mendel<br />
Mendel, Gregor Johann (Hynčice, Moravia 1822 - Brno 1884), monaco e bio<strong>lo</strong>go moravo, noto <strong>per</strong> gli es<strong>per</strong>imenti che<br />
hanno gettato le basi <strong>della</strong> moderna teoria dell'ereditarietà. Nato in una famiglia contadina, nel 1847 intraprese la<br />
carriera ecclesiastica entrando nel monastero agostiniano di Brno. Tra le altre discipline, approfondì in modo<br />
particolare <strong>lo</strong> <strong>studio</strong> dell'agricoltura e <strong>della</strong> botanica. Le sue ricerche sulla variazione, l'ereditarietà, e l'evoluzione dei<br />
caratteri delle piante di pisel<strong>lo</strong> sfociarono nell'enunciazione di due principi generali, oggi conosciuti come leggi di<br />
Mendel. Per primo introdusse i due termini dominante e recessivo, riferiti alle modalità di trasmissione e di<br />
espressione dei geni.<br />
Johann Mendel nacque in una famiglia di lingua tedesca a Heinzendorf, in Slesia, oggi Hynčice in Repubblica Ceca ma<br />
al<strong>lo</strong>ra parte dell'Im<strong>per</strong>o austriaco. Durante la sua infanzia lavorò come giardiniere, e frequentò l'Istituto Fi<strong>lo</strong>sofico di<br />
Olmütz. Nel 1843 entrò nell'abazia agostiniana di San Tommaso a Brünn (oggi Brno), ed assunse il nome Gregor al suo<br />
ingresso nella vita monastica. Nel 1851 fu inviato all'Università di Vienna <strong>per</strong> studiare, e tornò nell'abazia come<br />
professore, principalmente di fisica, nel 1853. Gregor Mendel, oggi conosciuto un po' impropriamente come "padre<br />
<strong>della</strong> genetica moderna" coltivò e analizzò circa 28.000 piante di piselli; i suoi es<strong>per</strong>imenti portarono a due<br />
generalizzazioni che divennero in seguito famose come Leggi dell'Ereditarietà di Mendel. Mendel lesse la sua ricerca,<br />
Es<strong>per</strong>imenti sugli ibridi vegetali, in due riunioni <strong>della</strong> Società di Storia Naturale di Brünn in Moravia nel 1865, ma alla<br />
sua pubblicazione nel 1866 nella rivista <strong>della</strong> Società ebbe uno scarsissimo impatto di pubblico, e fu citato so<strong>lo</strong> tre<br />
volte in più di trentacinque anni, ricevendo inoltre innumerevoli critiche. Ordinato abate nel 1868, il suo lavoro<br />
scientifico <strong>per</strong> <strong>lo</strong> più cessò, essendo Mendel oberato dalle crescenti responsabilità amministrative, in particolare <strong>per</strong><br />
una disputa con il governo civile che cercava di imporre tasse speciali sulle istituzioni religiose. Il lavoro di Mendel<br />
continuò ad essere ignorato o contestato dalla comunità scientifica, che al<strong>lo</strong>ra sosteneva la pangenesi (su cui si<br />
basava tra gli altri il lavoro di Charles Darwin) fino a ben oltre la sua morte, che avvenne <strong>per</strong> nefrite cronica nella sua<br />
Brünn (Brno).<br />
Mendel studia l’eredità di un so<strong>lo</strong> carattere ereditario<br />
Riesce ad isolare un so<strong>lo</strong> carattere e a studiare come si trasmette alle generazioni figliali. Il co<strong>lo</strong>re<br />
di un fiore di pisel<strong>lo</strong> può essere rosso oppure bianco. Dopo alcuni isolamenti selettivi ottiene il<br />
co<strong>lo</strong>re rosso puro e può procedere alla fecondazione con il fiore bianco.<br />
P fiore rosso x fiore bianco<br />
F1 (prima generazione) tutti i fiori sono rossi 4/4 fiori rossi<br />
La spiegazione è che il carattere “fiore rosso” è dominante mentre il carattere “fiore bianco è<br />
recessivo”.<br />
P2 Fiore rosso x fiore rosso (ibridi)<br />
F2 (seconda generazione) Fiori rossi e fiori bianchi ¾ fiore rosso ¼ fiore bianco<br />
Riprova con due ibridi e riscontra la presenza di ¾ di fiori rossi e ¼ di fiori bianchi. I fiori rossi sono<br />
a <strong>lo</strong>ro volta ¼ di linea pura e 2/4 ibridi.<br />
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Al termine di queste prove stabilisce che:<br />
Legge <strong>della</strong> dominanza (o legge <strong>della</strong> omogeneità di fenotipo): incrociando due individui che<br />
differiscono <strong>per</strong> un so<strong>lo</strong> carattere puro si ottengono individui in cui si manifesta so<strong>lo</strong> uno dei due<br />
caratteri (detto dominante) mentre l'altro (detto recessivo) rimane latente. Questo significa che, in<br />
ogni caso, nella generazione successiva uno dei caratteri antagonisti non si manifesta mai nel<br />
fenotipo.<br />
Deduzione importante <strong>per</strong> la genetica intuita da Mendel<br />
- una caratteristica fenotipica è dovuta alla presenza di un gene<br />
- <strong>per</strong> ciascun carattere (gene) esiste una coppia di fattori che ne determina la variante fenotipica,<br />
le due forme alternative sono dette alleli.<br />
Gli alleli<br />
GENE<br />
Co<strong>lo</strong>re dei fiori<br />
Alleli uguali dominanti (AA) Omozigote dominante<br />
Alleli uguali recessivi (aa) Omozigote recessivo<br />
Alleli diversi (Aa) Eterozigote<br />
Mendel dopo queste osservazioni e prove stabilisce che<br />
Legge <strong>della</strong> segregazione (o legge <strong>della</strong> disgiunzione): incrociando tra <strong>lo</strong>ro due individui <strong>della</strong> prima<br />
generazione si ottiene una progenie in cui i caratteri parentali si manifestano secondo questi<br />
rapporti: un quarto dei discendenti presenta il carattere di un progenitore; un quarto quel<strong>lo</strong><br />
dell'altro, e la restante metà è costituita da ibridi.<br />
In pratica gli alleli dominanti e quelli recessivi non si mischiano tra <strong>lo</strong>ro ma rimangono separati.<br />
Esiste <strong>per</strong>ò una situazione detta codominanza nella quale <strong>per</strong> uno stesso gene esistono più di due<br />
alleli (alleli multipli). La ricombinazione di tali alleli restituisce una dominanza incompleta che<br />
difatti mischia i caratteri fenotipici (co<strong>lo</strong>re delle pelle, altezza, ecc.)<br />
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ALLELE<br />
Co<strong>lo</strong>re rosso<br />
ALLELE<br />
Co<strong>lo</strong>re bianco<br />
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Mendel studia l’eredità due caratteri ereditari<br />
Mendel studia la combinazione dei seguenti caratteri di linea pura:<br />
1. forma del seme: liscio o rugoso;<br />
2. co<strong>lo</strong>re del seme: gial<strong>lo</strong> o verde;<br />
3. posizione del fiore: assiale o terminale;<br />
4. co<strong>lo</strong>re del fiore: porpora o bianco;<br />
5. forma del baccel<strong>lo</strong>: rigonfio o grinzoso;<br />
6. co<strong>lo</strong>re del baccel<strong>lo</strong>: verde o gial<strong>lo</strong>;<br />
7. altezza del fusto: alto o basso.<br />
La prima osservazione che effettua è sulla trasmissione di due caratteri contemporaneamente:<br />
pianta con semi gialli lisci e pianta con semi verdi rugosi<br />
P Semi gialli lisci<br />
GGLL<br />
Semi verdi rugosi<br />
vvrr<br />
F1 Semi gialli e lisci 16/16<br />
F2 Semi gialli lisci<br />
9/16<br />
Semi gialli rugosi<br />
3/16<br />
Semi verdi lisci<br />
3/16<br />
Semi verdi rugosi<br />
1/16<br />
Ottenendo tali risultati Mendel pensò che i caratteri si fossero separati durante la <strong>lo</strong>ro<br />
trasmissione nella generazione figliale. Ciò significa che gli alleli possono separarsi e vanno in<br />
eredità in maniera indipendente.<br />
Mendel dopo queste osservazioni e prove stabilisce che:<br />
Legge di indipendenza dei caratteri: in un incrocio, prendendo in considerazione due coppie di<br />
caratteri alla volta, ad esempio incrociando piselli a semi gialli e lisci con altri a semi verdi e<br />
grinzosi, si ottiene una prima generazione costituita interamente da piselli gialli e lisci, essendo<br />
questi caratteri dominanti. Incrociando poi tra <strong>lo</strong>ro questi individui si ottiene una seconda<br />
generazione costituita da 9/16 di piselli gialli e lisci, 3/16 di piselli gialli e grinzosi, 3/16 di piselli<br />
verdi e lisci, 1/16 di piselli verdi e grinzosi. Questa legge è <strong>per</strong>fettamente valida <strong>per</strong> geni di<br />
cromosomi differenti mentre è so<strong>lo</strong> in parte verificata <strong>per</strong> i geni del<strong>lo</strong> stesso cromosoma.<br />
Approfondimenti<br />
Test - cross<br />
Applicando quanto studiato da Mendel e possibile stabilire il genotipo dei discendenti e, in ambito<br />
botanico, avviare la selezioni dei caratteri sia essi dominanti cercando di stabilizzarli, sia<br />
individuare quelli recessivi ed isolarli. Al<strong>lo</strong> scopo si effettua il test-cross un metodo di incrocio tra<br />
un ibrido e un omozigote recessivo. Nell’esempio viene illustrato come definire il genotipo di un<br />
fiore che ha co<strong>lo</strong>re dominante (viola). Per stabilir<strong>lo</strong> bisogna forzare l’impollinazione con un fiore<br />
<strong>della</strong> stessa specie ma con co<strong>lo</strong>re recessivo. I risultati svelano le due possibili alternative: il fiore<br />
era ibrido oppure era omozigote dominante.<br />
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Dominanza incompleta<br />
Molte volte in natura le combinazioni alleliche delle varietà di una stessa specie, non restituiscono<br />
so<strong>lo</strong> omozigoti dominanti e recessivi, ma anche ibridi nei quali le proprietà alleliche non<br />
prevalgono le une sulle altre. Si ottengono ad esempio ibridi i cui co<strong>lo</strong>ri dei fiori sono mischiati.<br />
Nell’esempio dell’immagine, un fiore rosso omozigote dominante ed uno bianco omozigote<br />
recessivo danno origine ad un fiore di co<strong>lo</strong>re rosa.<br />
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Codominanza – Alleli multipli<br />
Se nel caso <strong>della</strong> dominanza incompleta l’eterozigote (ibrido) mostra che gli alleli non prevalgono<br />
l’uno sull’altro, nella codominanza avviene che gli alleli omozigoti mostrino entrambi i caratteri nel<br />
fenotipo dell’eterozigote. Un esempio è la base genetica dei gruppi sanguigni (vedi figura) ma non<br />
bisogna dimenticare che le prime osservazioni sul fenomeno sono state fatte nelle piante - una<br />
serie di co<strong>lo</strong>ri del tuto<strong>lo</strong> (l'asse su cui si formano le cariossidi <strong>della</strong> spiga) e del <strong>per</strong>icarpo (il tessuto<br />
ovarico che circonda le cariossidi) nel granturco (Zea mais). In questi tessuti le varie gradazioni e<br />
combinazioni di antocianine rosse sono tutte ereditate come caratteristiche alternative, con la<br />
presenza del pigmento e <strong>della</strong> gradazione più marcata dominanti nei confronti <strong>della</strong> assenza di<br />
pigmento o <strong>della</strong> gradazione più chiara.<br />
Epistasi<br />
È un fenomeno <strong>per</strong> il quale<br />
un carattere fenotipico è<br />
influenzato da due geni<br />
differenti <strong>per</strong>ciò la forma che<br />
appare può essere del tutto<br />
nuova, vista la possibile<br />
interazione tra i vari alleli. Un<br />
esempio il co<strong>lo</strong>re del<br />
grappo<strong>lo</strong> d’uva.<br />
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Poligenia<br />
Alcuni caratteri fenotipici sono il risultati di una combinazione di molti geni, <strong>per</strong> cui il risultato è<br />
una grande mescolanza tra le <strong>lo</strong>ro caratteristiche. Riguardano prevalentemente le dimensioni, i<br />
co<strong>lo</strong>ri, le forme di particolari organi nel <strong>lo</strong>ro complesso. Ciò è molto importante <strong>per</strong> l’adattamento<br />
all’ambiente e non è facile isolare il pool più ristretto di geni in modo da ottenere omozigoti.<br />
Pleiotropia<br />
Un fenomeno ancora particolare è come un singo<strong>lo</strong><br />
gene possa modificare anche più caratteristiche<br />
qual’ora derivino da una stessa funzione proteica.<br />
Un esempio è l’Arabetta comune (Arabidopsis<br />
thaliana) <strong>per</strong> la quale un singo<strong>lo</strong> gene determina la<br />
variazione morfo<strong>lo</strong>gica <strong>della</strong> piantina.<br />
La mitosi in pratica: metodi di riproduzione agamica<br />
Riproduzione <strong>per</strong> talea<br />
È un sistema <strong>per</strong> la riproduzione di piante che ne generano altre partendo da una <strong>lo</strong>ro parte. Si<br />
utilizzano talee grandi <strong>per</strong> evitare che esauriscano le sostanze di riserva:<br />
- foglie<br />
- rami<br />
- tuberi<br />
- rizomi<br />
La tecnica <strong>della</strong> talea richiede:<br />
- buona illuminazione (non esporre a luce diretta)<br />
- tem<strong>per</strong>atura costante (15-20°C)<br />
- umidità molto elevata.<br />
Il substrato di radicazione è un elemento molto importante <strong>per</strong> la radicazione delle talee:<br />
necessitano di un terreno leggero, ben arieggiato, e che possibilmente trattenga un poco di<br />
umidità; in genere si utilizza un miscuglio costituito da sabbia di fiume lavata e torba ben<br />
sminuzzata, a cui si aggiunge una piccola parte di <strong>per</strong>lite, <strong>per</strong> aumentare l'aerazione; <strong>per</strong><br />
mantenere l'umidità è anche consigliabile mescolare al terriccio un 15-20% di vermiculite o di<br />
corteccia di pino molto fine. Per evitare <strong>lo</strong> sviluppo di muffe è consigliabile sterilizzare il terreno,<br />
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con vapore o in forno, a 100-120°C <strong>per</strong> alcuni minuti. Le porzioni di pianta vanno interrate di alcuni<br />
centimetri, premendo con delicatezza La terra intorno alla base; le talee di foglia si appoggiano<br />
semplicemente sul substrato di radicazione.<br />
Il substrato di radicazione va mantenuto costantemente umido, evitando che asciughi troppo o<br />
che rimanga eccessivamente inzuppato d'acqua, se è possibile andrebbe vaporizzato regolarmente,<br />
almeno due volte al giorno. E' molto importante anche mantenere un'elevata umidità ambientale,<br />
nel caso di poche talee è consigliabile chiudere i contenitori un in sacchetto di plastica trasparente,<br />
in questo caso <strong>per</strong>ò sarà bene monitorare l'eventuale sviluppo di malattie fungine. I contenitori di<br />
taleaggio vanno conservati in luogo luminoso, ma non direttamente esposto ai raggi solari, e<br />
riparato dal freddo e dal caldo eccessivo. In inverno è sufficiente porre le talee in serra fredda; in<br />
primavera e in estate vanno tenute in luogo ombreggiato e ben ventilato. Le nuove piante<br />
ottenute <strong>per</strong> talea andranno coltivate in contenitore <strong>per</strong> almeno due anni prima di poter essere<br />
messe a dimora; le talee di piante erbacee, di <strong>per</strong>enni e di piante vivaci, una volta radicate, si<br />
possono porre a dimora non appena il clima <strong>lo</strong> consente<br />
Riproduzione <strong>per</strong> propaggine<br />
Consiste nel mettere parti di fusto a contatto con il terreno in modo che gettino delle radici, in<br />
seguito è possibile recidere il ramo dalla pianta. E’ un metodo di moltiplicazione vegetativa con cui<br />
si fa radicare un fusto ancora attaccato alla pianta madre. Alcune piante hanno la tendenza ad<br />
emettere radici nel punto in cui un ramo tocca il terreno. Questa tendenza è comune sia a piante<br />
legnose che a piante erbacee. Come in tutti i metodi di propagazione la pianta madre deve essere<br />
sana, ben concimata e vigorosa. Questo sistema di radicazione è molto valido sulle piante radicanti<br />
o sarmentose, radicano molto ve<strong>lo</strong>cemente, i garofani radicano in un mese o poco più <strong>lo</strong> stesso<br />
dicasi <strong>per</strong> Clemantis, lamponi, vite americana ecc. Si può usare in campo bonsaistico <strong>per</strong> far<br />
radicare ginepri (un paio di anni) o altro. Il vantaggio consiste nel poter lavorare la pianta mentre<br />
sta radicando. Applicando questo sistema si possono ottenere bonsai a zattera.<br />
Riproduzione <strong>per</strong> margotta<br />
Si tratta di una tecnica che agevola l'emissione di radici in porzioni di ramo anche a parecchia<br />
distanza da terra, mettendo<strong>lo</strong> a contatto, grazie ad un apposito recipiente, con un substrato<br />
umido. Prima di tutto occorre partire da materiale in buone condizioni ed o<strong>per</strong>are durante il<br />
<strong>per</strong>iodo di massima crescita. Anche se esistono diverse tecniche, il metodo più usato è quel<strong>lo</strong> di<br />
scortecciare un anel<strong>lo</strong> del tronco, avendo cura di arrivare fino al legno, togliendo cioè, la parte del<br />
cambio, grattando via quel<strong>lo</strong> strato di pelle umida che separa il legno dalla corteccia. Effettuata<br />
questa importante o<strong>per</strong>azione, è buona norma anche se non indispensabile, applicare degli<br />
ormoni radicanti che favoriscono appunto l’emissione di radici dalla parte su<strong>per</strong>iore dell’incisione.<br />
Si avvolge poi con del muschio o <strong>della</strong> torba e si chiude con un sacchetto di plastica fissato alle<br />
estremità con del fi<strong>lo</strong> di rame. E’ molto importante mantenere umida la margotta <strong>per</strong> il tempo<br />
necessario alla formazione delle radici; <strong>per</strong> far ciò, uso una siringa con la quale inietto acqua<br />
attraverso la protezione di plastica. Le varie specie rispondono in modo molto diverso alla tecnica.<br />
Tra le piante che radicano rapidamente e in una <strong>per</strong>centuale vicino al 100% abbiamo il me<strong>lo</strong>grano,<br />
i ficus, l'olivo. Al contrario, la maggior parte delle conifere, non radicano con questa tecnica se non<br />
in rari casi. La margotta si utilizza <strong>per</strong> avere piante di maggiori dimensioni di quelle riprodotte <strong>per</strong><br />
talea, o piante da serra particolarmente rare e preziose. É una tecnica molto utilizzata in campo<br />
bonsaistico.<br />
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SCHEDA 1<br />
Talea Periodo Metodo<br />
Per foglia maggio-luglio Si staccano dalla pianta delle foglioline provviste provviste<br />
di piccio<strong>lo</strong>, oppure si taglia la foglia in sezioni, oppure si<br />
adagia la foglia sul terreno. In genere queste talee si<br />
praticano con piante dalle foglie succulente, scegliendo le<br />
foglie più sane, possibilmente tra quelle prodotte già da<br />
alcune settimane<br />
Per ramo aprile-maggio Si ottiene tagliando la cima di un ramo con qualche foglia o<br />
anche con parti intermedie di un ramo o di un fusto con o<br />
senza foglioline.<br />
Lunghezza 10-40 cm<br />
che comprenda almeno<br />
due nodi. Dal nodo<br />
basale spuntano le<br />
radici mentre da quel<strong>lo</strong><br />
intermedio si forma il<br />
nuovo germoglio.<br />
E’ importante sfruttare<br />
il massimo vigore<br />
vegetativo <strong>della</strong> pianta.<br />
Tem<strong>per</strong>atura costante<br />
mai sotto 15-18°. Utilizzare ormoni radicanti. Il taglio del<br />
ramo deve essere netto <strong>per</strong> evitare il deterioramento<br />
Per tubero,<br />
bulbo,<br />
rizoma<br />
<strong>ITAS</strong> Vincenzo <strong>Luparia</strong> – prof. Andrea Sacchetti<br />
cellulare dei tessuti<br />
febbraio-marzo Alla ripresa vegetativa (inizio primavera) si dividono tuberi,<br />
bulbi o rizomi, con un coltel<strong>lo</strong> (taglio <strong>per</strong>fetto) lasciando<br />
<strong>per</strong> ogni parte almeno una gemma <strong>per</strong> sezione.<br />
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SCHEDA 2<br />
Propaggine Periodo Metodo<br />
Da ramo di<br />
pianta madre<br />
Tutto l’anno -<br />
ottobre<br />
<strong>ITAS</strong> Vincenzo <strong>Luparia</strong> – prof. Andrea Sacchetti<br />
Si scava una buchetta vicino alla pianta madre, sul fondo si<br />
mette un composto di sabbia e torba (50/50). Si sceglie un<br />
ramo di uno o due anni, si incurva posando<strong>lo</strong> sul fondo<br />
<strong>della</strong> buca in modo che la punta fuoriesca dal livel<strong>lo</strong> del<br />
terreno e si fissa sul fondo con un ferro piegato ad U o con<br />
un sassolino. Si copre la buchetta con il resto del composto<br />
pressando bene. Il composto <strong>della</strong> buchetta può essere<br />
sostituito con <strong>della</strong> normale terra ma deve essere leggera<br />
o con un misto di terra e composta di foglie. Per ottenere<br />
risultati migliori di può incidere leggermente il rametto nel<br />
punto più profondo e cospargendo<strong>lo</strong> di ormoni<br />
rizogeni.Una variante prevede di interrare un vaso. In<br />
questo caso si infila il rametto dal buco di drenaggio del<br />
vaso, l'incisione va fatta a metà dell'altezza del vaso. Il<br />
vantaggio è che si ottiene una pianta già invasata. La<br />
separazione dalla pianta madre si fa a radicazione<br />
avvenuta, tagliando poco prima delle radici. È sempre<br />
meglio separare le piante in primavera o in autunno. Da<br />
tener presente che le radici si sviluppano sempre da un<br />
nodo. Il tempo di radicazione è molto variabile, da un<br />
mese a alcuni anni.<br />
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SCHEDA 3<br />
Margotta Periodo Metodo<br />
Ramo aprile - maggio -<br />
E’ è necessario munirsi di un<br />
giugno:<br />
porta margotta, ovvero di un<br />
al rilancio vegetativo<br />
recipiente di plastica o di altro<br />
<strong>della</strong> specie<br />
materiale a forma di vaso,<br />
a<strong>per</strong>to da entrambi i lati, nel<br />
quale introdurre il ramo su cui<br />
si desidera o<strong>per</strong>are. Scelto il<br />
giovane ramo, <strong>lo</strong> si libera di<br />
eventuali getti laterali fino a<br />
circa 20 cm dalla cima e, in quel<br />
punto, si effettua un'incisione<br />
appena al di sotto di una<br />
gemma. L'incisione avrà il<br />
compito di concentrare la linfa,<br />
facilitando così l'emissione di<br />
radici che costituiranno il nuovo apparato radicale <strong>della</strong><br />
piantina. Dopo si inserisce la parte nel porta margotta e <strong>lo</strong><br />
si fissa in modo che l'incisione venga a trovarsi a metà circa<br />
del contenitore. Si riempie il porta margotta con terra<br />
mista a sfagno, torba o muschio in modo che venga<br />
garantito un certo grado di umidità impedendo al terreno<br />
di asciugarsi. Il recipiente dovrà esser riempito in modo<br />
tale che rimanga un certo spazio <strong>per</strong> le annaffiature. In<br />
qualsiasi caso, dopo un certo <strong>per</strong>iodo, controlleremo se<br />
sono spuntate le nuove radici: se esse sono abbondanti la<br />
margotta è pronta <strong>per</strong> essere separata dalla pianta madre.<br />
Eliminato il contenitore, si taglierà appena sotto il punto di<br />
incisione e, la nuova piantina sarà invasata o posta in piena<br />
terra, badando bene a tenerla riparata da correnti d'aria<br />
troppo forti e avendo cura di potare con attenzione i suoi<br />
rami, in modo da dare maggiore energia alla formazione<br />
dell'apparato radicale.<br />
Le immagini e la documentazione è re<strong>per</strong>ita d numerosi fonti documentative tra cui la rete internet, cui<br />
appartengono. L’unico scopo del <strong>lo</strong>ro utilizzo è vantaggiare gli studenti nell’apprendimento degli argomenti<br />
scientifici.<br />
Prof. Andrea Sacchetti<br />
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