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L'OFTALMOLOGIA DIABETICA: ASPETTI MENO NOTI

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L’OFTALMOLOGIA <strong>DIABETICA</strong>:<br />

<strong>ASPETTI</strong> <strong>MENO</strong> <strong>NOTI</strong><br />

DIABETIC OPHTHALMOLOGY UNCOMMON ASPECTS<br />

a cura di Chiara Ferretti<br />

U.O. di Oculistica Casa di Cura “M.D. Barbantini” - Lucca (Responsabile: Dr. A. Bedei)<br />

L’oftalmopatia diabetica comprende tutte le manifestazioni oculari che possono essere<br />

causate dal diabete, sia di tipo 1 che di tipo 2. L’interessamento oculare si può estrinsecare<br />

sia nelle strutture extra bulbari: orbita, bulbo, palpebre, muscolatura estrinseca,<br />

sia in quelle bulbari: congiuntiva, cornea, cristallino, uvea, vitreo, retina, nervo<br />

ottico, innervazione.<br />

Nella nostra trattazione tralasceremo l’oftalmopatia diabetica classica (retinopatia diabetica,<br />

cataratta e glaucoma neovascolare), trattando le forme di oculopatia meno<br />

prese in considerazione.<br />

STRUTTURE EXTRABULBARI<br />

Orbita<br />

Le infezioni dell’orbita sono una patologia di frequente riscontro nella pratica clinica<br />

ed assumono particolare importanza in corso di diabete, non solo per l’elevata incidenza<br />

ma anche per l’eziologia e la prognosi(1). In corso di diabete le infezioni orbitarie<br />

sono causate soprattutto da miceti, a differenza di quanto accade nei soggetti<br />

immunocompetenti in cui prevalgono le infezioni batteriche. In particolare, gli agenti<br />

patogeni più spesso ritrovati sono i Phycomycetes e gli Ascomycetes(2); le infezioni<br />

da Phycomycetes sono denominate mucormicosi.<br />

Tali miceti, normalmente non patogeni per il genere umano, vengono frequentemente<br />

inalati dall’uomo e immediatamente eliminati per fagocitosi. In presenza di una<br />

riduzione delle difese immunitarie, si sviluppa un’infezione che si manifesta colpendo<br />

vari organi (tra cui il naso) con evoluzione verso il seno mascellare fino all’etmoide e<br />

all’orbita. L’infezione può estendersi anche al sistema nervoso centrale non solo attraverso<br />

l’orbita, ma anche attraverso la lamina cribrosa. I microrganismi invadono la<br />

parete dei vasi sanguigni, causando necrosi, trombosi, ostruzione e infarti dei tessuti<br />

colpiti.<br />

Le manifestazioni oculari che si possono ritrovare sono: oftalmoplegia estrinseca, brusca<br />

riduzione dell’acuità visiva, esoftalmo, edema periorbitario, emorragie e chemosi<br />

congiuntivale, dolore oculare.<br />

A livello sistemico sono riscontrabili: febbre, necrosi della mucosa orale e nasale, sinusite,<br />

cefalea, paralisi del VII nervo cranico.<br />

La prognosi dipende dalla rapidità con cui è posta la diagnosi e dall’adozione di una<br />

terapia adeguata. Gli indici di mortalità si sono ridotti ma restano ancora alti(3) e, nei<br />

pazienti che sopravvivono, insorge cecità nel 50% dei casi, per invasione del nervo<br />

ottico per via retrograda vascolare(4).<br />

Le infezioni da Ascomycetes sono più subdole, con decorso più lento e più grave. Le<br />

manifestazioni rino-orbito-cerebrali sono molto simili a quelle da Phycomycetes, la<br />

prognosi più infausta.<br />

Bulbo<br />

I diabetici hanno una maggior suscettibilità a sviluppare infezioni, per cui hanno una<br />

più alta incidenza di endoftalmiti endogene o esogene, post-chirurgiche, rispetto ai<br />

soggetti sani. I microrganismi più frequentemente riscontrati nelle endoftalmiti postoperatorie<br />

sono batteri Gram + coagulasi-negativi(5), mentre in quelle endogene prevalgono<br />

i miceti. La prognosi delle endoftalmiti nei soggetti diabetici è purtroppo<br />

infausta con uno scarso recupero visivo a causa della bassa risposta alla terapia farmacologica(6).<br />

Palpebre<br />

I soggetti diabetici presentano alterazioni della funzione epatica e del metabolismo<br />

lipidico che sono responsabili di lesioni palpebrali quali: blefariti, orzaioli, calazi.<br />

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Patologie di frequente riscontro sono le lesioni xantomatose; queste comprendono gli<br />

xantelasmi la cui escissione chirurgica, associata ad un idoneo controllo glico-metabolico,<br />

garantisce una buona prognosi, e lo Xantoma tuberoso. La lesione si presenta<br />

sottoforma di noduli a placche sulle palpebre come anche su altri distretti cutanei<br />

(natiche, gomiti, ginocchia, dita). Alcuni studi hanno dimostrato che l’accumulo di<br />

lipidi in queste lesioni è secondario al loro elevato livello ematico(7).<br />

Muscolatura estrinseca<br />

Nel corso della malattia diabetica può esistere un coinvolgimento dei muscoli oculari<br />

estrinseci: si tratta di forme subcliniche che si rendono manifeste quando concomita<br />

una miosite.<br />

E’ stato ipotizzato, su base elettrofisiologica(8), che turbe della contrazione muscolare<br />

siano dovute a turbe della contrazione delle miofibrille per cause vascolari o metaboliche,<br />

in particolare l’iperglicemia.<br />

STRUTTURE BULBARI<br />

Congiuntiva<br />

Una patologia che si riscontra abbastanza frequentemente nei soggetti diabetici sono<br />

le congiuntiviti che ai fini clinici sono però poco rilevanti. Più interessanti sono invece<br />

le alterazioni del calibro vasale che si traducono in dilatazioni fusiformi delle vene<br />

bulbari con rallentamento del flusso ematico e in microaneurismi rotondeggianti<br />

descritti da Weinstein e Forgacs(9). Queste alterazioni sono secondarie alle modificazioni<br />

istopatologiche della parete delle arterie.<br />

Cornea<br />

Nell’ambito della patologia diabetica possono insorgere difetti dell’epitelio corneale<br />

responsabili di riduzione dell’acuità visiva e di sofferenza per il paziente. In funzione<br />

del quadro clinico, una erosione epiteliale può divenire ricorrente o persistente ed<br />

anche evolvere fino ad un coinvolgimento ulcerativo dello stroma. Più in generale<br />

possiamo affermare che le erosioni epiteliali recidivanti sono associate a malattie sistemiche<br />

ed il comune denominatore è un’anomalia del complesso giunzionale. In particolare,<br />

in corso di diabete, un difetto persistente dell’epitelizzazione è secondario ad<br />

un’alterazione primaria a carico del complesso della membrana basale epiteliale.<br />

Nel difetto epiteliale persistente si notano un ispessimento dell’epitelio, non mobile, ai<br />

margini della lesione, difetti della membrana basale e della membrana di Bowmann e<br />

qualche cellula infiammatoria (polimorfonucleati neutrofili). Ispettivamente si può<br />

osservare un difetto epiteliale con margini scuri ed ispessiti di epitelio immobile,<br />

sovrastanti uno stroma edematoso ma strutturalmente intatto(10).<br />

I difetti di adesione della membrana basale epiteliale alla membrana di Bowmann causano<br />

il possibile facile distacco dell’intera struttura epiteliale dallo stroma come accade<br />

in corso di chirurgia vitreo-retinica, ulcere neurotrofiche, abrasioni recidivanti,<br />

ritardi nel processo di cicatrizzazione.<br />

Il meccanismo responsabile delle alterazioni della barriera epiteliale potrebbe essere<br />

dovuto alla presenza all’interno delle cellule epiteliali di elevati livelli di sorbitolo<br />

secondario all’attivazione della via dei polioli; il sorbitolo avrebbe un effetto negativo<br />

sull’ATP-asi di membrana, sul DNA cellulare e determinerebbe una ridotta captazione<br />

di ossigeno. E’ stato inoltre ipotizzato che la mitosi delle cellule epiteliali possa essere<br />

alterata dall’azione di sostanze vasogeniche liberate dalla retina(11).<br />

Il diabete è inoltre responsabile di una ridotta sensibilità corneale che a sua volta può<br />

determinare una ridotta secrezione lacrimale e un aumento dell’osmolarità del film<br />

lacrimale, configurando il quadro di “occhio secco”. La riduzione della sensibilità corneale<br />

è correlata al grado di retinopatia diabetica ed è una manifestazione della polineuropatia<br />

diabetica(12).<br />

Oltre ad alterazioni quantitative del film lacrimale, nei pazienti diabetici possono coesistere<br />

alterazioni qualitative, in particolare, è stata evidenziata una riduzione del contenuto<br />

proteico(13), rendendo così il film lacrimale inadeguato alla protezione dell’epitelio<br />

corneale. Il danno alla ghiandola lacrimale sarebbe secondario a fattori immunologici<br />

(associazione ad antigeni di istocompatibilità HLA DR 4)(14) e a fattori non<br />

immunologici come la disregolazione del sistema nervoso autonomo parasimpatico,<br />

l’assunzione di farmaci antidepressivi, una concomitante iperlipoproteinemia(15).<br />

Altre alterazioni corneali possono interessare lo stroma corneale e l’endotelio: le prime<br />

si manifestano con pieghe della Descemet, a decorso rettilineo o ondulato, le seconde<br />

con difetti delle cellule (polimegatismo e pleomorfismo) responsabili di edema stromale.


Uvea<br />

A livello dell’uvea il disturbo più importante anche per le complicazioni a cui può dar<br />

luogo è la marcata tendenza alla formazione di neovasi iridei (rubeosis iris), che conferisce<br />

un’impronta emorragica ad eventuali iriti concomitanti, e che soprattutto può<br />

essere responsabile di gravi forme di glaucoma neovascolare.<br />

L’irite diabetica è un’uveite anteriore di solito unilaterale e ricorrente, più comune nelle<br />

donne. Potrebbe trattarsi di una reazione infiammatoria autoimmune ad autoantigeni<br />

provenienti da aree di necrosi ischemica dell’iride(16).<br />

Altre manifestazioni a carico dell’iride sono:<br />

1. depigmentazione dell’epitelio irideo che conferisce un aspetto spugnoso all’iride con<br />

cripte ridotte ed appiattite, e dispersione di pigmento che si deposita sull’endotelio o<br />

sulla cristalloide anteriore.<br />

2. alterazioni pupillari che si manifestano con una tendenza della pupilla alla miosi,<br />

espressione della neuropatia del sistema nervoso autonomo(17), e una rigidità pupillare<br />

secondaria ad infiltrazione glicogenica dell’epitelio pigmentato e dello stroma irideo,<br />

del muscolo sfintere e del dilatatore della pupilla. Queste modificazioni rendono<br />

ragione della difficoltà di ottenere una buona dilatazione nei pazienti diabetici.<br />

A carico dell’uvea possono essere interessate anche altre strutture come il corpo ciliare<br />

e l’angolo irido-corneale.<br />

In particolare, alterazioni del corpo ciliare si traducono in modificazioni della tensione<br />

endoculare sia in senso di ipertonie, sia in senso di ipotonie. Una patologia di frequente<br />

riscontro nei soggetti diabetici è il glaucoma primario ad angolo aperto<br />

(GPAA). Il diabete è infatti un fattore di rischio per il glaucoma(18) e la frequenza è<br />

maggiore quanto maggiore è la durata della malattia. La causa della maggior incidenza<br />

di GPAA nei diabetici sembra legata a modificazioni del trabecolato tali da ostacolare<br />

il deflusso dell’umor acqueo e ad alterazioni del microcircolo dei corpi ciliari.<br />

I soggetti diabetici sono più suscettibili di un danno al nervo ottico e questo si traduce<br />

in un danno perimetrico per valori di tensione endoculare inferiore rispetto a quello<br />

di soggetti affetti da solo glaucoma(19). Ciò è probabilmente dovuto a un difetto del<br />

microcircolo della testa del nervo ottico che spiegherebbe anche il quadro di ipofluorescenza<br />

della testa del nervo ottico evidenziabile fluorangiograficamente nei pazienti<br />

con difetti periferici settoriali del campo visivo.<br />

Una forma particolare di glaucoma che si può ritrovare nei soggetti diabetici è il glaucoma<br />

a cellule fantasma o “ghost cell glaucoma”. Le ghost cells sono emazie degenerate<br />

che consentono la fuoriuscita di emoglobina dalla loro membrana plasmatica.<br />

L’emoglobina residua e degenerata precipita sulle pareti cellulari interne rendendo<br />

queste cellule molto meno cedevoli rispetto alle emazie normali; non riuscendo ad<br />

attraversare gli spazi intertrabecolari determinano un conseguente rialzo pressorio. La<br />

formazione di ghost cells richiede il sequestro delle emazie nel vitreo per diverse settimane<br />

e questo è frequente in corso di emovitreo secondario a neovascolarizzazione<br />

diabetica. La migrazione delle cellule ematiche è comunque secondaria a un difetto<br />

della superficie vitreale, infatti se la superficie del vitreo è intatta le ghost cells non<br />

raggiungono la camera anteriore ed il glaucoma non si sviluppa(20).<br />

Cristallino<br />

Anche il cristallino partecipa alla malattia diabetica e l’affezione che più spesso ritroviamo<br />

è la cataratta.<br />

Accanto all’opacizzazione del cristallino, possono insorgere modificazioni della sua<br />

rifrazione che si estrinsecano nella miopia quando la glicemia aumenta e nell’ipermetropia<br />

nei casi di ipoglicemia. Queste variazioni rifrattive possono mutare rapidamente<br />

in base al controllo glico-metabolico.<br />

Per giustificare le variazioni rifrattive degli occhi diabetici, sono state proposte anche<br />

altre teorie, tra cui ricordiamo:<br />

o cause meccaniche: paresi parcellari del muscolo ciliare che quando interessano il<br />

muscolo di Muller si tradurrebbero in ipermetropia, quando interessano quello di<br />

Bruch in miopia;<br />

o cause chimico fisiche: in particolare le modificazioni chimico-fisiche del bulbo e dei<br />

mezzi diottrici causerebbero intorbidamento dei mezzi diottrici, variazione dell’indice<br />

di rifrazione dell’umor acqueo e/o vitreo, edema maculare;<br />

o cause cristalliniche: imbibizione o disidratazione della lente in base alla concentrazione<br />

di glucosio nell’umor acqueo causerebbero miopia nell’iperglicemia (imbibizione<br />

del cristallino) e ipermetropia nell’ipoglicemia (disidratazione)(21).<br />

Vitreo<br />

Il diabete avrebbe un ruolo considerevole, anche se pur non completamente chiarito,<br />

nell’insorgenza dei corpi asteroidi responsabili del quadro clinico denominato “Ialosi<br />

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asteroide”. Si tratta di una condizione caratterizzata dalla presenza di piccoli cristalli<br />

sferici bianco-giallastri di calcio-idrossiapatite che si muovono con i movimenti del<br />

bulbo oculare a testimoniarne la stretta adesione con le fibre collagene del vitreo(22).<br />

Un’altra condizione responsabile di opacità vitreale in corso di diabete è la sinchisi<br />

scintillante. Si tratta di cristalli di colesterolo(23) che appaiono come piccoli corpuscoli<br />

giallo-bruni, rifrangenti che si muovono con gli spostamenti del bulbo. Quando i<br />

movimenti oculari cessano si depositano nella parte declive del bulbo. La sinchisi scintillante<br />

si associa a degenerazione vitreale e a compartimentalizzazione del collagene<br />

in periferia.<br />

Infine, nei soggetti diabetici si osserva un aumento del glucosio e dei prodotti di glicazione<br />

non enzimatica nel collagene vitreale. Nella gestione della malattia diabetica<br />

è possibile assistere a fluttuazioni della concentrazione di varie molecole che si traduce<br />

in variazioni del metabolismo, dell’osmolarità e dell’idratazione del vitreo. Tali<br />

modificazioni si traducono in rigonfiamenti e contrazioni del corpo vitreo con conseguenti<br />

trazioni vitreo-retiniche(24).<br />

Retina<br />

Le alterazioni diabetiche di maggior rilevanza clinica sono quelle che interessano la<br />

retina. Escludendo la retinopatia diabetica, considerata tra le più importanti cause di<br />

cecità nel mondo, tratteremo forme meno comuni come la lipemia retinalis(25). Si tratta<br />

di un raro quadro di retinopatia secondaria a turbe del metabolismo lipidico e proteico<br />

che si caratterizza per la presenza di lipidi all’interno dei vasi retinici, inizialmente<br />

periferici, per poi estendersi verso il disco ottico e talvolta ai vasi coroideali.<br />

All’esame del fundus si apprezza un colorito bianco-rossastro, cereo dei vasi retinici<br />

della retina periferica, arterie e vene retiniche dilatate, perdita del riflesso centrale delle<br />

arterie. Spesso strie bianco-giallastre accompagnano arterie e vene verso la periferia.<br />

Questa retinopatia colpisce prevalentemente le femmine, di età media, con forme di<br />

diabete scompensato grave (acidosi).<br />

Altre alterazioni retiniche in corso di diabete interessano la componente neurosensoriale<br />

ed elettrofisiologica della retina.<br />

Le alterazioni neurosensoriali comprendono:<br />

1. le alterazioni della visione dei colori: in particolare si osserva una discromatopsia<br />

per l’asse blu-giallo (tritanomalia), anche in assenza di retinopatia. In particolare,<br />

prima che compaiano alterazioni retiniche oftalmoscopicamente evidenti, si altera la<br />

percezione della lunghezza d’onda del blu, quindi questo può essere utile nel monitorizzare<br />

gli effetti della terapia nelle fasi iniziali della malattia;<br />

2. l’alterata sensibilità al contrasto: è una funzione precocemente alterata che precede<br />

le riduzioni dell’acuità visiva;<br />

3. il difettoso adattamento al buio: in particolare è stato dimostrato un ritardo nel raggiungimento<br />

della soglia finale dei bastoncelli che risulta aumentata. Tale ritardo è<br />

proporzionale alla durata e alla gravità della malattia. Questa alterazione spiega la difficoltà<br />

lamentata da molti pazienti durante la guida notturna e l’aumentata sensibilità<br />

alle forti illuminazioni.<br />

4. l’alterato senso luminoso: nei soggetti diabetici il recupero della funzionalità dei<br />

coni è più lento e questo spiegherebbe i fenomeni di fotofobia spesso lamentati.<br />

Le alterazioni elettrofisiologiche comprendono i PEV e l’ERG/PERG ma l’alterazione<br />

clinicamente più importante è fornita dai PEV in cui si può apprezzare una riduzione<br />

dell’ampiezza e un aumento della latenza dell’onda P100 ancor prima che compaiano<br />

segni oftalmoscopicamente evidenti di retinopatia diabetica. Tale alterazione sembra<br />

secondaria a un’alterazione della funzione retinica, in particolare della circolazione<br />

corio-retinica, più che ad una neuropatia.<br />

Nervo ottico<br />

Esistono numerose alterazioni a carico del nervo ottico in corso di diabete. Possiamo<br />

distinguere 3 forme di otticopatia diabetica:<br />

1. neurite retrobulbare<br />

2. ischemia papillare acuta<br />

3. papillopatia edematosa acuta<br />

La neurite retrobulbare può essere considerata una manifestazione ischemica della<br />

microangiopatia diabetica e si presenta indistinguibile dalle forme non diabetiche.<br />

L’ischemia papillare acuta è secondaria a un’ischemia della testa del nervo ottico e<br />

della porzione retrolaminare. Colpisce entrambi i sessi in età giovanile e clinicamente<br />

si manifesta con una brusca riduzione dell’acuità visiva, ipo/a-reflessia pupillare, alterazioni<br />

del senso cromatico, deficit perimetrico (altitudinale inferiore). All’esame del<br />

fundus si apprezzano edema papillare, emorragie a fiamma, essudati cotonosi.<br />

L’evoluzione è infausta con atrofia ottica in poche settimane. La patologia insorge


come monolaterale ma può colpire l’occhio adelfo nel giro di pochi mesi(26).<br />

La papillopatia edematosa acuta è tipica del diabete tipo I, è rara e può essere mono o<br />

bilaterale. L’acuità visiva è conservata, la pupilla reagente, possono associarsi deficit<br />

perimetrico ma non fascicolare come nella forma ischemica. L’assenza di flogosi oculari<br />

o di ipertensione endocranica è importante per la diagnosi. L’esame del fundus<br />

mostra una papilla edematosa ed iperemica, dilatazioni teleangectasiche dei capillari<br />

epi e peri-papillari che assumono un aspetto radiale, talvolta essudati cotonosi ed<br />

emorragie a livello dello strato delle fibre ottiche. Queste forme vanno differenziate da<br />

altre forme di papilledema ma soprattutto dalla Retinopatia Diabetica proliferante epipapillare:<br />

in questo caso può essere utile la Fluoroangiografia che evidenzia l’anomala<br />

dilatazione e permeabilità capillare della regione epi e peri-papillare in assenza di<br />

occlusione capillare ischemica, tipica della forma florida. L’evoluzione è benigna con<br />

buon recupero funzionale. La patogenesi di questa forma è sconosciuta ma, secondo<br />

la maggior parte degli autori(27), è riconducibile ad una forma leggera di neuropatia<br />

ottica ischemica anteriore non arteritica con ischemia reversibile delle fibre pre laminari<br />

e più profonde della testa del nervo ottico. Secondo altri è stata ipotizzato un<br />

effetto tossico sulla testa del nervo ottico secondario allo scompenso glico-metabolico<br />

o ad un difetto vascolare della faccia più interna del nervo ottico con conseguente<br />

edema del disco.<br />

Esiste poi una forma mista, con coinvolgimento maculare: in questi pazienti il deficit<br />

visivo è più marcato per la presenza di un edema maculare o extramaculare oftalmoscopicamente<br />

evidente.<br />

Innervazione periferica<br />

La neuropatia è una delle complicanze più frequenti nel corso di malattia diabetica.<br />

Essa dipende da numerosi fattori tra cui la durata della malattia, il compenso metabolico,<br />

la predisposizione individuale. Le ipotesi patogenetiche che stanno alla base<br />

della neuropatia comprendono fattori metabolici e fattori vascolari. Per quanto riguarda<br />

i fattori metabolici l’ipotesi più accreditata è l’attivazione della via dei polioli<br />

secondaria all’iperglicemia, con formazione di sorbitolo e fruttosio e ridotta captazione<br />

del mioinositolo da parte del nervo con aumento del Na intracellulare, responsabile<br />

dei danni assonali istologicamente evidenziabili. In corso di diabete si assiste anche<br />

ad un difettoso trasporto assonale anterogrado e retrogrado, imputabile alla carenza<br />

di acido linoleico e altri metaboliti utili per la formazione e la funzionalità della struttura<br />

della membrana assonale.<br />

La teoria vascolare riconduce la neuropatia ad un insulto ischemico dei vasa nervorum<br />

secondaria alle modificazioni ateromatose e sclerotiche dei vasi in corso di diabete.<br />

La neuropatia diabetica, dal lato oculare, si può manifestare con:<br />

1. neuropatia focale<br />

2. neuropatia autonomica<br />

La neuropatia focale ha un’origine vascolare e sembra sia dovuta all’occlusione dei<br />

vasi intranervosi. Questo spiegherebbe il mancato interessamento della componente<br />

pupillare in corso di paralisi del III nervo cranico: le fibre autonome che decorrono<br />

lungo questo nervo sono infatti superficiali pertanto durante l’attraversamento del<br />

seno cavernoso riceverebbero il nutrimento necessario per imbibizione ematica. La<br />

paralisi del III nervo cranico si accompagna a dolore orbitario e si risolve nel giro di<br />

poche settimane(28).<br />

La neuropatia autonomica si manifesta con un rallentamento dei riflessi pupillari, in<br />

particolare in condizioni di riposo si apprezza una riduzione del diametro e una perdita<br />

dell’hippus fisiologico. Si può osservare anche un rallentamento della risposta<br />

midriatica nell’adattamento al buio. Se l’innervazione parasimpatica viene interrotta si<br />

può realizzare il quadro della pupilla tonica(26).<br />

Nei pazienti giovani la neuropatia autonomica si può tradurre anche in una perdita<br />

transitoria dell’accomodazione ma questo argomento è già stato trattato (vedi cristallino).<br />

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Autore di riferimento:<br />

Chiara Ferretti<br />

Via della Chiesa, 486 Monte San Quirico<br />

55100 LUCCA

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