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<strong>in</strong>numerabile, canoni, affitti, leas<strong>in</strong>g, mutui, come se pagassimo per vivere.<br />

A questo punto qualsiasi "cosa" può diventare merce, un processo, una situazione,<br />

un'<strong>in</strong>formazione, un godimento estetico. Ecco il perché <strong>della</strong> frenesia<br />

odierna nel cercare di produrre qualsiasi cosa che sia vendibile come<br />

merce. Non importa che tipo di merce, purché possegga un valore d'uso, per<br />

quanto assurdo e anti-umano, e qu<strong>in</strong>di un valore di scambio, aff<strong>in</strong>ché non<br />

cessi mai il flusso di plusvalore che sostiene la società <strong>in</strong>tera.<br />

20<br />

Massa umana emarg<strong>in</strong>ata e non sfruttata<br />

Quanto appena detto dimostra – per noi che non siamo moralisti e che<br />

non pensiamo che moltiplicando i centri missionari si possa risolvere il<br />

problema <strong>della</strong> fame nel mondo – che miliardi di persone campano facendo<br />

una vita miserabile, ma esistono e sopravvivono, e aumentano di numero<br />

sulla semplice base <strong>della</strong> distribuzione mondiale di briciole di valore. Non è<br />

vero che queste masse sono sfruttate dall'imperialismo. Il term<strong>in</strong>e è scorretto.<br />

Esse sono certamente utilizzate ai marg<strong>in</strong>i dei veri flussi di valore; si<br />

formano con la espropriazione dei contad<strong>in</strong>i che ormai non hanno alcuna<br />

possibilità di rimanere sul mercato <strong>in</strong> concorrenza con gli Stati cerealicoli e<br />

con le mult<strong>in</strong>azionali del cibo; vanno a formare "città" che sono <strong>in</strong>credibili<br />

agglomerati sub-umani al cui confronto la letteratura sociale ottocentesca è<br />

roba da ridere; si dedicano a piccoli traffici e ad attività di artigianato miserabile;<br />

ma non sono passibili di sfruttamento, è f<strong>in</strong>ita l'epoca <strong>della</strong> trasformazione<br />

del contad<strong>in</strong>o <strong>in</strong> proletario come transizione storica, come fatto favorevole<br />

all'accumulazione. Le masse diseredate del mondo non servono<br />

come esercito di riserva per lo sfruttamento <strong>in</strong>dustriale, dato che bastano e<br />

avanzano i proletari delle metropoli e delle poche isole di sviluppo sparse<br />

per il mondo, dall'America lat<strong>in</strong>a all'Asia meridionale. Il problema storico<br />

dell'immigrazione ha una doppia causa: da una parte la miseria crescente <strong>in</strong><br />

tutti i paesi che mai saranno <strong>in</strong> grado di raggiungere l'opulenza (media)<br />

delle metropoli, dall'altra la possibilità di sfruttamento nelle centrali stesse<br />

del capitalismo, dove c'è Capitale concentrato. E' lì che i diseredati vanno a<br />

farsi sfruttare, se riescono, o, più spesso, a percepire una parte del valore<br />

prodotto nella società, magari aprendo un ristorant<strong>in</strong>o dove la famiglia<br />

proletaria metropolitana va a mangiare a basso prezzo.<br />

Non ci sono miliardi di salariati produttivi, ce ne sono soltanto trecento<br />

milioni, un ventesimo <strong>della</strong> popolazione terrestre. La vita <strong>della</strong> restante<br />

massa, a meno che non produca per l'auto-alimentazione, dipende dalla<br />

possibilità che cont<strong>in</strong>ui l'altissimo sfruttamento <strong>della</strong> forza-lavoro propriamente<br />

detta. La parte più povera <strong>della</strong> massa suddetta si è <strong>in</strong>debitata per<br />

2.000 miliardi di dollari (4.600.000 miliardi di lire), nel senso che ha ricevuto<br />

prestiti che non potrà mai restituire e ne riceve ancora per poter tenere<br />

vivo un m<strong>in</strong>imo di accumulazione locale e pagare gli <strong>in</strong>teressi, <strong>in</strong> genere<br />

non tanto con plusvalore quanto con risorse locali, m<strong>in</strong>erarie o agricole. Ciò<br />

significa che la maggior parte <strong>della</strong> popolazione terrestre non è tanto sfrut-

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