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tra territorialità e cyberspazio. alcune riflessioni sul significato del ...

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DANIELE MEZZAPELLE - LUCA ZARRILLI ∗<br />

TRA TERRITORIALITÀ E CYBERSPAZIO.<br />

ALCUNE RIFLESSIONI SUL SIGNIFICATO DEL CONFINE<br />

NELL’ERA VIRTUALE<br />

Introduzione. - Spesso si definisce il confine come una linea divisoria immaginaria,<br />

e ciò inevitabilmente rimanda a qualcosa di as<strong>tra</strong>tto, ossia alla rappresentazione<br />

grafica di un luogo geometrico lineare 1 che divide gli stati (quando è politico), le<br />

identità (quando è culturale), scandisce le conformazioni geografiche (quando è<br />

naturale) o identifica i limiti di uno spazio. Alcuni concetti appaiono ricorrenti:<br />

partizione, limitazione, alterità. È infatti impossibile non accostare l’idea di confine<br />

a quella di separazione o di limitazione, a quella di noto ed ignoto, ad una<br />

partizione di qualcosa una volta unico. È nell’essenza stessa <strong>del</strong> concetto il<br />

<strong>del</strong>imitare, diversificare e porre in relazione due o più entità, divenendo luogo<br />

“misterioso” 2 , che “mettendo in contatto separa, o, forse, separando mette in<br />

contatto”. 3<br />

Tutto ciò ha senso nel mondo materiale, oggi quasi senza eccezioni suddiviso in<br />

soggetti politici - tipicamente, gli Stati - a sovranità de-limitata per l’appunto dai<br />

confini, e che svolgono ancora un ruolo fondamentale nel determinare l’entità, la<br />

velocità e l’intensità <strong>del</strong>le relazioni che intercorrono fra i primi e fra le persone<br />

fisiche e giuridiche che vi risiedono. La questione di cui ci si vuole occupare in<br />

∗ D. Mezzapelle ha redatto i parr. 1, 2 e 3. L. Zarrilli ha redatto l’Introduzione ed il par. 4.<br />

1 La linearità <strong>del</strong> confine è una semplificazione, in quanto la geografia politica identifica il confine<br />

come un piano verticale che va dallo spazio aereo al sottosuolo. A tal proposito, cfr. M. I. Glassner,<br />

Manuale di Geografia Politica, Milano, Franco Angeli, 1997, vol. I, p. 98.<br />

2 P. Zanini, Significati <strong>del</strong> confine, Milano, Bruno Mondadori, 1997, p. XIII.<br />

3 Ibidem, p. XIV.


questa sede è se il concetto di confine, scaturito dalla dimensione archetipica degli<br />

albori <strong>del</strong>la civiltà ed approdato a quella politica <strong>del</strong>la modernità, con i suoi<br />

retaggi storici e i suoi adattamenti evolutivi, abbia un senso e un ruolo anche nei<br />

contesti <strong>del</strong>la virtualità e <strong>del</strong> <strong>cyberspazio</strong>, ossia in contesti caratterizzati dalla<br />

smaterializzazione dei luoghi, <strong>del</strong>le persone, 4 <strong>del</strong>le interazioni.<br />

1. Le dimensioni <strong>del</strong> confine<br />

La dimensione archetipica. - Le forme archetipica regolano l’inconscio collettivo con<br />

<strong>del</strong>le motivazioni che prescindono dalla <strong>tra</strong>ttazione logica, radicando nell’uomo<br />

dei concetti primordiali e vitali. 5 Nel novero di tali concetti, il confine e la<br />

<strong>territorialità</strong> compaiono a pieno titolo, l’uno causa <strong>del</strong>l’al<strong>tra</strong> e viceversa.<br />

L’archetipo territorio, infatti, comporta necessariamente una <strong>del</strong>imitazione, ovvero<br />

ha ragione di esistere solo se dei confini individuano il suo inizio e la sua fine,<br />

andando a determinare altre entità consequenziali inevitabilmente concatenate in<br />

questa spirale concettuale: il centro ed il margine, l’interno e l’esterno.<br />

Di seguito le parole di Piero Zanini:<br />

“l’uomo tende a vivere all’interno di uno spazio chiuso, limitato. Ha<br />

bisogno di avere attorno a sé una barriera che <strong>del</strong>imiti lo spazio che ha<br />

occupato, lo separi e lo protegga da un qualcosa che nel momento in cui<br />

viene <strong>tra</strong>cciato un confine diventa «altro»,«diverso».” 6<br />

4 È il caso, ad esempio, di Second Life, che permette all’utente di spogliarsi <strong>del</strong> proprio ego reale per<br />

creare ex novo l’identità <strong>del</strong> proprio personaggio.<br />

5 Cfr. C. G. Jung, Gli archetipi e l’inconscio collettivo, Torino, Bollati Boringhieri, 1997.<br />

6 P. Zanini, op. cit., p. XV.


Ed ecco che si palesa immediatamente l’importanza e l’universalità <strong>del</strong>la figura<br />

archetipica confinaria: è la genesi <strong>del</strong>la diversità; è la conoscenza di tutti gli<br />

elementi interni ad un contesto che allontana il timore <strong>del</strong>l’ignoto; è la<br />

<strong>del</strong>imitazione di uno spazio su cui avanzare un diritto, rivendicare una sovranità,<br />

esercitare la propria identità; è difesa dall’alterità; è rifugio dalla natura<br />

vulnerabile <strong>del</strong> genere umano poiché si costituisce qualcosa di finito, di certo e<br />

sicuro, con<strong>tra</strong>stando l’infinito ovvero l’assenza di limiti.<br />

In un solo atto, dunque, si fondono diverse categorie <strong>del</strong>l’intelletto, quali il diritto<br />

(<strong>del</strong>imitare significa creare sovranità e norme); la geometria <strong>del</strong>le forme; la guerra;<br />

la sacralità dei riti di fondazione – si pensi a Romolo e Remo 7 – ed il misticismo<br />

che tali luoghi evocano. 8<br />

La dimensione culturale. - Gli elementi testé citati riconducono inevitabilmente alla<br />

sfera culturale; sono, infatti, artefatti <strong>del</strong>l’intelletto e pertanto si inseriscono nella<br />

mole di manifestazioni che il concetto di cultura - inteso come “patrimonio di<br />

sapere collettivo, articolato e diversificato, che rende possibile la vita unitaria di<br />

qualsiasi gruppo umano, anche <strong>del</strong>le comunità più semplici e «primitive»” 9 –<br />

ingloba.<br />

Delineare un confine culturale equivale a raggruppare in un certo insieme<br />

elementi di omogeneità culturale, e tale insieme può non corrispondere – il che<br />

capita nella maggior parte dei casi – ad un confine politico. Per dirla in altri<br />

7 Cfr. P. Zanini, op.cit., p. 8.<br />

8 Cfr. M. Sordi, “Silla e lo «ius pomerii proferendi»” in Sordi M. (a cura di), Il confine nel mondo<br />

classico, Milano, Vita e Pensiero, 1987, p. 202.<br />

9 E. Spedicato Iengo, Per incon<strong>tra</strong>re la Sociologia, Lanciano, Rivista Abruzzese, 2006, p.91.


termini, non necessariamente un gruppo culturalmente omogeneo occupa uno<br />

spazio politicamente univoco.<br />

Il problema non è di poco conto, poiché altissima è la frequenza di tali asimmetrie,<br />

che si <strong>tra</strong>ducono nella frammentazione di una cultura compatta ad opera di un<br />

segno topografico convenzionale, che diventa ostacolo politico, a volte,<br />

insormontabile.<br />

La Storia è piena di tali esempi, ma il caso <strong>del</strong>l’Africa alla fine <strong>del</strong> diciannovesimo<br />

secolo è emblematico. La pratica di creare confini laddove la cultura non ne ha<br />

posti è stata assai frequente nel continente africano: si pensi, infatti, alle anomali<br />

figurazioni geometriche dei confini <strong>del</strong> Gambia – vero e proprio cuneo di matrice<br />

britannica nello stato francofono <strong>del</strong> Senegal - e <strong>del</strong> cosiddetto Dito di Caprivi. 10 È<br />

evidente che l’identità culturale non può seguire repentine modificazioni<br />

cartografiche, ed è illuminante al riguardo la dichiarazione di un capo locale<br />

africano: “Per quanto ci riguarda, il confine serve a separare gli inglesi e i francesi,<br />

non gli yoruba”. 11<br />

Nel mondo contemporaneo, tuttavia, sembra verificarsi anche la dinamica<br />

opposta: a dividere i popoli non è sempre e solo un confine politico, ma - in talune<br />

circostanze - un confine culturale, in virtù <strong>del</strong> quale sembrano scemare alcuni<br />

confini politici sovrimposti alla regione culturale. Pare, allora, che prenda piede<br />

una esasperazione <strong>del</strong>l’aspetto culturale, che rafforza il senso di appartenenza ad<br />

una determinata identità capace di generare <strong>del</strong>le frizioni proprio sui confini di<br />

10 Il Dito di Caprivi è un territorio <strong>del</strong>la Namibia dalla forma estremamente innaturale che si<br />

incunea <strong>tra</strong> gli stati <strong>del</strong>l’Angola e <strong>del</strong> Botswana: la sua lunghezza è di 450 km, mentre la larghezza<br />

è di soli 30 km.<br />

11 J. Reader, Africa. Biografia di un continente, Milano, Mondadori, 2001, p. 492.


tali culture. Questo sembrerebbe confermare, in una certa misura, la teoria <strong>del</strong>lo<br />

scontro <strong>del</strong>le civiltà, – the clash of civilizations – formulata da Samuel Phillips<br />

Huntington (1927-2008), che nel corso degli anni novanta 12 ha esposto le sue<br />

considerazioni circa le dinamiche geopolitiche globali <strong>sul</strong>la scorta di fattori di<br />

matrice culturale.<br />

L’uomo si autodefinisce in termini di progenie, religione, lingua,<br />

storia, valori, costumi e istituzioni. Si identifica con gruppi culturali:<br />

tribù, gruppi etnici, comunità religiose, nazioni e, a livello più ampio,<br />

civiltà. 13<br />

Il confine, dunque, può al contempo unire e dividere. L’aspetto culturale, tanto<br />

complesso per la vastità degli elementi che racchiude, si candiderebbe a<br />

discriminare – almeno secondo la tesi huntingtoniana – fra stabilità e conflittualità.<br />

12 Nel 1993 Huntington diede il via ad un dibattito <strong>tra</strong> i teorici <strong>del</strong>le relazioni internazionali con la<br />

pubblicazione su Foreign Affairs di un articolo estremamente influente e citato, intitolato "The Clash<br />

of Civilizations?", poi ripreso e ampliato nel libro The Clash of Civilizations and the Remaking of World,<br />

Simon and Schuster, 1996.<br />

13 Ibidem.


La dimensione politica. - L’aspetto politico <strong>del</strong> confine è sicuramente quello più<br />

evidente nell’immaginario comune, poiché è l’ambito dove meglio lo si colloca<br />

concettualmente. In questo ambito, l’evoluzione storica si è manifestata in un<br />

processo di graduale istituzione di entità giuridiche territoriali - la più importante<br />

<strong>del</strong>le quali è quella che definiamo Stato – che non hanno ragion d’essere senza un<br />

confine che le <strong>del</strong>imiti.<br />

Il confine politico, infatti, segna “il limite <strong>del</strong>la giurisdizione e <strong>del</strong>la sovranità”, 14<br />

evidenziando come tale categoria sia un <strong>tra</strong>tto essenziale di qualunque entità<br />

sovrana su una porzione territoriale, sia essa statale, sub-statale o espressione di<br />

un qualunque altro tipo di organizzazione politico-amminis<strong>tra</strong>tiva.<br />

L’aspetto politico <strong>del</strong> confine mette in luce ancora una volta ed in maniera<br />

evidente – forse per il suo facile riscontro -l’indispensabilità <strong>del</strong> confine per una<br />

qualsiasi entità politica con pretese di sovranità su uno spazio. Il confine, dunque,<br />

nella sua declinazione politica esprime un ruolo di assoluta importanza, in quanto<br />

le sue innumerevoli situazioni, manifestazioni e contingenze, troppo spesso<br />

cruciali nei rapporti <strong>tra</strong> gli uomini, sono alla base <strong>del</strong>l’esistenza stessa di una<br />

organizzazione socio-politica che si esprime territorialmente.<br />

14 M. I. Glassner, op.cit., p. 96.


2. Il confine nella Storia: una sintesi. - Il confine, nella sua forma ideale, è nato con<br />

l’uomo. Nella Genesi, l’atto divino <strong>del</strong>l’estromissione di Adamo ed Eva dal<br />

Paradiso Terrestre implica necessariamente la definizione di un limite che separi e<br />

distingua l’Eden dalla terra di Nod. È chiaro, allora, come il confine sarà elemento<br />

ineluttabile nella storia <strong>del</strong>l’umanità.<br />

L’importanza di un segno visibile di <strong>del</strong>imitazione è alla base <strong>del</strong>l’ordine sociale<br />

<strong>del</strong>l’antica Grecia, sia sotto l’aspetto politico, sia sotto quello religioso. Per quanto<br />

concerne il primo, l’organizzazione spaziale e territoriale <strong>del</strong>le póleis, <strong>del</strong>le città-<br />

stato, comportava l’individuazione <strong>tra</strong> i rispettivi territori di un confine lineare<br />

stabile, in modo da ottenere una forma di sovranità giuridicamente efficace per<br />

l’esercizio <strong>del</strong>l’autorità statale. 15 Sotto l’aspetto religioso, il confine è posto invece<br />

sotto la protezione di divinità come Zeus Horios 16 , Apollo Horios, Artemide ed<br />

Hermes, che ne avrebbero garantito l’inamovibilità e l’inviolabilità.<br />

Sotto il profilo <strong>del</strong>la sacralità <strong>del</strong> confine, la cultura romana presenta affinità con<br />

quella greca. Se in quest’ultima gli horoi erano consacrati agli dèi, a Roma esisteva<br />

una divinità specifica per il confine 17 : Terminus detto anche Juppiter Terminus. 18<br />

Tale divinità era venerata con una cadenza precisa, ovvero il 23 Febbraio, giorno<br />

in cui ricorrevano le Laudi Terminalia. Da qui si evince tutta la caratterizzazione<br />

15 Cfr. G. Daverio Rocchi, Frontiera e confini nella Grecia antica, Roma, L’Erma di Bretschneider, 1988,<br />

p. 25.<br />

16 La dicitura <strong>del</strong> segno di confine, <strong>tra</strong>slitterando dal greco antico όρος, è horos od oros.<br />

17 Spesso il termine confine viene <strong>tra</strong>dotto con il lemma limes, che però non va considerato come un<br />

fenomeno spaziale lineare, essendo piuttosto un’opera di fortificazione che veniva eretta ai confini<br />

<strong>del</strong>la romanitas per garantire la difesa o per costituire una base di offesa. Si <strong>tra</strong>ttava, quindi, di uno<br />

spazio in funzione militare sia in veste di zona ai margini, sia in veste di infrastruttura s<strong>tra</strong>dale per<br />

lo spostamento <strong>del</strong>le legioni nei vari territori di confine.<br />

18 Cfr. G. Piccaluga, Terminus: segni di confine nella religione romana, Roma, Edizioni Ateneo, 1974,<br />

pp. 286 e ss.


culturale e mitica circa il confine: dedicare <strong>del</strong>le laudi in giorni precisi, sacrificare<br />

offerte, imporre dei castighi esemplari a chi manomette la posizione dei cippi<br />

significa rimandare ad una sfera sacrale sovrana nell’ordinamento romano 19 .<br />

Nel corso <strong>del</strong> Medioevo e <strong>del</strong>l’età moderna la valenza sacrale in auge<br />

nell’Antichità è andata via via scemando, ed il confine è andato sempre più<br />

assumendo la forma e la funzione di un “elemento di divisione <strong>del</strong>lo spazio”, 20<br />

perdendo il suo alone di misticismo in luogo di una concezione sempre più<br />

prossima a quella attuale, ovvero di <strong>del</strong>imitazione di un dominio esclusivo.<br />

Nella grande mole di avvenimenti storici inerenti l’evoluzione <strong>del</strong> confine, è<br />

necessario citarne due di enorme rilevanza: il <strong>tra</strong>ttato di Tordesillas <strong>del</strong> 1494 e<br />

quello di Westfalia <strong>del</strong> 1648. Il primo si riferisce alla risoluzione <strong>del</strong>la controversia<br />

<strong>tra</strong> Spagna e Portogallo per il dominio sui territori scoperti da Colombo operata da<br />

papa Alessandro VI, che con la bolla pontificia Inter Cætera istituisce una “linea<br />

immaginaria che, passando a un centinaio di leghe dalle Azzorre, avrebbe dovuto<br />

segnare il confine <strong>tra</strong> la zona d’influenza portoghese ad est, e quella spagnola ad<br />

ovest.” 21 Con il <strong>tra</strong>ttato di Westfalia 22 <strong>del</strong> 1648, invece, “si ha per la prima volta<br />

una sistemazione politica dei confini su scala europea” 23 e si inaugura un nuovo<br />

ordine internazionale, basato <strong>sul</strong>la formazione e <strong>sul</strong>la nascita <strong>del</strong> concetto di<br />

sovranità <strong>del</strong>lo Stato, ovvero di un sistema in cui gli Stati si riconoscono <strong>tra</strong> loro<br />

19 Ibidem, p. 149.<br />

20 P. Marchetti, Spazio politico e confini nella scienza giuridica <strong>del</strong> tardo medioevo, in “Distinguere,<br />

separare, condividere. Confini nelle campagne <strong>del</strong>l’Italia medievale”, a cura di Paola Guglielmotti,<br />

Reti Medievali - Rivista, VII, 1, 2006.<br />

21 J. H. Parry, Le grandi scoperte geografiche, Milano, Il Saggiatore, 1994, p. 203.<br />

22 La pace di Westfalia pose fine alla cosiddetta guerra dei trent'anni, iniziata nel 1618, e alla guerra<br />

degli ottant’anni, <strong>tra</strong> la Spagna e le Province Unite.<br />

23 G. Lizza, Geopolitica. Itinerari <strong>del</strong> potere, Torino, Utet, 2001, p. 178.


proprio e solo in quanto Stati, al di là <strong>del</strong>la fede dei vari sovrani, e che getta le basi<br />

per una concezione moderna <strong>del</strong>le dinamiche politiche nazionali ed internazionali,<br />

che ri<strong>sul</strong>terà imperante fin oltre la metà <strong>del</strong> Novecento.<br />

Nel mondo contemporaneo, e con una intensificazione databile all’ultimo<br />

decennio <strong>del</strong> XX secolo, il ruolo <strong>del</strong> confine sembra oscillare <strong>tra</strong> due tendenze<br />

con<strong>tra</strong>pposte. Da un lato si assiste ad un forte radicamento territoriale – si pensi al<br />

conflitto israelo-palestinese, o a quello <strong>del</strong> Nagorno-Karabakh -, che proietta il<br />

confine a roccaforte <strong>del</strong>l’identità territorialmente espressa: è nel territorio che si<br />

radica l’identità, è con esso che si stringono legami di appartenenza inclusivi od<br />

esclusivi 24 – la <strong>territorialità</strong> appunto - e si <strong>tra</strong>ccia il confine <strong>del</strong> nostro essere.<br />

Dall’altro si assiste alla defunzionalizzazione <strong>del</strong> confine, o meglio al<br />

depotenziamento di <strong>alcune</strong> funzioni tipiche di una concezione statuale improntata<br />

al principio di <strong>territorialità</strong>. La causa di questo mutamento viene comunemente<br />

individuata nella globalizzazione, intesa come “l’ampliamento, l’intensificazione e<br />

l’accelerazione <strong>del</strong>le relazioni, interconnessioni e interdipendenze fra differenti<br />

aree <strong>del</strong> mondo. Questa interrelazione si riferisce, in generale, a tutti gli ambiti<br />

<strong>del</strong>la vita umana, dagli aspetti culturali a quelli economici, dalla moda alla<br />

politica, dai fenomeni terroristici a quelli finanziari.” 25<br />

Il dato che maggiormente ci interessa ai fini <strong>del</strong> nostro lavoro è quello inerente<br />

l’aspetto funzionale, e dunque qualitativo, che il fenomeno <strong>del</strong>la globalizzazione<br />

comporta. Si <strong>tra</strong>tta <strong>del</strong>la crescente sfera di potere di quegli organismi<br />

24 Cfr. C. Raffestin, Per una geografia <strong>del</strong> potere, Milano, Unicopli, 1981.<br />

25 A. Vanolo, Geografia economica <strong>del</strong> sistema-mondo. Territori e reti nello scenario globale, Torino, Utet,<br />

2006, p. 25.


sovranazionali – si pensi all’Unione Europea o al Wto - che “divengono attori<br />

progressivamente più importanti, erodendo, in qualche misura, l’importanza dei<br />

governi nazionali” 26 , cui corrisponde una progressiva perdita di “importanza”<br />

<strong>del</strong>l’entità statale, e quindi <strong>del</strong> confine come limite <strong>del</strong>la sua sovranità. In questo<br />

senso l’Unione Europea con i suoi principi cardine di integrazione e libera<br />

circolazione di persone, merci, capitali e servizi enfatizza il ruolo <strong>del</strong> confine come<br />

luogo di unione anziché separazione, a scapito <strong>del</strong>la funzione identitaria e<br />

divisoria che si riscon<strong>tra</strong> in una forte manifestazione di <strong>territorialità</strong>.<br />

Se da un lato sembra essere in atto una “crisi <strong>del</strong> principio di <strong>territorialità</strong>” 27 ,<br />

dall’altro è fuor di dubbio che lo Stato rappresenti ancora per le società nazionali<br />

la base territoriale di riferimento, che non cede il passo ad una identità comune,<br />

europea o mondiale. In questo scenario, allora, il confine acquista una nuova<br />

veste: pur non prescindendo <strong>del</strong> tutto dagli elementi identitari <strong>del</strong> passato, guarda<br />

al futuro in una condizione di ambivalenza, al tempo stesso segno <strong>del</strong>la<br />

<strong>tra</strong>nsizione culturale e simbolo di una sovranità radicata nella <strong>territorialità</strong><br />

nazionale, ma germogliata nel giardino <strong>del</strong>la globalità.<br />

26 Ibidem, p. 27.<br />

27 Cfr. B. Badie, “L’aporia territoriale”, Geotema, n. 9, Settembre-Dicembre 1997, p. 22; La fine dei<br />

territori. Saggio <strong>sul</strong> disordine internazionale e <strong>sul</strong>l’utilità sociale <strong>del</strong> rispetto, Trieste, Asterios, 1996.


3. Cyberspazio, distanza, territorio<br />

La realtà virtuale e il <strong>cyberspazio</strong>. - L’espressione “realtà virtuale” è en<strong>tra</strong>ta ormai<br />

prepotentemente nel nostro linguaggio comune, e viene utilizzata in senso<br />

negativo per indicare ciò che è immateriale, intangibile, in un certo senso falso, e<br />

quindi con<strong>tra</strong>pposto al reale. A ben vedere, anche se priva di consistenza<br />

materiale, la realtà virtuale esiste. Per dirla con Lévy:<br />

È virtuale un’entità “deterritorializzata”, in grado di generare<br />

molteplici manifestazioni concrete in momenti diversi ed in luoghi<br />

determinati, senza essere tuttavia di per sé stessa legata a uno spazio o<br />

a un tempo particolari. 28<br />

Un altro aspetto fondamentale da sottolineare è l’accostamento <strong>del</strong>la realtà<br />

virtuale al mondo <strong>del</strong>la rivoluzione informatica, naturale conseguenza <strong>del</strong>lo<br />

sviluppo <strong>del</strong>le nuove tecnologie digitali. La realtà virtuale, dunque, vive un<br />

periodo di massimo interesse poiché incon<strong>tra</strong> il sos<strong>tra</strong>to fertile <strong>del</strong>la rivoluzione<br />

digitale, en<strong>tra</strong>ndo nell’immaginario collettivo come la frontiera <strong>del</strong>la post-<br />

modernità, la stessa frontiera che ha generato il nuovo scenario di riferimento: il<br />

<strong>cyberspazio</strong>.<br />

Cyber deriva dal greco kubernan, che significa governare, manovrare, pilotare. Fu<br />

utilizzato per la prima volta dallo scienziato Norbert Wiener negli studi che, nella<br />

28 P. Lévy, Cybercultura…op. cit., p. 51.


seconda metà degli anni quaranta, costituirono la base <strong>del</strong>la cibernetica. 29 Fu<br />

invece lo scrittore canadese William Gibson a coniare il termine <strong>cyberspazio</strong> nel<br />

suo romanzo Neuromancer <strong>del</strong> 1984, descrivendolo come uno spazio digitale e<br />

navigabile nel quale individui e società interagivano at<strong>tra</strong>verso le informazioni.<br />

Dall’uscita di Neuromancer in poi il concetto di <strong>cyberspazio</strong> é stato ripreso,<br />

riutilizzato e modificato, ma è sempre stato riferito al mondo <strong>del</strong>l’informazione<br />

scambiata at<strong>tra</strong>verso il computer: una metafora utilizzata per descrivere lo spazio,<br />

non fisico, creato dai computer quando si connettono <strong>tra</strong> loro at<strong>tra</strong>verso una rete<br />

di telecomunicazioni. L’informazione, dunque, è l’elemento chiave <strong>del</strong><br />

<strong>cyberspazio</strong>.<br />

Nell’uso corrente, il termine <strong>cyberspazio</strong> è generalmente utilizzato come sinonimo<br />

di Internet. Tuttavia i due termini si riferiscono a cose diverse: mentre Internet<br />

rappresenta una ben precisa infrastruttura tecnologica, fatta di oggetti<br />

materialmente esistenti, il <strong>cyberspazio</strong> rappresenta lo spazio immateriale che<br />

promana da quell’infrastruttura quando viene utilizzata per diffondere o<br />

scambiare informazioni. 30 Ciò che avviene nella rete (uno scambio di messaggi di<br />

posta elettronica, ad esempio) avviene nel <strong>cyberspazio</strong> e non nello spazio fisico<br />

ove sono installati i computer che interagiscono. Come lo spazio fisico, il<br />

<strong>cyberspazio</strong> contiene oggetti - messaggi di posta elettronica, siti web, file, ipertesti<br />

- che possono essere <strong>tra</strong>sportati, consegnati o prelevati.<br />

29 La cibernetica è una disciplina scientifica che studia i meccanismi con cui uomini, animali e<br />

macchine comunicano con l’ambiente esterno e lo controllano.<br />

30 Cfr. C. Giorda, Cybergeografia. Estensione, rappresentazione e percezione <strong>del</strong>lo spazio nell’epoca<br />

<strong>del</strong>l’informazione, Torino, Tirrenia Stampatori, 2000, p.35.


Morte <strong>del</strong>la distanza? - Nell’analisi geografica <strong>del</strong>lo spazio cibernetico non si può<br />

prescindere dal considerare la presunta morte <strong>del</strong>la distanza 31 nella sua accezione<br />

geometrica, espressa come segmento che unisce due punti distanti <strong>tra</strong> loro 32 . Ciò<br />

non equivale, però, ad affermare che la distanza nel <strong>cyberspazio</strong> non esista più; si<br />

rende piuttosto necessario individuare una nuova modalità di misurazione <strong>del</strong>la<br />

stessa, che si adatti al fenomeno.<br />

Nel nuovo mondo virtuale il criterio più utile per la misurazione <strong>del</strong>la distanza<br />

appare quello <strong>del</strong>l’accessibilità, sostituendo la classica dicotomia centro-periferia<br />

con quella connesso-non connesso. “Essere distante oggi è non essere, non essere<br />

connesso ai flussi e alle reti che innervano la globalizzazione.” 33<br />

Appare chiaro, quindi, come il nuovo concetto di distanza sfugga a parametri<br />

metrici, per giungere a connotazioni relazionali. La teoria geografica, d’altronde,<br />

ha fatto già proprie queste tematiche, tanto che viene con<strong>tra</strong>pposta una distanza<br />

assoluta (espressa in termini metrici) ad una relativa, che fa <strong>del</strong>la relazionalità e<br />

<strong>del</strong>l’accessibilità – ossia <strong>del</strong>la “capacità di essere raggiunti da individui o beni e<br />

servizi” 34 - il discriminante <strong>tra</strong> il vicino ed il lontano.<br />

In tal senso la distanza è presente anche nel <strong>cyberspazio</strong>, dove assume le forme di<br />

una distanza tecnologica, vale a dire la capacità, oltre che la possibilità, degli<br />

individui di accedere alle informazioni e di rielaborarle. 35<br />

31 Cfr. P. Bonora, “Domini <strong>del</strong>la comunicazione <strong>tra</strong> confini <strong>del</strong>l’appartenenza e recinti elettronici”,<br />

in P. Bonora (a cura di), Comcities. Geografie <strong>del</strong>la comunicazione, Bologna, Baskerville, 2001, p. 12.<br />

32 Cfr. C. Giorda, op. cit., p. 90.<br />

33 Cfr. P. Bonora, op. cit., p. 12.<br />

34 L. Scarpelli, “Distanza/accessibilità”, in G. De Vecchis e C. Palagiano (a cura di), Le parole chiave<br />

<strong>del</strong>la geografia, a cura, Roma, Carocci, 2003, p. 180.<br />

35 Cfr. P. Romei, “Tra locale e globale: la complessità <strong>del</strong>le reti telematiche”, in G. Dematteis e E.<br />

Dansero (a cura di), Regioni e reti nello spazio unificato europeo, Atti <strong>del</strong> convegno <strong>del</strong>la Società di Studi


La nuova forma di distanza che si viene a creare prende il nome di digital divide.<br />

Generalmente, con tale formula si intende il gap che esiste <strong>tra</strong> gli individui, le<br />

aziende, le organizzazioni e le aree geografiche in relazione alle opportunità di<br />

accesso alle tecnologie <strong>del</strong>l’informazione e <strong>del</strong>la comunicazione, ed in relazione al<br />

loro uso nelle diverse attività. 36<br />

Il digital divide può essere riferito a due diversi contesti. Si parla di divario digitale<br />

interno, per indicare il divario che esiste, all’interno di un’area geografica, <strong>tra</strong> ricchi<br />

e poveri, <strong>tra</strong> giovani ed anziani, <strong>tra</strong> donne e uomini e così via; si definisce, invece,<br />

divario digitale esterno quello che esiste <strong>tra</strong> aree, in particolare <strong>tra</strong> il Nord e il Sud<br />

<strong>del</strong> Mondo.<br />

Alla luce di tali considerazioni, dunque, emerge un elemento di rilievo per la<br />

considerazione geografica: di certo nel <strong>cyberspazio</strong> non esiste fisicità e l’atto di<br />

misurare geometricamente la distanza ri<strong>sul</strong>ta impossibile. Se, però, utilizziamo<br />

come unità di misura le relazioni e le connessioni telematiche, allora avremmo un<br />

nuovo scenario, tutto da misurare.<br />

Nuovi spazi, nuove <strong>territorialità</strong>. - Lo sviluppo e la diffusione <strong>del</strong> <strong>cyberspazio</strong> ha<br />

comportato una rivisitazione anche <strong>del</strong> concetto di territorio, associato, da sempre,<br />

Geografici, Firenze, 20-21 ottobre 1994, supplemento alla Rivista Geografica Italiana, Firenze, 1996,<br />

pp. 321-334, p. 324.<br />

36 Cfr. la definizione fornita dall’ OECD riportata da M. Ranieri, “Tecnologie e digital divide. Quali<br />

scenari?”, in C. Delogu (a cura di), Tecnologie per il web learning. Realtà e scenari, Firenze, 2008, p. 98.


ad una “parte <strong>del</strong>la superficie terrestre in cui si svolgono o possono svolgersi le<br />

attività umane” 37 .<br />

Ri<strong>sul</strong>ta evidente la difficoltà di individuare il territorio <strong>del</strong> <strong>cyberspazio</strong>, essendo<br />

quest’ultimo non presente concretamente <strong>sul</strong>la superficie terrestre. Possiamo<br />

superare questa difficoltà concependo il territorio cibernetico come quello spazio<br />

virtuale all’interno <strong>del</strong> quale in<strong>tra</strong>tteniamo <strong>del</strong>le relazioni, e verso il quale<br />

proviamo un senso di appartenenza, alla stregua di un territorio materiale nel<br />

quale radichiamo i nostri legami.<br />

Il <strong>cyberspazio</strong>, allora, si presenta come un territorio non fisico, confinante con<br />

quello tangibile at<strong>tra</strong>verso i quattro lati <strong>del</strong> monitor <strong>del</strong> computer,<br />

formato da luoghi virtuali <strong>tra</strong> loro in relazione secondo una certa<br />

geografia e che è occupato da soggetti, più o meno strutturati e<br />

organizzati, che utilizzano i codici di comportamento propri di quel<br />

particolare ambiente. 38<br />

I nuovi spazi virtuali sono quindi rappresentati dalle Chat, dai NewsGroup, dai<br />

Social Network, dai Muds. Si creano così <strong>del</strong>le “agorà virtuali”: se le piazze sono<br />

state da sempre i gangli <strong>del</strong> tessuto urbano, allora le “agorà virtuali” si configurano<br />

come i nuovi perni <strong>del</strong> <strong>cyberspazio</strong>, diventando i nodi di una fenomenologia<br />

reticolare, spazi emblematici <strong>del</strong> bisogno di condivisione e di comunicazione.<br />

37 P. Landini, “Il territorio e i suoi segni”, in Iter. Scuola Cultura Società, Istituto <strong>del</strong>la Enciclopedia<br />

Italiana, 1999, n. 4, p. 29.<br />

38 L. Picci, La sfera telematica, Bologna, Baskerville, 1999, p.13.


4 – Conclusioni: il senso <strong>del</strong> confine nello spazio cibernetico. - Il concetto di confine,<br />

nella sua essenza di partizione e separazione dall’alterità, non è cambiato nel corso<br />

<strong>del</strong>la Storia, poiché tale concezione promana da un sos<strong>tra</strong>to archetipico. Ciò che è<br />

cambiato, invece, è l’interpretazione che ne hanno dato gli uomini, in funzione <strong>del</strong><br />

contesto territoriale e storico di riferimento: da quella sacrale <strong>del</strong>le civiltà classiche<br />

a quella politico-identitaria <strong>del</strong>lo Stato nazionale, passando per quella prediale <strong>del</strong><br />

Medioevo.<br />

Si è assistito ad un corso storico che ha prima legato il confine alla materialità <strong>del</strong>la<br />

sua manifestazione, per poi parzialmente liberarlo dal vincolo <strong>del</strong> riferimento<br />

territoriale: per i Greci e per i Romani esso risiedeva nell’eterea divinità, nella<br />

soglia da non varcare, fortemente impregnata di misticismo; si è poi cristallizzato<br />

in una terra di nessuno che, sempre più, ha evoluto il suo carattere geometrico<br />

verso la linea di nessuno; ha quindi tangibilmente espresso una identità, una<br />

cultura, un’appartenenza in pesanti blocchi di argilla o di cemento, per giungere<br />

quindi ad una forma immateriale, che fatica ad assumere una connotazione<br />

precisa laddove ci si confronti con lo spazio cibernetico.<br />

Di certo l’era <strong>del</strong>la virtualità ha comportato un’alterazione <strong>del</strong>la sfera relazionale,<br />

che necessita oggi di rimodulazioni concettuali. Si <strong>tra</strong>tta, dunque, di adattare i<br />

nuovi criteri <strong>del</strong>la post-modernità agli schemi che da sempre hanno guidato<br />

l’interazione fra gli uomini.<br />

A parere di chi scrive, il senso <strong>del</strong> confine nel <strong>cyberspazio</strong> va ricercato ancora una<br />

volta nel suo carattere archetipico di divisione e di <strong>del</strong>imitazione dall’alterità: nel<br />

mondo reale il confine <strong>del</strong>imita la sovranità di uno Stato o l’identità di una


nazione su un territorio che ne è l’espressione; analogamente, possiamo<br />

individuare nel <strong>cyberspazio</strong> i nuovi territori <strong>del</strong>l’immaterialità, costituiti da bit e<br />

codici numerici.<br />

Qui il limite – il confine <strong>tra</strong> ciò che è dentro e ciò che è fuori - è dato non già da<br />

linee immaginarie o da manufatti riferibili ad una porzione di superficie terrestre.<br />

Esso è dato, in prima istanza e come discrimine di base, dall’appartenenza o meno<br />

all’era e alla civiltà <strong>del</strong>l’accesso, nel senso indicato da Rifkin 39 . Ci si riferisce<br />

chiaramente a quanto sopra accennato a proposito <strong>del</strong> divario digitale: “La<br />

connessione integrale, diffusa nell’ecumene è una ipotesi teorica, tecnicamente<br />

possibile sia at<strong>tra</strong>verso cablazione, sia, in più lontana prospettiva, at<strong>tra</strong>verso<br />

collegamenti satellitari. Le grandi multinazionali <strong>del</strong>la comunicazione, le grandi<br />

imprese che guardano ad Internet come un mercato, sono interessate alla<br />

geografia <strong>del</strong>le aree a più alto prodotto lordo pro capite. E nelle aree in cui la<br />

maggioranza <strong>del</strong>la popolazione ha redditi largamente al disotto di quella che<br />

nell’emisfero nord è considerata la soglia <strong>del</strong>la povertà, quello <strong>del</strong>la connessione<br />

in rete non è certo visto come il problema prioritario” 40 .<br />

In seconda istanza, esso è dato dalla condivisione o meno di spazi virtuali – di<br />

cyberterritori –, che vedono la propria ragion d’essere nell’espressione di una<br />

cultura – intesa nel senso più ampio possibile - e nell’esercizio <strong>del</strong>la libertà di<br />

adesione da parte dei soggetti che vi partecipano.<br />

39 J. Rifkin, L’era <strong>del</strong>l’accesso. La rivoluzione <strong>del</strong>la new economy, Milano, Mondadori, 2000.<br />

40 E. Mazzetti, “Metropoli ineguali e crisi geopolitiche”, in Mazzetti E., Metropoli, Reti, Mediterraneo,<br />

a cura di L. Zarrilli, Roma, Società Geografica Italiana, 2008, p. 93.


Questo discorso, apparentemente teorico e speculativo, ha risvolti pratici di non<br />

poco conto, e possono discenderne nuove geografie dai contorni mobili e dalle<br />

ricadute economiche e territoriali inedite e imprevedibili: si pensi alla “rete”<br />

terroristica intessuta da Al Qaida, che spazia dal Maghreb al Sud-est asiatico<br />

passando per il Caucaso e l’Asia cen<strong>tra</strong>le, a quelle segretamente condivise alla<br />

scala globale da pedofili, satanisti, <strong>tra</strong>fficanti di ogni genere, ai flussi<br />

apparentemente inarrestabili <strong>del</strong>la finanza speculativa che, in assenza di adeguate<br />

misure di con<strong>tra</strong>sto, appaiono oggi in grado di innescare condizioni di default<br />

nazionale (significativo al riguardo il caso islandese 41 ). Si rendono quindi necessari<br />

strumenti di analisi e di governance che sappiano sovrapporre alla geografia<br />

politica degli Stati la geografia politica <strong>del</strong>le reti; che sappiano intersecare la<br />

geografia dei flussi – di persone, merci, denaro - con quella <strong>del</strong>le informazioni; che<br />

sappiano, in ultima analisi, coniugare la complessità <strong>del</strong> mondo reale con la<br />

volatile evanescenza di quello virtuale.<br />

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267-285.<br />

BETWEEN TERRITORIALITY AND CYBERSPACE. SOME REFLECTIONS ON<br />

THE MEANING OF THE BORDER IN THE VIRTUAL AGE - The essence of the<br />

border, as separation from the “otherness”, has not changed in the course of<br />

history. On the con<strong>tra</strong>ry, the interpretation given by the men, according to<br />

territorial and historical contexts, has undergone radical <strong>tra</strong>nsformations.<br />

Nowadays, it’s difficult to find an univocal feature for the border, especially if we<br />

take into consideration the new reality of worldwide digital connections.<br />

Telematics and virtual reality have altered the relational sphere, and it’s necessary<br />

to find new criteria to analyze and interpret interactions among people and<br />

territories. The question we want to deal with here is: does the idea of border still<br />

make sense in the apparently borderless contexts of virtual reality and cyberspace?<br />

The aim of this paper is therefore to reflect upon the historical legacy and the


functional evolution of the border and to wonder whether this “archetype” of the<br />

human action can still play a role in the cyberspace, where places, people and<br />

interactions are dematerialized.<br />

Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara, Dipartimento di Economia<br />

daniele_mezzapelle@yahoo.it<br />

lucazarrilli@iol.it

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