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il ruolo del difensore - Camera Penale Veneziana

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DIRITTO O DELITTO DEL DIFENSORE?<br />

AVV. EUGENIO VASSALLO<br />

Com’è tradizione, intanto la parola al rappresentante <strong>del</strong>la nostra ospite la Cassa<br />

di Risparmio.<br />

PAOLO ZANUTTO<br />

Buongiorno a tutti, mi presento, sono Paolo Zanutto, direttore <strong>del</strong>la f<strong>il</strong>iale 15 di<br />

Mestre, in via Pepe. Vi porto <strong>il</strong> mio personale saluto e quello <strong>del</strong>l’Avvocato<br />

Maretto, <strong>del</strong> nostro capo ufficio legale, <strong>il</strong> benvenuto <strong>del</strong>la Cassa di Risparmio di<br />

Venezia, che è ben lieta di ospitare questo vostro incontro. Grazie e buon<br />

proseguimento.<br />

AVV. EUGENIO VASSALLO<br />

Siamo sempre grati alla Cassa di Risparmio, perché, oltre a gestire i nostri pochi<br />

averi, ci consente di usufruire di questa bellissima sala.<br />

Il tema è un tema particolarmente importante, soprattutto per gli avvocati.<br />

È un tema che ha avuto un’attenzione particolare per quel caso che è scoppiato<br />

nel Sud in relazione al collega Presidente <strong>del</strong>la <strong>Camera</strong> <strong>Penale</strong> di Potenza. Oggi,<br />

siamo nell’ambito <strong>del</strong> corso di aggiornamento professionale, quindi è necessario<br />

discutere anche <strong>del</strong>le problematiche che riguardano la nostra professione in<br />

questa materia. Abbiamo degli ospiti eccezionali oggi: uno lo conosciamo, <strong>il</strong><br />

dottor Ennio Fortuna, <strong>il</strong> nostro Procuratore Generale <strong>del</strong>la Corte, poi abbiamo <strong>il</strong><br />

professor Marco Zanotti, che anche molti di noi conoscono, e infine <strong>il</strong> dott.<br />

Delpino, altro nostro amico, ora Procuratore <strong>del</strong>la Repubblica presso <strong>il</strong><br />

Tribunale di Pordenone; e nuovo ospite, ma in realtà da molti di noi conosciuto,<br />

è <strong>il</strong> dott. Luca Pistorelli, che è Giudice <strong>del</strong>le Indagini Preliminari al Tribunale<br />

Ordinario di M<strong>il</strong>ano. Io direi, senza perdere ulteriormente tempo, di dare la<br />

parola al dottor Ennio Fortuna per l’introduzione.<br />

DOTT. ENNIO FORTUNA<br />

Io cercherò, perché mi è stato particolarmente raccomandato, di parlare poco, e<br />

per far questo ho redatto una specie di traccia scritta, da cui ovviamente mi<br />

discosterò, ma fino ad un certo punto. Sarà la quarta o quinta volta, forse la<br />

sesta, che, sempre a richiesta <strong>del</strong>la <strong>Camera</strong> <strong>Penale</strong> <strong>Veneziana</strong>, che<br />

evidentemente pensa o spera di mettermi in difficoltà, mi occupo <strong>del</strong> problema<br />

<strong>del</strong> rapporto tra difesa e favoreggiamento. Riconosco che l’argomento mi ha<br />

sempre coinvolto, direi anche emotivamente. Tutti mi conoscete, e sapete che<br />

penso da sempre che <strong>il</strong> cammino <strong>del</strong>la giustizia, specialmente quello <strong>del</strong>la<br />

1


giustizia penale, è assolutamente impossib<strong>il</strong>e se manca un accordo franco e<br />

leale tra Giudici e Avvocati, anzi, precisiamo, tra Magistrati e avvocati; su che<br />

cosa? Ovviamente sulle reciproche competenze e sui rispettivi ruoli. Io anticipo<br />

subito <strong>il</strong> mio pensiero, proprio per parlare <strong>il</strong> meno possib<strong>il</strong>e, avvertendo che<br />

almeno una parte <strong>del</strong>l’attuale anomalia dei rapporti, chiamiamola<br />

incomprensione, tra queste due componenti <strong>del</strong>l’asse <strong>del</strong>la giustizia, Avvocati e<br />

Giudici, dipende proprio dall’ambiguità, direi genericità, ma soprattutto<br />

ambiguità <strong>del</strong>la fattispecie <strong>del</strong>l’art. 378 c.p., che secondo me andrebbe riscritta e<br />

comunque rivista e chiarita. Io credo che una figura così sia fatta apposta per<br />

ingigantire gli equivoci, che sono già tanti, e le iniziative scorrette e debordanti,<br />

non solo da parte degli Avvocati, ma anche da parte dei Giudici. L’ultima volta<br />

che ho parlato di questo argomento, se non ricordo male, è stato proprio in<br />

questa stessa sala, me lo ricordo vagamente, direi molti anni fa; c’era già <strong>il</strong><br />

nuovo Codice, mi ricordo che ne parlammo apposta, ma mancava ancora, era in<br />

fase di progetto la legge sulle investigazioni difensive e soprattutto mancavano<br />

le regole <strong>del</strong> giusto processo. Allora mi capitò proprio, chiudendo, non mi<br />

ricordo se era la relazione principale oppure la relazione di sintesi, come mi<br />

capita spesso di fare, di parlare di una - all’epoca era famosa, poi non se n’è più<br />

sentito parlare - proposta di legge, che però era molto propagandata, che<br />

pretendeva di <strong>del</strong>imitare normativamente le aree di influenza o di operatività tra<br />

diritto di difesa rispetto alla fattispecie penale.<br />

Io dissi allora, e confermo oggi, che la proposta era inut<strong>il</strong>e, e anche pericolosa,<br />

perché di sicuro non avrebbe eliminato gli equivoci, e forse avrebbe autorizzato<br />

iniziative anche più spregiudicate di quelle che già allora lamentavamo.<br />

D’altra parte, ed era una seconda proposta, forse ancora più interessante<br />

<strong>del</strong>l’altra, ma non meno sbagliata, c’era <strong>il</strong> progetto di esentare l’Avvocato da<br />

ogni pena invocando un’estensione <strong>del</strong>l’art. 384 c.p.. A questo proposito mi<br />

sono dichiarato decisamente contrario, soprattutto per una ragione ideologica e<br />

deontologica. Sono sempre di questo avviso, e chi mi conosce sa bene che sono<br />

sempre franco, e non vado mai cercando di nascondermi dietro un dito.<br />

Una proposta <strong>del</strong> genere, se diventasse legge, trasformerebbe <strong>il</strong> processo in una<br />

lite continua, senza esclusione di colpi, non solo tra Pubblico Ministero e<br />

Avvocati, ma – ed è l’aspetto che in genere gli Avvocati non considerano - tra<br />

gli stessi Avvocati, se di opposto schieramento. Basterà pensare a quello che è<br />

stato <strong>il</strong> processo <strong>del</strong> Petrolchimico: avessimo avuto una norma <strong>del</strong> genere, di<br />

sicuro, avremmo avuto liti e probab<strong>il</strong>mente risse con violenza tra Parte Civ<strong>il</strong>e e<br />

Difesa. Io penso che non ce ne sia proprio bisogno, perché, se si fa un’analisi<br />

<strong>del</strong> Codice, intendo quello di Procedura <strong>Penale</strong>, le aree di intervento e di<br />

operatività tra queste due prospettive sono, secondo me, già benissimo separate:<br />

2


dove c’è la difesa, e per difesa intendo esercizio professionale tipico <strong>del</strong>la<br />

professione forense nel processo penale, non può esservi certamente<br />

favoreggiamento.<br />

Oggi la difesa con le investigazioni difensive - naturalmente si potrebbe aprire<br />

un amaro capitolo sulle investigazioni difensive, scelta tipica per ricchi, alle<br />

quali io sono in teoria decisamente contrario, ma ormai c’è e non ci possiamo<br />

fare nulla - può arrivare tranqu<strong>il</strong>lamente molto avanti, anche senza limitare o<br />

chiarire la fattispecie penale contrapposta, <strong>il</strong> 378.<br />

Altro discorso è lo sforzo, lasciando perdere la precisazione <strong>del</strong>l’area di<br />

intervento <strong>del</strong>la difesa, da smuovere nel senso di chiarire una figura come <strong>il</strong><br />

378. E qui sparo a zero,si tratta di una figura che più enigmatica e ambigua non<br />

potrebbe essere: tutto si può discutere <strong>del</strong> 378. Io penso che se si deve fare<br />

qualcosa sul piano legislativo - lasciamo perdere la difesa, tanto più che chi<br />

legge <strong>il</strong> Codice capisce benissimo quale sia la difesa tipica, anche senza<br />

rievocare celebri definizioni come quella di De Marsico, che ogni tanto<br />

bisognerebbe riscoprire, <strong>del</strong> Difensore consorte <strong>del</strong>l’imputato, ma esiste anche <strong>il</strong><br />

<strong>difensore</strong> <strong>del</strong>la Parte Civ<strong>il</strong>e, non dimentichiamocelo mai - ripeto, se è necessario<br />

invocare un intervento legislativo, lo si può o forse si deve fare solo sulla figura<br />

<strong>del</strong> 378. Questa tra l’altro risulta, a mio giudizio, scritta, concepita, pensata e<br />

realizzata solo in rapporto al <strong>difensore</strong>, parliamo <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> <strong>del</strong>l’accusato<br />

ovviamente ma solo per le situazioni più classiche, dove in realtà le<br />

problematiche o sono assenti o sono relative, mai drammatiche.<br />

Entro subito in medias res, spiegando quello che intendo dire con questa<br />

affermazione. Nei processi normali, dove non c’è particolare esposizione, dove<br />

non c’è passione, non ci sono, direi, problemi di rapporto; cioè in un processo di<br />

normale routine, non capita mai di vedere <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> che si abbandona ad<br />

iniziative spregiudicate, e tanto meno <strong>il</strong> Pubblico Ministero che si abbandona<br />

allo strumento penale per impedirlo. Noi però, ed è questo <strong>il</strong> problema, e oggi<br />

l’occasione io stesso l’ho provocata per parlare di certi processi, di certi<br />

interventi secondo me sbagliati <strong>del</strong> Pubblico Ministero, ma anche di certi<br />

interventi direi da bocciare dei difensori, dobbiamo tener presenti i processi per<br />

fatti <strong>del</strong>ittuosi gravi e gravissimi. Pensate ai processi per omicidio, per strage,<br />

dove c’è la tensione, dove c’è la passione, non solo difensiva; ma, se pensate a<br />

un imputato che rischia l’ergastolo, posso capire l’Avvocato che esagera e<br />

posso capire anche <strong>il</strong> Pubblico Ministero che esagera a sua volta per impedirgli<br />

ogni iniziativa scorretta C’è questa tentazione di strafare sia da parte <strong>del</strong>la<br />

Difesa, sia da parte <strong>del</strong>l’Accusa, attenzione, sia pubblica che privata, perché<br />

anche se non ne parliamo mai, anche la Parte Civ<strong>il</strong>e può abbandonarsi a<br />

iniziative scorrette. E’ qui, soprattutto con riflesso e con riferimento a questo<br />

3


tipo di processo, che Giudici e Avvocati e Avvocati di schieramento opposto<br />

rischiano di oltrepassare ogni confine deontologico e di porre in crisi lo stesso<br />

processo; ed è qui soprattutto che – lo proverò fra un attimo, se mi resta ancora<br />

qualche minuto – l’art. 378 c.p. rivela tutte le sue carenze; è qui soprattutto che<br />

<strong>il</strong> Difensore ricorre all’investigazione privata quando se lo può permettere, e ad<br />

iniziative non sempre ortodosse; ed è qui che <strong>il</strong> Pubblico Ministero reagisce<br />

ricorrendo, secondo me, spesso sbagliando, allo strumento penale. Devo dire,<br />

che la mia esperienza mi dice che non sempre questo avviene correttamente. Gli<br />

Avvocati, sono frasi ad effetto, le riporto perché servono a farci capire, dicono<br />

che si trovano tra l’incudine <strong>del</strong>l’art. 378 c.p. e <strong>il</strong> martello <strong>del</strong>l’art. 380 c.p.: può<br />

essere infatti commesso un reato di favoreggiamento, ma se non c’è <strong>il</strong><br />

favoreggiamento c’è qualcuno che li può accusare di patrocinio infe<strong>del</strong>e; e io in<br />

altre occasioni ho replicato dicendo che anche noi come PM ci troviamo nella<br />

stessa alternativa: art. 328 c.p. se si fa troppo poco, art. 323 c.p. se si, esagera si<br />

fa troppo. Siamo tra incudine e martello anche noi. Io, però, devo solo<br />

introdurre <strong>il</strong> discorso, e quindi mi limito ad osservazioni di carattere<br />

generalissimo, senza togliere lo spazio ai relatori.<br />

La prima mi sembra, e direi che rientra tipicamente nel mio <strong>ruolo</strong>, è<br />

deontologica, direi doppiamente deontologica, nel senso che è una<br />

raccomandazione che rivolgo con la massima convinzione e con pari peso ai<br />

difensori, ai Magistrati <strong>del</strong> Pubblico Ministero, ai Giudici.<br />

La raccomandazione può essere questa: evitiamo per favore – Venezia è un<br />

ambiente abbastanza ideale da questo punto di vista, ma io sono sempre stato<br />

fortunato perché dappertutto, dove sono stato, i rapporti tra Giudici e Avvocati<br />

sono sempre stati ideali, a Venezia come a Bologna, addirittura a Firenze erano<br />

id<strong>il</strong>liaci – iniziative spregiudicate, anche se suggerite, inculcate dalla passione.<br />

Il Pubblico Ministero a sua volta cerchi di evitare, per reazione <strong>il</strong> ricorso allo<br />

strumento penale, se proprio non è indispensab<strong>il</strong>e. Entrambe le parti, gli uni e<br />

gli altri, ricordino gli obblighi deontologici, la lealtà e la correttezza. Questa era<br />

una <strong>del</strong>le <strong>il</strong>lusioni che molti Avvocati si facevano prima <strong>del</strong> nuovo processo.<br />

Col nuovo processo accusatorio siamo a posto così si sentiva dire. Col cavolo!<br />

Scusate l’espressione. Siamo peggio! Col processo accusatorio lealtà e<br />

correttezza dall’una e dall’altra parte sono più importanti di prima, e<br />

sicuramente sono più imprescindib<strong>il</strong>i nel processo forte, quello dove si agita la<br />

sorte <strong>del</strong>l’imputato, l’ergastolo o la reclusione fino a 30 anni, piuttosto che in<br />

quello normale, e a maggior ragione qui deve valere <strong>il</strong> dialogo, la correttezza, la<br />

lealtà. La difficoltà e la passione che la conseguente tensione non devono<br />

occultare né limitare la cordialità, e comunque, se questa manca, l’educazione.<br />

Ognuno faccia <strong>il</strong> suo dovere fino in fondo, ma senza sconfinare.<br />

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La seconda raccomandazione è in realtà un memento: ecco, prima di denunciare<br />

un reato perché <strong>il</strong> Pubblico Ministero è scorretto o prima di esercitare un’azione<br />

penale contro un Avvocato perché si è comportato male, ricordiamoci, cosa che<br />

quasi mai ricordiamo, che c’è anche l’iniziativa disciplinare. Io purtroppo ho<br />

fatto grande esperienza di questo, ma riguarda noi ovviamente, faccio spesso <strong>il</strong><br />

<strong>difensore</strong> davanti al Consiglio Superiore <strong>del</strong>la Magistratura. Il Consiglio<br />

Superiore, contrariamente a quello che si dice e si scrive sui giornali, gli<br />

Avvocati dovrebbero saperlo, ma in genere queste cose non le sanno, in<br />

generale severissimo, è diffic<strong>il</strong>issimo scamparla. Io sono <strong>del</strong> parere, lo dissi<br />

l’altra volta, credo proprio in questa sala, che sarebbe ora che gli Avvocati<br />

capiscano che l’intervento disciplinare anche davanti al Consiglio <strong>del</strong>l’Ordine è<br />

essenziale per tenere ferma questo diffic<strong>il</strong>e---. Il giorno in cui i Consigli<br />

<strong>del</strong>l’Ordine diventassero severi, non dico come <strong>il</strong> Consiglio Superiore, ma<br />

quasi, le cose andrebbero molto meglio. Ma, prima di arrivare all’azione penale<br />

o al reato, ricordiamoci che esiste questa strada. Dobbiamo provarla – Potrebbe<br />

funzionare! -<br />

Il terzo passo è proprio quello che dobbiamo fare: riguardiamo questo 378, è<br />

una miniera - io farò qualche breve cenno per arrivare a qualche conclusione,<br />

lasciando poi la parola agli altri - è una figura ambigua ho detto e confermo,<br />

generica, che permette ed agevola qualunque iniziativa penale. Tutto può essere<br />

favoreggiamento: <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> è un favoreggiatore obbligato, legale, previsto<br />

dalla legge, però spesso si trova ad un bivio –ma -----<strong>il</strong> Pubblico Ministero che<br />

esercita l’azione penale,------ spesso un’iniziativa fallace e che si risolve,<br />

purtroppo, lo dico per l’istituzione, in una sorta di boomerang. Il Difensore<br />

viene spesso assolto con compromissione <strong>del</strong>la credib<strong>il</strong>ità <strong>del</strong>la giustizia.<br />

Andiamoci piano! E qui di Pubblici Ministeri purtroppo ce ne sono pochi, gli<br />

altri, quelli che ci sono, non hanno bisogno di queste sollecitazioni perché li<br />

conosco e so che la pensano come me.<br />

Ma, se noi depuriamo questa ambigua figura da ogni incertezza, da ogni<br />

eccesso, noi otteniamo subito due risultati: rendiamo più tranqu<strong>il</strong>la la vita <strong>del</strong><br />

<strong>difensore</strong>, che saprebbe fin dove può arrivare, perché questo è lo scopo <strong>del</strong>la<br />

norma penale, se è scritta bene e concepita bene; ma anche quella <strong>del</strong> Pubblico<br />

Ministero e <strong>del</strong> Giudice, che potranno reagire solo a ragion veduta, senza<br />

sconfinare.<br />

Mi raccomando, questa è una cosa a cui tengo particolarmente: senza esagerare<br />

e senza sbagliare. In materia di favoreggiamento <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> le sentenze sono<br />

quasi tutte sbagliate, vedo sempre che c’è un’esagerazione o nell’Avvocato, che<br />

sollecita o adotta iniziative criticab<strong>il</strong>i, o spesso <strong>del</strong> Pubblico Ministero, che<br />

5


promuove azione penale perché non sa cos’altro fare tutelare l’istituzione, e<br />

spesso sbaglia.<br />

Mi limito adesso brevemente a commentare qualche sentenza tra le ultime,<br />

quelle che ho trovato: Tribunale, Corte d’Appello e Cassazione ovviamente.<br />

Però la più interessante a mio giudizio, anche perché è una <strong>del</strong>le ultime, è una<br />

sentenza <strong>del</strong> Tribunale di Torino GIP di Torino - ed è una sentenza di<br />

straordinario interesse che è stata aggredita, direi, da parte degli Avvocati. Io ho<br />

letto almeno 3 o 4 articoli contro questa sentenza, che invece ritengo giusta.<br />

Attenzione, è questo un argomento che mi sta particolarmente a cuore, perché<br />

avevo già avvertito gli Avvocati le volte in cui ho parlato di questa questione:<br />

cioè quando si hanno maggiori diritti, si hanno anche maggiori poteri, ma anche<br />

maggiori responsab<strong>il</strong>ità. Allora la massima recita così: È falsità ideologica ex<br />

art. 479 c.p. - quindi <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> pubblico ufficiale – allorquando <strong>il</strong> <strong>difensore</strong>,<br />

redigendo un verbale di informazione testimoniale - e qui credo che la<br />

tentazione sia fortissima, e non mi riesce di immaginare un Avvocato che non<br />

abbia mai subito la tentazione di fare questo, bisogna avere la capacità di<br />

fermarsi, “omette di verbalizzare alcune dichiarazioni <strong>del</strong>la persona ascoltata,<br />

perché contrarie all’interesse difensivo”. Cioè interrogando un testimone che si<br />

suppone favorevole al mio cliente accusato, questi dice qualche cosa a favore,<br />

ma poi dice qualcosa che non va bene, l’Avvocato sorvola allegramente sulle<br />

cose contrarie. Lo stesso <strong>difensore</strong> – poi aggiunge la sentenza, ed è qui che<br />

soprattutto ho colto gli strali <strong>del</strong>la critica, ma una critica abbastanza interessata<br />

che proviene soprattutto dai penalisti – risponde anche di favoreggiamento in<br />

concorso materiale – <strong>il</strong> discorso porterebbe molto lontano – se <strong>il</strong> verbale è<br />

esibito al Giudice. Quale è la tesi? Questa sentenza mi sembra, da come è posta,<br />

direi semplicissima, addirittura lineare, forse qualcuno potrebbe dire che è<br />

superficiale. L’unico problema che potremmo ravvisare è se <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> possa<br />

rivestire i panni <strong>del</strong> pubblico ufficiale. Ho visto recentemente qualche articolo<br />

che si è occupato <strong>del</strong>la questione; anzi meglio sono due le teorie conosco: sono<br />

soprattutto io che sostengo che <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> d’ufficio potrebbe essere individuata<br />

come persona incaricata di pubblico servizio in genere, e Scatarone secondo <strong>il</strong><br />

quale <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> rimane comunque persona che esercita un servizio di pubblica<br />

necessità.<br />

Se fosse vero quello che dice Scatarone, ma secondo me sbaglia, <strong>il</strong> <strong>difensore</strong><br />

che omette la verbalizzazione di circostanze non favorevoli al proprio assistito e<br />

esibisce i verbali così redatti al Giudice o al P.M., risponderebbe di<br />

certificazione falsa, 481, se non sbaglio, al contrario <strong>il</strong> Giudice di Torino dice<br />

che è un falso di cui all’art. 479 c.p..<br />

6


Però se guardiamo <strong>il</strong> Codice, attenzione, io penso che <strong>il</strong> Giudice abbia<br />

pienamente ragione: avete voluto, hanno voluto che <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> facesse o <strong>il</strong><br />

colloquio privato non documentato e va tutto bene, o la relazione, oppure<br />

addirittura la verbalizzazione. Il Codice di Procedura <strong>Penale</strong>, art. 391 c.p.p.,<br />

rinvia al libro terzo con riguardo alle modalità di documentazione e quando si<br />

documenta, si redige un verbale - e la dottrina è pacifica e c’è anche una<br />

sentenza che adesso ometto perché sennò non finirei più -, diventa quel classico<br />

caso <strong>del</strong> privato che esercita pubbliche funzioni. Pensate all’art. 83 <strong>del</strong> Codice<br />

di Procedura Civ<strong>il</strong>e, <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> che certifica l’autografia di una firma che a<br />

volte ha messo lui – È sempre persona esercente servizio di necessità o diventa<br />

pubblico ufficiale se-riferisce nell’atto che la firma è stata apposta alla sua<br />

presenza? Io credo che la posizione <strong>del</strong> Giudice sia quanto meno rispettab<strong>il</strong>e.<br />

Possiamo discutere, ma credo sia rispettab<strong>il</strong>e.<br />

Ma <strong>il</strong> problema grosso è <strong>il</strong> favoreggiamento. Gli Avvocati penalisti che si sono<br />

occupati di questa sentenza, ho letto almeno due o tre articoli, dicono che <strong>il</strong><br />

<strong>difensore</strong> non commette favoreggiamento, e l’argomento è interessantissimo,<br />

perché si richiamano, così facciamo anche un piccolo excursus<br />

sull’investigazione difensiva, all’art. 391 octies c.p.p.. Il <strong>difensore</strong>, secondo<br />

questa tesi, avrebbe <strong>il</strong> potere di non presentare la dichiarazione verbalizzata al<br />

Giudice o al Pubblico Ministero; tesi anche questa secondo me contestab<strong>il</strong>e,<br />

perché è vera solo per la fase <strong>del</strong>le indagini preliminari. Chi legge l’art. 419 c.p.<br />

sa che questo potere <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>, ma potremmo discutere per settimane, cessa<br />

con l’udienza preliminare. Se le investigazioni difensive sono successive queste<br />

vanno tutte versate al Giudice. Se fosse così, dicono i penalisti, non si può fare<br />

favoreggiamento, perché, se si può non presentare tutto <strong>il</strong> verbale, allora si può<br />

anticipare e ---- questa mia posizione, praticamente in un’omissione verbale<br />

Beh, io dico che una tesi <strong>del</strong> genere secondo me ci porterebbe alla fine e farebbe<br />

veramente dei nostri rapporti una battaglia continua, tipo la battaglia di<br />

Okinawa. La verbalizzazione corretta è una sola; capisco che verbalizzare e non<br />

verbalizzare, quindi omettere circostanze, può essere diffic<strong>il</strong>e e la buona fede va<br />

sempre accertata, perché spessissimo sbaglia anche <strong>il</strong> Pubblico Ministero o <strong>il</strong><br />

Giudice verbalizzando e saltando qua e là, tutti sappiamo come si fa un verbale;<br />

ma se si omette la verbalizzazione di una dichiarazione di persona ascoltata e lo<br />

si fa apposta per occultare questa circostanza, e presentare quindi al Giudice una<br />

specie di “frittatina” fatta apposta, a me sembra molto, ma molto diffic<strong>il</strong>e dire<br />

che non c’è <strong>il</strong> favoreggiamento. Ecco perché questa tesi, che mi riporterebbe<br />

alla tesi principale che molti Avvocati ancora sostengono, ma anche questa è<br />

sbagliata, che <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> avrebbe tutto <strong>il</strong> diritto di raccogliere solo gli elementi<br />

favorevoli, in una specie di scontro col Pubblico Ministero. Il Pubblico<br />

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Ministero raccoglie i suoi e <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> raccoglie i suoi, solo quelli a favore. Se<br />

accettiamo questa teoria noi precipitiamo in un abisso! Io voglio fare soprattutto<br />

un discorso deontologico, perché anche <strong>il</strong> Pubblico Ministero che ometta una<br />

verbalizzazione di una circostanza favorevole alla Difesa, secondo me<br />

commette lo stesso reato. Avete voluto la parificazione, la subite fino in fondo,<br />

e questo potrebbe essere secondo me un altro problema che non posso<br />

affrontare e che mi porterebbe molto lontano. Tentativo, finché l’omessa<br />

verbalizzazione non viene presentata al Giudice o al P. M., sempre per la fase<br />

<strong>del</strong>le indagini preliminari; tentativo, perché questa figura tra i tanti problemi ha<br />

anche questa <strong>del</strong>l’incriminab<strong>il</strong>ità o meno per <strong>il</strong> tentativo, e io sono di quelli che<br />

dice che questa figura è frazionab<strong>il</strong>e, quindi <strong>il</strong> tentativo è ammissib<strong>il</strong>e, e finché<br />

non viene presentata <strong>il</strong> fatto di reato rimane allo stadio <strong>del</strong> tentativo. Credo che<br />

non avrei nessun dubbio a confermare questa posizione <strong>del</strong> Giudice, lo dico con<br />

molta chiarezza;<br />

Il Giudice di Torino qui ha perfettamente ragione, e faremmo molto meglio a<br />

darne atto subito.<br />

Altro problema, che non posso affrontare per ragioni di tempo, sarebbe se in<br />

questo caso potremmo parlare di assorbimento, che mi sembra la cosa più seria,<br />

cioè dire: c’è <strong>il</strong> falso in atto pubblico, 479 c.p., o per chi preferisce 481 c. p., e<br />

col 61 n. 2 c.p. , per chi lo ammette, io lo ammetto, ma non molti lo ammettono,<br />

potremmo assorbire <strong>il</strong> favoreggiamento nel falso. Ma in ogni caso, secondo me,<br />

mai arrivare allo sviamento <strong>del</strong>le indagini, mai arrivare alla legittimazione <strong>del</strong>la<br />

falsità o <strong>del</strong>l’ommissione. Non sarebbe più difesa tecnica, ma arbitrio. Di questo<br />

passo poi legittimeremmo anche la falsità, perché se la tesi è questa, se posso<br />

omettere, poi posso anche falsificare, far dire al teste esattamente l’opposto,<br />

sperando che <strong>il</strong> teste si sbagli e firmi lo stesso, e arriveremmo alla lite totale.<br />

Seconda sentenza che commento brevemente, la Corte d’Appello di Brescia,<br />

sentenza recentissima, 2005 – Marco Zanotti ne sa qualcosa e anche Vassallo,<br />

che se ne sono occupati, credo -, presenta due riflessioni: una è un parere<br />

assolutamente ineccepib<strong>il</strong>e, sulla quale dovremmo essere tutti d’accordo, l’altra<br />

assolutamente sbagliata, e va detto. La prima: un <strong>difensore</strong> viene contattato da<br />

un teste d’accusa che si dichiara disponib<strong>il</strong>e a ritrattare; ha <strong>il</strong> diritto di<br />

ascoltarlo, di verbalizzarlo, di chiedere <strong>il</strong> memoriale o no? La Corte d’Appello<br />

risponde: sì. E aggiunge, con un’affermazione che mi trova totalmente<br />

d’accordo, che è deontologicamente obbligato a farlo, ma attenzione è una cosa<br />

molto pericolosa, però è deontologicamente obbligato a farlo, quindi bisogna<br />

lodare la Corte d’Appello di Brescia per <strong>il</strong> coraggio che ha avuto. Come anche<br />

può e deve acquisire <strong>il</strong> memoriale che <strong>il</strong> teste gli propone, salvo la valutazione<br />

<strong>del</strong>l’opportunità di produrlo o meno. Questa è la prima massima <strong>del</strong>la Corte<br />

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d’Appello di Brescia, penso che dovremmo essere tutti d’accordo. E dovremmo<br />

essere d’accordo anche sulla seconda, che è uno sbaglio clamoroso. La Corte<br />

dice testualmente, non ho voluto metterci neanche una riga di mio: “Non si<br />

condivide la tesi – che è la tesi <strong>del</strong>la difesa – secondo cui l’art. 378 c.p.<br />

presuppone necessariamente la falsità <strong>del</strong> contenuto <strong>del</strong> memoriale, in quanto –<br />

attenzione a questo passaggio, perché se condividiamo questo rimettiamo in<br />

discussione tutto – la figura <strong>del</strong> reato – parliamo <strong>del</strong> 378 c.p. – si limita a<br />

richiedere semplicemente l’aiuto ad eludere le investigazioni..”; siccome non ho<br />

tempo di commentare questa cosa dopo, io dico che eludere significa falsificare,<br />

frodare trova la matrice civ<strong>il</strong>istica, nel 1414 c.c., “..ovvero l’inquinamento <strong>del</strong>le<br />

prove nel procedimento, ed è indubbio - ecco l’affermazione sconcertante <strong>del</strong>la<br />

Corte - che le dichiarazioni in parole, cioè una dichiarazione vera, può<br />

comportare la conseguenza <strong>del</strong>l’elusione indipendentemente dalla veridicità <strong>del</strong><br />

memoriale o <strong>del</strong>la dichiarazione”. Cioè posso favorire un imputato anche<br />

dicendo la verità. E’ possib<strong>il</strong>e condividere questa cosa. Per fortuna ho trovato<br />

una sentenza <strong>del</strong> mio amico Troiano, e questa volta passiamo in Cassazione,<br />

“Se per favoreggiamento – è una Cassazione recentissima - basta l’attitudine<br />

allo scopo – questa è giurisprudenza corretta, - e non occorre <strong>il</strong> suo<br />

conseguimento, posso favorire senza ottenere <strong>il</strong> risultato <strong>del</strong> favoreggiamento.<br />

E’ però indispensab<strong>il</strong>e - ecco la luce nuova - la condizione che per atto idoneo<br />

al favoreggiamento si intenda <strong>il</strong> comportamento che in qualsiasi modo abbia<br />

provocato o provochi un’alterazione <strong>del</strong> contesto fattuale, cioè <strong>del</strong> quadro<br />

probatorio. In caso contrario – attenzione perché questo è un passaggio<br />

<strong>il</strong>luminante – diventa concreto <strong>il</strong> rischio di reprimere comportamenti di<br />

semplice programmazione o di mera promessa di aiuto <strong>il</strong>lecito” sarebbe un fatto<br />

prodromico, e qui, alla fine, la botta finale: “..venendo ad eludersi”, forse<br />

Pasquale Troiano avrebbe fatto meglio a levarlo questo punto, perché propone<br />

problematiche molto sott<strong>il</strong>i che forse non è <strong>il</strong> caso di affrontare adesso, “<strong>il</strong><br />

principio di offensività ormai da ritenersi costituzionalizzato”, <strong>il</strong> che è<br />

discutib<strong>il</strong>e. Però questa sentenza mi sembra un vero faro, perché secondo me è<br />

evidente <strong>il</strong> rapporto, ma anche l’interconnessione, tra tre problematiche tipiche<br />

<strong>del</strong> diritto penale, le tiene tutte e tre presenti e tutte e tre le centra e le mette in<br />

rapporto in maniera favolosa, secondo me grandiosa: oggetto giuridico, la tutela<br />

<strong>del</strong>la prova, la tipicità, cosa è scritto nella figura, e l’offensività. Insomma la<br />

figura, dice Troiano, esige l’alterazione, <strong>il</strong> mendacio o altrimenti l’ostacolo. Ciò<br />

non esclude che vi possa essere qualche caso di favoreggiamento dicendo la<br />

verità, ma allora questa verità deve essere tesa, volta ad ottenere, ad esempio<br />

l’intralcio <strong>del</strong> processo da altri punti di vista, per esempio: cerco di far sentire,<br />

presentandolo in modo fraudolento, un testimone che racconta sì la verità, ma<br />

9


mi fa perdere 6 mesi per arrivare alla prescrizione, cose <strong>del</strong> genere. Ma ci deve<br />

essere di sicuro un artificio, non si può favorire, aggiungo io, nessuno, se si dice<br />

la verità, soprattutto se la si dice speditamente, senza infiggimenti e senza<br />

secondi scopi. La verità, ma questo è Fortuna, non è più Troiano, è <strong>il</strong> contrario<br />

<strong>del</strong>l’elusione, non c’è e non ci può essere sviamento. Se qualcuno avesse dei<br />

dubbi, non ho tempo per farlo io, andate a rivedere tutte le figure che precede<br />

l’art. 378 c.p. (artt. 371/372/373/374 bis/375/376/377/377 bis e via), troverete<br />

sempre che <strong>il</strong> centro, la nota caratterizzante <strong>del</strong>le figure, è la falsità o<br />

l’omissione. Se dico la verità puntuale senza infiggimenti, senza secondi scopi,<br />

speditamente, senza cercare <strong>il</strong> ritardo, non ci può essere favoreggiamento. E<br />

chiudo subito dicendo quella che secondo me è una cosa da fare: malgrado<br />

questa figura esista da circa 75 anni, nessuno si è ancora accorto che questa<br />

figura tutela solo la Polizia, tutela solo le istituzioni, non la calunnia. Noi<br />

nell’amministrazione <strong>del</strong>la giustizia abbiamo una sola figura a tutela<br />

<strong>del</strong>l’innocenza: la calunnia e basta. Se volete mettiamoci anche la simulazione<br />

di reato e l’autocalunnia, ma tutte le altre norme tutelano, sembra, un passaggio<br />

<strong>del</strong> “Codice Da Vinci”, tanto per citare un romanzo che ormai tutti leggono:<br />

“Sta attento – dice la protagonista all’altro protagonista mentre camminano per<br />

Parigi diretti verso <strong>il</strong> Louvre – che la legge francese non protegge l’accusato,<br />

protegge la Polizia”. Pensando all’art. c. p. 378 io ho concluso nello stesso<br />

modo: protegge l’istituzione, protegge la Polizia, non l’accusato. Ma se io, dopo<br />

che <strong>il</strong> processo è iniziato, mando qualcuno dalla Polizia Giudiziaria a<br />

denunciare una circostanza falsa a carico <strong>del</strong>l’imputato, faccio forse qualcosa?<br />

Ci avete mai pensato? Non faccio niente, non c’è nessuna norma che punisca un<br />

comportamento <strong>del</strong> genere, che è certamente più grave di quello di un Avvocato<br />

che proteggendo <strong>il</strong> suo cliente cerca di salvarlo dall’accusa. Io dico che questo<br />

art. 378 c. p. bisogna rivederlo anche alla luce <strong>del</strong> giusto processo, <strong>del</strong>la parità<br />

<strong>del</strong>le armi e di tutto.<br />

Ecco, chiudo invocando una sentenza vecchia, invece, <strong>del</strong>la Cassazione. Vi<br />

ricordate una volta, che si parlava <strong>del</strong>l’Avvocato collaboratore <strong>del</strong> Giudice?<br />

C’era una celebre sentenza degli anni ’80, io l’ho commentata moltissime volte,<br />

in cui l’Avvocato s<strong>il</strong>ente, un Avvocato un po’ artificioso, per la verità, che non<br />

approvo assolutamente, che assiste ad una ricognizione di persona, e mi ricordo<br />

ancora un articolo, l’art. 361 <strong>del</strong> vecchio Codice, in cui l’imputato, ma si dice, si<br />

supponeva, almeno lo diceva <strong>il</strong> Pubblico Ministero, d’accordo con <strong>il</strong> Difensore,<br />

aveva sostituito la persona da riconoscere; gli Avvocati dicevano che questo era<br />

legittimo. Ma la Cassazione, facendo una sentenza giustissima, ha detto una<br />

corbelleria pazzesca, dice: “L’Avvocato risponde di favoreggiamento perché<br />

avrebbe dovuto denunciarlo”, questo è <strong>il</strong> punto. L’Avvocato che ha organizzato<br />

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questa roba andrebbe non solo condannato, ma cacciato dai confini nazionali,<br />

non c’è dubbio su questo; però la Cassazione, già col vecchio Codice, apposta<br />

ho citato gli anni ’80, non avrebbe dovuto spingersi a dire che l’Avvocato ha<br />

l’obbligo di collaborare col Giudice; l’Avvocato collaboratore <strong>del</strong> Giudice lo<br />

abbiamo ormai, direi, superato come principio; <strong>il</strong> nuovo Codice, posto che<br />

questo sia un Codice nuovo, ho i miei dubbi in materia, posto che questo Codice<br />

sia più <strong>il</strong>luminato e più garantista <strong>del</strong>l’altro, ho i miei dubbi anche su questo,<br />

almeno questo problema lo ha eliminato. L’Avvocato è l’antagonista <strong>del</strong><br />

Pubblico Ministero, non <strong>il</strong> collaboratore <strong>del</strong> Giudice. E vedete, questa sentenza<br />

<strong>del</strong>l’86, che viene subito dopo quest’altra, dice che: “Il confine tra Difesa e<br />

favoreggiamento consiste nel coinvolgimento fattivo.. in azioni svianti <strong>il</strong> corso<br />

<strong>del</strong> processo - attenzione, che ci riporta al punto dove abbiamo cominciato – ed<br />

estranee alla tipicità <strong>del</strong>l’esercizio <strong>del</strong> mandato. E’ sempre la falsità <strong>del</strong>la<br />

notizia e quindi <strong>del</strong>la prova <strong>il</strong> momento supremo che separa <strong>il</strong> confine <strong>del</strong> lecito<br />

dall’<strong>il</strong>lecito”. Vi ringrazio.<br />

AVV. EUGENIO VASSALLO<br />

Grazie. Adesso abbiamo la relazione <strong>del</strong>la Commissione di Studio <strong>del</strong> Diritto<br />

<strong>Penale</strong>. La parola al Presidente <strong>del</strong>la Commissione Avv. Renato Alberini.<br />

AVV. RENATO ALBERINI<br />

Il tema che oggi ci occupa come pomeriggio di studio è un tema che ha<br />

suscitato subito grande interesse all’interno <strong>del</strong> Consiglio Direttivo <strong>del</strong>la<br />

<strong>Camera</strong> <strong>Penale</strong>, in particolar modo da parte di chi rappresenta e fa parte <strong>del</strong>le<br />

Commissioni di Studio. E’ un tema che, come ha detto <strong>il</strong> nostro Procuratore<br />

Generale, non è mai sufficientemente approfondito, nel senso che ha un<br />

interesse ciclico che può derivare o dall’intervento normativo, che ha<br />

modificato quelle che sono le possib<strong>il</strong>ità di intervento <strong>del</strong> Difensore, come per<br />

esempio nell’ambito <strong>del</strong>le nuove norme sulle indagini difensive, con tutte le<br />

problematiche cui ha accennato <strong>il</strong> dottor Fortuna, e soprattutto e purtroppo<br />

quando accadono episodi di cronaca giudiziaria che richiamano l’attenzione<br />

degli avvocati, perché, ogni qualvolta un avvocato viene colpito o viene<br />

addirittura raggiunto da un provvedimento di custodia cautelare in carcere, si<br />

sente colpita tutta la categoria e quindi questi temi, che non sono mai<br />

sufficientemente approfonditi, tornano alla ribalta e sono sempre più vivi e più<br />

presenti e soprattutto sempre più oggetto di una evoluzione dottrinale e<br />

giurisprudenziale. E’ per questa ragione che questo convegno è stato<br />

organizzato e la vostra partecipazione ci fa molto piacere perché vuol dire che la<br />

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<strong>Camera</strong> <strong>Penale</strong> <strong>Veneziana</strong> ha intuito quanto attuale e importante sia questo<br />

tema.<br />

Le Commissioni di Studio <strong>del</strong>la <strong>Camera</strong> <strong>Penale</strong> si sono attivate notevolmente,<br />

parlo di Commissioni al plurale in quanto già <strong>il</strong> titolo di questo convegno<br />

evidenzia come questo nostro tema sia un tema che riguarda sia <strong>il</strong> diritto<br />

processuale che <strong>il</strong> diritto sostanziale. Di conseguenza la Commissione di Studio<br />

di Diritto <strong>Penale</strong> Sostanziale presieduta dalla collega Avvocato Fabiana<br />

Danesin, unitamente ai componenti <strong>del</strong>la Commissione di Studio <strong>del</strong> Diritto<br />

Processuale presieduta dall’Avvocato Marino De Franceschi, hanno lavorato<br />

per poter introdurre questo tema. Abbiamo avuto l’onore quest’oggi di avere<br />

un’ulteriore introduzione ad ampio raggio <strong>del</strong> nostro Procuratore Generale, ma,<br />

dicevo, a questo punto una breve relazione per introdurre meglio i temi su cui<br />

poi i nostri <strong>il</strong>lustri relatori potranno intervenire.<br />

Passo quindi la parola all’Avvocato Fabiana Danesin, che cercherà, pur con i<br />

problemi di tempo che abbiamo e l’importanza degli argomenti, di esporre<br />

quello che è <strong>il</strong> risultato di questo lavoro a quattro mani tra le varie<br />

Commissioni.<br />

AVV. FABIANA DANESIN<br />

Ringrazio innanzitutto l’Avvocato Alberini <strong>del</strong>la sua introduzione. Come avete<br />

sentito io sono <strong>il</strong> Presidente <strong>del</strong>la Commissione di Studio di Diritto <strong>Penale</strong><br />

Sostanziale e comunque, come vi ha già anticipato, a questa relazione abbiamo<br />

collaborato in più Commissioni. Quindi ho <strong>il</strong> piacere di ringraziare<br />

personalmente i componenti <strong>del</strong>la mia Commissione, che sono l’Avvocato<br />

Paola Loprieno, Isabella Da Re, Mariangela Semenzato, Alessandro Rampinelli<br />

e Luigi Ravagnan, oltre che ovviamente, e non da ultimo, <strong>il</strong> Presidente <strong>del</strong>la<br />

Commissione Studio di Diritto <strong>Penale</strong> Processuale l’Avvocato Marino De<br />

Franceschi.<br />

Ma proprio per non portare via ulteriore tempo io vado subito a dirvi qual è<br />

stato e qual è <strong>il</strong> nostro lavoro.<br />

Tutti gli Avvocati sanno che <strong>il</strong> nostro operato e la nostra professionalità hanno<br />

dei canoni imprescindib<strong>il</strong>i ai quali tutti noi dobbiamo attenerci; ci stiamo<br />

riferendo al Codice Deontologico che, ahimè, abbiamo scoperto, non molti nel<br />

loro complesso conoscono e che fortunatamente è diventato oggi anche materia<br />

di esame nel nostro esame di Stato.<br />

Fatta comunque questa premessa e tornando al tema che ci occupa, una norma<br />

in particolare <strong>del</strong> Codice Deontologico deve essere sempre tenuta in debito<br />

conto, ci riferiamo all’art. 36, <strong>il</strong> quale in sostanza impone al <strong>difensore</strong> di<br />

difendere gli interessi <strong>del</strong>la parte assistita nel miglior modo possib<strong>il</strong>e, nei limiti<br />

12


<strong>del</strong> mandato e nella osservanza <strong>del</strong>la legge e dei principi deontologici.<br />

Osservanza <strong>del</strong>la legge quindi, ma nel rispetto <strong>del</strong>l’interesse <strong>del</strong>la parte assistita,<br />

che deve essere lo scopo primario che deve guidare tutto l’operato <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>.<br />

Non vogliamo in questa sede tediare con già note dissertazioni storico–<br />

giuridiche per ricordare come sia conquista di civ<strong>il</strong>tà l’avere garantito<br />

l’autonomia e la fondamentale importanza <strong>del</strong> <strong>ruolo</strong> <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> nel processo,<br />

iter che si è sempre più sv<strong>il</strong>uppato ed arricchito, basti pensare alle indagini<br />

difensive che, se da un lato rivelano tutta la loro importanza per un’efficiente<br />

difesa, dall’altro però, come vedremo, possono presentare <strong>del</strong>le insidie e sarà<br />

questo infatti uno dei temi che <strong>il</strong> seminario si propone oggi di sv<strong>il</strong>uppare. E’<br />

certo meno semplice di quanto appaia individuare <strong>il</strong> limite <strong>del</strong>l’essenza stessa<br />

<strong>del</strong>l’attività <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> se si considera quanto ampiamente possa interpretarsi<br />

<strong>il</strong> termine interesse. Ancora più complesso risulta oggi contemperare tale<br />

esigenza e finalità con <strong>il</strong> rispetto <strong>del</strong>la legge che la norma deontologica richiama<br />

a fondamento e <strong>del</strong>imitazione <strong>del</strong>le azioni consentite.<br />

Si è autorevolmente sostenuto che <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> abbia l’obbligo di contribuire ad<br />

una sentenza giusta, giungendo ad ascrivere all’ipotesi di favoreggiamento tutte<br />

quelle iniziative più marcatamente idonee ad influire sul procedimento di<br />

formazione e raccolta <strong>del</strong>la prova. Ben oltre, come vedremo, la fattispecie<br />

astratta è riferita alle investigazioni o ricerche richiamate dall’art. 378 <strong>del</strong><br />

Codice <strong>Penale</strong>.<br />

Su questo particolare aspetto noi riteniamo vada riaffermato che un <strong>difensore</strong><br />

nello svolgimento <strong>del</strong>la sua attività professionale debba sempre tenere presente<br />

che fine ultimo <strong>del</strong> suo operato non è arrivare ad una sentenza giusta, compito<br />

questo che probab<strong>il</strong>mente spetta ad altri, in quanto <strong>il</strong> processo mira al<br />

raggiungimento di una verità che non è comunque quella assoluta, ma è quella<br />

processuale. Ma non vogliamo qui fare <strong>del</strong>la f<strong>il</strong>osofia <strong>del</strong> diritto anche perché si<br />

rischia di andare fuori tema. Quello che si vuole sottolineare è come in un<br />

processo di parti <strong>il</strong> compito cui è chiamato <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> è esclusivamente quello<br />

di perseguire, tutelare ed affermare l’interesse <strong>del</strong> proprio assistito, sempre nei<br />

limiti <strong>del</strong>la legge. Purtroppo sempre più sovente <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> si è visto ostacolato<br />

in questa sua attività, basti pensare a quanto recentemente – come ricordava<br />

prima <strong>il</strong> nostro Presidente Avvocato Vassallo - accaduto ad un Avvocato di<br />

Potenza. Infatti spesso si sono verificati casi in cui <strong>il</strong> <strong>difensore</strong>, nello<br />

svolgimento <strong>del</strong>la sua attività difensiva, meglio, nell’esercizio dei suoi diritti, si<br />

sia visto lui stesso sul banco degli imputati, tacciato di avere commesso <strong>del</strong>itti<br />

per attività da lui svolte nella tutela degli interessi <strong>del</strong> suo assistito. Nel caso<br />

appena accennato è interessante sottolineare come l’Avvocato sia stato<br />

addirittura sottoposto alla misura cautelare detentiva con l’accusa di avere<br />

13


concorso nel reato di associazione contestato al suo assistito. Altresì è<br />

importante sottolineare anche quanto emerge in tema di rivelazione dei segreti<br />

d’ufficio che nel prosieguo esamineremo.<br />

Queste accuse sono gravissime, ma ancora più gravi si presentano se si pensa<br />

che in tali situazione può fac<strong>il</strong>mente imbattersi ciascuno di noi nell’esercizio<br />

<strong>del</strong>la nostra attività, pensando, come viene naturale, di tutelare gli interessi <strong>del</strong><br />

nostro cliente. Entrando maggiormente nel merito <strong>del</strong>la questione ed<br />

analizzando taluni <strong>del</strong>itti potenzialmente commettib<strong>il</strong>i dal <strong>difensore</strong> emerge<br />

primariamente l’ipotesi di cui all’art. 378, ovvero <strong>il</strong> <strong>del</strong>itto di favoreggiamento.<br />

Tale ipotesi, come ben sapete, prevede che venga punito chi, fuori <strong>del</strong>le ipotesi<br />

di concorso, aiuti taluno ad eludere le investigazioni <strong>del</strong>l’autorità o a sottrarsi<br />

alle richieste di questa. Ebbene, dalla lettura <strong>del</strong>la previsione codicistica di tale<br />

fattispecie emerge con chiarezza come e quanto sia sott<strong>il</strong>e <strong>il</strong> discrimen tra diritto<br />

e <strong>del</strong>itto <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>. Quante volte infatti ci troviamo a dare dei consigli al<br />

nostro cliente in ottemperanza ai doveri professionali cui prima si accennava e<br />

che potenzialmente potrebbero altresì aiutare <strong>il</strong> nostro cliente ad eludere le<br />

investigazioni <strong>del</strong>l’autorità?<br />

I problemi sono molteplici e molti di questi sono dovuti già a monte alla<br />

formulazione <strong>del</strong>la previsione legislativa in esame, la quale difetta, ci si<br />

consenta, dei principi <strong>del</strong>la tipicità e determinatezza. Il concetto di “aiuto”<br />

infatti è dai contorni precari e fumosi, tanto che può ricomprendere le più<br />

svariate azioni od omissioni. Per fare un esempio: nel caso in cui <strong>il</strong> <strong>difensore</strong><br />

riveli al proprio assistito l’emanazione <strong>del</strong>l’ordine di carcerazione da parte <strong>del</strong>la<br />

Procura, permettendogli eventualmente di darsi alla fuga, ci chiediamo:<br />

commette o meno <strong>il</strong> <strong>del</strong>itto di favoreggiamento? In linea di massima è bene<br />

sottolineare come non sia possib<strong>il</strong>e, anche e proprio in forza <strong>del</strong>la<br />

indeterminatezza <strong>del</strong>la previsione legislativa, dettare regole di ordine generale,<br />

ma che si debba di volta in volta guardare la singola fattispecie concreta per<br />

verificare se si sia realizzata quella sorta di “solidarietà anomala”, come più<br />

volte indicato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, tale da fare assumere al<br />

<strong>difensore</strong> <strong>il</strong> diverso volto di indagato.<br />

E’ altresì vero che, sempre in virtù <strong>del</strong>la “elasticità” di tale fattispecie, la<br />

giurisprudenza più attuale ha dato alla stessa un’interpretazione a dir poco<br />

estensiva e che prevede <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e configurarsi <strong>del</strong> <strong>del</strong>itto di favoreggiamento<br />

anche ben oltre quanto espressamente e testualmente richiamato dalla norma.<br />

Infatti, se in un primo momento ci si interrogava se la fattispecie prevista dal<br />

378 si riferisse solo alle prime investigazioni <strong>del</strong>la P.G., in una fase quindi non<br />

ancora strettamente processuale o altresì anche a quelle <strong>del</strong> Pubblico Ministero,<br />

questione poi risolta nel secondo senso, adesso, forzando i limiti di quanto<br />

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previsto, si vuole indicare come oggetto giuridico e bene tutelato dal reato di<br />

favoreggiamento sia l’integrità e la genuinità <strong>del</strong>l’acquisizione <strong>del</strong>la prova, non<br />

limitandosi quindi ad una mera fase di ricerca <strong>del</strong>la stessa, ma addirittura di<br />

assunzione al processo, in modo tale da ampliare l’applicazione <strong>del</strong>la norma a<br />

tutto l’iter processuale. Di più: talune pronunce hanno inteso dichiarare che<br />

l’attività <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> dovrebbe essere tesa al raggiungimento di una sentenza<br />

giusta, definizione che se da un lato snatura completamente <strong>il</strong> dovere primo <strong>del</strong><br />

<strong>difensore</strong>, dall’altro si palesa in tutta la sua insidiosità per <strong>il</strong> rischio per <strong>il</strong><br />

<strong>difensore</strong> stesso di rendersi colpevole di qualche ipotesi criminosa, nel caso in<br />

cui <strong>il</strong> suo operato non contribuisse a tale scopo. Avendo la Commissione scelto<br />

di priv<strong>il</strong>egiare la riflessione sull’aspetto deontologico <strong>del</strong> tema di oggi, anche<br />

per non togliere appunto lo spazio agli interventi dei nostri relatori, richiamiamo<br />

<strong>il</strong> preambolo <strong>del</strong> nostro Codice Deontologico secondo cui: “nell’esercizio <strong>del</strong>la<br />

sua funzione l’Avvocato vig<strong>il</strong>a sulla conformità <strong>del</strong>le leggi e i principi <strong>del</strong>la<br />

Costituzione nel rispetto <strong>del</strong>la convenzione per la salvaguardia dei diritti umani<br />

e <strong>del</strong>l’ordinamento comunitario, garantisce <strong>il</strong> diritto alla libertà e sicurezza <strong>del</strong>la<br />

difesa, assicura la regolarità <strong>del</strong> giudizio e <strong>del</strong> contraddittorio”. Non vi sono<br />

richiami, nel Codice, al dovere di concorrere ad una sentenza giusta, se non nei<br />

limiti <strong>del</strong> rispetto <strong>del</strong>le norme superiori appena ricordate, che semmai devono<br />

tendere ad un processo giusto. Si tratta di una situazione ai limiti <strong>del</strong> consentito,<br />

nel momento in cui da un lato <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> è gravemente minato nella propria<br />

autonomia operativa, mentre dall’altro, ove decida di travalicare <strong>il</strong> limite, da noi<br />

non condiviso, tracciato dalla più recente giurisprudenza, può essere<br />

efficacemente tolto di mezzo con una fac<strong>il</strong>e accusa di favoreggiamento.<br />

Si tratta di un prof<strong>il</strong>o grave, anche se affrontato su un piano meramente<br />

dogmatico, se consideriamo che la paralisi <strong>del</strong>l’azione difensiva si risolve nella<br />

radicale negazione <strong>del</strong> principio <strong>del</strong> contraddittorio cui <strong>il</strong> processo penale è<br />

informato, per espresso disposto costituzionale. E allora ci chiediamo e<br />

chiediamo ai relatori di oggi: l’interpretazione <strong>del</strong> concetto di aiuto nelle<br />

accezioni esemplificate può ed entro che limiti presentare prof<strong>il</strong>i di legittimità<br />

costituzionale nel momento in cui conduce alla morte <strong>del</strong> contraddittorio e <strong>del</strong><br />

diritto di difesa? Infatti, dichiarare la sussistenza di un favoreggiamento<br />

ogniqualvolta l’azione sia di per sé idonea ad incidere sulla formazione ed<br />

acquisizione <strong>del</strong>la prova anche in giudizio significa negare di fatto <strong>il</strong> diritto al<br />

contraddittorio, che altro non è che diretta influenza <strong>del</strong>le parti processuali nel<br />

relativo procedimento. Gli interrogativi sono molti e rischiano di moltiplicarsi<br />

in difetto di parametri legislativi e testuali univoci.<br />

A fronte quindi <strong>del</strong>la prospettata paralisi <strong>del</strong>l’attività difensiva, tale per cui i<br />

difensori, piuttosto di vedersi notificato un 415 bis come favoreggiatori dei<br />

15


propri clienti, preferiscono limitare la propria opera, venendo meno però,<br />

secondo noi, ai principi cardini <strong>del</strong>l’attività difensiva, come più avanti vedremo,<br />

si è da parte <strong>del</strong>la più accorta giurisprudenza cercato di trovare sul piano<br />

prettamente positivo <strong>del</strong>le soluzioni per salvare i difensori dalle accuse di<br />

commissioni di <strong>del</strong>itti.<br />

Ebbene, al di là <strong>del</strong>le ipotesi estreme in cui un <strong>difensore</strong> dia vitto ed alloggio ad<br />

un latitante o quando, oltre a comunicare l’immediata notifica <strong>del</strong>l’ordine di<br />

carcerazione, prepari la vettura affinché possa scappare, che vogliamo pensare<br />

restino esempi di scuola, si sono intraprese più vie per cercare di distinguere le<br />

ipotesi in cui <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> eserciti un diritto e quando compia un <strong>del</strong>itto,<br />

soprattutto relativamente alla funzione caratteristica <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> di prestare<br />

consiglio al proprio assistito.<br />

Taluni hanno sostenuto che si possa applicare la scriminante <strong>del</strong>l’esercizio di un<br />

diritto previsto <strong>del</strong>l’art. 51 <strong>del</strong> Codice <strong>Penale</strong>, mentre altri ne hanno negato la<br />

necessità. Infatti, o <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> si muove nei limiti di un contratto lecito di<br />

mandato difensivo, ed allora non potrà che porre in essere comportamenti leciti,<br />

oppure si muove esorbitando da tali limiti e realizzando condotte penalmente<br />

r<strong>il</strong>evanti, ed allora non potrà certo invocare l’art. 51 in quanto egli opererà al di<br />

fuori <strong>del</strong> titolo che lo legittima e che costituisce la fonte <strong>del</strong> suo diritto/dovere, e<br />

di tale aspetto comunque parlerà più diffusamente e meglio di me <strong>il</strong> dottor<br />

Delpino.<br />

Altri sostengono invece che l’esercizio legittimo <strong>del</strong> mandato sia un fattore che<br />

esclude già a priori la configurab<strong>il</strong>ità <strong>del</strong>la condotta tipica ed in questo senso<br />

molti si sono soffermati sulla differenza data dall’acquisizione <strong>del</strong>la notizia da<br />

parte <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>. Infatti si sostiene che laddove <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> abbia avuto<br />

contezza legittimamente <strong>del</strong>la notizia poi rivelata al proprio assistito – si pensi<br />

sempre al caso <strong>del</strong>la comunicazione <strong>del</strong>l’ordine di esecuzione - non vi possa<br />

essere reato, mentre laddove <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> abbia acquisito la notizia<br />

<strong>il</strong>legittimamente ovvero al di là dei diritti concessigli, allora vi sarà senz’altro <strong>il</strong><br />

favoreggiamento. Da parte di altri ancora si è criticata questa distinzione poiché<br />

non capaci di ricomprendere tutte le possib<strong>il</strong>i ipotesi, e si sono pertanto orientati<br />

sull’importanza <strong>del</strong>l’elemento soggettivo per valutare se <strong>il</strong> Difensore abbia<br />

voluto aiutare o semplicemente notiziare, com’è suo dovere fare, <strong>il</strong> proprio<br />

cliente. Tante quindi sono state le proposte per uscire dall’impasse creatasi, che<br />

necessariamente dovrà trovare una soluzione prima di tutto a livello codicistico,<br />

in modo tale da permettere al <strong>difensore</strong>, che agisce nel rispetto <strong>del</strong>la legge e<br />

nell’esercizio dei suoi diritti, di non trovarsi a sua volta indagato per<br />

favoreggiamento. Ciò anche in considerazione <strong>del</strong> fatto che un mero riferimento<br />

al contenuto <strong>del</strong> mandato come limite <strong>del</strong> lecito non appare sufficiente, posto<br />

16


che <strong>il</strong> problema sembra ricondursi proprio alla definizione dei contenuti <strong>del</strong><br />

mandato stesso.<br />

Purtroppo però molti altri ancora sono i casi in cui <strong>il</strong> confine tra diritto e<br />

potenziale <strong>del</strong>itto <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> diviene sempre meno preciso: importante è<br />

chiaramente tutta la nuova disciplina <strong>del</strong>le indagini difensive che, nel momento<br />

in cui dà dei diritti in più al <strong>difensore</strong>, contemporaneamente pone lo stesso in<br />

una precaria situazione, passib<strong>il</strong>e, anche in questo caso, di responsab<strong>il</strong>ità penale.<br />

Invero, la puntuale disciplina <strong>del</strong>le investigazioni difensive nel nostro Codice di<br />

Procedura <strong>Penale</strong> è stata salutata con grande favore, ma ha destato altrettanto<br />

allarme, in considerazione dei riflessi che non hanno tardato ad emergere sul<br />

piano <strong>del</strong>la responsab<strong>il</strong>ità penale, oltre che <strong>del</strong>la deontologia.<br />

Di fronte ad alcune recenti pronunce in materia, la convinzione di alcuni di<br />

avere finalmente dei parametri certi da affermare e garantire uno spazio di<br />

liceità alla raccolta di elementi probatori da parte <strong>del</strong>la Difesa, si rivela poco più<br />

di un’<strong>il</strong>lusione.<br />

Molti colleghi ricorderanno che in un incontro organizzato dalla <strong>Camera</strong> <strong>Penale</strong><br />

<strong>Veneziana</strong>, all’indomani <strong>del</strong>l’entrata in vigore <strong>del</strong>la novella sulle indagini<br />

difensive, nel prendere atto che i nuovi poteri riconosciuti al <strong>difensore</strong> venivano<br />

senz’altro a coniugarsi con maggiori responsab<strong>il</strong>ità <strong>del</strong>l’esercente <strong>il</strong> mandato<br />

difensivo, si paventava la possib<strong>il</strong>ità che soprattutto con riferimento all’attività<br />

di acquisizione di dichiarazioni ed informazioni ex art. 391 bis <strong>del</strong> Codice di<br />

Procedura <strong>Penale</strong> potessero prof<strong>il</strong>arsi rischi di condotte che, oltre ad assumere<br />

r<strong>il</strong>evanza sul piano deontologico, potessero essere suscettib<strong>il</strong>i di sanzione<br />

criminale. Si sottolineava come la nuova normativa, nell’escludere all’art 334<br />

bis <strong>del</strong> Codice di Procedura <strong>Penale</strong> un obbligo di denuncia gravante sul<br />

<strong>difensore</strong> per i fatti di reato conosciuti nel corso <strong>del</strong>l’attività di indagine e nel<br />

riconoscere al <strong>difensore</strong> un potere di certificazione e di autenticazione,<br />

evocando tra l’altro come strumento di documentazione la forma <strong>del</strong> verbale,<br />

offrisse <strong>il</strong> destro da un lato al riconoscimento in capo al <strong>difensore</strong> <strong>del</strong>la qualifica<br />

di pubblico ufficiale da altri non condiviso e dall’altro all’inquadrab<strong>il</strong>ità degli<br />

atti di investigazione difensiva nella categoria degli atti pubblici. Tanto con<br />

intuib<strong>il</strong>i conseguenze in ipotesi di non aderenza di quanto documentato a quanto<br />

realmente riferito dal dichiarante o dall’informatore.<br />

E si ricorderà come all’interno <strong>del</strong>la <strong>Camera</strong> <strong>Penale</strong> <strong>Veneziana</strong> fosse prevalente<br />

l’impostazione che considerava l’esposizione a sim<strong>il</strong>i rischi uno scotto<br />

accettab<strong>il</strong>e, ove la prassi applicativa avesse dato ragione alle opzioni<br />

interpretative che, al cospetto <strong>del</strong>la nuova normativa, si pronunciavano per<br />

l’assoluta dignità <strong>del</strong> materiale probatorio procurato con le nuove forme dal<br />

<strong>difensore</strong> e la sua equiparab<strong>il</strong>ità a quello formato dalla Pubblica Accusa.<br />

17


Ebbene, a più di quattro anni dall’entrata in vigore <strong>del</strong>la legge 397/2000, se per<br />

un verso gli esiti <strong>del</strong>le investigazioni difensive sono sempre più apprezzati e<br />

valorizzati dal Giudice, sia in materia de libertate che, e forse soprattutto, in<br />

sede di giudizio abbreviato, appare palpab<strong>il</strong>e la tendenza di certi uffici di<br />

Procura e di taluni Giudici a contestare al Difensore <strong>il</strong> reato di falso in atto<br />

pubblico e di favoreggiamento, connessi alle attività di cui all’art. 391 bis. Nota<br />

a tutti noi è la sentenza <strong>del</strong> G.I.P. di Torino con la quale un collega è stato<br />

condannato per non aver compiutamente riprodotto nel verbale di informazioni<br />

ex art. 391 bis tutte le dichiarazioni <strong>del</strong>la persona sentita, obliterando in<br />

particolare alcuni passaggi contenenti, a parere <strong>del</strong> giudicante, elementi<br />

sfavorevoli all’assistito.<br />

Esaminare le problematiche affrontate nella decisione, nonché le perplessità che<br />

essa genera in alcuni passaggi argomentativi, risulta incompatib<strong>il</strong>e con le<br />

finalità introduttive e di spunto agli interventi dei relatori cui è destinata la<br />

presente relazione.<br />

Certo si può dire che <strong>il</strong> quesito che costituisce <strong>il</strong> tema <strong>del</strong>l’incontro di oggi ben<br />

può essere riferito, oltre che alle fattispecie storicamente più evocate <strong>del</strong><br />

favoreggiamento, soprattutto in materia di cautele personali o di subornazione<br />

<strong>del</strong> teste, all’area <strong>del</strong>le investigazioni difensive e deve essere tenuto bene a<br />

mente dal <strong>difensore</strong>, allorquando procede alla documentazione <strong>del</strong>le attività di<br />

ricerca <strong>del</strong>la prova che <strong>il</strong> Codice di Rito gli consente. Scrupolo vuole che, al<br />

fine di fugare ogni dubbio e scongiurare qualsivoglia tentazione di contestare al<br />

<strong>difensore</strong> una non genuina riproduzione di quanto acquisito dalle persone in<br />

grado di riferire, si elevi ad imperativo l’impiego di adeguata strumentazione<br />

fonografica o audiovisiva ad integrazione <strong>del</strong> supporto cartaceo, che la non<br />

univoca formulazione <strong>del</strong>l’art. 391 bis comma 2 consentirebbe forse di non<br />

considerare adempimento necessario.<br />

Dovere defensionale impone poi, proprio per la necessità di totalmente<br />

riprodurre le dichiarazioni <strong>del</strong>l’informatore in tutti i passaggi, siano essi<br />

favorevoli o sfavorevoli all’assistito, che si proceda preliminarmente e con<br />

attenzione al colloquio informativo di cui al primo comma <strong>del</strong>l’art. 391 bis, da<br />

considerarsi come momento imprescindib<strong>il</strong>e, ove vengono saggiate le<br />

potenzialità di un’eventuale dichiarazione o informazione destinata ad essere<br />

trasfusa, nella sua completezza di contenuto, nelle forme di cui all’art. 391 ter.<br />

Ma ancora, tornando su un piano più prettamente sostanzialistico, altra ipotesi<br />

<strong>del</strong>ittuosa in cui rischia di imbattersi <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> è quella prevista dall’art. 379<br />

bis <strong>del</strong> Codice <strong>Penale</strong> ovvero la rivelazione di segreti inerenti ad un<br />

procedimento penale. Qualche dubbio potrebbe sorgere in relazione ai contatti<br />

tra <strong>il</strong> Difensore o con i terzi. Pensiamo, ad esempio, a come un’indagine<br />

18


difensiva e le comunicazioni alla stessa collegate possano risolversi, in astratto,<br />

nella divulgazione, anche se limitata, di notizie relative ad un procedimento in<br />

corso e siano potenzialmente idonee a porre in allarme eventuali soggetti<br />

coinvolti. Quali i possib<strong>il</strong>i prof<strong>il</strong>i di responsab<strong>il</strong>ità <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> che,<br />

nell’ambito <strong>del</strong> mandato ricevuto, svolga ritualmente attività di investigazione,<br />

favoreggiamento, rivelazione di segreti, altro? Si pensi ancora al suindicato caso<br />

<strong>del</strong>l’Avvocato di Potenza, che viene notiziato <strong>del</strong>l’esistenza di un procedimento<br />

di indagine da parte di un collega, co<strong>difensore</strong> di altro indagato nel medesimo<br />

procedimento. Come si deve considerare <strong>il</strong> comportamento di quel collega?<br />

Speriamo che dal dibattito <strong>del</strong> seminario odierno emergano <strong>del</strong>le risposte certe.<br />

Gli esempi, comunque, potrebbero essere infiniti e noi abbiamo ritenuto di<br />

riportarne solo alcuni, basti pensare ancora alla subornazione <strong>del</strong> teste di cui<br />

all’art. 377. Anche con riguardo a questa ipotesi <strong>del</strong>ittuosa vanno richiamati i<br />

doveri deontologici in materia di contatti con i testimoni, come riformulati per <strong>il</strong><br />

necessario coordinamento con la disciplina sulle indagini difensive.<br />

Comunque, l’attività <strong>del</strong> Difensore non deve prescindere da quello che è e deve<br />

essere l’unico faro nello svolgimento <strong>del</strong>la professione, cioè <strong>il</strong> tutelare <strong>il</strong> nostro<br />

assistito nel miglior modo possib<strong>il</strong>e, pur nel rispetto <strong>del</strong>la legge. Quindi<br />

dobbiamo ricordare che in un altro e più insidioso reato potrebbe incappare <strong>il</strong><br />

<strong>difensore</strong> nello svolgere infe<strong>del</strong>mente la propria attività. Ci riferiamo all’art.<br />

380 <strong>del</strong> Codice <strong>Penale</strong>, ovvero <strong>il</strong> <strong>del</strong>itto di patrocinio infe<strong>del</strong>e, che è reato<br />

proprio, nel senso giuridico <strong>del</strong> termine, <strong>del</strong> Difensore e che si realizza<br />

allorquando <strong>il</strong> <strong>difensore</strong>, non osservando i propri doveri professionali, arreca un<br />

nocumento al proprio assistito. Anche in questo caso i contorni <strong>del</strong>la fattispecie<br />

si riconducono ai doveri professionali previsti dal Codice Deontologico. Se in<br />

tema di favoreggiamento si è criticata l’ampiezza e nebulosità <strong>del</strong>la nozione di<br />

aiuto, con riguardo all’art. 380, si registra una tendenza analoga a non definire<br />

condotte specifiche, bensì a sanzionare qualsiasi infrazione che comporti un<br />

pregiudizio alla parte assistita. Vi è però maggior rigore rispetto<br />

all’interpretazione <strong>del</strong>l’art. 378 - per <strong>il</strong> quale, come abbiamo visto, la soglia<br />

<strong>del</strong>la fase <strong>del</strong>le indagini è stata più volte violata - posto che azioni ed omissioni<br />

r<strong>il</strong>evano se ed in quanto riferite ad un procedimento già pendente, mentre non è<br />

così per le condotte prodromiche all’instaurazione <strong>del</strong> procedimento. Mentre<br />

eventuali atti preparatori potrebbero forse risultare sanzionab<strong>il</strong>i ex Art. 378:<br />

pensiamo alle investigazioni difensive preventive, certamente suscettib<strong>il</strong>i di<br />

influire su eventuali successive indagini svolte dall’Autorità Giudiziaria.<br />

Sempre in tema di patrocinio infe<strong>del</strong>e, per inciso, ricordiamo <strong>il</strong> dovere di verità,<br />

che di per sé potrebbe fungere da limite ad un certo tipo di attività investigativa<br />

diretta a sfociare in dibattimento.<br />

19


L’introduzione di prove false potrebbe astrattamente r<strong>il</strong>evare a solo titolo di<br />

favoreggiamento o anche, in caso di pregiudizio conseguente per la parte<br />

assistita, di infe<strong>del</strong>e patrocinio, sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o <strong>del</strong>la violazione <strong>del</strong> dovere di cui<br />

all’art. 14 <strong>del</strong> Codice Deontologico? Ed ancora ci chiediamo: non comunicare al<br />

proprio assistito l’emissione <strong>del</strong>l’ordine di carcerazione ci rende colpevoli <strong>del</strong><br />

<strong>del</strong>itto di patrocinio infe<strong>del</strong>e? Posto che, forse, <strong>il</strong> comunicarlo ci vedrebbe<br />

indagati di favoreggiamento personale.<br />

In conclusione, riteniamo che vi sia la necessità di chiarire sia <strong>il</strong> contenuto che <strong>il</strong><br />

limite <strong>del</strong> mandato defensionale, alla luce <strong>del</strong>le recenti modifiche legislative e<br />

<strong>del</strong>l’evoluzione giurisprudenziale conseguente.<br />

AVV. EUGENIO VASSALLO.<br />

Ringrazio la collega Danesin, ma soprattutto ringrazio tutti i componenti <strong>del</strong>la<br />

Commissione che hanno lavorato. Tutti gli interventi di oggi sono registrati e<br />

poi li pubblicheremo, com’è nostra abitudine, perché sono atti importanti che<br />

danno l’idea di come gli Avvocati vogliono autoregolarsi. Abbiamo sentito le<br />

sollecitazioni <strong>del</strong>la Commissione di Studio <strong>del</strong>la <strong>Camera</strong> <strong>Penale</strong>, ora possiamo<br />

sentire ciò che ne pensa <strong>il</strong> Procuratore <strong>del</strong>la Repubblica, <strong>il</strong> Dottor Luigi<br />

Delpino.<br />

DOTT. LUIGI DELPINO<br />

Io mi scuso se non ho avuto tempo di preparare una relazione scritta, per cui<br />

sarò costretto ad andare a braccio.<br />

Ho avuto la fortuna che le due relazioni che mi hanno preceduto hanno<br />

praticamente dato un po’ <strong>il</strong> “la” a quella che può essere l’impostazione che mi<br />

ero proposto per esporre <strong>il</strong> problema <strong>del</strong> rapporto <strong>del</strong>l’art. 378 c.p. con <strong>il</strong> diritto<br />

di difesa e, quindi, <strong>il</strong> ricorso all’art. 51 per giustificare eventuali comportamenti<br />

<strong>del</strong> <strong>difensore</strong> che possano apparire al di là dei limiti di quelli che sono i suoi<br />

doveri deontologici.<br />

Prendendo lo spunto da quanto detto da chi mi ha preceduto, parto proprio da<br />

una sentenza, una <strong>del</strong>le prime sentenze che fissò i limiti <strong>del</strong>l’esercizio <strong>del</strong> diritto<br />

di difesa e i rapporti appunto con eventuali reati che <strong>il</strong> Difensore può<br />

commettere nell’espletamento <strong>del</strong>le sue mansioni, ed è una sentenza <strong>del</strong> 1986,<br />

la Cassazione 4 luglio ‘86 n. 6989. Dice testualmente, la massima di questa<br />

sentenza: “Il diritto di difesa - anche in relazione al prof<strong>il</strong>o specifico<br />

concernente <strong>il</strong> suo esercizio da parte <strong>del</strong> patrocinante – è tra quelli al quale<br />

l'ordinamento giuridico riconosce <strong>il</strong> più alto ambito di espansione onde<br />

consentire l’effettiva attuazione <strong>del</strong> principio affermato nell'art. 24 comma<br />

secondo <strong>del</strong>la costituzione: come ogni diritto, però, esso trova un limite nel<br />

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ispetto <strong>del</strong>le altre esigenze primarie, tra le quali v'è quella <strong>del</strong>lo Stato ad una<br />

corretta amministrazione <strong>del</strong>la giustizia, sicché nella scelta dei metodi e degli<br />

strumenti cui <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> ritiene di fare ricorso per la tutela degli interessi<br />

<strong>del</strong>l'imputato, esiste un limite oggettivo – costituito dall'inosservanza di quegli<br />

obblighi e di quei divieti espressamente indicati come <strong>il</strong>leciti penali - oltre <strong>il</strong><br />

quale anche <strong>il</strong> comportamento <strong>del</strong> professionista non sfugge alla sanzione,<br />

eccettuati i casi espressamente previsti dalla legge. Pertanto, risponde di<br />

favoreggiamento personale <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> che, attivandosi per mettere in contatto<br />

tra loro persone titolari di interessi contrapposti all'imputato, si adoperi in tempi<br />

successivi per alterare i risultati <strong>del</strong>le indagini già svolte, esercitando in tal<br />

senso una seria azione di pressione psicologica sulla persona offesa”.<br />

Mi sembra una sentenza di principio molto importante, perché traccia un po’<br />

quelli che sono i confini <strong>del</strong>l’esercizio <strong>del</strong> diritto di difesa con gli eventuali reati<br />

che può commettere <strong>il</strong> <strong>difensore</strong>, e sono stati ricordati l’art. 378 e l’380 c. p., ma<br />

io ne aggiungo anche un altro di cui pure è possib<strong>il</strong>e essere chiamati a<br />

rispondere: <strong>il</strong> 368 in concorso con <strong>il</strong> proprio assistito, la calunnia commessa<br />

dall’imputato su istigazione <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> <strong>il</strong> quale, pur sapendo che l’accusato<br />

dal suo difeso è innocente, gli consiglia comunque di fare un nome per<br />

difendersi, ed è <strong>il</strong> nome di una persona che lui sa essere innocente;<br />

indubbiamente anche qui abbiamo una responsab<strong>il</strong>ità penale <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>.<br />

Per <strong>del</strong>imitare questi confini, questi esatti confini, io ritengo necessario partire<br />

proprio dall’essenza <strong>del</strong>l’art. 378. Prendo spunto, e dicevo prima che sono stato<br />

fortunato dalle due relazioni che mi hanno preceduto, dallo scetticismo di Ennio<br />

Fortuna su uno dei principi che, per me, è, invece, uno dei principi fondamentali<br />

<strong>del</strong> Diritto <strong>Penale</strong>, ed è quello di offensività. È un principio che effettivamente<br />

apparentemente non sembrerebbe consacrato nella Costituzione, sembrerebbe <strong>il</strong><br />

frutto di interpretazioni <strong>del</strong>la Corte Costituzionale, però se riflettiamo un attimo<br />

– e questa riflessione aleggia già nella famosissima sentenza 364/88 <strong>del</strong>la Corte<br />

Costituzionale - <strong>il</strong> principio di offensività lo si ricava direttamente anche<br />

dall’art. 27 <strong>del</strong>la Costituzione.<br />

Nella sentenza 364/88 <strong>del</strong>la Consulta, scritta, come va giustamente ricordato, da<br />

Renato Dell’Andro, uno dei più grandi penalisti italiani, si fa riferimento<br />

espressamente alla rimproverab<strong>il</strong>ità ed alla concreta offesa <strong>del</strong>la condotta posta<br />

in essere dal soggetto che poi merita la pena. La stessa Corte Costituzionale,<br />

poco dopo, con due sentenze che mi sembrano importantissime alla pari <strong>del</strong>la<br />

364/88, e sono la 360/95, se ricordo bene, e la 383/2000, ha tracciato i confini<br />

precisi <strong>del</strong> principio di offensività.<br />

21


In tali sentenze la Consulta ha distinto tra offensività in astratto ed offensività in<br />

concreto: l’offensività in astratto va intesa come necessità che le condotte<br />

penalmente perseguite siano caratterizzate da un giudizio di disvalore, siano,<br />

cioè, suscettib<strong>il</strong>i di ledere un bene o interesse di r<strong>il</strong>ievo costituzionale; essa, in<br />

quanto derivazione diretta <strong>del</strong> più generale principio di ragionevolezza che è<br />

immanente in tutta la Costituzione, si pone come limite di rango costituzionale<br />

alla discrezionalità <strong>del</strong> legislatore ordinario, come tale sindacab<strong>il</strong>e dalla stessa<br />

Consulta.<br />

Posta tale offensività in astratto, occorre poi che anche in concreto l’offensività<br />

sia ravvisab<strong>il</strong>e almeno in grado minimo, nella singola condotta <strong>del</strong>l’agente, in<br />

difetto di ciò venendo la fattispecie a rifluire nella figura <strong>del</strong> reato impossib<strong>il</strong>e<br />

(art. 49 cod. pen.); la mancanza <strong>del</strong>l’offensività in concreto <strong>del</strong>la condotta<br />

<strong>del</strong>l’agente non radica, però, alcuna questione di costituzionalità, ma implica<br />

soltanto un giudizio di merito, come tale devoluto al giudice ordinario<br />

Il problema che noi dobbiamo porci proprio per capire i limiti o, meglio, <strong>il</strong><br />

rapporto fra l’art. 51 c.p. e l’art. 378 c.p., quindi i limiti <strong>del</strong>la liceità <strong>del</strong>la<br />

condotta oltre i quali scatta <strong>il</strong> 378, è proprio quello di vedere qual è<br />

l’offensività, sia in astratto che in concreto, <strong>del</strong> 378.<br />

Il 378, lo sappiamo, e l’ha detto con la sua solita forza Ennio Fortuna, è una<br />

norma che tutela la polizia, tutela l’attività giudiziaria in senso ampio, la ricerca<br />

<strong>del</strong>la verità. Infatti le condotte che vengono punite sono quelle che ledono quel<br />

bene, che è quello <strong>del</strong>l’accertamento <strong>del</strong>la verità; scopo <strong>del</strong>la norma è, pertanto,<br />

la tutela <strong>del</strong>la collettività con la neutralizzazione <strong>del</strong>l’imputato, per cui essa<br />

punisce quelle condotte che aiutano l’imputato ad eludere le investigazioni o a<br />

sottrarsi alle ricerche. L’offensività in astratto è, dunque, la lesione di quel bene<br />

costituzionalmente protetto che è la tutela <strong>del</strong>l’accertamento <strong>del</strong>la verità, che è<br />

uno dei principi posti, in materia di giurisdizione penale, <strong>del</strong>la nostra<br />

Costituzione, tanto vero che, e lo ricorderete senz’altro, proprio la Corte<br />

Costituzionale quando. Con la sentenza n. 111 <strong>del</strong> 1993 dichiarò la legittimità<br />

costituzionale <strong>del</strong>l’art. 507 c.p.p. si richiamò espressamente ad esso, affermando<br />

che nella nostra Costituzione c’è <strong>il</strong> principio secondo cui la ricerca <strong>del</strong>la verità è<br />

uno dei compiti fondamentali <strong>del</strong>l’Autorità Giudiziaria, per cui è conforme alla<br />

stessa Costituzione cha al Giudice vengano attribuiti i poteri che gli attribuisce<br />

l’art. 507 <strong>del</strong> codice di procedura penale, ai sensi <strong>del</strong> quale egli può sostituirsi<br />

anche all’inerzia <strong>del</strong> Pubblico Ministero e <strong>del</strong>la Difesa per l’accertamento <strong>del</strong>la<br />

verità, senza con ciò venir meno alla sua posizione di terzietà.<br />

L’offensività in astratto <strong>del</strong> 378 va, dunque, vista nella tutela di questo bene,<br />

che è quello <strong>del</strong>la ricerca <strong>del</strong>la verità e, in senso più ampio, nella tutela <strong>del</strong>la<br />

sicurezza <strong>del</strong>la collettività, tanto è vero che punisce pure le condotte che aiutano<br />

22


l’indagato a sottrarsi alle ricerche. In concreto l’offensività consiste nella<br />

lesione o messa in pericolo di questo bene e qui mi riporto ad un’altra sentenza<br />

recentissima: è sempre di Troiano, ma successiva a quella che ha citato poco fa<br />

Ennio Fortuna, che era <strong>del</strong> dicembre 2003, questa è di gennaio 2004 e, secondo<br />

me è fondamentale per capire quali sono i limiti oltre i quali <strong>il</strong> Difensore può<br />

incorrere in responsab<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong> 378 e quindi, di conseguenza, quali sono invece<br />

le condotte che con l’art. 378 c.p. non hanno niente a che vedere. La leggo,<br />

anche se c’è un punto che secondo me andrebbe un po’ precisato, perché è forse<br />

un po’ riduttivo. Dice questa sentenza, che è <strong>del</strong> 15 gennaio 2004 (n. 709): “La<br />

condotta <strong>del</strong> reato di favoreggiamento personale, che è un reato di pericolo,<br />

deve consistere in un’attività che abbia frapposto un ostacolo - qui la correzione<br />

l’apporterei in questo: non che abbia frapposto un ostacolo, ma che abbia la<br />

potenzialità di frapporre un ostacolo, perché appunto abbiamo detto è un reato<br />

di pericolo e se è un reato di pericolo non è necessaria l’effettiva lesione <strong>del</strong><br />

bene, basta <strong>il</strong> pericolo di ledere quel bene - quindi abbia la potenzialità di<br />

frapporre un ostacolo, anche se limitato o temporaneo, allo svolgimento<br />

<strong>del</strong>l’indagine, che abbia cioè provocato una negativa alterazione, quale che sia,<br />

<strong>del</strong> contesto fattuale all’interno <strong>del</strong> quale le investigazioni e le ricerche erano in<br />

corso o si sarebbero comunque potute svolgere”.<br />

Ecco l’offensività in concreto come reato di pericolo.<br />

Ve la r<strong>il</strong>eggo, con quella piccola modifica che io ritengo necessaria per capirne<br />

appieno <strong>il</strong> significato: “La condotta <strong>del</strong> reato di favoreggiamento personale, che<br />

è un reato di pericolo, deve consistere in un’attività che abbia la potenzialità di<br />

frapporre un ostacolo, anche se limitato o temporaneo, allo svolgimento <strong>del</strong>le<br />

indagini, che abbia cioè provocato una negativa alterazione, quale che sia, <strong>del</strong><br />

contesto fattuale all’interno <strong>del</strong> quale le investigazioni e le ricerche erano in<br />

corso o si sarebbero comunque potute svolgere”. Ecco l’offensività in concreto<br />

<strong>del</strong>l’art. 378 c.p., ecco i limiti oltre i quali <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> può eventualmente<br />

rispondere <strong>del</strong>l’art. 378 c.p. Allora la domanda che va posta in concreto, e<br />

soprattutto noi Pubblici Ministeri dobbiamo porci in concreto davanti ad un<br />

fatto che oggettivamente e astrattamente sembrerebbe riconducib<strong>il</strong>e al 378, è<br />

proprio questa: “è o non è quella che viene addebitata al <strong>difensore</strong> una condotta<br />

astrattamente idonea a frapporre l’ostacolo all’accertamento <strong>del</strong>la verità?”<br />

L’espressione “investigazioni” usata dall’art. 378, lo sapete senz’altro ma va<br />

ricordato, è sempre stata interpretata nel senso di non essere riferita<br />

esclusivamente alla fase <strong>del</strong>le indagini, ma anche all’accertamento <strong>del</strong>la verità<br />

che si compie al dibattimento, quindi anche alla raccolta <strong>del</strong>la prova in<br />

dibattimento; insieme all’eludere le investigazioni, poi, l’art. 378 punisce anche<br />

l’aiuto all’indagato a sottrarsi alle ricerche. E’ questo l’elemento che<br />

23


caratterizza la condotta <strong>il</strong>lecita <strong>del</strong>l’imputato: <strong>il</strong> superamento di questo limite,<br />

cioè la potenzialità a costituire un ostacolo alle indagini o all’attività di ricerche<br />

in corso produce una lesione di quel bene che dicevamo.<br />

Per fare questa valutazione ritengo necessario procedere caso per caso,<br />

singolarmente, ed esaminare quali sono gli eventuali limiti posti dalla normativa<br />

a certe condotte e quali sono invece le condotte consentite, con riferimento alle<br />

quali non è possib<strong>il</strong>e parlare di 378.<br />

E comincio proprio da alcuni di quei casi concreti che sono stati posti<br />

all’attenzione di oggi.<br />

Il primo è un caso di cui si è occupata spesso anche la dottrina e c’è anche una<br />

sentenza <strong>del</strong>la Cassazione <strong>del</strong> 2000: può ritenersi favoreggiamento la condotta<br />

<strong>del</strong> <strong>difensore</strong> <strong>il</strong> quale, presa cognizione di certi elementi che risultano dagli atti,<br />

che ha avuto modo - e nel rispetto <strong>del</strong>le regole - di vedere presso l’ufficio <strong>del</strong><br />

Pubblico Ministero, fornisce al suo cliente notizie che possano ovviamente poi<br />

servirgli per predisporre una certa difesa? La risposta mi sembra abbastanza<br />

ovvia: no. Anche la Cassazione nel 2000, con la sentenza che ricordavo, la 7913<br />

<strong>del</strong> 6 luglio <strong>del</strong> 2000, ha detto di no. Quando certe notizie, certe informazioni<br />

siano state legittimamente acquisite dal <strong>difensore</strong> e sono state ut<strong>il</strong>izzate in quelli<br />

che sono i limiti normali di ut<strong>il</strong>izzazione, che ne può fare <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> che le ha<br />

legittimamente acquisite..? Se le acquisisce non le acquisisce per la sua<br />

conoscenza personale, ma le acquisisce per portarle a conoscenza <strong>del</strong> suo<br />

assistito e, dunque, legittimamente gliele comunica; se poi <strong>il</strong> suo assistito se ne<br />

serve per altri fini ciò non è addebitab<strong>il</strong>e al comportamento <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>, per<br />

cui <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> non potrà mai essere chiamato a rispondere di favoreggiamento.<br />

Leggiamola, dunque, questa sentenza, che recita testualmente: “Non integra <strong>il</strong><br />

<strong>del</strong>itto di favoreggiamento personale la condotta <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> che, avendo<br />

ritualmente preso visione di atti processuali dai quali emergano gravi indizi di<br />

colpevolezza a carico <strong>del</strong> proprio assistito, lo informi <strong>del</strong>la possib<strong>il</strong>ità che nei<br />

suoi confronti possa essere applicata una misura cautelare (nella specie<br />

effettivamente disposta e non eseguita per la latitanza <strong>del</strong>l’indagato), atteso che<br />

la legittima acquisizione di notizie che possono interessare la posizione<br />

processuale <strong>del</strong>l’assistito ne rende legittima la rivelazione a quest’ultimo in<br />

virtù <strong>del</strong> rapporto di fiducia che intercorre tra professionista e cliente e che<br />

attiene al fisiologico esercizio <strong>del</strong> diritto di difesa; qualora, invece,<br />

l’acquisizione di notizie avvenga in maniera <strong>il</strong>legale - come nel caso di<br />

concorso nel <strong>del</strong>itto di rivelazione o di ut<strong>il</strong>izzazione di segreti d’ufficio o nella<br />

fraudolenta presa visione o estrazione di copie di atti che devono rimanere<br />

segreti - si verifica una sorta di “solidarietà anomala” con l’imputato in virtù<br />

<strong>del</strong>la quale l’aiuto <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> strumentale non già alla corretta, scrupolosa e<br />

24


lecita difesa ma alla elusione o deviazione <strong>del</strong>le investigazioni e, quindi, al<br />

turbamento <strong>del</strong>la funzione giudiziaria r<strong>il</strong>evante ai sensi <strong>del</strong>l’art. 378 cod. pen.”<br />

Secondo caso, quello <strong>del</strong> Giudice <strong>del</strong> Tribunale di Torino che è stato ricordato<br />

con due soluzioni diverse, sia dal Dottor Fortuna che dall’Avvocato Danesin:<br />

anche lì a me sinceramente sembra che la soluzione non sia poi così diffic<strong>il</strong>e<br />

alla luce di quelli che sono i principi che ho ricordato prima. Mi pare che sia<br />

senz’altro sbagliata la soluzione data dal Tribunale di Torino.<br />

Parliamoci chiaro: i limiti <strong>del</strong>l’ut<strong>il</strong>izzazione di quelle che sono le<br />

verbalizzazioni <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> sono espressamente indicati nell’art. 391 decies<br />

c.p.p., <strong>il</strong> quale ci dice a quali fini e a che cosa servono quelle verbalizzazioni<br />

fatte dal Difensore e cioè possono essere ut<strong>il</strong>izzati, ci dice, nei limiti <strong>del</strong>l’art.<br />

500, 512, 513 c.p.p..<br />

Costituiscono o possono costituire un concreto e potenziale ostacolo alle<br />

indagini? Assolutamente no. Se <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> ha verbalizzato qualcosa di diverso<br />

o ha omesso qualcosa non mi sembra che abbia superato i limiti che, secondo i<br />

principi, vigono in materia di verbalizzazione <strong>del</strong>l’attività svolta e, quindi,<br />

<strong>del</strong>l’esercizio <strong>del</strong> diritto di difesa, con conseguente violazione degli articoli 378,<br />

368 o 380 <strong>del</strong> codice penale. L’attività di verbalizzazione, le verbalizzazioni<br />

fatte dal <strong>difensore</strong>, le prove (chiamiamole prove) raccolte dal <strong>difensore</strong> nella<br />

fase <strong>del</strong>le indagini hanno un’efficacia molto limitata nell’accertamento <strong>del</strong>la<br />

verità e in quella che è l’attività di indagine che viene svolta al dibattimento, e<br />

sono indicate espressamente nell’art. 391 decies c.p.p.. Io non ritengo ⎯ sarà<br />

forse un convincimento personale che può essere criticato e messo in<br />

discussione, lo vedremo dopo ⎯ ma non ritengo che posti i limiti <strong>del</strong>l’art. 391<br />

decies c.p.p. quella condotta possa ritenersi concretamente lesiva <strong>del</strong> bene<br />

interesse tutelato dal 378, alla luce di quei principi che ho prima ricordato.<br />

Quanto ai consigli, anche l’attività di consulenza <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>, i consigli che <strong>il</strong><br />

<strong>difensore</strong> dà al cliente vanno ovviamente visti in quest’ottica: se i consigli sono<br />

i normali consigli che attengono a quella che può essere la linea difensiva, a<br />

quello che può essere <strong>il</strong> modo di difendersi, ripeto, sempre senza superare <strong>il</strong> 368<br />

e <strong>il</strong> 380 (proprio con riferimento al 380 c’è stato un altro caso interessante di cui<br />

si è occupata la Cassazione nel ’99, che ricorderò poi più avanti) <strong>il</strong> <strong>difensore</strong>, <strong>il</strong><br />

quale dia al suo cliente consigli di una certa linea difensiva ⎯ ripeto, sempre<br />

senza travalicare i limiti <strong>del</strong>la calunnia con accuse ad altri che si sa innocenti ⎯<br />

non può ovviamente rispondere di 378; ne risponderà, e su questo la Cassazione<br />

e la dottrina (vi cito un autori che se n’è interessato espressamente: Paolo Pisa,<br />

autore <strong>del</strong>la voce “favoreggiamento personale” sul Digesto <strong>del</strong>le discipline<br />

penalistiche, che è una <strong>del</strong>le più moderne sull’argomento, anche lui arriva alle<br />

stesse conclusioni).. I consigli normali dati al <strong>difensore</strong> non possono mai<br />

25


configurare <strong>il</strong> 378, sempre che, a meno che non travalichino e non diventino<br />

essi stessi <strong>del</strong>le forme di aiuto all’assistito per sottrarsi alle ricerche, e questo è<br />

abbastanza immaginab<strong>il</strong>e, o per eludere le indagini, ma nel senso di ostacolare<br />

in un certo modo, in un modo concreto, in un modo tale da sviare appunto<br />

l’accertamento <strong>del</strong>la verità.<br />

Altra attività di cui <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> può essere chiamato a rispondere è quella che<br />

purtroppo a volte si verifica soprattutto negli ambiti di un certo tipo di<br />

<strong>del</strong>inquenza: quello di fare da intermediario fra <strong>il</strong> proprio assistito in carcere e i<br />

suoi complici o quelli che sono gli appartenenti alla sua organizzazione. Sotto<br />

questo prof<strong>il</strong>o credo che sia assolutamente indubitab<strong>il</strong>e la responsab<strong>il</strong>ità per<br />

l’art. 378 c.p. da parte <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>, responsab<strong>il</strong>ità che può addirittura far<br />

configurare <strong>il</strong> concorso nel reato, quando <strong>il</strong> <strong>difensore</strong>, di fatto, diventa un<br />

complice <strong>del</strong> suo cliente.<br />

Chiudo con un ultimo problema che è quello dei rapporti tra diritto di difesa, e<br />

art. 380 c.p., ed eventuale responsab<strong>il</strong>ità per 380 e 378 insieme, che è<br />

teoricamente possib<strong>il</strong>e. È un caso di cui appunto, come dicevo prima, si è<br />

interessata la Cassazione nel 1999, <strong>il</strong> fatto è abbastanza semplice e lo si ricava<br />

agevolmente da quella che è la massima: “Il <strong>difensore</strong> che assuma formalmente<br />

l’incarico a favore di un assistito, ma in realtà su impulso e su mandato<br />

sostanziale di altri soggetti che provvedano materialmente al compenso al solo<br />

scopo di venire a conoscenza <strong>del</strong>le dichiarazioni <strong>del</strong> suo assistito e di poterle poi<br />

riferire a quelli, consentendo loro di sottrarsi all’accertamento <strong>del</strong>la verità, pone<br />

in essere una condotta diretta ad aiutare detti soggetti e ad eludere le<br />

investigazioni” e quindi commette contemporaneamente <strong>il</strong> 380, nei confronti<br />

<strong>del</strong>l’assistito falsamente assistito, <strong>del</strong> soggetto che lui ha falsamente voluto<br />

assistere, e 378, nei confronti degli altri soggetti.<br />

Concludendo, ritengo che, appunto come è stato detto giustamente proprio a<br />

conclusione <strong>del</strong>la relazione dall’avvocato Danesin, <strong>il</strong> vero problema sia quello<br />

di individuare gli esatti paletti <strong>del</strong> 378. Se <strong>il</strong> 378 viene letto nell’ottica, secondo<br />

me l’unica possib<strong>il</strong>e, di quei principi di offensività di cui ho ricordato prima, si<br />

riesce in maniera abbastanza agevole a limitarne la portata e ad evitare che se ne<br />

possa fare una applicazione che, non solo è contra legem, ma <strong>il</strong> più <strong>del</strong>le volte è<br />

pericolosissima per tanti altri aspetti che potete benissimo immaginare e di cui<br />

come capo di una Procura spesso mi rendo conto quando poi, in concreto, si va<br />

a vedere la questione dei rapporti con gli avvocati.<br />

Vi ringrazio.<br />

26


AVV. EUGENIO VASSALLO<br />

Grazie, dottor Delpino. Mi permetta però, visto che abbiamo due minuti di<br />

interruzione. La sua relazione è stata molto interessante ed <strong>il</strong>luminante. Lei ha<br />

colto un punto che a me sembra molto importante e dice: “Quando <strong>il</strong> <strong>difensore</strong><br />

assume la difesa di un soggetto, pagato da altro soggetto - lei ritiene <strong>il</strong> dolo<br />

specifico - al fine di comunicare ciò che dice l’altro soggetto”. Allora prima di<br />

tutto lei mi deve spiegare, per configurare <strong>il</strong> <strong>del</strong>itto di cui all’art. 380 c.p., dov’è<br />

<strong>il</strong> contrasto di interessi? Cioè ci deve essere un contrasto d’interesse, perché<br />

sennò <strong>il</strong> 380 non si può applicare. Io devo assumere la difesa di posizioni tra<br />

tante, se sono conflittuali <strong>il</strong> problema non si pone. Il problema è la finalità, e<br />

allora mi stavo chiedendo e chiedevo adesso a lei che ha fatto quel bellissimo<br />

libro, che ci è ut<strong>il</strong>issimo quando abbiamo bisogno di risvegliare i nostri principi<br />

fondamentali: <strong>il</strong> principio di offensività mi va benissimo nel momento <strong>del</strong>la sua<br />

interpretazione, lo capisco anche se mi sembra interpretato molto rudemente<br />

relativamente all’art. 378; ma mi stavo chiedendo: quando sussiste, per contro,<br />

un “favoreggiamento <strong>del</strong>l’accusa” che cosa c’è? Niente! E’ questo <strong>il</strong> punto che<br />

un po’ mi colpisce. Quindi cerchiamo di guardarci in faccia, non è che siamo<br />

nati ieri, qualche volta questo favoreggiamento <strong>del</strong>l’accusa lo scopriamo anche<br />

noi, qualche dimenticanza <strong>del</strong>le verbalizzazioni, le verbalizzazioni solo<br />

riassuntive non le hanno inventate gli avvocati.<br />

DOTT. ENNIO FORTUNA<br />

Scusate, non è che voglia riprendere la parola, ma volevo citare due casi di cui<br />

mi sono occupato.<br />

Io ho processato un celebre Pubblico Ministero per soppressione di atti, per<br />

avere fatto esattamente.. quello <strong>del</strong>l’avvocato di Torino.<br />

Secondo, cito un caso di 30 anni fa: un avvocato celebre, di cui posso fare anche<br />

<strong>il</strong> nome, che risponde al nome di Virotta, viene da me mentre ero in udienza e<br />

mi chiede <strong>il</strong> permesso di vedere la lista testi; all’epoca <strong>il</strong> Giudice Istruttore<br />

poteva fare i mandati di cattura senza avvertire <strong>il</strong> Pubblico Ministero, quindi io<br />

non sapevo che aveva fatto <strong>il</strong> mandato di cattura. Come avviene a Venezia,<br />

dove ci sono ancora gent<strong>il</strong>uomini, dico a Virotta: “Vada nel mio ufficio, la porta<br />

è aperta, veda quello che vuole e si serva”. Lui entra, vede <strong>il</strong> mandato di cattura,<br />

mi lascia <strong>il</strong> biglietto da visita dentro <strong>il</strong> mandato di cattura. Dopo di che mi<br />

preoccupo, l’imputato scappa, ero più cattivo di lui, e gli telefono: lo sa che mi<br />

sono preso una “razziata” violentissima, che non dimenticherò mai, perché lui<br />

mi disse: “Ma come, lei mi dà <strong>il</strong> permesso di entrare nella sua stanza, nel suo<br />

ufficio, e pensa che io possa avvertire l’imputato?”. L’imputato è andato in<br />

galera. Si è comportato bene o male?<br />

27


DOTT. LUIGI DELPINO<br />

Per rispondere all’avvocato Vassallo, non immaginate <strong>il</strong> piacere che mi ha fatto<br />

la sua obiezione, alla fine, sul comportamento di alcuni Pubblici Ministeri,<br />

perché mi conforta, finalmente allora avete capito che significa la separazione<br />

<strong>del</strong>le carriere! Il Pubblico Ministero funzionerà come super poliziotto, a carriere<br />

separate lo farà regolarmente!<br />

AVV. EUGENIO VASSALLO<br />

Ma per questo <strong>il</strong> legislatore ha posto l’obbligo <strong>del</strong>l’uso di un registratore,<br />

perché si è capito che cosa diversamente poteva succedere!<br />

Adesso credo che sia giusto che parli anche l’avvocato: <strong>il</strong> Professor Marco<br />

Zanotti.<br />

PROF. AVV. MARCO ZANOTTI<br />

I rapporti tra favoreggiamento personale ed esercizio <strong>del</strong>la funzione difensiva<br />

rappresentano uno dei nodi più vistosi, ed al tempo stesso più tenaci, <strong>del</strong>la<br />

complessa leggib<strong>il</strong>ità di una formula normativa inguarib<strong>il</strong>mente ambigua. Che<br />

essi riemergano periodicamente, riproponendo una sorta di perenne dialettica tra<br />

letture reciprocamente inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>i, non deve stupire più che tanto, dal<br />

momento che riflettono semplicemente la storia incompiuta di questa figura<br />

<strong>del</strong>ittuosa. E' risaputo, infatti, che <strong>il</strong> favoreggiamento personale è alla ricerca di<br />

una sua definitiva emancipazione dalle categorie <strong>del</strong> concorso criminoso dalle<br />

quali ha origine, e, si potrebbe dire, di un affrancamento da una eredità assai<br />

scomoda. Nella cultura dei post-glossatori si distingueva proprio tra un aus<strong>il</strong>io<br />

ante-<strong>del</strong>ictum, in <strong>del</strong>icto, e post-<strong>del</strong>ictum, e tale tripartizione rimase stab<strong>il</strong>e nel<br />

diritto comune. Solo in epoca relativamente recente (in taluni ordinamenti,<br />

quale quello spagnolo, in occasione <strong>del</strong>la riforma <strong>del</strong> Codice penale <strong>del</strong> 1995)<br />

alla figura <strong>del</strong> favoreggiamento si dedicò una configurazione autonoma,<br />

essendo ormai culturalmente acquisito che post-<strong>del</strong>ictum non si può più<br />

compartecipare. Ma è proprio a questo punto che si prof<strong>il</strong>a <strong>il</strong> problema irrisolto.<br />

Anziché recidere <strong>il</strong> legame di originario collegamento con la tematica<br />

concorsuale, si è preferito definire la condotta costitutiva in termini di aiuto,<br />

certo, soggettivamente e temporalmente circoscritta, ma concettualmente<br />

indistinguib<strong>il</strong>e dall'analoga nozione che compare nel quadro <strong>del</strong>la<br />

compartecipazione criminosa. Scelta infelice per diversi motivi e sotto vari<br />

prof<strong>il</strong>i. Gli elementi di <strong>del</strong>imitazione interna, anziché dirimere i dubbi, talvolta<br />

li esasperano.<br />

28


Dalla norma si ricava che, sul piano temporale, la condotta agevolatoria deve<br />

manifestarsi dopo che fu commesso un <strong>del</strong>itto (requisito che introduce <strong>il</strong><br />

problema, non risolub<strong>il</strong>e in termini netti, di come distinguere <strong>il</strong> concorso in un<br />

reato permanente dal favoreggiamento personale). Sul piano soggettivo, che<br />

l'aiuto può essere r<strong>il</strong>evante solo fuori dai casi di concorso nel <strong>del</strong>itto<br />

presupposto, <strong>il</strong> che viene inteso come esclusione ex lege <strong>del</strong>la r<strong>il</strong>evanza penale<br />

<strong>del</strong>l'autofavoreggiamento. Sul piano teleologico-funzionale, infine, che l'aiuto<br />

deve essere diretto a sottrarre taluno, non necessariamente l'autore <strong>del</strong> <strong>del</strong>itto<br />

presupposto (come ha cura di precisare l'ultimo comma <strong>del</strong>l'art. 378 C.P.) alle<br />

ricerche <strong>del</strong>l'Autorità, o ad eludere le investigazioni <strong>del</strong>la medesima.<br />

Ricerche ed investigazioni non è che propriamente possano dirsi estranee al tipo<br />

legale, giacché vi figurano come obiettivo tendenziale <strong>del</strong>l'agevolazione <strong>il</strong>lecita,<br />

ma, appunto, compaiono come tali e non come eventi: la punib<strong>il</strong>ità <strong>del</strong>l'aiuto<br />

non è affatto condizionata dal loro verificarsi, ma semplicemente dal suo essere<br />

idoneo a produrre questi esiti non effettivamente, bensì solo potenzialmente.<br />

Quando si ragiona <strong>del</strong>l'aiuto e <strong>del</strong>l'istigazione nel quadro <strong>del</strong> concorso<br />

criminoso, non si ha difficoltà nel riconoscere contorni certamente<br />

indeterminati, ma la conclusione non preoccupa proprio perché l'originario<br />

deficit di tipicità viene poi colmato da un evento costituito dal reato commesso<br />

in concorso, al quale i contributi atipici si collegano in base ad un effettivo (e<br />

non già potenziale) nesso di causalità. Percorso che, evidentemente, non è<br />

riproponib<strong>il</strong>e per ciò che attiene al favoreggiamento personale, in ragione <strong>del</strong><br />

fatto che <strong>il</strong> processo di emancipazione di tale figura è rimasto sostanzialmente a<br />

metà: <strong>del</strong>la tematica concorsuale si è preso, per così dire, <strong>il</strong> peggio, cioè<br />

l'atipicità <strong>del</strong> contributo, lasciando da parte l'elemento qualificante in termini di<br />

proiezione di tipicità. Che la nozione di aiuto di per sé sia esageratamente<br />

indeterminata ce lo dimostra la casistica: tutto ciò che può ostacolare (non già<br />

che ostacoli effettivamente) <strong>il</strong> corso <strong>del</strong>le indagini può confluirvi senza<br />

difficoltà. Ed anche chi acutamente lo ha notato in passato, non ha potuto<br />

giovarsi di una capacità selettiva propria <strong>del</strong>la fattispecie, ma ha dovuto far<br />

ricorso a concetti vaghi, quali la "normalità" dei rapporti sociali, per escludere<br />

manifestazioni agevolatorie che, a rigore, ben potrebbero entrare nel punib<strong>il</strong>e.<br />

Tipicità irraggiungib<strong>il</strong>e quella <strong>del</strong> favoreggiamento?<br />

Probab<strong>il</strong>mente no, se allarghiamo la prospettiva ad ordinamenti a noi vicini.<br />

La fattispecie <strong>del</strong> nuovo codice spagnolo in parte ci riesce, anche se non<br />

rinuncia ad una formulazione ambigua al pari <strong>del</strong>la nostra quando si tratta di<br />

impedire l'aiuto a sospetti autori di un <strong>del</strong>itto presupposto di r<strong>il</strong>evante gravità.<br />

29


Ma i difetti strutturali <strong>del</strong>la fattispecie non sono l'oggetto <strong>del</strong>la mia relazione:<br />

costituiscono solo lo sfondo dal quale far discendere le mie riflessioni sul tema<br />

<strong>del</strong> favoreggiamento <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>. Le figure legali sostanzialmente aperte<br />

implicano una conseguenza in un certo senso inevitab<strong>il</strong>e, quella di dare luogo a<br />

dinamiche espansive non fac<strong>il</strong>mente controllab<strong>il</strong>i, e, da questo angolo visuale, <strong>il</strong><br />

favoreggiamento non fa' eccezione alla regola. Nella sua dimensione di reato<br />

comune, perpetrab<strong>il</strong>e da chiunque, la d<strong>il</strong>atazione ha seguito la logica <strong>del</strong><br />

mendacio nei confronti <strong>del</strong>la Polizia giudiziaria nel momento investigativo.<br />

Abbastanza lontana dallo schema originario <strong>del</strong>la receptatio rei, l'ipotesi <strong>del</strong><br />

favoreggiamento - mendacio si può dire oggi stab<strong>il</strong>mente acquisita al diritto<br />

vivente, anche se qualche voce dissenziente sul punto si registra. Personalmente<br />

ritengo che una tale inclusione sia in sé ragionevole, anche se non convincono<br />

le ragioni teoriche che dovrebbero giustificarla. Esse vengono in genere<br />

prospettate sulla base di un'asserita esigenza di tutela di un vero paraprobatorio,<br />

frutto di un manifesto fraintendimento. Non si tratta di assicurare<br />

una veridicità narrativa in vista di una prova futura quanto invece di garantire<br />

che la Polizia giudiziaria possa orientare le proprie indagini in modo corretto e<br />

non distorto. Il che permette poi di capire le ragioni di una scelta in fondo assai<br />

razionale, quella che esclude la possib<strong>il</strong>ità di estendere anche al<br />

favoreggiamento personale la non punib<strong>il</strong>ità derivante dalla ritrattazione, perché<br />

essa sarebbe coerente (e, per converso, non ragionevole l'esclusione) con una<br />

fisionomia <strong>del</strong> tipo legale agganciata alla tutela <strong>del</strong>la prova, ma incongrua se<br />

correlata ad una ipotesi mirata sulla garanzia <strong>del</strong>la funzionalità <strong>del</strong>le indagini<br />

globalmente considerate. L'ipotesi <strong>del</strong> favoreggiamento <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> si sottrae a<br />

questa logica, parendo tributaria, invece, <strong>del</strong> diverso paradigma <strong>del</strong>la violazione<br />

<strong>del</strong> segreto. I casi "diffic<strong>il</strong>i" emergono, appunto, non quando <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> mente<br />

(ipotesi, <strong>del</strong> resto, di problematica configurab<strong>il</strong>ità, anche se, soprattutto nella<br />

cultura penalistica tedesca, la difesa di chi si sa colpevole è stata spesso definita<br />

obiettivamente tipica alla stregua <strong>del</strong> favoreggiamento), ma quando <strong>il</strong> <strong>difensore</strong><br />

informa. Sul primo versante, relativo al r<strong>il</strong>ievo che può assumere <strong>il</strong> mendacio<br />

<strong>del</strong> <strong>difensore</strong>, deve notarsi che le posizioni che ne ammettono la possib<strong>il</strong>ità in<br />

definitiva dipendono dall'errore iniziale di collegare <strong>il</strong> favoreggiamento alla<br />

prova - narrativa. L'argomentazione difensiva consapevolmente falsa<br />

certamente può influire sull'esito <strong>del</strong> giudizio, e quindi rientrare nella nozione di<br />

aiuto idoneo prevista dall'art. 378 C.P., ma non per questo può predicarsene<br />

l'<strong>il</strong>liceità penale, se non si dimostra che, tra le premesse <strong>del</strong> giudizio, rientra<br />

anche <strong>il</strong> valore di verità che l'argomentazione dovrebbe manifestare. Dal punto<br />

di vista sistematico, la correttezza <strong>del</strong> giudizio passa attraverso la non<br />

distorsione <strong>del</strong>le acquisizioni probatorie, ma questo non accade, meglio, non<br />

30


può accadere nel momento argomentativo <strong>del</strong>la difesa, che a tutto voler<br />

concedere può tradursi in critica distorta di prove assunte correttamente. La<br />

differenza può apparire a prima vista come <strong>il</strong> frutto di un sofisma, ma viceversa<br />

è assolutamente fondamentale e fondata. Ciò che può legittimamente rientrare<br />

nel quadro <strong>del</strong> favoreggiamento è l'aggressione manipolatoria <strong>del</strong> contesto di<br />

fatto in cui possono articolarsi le investigazioni di polizia, ed in questo senso è<br />

corretto concludere che anche <strong>il</strong> <strong>difensore</strong>, come chiunque, deve risponderne a<br />

questo titolo. Ma quando si tratti di discutere i risultati di tali investigazioni, si è<br />

già fuori dallo schema <strong>del</strong> favoreggiamento, ancorché la critica demolitoria di<br />

prove d'accusa veridiche possa sprigionare una efficacia agevolatoria a<br />

beneficio <strong>del</strong>l'accusato. Questa conclusione, peraltro un tempo non<br />

unanimemente condivisa sul piano scientifico, ha fra l'altro <strong>il</strong> pregio di<br />

armonizzarsi perfettamente con la formula normativa, che, appunto, definisce la<br />

condotta in termini non solo finalistici, ma anche temporali: se l'aiuto si<br />

definisce in ragione di una potenziale elusione <strong>del</strong>le investigazioni, ne<br />

consegue, parallelamente, una sua possib<strong>il</strong>e verificazione soltanto prima o<br />

durante <strong>il</strong> loro svolgimento, ma mai successiva alla loro conclusione.<br />

Attualmente, comunque, questi prof<strong>il</strong>i possono ritenersi con sufficiente<br />

sicurezza superati e risolti nel senso <strong>del</strong>la non riconducib<strong>il</strong>ità al<br />

favoreggiamento personale, ma <strong>il</strong> problema si è spostato altrove: è aiuto <strong>il</strong>lecito<br />

quello che si traduce nell'impendere cons<strong>il</strong>ium? Con questa locuzione si<br />

intendono tutte quelle informazioni - indicazioni riguardanti <strong>il</strong> contesto di fatto<br />

in cui si svolgono, o possono svolgersi, le investigazioni, e le connesse<br />

possib<strong>il</strong>ità di eluderle. E siccome la non recente dottrina tedesca ci informa che<br />

<strong>il</strong> favoreggiamento può realizzarsi durch Tat und Rat, con comportamenti<br />

materiali o con <strong>il</strong> consiglio, è sembrato <strong>del</strong> tutto naturale che anche <strong>il</strong><br />

suggerimento proveniente dal <strong>difensore</strong> possa connotarsi in termini di <strong>il</strong>liceità,<br />

posto che al nascondere un ricercato corrisponde l'insegnare a nascondersi, così<br />

come a cancellare le tracce di un <strong>del</strong>itto corrisponde <strong>il</strong> consiglio di cancellarle.<br />

In realtà, questa prospettiva era ed è palesemente scorretta, perché la pretesa<br />

corrispondenza tra <strong>il</strong> fare direttamente e suggerire di farlo è frutto di una<br />

autentica <strong>il</strong>lusione ottica. Qualche esempio lo dimostrerà in modo definitivo.<br />

Si è tutti d'accordo che, proprio per la clausola di riserva contenuta nell'art. 378<br />

C.P., <strong>il</strong> sistema esclude la r<strong>il</strong>evanza penale <strong>del</strong>l'autofavoreggiamento. Così che<br />

non c'è dubbio che l'autore di un omicidio, nel nascondere l'arma <strong>del</strong> <strong>del</strong>itto, nel<br />

cancellare le tracce di sangue, nel distruggere una corrispondenza con la vittima<br />

dalla quale emerga un valido movente per l'omicidio, manipoli <strong>il</strong> contesto<br />

fattuale <strong>del</strong>le investigazioni, intralciandole magari con successo. Ma si tratta di<br />

autofavoreggiamento, quindi di fatto penalmente irr<strong>il</strong>evante. Non può dirsi la<br />

31


stessa cosa se un terzo non concorrente nell'omicidio realizza quegli stessi<br />

comportamenti, anche se quel terzo, in ipotesi, è <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> <strong>del</strong>l'autore<br />

<strong>del</strong>l'omicidio. In casi <strong>del</strong> genere, la veste difensiva non può assumere alcuna<br />

efficacia scriminante in ordine a condotte vietate a tutti quelli che non siano<br />

stati autori o correi <strong>del</strong> reato presupposto. Secondo la vetusta formula, qui <strong>il</strong><br />

favoreggiamento si realizza durch Tat, attraverso un contegno materiale che si<br />

pone in antitesi diretta e frontale con la attività investigativa, e non v'è alcuna<br />

ragione di consentirlo al <strong>difensore</strong> e vietarlo al quisque de populo. Ragionando<br />

in termini di suggerimento, la prospettiva cambia in modo radicale. E'<br />

suggestivo ritenere una sostanziale corrispondenza tra agire direttamente nel<br />

reale e consigliare di farlo, ma, appunto, sul piano giuridico, rimane solo una<br />

suggestione. E ciò per una ragione tanto evidente quanto definitiva: da un punto<br />

di vista strutturale, <strong>il</strong> consiglio che proviene dal <strong>difensore</strong> circa l'opportunità che<br />

<strong>il</strong> suo assistito manipoli <strong>il</strong> contesto fattuale che può essere investito dalle<br />

indagini può integrare tutt'al più un'ipotesi di concorso morale <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> in<br />

autofavoreggiamento. Ma se è pacifica, come è, l'irr<strong>il</strong>evanza di quest'ultimo,<br />

rimane per definizione irr<strong>il</strong>evante anche l'istigazione a commetterlo. Più<br />

problematico, invece, <strong>il</strong> caso in cui <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> non consigli <strong>il</strong> suo assistito,<br />

bensì lo informi circa iniziative cautelari od inquisitorie che, per loro natura,<br />

debbano rimanere segrete rispetto al destinatario. Anche su questo versante,<br />

l'opinione originariamente prevalente era nel senso <strong>del</strong>l'<strong>il</strong>liceità penale<br />

<strong>del</strong>l'informazione, oggi, viceversa non più indiscussa, ed anzi, per certi aspetti,<br />

addirittura recessiva. Su una premessa , anzi, si registra un consenso sempre più<br />

diffuso: nel rapporto tra <strong>difensore</strong> ed assistito un flusso informativo libero<br />

costituisce <strong>il</strong> presupposto irrinunciab<strong>il</strong>e per l'elaborazione di una linea difensiva<br />

efficace, dal momento che non si possono dare scelte difensive<br />

consapevolmente elaborate senza piena conoscenza degli elementi<br />

processualmente r<strong>il</strong>evanti. In altre parole, non sembra esistere alcun divieto, per<br />

<strong>il</strong> <strong>difensore</strong>, di comunicare al suo difeso informazioni lecitamente acquisite.<br />

Non si tratta di un r<strong>il</strong>ievo ovvio o scontato, perché nel dibattito apertosi sul<br />

punto una ventina d'anni orsono si distingueva tra una informazione in astratto,<br />

di per sé consentita, ed una informazione sulla situazione in concreto vietata,<br />

distinzione assai equivoca nella misura in cui consente, in modo per la verità<br />

ipocrita, di eludere l'ipotetico divieto. Ora, fermo restando che l'informazione,<br />

in sé, può certamente costituire aiuto idoneo, quanto meno oggettivamente, si<br />

tratta di vedere se questa oggettiva tipicità non possa o debba essere elisa<br />

dall'operare <strong>del</strong> diritto di difesa in funzione scriminante. Ed è questa la<br />

posizione attualmente dominante in dottrina.<br />

32


Ma questa prospettiva serve per orientare la soluzione di casi estremi, mentre è<br />

incongrua e fuori luogo per altra tipologia di casi, che recentemente, ma non<br />

correttamente, vengono ricondotti all'area <strong>del</strong> favoreggiamento punib<strong>il</strong>e. Esiste<br />

un vasto piano in cui favoreggiamento personale e tutela <strong>del</strong> segreto<br />

investigativo si intersecano secondo direttrici piuttosto variegate, ed a seconda<br />

che <strong>del</strong> segreto si dia una lettura più o meno ampia, correlativamente si<br />

espandono o si riducono le possib<strong>il</strong>ità applicative <strong>del</strong> favoreggiamento.La<br />

regola generale è posta dall'art. 329 C.P.P. e da tale disposizione si ricava che <strong>il</strong><br />

sistema attuale non priv<strong>il</strong>egia più <strong>il</strong> segreto necessario <strong>del</strong>l'intera fase <strong>del</strong>le<br />

indagini preliminari, bensì soltanto <strong>il</strong> segreto di singoli atti di indagine, per di<br />

più normalmente limitato nel tempo. Per identificare quali atti di indagine siano<br />

coperti dal segreto, in genere si ricorre alla possib<strong>il</strong>ità di conoscenza degli stessi<br />

da parte <strong>del</strong>l'indagato. Si ha cura di precisare, e la precisazione è r<strong>il</strong>evante, che<br />

se vi è una tale possib<strong>il</strong>ità di conoscenza <strong>del</strong>l'atto, questo non è segreto, e se<br />

anche la conoscib<strong>il</strong>ità va considerata in relazione all'indagato, la sua sussistenza<br />

fa decadere la copertura <strong>del</strong> segreto nei confronti di chiunque. Non mi interessa<br />

diffondermi sui prof<strong>il</strong>i strettamente processuali; basta soltanto accennare che<br />

conoscib<strong>il</strong>i per definizione sono gli atti di indagine compiuti con la<br />

partecipazione <strong>del</strong>l'indagato (anzi, a rigore, più che conoscib<strong>il</strong>ità deve qui<br />

parlarsi di effettiva conoscenza <strong>del</strong>l'atto, che pertanto ab initio non è coperto dal<br />

segreto), o per i quali è prevista l'assistenza <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>. Gli atti effettivamente<br />

coperti dal segreto sono quelli ai quali <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> non ha diritto di assistere,<br />

segreto che permane sino alla chiusura <strong>del</strong>le indagini preliminari. Sia detto per<br />

inciso: nessuno degli atti per i quali è prevista la partecipazione <strong>del</strong>l'indagato e<br />

<strong>del</strong> <strong>difensore</strong> deve essere obbligatoriamente compiuto nel corso <strong>del</strong>le indagini<br />

preliminari, potendosi ben verificare l'ipotesi (oggi, pressoché la regola) che<br />

queste comprendano solo atti non partecipati. In tale evenienza, la copertura <strong>del</strong><br />

segreto si estende a tutta la fase, con l'ovvia eccezione degli atti sulla base dei<br />

quali sia stata emessa una misura cautelare soggetta a riesame (che vanno<br />

depositati). Ne consegue che una rinuncia al segreto dipende da scelte tattiche<br />

<strong>del</strong> P.M., tenuto appunto a valutare, in termini di opportunità, costi e benefici di<br />

una discovery anticipata. La regola generale contempla poi talune eccezioni,<br />

abbastanza ragionevoli nell'essere collegate ad una necessità effettiva di cautela<br />

istruttoria, di cui va dato conto nella motivazione <strong>del</strong> decreto (ex art. 329,<br />

comma 3 C.P.P.). Questo originario ordito normativo ha registrato taluni<br />

sv<strong>il</strong>uppi nel 2000, con l'introduzione <strong>del</strong>la disciplina <strong>del</strong>le indagini difensive,<br />

poiché oggi si prevede un ulteriore aspetto <strong>del</strong> potere di segretazione <strong>del</strong> P.M.<br />

(art. 391 quinquies C.P.P.) in virtù <strong>del</strong> quale si può vietare alle persone sentite<br />

di comunicare fatti e circostanze r<strong>il</strong>evanti di cui siano a conoscenza (in termini<br />

33


meno ellittici, di divulgare quanto abbiano già dichiarato al P.M.) per un<br />

periodo non eccedente i due mesi. Persone sentite è locuzione da intendersi<br />

come soggetti ascoltati dal P.M., persone informate ed indagati, quindi. Il<br />

divieto, almeno stando alla lettera, si riferisce ai soli soggetti privati, ma, a<br />

questo punto, si apre <strong>il</strong> problema se fra questi debba includersi anche <strong>il</strong><br />

<strong>difensore</strong>. Anche se taluno lo ritiene, personalmente penso che tale inclusione<br />

non sia deducib<strong>il</strong>e dall'art. 391 quinquies C.P.P., perché l'assistere non può<br />

considerarsi equivalente all'essere sentito, a meno di non voler ricorrere ad una<br />

estensione analogica nella specie preclusa dal carattere tassativo <strong>del</strong>la<br />

disposizione. In realtà, <strong>il</strong> problema si complica se si sposta l'attenzione dal<br />

versante processuale a quello sostanziale. Nello stesso contesto, infatti, a<br />

dimostrazione che l'osservanza <strong>del</strong>la segretazione disposta dal P.M. va presa sul<br />

serio, è stata introdotta pure la fattispecie incriminatrice <strong>del</strong> nuovo art. 379 bis<br />

C.P., che prevede due distinte ipotesi, l'una relativa alla rivelazione indebita di<br />

notizie segrete di un procedimento penale da parte di chiunque le abbia apprese<br />

per aver partecipato od assistito ad un atto <strong>del</strong> procedimento; l'altra, invece,<br />

riguardante la violazione <strong>del</strong> divieto di comunicazione ex art. 391 quinquies<br />

C.P.P. da parte <strong>del</strong>la persona che ha r<strong>il</strong>asciato dichiarazioni al P.M. (la "persona<br />

sentita"). A prima vista, l'incriminazione sembrerebbe presentare natura<br />

sanzionatoria <strong>del</strong> precetto posto dall'art. art. 391 quinquies C.P.P. solo nella<br />

seconda ipotesi, ma non nella prima che, apparentemente, dimostra autonomia<br />

precettiva rispetto alla disciplina processuale. Nelle prime indagini sul punto,<br />

però, si è r<strong>il</strong>evato che la differenza testuale tra primo e secondo comma è solo<br />

apparente, dal momento che in entrambi la condotta si risolve, in definitiva,<br />

nella rivelazione di notizie segrete. L'osservazione in sé è esatta, ma non se ne<br />

traggono tutte le dovute conseguenze, particolarmente r<strong>il</strong>evanti in ordine alla<br />

platea dei destinatari, nella quale può rientrare certamente anche <strong>il</strong> <strong>difensore</strong>.<br />

Una lettura isolata <strong>del</strong>la disposizione processuale lo escluderebbe dai destinatari<br />

<strong>del</strong> divieto, mentre una considerazione congiunta di questa e <strong>del</strong>la norma<br />

sostanziale capovolge gli esiti, proprio perché l'art. 379 bis C.P. rettifica la<br />

previsione soggettiva dei destinatari <strong>del</strong> divieto di cui all'art. 391 quinquies<br />

C.P.P. permettendo l'inclusione diretta (e non già per via di integrazione<br />

analogica) anche <strong>del</strong>la figura <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>. Esito <strong>del</strong>udente e preoccupante per<br />

la libertà <strong>del</strong>la difesa? A mio avviso, non eccessivamente. Non tanto per <strong>il</strong><br />

corredo di garanzie che dovrebbero circoscrivere in termini ragionevoli<br />

l'esercizio di questo potere di una parte processuale, <strong>del</strong>la cui effettiva<br />

osservanza potrà talvolta o magari spesso dubitarsi (mi chiedo, per esempio,<br />

come si conc<strong>il</strong>ierà l'obbligo di una motivazione esauriente con la sottostante<br />

esigenza di segretezza), quanto, piuttosto, per le indicazioni che provengono da<br />

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una serena lettura <strong>del</strong>l'art. 379 bis C.P. nel suo combinarsi con la disciplina<br />

processuale <strong>del</strong>la segretezza. L'incriminazione di cui all'art. 379 bis C.P., prima<br />

parte non è definib<strong>il</strong>e in senso proprio come norma meramente sanzionatoria<br />

<strong>del</strong>le violazioni <strong>del</strong>l'obbligo di segretezza contemplato dall'art. 391 quinquies<br />

C.P.P. quale esito <strong>del</strong>l'esercizio eventuale <strong>del</strong> potere di segretazione attribuito al<br />

P.M., perché la norma sostanziale presenta un ambito precettivo autonomo e più<br />

ampio di quello presente nella disposizione processuale. Volendo ricorrere ad<br />

una immagine di sintesi, si potrebbe dire che la norma processuale vincola al<br />

segreto solo i detentori di una conoscenza diretta dei fatti processualmente<br />

r<strong>il</strong>evanti, conoscenza che, appunto, viene comunicata al P.M. quando vengono<br />

sentiti; laddove l'art. 379 bis C.P., nella prima parte, si dirige ai detentori di una<br />

conoscenza derivata dalla partecipazione o dall'assistenza ad una narrazione di<br />

terzi. Ciò non toglie, comunque, <strong>il</strong> nesso particolarmente stretto che avvince le<br />

due norme, ed in virtù <strong>del</strong> quale l'incriminazione riceve dall'altra indicazioni<br />

fondamentali a fini interpretativi. Cosa debba intendersi per notizie segrete, la<br />

cui divulgazione è punita appunto dall'art. 379 bis C.P., lo chiarisce proprio<br />

l'art. 391 quinquies C.P.P.. Non è che la nozione di segreto possa d<strong>il</strong>atarsi sino a<br />

coincidere con quella prevista dall'art. 329 C.P.P., che si è visto relativa solo<br />

agli atti di cui l'imputato non può avere conoscenza. La situazione contemplata<br />

dall'art. 379 bis C.P., al contrario, si pone sin dall'origine su un diverso piano di<br />

conoscib<strong>il</strong>ità immediata (si tratta sempre di atti per i quali è prevista l'assistenza<br />

o la partecipazione <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>), <strong>il</strong> che permette di escluderla dall'ambito<br />

disegnato dalla regola generale <strong>del</strong> segreto investigativo. In questo senso,<br />

l'incriminazione colma effettivamente una lacuna, perché in precedenza la<br />

violazione <strong>del</strong>l'obbligo <strong>del</strong> segreto (apponib<strong>il</strong>e ex art. 329, 3° comma lett. a<br />

c.p.p.) commessa dalle parti private e/o dai loro difensori doveva ritenersi<br />

penalmente irr<strong>il</strong>evante (è appena <strong>il</strong> caso di segnalare che non è minimamente<br />

ipotizzab<strong>il</strong>e lo schema <strong>del</strong> concorso <strong>del</strong>l'estraneo nel reato proprio di rivelazione<br />

di segreto ex art. 326 C.P., che riguarda ben diversa fenomenologia). Ma la<br />

circostanza che determinate conoscenze <strong>del</strong>le parti non siano ab initio segrete<br />

non esclude che possano sopravvenire esigenze di tutela <strong>del</strong> segreto nel corso<br />

<strong>del</strong>le indagini, e di tali esigenze mi pare che si renda interprete la nuova<br />

fattispecie, la cui struttura parzialmente in bianco dipende appunto<br />

dall'impossib<strong>il</strong>ità di tipicizzare a priori le ragioni <strong>del</strong> segreto, valutab<strong>il</strong>i caso per<br />

caso solo da chi, essendo <strong>il</strong> titolare <strong>del</strong>le indagini, è in grado di apprezzarne la<br />

esistenza. Il che significa, allora, che la nozione di notizie segrete di cui all'art.<br />

379 bis C.P. deve intendersi come corrispondente a quella di notizie segretate,<br />

cioè dichiarati tali dal P.M. nel decreto motivato previsto dall'art. 391 quinquies<br />

C.P.P.. A me sembra, infatti, che questa sia l'unica lettura compatib<strong>il</strong>e con la<br />

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complessiva disciplina <strong>del</strong> segreto investigativo ragionevole in sé se<br />

ragionevolmente circoscritto agli atti <strong>il</strong> cui contenuto deve, almeno sino ad un<br />

certo termine, rimanere ignoto alle parti private, ma inammissib<strong>il</strong>mente<br />

incongruo se riferito anche agli atti conoscib<strong>il</strong>i dalla stesse. La mediazione<br />

assicurata dalla incriminazione, soltanto se interpretata anche alla luce <strong>del</strong>la<br />

disposizione processuale, appare in definitiva accettab<strong>il</strong>e anche in<br />

considerazione degli ulteriori corollari che discendono da una valutazione<br />

congiunta <strong>del</strong>le due norme in gioco. Da un lato, infatti, mi pare scontato in<br />

questa prospettiva che in tanto si potrà parlare di notizie segrete, ai fini<br />

<strong>del</strong>l'integrazione <strong>del</strong> tipo legale <strong>del</strong>l'art. 379 bis, in quanto un decreto di<br />

segretazione esista: un P.M. sciatto o disattento che se ne dimentichi non potrà<br />

certo confidare su una tutela penale che, per ragioni strutturali, non pare affatto<br />

in grado di attivarsi autonomamente.Se manca <strong>il</strong> provvedimento di<br />

qualificazione, per quei dati conoscitivi non viene meno la regola generale <strong>del</strong>la<br />

libera circolazione diffusa (possib<strong>il</strong>e, cioè, nei confronti di chiunque).<br />

Dall'altro, è curioso notare, ma è esito conseguenziale alle premesse, che si è in<br />

presenza di un reato commissivo a termine esplicito. Abituati ad una sim<strong>il</strong>e<br />

struttura solo per quel che concerne <strong>il</strong> tipo omissivo proprio, ne registriamo una<br />

inaspettata deriva anche per <strong>il</strong> commissivo. Ma, al di là di preoccupazioni<br />

dogmatiche qui in definitiva abbastanza secondarie, ciò che conta è che dopo lo<br />

spirare <strong>del</strong> termine <strong>del</strong> divieto (che non può superare i due mesi, né,<br />

aggiungerei, può essere prorogato) riemerge la regola <strong>del</strong>la libertà<br />

comunicativa. Le notizie, infatti, non possono più ritenersi segrete, e viene a<br />

mancare un requisito essenziale per la r<strong>il</strong>evanza penale <strong>del</strong>la loro divulgazione.<br />

Questa lunga digressione era necessaria per reimpostare <strong>il</strong> problema <strong>del</strong><br />

favoreggiamento <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> nella prospettiva <strong>del</strong>la informazione al cliente<br />

assistito. Quando la dottrina penalistica, già vent'anni fa, osservava che dal<br />

momento <strong>del</strong>la piena pubblicità degli atti nessuna questione era più possib<strong>il</strong>e,<br />

poiché, cessato <strong>il</strong> vincolo legale <strong>del</strong>la segretezza, nella trasmissione <strong>del</strong>la<br />

notizia viene meno la stessa configurab<strong>il</strong>ità oggettiva <strong>del</strong> favoreggiamento,<br />

proponeva una lettura equ<strong>il</strong>ibrata <strong>del</strong> rapporto tra funzionamento <strong>del</strong>la giustizia<br />

repressiva ed esercizio <strong>del</strong> diritto di difesa, ma spesso disattesa dalla prassi.<br />

Oggi disponiamo, invece, di basi normative più concludenti e solide per<br />

distinguere tra interventi difensivi leciti e contegni penalmente reprensib<strong>il</strong>i. La<br />

regola generale è nel senso libertà di comunicazione <strong>del</strong>le conoscenze<br />

ostensib<strong>il</strong>i, che potrà trovare eventuali restrizioni da un motivato esercizio <strong>del</strong><br />

potere di segretazione <strong>del</strong> P.M.. Solo in quest'ultima eventualità ritengo<br />

possib<strong>il</strong>e una configurazione <strong>del</strong> favoreggiamento personale a carico<br />

<strong>del</strong>l'avvocato, sia pure in casi piuttosto marginali.<br />

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Posto che, anche in presenza di un divieto di divulgazione ex art. 391 quinquies<br />

C.P.P., non ha alcun senso prevedere un limite di comunicazione tra <strong>difensore</strong> e<br />

difeso (immaginando l'ipotesi che la segretazione concerna quanto dichiarato<br />

dall'indagato al P.M.), la questione potrà porsi se, in quella sede, <strong>il</strong> <strong>difensore</strong><br />

apprenda circostanze negative per altro cliente assistito in procedimenti diversi<br />

e gliele riveli in violazione <strong>del</strong> divieto. La clausola di sussidiarietà con la quale<br />

esordisce l'art. 379 bis C.P. (inesattamente limitata al solo rapporto con <strong>il</strong> più<br />

grave <strong>il</strong>lecito previsto dall'art. 326 C.P. da taluni autori) a me pare che possa<br />

consentire, nella specie, <strong>il</strong> richiamo al favoreggiamento personale. E ciò,<br />

fondamentalmente, per due diverse considerazioni. La prima si radica sul fatto<br />

che poco conta l'originaria divulgab<strong>il</strong>ità <strong>del</strong> dato conoscitivo, quando sia stato<br />

esercitato <strong>il</strong> potere di segretazione: suo tramite, si potrebbe plausib<strong>il</strong>mente<br />

ritenere che si verifichi un fenomeno di equiparazione, seppur temporaneo, agli<br />

atti di indagine per i quali è operante <strong>il</strong> vincolo di segretezza previsto in via<br />

generale dall'art. 329 C.P.P.. Ne consegue, allora, che la violazione <strong>del</strong> segreto<br />

prevista dall'art. 379 bis C.P. si prospetta, appunto, come quell'<strong>il</strong>lecito a monte<br />

che rende <strong>il</strong>lecita a valle la trasmissione <strong>del</strong>l'informazione all'interessato. Di<br />

quest'ultima, infatti, <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> non ha la giuridica disponib<strong>il</strong>ità, come non l'ha<br />

in relazione a notizie coperte ab origine dal segreto investigativo ed<br />

<strong>il</strong>lecitamente acquisite (ipotesi di concorso nel <strong>del</strong>itto di rivelazione di segreti<br />

ex art. 326 C.P.). Se si ritenesse diversamente, occorrerebbe concludere che<br />

l'ampliamento dei presupposti <strong>del</strong> diritto di difesa può derivare da un previo<br />

<strong>del</strong>itto <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>, che arbitrariamente ed <strong>il</strong>lecitamente potrebbe sovvertire le<br />

regole <strong>del</strong> gioco. Né, d'altra parte, mi pare possib<strong>il</strong>e un riferimento all'art. 40,<br />

III° canone complementare <strong>del</strong> Codice deontologico: vero che <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> ha<br />

l'obbligo di riferire al proprio assistito <strong>il</strong> contenuto di quanto appreso<br />

nell'esercizio <strong>del</strong> mandato, ma la latitudine <strong>del</strong> precetto trova appunto un limite<br />

nel contrapposto divieto di divulgazione imposto dal P.M.. Nell'esempio dal<br />

quale partivo, peraltro, la disposizione deontologica sarebbe persino<br />

impropriamente evocata, posto che l'apprendimento <strong>del</strong> dato avviene in una<br />

sede procedimentale in cui <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> non esercita alcun mandato difensivo<br />

nell'interesse <strong>del</strong> soggetto concretamente informato. La collisione dei doveri<br />

può aver luogo, invece, nel caso di difesa unitaria di più indagati, e le notizie<br />

segretate riguardino appunto uno di essi. Non mi risulta che <strong>il</strong> problema sia già<br />

emerso, ma certamente potrà porsi nella pratica: colpevole di favoreggiamento<br />

<strong>il</strong> <strong>difensore</strong> che informi altro assistito in violazione <strong>del</strong> divieto, o scriminato per<br />

l'intervento di una causa di giustificazione? Io propenderei per la seconda<br />

ipotesi, valorizzando <strong>il</strong> dato rappresentato dall'avverbio indebitamente<br />

menzionato dall'incriminazione. Lo si potrebbe leggere anche come equivalente<br />

37


alla locuzione "senza giusta causa", al pari di quello espressiva di un momento<br />

di <strong>il</strong>liceità espressa. Su questo piano, allora, ritorna in evidenza <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o<br />

cogente espresso dal terzo canone complementare <strong>del</strong>l'art. 40 <strong>del</strong> Codice<br />

deontologico. Immagino che da taluno potrebbe obiettarsi che la fonte da cui<br />

promana questa disposizione non legittima la conclusione che si possa parlare di<br />

adempimento <strong>del</strong> dovere in funzione scriminante. Una posizione <strong>del</strong> genere mi<br />

sembra poco plausib<strong>il</strong>e per una pluralità di ragioni. Il complesso di tali regole di<br />

condotta, in primo luogo, trova fondamento in talune norme <strong>del</strong>la legge<br />

professionale forense <strong>del</strong> 1933, di cui rappresentano esplicitazione e sv<strong>il</strong>uppo. I<br />

precetti deontologici, pertanto, per dirla con Gino Gorla, appartengono non al<br />

piano <strong>del</strong> paragiuridico o <strong>del</strong> pregiuridico, bensì al campo <strong>del</strong>l'effettivamente<br />

giuridico, ed anche chi non fosse propenso a condividere l'idea di una loro<br />

giuridicità originaria, dovrà pure convenire che essi acquistano una giuridicità<br />

derivata dall'essere collegati alle norme statali <strong>del</strong>la legge professionale. Inoltre,<br />

ricavo dal dibattito contemporaneo che l'adempimento <strong>del</strong> dovere si distingue<br />

dall'esercizio <strong>del</strong> diritto, sul piano <strong>del</strong>le fonti ammissib<strong>il</strong>i, proprio perché la<br />

nozione di norma giuridica dalla quale discende <strong>il</strong> dovere include anche fonti<br />

diverse dalla legge statale: l'ut<strong>il</strong>izzo di una espressione di genere (norma<br />

giuridica, appunto) avvalora sul piano formale tale conclusione, perché allude a<br />

qualsiasi fonte normativa. Infine, soccorre un argomento ancor più decisivo:<br />

posto che <strong>il</strong> rispetto degli obblighi deontologici non è previsto come fine a sé<br />

stesso, ma è da leggersi in necessario collegamento funzionale con <strong>il</strong> rapporto<br />

fiduciario che si instaura con <strong>il</strong> soggetto assistito, è di particolare evidenza che<br />

solo attraverso l'adempimento di tali doveri si può dare effettiva e concreta<br />

attuazione al diritto di difesa tecnica, <strong>del</strong>la cui giuridicità (oltre che r<strong>il</strong>evanza<br />

costituzionale) non può evidentemente dubitarsi. In definitiva, si può e si deve<br />

affermare che l'esercizio <strong>del</strong>la difesa tecnica si realizza solo se degli obblighi<br />

deontologici di cui è gravato <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> si ha puntuale adempimento. Tra<br />

questi, ripeto, mi pare di assoluta centralità quello concernente la piena<br />

informazione <strong>del</strong> cliente in ordine a tutte le notizie apprese nell'esercizio <strong>del</strong><br />

mandato. E nella logica <strong>del</strong> b<strong>il</strong>anciamento tra contrapposti interessi, non mi pare<br />

scandaloso affermare la prevalenza <strong>del</strong> diritto di difesa. Né violazione<br />

<strong>del</strong>l'obbligo <strong>del</strong> segreto (art. 379 bis), né favoreggiamento personale, quindi,<br />

nell'esempio da cui ho preso le mosse (difesa congiunta di più indagati e<br />

violazione <strong>del</strong> segreto nei confronti di quello non sentito dal P.M.). Ma altre<br />

ipotesi problematiche potrebbero individuarsi. Cosa succede, ad esempio, per le<br />

investigazioni difensive quando <strong>il</strong> P.M. abbia deciso di esercitare <strong>il</strong> potere di<br />

segretazione? Se ne può immaginare una d<strong>il</strong>atazione sino al punto da<br />

paralizzare totalmente, ancorché per un tempo definito, le attività investigative<br />

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<strong>del</strong>la difesa, cui sarebbe vietato assumere informazione ut<strong>il</strong>i proprio sui<br />

contenuti degli atti segretati? Non è diffic<strong>il</strong>e pensare ad ipotesi in cui si renda<br />

urgente reperire elementi a discarico per dimostrare l'erroneità o la non<br />

concludenza di elementi di accusa contestati dal P.M. proprio in occasione<br />

<strong>del</strong>l'atto che si reputa opportuno segretare. Non dubito che possa prof<strong>il</strong>arsi una<br />

tesi di assoluto rigore, in virtù <strong>del</strong>la quale una "stasi" difensiva non eccedente i<br />

due mesi deve considerarsi un costo accettab<strong>il</strong>e. Dubito, però, che sia corretta.<br />

A questo riguardo, penso persino che raramente possano verificarsi casi<br />

oggettivamente tipici rispetto alla formula <strong>del</strong>l'art. 379 bis c.p., che potrebbero<br />

darsi solo nell'ipotesi di rivelazione di fonte e contenuto <strong>del</strong>le notizie segretate.<br />

Normalmente, la ricerca di elementi ut<strong>il</strong>i per contrastare dati probatori di natura<br />

accusatoria potrà prescindere da una rivelazione in senso proprio: certo che <strong>il</strong><br />

<strong>difensore</strong> orienterà l'esame <strong>del</strong>la persona informata sui prof<strong>il</strong>i di interesse, ma<br />

questo non significa affatto o necessariamente che in quella sede si verifichi una<br />

rivelazione di notizie segrete. La tentazione di uno slittamento interpretativo in<br />

malam partem non è escludib<strong>il</strong>e in assoluto, ma dovrebbe costituire un presidio<br />

adeguato la considerazione che un conto è la divulgazione, tutt'altro l'ut<strong>il</strong>izzo di<br />

una conoscenza acquisita, che è esattamente la situazione in cui versa <strong>il</strong><br />

<strong>difensore</strong> quando, senza manifestare fonti e contenuti oggetti <strong>del</strong> divieto, orienti<br />

tuttavia le sue domande sui quegli stessi versanti. Per dare soluzione a casi <strong>del</strong><br />

genere, è sufficiente una sorvegliata attenzione al prof<strong>il</strong>o tipico<br />

<strong>del</strong>l'incriminazione: sarà appunto in ragione <strong>del</strong> deficit di tipicità (poiché<br />

l'ut<strong>il</strong>izzo di dati conoscitivi non equivale a rivelarli) che tali ipotesi non<br />

potranno essere ricondotti all'art. 379 bis. Ma ove occorra una contestazione<br />

precisa alla persona assunta in sede di indagini difensive? E' <strong>del</strong> tutto scontato<br />

che al <strong>difensore</strong> si richieda una preventiva e seria ponderazione in termini di<br />

necessità, ma ove questa valutazione sia nel senso <strong>del</strong>l'indifferib<strong>il</strong>ità, credo che<br />

debba farsi ricorso all'idea <strong>del</strong>la scriminante. Immaginiamo <strong>il</strong> caso che da tale<br />

investigazione difensiva ci si ripromettano esiti ragionevolmente ut<strong>il</strong>i per un<br />

assistito in stato di custodia cautelare e che le sue dichiarazioni al P.M. siano<br />

state segretate. Di fronte ad ipotesi che io volutamente estremizzo, può ritenersi<br />

sostenib<strong>il</strong>e un potere assoluto ed insindacab<strong>il</strong>e di una parte a scapito <strong>del</strong>l'altra, <strong>il</strong><br />

cui esercizio si traduce, poi, in una atipica moratoria <strong>del</strong>la facoltà di difendersi<br />

provando? La gravità <strong>del</strong>le conseguenze già induce a dubitare <strong>del</strong>la bontà <strong>del</strong>le<br />

premesse. La questione è ancora aperta, anzi, per quel che mi risulta, mai sinora<br />

emersa, ma se si presenterà, la chiave risolutiva per un equ<strong>il</strong>ibrato<br />

contemperamento <strong>del</strong>le contrapposte esigenze non potrà trovarsi che nel quadro<br />

<strong>del</strong>la giustificazione. Proseguendo in questa casistica ipotetica, non è escluso<br />

che <strong>il</strong> problema possa presentarsi anche nel quadro dei rapporti tra <strong>difensore</strong><br />

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vincolato al segreto e consulenti tecnici <strong>del</strong>la difesa. Una lettura rigida<br />

sembrerebbe poter effettivamente condurre ad un blocco comunicativo,<br />

all'interno <strong>del</strong>lo staff difensivo, di dati di conoscenza segretati. Personalmente,<br />

però, ritengo che letture <strong>del</strong> genere non possano minimamente avere successo in<br />

ragione <strong>del</strong> fatto che ritenendo operante <strong>il</strong> divieto anche in questa ipotesi si<br />

raggiungerebbe lo stesso grado di insensatezza che connoterebbe la pretesa di<br />

precludere qualsiasi commento, esame o valutazione <strong>del</strong>le notizie segretate tra<br />

<strong>difensore</strong> e difeso. Il vincolo, in altri termini, pare fisiologicamente orientato<br />

verso un esterno di cui non fa parte (non può far parte) l'ambito difensivo,<br />

complessivamente considerato, <strong>del</strong>la cui assistenza l'indagato si giovi. Rimane<br />

una lacuna, peraltro. Sarebbe ragionevole, ritengo, che in casi <strong>del</strong> genere<br />

l'obbligo al segreto si estendesse anche ai consulenti tecnici <strong>del</strong>la difesa, ferma<br />

restando, si capisce, la libertà di provvedere agli aspetti squisitamente tecnicoscientifici<br />

<strong>del</strong>la difesa. Allo stato attuale, però, solo nell'eventualità possib<strong>il</strong>e ma<br />

piuttosto infrequente di una loro partecipazione all'atto i cui contenuti poi<br />

verranno segretati li possiamo ritenere destinatari <strong>del</strong> vincolo, ma non<br />

nell'ipotesi in cui apprendano quei dati di conoscenza dal <strong>difensore</strong> e li<br />

divulghino. Ragionando diversamente, la loro inclusione nel novero dei<br />

possib<strong>il</strong>i soggetti attivi <strong>del</strong> <strong>del</strong>itto ex art. 379 bis sarebbe conseguenza di una<br />

integrazione analogica in malam partem. E' tempo di concludere, e debbo<br />

scusarmi con Voi tutti se ho impegnato più a lungo <strong>del</strong> previsto (e, forse, <strong>del</strong><br />

tollerab<strong>il</strong>e) la vostra attenzione e la vostra pazienza. Le mie considerazioni sul<br />

tema forse possono apparire un po' eccentriche rispetto al problema <strong>del</strong><br />

favoreggiamento <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>, visto che ho dedicato molto spazio al prof<strong>il</strong>o <strong>del</strong><br />

segreto processuale e <strong>del</strong>la sua tutela. Ma questa scelta metodologica,<br />

certamente opinab<strong>il</strong>e come tutte le scelte di questo genere, è stata in gran parte<br />

condizionata dal constatare come, su questo piano, si incontrino idee molto<br />

confuse, conseguenza di letture assai incerte <strong>del</strong>la disciplina positiva. Debbo<br />

alla cortesia degli organizzatori aver potuto esaminare sia un provvedimento <strong>del</strong><br />

Tribunale <strong>del</strong> riesame, sia i motivi di ricorso per Cassazione presentati dai P.M.<br />

incaricati avverso quella decisione, proprio in relazione ad una imputazione di<br />

favoreggiamento personale elevata nei confronti di un avvocato. Il mondo dei<br />

giuristi non è alieno dal bon ton, e siccome questa vicenda è tutt'altro che<br />

processualmente esaurita, è obbligatorio accennarne molto schematicamente e<br />

solo in astratto. La posizione dei ricorrenti, se male non ho inteso, si basa su un<br />

assunto di fondo: costituisce errore di diritto evidente ritenere espressione di un<br />

lecito esercizio <strong>del</strong>l'attività difensiva la divulgazione di notizie riservate coperte<br />

da segreto investigativo. Pur in assenza di esplicitazioni chiare a questo<br />

riguardo, non avrei dubbi sul fatto che i ricorrenti alludano al quadro di<br />

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disciplina <strong>del</strong>l'art. 329 C.P.P, in quanto, nell'articolata motivazione, non si fa<br />

alcun cenno all'esercizio <strong>del</strong> potere di segretazione (peraltro possib<strong>il</strong>e, come si è<br />

visto, anche nell'ambito di tale disposizione). L'inquietudine comincia allorché<br />

si apprende che, a parere dei ricorrenti, coperto da tale segreto è "<strong>il</strong> contenuto<br />

<strong>del</strong>l'invito a comparire notificato ad un coindagato, al suo avvocato d'ufficio, al<br />

suo legale fiduciario, con l'indicazione e la compiuta descrizione di una<br />

fattispecie di reato di associazione di stampo mafioso; ma, ancora, che tale è,<br />

ex se, <strong>il</strong> contenuto <strong>del</strong>l'interrogatorio reso dal coindagato". Forse è superfluo,<br />

perché magari conoscete <strong>il</strong> caso meglio di me, ma vorrei aggiungere che la<br />

fonte informativa <strong>del</strong> legale accusato è stata individuata nel collega penalista<br />

che ha presenziato all'interrogatorio <strong>del</strong> coindagato. Neppure lui indenne da<br />

censure da parte dei ricorrenti, dal momento che lo ritengono responsab<strong>il</strong>e di<br />

una condotta di infe<strong>del</strong>e patrocinio (per la quale, peraltro, non so se si proceda<br />

attualmente o se per essa i ricorrenti si riservino di procedere in<br />

seguito).Vedete, io mi occupo in genere di problemi di diritto sostanziale, e<br />

quando mi capita di inbattermi in prospettazioni processuali per giunta<br />

sostenute con piglio sicuro, è mia abitudine consultare specialisti <strong>del</strong>la materia.<br />

Così ho presentato <strong>il</strong> problema teorico al mio amico Massimo Nob<strong>il</strong>i, che<br />

specialista acuto di questi problemi effettivamente è. Al termine <strong>del</strong>la mia<br />

esposizione, mi ha chiesto se per caso lo prendessi in giro, dal momento che<br />

trovava paradossale che <strong>del</strong> segreto investigativo, e <strong>del</strong>la sua tutela sostanziale,<br />

si potessero prof<strong>il</strong>are letture così malentendues. Se consideriamo, allora, che<br />

nella pratica non vi sono ostacoli a che interpretazioni <strong>del</strong> genere vengano<br />

avanzate e sostenute, nella speranza di vederle confermate addirittura in sede di<br />

legittimità, la mia scelta metodologica si lascia comprendere più fac<strong>il</strong>mente, e<br />

potete capire come io la ritenga in un certo senso necessaria. Assiomi che<br />

vengono presentati come indiscutib<strong>il</strong>i nel diritto penale dei libri, vengono<br />

radicalmente sconvolti e sovvertiti nel diritto penale dei fatti. Atti processuali<br />

per cui è obbligatoria la notifica al destinatario vengono reputati coperti da un<br />

segreto investigativo omnivoro o omnipresente, che, per logica ed immanente<br />

conseguenza, deve avvolgere anche gli atti di cui si prevede un obbligatorio<br />

deposito. Per ragioni di economia e di razionalità operativa, se così<br />

effettivamente fosse, tanto varrebbe escludere <strong>il</strong> deposito. Solo che così non è.<br />

E confidare sul segreto come regola, laddove la libera circolazione <strong>del</strong>le notizie<br />

dovrebbe costituire l'eccezione, significa sovvertire proprio la complessiva<br />

disciplina positiva che governa la materia - o riscriverla idealmente in<br />

conformità alle esigenze <strong>del</strong>l'accusa . Sarebbe da raccomandare, in guisa di<br />

aggiornamento professionale, la lettura (o magari la r<strong>il</strong>ettura) di un saggio che<br />

più di 10 anni orsono Gherardo Colombo pubblicò sulla Rivista italiana di<br />

41


Diritto e procedura penale, nell'ambito <strong>del</strong> quale si segnalavano con grande<br />

acume le strategie ipotizzab<strong>il</strong>i per mantenere <strong>il</strong> più a lungo possib<strong>il</strong>e (ma<br />

legittimamente, s'intende) la copertura degli atti di indagine. Si additavano alla<br />

magistratura inquirente proprio le tecniche adeguate allo scopo, nella piena<br />

consapevolezza, d'altronde, che la segretezza assoluta <strong>del</strong>le indagini, meglio, di<br />

tutti gli atti di indagine, non rappresentava più (se mai poi lo aveva<br />

rappresentato) una garanzia offerta dal sistema. In questo senso, particolarmente<br />

efficace <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ievo in base al quale, quando è necessario soddisfare l'esigenza di<br />

copertura, è possib<strong>il</strong>e individuare succedanei, o vie procedimentali alternative<br />

alle anticipazioni <strong>del</strong> dibattimento, che consentono <strong>il</strong> raggiungimento degli<br />

stessi risultati di prova tramite scopertura minima, o nulla, di atti <strong>del</strong>l'indagine.<br />

La figura immaginata da Colombo, è quella di una P.M. agguerrito e scaltro,<br />

che sappia operare quelle ragionevoli valutazioni di opportunità, in termini di<br />

costi e benefici, circa l'adozione di atti di indagine ostensib<strong>il</strong>i o viceversa di<br />

"succedanei" suscettib<strong>il</strong>i di rimanere coperti <strong>del</strong> segreto. Figura che è<br />

ovviamente agli antipodi di un inquirente opacamente adagiato nella<br />

convinzione che <strong>il</strong> segreto costituisca una garanzia impenetrab<strong>il</strong>e anche se<br />

purtroppo a termine. La Corte di legittimità, nel decidere su questa vicenda, ci<br />

darà senz'altro ut<strong>il</strong>i indicazioni, ma probab<strong>il</strong>mente non definitive circa<br />

l'estensione <strong>del</strong>l'area di rischio penale <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>, perché gli orientamenti non<br />

sono stab<strong>il</strong>i né tantomeno unitari. Se di tendenziale soluzione potesse parlarsi,<br />

io credo che la strada maestra non passi per un giudizio di costituzionalità, sui<br />

cui esiti non confiderei affatto per <strong>il</strong> vuoto normativo che una pronuncia<br />

ablativa determinerebbe, quanto piuttosto per una revisione <strong>del</strong>la fattispecie in<br />

via legislativa, allo stato attuale, improbab<strong>il</strong>e e lontana come una decisione <strong>del</strong>la<br />

Consulta, ma non impossib<strong>il</strong>e sul piano strettamente tecnico (lo dimostra la<br />

nuova codificazione spagnola, che in ossequio ad un principio di<br />

frammentarietà preso sul serio, fissa in distinte fattispecie ipotesi che, in Italia,<br />

sembra naturale riportare allo schema aperto <strong>del</strong> favoreggiamento). Mi verrebbe<br />

da pensare che questo auspicio di riforma sia condiviso anche dalla<br />

magistratura, che da norme di questo tipo è costretta ad allontanarsi dal compito<br />

tradizionale <strong>del</strong>lo Ius dicere per assumere <strong>il</strong> diverso e pesante far<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>lo Ius<br />

facere. A mio parere, si tratta di un peso che è opportuno che ritorni sulle spalle<br />

<strong>del</strong> legislatore, le uniche in grado di portarlo.<br />

AVV. EUGENIO VASSALLO<br />

Grazie al professor Marco Zanotti per la sua dottissima relazione.<br />

Ora la parola, sentiamo <strong>il</strong> risultato <strong>del</strong>la sentenza, al dott. Luca Pistorelli, che<br />

ringrazio sempre perché ha mostrato una particolare capacità di gestire<br />

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un’udienza con una calma e una tranqu<strong>il</strong>lità per le Difese e per l’Accusa, di cui<br />

lo ringrazierò sempre.<br />

DOTT. LUCA PISTORELLI<br />

Buonasera. Innanzitutto grazie per l’invito, troppi complimenti che ovviamente<br />

non merito e mi mettono un po’ in imbarazzo.<br />

Dall’imbarazzo invece mi hanno tolto i relatori che mi hanno preceduto, perché<br />

hanno talmente percorso in lungo e largo la materia che ci occupa oggi<br />

pomeriggio da esimermi in larga parte dal mio compito, compito da cui in parte<br />

mi autoesimo anche perché so che ci sono dei coscritti qua dentro e cioè dei<br />

giovani aspiranti avvocati tenuti alla presenza e che quindi, siccome sono da tre<br />

ore che ascoltano cose molto interessanti, per vero, hanno un limite di<br />

sopportazione che pesa con maggiore gravosità che sulle spalle di chi è qui<br />

volontariamente. Quindi cercherò di essere molto stringato.<br />

Devo dire che molte <strong>del</strong>le cose che ho ascoltato oggi pomeriggio, tutte molto<br />

interessanti, mi hanno anche costretto a rivedere un po’ la scaletta <strong>del</strong> mio<br />

intervento e cercherò, se mi è permesso, magari di rispondere nei limiti in cui<br />

sarò capace ad alcuni dei quesiti o <strong>del</strong>le contestazioni che coloro che mi hanno<br />

preceduto hanno mosso nel corso dei loro interventi.<br />

Mi è parso inevitab<strong>il</strong>e, già quando parlavo con l’avvocato Danesin di quale<br />

sarebbe stato l’oggetto <strong>del</strong> mio intervento, ancorare l’argomento che ci ha<br />

occupato fino adesso più saldamente a un’altra tematica ormai imprescindib<strong>il</strong>e,<br />

che è quella <strong>del</strong>le indagini difensive introdotte dalla Legge 397/2000 a sanatoria<br />

di lacune che <strong>il</strong> Codice di Procedura <strong>Penale</strong> portava con sé fin dal 1988. Ho<br />

sentito qui questa sera che si salutava con favore una sentenza di un Giudice<br />

sabaudo – c’è forte rivalità tra M<strong>il</strong>ano e Torino, quindi mi perdonerete questa<br />

punta di sarcasmo – sulla configurab<strong>il</strong>ità <strong>del</strong> reato di falso in atto pubblico da<br />

parte <strong>del</strong> pubblico ufficiale; mi sembra di aver capito nella verbalizzazione<br />

disinvolta e lacunosa di dichiarazioni rese ex 391 bis... Io non voglio entrare nel<br />

merito di un caso che non conosco, ho solo sentito salutare e sottolineare con<br />

favore la configurab<strong>il</strong>ità <strong>del</strong>la qualifica di pubblico ufficiale in capo al<br />

Difensore e addirittura l’ho sentita salutare come conseguenza inevitab<strong>il</strong>e <strong>del</strong>la<br />

Legge 397/2000. Io so da dove nasce l’equivoco: l’equivoco nasce da colui che<br />

porta giustamente e per volontà costituzionale quel far<strong>del</strong>lo e che non sempre<br />

però lo sa portare con la disinvoltura che <strong>il</strong> professor Zanotti gli attribuisce, e<br />

cioè <strong>il</strong> nostro legislatore, perché l’equivoco nasce da quell’improvvido, inut<strong>il</strong>e<br />

e, mi si consenta, tra virgolette, stupido art. 334 bis <strong>del</strong> Codice di Procedura<br />

<strong>Penale</strong> che quella legge introdusse. Nel timore generato dal furore iconoclasta<br />

di alcuni miei colleghi <strong>il</strong> legislatore ritenne di prevenire giurisprudenze<br />

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distorsive e degeneranti introducendo quella norma che esime <strong>il</strong> <strong>difensore</strong><br />

dall’obbligo di denunzia dei reati di cui venga a conoscenza nell’esercizio dei<br />

suoi diritti di indagine difensiva. Questa norma, ripeto, voleva prevenire<br />

distorsioni giurisprudenziali <strong>il</strong> cui contenuto ovviamente sarebbe stato previsto<br />

dal legislatore proprio nell’attribuzione <strong>del</strong>la qualifica di pubblico ufficiale al<br />

Difensore, norma che ai più, e debbo dire anche in alcuni incidentali passaggi di<br />

alcune pronunzie <strong>del</strong>la Corte di Cassazione che pur riguardavano altro, sembra<br />

<strong>del</strong> tutto inut<strong>il</strong>e proprio perché <strong>il</strong> <strong>difensore</strong>.. potremmo discutere sulla natura di<br />

incaricato di pubblico servizio <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> d’ufficio, ma non possiamo proprio<br />

neanche iniziare a discutere nella qualifica <strong>del</strong> pubblico ufficiale <strong>del</strong> <strong>difensore</strong><br />

di fiducia, questa, mi si consenta, è prima di tutto una corbelleria, ma in<br />

secondo luogo è <strong>il</strong> primo passo verso <strong>il</strong> suicidio <strong>del</strong>la procedura penale, la fine<br />

<strong>del</strong> processo. Sarebbe totalmente fuori da ogni ragionevolezza che <strong>il</strong> legislatore<br />

avesse voluto, e non l’ha fatto, perché io invito chiunque sostenga questa tesi ad<br />

andarsi a r<strong>il</strong>eggere i lavori preparatori <strong>del</strong>la 397: non c’è un solo passaggio, una<br />

sola virgola, una sola s<strong>il</strong>laba che autorizzi conclusioni di questo tipo. Abbiamo<br />

qualche problema, possiamo discutere sulla natura <strong>del</strong> documento<br />

rappresentativo, <strong>del</strong>l’atto di indagine difensiva artatamente costruito per<br />

ingannare <strong>il</strong> Giudice o comunque le altre parti processuali, certo, discuteremo;<br />

ma attribuire i doveri <strong>del</strong> pubblico ufficiale al <strong>difensore</strong> e quindi<br />

automaticamente.. Un mio collega fa una battuta in questo caso: “Beh, allora<br />

l’assistito che lo paga è ovviamente passib<strong>il</strong>e di corruzione! E soprattutto<br />

laddove lo paga per farsi difendere pur comunicandogli di essere colpevole!”.<br />

Quindi cominciamo col togliere questo che io considero un equivoco <strong>del</strong>la<br />

nostra discussione.<br />

Altra cosa che ho sentito qui oggi pomeriggio su cui, dico subito, sono<br />

francamente poco in accordo, ed è una di quelle cose da cui nasce secondo me<br />

l’equivoco sull’espansione <strong>del</strong>la portata <strong>del</strong>le norme incriminatici in materia di<br />

tutela <strong>del</strong>l’amministrazione <strong>del</strong>la giustizia e di favoreggiamento personale in<br />

particolare, è su questo presunto obbligo <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> in fase processuale di<br />

versare nel processo tutti gli atti raccolti in indagini difensive. Qui da dove<br />

nasca l’equivoco lo capisco un po’ meno. Il tenore letterale <strong>del</strong>l’art. 419 Codice<br />

di Procedura <strong>Penale</strong>, che pure è stato invocato in questa sede, in realtà non<br />

giustifica tammeno e tampoco una conclusione di questo tipo; non giustifica<br />

innanzitutto la sussistenza di un obbligo per la parte, che non è quella pubblica,<br />

di versare gli atti di indagine, tanto più che, o meglio, salvo un’interpretazione<br />

che parta da una distorta visione <strong>del</strong> principio di parità tra Accusa e Difesa<br />

nell’ambito <strong>del</strong> processo, e cioè alla Difesa spetterebbero tutti i doveri e gli<br />

obblighi che spettano anche all’Accusa, che altrimenti la disparità prima in<br />

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passato lamentata in favore <strong>del</strong>la parte pubblica oggi si riverserebbe sulla parte<br />

privata. A monte, secondo me, c’è un problema, mi si consenta, di accettazione<br />

<strong>del</strong>l’entrata in vigore <strong>del</strong> nuovo Codice di Procedura <strong>Penale</strong>, e siccome oggi<br />

sono passati 15 anni questo rattrista un po’, perché ormai si pensava fosse un<br />

problema superato, ma evidentemente non è un problema superato.<br />

Quale sia <strong>il</strong> <strong>ruolo</strong> <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> nel processo penale così come configurato dai<br />

codificatori <strong>del</strong>l’88, e con gli scossoni che poi nei primi anni ci ha dato la Corte<br />

Costituzionale, ai quali comunque è sopravvissuto, è un <strong>ruolo</strong> che costringe a<br />

volgere lo sguardo verso ordinamenti lontani dal nostro. E’ un <strong>ruolo</strong> che<br />

sicuramente è diverso da quello che <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> svolgeva nell’economia <strong>del</strong><br />

tessuto <strong>del</strong>l’ordinamento processuale previgente. Questo è però un limite che<br />

capisco benissimo affligga chi la maggior parte <strong>del</strong>la sua vita professionale l’ha<br />

svolta sotto la vigenza <strong>del</strong> vecchio codice, però un limite che affligge, secondo<br />

me, fin troppo, non tanto e non solo Giudici e Pubblici Ministeri, quanto la<br />

classe forense. Mi si dice che la Legge 397 è poco applicata perché è una legge<br />

per imputati ricchi: questo a volte è vero, nessuno mette in dubbio che<br />

mantenere per settimane o mesi i costi di un investigatore privato siano in pochi<br />

a poterselo permettere. Aggiungo che in realtà la legga sulle indagini difensive è<br />

una legge per ricchi o per molto poveri, perché <strong>il</strong> patrocinio a spese <strong>del</strong>lo Stato<br />

in realtà consente un accesso alle indagini difensive che all’imputato non troppo<br />

ricco per non poterne sentire <strong>il</strong> peso economico, ma non troppo povero per poter<br />

scaricare sulla collettività questo costo, è la vera vittima, semmai, <strong>del</strong> sistema.<br />

Ma, detto questo, <strong>il</strong> problema è che le indagini difensive vengono spesso<br />

contrabbandate, anche perché ormai c’è una tale commistione tra realtà e<br />

immaginario mediatico, come un intervento a tutto campo <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> che<br />

svolge una controindagine speculare nei contenuti e nella durata e<br />

nell’articolazione a quella <strong>del</strong> Pubblico Ministero o addirittura superiore a<br />

questo. Sostanzialmente la legge sull’indagine difensiva nell’immaginario<br />

comune evoca l’immagine <strong>del</strong> Perry Mason. Quello che io vedo invece nella<br />

mia esperienza quotidiana da ormai cinque anni dall’entrata in vigore di questa<br />

legge è che tendenzialmente, con le dovute ovvie eccezioni, manca proprio una<br />

cultura <strong>del</strong> difendersi provando, a monte, e non di un approccio semplicemente<br />

critico alla prova raccolta da altri - ancora molto diffusa anche, perdonatemi, in<br />

classi forensi che anagraficamente hanno avuto poco a che fare con <strong>il</strong> vecchio<br />

Codice di Procedura <strong>Penale</strong> - un approccio dicevo assolutamente rinunziatario,<br />

o meglio, dove la cultura <strong>del</strong> difendersi provando è assente. Questo non è un<br />

bene per <strong>il</strong> processo penale. La legge sulle indagini difensive è carente in molti<br />

punti, tesa a tipizzare alcuni atti di indagine difensiva, lasciando fuori<br />

inspiegab<strong>il</strong>mente molti altri che appartengono, quanto meno nell’esperienza<br />

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comune, a una modalità <strong>del</strong> difendersi provando abbastanza diffuso. Siamo<br />

d’accordo, è una legge che tutto sommato ha costituito un esperimento<br />

nell’ambito <strong>del</strong>la nostra cultura processuale, quindi non c’è da sorprendersi se<br />

ha dei limiti, non c’è da sorprendersi se va messa a punto, non c’è da<br />

sorprendersi se va integrata. Ma questo non avverrà mai, perché non viene<br />

frequentata.<br />

A queste resistenze culturali, poi, non ho difficoltà ad ammettere se ne<br />

aggiungono quelle di chi sta dall’altra parte. Quelle sentenze che oggi ho sentito<br />

citare, signor Procuratore, parliamoci chiaro, la sentenza <strong>del</strong>la Cassazione<br />

<strong>del</strong>l’80, come ricordava <strong>il</strong> Professor Zanotti, contiene un gran bello slogan, ma<br />

voleva un <strong>difensore</strong> non che collaborasse a una sentenza giusta, voleva un<br />

Difensore collaboratore di giustizia. Cosa abbia a che fare tutto ciò col diritto di<br />

difesa mi è diffic<strong>il</strong>e comprenderlo. Perdonatemi, non voglio sembrare<br />

impertinente, ma in una materia di questo tipo, dove gli ultimi 25 anni,<br />

comunque la pensiate, non sono passati invano, secondo me dovremmo<br />

smetterla di citare sentenze così datate, datate non tanto per <strong>il</strong> tempo in cui sono<br />

state emesse, ma datate nei loro contenuti.<br />

Oggi, volente o nolente, <strong>il</strong> Pubblico Ministero deve accettare e deve legittimare<br />

- sembra di dover ricorrere al linguaggio che si usa nell’agone politica - ma<br />

deve legittimare la sua controparte e deve viverla come la sua controparte. Il<br />

Pubblico Ministero giustamente si lamentava, e non tanto giustamente invece si<br />

lamentavano <strong>del</strong>le lamentele proprio i difensori, che <strong>il</strong> nuovo Codice di<br />

Procedura <strong>Penale</strong>, un po’ per cattiva conoscenza <strong>del</strong> codificatore, un po’ perché<br />

passare dal vecchio al nuovo non è mai così fac<strong>il</strong>e, avesse conservato una<br />

norma come quella contenuta nell’art. 358 <strong>del</strong> Codice di Procedura <strong>Penale</strong>. Il<br />

Pubblico Ministero, inteso come categoria, a lungo si è lamentato, vuoi perché<br />

appunto questa norma in realtà costituiva una scoria di vecchio ordinamento<br />

piantata nel cuore <strong>del</strong> nuovo, vuoi perché riteneva genuinamente messa in<br />

discussione la sua qualifica di parte processuale. Sorprendentemente i più<br />

grandi difensori di questa norma si trovano nel ceto forense, non nei convegni,<br />

non nelle dotte dissertazioni accademiche o nei libri, ma si trovano nel ceto<br />

forense, che ha difeso a lungo questa norma, perché manca la cultura <strong>del</strong><br />

difendersi provando ed è molto più comodo che sia <strong>il</strong> Pubblico Ministero<br />

ritenuto onerato anche <strong>del</strong>la raccolta probatoria, <strong>del</strong>la messe probatoria<br />

difensiva. Grazie a Dio di questa norma ha fatto giustizia la Corte<br />

Costituzionale nel 1997, non con un intervento demolitorio, l’ordinanza n. 96,<br />

perché non ce n’era bisogno, ma dandone un’interpretazione tranchant,<br />

tagliando la testa al toro e dicendo: è irrazionale che <strong>il</strong> Pubblico Ministero<br />

eserciti l’azione penale se si rende conto che è in grado di raccogliere degli<br />

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elementi di prova che dimostrano che non sussistono i presupposti per<br />

l’esercizio di quell’azione penale. Questo significa e nient’altro vuole<br />

significare: non attribuite a questa norma significati ulteriori, soprattutto non<br />

caricatela come fonte di obblighi investigativi per l’Accusa, che questa non è.<br />

Quella sentenza è stato <strong>il</strong> primo passo vero per una legge sulle indagini<br />

difensive che avesse un contenuto compatib<strong>il</strong>e con i criteri ispiratori <strong>del</strong> nuovo<br />

Codice di Procedura <strong>Penale</strong>.<br />

Oggi però ho sentito parlare anche di ricerca <strong>del</strong>la verità. Questa è una cosa a<br />

cui non mi rassegno, non mi rassegno da tanti anni, perché i codificatori, con<br />

puntiglio, esibendo questa loro scelta vollero far sparire quella parola dal<br />

Codice di Procedura <strong>Penale</strong>. Non è vero, nessuno mette in dubbio che lo scopo<br />

<strong>del</strong>la giustizia penale non è quello di accertare fatti falsi, di assolvere i colpevoli<br />

e di condannare gli innocenti, ma non è questo <strong>il</strong> punto. Quelle interpretazioni<br />

distorte che <strong>il</strong> professor Zanotti con la sua consueta puntualità non ha esitato a<br />

sottolineare sono figlie di un concetto che nulla ha a che vedere con <strong>il</strong> processo<br />

penale. Tra i miei colleghi se c’è un principio <strong>del</strong> diritto penale che<br />

diffic<strong>il</strong>mente viene digerito è quello di frammentarietà, perché mal si<br />

comprende laddove un valore è stato considerato degno di tutela penale per<br />

quale ragione qualunque forma di aggressione a questo valore non debba essere<br />

considerato reato e, invece, <strong>il</strong> principio di frammentarietà, come ci insegna<br />

l’accademia, è principio di garanzia e di moderazione <strong>del</strong> sistema. Ebbene, la<br />

ricerca <strong>del</strong>la verità <strong>del</strong>l’assoluto è <strong>il</strong> primo grimal<strong>del</strong>lo di superamento <strong>del</strong><br />

principio di tassatività e di determinazione, è <strong>il</strong> primo germe <strong>del</strong>la tipicità, <strong>il</strong><br />

primo germe che inquina la tipicità. E’ per questo che norme che già nascono<br />

ambigue, già nascono malate, come è l’art. 378 c.p., si ammalano ancor di più; è<br />

<strong>il</strong> principio di verità, è la frustrazione nel non poterlo raggiungere, non poter<br />

raggiungere l’assoluto, che genera quelle distorsioni interpretative <strong>del</strong>l’art. 329.<br />

c.p.p. Il codificatore questo lo sapeva e <strong>il</strong> codificatore voleva entrare nelle<br />

nostre teste, non per controllarle, ma per chiederci un balzo culturale. Noi<br />

questo balzo culturale non l’abbiamo fatto, non l’abbiamo fatto noi Magistrati e<br />

non l’avete fatto voi avvocati.<br />

Oggi ho sentito parlare di principio di offensività: questo è un terreno più<br />

minato, perché ci porta troppo lontano. Il Procuratore Delpino ha detto <strong>del</strong>le<br />

cose assai condivisib<strong>il</strong>i e, soprattutto, giustamente, ha cercato, a mio giudizio,<br />

correttamente, prima ancora di affidarsi alla via che a volte è problematica in<br />

questa materia <strong>del</strong>l’antigiuridicità, a richiamare l’attenzione su qual è la vera<br />

area di tipicità <strong>del</strong>la norma.<br />

Sulla costituzionalizzazione <strong>del</strong> principio di offensività io sono un po’ più<br />

cauto, però, ripeto, è un discorso che ci porta lontano. Riconosco che la Corte<br />

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Costituzionale nella sua giurisprudenza degli ultimi anni ha fatto passi enormi<br />

in questo senso, ma ha fatto più teoria che pratica, perché poi la Corte<br />

Costituzionale mi risulta, mi correggerete se sbaglio, mai finora ha dichiarato<br />

incostituzionale una norma incriminatrice per difetto di offensività. La Corte in<br />

realtà continua a dirci che è gran principio interpretativo.<br />

Infine ho sentito dire una cosa che io finora ho condiviso di più, ed è quella che<br />

bisogna riportare la norma sul favoreggiamento in relazione al comportamento<br />

difensivo <strong>del</strong> titolare <strong>del</strong>la difesa nell’ambito <strong>del</strong>la violazione <strong>del</strong> segreto,<br />

quando questo comportamento si esplica in condotte informative nei confronti<br />

<strong>del</strong>l’indagato o <strong>del</strong>l’imputato. Questo mi sembra profondamente condivisib<strong>il</strong>e,<br />

anche perché <strong>il</strong> legislatore di recente ha portato <strong>del</strong>le modifiche,<br />

fondamentalmente <strong>del</strong>le aggiunte, nella parte <strong>del</strong> Codice <strong>Penale</strong> che riguarda i<br />

reati contro l’amministrazione <strong>del</strong>la giustizia, che dimostrano quanto meno, a<br />

mio modesto avviso, la precisa volontà di ancorare le condotte penalmente<br />

r<strong>il</strong>evanti a una precisa materialità. Come voi ricordate, la Legge 63/2001, quella<br />

cosiddetta “di attuazione <strong>del</strong> giusto processo”, nel rivedere le qualifiche<br />

soggettive di coloro che rendono dichiarazioni all’interno <strong>del</strong> procedimento<br />

penale, e nel costruire quella complicatissima figura <strong>del</strong>l’imputeste o impumone,<br />

<strong>il</strong> soggetto che come un camaleonte nel corso <strong>del</strong>la progressione processuale<br />

cambia colore e cambia veste, si trasforma in qualcos’altro, diventa quasi un<br />

supereroe, sveste i panni ordinari <strong>del</strong>l’imputato per assumere i panni magici<br />

dotati di superpoteri <strong>del</strong> testimone, altro frutto di una grande resistenza<br />

culturale. Ormai penso che tutti avremmo capito qual è l’approdo definitivo di<br />

tutto questo processo di revisione <strong>del</strong>la prova dichiarativa, ovviamente<br />

arriveremmo anche noi ad affermare che l’imputato ha <strong>il</strong> diritto di rimanere in<br />

s<strong>il</strong>enzio, ma se rende dichiarazioni giurerà come qualunque altro testimone che<br />

partecipa al procedimento penale in quella veste, perché non potremmo arrivare<br />

da nessun’altra parte, perché questo sistema, questo articolato frutto<br />

<strong>del</strong>l’ingegno italico, è ingestib<strong>il</strong>e. Comunque in quel frangente <strong>il</strong> legislatore<br />

aggiunse, dopo l’art. 377 c.p., l’art. 377 bis c.p., norma molto interessante per<br />

fotografare l’attuale laboratorio <strong>del</strong>l’evoluzione <strong>del</strong> processo penale, e vorrei<br />

ricordarvi due passaggi di questa norma. L’art. 377 bis c.p., che in rubrica<br />

riporta “induzioni a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci<br />

all’Autorità Giudiziaria”, ci dice: “Salvo che <strong>il</strong> fatto costituisca più grave reato,<br />

chiunque - e quindi è reato comune, almeno se nel prosieguo <strong>del</strong>la lettura non<br />

proviamo che questo “chiunque” è solo apparenza - con violenza o minaccia o<br />

con offerta o promessa di danaro o di altra ut<strong>il</strong>ità induce a non rendere<br />

dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere<br />

davanti all’Autorità Giudiziaria dichiarazioni ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i in un procedimento<br />

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penale quando questa ha la facoltà di non rispondere, è punito con la reclusione<br />

da 2 a 6 anni”. Tra l’altro pensate che la subornazione ha pene di gran lunga<br />

inferiori, ma giustamente, si dice, questo è un reato di evento e quindi di danno,<br />

non è un reato a tutela altamente anticipata com’è la subornazione, falso mito<br />

<strong>del</strong> nostro ordinamento penale, reato che ha trovato scarsissima applicazione<br />

nella pratica, condannato come tra <strong>il</strong> nulla <strong>del</strong>l’irr<strong>il</strong>evanza penale da un lato o, al<br />

più, alcune generose applicazioni <strong>del</strong> favoreggiamento, e la consumazione <strong>del</strong>la<br />

falsa testimonianza in concorso nel reato consumato di cui fondamentalmente<br />

tende a punire <strong>il</strong> tentativo. L’art. 377 bis c.p., norma che dovrebbe in realtà<br />

garantire l’effettività di quel sistema articolato di cui parlavo, è norma, ripeto,<br />

interessante, perché ci dice che vuole tutelare una categoria di persone che<br />

rendono dichiarazioni nel processo, quelle che hanno la facoltà di non<br />

rispondere, e ci dice che le vuole tutelare contro intromissioni sicuramente<br />

<strong>il</strong>lecite, nella loro sfera di libertà, nell’atteggiarsi nel decidere se esercitare o no<br />

un diritto, perché la norma ci dice che hanno <strong>il</strong> diritto di non rispondere,<br />

avrebbero <strong>il</strong> diritto di non rispondere, e quindi ben si comprende perché<br />

vengono punite condotte sicuramente che hanno un contenuto dal valore <strong>il</strong>lecito<br />

quali sono la violenza e la minaccia, la coartazione <strong>del</strong>la loro volontà. Ma poi ci<br />

viene detto che viene punita l’offerta, la promessa o di danaro o di altra ut<strong>il</strong>ità,<br />

perché queste persone o rimangano s<strong>il</strong>enti, e cioè esercitino <strong>il</strong> loro diritto,<br />

oppure dichiarino <strong>il</strong> falso. In quest’ultima occasione ancora una volta capiamo<br />

la ragione effettiva di questa incriminazione, sostanzialmente non diversa da<br />

quella <strong>del</strong>la falsa testimonianza e <strong>del</strong>la stessa subornazione: si vuole impedire<br />

che queste persone nel procedimento penale - qui ci sta una <strong>del</strong>le grandi<br />

differenze rispetto all’impostazione per esempio <strong>del</strong> 372 - però rendano<br />

dichiarazioni mendaci; ma queste persone sono tutelate anche contro quella che<br />

non è una coartazione <strong>del</strong>la loro libertà ed è <strong>il</strong> mero esercizio di un loro diritto.<br />

Cioè queste persone sono tutelate dal fatto che qualcuno gli prometta <strong>del</strong> danaro<br />

perché non esercitino, o meglio, perché esercitino un loro diritto, cioè come in<br />

un’attività pienamente lecita. E questo è bizzarro.<br />

Alcuni dei commentatori più recenti hanno ritenuto che in questo caso al<br />

legislatore abbia preso un po’ la mano la norma, quando l’ha scritta, e non si sia<br />

reso conto esattamente di tutte le implicazioni. Io non penso che <strong>il</strong> legislatore<br />

sia così imbelle, così ignorante; sono andato alla ricerca anche dei lavori<br />

preparatori, secondo me è voluto arrivare oltre, e vuole arrivare a dire:<br />

attenzione, intanto diamo ad ogni cosa <strong>il</strong> suo nome. Questa norma ha una serie<br />

di contenuti definitori altissima. Abbiamo detto che le persone tutelate sono<br />

quelle che hanno la facoltà di non rispondere, che non sono ovviamente solo<br />

l’imputato di reato connesso, ma per esempio anche <strong>il</strong> testimone che ha diritto<br />

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all’avviso come <strong>il</strong> prossimo congiunto. La norma parla di persone che hanno la<br />

facoltà di non rispondere e <strong>il</strong> dato testuale tende ad allargare l’ambito di<br />

applicazione. Poi ci dice che le dichiarazioni debbano essere ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i e usa<br />

un termine apparentemente in senso molto tecnico. Quindi è una norma che ha<br />

una sua precisione definitoria e incrimina e fotografa <strong>del</strong>le ipotesi speciali di<br />

favoreggiamento nella misura in cui queste dichiarazioni mendaci o non rese<br />

sono r<strong>il</strong>evanti o possono essere r<strong>il</strong>evanti anche nella fase antecedente a quella<br />

processuale, quindi nell’ambito <strong>del</strong>le indagini preliminari e quindi sicuramente,<br />

nell’ipotesi in cui vi è un mendacio, questo può essere ritenuto di intralcio al<br />

progredire <strong>del</strong>l’indagine <strong>del</strong> Pubblico Ministero.<br />

A me sembra, ripeto una mia impressione, che <strong>il</strong> legislatore, pur con tutti i limiti<br />

di questa norma incriminatrice, ci voglia dire che la norma <strong>del</strong> favoreggiamento<br />

vada ridimensionata, vada riportata a una sua concreta offensività, e in questo<br />

sono assolutamente d’accordo, ma soprattutto ci vuole dire che <strong>il</strong><br />

comportamento, quando parliamo <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>, deve avere un risultato<br />

immediatamente spendib<strong>il</strong>e in termini di intralcio <strong>del</strong>le indagini, altrimenti non<br />

abbiamo più alcun tipo di ancoraggio nella norma incriminatrice e soprattutto<br />

non abbiamo più limiti legittimi all’esercizio <strong>del</strong> diritto di difesa. Quello che<br />

pone l’art. 377 bis c.p. è la repressione di condotte ben definite a tutela di<br />

interessi che possono essere posti in b<strong>il</strong>anciamento col diritto di difesa, perché<br />

tra l’altro coinvolgono <strong>il</strong> diritto di difesa degli altri imputati eventualmente<br />

coinvolti nel processo e <strong>del</strong>le altre parti processuali.<br />

Questa è norma e questa è tendenza, secondo me, negli ultimi anni <strong>del</strong><br />

legislatore, che tende a sottrarre acqua al bacino <strong>del</strong> favoreggiamento e tende a<br />

dimostrare come carattere residuale <strong>del</strong> favoreggiamento non significa<br />

interpretazione che vuole <strong>il</strong> favoreggiamento come norma che rimedia alla<br />

frammentarietà <strong>del</strong>l’intervento legislativo. Se così è, io direi che, al di là di<br />

alcuni rigurgiti come sono quelli espressi da alcune <strong>del</strong>le pronunzie che sono<br />

state qui oggi menzionate e alcuni assestamenti che comunque la giurisprudenza<br />

dovrà ancora avere.. perché, parliamoci chiaro, poi la misura cautelare di quella<br />

regione che non nomino - la sentenza <strong>del</strong> Tribunale di Torino - ha avuto anche<br />

tanto scalpore perché sono provvedimenti isolati, ma sono anche assai pochi i<br />

procedimenti per fatti di questo tipo, e quindi una giurisprudenza che deve<br />

sgrezzarsi e deve assestarsi. Non voglio per questo essere per forza benevolo<br />

con la mia categoria, ma è ovvio che è la pratica <strong>del</strong>la materia che aiuta la<br />

raffinazione <strong>del</strong> prodotto. Qui la materia è praticata molto poco, la casistica è<br />

molto rara e soprattutto le massime giurisprudenziali di legittimità sono molto<br />

astratte, molto vaghe. Sono condivisib<strong>il</strong>issime, perché è impossib<strong>il</strong>e non farlo,<br />

quelle che sono state lette qui oggi pomeriggio, ma in realtà sono molto poco<br />

50


ut<strong>il</strong>i a risolvere questa casistica molto variegata - sono d’accordo, spesso nasce<br />

anche dal parto malato di qualche accusatore - che non è risolvib<strong>il</strong>e<br />

semplicemente in quella maniera e non è in realtà risolvib<strong>il</strong>e nemmeno<br />

affermando ipoteticamente, astrattamente, che la condotta di favoreggiamento<br />

deve essere offensiva, perché chi eleva queste contestazioni fac<strong>il</strong>mente<br />

riuscirebbe a dimostrare una sua offensività in alcune di queste condotte.<br />

Sicuramente un intralcio per l’indagine, ma perché, come ricordava <strong>il</strong> professor<br />

Zanotti, è normotipo la stessa difesa, lo stesso atto di difendere, la stessa<br />

eccezione sollevata alla Polizia Giudiziaria che accede al domic<strong>il</strong>io<br />

<strong>del</strong>l’indagato per svolgere una perquisizione. Il <strong>difensore</strong> presente solleva<br />

un’eccezione sulla legittimità <strong>del</strong>l’operato e tende quindi a influire sull’attività<br />

<strong>del</strong>l’ufficiale di Polizia Giudiziaria dicendo: “Guarda che secondo me stai<br />

facendo un’attività <strong>il</strong>legittima al limite <strong>del</strong>l’<strong>il</strong>lecito, per questo e questo<br />

motivo”, quindi sicuramente si può sostenere che sta tentando di condizionarlo,<br />

nella realtà dei fatti è quello che vuole fare, e se ci riesce l’eccezione era<br />

infondata; e perché l’ha fatto, <strong>il</strong> <strong>difensore</strong>? Sicuramente per dare una mano al<br />

suo assistito che in fondo lo paga per questo. E come si fa a sostenere che<br />

questo, volendo, pur essendo un paradosso, è un paradosso che tranqu<strong>il</strong>lamente<br />

trova <strong>il</strong> suo giaciglio all’interno <strong>del</strong>l’alveo <strong>del</strong>l’art. 378 <strong>del</strong> Codice <strong>Penale</strong>?<br />

Allora quello che voglio dire e che sto dicendo molto male, ma sono sicuro che<br />

mi capirete ugualmente, è che <strong>il</strong> concetto di offensività, e <strong>il</strong> concetto stesso di<br />

tipicità r<strong>il</strong>etto alla luce <strong>del</strong> principio di offensività, se formulato un po’ troppo in<br />

astratto non ci dà risultati soddisfacenti. Secondo me qui <strong>il</strong> primo vero punto di<br />

partenza è <strong>il</strong> diritto di difesa come diritto costituzionalmente garantito, come<br />

diritto riaffermato in tutte le sue sfaccettature, dall’evoluzione normativa<br />

posteriore all’entrata in vigore <strong>del</strong> codice. La Legge 397, al di là dei poteri<br />

concreti che ha attribuito al <strong>difensore</strong>, ha voluto affermare un principio; ora vi<br />

leggo anch’io una massima, che non è che non abbia implicazioni pratiche,<br />

perché, ve lo dico subito, <strong>il</strong> problema aperto è quello <strong>del</strong>la produzione dei<br />

risultati <strong>del</strong>le indagini difensive nella fase cautelare e soprattutto in sede di<br />

convalida di arresto; però, dice la Cassazione nel 2002, nella Sezione II: “Gli<br />

elementi di prova raccolti dal <strong>difensore</strong> ai sensi <strong>del</strong>l’art. 391 bis <strong>del</strong> Codice di<br />

Procedura <strong>Penale</strong> sono equiparab<strong>il</strong>i, quanto ad ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>ità e forza probatoria, a<br />

quelli raccolti dal Pubblico Ministero e pertanto <strong>il</strong> Giudice al quale essi sono<br />

stati debitamente presentati ai sensi <strong>del</strong>l’art. 391 octies stesso codice non può<br />

limitarsi ad acquisirli, ma deve valutarli unitamente a tutte le altre risultanze <strong>del</strong><br />

procedimento spiegando, ove ritenga di disattenderli, le relative ragioni con<br />

adeguato apparato argomentativo”. La sentenza cassata, o meglio, l’ordinanza<br />

<strong>del</strong> Tribunale <strong>del</strong> riesame cassata, diceva: “Quanto a quello che ha prodotto la<br />

51


Difesa, l’attendib<strong>il</strong>ità degli elementi di prova di fonte difensiva dovranno essere<br />

verificati dall’Autorità Giudiziaria procedente nel proseguo <strong>del</strong>l’indagine” e<br />

così venivano liquidati. Questa era la formula standard all’art. 38 Disposizioni<br />

di Attuazione, io non ho esitato ad ut<strong>il</strong>izzarla in quel periodo, oggi non la<br />

ut<strong>il</strong>izzo più, perché quello che mancava all’art. 38 Disposizioni di Attuazione<br />

era la certificazione <strong>del</strong>l’attività <strong>del</strong> <strong>difensore</strong>, non la certificazione <strong>del</strong>le<br />

dichiarazioni <strong>del</strong> testimone che sente <strong>il</strong> <strong>difensore</strong>, questa non potrà darla<br />

nessuno, come nessuno può dare alcuna certificazione di quello che dice <strong>il</strong> teste<br />

<strong>del</strong>la corona; <strong>del</strong>le persone informate sui fatti sentite dalla Polizia Giudiziaria e<br />

che rendono dichiarazioni accusatorie nessuno si sogna di chiedere al Pubblico<br />

Ministero la certificazione <strong>del</strong>la veridicità, si chiede però la certificazione <strong>del</strong><br />

processo acquisitivo di queste dichiarazioni, quindi si richiede che la Polizia<br />

Giudiziaria faccia verbale, non che dica semplicemente che c’era un signore che<br />

dice queste cose, si richiede che <strong>il</strong> Pubblico Ministero faccia verbale e così si<br />

chiedeva, e questo era <strong>il</strong> senso <strong>del</strong>l’obiezione contro <strong>il</strong> 38 Disposizioni di<br />

Attuazione, che questi elementi comparissero nel procedimento penale<br />

attraverso una strada che era <strong>il</strong>luminata, non che rimaneva buia.<br />

Ma, detto questo, <strong>il</strong> diritto di difesa è oggi consacrato attraverso la Legge 397 in<br />

maniera più piena di com’era nell’impianto codicistico originario. Oggi <strong>il</strong> diritto<br />

di difesa costituzionalmente garantito c’è stato posto ancor di più alla ribalta dal<br />

legislatore. E allora come si fa a sostenere che non è <strong>il</strong> diritto di difesa <strong>il</strong> punto<br />

di partenza per l’interpretazione <strong>del</strong>le condotte <strong>il</strong>lecite? Io parto in questo caso,<br />

per trovare <strong>il</strong> penalmente <strong>il</strong>lecito, dal penalmente lecito; dirò di più: dal<br />

penalmente doveroso. E quindi parto dalla deontologia e parto anche dal fatto<br />

che non potrò mai ritenere un comportamento di favoreggiamento quello <strong>del</strong><br />

Difensore che discute la linea difensiva col proprio assistito e nel fare questo<br />

sceglie per esempio che <strong>il</strong> proprio assistito si rifiuti di rispondere<br />

all’interrogatorio, perché io ho sentito dire anche questo: che chiamato dalla<br />

Polizia Giudiziaria l’indagato si rifiutava di rispondere e successivamente nel<br />

corso <strong>del</strong> processo, quando decidere di rispondere al processo perché vuole in<br />

realtà confessare, etc., di fronte a una domanda, in quel caso non maliziosa, ma<br />

veramente ingenua <strong>del</strong> Pubblico Ministero: “Ma perché non l’ha detto subito<br />

che ci risparmiavamo un sacco di fatica?”, dice: “Me l’ha detto <strong>il</strong> mio<br />

<strong>difensore</strong>”. E <strong>il</strong> Pubblico Ministero torvamente chiese al Giudice di<br />

trasmettergli gli atti di udienza perché potesse valutare l’eventuale r<strong>il</strong>evanza ai<br />

fini <strong>del</strong>l’art. 378 <strong>del</strong> Codice <strong>Penale</strong>.<br />

Quindi secondo me la vera chiave di partenza per l’interpretazione <strong>del</strong>l’art. 378<br />

rimane <strong>il</strong> diritto costituzionalmente garantito <strong>del</strong> diritto di difesa. Poi mi rendo<br />

conto, come dicevo prima, rimane aperto se è un problema di sola<br />

52


antigiuridicità o è un problema di tipicità. Su questo io sono molto più cauto e<br />

non ho la statura dei relatori che mi hanno preceduto, quindi non sono in grado<br />

di darvi una risposta definitiva. Per quanto riguarda i comportamenti<br />

informativi, la risposta sul piano <strong>del</strong>la tutela penale <strong>del</strong> segreto è una risposta<br />

che mi piace molto come vero limite all’interpretazione <strong>del</strong>la norma sul<br />

favoreggiamento. Per quanto riguarda i comportamenti di altra natura qui sono<br />

perfettamente d’accordo col Procuratore Delpino, diventa un problema invece<br />

innanzitutto di tipicità. Alla luce o no di un principio di offensività, ripeto, sulla<br />

cui r<strong>il</strong>evanza astratta io continuo ad avere profonde riserve, ma non solo io,<br />

riporto riserve altrui.<br />

Basta, non voglio tediarvi oltre, perché adesso stiamo andando veramente oltre.<br />

PROF. MARCO ZANOTTI<br />

Io mi riallacciavo un attimo a quel felice accenno <strong>del</strong> dottor Pistorelli al 377 bis.<br />

c.p. È vero, è una norma molto interessante che non riterrei, per la verità, a<br />

tutela <strong>del</strong>le persone che possono avvalersi <strong>del</strong>la facoltà di non rispondere, ma a<br />

tutela di un sapere probatorio, paraprobatorio <strong>il</strong> più esteso possib<strong>il</strong>e, in realtà.<br />

Non è questo. Se ne chiedeva <strong>il</strong> senso, <strong>il</strong> dottor Pistorelli: come mai un<br />

legislatore introduce una norma per certi aspetti di diffic<strong>il</strong>e praticab<strong>il</strong>ità? Io<br />

un’idea ce l’avrei, la lancio, la lancio alla vostra e alla sua attenzione: nasce in<br />

contestualità all’esigenza di dare attuazione al nuovo 111, giusto processo.<br />

Quand’è che ci sono deroghe alla formazione <strong>del</strong>la prova in contraddittorio?<br />

Col consenso <strong>del</strong>le parti o in caso di provata condotta <strong>il</strong>lecita. È una provata<br />

condotta <strong>il</strong>lecita che prima non si poteva basare che, forse, sulla sfuggente<br />

ipotesi <strong>del</strong> favoreggiamento, col l’art. 377 bis c.p. sembra quasi a portata di<br />

mano; sembrerebbe quindi che <strong>il</strong> collegamento funzionante fosse questo, però<br />

non basta.<br />

Perché parlavo prima di legislatore spregiudicato? Perché io non credo che<br />

questa norma avrà un destino applicativo felice e non è nemmeno vero che<br />

abbia una destinazione solo simbolica. Potrebbe avere una destinazione obliqua<br />

tremendamente pratica. E se i suoi effetti si cogliessero sul piano <strong>del</strong> processo?<br />

Io vi indico questa prospettiva, senza pretesa ovviamente di cogliere nel segno.<br />

Cosa succede nel caso di una parte che solleva <strong>il</strong> dubbio di una subornazione<br />

speciale nei confronti di un coimputato che ha <strong>il</strong> diritto di avvalersi <strong>del</strong>la facoltà<br />

di non rispondere e cambia versione rispetto a quello che ha detto in istruttoria –<br />

indagine preliminare, pardon, anch’io ho la cultura <strong>del</strong> vecchio codice – oppure<br />

si avvale <strong>del</strong>la facoltà di non rispondere? C’è una protesta di una parte, <strong>il</strong><br />

dubbio di insinuazione che <strong>il</strong> coimputato è stato comprato, è stato minacciato, è<br />

stato premuto in maniera <strong>il</strong>lecita, un coup de theatre magnifico, lo disegna l’art.<br />

53


500 terzo e quarto comma <strong>del</strong> Codice di Procedura <strong>Penale</strong>. Quello che non<br />

sembrava possib<strong>il</strong>e, l’entrata nel fascicolo <strong>del</strong> dibattimento di quelle<br />

dichiarazioni r<strong>il</strong>asciate in indagini preliminari, miracolosamente vi compare e<br />

diventa invece elemento cognitivo per la decisione.<br />

Avete mai pensato che potrebbe essere lì la chiave di risoluzione?<br />

DOTT. ENNIO FORTUNA<br />

Soltanto due minuti, perché mi premeva, data la natura di questo incontro e dati<br />

i rapporti di grande amicizia che ci sono tra noi a Venezia, sottolineare <strong>il</strong> rischio<br />

di un’interpretazione benevola di quella che è la documentazione <strong>del</strong>la<br />

investigazione difensiva. Io mi rendo perfettamente conto che la sentenza <strong>del</strong><br />

Tribunale di Torino potrebbe essere contestata sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o <strong>del</strong><br />

favoreggiamento, come ha fatto Delpino, e sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o <strong>del</strong>l’atto pubblico o<br />

falsità, come ha fatto Pistorelli un attimo fa. Tuttavia vi inviterei, proprio in<br />

quanto Difensori, a tenere conto dei risultati di un’interpretazione benevola <strong>del</strong><br />

genere, che io ritengo sbagliata per molti motivi che adesso non avrò <strong>il</strong> tempo di<br />

dire, ma che tuttavia comporterebbero, secondo me, l’annullamento di tutta la<br />

valenza <strong>del</strong>le investigazioni difensive.<br />

Se ammettiamo che non ha valenza penale <strong>il</strong> comportamento <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> che<br />

omette dichiarazioni che ha ricevuto, allo scopo di favorire <strong>il</strong> proprio cliente, e<br />

tra un po’ dovremo anche dire che non avrebbe valenza penale <strong>il</strong><br />

comportamento <strong>del</strong> <strong>difensore</strong> che verbalizza male, falsamente, artatamente, le<br />

dichiarazioni che riceve, io credo che tra un po’, di questo titolo 6 bis <strong>del</strong><br />

Codice di Procedura <strong>Penale</strong> ne faremo strale, non servirebbe più a nulla. Io sono<br />

convinto che l’interpretazione più rigorosa dovrebbe essere sostenuta proprio da<br />

voi, dal punto di vista deontologico. Mi fermo alla deontologia proprio perché<br />

sono partito dalla deontologia.<br />

Quanto alla questione tecnica <strong>del</strong> falso in atto pubblico, Pistorelli dice che <strong>il</strong><br />

Difensore non è pubblico ufficiale: non l’ho mai pensato, per carità, sarebbe<br />

veramente la fine <strong>del</strong> codice, nessuno ha mai detto una sim<strong>il</strong>e cosa. Io ho detto<br />

semplicemente che, e non sono <strong>il</strong> solo a dirle perché lo dice la Cassazione,<br />

anche <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> può assumere potere certificativo, e ho citato credo l’art. 83<br />

<strong>del</strong> Codice di Procedura Civ<strong>il</strong>e, però la Cassazione, proprio recentissima -<br />

sempre <strong>il</strong> solito Troiano - ha detto che se <strong>il</strong> <strong>difensore</strong> non si limita a certificare<br />

l’autografia <strong>del</strong> proprio cliente, ma sostiene nell’atto <strong>del</strong>la procura che <strong>il</strong> cliente<br />

ha reso la firma davanti a lui e quindi ne certifica l’autenticità, non si tratta più<br />

di certificazione coll’art. 491, ma art. 478 secco, ed è Troiano.<br />

54


Ora se voi guardate la disciplina <strong>del</strong> titolo 6 bis troverete papale papale che l’art<br />

391 ter c.p.p. parla di verbale. È un grande riconoscimento per la vostra<br />

categoria, apposta dico che la dovete difendere.<br />

DOTT. LUCA PISTORELLI<br />

Prima che lei vada avanti mi lasci interromperla un attimo, e le chiedo scusa,<br />

però non dobbiamo neanche prenderci in giro, perché siamo nel 2005, ancora<br />

oggi negli uffici di polizia e nelle stanze di Procura non si registrano le<br />

assunzioni e si fanno verbalizzazioni creative, anche in buona fede. Io<br />

quotidianamente quando sento i testimoni in udienza mi sento raccontare<br />

un’altra storia da persone in assoluta buona fede. E non sto parlando di<br />

verbalizzazioni artatamente alterate, sto parlando di una procedura e di un<br />

meccanismo culturale sbagliato qual è quello <strong>del</strong>l’interpretazione <strong>del</strong>le<br />

dichiarazioni che promanano dalla fonte dichiarativa. In questo la legge sulle<br />

indagini difensive pone al <strong>difensore</strong> un richiamo e un onere superiore a quello<br />

che pone <strong>il</strong> Pubblico Ministero alla Polizia Giudiziaria, perché la dissociazione,<br />

la verbalizzazione e relazione sulla verbalizzazione è esattamente quello che<br />

dovrebbe esserci: la verbalizzazione è una mera registrazione <strong>del</strong>le<br />

dichiarazioni, poi, di colui che le propone come prova..<br />

DOTT. ENNIO FORTUNA<br />

Ha detto lei quello che volevo dire: se è così è un verbale, è sicuramente un atto<br />

pubblico, non c’è dubbio. A me interessava <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o deontologico. Usa la<br />

parola “verbale” nel codice e “verbale” significa una cola cosa. Comunque se vi<br />

interessa la sentenza di Troiano ce l’ho.<br />

Il discorso di Zanotti è stato di grandissimo interesse per quanto riguarda l’art.<br />

379 bis c.p., ma mi chiedevo se questa battuta era <strong>del</strong>la Difesa, visto e<br />

considerato che, sia pure da opposti punti di vista, arriviamo tutti a dire che <strong>il</strong><br />

diritto di difesa é la matrice con cui interpretare o limitare l’art. 378 c.p., su<br />

questo siamo pienamente d’accordo. Soltanto che io per esperienza vissuta,<br />

forse per cultura di vecchio codice, parto dalla norma penale e concepisco <strong>il</strong><br />

diritto difensivo come limite. Ma se vogliono partire dal diritto di difesa sono<br />

abbastanza d’accordo, non ho problemi. Riconosco che <strong>il</strong> diritto di difesa è<br />

costituzionalmente garantito e limita di sicuro <strong>il</strong> 378; ma cosa dice <strong>il</strong> 378 è un<br />

discorso che abbiamo fatto tutta la sera con grande passione tutti e credo che<br />

abbiamo detto qualcosa di ut<strong>il</strong>e, ma ci sarebbe ancora moltissimo da dire. Però<br />

Zanotti ha fatto un discorso molto acuto sul 379 bis, sui poteri di segretazione<br />

<strong>del</strong> Pubblico Ministero, e io volevo invitarlo, l’ho fatto privatamente, proprio<br />

perché sono d’accordo con lui, a meditare sull’altro fatto, che potrebbe essere<br />

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ivelatore <strong>del</strong>l’indebitamente capace di togliere <strong>il</strong> reato. Se <strong>il</strong> Pubblico Ministero<br />

fa la segretazione soltanto quando sussistono specifiche esigenze attinenti<br />

all’attività di indagine e fa <strong>il</strong> decreto motivato, e lui già partiva che <strong>il</strong> decreto<br />

non è motivato ed è una specie di contraddizione in termini pretendere la<br />

motivazione col segreto, io mi chiedo, posso sbagliare, ma secondo me è una<br />

forma anomala art. 650 c.p.: secondo me la strada è se questo decreto è<br />

legittimo o non è legittimo, quindi quando Zanotti acutamente - la cosa mi è<br />

piaciuta moltissimo, è per questo che intervengo su questo punto - si propone <strong>il</strong><br />

problema <strong>del</strong> Pubblico Ministero che totalizza <strong>il</strong> segreto, questa secondo me è<br />

una cosa inconcepib<strong>il</strong>e, impossib<strong>il</strong>e, è un decreto <strong>il</strong>legittimo che deve cadere<br />

automaticamente, perché la stessa pena si applica a chi dopo avere r<strong>il</strong>asciato<br />

non osserva <strong>il</strong> divieto. Le stesse parole <strong>del</strong> 650, la stessa logica, la stessa<br />

impostazione, se <strong>il</strong> decreto è <strong>il</strong>legittimo, poiché chiaramente <strong>il</strong> Pubblico<br />

Ministero non può totalizzare <strong>il</strong> segreto per tutto, io sono convinto che questo<br />

reato non sussista, a prescindere ancora dal diritto di difesa col quale quello che<br />

ha detto Zanotti mi trova quasi <strong>del</strong> tutto d’accordo, tranne alcuni passaggi che<br />

adesso non è <strong>il</strong> caso..<br />

PROF. MARCO ZANOTTI<br />

La simmetria è solo apparente: nell’art. 650 Codice <strong>Penale</strong> abbiamo un Giudice<br />

che può disapplicare, ma nell’art. 379 c.p. non abbiamo un’istanza<br />

giurisdizionale che può giudicare sulla legittimità o validità <strong>del</strong> decreto di<br />

segretazione, c’è solo nell’art. 366 c.p. una facoltà, ma dove non è prevista non<br />

è estensib<strong>il</strong>e, a mio modo di vedere. Ma io non sono un processualista.<br />

AVV. EUGENIO VASSALLO<br />

Volevo solo provocare su un punto: quando parliamo di verbalizzazione dei<br />

testi <strong>del</strong>le indagini difensive tutti i colleghi sanno che le Camere Penali hanno<br />

suggerito come verbalizzare i testimoni. Le verbalizzazioni è bene che non<br />

siano mai effettuate dal solo avvocato. Si è suggerito che l’indagine sia svolta<br />

dal <strong>difensore</strong> avendo sempre presenti altre due persone.<br />

Ma <strong>il</strong> punto è che quando <strong>il</strong> Pubblico Ministero interroga, interroga con un<br />

aus<strong>il</strong>iario, e né <strong>il</strong> Pubblico Ministero né l’aus<strong>il</strong>iario potranno ai sensi <strong>del</strong> l’art.<br />

197 c.p. testimoniare su quanto dichiarato, perché non sono testimoni<br />

ammissib<strong>il</strong>i. Questo è un piccolo particolare che sfugge, qualche volta. Il<br />

Pubblico Ministero può interrogare nel chiuso <strong>del</strong>la sua stanza e non potrà mai<br />

testimoniare su ciò che gli è stato detto, e neanche <strong>il</strong> suo aus<strong>il</strong>iario, mentre noi è<br />

bene che lo si faccia almeno con due testimoni, che testimoni saranno.<br />

Ricordiamocelo!: interroghiamo sempre con più testimoni, perché potrebbe<br />

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sempre esserci <strong>il</strong> teste che potrà venire poi in dibattimento e dire: “Io l’avevo<br />

detto, ma l’avvocato non lo ha verbalizzato”. Ricordiamoci, dunque, è meglio<br />

sempre in ogni caso registrare le dichiarazioni dei testimoni, ma ancor meglio<br />

videoregistrarle. Grazie e buona sera a tutti.<br />

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