TERMINOLOGIA IN AMBITO DI CHIRURGIA DELL'ANOFTALMO
TERMINOLOGIA IN AMBITO DI CHIRURGIA DELL'ANOFTALMO
TERMINOLOGIA IN AMBITO DI CHIRURGIA DELL'ANOFTALMO
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
<strong>TERM<strong>IN</strong>OLOGIA</strong> <strong>IN</strong> <strong>AMBITO</strong> <strong>DI</strong> <strong>CHIRURGIA</strong><br />
DELL’ANOFTALMO<br />
Cariello A, Marabotti A<br />
U.O. di Oculistica - Casa di Cura “M.D. Barbantini” - Lucca<br />
La chirurgia dell’anoftalmo è rappresentata da un’ampia gamma di interventi che<br />
vanno dalla rimozione del bulbo o del contenuto orbitario, alla ricostruzione estetica<br />
degli anoftalmi congeniti o post-traumatici (comprensivi questi di quelli post-operatori).<br />
Sono interventi che spesso richiedono più eventi chirurgici, che innescano necessariamente<br />
un rapporto gestionale particolare tra il medico e questo tipo di paziente.<br />
La branca oculistica che si occupa di queste problematiche è l’oftalmoplastica, cioè una<br />
ultra specializzazione dell’oculistica che prende contatti con discipline affini, come l’otorinolaringoiatria,<br />
la chirurgia maxillo-faciale, la neurochirurgia, e che prevede una<br />
consuetudine ovvia con un certo tipo di terminologia. Questo semplice lavoro in realtà<br />
è indirizzato all’oculista che non si occupa espressamente di oftalmoplastica, ma che<br />
occasionalmente, nel quotidiano, può confrontarsi con pazienti portatori di protesi<br />
oculari, o pazienti anoftalmici a cui dover proporre le medesime protesi o consigliare<br />
trattamenti e cure. A tal fine abbiamo cercato di riassumere un certo numero di concetti<br />
relativi al “mondo” dell’anoftalmia, con una formula che ricorda un po’ quella di<br />
un vocabolario specialistico. Non ce ne vogliano gli esperti colleghi per le sicure omissioni<br />
di termini probabilmente fondamentali, ma siamo certi che i medesimi vorranno<br />
apprezzare un tentativo – diciamo pure elementare – per richiamare l’attenzione su<br />
una condizione clinica così interessante, spesso poco considerata dalla clinica oculistica<br />
tradizionale. Segue, al termine, una scheda di valutazione dell’anoftalmo che<br />
siamo soliti utilizzare nella nostra struttura, e che ci è spesso tornata utile nella visita<br />
pre-operatoria.<br />
• Anoftalmia chirurgica: Assenza del bulbo oculare per pregresso intervento chirurgico<br />
di enucleazione.<br />
• Anoftalmia congenita primaria: Essa consiste nell’assenza del globo oculare, per<br />
assenza d’invaginazione della fossetta ottica (è accompagnata dall’assenza del nervo<br />
ottico e del chiasma).<br />
• Anoftalmia congenita secondaria: Essa consiste nell’assenza del globo oculare, per<br />
assenza o difetto della formazione dei lobi encefalici anteriori (incompatibile con la<br />
vita).<br />
• Anoftalmia congenita: Assenza del bulbo oculare per mancata formazione della<br />
vescicola ottica. È imputabile ad una malformazione dello sviluppo dell’occhio legata<br />
ad un arresto della crescita del contenuto orbitario, che si verifica tra la 5° e la 6°<br />
settimana di vita intrauterina per mancata formazione della vescicola ottica. È imputabile<br />
ad una malformazione dello sviluppo dell’occhio legata ad un arresto della<br />
crescita del contenuto orbitario, che si verifica tra la 5° e la 6° settimana di vita<br />
intrauterina.<br />
• Anoftalmia degenerativa: Si tratta di una affezione congenita uni o bilaterale (talvolta<br />
legata alla trisomia 13 isolata od associata ad altre malformazioni; essa consiste<br />
nell’assenza del globo oculare, l’orbita appare più piccola così come le palpebre,<br />
che si presentano infossate ed aderenti ai loro margini; questo tipo di anoftalmia<br />
si verifica quando la vescicola ottica si sviluppa normalmente, ma degenera<br />
secondariamente per motivi diversi (nella cavità si repertano il nervo ottico e del tessuto<br />
mesectodermico).<br />
• Anoftalmia: Assenza del bulbo oculare.<br />
• Cavità contratta: si tratta di una delle possibili problematiche cui va incontro una<br />
cavità anoftalmica, a volte anche molto precocemente dopo un impianto orbitario,<br />
il termine fa riferimento ad una riduzione di volume della parte libera di cavità che<br />
ospita normalmente la protesi sclerale amovibile; la contrazione può essere lieve<br />
IL PUNTO SU...<br />
Dr.ssa Anna Cariello<br />
ATO<br />
43
ATO<br />
44<br />
IL PUNTO SU...<br />
(con atteggiamento in entropion delle palpebre e giustapposizione dell’apparato<br />
ciliare sia superiore che inferiore sulla faccia anteriore della protesi) media, (con<br />
contrazione dei fornici superiore ed inferiore, e necessità ad impiegare protesi di<br />
sempre minori dimensioni), grave (con contrazione sia verticale che orizzontale ed<br />
impossibilità ad accogliere qualunque tipo di protesi). Questo tipo di problema della<br />
cavità anoftalmica prevede un intervento chirurgico teso a rendere la cavità più<br />
ampia e nuovamente capace di accogliere la protesi. Nella valutazione della cavità<br />
contratta occorre fare attenzione alla sua umidità/secchezza: le possibilità di successo<br />
di un intervento di revisione di cavità contratta secca sono infatti estremamente<br />
più basse rispetto alla cavità umida. A tal proposito si segnala l’utilità, anche<br />
nel paziente che ben tollera la propria protesi sclerale, di un lubrificante per la<br />
mucosa congiuntivale residua, da utilizzare sotto la protesi sclerale stessa, per far si<br />
che nel tempo il mantenimento della umidità del letto congiuntivale residuo venga<br />
il più possibile favorito.<br />
• Cavità lassa: si tratta di una delle possibili problematiche cui va incontro una cavità<br />
generalmente molto tempo dopo un impianto a lungo ben ospitato; a causa della<br />
forza di gravità infatti, la palpebra inferiore perde la propria tensione in senso orizzontale,<br />
mentre quella superiore assume un atteggiamento pseudo-ptosico, precocemente<br />
evidenziato dall’aumento di profondità del solco palpebrale e dalla perdita<br />
della naturale posizione dell’apparato ciliare superiore che invece di restare curvo e<br />
rivolto verso l’alto, si schiaccia in basso sulla faccia anteriore della protesi sclerale;<br />
questo tipo di problema della cavità anoftalmica prevede un intervento chirurgico<br />
teso a rinforzare la palpebra inferiore ed ad aumentare il volume del contenuto orbitario<br />
(possibilmente senza aumentarne il peso).<br />
• Conformatore: Il conformatore è un dispositivo in materiale plastico utilizzato dopo<br />
l'enucleazione o l'eviscerazione per mantenere la cavità ampia ed evitare la sua progressiva<br />
atrofia. Esistono vari tipi di conformatori: in PMMA, in silicone, in resina<br />
acrilica, con o senza perforazione per l'instillazione di colliri e pomate.<br />
• Enucleazione (exenteratio bulbi): è l’intervento che opera la rimozione totale del<br />
bulbo oculare e di parte del nervo ottico. Al termine dell'intervento può essere inserito<br />
nella cavità un impianto per facilitare la mobilità (impianto/endoprotesi). Ad<br />
intervento concluso, è consigliabile l'uso di un conformatore per mantenere i fornici,<br />
fino al momento in cui verrà posizionata la protesi sclerale.<br />
• Espansore cavitatio: Gli espansori cavitari sono impianti di nuova generazione che<br />
utilizzano le proprie capacità di espandersi progressivamente all'interno della cavità<br />
anoftalmica. Sono stati ideati appositamente per i casi di anoftalmia congenita dove è<br />
spesso presente un marcato iposviluppo della regione orbitale e degli annessi. (Fig. 1)<br />
Fig. 1<br />
• Eviscerazione (evisceratio bulbi): è l’intervento che opera lo svuotamento del bulbo<br />
e la preservazione della sclera, mantenendo intatti il guscio sclerale con i relativi<br />
muscoli extraoculari, il nervo ottico ed il tessuto connettivale. E’ praticato, quando<br />
possibile, al posto dell'enucleazione. Al termine dell'intervento la sclera può essere<br />
suturata a borsa di tabacco oppure dentro di essa può essere inserito un impianto<br />
per facilitare la mobilità.<br />
• Exenteratio (exenteratio orbitae): è l’intervento di rimozione dell'intero contenuto<br />
orbitario, cioè di bulbo oculare, tessuti circostanti e palpebre. Viene eseguito nel tentativo<br />
di arrestare la diffusione di una neoplasia maligna del bulbo, delle palpebre o<br />
dei tessuti circostanti quando la semplice enucleazione non può scongiurare il<br />
rischio di estensione della lesione neoplastica. E' un intervento ampiamente demo-
litivo e può rendere necessaria l'applicazione di un'epitesi ricostruttiva.<br />
• Impianto Guthoff: Nuovo impianto post enucleazione. E’ costituito da una semisfera<br />
anteriore in idrossiapatite ed una posteriore di elastomero siliconico. Assicura i<br />
vantaggi dell’idrossiapatite (ottimo rivestimento dei tessuti) a quelli del silicone<br />
(libero movimento all’interno della cavità orbitaria). La sutura frontale a croce<br />
garantisce stabilità all’impianto. E’ necessario, quando si utilizza un impianto di<br />
questo tipo, utilizzare sempre il conformatore post-operatorio. (Fig. 2)<br />
Fig. 2<br />
• Impianto in Idrossiapatite: si tratta di un tipo di impianto post enucleazione.<br />
Quando si intende utilizzare un impianto in idrossiapatite l'intervento prevede due<br />
fasi: nella prima fase viene inserita la sfera, se possibile nella sclera del paziente o<br />
altrimenti in una sclera di donatore dove l'impianto si potrà vascolarizzare, il che<br />
normalmente avviene nell'arco di sei mesi circa; nella seconda fase si procede alla<br />
perforazione frontale dell'impianto per creare l'alloggiamento di un perno di trascinamento<br />
che servirà per inserire e fissare la protesi, trasferendole la motilità. È una<br />
soluzione innovativa dal punto di vista della motilità e della biocompatibilità. Può<br />
dare ottimi risultati, ma a volte non è semplice l’inserimento della sfera in un postevisceratio,<br />
in ragione della scarsa scivolosità dell’idrossiapatite. (Fig. 3)<br />
Fig. 3<br />
• Impianto in Medpor: si tratta di un tipo di impianto post enucleazione. Il Medpor è<br />
un biomateriale composto da polietilene ad alta densità. Viene prodotto sotto forma<br />
di sfere ed è un'alternativa all'idrossiapatite. Molto più compatto e forse più semplice<br />
da utilizzare nella pratica chirurgica, è ancora poco diffuso nella chirurgia oftalmoplastica.<br />
• Impianto New Allen: si tratta di un tipo di impianto post enucleazione. L'impianto<br />
di Allen in PMMA è forse quello più diffuso in passato. Utilizzato solo nell'enucleazione,<br />
consente di trasmettere il movimento attarverso i muscoli retti che vengono<br />
generalmente suturati “a croce" sulla parte frontale, a contatto con la protesi. Con<br />
questo impianto il rischio di espulsione dell'impianto è elevato a meno che il protesista<br />
non prepari una protesi di forma molto particolare.<br />
IL PUNTO SU...<br />
ATO<br />
45
ATO<br />
46<br />
IL PUNTO SU...<br />
• Impianto secondario: Quando la cavità anoftalmica ha subito una semplice enucleazione<br />
senza impianto primario o con un impianto inadeguato o quando un<br />
impianto viene espulso, può essere necessario inserire un impianto secondario per<br />
riempire correttamente la cavità stessa. La rosa dei materiali di cui può essere costituito<br />
è fatta dai medesimi di un impianto primario.<br />
• Impianto/endoprotesi: Si definisce “impianto" o “endoprotesi" un congegno che<br />
viene posizionato chirurgicamente durante l’enucleazione o l’eviscerazione allo<br />
scopo di trasmettere il movimento alla protesi oculare sclerale che verrà applicata in<br />
seguito; esso è generalmente costituito da un materiale acrilico biocompatibile<br />
oppure è autogeno, cioè prelevato dallo stesso organismo su cui verrà impiantato<br />
(dermoadiposo).<br />
• Innesto dermoadiposo: si tratta di un innesto che viene consigliato nei casi di insufficienza<br />
del sacco congiuntivale o dei fornici, in alternativa all’impianto sferico sintetico.<br />
Il materiale dermoadiposo è di norma prelevato dalla regione addominale o dal<br />
gluteo o dalla parte laterale della coscia dello stesso paziente ed inserito nella cavità<br />
anoftalmica con il derma rivolto all’esterno ed il grasso verso l’interno. Quando possibile<br />
i quattro muscoli retti vengono suturati in modo da trasmettere il movimento<br />
all’innesto. Il limite principale di questo impianto sta nella riduzione del suo volume<br />
nei primi 6 – 12 mesi. L’assorbimento è maggiore se l’impianto è secondario. L’innesto<br />
dermoadiposo è consigliato ad esempio, quando si è verificata più di una espulsione<br />
dell’impianto dall’orbita con conseguenti problemi di tenuta dei tessuti.<br />
• Microftalmo complesso: è una condizione in cui è presente una riduzione del bulbo<br />
accompagnata da altre anomalie oculari (opacità corneali, cataratta, persistenza del<br />
vitreo primitivo, coloboma uveale, etc.) e sistemiche (cardiache, renali, cerebrali).<br />
• Microftalmo estremo: si parla di microftalmo estremo quando si reperta solo un<br />
abbozzo del bulbo oculare associato a palpebre ridotte di volume e diametro. È presente<br />
un microrbitismo marcato e può essere associato o meno ad altre anomalie<br />
sistemiche.<br />
• Microftalmo posteriore: microftalmo semplice che si distingue per la presenza di un<br />
diametro corneale normale (> di 10 mm).<br />
• Microftalmo semplice: condizione nella quale il bulbo oculare si presenta di dimensioni<br />
ridotte in assenza di malformazioni oculari o sistemiche, riconducibili ad un<br />
arresto di sviluppo oculare successivo alla chiusura della fessura embrionaria. In<br />
questo gruppo vanno inseriti anche il microftalmo posteriore ed il nanoftalmo.<br />
• Microftalmo: si parla di microftalmo quando è presente una riduzione del bulbo. La<br />
malformazione è dovuta ad anomalie di chiusura della fessura embrionaria: il problema<br />
si può presentare associato o meno a coloboma.<br />
• Nanoftalmo: microftalmo semplice che si distingue per la presenza di un diametro<br />
corneale di dimensioni ridotte (< di 10 mm) associato al riscontro di una ipermetropia<br />
elevata (10 diottrie circa).<br />
• Occhio cistico congenito: si tratta di un tipo particolare di anoftalmia, ovvero di una<br />
anomalia dell’invaginazione della vescicola ottica che si traduce nell’osservazione<br />
clinica di una cisti presente nell’orbita, formata da un foglietto posteriore pigmentato<br />
ed un foglietto anteriore di neuro-epitelio, rivestiti di capsula fibrosa.<br />
• Protesi oculari per enucleazione: sono realizzate su calco orbitale; questo consente<br />
di sfruttare i monconi dei muscoli recisi assicurando alla protesi il movimento e l'estetica.<br />
• Protesi oculari per ptosi palpebrali: questo tipo di protesi viene realizzata su calco<br />
orbitale con adeguati sostegni aggiuntivi al tono muscolare perso dalla palpebra<br />
(come piccola linguetta in grado di favorire la formazione della piega palpebrale<br />
superiore).<br />
• Protesi sclerali per microftalmi o bulbi spenti: si tratta di protesi amovibili a guscio<br />
realizzate in resine acriliche; la costruzione richiede spessori molto sottili (da 1,5 a<br />
3 - 4 - 5 mm) fuzionali alla presenza del bulbo oculare esistente. Il risultato permette<br />
di mantenere la mobilità del bulbo sottostante, inoltre con questa protesi sclerale si<br />
rallenta l'atrofizzazione palpebrale e la chiusura della stessa. Buona la tollerabilità.<br />
• Riabilitazione protesica: il termine indica l’inserimento di un impianto endorbitario/protesi<br />
per evitare l’instaurarsi di un microrbitismo; la procedura è fondamentale<br />
nel bambino con anoftalmo. L’orbita di un bambino cresce, infatti, per il 70%<br />
durante i primi anni di vita, il restante 30% viene acquisito fino all’età dei sette/otto<br />
anni. È, pertanto, indispensabile di fronte ad un anoftalmo infantile, intervenire pre-
cocemente. Quando cominciare ad applicare una protesi? In caso di microftalmo<br />
semplice, nel 1° anno; in caso di microftalmo complesso, a 3/6 mesi; in caso di<br />
microftalmo estremo, nel 1° mese.<br />
• Sfera in PMMA: Impianto orbitario molto utilizzato soprattutto in passato. E' piuttosto<br />
economico, utilizzato sia per eviscerazione che per enucleazione. In ragione<br />
della sua rigidità è preferibile impiegarlo nella enucleazione piuttosto che nella eviscerazione.<br />
Offre un movimento molto limitato ed un discreto riempimento della<br />
cavità anoftalmica.<br />
• Sfera in silicone: Impianto orbitario in silicone medicale, è ideale nelle enucleazioni<br />
ma soprattutto nelle eviscerazioni in virtù del suo limitato traumatismo sulla sclera.<br />
Ancora oggi, per il suo basso costo e la sua versatilità, in molti casi viene preferito<br />
ad impianti più costosi e perfezionati. Nella enucleazione viene solitamente ricoperto<br />
con un foglio di Vycril o materiale analogo.<br />
VALUTAZIONE PREOPERATORIA CAVITA’ ANOFTALMICA<br />
cavità eviscerata cavità enucleata anoftalmìa primaria<br />
anno del I° intervento<br />
motivo del I° intervento pat.maligna ……………………….........................……………...<br />
endoftalmite occhio cieco dolente<br />
trauma meccanico trauma chimico/termico<br />
eventuali interventi successivi (quanti e quando)<br />
eventuali trattamenti radianti (quanti e quando)<br />
volume orbitario in cm 3 stimato con esame TC (>/< 30 cm 3 )<br />
Impianto endorbitario<br />
• Materiale ……………………………………………………....................................................................<br />
• Dimensioni (da esame TC) ……………………………………..........................................…………...<br />
• Sede (da esame TC) ………………………………………………………...............................................<br />
Cavità contratta<br />
- Parziale<br />
• Lieve (contrazione verticale di congiuntiva tarsale e palpebrale, entropion con contatto<br />
ciglia-protesi) ……………...............................................….........……………………………….<br />
• Media (contrazione verticale del fornice superiore e/o inferiore con necessità di adottare<br />
protesi più piccola) …………………………………................................................................<br />
• Grave (marcata contrazione verticale della congiuntiva dei fornici con incapacità a<br />
trattenere alcun tipo di protesi) ……………………………..........................................................<br />
- Completa: alla contrazione verticale del fornice si accompagna una contrazione orizzontale<br />
della apertura palpebrale<br />
1) Umida 2) Secca<br />
Cavità lassa (con approfondimento del solco palpebrale superiore / con pseudoptosi)<br />
Dislocazione dell’impianto (eventualmente aggravata da esposizione dell’impianto /da<br />
impianto estruso)<br />
IL PUNTO SU...<br />
ATO<br />
47