Leggi un estratto del libro - La bambina delle rune - Edizioni Piemme
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KAREN MAITLAND<br />
I MAESTRI<br />
OSCURI<br />
PIEMME
Titolo originale <strong>del</strong>l’opera: The Owl Killers<br />
© Karen Maitland, 2009<br />
All rights reserved<br />
Traduzione di Annalisa Crea / Studio Editoriale Littera<br />
Realizzazione editoriale: Studio Editoriale Littera, Rescaldina (MI)<br />
I Edizione 2009<br />
© 2009 - EDIZIONI PIEMME Spa<br />
15033 Casale Monferrato (AL) - Via Galeotto <strong>del</strong> Carretto, 10<br />
info@edizpiemme.it - www.edizpiemme.it<br />
Stampa: Mondadori Printing Spa - Stabilimento NSM - Cles (TN)
Anno Domini 1321<br />
Prologo<br />
Giles sapeva che, prima o poi, sarebbero venuti a prenderlo. Non<br />
sapeva dove né quando, né quale castigo gli avrebbero inflitto,<br />
ma sapeva che sarebbe accaduto. Avevano lasciato <strong>un</strong> gufo morto<br />
davanti alla porta <strong>del</strong>la sua capanna, nel cuore <strong>del</strong>la notte. Lui<br />
non li aveva sentiti, ma ness<strong>un</strong>o mai li sentiva. All’alba, però, quando<br />
era uscito di casa per andare a lavorare nei campi <strong>del</strong> castello,<br />
l’aveva trovato lì, zuppo di pioggia: il loro segnale, il loro avvertimento.<br />
Lo aveva sepolto in fretta e furia, prima che sua madre potesse<br />
vederlo. Non voleva che capisse quale destino lo attendeva. Era<br />
troppo vecchia e fragile e aveva visto troppe tragedie in vita sua per<br />
sopportarne <strong>un</strong>’altra. Ma da quel momento aveva aspettato che gli<br />
piombassero alle spalle e gli gettassero <strong>un</strong> cappuccio sulla testa<br />
mentre urinava contro <strong>un</strong> albero, o che lo colpissero alla nuca con<br />
<strong>un</strong>a mazza ferrata mentre camminava l<strong>un</strong>go il sentiero, o che lo trascinassero<br />
giù dal letto nel cuore <strong>del</strong>la notte. Avrebbero potuto<br />
rapirlo nella foresta o alla taverna o in chiesa. <strong>La</strong> mattina presto, la<br />
sera o nel bel mezzo <strong>del</strong>la giornata. Per quanto stessi in guardia i<br />
Maestri Oscuri, i Signori <strong>del</strong> Gufo, riuscivano a trovarti, prima o<br />
poi. Non potevi fare altro che aspettare.<br />
Aveva pensato di fuggire, certo. Era stato più volte sul p<strong>un</strong>to di<br />
farlo. Ma <strong>un</strong> servo <strong>del</strong>la gleba non poteva andarsene senza il consenso<br />
<strong>del</strong> proprio signore, e se anche fosse riuscito, per miracolo, a<br />
raggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong>a città e a restare nascosto per <strong>un</strong> anno finché non<br />
fosse stato dichiarato libero, sapeva che si sarebbero vendicati sulla<br />
madre, se non loro, sicuramente Lord D’Acaster.<br />
Ma erano trascorse settimane, ormai, da quando avevano lasciato<br />
quel gufo morto sulla sua soglia, e, quando splendeva il sole, riusciva<br />
a convincersi che, alla fine, non sarebbero venuti. Sapeva che<br />
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era stato <strong>un</strong>o stupido a giacere con quella fanciulla quando D’Acaster<br />
l’aveva data in sposa a <strong>un</strong> altro. Ma, da quando si era sposata, si erano<br />
allontanati. <strong>La</strong> loro separazione non era forse <strong>un</strong> castigo sufficiente?<br />
Cercò di convincersi che i Maestri Oscuri si sarebbero accontentati<br />
di questo, ma la notte, quando rimaneva sveglio per ore tendendo<br />
l’orecchio a ogni suono, sapeva, in fondo al cuore, che non era così.<br />
E quella sera erano arrivati. Si erano assembrati nella piccola stanza,<br />
il volto celato da maschere da gufo ricoperte di piume e gli abiti<br />
nascosti da l<strong>un</strong>ghi mantelli marroni. Per <strong>un</strong> attimo, provò <strong>un</strong>a sorta<br />
di sollievo al pensiero che quel supplizio avesse fine, ma poi fu invaso<br />
da <strong>un</strong> cieco terrore.<br />
Sua madre gli si era parata davanti nel tentativo di proteggerlo,<br />
come faceva spesso quando era piccolo per difenderlo dalle ire<br />
paterne. A quei tempi si rannicchiava dietro le sue gonne; quella<br />
sera, invece, la scansò <strong>del</strong>icatamente. Loro non avrebbero avuto lo<br />
stesso riguardo, e lui non avrebbe sopportato che le facessero <strong>del</strong><br />
male. Era già straziante ascoltare i suoi singhiozzi.<br />
«Vi prego, signori, non portatelo via. È tutto ciò che ho. Morirò<br />
di fame senza di lui. Oh Dio misericordioso, abbi pietà... prendete<br />
me, al posto suo. Fate di me ciò che volete, ma non fategli <strong>del</strong> male,<br />
vi supplico» esclamò, stringendo il braccio di Giles con le dita gonfie<br />
e rattrappite.<br />
«Non t’agitare, vecchia. Vogliamo solo chiedergli di eseguire <strong>un</strong><br />
compito che ti renderà orgogliosa.»<br />
<strong>La</strong> madre di Giles fissava terrorizzata quegli uomini che la sovrastavano,<br />
cercando di capire chi stesse parlando, cosa impossibile<br />
perché avevano la bocca nascosta dalla maschera e la voce distorta.<br />
Tentò con tutte le forze di frapporsi tra il figlio e il Signore <strong>del</strong> Gufo<br />
che lo immobilizzava, ma questi la colpì con <strong>un</strong> manrovescio che la<br />
scaraventò contro il muro di canne <strong>del</strong>la capanna.<br />
Giles si divincolò e corse a inginocchiarsi accanto a lei, appoggiando<br />
la mano alla parete e cercando di farle scudo con il proprio<br />
corpo.<br />
«È questo il vostro antico codice di giustizia?» chiese loro.<br />
«Picchiare <strong>un</strong>a donna indifesa?»<br />
Scorse, troppo tardi, lo scintillio di <strong>un</strong>a lama che gli inchiodò la<br />
mano al muro. <strong>La</strong>nciò <strong>un</strong> urlo mentre il sangue gli scorreva l<strong>un</strong>go il<br />
polso, ricadendo sul grembo <strong>del</strong>la madre. I quattro Signori <strong>del</strong> Gufo<br />
lo osservarono impassibili mentre singhiozzava e si contorcerva.<br />
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Alla fine, <strong>un</strong>o di essi estrasse il pugnale e costrinse Giles ad alzarsi.<br />
«<strong>La</strong> prossima volta ti caveremo gli occhi, ragazzo. Dopo di che non<br />
potrai più sapere dove stiamo per colpire.»<br />
Giles, stordito dal dolore, lasciò che lo conducessero alla porta.<br />
«Vedrai tuo figlio domani, alla fiera <strong>del</strong> primo maggio. Avrà il<br />
posto d’onore. Ora torna a letto e cerca di tenere chiusa la porta e<br />
la bocca.»<br />
Il loro avvertimento era superfluo, pensò Giles. Tutti gli abitanti<br />
<strong>del</strong> villaggio sapevano di dover tacere. Mentre i Signori <strong>del</strong> Gufo<br />
lo trascinavano fuori di casa, nel buio, Giles lanciò <strong>un</strong>’ultima<br />
occhiata alla madre, che se ne stava in piedi nella luce fioca di <strong>un</strong>a<br />
can<strong>del</strong>a, con le mani premute sulla bocca e le lacrime che le rigavano<br />
le guance grinzose. Anche il dolore doveva essere silenzioso. E<br />
mentre Giles pregava più fervidamente di quanto non avesse mai<br />
fatto in vita sua perché <strong>un</strong> miracolo lo salvasse, <strong>un</strong>a voce disperata<br />
nella sua anima diceva che i miracoli non esistevano; non per lui,<br />
non a Ulewic.<br />
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Vigilia <strong>del</strong> primo maggio 1321<br />
Prima notte di Beltane<br />
Prima accensione <strong>del</strong> fuoco di Bel, il fuoco <strong>del</strong>la luce. In questa notte<br />
la dea dei ghiacci dal volto blu, Cailleach Bhear, signora <strong>del</strong>l’oscurità<br />
che regna da Samhain a Beltane, getta il bastone sotto <strong>un</strong> cespuglio di<br />
agrifoglio e viene pietrificata.
Beatrice<br />
Stanotte ho creduto di udire <strong>un</strong> uomo morente nella grande foresta,<br />
ora però non ne sono più così sicura; forse era <strong>un</strong> cadavere che sorgeva<br />
dalla tomba. Gridava come <strong>un</strong> ossesso, ma non implorava pietà.<br />
Sfidava la morte, chiedendo di soffrire come se volesse che i demoni<br />
lo torturassero e lo trascinassero nelle profondità <strong>del</strong>l’inferno. Se era<br />
<strong>un</strong> uomo, doveva essere pazzo. Fissare la l<strong>un</strong>a può far uscire di<br />
senno, lo sapevate? E stanotte la l<strong>un</strong>a era tonda come il ventre di <strong>un</strong>a<br />
donna gravida. È proprio quando è così che gli uomini dovrebbero<br />
temerla di più.<br />
Non posso raccontare alle altre ciò che ho visto, nemmeno a Pega.<br />
Come potrei spiegare loro cosa facevo da sola nella foresta a mezzanotte?<br />
Non sono pazza come quell’uomo, se ve lo state chiedendo.<br />
Non sono andata nella foresta per farmi uccidere, sebbene sia perfettamente<br />
consapevole dei pericoli che nasconde. Dio solo sa quante<br />
creature micidiali si annidano fra quegli alberi. Serpenti velenosi, cinghiali<br />
inferociti, lupi famelici, persino <strong>un</strong> cervo in calore potrebbe<br />
ucciderti. Senza contare i banditi e i tagliaborse pronti ad assalire<br />
chi<strong>un</strong>que si avventuri nel loro regno.<br />
Nemmeno Pega, che pure è più alta di qualsiasi uomo, metterebbe<br />
mai piede nella foresta dopo il tramonto. Ness<strong>un</strong>a <strong>del</strong>le donne<br />
<strong>del</strong> villaggio lo farebbe. Dicono che i fantasmi affamati, che aleggiano<br />
come nebbia fra gli alberi, ti divorano se hai la sfort<strong>un</strong>a di capitare<br />
nel p<strong>un</strong>to in cui morì qualc<strong>un</strong>o. E, nel corso dei secoli, centinaia di<br />
persone devono essere morte nella foresta senza lasciare traccia.<br />
Credete davvero che non avessi paura di andare in quei boschi di<br />
notte? Vi assicuro che ho dovuto fare appello a tutto il mio coraggio,<br />
ma cos’altro potevo fare? Il gigaro va raccolto con la l<strong>un</strong>a piena, perché<br />
solo allora ha il potere di restituire a <strong>un</strong>a donna la fertilità. Non<br />
ho osato chiedere <strong>un</strong> po’ di quell’erba alla Marta infermiera. Siamo<br />
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caste, è la regola. Quindi perché <strong>un</strong>a donna casta dovrebbe desiderare<br />
di riacquistare la capacità di avere figli? Io, però, devo.<br />
Trasalivo a ogni grido e a ogni fruscio, costringendomi a addentrarmi<br />
fra gli alberi. Non potevo tornare indietro a mani vuote. Il<br />
gigaro è difficile da trovare, sia alla luce <strong>del</strong> sole sia al chiaro di<br />
l<strong>un</strong>a. Il membro <strong>del</strong> diavolo, così lo chiama Pega. Ama i luoghi bui<br />
e umidi fra le radici degli alberi e le sue foglie screziate si mimetizzano<br />
facilmente.<br />
Quando udii il rombo <strong>del</strong>l’acqua sopra le rocce, capii di essere<br />
nei pressi <strong>del</strong> fiume e tornai sui miei passi, sapendo che l’erba non<br />
cresce vicino all’acqua e preferisce l’ombra <strong>del</strong>la foresta. D’<strong>un</strong> tratto,<br />
la vidi. Mi inginocchiai sulla terra umida e feci per prendere il<br />
coltello quando udii <strong>un</strong> suono diverso dagli altri. Non era il verso<br />
di <strong>un</strong> animale: era la voce di <strong>un</strong> uomo.<br />
Col cuore in gola balzai in piedi, cercando di non fare rumore.<br />
Mi nascosi dietro <strong>un</strong> albero e, stringendo il coltello, cercai di capire<br />
da dove provenisse quella voce, ma non vidi nulla. I fantasmi<br />
affamati parlavano prima di assalire le loro vittime?<br />
In p<strong>un</strong>ta di piedi, mi incamminai nella direzione opposta al suono.<br />
Trattenni il fiato e tesi l’orecchio, ma non udii passi alle mie spalle.<br />
Forse quella voce era frutto <strong>del</strong>la mia immaginazione. Continuai a<br />
camminare, pregando di non inciampare e di non spezzare alc<strong>un</strong><br />
ramoscello, rivelando la mia presenza.<br />
Gi<strong>un</strong>si così ai margini di <strong>un</strong>a radura. Ai miei piedi sembrava stendersi<br />
<strong>un</strong> lago d’argento vivo, al centro <strong>del</strong> quale svettava <strong>un</strong>’enorme<br />
quercia cava. Il tronco era così largo che ci sarebbe voluta <strong>un</strong>a<br />
mezza dozzina di uomini per circondarlo.<br />
D’<strong>un</strong> tratto, udii di nuovo la voce. Proveniva da <strong>un</strong> p<strong>un</strong>to indefinito<br />
davanti a me. Invece di fuggire dal pericolo, gli ero andata<br />
incontro.<br />
A Yandil, signore <strong>del</strong>l’oltretomba, offro il sangue <strong>del</strong> cervo bianco.<br />
Che sia come il mio sangue. Bevi.<br />
<strong>La</strong> voce risuonava a pochi passi, ma la radura era deserta.<br />
Malgrado il freddo p<strong>un</strong>gente <strong>del</strong>la notte, avevo le mani sudate e il<br />
cuore prese a battermi così forte che credetti mi stesse balzando<br />
fuori dal petto. Avrei voluto mettermi a correre, ma avevo troppa<br />
paura di essere scoperta.<br />
A Taranis, signore <strong>del</strong>la foresta, offro la carne <strong>del</strong> cervo bianco.<br />
Che sia come la mia carne. Mangia.<br />
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Mi aggrappai al tronco di <strong>un</strong> albero e rimasi lì, tremante, sapendo<br />
che, se avessi lasciato la presa, le gambe non mi avrebbero sorretta.<br />
Poi vidi qualcosa muoversi: <strong>un</strong>’ombra nera attraversò la radura e si<br />
diresse verso di me. Non era <strong>un</strong>a creatura umana: aveva <strong>un</strong> muso<br />
l<strong>un</strong>go e stretto e <strong>un</strong> paio di corna ramificate. Chiusi gli occhi, cercando<br />
di non urlare.<br />
A Rantipole, signore <strong>del</strong>l’aria, offro lo spirito <strong>del</strong> cervo bianco.<br />
Che sia come il mio spirito. Divoralo.<br />
Aprii gli occhi, ma non osai muovermi. <strong>La</strong> creatura era davanti<br />
all’albero cavo. Quando la luce <strong>del</strong>la l<strong>un</strong>a la illuminò da dietro, capii<br />
che cos’era. Non era <strong>un</strong> mostro. Era <strong>un</strong> uomo alto e possente. Portava<br />
sulle spalle la pelle di <strong>un</strong> cervo con la testa ancora attaccata. <strong>La</strong> bestia<br />
era stata uccisa da poco e la pelle emanava <strong>un</strong> vapore caldo che si dissolveva<br />
nell’aria fredda <strong>del</strong>la notte. Vidi il sangue ancora fresco scintillare<br />
al chiaro di l<strong>un</strong>a. Ne sentii l’odore.<br />
Sono qui, alle porte dei tre regni. <strong>La</strong>sciami entrare! Ka!<br />
L’uomo si tolse il cappuccio e lo gettò via. Poi sollevò la testa <strong>del</strong><br />
cervo e se la mise sul capo, lasciando che il sangue gli colasse sui<br />
capelli e sulla pelle.<br />
«Oh, Taranis, signore <strong>del</strong>la distruzione, <strong>un</strong> grande torto è stato<br />
fatto a te e a noi, tuoi servitori. Un tempo a governare questi luoghi<br />
era <strong>un</strong>a tua creatura, nata dalle tenebre e dalla disperazione. Questa<br />
vallata porta il suo nome. Il tuo demone ha recato, a chi<strong>un</strong>que osasse<br />
sfidarti, la morte in questo mondo e l’eterno supplizio nell’oltretomba.<br />
Tutti hanno imparato a temerlo, rivolgendosi a te e a noi,<br />
tuoi servitori. Ma <strong>un</strong> secolo fa, la vigilia di Samhain, le donne si<br />
sono rad<strong>un</strong>ate qui, alle soglie <strong>del</strong> tuo regno. Non sono riuscite a<br />
uccidere il tuo demone, ma lo hanno relegato in <strong>un</strong> luogo d’ombra,<br />
in cui i giorni e gli anni scorrono gli <strong>un</strong>i uguali agli altri.<br />
«Questa notte varcherò la tua porta alla ricerca <strong>del</strong> sapere che<br />
riporti in vita il demone. Altri, prima di me, hanno osato affrontare<br />
la pelle <strong>del</strong> cervo, ma sono morti prima <strong>del</strong> canto <strong>del</strong> gallo, poiché<br />
non si sono dimostrati abbastanza forti da superare la tua prova<br />
e tu li hai uccisi per la loro debolezza.<br />
«Questa notte muore Cailleach la strega e nasce Cern<strong>un</strong>nos, dio<br />
<strong>del</strong>la fertilità. Ho cacciato. Ho ucciso. Ho preso il suo simbolo e la<br />
sua forza. Che possa anch’io rinascere stanotte, come lui.»<br />
L’uomo sollevò le possenti braccia e strinse i pugni, urlando verso<br />
il cielo.<br />
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«Taranis, signore <strong>del</strong>la notte, donami la conoscenza per risvegliare<br />
la tua creatura, il potere di riportarla in vita, e la forza per controllare<br />
ciò che gi<strong>un</strong>ge dalle tenebre. Ka!»<br />
L’uomo chinò il capo e, con <strong>un</strong> rapido movimento, scomparve<br />
dentro il tronco cavo <strong>del</strong>la quercia.<br />
<strong>La</strong> radura piombò nel silenzio e io rimasi impietrita. Avrei voluto<br />
mettermi a correre, ma mi tremavano le gambe. D’<strong>un</strong> tratto, udii<br />
<strong>un</strong> fruscio alle mie spalle, come se <strong>un</strong>a raffica di vento avesse sollevato<br />
le foglie morte, solo che l’aria era immobile. Non riuscii a trattenermi:<br />
dovevo voltarmi.<br />
<strong>La</strong> radura era ancora immersa nella luce spettrale <strong>del</strong>la l<strong>un</strong>a, ma<br />
non era più ferma e silenziosa. <strong>La</strong> terra si sollevò, come se migliaia<br />
di talpe stessero cercando di risalire in superficie. Poi si aprì, e <strong>un</strong><br />
esercito di scarafaggi, vermi, millepiedi e ragni si riversò fuori, dirigendosi<br />
verso la grande quercia. Quando vi si infilarono, udii l’uomo<br />
emettere prima <strong>un</strong> rantolo e poi <strong>un</strong> grido straziante di sfida e di<br />
agonia.<br />
Ti do il mio sangue, Yandil, ti do... il mio sangue!<br />
E il suo urlo di dolore lacerò l’aria, come se tutte le creature <strong>del</strong>la<br />
morte lo stessero divorando, strappando la carne viva fino all’osso.<br />
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Primo maggio<br />
Il secondo dei tre giorni dei fuochi di Beltane, nonché giorno di santa<br />
Valpurga. Valpurga nacque nell’ottavo secolo nel regno <strong>del</strong> Wessex, in<br />
Inghilterra. Divenne badessa <strong>del</strong> doppio monastero di Heidenheim,<br />
in Germania, esercitando la sua autorità su monaci e monache.
Agata<br />
Mi svegliai di soprassalto al latrato dei cani. Non c’era da stupirsi<br />
che abbaiassero tanto furiosamente, poiché sembrava che <strong>un</strong>’intera<br />
comitiva di cacciatori stesse passando al galoppo davanti ai<br />
nostri cancelli. Corsi alla finestra e guardai giù. Sebbene fosse ancora<br />
buio, vidi che il sentiero dietro il castello era gremito di forestieri<br />
diretti a Ulewic per la fiera.<br />
Le donne se ne stavano accucciate a cantare e chiacchierare sui<br />
carri trainati dai buoi tra fusti di birra e balle di mercanzie. I bambini<br />
seguivano la carovana correndo qua e là, arrampicandosi sul<br />
dorso dei buoi e ridendo a crepapelle quando i carri sobbalzavano<br />
a ogni buca <strong>del</strong> terreno. I giovani saltavano i fossi per cogliere le<br />
primule che fiorivano l<strong>un</strong>go le sponde, che gettavano alle fanciulle<br />
ridenti sui carri rubando loro baci. Anch’io avrei voluto che <strong>un</strong><br />
ragazzo mi riempisse il grembo di primule. Ma sapevo che ness<strong>un</strong>o<br />
avrebbe mai osato rubarmi <strong>un</strong> bacio.<br />
Mi preparai ore prima <strong>del</strong> resto <strong>del</strong>la famiglia e attesi con impazienza<br />
nel salone, desiderosa di essere in mezzo alla folla. Ma mia<br />
madre e le mie sorelle volevano che ogni singola piega dei loro veli<br />
fosse perfetta. Credo lo facessero apposta per far aspettare tutti<br />
quanti, sapendo che la fiera <strong>del</strong> primo maggio non poteva iniziare<br />
senza di noi, poiché mio padre, Lord Robert D’Acaster, era il signore<br />
<strong>del</strong> villaggio.<br />
Fu lui a guidare, finalmente, il corteo formato dalla nostra famiglia<br />
e dai nostri servitori attraverso Ulewic fino al Prato. Avanzava<br />
tutto impettito e a gambe larghe, come <strong>un</strong> bambino grassoccio<br />
che si sia fatto la cacca addosso. Malgrado l’aria fredda, il suo<br />
viso paffuto era già rosso e sudato per lo sforzo. Mia madre gli<br />
camminava a fianco, a occhi bassi, come se temesse ciò che avrebbe<br />
potuto vedere. Le mie sorelle, le gemelle Anne e Edith, la seguivano,<br />
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tenendosi per mano. Ness<strong>un</strong>o avrebbe mai pensato che fossimo<br />
parenti.<br />
Io sembravo <strong>un</strong> maschio, come mi ripeteva sempre mia madre: ero<br />
troppo bassa, troppo magra e troppo insignificante. Avevo i capelli<br />
castani come lei, solo che i miei erano ricci, e si ribellavano a qualsiasi<br />
acconciatura, malgrado gli sforzi <strong>del</strong>le serve che, quando mi pettinavano,<br />
imprecavano senza posa, certe che mia madre le avrebbe<br />
incolpate <strong>del</strong> mio aspetto. Ma non avrebbero dovuto preoccuparsi:<br />
dava la colpa sempre a me.<br />
I capelli di Anne e Edith, invece, erano lisci e docili, e quel giorno<br />
le serve li avevano legati e arrotolati intorno alle loro orecchie, da<br />
dove non si erano mossi. Avevano ereditato la chioma rossiccia di<br />
mio padre e il viso tondo e pallido di mia madre, la quale custodiva<br />
la loro virtù come <strong>un</strong> gioiello di inestimabile valore. Mio padre aveva<br />
infatti deciso che non avrebbero dovuto nemmeno alzare gli occhi su<br />
<strong>un</strong> uomo prima di essere sposate e al sicuro. Preoccupato che la ricchezza<br />
restasse in famiglia, ne aveva promessa <strong>un</strong>a a suo nipote<br />
Phillip. Quale <strong>del</strong>le due questi avrebbe scelto era <strong>del</strong> tutto irrilevante<br />
ai suoi occhi. Ma fino ad allora Phillip si era rifiutato di fare <strong>un</strong>a<br />
scelta: si divertiva troppo con le serve. Se non altro, io non ero in<br />
lizza. Sebbene avessi solo <strong>un</strong> anno in meno <strong>del</strong>le gemelle, non sarei<br />
mai stata offerta a ness<strong>un</strong>o. Come le mie dolci sorelle non mancavano<br />
mai di ricordarmi, ero nata sotto la stella <strong>del</strong> diavolo, e neppure il<br />
vecchio mendicante Tom avrebbe osato giacere con me. Immagino<br />
che avrei dovuto essere grata per questo.<br />
Mio cugino Phillip si era allontanato dalla processione ancor<br />
prima di raggi<strong>un</strong>gere il Prato. Si vedeva che era già annoiato e stava<br />
cercando qualc<strong>un</strong>o con cui giocare, perché non faceva che guardarsi<br />
intorno, strizzando l’occhio e fissando con aria lasciva qualsiasi<br />
donna appena passabile, ignorando i saluti e i cenni <strong>del</strong> capo di tutti<br />
gli altri.<br />
<strong>La</strong> gente diceva che Phillip era identico a mio padre da giovane,<br />
ma la loro somiglianza era solo fisica, perché mio padre considerava<br />
la fornicazione il più grave dei vizi. I servitori sussurravano che<br />
era <strong>un</strong> miracolo che avesse dato alla luce dei figli, perché non manifestava<br />
mai affetto nei confronti di mia madre, anzi, spesso la guardava<br />
come se la trovasse ripugnante. Non faceva altro che istigare<br />
padre Ulfrid a predicare che i fornicatori e gli adulteri sarebbero<br />
bruciati all’inferno, sebbene il sacerdote gli ricordasse che la dan-<br />
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nazione era riservata a peccati più gravi. Ma quelle sue omelie, anche<br />
se avevano lo scopo di smorzare gli appetiti di Phillip, non avrebbero<br />
sortito l’effetto desiderato, visto che mio cugino non andava quasi<br />
mai in chiesa.<br />
Dalla folla si levò <strong>un</strong> grido. Era appena stato liberato il montone,<br />
tosato e <strong>un</strong>to per l’occasione. I giovani non sposati si lanciarono<br />
all’inseguimento spintonandosi l’<strong>un</strong> l’altro, fra gli applausi <strong>del</strong>le fanciulle.<br />
Sulle prime, l’animale riuscì a schivarli, correndo all’impazzata<br />
sul Prato e attraversando i giardini amorevolmente curati, inseguito<br />
dall’orda di giovani. Alla fine, però, si stancò, e, messo all’angolo,<br />
fece <strong>un</strong> vano tentativo di caricare i suoi persecutori, ma fu preso per<br />
le corna e atterrato dal loro capo. Poi fu trascinato nel cimitero <strong>del</strong>la<br />
chiesa, ricoperto di ghirlande e sgozzato. Il sangue fumante che sgorgò<br />
dalla ferita fu raccolto in <strong>un</strong> bacile e usato per segnare il petto e il<br />
volto raggiante <strong>del</strong> vincitore, che salì poi su <strong>un</strong>a scala appoggiata<br />
all’arco che sormontava l’entrata <strong>del</strong>la chiesa e, immergendo le mani<br />
nel bacile, imbrattò di sangue le pudenda <strong>del</strong>l’anziana donna nuda<br />
scolpita sull’arco stesso, chiamata Annis la Nera.<br />
«Ka!» esclamarono gli abitanti <strong>del</strong> villaggio, fra applausi e fischi.<br />
Poco dopo, il montone fu arrostito allo spiedo, e l’aria umida si<br />
riempì di <strong>un</strong> fumo dall’odore dolciastro.<br />
Mi voltai a guardare i saltimbanchi. Sulle spalle di due di loro era<br />
appoggiata <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga asta sulla quale camminava, leggiadra e sicura<br />
come <strong>un</strong> gatto, <strong>un</strong>a <strong>bambina</strong> vestita di rosso con due piccole ali<br />
sulla schiena. Cercava di mantenere l’equilibrio con le braccia sottili<br />
tese verso l’esterno. A <strong>un</strong> certo p<strong>un</strong>to, gli uomini cominciarono<br />
a muovere l’asta su e giù. <strong>La</strong> <strong>bambina</strong> faceva <strong>un</strong> salto mortale e vi<br />
atterrava di nuovo. Quando, con <strong>un</strong> ultimo balzo, scese a terra, gli<br />
abitanti <strong>del</strong> villaggio la applaudirono calorosamente. Le donne le<br />
regalarono dei dolci, accarezzandole i capelli biondi. Gli uomini<br />
le lanciarono <strong>un</strong>a o due monetine, dandole dei buffetti sulle guance<br />
come affettuosi zii. I bambini rimasero a guardarla attoniti, come<br />
se fosse la regina Mab.<br />
Poi, tra le fragorose risate dei presenti, apparvero i mimi, guidati<br />
dal buffone, che inciampava su oggetti invisibili cadendo rovinosamente<br />
a terra e fingeva indignazione verso coloro che ridevano di<br />
lui, colpendoli con <strong>un</strong>a vescica di maiale, cosa che aumentava la loro<br />
ilarità.<br />
Infine comparve Moll, e gli abitanti <strong>del</strong> villaggio esplosero in <strong>un</strong><br />
21
oato: era <strong>un</strong>o dei loro personaggi preferiti. In realtà, si trattava di<br />
John il fabbro, con due vesciche gonfie fino all’inverosimile sistemate<br />
sul petto, sotto il vestito. Si fece strada tra la folla camminando<br />
a passettini e sorridendo in modo affettato, fingendosi scandalizzato<br />
ogni volta che <strong>un</strong>o dei ragazzi cercava di pizzicargli il sedere grottescamente<br />
imbottito. Ness<strong>un</strong>o avrebbe osato farlo se fosse stato alla<br />
fucina.<br />
Moll si diresse ammiccando e ancheggiando verso mio cugino<br />
Phillip, agitandogli in faccia gli enormi seni.<br />
«Ecco <strong>un</strong> indovinello per voi, signore: “Sono <strong>un</strong> grande dono<br />
per le donne. Ho <strong>un</strong>a peluria in cima e, se <strong>un</strong>a bella ragazza mi strofina<br />
la pelle, schizzo <strong>un</strong> succo bianco. Sono così forte da farle venire<br />
le lacrime agli occhi. Ditemi, signore: cosa sono?”.»<br />
Così dicendo, strizzò l’occhio alla folla. «Una cipolla, ovviamente!»<br />
E, agitando <strong>un</strong> dito all’altezza <strong>del</strong>l’inguine di Phillip, aggi<strong>un</strong>se: «Ma<br />
Moll sa bene cosa stavate pensando, ragazzaccio che non siete altro».<br />
Gli abitanti <strong>del</strong> villaggio scoppiarono a ridere, ma Phillip non<br />
sembrava affatto divertito. Anche in quel giorno di festa, i mimi<br />
sapevano di non dover esagerare, così si allontanarono in <strong>un</strong> turbinio,<br />
alla ricerca di qualc<strong>un</strong>o di meno potente da stuzzicare.<br />
All’improvviso la folla tacque e si fece da parte per lasciar passare<br />
santa Valpurga, <strong>un</strong> enorme fantoccio di vimini di forma conica<br />
sormontato da <strong>un</strong>a testa di legno dipinto raffigurante <strong>un</strong>a donna<br />
incoronata. Il fantoccio, che avanzava ondeggiando, era ricoperto<br />
di fiori di maggio e di spighe di grano e d’orzo <strong>del</strong>l’anno precedente,<br />
cosicché era impossibile capire chi vi si celasse sotto. I bambini<br />
più piccoli scoppiarono in lacrime, nascondendosi dietro le gonne<br />
<strong>del</strong>le madri.<br />
Sei uomini avvolti in mantelli br<strong>un</strong>i tenevano le corde che legavano<br />
la santa, come se fosse <strong>un</strong> orso che potesse attaccare la folla. I<br />
loro volti erano nascosti dalla maschera piumata di <strong>un</strong> gufo reale,<br />
ma gli occhi fiammeggiavano e i cru<strong>del</strong>i becchi bronzei scintillavano,<br />
affilati come falci, al pallido sole. Quando i Maestri Oscuri sfilavano<br />
loro davanti, le donne stringevano a sé i bambini.<br />
Il corteo avanzò fino ai piedi <strong>del</strong>l’Albero di maggio, al quale fu<br />
legata la santa. Il buffone le si avvicinò saltellando, ma i Signori <strong>del</strong><br />
Gufo lo cacciarono. Lui, incitato dalla folla, li ignorò e colpì il fantoccio<br />
con la vescica. Allora i Signori lo accerchiarono con aria<br />
minacciosa e sguainarono le spade nascoste sotto i mantelli, bran-<br />
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dendole contro di lui, che finse di schivare i loro colpi tra le grida<br />
di acclamazione dei presenti.<br />
D’<strong>un</strong> tratto, i Signori si fermarono e sollevarono le spade, formando<br />
<strong>un</strong> cerchio sopra la testa <strong>del</strong> buffone, che cadde in ginocchio.<br />
<strong>La</strong> folla tacque, trattenendo il fiato. Il silenzio fu rotto dalle<br />
suppliche <strong>del</strong> buffone, che furono ignorate. Le sei lame scesero,<br />
spietate, su di lui, che cadde a terra. Poi, senza <strong>un</strong>a parola, i sei<br />
Signori <strong>del</strong> Gufo si voltarono, spada in pugno, verso gli abitanti <strong>del</strong><br />
villaggio, fissandoli duramente da dietro le maschere, come a sfidare<br />
qualc<strong>un</strong> altro ad avvicinarsi. Ness<strong>un</strong>o osò farlo.<br />
Solo Moll venne avanti e si fece strada fra i Signori, che la lasciarono<br />
passare. Si inginocchiò accanto al corpo <strong>del</strong> buffone, schiaffeggiandosi<br />
e sollevandogli scherzosamente le braccia senza vita per<br />
poi lasciarle cadere a terra. A <strong>un</strong> certo p<strong>un</strong>to estrasse <strong>un</strong>a boccetta<br />
vuota e finse di versarne il contenuto nella bocca <strong>del</strong> buffone. Poi,<br />
visto che la cosa non sortì alc<strong>un</strong> effetto, gli ficcò in bocca <strong>un</strong>o dei<br />
suoi enormi seni finti, e solo allora l’uomo balzò in piedi e fece due<br />
capriole, per far vedere a tutti che era vivo e vegeto.<br />
I presenti scoppiarono in <strong>un</strong>a risata liberatoria. I saltimbanchi presero<br />
a balzare qua e là, mentre il buffone baciò Moll, che, per tutta<br />
risposta, lo prese a sberle.<br />
Nella confusione, non mi resi conto che i Signori <strong>del</strong> Gufo erano<br />
scomparsi. Forse erano tornati nella foresta o forse si erano tolti le<br />
maschere e i mantelli e si erano confusi tra la folla. Alc<strong>un</strong>i abitanti<br />
<strong>del</strong> villaggio si guardarono intorno nervosamente, come se temessero<br />
di averli alle spalle. I Signori erano senza volto e senza nome.<br />
Potevano essere chi<strong>un</strong>que. Chi mancava all’appello quando erano<br />
arrivati con santa Valpurga? Erano domande che ness<strong>un</strong>o aveva il<br />
diritto di fare.<br />
<strong>La</strong> folla si allontanò per andare a mangiare, bere e ballare. Solo<br />
la santa non si mosse. Ma io sapevo che doveva esserci qualc<strong>un</strong>o, lì<br />
dentro.<br />
Il Prato era disseminato di ossa e letame, avanzi di dolci e nastri<br />
per capelli, fiori calpestati e piatti rotti. Le ombre si all<strong>un</strong>gavano<br />
rapidamente e gli uccelli cominciavano a tornare ai nidi. Poi si levò<br />
<strong>un</strong> vento gelido che mi fece rabbrividire.<br />
Un istante dopo, mi accorsi che i Signori <strong>del</strong> Gufo erano tornati.<br />
Non avevo visto da dove erano venuti, ma quando alzai lo<br />
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sguardo ebbi l’impressione che fossero sempre stati lì. Non appena<br />
li videro, gli abitanti <strong>del</strong> villaggio ancora abbastanza sobri da stare<br />
in piedi parvero innervosirsi. I Signori avevano ripreso in mano le<br />
corde <strong>del</strong>la santa e si erano disposti in cerchio guardando verso<br />
l’esterno, verso di noi. A poco a poco le risa e i discorsi si spensero<br />
e tutti tacquero, fissando lo sguardo sulle sei figure mascherate.<br />
Una ragazza spettinata e con l’abito macchiato d’erba fu spinta<br />
dagli amici davanti alla folla. Venne avanti con passo malfermo,<br />
visibilmente brilla, fece <strong>un</strong> inchino e lanciò la ghirlanda di maggio,<br />
che andò a finire proprio sopra la testa di legno <strong>del</strong>la santa. Gli<br />
amici le assicurarono, ridacchiando, che, grazie a quel lancio fort<strong>un</strong>ato,<br />
si sarebbe sposata entro l’anno, e lei occhieggiò timidamente<br />
verso <strong>un</strong> gruppo di giovani, che presero subito a darsi di gomito e a<br />
canzonare <strong>un</strong>o di loro, il quale sembrava aver pregato che la ragazza<br />
sbagliasse mira.<br />
I Signori <strong>del</strong> Gufo tirarono le corde e la santa si avviò barcollando<br />
verso la foresta, seguita a distanza di sicurezza da tutti gli uomini<br />
di Ulewic, almeno quelli che non erano già ubriachi fradici. Le<br />
donne li guardarono con curiosità, ma non osarono seguirli: non<br />
erano ben accette, nella foresta.<br />
Il cuore cominciò a battermi all’impazzata. Era quasi <strong>un</strong> mese che<br />
progettavo ciò che stavo per fare, ma, gi<strong>un</strong>to il momento, fui assalita<br />
dal dubbio. E se mi avessero vista? E se mia madre avesse chiesto<br />
di me e si fosse accorta che mancavo? Ma, se non ci avessi provato,<br />
me ne sarei pentita, perché avrei dovuto aspettare <strong>un</strong> altro anno.<br />
Mia madre fece <strong>un</strong> profondo sospiro, segno che era gi<strong>un</strong>ta l’ora<br />
di andarsene, e ci fece strada appoggiandosi al braccio di <strong>un</strong> paggio,<br />
certa che l’avremmo seguita obbedienti. Cosa che le mie sorelle<br />
fecero; io, invece, mi nascosi dietro <strong>un</strong> carro. Nella confusione<br />
generale, ness<strong>un</strong>o notò che non ero nel corteo alle spalle di mia<br />
madre. Essere <strong>un</strong>a figlia indesiderata presentava i suoi vantaggi:<br />
quando scomparivi, ness<strong>un</strong>o se ne accorgeva.<br />
Rimasi accucciata a l<strong>un</strong>go dietro il carro, poi sollevai le gonne e<br />
mi misi a correre verso la foresta, passando fra le capanne. <strong>La</strong> notte<br />
stava calando rapida. Un ultimo raggio di sole indugiava ancora fra<br />
i rami spogli e neri. Ness<strong>un</strong>a brava ragazza sarebbe mai rimasta<br />
fuori casa fino a quell’ora, ma <strong>del</strong> resto, come diceva sempre mia<br />
madre, io non ero <strong>un</strong>a brava ragazza.<br />
L’oscurità scendeva presto nella foresta. Non riuscivo a vedere<br />
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quale sentiero stessero seguendo gli uomini, ma avevano acceso<br />
<strong>del</strong>le torce ed era facile per me tenere dietro al l<strong>un</strong>go serpente di<br />
fuoco che si snodava nel buio. Loro invece erano troppo ubriachi<br />
per notare <strong>un</strong>’ombra fra i cespugli. D’<strong>un</strong> tratto vidi il serpente<br />
attorcigliarsi in <strong>un</strong>a palla infuocata. Non avevo idea di dove ci trovassimo,<br />
perché non mi ero mai inoltrata così tanto nel bosco, e mai<br />
da sola, ma sapevo che non dovevamo essere lontani dal fiume poiché<br />
udivo il fragore <strong>del</strong>l’acqua.<br />
Gli uomini si erano fermati in <strong>un</strong>a radura al centro <strong>del</strong>la quale<br />
svettava <strong>un</strong>’antica quercia cava dal tronco così grande che avrebbe<br />
potuto contenere <strong>un</strong>a mezza dozzina di persone. Io mi accucciai fra<br />
gli alberi, da dove potevo osservare la scena senza essere vista. Gli<br />
uomini tenevano le torce sollevate e si guardavano intorno. Non<br />
vedevo mio padre né mio cugino Phillip, ma sapevo che dovevano<br />
essere lì da qualche parte: ci andavano ogni anno.<br />
Le donne non erano ammesse a quei rad<strong>un</strong>i. Non dovevano nemmeno<br />
sapere cosa vi si faceva. Mi lasciai quasi sfuggire <strong>un</strong>a risata al<br />
pensiero di come sarebbero rimasti scioccati tutti quegli uomini se<br />
avessero saputo che, a pochi passi da loro, c’era <strong>un</strong>a ragazza.<br />
Santa Valpurga era al centro <strong>del</strong>la radura, con dei fasci di legna<br />
ai suoi piedi. Non si muoveva più: chi<strong>un</strong>que si trovasse al suo interno<br />
doveva essere uscito prima che arrivassimo. Ma chi era? Era<br />
difficile riconoscere qualc<strong>un</strong>o: nella luce tremolante <strong>del</strong>le torce,<br />
tutti sembravano indossare <strong>un</strong>a maschera d’ombra. Gli uomini<br />
continuavano a guardarsi nervosamente intorno, cercando di avanzare<br />
verso il centro <strong>del</strong> gruppo, come se ai margini si sentissero<br />
vulnerabili.<br />
A <strong>un</strong> certo p<strong>un</strong>to udii <strong>un</strong> fruscio alle mie spalle e mi immobilizzai.<br />
Un Signore <strong>del</strong> Gufo emerse dall’oscurità a non più di <strong>un</strong> passo dal<br />
mio nascondiglio. Il cuore mi balzò nel petto: la mia presenza nella<br />
foresta non sembrava più <strong>un</strong> gioco. Se mi avessero scoperta, cosa<br />
mi avrebbero fatto? Cos’avrebbe fatto mio padre se avesse saputo<br />
che ero andata fin lì? Come mi era venuto in mente? Dovevo andarmene<br />
prima che mi trovassero, ma non osavo muovermi per paura<br />
che il Signore <strong>del</strong> Gufo mi vedesse.<br />
Poi <strong>un</strong> altro Signore apparve a pochi passi da me, e poi <strong>un</strong> altro,<br />
e <strong>un</strong> altro ancora. Ne contai nove, che si disposero in cerchio intorno<br />
alla radura e rimasero immobili, quasi fondendosi con l’oscurità.<br />
Solo i becchi bronzei <strong>del</strong>le maschere scintillavano alla luce <strong>del</strong>le<br />
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torce. Quando gli abitanti <strong>del</strong> villaggio si accorsero <strong>del</strong>la loro presenza,<br />
si strinsero gli <strong>un</strong>i agli altri, come pecore accerchiate dai cani.<br />
A <strong>un</strong> tratto i Signori <strong>del</strong> Gufo sguainarono le spade e si avvicinarono<br />
a grandi passi alla santa. I Signori strapparono le torce dalle<br />
mani degli abitanti <strong>del</strong> villaggio più vicini e le sollevarono sopra le<br />
loro teste, volgendosi come <strong>un</strong> sol uomo verso la folla.<br />
Una voce, distorta dalla maschera, risuonò nella radura silenziosa.<br />
Era impossibile capire quale dei Signori stesse parlando.<br />
«Taranis verrà soddisfatto. Avrà ciò che gli è dovuto. Chi trascura<br />
di farlo, chi si oppone all’ordine naturale <strong>del</strong>le cose, attira su di<br />
noi <strong>un</strong>a maledizione. Vogliamo che ciò accada?»<br />
«No!» rispose la folla.<br />
«Vogliamo che ciò accada?»<br />
«No!»<br />
«Allora cosa dobbiamo fare?»<br />
«Diamogli la santa! Diamogli santa Valpurga!»<br />
Gli abitanti cominciarono a battere i piedi sul terreno e i Signori<br />
<strong>del</strong> Gufo circondarono la santa con aria minacciosa.<br />
«Attraverso il sangue ritroviamo la nostra forza.»<br />
«Attraverso la morte ritroviamo la vita.»<br />
«Attraverso la distruzione rinnoviamo la creazione.»<br />
«Attraverso il fuoco rendiamo fertile la terra. Ka!»<br />
Improvvisamente <strong>un</strong>o dei Signori balzò in avanti e affondò la spada<br />
nel corpo <strong>del</strong>la santa. Un urlo squarciò la notte. Quando estrasse la<br />
lama, vidi che era sporca di sangue.<br />
Infine i Signori gettarono le torce sulla pira, che prese subito<br />
fuoco. Le fiamme e il fumo si levarono nell’oscurità. Santa Valpurga<br />
gemeva e si contorceva, e l’aria si riempì <strong>del</strong>l’odore inconfondibile<br />
di carne e capelli bruciati.<br />
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