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Padre Juan come arepa - Rauscedo.org

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giorno sarebbe diventato un infaticabile araldo del Regno, impegnato<br />

ad aprire strade (non solo simboliche) al Signore in terre lontane: “E tu,<br />

bambino, andrai innanzi al Signore a preparargli le strade” (Lc 1, 76).<br />

Ancora un’altra circostanza, di pochi giorni anteriore alla nascita<br />

del piccolo Giovanni, pare assumere in retrospettiva significato e<br />

valore profetico. Il 1° dicembre 1919 il papa Benedetto XV emanava<br />

un’enciclica missionaria, la Maximum illud, intesa a promuovere la<br />

propagazione della fede in tutto il mondo. La figura del missionario<br />

vi è tratteggiata con queste essenziali parole: “Chi si consacra<br />

all’apostolato delle missioni, abbandona patria, famiglia e parenti; si<br />

avventura spesso ad un lungo e pericoloso viaggio, disposto e pronto<br />

a tollerare qualunque travaglio pur di guadagnare moltissime anime a<br />

Gesù Cristo”. Uno storico contemporaneo, illustrando l’enciclica, ne<br />

attribuiva l’ispirazione alla passione di quel grande Pontefice per la<br />

salvezza delle anime, richiamando la celebre espressione biblica “Da<br />

mihi animas, caetera tolle” (Gen 14, 21), che costituisce anche il motto<br />

della Congregazione Salesiana, fondata da S. Giovanni Bosco, e della<br />

quale Giovanni D’Andrea era destinato a diventare un figlio generoso<br />

e illustre.<br />

Qualche mese più tardi, ricevendo in udienza i Delegati della<br />

Unione Missionaria del Clero, il Papa esprimeva questo auspicio:<br />

“O <strong>come</strong> ben risponde questo ai voti da Noi manifestati nella recente<br />

enciclica! Vorremmo che ogni paese, ogni città, almeno ogni diocesi<br />

avesse l’ambizione di poter dire: Ho dato un missionario all’opera<br />

dell’evangelizzazione del mondo”. (1) <strong>Rauscedo</strong> avrebbe risposto<br />

all’appello, e già accoglieva nel suo seno il futuro missionario.<br />

L’ambiente familiare in cui Giovanin crebbe viveva saldamente<br />

unito nella condivisione dei valori morali e delle virtù peculiari radicate<br />

nella tradizione friulana e cristiana: solidarietà, laboriosità, tenacia,<br />

onestà, disponibilità al sacrificio, profonda religiosità. Ogni sera prima<br />

di cena, attesta il fratello Isaia, la numerosa famiglia si trovava riunita<br />

per la recita del rosario: d’estate nell’ampio cortile, d’inverno al tepore<br />

della stalla.<br />

La casa dei Noda, già affollata di giorno per la coabitazione del<br />

doppio nucleo familiare, non disponeva di camere e di letti in numero<br />

sufficiente per sistemarvi la numerosa prole nelle ore notturne.<br />

Pertanto, dopo aver consumato in comune la povera cena a base di<br />

polenta fumante immersa nelle scodelle riempite di latte appena munto,<br />

fratelli e cugini sciamavano a distendersi su ruvidi pagliericci di sclofis<br />

approntati presso case ospitali di parenti e amici per trascorrervi<br />

la notte. A Giovanin, poiché era il più piccolo, quel disagio veniva<br />

risparmiato, così che egli poteva restare a dormire in casa accanto a<br />

mamma e papà.<br />

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