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La cometa di Halley

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nevale;bando tar<strong>di</strong>vo, però, dato che il sabatocadevaproprio l'indol11a .<br />

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25 febbraio, cosÌ h Iche i mercanti d dovevano aver già fatta la loro prov .QI,<br />

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e magan anc e a ven Ita ormai aveva avuto ungo In arga Il1isur<br />

È quin<strong>di</strong> probabile che quell'anno il <strong>di</strong>vieto non sortisse molto SUcces~'<br />

Comunque il cardo Antonio poté comperare le sue quarantasei dozzi ne. .<br />

I! 18 gennaio 1635 mons. Gio. Battista Spada, lucchese, ebbe dal<br />

Raccagni le consegne del governatorato, e - come narrò egli mede.<br />

simo nel suo Diario - gli convenne subito « pensare a pubblicare li<br />

ban<strong>di</strong> soliti delli palii e maschere, che alli IO <strong>di</strong> Febbraio dovevano<br />

cominciare. L'Em.mo Barberino (Francesco) volse - scriveva lo<br />

Spada - che, sebbene era solito <strong>di</strong> proibire <strong>di</strong> trar l'ova si Usasse<br />

particolar <strong>di</strong>ligenza a far osservare tale proibizione, già che per<br />

l'ad<strong>di</strong>etro era andata in <strong>di</strong>suetu<strong>di</strong>ne, tal che ogni persona, per vile<br />

che fosse, si faceva lecito tirar/e, e n'erano poi nati degl'inconvenienti,<br />

essendo state macchiate vesti <strong>di</strong> colore a gentildonne e cavalieri, et<br />

anche cavati gli occhi ad alcuni ». Da notare la frase « ogni persona,<br />

per vile che fosse », riferibile alla con<strong>di</strong>zione sociale. Era un modo<br />

<strong>di</strong> esprimersi molto comune allora, e neppure a un prelato veniva in<br />

mente che quella espressione fosse incompatibile con lo spirito cristiano.<br />

Lo Spada il IO febbraio pubblicò quattro ban<strong>di</strong>: per l'uso delle<br />

maschere, per il corso dei palii, per il porto delle armi in ore notturne<br />

e per le molestie agli ebrei. Il bando per le Uova non figura, in quell'anno,<br />

nei Regesti e<strong>di</strong>ti a Cura del Comune <strong>di</strong> Roma; tuttavia è certo<br />

che venne pubblicato anche quello. Informa, <strong>di</strong>fatti, lo Spada che il<br />

cardo Francesco Barberini fece « penetrare alli Signori Ambasciatori<br />

e Principi» il suo pensiero affinché « facessero contenere le loro famiglie,<br />

et il Signor Governatore pubblicò il bando con <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong><br />

non voler tollerare gli abusi, e per dar maggior terrore fece anche<br />

rompere bona quantità d'ova a quei che solevano venderle, sebbene<br />

poi con denari somministrati dalla pietà del Signor Car<strong>di</strong>nale co~<br />

alcuni altri furono reintegrati del danno patito». Non mancò C~I<br />

biasimò il rigore del bando e dell'operato del governatore, giudlcandolo<br />

eccessivo e mostrandosi scettico circa l'efficacia del <strong>di</strong>vieto,<br />

ma l'esito invece par che desse ragione al magistrato e che molti ne<br />

approvassero il bando, che l'anno seguente venne rinnovato.<br />

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fornando al cardo Antonio, benché fosse, salvo errore, il più<br />

. ane membro del sacro Collegio, si portò subito all'altezza<br />

glOV<br />

dei con-<br />

fratellipiù munifici, convitando amici e personaggi a pranzi e cacce<br />

a Roma e a Bagnaia, dove lo zio gli aveva assegnata la villa che poi<br />

£ sino ai giorni nostri, dei <strong>La</strong>nte. Uno dei ricordati banchetti il<br />

u,<br />

Barberini lo fece imban<strong>di</strong>re, il 23 maggio 1632, nel « giar<strong>di</strong>no dei<br />

tJattei» _ da identificare con la villa Celimontana - e vi parte-<br />

ciparono un<strong>di</strong>ci car<strong>di</strong>nali.<br />

Ma la più bella prova della sua munificenza il cardo Antonio<br />

la dette nel carnevale del 1634, offrendo al popolo romano uno degli<br />

spettacolia lui più gra<strong>di</strong>ti: una giostra in piazza Navona. Ogni anno<br />

si facevano, com'è noto, in carnevale giostre, caroselli, cortei <strong>di</strong> carri<br />

allegorici, cacce <strong>di</strong> tori, e n'erano teatro piazza Navona, il Testaccio<br />

e qualcuna delle più nobili piazze citta<strong>di</strong>ne, come quella del Cam-<br />

pidoglio e quelle Farnese e dei Ss. Apostoli. Alcuni <strong>di</strong> tali spettacoli<br />

figuravano stabilmente nel bilancio, ancorché magro, dei Conservatori<br />

capitolini, ed altri venivano offerti da privati.<br />

Delle più memorabili fu la giostra organizzata dal cardo Antonio,<br />

il quale ne volle perpetuato il ricordo in una grande tela che fece<br />

<strong>di</strong>pingere al suo pittore <strong>di</strong> corte, Andrea Sacchi. Per la non piccola<br />

impresa il giovane mecenate spese più <strong>di</strong> mille scu<strong>di</strong>, stando alle registrazioni<br />

contabili, ma la somma dovette ammontare a cifra ben<br />

superiore. Da prender nota che a certo Giovan Battista Bianchi banderaro<br />

furono pagati più <strong>di</strong> quattrocento scu<strong>di</strong> (per l'esattezza: 409.63)<br />

per spese <strong>di</strong> aver fatto intagliare e stampare le azioni della giostra<br />

<strong>di</strong> P. Navona», stampe che sarebbe <strong>di</strong> grande interesse, se non è<br />

stato già fatto, rintracciare e raccogliere.<br />

Il cardo Antonio fece fare anche dei costumi per i familiari e<br />

probabilmente anche per sé. Dal registro delle spese appren<strong>di</strong>amo che<br />

acquistò « 610 piume da cappello» che un sergente della Guar<strong>di</strong>a<br />

Svizzera gli vendette al prezzo <strong>di</strong> 25 baiocchi l'una. Comprò poi una<br />

« camisciola d'oro e seta», una dozzina <strong>di</strong> « guanti d'ambra» e una<br />

Corona. Al magnifico Prospero Ricci, che doveva essere un negoziante<br />

fOrnitore della migliore clientela, vennero pagati 236 scu<strong>di</strong> « per robe<br />

date in occasione della giostra», parte delle quali vennero <strong>di</strong> fuori,<br />

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