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CAPITOLO 3 - Dimeca

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Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

<strong>CAPITOLO</strong> 3<br />

DINAMICA DEI SISTEMI FLUIDI<br />

I sistemi idraulici a flusso incompressibile<br />

Come noto un flusso si definisce incompressibile se la densità non varia con la pressione.<br />

Tale comportamento che è tipico dei fluidi incomprimibili come i liquidi, può essere esteso<br />

anche ai gas, che per loro natura sono dei fluidi comprimibili, solo se non si verificano dei<br />

forti gradienti di pressione.<br />

3.1 Reti idrauliche<br />

La trasmissione di energia mediante dei circuiti idraulici piò o meno complessi comporta<br />

l’interconnessione di differenti componenti. Poiché il comportamento dei componenti<br />

idraulici viene descritto da relazioni che legano i segnali di ingresso con quelli in uscita come<br />

la portata e la pressione, la presenza di tali interconnessioni, introdurrà dei legami fra le<br />

diverse variabili. Molte di queste relazioni richiamano per analogia le leggi delle reti<br />

elettriche se si associa alla corrente elettrica la portata volumetrica e al potenziale elettrico la<br />

pressione.<br />

Il principio di conservazione della massa, applicato alle reti idrauliche ovvero ai punti in cui<br />

confluiscono più rami o linee del circuito (nodi del circuito idraulico), ha la stessa importanza<br />

attribuita alla legge di Newton per i sistemi meccanici e si esprime con la seguente relazione:<br />

dM<br />

dt<br />

.<br />

.<br />

= min<br />

− mout<br />

= 0<br />

dove M è la massa di fluido nella connessione ed m in ed mout<br />

sono le portate massiche di<br />

fluido che complessivamente si presentano in ingresso ed in uscita dalla connessione. Tale<br />

relazione in fondo stabilisce che tutta la portata entrante si ritrova in uscita dal nodo.<br />

Nell'ipotesi di un nodo verso il quale confluiscono più rami, l'equazione 3.1) può essere<br />

espressa come<br />

m1<br />

m2<br />

nodo<br />

m3<br />

δp4<br />

23<br />

A<br />

D<br />

.<br />

.<br />

δp1<br />

maglia<br />

Figura 3.1a Configurazione di un nodo Figura 3.1b Configurazione di un maglia chiusa<br />

N .<br />

∑ i<br />

i=<br />

1<br />

∑<br />

δp3<br />

B<br />

3.1)<br />

m = 0<br />

δ = 0 ⇒ δp<br />

− δp<br />

− δp<br />

+ δp<br />

= 0 3.2)<br />

pi 1 2 3 4<br />

δp2<br />

C


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

Per la convenzione sui segni, se si assumono positive le portate entranti, quelle uscenti<br />

risulteranno negative. Questa relazione richiama la prima legge di Kirchoff ai nodi per un<br />

circuito elettrico. Nel caso di flusso incomprimibile, al posto della portata massica si può<br />

sostituire quella volumetrica.<br />

Per una interconnessione fra linee idrauliche che realizzano una maglia chiusa (figura 3.1b) si<br />

può applicare l’analoga equazione della seconda legge di Kirchoff per le maglie elettriche. In<br />

questo caso la caduta di tensione verrà sostituita dalla caduta di pressione lungo la linea.<br />

Un altro aspetto di cui bisogna tener conto quando si opera con i liquidi è la presenza della<br />

forza peso come contributo non trascurabile nelle equazione di equilibrio delle forze esterne<br />

applicate al componente. Inoltre la pressione idrostatica che è presente in un generico punto<br />

del fluido determina la stessa risultante in tutte le direzioni ed agisce perpendicolarmente alla<br />

superficie.<br />

3.2 Relazioni di perdita<br />

Con il termine di perdita si intende quella condizione di resistenza al flusso che si genera<br />

durante il movimento del fluido. Pertanto ad una resistenza idraulica si deve sempre associare<br />

una caduta di pressione totale. Tale fenomeno è particolarmente evidente negli elementi<br />

porosi e in tutti quei sistemi impiegati per la filtrazione dei liquidi.<br />

• Setti porosi<br />

Un fluido incomprimibile che attraversa un setto poroso soddisfa la legge di Darcy dedotta<br />

dai risultati delle osservazioni sperimentali su un flusso d'acqua che attraversa un letto<br />

filtrante di sabbia. Tale legge stabilisce:<br />

Q k dP<br />

= −<br />

3.3)<br />

A µ dl<br />

dove Q è la portata volumetrica di liquido attraverso la sezione complessiva del condotto di<br />

area A, µ è la viscosità del fluido e k è la permeabilità del mezzo poroso. Il termine dP/dl<br />

rappresenta il gradiente di pressione attraverso il setto nella direzione del flusso. In relazione<br />

alla geometria del setto poroso rappresentato in figura 3.2, l'equazione 3.3) diviene:<br />

Q<br />

P1<br />

L<br />

24<br />

setto poroso<br />

Figura 3.2 Configurazione del setto poroso<br />

Q1− 2 k P2<br />

− P<br />

= − 1<br />

A µ L<br />

Pertanto la caduta di pressione attraverso il setto diventa:<br />

P2<br />

Q


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

µ L<br />

k A<br />

1 2 1−<br />

2 1−2<br />

=<br />

= − Q R Q<br />

P P<br />

f<br />

Il setto poroso è caratterizzato pertanto da una resistenza idraulica Rf costante che definisce<br />

questo elemento come componente statico e la relazione algebrica 3.4) che ne stabilisce il<br />

comportamento è analoga alla legge di Ohm valida per le resistenze elettriche.<br />

• Perdite concentrate<br />

Un altro elemento di perdita idraulica è costituito dalle perdite concentrate introdotte<br />

localmente dalla presenza di curve, valvole, variazioni brusche di sezione ecc. Pur essendo<br />

degli elementi completamente diversi fra loro, essi hanno la medesima caratteristica di<br />

introdurre una perdita di carico che viene valutata sperimentalmente. Poiché una perdita<br />

concentrata non comporta un apprezzabile accumulo di fluido e si estende per una lunghezza<br />

limitata, ne consegue che la presenza delle forze di massa e di superficie sono trascurabili.<br />

Tali componenti possono allora essere assimilati a componenti statici la cui equazione<br />

rappresentativa è simile all'equazione 1.2) introdotta per le valvole<br />

Q1-2 = K sign(P1-P2) (⏐P1-P2⏐) 1/α 3.5)<br />

dove α è definito sperimentalmente ed è prossimo a 2 mentre K è una quantità caratteristica<br />

dell'ostruzione e dipende dalla sezione di passaggio e dai dettagli costruttivi del componente.<br />

Da notare che l'equazione 3.5) è una relazione di tipo generale per valutare la perdita idraulica<br />

perché essa è applicabile anche al caso del setto poroso ponendo α=1. Occorre tuttavia<br />

sottolineare che tale relazione è non lineare e quindi è necessario linearizzarla nell'intorno del<br />

punto di funzionamento se si vuole svolgere un'analisi lineare.<br />

• Perdite distribuite<br />

Le perdite distribuite sono rilevanti nelle lunghe condotte. Se si ipotizza nulla la capacità di<br />

accumulo e si trascura la forza peso, i fattori che influenzano le perdite sono legate alla<br />

scabrezza della tubazione, alle sue dimensioni, alla velocità del flusso e alla viscosità del<br />

fluido. In particolare risulta determinante definire l'entità delle forze viscose rispetto a quelle<br />

inerziali, ovvero occorre conoscere il valore del numero di Reynolds definito come Re= ρ V<br />

Rh/µ con Rh raggio idraulico della condotta.<br />

Q1-2<br />

P1<br />

1<br />

d<br />

L<br />

Figura 3.3 Perdite distribuite in un condotto<br />

Quando Re>2000 il flusso è turbolento, mentre per valori inferiori esso è laminare. La<br />

resistenza offerta al passaggio del fluido in un condotto di elevata lunghezza, intesa come<br />

forza d'attrito è espressa dalla seguente relazione:<br />

Ff = B sign(V) ⏐V⏐ α<br />

25<br />

Ff<br />

2<br />

P2<br />

Q1-2<br />

3.4)<br />

⎧1<br />

flusso la min are<br />

α = ⎨<br />

3.6)<br />

⎩2<br />

flusso turbolento


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

B è una costante che dipende dalla geometria del condotto, dalle proprietà del fluido e dalla<br />

sua velocità media V=Q/A. Inoltre se si assume il flusso uniforme e unidirezionale, si può<br />

legare la forza d'attrito alla caduta di pressione, Ff=A(P1-P2) essendo A la sezione netta<br />

oppure si può far riferimento alla perdita di carico hL=(P1-P2)/(ρg).<br />

La formula di Darcy-Weisbach,, dedotta dalle rilevazioni sperimentali sui condotti a sezione<br />

circolare, stabilisce che hL= f L/d V 2 /(2g) dove f è il coefficiente d'attrito che dipende dal<br />

numero di Reynolds e dalla scabrezza del tubo e si ricava dal diagramma di Moody o dalle<br />

corrispondenti tabelle. Per un flusso laminare la perdita di carico è espressa dalla legge di<br />

Hagen-Poiseuille hL=32 µ L V/(ρ g d 2 ), pertanto il fattore d'attrito diventa: f = 64 µ / (ρVd)<br />

ovvero f = 64/Re.<br />

Poiché Ff = A(P1-P2) =B (Q/A) α e tendo conto delle definizioni precedenti si ottiene:<br />

ρ f L 2<br />

Ff = ρ g AhL<br />

= Q<br />

3.7)<br />

2Ad<br />

Nel caso di flusso turbolento ponendo α=2 si ha:<br />

Invece nel caso di flusso laminare per α=1 si ha:<br />

26<br />

2<br />

⎛ Q ⎞ ρ f L 2<br />

B⎜<br />

⎟ = Q<br />

⎝ A ⎠ 2Ad<br />

Q<br />

B<br />

A<br />

⇒<br />

ρ f L A<br />

B =<br />

2d<br />

32µ<br />

L Q 32µ<br />

L A<br />

= ρ g A ⇒ B =<br />

2 A<br />

2<br />

ρ g d<br />

d<br />

3.3 Induttanza o inertanza idraulica di una condotta<br />

Un segmento di condotta è considerato un elemento inerziale se la massa di fluido è<br />

sufficientemente rilevante da richiedere una forza significativa per accelerarla. Questo<br />

comportamento è tipico dei condotti lunghi per i quali, come visto, diventa importante anche<br />

la perdita di carico distribuita. La portata volumica del liquido è tuttavia costante in quanto si<br />

ritiene che non si possa realizzare un significativo accumulo di fluido.<br />

Q, C<br />

P1A<br />

1<br />

z1<br />

Mg<br />

Ff<br />

L<br />

2<br />

z2<br />

P2A<br />

Figura 3.4 Inertanza di una condotta a sezione costante<br />

Considerando lo schema di figura 3.4 si può applicare l'equazione di equilibrio delle forze<br />

esterne agenti sul volume di controllo, e considerando quindi la sua proiezione nella direzione<br />

del moto.<br />

ϑ<br />

Q, C


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

dC<br />

M gsinϑ<br />

+ p1A<br />

− p2<br />

A − F f = M<br />

3.8)<br />

dt<br />

Poiché M=ρAL e sinϑ=(z1-z2)/L si ottiene:<br />

L dQ<br />

p p F<br />

1 − 2 f<br />

= gz ( 1 − z2)<br />

+ −<br />

A dt<br />

ρ ρ A<br />

3.9)<br />

dove compare l’induttanza o inertanza della condotta I=L/A.<br />

3.4 Capacità idraulica<br />

La capacità idraulica è la caratteristica che contraddistingue tutti i componenti che sono in<br />

grado di realizzare considerevoli accumuli di massa.<br />

Q1<br />

h<br />

Figura 3.5 Serbatoio a pelo libero<br />

27<br />

Volume di<br />

controllo<br />

Il classico elemento idraulico con queste caratteristiche è rappresentato dal serbatoio a pelo<br />

libero di figura 3.5. Se si applica la relazione generale di conservazione della massa in regime<br />

non stazionario al volume di controllo che è stato scelto coincidente con il serbatoio<br />

medesimo, si ottiene:<br />

N .<br />

∑ mi<br />

=<br />

i=1<br />

dM<br />

dt<br />

Q2<br />

3.10)<br />

Nel caso rappresentato in figura 3.5 in cui è presente un solo ingresso e una sola uscita,<br />

l’equazione si semplifica notevolmente tenendo conto anche dell’incomprimibilità del fluido<br />

e dell’indeformabilità del serbatoio:<br />

m m A dh<br />

. .<br />

1− 2 =ρ 3.11)<br />

dt<br />

La quantità ρA=C rappresenta la capacità idraulica del serbatoio ed indica la massa di<br />

liquido necessaria per determinare la variazione unitaria della quota del pelo libero.<br />

Se invece si vuole tenere conto anche della comprimibilità del fluido e della deformabilità<br />

delle pareti, come ad esempio nel caso di un serbatoio in pressione, occorre:<br />

a) introdurre il coefficiente di comprimibilità del liquido:<br />

dρdp = 3.12)<br />

ρ β<br />

b) considerare l'elasticità dei materiali: un aumento della pressione del fluido determina il<br />

proporzionale incremento del volume iniziale V del serbatoio:<br />

dV dp<br />

=<br />

3.13)<br />

V K<br />

1


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

Per analizzare il comportamento del sistema in queste condizioni è possibile introdurre le<br />

precedenti definizioni nella relazione generale della conservazione della massa secondo gli<br />

sviluppi matematici riportati nelle relazioni 3.14) e 3.15)<br />

dM dρ<br />

dV ⎛ 1 1 ⎞ dp<br />

= V + ρ = ρV<br />

dt dt dt<br />

⎜ +<br />

K<br />

⎟<br />

3.14)<br />

⎝ β 1 ⎠ dt<br />

Se il termine dentro parentesi viene interpretato come il coefficiente di comprimibilità<br />

equivalente del serbatoio in pressione (1/β+1/K1)=1/β’, allora nell’equazione 3.10) la<br />

derivata temporale della massa di liquido contenuta nel serbatoio diviene:<br />

dM M dp dp<br />

= = C<br />

3.15)<br />

dt '<br />

β dt dt<br />

dove C=M/β’ rappresenta la capacità equivalente del serbatoio in pressione. Nel caso di un<br />

serbatoio in pressione di diametro D e spessore s realizzato con un materiale avente modulo di<br />

elasticità E il coefficiente di elasticità del serbatoio si valuta come:<br />

Es<br />

K1<br />

= 3.16)<br />

D<br />

Per un serbatoio in acciaio E=200 GN/m 2 , mentre il coefficiente di comprimibilità dell’acqua<br />

è di 2 GN/m 2 pertanto il coefficiente di comprimibilità equivalente del serbatoio in pressione<br />

è, prossimo al coefficiente di comprimibilità del liquido.<br />

Inoltre confrontando la capacità idraulica per un recipiente in pressione con quella per un<br />

serbatoio a pelo libero, si evince che la prima risulta molto più piccola della seconda a parità<br />

di massa di liquido M contenuta nei serbatoi.<br />

3.5 I modelli matematici di alcuni impianti idraulici<br />

Il tempo di svuotamento di un serbatoio<br />

Si consideri il sistema di figura 3.6 composto da un serbatoio a pelo libero e da una valvola<br />

che ne regola l'efflusso. Per determinare il tempo di svuotamento del serbatoio occorre<br />

definire le relazioni caratteristiche di ciascun componente partendo sempre dalle equazione<br />

espresse nella forma generale non stazionaria.<br />

h 1 2<br />

Figura 3.6 Svuotamento di un serbatoio a pelo libero<br />

Per definire il comportamento non stazionario del serbatoio si è detto che si deve applicare<br />

l'equazione di conservazione della massa. Nel caso specifico essa assume la forma<br />

dell'equazione 3.17) che rappresenta pertanto l'equazione caratteristica del serbatoio, dove si è<br />

ancora una volta indicato con C la sua capacità idraulica.<br />

d<br />

dh dh<br />

− = ( ρ Ah)<br />

= ρA<br />

= C<br />

3.17)<br />

dt<br />

dt dt<br />

m .<br />

28<br />

m


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

Per quanto riguarda il comportamento della valvola esso viene rappresentato da un'equazione<br />

algebrica avente la forma seguente:<br />

.<br />

m = K P − P<br />

3.18)<br />

1<br />

1<br />

2<br />

Da notare che il termine K1, che tiene conto sia delle perdita di carico attraverso la valvola sia<br />

della sezione di passaggio, viene per il momento considerato costante. Se ora si ipotizza che<br />

lo scarico avvenga in atmosfera, allora P2=0, e poiché P1=ρgh si ottiene l'equazione della<br />

valvola in funzione della quota h:<br />

.<br />

m 2 d<br />

= K h con K = ρ A C 2g<br />

3.19)<br />

Questa relazione è non lineare in h pertanto pone dei problemi nella determinazione della<br />

funzione di trasferimento del sistema con la metodologia classica valida per i sistemi lineari.<br />

Il problema si può superare effettuando la linearizzazione di tutte le relazioni non lineari che<br />

caratterizzano il comportamento del sistema. La validità del metodo lineare è però limitata a<br />

piccole oscillazioni attorno alla posizione di equilibrio. L'equazione linearizzata della valvola<br />

in funzione delle piccole variazioni δh e δm è la seguente:<br />

.<br />

δ h = Rδ<br />

m<br />

3.20)<br />

L'equazione del serbatoio in funzione delle piccole variazioni diventa:<br />

( h)<br />

− δ<br />

d<br />

= C<br />

dt<br />

3.21)<br />

Combinando le relazioni 3.20) e 3.21) si ottiene:<br />

m . δ<br />

( δ h)<br />

d<br />

−<br />

δ h<br />

=<br />

1<br />

RC<br />

dt<br />

29<br />

3.22)<br />

Integrando la 3.22) e assumendo come condizione iniziale quella che al tempo t=0 sia h=ho si<br />

ottiene:<br />

−<br />

t<br />

RC<br />

h = hoe<br />

3.23)<br />

La quantità RC=τ rappresenta la costante di tempo del sistema serbatoio-valvola e definisce il<br />

tempo di svuotamento del serbatoio nel caso di portata costante e caratteristica R della valvola<br />

indipendente da h. Infatti ricordando le definizioni di C ed R si ottiene:<br />

h M<br />

τ = RC = ρ A =<br />

3.24)<br />

. .<br />

m m<br />

Se invece si mantiene l'equazione generale non lineare della valvola si ottiene:<br />

− K<br />

dh<br />

h = C<br />

dt<br />

⇒<br />

dh K<br />

= − dt<br />

h C<br />

3.25)<br />

Integrando la 3.25) con la stessa condizione iniziale usata per l'equazione lineare si ottiene:


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

K<br />

. . 2<br />

K<br />

h = ho<br />

− t ⇒ m = mo<br />

− t<br />

3.26)<br />

2C<br />

2C<br />

Pertanto si osserva che il livello diminuisce parabolicamente al trascorrere del tempo mentre<br />

la portata diminuisce anch'essa ma linearmente. In tal caso il tempo di svuotamento si ricava<br />

imponendo h=0 nella 3.26) ottenendo:<br />

* 2C<br />

ho<br />

t = 3.27)<br />

K<br />

Il risultato ottenuto con l'analisi non lineare è sostanzialmente diverso da quello ottenuto<br />

precedentemente con l'analisi lineare che tuttavia mantiene la sua validità quando è necessario<br />

studiare il sistema di controllo del livello del serbatoio. In quel caso poiché si deve operare<br />

intorno al valore di set-point è pienamente giustificata l'analisi lineare.<br />

La regolazione di livello di un serbatoio a pelo libero<br />

Si vuole considerare l'impianto di figura 3.7 per analizzare il problema della regolazione di<br />

livello del serbatoio a pelo libero tramite una valvola in uscita. Le equazioni che<br />

caratterizzano il serbatoio e la valvola sono rispettivamente:<br />

. . dh dh<br />

m1<br />

− m2<br />

= ρ A = C<br />

3.28)<br />

dt dt<br />

.<br />

m2 1 2<br />

d 2<br />

= K P − P con K = C A 2ρ<br />

3.29)<br />

m1<br />

h 1 2<br />

Figura 3.7 Regolazione di livello di un serbatoio a pelo libero<br />

Poiché la valvola opera in modulazione, la portata in uscita m2 dipende non solo dalla<br />

differenza di pressione ma anche dalla sezione di passaggio A2 che varia durante la<br />

regolazione. In questa modalità di funzionamento è possibile operare la linearizzazione delle<br />

equazioni. Inoltre si tiene conto che p1-p2 = ρgh.<br />

.<br />

2<br />

m<br />

.<br />

.<br />

. . ⎛<br />

m<br />

⎞ ⎛<br />

m<br />

⎞<br />

2<br />

2<br />

f ( A , h)<br />

m m<br />

⎜ ∂<br />

2<br />

2 2<br />

δA<br />

⎜ ∂<br />

= ⇒ =<br />

⎛ ⎞ ⎟<br />

⎟<br />

⎜ ⎟ +<br />

⎜<br />

2 + δh<br />

⎝ ⎠o<br />

∂A<br />

⎟ ⎜<br />

2 ∂h<br />

⎟<br />

3.30)<br />

⎝ ⎠ ⎝ ⎠<br />

Le derivate parziali sono valutate nel punto di equilibrio attorno al quale avviene la<br />

regolazione di livello e possono essere determinate a partire dall'equazione della valvola.<br />

.<br />

.<br />

⎛<br />

m<br />

⎞ ⎛<br />

2 m<br />

⎞<br />

⎜ ∂ ⎟ ⎜ 2 ⎟<br />

⎜<br />

=<br />

∂A<br />

⎟ ⎜<br />

2 A ⎟<br />

2<br />

⎝ ⎠ ⎝ ⎠<br />

o<br />

o<br />

30<br />

o<br />

.<br />

⎛<br />

m<br />

⎞<br />

⎜ ∂ 2 ⎟<br />

⎜ ∂h<br />

⎟<br />

⎝ ⎠<br />

o<br />

A2<br />

.<br />

⎛<br />

m<br />

⎞<br />

2 =<br />

⎜ ⎟<br />

⎜ 2h<br />

⎟<br />

⎝ ⎠<br />

o<br />

o<br />

m2<br />

3.31)


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

Tenendo conto della 3.31) la 3.30) diviene:<br />

. .<br />

. .<br />

⎛ ⎞ ⎛ ⎞ ⎛ ⎞<br />

⎜ ⎟ ⎜<br />

δA2<br />

δh<br />

m − ⎜ ⎟ = =<br />

+ ⎟<br />

2 . m2<br />

δ m2<br />

m2<br />

3.32)<br />

⎝ ⎠ ⎝ ⎠ ⎜ o o ⎟<br />

o<br />

o ⎝<br />

A 2 h<br />

2 ⎠<br />

La relazione 3.32) permette la rappresentazione grafica del diagramma di flusso della valvola<br />

che è riportata in figura 3.8.<br />

δA 2<br />

.<br />

o<br />

m2<br />

o<br />

A2<br />

+<br />

+<br />

31<br />

δm 2<br />

.<br />

o<br />

m2<br />

o<br />

2h<br />

Figura 3.8 Diagramma a blocchi della valvola<br />

E possibile definire la sezione di passaggio della valvola in funzione della posizione<br />

dell'otturatore con una relazione lineare anche nei casi in cui il loro legame sia non lineare, in<br />

seguito ad un’operazione di linearizzazione intorno alla posizione di equilibrio: δA2=Kv xv.<br />

Per quanto riguarda il diagramma di flusso del serbatoio esso può essere rappresentato in<br />

modo semplice dopo aver effettuato la trasformata di Laplace della 3.28) e aver ricavato la<br />

funzione di trasferimento:<br />

. .<br />

. .<br />

δ m1−<br />

δ m2<br />

δ m1−<br />

δ m2<br />

= ρ A sδh<br />

⇒ δh<br />

=<br />

3.33)<br />

ρ A s<br />

δm1<br />

+<br />

-<br />

δm2<br />

1<br />

ρ A<br />

Figura 3.9 Diagramma a blocchi del serbatoio<br />

Riunendo i due diagrammi a blocchi si ottiene il flusso di informazioni per l'intero sistema<br />

(figura 3.10) in cui δh è la variabile di uscita, δm1 è il disturbo, mentre xv è la variabile di<br />

controllo da determinare attraverso il sistema di controllo e da applicare mediante un attuatore<br />

composto da un servomotore e da un convertitore elettropneumatico (figura 3.11).<br />

δx v<br />

kv<br />

δA 2<br />

.<br />

o<br />

m2<br />

o<br />

A2<br />

+<br />

+<br />

Figura 3.10 Diagramma a blocchi del sistema completo serbatoio-valvola<br />

δm 2<br />

s<br />

δm 1<br />

-<br />

.<br />

o<br />

m2<br />

o<br />

2h<br />

δh<br />

+<br />

δh<br />

δh<br />

1<br />

ρ A<br />

s<br />

δh


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

Riferendosi allo schema di figura 3.11 si nota che il regolatore effettua la correzione (ad<br />

esempio proporzionale), dell'errore esistente fra il valore di riferimento o set-point h o ed il<br />

valore attuale misurato dal trasduttore di livello. Il diagramma a blocchi corrispondente al<br />

sistema di regolazione riportato in figura 3.11, è rappresentato in figura 3.12.<br />

m1<br />

h 1 2<br />

misuratore di<br />

livello<br />

-<br />

h o<br />

set-point<br />

+<br />

32<br />

A2<br />

regolatore<br />

m2<br />

servomotore<br />

convertitore<br />

elettropneumatico<br />

Figura 3.11 Sistema di regolazione del livello di un serbatoio a pelo libero<br />

δxv<br />

Valvola<br />

kv<br />

GCM<br />

δA2<br />

.<br />

o<br />

m 2<br />

o<br />

A 2<br />

GR<br />

Convertitore Regolatore<br />

Servomotore h o<br />

+<br />

+<br />

δm2<br />

-<br />

+<br />

.<br />

o<br />

m2<br />

o<br />

2h<br />

δm1<br />

-<br />

GT<br />

+<br />

δh<br />

Trasduttore<br />

di livello<br />

Figura 3.12 Diagramma a blocchi del sistema di regolazione serbatoio-valvola<br />

La regolazione di livello di un serbatoio con pompa aspirante<br />

Nel caso in esame rappresentato in figura 3.13, la regolazione di livello avviene mediante una<br />

pompa aspirante ed il sistema di controllo interviene sulla velocità di rotazione della pompa<br />

per variare la portata elaborata m2.<br />

Rispetto al sistema di controllo precedente che prevedeva la regolazione sulla valvola in<br />

uscita, ora occorre definire il legame fra la variabile di controllo costituita dalla velocità<br />

angolare Ω della pompa e la variabile controllata h. Per tale ragione è necessario definire la<br />

caratteristica della pompa, intesa come relazione fra la portata m2 e la sua velocità angolare<br />

Ω. Si ipotizza che questa possa essere espressa da una relazione lineare del tipo m2=Kp Ω.<br />

Tale ipotesi è accettabile in quanto, operando in regolazione intorno al punto di equilibrio, è<br />

possibile ricorrere eventualmente alla linearizzazione di tutte le relazioni non lineari che<br />

descrivono il comportamento del sistema. Per una descrizione del comportamento del sistema<br />

più aderente alla realtà, occorre includere anche la natura dinamica del motore e della pompa.<br />

Infatti una loro caratterizzazione statica non tiene conto dei ritardi nella risposta susseguenti<br />

1<br />

ρ A<br />

s<br />

δh


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

ad una variazione dell’ingresso. Pertanto si può pensare di introdurre una o due costanti di<br />

tempo significative che definiscono un blocco di ritardo del motore GM.<br />

In figura 3.14 è riportato il corrispondente diagramma di flusso del sistema di regolazione con<br />

pompa aspirante rappresentato in figura 3.13.<br />

h o<br />

+<br />

h<br />

misuratore di<br />

livello<br />

m1<br />

-<br />

h o<br />

set-point<br />

m2<br />

+<br />

33<br />

pompa<br />

Ω<br />

regolatore<br />

motore<br />

Figura 3.13 Regolazione del livello del serbatoio con una pompa aspirante<br />

−<br />

Regolatore<br />

Ritardo<br />

motore<br />

Trasduttore<br />

di livello<br />

Pompa<br />

GR GM KP<br />

GT<br />

Ω<br />

−<br />

+<br />

Serbatoio<br />

1/ρAs<br />

Figura 3.14 Diagramma a blocchi del sistema di regolazione serbatoio-pompa aspirante<br />

Il modello matematico di due serbatoi collegati in serie<br />

Un sistema idraulico leggermente più complesso è quello rappresentato in figura 3.15 in cui<br />

due serbatoi sono collegati in serie da una lunga tubazione e le condizioni verso l’utilizzatore<br />

sono regolate da una valvola posta allo scarico del secondo serbatoio. Il sistema si compone<br />

pertanto di due serbatoi, di una valvola di regolazione e di una tubazione.<br />

h1<br />

1<br />

m0<br />

m1<br />

R1<br />

Figura 3.15 Impianto con due serbatoi collegati in serie<br />

2<br />

h2<br />

m2<br />

m1<br />

Rv<br />

xv<br />

m2<br />

h


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

Per quanto riguarda il comportamento dinamico del sistema, tenendo conto della caratteristica<br />

capacitiva dei serbatoi e di quella resistiva della tubazione 1 e della valvola, è possibile<br />

assimilare l’impianto idraulico di figura 3.15 al circuito elettrico equivalente di figura 3.16<br />

applicando le regole dell’analogia elettrica ai sistemi idraulici. Le relazioni matematiche che<br />

definiscono il comportamento dei 4 componenti il circuito idraulico sono le seguenti:<br />

1. serbatoio 1 m m A dh<br />

.<br />

.<br />

1<br />

0− 1 =ρ 1<br />

3.34)<br />

dt<br />

2. serbatoio 2 m m A dh<br />

. .<br />

2<br />

1− 2 =ρ 2<br />

3.35)<br />

dt<br />

δAδhm δ<br />

3. valvola δ m m<br />

δ<br />

A h A A<br />

. . ⎛ ⎞<br />

v 2 2 h2<br />

2 = 2⎜<br />

+ ⎟ = v + 3.36)<br />

⎝ v 2 2 ⎠ v R2<br />

.<br />

4. tubazione δh − δh = Rδm 3.37)<br />

1 2 1 1<br />

Come si può notare le equazioni della valvola e della tubazione sono state riportate nella<br />

forma linearizzata facendo comparire le caratteristiche resistive dei componenti definite<br />

rispettivamente con R2 ed R1.<br />

ρA1<br />

R1<br />

m0 m1<br />

34<br />

ρA2<br />

.<br />

δAv2h o 2/A o v<br />

Figura 3.16 Schema elettrico equivalente all’impianto idraulico con due serbatoi posti in serie<br />

Proseguendo nell’analisi linearizzata ed operando la trasformata di Laplace delle equazioni<br />

differenziali si ottiene il seguente sistema di equazioni lineari:<br />

. .<br />

δ m0<br />

− δ m1<br />

= ρA1sδh1<br />

. .<br />

δ m1−<br />

δ m2<br />

= ρA<br />

sδh<br />

1<br />

2<br />

.<br />

o<br />

2<br />

o<br />

v<br />

. m δh2<br />

δ m2<br />

= δAv<br />

+<br />

A Rv<br />

.<br />

δh<br />

− δh<br />

= R δ m1<br />

1<br />

2<br />

2<br />

m2<br />

Rv<br />

3.38)<br />

Le equazioni linearizzate 3.38) del sistema possono essere rappresentate nel diagramma di<br />

flusso di figura 3.17. La sezione di passaggio della valvola viene variata agendo sulla<br />

posizione del suo otturatore alla quale è legata da una relazione lineare.<br />

Se si considera il contributo relativo alla sola inertanza della tubazione di lunghezza L e<br />

sezione costante At, allora secondo la relazione 3.9) si ha:<br />

1<br />

Nell’ipotesi di trascurare la caratteristica induttiva della tubazione e di considerare solo le perdite di carico<br />

distribuite lungo la linea.


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

p<br />

1<br />

.<br />

L d m1<br />

L d m1<br />

− p2<br />

= ⇒ h1<br />

− h2<br />

=<br />

3.39)<br />

A dt<br />

ρ gA dt<br />

t<br />

Tale contributo se sommato al termine di perdita considerato precedentemente fornirà<br />

complessivamente l’impedenza induttiva della tubazione.<br />

Ls .<br />

δh1 δh2<br />

R1<br />

δ m1<br />

ρ gA ⎟<br />

t<br />

⎟<br />

⎛ ⎞<br />

− = ⎜ +<br />

3.40)<br />

⎝ ⎠<br />

Il termine fra parentesi rappresenta proprio l'impedenza Zc della condotta e rappresenta<br />

pertanto un numero immaginario.<br />

δxv<br />

Valvola<br />

kv<br />

.<br />

L s<br />

δ h1<br />

− δh2<br />

= Z c δ m1<br />

⇒ Z c = R1<br />

+<br />

3.41)<br />

ρ gA<br />

δAv<br />

.<br />

o<br />

m2 o<br />

Av<br />

δm0<br />

+<br />

+<br />

+<br />

δm1<br />

δm2<br />

-<br />

Figura 3.17 Diagramma di flusso dell’impianto idraulico con due serbatoi collegati in serie<br />

Impianto idraulico con serbatoio - condotta forzata - valvola<br />

Un sistema che raggruppa i tre elementi idraulici aventi caratteristiche elastiche, inerziali e<br />

dissipative è rappresentato in figura 3.18. Il sistema di alimentazione mediante condotta<br />

forzata può essere studiato mediante l’analisi linearizzata facendo riferimento alle relazioni<br />

riportate precedentemente per i tre componenti.<br />

serbatoio m m A dH<br />

. .<br />

0− 1 =ρ 3.42)<br />

dt<br />

tubazione δhI − δhII = Zcδm1 3.43)<br />

valvola δm<br />

δ δ<br />

m A<br />

.<br />

2<br />

.<br />

o v hII<br />

= 2 + o<br />

A R<br />

3.44)<br />

v<br />

35<br />

1/Rv<br />

t<br />

δm1<br />

.<br />

-<br />

v<br />

+<br />

1<br />

ρ A1 1/R1<br />

s<br />

.<br />

δh2<br />

δh1<br />

+<br />

t<br />

1<br />

ρ A2 s<br />

-<br />

δh2


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

m0<br />

H<br />

m1<br />

zI<br />

I<br />

Figura 3.18 Impianto con serbatoio - condotta forzata - valvola<br />

Tenendo presente che il carico totale nella sezione I vale hI = zI + pI/(ρg) + CI 2 /2g = H e<br />

trasformando l’equazione differenziale del serbatoio con la trasformata di Laplace, si ottiene:<br />

.<br />

0<br />

.<br />

1<br />

δ m − δ m = ρ AsδH<br />

v<br />

o<br />

v<br />

.<br />

1<br />

δH<br />

− δhII<br />

= Zcδ<br />

m<br />

.<br />

δ m2<br />

.<br />

o δA<br />

= m2<br />

A<br />

δh<br />

+<br />

R<br />

36<br />

II<br />

v<br />

II<br />

Rv<br />

xv<br />

m2<br />

3.45)<br />

Combinando le equazioni e risolvendo rispetto alla variazione della quota δH del serbatoio si<br />

ottiene dopo alcuni passaggi la seguente espressione:<br />

.<br />

⎡ .<br />

o<br />

⎤<br />

Rv<br />

m2<br />

= ⎢ Z 2 δ m0<br />

δAv<br />

δ H<br />

− ⎥<br />

. o<br />

+ ⎢ o ⎥<br />

3.46)<br />

1 ρ A Z 2 s Rv<br />

Av<br />

⎣ m2<br />

⎦<br />

Dove con Z2=Rv+Zc si è indicata l’impedenza equivalente del sistema condotta-valvola.<br />

Il corrispondente diagramma di flusso di tale sistema viene schematizzato in figura 3.19.<br />

δm0<br />

+<br />

δm2<br />

-<br />

1/(ρAs)<br />

1/(Rv+Zc)<br />

+<br />

δH<br />

+<br />

m o 2 Rv/A o v<br />

Figura 3.19 Diagramma di flusso dell’impianto serbatoio-condotta-valvola<br />

Impianto idraulico con serbatoio - galleria - condotta forzata – valvola<br />

Il circuito idraulico di figura 3.20 ricorda il sistema di alimentazione di una centrale<br />

idroelettrica per la presenza di un bacino di raccolta, cha alimenta tramite la galleria e un<br />

pozzo piezometrico la condotta forzata il cui efflusso è regolata dalla valvola di regolazione.<br />

Adottando ancora l’analisi linearizzata le equazioni dei diversi componenti sono:<br />

δAv<br />

kv<br />

xv


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

serbatoio<br />

galleria δh − δh = Z δm<br />

vaso di espansione<br />

. . dh1<br />

m0<br />

− m1<br />

= ρA1<br />

3.47)<br />

dt<br />

1 2 g 1<br />

37<br />

.<br />

3.48<br />

. . dh2<br />

m1−<br />

m2<br />

= ρA2<br />

3.49)<br />

dt<br />

condotta forzata δhI − δhII = Zcδm2 3.50)<br />

valvola δm<br />

δ δ<br />

m A<br />

.<br />

2<br />

.<br />

o v hII<br />

= 2 + o<br />

A R<br />

3.51)<br />

m0<br />

h1<br />

m1<br />

Zg<br />

h2<br />

Figura 3.20 Impianto con serbatoio – galleria - condotta forzata - valvola<br />

Passando dal dominio del tempo a quello della variabile complessa s, si può ottenere<br />

facilmente il diagramma dell’informazione che viene rappresentato in figura 3.21<br />

xv<br />

δmo<br />

+<br />

δm1<br />

δm2<br />

-<br />

+<br />

-<br />

v<br />

I<br />

1/(ρA1s)<br />

1/Zg<br />

.<br />

1/(ρA2s)<br />

1/(Zc+Rv)<br />

δAv<br />

kv m o 2 Rv/A o v<br />

Figura 3.21 Diagramma di flusso dell’impianto serbatoio-galleria-<br />

vaso di espansione-condotta forzata-valvola di regolazione<br />

v<br />

ZC<br />

+<br />

-<br />

δh1<br />

δh2<br />

+<br />

+<br />

II<br />

Rv<br />

xv<br />

m2


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

3.6 Analisi lineare del comportamento dinamico di un impianto idroelettrico<br />

Come noto fra gli impianti di generazione dell’energia elettrica, quelli idroelettrici hanno il<br />

compito di soddisfare le richieste di punta dell’utenza attraverso la regolazione del carico<br />

elettrico.<br />

Per tutti gli impianti idroelettrici sia per quelli a bacino che ad acqua fluente, è possibile<br />

definire uno schema a blocchi di tipo generale come quello rappresentato in figura 3.22 che<br />

definisce il flusso delle informazioni presenti fra i vari sottosistemi. In esso sono rappresentati<br />

3 sistemi fondamentali corrispondenti al sistema idraulico, al distributore con la turbina e al<br />

servoposizionatore, in genere di tipo idraulico, che aziona il distributore.<br />

Dall'esame della figura 3.22 si può ricavare il legame fra l’uscita del regolatore (β) e la<br />

potenza meccanica netta Pm,, sapendo che β rappresenta l’angolo di rotazione dell’albero di<br />

regolazione che comanda il distributore della turbina attraverso un servoposizionatore di<br />

potenza adeguata.<br />

β<br />

Sistema di<br />

comando del<br />

distributore<br />

Sistema di<br />

comando dei<br />

tegoli<br />

A<br />

38<br />

H<br />

Sistema<br />

idraulico<br />

Distributore<br />

e<br />

Turbina<br />

Q<br />

Legge di<br />

parzializzazione<br />

Figura 3.22 Diagramma a blocchi di un impianto idroelettrico<br />

Dal punto di vista del controllo della potenza meccanica e della regolazione della frequenza<br />

risultano più interessanti gli impianti idroelettrici ad alta caduta con turbina Pelton. In questo<br />

caso il distributore è costituito da un ugello e dalla rispettiva spina Double comandata<br />

attraverso i servoposizionatori dall’albero di regolazione. Per un’analisi più completa<br />

occorrerebbe tener conto sia del comando dei tegoli deviatori (azionati direttamente<br />

dall’albero di regolazione per evitare i ritardi di risposta) sia della legge di parzializzazione<br />

della potenza meccanica nel caso in cui i tegoli intercettino i rispettivi getti (figura 3.23).<br />

Le condizioni di funzionamento dell’impianto dipendono ovviamente dai livelli dei bacini di<br />

alimento e di scarico, anche se si può ipotizzare che eventuali variazioni di quota risultino<br />

trascurabili con la portata 2 . Inoltre si indica con A l’apertura del distributore, intesa come<br />

sezione utile della vena fluida in arrivo alla ruota Pelton, con Q la portata volumetrica inviata<br />

dal distributore e con H l’energia specifica del fluido all’ingresso del distributore.<br />

La funzione di trasferimento del servoposizionatore, che stabilisce il legane fra la rotazione β<br />

dell'albero di regolazione e l’apertura A del distributore, può essere rappresentata dalla<br />

seguente relazione.<br />

β<br />

=<br />

K v<br />

Gv<br />

( s ) =<br />

1 + T s<br />

A v<br />

Pm<br />

Ω<br />

3.52)<br />

2 Si ipotizza che i bacini di alimentazione e di scarico possiedano una quota costante durante la fase di<br />

regolazione, ovvero che siano caratterizzati da una capacità infinita. Questa ipotesi di lavoro tuttavia non<br />

penalizza lo studio della regolazione dell’impianto idraulico perché le lievi variazioni che possono presentarsi<br />

nella realtà non sono tali da influenzarne significativamente il comportamento.


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

Kv è il guadagno statico del servoposizionatore che dipende dalla caratteristica statica del<br />

servoposizionatore A(β) e varia con il punto di lavoro se essa è non lineare mentre Tv è la<br />

costante di tempo del servomeccanismo idraulico che può variare fra 0.1-0.3 s.<br />

Una caratteristica statica non lineare del servoposizionatore potrebbe essere appositamente<br />

prescritta in modo da presentare una bassa sensibilità nella condizione di funzionamento a<br />

vuoto. Inoltre la legge di variazione di A con β potrebbe presentare una insensibilità non<br />

trascurabile con valori pari a 0.2-0.5% del valore di massima apertura.<br />

Figura 3.23 Schema del distributore regolatore della portata di una turbina Pelton<br />

Turbina-distributore<br />

Dal diagramma a blocchi di figura 3.22 si può osservare che le uscite del blocco turbina –<br />

distributore, ovvero la potenza meccanica Pm e la portata volumetrica Q, sono dipendenti dai<br />

valori che assumono gli ingressi, ossia la velocità angolare Ω, il salto netto H e la sezione di<br />

passaggio del distributore A. Ipotizzando che tale legame possa essere espresso mediante<br />

delle relazioni di tipo algebrico e quindi senza alcun ritardo dinamico, si potrà in generale<br />

scrivere che Pm = f(Ω, A, H) e Q=f((Ω, A, H). Inoltre nel caso di piccole variazioni delle<br />

grandezze in ingresso rispetto al punto di equilibrio anche le grandezze in uscita subiranno<br />

delle piccole variazioni esprimibili con le seguenti relazioni:<br />

δP<br />

P<br />

m<br />

o<br />

m<br />

= K<br />

δQ<br />

= K<br />

o<br />

Q<br />

PA<br />

QA<br />

δA<br />

+ K<br />

o<br />

A<br />

δA<br />

+ K<br />

o<br />

A<br />

PΩ<br />

QΩ<br />

δΩ<br />

+ K<br />

o<br />

Ω<br />

δΩ<br />

+ K<br />

o<br />

Ω<br />

39<br />

PH<br />

QH<br />

δH<br />

H<br />

H<br />

o<br />

o<br />

δH<br />

3.53)<br />

Inoltre poiché la potenza meccanica è espressa come Pm=η ρ g H Q, espandendo tale<br />

relazione in serie di Taylor e trascurando i termini di ordine superiore al primo e<br />

considerando η, ρ e g costanti, si ottiene:


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

dove:<br />

o<br />

o<br />

o ⎛ ∂P<br />

P<br />

P P m ⎞ ⎛ ∂<br />

Q m ⎞<br />

m = m + ⎜ ⎟ δ + + ⎜ ⎟ δH<br />

+ H . O.<br />

T .<br />

3.54)<br />

⎝ ∂Q<br />

⎠H<br />

⎝ ∂H<br />

⎠Q<br />

o<br />

⎛ ∂Pm<br />

⎞<br />

⎜ ⎟ = ρη g H<br />

⎝ ∂Q<br />

⎠<br />

H<br />

o m<br />

40<br />

o<br />

⎛ ∂P<br />

⎞<br />

o<br />

⎜ ⎟ = ρη g Q<br />

3.55)<br />

⎝ ∂H<br />

⎠<br />

Sostituendo le 3.55) nella 3.54) e riordinando si ottiene:<br />

δPm δQ δH<br />

≈ + 3.56)<br />

o o o<br />

P Q H<br />

m<br />

Nel caso di una turbina Pelton tutta l’energia specifica H presente a monte del distributore si<br />

trasforma integralmente in energia cinetica se si trascura l’energia potenziale del getto e<br />

quella di pressione perché riferita alle condizioni atmosferiche. In tal caso la portata<br />

volumetrica attraverso il distributore si può esprimere come:<br />

Q<br />

Q= AC1= A 2 gH<br />

3.57)<br />

Questa relazione, che definisce un legame non lineare fra la portata volumetrica Q e l’energia<br />

specifica H disponibile per il distributore, può essere linearizzata utilizzando il medesimo<br />

procedimento applicato precedentemente per l’espressione della potenza.<br />

dove:<br />

o<br />

o Q Q<br />

Q= Q + A H H O T<br />

A H<br />

⎛ ⎞<br />

⎜ ⎟ +<br />

⎝ ⎠<br />

⎛ ∂ ∂ ⎞<br />

δ ⎜ ⎟ δ + . . . 3.58)<br />

∂ ⎝ ∂ ⎠<br />

o<br />

⎛ ∂Q⎞<br />

o Q<br />

⎜ ⎟ = 2gH<br />

=<br />

⎝ ∂A⎠<br />

A<br />

H<br />

H<br />

o<br />

o<br />

o<br />

A<br />

o o<br />

⎛ ∂Q<br />

⎞ 2gA<br />

⎜ ⎟ = =<br />

⎝ ∂H<br />

⎠<br />

o<br />

A 2 2gH<br />

1<br />

2<br />

Q<br />

H<br />

o<br />

o<br />

3.59)<br />

Sostituendo le 3.59) nella 3.58) e trascurando i termini di ordine superiore al primo si ottiene:<br />

δQ δA δH<br />

≈ +<br />

Q A 2H<br />

o o o<br />

⎧K<br />

⎪<br />

Confrontando la seconda delle 3.53) con la 3.60) si osserva che ⎨K<br />

⎪<br />

⎩<br />

K<br />

sostituendo la 3.60) nella 3.56) si ottiene:<br />

δPm δA δH<br />

= + o o o<br />

P A H<br />

3<br />

2<br />

Pertanto confrontando la 3.61) con la seconda della 3.53) si osserva che:<br />

m<br />

⎧K<br />

⎪<br />

⎨K<br />

⎪<br />

⎩K<br />

PA<br />

PΩ<br />

PH<br />

QA<br />

QΩ<br />

QH<br />

3.60)<br />

= 1<br />

= 0 Inoltre<br />

= 1/ 2<br />

= 1<br />

= 0<br />

= 3/ 2<br />

3.61)


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

Sistema idraulico<br />

Per quanto concerne il sistema idraulico la figura 3.22 mette in evidenza un legame tra le due<br />

variabili: la portata Q e l'energia specifica H. Tale relazione che evidenzia il comportamento<br />

dinamico del sistema, può essere espressa introducendo il concetto di impedenza complessiva<br />

Zw del sistema idraulico:<br />

δ H = ZW<br />

( s ) δQ<br />

3.62)<br />

Esprimendo la 3.62) in funzione delle variazioni relative delle grandezze coinvolte si ottiene:<br />

e sostituendo nella 3.60 si ottiene:<br />

0<br />

δH<br />

Q δQ<br />

= Z<br />

o o W ( s )<br />

o<br />

H H Q<br />

⎛<br />

⎞<br />

⎜<br />

⎟<br />

0<br />

δQ<br />

δA<br />

1 Q δQ<br />

δQ<br />

⎜ 1 ⎟ δA<br />

= + Z<br />

o o o W ( s ) ⇒ =<br />

o o ⎜<br />

o ⎟ o<br />

Q A 2 H Q Q<br />

⎜<br />

ZW<br />

Q<br />

⎟<br />

A<br />

⎜1<br />

−<br />

o ⎟<br />

⎝ 2 H ⎠<br />

quest'ultima se viene sostituita nella 3.63 porge:<br />

⎛ ⎞<br />

o<br />

δHZ Q<br />

⎜<br />

W 1<br />

⎟<br />

δA<br />

= ⎜ ⎟<br />

o o<br />

o o<br />

H H ⎜ ZW Q ⎟ A<br />

⎜ 1 − ⎟<br />

⎝<br />

o<br />

2 H ⎠<br />

41<br />

3.63)<br />

3.64)<br />

3.65)<br />

Sostituendo infine la relazione 3.65) nella 3.61) si può ottenere la funzione di trasferimento<br />

Ga(s) del sistema complessivo turbina e sistema adduttore:<br />

Z<br />

δP δAZ Q<br />

δAδ P A H Z Q A<br />

H<br />

Q<br />

o<br />

⎛ ⎞ ⎛ ⎞<br />

o ⎜ ⎟ ⎜ 1 +<br />

m 3 W 1<br />

W o ⎟<br />

H A<br />

= + ⎜ ⎟ = ⎜ ⎟<br />

o o<br />

o<br />

o o<br />

o o<br />

m 2 ⎜ W ⎟ ⎜ ZW Q ⎟ A<br />

⎜ 1 − ⎟ ⎜ 1 − ⎟<br />

⎝<br />

o ⎠ ⎝<br />

o<br />

2<br />

2 H ⎠<br />

Z<br />

P P<br />

G s<br />

A A<br />

Q ⎛<br />

o ⎜ 1 +<br />

δ<br />

W<br />

m m H<br />

a(<br />

)= = ⎜<br />

o<br />

δ ⎜ ZW Q<br />

⎜ 1 −<br />

⎝ 2 H<br />

o<br />

o<br />

o<br />

o<br />

⎞<br />

⎟<br />

⎟<br />

⎟<br />

⎠<br />

3.66)<br />

3.67)<br />

L’espressione dell’impedenza equivalente del sistema idraulico Zw, si determina seguendo il<br />

procedimento utilizzato nello studio dei diversi componenti idraulici esaminati. Nel caso<br />

specifico dell’impianto idroelettrico con turbina Pelton, si considera, per semplicità e per<br />

separare i diversi contributi, che il sistema idraulico sia composto dalla sola condotta forzata<br />

alimentata da un serbatoio con livello costante. Si trascurano inoltre le perdite di carico in<br />

condotta e si assume il fluido incomprimibile e le pareti della condotta indeformabili. In tal<br />

caso l’equazione caratteristica della condotta forzata risulta:


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

H H I dQ<br />

Lc<br />

v − = c Ic<br />

= 3.68)<br />

dt<br />

gA<br />

dove si è indicato con Hv il valore del carico totale all’ingresso della condotta forzata<br />

supposto costante e con H quello alla sua uscita mentre Ic rappresenta l’inertanza idraulica<br />

della condotta e Q la portata che l’attraversa.<br />

In condizioni di funzionamento stazionarie risulta evidentemente Hv=H o . Pertanto esprimendo<br />

la 3.68) in funzione delle piccole variazioni e effettuando la trasformata di Laplace si ottiene:<br />

H H I dQ<br />

o δ<br />

− = c<br />

dt<br />

⇒ − δH = Icsδ Q<br />

3.69)<br />

che quest'ultima relazione viene confrontata con la 3.62) si ottiene che l'impedenza Zw = -Ic s.<br />

Sostituendo la 3.69) nella 3.67) si ottiene la seguente forma generale della funzione di<br />

trasferimento:<br />

1 − W s<br />

Ga( s)= Ka<br />

1 + W s<br />

1<br />

τ<br />

τ<br />

2<br />

3.70)<br />

con K<br />

a<br />

P<br />

I<br />

A<br />

Q<br />

o<br />

o<br />

m = τ o W = c rappresentano rispettivamente il guadagno statico e il tempo di<br />

o<br />

H<br />

avviamento della condotta.<br />

Si può notare infatti che essendo la potenza proporzionale al prodotto QH e la portata per la<br />

3.57) dipendente dalla sezione A e dalla radice quadrata di H, si può concludere che in<br />

definitiva Pm è proporzionale ad AH 3/2 . Pertanto con le ipotesi fatte (H ed η costanti) il<br />

guadagno statico risulta costante ed indipendente anche dal punto di lavoro. In realtà se al<br />

variare del punto di lavoro il rendimento subisse delle variazioni considerevoli allora anche<br />

Ka dovrebbe variare.<br />

Il tempo di avviamento della condotta τW risulta, per H=cost., direttamente proporzionale alla<br />

portata volumetrica Q. Pertanto, definite le condizioni di funzionamento nominali, per gli altri<br />

punti di lavoro il tempo di avviamento sarà dato da:<br />

o<br />

Q<br />

τW= τ<br />

Q<br />

( )<br />

o<br />

n om<br />

W n om<br />

42<br />

c<br />

3.71)<br />

Per gli impianti idroelettrici con turbina Pelton il tempo di avviamento della condotta, in<br />

condizioni operative nominali, può variare tra 0.5-1.5 secondi. Si può inoltre notare che<br />

poiché<br />

τ<br />

W<br />

o<br />

ρLA<br />

o<br />

c c<br />

Q Lc<br />

c<br />

o<br />

o o<br />

H gA ρ<br />

Q ⎛ ⎞<br />

⎜ ⎟<br />

⎝ A ⎠<br />

= =<br />

gH Q<br />

c<br />

2<br />

3.72)<br />

esso rappresenta il rapporto fra il doppio dell’energia cinetica della massa d’acqua contenuta<br />

nella condotta che assume la velocità Q o /A o e la potenza del getto. In definitiva τW<br />

rappresenta il tempo che impiega la massa d’acqua a percorrere la condotta in assenza di<br />

attriti.


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

Si può allora studiare il comportamento della funzione di trasferimento del sistema Ga(s) nel<br />

dominio della frequenza, fornendone una rappresentazione grafica attraverso il diagramma di<br />

Bode di figura 3.24), per due differenti valori del tempo di avviamento della condotta τW.<br />

15<br />

Gain dB<br />

10<br />

5<br />

0<br />

-90<br />

-180<br />

10 -1<br />

0<br />

Phase deg<br />

10 -1<br />

τW=1 s<br />

10 0<br />

10 0<br />

Frequency (rad/sec)<br />

Frequency (rad/sec)<br />

43<br />

10 1<br />

10 1<br />

Figura 3.24 Diagramma di Bode della f.d.t. Ga(s)<br />

τW=0.5 s<br />

Il comportamento del sistema può però essere influenzato da alcuni fattori che in questa<br />

analisi preliminare sono stati trascurati. Infatti si può esaminare l’influenza sulla funzione di<br />

trasferimento determinati da:<br />

• perdite di carico per attrito nella condotta forzata<br />

• elasticità delle pareti della condotta e del fluido (comprimibilità)<br />

• presenza della galleria in pressione e del pozzo piezometrico<br />

Influenza delle perdite di carico<br />

Per tener conto delle perdite di carico nella condotta occorre modificare la relazione 3.68)<br />

aggiungendo il termine di perdita che, nel caso di flusso turbolento, ha la forma RcQ 2 .<br />

H H I dQ 2<br />

v − = c + RQ c<br />

3.73)<br />

dt<br />

Il termine non lineare introdotto richiede l'applicazione del processo di linearizzazione ed<br />

esprimendo la 3.73) in funzione delle piccole variazioni si ottiene:<br />

o ( c c )<br />

H H I dQ<br />

o δ<br />

o<br />

− = c + 2RQ c δQ⇒ − δH= 2 RQ + IsδQ3.74) dt<br />

In questo caso l’impedenza equivalente della condotta risulta: Zw = -(2RcQ o +Ic s).<br />

L’equazione 3.70), che rappresenta la funzione di trasferimento del sistema, mantiene la<br />

stessa struttura in cui al termine τw s si sostituisce la quantità (2RcQ o2 /H o +τw s). L’entità delle<br />

perdite di carico in corrispondenza delle condizioni di funzionamento nominale è in genere<br />

pari a pochi punti percentuali, pertanto gli effetti sulla funzione di trasferimento possono<br />

ritenersi trascurabili.<br />

10 2<br />

10 2


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

Influenza dell’elasticità della condotta<br />

Per tener conto dell’elasticità della condotta e della comprimibilità del fluido, occorre<br />

effettuare una discretizzazione del sistema e costruire un modello a parametri distribuiti.<br />

Infatti nella modellazione a parametri concentrati, l’ipotesi di fluido incomprimibile e sezione<br />

costante della condotta ha permesso di trattare il sistema nella sua globalità come un elemento<br />

caratterizzato in ogni punto dai medesimi valori delle proprietà termofluidodinamiche. Nel<br />

caso di una modellazione a parametri distribuiti invece le equazioni generali devono essere<br />

applicate tenendo conto che le diverse grandezze fisiche sono funzione non solo del tempo t<br />

ma anche della posizione x lungo la condotta.<br />

Con riferimento alla figura 3.25 le equazioni di conservazione verranno applicate ad un<br />

elemento di condotta di lunghezza infinitesima dx.<br />

h<br />

p/ρg<br />

z<br />

z=0<br />

x<br />

44<br />

x+dx<br />

Figura 3.25 Schema a parametri distribuiti della condotta forzata<br />

L’equazione di conservazione della massa applicata all’elemento di lunghezza dx diviene:<br />

⎡ qxt ( , ) ⎤<br />

qxt ( , ) − qxt ( , ) + dx<br />

⎣<br />

⎢<br />

x ⎦<br />

⎥ =<br />

∂<br />

∂<br />

∂<br />

Ac<br />

( Adx)<br />

c<br />

∂t<br />

3.75)<br />

Se si tiene conto dell’elasticità della condotta, dopo aver semplificato l’espressione, si ottiene:<br />

∂qxt<br />

( , ) ∂A<br />

− =<br />

∂x<br />

∂t<br />

c<br />

3.76)<br />

In un impianto ad alta caduta il carico totale h(x,t) è pari alla quota piezometrica se il<br />

contributo cinetico è trascurabile, pertanto h(x,t) = z + p(x,t)/ρg. La sua dipendenza dal tempo<br />

può essere espressa con la seguente relazione:<br />

⎛ p(<br />

x,<br />

t ) ⎞<br />

∂ ⎜ ⎟<br />

∂h(<br />

x,<br />

t ) ρg<br />

=<br />

⎝ ⎠<br />

3.77)<br />

∂t<br />

∂t<br />

Moltiplicando e dividendo il secondo membro della 3.76) per la 3.77) si ottiene:


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

( gA )<br />

∂qxt<br />

∂ρ ∂hxt<br />

∂<br />

− = = C<br />

∂x<br />

∂p<br />

∂t<br />

∂<br />

hxt<br />

( , ) c ( , ) ( , )<br />

c<br />

3.78)<br />

t<br />

La costante Cc rappresenta la capacità equivalente della condotta e contiene il contributo<br />

derivante dall’elasticità della condotta e dalla comprimibilità del fluido.<br />

∂<br />

( ρ )<br />

∂p<br />

∂ρ ∂A<br />

= gAc<br />

+ ρ g<br />

3.79)<br />

∂p<br />

∂p<br />

gAc c<br />

Se ora si applica l’equazione di conservazione della quantità di moto, nella forma semplificata<br />

espressa dalla 3.68), all’elemento di condotta di lunghezza dx si ottiene:<br />

⎡ hxt ( , ) ⎤ dx qxt ( , )<br />

hxt ( , ) − hxt ( , ) + dx<br />

⎣<br />

⎢<br />

x ⎦<br />

⎥ gAc<br />

t<br />

=<br />

∂<br />

∂<br />

∂<br />

∂<br />

Semplificando i termini della 3.80) si ottiene la seguente espressione finale:<br />

∂hxt<br />

( , ) 1 ∂qxt<br />

( , )<br />

− =<br />

∂x<br />

gA ∂t<br />

c<br />

45<br />

3.80)<br />

3.81)<br />

Le due equazioni differenziali alla derivate parziali 3.78) e 3.81) definiscono completamente<br />

il comportamento non stazionario della condotta forzata che è pertanto caratterizzata da una<br />

induttanza 1/(gAc) e da una capacità Cc. Il sistema di equazioni, dopo aver applicato la<br />

trasformata di Laplace, diviene:<br />

⎧ ∂Q(<br />

x, s)<br />

⎪<br />

− = CsH c ( xs , )<br />

⎪ ∂x<br />

⎨<br />

∂H(<br />

x, s)<br />

s<br />

⎪−<br />

= Q( x, s)<br />

⎩⎪<br />

∂x<br />

gAc Derivando rispetto a x la prima delle 3.82) si ottiene:<br />

∂H(<br />

x, s)<br />

∂ Q( x, s)<br />

=−<br />

∂x<br />

C s ∂x<br />

1<br />

2<br />

e sostituendo nella seconda delle 3.82) si ha:<br />

∂<br />

2<br />

c<br />

3.82)<br />

2 3.83)<br />

2<br />

Q( x, s)<br />

Cs c − Q( x, s)<br />

= 0<br />

2<br />

3.84)<br />

∂x<br />

gA<br />

La 3.84) costituisce la ben nota equazione delle onde elastiche la cui soluzione risulta:<br />

Q(<br />

x,<br />

s )<br />

H(<br />

x,<br />

s )<br />

c<br />

−λx<br />

λx<br />

= A1e<br />

+ A2e<br />

=<br />

1<br />

gAcCc<br />

λ =<br />

Cc<br />

s<br />

gAc<br />

−λx<br />

λx<br />

( A e − A e )<br />

1<br />

2<br />

3.85)


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

La determinazione delle costanti di integrazione si ottiene ponendo le seguenti condizioni al<br />

contorno: H(x=0,s)=Hv e Q(x=Lc,s)=Q(s). L’espressione del carico totale presente alla base<br />

della condotta ovvero per x=Lc è pari a:<br />

Hv( s)<br />

H( s)<br />

= −Zoc<br />

tanh( ϑ c ) Q( s)<br />

cosh( ϑ )<br />

c<br />

Cc<br />

1<br />

ϑc = sLc<br />

Zoc<br />

= Zw = Zoc<br />

tanh( ϑc<br />

)<br />

gA<br />

gA C<br />

c<br />

46<br />

c c<br />

3.86)<br />

La quantità Zw rappresenta l’impedenza complessa della condotta e insieme alle altre<br />

relazioni 3.86) consente di mettere in evidenza i fenomeni di propagazione delle perturbazioni<br />

di pressione in condotta che avvengono alla velocità ac.<br />

a<br />

c<br />

gAc<br />

= 3.87)<br />

C<br />

Sostituendo l’espressione così ottenuta per l’impedenza complessa Zw nella funzione di<br />

trasferimento del sistema espressa dalla relazione 3.67) si trova:<br />

c<br />

o ⎛ Q a ⎛ sL ⎞ ⎞<br />

c<br />

c<br />

⎜ 1 + tanh<br />

o<br />

o ⎜ ⎟ ⎟<br />

δP<br />

P H gA a<br />

m m ⎜<br />

c ⎝ c ⎠ ⎟<br />

Ga( s)<br />

= = o<br />

o<br />

δA<br />

A ⎜<br />

Q ac<br />

⎛ sLc<br />

⎞ ⎟<br />

⎜ 1 − tanh<br />

o ⎜ ⎟ ⎟<br />

⎝ H gA ⎝ a ⎠<br />

⎟<br />

⎠<br />

1<br />

2<br />

c<br />

c<br />

3.88)<br />

La relazione 3.88) sostituisce la 3.67) e definisce pertanto la funzione di trasferimento del<br />

sistema condotta - turbina con l’introduzione dell’elasticità della condotta.<br />

6<br />

Gain dB<br />

4<br />

2<br />

0<br />

10 -1<br />

0<br />

Phase deg.<br />

-500<br />

-1000<br />

-1500<br />

10 -1<br />

10 0<br />

frequency [rad/s]<br />

10 0<br />

frequency [rad/s]<br />

Figura 3.25 Diagramma di Bode della f.d.t. Ga(s) in presenza dell’elasticità della condotta<br />

ω<br />

r<br />

10 1<br />

10 1


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

L'andamento oscillante della funzione di trasferimento dipende dal valore assunto dalla<br />

funzione trascendente il cui argomento ha periodo pari a π/2. Per ωLc/ac =π/2 la tanh diviene<br />

infinita e il modulo della funzione di trasferimento diventa pari al doppio del guadagno statico<br />

mentre quando ωLc/ac = π la tanh è pari a zero e il modulo della funzione di trasferimento è<br />

uguale al guadagno statico.<br />

La presenza delle perdite di carico non modifica sostanzialmente l'andamento della funzione<br />

di trasferimento anche se possono aversi piccole variazioni del guadagno statico. Occorre<br />

inoltre notare che la quantità 2Lc/ac rappresenta il tempo necessario alla generica<br />

perturbazione di pressione per percorre nei due sensi l'intera condotta. Tale tempo τe è<br />

denominato durata di fase e assume valori compresi fra 0.3 e 3 s. Per evitare eccessive<br />

variazioni di pressione in condotta occorre, in base alla teoria del colpo d'ariete, che i tempi di<br />

completa chiusura o apertura del distributore siano sufficientemente superiori a τe.<br />

Un altro parametro caratteristico è rappresentato dal parametro dell'Allievi:<br />

τ<br />

Q<br />

a<br />

o<br />

o<br />

ρ all<br />

w<br />

c<br />

c<br />

= = I o c = o<br />

τ e H 2Lc<br />

2H<br />

gAc<br />

3.89)<br />

Il valore di questo parametro permette di definire il tipo di transitorio che si viene a realizzare<br />

in seguito ad una variazione a gradino dell'apertura del distributore δA. Se ρall1 allora il transitorio è di tipo aperiodico<br />

Effetti della galleria e del pozzo piezometrico<br />

La galleria in pressione e il pozzo piezometrico producono degli effetti generalmente modesti<br />

e limitati al campo delle basse frequenze (ω≈0.1 Hz) con scarse conseguenze sulla funzione di<br />

trasferimento. Si può però intuire che con i normali valori della sezione del pozzo, il carico<br />

piezometrico all'imbocco della condotta può subire variazioni relativamente lente, mentre le<br />

variazioni rapide risulteranno di ridotta entità. Le oscillazioni lente del carico possono non<br />

essere trascurabili benché caratterizzate da periodi compresi fra 150 - 250 s. Occorre inoltre<br />

verificare che durante le manovre di regolazione o di disservizio temporaneo del regolatore<br />

non si verifichino oscillazioni eccessive da causare lo svuotamento del pozzo con gravi danni<br />

per l'impianto in seguito all'immissione di aria in galleria e in condotta.<br />

Negli impianti ad alta caduta la sezione del pozzo non deve essere troppo ridotta perché può<br />

provocare effetti rilevanti sulla funzione di trasferimento del sistema e addirittura<br />

pregiudicare la stabilità della regolazione.<br />

Se si trascurano l'elasticità della condotta forzata e della galleria, anche in considerazione<br />

delle frequenze relative basse che caratterizzano i fenomeni che li coinvolgono, è possibile<br />

stabilire un criterio per determinare il minimo valore della sezione del vaso di espansione che<br />

garantisce la stabilità del sistema. Infatti tenendo conto delle impedenze dei vari componenti<br />

si ha:<br />

− z<br />

c<br />

− z<br />

− z<br />

g<br />

p<br />

= I s + 2R<br />

Q<br />

c<br />

= I s + 2R<br />

Q<br />

g<br />

1<br />

=<br />

A s<br />

v<br />

c<br />

g<br />

0<br />

0<br />

47<br />

Q<br />

a<br />

condotta<br />

galleria<br />

forzata<br />

vaso di espansione<br />

3.90)<br />

Inoltre le tre impedenze possono essere assimilate ad una unica impedenza complessiva<br />

tenendo conto della loro reciproca disposizione secondo il circuito elettrico equivalente di


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

figura 3.26. Le impedenze della galleria e del pozzo piezometrico sono in parallelo mentre<br />

quella della galleria si presenta in serie rispetto all'impedenza somma delle precedenti.<br />

Pertanto tenendo conto delle regole dei circuiti elettrici che permettono di effettuare la somma<br />

di impedenze in serie ed in parallelo si ottiene l'impedenza complessiva Zw:<br />

z<br />

z<br />

z<br />

+ z<br />

z<br />

c g c p p g<br />

w = 3.91)<br />

z p + zg<br />

Zg<br />

Zp<br />

Figura 3.26 Circuito elettrico equivalente delle impedenze dell’impianto idroelettrico<br />

Inoltre se si trascura l'impedenza della condotta forzata rispetto a quella della galleria e si<br />

sostituisce nella 3.91 le espressioni delle impedenze riportaste nelle 3.90 si ottiene:<br />

z<br />

w<br />

48<br />

+ z<br />

z<br />

0<br />

z pz<br />

g I gs<br />

+ 2RgQ<br />

= = −<br />

3.92)<br />

z + z 1+<br />

A s<br />

p<br />

g<br />

v<br />

Zc<br />

( I s + 2R<br />

Q)<br />

Se ora si sostituisce tale espressione dell'impedenza equivalente nella relazione 3.67<br />

esprimente la funzione di trasferimento del sistema idraulico, si possono determinare sia gli<br />

zeri che i poli di tale funzione. Come noto ai fini della stabilità del sistema a ciclo chiuso sono<br />

d'interesse solo gli zeri della funzione di trasferimento a ciclo aperto in quanto essi ne<br />

rappresentano i poli della corrispondente funzione di trasferimento a ciclo chiuso. Pertanto<br />

solo essi devono essere considerati ai fini dell'analisi della stabilità del sistema. Infatti un<br />

sistema a ciclo chiuso è stabile se e solo se gli zeri della funzione di trasferimento a ciclo<br />

aperto presentano parte reale negativa.<br />

Tale condizione comporta che siano verificate le seguenti relazioni:<br />

H<br />

0<br />

≥ 2R<br />

g<br />

g<br />

I g<br />

Av<br />

≥<br />

2R<br />

H<br />

g<br />

0 ( Q )<br />

0<br />

2<br />

g<br />

3.93)<br />

Mentre la prima relazione della 3.93 può senz'altro considerarsi verificata soprattutto nel caso<br />

di impianti ad alta caduta, la seconda stabilisce la condizione di Thoma per la stabilità del<br />

sistema 3 . Questa relazione stabilisce la dimensione minima che deve assumere il pozzo<br />

piezometrico o vaso di espansione per garantire la stabilità del sistema.<br />

3 La prima relazione dell'equazione 3.93 deriva dall'imporre che la frequenza naturale del sistema abbia<br />

significato fisico ovvero risulti reale e positiva, mentre la condizione di Thoma scaturisce dall'imporre per la<br />

stabilità del sistema un valore positivo per il coefficiente di smorzamento di un sistema del secondo ordine.


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

3.7 La regolazione delle centrali idroelettriche<br />

Le utenze connesse ad una rete elettrica richiedono, com’è noto, che frequenza e tensione<br />

elettrica assumano determinati valori e siano ammessi scostamenti solo di modesta entità.<br />

Le variazioni di carico attivo e reattivo, che le stesse utenze impongono alla rete, hanno<br />

l’effetto di modificare sia la frequenza sia la tensione della corrente elettrica prodotta dai<br />

valori nominali: tali variazioni costituiscono quindi una fonte di disturbo per il servizio<br />

fornito.<br />

Poiché, come noto, le turbine idrauliche hanno la caratteristica di eseguire delle rapide<br />

variazioni di carico, le centrali idroelettriche sono particolarmente adatte a realizzare la<br />

regolazione della frequenza elettrica che quindi per questi impianti riveste un’importanza<br />

particolare. La regolazione coinvolge oltre che le apparecchiature di regolazione, anche tutto<br />

il macchinario e le opere idrauliche dell’impianto. In un gruppo idroelettrico l’equilibrio<br />

dinamico è rispettato finché la potenza fornita dalla turbina idraulica, decurtata delle<br />

inevitabili perdite organiche, non è uguale alla potenza assorbita dal carico che viene<br />

alimentato dall’alternatore. In questa condizione la coppia motrice netta è uguale a quella<br />

resistente e la velocità del gruppo si mantiene costante e pari alla frequenza prestabilita per<br />

l’alimentazione della rete elettrica. La coppia resistente subisce però delle continue variazioni<br />

in funzione delle mutevoli esigenze dell’utenza, pertanto è necessario adeguare istante per<br />

istante la coppia motrice alle richieste dell’utenza agendo sul distributore della turbina.<br />

Questo intervento dovrà essere tale da modificare la portata in turbina in modo da ristabilire<br />

l’uguaglianza delle coppie. L’organo che agisce sul distributore è chiamato regolatore di<br />

velocità ed il suo intervento è determinato dalla variazione di velocità del gruppo, il quale<br />

inizialmente sopperisce alla improvvisa variazione di carico della rete con la variazione<br />

dell’energia cinetica delle proprie masse rotanti.<br />

Regolazione di velocità di una turbina idraulica<br />

La variazione del carico può essere di tipo diretto se determinata da una modifica della<br />

richiesta della rete, oppure di tipo indiretto, se dovuta a variazione del salto idraulico<br />

utilizzato dalla turbina. In entrambi i casi nasce uno squilibrio di coppia che porta il gruppo<br />

ad accelerare o a rallentare, in contrasto con la necessità di mantenere costante la velocità di<br />

rotazione dei generatori elettrici. Le variazioni del carico elettrico richiesto dall’utenza<br />

all’alternatore sono normalmente brusche e frequenti, per cui si rende necessario un<br />

regolatore a funzionamento automatico e rapido che ristabilisca prontamente l’equilibrio di<br />

coppia. Le variazioni del salto idraulico sono invece più graduali e lente per cui esse possono<br />

essere compensate anche con la regolazione manuale. Ovviamente se si usa ancora un<br />

regolatore automatico che è perfettamente in grado di svolgere questo compito, esso dovrà<br />

essere un regolatore di livello, nel senso che la portata in turbina dovrà essere regolata per<br />

mantenere costante il livello nel bacino di carico. Il regolatore agisce chiudendo o aprendo il<br />

distributore della turbina in modo da adeguare la portata e quindi la potenza motrice della<br />

turbina alla potenza richiesta dalla rete. Lo strumento che misura la variazione della velocità<br />

di rotazione è l’elemento sensibile che agisce sul regolatore e quindi provoca il suo<br />

intervento. Ne consegue che uno scarto di velocità all’inizio della regolazione è<br />

indispensabile per determinare il funzionamento del regolatore.<br />

Una buona regolazione deve soddisfare alle seguenti esigenze:<br />

mantenere costante la velocità in condizioni di regime stazionario,<br />

mantenere gli scarti transitori di velocità entro limiti tollerabili,<br />

riportare aperiodicamente o con oscillazioni rapidamente smorzate il gruppo alla velocità<br />

nominale.<br />

49


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

Un regolatore di velocità è essenzialmente costituito da tre elementi:<br />

1. un elemento sensibile alla velocità di rotazione della macchina;<br />

2. un servomotore che, agendo per comando del sensore di velocità, apre o chiude il<br />

distributore della turbina;<br />

3. un dispositivo di asservimento, collegato alla posizione di apertura della turbina, che,<br />

quando questa ha raggiunto la nuova posizione di equilibrio, riporta il servomotore alla<br />

posizione di riposo.<br />

m<br />

a<br />

T<br />

r<br />

m<br />

b<br />

C<br />

V<br />

50<br />

S<br />

c<br />

A<br />

CHIUDE<br />

Figura 3.27 Schema elementare di un regolatore di velocità<br />

Uno schema elementare di un semplice regolatore di velocità è rappresentato in figura 3.27.<br />

L’organo sensibile alla velocità di rotazione della macchina è costituito in questo caso dal<br />

pendolo tachimetrico T. Se ad esempio la velocità aumenta, le masse rotanti m tendono ad<br />

allontanarsi per effetto della forza centrifuga. Benché questo movimento venga contrastato<br />

dall’azione della molla r, si produce uno spostamento verso l’alto del collare a che comanda<br />

l’asta principale ac del regolatore. Si verifica in questo modo uno spostamento del punto b e<br />

quindi del distributore a cassetto C che comanda il movimento del servomotore S.<br />

Quest’ultimo, che conferisce al sistema di regolazione un’azione integrale 4 , provoca la<br />

chiusura del distributore della turbina. Infatti ad ogni posizione dell’asta del servomotore<br />

corrisponde un determinato grado di apertura della turbina e quindi un preciso valore della<br />

potenza fornita dalla macchina. Il dispositivo di asservimento A (che introduce nella<br />

regolazione l’azione proporzionale 5 serve ad assicurare la stabilità della regolazione; la sua<br />

azione ha inizio solo quando l’asta del servomotore comincia il movimento di chiusura del<br />

distributore e si esercita sul cassetto di distribuzione in senso opposto all’azione che aveva<br />

ricevuto dal tachimetro. Esso quindi abbassa l’estremità c e quindi il punto b quando il collare<br />

a si è sollevato.<br />

Al fine di conseguire maggiore prontezza nella regolazione, si introduce nel sistema un<br />

elemento derivativo 6 costituito da un dispositivo sensibile all’accelerazione, ossia alla<br />

derivata della velocità.<br />

4 Nell’azione integrale la velocità di variazione dell’organo regolante è proporzionale alla grandezza regolata.<br />

L’azione integrale si annulla al ritorno della grandezza regolata al valore di riferimento (set-point). Il regolatore<br />

integrale è astatico.<br />

5 Nell’azione proporzionale la posizione dell’organo regolante è proporzionale allo scostamento della grandezza<br />

regolata dal valore di set-point. Il regolatore proporzionale è statico, ma a fine variazione permane uno<br />

scostamento tra grandezza regolata e set-point.<br />

6 Nell’azione derivativa la posizione dell’organo regolante è proporzionale alla velocità di variazione della<br />

grandezza regolata. Tale azione anticipa l’intervento dell’organo regolante immediatamente all’inizio della<br />

variazione<br />

APRE


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

Tale apparecchio, detto accelerometro, è affiancato al tachimetro e sviluppa un’azione<br />

stabilizzante che è concorde durante la fase di regolazione e contraria nella fase di<br />

surregolazione. La caratteristica di regolazione, che si ottiene da un regolatore del tipo<br />

descritto, è indicata nella figura 3.28: ad ogni apertura della turbina (e quindi ad ogni valore<br />

della potenza) corrisponde una determinata posizione del collare a e quindi una determinata<br />

velocità del gruppo. Nel funzionamento a vuoto corrisponde la frequenza f1; mentre a pieno<br />

carico PM corrisponde la frequenza f2 minore di f1.<br />

Si definisce statismo s del regolatore il rapporto tra la differenza delle frequenze estreme (f1f2)<br />

e la frequenza media fm=(f1+f2)/2.<br />

f<br />

f<br />

1<br />

f2<br />

arctg k<br />

∆ P<br />

∆f<br />

Figura 3.28 Caratteristica di<br />

regolazione di un regolatore<br />

P<br />

M<br />

s<br />

f<br />

−<br />

f<br />

1 2 = 3.94)<br />

f m<br />

Agendo sul variagiri V del regolatore, la caratteristica di<br />

regolazione può essere spostata parallelamente a se<br />

stessa; modificando i valori f1 e f2 della frequenza a<br />

vuoto e a pieno carico, ovvero il valore della potenza<br />

prodotta per un certo valore della frequenza. La<br />

regolazione di frequenza o di potenza ottenuta<br />

attraverso gli organi sensibili alle variazioni di velocità<br />

della macchina e secondo la caratteristica dello statismo<br />

si chiama regolazione primaria 7 , mentre si chiama<br />

regolazione secondaria 8 quella ottenuta agendo sul<br />

variagiri.<br />

Dalla caratteristica di regolazione deriva che ad una<br />

variazione di frequenza f segue, per azione del<br />

regolatore, una variazione P della potenza fornita dalla<br />

macchina:<br />

∆P = −k∆f<br />

3.95)<br />

Il coefficiente k (esprimibile in MW/Hz) si chiama energia regolante della macchina e<br />

rappresenta la variazione della potenza fornita dal gruppo per una variazione unitaria di<br />

frequenza. Se si indica con PM la potenza massima a pieno carico, risulta immediatamente<br />

7 La regolazione primaria viene eseguita automaticamente ed in maniera autonoma dai regolatori di velocità dei<br />

singoli gruppi di produzione. Se, ad esempio, la frequenza di rete diminuisce, ciascun regolatore reagisce<br />

aumentando gradualmente la potenza generata dal rispettivo motore primo. La potenza complessiva immessa in<br />

rete dai gruppi rimasti in servizio viene quindi aumentata, compensando man mano quella perduta. L’azione<br />

autonoma dei regolatori cessa quando l’equilibrio di potenza in rete si è ristabilito e la diminuzione di frequenza<br />

si è conseguentemente arrestata. La rete si trova ora in una nuova situazione di regime, in cui la frequenza ha un<br />

valore inferiore a quello di programma e la riserva complessiva di regolazione primaria è stata parzialmente<br />

consumata.<br />

8 La regolazione secondaria ha lo scopo di riportare la frequenza di rete al valore nominale. Anche la<br />

regolazione secondaria, come quella primaria, viene effettuata dai regolatori di velocità dei gruppi, ma sotto il<br />

controllo di un dispositivo automatico (regolatore secondario). Tale regolatore, sensibile all’errore f di frequenza<br />

e all’errore Ps sulla potenza importata dall’estero, modifica i set-point dei singoli regolatori di velocità e, se la<br />

frequenza è inferiore a 50 Hz, aumenta ulteriormente la potenza erogata dai gruppi fino ad annullare f e Ps<br />

(regolazione frequenza-potenza).<br />

51


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

P<br />

k =<br />

M M<br />

= 3.96)<br />

f1<br />

− f 2 s fm<br />

L’energia regolante, per una data macchina, è inversamente proporzionale allo statismo del<br />

suo regolatore. Un regolatore di questo tipo, con statismo diverso da zero, si chiama statico e<br />

la regolazione di frequenza che si ottiene si chiama pure statica. Si tratta di una regolazione<br />

stabile perché il dispositivo di asservimento, esercitando sul servomotore un’azione<br />

antagonista a quella della variazione di velocità, tende a riportare il cassetto di distribuzione<br />

nella sua posizione di riposo e a far assumere al distributore la nuova posizione di equilibrio<br />

senza oscillazioni. La caratteristica del regolatore statico è infatti decrescente nel passare dal<br />

funzionamento a vuoto a quello di pieno carico. La stabilità cresce con lo statismo, ma la<br />

variazione di frequenza da vuoto a pieno carico, che si accompagna ad un elevato statismo,<br />

non è tollerabile. Oggi si richiede che le variazioni di frequenza siano contenute entro limiti<br />

ristrettissimi. Per soddisfare questa esigenza la regolazione deve essere a frequenza pressoché<br />

costante o isodromica. Una tale regolazione si potrebbe ottenere con un regolatore astatico (a<br />

statismo nullo) che può essere realizzato in modo semplice rendendo fisso il punto c, ossia<br />

sopprimendo il dispositivo di asservimento A: in tal caso il cassetto di distribuzione C può<br />

stare in equilibrio solo se il collare a, dopo il periodo transitorio, va a rioccupare sempre la<br />

stessa posizione, alla quale corrisponde un’unica velocità. Tale regolazione, che si può<br />

chiamare astatica, è a velocità costante e la sua caratteristica è una retta parallela all’asse delle<br />

ascisse. Questa regolazione non è però stabile, perché nel regolatore non nasce nessuna<br />

azione antagonista a quella dovuta alla variazione di velocità.<br />

v<br />

v<br />

0<br />

P 1<br />

P 2<br />

P<br />

Regolazione isodromica<br />

v<br />

t t 1 t 2 t 3<br />

0 t<br />

Figura 3.29 Regolazione isodromica<br />

senza stabilizzatori.<br />

P<br />

52<br />

P<br />

Essa dà luogo a permanenti oscillazioni di<br />

velocità e di apertura e chiusura del distributore<br />

della turbina attorno ai valori corrispondenti alle<br />

nuove condizioni di regime. Infatti, riferendosi<br />

alla figura 3.29, se in un certo istante t0 la<br />

potenza erogata dall’alternatore si riduce<br />

improvvisamente, resta disponibile sull’asse<br />

della turbina un eccesso di potenza ∆P=P1-P2 (e<br />

un corrispondente eccesso di coppia motrice), la<br />

velocità aumenta e il regolatore interviene a<br />

chiudere il distributore della turbina. Quando<br />

nell’istante t1 l’eccesso di potenza ∆P si è ridotto<br />

a zero, la velocità ha raggiunto il massimo e il<br />

cassetto di distribuzione continua a comandare la<br />

chiusura della turbina; ciò dà luogo ad<br />

un’ulteriore diminuzione della potenza erogata<br />

(∆P diviene negativo), cui corrisponde una<br />

decelerazione e una diminuzione di velocità del<br />

gruppo. Ma quando nell’istante t2 la velocità riassume il suo valore nominale e quindi si<br />

ripristina l’equilibrio del cassetto di distribuzione, il valore negativo di ∆P ha raggiunto un<br />

massimo (uguale al massimo ∆P positivo) e la velocità continua a diminuire. Il cassetto di<br />

distribuzione interviene allora a comandare l’apertura del distributore; si riduce il ∆P negativo<br />

fino a diventare zero nell’istante t3 (equilibrio delle potenze), ma la velocità ha raggiunto un<br />

minimo, e il cassetto di distribuzione continua a comandare l’apertura del distributore; si<br />

riforma così un ∆P positivo e il fenomeno continua indefinitamente con oscillazioni<br />

persistenti di tutti gli organi interessati, che rivelano l’incapacità del regolatore a raggiungere


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

in modo stabile la nuova posizione di regime. In pratica poi, per l’inerzia delle masse in moto,<br />

che determina ritardi nei movimenti dei diversi organi del regolatore, i fenomeni di<br />

surregolazione si esaltano, per cui le oscillazioni si amplificano e la stabilità ne risulta<br />

ulteriormente peggiorata. Se invece la regolazione è statica (figura 3.30), con statismo<br />

positivo, le oscillazioni della velocità e del cassetto di distribuzione vanno gradualmente<br />

smorzandosi, con smorzamento tanto più forte quanto più elevato è lo statismo. Infatti il<br />

dispositivo di asservimento, interviene non appena si inizia la manovra di apertura o di<br />

chiusura della turbina, spostando il punto c in senso contrario allo spostamento del collare a,<br />

contrastando il comando precedentemente impartito al cassetto di distribuzione e facilitando il<br />

suo ritorno allo stato di equilibrio.<br />

Da un punto di vista energetico si può osservare che, nella regolazione statica, la variazione di<br />

energia cinetica delle masse rotanti, nel passare da una situazione di regime ad una nuova, ha<br />

l’effetto di ridurre lo squilibrio di potenza durante il regime transitorio, compensando la causa<br />

perturbatrice ed esercitando quindi un’azione stabilizzante. Per conciliare le esigenze della<br />

stabilità con quelle della regolazione a frequenza costante si agisce in pratica sostanzialmente<br />

in due modi diversi: rendendo elastico (mediante un freno ad olio F contrastato da una molla<br />

m) il collegamento fra il dispositivo di asservimento A e il punto c in un regolatore con<br />

elevato grado di staticità (statismo transitorio), oppure ricorrendo alla correzione dell’azione<br />

tachimetrica con dispositivi accelerometrici.<br />

v<br />

v<br />

2<br />

v1<br />

P1<br />

P 2<br />

P<br />

t<br />

0<br />

t<br />

1<br />

v<br />

Regolazione statica<br />

t 2<br />

t<br />

3<br />

Figura 3.30 Regolazione statica.<br />

P<br />

t<br />

Con il primo sistema si ha inizialmente una<br />

regolazione statica con statismo sufficientemente<br />

alto per ottenere un rapido smorzamento delle<br />

oscillazioni; in una fase successiva lo statismo<br />

iniziale viene gradualmente ridotto. Con il<br />

secondo sistema, in un regolatore astatico, si<br />

aggiunge al tachimetro un accelerometro: questo<br />

può essere separato dal tachimetro e agire<br />

direttamente sul punto c oppure può essere<br />

conglobato con il tachimetro a formare un unico<br />

apparecchio che agisce sul collare a. Le azioni<br />

del tachimetro e dell’accelerometro sono<br />

concordi durante la prima fase del moto vario in<br />

cui la velocità e l’accelerazione hanno lo stesso<br />

segno (periodo t0-t1); ma subito dopo (periodo t1t2),<br />

quando inizia la fase di surregolazione, esse<br />

hanno segno opposto e l’accelerometro esercita<br />

un’azione antagonista al tachimetro e perciò<br />

stabilizzatrice. La regolazione realizzata in tal modo si chiama regolazione isodromica<br />

stabilizzata (figura 3.31).<br />

I regolatori di turbina testé descritti sono stati progressivamente sostituiti da regolatori di<br />

velocità elettrici; i segnali delle varie grandezze sono tutti convertiti in segnali elettrici, che<br />

vengono opportunamente amplificati ed elaborati e vanno a comandare attuatori oleodinamici.<br />

Il principio di funzionamento rimane lo stesso, ma i regolatori elettrici presentano innegabili<br />

pregi rispetto ai regolatori meccanici:<br />

• hanno grande sensibilità, anche a piccolissimi scarti di frequenza;<br />

• presentano maggior prontezza d’intervento per l’assenza di inerzie meccaniche;<br />

• non hanno alcuna limitazione per la scelta e il numero delle grandezze da far intervenire<br />

nella regolazione.<br />

53


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

In essi si può, ad esempio, rendere sensibile il regolatore all’accelerazione del gruppo, alla<br />

posizione e alla velocità di spostamento del servomotore, a segnali esterni (telecomandi,<br />

comandi manuali) di cui si dosa l’effetto nel modo desiderato. Inoltre i regolatori elettrici<br />

offrono la possibilità di variare in servizio la partecipazione del gruppo alla regolazione, per<br />

metterlo nelle migliori condizioni di stabilità in ogni condizione di esercizio; infine<br />

permettono una facile soluzione dei problemi relativi al comando centralizzato di più gruppi,<br />

anche molto lontani tra loro.<br />

m<br />

a c<br />

S<br />

F<br />

A<br />

CHIUDE APRE<br />

Figura 3.31 Regolazione isodromica stabilizzata.<br />

Regolazione della frequenza in una rete alimentata da più gruppi<br />

In una rete alimentata da più macchine il problema della regolazione della frequenza è<br />

associato a quello della ripartizione del carico fra le macchine stesse. Se tutte sono munite di<br />

regolatori aventi statismo non nullo, la ripartizione del carico tra le stesse risulta ovviamente<br />

determinata: ad ogni valore della frequenza corrisponde un ben definito valore della potenza<br />

generata da ciascuna macchina. Ad ogni scarto di frequenza f corrisponde in ciascuna<br />

macchina una variazione di potenza generata ∆Pi=-kfi e quindi una variazione complessiva<br />

54<br />

r<br />

Regolazione isodromica stabilizzata<br />

∆P = ∑ ∆Pi<br />

= −∑<br />

ki∆f<br />

= −k<br />

∆f<br />

3.97)<br />

essendo k=∑ki.<br />

L’energia regolante k di una rete è quindi la somma delle energie regolanti ki delle singole<br />

macchine. Ciascuna macchina partecipa alla regolazione, ossia fa fronte ad una quota-parte<br />

della totale variazione di carico ∆P, in misura proporzionale alla propria energia regolante.<br />

Risulta infatti<br />

ki<br />

∆Pi = −ki∆f<br />

= − ∆P<br />

3.98)<br />

k<br />

Si supponga ora che una macchina sia munita di regolatore isodromico di velocità, mentre<br />

tutte le altre abbiano regolatori statici. La frequenza risulta allora fissata, sempre<br />

prescindendo dai periodi transitori, al valore costante f0 imposto dalla prima macchina che<br />

viene quindi chiamata “pilota”. Le altre forniscono, qualunque sia l’entità del carico<br />

complessivo assorbito dalla rete, la potenza che sulla loro caratteristica corrisponde alla<br />

v<br />

v<br />

0<br />

P<br />

1<br />

P 2<br />

P<br />

t0<br />

t1<br />

v<br />

t 2<br />

t 3<br />

P<br />

t


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

frequenza f0, mentre la differenza necessaria a coprire l’intera richiesta del carico, viene<br />

fornita dalla macchina pilota. Questa inoltre deve far fronte da sola ad ogni variazione del<br />

carico assorbito dalla rete; le altre interverrebbero solo se la frequenza variasse. Naturalmente<br />

in una rete non si può avere che una sola macchina munita di regolatore con statismo<br />

permanente nullo perché, se ce ne fosse più di una, la ripartizione del carico tra le stesse<br />

rimarrebbe ovviamente indeterminata.<br />

f<br />

f0<br />

Macchina regolatrice<br />

della frequenza<br />

PILOTA<br />

P P<br />

1<br />

f<br />

Macchina ad acqua fluente<br />

a produzione costante<br />

55<br />

2<br />

f<br />

Macchina su cui si effettua<br />

la regolazione secondaria<br />

Figura 3.32 Caratteristiche dei regolatori di velocità di macchine collegate ad una stessa rete.<br />

In pratica lo statismo da assegnare alle diverse macchine o centrali di una rete deve essere<br />

scelto in modo da assicurare la più economica e razionale ripartizione del carico tra le varie<br />

centrali. Così le macchine installate in centrali ad acqua fluente, prive cioè di serbatoi, devono<br />

utilizzare al massimo l’acqua disponibile ad evitare che sfiori e che vada quindi perduta<br />

dell’energia; esse devono perciò funzionare, finché possibile, alla piena potenza disponibile<br />

con regolatore praticamente bloccato (eventualmente asservito al livello di acqua a monte<br />

della presa) o comunque con statismo molto elevato. Il compito di regolazione più pesante<br />

(macchine con regolatore a statismo permanente nullo o comunque piccolo, e quindi con<br />

energie regolanti relativamente elevate) va viceversa affidato alle centrali dotate di serbatoi,<br />

in particolare ad alta caduta, nelle quali l’acqua può venire accumulata per essere poi<br />

utilizzata nel momento più opportuno. Volendo cambiare la distribuzione del carico tra le<br />

diverse macchine di una rete, basta poi agire sul variagiri dei diversi regolatori (regolazione<br />

secondaria): la caratteristica si sposta parallelamente a se stessa e di conseguenza cambia il<br />

valore della potenza generata in corrispondenza di una certa frequenza. Una manovra del<br />

genere è spesso necessaria quando si adotti il sistema di regolazione con macchina pilota (o<br />

centrale pilota, quando tutte le macchine di una centrale sono comandate dallo stesso<br />

regolatore) perché quest’ultima, assorbendo tutte le variazioni del carico, facilmente potrebbe<br />

arrivare al pieno carico o alla marcia a vuoto, esaurendo così il suo campo di regolazione: si<br />

deve allora correggere la produzione delle macchine delle altre centrali agendo sui rispettivi<br />

variagiri ed eventualmente, a seconda dei casi, arrestarne alcune o metterne in marcia delle<br />

altre. Il diagramma giornaliero del carico è caratterizzato da ampie ma lente variazioni tra le<br />

ore diurne e le notturne, a cui si sovrappongono frequenti oscillazioni accidentali dovute ai<br />

bruschi attacchi e stacchi di carichi. Queste oscillazioni vengono assorbite automaticamente<br />

dalla macchina o dalle macchine particolarmente destinate alla regolazione della frequenza,<br />

mentre alle variazioni più lente si fa fronte agendo sui variagiri delle altre macchine ed<br />

eventualmente arrestandone alcune nelle ore notturne, quando il carico diminuisce, e<br />

rimettendole in marcia al mattino, quando il carico va aumentando. Se poi la rete è molto<br />

estesa ed una sola macchina o una sola centrale pilota non è sufficiente per assolvere il<br />

compito della regolazione isodromica della frequenza, si può provvedere a comandare più<br />

centrali parallelamente con un unico regolatore in guisa da formare virtualmente un unico<br />

P<br />

3


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

complesso pilota di maggior potenza. Si può anche affidare la regolazione della frequenza a<br />

più centrali con statismo molto piccolo ma non nullo e diverso dall’una all’altra; con<br />

un’opportuna scelta degli statismi si può ottenere una buona ripartizione del carico e le<br />

variazioni di frequenza possono essere contenute in limiti molto ristretti. Quando si tratta di<br />

reti molto estese, fra loro interconnesse, si deve ricorrere invece alla regolazione frequenzapotenza.<br />

Con tale regolazione si vuole ottenere che, nel caso di una variazione di carico in una<br />

delle reti interconnesse, siano i generatori di quella rete a sopperire, a regime permanente<br />

raggiunto, alla detta variazione di carico, mentre le altre reti intervengono collaborando a<br />

ristabilire la frequenza solo nel periodo transitorio che segue la variazione stessa, durante il<br />

quale la frequenza si discosta inevitabilmente dal valore normale. Ciò si ottiene imponendo,<br />

grazie all’impiego di opportuni regolatori, che la potenza scambiata da ciascuna rete,<br />

considerata positiva se esportata, possa aumentare o diminuire rispetto al valore di<br />

programma solo quando la frequenza sia rispettivamente inferiore o superiore al valore<br />

normale f0. Il regolatore frequenza-potenza è un regolatore elettrico sensibile<br />

contemporaneamente alle variazioni di frequenza della rete e alle variazioni della potenza di<br />

scambio sulla linea di interconnessione controllata dal regolatore. Esso agisce sui variagiri dei<br />

regolatori di velocità delle macchine destinate alla regolazione, i quali sono sottratti all’azione<br />

dei tachimetri. L’equazione del regolatore è:<br />

∆ + k ∆f<br />

= 0<br />

3.99)<br />

P s<br />

dove ∆Ps= Ps-P0 è la variazione della potenza di scambio rispetto a quella di programma P0 e<br />

∆f=(f-f0) è la variazione della frequenza della rete rispetto alla frequenza normale f0.<br />

Esercizio delle centrali idroelettriche<br />

Avviamento e marcia dei gruppi<br />

La sequenza delle manovre di avviamento di un gruppo idroelettrico è la seguente:<br />

• avviare le pompe olio di lubrificazione dei cuscinetti e di regolazione della turbina,<br />

aprire il bypass della valvola a monte del gruppo e quindi la valvola stessa, mantenendo<br />

il distributore di turbina chiuso;<br />

• aprire il distributore della turbina per avviare il gruppo e successivamente regolare<br />

l’apertura per tenerlo in marcia a vuoto ai giri nominali, passando sotto il controllo del<br />

regolatore di velocità quando questa supera l’80% circa della velocità nominale;<br />

• eccitare l’alternatore, regolando la tensione al valore corrispondente a quello della rete;<br />

• fare il parallelo del gruppo con la rete chiudendo l’interruttore di macchina a<br />

sincronizzazione effettuata, ossia quando la forza elettromotrice generata<br />

dall’alternatore è uguale e in fase con la tensione di sbarra e quando la frequenza di<br />

macchina e di sbarra sono uguali.<br />

L’alternatore è ora in parallelo con la rete, ma non eroga né assorbe potenza; per generare<br />

potenza attiva occorre aprire ulteriormente il distributore della turbina. Agendo sul regolatore<br />

di tensione e variando la corrente di eccitazione, si farà erogare all’alternatore anche potenza<br />

reattiva: sarà potenza reattiva induttiva, se si aumenterà la corrente di eccitazione; viceversa,<br />

diseccitando, si erogherà potenza reattiva capacitiva. Durante la marcia del gruppo si hanno<br />

continue variazioni della potenza richiesta all’alternatore e quindi della coppia resistente.<br />

Ogniqualvolta ciò si verifica, nasce uno squilibrio fra la coppia motrice e la coppia resistente:<br />

questo determina l’intervento del regolatore di velocità e quindi variazioni dell’apertura del<br />

distributore di turbina, con conseguenti fenomeni di moto vario di tutto il complesso idraulico<br />

56


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

e meccanico. Le variazioni di potenza possono essere graduali o brusche. Nel primo caso la<br />

lentezza della variazione permette al regolatore la tempestiva manovra degli organi del<br />

distributore e le variazioni di velocità sono contenute nei limiti della staticità e<br />

dell’insensibilità del regolatore; nel secondo caso si avrà una rilevante variazione transitoria<br />

della velocità, il cui valore normale si ristabilirà dopo un certo tempo, che dipende dal<br />

momento d’inerzia delle masse rotanti e dalle caratteristiche funzionali dei regolatori. Il caso<br />

limite è quello del brusco distacco di carico dalla potenza massima P0, che conduce alla<br />

massima variazione di velocità. Poiché non si potrà annullare istantaneamente la coppia<br />

motrice, ma occorrerà un tempo T0, ammettendo che la chiusura del distributore (e quindi la<br />

diminuzione di potenza) avvenga con legge lineare, si avrà una certa energia disponibile<br />

∆E=(P0T0)/2 che avrà come effetto quello di accelerare il gruppo.<br />

Se ω0 è la velocità di rotazione a regime, ω1 la velocità massima raggiunta e J il momento<br />

d’inerzia assiale delle masse in rotazione, si avrà che<br />

2 2 ( ω − ω )<br />

J<br />

2<br />

1 0<br />

P0T<br />

=<br />

2<br />

2 2 P0T<br />

0<br />

ω1<br />

− ω0<br />

=<br />

J<br />

57<br />

0<br />

3.100)<br />

Le grandezze caratteristiche del gruppo generatore possono essere raggruppate nel tempo<br />

2<br />

Jω0<br />

caratteristico del gruppo Tω<br />

= , detto anche tempo di avviamento del gruppo, che ha un<br />

P0<br />

valore normalmente compreso fra 5 e 10 secondi. Allora sarà:<br />

2 2<br />

ω1<br />

− ω0<br />

P0T<br />

0 T<br />

= =<br />

2<br />

2<br />

ω Jω<br />

T<br />

0<br />

⎛ ω ⎞ 1<br />

⎜<br />

ω ⎟<br />

⎝ 0 ⎠<br />

2<br />

T<br />

= 1 +<br />

T<br />

0<br />

0<br />

ω<br />

0<br />

ω<br />

3.101)<br />

Il tempo di chiusura T0 dovrebbe essere assai breve per contenere le variazioni di velocità<br />

entro limiti tollerabili, ma ciò provocherebbe eccessive variazioni di pressione nella condotta.<br />

In alcuni casi è pertanto necessario ricorrere al tegolo deviatore o allo scarico sincrono per<br />

poter ridurre lentamente la portata, pur togliendo rapidamente la potenza motrice alla ruota. In<br />

tal caso il tempo che si considera nel calcolo non è il tempo di chiusura del distributore<br />

(15÷30 s) ma quello assai minore (1÷4 s) dei dispositivi sopra citati. Se si stabilisce la<br />

massima variazione di velocità consentita (praticamente dell’ordine del 10÷20%), si può<br />

ricavare il momento d’inerzia necessario per il gruppo generatore in relazione al tempo di<br />

chiusura del distributore della turbina; questo risulta tanto più elevato quanto minore è lo<br />

scarto di velocità ammesso, quanto minore è la velocità di rotazione a regime ω0 e quanto<br />

maggiore è il tempo di chiusura del distributore. I costruttori del macchinario specificano<br />

molto spesso il momento dinamico PD 2 della macchina, dove P=Mg è il peso delle parti in<br />

rotazione e D è il diametro d’inerzia (D=2R). Vale la relazione:<br />

2<br />

2<br />

2<br />

2 PD<br />

J = ∫ r dm = ∫ ρ r dv = MR =<br />

3.102)<br />

4g<br />

M<br />

V


Dinamica e Controllo dei Sistemi Energetici Capitolo 3<br />

________________________________________________________________________________________________________________<br />

dove r è la distanza della massa infinitesima dm (di densità ρ e volume dv) dall’asse di<br />

rotazione.<br />

Continuità del servizio<br />

Per assicurare la continuità del servizio si devono prevenire i guasti sugli impianti o<br />

minimizzarne gli effetti. Fra i guasti agli impianti che possono compromettere la continuità<br />

del servizio ricordiamo quelli alle opere idrauliche: fessurazioni dei paramenti delle dighe,<br />

danni alle sponde dei canali o all’intonaco delle gallerie in pressione. Il macchinario idraulico<br />

può subire i dannosi effetti della cavitazione o rotture ad opera di corpi estranei trascinati<br />

dalla corrente. Nel macchinario elettrico si possono avere cedimenti dell’isolamento o danni<br />

provocati dal riscaldamento eccessivo. Altre anomalie possono essere causate da eventi<br />

esterni all’impianto in esame, quali scariche atmosferiche, alluvioni, caduta di alberi sui<br />

conduttori di una linea, nonché cortocircuiti e sovraccarichi negli impianti utilizzatori che si<br />

ripercuotono sulla rete di alimentazione. Per prevenire i guasti, oltre ad una corretta<br />

progettazione e costruzione degli impianti, è assai importante effettuare una tempestiva e<br />

accurata manutenzione degli stessi, che può essere preventiva (a cadenza temporale) o<br />

predittiva (decisa in base a misure e controlli), accuratamente programmata al fine di ridurre<br />

l’indisponibilità dei gruppi generatori. Per ridurre al minimo le conseguenze dei guasti si deve<br />

disporre di un razionale sistema di protezioni. Queste ultime si possono suddividere in tre<br />

raggruppamenti:<br />

• protezioni che danno solo un segnale di allarme per condizioni non regolari,<br />

consentendo però la prosecuzione del servizio: sono quelle che evidenziano anomalie o<br />

guasti che non compromettono il funzionamento della centrale, come la protezione di<br />

terra rotorica dell’alternatore o il primo contatto del relè Buchholz di un trasformatore.<br />

• protezioni che aprono l’interruttore di macchina e diseccitano l’alternatore, lasciando<br />

però il gruppo a velocità nominale: sono protezioni per guasti esterni (sovraccarico o<br />

cortocircuito sulle sbarre). Le protezioni sulle linee in uscita dalla centrale non<br />

interferiscono normalmente con il funzionamento del gruppo, ma escludono il più<br />

piccolo tratto di linea guasto (protezioni selettive del tipo con relè distanziometrico),<br />

dopo aver tentato almeno una nuova chiusura per eliminare i guasti transitori.<br />

• protezioni con blocco totale del gruppo, che aprono l’interruttore di macchina,<br />

diseccitano l’alternatore, chiudono il distributore della turbina e le valvole rotative,<br />

arrestano le macchine: sono quelle che intervengono per gravi guasti interni al gruppo<br />

generatore (protezione differenziale, cortocircuito tra spire, terra statorica, bassissima<br />

pressione olio cuscinetti turbina, ecc.). Questi relè agiscono su un apposito relè di<br />

blocco, che comanda automaticamente la sequenza di manovre di fermata. Il relè di<br />

blocco può anche essere azionato manualmente per effettuare una fermata programmata.<br />

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