dispensa panificazione base - Quanto Basta Pigneto
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<strong>dispensa</strong> 1°INCONTRO PANIFICAZIONE NATURALE<br />
INTRODUZIONE E STRUMENTI BASE<br />
a cura di ANNALISA MELIS<br />
QUANTO BASTA NEGOZIO DI PRODOTTI SFUSI E ALLA SPINA<br />
Via Luchino Dal Verme, 10 Roma<br />
Associazione L'Io Narrante<br />
Sito web: www.ionarrante.it<br />
Email: redazione@ionarrante.it<br />
Pagina Facebook: L’io Narrante<br />
Tel: 3803289554
BREVE STORIA DEL PANE<br />
Le prime evidenze storiche che testimoniano le prime forme di produzione del pane non lievitato<br />
risalgono a circa 10000 anni fa. Tuttavia fu in Mesopotamia, nel 7000 A.C. circa, che l'uomo iniziò<br />
ad utilizzare delle pietre con lo scopo di macinare il Frumento e ricavare la farina, che veniva<br />
successivamente impastata con acqua e cotta sul fuoco. Ci sono inoltre scoperte archeologiche, che<br />
risalgono a circa 4000 anni fa, che hanno permesso di ritrovare del pane nei resti di un villaggio in<br />
Svizzera. Altre scoperte archeologiche includono ritrovamenti di pane in alcune tombe a Tebe, in<br />
Egitto, che risalgono a circa 3500 anni fa. Fu proprio in Egitto, nel 2600 A.C. circa, che si fece la<br />
più grande scoperta per la produzione del pane:<br />
il lievito e quindi, la lievitazione. Prima che l'uomo imparò a coltivare i lieviti, si era soliti<br />
conservare una piccola porzione dell'impasto crudo, che veniva lasciato in contatto con l'aria,<br />
consentendo ai lieviti naturalmente presenti nell'aria di fermentare l'impasto con l'ulteriore effetto di<br />
renderlo acido. Questo impasto veniva poi aggiunto all'impasto che si utilizzava per la produzione<br />
del pane dando luogo alla lievitazione. Gli antichi Egizi furono probabilmente i primi a considerare<br />
la <strong>panificazione</strong> come un'arte, il consumo di pane di questo popolo era consistente, in prevalenza da<br />
parte delle classi meno abbienti e, non a caso, i Greci erano soliti chiamare gli Egizi come<br />
“artophagoi” cioè “mangiatori di pane”.<br />
La <strong>panificazione</strong> era ampiamente radicata e praticata in Egitto sino dal 2500 A.C., e si trovava in<br />
netta contrapposizione con l'alimentazione raffinata della classi nobili e benestanti, dove la classe<br />
sociale più misera si nutriva largamente di pane, specialmente condito con semi di papavero o di<br />
sesamo. Nell'antica Roma, i panettierigodevano di notevole prestigio nella società e la <strong>panificazione</strong><br />
assunse un'importanza così elevata e rituale tanto da arrivare a costruire forni addirittura all'interno<br />
di tempi. I Romani migliorarono le tecniche di macinatura del frumento riuscendo ad ottenere e a<br />
produrre una farina che, per la prima volta nella storia, consentiva di preparare il “pane bianco”. Si<br />
ritiene che nell'anno 100 A.C. a Roma ci fossero più di 200 esercizi commerciali che producevano e<br />
vendevano pane arrivando addirittura, nell'anno 100 circa, a fondare una vera o propria scuola di<br />
<strong>panificazione</strong>.<br />
Nel corso della sua lunghissima storia, il pane divenne sempre più importante nella vita della gente<br />
e ancora oggi assume un ruolo importante e fondamentale nella celebrazioni di riti religiosi in<br />
tantissime culture e tradizioni del mondo. Per esempio, il pane è largamente citato nella Bibbia al<br />
quale si riconosce un alto valore rituale e celebrativo, lo stesso significato è ancora oggi<br />
fondamentale in tutte le religioni che riconoscono nella Bibbia il loro Testo Sacro. Il pane è oggi<br />
diffuso ovunque nel mondo e ogni paese, ogni cultura e ogni tradizione annovera i suoi pani e i suoi<br />
ingredienti tipici. Il processo di evoluzione del pane si può definire in costante sviluppo; grazie alla<br />
sua vasta diffusione nei paesi del mondo, i<br />
panettieri creano sia nuove forme che nuovi tipi, in definitiva, la storia del pane non è ancora finita.<br />
LA PREPARAZIONE DEL PANE<br />
La preparazione e la produzione di pane è un processo relativamente semplice che prevede la<br />
cottura di un impasto ottenuto con farina, acqua e lievito. Questa “semplice” ricetta richiede in<br />
realtà una maestria particolare in ogni fase della preparazione, dall'impasto, alla lievitazione e infine<br />
alla cottura. Come si è già detto, la farina principale utilizzata per la produzione del pane è quella di<br />
frumento tenero che, oltre ad avere un gradevole odore e gusto, contiene una grande quantità di<br />
glutine, una proteina elastica, che consente di ottenere un impasto omogeneo, compatto ed elastico,<br />
in<strong>dispensa</strong>bile per ottenere una buona lievitazione e una buona cottura. La produzione del pane<br />
inizia con l'impastare la farina con l'acqua a cui si aggiunge il lievito a cui segue la foggiatura, cioè<br />
si porziona l'impasto e si conferisce una forma, e quindi si lasciano lievitare. La lievitazione è un<br />
processo fondamentale in quanto conferisce volume all'impasto. I lieviti presenti nell'impasto hanno
lo scopo di trasformare gli zuccheri della farina producendo alcol e anidride carbonica, nel caso del<br />
lievito di birra, o di far fermentare l’impasto, nel caso del lievito naturale, producendo acido lattico,<br />
e sempre alcol e anidride carbonica (ma in minore misura).<br />
E’ quest’ultimo gas che, rimanendo intrappolato nell'impasto, forma delle bolle interne e quindi<br />
volume.<br />
Il lievito maggiormente utilizzato al giorno d’oggi (ma n.b. a partire dagli anni ’50 del secolo<br />
scorso, prima si usava solo il lievito naturale o pasta madre) per la preparazione del pane è il<br />
cosiddetto “lievito di birra”. il cui nome esatto è “Saccharomyces Cerevisiae”.<br />
A questo processo segue la cottura che ha anche lo scopo di interrompere la lievitazione, di fissare<br />
la forma del pane e di formare la crosta, che a seconda delle tradizioni e dei paesi può essere più o<br />
meno croccante o friabile.<br />
La durata della lievitazione e della cottura dipendono in larga parte dagli ingredienti utilizzati, dalla<br />
quantità di lievito e dal tipo di prodotto che si intende ottenere.<br />
LA LIEVITAZIONE<br />
Lievito di birra o lievito naturale (detto anche pasta madre o pasta acida)?<br />
La fermentazione diventa arricchente e pregiata nell'uso del Lievito naturale; purtroppo tale<br />
fermentazione non è largamente utilizzata per produrre il normale pane commerciale. La<br />
fermentazione con lievito naturale infatti è lenta, e comporta procedimenti biologici naturali più<br />
delicati e complessi di quelli di una sola reazione bio-chimica, come nel caso dell’utilizzo del<br />
lievito di birra, utilizzata quasi solo a far diventare il pane soffice.<br />
Il lievito di birra è una preparazione che consiste in un concentrato di Saccaromyces cerevisiae, un<br />
fungo che come tutti i lieviti consuma carboidrati e li trasforma in alcol e anidride carbonica. Nel<br />
pane quest’ultima è il prodotto più importante: le bolle fanno crescere il pane, gli danno leggerezza.<br />
L’alcol evapora durante la cottura. Questo tipo di lievitazione si è diffusa a partire dalla seconda<br />
metà del XIX secolo; per millenni, per fare il pane è stata usata la “pasta acida” o “pasta madre”, un<br />
impasto di acqua e farina lasciato fermentare e riutilizzato di giorno in giorno, di famiglia in<br />
famiglia. Il termine “acido” deriva dal fatto che, rispetto al lievito compresso, il lievito naturale<br />
presenta caratteristiche organolettiche acide. L’acidità che si percepisce deriva dal metabolismo dei<br />
batteri lattici primariamente presenti all’interno di una “madre” insieme ad altre differenti specie<br />
microbiche, riconducibili in linea di massima a due grandi e ben distinte categorie microbiologiche:<br />
i batteri lattici (procarioti) ed i lieviti (eucarioti). Viene riprodotto quindi un ambiente acido che<br />
attiva la fermentazione lattica – caratterizzata dalla produzione di acido lattico (e in misura minore<br />
acetico) a partire dal glucosio, dall’amido dei cereali, dal fruttosio o dal lattosio-e dà al pane un<br />
sapore caratteristico e inconfondibile oltre a renderlo più digeribile.
Gli effetti dei fenomeni fermentativi sono molteplici; riguardo ai cereali, va citata la capacità di<br />
limitazione dell’acido fitico da parte di fermentazioni lente, e , almeno in parte, lattiche. L’acido<br />
fitico, notevolmente presente nel rivestimento esterno dei cereali (crusca), una volta nell’organismo<br />
si combina con calcio, ferro, magnesio, zinco e forma composti insolubili che l’organismo non<br />
riesce ad assimilare. La fermentazione con lievito di birra, infatti, rapida e a predominanza alcolica,<br />
decompone l’acido fitico solo in parte perché il processo completo necessita di pH ridotti e tempi<br />
lunghi, caratteristici della fermentazione lattica. La fermentazione inoltre facilita la digestione degli<br />
amidi, una parte dei quali si decompone in maltosio e glucosio. Un altro fattore da prendere in<br />
considerazione è la permanenza, nel pane a lievitazione naturale, di fermenti lattici vivi. I pani di<br />
più di 1kg mantengono al proprio interno un’area in cui la temperatura non sale oltre i 50°,<br />
permettendo la sopravvivenza di parte di quei fermenti che hanno consentito la lievitazione. Il pane,<br />
una volta uscito dal forno, nel giro di 24 h viene ripopolato da fermenti, utili per integrare la nostra<br />
flora batterica intestinale.<br />
DOSI ED ISTRUZIONI<br />
PANIFICAZIONE NATURALE CON LA PASTA MADRE<br />
Ecco le dosi e istruzioni (indicative) per la preparazione del tipo di pane che abbiamo fatto<br />
insieme durante il laboratorio di oggi.<br />
Queste dosi e istruzioni sono adatte ad ottnere una pagnotta dal peso finale di circa un kg e per<br />
panificare ogni 4-8 giorni.<br />
Dosi per la biga:<br />
una pallina di pasta madre del diametro di circa 3-4 cm (35gr)<br />
250 gr di farina<br />
150 cc di acqua<br />
Dosi per il pane:<br />
la biga<br />
500 g di farina<br />
250 cc di acqua<br />
1. preparare la biga (è la pasta madre "riattivata", fase prima dell'impasto del pane): prendere<br />
la pallina - aggiungere la farina e l’acqua, impastare rapidamente e lasciar riposare tra le 8<br />
e le 12 ore<br />
2. il pane: aggiungere l’altra farina (a scelta; consiglio massimo 1/3 di farine senza o con<br />
poco glutine..) e l’ acqua, impastare aggiungendo acqua o farina affinché la consistenza sia
giusta, lavorare finché è elastica, e lasciar lievitare circa 4 ore (dalle 2 alle 6 secondo le<br />
stagioni)<br />
POI, TOGLIERE UNA PALLINA PER LA VOLTA DOPO E DEPOSITARLA IN UN<br />
BARATTOLO SEMICHIUSOIN FRIGORIFERO<br />
3. cottura in forno: scaldare al massimo, prendere delicatamente il pane lievitato da sotto con<br />
le mani, dopo aver praticato alcuni intagli sulla parte superiore se vi piacciono, e metterlo<br />
sulla teglia (possibilmente già calda) 10 min a 250°, poi 40 min a 180-200°. quindi 50 min<br />
in tutto.<br />
Le proporzioni di acqua e farina vanno adattate ad occhio dato che le diverse farine<br />
assorbono l’acqua in una proporzione che varia dal 40 all’80%. L’importante è coniugare<br />
la morbidezza e l’umidità, quali fattori favorevoli per la fermentazione, con una buona<br />
tenuta dell’impasto: la forma non si deve appiattire per via della mollezza dell’impasto<br />
quando sta a riposo. L’elasticità dipende comunque anche dall’energia che si è messa nella<br />
lavorazione.<br />
PER CONSERVARE LA PASTA MADRE<br />
-la pasta madre tolta dall’impasto del pane pronto da far lievitare o infornare va messa in un<br />
barattolo semichiuso in frigorifero.<br />
-dopo 3 giorni avrà di nuovo acquistato la capacità lievitante adatta per una pagnotta da 1kg<br />
-Se dopo 7-8 giorni non avrete fatto il pane, tirate fuori la pallina dal frigo e impastatela<br />
velocemente con 2 cucchiai di farina e acqua. Questo le darà ancora una settimana di vita, ma<br />
quando farete il pane ricordate che per una pagnotta da 1kg basta una pallina. Quindi o farete più<br />
pane o getterete la pasta madre in più.<br />
-se volete fare il pane tutti i giorni o ogni due giorni, occorrerà staccare una pallina di pasta madre<br />
dalla BIGA<br />
La pasta madre che avete ricevuto oggi in dono proviene da un ceppo sardo tricentenario.<br />
E’ una pasta madre “esperta”, con una popolazione di batteri in grado di produrre un’ottima<br />
lievitazione anche nelle condizioni atmosferiche più variabili e con le farine più diverse. Predilige<br />
sicuramente la farina di grano duro (da cui è nata).<br />
FARINE<br />
Usualmente, per la <strong>panificazione</strong> industriale, vengono considerate più adatte le cosiddette farine<br />
“forti”, cioè quelle provenienti da cereali che presentano una forte componente proteica: la gliadina<br />
e la glutenina. Queste, a contatto con l’acqua, reagiscono e formano il glutine, una proteina
complessa che crea un reticolo all’interno della massa di farina e acqua, rendendola compatta,<br />
elastica e permettendole di trattenere i gas che si sviluppano durante la lievitazione.<br />
Le farine forti non richiedono lunghe lavorazioni e danno risultati accettabili anche con alte<br />
percentuali di lievito.<br />
C’è però il sospetto che il forte consumo di glutine fin dalla tenera età possa essere responsabile<br />
della sempre maggiore diffusione di disturbi legati ad intolleranze alimentari o alla celiachia.<br />
E’ comunque vero che il glutine costituisce la struttura necessaria perché il pane cuocia in maniera<br />
appropriata e l’aumento della sua presenza percentuale nel grano è stato oggetto di accurata e<br />
prolungata selezione delle sementi.<br />
La normativa italiana stabilisce che vada etichettata come “00” la farina che ha subito<br />
abburattamento (setacciatura) del 50% ; “0” quella aburattata al 72%; farina “1” quella all’80% e<br />
farina “2” all’85%. La farina integrale invece ha subito solo un primo processo di macinazione,<br />
senza buratti. Le farine più fini e bianche sono più ricche di amido, che favorisce la riproduzione<br />
dei lieviti e lo sviluppo del glutine, ma più povere di fibre, proteine, grassi ed enzimi, tutte sostanze<br />
che caratterizzano la parte esterna del chicco, rimasta in maggior quantità o totalmente nelle farine<br />
integrali, 1 o 2.<br />
Nel frumento sono contenuti, nella parte esterna del chicco, vitamina B, e nel germe, vitamina E e<br />
acidi grassi polinsaturi. Con la molitura le parti esterne vengono frantumate, così che queste<br />
componenti nutritive importanti sono esposti a ossidazione e degradazione. Migliori sono quindi le<br />
farine fresche e molite a pietra.<br />
-farina di frumento: La sua storia (grano selvatico) nasce assieme a quella della segale, del farro<br />
vestito e dell’orzo vestito, circa 11000 anni fa. Sono i primi prodotti della sedentarizzazione e della<br />
nascita dell’agricoltura. Grano duro e tenero hanno più o meno le stesse proprietà nutritive, anche se<br />
il grano duro contiene più glutine. E’ il cereale per sua natura più adatto alla <strong>panificazione</strong>.Il<br />
frumento tenero è ricco di carboidrati, ha in media il 12% di proteine.<br />
Contiene molto glutine, che dà agli impasti molta elasticità. I sali minerali e le vitamine sono<br />
localizzate nella parte esterna del chicco, quindi li ritroviamo solo nei prodotti integrali.<br />
-farina manitoba: è una farina che deriva da un tipo di frumento canadese. Particolarmente ricca di<br />
glutine, è di moda perché la sua “forza” (capacità di trattenere acqua e mantenere la lievitazione) è<br />
elevatissima. Sconsigliata in qualsiasi preparazione, per i motivi di cui sopra (troppo glutine).<br />
-farina di farro: è un cereale antico, il primo usato per la <strong>panificazione</strong> forse. Assomiglia molto al<br />
grano ma ha meno glutine e più sostanze nutritive. Consigliatissimo soprattutto se integrale per fare
il pane, ma difficile fare lievitare un impasto a <strong>base</strong> solo di farina di farro per cui consiglio di<br />
aggiungere almeno il 20% di una farina di frumento.<br />
-farina di kamut: è un cereale antico, di origini egizie. Molto simile al frumento, ma contiene molto<br />
meno glutine e più sostanze nutritive. Ha un colore giallognolo e sapore dolciastro. Ideale per i<br />
dolci.<br />
Consigliato: nì! È un’ottima farina ma peccato che la pianta sia stata con orrore “brevettata” . Il<br />
prezzo è carissimo perché paghiamo il marchio (come la pubblicità).<br />
-farina di segale: cereale usatissimo nel nord-europa. Dà una farina scura, dal sapore forte, che per<br />
lo scarso contenuto di glutine può essere usata solo se affiancata ad altre farine. Consiglio in<br />
proporzione max 40% e comunque non aspettatevi che lieviti granché. Molto salutare e proteica. Di<br />
solito si vende integrale.<br />
-farine senza glutine: riso, mais, grano saraceno. Si possono usare solo max al 30%. Il resto<br />
dev’essere farina con glutine altrimenti non lieviterà. Da provare, il pane viene ottimo!<br />
-farine di Miglio, avena, orzo: ottime farine ma con poco glutine. Vanno mescolate ad altre.<br />
-farine di varietà antiche di grano: esistono una serie di varietà antiche di grano (non modificate con<br />
raggi x, non selezionate in <strong>base</strong> alla produttività, conservabilità, contenuto di glutine). Se potete<br />
cercatele! Alcune: grano duro senatore cappelli, grano saragolla, ecc.<br />
Il consiglio è di usare il più possibile farine biologiche, di varietà antiche, di provenienza certa. La<br />
cosa migliore sarebbe trovare i piccoli produttori nei mercatini che coltivano cereali e producono<br />
farina anche senza certificazione, ma con criteri di agricoltura biologica.<br />
ALTRI INGREDIENTI<br />
Durante la fase finale di lavorazione del pane si può aggiungere a piacere: olio d’oliva (un cucchiaio<br />
per la pagnotta da 1kg standard) che lo rende più fragrante e morbido, zucchero o miele (1<br />
cucchiaio sempre per la pagnotta standard) che aiuta e accelera la lievitazione, 2 cucchiaini di sale.<br />
Si puo’ aromatizzare il pane con spezie, olive, pomodori, ecc.ecc o arricchire con semi di zucca, di<br />
girasole, di papavero, finocchio, lino, sesamo.<br />
PER FARE UN PANE DOLCE<br />
Se alle dosi per la pagnotta da 1kg aggiungete al posto di 1, almeno 3 cucchiai di zucchero o miele,<br />
il pane sarà dolce e adatto per la colazione.<br />
Consiglio in questo caso di aggiungere un po’ di latte di riso o di olio di girasole (non d’oliva) per<br />
renderlo più soffice. Molto buono con l’aggiunta di cannella e uvetta, oppure di noci, nocciole,<br />
mandorle, o ancora di pezzetti di cioccolato fondente.<br />
Sconsiglio di aggiungere uova, sono poco digeribili insieme alla farina soprattutto se integrale.<br />
PER FARE LA PIZZA
Tra pizza e pane non c’è alcuna differenza tranne il fatto che di solito la pizza per essere più gustosa<br />
viene arricchita di olio d’oliva in più; ma se spalmate la teglia d’olio, stendete l’impasto lievitato<br />
(ovviamente sottile) e poi spalmate l’impasto sopra con un po’ d’olio prima di aggiungere gli altri<br />
ingredienti (tipo pom. O mozzarella) avrete lo stesso risultato.<br />
Il consiglio è di usare in questo caso la farina di tipo 0 e non quella di grano duro o integrale, o<br />
meglio almeno mischiarle, perché queste ultime due sono meno adatte per la pizza, però dipende<br />
anche dai vostri gusti. Altra procedura che vi facilita la “stesura” nelle teglie della pizza, è dividere<br />
l’impasto per farlo lievitare in “palline”, una per ogni teglia che usate. Conviene stendere l’impasto<br />
con le mani direttamente nella teglia e non con il mattarello.<br />
La cottura essendo la sfoglia sottile, è più breve, ovvero massimo mezz’ora (controllate a vista!) e la<br />
temperatura richiesta è sempre 250 gradi. Abbassate solo se vedete che si sta bruciacchiando il<br />
fondo.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
De Luca A(2008). “Facciamo il pane”, Firenze Editrice AAM TerraNuova<br />
Aubert C. (2005)“La fermentazione tradizionale” Padova. Meb Editore<br />
Carrai B. (2001) “Arte Bianca. Materie prime, processi e controlli” Bologna.Calderini Ed Agricole<br />
Giunti Edizioni (2006) “PANE” i segreti per farlo in casa, a macchina e a mano